Prova di analisi del testo : I GATTI ( C
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Prova di analisi del testo : I GATTI ( C
Prova di analisi del testo : I GATTI ( C. Baudelaire, I Fiori del male, p. 360 del libro di testo) Prima di iniziare a leggere la poesia mi sono interrogato sul perché Baudelaire avesse scelto di dedicare una poesia proprio ai gatti. In Egitto erano divinità. Altri intellettuali, sia moderni che contemporanei, nutrivano particolare affinità per i gatti. Si circondavano di felini. Chagall ne fece un elemento ripetuto più volte nei suoi quadri oltre a dedicare al proprio, anche lui viveva con un gatto, un ritratto. Baudelaire visse nell’ottocento, mentre io ho menzionato artisti del secolo successivo. Egli era uno straordinario anticipatore, un preveggente; volando alto, come un albatros, aveva visto lontano, ed aveva visto talmente bene che affronterà il concetto di “Ennuì” , noia, prima ancora che Sartre ne scriva un libro. E con straordinario acume la foresta di segni di cui parla in “ corrispondenze” sarà la visione filosofica della realtà Heiddegeriana. Inoltre il suo genio ed il suo lavoro influenzarono indubbiamente gli artisti delle generazioni successive. Iniziando a riflettere riguardo al significato simbolico che viene comunemente attribuito al gatto e sfogliando i titoli delle poesia, ho scoperto che Baudelaire dedica al felino tre poesie, unico animale a suscitare tale interesse. Compaiono altri animali, certo, dall’albatro, al gufo, il cigno. Tutti volatili. Le uniche eccezioni sono i gatti appunto ed il serpente. Certamente hanno un significato simbolico preciso e sottile come ci si aspetta da un poeta del suo calibro. Il Gatto, anzitutto, si aggira per la città come se stesse suonando il pianoforte. La insostenibile leggerezza con cui si muove, agile, per Parigi, i polpastrelli che senza far il minimo rumore pigiano i tasti del pianoforte. Delicati, attenti e soffici. Quasi si sente la musica. Ma come il peccato si cela spesso nelle vesti più caste, anche il Gatto vela con questa maschera la sua intima natura ferina, subdola, malvagia. Ambigua. E’ l’animale della sinuosità che cauto , come un pianoforte timido, arriva lentamente al cuore, per poi, avvinghiarlo con i suoi artigli. Nel poesia “Il Gatto”, n°51, il poeta esprime la medesima immagine. Alla n 34 dice: “..Sul mio cuore innamorato Trattieni le tue unghie..”; cambia solo lo strumento. Nel Medioevo si pensava che tutte le streghe possedessero un gatto, il gatto “mammone”, malvagio, come Goethe racconta nel Faust (scena: fucina della strega). Il Felino ,dunque, si presenta impersonando queste due caratteristiche. Da un lato la malvagità e dall’altra la nobiltà, la superiorità di un dandy. Ebbene si, i gatti sono dei dandy, la loro anima è perfettamente affine a Dorian Gray. Vita travagliata, dalla nobile e perenne bellezza, sguazza nelle bettole più ributtanti di Londra. Dopotutto, come lo stesso Buadelaire: un animale maledetto. “Passeggia nel mio cervello Come nel mio appartamento […] I miei occhi che vanno così spesso Docilmente a questo gatto amato. Come attirati da una calamita Mentre sto guardando in me stesso” (n°LI) La Poesia I Gatti inizia con un paragone tra due categorie di persone: gli innamorati ed i sapienti che non hanno nulla in comune se non l’età matura e la passione per i gatti, altro soggetto del paragone, appunto. Ad accomunare i gatti con gli anziani è l’esser freddolosi e la sedentarietà. Stanno sempre vicino al camino, vicino la stufa riposando per la maggior parte del tempo. Abituati, per la loro superiorità ad essere serviti e riveriti. Stanno attenti a tutto ciò che accade attorno a loro, con gli occhi socchiusi vedono tutto. Stile di vita, questo, che nasconde la loro intima ferinità. Le due anime del gatto vengono dopotutto esplicitate al primo verso, passione e quiete, innamorati e sapienti. Ribadita all’inizio della seconda strofa : ” Amici della scienza e della voluttà” Dove il termine voluptè appare molto interessante. Voluptas indica sia i piaceri, le passioni del gatto, ma anche la sua volubilità subdola ( derivano dalla stessa radice: volo). Resa, anche dall’ordine in cui vengono presentati i due suoi caratteri ( al primo verso, prima amore poi scienza, al quinto prima la scienza e poi le passioni) . E’ la sinuosità ingannatrice, per cui può essere paragonato al serpente ( unici animali dei fiori del male a non volare), come la passione che “solletica” sotto la cute prima di esplodere nel cuore . Prima, non a caso l’ho definito subdolo. In questo punto inizia la metamorfosi che da semplice animale lo trasformerà in animale mitologico. Sprezzanti del pericolo, non hanno paura perché la Paura è loro amica, ricercano il silenzio e l’orrore delle tenebre. Prima il silenzio. Quando si pone una domanda per noi importante qual è la peggior risposta che possiamo ricevere? Non la negazione, che in qualche modo, ahimè, assicura l’animo di qualcosa, ma il silenzio. Incertezza, instabilità. Un muro invisibile in grado di demolirci. Il miagolio, ambiguo come la voce delle divinità greche, che l’uomo non poteva capire, interpretandola così tragicamente, viene compreso solo dal poeta. Baudelaire è affine al gatto, sa cosa vuol dire; in altre occasioni il sottile miagolio era per lui un elisir. Il silenzio seguito dall’orrore delle tenebre, la parte più oscura, più sconvolgente che fa pensare agli inferi dell’antico Egitto o di qualche oscura tradizione mistica e mitica. Tanto che potrebbero diventare fedeli galoppini dell’Erebo, inferno popolato da morti disperati, come l’Ade. A cui il gatto ha libero accesso. Il gatto è, appunto libero, non sta solo la sotto, sta anche tra noi, è così ambiguo e libero, impossibile da asservire. La loro dimensione è quella di un sogno senza fine, non è morte, ma una dimensione magica quasi inconsistente. Lo “Stregatto” di “Alice nel paese delle meraviglie” deve esser ispirato a Baudelaire perché è una nuvole viola che appare e scompare, che non si capisce se sia buono o cattivo. In questa dimensione sono come le sfingi, mute per noi, incomprensibili, lo ripeto immobili. Proviamo a risolvere il loro enigma senza soluzione e veniamo puniti con la dannazione. Nella loro dimensione stanno soli, superiori a tutti, come il dandy. L’ultima strofa sancisce la fine della metamorfosi “… Hanno reni feconde piene di magiche scintille E particelle d’oro, come sabbia fine, vagamente costellano le mistiche pupille” Le reni se accarezzate producono godimento al gatto, fanno le fusa accovacciati sulle nostre gambe, sono ora freddolosi e sedentari e cercano di esser serviti. Le reni sono anche il simbolo dell’agile aggressività che il gatto può sfoderare d’improvviso se irritato. Il cosiddetto colpo di reni, gli permette di saltare, di arrampicarsi. Un potere di magiche scintille. Una nota particolare va riservata anche per gli occhi, l’unica parte del corpo presente in tutte e tre le poesie: “e lasciami sprofondare nei tuoi begli occhi striati di metallo e d’agata” ( XXXIV ) “il fuoco delle sue pupille chiare, gialli fanali, viventi opali, che mi contemplano fissamente” ( LI ) L’occhio si dice essere lo specchio dell’anima, guardando le tonde pupille di un'altra persona possiamo a volte scorgere cosa stia provano in quel momento. Ma gli occhi del felino respingono i nostri tentativi. Sottili, superbi ci spiano. Paragonati sempre a pietre preziose e metalli, il che rimanda alle tradizioni alchemiche medievali; qui sono granelli di sabbia. Sottile, morbida, tuttavia in grado di graffiare la nostra pelle per un contatto brusco e violento, proprio come il gatto. Scintilla, scoppia se viene disturbato. La poesia rivela la sua straordinarietà sia attraverso le analogie in orizzontale, come innamorati-sapienti ; scienza-voluttà. Sia attraverso i rimandi in verticale ( austeri-freddolosi e sedentari- scienza-silenzi-solitudine) oppure ( innamorati- forti-voluttà-orrore delle tenebre-scintille) questi due filoni si snodano nel testo accentuando la sinuosità ambigua del Gatto. Vengono infine citati nella poesia alcuni colori, alcuni esplicitamente come l’oro, altri implicitamente, nascosti nei simboli offerti al lettore, i più interessanti: il rosso degli innamorati, Il grigio-blu cobalto dei dotti austeri, l’azzurro monotono di freddolosi e sedentari e la lista sarebbe lunghissima tanto che la poesia alla fine diventerebbe una tinozza piena di colori. Il poeta è incredibile pittore in grado di dipingere emozioni. Personalmente l’incomunicabilità della persona comune mi ha risvegliato la dannata violenza muta dell’ “urlo” di Munch a cui si contrappone la trasognata atmosfera del pianoforte jazz e dei quadri di Chagall. I Gatti di Baudelaire sono in grado di fare tutto ciò, racchiudono un mare inesplorato di musica, profumi e colori e pensieri e sensazioni che solo il poeta sa capire, perché forse solo il poeta riesce a leggere quegli occhi, forse lui e loro sono la stessa anima in forme diverse. La prova è stata svolta da DANI GIANMARIA, classe V H, come compito a casa ed ha meritato un giudizio eccellente.