Bayeux: la storia ci parla “a fumetti”
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Bayeux: la storia ci parla “a fumetti”
Oggi il nostro viaggio prosegue nella regione della Basse-Normandie, nel département del Calvados. Ci alziamo di buon ora: è una mattinata fredda, il cielo è parzialmente coperto e tira un po’ di vento. Honfleur rispetto a ieri (ora è lunedì mattina) è ovviamente deserta: in giro ci sono pochissime persone e facciamo fatica a trovare anche solo una boulangerie dove fare colazione. Partiamo in auto alla volta della prossima meta del viaggio, che ci ospiterà per ben tre notti: Bayeux. Abbiamo scelto di soggiornare a Bayeux per più motivi: al di là della possibilità di ammirare il suo famoso Arazzo, la cittadina rappresenta un’ottima base per la visita - che definire “rituale” è riduttivo - dei luoghi legati al D-Day e della vicina città di Caen, oltre che eventualmente per l’impostazione di percorsi più enogastronomici verso la Route du Cidre e Camembert (noi ahimè non faremo turismo enogastronomico...) Il tragitto è lungo più di 100 km e lambisce Caen, sulla cui tangenziale troviamo il primo autovelox fisso della vacanza. Durante il viaggio troviamo anche un’altra postazione laser mobile con pattuglia nascosta dietro il fianco di un cascinale, in pienissima campagna...fortuna che andavamo nei limiti! Bayeux: la storia ci parla “a fumetti” Arriviamo a Bayeux a metà mattina, passando per una grande rotonda dedicata ad Eisenhower e con tanto di statua bronzea; troviamo agevolmente parcheggio nel Parc Ornano e poco oltre ammiriamo un vecchio mulino sul piccolo torrente Aure: l’ambiente è molto caratteristico, anche grazie ai salici piangenti tutti attorno. Fa tanto freddo però, siamo vestiti leggeri e dunque ci avviamo spediti poche decine di metri avanti, al Centre Guillaume Le Conquérant dove è custodito il celeberrimo Arazzo. Diciamo subito che la struttura che lo ospita era un tempo il Seminario diocesano (Bayeux è diocesi) ed entrando, sulla sinistra, si può ammirare una piccola cappella di origine normanna. Ci mettiamo in fila per prendere i biglietti: la fila è abbastanza lunga ma scorrevole, dietro a noi c’è una coppia di ragazzi italiani e scambiamo due battute con loro. L’ingresso costa relativamente poco (circa 10€ per chi come me non ha riduzioni di nessuna sorta) e per gli studenti è agevolato, ma credetemi, vale ogni centesimo speso! Il museo si snoda su tre piani: noi abbiamo seguito un particolare ordine nella visita (secondo piano, poi pian terreno ed infine primo piano) e lo consigliamo a tutti perché pensiamo sia il modo “più bilanciato” di visitare un museo che è pur sempre abbastanza articolato. Al secondo piano troviamo un vero e proprio cinema dove viene proiettato in continuo un filmato (alternando la versione in francese ed inglese) che contestualizza l’Arazzo e le vicende in esso “cucite”. Il primo piano ospita una vasta esposizione di reperti storici, modellini e approfondimenti su ogni aspetto socio-culturale e storico legato all’Arazzo: dal materiale di cui è composto alle tecniche di cucitura per realizzarlo, dalla vita e imprese dei personaggi narrati alla loro “parentela dinastica”, dalle armi e tattiche di guerra allo scenario geo-politico dell’epoca, e addirittura una riproduzione fedele di una nave normanna. Questo piano è molto grande ed interessante, prendetevi tempo per visitarlo per bene. Il pian terreno ospita il manufatto vero e proprio, il quale è dislocato sui due lati di una parete e misura complessivamente quasi 70 metri in lunghezza e circa mezzo metro in altezza: la parete è foderata di nero e la stanza è oscura, l’Arazzo è conservato sotto vetro in ambiente ad umidità e temperatura controllate ed è sapientemente illuminato con neon bianchi che non alterano la percezione dei colori originali dei tessuti. Nel visitarlo sarete accompagnati da un’audioguida “intelligente”,che parlerà italiano e aggancerà la spiegazione delle varie scene narrate nell’opera a mano a mano che ve le troverete davanti - ovviamente, niente foto. Che dire... la “Tapisserie de Bayeux” è uno dei reperti storici più belli che io abbia mai visto, e trovartelo davanti quasi annulla la distanza temporale tra te e i suoi creatori - o meglio, probabilmente creatrici, dato che sembra essere cucito a pannelli da monache tessitrici - perché è talmente ben conservato da lasciarti senza parole: puoi apprezzare i colori originali, così come sono stati tinti sulla lana circa nel 1070. Come molti di voi saprete, l’Arazzo (che tecnicamente parlando non è un arazzo, ma un ricamo) è stato creato per raccontare sia a chi sapeva leggere il latino - ogni scena è commentata - sia a chi non ne fosse in grado la storia di Guglielmo (Willelmus) il Bastardo, detto poi “Il Conquistatore”, delle sue grandi imprese e delle sue vicende dinastiche: il cuore è la descrizione dell’invasione del suolo inglese e della sconfitta ad Hastings nel 1066 di Aroldo (Haroldus) e dei sassioni che da allora furono assoggettati dai Normanni, in crescente influenza sui territori francesi e britannici. Le vicende sono narrate sotto forma di un ancestrale “fumetto” di incredibile espressività e finezza di dettaglio (vedi la raffigurazione della cometa di Halley): mi ha lasciato a bocca aperta vedere molti bambini piccoli seguire da soli, con l’ausilio dell’audioguida, le vicende dell’Arazzo...significa che è proprio un fumetto! :-) Ed è un’opera forse unica nel suo genere, e tra le pochissime della sua epoca così ben conservate - se si pensa che è sopravvissuto ad incendi e depredazioni napoleoniche e naziste. Insomma, un miracoloso reperto di storia antica che si rivela modernissimo nelle tecniche e nella potenza della comunicazione (guardate questo video) ed è stato annoverato dall’UNESCO tra le Memorie del Mondo, al pari del manoscritto della Nona di Beethoven, della prima Bibbia di Guthenberg oppure la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino. Usciamo dal museo parecchio affamati: nel frattempo il cielo si è schiarito e fa decisamente meno freddo. Mangiamo “al volo” una galette innaffiandola con una ottima boulée di sidro dolce, ed eccoci di nuovo in pista per visitare l’altro gioiello di Bayeux: la sua immane cattedrale gotica, dedicata alla Madonna: fu consacrata alla presenza di Gugliemo il Conquistatore stesso nell’11° secolo su un sito che ospitava già anticamente edifici di culto romani (ancora oggi sono visibili le stratificazioni delle mura nel manto erboso che circonda l’edificio). Nella cattedrale, le cui navate si slanciano imponentemente verso l’alto, sono particolarmente ammirevoli le gigantesche vetrate e il pulpito marmoreo. Scopriamo dai manifesti affissi un po’ dovunque che in estate il fianco sud della cattedrale è illuminato da giochi di luce colorata, accompagnati da spettacoli musicali (“son et lumière”): il prossimo spettacolo sarà tra due sere, e noi non ce lo perderemo! Dopo una breve sosta nel negozio di tapisserie situato proprio dinnanzi alla facciata della cattedrale proseguiamo la passeggiata su Rue des Cuisiniers - costellata di case a graticcio i cui piani superiori espongono piccole bandiere rosse con lo stemma leonino della città - e giungiamo su Rue Saint-Martin, cuore pulsante del commercio cittadino: c’è parecchia gente e molti turisti, soprattutto statunitensi (cosa ovvia, vista la vicinanza ai luoghi del D-Day), ma si gira agevolmente sia a piedi che in auto. Si fa tardo pomeriggio e incombe la necessità di far spesa, per due motivi: primo, non abbiamo quasi più acqua da bere e secondo, io (il genio) mi sono accorto di aver dimenticato in hotel a Le Havre il piccolo trasformatore di ingresso della mia macchina fotografica...e dato che le pile sono ricaricabili e danno segni di morte apparente, devo trovarne uno analogo. Tentiamo la sorte al Carrefour, e dopo un po’ di peripezie linguistiche (come diavolo si chiede in francese un trasformatore? Non saprei chiederlo nemmeno in italiano...) ci viene detto di provare al Bricomarket, dove effettivamente - dopo altre arrampicate linguistiche ed esilaranti mimiche di trasformatori - riusciamo a trovarlo. Dopo di che, una meritata cena verso le 19 - questa volta siamo di buon ora e ci fermiamo al Mac Donald’s di fianco al Brico - e di corsa all’Etap Hotel che abbiamo prenotato per tre notti. L’hotel si trova a circa 5 km dal centro cittadino ed è in una zona molto tranquilla di campagna, sebbene sia quasi pieno. A due passi dall’hotel c’è una griglieria che non sembra male. Arriviamo, facciamo il check-in e ci chiedono di pagare il soggiorno....uhm....a dire il vero il soggiorno l’avevo pagato on-line anticipatamente perché si trattava di una camera in offerta, e dunque andava saldato tutto prima. Quindi? La receptionist parla solo francese, e non è la persona con cui ho interagito mesi prima per prenotare la camera. Scopriamo che questa persona è la direttrice dell’hotel ed arriverà solo domattina, quindi per il momento attendiamo di parlare con lei per chiarire la questione... Ci facciamo una bella doccia rilassante e torniamo in auto a Bayeux (sono circa le 21) per prelevare al Bancomat e bere qualcosina: dobbiamo dire che si fa davvero fatica a trovare un pub dove si possa bere una birra o un sidro senza dover per forza ordinare qualcosa da mangiare! Di sera Bayeux offre molte brasserie e creperie, quindi mangiare non è un problema, ma troverete pochi ristoratori disposti a vendervi delle bevande alcooliche senza appiopparvi anche una galette o una salade...questione di abilitazioni, dicono: la licenza di vendita di soli alcoolici è più costosa della sola licenza di ristorazione. Morale: troviamo a fatica un pub in stile irlandese in rue Saint-Jean (“Le Gitane”: segnatevelo, così andate sul sicuro) pieno di non-ancora-diciottenni made in USA in libera uscita, che ovviamente ne approfittano per bere quanto più possibile viste le restrizioni che il loro Paese impone sulla vendita di alcool ai giovani...qui io e Sara ci concediamo un paio di “verres” di sidro a testa, e poi rientriamo in hotel per un gradito riposo. Domani è la volta del tour dei luoghi del D-Day, uno dei momenti del viaggio che attendevo con più impazienza!