Cass. Pen. Sez. III, 10 novembre 2015, dep. 17

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Cass. Pen. Sez. III, 10 novembre 2015, dep. 17
11372/16
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
UDIENZA IN CAMERA
Composta dagli Ill.nni Sigg.ri Magistrati:
DI CONSIGLIO del 10
Dott. FRANCO Amedeo
Presidente
Dott. RAMACCI Luca
Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta
Consigliere
Dott. GENTILI Andrea
Consigliere rel.
Dott. MENGONI Enrico
Consigliere
ha pronunciato la seguente:
novembre 2015
SENTENZA N.
)(:?bì--
REGISTRO GENERALE
n. 36116 del 2015
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LORI Alessio, nato a Roma il 4 gennaio 1991;
DEGHADAK Salah Eddine, nato in Algeria il 22 gennaio 1991;
LEMMA Manolo, nato a Roma il 27 febbraio 1998;
BEVILACQUA Leonardo, nato a Roma il 19 dicembre 1985;
REPOLE Tiziano, nato a Roma il 7 aprile 1988;
LORI Fabrizio, nato a Roma il 5 aprile 1985;
COLUCCI Emiliano, nato a Roma il 28 dicembre 1980;
avverso la ordinanza del Tribunale di Roma, Sezione riesame emessa il 16 luglio
2015;
letti gli atti di causa. la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita ia relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Francesco
SALZANO, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentiti gli avv.ti Cristina TERRIBILE, del foro di Roma, per il ricorrente Lori Fabrizio,
Angelo STANISCIA, del foro di Roma, per i ricorrenti Lori Alessio, Lori Fabrizio,
Repole, Lemma, Deghdak e Bevilacqua, e Pietro POMANTI, del foro di Roma, i quali
hanno tutti insistito per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con un'ampia ed articolata ordinanza, datata 16 luglio 2015, il Tribunale
di Roma, in funzione di giudice del riesame ha confermato il provvedimento
con il duale il locale Gip aveva disposto, il precedente 25 giugno 2015, la
misura cautelare della custodia in carcere nei confronti, per quanto ora
interessa, di Lori Alessio e Lori Fabrizio nonché nei confronti di Deghdak Salah
Eddine, Lemma Manolo, Bevilacqua Leonardo e Repoli Tiziano, mentre, in
parziale riforma del predetto provvedimento cautelare, aveva sostituito la
misura della custodia in carcere disposta nei confronti di Colucci Emiliano, con
quella degli arresti domiciliari presso la sua abitazione, con la applicazione, se
disponibili, di mezzi elettronici di controllo del rispetto della misura stessa.
Il Tribunale del riesame ha, infatti, ritenuto, alla luce degli elementi
istruttori in atti - costituiti per lo più, ma non esclusivamente, dalle risultanze
di intercettazioni telefoniche ed ambientali, autorizzate peraltro nell'ambito di
un diverso procedimento giudiziario anch'esso ancora in fase di indagini
preliminari — che i ricordati indagati risulterebbero essere onerati da gravi
indizi di colpevolezza in merito alla loro partecipazione ad un articolato
sodalizio criminoso, capeggiato dai fratelli Lori, volto al traffico di stupefacenti,
sia di tipo pesante che di tipo leggero, in particolare in diverse zone della
periferia romana; nello svolgimento di tale attività tutti gli indagati, sia pure in
diverse circostanze, si sarebbero, altresì, macchiati di numerosi altri reati,
molti dei quali fisiologicamente strumentali al conseguimento dello scopo del
sodalizio criminoso, in quanto consistenti in episodi di detenzione e spaccio di
stupefacenti, altri invece, pur facenti parte del programma criminoso,
tipologicamente estranei agli illeciti in materia di droga, in quanto aventi ad
oggetto delle estorsioni, il porto e la detenzione di armi e, persino, un
tentativo di omicidio.
Ha osserva il Tribunale, quanto alla ricorrenza dei gravi indizi di
colpevolezza a carico dei prevenuti che gli stessi sarebbero desumibili, come
detto, dalla ampia messe deile intercettazioni acquIsite agli atti, dalle quali
sarebbe evincibile l'esistenza sia della struttura associativa sia del programma
criminoso da questa perseguito, sia dagli atti di indagine svolti dalla pg
nonché dalle dichiarazioni accusatorie e dai riconoscimenti fotografici operati
da taluni soggetti sentiti a sommarie informazioni.
Quanto ade esigenze caulefari, esse sarebbero evidenziate dalla evidente
pericolosità criminale degli indagati, quale emergente sia dalla imponenza
degli indizi posti a loro carico sia dai precedenti, a volte anche specifici,
gravanti su di essi.
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Avverso la predetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i
ricordati indagati, alcuni dei quali attraverso un comune atto; in linea
generale, tuttavia, i temi di impugnazione non pongono in evidenza situazioni
di conflitto di interesse fra i vari indagati.
Tutti i ricorrenti lamentano la mancata dichiarazione di inutilizzabilità delle
risultanze delle intercettazioni telefoniche ed ambientali derivante dalla
produzione in atti sia dei decreti autorizzativi che delle richieste del Pm in
forma ampiamente omissata.
Ciò, è spiegato nella ordinanza, è dovuto al fatto che si tratta di
intercettazioni disposte nell'ambito di un diverso procedimento e le omissioni
sono necessarie al fine di salvaguardare la segretezza delle indagini ancora in
corso in tale procedimento.
Hanno, tuttavia, osservato i ricorrenti che in tale modo è stato vanificato
il potere di controllo che le difese degli indagati possono esercitare sulla
legittimità dei provvedimenti in questione.
Lori Fabrizio, il quale presenta due distinti ricorsi, ha lamentato altresì la
insussistenza nei suoi confronti delle esigenze cautelari o comunque la
inidoneità della motivazione del provvedimento impugnato a rappresentarle.
Con un comune ricorso, sebbene taluni dei motivi di impugnazione siano
specificamente relativi solo ad alcuni dei ricorrenti, insorgono avverso il
provvedimento del Tribunale del riesame i due Lori, il Repole, il Lemma,
Bevilacqua Leonardo, e Deghdak Salah Ecidine; costoro oltre al già ricordato
motivo concernente la inutilizzabilità delle intercettazioni, hanno lamentato,
per quanti sono attinti dalla imputazione provvisoria di associazione per
delinquere finalizzato al traffico di stupefacenti, la assenza dei necessari gravi
indizi di colpevolezza relativamente alla sussistenza della detta associazione;
gli indagati Lori Alessio e Bevilacqua Leonardo si dolgono in ordine alla
sussistenza degli elementi indizianti a loro carico in ordine al reato di tentato
omicidio in danno di tale Ahmed Omar, rilevando non solo che lo stesso
Ahmed ha ratto dichiarazioni che li avrebbero scagionati ma che comunque
non vi sono elementi che ne evidenzierebbero la responsabilità né tantomeno
la volontà ornicidiaria. E', parimenti, contestata la concludenza del quadro
indiziario a carico di Lori Fabrizio, del Repole e del Deghdak relativamente alla
sussistenza degli indizi a loro carico della estorsione loro provvisoriamente
contestata, posto che la identificazione fotografica operata dalla persona
offesa sarebbe viziata in quanto non sarebbero state mostrate a quest'ultima
un numero congruo di immagini ma solo quelle degli indagati. Nell'interesse di
tutti gli indagati è lamentata la mancata corrispondenza della rilevazione delle
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esigenze cautelari al dettato nella novella legislativa contenuta nella legge n.
47 del 2015.
Il Colucci, a sua volta ha lamentato, oltre alla nutilizzabilità della
risultanze della captazioni, la assenza di idonea motivazione sia in merito alla
esistenza dei gravi indizi di colpevolezza sia in merito alla ricorrenza delle
esigenze cautelari.
In data 1 ottobre 2015 hanno depositato motivi aggiunti, affidati a
specifiche memorie, i seguenti indagati: Deghdak, il quale ha ribadito la
inesistenza degli elementi a suo carico in ordine al reato di estorsione e la
inadeguatezza della motivazione relativamente alle esigenze cautelari, non
parametrata alla normativa vigente e la violazione di legge quanto alla
valorizzazione dei suoi precedenti penali, posto che lo stesso è gravato da un
solo pregiudizio, risalente alla sua minore età e per il quale è stato ammesso
all'affidamento in prova ai servizi sociali, positivamente superato, sicché di
esso non deve tenersi più conto; Repole, il quale ha ribadito la assenza degli
elementi concernenti la esistenza della associazione, che comunque potrebbe
al massimo essere ricondotta alla associazione di cui al comma 6 dell'art. 74
del dPR n. 309 del 1990, nonché la mancanza quanto alle esigenze cautelari,
desunte dalla mera gravità del reato ., del requisito della attualità e della
concretezza; Lori Fabrizio, il quale ha ribadito, come fatto dal Repole, la
insussistenza degli elementi accusatori relativi alla associazione ex art. 74 del
dPR n. 309 del 1990, contestando, altresì, la sussistenza degli elementi
indiziari riguardanti l'episodio estorsivo a lui addebitato ed associandosi alle
censure in ordine alla motivazione della ordinanza re'ativamente alle attualità
e concretezza delle esigenze cautelari; Lori Alessio, oltre ad associarsi agli
argomenti già sollevati dal fratello, ha insistito nel contestare la esistenza dei
dati legittimanti la misura a suo carico in ordine al reato di tentato omicidio,
analogamente a quanto ratto anche dall'ultimo ricorrente Bevilacqua
Leonardo, detto Bruno.
Infine la medesima difesa ha depositato una documentata memoria
difensiva nell'interesse dei ricorrenti Lori Alessio e Lori Fabrizio, Repole,
Lemma, Deghdak e Bevilacqua datata 4 novembre 2015 nella quale si
insisteva, in particolare, sulla inutilizzabilità degli esiti della intercettazioni
eseguite a carico dei predetti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, risultati solo parzialmente fondati debbono essere, pertanto,
accolti nei limiti di quanto di ragione.
Prendendo le mosse dalla comune cens , Ara avente ad oggetto la
legittimità della utilizzazione a fini caute.lari delle risuitanze delle intercettazioni
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disposte nel corso di altro procedimento penale, si rileva, preliminarmente che,
la ragione posta dai ricorrenti a sostegno della asserita inutilizzabilità deriva dal
fatto che i relativi decreti autorizzativi nonché le rispettive richieste del PM, in
quanto emessi nel corso di una indagine formalmente distinta da quella nel
corso della quale sono state disposte le misura cautelari oggetto della
ordinanza attualmente impugnata, sono stati prodotti di fronte al Tribunale del
riesame in forma largamente secretata, ciò all'evidente fine di non
pregiudicare, a seguito di una intempestiva discovery, gli ulteriori esiti della
indagine cui i predetti decreti e le predette richieste accedono.
Di ciò, tuttavia, si sono lamentati gli odierno imputati, affermando che in
questo modo, non essendo stato dato loro libero ed incondizionato accesso alla
predetta documentazione, sarebbe stato leso il loro diritto di difesa.
Il motivo di ricorso non è fondato; invero, rileva questa Corte che, in
punto di fatto (va al riguardo ricordato che trattandosi di doglianza avente ad
oggetto la pretesa violazione di disposizioni processuali questa Corte ha, infatti,
con riferimento al fatto processuale, piena cognizione non limitata alla sola
sfera della legittimità formale) non vi è dubbio che le intercettazioni sulla base
delle quali sono stati disposti i provvedimenti cautelari sostanzialmente
confermati dal Tribunale di Roma in funzione di giudice del riesame sono stati
emessi nel co-so di altro diverso procedimen'o penalc, ancorché evidentemente
connesso con quello ora in esame; parimenti indubbio è che le predette attività
di captazione sono state precedute da autorizzazione da parte della autorità
giudiziaria; tanto è vero ciò che, in realtà, i! Pnn ha pacificamente provveduto
all'invio al Tribunale del riesame dei predetti decreti; tale invio è, però, stato
operato dopo che gli atti in questione erano stati largamente oscurati.
Ciò di cui si discute non è, pertanto, la esistenza materiale delle
autorizzazioni in questione, ma la soddisfazione della regola secondo la quale è
onere del Prn inviare al Tribunale del riesame la documentazione di indagine
sino ad allora acquisita e ritenuta necessaria ai fini della adozione della misura
cautelare di cui si tratta.
Al proposito osserva questa Corte che, in linea di principio, la
giurisprudenza di legittimità si è attestata nell'affermare che la mancata
allegazione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche alla
richiesta del Pm di emissione di misura cautelare nonché la successiva omessa
trasmissione degli stessi al Tribunale del riesame a seguito di impugnazione del
provvedimento coercitivo non determina di per se l'hutilizzabilità, né la nullità
assoluta ed insanabile delle intercettazioni, a meno che la difesa dell'indagato
abbia presentato specifica e tempestiva richiesta di acquisizione, e la stessa o il
giudice non siano stati in condizione di effettuare un efficace controllo di
legittim'tà (Corte di cassazione, Sezione Vi penale. 1 febbraio 2013, n. 7521).
A tale principio deve, tuttavia, contrapporsene un altro, certamente più
calzante risnetto al caso di specie, avente rispetto all'orientamentp
precedentemente illustrato un chiaro ed inequivocabile contenuto derogatorio.
Infatti, ancora di recente, questa Corte ha chiarito che, nel caso di
risultanze di captazioni disposte nell'ambito di altro, diverso, procedimento
penale, la loro utilizzazione nel procedimento penale nel corso del quale sono
poi state disposte le misura cautelari oggetti di verifica di fronte al Tribunale del
riesame non e subordinata'alla produzione di fronte al tale organo giudiziario
dei relativi decreti autorizzativi.
In tale senso, infatti, milita il chiaro disposto dell'art. 270, comma 2, cod,
proc. pen., il quale prevede come adempiment necessari ai fini della
utilizzabilità delle intercettazioni, salvi diversi limiti (peraltro ora non in
discussione) sanciti dal comma 1 della medesima disposizione, il solo deposito
presso la autorità giudiziaria competente per il procedimento diverso da quello
nel corso del quale l'attività captativa è stata disposta, delle registrazioni e dei
verbali delle intercettazioni da utilizzare (Corte di cassazione, Sezione I penale,
13 maggio 2015, rb 19792).
Analogamente a quanto sopra riportato, è stato altresì osservato da
questa stessa Corte che nessun vizio è, pertanto, rilevabile laddove, in caso di
intercettazioni disposte nel corso di altro procedimento, nel fascicolo del
Tribunaie dei riesame siano stati inseriti i decreti autorizzativi in forma
omissata per ragioni connessi alla preservazione del segreto investigativo
rilevante nell'altro procedimento; in particolare la Corte ha, infatti, osservato
che, in applicazione del generale principio di tassatività della cause di
inutilizzabilità degli atti istruttori, fissato dall'art. 191, comma 1, cod. proc. pen.
(il quaie espressamente fa seguire la sanzione della inutilizzabilità alla
"violazione dei divieti stabiliti dalla legge"), tale conseguenza non può derivare
alla ipotesi nella quale non siano stati depositati presso la cancelleria del
giudice del procedimento diverso da quello per il quale sono state disposte le
intercettazioni i decreti autorizzativi delle stesse nor risultando tale
adempimento prescritto da alcune norma (Corte di cassazione„ Sezione IV, 6
agosto 2015, n. 34288).
Va, peraltro, osservato che nel caso di specie neppure può essere messa
in discussione, a cagione dell'avvenuto oscuramento delle copie depositate in
atti dei più volte citati decreti autorizzativi e richieste del Pm, la pertinenza
delle intercettazioni in questione agli attuali ricorrenti, posto che dall'esame
degli atti in questione emerge nominativamente, non essendo state le relative
parti omissate, il coinvolgimento di costoro nei fatti oggetto di indagine.
E tanto basterebbe a fare ritenere comunque avvenuta la ostensione della
motivazione dei decreti coi quali sono state autorizzate le intercettazione
de
quibus, costituendo ciò certamente condizione p'ù che sufficiente a rendere
legittime le intercettazioni stesse. essendo in tal rrodo consentito alle parti,
nell'esercizio del diritto di difesa, verificare la sussistenza, con riferimento alla
loro specifica posizione, delle condizioni per la effettuazione delle captazioni in
questione.
Riguardo poi al profilo concernente la sussistenza dei gravi indizi di
colpevoiezza, dedotto, sia pure con diverse declinazioni, dai vari ricorrenti, va
confermata la ordinanza impugnata; questa, infatti, ha esaurientemente
evidenziato, alla luce sia delle risultanze della captazioni (la cui piena
utilizzabilità è stata or ora riaffermata), sia alla luce degli altri elementi indiziari
emersi nel corso delle indagini preiiminari, la completezza e la gravità del
quadro indiziario a carico dei prevenuti.
In particolare, relativamente alla sussistenza della associazione rilevante
ai sensi dell'art. 74 del dlgs n. 309 del 1990, non può convenirsi con la difesa
dei ricorrenti, secondo la quale la brevità del tempo durante il quale i predetti
avrebbero realizzato le loro condotte criminose dovrebbe portare ad escludere
la suss , stenza del vincolo associativo che vale di distinguere il reato loro
contestato dale mere ipotesi di concorso nei singob reati fine,
Al riguardo osserva, infatti, la Corte che, sebbene questa Corte abbia
segnalato fra gli indici sintomatici della esistenza del vincolo associativo di cui
alla disposizione che si contesta come violata dai ricorrente, la durata
dell'accordo criminoso fra i soggetti inquisiti (in tal senso: Corte di cassazione,
Sezione V penale, 21 luglio 2014, n. 32081), tuttavia non può ritenersi che tale
elemento, una volta superata la soglia dell'effimero accordo fra più soggetti
volto alla commissione di uno o più reati determinati, debba avere un suo
necessario ampio sviluppo nel tempo, essendo. ve ., /ersa, ben più significativi
gli elementi sintomatici corsistenli nella p ,edisoos zlone„ rinalizzata ad una
serie indeterminata di reati, di mezzi e persone, con una strutturazione dei ruoli
e tendenziale (non necessariamente reale) stabilità nel tempo della
organizzazione; diversamente ragionando, ove cioè si valorizzasse oltre misura
il dato della durata del sodalizio criminoso, verrebbe meno l'elemento del reato
in questione ogni qualvolta, per effetto del tempestive intervento repressivo
dello Stato, la organizzazione, pur predisposta per durare un considerevole
lasso di tempo, venga, invece, rapidamente smantellata, pur presentando la
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stessa tutti i restanti elementi sintomatici della associazione a delinquere (quale
che ne sia la specifica finalità crirninosa).
Analogamente infondate le doglianze per ciò che attiene ai gravi indizi di
colpevoiezza gravanti su Lori Alessio e Bevilacqua Leonardo in ordine al reato di
tentato omicidio in danno di tale Ahmed Omar; al riguardo il Tribunale, rilevata
la identità fra l'episodio del ferimento obbiettivamente verificatosi a carico di
costui ed il contenuto delle conversazioni intercorse fra taluni indagati in cui gli
stessi rievocavano un episodio di ferimento, ha - in maniera del tutto
plausibile, tanto più in questa sede cautelare in cui ai fini della adozione delle
misure è sufficiente la presenza di una responsabilità penale suffragata da
elementi solo indiziari, ancorché caratterizzati dalla gravità - fondato la
permanenza della misura in atto sul contenuto di tali conversazioni in cui era
evidenziata, sulla base della condotta posta in essere (il Bevilacqua infatti si
riferisce a sei botte - cioè sei colpi di pistola - indirizzate ad "altezza uomo") la
sussistenza, quantomeno a livello di dolo alternativo (certamente compatibile
col tentativo: Corte di cessazione, Sezione I penale, 27 febbraio 2014, n.
9663), della volontà omicidiaria.
Quanto al motivo di impugnazione avente ad ogdetto la irritualità della
individuazione fotografica dei Repole e del Deghdak quali autori della estorsione
in danno di Spagnuolo Matteo, va ricordato che nella specie si è trattato di un
riconoscimento operato in sede di indagini di pg, utilizzabile in sede cautelare
per affermare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza - in assenza di
profili che ne facciano ritenere l'inattendibilità -se za che vi sia la necessità di
verificare le metodologie seguite nello svolgimento della operazione - i cui
risultati sono utilizzabili in quanto accertamento di fatto, non regolato dal
codice di rito, in base al principio di non tassatività delle prove e del libero
convinc , mento del giudice (Corte di cessazione, Sezione II penale, 24 febbraio
2009, n. 8315) - e quindi della loro rispondenza alla previsione di cui all'art.
213 cod. proc. pen., potendo fondatamente ritenersi che tali operazioni saranno
seguite da un formale atto di riconoscimento o da una testimonianza che tale
riconoscimento confermerà (Corte di cessazione, Sezione II penale, 16 febbraio
2015, n, 6505).
Comune a tutti i ricorrenti è, come quella avente ad oggetto la censurata
utilizzabilità dei risultati della attività captativa, la eccezione formulata in ordine
alla congruità della motivazione della ordinanza impugnata rispetto alla
sopravvenuta normativa in materia di misure cautelari personali.
Osserva al riguardo questa Corte che, come è noto, con legge n. 47 del
2015, il legislatore ha modificato la disciplina dei presupposti per la adozione
delle misure cautelari; in particolare, per quanto ora interessa, il legislatore ha
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novellato l'ari. 274, comma 1, lettera
c), cod. proc. pen., esplicitando la
indicazione secondo la quale, laddove la misura sia disposta onde prevenire il
pericolo della reiterazione di reati della medesima specie di quelli per cui si
procede, il pericolo del quo deve essere concreto ed attuak.
Onde chiarire il contenuto della espressione riportata e per evitare che la
stessa si risolva in una endiadi, con conseguente annichiiimento della portata
innovativa della modifica legislativa, atteso che la caratteristica della
concretezza del pericolo già era presente nei dettato legislativo anche
anteriormente alla entrata in vigore della novella recata dalla citata legge n. 47
del 2015, questa Corte, in sede di prima applicazione della nuova norma, ha
precisato che per ritenere "attuale" il pericolo "concreto" di reiterazione del
reato, non
è
più sufficiente ipotizzare che la persona sottoposta alle
indagini/imputata, presentandosene l'occasione, sicuramente (o con elevato
grado di probabilità) continuerà a delinquere e/o a commettere i gravi reati
indicati dall'art. 274, lettera c), cod. proc. pen., ma è necessario ipotizzare
anche la certezza o comunque l'elevata probabilità che l'occasione del delitto si
verificherà.
Ne consegue che il giudizio prognostico non può più rondarsi sul seguente
schema logico. "se si presenta l'occasione sicwamente, o molto probabilmente,
la persona sottoposta alle indagini reitererà il delitto"„ ma dovrà seguire la
diversa, seguente impostazione: "siccome è certo o comunque altamente
probabiie che si presenterà l'occasione del delitto, altrettanto certamente o
comunque con elevato
grado di probabilità la persona
sottoposta alle
indagini/imputata tornerà a delinnuere - (nei termini che precedono, oltre alla
Sentenza da cui è stata tratta l'ampia citazione, cioè: Corte di cassazione,
Sezione III penale, 15 settembre 2015, n. 37087„ si veda anche la coeva, Corte
di cassazione, Sezione III penale, 15 settembre 2015, n. 37089).
Si è, con ciò, inteso precisare che, mentre In concretezza del pericolo
della reiterazione della condotta illecita consiste nella ebbieliva attitudine del
soggetto, laddove se ne presentasse l'occasione,
a commettere reati della
stessa specie di quelli per cui si procede, l'indagine sull'esistenza del parallelo
requisito della attualità di siffatto pericolo impone la dimostrazione, in termini
quantomeno di elevata probabilità, della immediata, o comunque
cronologicamente vicina, se non addirittura prossima, sussistenza delle
condizioni necessarie affinché l'occasione di Commettere l'illecito si presenti.
Tale verifica è stata,
con riferimento alla
ordinanza impugnata e
relativamente a tutti i ricorrenti, sostanzialmente omessa dal Tribunale di
Roma„ il quale, sul punto, si è limitato ad evidenziare ia esistenza di gravi indizi
di coloevolezza a carico dei prevenuti, tale da rarr ritenere che gli stessi, data
la loro propensione a delinquere, datane l'occasione, ricadrebbero nuovamente
nell'illecito, mentre per la attualità del pericolo in questione lo ha
genericamente desunto dal pregresso comportamento dei medesimi,
attribuendo, pertanto, a questo elemento una duplice valenza sintomatica.
Essa, infatti, è stata in tal modo inammissibilmente riferita una prima
volta alla concretezza del pericolo di reiterazione (attributo questo certamente
desumibile, come fatto dal Tribunale capitolino, da fattori soggettivi quali la
indole dei soggetti, la attitudine e la disponibilità a delinquere o, comunque, la
capacità criminale dimostrata dai medesimi), ed una seconda volta alla sua
attualità (che, invece, deve essere verificata con rUeriniento a dati obbiettivi
riferiti alla sussistenza delle condizioni materiali per la re,iterazione a breve della
condotte criminose).
Sotto ii descritto profilo la ordinanza impugnata deve essere, pertanto,
annullata, con rinvio al Tribunale di Roma. Sezione del riesame, che, in diversa
composizione. riesaminerà il ricorso presentato avverso il provvedimento
cautelare emesso dal Gip del Tribunale di Roma 'n data 25 giugno 2015,
verificando, alla luce dei principi espressi. la sussistenza, quanto alle esigenze
cautelar', delle condizioni per il mantenimento della misura a carico dei
ricorrenti.
e.)Qp4
Annulla la ordinanza impugnata, con !invio d ribunale l . Roma, Sezione del
riesame, limitatamente alle esigenze cautelari
Rigetta i ricorsi nel resto.
Dispone altresì che il presente provvedimento sia trasmesso in copia, ai sensi
dell'art. 94 d sp. att. cod. proc. pen. ai direttori degli istituti penitenziari ove i
ricorrenti sonc.) attualmente custoditi.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2015
Il Consigliere estensore