Alice è in paradiso al Festival del Popoli

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Una bambina di oggi, davanti a un portone di Bologna: «sono Alice,
cerco la radio»…
Troppo tardi. Radio Alice è stata chiusa con irruzione della polizia nella
notte del 12 marzo del '77.
I personaggi che hanno girato nelle stanze di quella che era la
redazione raccontano a Giudo Chiesa cosa è successo in quei due
anni di trasmissioni libere: una specie di “come eravamo e come siamo”
ma non priva di autoironia e della certezza di poter continuare con altri
mezzi lo stesso tipo di azione. «Che buona parte del gruppo promotore
del progetto Telestreet e di OrfeoTV (vedi Correggi la televisione) sia
composto da fondatori di Radio Alice, non è affatto casuale» così si
legge sull’avviso che finalmente annuncia il “Meeting generale delle
televisioni di strada” il 12 dicembre 2002 al TPO di Bologna. Una
giornata per quelli che hanno una tv di strada, vogliono realizzarla o
vogliono solo saperne di più.
Alice aveva una redazione casuale e aperta agli interventi e alla musica
di chiunque passasse da lì, ognuno poteva portare i propri dischi,
proporre trasmissioni e parlare liberamente. «Una sorta di Napster di
oggi, che segna il legame che c’è tra la radio e la rete» sottolinea uno
degli intervistati Era uno spazio libero che si muoveva tra potere
operaio e le canzoni di Gaber, l’inno americano distorto dalla chitarra di
Jimi Hendrix e l’idea vaga di rivoluzione culturale, tra letture di
Majakovski e le suggestioni pittoriche di Rodchenko.
Guido Chiesa, che avrebbe dovuto essere presente alla proiezione, ha
mandato una breve lettera con la quale ha spiegato la filosofia che
c’era alla base delle radio libere e che deve continuare ad essere
presente nelle forme espressive contemporanee. Grazie alle esperienze
di quegli anni il monopolio delle radio da parte della Rai è stato
sgretolato. Ma Chiesa fa notare come il pericolo attuale sia soprattutto
quello del «monopolio del gusto», di “trasmissioni clone” che si ripetono
e si copiano a vicenda: l’importante è «cambiare non solo il discorso,
ma anche l’ordine del discorso»
E che Radio Alice fosse soprattutto un mezzo di rivoluzione del
linguaggio lo dicono un po’ tutti coloro che sono stati intervistati dal
regista; non è casuale che la scelta del nome della radio sia legata alla
protagonista dei romanzi di Carroll in cui il lavoro sul linguaggio e sulle
parole è parte fondante.
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Interessante e azzeccata la scelta di Chiesa di animare le illustrazioni di
Alice nel paese delle meraviglie e di usare i brani più significativi da
alternare alle immagini grige di repertorio, ai disegni di Andrea Pazienza
e alla digitale Bologna di oggi dalle mille antenne sui tetti.
Tra le immagini che mostrano Bologna degli anni ’70 non potevano
mancare gli scontri tra studenti e forze di polizia all’università durante i
quali venne ucciso lo studente Lorusso. Per aver fatto la diretta di
questa giornata, Radio Alice fu chiusa con l’accusa di aver guidato gli
scontri e coloro che al momento dell’irruzione si trovavano in redazione
vennero arrestati. E forse non è superfluo far notare che il processo, di
ben 7 anni dopo, li giudicò innocenti.
Chiesa ci mostra in parallelo le immagini dell’irruzione della polizia alla
scuola Diaz del luglio 2001 e ci fa sentire le voci dei giornalisti di Radio
Gap che si trovavano a trasmettere lì nei giorni del G8. Un parallelo
inquietante che rimane in testa, mentre Alice oggi continua a girare per
le strade di Bologna nell’ordine ritrovato di vetrine, auto e facce nuove.
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