s. tommaso d`aquino la somma teologica

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s. tommaso d`aquino la somma teologica
S. TOMMASO D’AQUINO
LA SOMMA
TEOLOGICA
TRADUZIONE E COMMENTO
A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI
TESTO LATINO DELL’EDIZIONE LEONINA
V
L* OPERA, DEI SEI GIORNI
V UOMO : a) NATURA
E POTENZE DELL’ ANIMA
(I, qq. 6 5 '8 3 )
eso
Edizioni Studio Domenicano
11
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-*
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L’ UOMO: a) NATURA
E POTENZE DELL’ANIMA
(I, qq. 75-83)
QUESTIONE 75
L’uomo, cioé Pessere composto di spirito e di materia.
Primo, la natura dell’anima.1
QUAESTIO 75
De homine, qui ex spirituali et corporali substantia
componitur. Et primo, quantum ad essentiam animae
in septem artícu los divisa.
Dopo avere considérate le creature spirituali e quelle materiali,
passiam o aH’uomo, il quale é com posto di spirito e di materia.
Studieremo prim a la sua natura, poi la sua origine. Spetta al teologo di occuparsi della natura dell’ uomo dal punto di vista dell ’anima, non del corpo, salvo i rapporti che esistono tra il corpo
e l ’ a n im a .2 Perció il prim o studio si occuperá deH’anima. Ora,
siccom e a detta di D io n ig i3 si ritrovano tre cose nelle sostanze spi­
rituali, cioé « l ’ essenza, le facoltá e le o p era zion i», tratterem o:
prim o, quanto rigu arda l ’essenza dell’ an im a; secondo, quel che
rigu arda le sue facoltá o potenza; terzo, quanto' ha attinenza con
la sua operazione.
Sul prim o punto si affacciano due con sid era zion i: la prim a ri­
guarda l ’ anima in se stessa; la seconda invece riguarda la sua
unione col corpo.
Sal prim o argomento si pongono sette quesiti: 1. Se l ’ anima sia
un corpo ; 2. Se 1’ anima um ana sia un qualcosa d i sussistente ; 3. Se
le anime degli animali bruti siano su ssistenti; 4. Se l ’ anima sia
Tuo-mo, o non piuttosto l ’uom o sia un essere com posto di anima
e di c o r p o ; 5. Se essa sia com posta d i materia e di fo r m a ; 6. Se
l ’ anim a um ana sia in corru ttibile; 7. Se essa sia della stessa specie
dell'angelo.
Post considerationem creaturae spiritualis et corporalis, considerandum est de homine, qui ex spirituali et corporali substantia
com ponitur [cfr. q. 50, Prol.]. Et prim o, de natura ipsius hom in is ; secundo, de eius productione [q. 90]. Naturam autem hóminis
considerare pertinet ad theologum ex parte animae, non autem ex
parte corporis, nisi secundum habitudinem quam habet corpus ad
animam. Et ideo prim a consideratio circa animam versabitur. Et
quia, secundum Dionysium, 11 cap. Angel. Hier., tria inveniuntur
in substantiis spiritualibus, scilicet « essentia, virtus et op era tio» ;
primo oonsiderabim us ea quae pertinent ad essentiam anim ae: se­
cundo, ea quae pertinent ad virtutem sive potentias eius [q. 77];
tertio, ea quae pertinent ad operationem eius [q. 84].
Circa prim um dúplex occurrit con sideratio: quarum prim a est de
ipsa anima secundum s e ; secunda, de unione eius ad corpus [q. 76].
Circa prim um quaeruntur septem. P rim o: utrum anim a sit corpus. S ecundo: utrum anima hum ana sit aliquid subsistens. T e rtio :
utrum animae brutorum sint subsistentes. Quarto: utrum anim a
sit h o m o ; vel magis hom o sit aliquid com positum ex anim a et corpore. Q uinto: utrum sit com posita ex materia et form a. S exto:
utrum anima hum ana sit incorruptiibilis. S ép tim o: utrum anima
sit eiusdem speciei cum angelo.
ARTIGOLO 1
ARTICULUS 1
Se l’anima sia un corpo.4
Utrum anima sit corpus.
i Cont. Gent., c. 65; f De Anima, lect. i.
S e m b r a c h e l ’ anima sia un c o r p o . Infatti:
1.
L ’ anim a é l’ elemento motore del oorpo. M a non si puó dire che
sia un movente non mosso. Sia perché pare che niente possa im pri­
mere un movimento, se non é mosso a sua v o lt a ; poiché nessuno da
quel che non ha, com e un oggetto non caldo non riscalda. Sia perché,
se esistesse un motore non mosso, causerebbe un movimento sempi-
Ad p r i m u m sic p r o c e d it u r . Videtur quod anim a sit corpus. Anim a
enim est motor corporis. Non autem est m ovens non motum. Tum
quia videtur quod nihil possit movere nisi m oveatur: quia nihil
dat alteri quod non habet, sicut quod non est calidum non calefacit. Tum quia, si aliquid est m ovens non motum , causat motum
sempiternum et eodem m odo se habentem, ut probatur in 8 Physic.
1 Gli editori, anche quelli piü antichi, posero com e titolo della questione il titolo stesso del trattato. P ropriam ente la q. 75 é in d icata d a ll’ultim a espressione
del P ro lo g o : «P rim o , la natura d ell’a n im a ».
2 S. Tom m aso escinde uno studio diretto del corpo um ano dal cam po teologico.
Ció pero non significa che egli abbia ignorato le interferenze del físico n e ll’ordine
psichico. Anzi, proprio perché egli tiene costantemente presente il corpo e le sue
funzioni, é abbastanza fa cile raccogliere dalla Somma Teologica le nozioni piü o
m eno arcaiche della fisiología medioeval©.
3 Sotto il nom e di D ionigi l ’A reopagita sono giun ti fino a noi alcuni scritti
teologici del secolo V, e cio é : Be Dívinis N om inibus (com m entato d a ll’Aquinate),
P e Ca$lesti H ierarcM a, Be Ecclesiastica HierarcM a, e a lcu n i scritti m inori. S. Toirt-
maso, come tutti i suoi contem poranei, pensava che si trattasse d ell'opera del dtscepolo di S. P aolo, cu i accennano g li A tti degli Apostoli, 17,34. Cfr. Introd.
Gen., nn. 13, 22 ss.
4 L ’articolo presuppone com e g iá accettata la distinzione tra anim a e corp o,
sia nell'uom o com e in qualsiasi essere vívente. Ora si tratta di scoprire 1’ intim a
natura dell'an im a um ana. E, per procedere con ordine, qui S. Tom m aso si l i ­
m ita a dim ostrare che il p rin cip io vítale d ell’uom o é an ch ’esso ben distinto da
tutto ció che costituisce le realtá, corporea. Non é ancora la prova della sp iri­
tualitá d ell’anim a, m a ne é una prem essa indispensabile, con tro quégli studiosi,
e ce n ’erano anche ai tempi d ell’Autore, i qu ali non avessero ben chiare le idee
sulla concezione ilem orflca del m ondo corporeo, cosí com ’ é stata elaborata da
Aristotele,
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 75, a. 1
L 1ESSENZA DELL1ANIMA
terno e uniforme, com e prova Aristotele: e questo non si verifica
nel movimento deiranim ale, che proviene d a ll’ anima. Dunque
l ’ anim a é un m otore mosso. Ma ogni motore m osso é corpo. Dun­
que 1’ anima é un corpo.
2. Ogni conoscenza a w ien e mediante una som iglianza. Ora non
puó darsi che u n corpo som igli a una cosa incorpórea. Se quindi
l ’ anima non fosse un corpo, non potrebbe conoscere le cose m ate­
riali.
3. E necessario' che v i sia un contatto tra il m otore e la cosa
mossa. Ma il contatto non a w ien e che tra i corpi. Perció, se 1’ anima
muové il corpo, anch’ essa dev’ essere un corpo.
I n c o n t r a r i o : S. Agostino insegna che l ’ anim a « é detta semplice
per rispetto al corpo, poiché essa non occupa lo spazio mediante
la q n a n titá » . 1
R i s p o n d o : Per indagare sulla natura dell’ anima, bisogna partiré
dal presupposto che 1’ anima é il prim o principio della vita nei
viventi che ci circon dan o: infatti chiam iam o animati gli esseri viventi, e inanimati quelli che sono privi di vita. La vita poi si manifesta specialmente nella duplice attivitá della conoscenza e del
movimento. Gli antichi filosofi,2 che non riuscivano a elevarsi al
disopra dell’ im m aginazione, ritenevano che il principio di tali at­
tivitá fosse un c o r p o ; perció affermavano che i soli corpi sono es­
seri reali e che fu ori di essi non vi é che il niente. In base a ció,
dicevano che l’ anim a non é che un corpo.
Sebbene si possa mostrare la falsitá di tale opinione in molte
maniere, tuttavia useremo un solo argomento, che, per la sua universalitá e certezza, prova come l ’ anima non sia un corpo. Infatti
é evidente che non ogni prin cipio di operazioni vitali é u n ’ anima,
altrim enti anche l ’occhio sarebbe u n ’ anima, essendo principio dell ’ operazione visiva ; e lo stesso potremm o dire degli altri organi
dell’ anima. Noi invece chiam iam o anim a il 'primo principio della
vita. Ora, benché un corpo possa essere in un certo senso principio
di vita, il cuore, p. es., é principio di vita n ell’ anímale, tuttavia
un corpo non potrá m ai essere prim o principio di vita. E infatti
m anifestó che al corpo, in quanto corpo, non appartiene né di es­
sere principio di vita, né di essere un viv en te: altrimenti ogni corpo
sarebbe vivente, o principio di vita. Dunque, se un corpo é vivente
o principio di vita, ció dipende dal fatto che esso é tale corpo. Ora
un essere é attualmente tale in forza di un principio, che viene
chiam ato il suo a tto.3 P erció 1’ anima, la quale é il primo principio
di vita, non é un corpo, ma atto di un c o r p o : com e il calore, che
é il principio del riscaldamento, non é un corpo, m a l’atto [o la
perfezione] di un corpo.
S o l u z i o n e d e l l e d if f ic o l t á : 1. Sebbene tutto ció che si muove sia
mosso da un altro, non si puó tuttavia risalire all1infinito, e quindi
é necessario affermare che non ogni movente é mosso. Infatti, se
il m uoversi non é altro che un uscire dalla potenza all’ atto, il mo-
[cc. 6, 10, lect. 13, 23]: quod non apparet in motu animalis, qui est ab
anima. E rgo anima est m ovens motum. Sed omne m ovens motum
est corpus. Ergo anim a est corpus.
2. P r a eter ea , om nis cognitio fit per aliquam similitudinem. Non
potest autem esse sim ilitudo corporis ad rem incorpoream . Si igitur anima non esset corpus, non posset cognoscere res corporeas.
3. P r a e t e r e a , moventis ad motum oportet esse aliquem contactum.
Contactus autem non est nisi corporum . Cum igitur anima moveat
corpus, videtur quod anim a sit corpus.
S ed c o n t r a e s t quod Augustinus dicit, 6 De Trin., [c. 6], quod
anima «sim p lex dicitur respectu corporis, quia m ole non diffunditur per spatium lo c i» .
R e s p o n d e o d i c e n d u m quod ad inquirendum de natura animae,
oportet praesupponere quod anim a dicitur esse prim um principium
vitae in his quae apud nos v ivu n t: animata enim viventia dicimus,
res vero inanimatas vita carentes. Vita autem máxime m anifestatur
duplici opere, scilicet cognitionis et motus. Horum autem p rin ci­
pium antiqui philosophi, im aginationem transcendere non valentes, aliquod corpus p on eb a n t; sola corpora res esse dicentes, et quod
non est corpus, nihil esse. Et secundum hoc, animam aliquod corpus esse dicebant.
Huius autem opinionis falsitas licet m ultipliciter ostendi possit,
tamen uno utemur, quo et com m unius et certius patet animam corpus non esse. Manifestum est enim quod non quodcum que vitalis
operationis principium est a n im a : sic enim oculus esset anima, cum
sit quoddam principium v isio n is; et idem esset dicendum de aliis
animae instrumentis. Sed prim um principium vitae dicimus esse
animam. Quamvis autem aliquod corpus possit esse quoddam prin­
cipium vitae, sicut cor est principium vitae in a n im a li; tamen non
potest esse primum principium vitae aliquod corpus. Manifestum
est enim quod esse principium vitae, vel vivens, non convenit corpori ex hoc quod est co rp u s: alioquin omne corpus esset vivens, aut
principium vitae. Convenit igitur alicui corpori quod sit vivens, vel
etiam principium vitae, per hoc quod est tale corpus. Quod autem
est actu tale, habet hoc ab aliquo p rin cipio quod dicitur actus eius.
Anima igitur, quae est prim um principium vitae, non est corpus,
sed corporis a ctu s: sicut calor, qui est principium calefactionis, non
est corpus, sed quídam corporis actus.
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod, cum omne quod m ovetur ab alio
moveatur, quod non potest in infinitum procedere, necesse est dicere
quod non omne movens movetur. Cum enim m overi sit exire de potentia in actum, movens dat id quod habet m obili, inquantum facit
178
i
S. Agostino d ’ Ippona (354-430), di cui viene qui citata Topera teologica piü
origín ale e profonda, il De Trlnitate, é tra le fon ti p rin cip al! del trattato tom lstico su ll’uom o (vedi Introd., n. 5).
11
consenso dei P adri é unánim e rigu ardo alia tesi della spiritualitá deH’anJm a ; non tutti peró hanno ben chiara 1* idea d e ll’assoluta im m aterialitá della
medesima, conje vedrem o a ll’articolo 5,
179
2
Sono i presocratici, che piü oltre chiam erá -philosophi naturales. L' insistenza
con la quale il Dottore A ngélico attacca le loro posizioni non ci deve m eravig lia r e : egli aveva sotto g li occh i il De Anim a di Aristotele, il quale inlzia appunto 1’ indagine sulla natura d e ll’anim a riportando le op inioni dei filosofi p re ­
ceden ti (cfr. / De Anim a, c. 2).
8 Per determ inare con esattezza il concetto d i anim a, é necessario conoscere le
basi metaflsiche sulle qu ali ha costruito l ’aristotelism o. II dualism o radicale del
sistema alia superficie presenta la distinzione tra m ateria e form a. Se peró vo­
gliam o approfondire, ci si accorge che questa distinzione nasce dalla distinzione
tra atto e potenza, cioé tra perfezione e perfettibilitá, che sono term ini piü universali nei quali é com presa tutta la realtá. - P er queste voci, vedi Diz. Tom.,
nel volum e di Introd. Gen. della nostra Opera,
180
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 75, aa. 1-2
V ESSENZA DELL’ANIMA
tore da al mobile quel che ha, in quanto lo attua. Ora, come prova
Aristotele, esiste un motore del tutto im mobile, il quale non si
muove né per natura né indirettam ente: 1 e un tale motore é cap ace di im prim ere un m oto uniforme. Vi sono invece altri motori, i
quali, pur non essendo soggetti al m oto in forza della loro natura,
vi sono soggetti indirettam ente: per questo essi non im prim ono un
m oto sempre uniform e. L ’ anim a é uno di q u e sti.2 Vi sono final­
mente altri motori, che sono soggetti al m oto in forza della loro
natura, cioé i corpi, Ma poiché gli antichi filosofi naturalisti non
credevano che a ll’ esistenza dei corpi, ritenevano che ogni motore
fosse mosso, e che 1’ anima stessa fosse soggetta al m oto in forza
della sua natura, e che fosse un corpo.
2. Non é necessario che la som iglian za3 della cosa conosciuta si
trovi attualmente nella natura del conoscente; perché se abbiamo
u n essere, il quale prim a sia conoscente in potenza e poi in atto,
non é necessario che la som iglianza [o immagine] dell’ oggetto con osciu to si trovi in atto nella natura del conoscente, m a basta che
vi si trovi in potenza; cosi il colore non é attualmente m a solo
potenzialmente nella pupilla. Non é quindi necessario che le somiglianze delle cose m ateriali si trovino attualmente nell’ essenza del1’ anima, m a che questa sia in potenza a [ricevere] tali somiglianze.
M a poiché gli antichi Naturalisti non sapevano distinguere tra attó
e potenza, ritenevano che 1’ anima fosse un corpo, appunto perché
potesse conoscere i c o r p i; anzi ritenevano che fosse com posta dei
p rincipii [elementari] di tutti i corpi, affinché la sua conoscenza si
potesse estendere a tutti qiuanti i corpi. 4
3. Ci possono essere due specie di contatti: il contatto quantitativo e quello virtuale. Col prim o un corpo non puó essere toccato
che da un corpo. Col secondo, un corpo puó essere toccato anche
da un essere incorporeo, che lo muove.
ipsum esse in actu, Sed sicut ostenditur in 8 P hysic. [c. 6, lect. 13], est.
quoddam movens penitus im m obile, quod nec per se nec per accidens m ovetu r: et tale movens potest m overe motum semper uniformem. Est autem aliud movens, quod non m ovetur per se, sed m ove­
tur per a ccid e n s: et propter hoc non movet motum sem per uniformem. Et tale movens est anima. Est autem aliud movens, quod per
se movetur, scilicet corpus. Et quia antiqui Naturales nihil esse
credebant nisi corpora, posuerunt quod omne movens movetur, et
quod anima per se movetur, et est corpus.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod non est necessarium quod sim ilitudo
rei cognitae sit actu in natura cogn oscen tis: sed si aliquid sit quod
prius est cognoscens in potentia et postea in actu, oportet quod
sim ilitudo cogniti non sit actu in natura cognoscentis, sed in poten­
tia tan tu m ; sicut color non est actu in pupilla, sed in potentia tantum. Unde non oportet quod in natura anim ae sit sim ilitudo rerum
corporearum in a c t u ; sed quod sit in potentia ad huiusm odi similitudines. Sed quia antiqui Naturales nesciebant distinguere inter
actum et potentiam, ponebant animam esse corpus, ad hoc quod
cognosceret co r p u s ; et ad hoc quod cognosceret om nia corpora,
quod esset com posita ex principiis omnium corporum .
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod est dúplex contactus, quantitatis et
virtutis. Prim o modo, corpus non tangitur nisi a corpore. Secundo
modo, corpus potest tangi a re in corpórea quae movet corpus.
ARTICOLO 2
ARTICULUS 2
Se l’anima umana sia qualche cosa di sussistente.8
Utrum anima humana sit aliquid subsistens.
1§1
De P ot., q. 3, aa. 9, i l ; De Spírit. Creat., a. 2; De Anima, aa. 1, 14;
3 De Anim a, lect. 7.
S e m b r a che l ’ anima umana non sia qualche cosa di sussistente.
In fa tti:
1.
Ció che é sussistente é un hoc aliquid [cioé un essere concreto].
Ora, non l ’ anima, ma il com posto di anim a e corp o é un hoc aliquid. Quindi 1’ anima non é sussistente.
1 Gli studiosi sono ancora discordi nel determ inare il pensiero genuino di Ari
stotele intorno a l m otore im m objle, di cu i questi parla nella Física. P er S. Tom ­
maso esso non era altro che Dio.
2 Si dice che l ’ anim a per aceídens é sottoposta al m oto, perché é unita a un
corpo, il quale é per se un essere soggetto a l m ovim ento.
3 II term ine sím ilitudo nella term inología scolastica é sinonim o d i im ago,
e potrebbe senz’ altro tradursi con Im m a g in e; m a essendo im postata l ’obiezione
presente sul doppio significato del term ine (som iglianza, im m agine), é necessario
adattarsl, in m odo che la difflcoltá e la relativa risposta abbiano an cora un certo
significato.
4 Questi preceden ti storici non vanno dim enticati, quando si tratterá di illu-
A d s e c u n d u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod anima hum ana non sit
aliquid subsistens. Quod enim est subsistens, dicitur hoc aliquid.
A nim a autem non est hoc aliquid, sed com positum ex anim a et cor­
pore. Ergo anim a non est aliquid subsistens.
strare il pensiero di Aristotele e di S. Tom m aso intorno alia im postazione e alia
soluzione del problem a discusso n e ll’a rticolo seguente.
5
Dopo di aver precisato il concetto di anim a, com e prin cip io di vita, e quindi
com e form a, in contrapposizione a tutto ció che é m ateria, S. Tom m aso passa
qui a dom andare se quella form a che é l ’ anim a um an a abbia una p rop ria sussistenza, indipendentem ente dal corp o vivificato da essa. In altri te rm in i: qui
si parla della spiritualitá d ell’anim a. - E un a volta dim ostrata la spiritualitá,
ovvero la sussistenza autonom a dello spirito um ano, sará fa cile procedere alia
dim ostrazione della sua im m ortalitá. L ’a rgom en to quindi é della m assim a im portanza, e il Dottore A ngélico parla di esso in quasi tutte le sue opere. A quelli
citati nei 11. pp. d ell’ Ed. Leonina possiam o aggiuu gere i brani seguenti: 2 Sent.,
d. 19, q. 1, a. 1 ; De Verit., q. 10, a. 8 ; q. 22, a. 1, ad 2, 8 ; 2 C.ont. Gent.
cc. 63-68; De Unit. intell., c. 1 ; Quodl., 10, a. 6 ; Comp. Theol., c. 7P
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 75, a. 2
L ’ ESSENZA DELL’ANIMA
2. Tutto ció che é sussistente si puó dire che opera. Ora non si
puó affermare che 1’ anima o p e r i; poiché, secondo Aristotele, «d ire
che 1’ anim a sente o che intende, é com e diré che essa tesse o che
edifica)). Quindi l ’ anima non é un essere sussistente.
3. E se l1anim a fosse qualche cosa di sussistente, dovrebbe avere
una qualche sua attivitá senza il corpo. N on esiste invece nessuna
attivitá senza il corpo, nemmeno l ’ intendere; poiché non si da intellezione senza fantasma, e questo non é possibile senza il corpo.
Dunque 1’ anim a umana non é qualche cosa d i sussistente.
I n c o n t r a r i o : S. Agostino in se g n a : « Chiunque vede la natura della
mente, cioé come essa sia u na sostanza, e di piü non corporea, vede
puré che coloro, i quali opinano che essa sia corporea, sbagliano
n ell’ attribuirle quelle cose, senza le quali non possono concepire
nessuna natura, cioé le sembianze dei c o r p i». P erció non solo la
natura della mente umana é im materiale, ma é ancora una sositanza, cioé qualche cosa di sussistente. 1
R i s p o n d o : Dobbiamo necessariamente affermare che il principio
d ell’ operazione intellettiva, cioé l ’ anima dell’uomo, é incorporeo e
sussistente.2 Infatti é noto che l ’uom o con la sua intelligenza puó
conoscere la natura di tutfi i corpi. Ora, chi ha la facoltá di cono­
scere delle cose, non deve possedere nessuna di esse nella sua na­
tura ; perché quella che fosse Ínsita in lui per natura, im pedirebbe
la conoscenza delle altre. Difatti vediamo che la lingua dell’ inferm o,
quando é infettata di umore bilioso e amaro, non puó percepire il
dolce, m a tutto le sembra amaro. Se dunque il principio intellettivo
avesse in se stesso la natura di qualche corpo, non potrebbe cono­
scere tutti i corpi. Tanto piü che ogni corpo possiede una natura
determinata. P er conseguenza é im possibile che il principio intel­
lettivo sia un c o r p o .3
2 . P ra e te r e a , omne quod est subsistens, potest dici operari. Sed
anima non dicitur op erari: quia, ut dicitur in 1 De Anim a [c. 4,
lect. 10], «d ice ré anim am sentire aut intelligere, sim ile est ac si
dicat eám aliquis texere vel aed ificare». E rgo anim a n on est ali­
quid subsistens.
3. P r a e te r e a , si anima esset aliquid subsistens, esset aliqua eius
operatio sine corpore. Sed nulla est eius operatio sine corpore, nec
etiam intelligere: quia non contingit intelligere sine phantasmate,
phantasma autem non est sine corpore. E rgo anima hum ana non
est aliquid subsistens.
S ed c o n t r a e s t quod Augustinus dicit, 10 De Trin. [c. 7]. « Quisquís
videt mentís naturam et esse substantiam, et non esse corpoream ,
videt eos qui opinantur eam esse corpoream , ob hoc errare, quod
adiungunt ei ea sine quibus nullam possunt cogitare naturam, sciIicet corporum phantasias». Natura ergo mentís hum anae non solum est incorpórea, sed etiam substantia, scilicet aliquid subsistens.
R e s p o n d e o d i c e n d u m quod necesse est dicere id quod est p rin ci­
pium intellectualis operationis, quod dicimus animam hominis, esse
quoddam principium incorporeum et subsistens. Manifestum est
enim quod hom o per intellectum cognoscere potest naturas omnium
corporum . Quod autem potest cognoscere aliqua, oportet ut nihil
eorum habeat in sua natura: quia illud quod inesset ei naturaliter, impediret cognitionem a lio ru m ; sicut videm us quod lingua infirmi quae infecta est cholerico et amaro hum ore, non potest percipere aliquid dulce, sed om nia videntur ei amara. Si igitur p rin ci­
pium intellectuale haberet in se naturam alicuius corporis1, non pos­
set omnia corpora cognoscere. Omne autem oorpus habet aliquam
naturam determinatam. Im possibile est igitur quod principium in­
tellectuale sit corpus.
1 Le parole d i S. Agostino servono a precisare sem pre m eglio il significato
d ell’ a r t ito lo : sussistenza é sinonim o di im m aterialitá, oyyero di spiritualitá. A proposito della spiritualitá d e ll’anim a troviam o con cordi tutti i pensatori cristiani. Ma questa concordia esiste solo com e preoccupazione di difendere il
dogm a della im m ortalitá d e ll’ a n im a ; non g iá com e una vera concordanza universaie nal m odo di concepire questa spiritualitá. O ggi peró i teologi sono sostanzialmente d ’accordo n e ll’accettare la XV Test to m istic a : « Sussiste di per sé
l ’an im a umana, che viene creata da Dio allorché, su ficientem ente disposto il
soggetto, puó esservi infusa, ed é di sua natura in c o r ru ttib ile » (cfr. Introd
Gen., n. 173).
2 Si tratta di necessitá non soltanto di ordin e razionale, m a anche di ordine
dogm ático.
3 L ’argom ento a prim a vista puó sem brare tutt’altro che persuasivo, tanto é
vero che m olti tom isti lo hanno trascurato, e non pochi scolastici di altro indirizzo lo hanno addirittura confutato. Per am ore di brevitá, mi permetto di rimandare a un m ió a r tico lo : C e nti T. S., « V icende di una prova definitiva della
spiritualitá deU’a n im a », in Sapienza, 1948, pp. 199, 200. - Tutta l ’argom entazione
si regge su quel p r in cip io : « chi ha la facoltá di conoscere delle cose, non deve
possedere nessuna di esse nedla sua natura ; perché quella che fosse insita in lui
per' natura, im pedirebbe la conoscenza delle a lt r e » ; il quale prin cip io é la parafrasi di quello aristo té lico : « intus apparens prohjbet extraneum et o b stru et»
(3 De Anima, c. 4). B isogna ricordarsi che esso é stato form ulato in antitesi. al
p rin cip io degli antichi filosofi n a tu ra listi: « sim ile sim ili o o g n oscitn r». In altre
p arole, mentre per descrivere il fenom eno conoscitivo gli antichi ricorrevano a
una sp ecie di presenza innata e previa delle cose n e ll’uom o (l’uom o sarebbe stato
p erció com posto di tütti gli élenientij, Aristotele cóm prese che bisognava com inciare 1’ indagine su quel fenomeno cosi singolare, dal fatto che noi siamo solo
ln potenza a conoscere. La nostra conoscenza é recettiva, e noi dobbiam o esser
fatti per ricevere. Ma per ricevere bisogna non avere: quindi gli organi di per-
cezione devono essere « denudati della natura di quanto viene ricevuto » ; e l ’ in­
telletto, che tutti i corp i conosce, deve esser separato dalla natura di tutti i corpi.
Le indagini modero© intorno al fenom eno della percezione sono certam ente
favorevoli alia teoria aristotélica. Anzi, da queste indagini risulta ben chiaro che
le nostre facoltá d i percezione diretta, com e qualsiasi strumento di registrazione
m eccanica, sono costruite in m odo d a presentare un vuoto specifico, un differenziale energetico, di fronte agli agenti estrinseci che sono chiam ate a percepire.
L ’ occhio, p. es., il quale deve serviré a percepire i fenom eni lum inosi, é costruito
sul p rin cipio della cam era oscura. P erció 1’ indagine diretta non puó avere una
estensione illim itata: essa trova una ba rriera insorm ontabile proprio nella struttura física dei suoi strum enti. I nostri sensi son fatti per percepire un a data
serie di fenom eni, con ben determ ínate intensitá, e stando a certe precise condizioni, proprio perché subiscono le lim itazioni della loro m aterialitá. Lo stesso
si dica degli strumenti m eccan ici di cui si possono servire le nostre facoltá per
1’ indagine diretta (cfr. E ddington A., La filosofía della scienza física, Bari, 1941,
pp. 43-84). - Ora, di fronte a questa conoscenza lim itata e venata di soggettivism o
che puó offrirci il nostro apparato sensoriale, é inn egabile che noi abbiam o una
cognizione universale e assoluta (sia pur generica quanto si voglia) di tutto
l ’universo, e di tutte le cose m ateriali. E questa conoscenza supera senza confronti le cap aciíá delle potenze sen sitiv o; sia che le consideriam o ciascuna in
particolare, sia che le consideriam o globalm ente. Dunque deve esistere in noi
una fa coltá conoscitiva indipendente dalle lim itazioni di un organo m ateriale;
deve trattarsi di qualche cosa capace di sussistere in se medesima.
Bisogna aggiungere che og n i concetto della nostra m ente presenta g iá una
sua infinitezza, poiché esso a b braccia tutti e singoli g li individu i di una deter­
minata specie, che i sensi possono percepire distintamente solo in atti successivi. L ’occh io puó percepire con un atto visivo un certo num ero di c a v a lli; ma
1’ idea di cavallo vale per tutti i soggetti di tale specie. L ’universalitá d ell’ idea
viene cosí a rafforzare il v alore di q u ell’argom ento, che S. Tomm aso n ella sua
m aturitá ha preferito a 'igni altro com e prova della spiritualitá d ell’anima.
182
183
184
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 75, a. 2
V ESSENZA DELL’ANIMA
Parimente, é impossibile che esso intenda m ediante un organo
corporeo, perché anche la natura di quell’organo materiale impe­
direbbe la conoscenza di tutti i co rp i; difatti se un determinato
colore oltre ad essere nella pupilla [nel m om ento della conoscenza]
é anche nel vaso di vetro, i liquidi in esso versati appariranno [sem­
pre] dello stesso colore.
P erció il principio intellettivo, chiaimato mente o intelletto, ha una
attivitá sua propria, in cui non entra il co rp o . 1 Ora, niente puó
operare per se stesso, se non sussiste per se stesso. L ’operazione
infatti non compete che all’ ente in atto ; tanto é vero che le cose
operano conform e al loro modo di esistere. P er questo non diciam o
che il calore ris ca ld a ; chi riscalda é il soggetto del calore [calidum].
Rimane dunque dimostrato che 1’ anima umana, la quale viene chiam ata mente o intelletto, é un essere incorpóreo' e sussistente.2
S o l u z io n e d e ll e d if f ic o l t á : 1. L ’ espressione hoc aliquid si puó
prendere in due sen si: per indicare qualunque essere sussistente;
oppure per indicare un essere sussistente, che é completo nella na­
tura di una data specie. Preso nel prim o m odo, eselude 1’ inerenza,
propria dell’ accidente e della form a m ateriale: nel secondo eselude
ancora 1’ imperfezione, che ha la parte [rispetto al tutto]. Quindi
la m ano, p. es., si potrá dire hoc aliquid nel prim o m odo, non nel
secondo. Or dunque, essendo l ’ anima una parte della specie umana,
si potrá denom inare hoc aliquid nel prim o m odo, essendo' do-tata di
una sua sussistenza, m a non nel secondo modo. In questo senso,
[solo] il com posto di anima e di corpo si dice hoc aliquid.
2.
Aristotele u sa quelle parole non per esprimere il suo parere,
m a quello di chi dice va che 1’ intendere é un moto, come risulta dal
contesto.
Si puó anche rispondere che l ’operazione propriam ente appartiene a chi propriam ente esiste.3 Talvolta peró si puó dire che una
cosa propriamente esiste, quando, senza essere un accidente o una
form a corporea, é tuttavia parte [di un tutto]. Ma si dice che una
cosa é a tutto rigore e propriam ente sussistente, quando, non solo
non é inerente a un soggetto nel m odo suddetto, m a non é neppure
parte [di un tutto]. Sotto questo punto di vista, né l ’ occhio né la
Et similiter im possibile est quod intelligat per organum corpore u m : quia etiam natura determinata illius organ i corporei prohiberet cognitionem omnium co rp o ru m ; sicut si aliquis determinatus
color sit non solum in pupilla, sed etiam in vase vitreo, liquor infusus eiusdem colorís videtur.
Ipsum igitur intellectuale principium , quod dicitur m ens vel intellectus, habet operationem per se, cui non com m unicat corpus.
Nihil autem potest per se operari, nisi quod per se suibsistit. Non
enim est operari nisi entis in a c tu : unde eo m odo aliquid operatur,
quo est.. Propter quod non dicim us quod calor calefacit, sed cali­
dum. - Relinquitur igitur anim am humanam, quae dicitur intellectus vel mens, esse aliquid incorporeum et subsistens.
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod hoc aliquid potest accipi duplicite r: uno m odo, p ro quocum que subsistente; alio m odo, pro subsi­
stente completo in natura alicuius speciei. Prim o modo, excludit
inhaerentiam accidentis et form ae m aterialis: secundo m odo, ex­
cludit etiam im perfectionem partís. Unde m anus posset dici hoc
aliquid prim o m odo, sed non secundo modo. Sic igitur, cum anima
hum ana sit pars speciei hum anae, potest dici hoc aliquid prim o
modo, quasi subsistens, sed non secundo m odo: sic enim compositum ex anima et corpore dicitur hoc aliquid.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod verba illa Aristóteles dicit non se­
cundum propriam sententiam, sed secundum opinionem illorum qui
dicebant quod intelligere est m o v e ri; ut patet ex iis quae ibi praemittit.
Vel dicendum quod per se agere convenit per se existenti. Sed per
se existens quandoqae potest dici aliquid si non sit inhaerens ut
accidens vel ut form a materialis, etiam si sit pars. Sed proprie et
per se subsistens dicitur quod ñeque est praedicto m odo inhaerens,
ñeque est pars. Secundum quem m odum oculus aut m anus non
posset dici per se su bsistens; et per consequens nec per se operans.
Unde et operationes partium attribuuntur toti per partes. Dicim us
1
Si conclude cosi la parte piü im portante delTargom ento, vale a diré la dim ostrazione del term ine medio. - M olti, com e abbiam o accennato, la trovano
troppo debole. Alcuni infatti fa n n o osservare che non sem bra universalmente
vero il prin cip io aristotélico in v o ca to ; poiché l ’anim a, pur avendo natura di
ente e di sostanza, conosce se stessa e l ’ente e la sostanza. A ltri fanno notare
che i sensi interni sono anch’essi capaci di conoscere tutti i corpi, pur essendo
fa coltá organiche, cioé provviste di un corpo.
A lia p rim a difficoltá si risponde che il prin cip io aristotélico, essendo desunto
per induzione d alla conoscenza sensitiva, non deve appl.icarsi altro che in m odo
negativo a quella intellettiva. Cioé esso é su ficien te a dim ostrare che una potenza
universalm ente percettiva di tutti i corp i non puó appartenere a quella serie di
fa coltá, tra cu i regna il p rin c ip io : « intus apparens prohibet extraneum », Ma
non é detto che la stessa facoltá intellettiva, per conoscere oggetti che trascendono il corp o (perché concetti trascendental!, o perché categorie universalissime,
o perché realtá spirituali), debba essere sottoposta a quella m edesim a legge.
A lia seconda difficoltá si risponde che i sensi interni hanno quasi tutti una
funzione non im m ediatam ente percettiva dei c o rp i: essi sono fatti per elaborare
e per conservare le percezioni dirette degli altri sensi. Soltanto Vestim ativa
scorge una intenzlone nuova, cioé un aspetto non percepito dai sensi esterni. Ma
l ’estim ativa ha un raggio d ’azione assai m odesto: si lim ita infatti a scorgere
l ’aspetto utilitario delle cose sensibili, dal punto di vista della vita animale.
P erció essa certam ente non é fatta per conoscere tutti i corpi. II senso com une,
185
la fantasía e la m em oria sono invece delle facoltá che non sono chiam ate a rice
vere passivamente il loro oggetto, cosi com e a w ie n e per la nostra intelligenza
e per i sensi esterni. P erció ad essi non si applica un prin cipio che riguarda
quelle cognizioni in cui il soggetto ó inizialm ente passivo e potenziale. Non é a
caso che S. Tomm aso form ula piü volte il prin cip io suddetto in questi te rm in i:
« Becipiens debet esse denudatum a natura r e c e p ti» (De Anima, a. 14; cfr. íbid.,
aa. 2, 8 ; 2' Cont. Gent., c. 79; 3 Be Anim a, lect. 7).
2
La dim ostrazione si conclude identificando provvisoriam ente l ’anim a con
1’ intelligenza. Che 1’ intelletto sia una facoltá e non l ’anim a stessa, non pregiudica affatto il valore della dimostrazione. Infatti per conoscere la natura di una
cosa non é necessario precisare qu ali siano i prin cip ii prossim i delle sue operazioni.
É opportuno ricordare quj, al term ine di una prova tanto discussa, che il D ot­
tore A ngélico riconosce com e valide m olte altre dim ostrazioni della spiritualitá
dell’an im a: I) quella che parte d a ll’analisi dei concetti u n iv ersa li; II) quella
che nasce dal contrapporre la debilitazione degli organi a causa delle percezioni
troppo intense, a ll’afflnarsi della percezione intellettiva nelle intuizioni piü sublim i e piü intense (cfr. Comp. Theol., I, c. 79); III) qu ella che insiste su ll’atitocoscienza, cioé sulla riflessione perfetta, che non é concepibile in una facoltá
o r g a n ic a ; IV) la prova im postata sulla cognizione intellettiva delle cose astratte:
virtü, sapienza, bontá, e c c .; V) e finalmente, per tacere di altre m inori, quella
impostata sulla libertá d ell’uom o, il quale é capace di contrastare le sue passioni
e i suoi istinti, solo perché anim ato da un prin cip io essenzialmente distinto dal
suo organism o (cfr. 2 Cont. Gent., c. 63 6).
a Propriam ente é qui la traduzione, per necessitá approssim ativa, del p er se
latino.
186
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 75, aa. 2-3
m ano si possono dire propriam ente sussistenti, e per conseguenza
nemmeno propriam ente operanti. É per questo che le operazioni
delle parti yengono attribuite al tutto. Infatti diciam o che é l ’uomo
che vede mediante l ’occhio e palpa mediante la m ano, m a non come
un oggetto caldo il quale riscalda m ediante il c a lo r e : poiché il ca­
lore a parlare propriamente, non riscalda in nessun m odo. Si puo
quindi affermare che l ’ anima intende, come l ’ occhio v ed e; ma in
senso rigoroso é meglio dire che é l ’uom o a intendere, mediante
1’ anima.
3.
Perché 1’ intelletto agisca, si richiede il corpo, non come un
organo necessario per esercitare una tale azione, ma solo com e og­
getto : infatti 1’ im m agine fantastica sta all’ intelletto, com e il colore
alia vista, Ma l ’avere un siffatto bisogno del corpo non eselude che
1’ intelletto sia sussistente; altrimenti anche 1’ animale non sarebbe
un essere sussistente, avendo' bisogno delle cose esteriori sensibili per
sen tir e .1
L ’ ESSENZA D E LL’ANIMA
18?
enim quod hom o videt. per oculum , et palpat per manum, aliter
quam calidum calefacit per calorem : quia calor nullo m odo calefacit, proprie loquendo. Potest igitur dici quod anima intelligit, sicut oculus videt: sed m agis proprie dicitur quod hom o intelligat
per animam.
A d t e r t i u m d i c e n d u m quod corpus requiritur ad actionem intellectus, non sicut organ um quo talis actio exerceatur, sed ratione
obiecti: phantasm a enim com paratur ad intellectum sicut color ad
visum. Sic autem indigere corpore non removet intellectum esse subsistentem: alioquin animal non esset aliquid subsistens, cum indigeat exterioribus sensibilibus ad sentiendum.
ARTICOLO 3
ARTICULUS 3
Se le anime degli animali bruti siano sussistenti.3
Utrum animae brutorum animalium sint subsistentes.
2 Cont, Gent., c. 82.
S e m b r a che le anime degli animali bruti siano sussistenti. In fa tti:
1. L ’ uomo ha comune il genere con gli altri animali. Ora abbiamo
visto che l ’ anima dell’uom o é qualche cosa di sussistente. Quindi
anche le anime degli altri animali sono sussistenti.
2. I sensi stanno alie cose sensibili, com e 1’ intelletto sta a quelle
intelligibili. Ma 1’ intelletto intende g l’ intelligibili senza il corpo.
Dunque anche il senso percepisce i sensibili senza il corpo. Ora, le
anime degli animali bruti sono sensitive. P erció sono sussistenti, a
pari titolo dell’ anima dell’uomo, la quale é intellettiva.
3. L ’ anima degli animali bruti muove il corpo. II corpo invece
non muove, ma é mosso. Perció l’ anima dell’animale bruto ha una
qualche attivitá, senza il corpo.
I n c o n t r a r io : Sta scritto nel libro De E cclesiasticis D ogm a íibu s: 3
« Crediamo che l’ uomo solo abbia u n ’ anima sussistente ; mentre non
sono tali le anime degli an im ali».
R is p o n d o : Gli antichi fllosofl non ammisero distinzione alcuna tra
il senso e 1’ intelletto, attribuendoli ambedue a un principio materiale, come si é detto. Platone invece li d istin se; m a attribui sia
l ’uno che l ’ altro a un principio incorporeo, ritenendo che tanto 1’ in­
tendere come il sen tire appartenessero all’ anim a come tale. Ne ve-
A d t e r t i u m s ic p r o c e d it u r . Yidetur quod animae brutorum ani­
malium sint subsistentes. Hom o enim convenit in genere cum aliis
animaliibus. Sed anima hom inis est aliquid subsistens, ut ostensum
est [a. 2]. Ergo et animae aliorum animalium sunt subsistentes.
2. P raeterea , similiter se habet sensitivum ad sensibilia, sicut intellectivum et intelligibili a. Sed intellectus intelligit intelligibilia
sine corpore. Ergo et sensus apprehendit sensibilia sine corpore.
Animae autem brutorum anim alium sunt sentitivae. Ergo sunt sub­
sistentes, pari ratione qua et anima hominis, quae est intellectiva.
3. P r aet erea , brutorum anim alium anima movet corpus. Corpus
autem non movet, sed movetur. Anima ergo bruti animalis habet
aliquam operationem sine corpore.
S ed con tra e s t quod dicitur in libro De Eccl. Dogmat. [cc. 16, 17]:
« Solum hominem credim us hajbere animam substantivam ; anim a­
lium vero animae non sunt substantivae ».
R es po n d e o d ic e n d u m quod antiqui philosophi nullam distinctionem
ponebant inter sensum et intellectum, et utrumque corporeo prin­
cipio attribuebant, ut dictum est [a. 1 ; cfr. q. 50, a. 1]. - P lato
autem distihxit inter intellectum et sen su m ; utrum que tamen attribuit principio incorporeo, ponens quod, sicut intelligere, ita et sen-
1 La dipendenza oggetttva non comprometí© la sussistenza ovvero la spiritualitá d ell’ajiim a. Essa peró ci ricord a che l ’uom o non é un a n g e lo ; e quindi la
bu ona disp-osizione delle íacoltá sensitive é indispen&abile al funzionam ento n ór­
m ale d e ll’ intellig-enza e dtella volontá. Ma si tratta di una condizione, e non di
una causa determ inante (cfr. I, q. 84, a. 8).
2 L ’articolo com pleta il precedente. - E cco la traduzione della nota illustrativa, che troviam o nella vecchia edizione M arietti della Somm a T eo lo g ica : « Cartesio nega che le bestie abbiano u n ’anim a sensitiva, e insegna apertamente che
le bestie non sono altro che delle m acchine. Al contrario gli gnostici, i m anichei
e alcuni fllosofl insegnarono che tutti gli anim ali sono dotati di ragione, e che
i bruti sono della nostra medesima specie. F ra queste oontrastanti opinioni
S. Tom m aso conserva il giusto mezzo, insegnando che le anim e delle bestie, sebbene dótate di sensibilitá, non sono sussistenti, cioé non hanno u n ’esistenza
propria indipendente dagli organi corporei. Bossuet espone am piam ente queste
controversie nel suo l ib r o : De la connaissance de Díeu et de solm ém e ».
3
Per lo piú i critici idemtificano quest’opera con la lettera che Gennadio di
M arsiglia [ f 494] dice di aver indirizzato al papa Gelasio, per esporgli la sua
íede. Gennad.io é fam oso principalm ente com e continuatore del De Virís illustribus d i S. G irolam o. - S. Tomm aso conosceva la vera paternitá del De Ecclesiasticis dogm atibus, che nell’ alto m edioevo era stato attrlbuito a S. Agostino (cfr.
Quodl,, 12, a. 2 ; Caleña Aurea, in Matt., l, te).
188
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 75, aa. 3 4
L ’ ESSENZA DELL’ANIMA
niva cosí che anche le anime degli animal! sarebbero state sussistenti. Ma Aristotele sostenne che solo 1’ intendere, tra le operazioni dell ’anima, si svolge senza un organo corporeo. II sentire invece, e
tutte le conseguenti operazioni dell’ anim a sensitiva, sono manifestamente accom pagnate da u n ’ alterazione del c o r p o ; nella vista,
p. es., si ha un ’ alterazione della pupilla per 1’ im pressione del co­
lo r e ; e cosi nelle altre sensazioni. É perbió evidente che l ’ anima
sensitiva non ha u n ’operazione esclusivamente sua, m a ogni attivitá dell’ anima sensitiva appartiene al com posto [di anim a e corpo].
Ne segue perció che le anime degli animali, non avendo' la capa­
cita di agiré indipendentemente [dal corpo], non sono sussistenti;
poiché in ogni ente vi é corrispondenza tra 1’ essere e l’ operare.
S o l u z io n e DELLE DiFFicoLTÁ: 1. Sebibene l ’uom o abbia in comune
il genere con gli altri animali, tuttavia ne differisce nella sp ecie;
e la differenza di specie deriva dalla differenza di form a. Poiché
non tutte le differenze nella form a portano necessariamente a una
diversitá anche nel genere.
2. In certo modo é vero che il senso sta alie cose sensibili com e 1’ intelletto sta a quelle intelligibili, in quanto che ambedue sono- in po­
tenza ai rispettivi oggetti. Y i é pero anche una discreta dissomiglianza, poiché il senso riceve l ’oggetto sensibile in forza di una
alterazione física ; tanto che gli oggetti sensibili troppo forti guastano i sensi. Ció invece non accade nell’ intelletto, poiché questo,
n ell’ intendere le piü grandi veritá di ordine intellettivo, acquista
m aggiore capacita ad intendere le minpri. Che p oi nel lavoro intellettuale il corpo provi fatica, dipende accidentalmente dal fatto
che 1’ intelligenza abbisogna delle facoltá, sensitive, che ad essa
prep araño i fan tasm i.1
3. Sono due le facoltá di moto. La prima, che é la facoltá appetitiva, com anda il movimento. E il funzion amento di essa nell’ anima
sensitiva non avviene senza il c o rp o ; ché 1’ ira, la gioia e simili
passioni, si presentano sempre con una qualche alterazione del
corpo. L ’ altra facoltá di moto é quella che eseguisce il movimento.
Essa rende le m em bra docili alia m ozione dell’ a p p etito; il suo atto
non é il muovere m a l’ essere mosso. E perció evidente che il moto
non é un atto incorporeo deH’anima sensitiva.
tire conv'enit animae secundum seipsam. Et ,ex hoc sequebatur quod
etiam anim ae brutorum anim alium sint subsistentes.
Sed Aristóteles posuit [3 De Anima, c. 4, lect. 7] quod solum intelligere, inter opera animae, sine organo corporeo exercetur. Sentire
vero, et consequentes operationes animae sensitivae, manifeste accidunt cum aliqua corporis im m u tatione; sicut in videndo immutatur pupilla per speciem coloris ; et idem apparet in aliis. Et sic manifestum est quod anima sensitiva non habet aliquam operationem
propriam per seipsam, sed omnis operatio sensitivae animae est
coniucti. Ex quo relinquitur quod, cum animae brutorum anim a­
lium per se non operentur, non sint subsistentes: similiter enim
unumquodque halbet esse et operationem.
A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod hom o, etsi conveniat in genere
cum aliis animalibus, specie tamen difíert: differentia autem speciei attenditur secundum differentiam formae. Nec oportet quod
omnis differentia form ae faciat generis diversitatem.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod sensitivum quodam m odo se habet ad
sensibilia sicut intellectivum ad intelligibilia, inquantum scilicet
utrumque est in potentia ad sua obiecta. Sed quodammodo dissimiliter se hatoent, inquantum sensitivum patitur a sensibili cum cor­
poris im m utatione: unde excellentia sensibilium corrum pit sensum.
Quod in intellectu non con tin g it: nam intellectus. intelligens maxim a
intelligibilium, magis potest postm odum intelligere minora. - Si vero
in intelligendo fatigetur coi-pus, hoc est per accidens, in quantum, in­
tellectus indiget operatione virium sensitivarum, per quas ei phan¿
tasmata praeparantur.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod vis m otiva est dúplex. Una quae imperat motum, scilicet appetitiva. Et huius operatio in anima sensitiva
non est sine c o rp o r e ; sed ira et gaudium et omnes huiusm odi passiones sunt cum aliqua corporis immutatione. A lia vis motiva est
exequens motum, per quam m em bra redduntur habilia ad obediendum a p petitui: cuius. actus non est movere, sed moveri. Unde patet
quod movere non est actus animae sensitivae sine corpore.
ARTIGOLO 4
Se Panima sia l’uomo. *
ARTICULUS 4
Utrum anima sit homo.
Sembra che Fanima non sia altro che l ’uom o. In fa tti:
1.
Sta scritto: « Se anche il nostro uom o estem o si corrom pe, 1’ in­
terno uom o nostro si rinnuova tuttavia di giorn o in g io rn o ». Ma
* I fantasm i nel lin g u ag gio filosoflco sono 1© im m agin i intenzionali elabórate
dalla fantasía, d i cul si serve 1’ intelligenza um ana per oonoscere. - Questa soluzione, com e si vede, svolge una vera dim ostrazione della spiritualitá d ell’a n lm a ;
e lnsiem e mette le basi per rispondere a quasl tutte le diñlcoltá, che ord in aria­
mente si fanno contro quella test
3 Sent., d. 5, q. 3, a. 2; d. 22, q. 1, a. 1; 2 Cont. Gent., c. 57;
Opuse. 16, De ünlt. In tell.; De Ent. et Ess., c. 2; 7 M etaphys., lect. 9.
Ad q u a r t u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod anima sit homo. Dicitur enim 2 ad Cor., 4, 46: «L ice t is qui foris est noster hom o corrumpatur, tamen is qui intus est, renovatur de die in d iem ». Sed
2
L ’articolo vuol essere un correttivo di certo spiritualism o esagerato, che,
ispirandosi a fon ti platoniche, m in accia l ’unitá essenziale dedl’essere um ano.
P arlare d ell’uom o com e di uno spirito incarcerato nella carne puó essere una
espressione poética piü o meno efflcace, ma prendere tali espressioni alia lettera
191
LA SOMMA TEOLOGICA.. I, q. 75. a. i
L ’ ESSENZA DELL’ANIMA
quello ohe sta internamente neU’ uomo*, é l ’ anima. Dunque l’ animci
é l ’uom o interiore.
2. L ’ anim a um ana é una sostanza. Ma non é una sostanza universale. Dunque é una sostanza particolare. P erció é u n ’ ipostasi o
persona, e persona umana. Quindi l ’ anim a non é che l ’uomo, poi­
ché la persona umana é l ’uomo.
In c o n tr a r io : S. Agostino lod a V a rro n e ,1 il quale pensava che
« l ’uom o non é né 1’ anima sola, né iJ corpo solo, m a 1’ insieme dell ’ anim a e del oorp o».
R is p o n d o : Possiam o
intendere in due m odi l’afftírmazione:
((l’ anima é l ’u o m o ». Prim o, nel senso che Vuomo [in generale] sia
1’ anknia; pero non questo dato uomo, Sóbrate, p. es., poiché egli é
com posto di anima e di corpo. E dico questo, perché a lcu n i2 rite­
nevano che la sola form a rientrasse n ell’ essenza della specie, mentre la materia sarebbe stata una parte dell’ individuo, non della
specie. - Ma ció non puó esser vero. Infatti la natura della specie
abbraccia tutto quello, che é contenuto nella deñnizione. Ora negli
esseri corporei la deñnizione non indica solo la form a, m a la forma
e la m ateria insieme. La materia quindi é un componente della
specie negli esseri co rp o re i: non dico la materia [concreta e] quanta,
che é prin cip io di individuazione, ma la materia in generale. Poiché,
com e nel concetto di quest'uomo particolare é incluso che egli possiede quest’ anima, queste carni e queste date ossa, cosi nel concetto
universale di uomo rientra che egli ha u n ’ anima, delle carni e delle
ossa. E infatti necessario che l ’ essenza della specie abbraeci tutto
quello, che é comune a tutti g l’ individui contenuti nella specie.
Secondo, [la frase suddetta] si puó anche intendere nel senso che
quest'anim a sia questo uomo. Una tale interpretazione si potrebbe
sostenere se si ammettesse che 1’ anima sensitiva com pie le sue operazioni senza il co rp o ; poiché in tal caso tutte quelle operaziom.
che si attritouiscono all’uomo, sarebibero esclusivamente dell’ a n im a ;
perché ogni cosa s’ identifica con il soggetto che svolge le operazioni della medesima. Perció l ’uomo sará quell’ essere, 11 quale
svolge le operazioni dell’ uomo. Ma noi abbiam o giá dim ostrato che
il sentire non é u n ’ operazione dell’ anima soltanto. Essendo dunque
il sentire u n ’operazione dell’uomo, sebbene non sia la sua operazione prop ria e specifica, é chiaro che l ’uom o non é soltanto anima
m a un insieme, che risulta composto di anima e di corpo. Platone
invece, poiché riteneva. che il sentire fosse u n ’ operazione della sola
anima, poteva affermare che l ’ uomo é « un ’ anima, che si serve del
corpo » . 3
S o l u z io n e d e l l e d if f ic o l t A : 1. Gome osserva il F ilosofo, ogni cosa
pare che s’ identifichi col suo elemento p rin cip a le ; per questo m o­
tivo si attribuisce alia cittá quello che fa il suo capo. In tal senso
talora viene chiamato uom o, quello che é principale in lui, e cioé:
a volte, con ragione, la parte intellettiva, la quale viene denominata
uomo in te r io r e; a volte invece, secondo l’ opinione di chi é immerso
id quod est int.ua in homine, est anima. Ergo anim a est hom o in­
terior.
2. P raeterea , anima hum ana est substantia quaedam. Non autem
est substantia universalis. E rgo est substantia particularis. E rgo est
hypostasis vel persona. Sed non nisi humana. Ergo anim a est h o m o :
nam persona hum ana est homo.
S ed c o n tra e s t quod Augustinus, 19 De Civ. Dei [c. 3], comm endat
Varronem, qui « hominem nec animam solam, nec solum corpus, sed
anim am simul et corpus esse arbitrabatu r».
R espo n d eo d ic e n d u m quod « animam esse hominem » dupliciter po­
test intelligi. Uno m odo, quod homo sit anima, sed hic homo non sit
anima, sed compositum ex anima et corpore, puta Sócrates. Quod
ideo dico, quia quidam posuerunt solam form am esse de ratione
speciei, materiam vero esse partem individui, et non speciei. - Quod
quidem non potest esse verum. Nam ad naturam speciei pertinet
id quod significat definitio. Definitio autem in reíbus naturalibus non
significat form am tantum, sed form am et materiam. Unde m ateria
est pars speciei in rebus n atu ralibu s: non quidem materia signata,
quae est principium in d ivid u ation is; sed materia comm unis. Sicut
enim de ratione huius hominis est quod sit ex hac anim a et his
carnibus et his ossibus; ita de ratione hominis est quod sit ex anima
et carnibus et ossibus. Oportet enim de substantia speciei esse quidquid est comm uniter de substantia om nium individuorum sub specie
contentorum.
Alio vero m odo potest intelligi sic, quod etiam ha,ec anima sit
hic homo. Et hoc quidem sustineri posset, si poneretur quod animae
sensitivae operatio esset eius propria sine co r p o r e : quia omnes ope­
rationes quae attribuuntur hom ini, convenirent soli a n im a e; illud
autem est unaquaeque res, quod operatur operationes illius rei. Unde
illud est hom o, quod operatur operationes hominis. - Ostensum est
autem [a. 3] quod sentire non est operatio animae tantum. Cum igi­
tur sentire sit quaedam operatio hominis, licet non propria, mani­
festum est quod hom o non est anima tantum, sed est aliquid com ­
positum ex anima et corpore. - Plato vero, ponens sentire esse proprium animae, ponere potuit quod hom o esset <c anima utens cor­
pore ».
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod, secundum Philosophum in 9 Ethic.
[c. 8, lect. 9], illud potissime videtur esse unumquodque, quod est
principale in ip so : sicut quod facit rector civitatis, dicitur civitas
facere. Et hoc modo aliquando quod est principale in homine, dici­
tur hom o: aliquando quidem pars intellectiva, secundum rei veritatem, quae dicitur homo in te r io r : aliquando vero pars sensitiva
190
significa dim enticare che l'u o m o appartieno essenzialmente anche al regno aní­
m ale. Una tale dim enticanza porta non solo a delle afferm azioni false in campo
scientiflco, m a anche a delle conseguenze pericolose in cam po m orale. - Una di
queste posizioni pericolose, quella del fran cisca n o P ietro Olivi, quasi contem ­
poráneo d e ll’Aquinate, é stata espressamente condannata d alla Chiesa. 11 C011 -
cilio E cum énico d i Vienne (1305-1314) definí solennem ente contro di lu i che l ’anim a
um ana é form a del corpo (Denz. 481).
1 E 11 celebre scrittore M. Terenzio V arrone (116-27 a. C.) chiam ato giustam ente
11 principe degli eruditi rom ani, e considerato com e un o dei piü íecond i poligrafi
deH’antichítá.
2 Si tratta di un gruppo di platonici, com e risulta dal Commento d eli’Aquinate alia M etafísica (cfr. 1. 7, c. 11, lect. 11).
3 L ’espressione S. Tom m aso h a potuto trovarla nel De natura hom inis, c. 1 ;
o, m egllo, nel Tractatus de anim a, estratto d e ll’opera suddetta, che 1 m edioevall
attribujvano a S. G regorio Nisseno. - Nel De unitate tntellectus questa m edesim a
dottrlna viene attribulta anche a P lotin o citato da M acrobio (cfr. ed. Keeler
PP. 5, 48).
192
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 75, aa. 4-5
nelle cose sensibili, la parte sensitiva insieme al corpo. E questa
viene chiam ata uomo esteriore.
2.
Non ogn i sostanza particolare é ipostasi o persona, m a solo
quella, la quale possiede la natura com pleta della specie. P erció la
mano o il piede non possono dirsi ipostasi o persona. Cosí neppure
1’ anima, che é solo parte della specie umana.
L ’ ESSENZA DELL’ANIMA
193
cum corpore, secundum aestimationem quorundam, qui solum circa
sensibilia detinentur. Et h ic dicitur homo exterior.
A d s e c u n d u m d i c e n d u m quod non quaelibet suhstantia particularis
est hypostasis vel p e rso n a : sed quae habet completam naturam speciei. Unde manus vel pes non potest dici hypostasis vel persona. Et
similiter nec- anima, cum sit pars speciei humanae.
ARTICOLO 5
ARTICULUS 5
Se l’anima sia composta di materia e di forma.1
Utium anima sit composita ex materia et forma.
/ Sent., d. 8, q. 5, a. 2 ; 2, d. 17, q. 1, a. 2; 2 Cont. Gent., c. 50;
Quodl. 3, q. 8; 9, q. 4, a. 1; De Spirit. Creat., a. 1; a. 9, ad 9;
De Anima, a. 6; Opuse. 15, De Angelis, c. 7.
S e m b r a che l’ anima sia com posta di materia e di form a. In fatti:
1. L a potenza si contraddistingue dall’ atto. Ora, tutti gli esseri che
sono in atto partecipano del prim o atto, che é Dio ; poiché essi sono
buoni, sono enti e viventi, per u na sua partecipazione, com e inse­
gna Dionigi. Alio' stesso modo tutti g li esseri in potenza partecipano
della potenza p rim a /M a la potenza prim a é la materia prima. Perció, essendo 1’ anim a um ana in qualche m odo in potenza, come apparisce dal fatto che l ’uomo talora é solo potenzialmente conoscente,
é chiaro che 1’ anim a um ana partecipa della m ateria prim a, come
di u na sua parte.
2. Dovunque si trovino le proprietá della materia, ivi é la mate­
ria. Ora nell’ anima si trovano le proprieta della materia, che sono
il fare da soggetto [a una form a] e il subiré trasm utazion i; infatti
essa é il soggetto della scienza e della virtú, e puó passrare dal1’ ignoranza alia scienza, dal vizio alia virtú. üunque nell’ anima
deve esserci la materia.
3. Le cose prive di materia non hanno una causa del proprio essere, come afferma Aristotele. Ma 1’ anima ha una causa del suo
essere, essendo creata da Dio. Dunque in essa deve esserci la m a­
teria.
4. Ció che non ha materia, m a é sola form a, é atto puro e infi­
nito. Ma ció spetta soltanto a Dio. Perció n ell’ anima non puó m an­
care la materia.
I n c o n t r a r io : S. Agostino dim ostra che 1’ anima non é fatta né di
m ateria corporea, né di materia spirit u ale.2
R i s p o n d o : L ’anim a non ha materia. E questo lo possiam o desu­
niere da due considerazioni. L a prim a parte dal concetto generico
e universale d i anima. Infatti é proprio nella natura dell’anima
essere form a di un corpo. Ora, essa sará form a, o totalmente, o per
u n a sua parte. Se totalmente, alloma é im possibile che una sua parte
i
M ateria e form a hanno qui un valore rigorosam ente técn ico: essl sono i concettl chlave del dualism o caratteristjco della cosm ología aristotélica. Vedi Diz.
Tom. - Siam o di fronte a una questione scolastica, che per decenni ha alim entato
la lotta tra le varié scuole teologiche, specialm ente tra quella tom istica e quella
bonaventuxlana. L ’articolo b analogo al secondo della q. 50: «S e l ’angelo sia
com posto di m ateria e di form a ». Anche qui S. Tom m aso risolve la questione ln
senso n ega tivo: egli é contro la com posizione ilem orflca degli esseri spirituali.
S. Bonaventura invece, preceduto da non pochi m aestri dom enicanl e francescani, am m etteva una m ateria spirituale sia per gli angelí che per le anime
A d q u i n t u m s i c p r o c e d it u r . Yidetur quod anima sit com posita ex
materia et form a. Potentia enim contra actum dividitur. Sed om nia
quaecum que sunt in actu, participant prim um actum, qui Deus e s t ;
per cuius participationem om nia sunt et bona et entia et viventia,
ut patet per doctrinam Dionysii in libro De Div. Nom. [c. 5, lect. 1].
Ergo quaecum que sunt in potentia, participant prim am potentiam.
Sed prim a potentia est materia prima. Cum ergo anima hum ana
sit quodam m odo in potentia, quod apparet ex hoc quod homo
quandoque est intelligens in p oten tia; videtur quod anima hum ana
participet materiam prim am tanquam partem sui.
2. P r a e t e r e a , in quocum que inveniuntur proprietates materiae, ibi
invenitur materia. Sed in anim a inveniuntur proprietates materiae,
quae sunt subiiei et tran sm u tan : subiieitur enim scientiae et virtuti, et mutatur de ignorantia ad scientiam, et de vitio ad virtutem.
Ergo in anima est materia.
3. P r a e te r e a , illa quae non habent materiam, non habent causam
sui esse, ut dicitur in 8 M etaphys. [c. 6, lect. 5]. Sed anima habet
causam sui esse: quia creatur a Deo. E rgo anima habet materiam.
4. P r a e te r e a , quod non habet materiam, sed est form a tantum,
est actus purus et infinitus. Hoc autem solius Dei est. E rgo anim a
habet materiam.
S ed c o n tr a e s t quod Augustinus probat, in 7 Super Gen. ad litt.
[cc. 7-9], quod anim a non est facta nec ex materia corporali, nec
ex m ateria spirituali.
R e s p o n d e o d i c e n d u m quod anim a non habet materiam. Et hoc po­
test considerari dupliciter. P rim o quidem, ex ratione animae in com muni. Est enim de ratione animae, quod sit form a alicuius corporis. Aut igitur est form a secundum se to ta m ; aut secundum aliquam partem sui. Si secundum se totam, im possibile est quod pars
um ane (cfr. G illo n L. B., « S. Thom as d ’A quin,», in D. T. C., coll. 672-678; vedi
anche sopra vol. IV, Introd., nn. 6, 7. - A lcuni m otlvi bonaventuriani sono fedelmente riprodotti nelle difñcoltá con le quali s’ inizia l ’a r t lc o lo ; altri sono riportati, sempre nella me de sirria funzione, alia q. 50, a. 2).
2
L ’autoritá di S. Agostino era invocata con non m inore convinzione da S. Bo­
naventura e dalla sua s c u o la ; perché Agostino, pur non avendo avuto l ’ardire
di afferm are l ’esistenza di una m ateria spirituale di cui sarebbero fórm ate le
singóle anime, agitando una sim ile questione aveva presentato la m ateria spi­
rituale com e cosa possibile. S. Tom m aso invece, d ’a ccord o in ció con g li averroisti, riteneva che parlare di m ateria spirituale fosse un assurdo.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 75, a. 5
L ’ ESSENZA DELL’ANIMA
sia materia, se per m ateria intendiam o un ente, che sia solo in
p oten za: infatti la form a, in quanto form a, é a tt o ; e ció che esiste
solo in potenza, non puó essere parte delTatto, essendo la potenza
incom patibile con l’ attp, che é il suo contrario. Se invece 1’ anima
é form a [di un corpo] per una sua parte, chiam erem o anima quella
p a r te ; e chiam erem o primo animato quella materia, di cui essa é
l’ atto prim o.
L a seconda considerazione parte dal carattere specifico dell’ anima
umana, cioé in quanto é intellettiva. Infatti é evidente che quanto
viene ricevuto in un soggetto, é ricevuto in conformitá, alia natura
del ricevente. Cosí ogni oggetto é conosciuto secondo il modo, col
quale la sua form a si trova nel soggetto conoscente. Ora 1’ anima
intellettiva conosce alcuni oggetti nella loro natura universale e
assoluta, p. es., la pietra in quanto é pietra, nella sua assolutezza.
Vi é dunque nell’ anima intellettiva la form a della pietra nella sua
assolutezza, secondo la propria ragione fórm ale. P erció 1’ anim a in­
tellettiva é una form a assoluta, non g iá un composto di materia e
di form a. Infatti se l’ anim a intellettiva fosse com posta di materia
e di form a, le forme delle oose sarebbero ricevute in essa nella loro
in d ivid u alitá ; e cosi essa conoscérebbe le cose soltanto nella loro
singolaritá, com e a w ien e nelle potenze sensitive, che ricevono le
form e delle cose in un organo co r p o r e o : la m ateria infatti é il prin­
cipio di individuazione delle forme. Rimane dunque che 1’ anima
intellettiva e ogn i sostanza intellettuale, che conosca le form e nella
loro assolutezza, non é com posta di m ateria e di fo r m a .1
S o l u z io n e DELLE d if f ic o l t á : 1. L ’ atto prim o é il principio univer­
sale di tutti gli atti, perché essendo infinito ((virtualmente con­
tiene in sé tutte le c o s e », come dice Dionigi. E quindi partecipato
dalle cose, non dividendo se stesso in parti, m a mediante l ’ esercizio
della sua causalitá. Invece la potenza deve essere proporzionata all’ atto, essendo recettiva dell’ atto. Ora gli atti ricevuti, che procedono dal prim o atto infinito, e sono in certo m od o partecipazioni di
esso, sono diversi tra loro. Non puó quindi esistere una potenza
capace di ricevere tutti gli a tti; com e invece esiste un atto único,
il quale causa tutti gli atti p a rte cip a ti; altrimenti quella potenza
recettiva adeguerebbe la potenza attiva del prim o a tto .2 Ma nell’anim a intellettiva vi é una potenza recettiva, che é ben diversa
dalla potenza recettiva della m ateria prim a, come si rileva dalla
diversitá delle cose ricevu te; infatti la materia prim a riceve le
form e individuali, m entre 1’ intelletto riceve le form e assolute. Perció l ’ esistenza di tale potenza, nell’ anima intellettiva, non prova
che l ’ anima sia com posta di materia e di forma.
2. Fare da soggetto e subiré trasm utazioni appartiene alia m a­
teria, in quanto é in potenza. Come dunque é diversa la potenza
d ell’ intelletto da quella della materia prim a, cosi é diversa la na­
tura di queste loro funzioni. L ’ intelletto infatti é il soggetto della
scienza e si trasm uta d a ll’ ignoranza alia cognizione, in quanto é
in potenza alie specie [o immagini] intelligibili.
3. La form a causa e determina 1’ essere della m ateria; difatti
eius sit materia, si dicatur m ateria aliquod ens in poten ti a ta n tu m :
quia form a, inquantum form a, est a ctu s ; id autem quod est in potentia tantum ,' non potest esse pars actus, cum potentia repugnet
actui, utpote contra actum divisa. Si autem sit form a secundum ali­
quam partem sui, illam paríem , dicem us esse anim am : et illam
materiam cuius prim o est actus, dicem us esse 'pi’imum animatum.
Secundo, specialiter ex ratione hum anae animae, inquantum est
intellectiva. Manifestum est enim quod om ne quod recipitur in aliquo, recipitur in eo per modum recipientis. Sic autem cognoscitur
unumquodque, sicut form a eius est in cognoscente. Anima autem
intellectiva cognoscit rem aliquam in sua natura absolute, puta lapidem inquantum est lapis absolute. Est igitur form a lapidis abso­
lute, secundum propriam rationem form alem , in anima intellectiva.
Anima igitur intellectiva est form a absoluta, non autem aliquid
compositum ex m ateria et form a. - Si enim anim a intellectiva esset
composita ex m ateria et form a, form ae rerum reciperentur in ea ut
in dividuales: et sic non cognosceret nisi singulare, sicut accidit in
potentiis sensitivis, quae recipiunt form as rerum in organ o corpor a li: m ateria enim est principium individuationis form arum . Relinquitur ergo quod anima intellectiva, et omnis intellectualis substantia cognoscens form as absolute, caret com positione form ae et materiae.
A d p r i m u m erg o d ic e n d u m quod prim us actus est universale prin­
cipium omnium actoum* quia est infinitum, virtualiter « in se om nia
praehabens», ut dicit Dionysius [De Div. Nom., c. 5, lect. 3]. Unde
participatur a rebus, non sicut pars, sed secundum diffusionem processionis ipsius. Potentia autem, cum sit receptiva actus, oportet
quod actui proportionetur. Actus vero recepti, qui procedunt a prim o
actu infinito et sunt quaedam participationes eius, sunt diversi.
Unde non potest esse potentia una quae recipiat omnes actus, sicut
est unus actus influens omnes actus p articipatos: alioquin potentia
receptiva adaequaret potentiam activam prim i actus. Est autem alia
potentia receptiva in anim a intellectiva, a potentia receptiva materiae primae, ut patet ex diversitate receptorum : nam materia prim a
recipit form as individuales, intellectus autem recipit form as abso­
lutas. Unde talis potentia in anima intellectiva existens, non ostendit quod anima sit com posita ex materia et forma.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod subiici et transm utan convenit materiae secundum quod est in potentia. Sicut ergo est alia potentia
intellectus, et alia potentia materia© primae, ita est alia ratio subiiciendi et transmutan,dd. Secundum hoc enim intellectus subiicitur scientiae, et transmutatur de ignorantia ad scientiam, secun­
dum quod est in potentia ad species intelligibiles.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod form a est causa essendi materiae, et
194
1 Que sta seconda dim ostrazione vale anche com e p rov a della spiritualitá dell ’anim a. Vedi in nota a p. 183, nota 2 a p. 185.
2 «N o ta questa bella d o tt r in a », osserva i l Gaetano « c h e cioé n ell’ordin e del1’attualitA, che é l ’ordin e della cause efflcienti, vi é la riduzione a un único
195
atto, da cui tutti g li altri derivano. Invece n e ll’ordine della potenzialitá, che ó
l’ordine delle cause m ateriali, non a w ie n e la riduzione d i tutto l ’universo a una
potenza m aterialm ente única, ma ad una potenza che é única solíante per anaíogia, cioé ad una pluralitá di potenze.... ognuna delle quali sta al proprio
atto com e l ’ altra sta al suo. - E la ragione di S. Tom m aso é sottilissim a: la
potenza, anche se si tratta della potenza prim a, é intrínseca a lia cosa cu i ap­
partiene, e quindi per cose diverse é sem pre d iversa ; la prim a causa efflciente
invece non rientra nelle cose, e quindi rim ane ún ica per tutte le cose. Infatti la
causa m ateriale é intrínseca, m entre quella efflciente b estrin seca» (Caietanus,
in h. a,).
196
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 75, aa.
L ’ ESSENZA DELL’ANIMA
197
1’ agente, in quanto riduce la m ateria all’ atto della form a mediante
il processo di trasmutazione, ne causa 1’ essere. Ma se una cosa é
form a sussistente, non riceve 1’ essere da un principio fórm ale, e
neppure ha una causa, che lo muti dalla potenza a ll’ atto. P erció
il F ilo s o fo ,1 dopo le parole riportate, conclude dicendo che, u. -gil
esseri com posti di m ateria e di form a, « n o n si trova altra enu¿a,
fu ori di quella, che muove dalla potenza all’ a tt o ; invece in qw.élli,
che sono privi di materia, tutta la loro natura é un’ entiba semp lice ».
4.
Di fronte a ogni ente partecipato la realtá, di cui esso é partecipazione si presenta come atto. Ora, é necessario che tutte le form e
create sussistenti per se stesse partecipino l’ essere; poiché anche
« l a vita in se stessa», o qualunque altra entitá assoluta «partecipa l’ essere», come scrive Dionigi. Ma l ’ essere partecipato é limitato alia capacita del partecipante. Quindi Dio solo, che é lo stesso
suo essere, é un atto puro e infinito. Invece nelle sostanze intellettuali si ha com posizione di atto e di potenza: non giá di materia
e di form a, m a di form a e di essiere partecipato. P erció a lcu n i2 d i­
cono che esse risultano composte di quo est [cioé di esistenzaj, e di
quod est [ossia di essenza]: infatti l’ essere é ció per cui [quo] una
cosa esiste.
agens:' unde agens, inquantum reducit materiam in actum form ae
transmutando, est ei causa essendi. Si quid autem est form a sub­
sistens, non hábet esse per aliquod fórm ale principium , nec habet
causam transmutantem de potentia in actum. Unde post. verba praemdssa [loco cit. in arg.], P hilosophus concludit quod in h is quae
sunt com posita ex m ateria et form a, « nulla est alia causa n isi m o­
vens ex potestate ad a ctu m : quaecumque vero non habent mate­
riam, omnia sim pliciter sunt quod vere entia aliquid ».
Ad q u a r t u m d ic e n d u m quod omne participatum com paratur ad
participans ut actus eius. Quaecumque a.utem form a creata per se
subsistens ponatur, oportet quod participet esse: quia etiam « ipsa
vita », vel quidquid sic diceretur, « participat ipsum esse », ut dicit
Dionysius, 5 cap. De Div. Nom. [lect. 1], Esse autem participatum finitur ad capacitatem participantis. Unde solus Deus, qui est ipsum
suum esse, est actus purus et infinitos. In substantiis vero intellectualibus est com positio ex actu et potentia; non quidem ex m a­
teria et form a, sed ex form a et esse participato. Unde a quibusdam
dicuntur com poni ex quo est et quod est: ipsum enim esse est quo
aliquid est.
ARTIGOLO 6
A RTICU LU S 6
Se l’anima umana sia corruttibile. *
Utrum anima humana sit corruptibilis.
.2 Sent., d. 19, a. 1; 4, d. 50, q. 1, a. 1; f Cont. Cent., cc. 79ss. ;
Quodl. 10, q. 3, a. 2; De Anim a, a. 14; Compend. Theol., c. 84.
che l ’ anima umana sia corruttibile. In fatti:
1. Gli esseri che hanno un uguale p rin cipio e un uguale processo,
devono avere uguale anche la fine. Ora, uguale é il principio della
generazione sia degli uom ini che dei giumenti, essendo tratti dalla
térra. Cosi puré il processo vitale é analogo ; poiché, come dice 1’ Ecclesiaste, «u n o stesso ñato han tutti, e nulla ha l ’uom o piü del
b ru to ». Dunque, «id é n tica é la fine dell’uom o e dei bruti, e uguale
il destino d ’ en tram bi» . 4 Perció, essendo corruttibile 1’ anima degli
anim ali, lo sará andhe quella dell’uom o.
2. Tutto quello che viene dal niente deve tornare al niente, poi­
ché la fine deve corrispondere al principio. M a sta scritto che «n o i
siam o nati dal niente » : il che é vero non solo quanto al corpo, ma
anche quanto all’ anima. Quindi anche rispetto all’ anim a la Scrittura con clu de: «sarem o poi come non fossim o m ai sta ti».
S em bra
1 Cioé Aristotele, che nel m edioevo era 11 F ilosofo per antonom asia, «11 mae­
stro di c o lo r che s a n n o », com e dice l ’A lighieri.
2 Era l'u so quasi com une d ei'M a estri d i teología, predeoessorl diell’Aquinate
neU’universitá di P arigi. Tra costoro possiam o ricord are Ugo di San C ajo, Filip p o il Cancelliere, S. Alberto M agno (cfr. Lottin O., in R evue Néoscholastique de
P hilosophie, 1932, pp. 25-28). La distinzione si ricollegava alie speculazioni di
Boezio intorno alia partecipazione d ell’essere (cfr. De Hebdornatlbus, lect. 2). Ognuno peró dei Maestri sopra jn d icati aveva u n ’ interpretazione personale, e
non sem pre cbiiara, della distinzione tra quo est e quod est (cfr. R oland -G ossel i n M. D., L e «D e ente et e ssen tía », P arigi, 1948, pp. 178-184).
3 Si parla cioé della im m ortalitá d e ll’anim a, che insiem e a ll’esistenza di Dio,
form a il necessario e im m ediato pream bolo della fede cristiana. S. Tomm aso
affronta il problem a d opo di aver sapientemente investigato la natura d ell’anim a
Ad s e x t u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod anim a hum ana sit cor­
ruptibilis. Quorum enim est simile principium et similis processus,
videtur esse sim ilis finis. Sed sim ile est principium generationis hom inum et ium entorum : quia de térra facta sunt. Similis est etiam
vitae processus in u trisqu e: quia « sim iliter spirant omnia, et nihil
habet hom o iumento am p liu s», ut dicitur Eccle., 3,19. Ergo, ut ibidem concludítur, «u n u s est interitus hom inis et iumentorum, et
aequa utriusque co n d itio». Sed anim a brutorum animalium est
corruptibilis. Ergo et anima h um ana est corruptibilis.
2. P raeterea , omne quod est ex nihilo, vertibile est in n ih ilu m :
quia finis debet respondere principio. Sed sicut dicitur Sa.p., 2,2,
« ex nihilo nati su m u s» : quod verum est non solum quantum ad
corpus, sed etiam quantum ad animam. Ergo ut ibidem concluditur, « post hoc erimus tanquam non fu erim u s», etiam secundum
animam.
umana, e posto bene in evidenza la sua spiritualitá. - 11 suo procedim ento nella
dimostrazione sará rigorosam ente fllo so flco ; m a nelle difficoltá e nelle relative
soluzioni non dim entica le afferm azioni della rivelazione divina. Si lim ita pero
a chiarire i passi piü scabrosi, che sarebbe troppo fa cile ricord are i passi decu­
samente positivi (cfr. Sap., 3, /-4 ; 5,1-14 ; Luc., 16,1 9 ; 18,43; GÍOV., 12,25; F ü ,,
1,23,24).
4
Facendo forza su questi brani, e su ll’argom ento « a silentio », m olti esegeti
razionalisti hanno preteso di dim ostrare che n e ll’A ntico Testamento non esisteva
una fede neU’ im m ortalitá deiranim a. Basterebbe l ’evocazione dell’om bra del p ro­
feta Samuele a richiesta del re Saúl, per provare il contrario (/° Re, 28, 3-20).
Ma c 'é d i m e g lio : vedi, p. es., Sap., 3 ,5 ; 2° M acc., 12,43-45
198
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 75, a. 6
3.
Non esiste nessuna cosa senza u na propria attivitá. Ora l’ attivitá dell’ anima, che é 1’ intellezione mediante il fantasma, non pud
veriflcarsi senza il co rp o : infatti 1’ anim a non intende niente senza
il fantasma, e questo, d ’ altra parte, suppone il corpo, come insegna
Aristotele. Dunque, distrutto il corpo, 1’ anim a npn puó perdurare.
I n c o n t r a r io : D ionigi afferma che le anim e umane hanno dalla
bontá divina di essere « dótate d ’ in telligen za » e di possedere (cuna
sostanziale vita in esau ribile».
R i s p o n d o : É necessafio affermare che l ’ anim a umana, cioé il prin­
cipio intellettivo, é in corru ttibile.1 Infatti la corruzi-one di una cosa
avviene in due m od i: direttamente [per se], e indirettamente [per
accid en s] . 2 Ora, non é possibile ohe un essere sussistente nasca o
perisca in m aniera indiretta, cioé in forza della generazione o della
corruzione di un altro essere. Infatti generazione e corruzione competono a una cosa nella stessa m aniera che le compete l 1essere, il
quale si acquista con la generazione e si perde con la corruzione.
P er conseguenza, chi direttamente possiede l’ essere, non puó soggíacere alia generazione e alia corruzione, altro che direttam ente;
al contrario, gli esseri non sussistenti, oome gli accidenti e le form e
materiali, si dice che nascono e periscono in seguito alia genera­
zione e alia corruzione del compostp [in cui si trovano]. Ora abbiam o visto che le anime dei bruti non sono direttamente sussi­
stenti, lo é invece la sola anima um ana. P erció le loro anime peri­
scono con la distruzione del c o r p o ; mentre 1’ anima um ana non
potrebbe perire, che mediante la propria diretta distruzione.
Questo pero é im possibile non solo per essa, ma per ogni essere
sussistente, che sia soltanto form a. Infatti é chiaro che quanto di­
rettamente [per se] compete a un essere, é da esso inseparabile. Ora,
1’ essere compete direttamente alia form a, la quale é atto. Tanto é
vero che la materia acquista 1’ essere in atto acquistando la fo rm a ;
e la corruzione si verifica in essa appunto perché la form a viene
a separarsi da essa. Ora, é impossibile che la form a si separi da
se medesima. E dunque impossibile che una form a sussistente cessi
d i esistere.
A nche ammettendo che l ’ anima fosse com posta di m ateria e di
form a, com e dicono a lc u n i,3 bisognerebbe sempre ritenerla incor­
ruttibile. Infatti non si trova corruzione che la dove si trova contra rie tá ; poich é i processi di generazione e corruzione provengono
da elementi contrari e tendono a termini c o n tr a r i; infatti i corpi
celesti sono incorruttibili, perché non hanno una materia soggetta
a contrarietá..4 Ma non vi puó essere contrarietá alcuna nell’anim a
intellettiva. Le sue percezioni, infatti, che a w en g on o secondo il
m odo del suo essere, sono prive di con trarietá; cosicché anche le
nozioni dei contrari non sono tra loro contrarié nell’ intelletto, ché
anzi é única la scienza dei contrari. Non é dunque possibile che
1’ anima intellettiva sia corru ttib ile.6
1 L ’afferm azione é anche un dogm a di fede. E cco la dichiarazione del V Con­
cilio L ateranense: « Condanniam o e riproviam o tutti coloro che asseriscono
l ’anixna um ana essere m oríale oppure ún ica per tutti g li uom ini, poiché essa,
non solo é essenzialmente form a del corpo um ano..., m a b anche im m ortale ><
(DENZ., 738).
2 Le due espressioni scolastiche p er se e p er accidens non possono avere altro
che una traduzione approssim ativa, e non sem pre om ogenea. Vedi Diz. Tom.
L ’ ESSENZA DELL’ANIMA
199
3. P r aet erea , nulla res est sine propria operatione. Sed propria
operatio animae, quae est intelligere cum phantasmate, non potest
esse sine corpore; nihil enim sine phantasmate intelligit a n im a ;
phantasm a autem non est sine corpore, ut dicitur in libro 1 B e
Anim a [c. 1, lect. 2]. E rgo anim a non potest remanere, destructo cor­
pore.
S ed contra e s t quod Dionysius dicit, 4 cap. B e Div. Nom. [lect. 1],
quod animae humanae habent ex bonitate divina quod sint «in tellectuales», et quod habeant « substantialem vitam inconsum ptib ilem ».
R e s po n d e o d ic e n d u m quod necesse est dicere animam hum anam ,
quam dicimus intellectivum principium , esse incorruptibilem . Dupliciter enim aliquid corru m p itu r: uno modo, per se; alio m odo,
per accidens. Impossibile est autem aliquid subsistens generari aut
corrum pi per accidens, idest aliquo generato vel corrupto. Sic enim
com petit alicui generari et corrum pi, sicut et esse, quod p er generationem acquiritur et per corruptionem amittitur. Unde quod per
se habet esse, non potest generari vel corrum pi nisi per se: quae
vero non subsistunt, ut accidentia et formae materiales, dicuntur
fieri et corrum pi per generationem et corruptionem com positorum . Ostensum est autem supra [aa. 2, 3] quod animae brutorum non
sunt per se subsistentes, sed sola anima humana. Unde animae bru ­
torum corrum puntur, corruptis corp oribu s: anima autem hum ana
non posset corrum pi, nisi per se corrumperetur.
Quod quidem omnino est impossibile non solum de ipsa, sed de
quolibet subsistente quod est form a tantum. Manifestum est enim
quod id quod secundum se convenit alicui, est inseparabile ab ipso.
Esse autem per se convenit form ae, quae est actus. Unde m ateria
secundum hoc acquirit esse in actu, quod acquirit form am : secun­
dum hoc autem accidit in ea corruptio, quod separatur form a ab
ea. Im possibile est autem quod form a separetur a seipsa. Unde im ­
possibile est quod form a subsistens desinat esse.
Dato etiam quod anim a esset ex m ateria et form a composita, ut
quidam dicunt, adhuc oporteret ponere eam incorruptibilem . Non
enim invenitur corruptio nisi ubi invenitur contrarietab: generationes enim et corruptiones ex contrariis et in contraria su n t; unde
corpora calestia, quia non habent materiam contrarietati subiectam,
inoorruptibilia sunt. In anim a autem intellectiva non potest esse
aliqua contrarietas. Recipit enim secundum modum sui esse: ea
vero quae in ipsa recipiuntur, sunt absque contrarietate ; quia etiam
rationes contrariorum in intellectu non sunt contrariae, sed est una
scientia contrariorum. Im possibile est ergo quod anima intellectiva
sit corruptibilis.
3 Si tratta della scuola bonaventuriana, com e abbiam o g iá visto nel com m entare l ’articolo precedente (cfr. n ota 1 a p. 192).
4 S. Tomm aso, com e tutti i suoi contem poranei, riteneva che i corp i cele&ti
fossero com posti di una m ateria incorru ttibile, diversa da quella dei quattro
elem enti (térra, acqua, aria, fu oco), ch e com ponevano il nostro pianeta. Si sarebbe trattato cosí di una quinta essenza, alia quale, poiché libera da ogni con ­
trasto con altri elem enti, era assicurata una vera incorru ttibilitá.
6 La dim ostrazione é validissim a, nonostante l'a n a log ia , orm ai sorpassata, dei
corpi celesti. Anzi, la prova é an cora piü forte, perché per noi é orm ai acquisito che in tutti gli esseri fisici i contrari sono in continuo contrasto tra loro ;
si escludono reciprocam ente da un m edesim o soggetto, determ inando trasm utazjoni continué e corruzioni nel corpi. Invece nell'ordiiie della conoscenza intel-
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 75, a, 6
V ESSENZA DELL’ANIMA
Una riprova di questa verita si puó cavare dal fatto che ogni
essere desidera naturalmente di esistere nel m odo ad esso conve­
niente. Ma negli esseri dotati di conoscenza il desiderio segue la
cognizione. Ora, mentre i sensi conoscono 1’ essere soltanto nelle
circostanze particolari di luogo e di te m p o ; 1’ intelletto percepisce
1’ essere su un piano assoluto e rispetto ad ogni tempo*. P er questo
ogn i essere dotato di intelletto desidera naturalmente di esistere
sempre. Ora un desiderio naturale non puó esser vano. Dunque
ogni sostanza intellettuale é incorr.uttibile.1
S o l u z io n e d ell e d i f f i c o l t á : 1. Salomone fa quell’affermazione a
nom e degli stolti, come é detto espressamente altrove. Dire che
l ’ uom o e gli altri anim ali hanno un uguale principio, nella loro
generazione, é vero quanto al corpo ; infatti tutti gli animali sono
ugualm ente tratti dalla térra. Ma non é vero quanto all’ an im a;
poiché 1’ anima dei bruti é prodotta da una potenza corporea, 1’ anima
um ana invece viene da Dio. P er questo nella Scrittura é detto riguardo agli altri a n im a li: « P roducá la térra animali v iv e n ti» ;
mentre per l ’uom o si dice che Dio « g li ispiró in fa ccia lo spirito
della v ita ». P erció altrove conclude: « Torni la polvere alia térra,
donde venne, e lo spirito torni a Dio, che lo d o n ó ». - Parimente, il
processo vitale é sim ile quanto al corpo, al quale si riferiscono quei
testi: «U n o stesso ñato hanno tu tti», « é fum o il soffio delle nostre
n a r ic i», ecc. Pero il processo* non é uguale per rigaiardo all’ anim a:
poiché l ’uom o ha 1’ intelligenza, non cosi gli animali. E quindi
falsa l ’ afferm azione: «N u lla ha l ’uomo piú del b ru to ». Se dunque
é simile la fine quanto al corpo, non lo é quanto all’ anima.
2. Come si dice che una cosa puó esseire creata, non per la p o­
tenza passiva, m a per la sola potenza attiva del Creatore, il quale
puó produrre una cosa dal n ien te; cosi, quando si dice che una
cosa puó essere annichilata, non si vuole includere nella creatura
una potenza al non essere, ma attribuire al Creatore la potenza a
non com unicare piü 1’ essere. Ora, una cosa si dice corruttibile, per
il fatto che ha in se stessa la potenza a non esistere.
3. L ’ intellezione accom pagnata dal fantasm a é operazione prop ria dell’ anima, in quanto unita al corpo. Se ne é separata, avrá
un altro m odo di intendere, simile a quello delle altre sostonze che
sono separate dal corpo, com e vedrem o m eglio in seg u ito .2
Potest etiam huius rei accipi signum ex hoc, quod unum quodque
naturaliter suo m odo esse desiderat. Desiderium autem in rebus
cognoscentibus sequitur cognitionem . Sensus autem non cognoscit
esse nisi sub hic et n u n c : sed intellectus apprehendit esse absolute,
et secundum omne tempus. Unde omne habens intellectum natura­
liter desiderat esse semper. Naturale autem desiderium non potest
esse inane. Omnis igitur intellectualis substantia est incorruptibilis.
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod Salom on inducit rationem illam
ex persona insipientium, ut exprimitur Sap., 2 , i, 21. Quod ergo dicitur quod hom o et alia anim alia habent simile generationis principium , verum est quantum ad co rp u s: similiter enim de térra facta
sunt om nia animalia. Non autem quantum ad an im am : nam anim a
brutorum producitur ex virtute aliqua corporea, anim a vero hu­
m ana a Deo. Et ad hoc signiflcandum dicitur Gen., 1,24, quantum
ad alia animalia, « P roducat térra anim am viven tem » ; quantum
vero ad hominem, dicitur [ibid., 2,7] quod « inspiravit in faciem
eius spiraculum vita e». Et ideo concluditur E ccle., ult., 7: «R ev ertatur pulvis in terram suam, unde erat, et spiritus redeat ad Deum
qui dedit illum ». - Similiter processus vitae est similis quantum ad
corpus ; ad quod pertinet quod dicitur in E ccle. : « Similiter spirant
o m n ia », et Sap. 2, 2: «F u m u s et flatus est in naribus nostris, etc. ».
Sed non est similis processus quantum ad an im am : quia hom o intelligit, non autem anim alia bruta. Unde falsum est quod d icitu r:
«N ih il habet homo iumento am p liu s». - Et ideo similis est interitus quantum ad corpus, sed non quantum ad animam.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod, sicut posse creari dicitur aliquid
non per potentiam passivam, sed solum per potentiam activam
Creantis, qui ex nihilo potest aliquid p rod u cere; ita cum dicitur
aliquid vertihile in nihil, non im portatur in creatura potentia ad
non esse, sed in Creatore potentia ad hoc quod esse non influat. Di­
citur autem aliquid corruptibile per hoc, quod inest ei potentia ad
non esse.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod intelligere cum phantasmate est propria operatio animae secundum quod corpori est unita. Separata
autem a corpore habebit alium m odum intelligendi, similem aliis
substantiis a corpore separatis, ut infra [q. 89, a. 1] melius patebit.
200
lettiva i contrari non solo coesistono, ma la conoscenza d e ll’uno giova alia co­
noscenza d e ll’altro. Abbiam o perció u n ’altra prova della incorporeitá d ell’anim a
um ana, e quindi una base sicura per dim ostrare la sua im m ortalitá.
1
Quest’ultim a dim ostrazione viene cosi schem aticam ente presentata dal P. ,T.
W é b e rt: « Nessun desiderio naturale puó essere vano. Ora ogni soggetto dotato
di conoscenza desidera d i perdurare n e ll’essere, nel m odo col quale conosce
l ’essere: quello che conosce solo l ’essere di un m om ento {esse ut mine) desidera
solo questa esistenza m om en tán ea; quello che conosce l ’essere perpetuo (esse perpetuum ), desidera di essere sempre. E poiché nessun desiderio naturale puó essere
vano, questo soggetto conoscente deve esistere sem pre» (Somm. Franc., L ’ dme
hum aine, pp. 395-396). - E il p rin cipio basilare d e ll’argom ento viene efiacacemente
difeso in questi te rm in i: « Un desiderio naturale, essendo un atto che rivela la
flnalitá di un essere, non se ne puó negare il valore, senza negare che il m oto
naturale di un essere verso il suo fin© sia ad essó essenziale: il che non é concepibile » (tbid.).
201
Duns Scoto, e con lu i altri volontaristi, non si é persuaso delle dim ostrazioni
di S. Tomm aso, e preferisce fa re appello alia giustizia divina, la quale deve daré
una sanzione finale alie azjoni di cui siam o responsabili. - Sebbene quest’ultim a
ragione non sia disprezzabile, non si puó ritenere ragionevole lo scetticism o dei
volontaristi verso le prove precedenti.
2
Dante A lighieri, parlando da buon tomista d ell’ im m ortalitá d ell’anim a, cosi
si esprim e: « D ico che intra tutte le bestialitadi quella é stoltissima, vilissim a
e dannosissim a, chi crede dopo questa vita non essere altra v i t a ; pero che se
noi rivolgiam o tutte le scritture, si d e’ fllosofl com e di altri savi scrittori, tutti
concordano in questo, che in noi sia p arte alcu n a perpetúale.... Questo vuole
ciascuna legge, Giudei, Saracini, T artari, e qualunque altri vivono secondo a l­
cuna ragione. Che se tutti fossero ingannati, seguiterebbe una im possibilitade
che puré a ritraere sarebbe orribile.... Seguiterebbe che lo perfettissim o aním ale,
cioé l ’uom o, sarebbe im perfettissim o», qu alora « l a nostra speranza fosse v a n a ».
«A n cora seguiterebbe che la natura con tra se medesim a questa speranza ne la
mente um ana posta avesse» (C onvivio, II, vm),
202
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 75, a. 7
V ESSENZA DELL’ANIMA
ARTICOLO 7
ARTICULUS 7
Se l’anima e Tángelo siano di una medesima specie.1
Utrum anima et ángelus sint unius speciei.
203
® Sent., d. 3, q. 1, a. 6; í Cont. Gent., c. 94; De Anima, a. 7.
S e m b r a che l ’ anima e 1’ angelo siano di una medesima specie. Infa t ti:
1. Ogni essere é indirizzato al suo fine, mediante la natura della
sua specie, da cui trae la tendenza al fine. Ma é idéntico il fine
dell’ anima e dell’ angelo, cioé la felicité, eterna. Dunque essi sono
di una medesima specie.
2. L ’ultima differenza specifica é la piü ncxbile, poiché com pleta
l’ essenza della specie. Ora niente é piü nobile che avere 1’ intelli­
genza, sia per l’ angelo che per 1’ anima. Dunque 1’ anima e l ’ angelo
hanno in comune l ’ultima differenza specifica. Sono quindi di una
medesima specie.
3. L ’ anima non differisce dall’ angelo che per il fatto di essere
unita a un corpo. Ma il corpo, essendo fuori dell’ essenza dell’ anima,
non puó appartenere alia specie dell’ anima. P erció 1’ anima e Tán­
gelo rientrano nella stessa specie.
I n c o n t r a r io : Gli esseri, che hanno attivitá naturali diverse, differiscono nella specie. Ma nell’ anima e nell’ angelo vi sono attivitá
naturali d iverse; poiché D ionigi insegna che « le menti angeliche
hanno intelletti semplici e beati, che non raccolgono la conoscenza
divina dal mondo v is ib ile » ; per 1’ anima invece afferma il contra­
rio. Pertanto l’ anima e l ’ angelo non sono della stessa specie.
R is p o n d o : O rigene2 riteneva che le anime umane e gli angelí fossero della m edesima specie. E questo perché supponeva che la diversitá di grado esistente tra queste sostanze fosse accidéntale, es­
sendo derivata dal loro libero arbitrio, come giá si disse.
Tale ipotesi é insostenibile, perché nelle sostanze inco-rporee non
si dá diversitá num érica senza una diversitá specifica e senza una
disuguaglianza di natiuira.3 Effettivamente, non essendo esse com po­
ste di materia e di form a ma form e sussistenti, é evidente che dovrá
esserci tra loro una diversitá di specie. Non si puó infatti ammettere una form a separata, che non sia única nella sua specie: se,
p. es., esistesse una bianchezza separata, non potrebbe essere che
una sola, perché una bianchezza concreta non differisce da un’ altra
che per il fatto di appartenere a questo o a quel soggetto. Ma la
diversitá di specie é sempre accom pagnata da una diversitá di na­
tura, come nelle specie dei colorí Tuno é piü perfetto dell’ a ltr o ,3
e cosi in altri campi. Tutto questo a w ien e perché le differenze, che
suddividono il genere [in tante specie], sono contrarié tra lo r o ; e
i contrari si contrappongono Tuno all’ altro com e perfetto e imper-
1 La questione 75 si chiude con un raffronto tra l ’anim a um ana e la natura
angélica. In term ini rigorosam ente scolastici si dom anda se vi sia u n ’unica spe­
cie per le anim e e per gli angelí, oppu re se 1’ im m aterialitá degli uni e degli
altri non sia che un aspetto generico. - Per l ’esatto significato del termine « Species », vedi Diz. Tora,
2 Origene [185-253,5], oeleberrim o scrittore cristiano nativo di Alessandria di
Egitto, cui S. E pifanio attribuiva non meno di 2000 opere. II II eqI ’ A q-& v, che b
Ad s e p t i m u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod anima et ángelus sint
unius speciei. Unumquodque enim ordinatur ad proprium finem per
naturam suae speciei, per quam habet inclinationem ad finem. Sed
idem est finis animae et angeli, scilicet beatitudo aeterna. E rgo sunt
unius speciei.
2. P raeterea , ultim a differentia specifica est nobilissim a: quia
complet rationem speciei. Sed nihil est nobilius in angelo et anim a
quam intellectuale esse. E rgo conveniunt anima et ángelus in ultim a
differentia specifica. Ergo sunt unius speciei.
3. P raeterea , anima ab angelo differre non videtur nisi per hoc,
quod est corpori unita. Corpus autem, cum sit extra essentiam ani­
mae, non videtur ad eius speciem pertinere. Ergo anima et ángelus
sunt unius speciei.
S ed co n tr a , quorum sunt diversae operationes naturales, ipsa differunt specie. Sed animae et angeli sunt diversae operationes natu­
rales: quia ut dicit Dionysius, 7 cap. De Div. Nom. [lect. 2], «m e n ­
tes angelicae simplices et beatos intellectus habent, non de visibilibus congregantes divinam cogn ition em » ; cuius contrarium postmodum [loco cit.] de anima dicit. Anima igitur et ángelus non sunt
unius speciei.
R espo n d eo d ic e n d u m quod Orígenes posuit [3 Peri Archon, c. 5]
omnes animas hum anas et angelos esse unius speciei. Et hoc ideo,
quia posuit [ibid., 1, ce. 6, 8 ; 2, cc. 1, 9 ; 3, c. 5] diversitatem gradus
in huiusm odi substantiis1 inventam, accidentalem, utpote ex libero
arbitrio provenientem, ut supra [q. 47, a. 2] dictum est,
Quod non potest e sse: quia in substantiis incorporéis non potest
esse diversitas secundum numerum ábsque diversitate secundum
speciem, et absque naturali inaequalitate. Quia si non sint com positae ex m ateria et form a, sed sint form ae subsistentes, manifestum
est quod necease erit in eis esse diversitatem in specie. Non enim
potest intelligi quod aliqua form a separata sit nisi una unius spe­
ciei : sicut si esset albedo separata, non posset esse nisi u na tantum ;
haec enim albedo non differt ab illa nisi per hoc, quod est huius
vel illius. Diversitas autem secundum speciem semper habet diver­
sitatem naturalem concom itantem : sicut in speciebus coloran^ unus
est perfectior altero, et similiter in aliis. Et hoc ideo, quia differentiae dividentes genus sunt co n tra ria e ; contraria autem se habent
la sua m aggiore opera sistemática, venne tradotta da Rufino, e col titolo De
Princlptís fu nota a tutto il m edioevo. P urtroppo l ’errore che S. Tom m aso g il
attribuisce realmente g il appartiene. Ma non bisogn a dim enticare che n eirop era
del grande alessandrino per la p rim a volta si tentava una sintesi tra il pensiero
fllosoflco e il pensiero cristiano.
3 N ell’osservazione é Im plícito un argom ento « a fo r t io r l», che nella Summa
Contra Gentiles (2, c. 94) troviam o perfettam ente sviluppato.
4 11 criterio per giud icare la m aggiore o m inore perfezione del colorí, probabilm ente non era che la loro lum inositá.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 75, a. 7
L ’ ESSENZA DELL’ANIMA
fetto, poiché «p rin cip io della contrarietá, sono la prlvazione e il
possesso » [di una data perfezione], come dice Aristotele.
Si avrébbe la stessa conseguenza, se tali sostanze fossero com po­
ste di m ateria e di form a. Infatti, se la m ateria di una cosa si
distingue dalla m ateria di u n ’ altra, é necessario che la form a sia
il principio distintivo della materia, cioé che le varié materie siano
diverse in rapporto alie diverse fo r m e ; e cosi ci sará ancora diversitá di specie e disuguaglianza naturale [tra quelle sostanze], Oppure la m ateria sará direttamente il principio distintivo delle fo r m e ;
m a in tal caso non si potrá parlare di diverse materie, se non in
rapporto alia quantitá. Ora, questa nelle sostanze spirituali, come
Tángelo e l ’ anima, non esiste. Quindi non puó essere che l ’ angelo
e l ’ anima siano di un’ unica specie. - M ostreremo in seguito come
si possano daré piü. anime della m edesim a specie.
S o l u z io n e d ell e DiFFiGOLTÁ: 1. La difficoltá parte dal fine prossim o e n a tu ra le; mentre la felicitá eterna é il fine ultimo e soprannaturale.
2. L ’ultim a differenza speoifica é la piü nobile, in quanto che é
sommamente determinata, al m odo stesso, che l ’ atto é piü nobile
della potenza. Cosi avere la facoltá intellettiva di suo non é la dif­
ferenza piü nobile, perché é qualche cosa di indeterminato e di comune ai m olti gradi degli esseri intellettivi, com e la sensibilitá rispetto ai suoi m olteplici gradi. Per conseguenza, come non tutti gli
esseri sensibili appartengono a u n ’unica specie, cosi nemmeno gli
esseri intelligenti.
3. II corpo non fa parte dell’ essenza deH’ anima, ma l ’ anima deve
alia natura della sua essenza di essere unibile al corpo. Parlando
quindi in senso proprio, non 1’ anima m a il com posto fa parte della
specie. II fatto stesso, che l ’ anim a ha in qualche m aniera bisogno
del corpo per la sua operazione, m ostra come essa si trovi in un
grado inferiore d ’ intellettualitá rispetto all’ angelo, il quale non é
unito a un corpo.
secundum perfectum et imperfectum, quia «p rin cipiu m contrarietatis est privatio et habitus » ut dicitur in 10 M etaphys. [c. 4, lect, 6].
Idem etiam sequeretur, si huiusm odi substantiae essent compositae ex materia et form a. Si enim m ateria huius distinguitur a m a­
teria illius, necesse est quod vel form a sit principium distinctionis
materiae, ut scilicet materiae sint diversae propter habitudinem ad
diversas form as: et tune sequitur adhuc diversitas secundum speciem et inaequalitas naturalis. Vel m ateria erit principium distin­
ctionis form arum ; nec poterit d ici m ateria haec alia ab illa, nisi
secundum divisionem quantitativam : quae non habet locum in substantiis incorporéis, Cuiusmodi sunt ángelus et anima, Unde non
potest esse quod ángelus et anima sint unius speciei. - Quomodo
autem sint plures animae unius speciei, infra [q. 76, a. 2, ad 1]
ostendetur.
A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod ratio illa procedit de fine proxim o
et naturali. Beatitudo autem aeterna est finis ultim us et supernaturalis,
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod differentia specifica ultim a est nobilissima, inquantum est máxime determinata, per m odum quo actus
est nobilior potentia. Sic autem intellectuale non est n obilissim u m :
quia est indeterminatum et commune ad multos intellectualitatis
gradus, sicut sensibile ad m ultos gradus in esse sensibili. Unde si­
cut non om nia sensibilia sunt unius speciei, ita nec omnia intellectualia.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod corpus non est de essentia animae,
sed anima ex natura suae essentiae hahet quod sit corpori unibilis. Unde nec proprie anim a est in s p e cie ; sed compositum. Et hoc
ipsum quod anima quodam m odo indiget corpore ad suam operationem, ostendit quod anim a tenet inferiorem gradum intellectualitatis quam ángelus, qui corp ori non unitur.
204
205
QUESTIONE 76
QUAESTIO 76
L’unione tra l’anima e il corpo.
De unione animae ad corpus
in octo artículos divisa.
Passiarao ora a studiare l ’unione tra 1’ anima e il corpo.
Sulla questione si pongono otto quesiti: 1. Se il principio intellettivo si unisca al corpo come fo rm a ; 2. Se esso si m oltiplichi di
num ero in proporzione della moltiplicitá, dei c o r p i; oppure se sia
único 1’ intelletto di tutti gli u o m in i; 3. Se vi siano altre anime nel
corpo dj cui é form a il principio in tellettivo; 4. Se vi siano altre
fo.rme sostan ziali; 5. Quale debiba essere il corpo, la cui form a é
un principio intellettivo; 6. Se questa si unisca a un tale corpo
mediante un altro c o r p o ; 7. Oppure se si u nisca mediante qualche
acciden te; 8. Se 1’ anima sia tutta intera in ciascuna parte del
corpo.
Deinde considerandum est de unione animae ad corpus.
Et circa hoc quaeruntur octo. P rim o : utrum intellectivum principium uniatur corpori ut form a. S ecu n d o: utrum intellectivum principium numero m ultiplicetur secundum multiplicationem corpor u m ; vel sit unus intellectus om nium hominum. T ertio: utrum in
corpore cuius form a est principium intellectivum, sit aliqua alia
anima. Quarto: utrum sit in eo aliqua alia form a substantialis.
Q uinto: quale debeat esse corpus cuius intellectivum principium
est form a. Sexto: utrum tali corpori uniatur mediante aliquo alio
corpore. Séptim o: utrum mediante aliquo accidente. O ctavo: utrum
anima sit tota in qualibet parte corporis.
ARTICOLO 1
ARTICULUS 1
Se il principio intellettivo si unisca al corpo come forma.1
Utrum intellectivum principium uniatur corpori ut forma.
t Cont. Cent., cc. 56, 57, 59, 68 s s .; De Splril. Creat., a. 2; De A nim a, aa. 1, 2;
De Unit. In te ll.; 2 De Anima, lect. 4; 3, lect. 7.
S em bra che
il
p r i n c ip i o
i n t e lle t t i v o n o n
si u n is c a
al
corp o
com e
fo rm a . I n fa t t i:
1. Dice il Filosofo che 1’ intelletto é « s e p a ra to » e che non é atto
di nessun corpo. P erció non si unisce al corpo come forma.
2. Ogni form a acquista una determinazione a seconda della m a­
teria, di cui é fo r m a ; altrimenti non si richiederebbe la proporzione
tra la materia e la forma. Se quindi 1’ intelletto si unisse al corpo
come form a, ne verrebbe che esso avrebbe una natura determinata,
poiché ogni corpo ha una natura determinata. Cosi non avrebbe la
possibilitá di conoscere tutte le cose, come abbiam o dimostrato sop r a : il che sarebbe contro la natura stessa dell’ intelletto. Dunque
l’ anim a intellettiva non si unisce al corpo come form a.
3. Qualunque potenza ricettiva, che sia atto [o perfezione] di un
corpo, riceve la form a materialmente e individualm ente, poiché la
recezione a w ien e secondo la-natura del ricevente. Ora la form a della
cosa intesa non é ricevuta nell’ intelletto materialm ente e indivi­
dualmente, ma in m odo immateriale e u n iv ersa le: altrimenti 1’ in­
telletto non avrebbe la possibilitá di conoscere gli oggetti immateriali e universali, ma solo quelli singolari, com e il senso. Perció
r intelletto non si unisce al corp o come form a.
4. A ppartengono al medesimo soggetto la potenza e l ’ op era zion e;
poiché é idéntico il soggetto che ha la fafcoltá d i agiré e quello che
poi agisce. Ma l’ operazione intellettáva non appartiene ad alcun
1
In considerazione dei riflessi cristologicl che essa puó avere, la dottrina
riguardante i rapporti tra l ’anim a um ana e il suo corp o é stata oggetto di deflnizione dogm atica. Cosí il Concilio di Vienne (1311-1312) contro P ietro O livi:
A d p r i m u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod intellectivum principium
non uniatur corpori ut form a. Dicit enim Philosophus, in 3 De
Anima [c. 4, lect. 7], quod intellectus est « separatus», et quod nullius corporis est actus. Non ergo unitur corpori ut forma.
2. P raeterea , omnis form a determinatur secundum naturam ^materiae cuius est form a : alioquin non requireretur proportío ínter
materiam et formam. Si ergo intellectus uniretur corpori ut form a
cum omne corpus habeat determinatam naturam, sequeretur quod
intellectus haberet determinatam naturam. Et sic non esset omnium
cogniscitivus, ut ex superioribus [q. 75, a. 2] patet; quod est contra
rationem intellectus. Non ergo intellectus unitur corpori ut form a.
3. P r aeterea , quaecum que potentia receptiva est actus alicuius
corporis, recipit form am m aterialiter et in d ividualiter: quia receptum est in recipiente secundum modum recipientis. Sed form a rei
intellectae non recipitur in intellectu materialiter et individuali­
ter, sed m agis immaterialiter et u niversaliter: alioquin intellectus
non esset cognoscitivus im m aterialium et universalium , sed singularium tantum, sicut et sensus. Intellectus ergo non unitur corpori
ut forma.
4. P r aeterea , eiusdem est potentia et actio: idem enim est quod
potest agere, et quod agit. Sed actio intellectualis non est alicuius
corporis, ut ex superioribus [q. 75, a. 2] patet. Ergo nec potentia
« Doctrinam omnem seu positionem temere asserentem, aut vertentem in dubium ,
quod substancia animae rationalis seu intellectivae vere ac per se hum ani c o r ­
poris non sit form a, velut erroneam ac veritati catholicae inim icam ñdei, prae(Jicto sacro approbante Concilio rep rob a m u s» (Denz,, 481; cfr, 738, 1655, 1914),
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, a. 1
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
corpo, come si é giá visto. P er conseguenza neppure la potenza in ­
tellettiva puó appartenere a un corpo. Ora, la facoltá o potenza non
puó essere piü astratta o piü semplice della sostanza da cui p ro­
mana. Dunque neppure la sostanza intellettiva puó essere form a
di un corpo.
5. Ció che per se stesso ha l ’ esistenza non si unisce al corpo come
fo r m a ; podché la form a é quell’ elemento per il quale una cosa esi­
ste ; e proprio per tale ragione resisifinza di una form a non appartiene direttamente alia sola form a. II prin cipio intéllettivo invece
ha direttamente per se stesso l ’ esistenza ed é sussistente, come si
é detto sopra. Dunque non si unisce al corpo com e form a.
6. Ció che é essenzialmente unito a una cosa non se ne puó mai
separare. Ora, la form a essenzialmente richiede di stare unita alia
m a te ria : infatti essa attua la materia, non mediante un accidente,
m a in forza della sua essenza; altrimenti d a ll’unione della materia
con la form a non risulterebbe una unitá sostanza ale, m a accidén­
tale. L a form a perció non puó esistere senza la rispettiva materia.
Ora, essendo il principio intellettivo incorruttibile, come si é provato, rim ane separato dal corpo, quando il corpo si corrompe. Dun­
que il principio intellettivo non si unisce al corpo com e forma.
In c o n t r a r io : Come insegna il Filosofo, la differenza [specifica]
deriva dalla form a delle cose. Ora, la differenza costitutiva di uomo
é ragionevole ; e ció si afferm a dell’uom o a causa del p rin cipio intellet’tivo. Quindi il principio intellettivo é la form a dell’uomo.
R i s p o n d o : 1 E necessario affermare che 1’ intelletto, cioé il princi­
pio dell’operazione intellettiva, é form a del corpo umano. Infatti il
principio, in forza del quale un essere immediatamente opera, é la
form a del soggetto cui viene attribuita l ’operazione. La sanitá, p. es.,
é il principio in forza del quale immediatamente viene sanato un
corpo, e la conoscenza é il principio in forza del quale im m ediata­
mente 1’ anima co n o s ce ; perció sanitá e scienza sono rispettivamente form e del corpo e dell’ a n im a .2 L a ragione di ció sta nel fatto
che nessun essere agisce, se non in quanto é in atto: perció agisce
in forza di quell’ attualitá che possiede. Ora é evidente che 1’ anima
é il principio immediato in forza del quale il corpo vive. E siccome
la vita si manifesta con varié operazioni nei diversi gradi dei viventi, l ’anim a é il prin cipio prim o e im m ediato, in forza del quale
com piam o tutte le operazioni vitali: infatti l ’ anim a é il principio
prim o e immediato, in forza del quale ci nutriam o, sentiamo e ci
m oviam o nello spazio, e in forza del quale abbiam o 1’ intellezione.
Questo dunque, che é il principio prim o della nostra intellezione,
e che chiam iam o intelletto, oppure anima intellettiva, é form a del
corpo. - E questa la dimostrazione di A ristotele.3
Se qualcuno poi volesse affermare che l ’ anim a intellettiva non
é form a del corpo, dovrebbe trovare il m odo di spiegare come mai
intellectiva est alicuius corporis potentia. .Sed virtus sive potentia
non potest esse abstractior vel sim plicior quam essentia a qua vir­
tus vel potentia derivatur. Ergo nec substantia intellectus est cor­
poris forma.
5. P r a e t e r e a , id quod per se habet esse, non unitur corpori ut
fo r m a : quia form a est quo aliquid e s t; et sic ipsum esse form ae
non est ipsius form ae secundum se. Sed intellectivum principium
habet secundum se esse, et est subsistens, ut supra [ibid.] dictum
est, Non ergo, unitur corp ori ut forma.
6. P r a e t e r e a , í-id quod inest aiicui rei secundum se, semper inest
ei. Sed form ae secundum se inest uniri m ateriae: non enim per accidens aliquod, sed per essentiam suam est actus m ateriae; alioquin ex materia et form a non fieret unum substantialiter, sed accidentaliter. Form a ergo non potest esse sine propria materia. Sed
intellectivum principium , cum sit incorruptibile, ut supra [ibid.,
a. 6] ostensum est, remanet. corp ori non unitum, corpore corrupto.
Ergo intellectivum principium non unitur corpori ut forma.
S ed c o n t r a , secundum P hilosophum , in 8 Metaphys. [c. 2, lect. 2],
differentia sumitur a form a rei. Sed differentia constitutiva hom i­
nis est ra tio n a le; quod dicitur de hom ine ratione intellectivi principii. Intellectivum ergo principium est forma. hominis.
R e s p o n d e o d i c e n d u m quod necesse est dicere quod intelíectus, qui
est intellectualis operationis principium , sit hum ani corporis form a.
Illud enim quo primo aliquid operatur, est form a eius cui operatio
attribuitur: sicut quo prim o sanatur corpus, est sanitas, et quo
prim o scit anima, est scientia; unde sanitas est form a corporis, et
scientia animae. Et huius ratio est, quia nihil agit nisi secundum
quod est actu: unde quo aliquid est actu, eo agit. Manifestum est
autem quod prim um quo corpus vivit, est anima. Et cum vita manifestetur secundum diversas operationes in diversis gradibus viventium, id quo prim o operam ur unumquodque horum operum vitae,
est an im a: anima enim est prim um quo nutrimur, et sentimus, et
m ovem ur secundum lo c u m ; et sim iliter quo prim o intelligimus. H oc
ergo principium quo prim o intelligimus, sive dicatur intellectus sive
anima intellectiva, est form a corporis. - Et haec est demonstratio
Aristotelis in 2 De Anim a [c. 2, lect. J].
Si quis autem velit dicere anim am intellectivam non esse corpo­
ris form am, oportet quod inveniat m odum quo ista actio quae est
208
1
« N ella questione d ell’unione d e ll’anim a col corp o sem bra che il progresso
d el pensiero si attui specialmente m ediante la discussione delle teorie contrarié.
L a prim a, d ’ ispirazione platónica, non rispetta l ’unitá del composto um ano,
poiché in essa l ’anim a viene ridotta a una causa m otrice che usa del corpo.
L a seconda, averroista, é piü pericolosa: non solo distrugge l ’unitá, essenziale
del com posto, m a non ammettendo che un ún ico intelletto per tutti g li uom ini,
distrugge 1’ im m ortalitá individúale. Cosi, dopo la confuta zlone degli oppositori, S. Tom m aso prende a dim ostrare che la sola dottrina soddisfacent© é
209
quella di Aristotele: l ’anim a form a del corpo. E questo non tram ite una gerarch ia di form e subordínate, m a con 1’ infusión© di una sola form a, che con ­
tiene virtualm ente in sé tutte le perfezioni dalle altre e che si unisce im m e­
diatam ente al corpo, e non in un a m aniera qualsiasi, m a secondo la form ula
p lotin ia n a : “ tutta nel tutto, e tutta in ciascuna parte ” , In questo m odo la
m inaccia di u n ’unione accidéntale scom pare davanti a ll’afferm azione d ell’unione
piü intim a e piü penetrante che si possa concepire. » (W ébert J., op. cit., pa­
gine 344, 345.)
2 Gli esempi della sanitá e della scienza, form e accidental! e non sostanziali
com e l ’anim a, non devono fa r dim enticare che il prin cipio invocato h schiettamente metafisico. Quindi, se esso vale per g li accidenti, m olto piü vale per le
sostanze.
3 In A ristotele l'argom ento é assai piü confuso, e m ira piuttosto a una deflnizione deU’ anima, che a scoprire la m aniera della sua unione cal corpo. Tut­
tavia S. Tom m aso ha avuto cur,a di riferirlo in tutti i suoi elementi, com presl
gli esem pi della sanitá e della sc ie n z a ; pur adattandolo ai suoi scopi (cfr,
f De Anima, c. 2, lect. 4).
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, a. 1
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
1’ intellezione sia operazione di quest’uom o [particolare]: poiché ciascuno- sperimenta d i essere personalmente lui .a in ten d ere.1 Ora,
com e spiega il F ilosofo, tre sono i m odi di attribuire una data ope­
razione a un soggetto. Si dice infatti che uno muove e agísce, o con
tutto se stesso, com e il medico che [in quanto tale] apporta la guarig io n e ; oppure in forza di una sua parte, com e l ’uom o il quale
vede mediante l’occhio ; ovvero in m odo [del tutto] accidéntale, come
si dice che il bianco edifica quando capita che il costruttore sia di
cam ag ion e bianca. Quando dunque diciam o che Socrate, oppure
Platone, in ten de,2 é ch ia ro che non si vuol fare tale attribuziohe
in m odo accidéntale: poiché l ’ attribuzione gli é fatta in quanto é
un uomo, e uomo é predicato essenziale di un uom o. Bisognerá allora dire cosi: o Socrate intende con tutto se stesso, come voleva
Platone, il quale insegnava che l’uom o non é che l ’ anima intellet­
tiva ; oppure bisognerá, dire che 1’ intelletto é una parte di Socrate.
L a prim a ipotesi non regge, come si é visto, per il fatto che 1’ idén­
tico uom o percepisce non solo di intendere, m a anche di sen tire: e
non si puó sentire senza un corpo ; dunque é necessario che il corpo
sia una parte d ell’uomo. Bisognerá ammettere perció che 1’ intelletto,
col quale Socrate intende, é una parte di S o cra te ; nel senso che esso
é unito in qualche m odo al corpo di Socrate.
Secondo il C om m entatore,3 questa unione avverrebbe per mezzo
della specie intelligibile, che risiederebbe in due soggetti distinti:
1’ intelletto possibile e i fantasmi, che risiedono negli organi del
corpo. Cosi, tramite la specie intelligitoile, 1’ intelletto possibile
avrebbe un prolungam ento nel corpo di questo o di quell’ altro
uomo. - Ma questo prolungam ento o congiunzione non basta a spiegare come mai l ’ azione dell’ intelletto sia proprio l ’ azione di So­
crate. Ció si rileva dall’ analogia con i sensi, dai quali Aristotele
prende le mosse per studiare il cam po dell’ intelligenza. Infatti,
come egli dice, le im m agini fantastiche stanno a ll’ intelletto, come
i colori alia vista, Quindi i fantasm i vengono a trovarsi di frorite
all’ intelletto, come le im magini dei colori di fronte alia, vista. Ora,
é evidente che l ’azione dell’ organo visivo non si attribuisce alia
párete, per il fatto che nell’ organo visivo c ’ é rim m a g in e dei colori
che si trovano sulla p á re te : non diremo che la párete vede, ma piuttosto che é veduta. P er il fatto, dunque, che i fantasmi vengono a
trovarsi nell’ intelletto possibile, non ne segue che Socrate, nel quale
essi si trovano, ne abbia 1’ intellezione, ma piuttosto che egli stesso
e i suoi fantasmi sono oggetto d ’ intellezione.
V ollero dire a lcu n i4 che 1’ intelletto si unirebbe al corpo come un
suo m o to re ; e cosi dalla loro unione si form erebbe un essere único,
intelligere, sit huius hominis a ctio : experitur enim unusquisque
seipsum esse qui intelligit. Attribuitur autem aliqua actio alicui tripliciter, ut patet per P hilosophum 5 P hysic. [c. 1, lect. 1]: dicitur
enim movere aliquid aut agere vel secundum se totum, sicut medicus sanat: aut secundum partem, sicut hom o videt per o cu lu m ;
aut per accidens, sicut dicitur quod álbum aedificat, quia accidit
aedificatori esse álbum. Cum igitur dicim us Socratem aut Platonem intelligere, m anifestum est quod non attribuitur ei per acci­
dens: attribuitur enim ei inquantum est homo, quod essentialiter
praedicatur de ipso. Aut ergo oportet dicere quod Sócrates intelligit
secundum se totum, sicut Plato posuit, dicens hominem esse ani­
mam intellectivam : aut oportet dicere quod intellectus sit aliqua
pars Socratis. Et prim um quidem stare non potest, ut supra [q. 75,
a. 4] ostensum est, propter hoc quod ipse idem hom o est qui percipit se et intelligere et sen tire: sentire autem non est sine c o rp o re :
unde oportet corpus aliquam esse hom inis partem. Relinquitur ergo
quod intellectus quo Sócrates intelligit., est aliqua pars Socratis ita
quod intellectus aliquo m odo corpori Socratis uniatur.
Hanc autem unionem Commentator, in 3 De Anima [comm. 5],
dicit esse per speciem intelligihilem. Quae quidem habet dúplex subiectum : unum scilicet intellectum possibilem ; et aliud ipsa phantasmata quae sunt in organis co-rporeis. Et sic per speciem intel­
ligibilem continuatur intellectus possibilis corpori huius vel illius
hominis. - Sed ista continuatio vel unió non sufiieit ad hoc quod
actio intellectus sit actio Socratis. Et hoc patet per sim ilitudinem
in sensu, ex quo Aristóteles procedit ad considerandum ea quae
sunt intellectus. Sic enim se habent phantasmata ad intellectum, ut
dicitur in S De Anima [cc. 5, 7, lect. 10, 12], sicut colores ad visum.
Sicut. ergo species colorum sunt in visu, ita species phantasmatum
sunt in intellectu possibili. Patet autem quod ex hoc quod colores
sunt in pariete, quorum sim ilitudines sunt in visu, actio visius non
attribuitur parieti: non enim dicimus quod paries videat, sed m agis
quod videatur. Ex hoc ergo quod species phantasmatum sunt in in­
tellectu possibili, non sequitur quod Sócrates, in quo sunt phanta­
smata, in tellig a t; sed quod ipse, vel eius phantasmata intelligantur.
Quidam autem dicere voluerunt quod intellectus uní tur corpori
ut m otor; et sic ex intellectu et corpore fit unum, ut actio intel-
210
1 A ll’Aquinate p iaccion o le posizioni chiare. M oltl fllosofl Invece hanno la cattiva abitudine di procedere per v ia di paradossi, senza daré troppe spiegazioni.
Qui siam o dinanzi a un punto c r u c ia le ; tutti i fllosofl devono onestamente dichiarare com e si spiega, secondo il lo ro sistema, una persuasione naturale e comune,
che supera in evidenza tutte le altre convinzioni ra g g iu n g ib ili con la riflessione
e con la scienza. E nel daré una spiegazione di questa elem entarissim a esperienza si scorge il valore o 1’ inconsistenza dei vari sistemi. - Averroé, in onore
del quale sono stati bruciati tanti incensi nel nostro occidente, bisogna misurarlo alia luce di questo articolo, che in m aniera inequivocabile ne distrugge
la teoria gnoseologica. E gli argom enti contro Averroé e contro P latone valgono
ancora oggi contro qualsiasi idealism o.
2 « Questa cariosa m aniera di ejem plificare, prendeñdo com e teste di turco |3o-
211
crate o Platone, deriva da A ristotele (cfr. / Periherm ., c. 7 ; 2, cc. 10, 11). Callia, Filóne, Cratilo e altri personaggi aristotelici non ebbero il discutibile vuccesso toccato al povero S ocra te» (La Somma Teologica, vol. II, p. 126, nota 1),
3 11 Com m entatore per antonom asia, colui « che il gran com m ento f e o » (Alighieri) alie opere di Aristotele é l ’arabo-ispano Ibn Roshd, latinizzato in A ver­
roé. Nato a Cordova nel 1126, esattamente un secolo prim a di S. Tom m aso, m ori
in esilio nel 1198- Le sue opere fu ron o studiate piü dai cristiani che dai maom ettani, e fom entarono in tutto il m edioevo, et u ltra , una sorda opposizione
contro l ’ortodossia cattolica. E bbe grand i roeriti com e com m entatore di Aristo­
tele, di cui era fanatico am m iratore; e S. Tom m aso stesso m olte volte si serve
senza scrupoli delle sue parole.
4 « Tra questi sembra principalm ente preso di m ira G u g l i e l m o d ’A u x erre ,
De Anima, c. 1, P . V II (II, 7 2 ) ; c. 6, P. XXXV (11, 194). - Questa dottrina ricade
in quella di Platone, sulla quale vedi A ristotele , I Be Anima, c. 2 1 (404“ 2 3 ) ;
f , c. 1 13 (413* 9 ) ; S. T o m m a s o , In De Anima, l. 2, lect. 2. - Sulla d ottrin a di
Avicenna, di S. Alberto M agno e di S. Bonaventura, il quale aderisce in parte
alia sentenza d i Platone, vedi G il s o n , La P hilo soy Me (p. 3 2 3 ) ; P e g is , S. T h orn a s
and the problem of the Soul (pp. 42, 9 3 ) » (S ü m m a C añad ., vol. I, p. 449),
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, a. 1
L* ÜNIONE TRA L ’A N lM A E IL CORRO
tanto da potersi attribuire al tutto l ’ operazione dell’ intelletto. Tale supposizione é inconsistente per molte ragioni. Prim o, perché
1’ intelletto non muove il corpo che mediante la facoltá appetitiva,
il cu i im pulso presuppone l ’operazione dell’ intelletto. Socrate perció
intende non perché mos&o dall’ intelletto*; é vero piuttosto il con­
tra rio: é mosso cioé dall’ intelletto appunto perché intende. - Secon do, perché Socrate é un individuo appartenente a una natura,
la cui essenza, com posta di materia e di form a, é ú n ic a ; perció, se
1’ intelletto non é la sua forma, ne viene che esso é fuori dell’ essenza,
e cosi 1’ intelletto stará a Socrate, preso nella sua totalitá, come un
motore all’ oggetto mosso. Ora 1’ intendere é u n ’ azione [immanentej
che rimane nell’ agente stesso, e non é transitiva come il riscaldamento. Non si puó dunque attribuire a Socrate 1’ intellezione per il
fatto che egli é mosso dall’ intelletto. - Terzo, perché l ’ azione del
soggetto motore mai si attribuisce a ll’oggetto mosso, a m eno che
non sia uno strumento, come la sega alia quale si attribuisce
l ’ azione del falegname. E allora, se 1’ intellezione si attribuisse a
Socrate, perché operazione di chi Ip muove, essa verrebbe attribuita a Socrate come a uno strumento. Tutto questo va contro il
Filosofo, il quale non ammette che l ’ azione intellettiva si svolga me­
diante un organo o strumento corporeo. - Quarto, perché, sebbene
l ’ azione di una parte si attribuisca al tutto, come l ’ azione dell’occliio all’uomo, tuttavia mai si attribuisce a u n ’ altra parte, se non
nel parlare fig u ra to: nessuno infatti dice che la mano vede, perché
vede l ’occhio. Perció, se d a ll’unione dell’ intelletto con Socrate risulta un essere único nel m odo indicato, non si potrá mai attribuire
a Socrate 1’ operazione intellettiva. Se invece Socrate fosse un tutto
derivante d all’unione dell’ intelletto con il complesso degli elementi
appartenenti a Socrate, e nondimeno si asserisse che 1’ intelletto é
unito soltanto come motore a tutto ció che appartiene a Socrate, ne
seguirebbe che Socrate non avrebbe una vera unita, e quindi neppure sarebbe un ente [sim pliciter] in senso stretto; infatti idéntica
é la ragione, per la quale una cosa é ente ed é u n a .1
Non resta dunque che ammettere, con Aristotele, che la sola ra ­
gione, per cui questo dato uom o intende, é che il prin cipio intel­
lettivo é la sua forma. Cosi dalla stessa operazione dell’ intelletto
si ricava la conclusione, che il p rin cipio intellettivo si unisce al
corpo come forma.
L o stesso si puó dim ostrare pariendo dalla natura della specie
umana. Infatti la natura di ogni essere si rivela nelle sue opera­
zioni. Ora, 1’ operazione dell’uomo in quanto uomo é 1’ intellezione;
per essa infatti egli trascende tutti gli animali. P erció Aristotele
colloca l’ultima. felicita in questa operazione, com e in quella che
é propria dell’u o m o .2 Sara dunque necessario che l ’uomo derivi la
sua specie dal principio di tale operazione. Ora, ogni essere deriva
la specie dalla sua forma. P er conseguenza il principio intellettivo
dovrá essere la form a propria dell’ uomo.
B isogna pero notare che quanto piú una form a é nobile, tanto
piü dom ina la m ateria corporea, tanto meno é im mersa in essa, e
lectus tóti attribui possit. ~ Sed hoc est multipliciter vanum. P rim o
quidem, quia intellectus non movet corpus nisi per appetitum, cuius
motus praesuppOnit operationem intellectus. Non ergo quia rnovetur Sócrates ab intellectu, ideo intelligit: sed potius e converso, quia
intelligit, ideo ab intellectu movetur Sócrates. - Secundo quia, cum
Sócrates sit quoddam individuum in natura cuius essentia est una,
com posita ex materia et fo r m a ; si intellectus non sit form a eius,
sequitur quod sit praeter essentiam e iu s ; et sic intellectus com parabitur ad totum Socratem sicut m otor ad motum. Intelligere autem
est actio quiescens in agente, non autem transies in alterum, sicut
calefactio. Non ergo intelligere potest attribui Socrati propter hoc
quod est motus ab intellectu. - Tertio, quia actio motoris nunquam
attribuitur moto nisi sicut instrumento, sicut actio carpentarii serrae.
Si igitur intelligere attribuitur Socrati quia est actio motoris eius,
sequitur quod attribuatur ei sicut instrumento. Quod est contra Philosophum, qui vult [3 De Anima, c. 4, lect. 7] quod intelligere non
sit per instrumentum corporeum . - Quarto quia, licet actio partís
attribuatur toti, ut actio oculi h o m in i; nunquam tamen attribuitur
alii parti, nisi forte per acciden s: non enim dicimus quod manus
videat, propter hoc quod oculus videt. Si' ergo ex intellectu et So­
crate dicto modo fit unum, actio intellectus non potest attribui So­
crati. Si vero Sócrates est totum quod com ponitur ex unione intel­
lectus ad reliqua quae sunt Socratis, et tamen intellectus non unitur
aliis quae sunt Socratis nisi sicut m otor; sequitur quod Sócrates
non sit unum sim pliciter, et per consequens nec ens sim p liciter; sic
enim aliquid est ens, quom odo et unum.
Relinquitur ergo solus modus quem Aristóteles ponit, quod hic
homo intelligit, quia principium intellectivum est form a ipsius. Sic
ergo ex ipsa operatione intellectus apparet quod intellectivum prin­
cipium unitur corpori ut forma.
Potest etiam idem m anifestari ex ratione speciei humanae. N a­
tura enim uniuscuiusque rei ex eius operatione ostenditur. P rop ria
autem operatio hominis, inquantum est homo, est in telligere: per
hanc enim omnia anim alia transcendit. Unde et Aristóteles, in libro
10 Ethic. [c. 7, lect. 10], in h ac operatione, sicut in propria horni•nis, ultimam felicitatem constituit. Oportet ergo quod homo secun­
dum illud speciem sortiatur, quod est huius operationis principium .
Sortitur autem unum quodque speciem per propriam formam. Relin­
quitur ergo quod intellectivum principium sit propria hominis
forma.
Sed considerandum est quod, quanto form a est nobilior, tanto magis dom inatur materiae corporali, et m inus ei im m ergitur, et m agls
212
1
Gil argom enti che precedono valgono esattam ente anche con tro 1’ io trascen,dentale dei vari sistemi idealistici m odernl, che nel vano tentativo di risolvere col loro soggettivism o radicale il problem a proposto da S. Tommaso con
m
tanta chiarezza, sono costrettj a coprirsi di ridicolo. II tomism o invece, sia che
costruisca la propria teoría, sia che critich i quella degli avversari, muove sem­
pre dalla sua base realística, cioé d a ll’ente, dalla realtá oggettiva com e tale.
2
Ecco le subllm i espressioni del F ilosofo, nella traduzione dii A. C a rlin i: « Per
conseguenza l ’attivitá del dio, la quale per beatitudine tutte sorpassa, sará speculativa. E per ó trá le attivitá um ane quella, che a essa é la piü congenere
sará la piü atta a render felici. - Indizio di ció é anche che gli altri esseri viventi non partecipano' della felicitá, essendo com pletam ente privi di tale atti­
vitá. La vita degli déi é tutta quanta beata ; qu ell- degli uom ini; in quanto é
in loro una som iglianza di tale a ttiv itá » (Aristotele, V E tic a Nicomac.hea, Bari.
1924, pp. 143 s.).
214
215
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, a. 1
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
m aggiormente la sorpassa con la sua operazione e potenza. Vediam o infatti che la form a del corp o misto ha u n ’operazione, che
non é oausata dalle qualitá degli elementi com p on en ti.1 Anzi,
quanto piü si procede nella nobiltá delle form e, tanto maggiormente
si trova che la virtü della form a oltrepassa la materia elem entare:
1’ anima vegetativa, p. es., sorpassa la form a del metallo, e 1’ anima
sensitiva supera quella vegetativa. M a l ’ anima um ana é la su­
prema per nobiltá tra tutte queste form e. P erció essa, con la sua
potenza, é tanto superiore alia materia corporea, da possedere una
operazione e una facoltá, nelle quali non entra affatto la materia
del corpo. Questa potenza é chiamata intelletto.
Si osservi pero che chi ammette l ’ anima essere com posta di m a­
teria e di form a, non potrebbe in nessun m odo affermare che l’ anima
é form a del c o r p o .2 Infatti, se la form a é un ente attuale e la m a­
teria invece é un ente soltanto in potenza, in nessun m odo un com ­
posto di m ateria e form a puó essere, nella sua totalitá, form a di
u n 1altra cosa. Se poi si dicesse che é form a secondo una sua parte,
allora chiameremo anima ció che é form a, e chiamerem o ■primo anim ato tutto il soggetto, di cui é form a, come si é detto piü sopra.
S o l u z io n e DELLE d if f ic o l t á : 1. Come dice Aristotele, l’ultima delle
form e naturali, alia quale termina 1’ indagine del filosofo natura­
lista, cioé 1’anim a umana, é certamente separata, tuttavia essa si
trova nella m ateria; e lo prova dal fatto che « l ’ uomo genera l ’uomo
dalla materia, come fa il s o le » J E separata per la facoltá intellet­
tiva, la quale non appartiene a un organo del corpo, come la vista
che é un atto o perfezione dell’ o c c h io : infatti 1’ intellezione é u n ’ attivitá, che non puó essere svolta, come la visione, da un organo
m ateriale./L ’ anima um ana invece si trova nella materia, in quanto
essa, cui appartiene detta facoltá, é form a del corpo e termine u l­
timo della generazione umana. tOra, il Filosofo afferma che 1’ intel­
letto é « separato », appunto perché esso non é la facoltá di un or­
gano corporeo.
2,
3. Con questo si risponde anche alia seconda e alia terza diffi
coltá. Infatti basta ammettere che la facoltá intellettiva non é atto
o perfezione di un corpo, per spiegare com e l ’uomo possa avere
1’ intellezione di tutte le cose, e come 1’ intelletto possa conoscere
oggetti. im m ateriali e universali.
4. L ’ anima umana, a motivo della sua perfezione, non é una
form a del tutto immersa e coartata dalla materia del corpo. Niente
quindi im pedisce che essa abbia una facoltá, che non sia atto o
perfezione del corpo, sebbene l ’ anima per la sua essenza sia form a
del corpo.
5. L ’ anim a com unica alia materia del corpo, che insieme con essa
form a una sola entitá, l ’ essere della p ropria sussistenza, di m aniera
che, 1’ essere del composto non é che 1’ essere dell’ anima. Ció non
accade nelle altre forme, che non sono sussistenti. P er tale ragione
l ’ anim a umana rim ane nel suo essere, anche quando il corpo perisce: non cosi le altre forme.
6. L ’ anim a é fatta naturalmente per sitare unita al corpo, come
sua operatione vel virtute excedit eam. Unde videmus quod form a
mixti corporis habet aliquam operationem quae non causatur ex
qualitatibus elementaribus. Et quanto m agis proceditur in nobilitate form arum , tanto m agis invenitur virtus form ae materiam elementarem excedere: sicut anim a vegetabilis plus quam form a metalli, et anima sensibilis plus quam anima vegetabilis1. Anima autem
hum ana est ultima in nobilitate formarum. Unde intantum sua vir­
tute excedit materiam corporalem , quod habet aliquam operationem
et virtutem in qua nullo m odo com m unicat m ateria corporalis, Et
haec virtus dicitur intellectus.
Est autem attendendum quod, si quis poneret animam com poni
ex m ateria et form a, nullo m odo posset dicere animam esse form am
corporis. Cum enim form a sit actus, materia vero sit ens in poten­
tia ta n tu m ; nullo modo id quod est ex m ateria et form a com positum, potest esse alterius form a secundum se totum. Si autem se­
cundum aliquid sui sit form a, id quod est form a dicimus animam,
et id cuius est form a dicimus prim um animatum, ut supra [q. 75,
a. 5] dictum est.
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod, sicut Philosophus dicit in 2 P h ysic. [c. 2, lect. 4], ultim a form arum naturalium , ad quam term inatur
consideratio philosophi naturalis, scilicet anim a humana, est qui­
dem separata, sed tamen in m ateria; quod ex hoc probat, quia
((homo ex materia generat hominem, et s o l» . Separata quidem est
secundum virtutem intellectivam, quia virtus intellectiva non est
virtus alicuius organ i corporalis, sicut virtus visiva est actus o c u li:
intelligere enim est actus qui non potest exerceri per organum corporale, sicut exercetur visio. Sed in m ateria est inquantum ipsa
anima cuius est haec virtus, est corporis form a, et term inus generationis humanae. Sic ergo Philosophus dicit in 3 De Anima quod
intellectus est « separatus », quia non est virtus alicuius organi cor­
poralis.
Et per hoc patet responsio ad secundum et tertium. Sufficit enim
ad hoc quod homo possit intelligere om nia per intellectum, et ad
hoc quod intellectus intelligat im m aterialia et universalia, quod vir­
tus intellectiva non est corporis actus.
Ad q u a r t u m d ic e n d u m quod hum ana anima non est form a in m a­
teria corporali immersa, vel ab ea totaliter comprehensa, propter
suam perfectionem. Et ideo nihil prohibét aliquam eius virtutem
non esse corporis a ctu m ; quamvis anim a secundum suam essentiam
sit corporis forma.
Ad q u i n t u m d ic e n d u m quod anima illud esse in quo ipsa subsistit,
com m unicat materiae corporali, ex qua et anim a intellectiva fit
unum, ita quod illud esse quod est totius compositi, est etiam ipsius
animae. Quod non accidit in aliis form is, quae non sunt subsisten­
tes. Et propter hoc anima hum ana remanet in suo esse, destructo
co rp o r e : non autem aliae formae.
Ad s e x t u m d ic e n d u m quod secundum se convenit animae corpori
1 Naturalm ente il corp o misto e gli elementi di cui parla l ’Autore non sono
quelli della chim ica m oderna. Ma nel caso particolare la scienza m oderna non
contraddice affatto quella antica.
3 « Non potrebbe.,.. », m a S. B onaventura, e g li altri m aestri, non proprio
integrali nel loro aristotelism o, si credevano in diritto di afferm arlo u g u a lm en te;
pur sostenendo che l ’anim á era com posta di m ateria e di form a. - S. Tom m aso
qui prende l ’occasione per confutare an cora una volta quella posizione, che egli
riteneva assurda.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, aa. 1-2
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
un corpo leggero é fatto per stare in alto. E com e quest’ultimo re­
sta sempre leggero anche quando é tolto dal suo lu ogo appropriato,
e mantiene l ’ attitudine e 1’ inclinazione verso il suo luogo natu­
rale ; cosi l ’ anima um ana rim ane nel suo essere, quando é separata
dal corpo, mantenendo l ’ attitudine e 1’ inclinazione naturale a riunirsi col c o r p o .1
uniri, sicut secundum se convenit corpori levi esse sursum. Et sicut
corpus leve manet quidem leve cum a loco proprio fuerit separatum, cum aptitudine tamen et inclinatione ad proprium lo c u m ; ita
anima hum ana manet in suo esse cum fuerit a corpore separata, habens aptitudinem et inclinationem naturalem ad corporis unionem.
216
ARTIGOLO 2
ARTICULUS 2
Se il principio intellettivo si moltiplichi secondo le molteplicitá
dei corpi.2
Utrum intellectivum principium multiplicetur secundum
multiplicationem corporum.
217
/ Sent., d. 8, q. 5, a. 2, ad 6; 2, d. 17, q. 2, a. 1; 2 Cont. Gent., cc. 73, 75;
De Spirit. Creat,, a. 9 ; De Anim a, a. 3; Competid. Theol., c. 85;
De Unit. In tell., p e r t o t .
S e m b r a che il principio intellettivo non si m oltiplichi secondo la
m olteplicitá dei corpi, m a che invece ci sia un único intelletto per
tutti gli uomini. In fatti:
1. Nessuna sostanza im m ateriale presenta una molteplicitá di individui di u n ’u nica specie. M a 1’ anima um ana é una sostanza im ­
materiale, non essendo com posta di m ateria e di form a, com e si
é visto. Quindi non vi sono piü anim e nella stessa specie. Ora, tutti
gli uom ini appartengono ad un’unica specie. Dunque ci sará un
intelletto único per tutti gli uomini.
2. Tolta la causa, si toglie anche l ’ effetto. Se dunque le anime
um ane si moltiplicassero secondo la m olteplicitá dei corpi, avremmo
com e conseguenza che, tolti i corpi, verrebbe eliminat'a anche la
pluralitá delle anime, e di esse non resterebbe che qualche cosa di
único. Ma questa é un ’ eresia; poiché scom parirebbe la differenza
dei premi e delle pene.
3. Se il mió intelletto é diverso dal tuo, esso é un ’ entitá indivi­
dúale, e cosi il t u o ; poiché sono entitá particolari quelle che differiscono di num ero avendo pero com une la specie. Ora tutto quello,
che viene ricevuto in un essere, si trova in lui secondo il m odo del
ricevente. Quindi le im m agini intenzionali delle cose sarebbero ricevute nel mió intelletto e nel tuo con i caratteri individuali: con ­
tro la natura dell’ intelletto, il quale é fatto per conoscere g li universali.
4. L ’ oggetto oonosciuto deve trovarsi nell’ intelletto che lo conosce.
Se dunque il mió intelletto é diverso dal tuo, bisogna. che l ’ oggetto,
inteso da me, sia diverso da quello, che é inteso da te. P er conse­
guenza l ’oggetto sará molteplice in base agli individui, inoltre esso
sará un intelligibile soltanto potenziale, che bisognerá poi astrarre
come universale dalle due in tellezion i; poiché da oggetti diversi
si puó sempre astrarre un intelligibile com une e universale. Questo
peró é incom patibile con la natura dell’ in telletto; perché in tal
caso non si vede come si potrebbe distinguere 1’ intelletto dalla im1 Ció non significa che la resurrezione dei m orti sia una cosa n a tu ra le ; per­
ché si tratta di u n ’attitudine di pura possibilitá, che D io soltanto puó soddi
síare con la sua onnipotenza. P eró questa attitudine basta a fa rci com pren­
dere che il m istero di quella resurrezione, di cui ci parla la fede, é un evento né
contro natura, né tanto m eno assurdo.
3 L ’argom ento ci riporta a una delle piü violente polem iche dottrin ali del me-
A d s e c u n d u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod intellectivum princi­
pium non multiplicetur secundum multiplicationem corporum , sed
sit unus intellectus in óm nibus hominibus. Nulla enim substantia
im materialis m ultiplicatur secundum num erum in una specie. A nim a
autem hum ana est substantia im m aterialis: non enim est com po­
sita ex m ateria et form a, ut supra [q. 75, a. 5] ostensum est. Non
ergo sunt multae in una specie. Sed omnes hom ines sunt unius
speciei. Est ergo unus intellectus om nium hominum.
2. P raeterea , remota Causa, rem ovetur effectus. Si ergo secun­
dum multiplicationem corporum m ultiplicarentur animae humanae,
consequens videretur quod, rem otis corporibus, multitudo animarum non remaneret, sed ex ómnibus animabus remaneret aliquod
unum solum. Quod est haereticum : periret enim differentia praem iorum et poenarum.
3. P ra et erea , si intellectus meus est alius ab intellecto tuo, intel­
lectus meus est quoddam individuum , et similiter intellectus tu u s :
particularia enim sunt quae differunt num ero et conveniunt in una
specie. Sed omne quod recipitur in aliquo, est in eo per m odum recipientis. E rgo species rerum in intellecto meo et tuo reciperentur
in d ivid ualiter: quod est contra rationem intellectus, qui est cognoscitivus universalium .
4. P raeterea , intellectum est in intellectu intelligente. Si ergo in­
tellectus m eus est alius ab intellectu tuo, oportet quod aliud sit in­
tellectum a me, et aliud sit intellectum a te. Et ita erit individua­
liter numeratum, et intellectum in potentia tantum, et oportebit
abstrahere intentionem comm unem ab utroque: quia a quibuslibet
diversis contingit abstrahere aliquod comm une intelligibile. Quod
est contra rationem in tellectu s: quia sic non videretur distinguí
dioevo, in cui S. Tomm aso ebbe una parte di p rim ’ordine (cfr. Introd., nn. 7-9).
Pare che il suo opuscolo De unitate intellectus contra Averroistas, scritto contro
Sigieri di Brabante e g li altri averroisti latini, abbia influito direttamente sulla
condann a loro inflitta nel 1270 d a ll’ Universitá di P arigi. - Ma la condann a piü
grave contro la dottrina d ell’ intelletto un jco venne solo piü tardi, nel V Conci­
lio Lateranense (1512-1517), in cui si fece sentire 1’ influsso del Card. Tomm aso
De Vio, il celebre Giaetano, grande com m entatore della Somma Teologica. Ecco
i term ini essenziali della con d an n a: «C on l ’approvazlone di questo sacro Con­
cillo condanniam o e riproviam o tutti coloro, i quali sostengono che l ’anim a in
tellettiva é m ortale, oppure única per tutti g lj uom ini.... » (D e n z ., 738).
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, a 2
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
m aginativa. Dunque non resta che ammettere un solo intelletto per
tutti gli uomini.
5. Quando il discepolo riceve la scienza dal maestro, non si puó
dire che la scienza del maestro generi la scienza nel discepolo, per­
ché cosi anche la scienza sarebbe una form a attiva, com e il calor© ;
ció che evidentemente é falso, É chiaro dunque che 1’ idéntica scienza
del maestro si com unica al discepolo. Ma ció non puó a w en ire, se
non si ammette che é único 1’ intelletto di ambedue. P erció deve
essere único 1’ intelletto del discepolo e del m a e stro ; e quindi di
tutti gli u o m in i.1
6. S. Agostino s criv e : « Se dicessi che le anime umane sono soltanto molte, riderei di me stesso». Ma 1’unitá, dell’ anima risulta
specialmente d all’ intelletto. P erció é único 1’ intelletto di tutti gli
uomini.
In c o n t r a r io : II Filosofo afferma che le cause particolari stanno
agli esseri particolari, come quelle universali a quelli u n iversal!
Ora, com e é im possibile che 1’ anima di una data specie appartenga
ad animali di specie diverse, cosi é im possibile che un’ anim a intel­
lettiva numéricamente única, appartenga ad esseri numéricamente
d iv ersi.2
R i s p o n d o ; Non é assolutamente possibile che ci sia un intelletto
solo per tutti gli uomini. E questo é evidente, se come pensava P la ­
tone, l ’uomo non fosse che 1’ intelletto stesso. Infatti nel caso che
Socrate e Platone non avessero che un intelletto único, Socrate e
Platone non sarebbero che un uomo s o lo ; e non si distinguerebbero
tra loro che per qualche cosa di estraneo alia loro essenza. In tal
caso la distinzione tra Socrate e Platone sarebbe come quella esistente tra l ’uomo vestito con 1a. túnica e (il medesimo] vestito con
la c a p p a ; cosa questa del tutto assurda.
Parim ente ó im possibile 1’ ipotesi, se si ritiene, con Aristotele,
che 1’ intelletto é parte o potenza di u n ’ anima, la quale é forma
dell’uomo. Infatti non é possibile che piü cose numéricamente di­
verse abbiano un ’unica form a, com e non é possibile che abbiano
un essere ú n ico: poiché la form a é il principio dell’ essere.3
Questa im possibilitá é ugualmente evidente, qualunque sia il
m odo proposto [per spiegare] l ’unione dell’ intelletto con questo o
con quell’ altro u o m o .4 É chiaro infatti che, se abbiam o una causa
agente principale e due strumenti, si potra dire che sia sostanzialmente uno l ’ agente, ma saranno piü d ’una le a z io n i: se un uomo,
p. es., tocca diversi oggetti con due mani, sará único colui che
tocca, m a duplice il toccamento. Viceversa, se lo strumento é único,
m a gli agenti principali sono diversi, si dirá che gli agenti sono
molteplici, e ch.e única é l ’ azione: se, p. es., m olti rim orchiano una
nave con la fuñe, avremo molti rim orchiatori, m a único sará il rim orchio. Se poi 1’ agente principale é uno solo e único é lo stru-
intellectus a virtute im aginativa. Videtur ergo relinqui quod sit
unus intellectus omnium hominum.
5. P r a et erea , cum discipulus accipit scientiam a m agistro, non
potest dici quod scientia m agistri generet scientiam in d iscípulo:
quia sic etiam scientia esset form a activa, sicut c a lo r ; quod patet
esse falsum. Videtur ergo quod eadem num ero scientia quae est in
magistro, com m unicetur discípulo. Quod esse non potest, nisi sit
unus intellectus utriusque. Videtur ergo quod sit unus intellectus
discipuli et m a g istri; et per consequens omnium hominum.
6. P raet erea , Augustinus dicit, in libro De Qua.ntüate Animae
[c. 32]: « S i plures tantum anim as hum anas dixerim, ipse me rid e b o ». Sed máxime videtur anim a esse una quantum ad intellectum. E rgo est unus intellectus om nium hominum.
S ed contra e s t quod Philosophus dicit, in 2 Physic. [c. 3, lect. 6],
quod sicut se habent causae universales ad universalia, ita se ha­
bent causae particulares ad particularia. Sed impossibile est quod
u na anima secundum speciem, sit diversorum animalium secundum
speciem. Ergo im possibile est quod anim a intellectiva una numero,
sit diversorum secundum numerum.
R e s p o n d e o d i c e n d u m quod intellectum esse unum omnium hom i­
num, omnino est impossibile. Et hoc quidem patet, si, secundum
Platonis sententiam homo sit ipse intellectus. Sequeretur enim, si
Socratis et Platonis est unus intellectus tantum, quod Sócrates et
P lato sint unus h o m o ; et quod non distinguantur ab invicem nisi
per hoc quod est extra essentiam utriusque. Et erit tune distinctio
Socratis et Platonis non alia quam hominis tunicati et cap p ati:
quod est om nino absurdum.
Similiter etiam patet hoc esse impossibile, si, secundum senten­
tiam Aristotelis [2 De Anima, cc. 2, 3, lect. 4, 5], intellectus ponatur
pars, seu potentia, animae quae est hom inis forma. Im possibile est
enim plurium numero diversorum esse unam form am , sicut im pos­
sibile est quod eorum sit unum esse: nam form a est essendi prin ­
cipium .
Similiter etiam patet hoc esse impossibile, quocum que modo quis
ponat unionem intellectus ad hunc et ad illum hominem. M anife­
stum est enim quod, si sit unum principale agens et dúo instru­
menta, dici poterit unum agens sim pliciter, sed plures actiones: si­
cut si unus hom o tangat diversa duabus manibus, erit unus tangens, sed dúo tactus. Si vero e converso instrumentum sit unum et
principales agentes diversi, dicentur quidem plures agentes, sed una
a c tio : sicut si multi uno fuñe trahant navem, erunt multi trahentes, sed unus tractus. Si vero agens principale sit unum et instru­
mentum unum, dicetur unum agens et una actio: sicut cum faber
uno martello percutit, est unus percutiens et una perctissio. - Ma-
2Í8
1 In queste prim e difficoltá ó esposta abbastanza chiaram ente La posizione de­
g li averroisti, che S. Tomm aso ha affrontato in quasi tutte le sue opere (vedi
11. pp.). Quella che segue é invece piuttosto peregrina, poiché si appella a ll’autoritá di un autore latino. Eppure l ’A quinate coiiosceva bene i gusti dei suoi avversari, ai quali, oom 'egli dice, « verba Latinorum non s a p iu n t» (De unit. intell.,
ed. Keeler, pp. 2, 5, 38).
2 L ’argoinento in contrario, com e sempre, é piuttosto rude e inform e. In questo
caso peró, com e argom ento « ad hom inem », é validissim o contro gli a v e rro is ti;
219
i qu ali pretendevano di essere i paladini d e ll’aristotelism o puro, senza accorgersi delle serie difñcoltá cui an davano incontro, per conciliare la lo ro teoria
con i m otivi fondam entali del sistema peripatético.
3 Solo in apparenza l ’argom ento procede « ex au ctorita te», che esso é di un
valore m etaflsico inoppugnabile. E S. Tom m aso lo imposta nella sua schem aticitá, presupponendo le prove pórtate n e ll’articolo precedente, a sostegno d e ll’afferm azione aristotélica, che l ’anim a é form a del corpo.
4 P rescindendo dalle conclusioni raggiunte n e ll’a. i, dalle qu ali risultano pregiudicate le posizioni degli averroisti, l ’Autore im bastisce contro di loro una
prova diretta, pariendo d a ll’analisi d ell’operazione e della facoltá. intellettiva.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, a. 2
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
mentó, si dirá che único é 1’ agente e única l ’ azione: quando il fabbro, p. es., percuote con un martello, abbiam o un único percussore
e una percussione única. - Ora, é evidente che 1’ intelletto in qualsivoglia m odo si unisca o si aggreghi a questo o a quell’ altro uomo,
conserva un prim ato su tutte le facoltá d ell’u o m o : infatti le potenze
sensitive sono sottoposte all’ intelletto e lo servono. Supponendo
dunque che siano molteplici gli intelletti e único il senso di due
uomini, nel caso, mettiamo, che avessero un solo occhio in comune,
avremmo piü veggenti, m a u n ’unica visione. Se invece fosse único
1’ intelletto, per quanto possano essere diverse tutte le altre facoltá
di cui 1’ intelletto si serve come di strumenti, in nessuna m aniera
si potrá evitare che Socrate e Platone siano un único essere intelligente. - E se aggiungiam o che 1’ intendere, che é u n ’ operazione
dell’ intelletto, non aw ien e per mezzo di un organo distinto dall’ intelletto, ne seguirá puré che único é 1’ agente e única l ’ a z io n e ; cioé
che tutti gli uom ini saranno un único essere intelligente, e única
sará la loro intellezione; voglio dire rispetto al medesimo oggetto
intelligibile.
La m ia intellezione e la tua potrebibero essere distinte in forza
della diversitá dei fantasmi, essendo diversa dalla tua la m ia imm agine fantastica della pietra, se tale im m agine fosse form a del1’ intelletto possibile nella diversitá, che ha in m e ed in t e : infatti
uno stesso agente puó produrre azioni diverse mediante form e di­
verse ; come l ’occhio il quale esercita visioni diverse mediante le
diverse forme delle cose. Ora, non il fantasm a costituisce la form a
[intenzionale] dell’ intelletto possibile, m a la specie intelligibile,
astratta dai fantasmi. Ma un solo intelletto non puó astrarre che
una sola idea da molti fantasm i della m edesim a specie. E lo riscontriam o dal fatto che uno stesso uomo, nel quale possono trovarsi varié im magini fantastiche della pietra, non puó astrarre che
u n ’ idea única della pietra, mediante la quale idea intende, con una
sola operazione, la natura della pietra, nonostante la pluralitá
dei fantasmi. Se dunque ci fosse un solo intelletto per tutti gli
uomini, la diversitá dei fantasmi esistenti in questo e in quell’altro,
non potrebbe causare la diversa intellezione di questo e di quell’ altro uom o, com e s’ illude il Commentatoire.1 - Si deve perció
concludere che é assolutamente im possibile e insostenibile che vi
sia un intelletto solo per tutti gli uomini.
S o l u z io n e d e ll e d i f f i c o l t á : 1. Benché l ’ anim a intellettiva, come
puré l ’ angelo, non derivi dalla materia, tuttavia é form a di una
data m ateria; ció che non puó dirsi dell’ angelo. P erció si possono
avere molte anime di una stessa specie, mediante la divisione della
m a teria ; mentre non ci possono essere assolutamente piü angelí
di u n ’u nica sp ecie.2
2.
Ogni ente possiede l ’ unitá come possiede 1’ essere: di conse­
guenza, idéntico sará il criterio per giudicare la molteplicitá di una
cosa e quella del suo essere. Ora é dim ostrato dhe 1’ anim a intellet­
tiva, in forza del suo essere, é unita al corpo com e fo r m a ; e tutta­
via, quando perisce il corpo, essa perdura nel suo essere. P er lo
stesso motivo la pluralitá delle anim e a w ie n e secondo la moltepli-
nifestum ' est autem quod, qualitercumque intellectus seu uniatur
seu copuletur huic vel illi homini, intellectus inter cetera quae ad
hominem pertinent, principalitatem h a b e t: obediunt enim vires sen­
sitivae intellectui, et ei deserviunt. Si ergo poneretur quod essent
plures intellectus et sensus unus duorum hominum, puta si dúo homines haberent unum o c u lu m ; essent quidem plures videntes, sed
una visio. Si vero intellectus est unus, quantum cum que diversiñcentur alia quibus ómnibus intellectus utitur quasi instrumentis,
nullo m odo Sócrates et Plato poterunt dici nisi unus intelligens. Et si addamus quod ipsum intelligere, quod est actio intellectus,
non fit per aliquod aliud organum , nisi per ipsum intellectum ; sequettur ulterius quod sit et agens unum et actio u n a ; idest quod
omnes homines sint unus intelligens, et unum in tellig ere; dico au­
tem respectu eiusdem intelligibilis.
Posset autem diversificari actio intellectualis mea et tua per diversitatem phantasmatum, quia scilicet aliud est p'hantasma lapidis in me et aliud in te, si ipsum phantasma, secundum quod est
aliud in me et aliud in te, esset form a intellectus possibilis: quia
ídem agens secundum diversas form as producit diversas actiones,
sicut secundum diversas form as rerum respectu eiusdem ocu li sunt
diversae visiones. Sed ipsum phantasma non est form a intellectus
possibilis: sed species intelligibilis quae a phantasm atibus abstrahitur. In uno autem intellectu a phantasmatibus diversis eiusdem
speciei non abstrahitur nisi una species intelligibilis. Sicut in uno
homine apparet, in quo possunt esse diversa phantasmata lapidis,
et tamen ab ómnibus eis abstrahitur una species intelligibilis lapidis, per quam intellectus unius hom inis operatione una intelligit
naturam lapidis, non obstante diversitate phantasmatum. Si ergo
unus intellectus esset om nium hom inum , diversitas phantasmatum
quae sunt in hoc et in illo, non posset causare diversitatem intel­
lectualis operationis huius et jHius hominis, ut Commentator fingit
in 3 De Anima [comm. 5]. - R elinquitur ergo quod om nino im possi­
bile et inconveniens est ponere unum intellectum omnium ho­
minum.
A d p r i m u m erg o d ic e n d u m quod, licet anima intellectiva non habeat materiam ex qua sit, sicut nec ángelus, tamen est form a materiae a licu iu s; quod angelo non convenit. Et ideo secundum divisionem materiae sunt multae animae unius speciei: muí ti autem
angelí unius speciei om nino esse non possunt.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod unum quodque hoc m odo habet unitatem, quo habet esse: et per consequens idem est iudicium de multiplicatione rei, et de esse ipsius. Manifestum est autem quod anima
intellectualis, secundum suum esse, unitur corpori ut fo r m a ; et
tamen, destructo corpore, remanet anim a intellectualis in suo esse.
Et eadem ratione multitudo anim arum est secundum multitudinem
220
1
R icapltolando, S. Tomm aso invoca contro il Com m entatore tre argom en ti:
1) l'a u toritá di Aristotele, sulla cui p arola gli averroisti g iu ra v a n o; 2) la conclu-
221
sione g iá acguisita che l ’anim a é form a del c o r p o ; 3) l ’esperienza psicológica
d ell’atto conoscitivo, che analizzato si rivela del tutto im manente in ogni singolo
soggetto pensante. - In quest’ultim o capoverso é notevole la dim ostrazione delle
diversitá sostanziali che intercorrono tra le funzioni superior! della nostra senslbilitá, e quelle d ell’ Jntelligenza.
2
Per S. Tomm aso si tratta di im possibilltá m etafísica, com e abbiam o g iá visto
nel volum e precedente (cfr. pp. 174-178), nonostante la difficoltá. che presenta un
celebre passo del De Unitate Inteliectus contra Averroistas (ed. Keeler, n. 105).
LA SOMMA TEOLOGICA, 1, q. 76, a. 2
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
cita dei co rp i; e tuttavia, distrutti i corpi, le anime rim angono
m olteplici nel toro essere.1
3. L ’.individualitá di colui che intende, o dell’ idea mediante la
quale intende, non eselude 1’ intellezione degli u n iv e rsa li; altrimenti
le intelligenze separate [cioé gli angeli], essendo sostanze sussistenti
e perció particolari, non potrebtoero intendere gli universali. E in­
vece la materialitá di colui che conosce, o dell’ im m agine con la
quale conosce, a im pediré la conoscenza d ell’universale. Infatti ogni
azione a w ien e secondo la natura della form a che serve a ll’ operazio n e ; il riscaldamento, p. es., a w ie n e secondo la natura del ca­
lore ; la cognizione quindi a w ien e conform e alia natura dell’ immagine che serve alia conoscenza. Ora é evidente che u n ’ essenza
universale si distingue e si m oltiplica in forza dei principii indi­
viduante che si riportano alia materia. Se dunque la form a che
serve alia cognizione non é astratta dalle condizioni della materia
ed é materiale, rappresenterá la natura della specie o del genere
in quanto distinta e m oltiplicata dai principii in d ivid u an ti; in tal
caso non si potra conoscere la natura della cosa nella sua universalitá. Invece, se 1’ immagine [intenzionale] é astratta dalle condi­
zioni della m ateria individúale, rappresenterá la natura della cosa
senza gli aspetti che la distinguono e che la rendono m olteplice: si
conoscerá cosi l ’universale. Quanto a ció, poco im porta che esistano uno o piü in telletti; poiché, dato puré che fosse uno solo,
bisognerebbe che esso fosse un intelletto determinato e che deter­
minata fosse anche la specie intelligibile di cui si serve.
4. Tanto se 1’ intelletto é uno solo, come se sono molti, é sempre
único l ’oggetto. Infatti l ’oggetto inteso non si trova nell’ intelletto
com e é in se stesso, m a mediante una sua immagine. «N e ll’ anima
in fa tti», dice Aristotele, « n o n vi é la pietra, m a 1’ im m agine della
p ietra ». E tuttavia l ’ oggetto inteso é la pietra, non g iá 1’ idea della
pietra, prescindendo dalla riflessione, cl\e 1’ intelletto puó fare su
se stesso: altrimenti le scienze non raggiungerebbero la realtá, ma
le specie in telligibili.3 Ora puó capitare che una medesima cosa
ingeneri la prop ria somiglianza in molti mediante form e molteplici.
E siccom e la conoscenza a w ie n e mediante la som iglianza del conoscente con l’oggetto conosciuto, ne segue che il medesimp oggetto
puó essere percepito da conoscenti diversi, come appare chiaramente
nei sensi: m olti infatti possono vedere lo stesso colore mediante
una pluralitá di im magini. Alio stesso m odo piü intelletti possono
intendere un ú n ico oggetto. La sola differenza tra il senso e 1’ intélletto, secondo Aristotele, é questa, che la cosa viene percepita
dal senso. nella sua concretezza, cioé nella condizione in cui si trova
fuori dell’ a n im a ; invece la natura della cosa, che viene percepita
dall’ intelletto, é certámente fuori dell’anima, m a fu ori dell’ anima
co r p o r u m ; et tamen, destructis corporibus, remanent anim ae in suo
esse multiplicatae.
Ad tf.r t i u m d ic e n d u m quod individuatio intelligentis, aut speciei
per quam intelligit, non excludit intelligentiam u niversalium : alioquin, cum intellectus separati sint quaedam substantiae subsisten­
tes, et per consequens particulares, non possent universalia intel­
ligere. Sed materialitas cognoscentis et speciei per quam cognoscitur, universalis cognitionem impedit. Sicut enim omnis actio est
secundum m odum form ae qua agens agit, ut calefactio secundum
modum ca lo ris; ita cogn itio est secundum m odum speciei qua cognoscens cognoscit. Manifestum est autem quod natura comm unis
distinguitur et m ultiplicatur secundum p rin cipia individuantia,
quae sunt ex parte materiae. Si ergo form a per quam flt cognitio,
sit materialis, non abstracta a conditionibus materiae, erit sim ili­
tud o naturae speciei aut generis, secundum quod est distincta et
multiplicata per principia individuantia: et ita non poterit cognosci natura rei in sua comm unitate. Si vero species sit abstracta a
conditionibus materiae individualis, erit sim ilitudo naturae absque
iis quae ipsam distinguunt et m u ltip lican t: et ita cognoscetur uni­
versale. Nec refert, quantum ad hoc, utrum sit unus intellectus vel
plures: quia si etiam esset unus tantum, oporteret ipsum esse
aliquem quendam, et speciem per quam intelligit esse aliquam
quandam.
Ad q u a r t u m d ic e n d u m quod, sive intellectus sit unus sive plures,
id quod intelligitur est unum. Id enim quod intelligitur non est
in intellectu secundum se, sed secundum suam sim ilitu din em :
« lapis enim non est in anima, sed species lapidis », ut dicitur in
S De Anima [c. 8, lect. 13]. Et tamen lapis est id quod intelligitur.,
non autem species lapidis, nisi per reflexionem intellectus supra.
seipsu m : alioquin scientiae non essent de rebus, sed de speciebus
intelligibilibus. Contingit autem eidem rei diversa secundum diver­
sas form as assimilari. Et quia cognitio flt secundum assimilationem
cognoscentis ad rem cognitam , sequitur quod idem a diversis cognoscentibus cognosci contingit, ut patet in sensu: nam plures vident eundem colorem , secundum diversas similitudines. Et similiter plures intellectus intelligunt unam rem intellectam. Sed hoc
tantum interest inter sensum et intellectum, secundum sententiam
Aristotelis [loco cit.], quod res sentitur secundum illam dispositionem quam extra anim am habet, in sua particularitate: na­
tura autem rei quae intelligitur, est quidem extra animam, sed non
222
1
Gli averroisti puntavano m oltissim o sulla difñooltá, che qui viene risolta. Se
1’ individuazlone dipende dai corpi, essi dicevano, una volta distrutti i corpi com e
non scorgere la fine delle anim e in d ividu ali ? - S. B onaventura e altri teologi,
per rispondere alia difflcoltá, negavano che le anim e fossero puré form e sussi­
stenti, am m ettendo invece una com posizione di m ateria spirituale e di form a in
qualsiasi spirito creato. - S. Tom m aso pareva apparentem ente in m aggiore diffl­
coltá, perché d ’acoordo con g li averroisti sosteneva l ’assoluta im m aterialitá delle
anim e. Ma eg li replica richiam andosi ai piü in op p u gn a bili prin cip ii della me­
tafísica. Bisogna partiré d a ll’analisi dei rapporti o n tolog ici che intercorrono tra
223
le parti di un essere, che a ll' indagine razionale risulta com posto d i un elemento
sussistente. Se é vero che la sussistenza della parte fórm ale non puó essere pregiudicata dalla corru ttibiljtá d i quella m ateriale, com e Aristotele stesso dim ostra, non puó considerarsi elim inata una pluralitá di esseri sussistenti, per il
semplice fatto che vengono a m ancare i suppositi di cui essi non avevano bisogno
per sussistere. - Questa dottrina é esposta anche piü chiaram ente nel De ünit.
In tellectu s: «O g n i cosa é una alio stesso m odo che é ente..., P erció, com e l'essere d ell’ anim a si trova nel corpo in quanto form a del corpo, e quindi non esistendo prim a del corpo, e tuttavia distrutto il corpo rim ane ancora nel suo es­
sere, cosi ogn i anim a rim ane nella sua u n it á ; e per conseguenza piü anim e ri­
m angono a n eh ’esse nella loro p lu r a litá » (ed. Keeler, n. 104).
2
Questo avrebbe dovuto essere il log ico risultato delle premesse idealistiche
dell’ averroism o. II buon senso trattenne g li averroisti d a ll’ultim o passo, che In­
vece non esiteranno a com piere gli idealisti m odem i.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, aa. 2-3
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
essa non ha quel m odo di essere che acquista n ell’ intellezione. In •
fatti 1’ intellezione m ira all’ essenza universale prescindendo dagli
elementi in d ividuan ti; m a fuori dell’ anima la cosa non ha questo
m odo di essere. - Secondo Platone invece la cosa intesa si trova
fu ori dell’ anima, nella condizione in cui si trova quando é oggetto
d ’ in tellezione: infatti egli riteneva che esistessero le ess'enze delle
cose separate dalla materia.
5. L a scienza nel discepolo non é quella del maestro. Vedremo
in seguito come essa venga ca u sa ta .1
6. S. Agostino vuol dire che le anime non sono tanto molteplici.
cosi da non partecipare anche di una sola essenza specifica.
habet illum modum essendi extra animam , secundum quem intelligitur. Intelligitur enim natura communisi seclusis principiis individuantibus ; non autem hunc m odum essendi habet extra ani­
mam. - Sed secundum' sententiam Platonis, res intellecta eo m odo
est extra animam quo intelligitur: posuit enim naturas rerum a
materia separatas.
Ad q u i n t u m d ic e n d u m quod scientia alia est in discípulo, et alia
in magistro. Quomodo autem causetur, in sequentibus [q. 117, a. 1].
Ad s e x t u m d ic e n d u m quod A ugustinus intelligit animas non esse
plures tantum, quin uniantur in una ratione speciei.
224
ARTIGOLO 3
ARTICULUS 3
Se nell’uomo, oltre l’anima intellettiva, vi siano altre anime
essenzialmente diverse.
Utrum praeter animam intellectivam sint in homine
aliae animae per essentiam differentes.
225
f Cont. Gent., c. 58; De P ot., q. 3, a. 9, ad 9; De Splrit. Creat., a. 3;
De Anima, a. 2; Quodl. 11, q. 5; Compend. Theol., cc. 90 ss.
S e m b r a che nell’uom o, oltre 1’ anima intellettiva, vi siano altre
anime, essenzialmente diverse, e cioé l ’ anim a sensitiva e quella ve­
getativa. 2 In fa tti:
1. Corruttibilitá e incorruttibilitá non sono di una medesima es­
senza. Ora 1’ anim a intellettiva é incorruttibile, mentre le altre
anime, cioé la sensitiva e la vegetativa, sono corruttibili, come si
é visto sopra. Dunque nell’uom o non puó esserci un’ unica essenza
che sia intellettiva, sensitiva e vegetativa.
2. Se uno rispondesse che anche 1’ anim a sensitiva nell’uom o é
incorruttibile, ecoo in contrario le parole di A ristotele: « Corrutti­
bile e incorruttibile differiscono tra loro nel gen ere». Ora 1’ anima
sensitiva del cavallo, del leone e degli altri animali, é corruttibile.
Quindi, se nell’uom o fosse incorruttiibile, non apparterrebbe alio
stesso genere di quella degli animali. M a un essere si chiam a aní­
male dal fatto che possiede un’ anim a sensitiva. Perció l ’ animalitá
n on costituirebbe piü un genere único, comune a ll’ uomo e agli altri
animali. M a questo é insostenibile.
3. II'F ilosofo insegna che l’ embrione prim a é anímale e poi uomo.
M a cosi non potrebbe essere, se fosse idéntica l ’ essenza dell’ anima
sensitiva e di quella intellettiva : poiohé esso é costituito anímale
dall’ anim a/sensitiva, l ’uomo invece da quella intellettiva. Dunque
nell’uom o non é única 1’ essenza dell’ anima sensitiva e di quella
intellettiva.
4. II F ilosofo afferma che il genere si desume dalla materia, e 1a.
differenza specifica dalla forma. Ora la razionalitá, che é la diffe­
renza costitutiva dell’uomo, si desume d a ll’ anima intellettiva; m en­
tre si attribuisce all’uomo Vanimalitá perché possiede un corpo anim ato d all’ anima sensitiva. Perció l ’ anim a intellettiva ha, verso il
corpo animato d all’ anim a sensitiva, lo stesso rapporto che ha la
form a verso la materia. Dunque nell’uom o 1’ anima intellettiva non
» S. Tomm aso tratterá di tale argomento p arlan d o del g ovem o del m ondo
(7, q. 117, a. 1), perché 1’ insegnam ento é un con trib u to della creatura a ll’ordinamentó delle cose.
Ad t e r t i u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod praeter animam intel­
lectivam sint in homine aliae animae per essentiam differentes, scilicet sensitiva et nutritiva. Corruptibile enim et incorruptibile non
sunt unius substantiae. Sed anim a intellectiva est in corru p tibilis;
aliae vero animae, scilicet sensitiva et nutritiva, sunt corruptibiles,
ut ex superiorihus [q. 75, a. 6] patet. E rgo in homine non potest
esse una essentia animae intellectivae et sensitivae et nutritivae.
2. Si d ic a t u r quod anim a sensitiva in homine est incoaruptibilis,
con tra: «C orruptibile et incorruptibile differunt secundum g e n u s»,
ut dicitur in 10 M etaphys. [c. 10, lect. 12]. Sed anima sensitiva in
equo et leone et aliis brutis anim alibus est corruptibilis. Si igitur
in homine sit incorruptibilis, non erit eiusdem generis anim a sensi­
tiva in homine et bruto. Anim al autem dicitur ex eo quod habet
animam sentitivam. Ñeque ergo animal erit unum genus com m une
hominis et aliorum animalium. Quod est inconveniens.
3. P raeterea , Philosophus dicit, in libro 2 De Generat. Animal
[c. 3], quod embryo prius est anim al quam homo. Sed hoc esse non
posset, si esset eadem essentia animae sensitivae et intellectivae:
est enim anim al per animám sensitivam, hom o vero per animam
intellectivam. Non ergo in homine est u na essentia animae sensi­
tivae et intellectivae.
4. P r aterea , Philosophus dicit, in 8 Metaphijs. [c. 2, lect. 2], quod
genus sumitur a materia, differentia vero a form a. Sed rationale,
quod est differentia constitutiva hominis, sumitur ab anima intel­
lectiva; animal vero dicitur ex hoc quod habet corpus animatum
anima sensitiva. Anima ergo intellectiva com paratur ad corpus ani­
matum anima sensitiva, sicut form a ad materiam. Non ergo anim a
2
In questa dicitura é fácil© com prendere tutto il significato d e ll’articolo, il
quale é diretto contro vari m aestri di 'a ltre scuole, che am mettevano una p lu ­
ralitá di form e sostanziali in un m edesim o individuo, Dottrlna questa g iá dlvulgata p rim a d ell’A quinate nelle scuole teologíche (cfr. Lottin O., « L a pluralitá
des form es substantielles avant S. Thom as d 'A q u in », in Rev. Néosch. de Phil.,
1932, pp. 449-467),' m a che doveva prendere m aggior vigore dopo la m orte del
Santo, principalm ente in seguito a ll’ insegnam ento di Giovanni Duns Scoto.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, a. 3
L' UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
ha identitá di essenza con quella sen sitiva; m a la presuppone, come
un súo sostrato materiale.
I n c o n t r a r io : L eggiam o nel De E cclesiasticis D ogm atibu s: «D ichiariam o che non vi sono due anime nello stesso uom o, come sostengono Giacom o e altri scritto'ri di S ir ia ,1 la prim a delle quali,
viviflcatrice del corpo e infusa nel sangue, sarebbe animale, l ’ altra
invece, a servizio della ragione, sarebbe sp iritu a le; diciam o al con­
trario che é una e idéntica l ’anima nell’uom o, che dá vita al corpo
al quale si associa, e regola se stessa mediante la ra g ion e».
R is p o n d o : Platone ammise che vi sono nel corpp diverse anime,
distinte anche per la localizzazione negli organi, alie quali attribuiva le diverse opere della v it a ; asserendo che la potenza vege­
tativa risiede nel fegato, l’ appetitiva nel cuore e la conoscitiva nel
ce rv ello.2
Aristotele invece rigetta tale opinione per quello che riguarda le
parti dell’ anim a che nelle loro operazioni si servono d i organi corporei, perché negli animali che continuado a vivere anche se tagliati in piü parti, vediamo che in ciascuna parte si ritrovano varié
operazioni dell’ anima, como il senso e l ’ appetito. Ció non avverrebbe, se i diversi principii operativi dell’ anim a fossero distribuiti
tra le varié parti del corpo, come se fosserp cose di essenza diversa.
Sembra invece lasciare nel dulbbip la questione, riguardante la
parte intellettiva : se cioé essa sia separata dalle altre parti del­
l ’ anima soltanto concellualm ente o anche localm ente. 3
Si potrebbe certo sosten ere 1’ opinione di Platone, se si ammettesse che 1’ anima é unita al corpo, non come form a m a com e m o ­
tore,. secondo appunto la sua teoría. Infatti non c’ é nessun incon­
veniente ad ammettere che il medesimo m obile venga mosso da
m otori diversi, specialmente in ordine a parti diverse. Ma se ammettiamo che 1’ anima é unita al corpo come form a, é assolutamente
im possibile che in uno stesso corpo vi siano piü anime di essenza
differente. E si puó provare con tre ragioni.
Prim o, perché 1’ animale che avesse piü anime non sarebbe essenzialmente uno. Infatti nessuna entitá é dotata di unita in senso
stretto se non perché possiede una form a única, da cui riceve 1’ es­
sere: giacché ogni cosa riceve dalla m edesima radice rentitá e
l’ u n itá ; perció gli esseri, che vengono denominati da forme diverse,
non costituiscono u n ’unitá in senso stretto, come, p. es., uom o
bianco. Pertanto, se l ’uom o ricevesse da una form a 1’ essere vívente,
cioé dall’ anim a vegetativa, da u n ’ altra l ’ essere animale, cioé dal1’ anim a sensitiva, e da u n ’altra ancora 1’ essere uomo, cioé dall’ anima ragionevcle, ne seguirebbe che l ’uom o non sarebbe una
unitá in senso stretto. Cosi Aristotele stesso argom enta contro P la ­
tone, dicendo che se l ’ idea di animale fosse diversa da quella di
bípede, 1’ anim ale bípede non form erebbe una realtá única in senso
stretto. P er questo egli, confutando i difensori della pluralitá delle
anime nel corpo, va ricercando « quello ch e le tiene unite » , 4 cioé che
intellectiva est eadem per essentiam cum anim a sensitiva in hom ine ;
sed praesupponit eam sicut m ateriale suppositum.
Sed contra e s t quod dicitur in libro De Eccles. Dogma,t. [c. 15]: « Ñe­
que duas animas esse dicim us in hom ine uno, sicut lacobu s et alii
Syrorum scribunt, uiiam animalem, qua animatu.r corpus, et im mixta
sit sanguini, et alteram spiritualem , quae rationi m inistret: sed
dicimus unam et eandem esse animam in homine, quae et corpus
sua societate vivificat, et semetipsam sua ratione d isp on it».
R es po n d e o d ic e n d u m quod P lato posuit diversas animas esse in
corpore uno, etiam secundum organa distinctas, quibus diversa
opera vitae attribuebat; dicens vim nutritivam esse in hepate, ooncupiscibilem in corde, cognoscitivam in cerebro.
Quam quidem opinionem Aristóteles reprobat, in libro 2 De Anima
[c. 2, lect. 4], quantum ad illas animae partes quae corporeis organis in suis operibus utuntur, ex hoc quod in animalibus quae decisa
vivunt, in qualibet parte inveniuntur diversae operationes animae,
sicut sensus et appetitus. H oc autem non esset, si diversa principia
operationum animae, tanquam per essentiam diversae, diversis partibus corporis distributa essent. Sed de intellectiva sub dubio videtur relinquere [ibid.] utrum sit separata ab aliis partibus animae
solum ratione, an etiam loco.
Opinio autem Platonis sustineri utique posset, si poneretur quod
anim a unitur corpori, non ut form a, sed ut motor, ut posuit Plato.
Nihil enim inconveniens\ sequitur, si ídem mobile a diversis motoribus moveatur, praecipue secundum diversas partes. - Sed si ponamus animam corpori uniri sicut formam, om nino im possibile
videtur plures anim as per essentiam differentes in uno corpore esse.
Quod quidem triplici ratione m anifestari potest.
P rim o quidem, quia anim al non esset sim pliciter unum, cuius
essent animae plures. Nihil enim est sim pliciter unum nisi per for­
mam unam, per quam habet res esse: ab eodem enim habet res
quod sit ens, et quod sit u n a ; et ideo ea quae denom inantur a d i­
versis form is, non sunt unum simpliciter, sicut hom o albus. Si igi­
tur hom o ab alia form a haberet quod sit vivum, scilicet ab anima
v eg eta b ili; et ab alia form a quod sit animal, scilicet ab anim a sen­
sibili ; et ab alia quod sit hom o, scilicet ab anim a ra tio n a li; sequeretur quod hom o non esset unum sim pliciter: sicut et Aristóteles
argumentatur contra Platonem, in 8 Metaphys. [c. 6, lect. 5], quod
si alia esset idea animalis, et alia bipedis, non esset unum sim pli­
citer animal bipes. Et propter hoc, in 1 De Anima [c. 5, lect. 14],
contra ponentes diversas animas in corpore, inquirit « quid conti-
226
i
G eonadio allude verisím ilm ente a Giacom o d i Telia, soprannom inato Baradeo (vescovo d i Edessa dal 543 al 578), che íu l ’an im a del monoflsismo oriéntala
d opo 1 decreti d i Giustiniano. E gli dlede il nom e a lia setta, che si chiam ó appunto
gioachim ita. - Non m ancano peró scrjttori m onoflsiti siriaci di questo nome.
3
Oír. Tim eo, c c 32, 33. - M olto probabilm ents S. Tom m aso deve questa inform azione ad A verroé, In l De Anima, comra. 90. - E opportuno ricord are qui che la
227
tricotom ia platónica diede origin e alT errore cristologico di Apollin.are (310-390),
il quale pensava che Cristo com e uom o non avesse l ’anim a razionale, m a soltanto l ’anim a sensitiva e quella vegetativa. Le funzioni d ell’anim a razionale sarebbero State com piute diretta mente dal Verbo divino (cfr. D e n z ., 216, 223,
227, 710).
3 E cco esattamente le sue p a role: « Ma di ció che concerne 1’ intelletto e la íacoltá teoretica non vi ha an cora n u lla d i evidente, sem bra tuttavia che sia un
altro genere di anima, e che esso solo possa essere separato, come l ’eterno dal
perlturo » (A ristotele , D ell’ Anim a, trad. G iorgiantonio M., Lanciano, 1934, vol. I,
p. 131).
4 A bbiam o cosi tradotto il contin et, poiché il o w ¿-¿ei, da cui a sua volta de­
riva, esprim e non tanto i l concetto d i contenere, quanto quello di tenere im ite
piü cose. S. Tomm aso mostra di aver capito esattamente il testo greco, pur adat-
LA SOMMA. TEOLOGICA, I, q. 76, a. 3
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
fa ccia di esse un’ unitá. Né si puó dire che sono unite mediante
l ’unitá del corpo, poiché é piü vero che é 1’ anim a a tenere unito
il co rp o e a ridurlo all’unitá, che il contrario.
Secondo, ció si dim ostra insostenibile stando al m odo in cui vien
fatta l ’ attribuzione [dei p red ica ti].1 Gli attributi desunti d a form e
diverse si predicano Tuno dell’ altro in due m od i: o accidentalmente
[per accidens], se queste form e non hanno u n ’ intima correlacione,
com e quando di una cosa bian ca affermiamo che é d o lc e ; oppure
nel secondo modo di predioazione essenziale, se dette form e hanno
tra lorO un’ intim a correlazion>e ; poiché allora il soggetto viene posto
nella definizione del predicato. L ’ estensione, p. es., é prerequisita
al colore: avremo' percid il secon d o m od o di predicazione essen­
ziale [per se], quando affermiamo che [il colorato] é un corpo esteso
colorato. - Se dunque la form a, dalla quale u no trae la denominazione di anímale fosse diversa da quella, dalla quale trae la denominazione di uom o, ne verrebbe questa alternativa: o l’ una non si
potrebbe predicare dell’ altra che accidentalmente, poiché le due
form e non hanno un’ intima correlazion e; oppure che la predica­
zione avverrebbe nel seCondo m odo di predicazione essenziale. per­
ché una delle anime sarebbe il presupposto dell’ altra. Amibedue le
ipotesi sono chiaramente fa lse ; perché anímale si predica dell’uom o
essenzialmente, non accidentalmente ; inoltre uom o non si pone nella
definizione di animale, ma viceversa. B isognerá dunque che sia
idéntica la form a, per cu i uno é animale ed é u o m o : altrimenti
l ’uom o non sarebbe realmente animale, cosi da permettere che ani­
m ale si predichi essenzialmente [per se] d ell’uomo.
Terzo, 1’ im possibilitá [in questione] risulta ancora dal fatto, che
se u n ’operazione dell’anim a é intensa, im pedisce le altre. Ció che
non avverrebbe in nessun m odo, se il principio di queste operazioni
non fosse essenzialmente ú n ic o .2
B isogna perció affermare che nell’ uom o esiste u n ’unica anima, che
é sensitiva, intellettiva e vegetativa. Come avvenga questo, si puó
m ostrare fácilmente, se consideriam o le differenze delle specie e
delle forme. Y i sono infatti delle cose, le cui specie e form e differiscono tra loro secondo vari gradi di p erfezion e: cosi n ell’ordine
della natura gli esseri animati sono piü perfetti di quelli in a n im ati;
gli animali piü delle p ia n te ; gli uom ini piü delle b e stie ; e inoltre
nei singoli generi si riscontrano varié gradazioni. P er questa ragione Aristotele paragona le specie naturali ai numeri, i quali differiscono specificamente per l ’ addizione o la sottrazione di un ’ unitá.
Inoltre egli paragona le diverse anime alie figure [geometriche],
l ’una delle quali contiene l ’ altra, il pentágono, p. es., contiene il
quadrilatero e lo trascende. - In m aniera analoga, 1’ anima intel­
lettiva contiene nella sua virtualitá tuíto ció che é posseduto dal1’ anima sensitiva degli animali e da quella vegetativa delle piante.
Come dunque la superficie del pentágono non contiene il quadri­
latero in forza di una figura diversa da quella del pentágono, p oi­
ché la figura del quadrilatero essendo contenuta nel pentágono
sarebbe superflua, cosi Socrate non é uom o in forza di u n ’ anima,
neat illas », idest quid faciat ex eis unum. Et non potest dici quod
uniantur per corporis unitatem : quia m agis anima continet corpus, et facit ipsum esse unum, quam e converso.
Secundo, hoc apparet im possibile ex m odo praedicationis. Quae
enim sumuntur a diversis form is, praedicantur ad invicem vel per
accidens, si form ae non sint ad invicem ordinatae, puta, cum d i­
cim us quod álbum est dulce: vel, si form ae sint ordinatae ad invi­
cem, erit praedicatio per se, in secundo m odo dicendi p er se, quia
subiectum ponitur in definitione praedicati. Sicut superficies praeambula est ad colorem : si ergo dicam us quod corpus superficiatum
est coloratum, erit secundus modus praedicationis per se. - Si ergo
a lia form a sit a qua aliquid dicitur animal, et a qua aliquid dici­
tur homo, sequeretur quod vel unum horum non possit praedicari
de altero nisi per accidens, si istae diuae form ae ad invicem ordinem non h a b en t; vel quod sit ihi praedicatio in secundo m odo di­
cendi per se, si una anim arum sit ad aliam praeam bula. Utrumque
autem horum est m anifeste fa ls u m : quia animal per se de hom ine
praedicatur, non per accid en s; homo autem non ponitur in defi­
nitione animalis, sed e converso. Ergo oportet eandem form am esse
per quam aliquid est animal, et per quam aliquid est h o m o : alioquin hom o non vere esset id quod est animal, ut sic animal per se
de hom ine praedicetur.
Tertio, apparet hoc esse im possibile per hoc, quod una operatio
animae, cum fuerit intensa, impedit aliam. Quod nullo modo contingeret, nisi principium actionum esset per essentiam unum.
Sic ergo dicendum quod eadem num ero est anim a in homine sen­
sitiva et intellectiva et nutritiva. Quom odo autem hoc contingat, de
facili consideran potest, si quis differentias specierum et form arum
attendat. Inveniuntur enim rerum species et form ae differre ab in­
vicem secundum perfectius et m inus p erfectu m : sicut in rerum
ordine animata perfectiora sunt inanimatis, et anim alia plantis, et
homines animalibus b ru tis; et in singulis horum generum sunt g ra­
dus diversi. Et ideo Aristóteles, in 8 M etaphys. [c. 3, lect. 3], assim ilat species rerum numeris, qui differunt specie secundum additionem vel subtractionem unitatis. Et in 2 De Anima [c. 3, lect. 5],
com parat diversas anim as speciebus figurarum , quarum una continet a lia m ; sicut pentagonum continet tetragonum, et excedit. Sic igitur anima intellectiva. continet in sua virtute quidquid habet
anima sensitiva brutorum, et nutritiva plantarum. Sicut ergo su­
perficies1quae habet figuram pentagonam , non per aliam figuram est
tetragona, et per aliam p en tagon a; quia superflueret figura tetra-
228
tandosi a una versione. « Si igitur sunt diversae anim ae in corpore, oportet quod
ab aliquo contineantur et u n ia n tu r: sed nih il est qu od uniat eas et contineat ¡
ergo non sunt diversae» (/ De Anima, c. 5, lect. 14, ed. Pirotta, n. 206).
229
1 L ’argomento, essendo d ’ Índole lógica , richiede che si tengano presentí gli
schem i a cu i l'A u tore si riferisce.
!
b) per accidens
( 1) prim us m odus
a) per se
<
f
'
2) secundus m odus
— derivante
J
(
(
)
da
una
medesima form
derivanti da form e
diverse presentí in
un m edesimo soggetto.
2 D elle tre prove addotte la p rim a é metafísica, la seconda lóg ica , la terza
sperimentale. Se consideriam o il loro valore oggettivo abbiam o un ordin e disoendente, se invece ne consideriam o la forza d a un punto d i vista soggettivo, per
noi m oderni alm eno, abbiam o un ordin e ascendente.
LA SOMMA TEOLOGICA, 1, q. 76, aa, 3 4
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
diversa da quella, per cui é animale, m a in forza di una sola e
idéntica anima.
S o l u z io n e d ell e d i f f i c o l t á : 1. L ’ anim a sensitiva non ha l’ incorruttihilitá per il fatto di essere sensitiva: essa le é dovuta, perché
é intellettiva. Quando perció é soltanto sensitiva, é corru ttiM le;
quando invece possiede il principio intellettivo insieme con quello
sensitivo, allora é incorruttibile. Sebbene infatti il principio sen­
sitivo non dia 1’ incorruttibilitá, tuttavia non la puó togliere a
quello intellettivo.
2. Non sono le form e ad essere collocate in un dato genere o in
una data specie, ma i composti. Ora l’uom o é corruttibile, come gli
altri animali. Perció la differenza, basata sulla cprruttibilitá e in cor­
ruttibilitá, derivando dalla form a, non produce u na differenza di
genere tra l ’uomo e gli altri animali.
3. Da principio l ’embrione ha un ’ anima, che é soltanto sensi­
tiv a ; eliminata questa, sopraggiunge u n ’ anima piü perfetta, che é
insieme sensitiva e intellettiva; come vedremo m eglio in seguito.
4. Non é necessario stabilire nelle cose reali una diversitá, partendp dalle varié ragipni o intenzioni logiche, che provengono dal
nostro m odo di in ten d ere; poiché la ragipne puó percepire un oggetto idéntico sotto vari aspetti. Ma siccom e l ’anima intellettiva,
cosa g iá dimostrata, contiene virtualmente tutto quello che ha
l ’ anima sensitiva e ancora di p i ü ; la ragione potrá considerare separatam ente quellp che appartiene all’ anim a sensitiva, come qualche cosa di imperfettp e di materiale. E ppiché trpva. in questp un
fpndp cpmune aH’upmo e agli altri animali, se ne serve per fprmare il concetto di genere. Si serve invece delle proprietá, in cui
1’ anima intellettiva oltrepassa quella sensitiva, come di elemento
fórm ale e completivp, e per fprmare cpn essa la differenza Espe­
cifica] dell’uomp.
gona, ex quo in pentagona continetur; ita nec per aliam animam
Sócrates est horno, et per aliam animal, sed per unam et eandem.
A d p r i m u m é r g o d i c e n d u m quod anima sensitiva non habet incorruptibilitatem ex hoc quod est sensitiva: sed ex hpc qupd est intel­
lectiva, ei incorruptibilitas. debetur. Quando ergp anima est sensi­
tiva tantum, ccrruptibilis e s t: quandp verp cum sensitivp intellecti­
vum habet, est incprruptibilis. L icet enim senstftivum incorniptioíiem non det, tamen incprruptionem intellectivo auferre non potest.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod form ae non collpcantur in genere vel
in specie, sed composita. Hom o autem cprruptibilis est, sicut et alia
animalia. Unde differentia secundum corruptibile et incorruptibile,
quae est ex parte form arum , non facit hominem secundum genus
ab aliis animalibus differre.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod prius embryp habet animam quae est
sensitiva ta n tu m ; qua abiecta, advenit perfectipr anima, quae est
simul sensitiva et in tellectiva; ut infra [q. 118, a. 2, ad 2] plenius
pstendetur.
A d q u a r t u m d ic e n d u m qupd npn oportet secundum diversas rationes vel intentipnes lógicas, quae cpnsequuntur mpdum intelligendi,
diversitatem in rebus naturalibus accip ere: quia ratio unum et idem
secundum diversos m odos apprehendere potest. Quia igitur, ut dictum est [in corp.], anim a intellectiva virtute cpntinet id qupd sen­
sitiva habet, et adhuc am p liu s; pptest seprsum ratip considerare
qupd pertinet ad virtutem sensitivae, quasi qupddam imperfeetum
et materiale. Et quia Ii p c invenit comm une hpmini et aliis anim ali­
bus, ex hpc ratipnem generis form at. Id verp in qup anima intel­
lectiva sensitiva excedit, accipit quasi fórm ale et cpmpletivum, et
ex ep fprmat differentiam hpminis.
ARTICOLO 4
ARTICULUS 4
Se nell’uomo vi sia qualche altra forma oltre Panima intellettiva.1
Utrum in homine sit alia forma praeter animam intellectivam.
23Ó
231
4 Sent., d. 44, q. 1, a. 1, ge. 1, ad 4; 4 Cont. Gent., c. 81; De Spirit. Creat., a. 3;
De Anim a, a. 9 ; Quodl. 1, q. 4, a. 1; 11, q. 5 ; Compend. Theol,, c. lJ0.
S em bra c h e n e ll’ u o m p v i s ia
q u a lc h e
a ltr a
fp r m a ,
p it r e 1’ a n i m a
1. Dice il F í I p s p í p che l’ anima é « l ’ attp del cprpo físico, che ha
la vita in poten za». L ’ anima quindi é paragonata al corpo, come
la form a alia materia. Ora il corp o ha una form a spstanziale che
1p fa essere corpp. P erció prim a dell’anima c ’ é nel corpo u n ’altra
form a sostanziale.
2. L ’ uomo, com e pgni altrp animale, m uove se stessp. Ora pgni
essere che muove se stesso si divide in due p a rti: una che mupve,
e l ’altra che é m cssa, come prova Aristotele. M a la parte movente
é l ’ anima. Quindi é necessario che 1’ altra parte sia tale da potere
A d q u a r t u m s ic p r o c e d it u r . Yidetur qupd in hom ine sit alia fprma
praeter animam intellectivam. Dicit enim Philpspphus, in 2 De
Anima [c. 1, lect. 1], qupd anim a est « actus cprppris ph ysici potentia vitam h abentis». Cpmparatur igitur anima ad cprpus, sicut
fprma ad materiam. Sed corpus habet aliquam form am substantialem per quam est corpus. Ergo ante animam praecedit in corpore
aliqua form a substantialis.
2.
P raeterea , homp et quodlibet animal est movens seipsum. Omne
autem mpvens seipsum dividitur in duas partes, quarum una est
movens, et alia est mpta, ut prpbatur in 8 P hysic. [c. 5, lect. 10].
Pars autem mpvens est! anima. Ergp ppprtet quod alia pars sit talis
1 Le ragionl pórtate, per com batiere la p luralitá delle anim e nel composto
um ano, sarebbero state sufflcienti a escludere piü fo r m e ; m a poiché alcuni
maestri parlavano con insistenza d i una form a corporeitatis, S. Tomm aso ha cré­
dulo bene di insistere. Sembra che siano da annoverarsi tra i sostenitori della
form a corporeitatis Alessandro d i Hales, G iovanni de la R ochelle e S. B onaven­
tura (cfr. S u m m a C añad ., p. 455). - In seguito il sostenitore piü fam oso di detta
fcesi fu G iovanni Duns Sc-oto (cfr. Jn 4 Sent., d. 2, q. 3, nji. 29 s$.).
in t e lle t t i v a .
In fa tti:
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, a. 4
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
esser mossa. La materia prim a peró non puó essere mossa, com e dice
Aristotele, essendo un ente soltanto in p oten za; ché, anzi, tutto
ció che é mosso é un corpo. E necessario dunque che n ell’uomo e
in ogni altro animale ci sia u n ’ altra forma sostanziale, come costituitivo del corpo.
3. L ’ ordine tra le form e si stabilisce in rapporto alia materia
p r im a ; poiché il prim a e il dopo si dioono in ordine a un principio.
Se dunque nell’uomo non vi fosse altra form a sostanziale fuori
dell’ anima razionale, e questa fosse unita immediatamente alia m a­
teria prim a, ne seguirebbe che essa verrebbe a trovarsi nella cate­
goría delle forme piü imperfette, le quali appunto sono unite im ­
m ediatamente alia materia.
4. II corpo umano é un corpo misto. Ora la combinazione degli
elementi [mixtio] non interessa soltanto la materia, perché avremma
allora la sola corruzione. E perció necessario che le form e degli
elementi rim angano nel corpo misto, ed esse sono form e sostanziali. P erció esistono nel corpo umano altre form e sostanziali, oltre
1’ anima intellettiva.
I n c o n trario : Una cosa non ha che un solo essere sostanziale. Ma
la form a sostanziale da 1’ essere sostanziale. P erció una cosa sola
non puó avere che una sola form a sostanziale. Ora l ’ anima é la
form a sostanziale dell’uomo. E quindi im possibile che nell’uomo
vi siano altre form.e sostanziali, oltre 1’ anima intellettiva.1
R ispondo: Se si ammettesse con i P latonici che l ’ anima intellet­
tiva non si unisce al corpo come form a, m a solo come motore, bisognerebbe affermare che nell’uom o vi é u n ’ altra form a sostanziale,
da cui il corpo, soggetto alia m ozione dell’ anima, sarebbe costituito
nel suo essere. Se invece l ’ anima intellettiva, stando a quello che
si é detto, si unisce al corpo com e form a sostanziale, é impossibile
che nell’uom o si trovi qualsiasi altra form a sostanziale, fuori di
q u ella.2
P er averne l ’ evidenza, dobbiamo considerare che la form a sostanziale in questo differisce da quella accidéntale, che la form a
accidéntale non da l’ essere in. senso assoluto [sim pliciter],3 m a l ’ essere in u na determinata m an iera; il calore, p. es., non da l’ esistenza assoluta al suo soggetto, ma solo lo fa esser caldo. Perció
un soggetto, quando acquista una form a accidéntale, non si dice che
in senso assoluto [simpliciter] é prodotto o generato, ma che acqui­
sta una qualiñca o una determinata m aniera di essere; cosi puré,
alio scom parire della form a accidéntale, non si dice che un soggetto
perisce in senso assoluto, m a solo in senso relativo. La form a sostan­
ziale invece conferisce l ’ essere in senso a ssoluto; quindi alia sua venuta si dice che un soggetto é generato in senso a sso lu to ; e al suo
scom parire si dice che perisce, sempre in senso assoluto. Per tale ra.gione gli antichi filosofi naturalisti, i quali ritenevano che la m a­
teria prima fosse un ente attuale, vale a dire il fuoco, l’aria o altre
cose simili, dicevano che niente si genera o si corrom pe in senso
assoluto, ma « riducevano ogni divenire a un ’ alterazione », come si
legge in Aristotele. - Se cosi fosse, e cioé se p r im a 4 dell’ anima in-
quae possit esse mota. Sed m ateria prim a non potest m overi, ut
dicitur in 5 Physic. [c. 1, lect. 2], cum sit ens solum in potentia:
quinim mo omne quod movetur est coi-pus. Ergo oportet quod in
homine et in quolibet animali sit alia form a substantialis, per quam
constituatur corpus.
3. P raeterea , ordo in form is attenditur secundum habitudinem ad
materiam prim am : prius enim et posterius dicitur per com parationem ad aliquod principium . Si ergo non esset in homine alia
form a substantialis praeter anim am rationalem, sed immediate m a­
teriae prim ae inhaereret; sequeretur quod esset in ordine imperfectissimarum form arum , quae immediate inhaerent materiae.
4. P raeterea , corpus hum anum est corpus mixtum. Mixtio autem
non fit secundum m ateriam tan tu m : quia tune esset corruptio sola.
Oportet ergo quod remaneant form ae elementorum in corpore mixto,
quae sunt form ae substantiales. Ergo in corpore humano sunt aliae
form ae substantiales praeter animam intellectivam.
S ed c o n tra , unius rei est unum esse substantiale. Sed form a sub­
stantialis dat esse substantiale. Ergo unius rei est una tantum form a
substantialis. A nim a autem est form a substantialis hominis. Ergo
impossibile est quod in hom ine sit aliqua alia form a substantialis
quam anima intellectiva.
R espo n d e o d ic e n d u m quod, si poneretur anima intellectiva non
uniri corpori ut form a, sed solum ut motor, ut Platonici posuerunt
[a. 1]; necesse esset dicere quod in homine esset alia form a sub­
stantialis, per quam corpus ab anim a mobile in suo esse constitueretur. - Sed si anima intellectiva unitur corpori ut form a substan­
tialis, sicut supra [ibid.] iam diximus, im possibile est quod aliqua
alia form a substantialis praeter eam inveniatur in homine.
Ad cuius evidentiam, considerandum est quod form a substantia­
lis in hoc a form a accidentali differt quia form a accidentalis non
dat esse simpliciter, sed esse ta le : sicut calor facit suum subiectum non sim pliciter esse, sed esse calidum. Et ideo cum advenit
form a accidentalis, non dicitur aliquid fieri vel generari sim plici­
ter, sed fieri tale aut aliquo m odo se h abens: et similiter cum recedit form a accidentalis, non dicitur aliquid corrum pi sim pliciter,
sed secundum quid. Form a autem substantialis dat esse sim plici­
ter : et ideo per eius adventum dicitur aliquid simpliciter generari,
et per eius recessum sim pliciter corrum pi. Et propter hoc antiqui
Naturales, qui posuerunt materiam prim am esse aliquod ens actu,
puta ignem aut aerem aut aliquid huiusm odi, dixerunt quod nihil
generatur aut corrum pitur sim pliciter, sed «om n e fieri statuerunt
a ltera ri», ut dicitur in 1 Physic. [c. 4, lect. 9]. - Si igitur ita esset,
quod praeter animam intellectivam praeexisteret quaecumque alia
232
1
In questo caso l'argom ento in contrario non é un espediente didattico, m a
ha un grande valore metafistco. Se ben si osserva, esso non é che l ’argom ent''
del rispondo, ridotto alia sua form ula schemattoa ed essenziale,
233
2 Si noti in questo, com e n eg li altri articoli della questione 76, la cura del­
l ’Autore a distinguere bene i due massim i sistemi della filosofía antica, sottolineando le conseguenze loglch e di ciascuno. E gli m irava a purgare l ’aristotelism o da ogni infiltrazione platónica, e. il platonism o stesso da ogni altra contam inazione, specialmente gnostlca e araba.
3 In italiano non esiste un avverbio o u n ’espresslone ¿©finita per tradurre il
sim pliciter latino. II suo significato é reso invece con esattezza dalla locuzione
avverbiale tráncese « tout c o u r t ».
4 L ’osservazione non perde affatto il suo valore, se invece di prioritá di
tempo, si parlasse di una p rioritá di natura, ovvero di lmmediatezza nella
inform azione del corpo.
234
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, a, 4
tellettiva fosse presente nella materia una qualsiasi altra form a so­
stanziale che attuasse il [corpo] subietto dell’ anima, ne verrebbe
che l ’ anim a non darebbe 1’ essere in senso assolu to; per conseguenza
non sarebbe una form a sosta n zia le; e al s<uo sopraggiungere non
si avrebbe una generazione in senso assoluto, come puré al suo
dipartirsi non si avreb'be una corruzione in senso assoluto, m a soltanto relativo. Tutte cose manifestamente false.
Dobbiam o dunque affermare che nell’uom o non vi é altra form a
sostanziale fuori dell’ anima intellettiva; e che essa, come contiene
virtualmente l ’ anima sensitiva e vegetativa, cosí contiene puré vir­
tualmente tutte le form e inferiori, facendo da se sola tutto quello,
che le form e meno perfette fanno negli altri esseri. - Parimente,
dohbiamo affermare la stessa cosa dell’ anima sensitiva negli ani­
mali, di quella vegetativa nelle piante, e universalmente di tutte
le form e piü perfette rispetto a quelle meno perfette.
S o l u z i o n e d e l l e d i f f i c o l t á : 1. Aristotele non dice soltanto che
1’ anima é «atto del c o r p o », ma «a tto del corpo físico, orgánico, che
ha la vita in p o te n z a » ,1 e che una tale potenza «n o n elimina
1’ anim a ». E perció chiaro che in quel soggetto, di cui essa é l ’ atto,
é inclusa anche l’ an im a ; com e si dice che atto del corpo caldo é il
calore, e atto del corpo luminoso é la luce, non perché esdsta separatamente 1’ oggetto luminoso senza la luce, m a perché é luminoso
in forza della luce. Análogamente si dice che l ’ anima é « atto del
corpo, ecc. », perché in forza della sola anim a esso é corpo, é orgá­
nico, e ha la vita in potenza. L ’ atto prim o si dice pero in potenza
rispetto all’ atto ¡secondo, che é l’ operazione. Infatti tale potenza
«n o n elimina)), cioé non eselude 1’ anima,
f 2. L ’ anima non muove il corpo col suo essere, cioé in quanto é
i unita al corpo com e form a, ma mediante la facoltá di locom ozione,
| il cui esercizio presuppone il corpo giá attuato d all’ an im a; in tal
I guisa che l ’ anima, in forza di questa sua facoltá, viene ad essere la
( parte motrice, mentre il corp o animato é la parte mossa.
'
3. Nella materia si riscontrano diversi gradi di perfezione, cioé
1’ essere, il vivere, il sentire e 1’ intendere. Ora, il grado che viene
ad aggiungersi dopo é sempre piü perfetto. P erció la forma, che
conferisce alia materia soltanto il prim o grado di perfezione, é imperfettissima ; ma la form a che insieme conferisce il primo, il se­
condo, il terzo, e ogn i altro grado, é perfettissima ; e tuttavia é unita
immediatamente alia materia.
4.
A vicenna riteneva che le form e sostanziali degli elementi restassero integre nel corpo misto, e che la combinazione avvenisse
per il fatto che le qualitá contrarié degli elementi si riducono a un
grado intermedio. - Ma ció non é sostenibile. Infatti non possono
esistere form e elementari diverse altro che in diverse parti di m a­
teria ; e questa diversitá di parti im plica neCessariamente le dimensioni, poiché senza di esse la m ateria non puó essere divisibile. Ora
la materia é sottoposta alie dimensioni soltanto nei corpi. D’altra
parte corpi diversi non possono stare nello stesso luogo. Ne segue
perció che g li elementi do-vrebbero trovarsi nel corpo misto distinti
secondo la posizione. In tal caso pero non ci sará una vera combii
La classica definizione dell’anim a é qui m utila di un aggettivo. Eccola
nella sua in tsg ritá: « actus prímus corporis p hysici organici, potentia vitam ha-
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
235
form a' substantialis in m ateria, per quam subiectum animae esset
ens a c tu ; sequeretur quod anim a non daret esse sim p liciter; et per
consequens quod non esset form a substantialis; et quod per adventum animae non esset generatio sim pliciter, ñeque per eius abscessum corruptio sim pliciter, sed solum secundum quid. Quae sunt
m anifesta falsa.
Unde dicendum est quod nulla alia form a substantialis est in h o­
mine, nisi sola anim a in tellectiva : et quod ipsa, sicut virtute continet animam sensitivam et nutritivam, ita virtute continet omnes
inferiores form as, et facit ipsa sola quidquid im perfectiores form ae
in aliis faciunt. - Et sim iliter est dicendum de anima sensitiva in
brutis, et de nutritiva in plantis, et universaliter de óm nibus form is perfectioribus respectu im perfectiorum .
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod Aristóteles non dicit animam esse
« actum c o r p o r is » tantum, sed « actum corporis physici organ ici
potentia vitam habentis », et quod talis potentia «n o n abiieit ani­
m a m » [loco cit. in arg., lect. 2]. Unde manifestum est quod in eo
cuius anima dicitur actus, etiam anima in clud itu r; eo m odo loquendi quo dicitur quod calor est actus calidi, et lumen est actus
lu c id i; non quod seorsum sit lucidum sine luce, sed quia est lucidum per lucem. Et sim iliter dicitur quod anima est « actus cor­
poris, etc. », quia per anim am et est corpus, et est organicum, et
est potentia vitam habens. Sed actus prim us dicitur in potentia
respectu actus secundi, qui est operatio. Talis enim potentia est
«n o n abiicien s», idest non excludens, animam.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod anim a non movet corpus per esse
suum, secundum quod unitur corpori ut fo r m a ; sed per potentiam
motivam, cuius actus praesupponit iam corpus effectum in actu per
a n im a m ; ut sic anim a secundum vim motivam sit pars movens, et
aorpus animatum sit pars mota.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod in materia considerantur diversi g ra ­
dus perfectionis, sicut esse, vivere, sentire et intelligere. Semper
autem secundum superveniens priori, perfectius est. F orm a ergo
quae dat solum prim um gradum perfectionis materiae, est im perfectissim a: sed form a quae dat prim um et secundum, et tertium,
et sic deinceps, est perfectissim a; et tamen materiae immediata.
Ad q u a r t u m d ic e n d u m quod Avicenna posuit [De Anima, P. 4, c. 5 ;
i Sufjlcientia, c. 6] form as siubstantiales elementorum integras remanere in m ixto: mixtionem autem fieri secundum quod contrariae qualitates elementorum reducuntur ad médium. - Sed hoc est
impossibile. Quia diversae form ae elementorum non possunt esse
nisi in diversis partibus m a teria e; ad quarum diversitatem oportet
intelligi dimensiones, sine quibus m ateria divisibilis esse non p o ­
test. M ateria autem 'dim ensioni subiecta non invenitur nisi in cor­
pore. Diversa autem corp ora non possunt esse in eodem loco. Unde
sequitur quod elementa sint in m ixto distincta secundum situm. Et
b e n tis ». Essa risulta dalla com binazione d i due testi aristotelici assai vicin i (cfr.
f De Anim a, c. 1). - Nelle traduzionl, sia latine che italiano, si cerca di lasciare il
sapore del testo o r ig in a le; ma é necessario chiarire bene i concetti di atto, di
potenza, di corpo físico, e dell'aggettivo orgán ico, s. Tom m aso sente qui il Jiisogno di precisare il significato d ell’ espressione in potenza, facendo osservare
che siam o dinanzi a una considerazione astratta del corp o vivo, considerazione
che prescinde dalla presenza d ell’anim a, senza peró escluderla (cfr. ! De Anima,
c, l, lect. l).
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, aa. 4-5
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
nazione del tutto, m a una com binazione apparente, causata dalla
gm staposizione di minime pa rticelle.1
Averroé invece riteneva che le form e degli elementi, per la loro
im perfezione fossero qualche cosa di m ezzo tra le form e accidentali
e quelle sostanziali; e per questa ragione esse sarebbero suscettibili di aumento e di d im in uzione; perdendo d i intensitá nella combinazione, riducendosi a un grado interm edio, cosi da costituire
u na form a única. - Ma ció é ancora piü insostenibile. Infatti 1’ es­
sere sostanziale di qualsiasi cosa é un che d ’ in d iv isib ile; cosicché
ogn i addizione o sottrazione, a detta di Aristotele, varia la specie,
come nei numeri. P erció é im possibile che una qualsiasi form a so­
stanziale sia suscettibile di aumento o d i diminuzione. - E non é
m eno inconcepibile una realtá interm edia tra la sostanza e 1’ acci­
dente.
D obbiam o dunque affermare col Filosofo, che le form e degli elementi rim angono nel misto non giá in atto, m a virtualmente. Re­
staño infatti, sebbene attenuate, le qualitá proprie degli elementi,
nelle quali si conserva la virtü delle form e elementari. Siffatte qua­
litá della combinazione sono la disposizione im mediata [che prepara'
il subietto] alia form a sostanziale del corpo misto, vale a dire alia
form a della pietra, o all’anim a di qualsiasi essere vivente.
ita non erit vera mixtio, quae est. secundum totu m : sed mixtio ad
sensum, quae est secundum m inim a iuxtá se posita.
Averroes autem posuit, in 3 De Cáelo [comm. 67], quod form ae elementorum, propter sui im perfectionem , sunt mediae inter form as
accidentales et substantiales; et ideo recipiunt m agis et m in u s; et
ideo remittuntur in mixtione et ad anedium reducuntur, et confiatur ex eis una forma. - Sed hoc est etiam m agis impossibile. Nam
esse substantiale cuiuslibet rei in indivisibili consist.it; et omnis
additio et subtractio variat speciem, sicut in numeris, ut dicitur in
8 M etaphys. [c. 3, lect. 3]. Unde im possibile est quod form a sub­
stantialis quaecumque recipiat m agis et minus. - Nec minus est
im possibile aliquid esse m édium inter substantiam et accidens.
Et ideo dicendum est, secundum Philosophum in 1 De Generat.
[c. 10], quod form ae elem entorum manent in mixto non actu, sed
virtute. Manent enim qualitates1 propriae elementorum, licet remissae, in quibus est virtus form arum elementarium. Et huiusm odi
qualitas mixtionis est propria dispositio ad form am substantialem
corporis míxti, puta form am lapidis, vel animae cuiuscumque.
236
ARTIGOLO 5
ARTICULUS 5
Se l’anima intellettiva sia unita ad un corpo conveniente.3
Utrum anima intellectiva convenienter tali corpori uniatur.
237
2 Sent., d. 1, q. 2, a. 5; De Malo, q. 5, a. 5; De A nim a, a. 8.
S e m b r a che 1’ anima intellettiva non sia unita ad un corpo con­
veniente. Infatti:
1. La materia deve essere proporzionata alia form a. Ora 1’ anima
intellettiva é una form a incorruttibile. Quindi non é conveniente che
sia unita ad un corp o oorruttibile.
2. L ’ anima intellettiva é una form a im m ateriale al massimo
g ra d o : segno ne sia il fatto che essa ha u n ’ attivitá, nella quale non
entra la materia del corpo. Ora, quanto piü un corpo é sottile, tanto
meno é materiale. Dunque 1’ anima avrebbe dovuto unirsi a un corpo
sottilissimo, p. es., al fu o co ; non g iá a un corpo misto, e per di piü
fatto di térra.
1
La scienza ha orinal relegato nel m ondo delle fiabe la teoría del quattro
ele m e n ti; m a j l problem a che qui é affrontato sí «p re se n ta pressoché n eg li stessi
term inl dinanzi a ll’ indagine filosófica piü aggiornata. Se il corpo um ano é un
corpo m isto, e nel corpo m isto vediam o il persistere delle proprietá d egli ele­
m enti che lo com pongono, com e si puó ammettere nel m isto una form a ú n ica ?
Anzi, la difficoltá per nol m oderni sembra accresciuta dal fatto che 1’ indagine
p ositiva puó scorgere con 1 suoi strumenti una perm anenza strutturale degli ele­
m enti, d opo la com binazione chim ica. Come si spiega la presenza degli elem enti
nel m isto, se ú n ica ne é la form a sostanziale? - P er com prendere la soluzione di
S. Tom m aso e le spiegazioni dei suoi discepoli, bisogn a ricord arsi che il pro­
blem a non ó di ordin e sperimentale, m a di ordin e m etafisico. Infatti la genesi
d i un essere (ontogenesi nel significato rigoroso del term ine) non si puó descrivere che in term ini m etafisici: passaggio dalla potenza a ll’ atto, dal non essere
a ll’essere. L ’unitá del nuovo essere esige unitá di form a sostanziale. II perm anere delle proprietá, o delle strutture m ateriali degll elem enti entratl in com poslzione, non puó com prom ettere questa unitá, che s ’ im pone con evidenza meta-
A d q u i n t u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod anim a intellectiva inconvenienter tali corpori uniatur. Materia enim. debet esse proportionata formae. Sed anima intellectiva est form a incorruptibilis.
Non ergo convenienter unitur corp ori corruptibili.
2. P raeterea , anima intellectiva est form a máxime im m aterialis:
cuius signum est, quod habet operationem in qua non com m unicat
materia corporalis. Sed quanto corpus est subtilius, tanto minus
habet de materia. E rgo anim a deberet sulbtilissimo corpori uniri,
puta ig n i; et non corp ori mixto, et terrestri magis.
física. Dobbiam o perció spiegarla, senza sacrificare né la realtá d ell’essere, né la
realtá del divenire. S. Tom m aso p arla di una perm anenza vírtuale delle qualitá
proprie degli elementi. Ma se accettiam o d a ll’ indagine sperim entale il permanere delle strutture m aterial! degli elementi, allora bisogna ricorrere a un a spiegazione alquanto diversa. In questo caso cioé dovrem o parlare di una perm a­
nenza degli elem enti com e partí Integranti del tutto, cosi com e sono p arti integranti una m ano, un piede e una qualsiasi altra p articella del corpo um ano.
Queste parti non hanno una loro form a sostanziale diversa d all'anim a, eppure
hanno la loro propria struttura. Cosí possono avere la loro struttura e le cellule
e le m olecole e gli atom i di cu i siam o c o m p o sti; pur restando ún ica la form a
sostanziale (cfr. Introd. Gen., n. 167).
2
II teologo, persuaso orm ai d ell’unitá sostanziale asistente tra anim a e corpo,
é tenuto a gettare uno sguardo, sia puré fugace, sulla fisiología um ana. Disgrazlatamente al tempo d e ll’A utore le cognizioni in questo cam po erano troppo
vaghe, quando non erano addirittu ra fantastiche. II quadro d ’ insiem e era offuscato dalla teoría dei quattro elem enti (térra, acqua, aria e fuoco), e la fisiolo­
gía del sistema nervoso, la piü im portante per un teologo, doveva an cora nascere. Ció nonostante S. Tom m aso, alia scuola di Aristotele, h a saputo form ulare
delle osservazioni cosí sensate, che non é bene dim enticare.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, a. 5
L ’ UNIGNE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
3. Essendo la form a il principio [costituti^p] della specie, da una
sola form a non derivano specie diverse. Ma l ’ anima intellettiva é
una form a única. Perció essa non doveva essere unita a un corpo,
che é composto di parti appartenenti a specie dissimili.
4. II soggetto, in cui risiede una form a piü perfetta, deve avere
una m aggiore perfezione. Ora l’ anim a intellettiva é la piü perfetta
tra le anime. Quindi, se i corpi degli altri anim ali hanno la natura
i loro o-rgani di protezione, cioé i peli al posto delle vesti, le ungliie
al posto delle calzature, nonché armi naturali, come artigli, denti
e corna, parrebbe che l ’ anima intellettiva non avrebbe dovuto es­
sere unita a un corpo imperfetto, privo cioé di tali aiuti.
I n c o n t r a r io : II Filosofo insegna che 1’ anim a é « l ’ a t t o [primo] del
corpo físico, orgánico, che ha la vita in p o te n z a » .1
R i s p o n d o : P oiché non la form a é fatta per la materia, ma piuttosto la materia é fatta per la form a, dovremo ricorrere alia forma,
per trovare la ragione che giustifica u na determinata materia, non
viceversa. Si é giá visto pero che 1’ anima intellettiva nella gerarchia delle cose occupa il grado piü ¡basso tra le sostanze intellett u a li; cosicché non riceve naturalmente per infusione la conoscenza
della veritá, come gli a n g e lí; m a ha bisogno di raccoglierla dalle
cose materiali e concrete, per la via dei sensi, come osserva Dionigi. Ora la natura non priva gli esseri delle cose in d ispen sabili;
perció era necessario che 1’ anima intellettiva avesse non solo la fa ­
coltá di intendere, m a anche quella di sentire. D ’ altra parte l ’ attivitá sensitiva non puó esercitarsi senza uno strumento corporeo.
Ecco quindi la necessitá che l ’ anima intellettiva fosse unita a un
corpo capace di essere l ’ oirgano dei se n si.2
Ora tutti i sensi sono fondati sul tatto. E 1’organo del tatto deve
essere equidistante tra gli elementi contrari, quali il caldo e il
freddo, l ’um ido e il secco, e altré sim ili qualitá, di cui il tatto ha
la percezione. Infatti é in questo m odo che esso é in potenza a og­
getti contrari e li puó sentire. P er questa ragione il tatto sará tanto
piü fine, quanto piü il suo organ o si avvicinerá al [perfetto] equi­
librio delle qualitá elem en ta n .3 Ora, 1’ anima intellettiva possiede
nel m odo piü completo la virtü sensitiva; poiché un essere superiore possiede in modo piü perfetto le qualitá di quelli inferiori,
com e insegna Dionigi. Era quindi necessario che il corpo, cui si
unisce l ’ anima intellettiva, fosse un corp o misto, e fra tutti il piü
vicino, per la sua complessdone, al [perfetto] equilibrio delle qualitá
elem entan.
Questa é la ragione, per la quale l ’ uom o ha il tatto m igliore tra
tutti gli animali. - Anche tra gli stessi uomini, chi ha m iglior tatto,
ha m igliore intelligenza. Segno ne sia il fatto che « coloro i quali
hanno carnagione piü delicata, ci risulta.no anche piü intelligenti»,
com e osserva Aristotele.
S o l u z io n e d e ll e d if f ic o l t á : 1. Qualcuno potrebbe forse tentare di
risólvere l’obiezione, col dire che il corpo dell’uomo, prim a del peccato [originale] era incorruttibile. - La risposta pero non é s u fi­
ciente, perché il corpo umano prim a del peccato era immortale non
per natura, ma per un dono della grazia d iv in a ; diversamente la
3. P raeterea , cum form a sit principium speciei, ab una form a non
proveniunt diversae species. Sed anim a intellectiva est una form a.
Ergo non debet uniri corpori quod com ponitur ex partibus dissimilium specierum.
4. P raeterea , perfectioris form ae debet esse perfectius susceptibile. Sed anima intellectiva est perfectissim a animarum. Cum igitur
aliorum animalium corpora habeant naturaliteí Ínsita tegumenta,
puta pilorum loco vestium, et unguium loco calceam en toru m ; ha­
beant etiam arma naturaliter sibi data, sicut ungues, dentes et
corn u a: ergo videtur quod anima intellectiva non debuerit u niri
corpori imperfecto tanquam talibus auxiliis privato.
S ed c o n tra e s t quod dicit Philosophus, in 2 De Anim a [c. 1, lect. 1],
quod anima est «a ctu s corporis physici organici potentia vitam
habentis ».
R espo n d e o d ic e n d u m quod, cum form a non sit propter m ateriam ,
sed potius materia propter form am ; ex form a oportet rationem accipere quare materia sit talis, et non e converso. Anima autem intel­
lectiva, sicut supra [q. 55, a. 2] habitum est, secundum naturae ordinem, infimum gradum in substantiis intellectualibus ten et; intantum quod non habet naturaliter silbi inditam notitiam veritatis, si­
cut angeli, sed oportet quod eam colligat ex rebus divisibilibus per
viam sensus, ut Dionysius dicit, 7 cap. De Div. Nom. [lect. 2]. N a­
tura autem nulli deest in necessariis: unde oportuit quod anima
intellectiva non solum haberet virtutem intelligendi, sed etiam virtutem sentiendi. Actio autem sensus non fit sine corporeo instru­
mento. Oportuit igitur animam intellectivam tali corpori uniri, quod
possit esse conveniens organum sensus.
Omnes autem alii sensus fundantur supra tactum. Ad organum
autem tactus requiritur quod sit médium inter contraria, quae sunt
calidum et frigidum , hum idum et siccum, et similia, quorum est
tactus apprehensivus: sic enim est in potentia ad contraria, et p o­
test ea sentire. Unde quanto organum tactus fuerit magis reductum
ad aequalitatem complexionis, tanto perceptibilior erit tactus. A nim a
autem intellectiva habet com pletissim e virtutem sensitivam : quia
quod est inferioris praeexistit perfectius in superiori ut dicit Diony­
sius in libro De Div. Nom. [c. 5, lect. 1], Unde oportuit corpus cui
unitur anima intellectiva, esse corpus mixtum, inter omnia alia m a­
gis reductum ad aequalitatem complexionis.
Et propter hoc homo inter om nia animalia melioris est tactus. Et inter ipsos hpmines, qui sunt m elioris tactus, sunt m elioris intel­
lectus. Cuius signum est, quod «m olles carne bene aptos mente vid em u s», ut dicitur in 2 De Anima [c. 9, lect. 19].
A d p r i m u m ergo d i c e n d u m quod hanc obiectionem aliquis forte vellet evadere per hoc, quod diceret corpus hominis ante peccatum
incorruptibile fuisse. - Sed haec responsio non videtur sufficiens:
quia corpus hom inis ante peccatum immortale fuit non per natu-
238
1
L a citazione a prim a vista sem bra poco ad&tta a ooncludere, che « dunque
l ’anim a é unita a un corp o co n v en ien te». Ma qui si suppone com e cosa ovvia
239
per tutti, che l'u om o possiede « un corp o físico orgánico, che ha la vita in p o­
ten za». Di qui nasce che esso sia conveniente per l ’anima.
2 11 prin cip io enuncíate alT iinlzio, e la sua applicazione im m ediata alia con o­
scenza, sono degni della massima considerazione. Non sono invece accettabili
senza riserve i due capoversi che seguono.
3 Facendo astrazione dalla teoría dei qu attro elementi, l ’osservazione conserva
il suo valore nella fisiología dei nostri organ i sensori.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, a. 5
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
sua im m ortalitá non sarebbe cessata col peccato, come non cessó
quella del diavolo.
B isogna invece rispondere che nella materia si riscontrano due
d isp osizion i: la prim a che si ha di mira direttamente quando vogliam o che sia adatta alia form a; l’ altra che scaturisce per necessaria concom itanza dalla prima. Cosi il fabbro nel costruire una sega
sceglie il ferro, com e m ateria adatta per segare i conpi d u r i; che
p oi i denti della sega possano spuntarsi o contrarre la ruggine, de­
riva dalla inevitabile deficienza della m ateria adoperata. In m odo
analogo, all’ anim a intellettiva é dovuto un corpo che aibbia una
com plessione equ ilibra ta ; da ció deriva, per inevitabile deficienza
della materia, che tale corpo sia soggetto a corruzione. - Se poi uno
insistesse col dire che Dio poteva evitare una siffatta m anchevolezza ; rispondiam o che nello stabilire la natura delle cose non si
deve considerare quello che Dio poteva fare, m a quello che compete
alia, natura delle cose, com e fa osservare S. Agostino. Tuttavia Dio
volle provvedere apprestando un rim edio con tro la morte, mediante
un dono g ra tu ito .1
2. L ’ anim a intellettiva non richiede il corpo direttamente per
l ’operazione intellettiva, presa in se stessa, ma per la facoltá sen­
sitiva, la quale ha bisogno di un organo equilihrato nella sua com ­
plessione. Era perció necassario che 1’ anim a intellettiva fosse unita
a un corpo siffatto e non a un elemento semplice, o a un corpo
m isto nel quale il fuoco fosse stato predom inante; poiché in tal caso
sarebbe scom parso 1’ equilibrio della complessione, a causa dell’ eccesso di attivitá da parte del fuoco. Invece un corpo, che sia ben
proporzionato nei suoi componenti, ha u na certa dignitá, proprio
perché lontano dagli elementi c o n tra ri; assom igliando cosi in qual­
che m odo ai corpi celesti.
3. Non le varié parti dell’ animale, come l ’ occhio, la mano, le
carni, le ossa e simili, m a il tutto [soltanto] é una sp ecie: e quindi,
in senso proprio, non si puó dire che esse appartengono a specie
diverse, ma a disposizioni diverse. E questa diversitá [di disposizioni] conviene a ll’anima intellettiva, la quale, sebbene única nell ’ essenza, puré é molteplice nella virtú, a causa della sua perfe­
zione ; perció abbisogna di disposizioni diverse nelle varié parti del
corpo al quale é unita, appunto per le diverse operazioni. P er tale
ragione vediaono che é m aggiore la diversitá delle parti negli ani­
m ali perfetti che in quelli im perfetti; e in questi piü che nelle
piante.
4. L ’ anima intellettiva, capace com ’ é di com prendere gli univer­
sali, ha una virtü, che si estende a infiniti oggetti. Non potevano
quindi esserle fissati dalla natura particolari istinti o determinati
m ezzi per difendersi e per c o p r ir s i; com e a w ien e per gli altri ani­
mali, le cui anime hanno percezioni e facoltá, orientate verso og­
getti particolari. Al posto di tutto questo, l ’uomo possiede per natnira la ragione e le mani, che sono « lo strumento degli stru m en ti»,2
poiché con esse l ’uom o puó prepararsi strumenti di una varietá
infinita, e in ordine ad effetti in fin iti.3
ram, sed per gratiae divinae d on u m ; alioquin immortalitas eius
per peccatum sublata non esset, sicut nec immortalitas daemonis.
Et ideo aliter dicendum est, quod in materia dúplex conditio in­
venitur: una quae eligitur ad hoc quod sit conveniens form ae; alia
quae ex necessitate consequitur prioris dispositionis. Sicut artifex
ad form am serrae eligit m ateriam ferream, aptam ad secandum
d u r a ; sed quod dentes serrae hebetari possint et rubiginem contrahere, sequitur ex necessitate materiae. Sic igitur et animae intellectivae debetur corpus quod sit aequalis com plexionis: ex hoc
autem de necessitate materiae sequitur quod sit corruptibile. - Si
quis vero dicat quod Deus potuit hanc necessitatem vitare, dicen­
dum est quod in constitutione rerum naturalium non consideratur
quid Deus facere possit, sed qui naturae rerum conveniat, ut Augustinus dicit, 2 Super Gen. ad litt. [c. 1]. Providit tam en Deus
adhibendo remedium contra m ortem per gratiae donum.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod animae intellectivae non debetur
corpus propter ipsam intellectualem operationem secundum se ; sed
propter sensitivam virtutem, quae requirit organum aequaliter complexionatum. Et ideo oportuit animam intellectivam tali corpori
uniri, et non sim plici elemento, vel corpori mixto in quo excederet
ignis secundum quantitatem : quia non posset esse aequalitas com ­
plexionis, propter excedentem ignis activam virtutem. Habet autem
hoc corpus aequaliter complexionatum quandam dignitatem, per
hoc quod est remotum a con tra riis; in quo quodam m odo assimilatur corpori caelesti.
A d t e r t it jm d ic e n d u m quod partes animalis, ut oculus, manus,
caro et os, et huiusmodi, non sunt in specie, sed totum : et ideo
non potest dici, proprie loquendo, quod sint diversarum specierum,
sed quod sint diversarum dispositionum . Et hoc competit animae
intellectivae, quae quamvis sit una secundum essentiam, tamen
propter sui perfectionem est multiplex in v irtu te ; et ideo, ad diver­
sas operationes, indiget diversis dispositionibus in partibus corp o­
ris cui unitur. Et propter hoc videmus quod m aior est diversitas
partium in animalibus perfectis quam in imperfectis, et in his quam
in plantis.
A d q u a r t u m d ic e n d u m quod anim a intellectiva, quia est universalium comprehensiva, habet virtutem ad infinita. Et ideo non potuerunt sibi determ inan a natura vel determinatae existimationes
naturales, vel etiam determinata auxilia vel defensionum vel teguinentorum ; sicut aliis animalibus, quorum animae habent apprehensionem et virtutem ad aliqua particularia determinata. Sed loco
horum omnium, homo habet naturaliter rationem, et manus, quae
sunt « organa organorum » [A r is t o t ., 3 De Anim a, c. 8, lect. 13], quia
per eas homo potest sibi praeparare instrumenta infinitorum m odorum, et ad infinitos effectus.
240
1
II dono gratu ito di cu i si parla é 1’ im m ortalitá física, che Dio aveva concesso ai nostri progen itor! n e ll’ Edén. Tale dono non era dovuto al corpo um ano
com e tale, ma dipendeva dalla sola liheralitá divina.
241
2 La celebre espressiome si trova in a r i s t o t e l e , S De Anima, c. 8, 4 3 1 *, 2 8 ;
432*, 3. Per il com m ento di S. Tom m aso, cfr. lect. 13.
3 Dopo aver notato il patente ottim ism o di S. Tomm aso, 11 P. W ébert agg iu n g e : « Ci sarebbe d a tare un bello studio sulla m ano, segno dell’ infinita virtualitá della ragione e della v o lo n td » (op. cit., p. 352).
242
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 7G, a. 6
V UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
ARTICOLO 6
ARTICULUS 6
Se l’anima intellettiva sia unita al corpo mediante
disposizioni accidentali.1
Utrum anima intellectiva uniatur corpori mediantibus
dispositionibus accidentalibus.
243
f Cont. Gent., c. 71; De Svirlt. Creat., a. 3 -, De Anima, a. 9;
2 De Anima, lect. 1; 8 M etaphys., lect. 5.
S e m b r a che 1’ anim a intellettiva sia omita al corp o mediante alcune
disposizioni accidentali. Infatti:
1. Ogni form a sí trova in una materia diisposta e appropriata per
essa. Ora, le disposizioni alia form a sono delle entitá accidentali.
Dunque bisogna presupporre nella materia degli accidenti, che precedono la form a sostanziale; e cosi deve essere anche per l ’ anima,
la quale appunto é una form a sostanziale.
2. P iü forme appartenenti a una medesima specie richiedono piü
porzioni di materia. Ma non si possono concepire piü parti di m a­
teria se non in base alia divisione di quantitá estese. Quindi neila
materia bisogna prim a concepire le dim ensioni che delle forme so­
stanziali, essendo queste piü d ’ una nella m edesima specie.
3. Gli esseri spirituali si applicano a quelli corporei mediante un
contatto virtuale. Ora, virtü dell’anima sono le sue potenze. Dunque
l ’ anima dovrá essere unita al corpo mediante le sue potenze, che
sono degli accidenti.
In c o n t r a r io : L ’accidente é posteriore alia sostanza, « sia in ordine
di tempo che di rag ion e», come insegna Aristotele. Non é pertanto
possibile concepire una form a accidéntale nella materia prim a del1’ anima, che ne é la form a sostanziale.
R t s p o n d o : Se l ’ anima si unisse al corpo soltanto come suo m o­
tore, niente impedirebbe, anzi sarebbe addirittura necessario, che
vi fossero delle disposizioni di collegamento tra 1’ anima e il c o r p o ;
e cioé, da parte dell’ anima, una potenza per m uovere il c o r p o ; da
parte del corpo un’ attitudine a subiré la m ozione dell’ anima.
Se invece 1’ anima intellettiva si unisce al corpo come form a so­
stanziale, secondo quel che si é giá detto, é impossibile che una disposizione accidéntale serva di collegamento tra il corp o e l’anima,
o tra una qualsiasi form a sostanziale e la propria materia. L a
ragione si é che, essendo la m ateria in potenza a tutti gli atti, m a
in un determinato ordine, é necessario che il prim o di tali atti, sia
posto per prim o nella materia. Ora tra tutti gli atti l’ essere ha una
prioritá assoluta. Non é quindi possibile concepire una materia
calda o estesa, prim a che esista nella realtá. Ma l ’ esistenza attuale
essa la riceve dalla form a sostanziale, che dá 1’ essere in senso assoluto, come si é visto. Dunque non é possibile che nella materia
esistano disposizioni accidentali di qualunque sorta prim a della
form a sostanziale; e per conseguenza neppure prim a dell’ a n im a ,3
i Per il significato técnico di accidente vedi Diz. Tom.
a La conclusion e rigu arda tutti gli esseri sottoposti al divenire. Ogni volta
che si genera un nuovo essere, la prim a form a presente nella m ateria é sempre
la form a sostanziale. Le apparenze non devono trarre in inganno. - Quando
m uore un aním ale, e nel corp o che giá gli appartenne subentra una form a, che
pon é piü l ’anim a della hastia, potrebbe sembrare che il colore, la figura, la
A d s e x t u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod anim a intellectiva unia­
tur corpori mediantibus aliquibus dispositionibus accidentalibus.
Omnis enim form a est in materia sibi propria et disposita. Sed dispositiones ad formam sunt accidentia quaedam. Ergo oportet praeintelligi accidentia aliqua in materia ante form am substantialem :
et ita ante animam, cum anima sit quaedam substantialis forma.
2. P raeterea , diversae form ae unius speciei requirunt diversas
materiae partes. Partes autem materiae diversae non possunt in­
telligi nisi secundum divisionem dimensivarum quantitatum. Ergo
oportet intelligere dimensiones in materia ante form as substantia­
les, quae sunt multae unius speciei.
3. P raeterea , spirituale applicatur corporali per contactum virtutis. Virtus autem animae est eius potentia. Ergo videtur quod anima
unitur corpori mediante potentia, quae est quoddam accidens.
S ed con tra e s t quod accidens est póster i us substantia « et tem­
pere et ratione », ut dicitur in 7 M etaphys. [c. 1, lect. 1]. Non ergo
forma accidentalis aliqua potest intelligi in materia ante animam,
quae est form a substantialis.
R es po n d e o d ic e n d u m quod, si anima uniretur corpori solum ut
motor, nihil prohiberet, im m o m agis necessarium esset, esse aliquas
dispositiones medias inter animam et corp u s: potentiam scilicet.
ex parte animae, per quam mo'veret c o rp u s ; et aliquam habilitatem
ex parte corporis, per quam corpus esset ab anima mobile.
Sed si anima intellectiva unitur corpori ut form a substantialis,
sicut iam supra [a. 1] dictum est, im possibile est quod aliqua dispo­
sitio accidentalis cadat m edia inter corpus et animam, vel inter
quamcumque form am substantialem et materiam suam. Et huius
ratio est quia, cum m ateria sit in potentia ad omnes actus ordine
quodam, oportet quod id quod est prim um simpliciter in actibus,
prim o in materia intelligatur. Prim um autem inter omnes actus
est esse. Impossibile est ergo intelligere materiam prius esse calidam vel quantam, quam esse in actu. Esse autem in actu habet per
form am substantialem, quae facit esse simpliciter, ut iam [a. 4]
dictum est. Unde impossibile est quod quaecumque dispositiones ac­
cidentales praeexistant in materia ante form am substantialem ; et
per consequens ñeque ante animam.
quantitá, ecc., d ell’anim ale siano rim asti in t e g r i; e quindi verrebbe fatto di
pensare che siano prim a della nuova form a sostanziale. Ma questa é una considerazione s u p e r fic ia l ed em pirica. Infatti, se noi consideriam o quel dato essere
in quanto essere, dobbiam o scorgere anche allora una p rioritá della nuova form a
sostanziale sugli accidenti che sem brano precederla. N ell’atto della generazione
il soggetto in cui essa si verifica « viene ridotto fino alia m ateria p r im a », cosicché l'accidente non passa da una sostanza a u n ’altra. Per l ’esatta comprensione di quest’ultimo assioina, vedi Diz. T o m .: « A ccid e n s».
244
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, aa. 6-7
S o l u z io n e d e ll e d i f f i c o l t á : 1. La form a piü perfetta contiene
virtualmente tutto ció che si trova nelle form e inferiori, come risulta da quanto si é detto. Perció, pur rim anendo essa única e
idéntica, attua la materia, secondo gradi diversi d i perfezione. Infatti é única e idéntica nell’ essenza quella form a, in forza della
quale l ’uom o é insieme un ente' in atto, é un corpo, é vivente, é ani­
male, ed é uomo. D’ altra parte é noto che ogni genere é accom pagnato dai propri accidenti. Perció, come si concepisce la materia
perfetta nell’ essere, prim a di concepirvi la corporeitá e gli altri
a ccid en ti; cosi gli accidenti propri dell’ ente, vengono concepiti prima
della corporeitá. In tal senso [si dice che] le disposizioni nella m a­
teria vengono concepite com e anteriori alia form a, non in rapporto
a tutti g li effetti della medesima, bensi in rapporto ai gradi ulteriori
di [perfezione].
2. Le dim ensioni quantitative sono accidenti, che derivano dalla
corporeitá, elemento comune a t-utta la materia. Quindi la materia,
quando é giá concepita come soggetta alia corporeitá e alie dimen­
sioni, si puó considerare come distinta in piü parti, in modo da
poter ricevere piü form e in rapporto ai gradi ulteriori di perfe­
zione. Sebbene infatti sostanzialmente sia idéntica la forma, che
conferisce i diversi gradi di perfezione alia materia, come si é detto,
tuttavia vi si trovano delle differenze di ragione.
3. L a sostanza spirituale, che si unisce a un corpo soltanto come
motore, gli si unisce mediante la potenza o la virtü. Ma 1’ anima
intellettiva é unita al corpo come form a per mezzo del suo essere.
Tuttavia lo regge e lo muove con le sue potenze o facoltá.
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
245
Ad p r í m u m ergo d ic e n d u m quod, sicut ex praedictis [a. 4] patet,
form a perfectior virtute continet quidquid est inferiorum form arum. Et ideo uña et eadem existens, perficit materiam secundum
diversos perfectionis gradus. Una enim et eadem form a est per es­
sentiam, per quam hom o est ens actu, et per quam est corpus, et
per quam est vivum, et per quam est animal, et.per quam est hom o.
Manifestum est autem quod unumquodque genus consequuntur p ro­
pria accidentia. Sicut ergo materia praeintelligitur perfecta secun­
dum esse ante intellectum corporeitatis, et sic de a liis ; ita praeintelliguntur accidentia quae sunt prop ria entis, ante corporeitatem.
Et sic praeintelliguntur dispositiones in materia ante form am , non
quantum ad omnem eius effectum, sed quantum ad posteriorem.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod dim ensiones quantitativae sunt a c­
cidentia consequentia corporeitatem , quae toti materiae convenit.
Unde materia iam intellecta sub corporeitate et dimensioniíbus, po­
test intelligi ut distincta in diversas partes, u t sic accipiat diversas
form as secundum ulteriores perfectionis gradus. Quamvis enim
eadem form a sit secundum essentiam quae diversos perfectionis gra ­
dus materiae attribuit, ut dictum est [ad 1]; tamen secundum considerationem rationis differt.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod substantia spiritualis quae unitur cor­
pori solum ut motor, unitur ei per potentiam vel virtutem. Sed
anima intellectiva corpori unitur ut form a per suum esse. Adm inistrat tamen ipsum et movet per suam potentiam et virtutem.
ARTICOLO 7
ARTICULUS 7
Se Fanima sia unita al suo corpo animale mediante un altro corpo.1
Utrum anima uniatur corpori animalis mediante aliquo corpore.
g Sent., d. 1, q. 2, a. 4, ad 3; 2 Cont. Gent., c. 71; De Spirit. Creat., a. 3;
De Anima, a. 9; 9 De Anima, lect. 1; 8 M etaphys., lect. 5.
S e m b r a che l ’ anima sia unita al suo corpo animale, mediante un
altro corpo. Infatti:
1. Dice S. Agostino che «F an im a governa il corpo per mezzo della
lu ce », cioé il fuoco, « e mediante l ’ a ria : che sono elementi piü simili alio sp irito». Ma il fuoco e l ’ aria sono corpi. Dunque l’ anima
si unisce al corp o umano, mediante un altro corpo.
2. Quando l’ unione di piü cose viene distrutta a caAisa della sottrazione di un dato elemento, qu est’ ultimo doveva loro servire di
collegamento. Ora, 1’ anima si separa dal corpo, quando vengono a
m ancare gli spiriti vitali. P erció lo spirito, che é concepito come un
corpo sottile, fa da interm ediario nell’unione dell’ anima col corpo.
3. Entitá molto distanti non possono u nirsi senza un elemento
intermedio. Ma l’ anima intellettiva dista dal corpo, sia perché in-
A d s e p t i m u m s ic p r o c e d it u r . V idetur quod anim a uniatur corpori
anim alis mediante aliquo corpore. Dicit enim Augustinus, 7 Super
Gen. ad litt. [c. 19], quod « anim a per lu cem », idest ignem, « et
aerem, quae sunt sim iliora spiritui, corpus adm inistrat». Ignis
autem et aer sunt corpora. E rgo anim a unitur corpori hum ano
mediante aliquo corpore.
2. P raeterea , id quo subtracto solvitur unió aliquorum unitorum ,
videtur esse médium inter ea. Sed deficiente spiritu, anima a cor­
pore separatur. Ergo spiritus, qui est quoddam corpus subtile, m é­
dium est in unione corp oris et animae.
3. P raeterea , ea quae sunt multum distantia, non uniuntur nisi
per médium. Sed anim a intellectiva distat a corpore et quia est in-
1
Per un aristotélico la questione non ha senso. Basta infatti aver capito la
fo rm u la : « l ’anim a é form a del c o r p o », per com prendere che é assurdo ricorrere a una specie di glutine per appiccicare insieme le due parti sostanziali della
natura um ana. Ma non tutti ca p is co n o ; e la storia é cosi costretta a registrare
non poche teorie a proposito d ell’unione m ediata d e ll’anim a col corpo. Per secoli si é insistito nel voler inserire tra il corpo e l ’ anim a spirituale un terzo
elemento ; senza avvertire che tra m ateria e spirito c ’ é antitesi assoluta.
La m aggiore responsabilitá di questi tentativi, che hanno m inacciato cosí a
lungo la serietá d ell’ indagine filosoftca, e inquinato con elementi m itologici e
m isteriosoflci la cultura m editerránea, ricade su gli Gnostici .(cfr. Verbeke G.,
L ’ évolulion de la doctrine du pneum a du stoícísm e á S. Augustin, P arigi-L ovanio, 1945, pp. 351-385). Anche i m oderni m etapsichici am ano parlare d i un perispirito, e di altre fantasie del genere, per un iré insiem e anima e corp o, con un
elemento né spirituale, né del tutto materiale.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, a. 7
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
corporea, sia perché incorruttibile. D ovrá quindi essergli unita me
dianté qualche cosa, che sia insieme corpo e incorruttibile. Questa
cosa potrá essere la luce celeste, capace di conciliare g li elementi
e di unificarli.
I n c o n t r a r io : II F ilosofo fa osservare che «n o n ha senso la que­
stione se 1’ anima e il corpo, al p ari che la cera e la sua impronta,
siano una cosa s o la ». Ora la figura si unisce alia cera senza 1’ in­
term ediario di un altro corpo. Lo stesso qu in d i'sa rá dell’ anima r i­
spetto al corpo!
R i s p o n d o : Se l ’anima, secondo la teoría dei P latonici si unisse al
corpo solo com e motore, sarebbe giusto affermare che tra 1’ anima
dell’uom o, o di ogni altro animale, e il rispettivo corpo c’ é di mezzo
qualche altro c o r p o ; essendo ragionevole che un motore distante
agisca servendosi di un mezzo piü v ic in o .1
Se invece 1’ anima é unita al corpo come form a, secondo quel che
si é detto, non é possibile che gli sia unita mediante un altro corpo.
E la ragione si é, che una cosa si dice una nello stesso m odo che
si dice ente. Ora, la forma, dá per se stessa l ’ essere alia cosa, es­
sendo atto per sua natu ra; non dá quindi 1’ essere servendosi di
interm ediari. Cosicché l’ unitá di una cosa com posta di m ateria e di
form a deriva dalla form a medesáma, che per se stessa si unisce alia
materia come suo atto. Cosi puré non esiste altra causa di tale
unione all’ infuori della causa agente, la quale, come spiega A ri­
stotele, fa sí che la materia acquisti il suo atto.
Sono perció evidentemente false le opinioni di coloro, i quali pensavano che vi fossero dei corpi intermedi tra 1’ anim a e il corpo dell ’ uomo. Tra gli altri ci furono dei platonici, i quali dicevano che
1’ anima intellettiva é unita essenzialmente a un corpo incorrutti­
bile, dal quale non si divide m ai, e per mezzo di esso si unisce al
corpo corruttibile dell’u o m o .2 - A lcuni di essi affermarono che
l ’unione a w ien e per mezzo degli spiriti an im ali.3 - Altri posero
per legame la lu c e 4 ; ritenendo che essa sia un corpo avente la na­
tura della quinta essenza: cosicché l’ anim a vegetativa si unirebbe
al corpo mediante la luce del cielo s id e re o ; 1’ anima sensitiva m e­
diante la luce del cielo crista llin o; e 1’anima intellettiva mediante
la luce del cielo empíreo. Tutte cose evidentemente fantastiche e rid ic o le ; sia perché la luce non é un corpo ; sia perché la quinta
essenza non entra con la sua materia, m a solo con la sua virtü,
nella com posizione del corpo misto, essendo essa in a ltera b ile; sia
anche perché l ’anim a si unisce immediatamente al corpo, come
form a alia propria m a te ria .5
S o l u z i o n e d e l l e D iFFicoLTÁ : 1. S. Agostino parla dell’ anima in
quanto muove il c o r p o ; non per nulla usa il termine administratio
[g overn o].6 Ed é vero che essa muove le parti piü grossolane del
corpo mediante quelle piü sottili. Gli spiriti vitali infatti sono il
corporeá, et quia est incorruptibilis. E rgo videtur quod uniatur ei
mediante aliquo quod sit corpus incorruptibile. Et hoc videtur esse
aliqua lux caelestis, quae conciliat elementa et redigit in unum.
S ed co n tr a e s t quod Philosophus dicit, in 2 De Anima [c. 1, lect. 1],
quod «n o n oportet quaerere si unum est anima et corpus, sicut
ñeque ceram et fig u ra m ». Sed figura unitur cerae nullo corpore
mediante. E rgo et anima corpori.
R e s p o n d e o d i c e n d u m quod si anima, secundum Platónicos, cor­
pori uniretur solum ut motor, conveniens esset dicere quod inter
animam hominis, vel cuiuscum que animalis, et corpus aliqua alia
corp ora media intervenirent: convenit enim m otori aliquid distans
per media m agis propinqua movere.
Si vero anim a unitur corpori ut form a, sicut iam [a. 1] dictum
est, im possibile est quod uniatur ei aliquo corpore mediante. Cuius
ratio est, quia sic dicitur aliquid unum, quom odo et ens. Form a
autem per seipsam facit rem esse in actu, cum per essentiam suam
sit a ctu s ; nec dat esse per aliquod médium. Unde unitas rei compositae ex m ateria et form a est per ipsam form am, quae secundum
seipsam unitur m ateriae ut actus eius. Nec est aliquid aliud uniens
nisi agens, quod facit materiam esse in actu, ut dicitur in 8 Metaphys. [c. 6, lect. 5],
Ünde patet esse falsas opiniones eorum qui posuerunt aliqua corpora esse media inter animam et corpus hominis. Quorum quídam
Platonici dixerunt quod anim a intellectiva habet corpus incorruptiilbile sibi naturaliter unitum, a quo nunquam separatur, et eo m e­
diante unitur corpori hom inis corruptibili. - Quídam vero dixerunt
quod unitur corpori mediante spiritu corporeo. - Alii vero dixerunt
quod unitur corpori mediante luce, quam dicunt esse corpus, et de
natura quintae essentiae: ita quod anima vegetabilis unitur cor­
pori mediante luce caeli sid e re i; anima vero sensibilis, mediante
luce caeli cry sta llin i; anim a vero intellectualis, mediante luce caeli
empyrei. Quod fictitium et derisibile a p p aret: tum quia lux non est
corpus ; tum quia quinta essentia. non venit materialiter in com positionem corporis mixti, cum sit inalterabilis, sed virtualiter tan­
tum ; tum etiam quia anima immediate corpori unitur ut form a
materiae.
Ad p r i m u m ergo d i c e n d u m quod A ugustinus loquitur de anima
inquantum movet co rp u s: unde utitur verbo administrationis. Et
verum est quod partes grossiores corporis per subtiliores movet.
246
1 Non soltanto Platone, ma tutti i fllosofl, che a lui anche indirettam ente risalgono, hanno sentito quésta necessitá. Cartesio, p. es., dovette ricorrere agli
« spiriti a n im a li», perché l ’anima, da lui localizzata nella glandola pineale, potesse anim are le varié parti del corpo.
2 Tra questi si potrebbe citare anche S. A gostino (cfr. 2 De Gen. ad litt.,
c. 17 ; 3, c. 10; 2/ De civil. Del, c. 10). S. Tom m aso lo scusa col dire che egli allora « non espone il suo pensiero m a riferisce l ’op inione dei p la to n ic i» (/, q. 51,
a 1, ad 1).
247
3 T roviam o tra costoro un num ero considerevole d i m aestri m edioevali. A lia
loro testa possiam o colloca re un filosofo arabo-israelita: A v ic e b r o n , Fons Vltae,
tract. 3, c. 2 (vedi Summa cañad., vol. 1, p. 460).
4 E la sentenza di A vicenna e forse anche d i S. A gostino. Quest’ultim o peró si
oppone recisam ente a ll’ idea che possa esistere una quinta essenza, com e invece
insegnava Aristotele (cfr. 7 De Gen. ad litt., c. 20). - Ci fu ron o peró dei maestri
m edioevali, che pensarono in nom e del progresso di aggiornare la teoría, coprendosi di ridicolo.
6 « Tutte cose evidentem ente r id ic o le » ; m a delle tre ragion i pórtate contro
d i esse da S. Tom m aso, quella veramente seria é soltanto l'u ltim a.
8 L ' interpretazione delTAquinate non solo b benigna, m a é an ch e la piü probabile (cfr. V e r b e k e , op. cit., p. 505). Nel senso indicato S. Agostino con corda con
Aristotele, e quindi con la fisiología ufflciale d e ll’antichitá. L ’anima, pur vivifi­
cando il corp o nella m aniera piü im m ediata,' era costretta a servirsi degli spiritl vitali, per fa r sentire 11 suo influsso su tutte le membra. S. Agostino riteneva, per suo conto, che questi spiriti fossero com posti di luce e di aria.
248
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, aa. 7-8
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
prim o strumento della facoltá di locom ozione, com e insegna il F i­
losofo.
2. Vemiti a mancare gli spiriti vitali, cessa l ’unione dell’ anima
col corpo, non perché essi siano qualche cosa di intermedio, m a
perché scom pare con essi la disposizione [necessaria] del corpo a
tale unione. - Tuttavia gli spiriti vitali sono u n mezzo [indispensabile] per imioversi, essendo essi il prim o strumento della facoltá di
locom ozione.
3. Certamente 1’ anima é molto distante dal coorpo, considérate separatamente le loro co n d iz io n i; se quindi avessero, sia l’una che
l ’ altro, un essere separato, sarebbe necessario l ’ intervento di molti
intermediari. Ma 1’ anima, in quanto form a del corpo, non ha un
essere separato da quello del c o r p o ; ma col suo essere é ad esso
im mediatamente unita. Ogni form a, del resto, considerata come
atto, ha una grande distanza dalla materia, che é ente soltanto in
potenza.
Et prim úm instrumentum virtutis motivae est spiritus, ut dicit P hi­
losophus in libró De Causa Motus Animalium [c. 10].
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod, subtracto spiritu, déficit unió ani­
m ae ad corpus, non quia sit m éd iu m ; sed quia tollitur dispositio
per quam corpus est dispositum ad talem unionem. - Est tamen
spiritus médium in movendo, sicut prim um instrumentum motus.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod anim a distat quidem a corpore plurimum, si utriusque conditiones seorsum considerentur: unde si
utrumque ipsorum separatim esse haberet, oporteret quod m ulta
media intervenirent. Sed inquantum anim a est form a corporis, non
habet esse seorsum ab esse corp oris; sed per suum esse corp ori uni­
tur immediate. Sic enim et quaelibet form a, si consideretur ut actus,
habet m agnam distantiam a materia, quae est ens in potentia
tantum.
ARTICOLO 8
ARTICULUS 8
Se Fanima sia tutta intera in ogni parte del corpo.1
Utrum anima sit tota in qualibet parte corporis.
249
I Sent., d. 8, q. 5, a. 3; 2 Cont. Gent., c. 72; De Splrit. Creat., a. 4;
De Anim a, a. 10.
S e m b r a che 1’ anima non sia tutta intera in ogni parte del corpo.
In fa tti:
1. Dice il F ilosofo: «N o n é necessario ammettere che 1’ anima sia
in ogni parte del corpo, m a che, stando in un dato principio di
esso, faccia vivere le altre p a r ti; poiché ciascuna di queste é capace
per natura di eseguire il movimento suo p ro p r io ».
2. L ’ anim a si trova nel corpo di cui é 'i ’ atto. Ma essa é atto di
un corpo orgánico. Perció non si trova che nel corpo orgánico. Ora
non ogni parte del corpo umano é organica. Diunque l ’ anima non
é tutta in ciascuna parte del corpo.
3. Scrive Aristotele che tutta l ’ anima sta a tutto il corpo, come
una parte dell’ anima a una parte del corpo, p. es., com e la vista
alia pupilla. Ora, se tutta l ’anim a si trovasse in ciascuna parte del
corpo, ne verrebbe che ognuna di queste sarebbe un animale com ­
pleto.
4. Tutte le potenze dell’ anima non hanno altra radice che 1’ es­
senza di essa. Quindi, se tutta 1’ anim a fosse in ciascuna parte del
corpo, avremmo che in ciascuna di queste parti vi sarebbero tutte
le potenze dell’anim a: la vista sarebbe puré n ell’orecch io e l’udito
n ell’ occhio. Cosa questa inammissibile.
5. Se in ogni parte del corp o ci fosse tutta 1’ anima, ogn i parte
dipenderebbe immediatamente d all’ anima. P erció una parte non
dipenderebbe dall’ altra, né l ’una sarebbe piü importante dell’ a ltra ;
tosa evidentemente falsa. Dunque 1’ anim a non é tutta intera in cia­
scuna parte del corpo.
In c o n t r a r io : S. Agostino insegna che « in ogni corpo 1’ anima si
1 E cco la breve ricapitolazione cLell'articolo 8 secando il G aetan o: « II titolo
6 chiaro. - Nel corpo d e ll’ a r tico lo : prim o, si dom anda che cosa bisognerebbe
Ad o c t a v u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod anima non sit tota in
qualibet parte corporis. Dicit enim Philosophus, in libro De Causa
Motus Anim alium [c. 10]: «N on opus est in unaquaque corporis
parte esse an im a m ; sed in quodam principio corporis existente, alia
v iv e r e ; eo quod simul nata sunt facere proprium m otum per na­
turam ».
2. P raeterea , anima est in corpore cuius est actus. Sed est actus
corporis organici. Ergo non est nisi in corpore orgánico. Sed non
quaelibet pars corporis hom inis est corpus organicum . Ergo anima
non est in qualibet parte corporis tota.
3. P raeterea , in 2 De Anima [c. 1, lect. 2] dicitur quod sicut se
habet pars animae ad partem corporis, ut visus ad pupillam, ita
anim a tota ad totum corpus animalis. Si igitur tota anima est in
qualibet parte corporis, sequitur quod quaelibet pars corporis sit
animal.
4. P raeterea , omnes potentiae animae in ipsa essentia animae
fundantur. Si igitur anim a tota est in qualibet parte corporis, se­
quitur quod omnes potentiae animae sint in qualibet corporis parte:
et ita visus erit in aure, et auditus in oculo. Quod est inconveniens.
5. P raeterea , si in qualibet parte corporis esset tota anima, quae­
libet pars corporis immediate dependeret ab anima. Non ergo una
pars dependeret ab alia, nec una pars esset principalior quam alia:
quod est manifeste falsum. Non ergo anima est in qualibet parte
corporis tota.
S ed c o n tra e s t quod Augustinus dicit, in 6 De Trin. [c. 6], quod
r i s p o n d e r e s t a n d o a l i a t e s i d i P l a t o n e ; s e c o n d o , r is p o n d e a l q u e s it o , o g g e t t iv a m e n t e p a r l a n d o , i n s e n s o a f f e r m a t i v o ; t e r z o , a l l á fin e d e l l ’ a r t i c o l o m o s t r a c o m e
s ia d i v e r s o i l m o d o d i e s s e r e d e l l 'a n i m a n e l t u t t o e n e l le p a r t i » (C a ie t an ü s ,
in h. a .).
250
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, a. 8
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
trova t.utta intera nel tuitto, e tutta intera in ciascuna delle sue
parti >).1
R i s p o n d o : C om eabbiam o giá detto piü volte, se Tamaña si unisse
al corpo soltanto come suo motore, si potrebbe affermare che l ’ anima
non si trova in ogni parte di esso, m a in una parte soltanto e che
per mezzo di essa muove le a ltre .2 - Unendosi invece come forma,
deve trovarsi nel tutto e in ogni parte del corpo. Essa infatti non
é una form a accidéntale del corpo, ma sostanziale. Ora, la form a
sostanziale non é solo perfezione del tutto, m>a di ciascuna delle sue
parti. Infatti il tutto risulta dall’ insieme delle parti, quindi la form a
del tutto, che non conferisse l ’ essere alie singóle parti, sarebbe quella
specie di form a, che viene detta com posizione e ordine, com ’ é la
form a di una casa: ma una tale form a é accidéntale. L ’ anima in­
vece é una form a sostanziale: deve quindi essere form a e atto non
solo del tutto, ma di ogni sua parte. P erció, com e al partirsi del1’ anim a [il cadavere] non si chiama piü anim ale o uom o che in
senso equivoco, alia pari dell’ animale dipinto o scolpito ; cosi avviene, al dire del F ilosofo, per la mano e per l ’ occhio, per le carni
e per le ossa. II segno lo abbiamo nel fatto che, quando 1’ anim a si
ritira, nessuna parte del corpo conserva la propria attivitá; men­
tre qualsiasi cosa conservi la propria specie, ne conserva anche
l’operazione. - Ora, un atto deve trovarsi nel soggetto attuato. Dovrá dunque 1’ anima trovarsi in tutto il corpo e in ciascuna delle
sue parti.
E che si trovi tutta in ciascuna parte, si puó chiarire co si: es­
sendo il tutto quello che puó dividersi in parti, avremo una tríplice
totalitá secondo una tríplice divisione. C’ é un tutto, che si divide
in parti quantitative, come una linea o un corpo. Ye n ’ é un altro,
che si divide in parti concettuali o essenziali, com e l ’ oggetto deflnito che si divide nelle parti della deñnizione, e il composto che si
risolve nella m ateria e nella form a. Terzo tutto é quello potenziale,
che si divide nelle parti potenziali.
II
prim o m odo di totalitá non compete alie forme altro che in
m aniera indiretta; e compete a quelle solé forme, che possono tro­
varsi indifferentemente sia nel tutto quantitativo, sia nelle sue parti.
Cosi la bianchezza, quanto alia sua natura, ha u n ’ eguale disposizione a essere in tutta la superficie, come in ogni sua parte. Perció,
se dividiam o la superficie, anche la bianchezza indirettamente resta
divisa. Ma quella form a che, come l ’anima, esige diversitá nelle
parti, specialmente negli animali perfetti, non é indifferente al tutto
e alie p a r t i; quindi non puó essere divisa nemmeno indirettamente
con una divisione di quantitá. Dunque la totalitá quantitativa non
puó attribuirsi all’ anima, né direttamente né indirettamente. - Com­
pete invece alie forme in senso strettissimo e proprio la seconda
totalitá, la quale nasce dal complesso delle parti metafisiche ed es­
senziali. Cosi puré [compete loro] la totalitá potenziale, essendo la
form a il principio delle operazioni.
A chi dunque domandasse intorno alia bianchezza, se sia tutta
in tutta la superficie e in ogni sua parte, dovrem m o rispondere con
«a n im a in quocum que corpore et in toto est tota, et in qualibet eius
parte tota est».
R e s po n d e o d ic e n d u m quod, sicut in aliis iam dictum est, si anima
uniretur corpori solum ut motor, posset dici quod non esset in qua­
libet parte corporis, sed in u na tantum, per quam alias moveret. Sed quia anima unitur corpori ut form a, necesse est quod sit in
toto, et in qualibet parte corporis. Non enim est form a corporis
accidentalis, sed substantialis. Substantialis autem form a non solum
est perfectio totius, sed cuiuslibet partis. Cum enim totum consistat ex partibus, form a totius quae non dat esse singulis partibus
corporis, est form a quae est com positio et ordo, sicut form a d om u s:
et talis form a est accidentalis. A nim a vero est form a substantialis:
unde oportet quod sit form a et actus non solum totius, sed cuiusli­
bet partis. Et ideo, recedente anima, sicut non dicitur animal et
homo nisi aequivoce, quem adm odum et animal pictum vel lapid e u m ; ita est de m anu et oculo, aut carne et osse, ut Philosophus
dicit [2 De Anima, c. 1, lect. 2]. Cuius signum est, quod nulla pars
corporis habet proprium opus, anim a recedente: cum tamen omne
quod retinet speciem, retineat operationem speciei. - Actus autem
est in eo cuius est actus. Unde oportet animam esse in toto corpore,
et in qualibet eius parte.
Et quod tota sit in qualibet parte eius, hinc considerari potest,
quia, cum totum sit quod dividitur in partes, secundum triplicem
divisionem est triplex totalitas. Est enim quoddam totum quod di­
viditur in partes quantitativas, sicut tota linea vel totum corpus.
Est etiam quoddam totum quod dividitur in partes rationis et essentiae ; sicut definitum in partes definitionis, et com positum resolvitur
in m ateriam et formam. Tertium autem totum est potentiale, quod
dividitur m partes virtutis.
Prim us autem totalitatis modus non convenit formis, nisi forte
per a ccid e n s; et illis solis form is, quae habent indifferentem habitudinem ad totum quantitativum et partes eius. Sicut albedo, quan­
tum est de sui ratione, aequaliter se habet ut sit in tota superficie
et in qualibet superficiei p a r te ; et ideo, divisa superficie, dividitur
albedo per accidens. Sed form a quae requirit diversitatem in parti­
bus, sicut est anima, et praecipue animalium perfectorum, non ae­
qualiter se habet ad totum et partes: unde non dividitur per acci­
dens- per divisionem quantitatis. Sic ergo totalitas quantitativa non
potest attribui animae nec per se nec per accidens. - Sed totalitas
secunda, quae attenditur secundum rationis et essentiae perfectionem, proprie et per se convenit form is. Similiter autem et totalitas
virtutis: quia form a est operationis principium .
Si ergo quaereretur de albedine, utrum esset tota in tota super­
ficie et in qualibet eius parte, distinguere oporteret. Quia si fiat
1 II prin cip io qui riportato da S. Agostino deriva da P lotina (cfr. Enneade,
4, 2, i), ed é certam ente una delle piü preziose osservazioni che il grande neoplatonico ha lasciato sul problem a dei rapporti tra il corp o e l ’anim a. Come nota
251
S. Tom m aso nel rispondo, esso quadra m eglio col pensiero di Aristotele che con
quello di P latone. Tutto l ’articolo si risolve anzi In una specie di corolla rio dell'a rticolo 1, ed é la conclusione lóg ica di tutta la questione 76.
2 E la tesi che S. Tomm aso attribu i sem pre ai Platonict (vedi sopra aa. i, 7 ).
Benevolm ente Dante A lighieri ne scagiona Platone, d icen d o:
s .... fo r s e s u a s e n t e n z a é d 'a l t r a g u i s a
c h e la v o c e n o n s u o n a , e d e s s e r p u o t e
c o n in t e n z io n d a n o n esse r d e r is a » .
ÍP a ra d iso, iy , 55-57).
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 76, a. 8
L ’ UNIONE TRA L ’ANIMA E IL CORPO
una distinzione. Se ci riferiam o alia totalitá quantitativa, che la
bianchezza indirettamente ha assunto, diremo che non si trova tutta
in ogni parte della superficie. Lo stesso si dirá della totalitá potenziale: la vista infatti ha m aggiore potenzialitá a essere impressionata dalla bianchezza di tutta una superficie, che dalla bianchezza
di una sua particella. Invece se ci riferiam o alia totalitá specifica
o essenziale, allora la bianchezza si trova tutta in ogni parte della
superficie.
Ora, m ancando l ’ anima della totalitá quantitativa, sia diretta­
mente che indirettamente, come si é spiegato, basterá affermare
che 1’ anima é tutta intera in ciascuna parte del corpo, secondo la
totalitá della sua perfezione o essenza, ma non secondo la totalitá
della sua potenza o virtú. Infatti non si trova in ciascuna parte
del corpo con tutte le sue potenze, ma é n ell’occh io con la vista,
nell’ orec'chio con l ’udito, e via di seguito.
Si badi peró che siccom e 1’ anima richiede una diversitá nelle
parti, essa non dice lo stesso rapporto al tutto e alie p a r ti: infatti
dice rapporto al tutto direttamente ed essenzialmente, trattandosi
del soggetto- proprio e proporzionato al quale conferisce la sua per­
fezione; [dice rapporto] alie parti in m odo secondario, cioé in
quanto esse sono ordinate al tutto.
S o l u z io n e d e l l e d if f ic o l t á : 1. In quel passo il F ilosofo non parla
dell’ anima, bensi della sua facoltá di locom ozione.
2. L ’ anima é atto del corpo orgánico, in quanto questo é il soggetto proporzionato, che essa é ¿inmediatamente chiam ata a in for­
mare.
3. E animale quell’ essere, che si com pone dell’ anima e di tutto il
corpo, il quale é il soggetto proporzionato che essa immediatamente
informa. Ora, non in questo modo l ’ anim a si trova nelle parti del
corpo. Perció non é necessario che ogni parte dell’ animale sia essa
puré un animale.
4. Alcune potenze, come 1’ intelletto e la voLontá, si trovano nel1’ anima in quanto essa trascende tutte le capacitá del c o r p o ; perció si dice che tali potenze non risiedono in nessuna parte del corpo.
Altre potenze invece sono comuni all’ anima e al corp o: per queste
non é necessario ammettere che ciascuna sia presente dovunque c ’ é
l’ anima, m a solo in quella parte del corpo, che é idónea a ll’operazione di tale potenza.
5. Si dice che una parte del corpo é piü importante di u n ’ altra,
a causa delle diverse facoltá, che hanno come organi le varié parti
del corpo. Infatti nel corpo é piü im portante quella parte, che é
organo di una facoltá piü importante, oppure quella, che piü delle
altre serve a una m edesima potenza.
mentio de totalitate quantitativa, quam habet albedo per accidens,
non tota esset in qualibet parte superficiei. Et similiter dicendum
est de totalitate 'virtutis: m agis enim potest movere visum albedo
quae est in tota superficie, quam albedo quae est in aliqua eius p ar­
tícula. Sed si fiat mentio de totalitate speciei et essentiae, tota al­
bedo est in qualibet superficiei parte.
Sed quia anima totalitatem quantitativam non habet, nec per se
nec per accidens, ut dictum e s t; sufficit dicere quod anim a tota est
in qualibet parte corporis1 secundum totalitatem perfectionis et es­
sentiae ; non autem secundum totalitatem virtutis. Quia non secun­
dum quamlibet suam potentiam est in qualibet parte co r p o r is ; sed
secundum visum in oculo, secundum auditum in aure, et sic de
aliis.
Tamen attendendum est quod, quia anima requirit diversitatem
in partibus, non eodem m odo com paratur ad totum et ad partes:
sed ad totum quidem prim o et per se, sicut ad proprium et proportionatum p erfectib ile; ad partes autem per posterius, secundum
quod habent ordinem ad totum.
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod P hilosophus loquitur de potentia
motiva animae.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod anima est actus corporis organici,
sicut primi et proportionati perfectibilis.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod anim al est quod com ponitur ex anima
et corpore toto, quod est prim um et proportionatum eius perfecti­
bile. Sic autem anima non est in parte. Unde non oportet quod pars
animalis sit animal.
Ad q u a r t u m d ic e n d u m quod potentiarum animae quaedam sunt in
ea secundum quod excedit totam corporis capacitatem, scilicet intellectus et v olu n ta s: unde huiusm odi potentiae in nulla parte cor­
poris esse dicuntur. Aliae vero potentiae sunt communes anim ae et
corp ori: unde talium potentiarum non oportet quod quaelibet sit
in quocum que est a n im a ; sed solum in illa parte corporis quae est
proportionata ad talis potentiae operationem.
Ad q u i n t u m d ic e n d u m quod una pars corporis dicitur esse principalior quam alia, propter potentias diversas quarum sunt organa
partes corporis. Quae enim est principalioris potentiae organum,
est principalior pars c o rp o ris: vel quae etiam eidem potentiae principalius deservit.
252
253
QUESTIONE 77
QUAESTIO 77
Le potenze delPanima in generale.1
De his quae pertinent ad potentias animae in generali
in octo artículos divisa.
Consideriamo ora quanto riguarda le potenze dell’ anima. Prim o,
in generale; secondo, in particolare.
S ui.prim o argom ento si p on gono otto quesiti: 1. Se 1’ essenza dell ’ anim a si identiflchi con le sue p o te n ze ; 2. Se nell’ anim a vi sia
una o piü potenze ; 3. In che m odo le potenze dell’ anim a si distinguano tra lo r o ; 4. Sui loro ordine re cip ro co ; 5. Se l’ anima sia il
soggetto di tutte le p oten ze; 6. Se le potenze emanino dall’ essenza
d ell’ a n im a ; 7. Se una potenza derivi d all’ a ltra ; 8. Se tutte le p o ­
tenze rim angano nell’ anima dopo la morte.
Deinde considerandum est de his quae pertinent ad potentias
animae. Et prim o, in g en era li; secundo, in speciali [q. 78],
Circa prim um quaeruntur octo. P r im o : utrum essentia animae sit
eius potentia. S ecu nd o: utrum sit una. tantum potentia animae, vel
plüres. T ertio: quom odo potentiae animae distinguantur. Q uarto:
de ordine ipsarum ad invicem. Q u in to: utrum anima sit subiectum
omnium potentiarum. Sexto: utrum potentiae fluant ab essentia
animae. Séptim o: utrum potentia una oriatur ex alia. Octavo:
utrum omnes potentiae animae remaneant in ea post mortem.
ARTICOLO 1
ARTICULUS 1
Se l’essenza dell’anima si identiflchi con le sue potenze.a
Utrum ipsa essentia animae sit eius potentia.
Supra, q. 54, a. 3; / Sent., d. 3, q. 4, a. 2; De Spirit. C rm t., a. 11;
Quodl. 10, q. 3, a. l ; De Anima, a. 12.
S e m b r a che 1’ essenza dell’ anim a si identiflchi con le sue potenze.
In fa tti:
1. S. Agostino insegna ch e: « mente, conoscenza e amore, sono
sostanzialmente nell’ anima, oppure, che é lo stesso, vi sono essen­
zialmente ». E aggiunge c h e : « memoria, intelligenza e volontá, sono
una sola vita, una sola mente e una sola essenza».
2. L ’ anim a é piü nobile della materia prim a. Ora, la materia
prim a si identifica con la sua potenza. Quindi a piü forte ragione
1’ anima.
3. La form a sostanziale é piü semplice d i quella accidéntale: ba­
sta osservare come la form a sostanziale non subisca intensificazioni o attenuazioni, m a consiste in qualcosa di indivisibile. Ora, la
form a accidéntale si identifica con la sua facoltá. Dunque piü che
m ai s’ identificherá cosi una form a sostanziale come l ’ anima.
4. La potenza sensitiva é il principio della sensazione, e quella
intellettiva é il principio dell’ intellezione. Ora, a detta del F ilosofo,
« l ’ anim a é il prin cipio prim o del sentire e dell’ intendere ». P erció
l’ anim a si identifica con le sue potenze.
5. Tutto ció, che non fa parte dell’ essenza di una cosa, é un suo
accidente. Se dunque la potenza dell’ anim a é fuori della sua es­
senza, ne segue che é un accidente. Ma cosi si va contro S. A go­
stino, il quale afferm a che le cose sopra. accennate [mente, notizia,
amore, ecc.l «n o n hanno per subietto l’ anim a, com e il colore e la
figura che hanno per subietto il corpo, al pari delle altre qualitá
e della quantitá, poiché ogni entitá di tal genere non si estende
1
Nel parlare dei p rin cip ii prossimi delle nostre operazionl, S. Tomm aso usa
prom iscuam ente i term lni potentia, virtus e vis. N ella traduzione si segue lo stesso
m étodo della sinonim ia traducen do prom iscuam ente potenza o facoltá.
A d p r i m u m s ic p r o c e d t t u r . Videtur quod ipsa essentia anim ae sit
eius potentia. Dicit enim Augustinus., in 9 De Trin. [c. 4], quod
(cmens, notitia et am or sunt substantialiter in anima, vel, ut idem
dicam, essentialiter ». - Et in 10 [c. 11] dicit quod « memoria, intelligentia et voluntas sunt una vita, u na mens, una essentia ».
2. P r aeterea , anima est nobilior quam materia prima. Sed mate­
ria prim a est sua potentia. Ergo multo magis anima.
3. P raeterea , form a substantialis est. sim plicior quam accidentalis: cuius signum est, quod form a substantialis non intenditur vel
remittitur, sed in indivisibili consistit. F orm a autem accidentalis
est ipsa sua virtus. Ergo m ulto m agis form a substantialis, quae est
anima.
4. P r aet erea , potentia sensitiva est qua sentimus, et potentia intel­
lectiva qua intelligimus. Sed « id quo prim o sentimus et intelligimus
est a n im a », secundum Philosophum , in 2 De Anima [c. 2, lect. 4].
E rgo anim a est suae potentiae.
5. P raeterea , omne quod non est de essentia rei, est accidens. Si
ergo potentia animae est praeter essentiam eius, sequitur quod sit
accidens. Quod est contra Augustinum , in 9 De Trin. [c. 4], ubi dicit
quod praedicta « non sunt in anim a sicut in subiecto, ut color aut
figura in corpore, aut ulla alia qualitas aut quantitas: quidquid
2
A bbiam o qu i uno di quegli argom enti che d istinguono nettamente il sistema
tom istico da altri sistemi filosofici, e che servono a stabilire le basi razionali sicure della dogm atica cristiana. Esso perció é oggetto delle X X IV Tesi tom istiche
approvate dalla S. Congregazione dei Sem inari e delle Universitá. Tesi V : « In
ogni creatura esiste una reale com posizione di soggetto sussistente e d i form e
secondarie o accid en ta l!». Tesi XVII-, «E m an an o d a ll’anim a per risultanza na­
turale due ordini di facoltá, organiclie ed in o rg a n ich e ....».
256
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 77, a. 1
LE POTENZE DELL’ANIMA IN GENERALE
oltre il subietto nel quale si tro v a ; la mente invece puó ancora
amare e conoscere altri og g etti».
6. «U n a form a semplice n on puó fare da s u b ie t t o » .1 M a 1’ anima
é una form a semplice, non essendo com posta di materia e di form a,
com e si é visto. P erció le potenze d ell’ anim a non possono trovarsi
in essa, com e in u n subietto.
7. L ’ accidente non puó causare una differenza sostanziale. Ora
sensitivo e ragionevole sono differenze sostanziali, derívate dal senso
e dalla ragione, che sono due potenze dell’ anima. Quindi le potenze
d ell’ anim a non sono accidenti. P erció dette facoltá vengono a identificarsi con la sua essenza.
I n c o n t r a r io : Dionigi scrive ch e: «n e g li spiriti celesti sono cose
distinte l’ essenza, la potenza e l ’op era zion e». A m aggior ragione
dunque saranno cose distinte tra loro 1’ essenza deH’anim a e la sua
virtü o potenza.
R i s p o n d o : Non é possibile ammettere che 1’ essenza dell’ anima s i
identiflchi con le sue potenze, benché a lc u n i2 l ’ abbiano pensato. P er
i l momento bastano due prove. Prim o, siccom e potenza e atto dividono l ’ ente e ogni genere di ente, é necessario che la potenza e il
rispettivo atto appartengano al m edesim o genere. Quindi, se l’atto
non appartiene al genere della sostanza, anche la potenza, che dice
ordine a quell’ atto, non puó essere nel genere della sostanza. Ora
l ’ operazione dell’ anim a non é nel genere della sostanza; poiché que­
sto a w ien e in Dio solo, la cui operazione si identifica con la sua
sostanza. P erció la potenza di Dio, che é prin cipio di operazione,
non é altro che la sua essenza. M a ció non puó esser vero né per
1’ anima né per qualsiasi creatu ra; come sopra abbiam o visto a pro­
posito degli angeli.
Secondo', la cosa inoltre non é possibile, se consideriam o diretta
mente 1’ anima. Infatti 1’ anima, considerata nella sua essenza, é
atto. Se dunque 1’ essenza stessa dell’ anima fosse il principio im m e­
diato delle sue attivitá, chi ha attualmente l ’anima avrebbe sempre
in m aniera attuale le operazioni della vita, cosi come sempre é un
vivente. - [Questo perché 1’ anima] in quanto form a non é un atto
ordinato a un atto ulteriore, m a é il termine ultim o del processo
generativo. P erció se essa é ancora in potenza a un altro atto, ció
non si deve alia sua essenza, cioé al fatto che essa é form a, m a alie
sue potenze. P er questo 1’ anima, considerata com e soggetto delle sue
potenze, viene denominata « atto p rim o », in rapporto cioé a un atto
secondo. - Ora si constata che non sempre chi ha 1’ anim a é in atto,
rispetto alie operazioni della vita. P erció anche nella deñnizione
dell’ anima si dice che essa é « l ’ atto di un corpo che ha la vita in
p oten za», la quale potenza tuttavia «n o n eselude l’ a n im a ». - Resta
dunque provato che l ’ essenza dell’ anima non si identifica con la sua
potenza. Non é possibile infatti che una cosa sia in potenza precisa­
mente in quanto é in atto.
S o l u z i o n e d e l l e d i f f i c o l t á : 1. S . A gostino parla della mente, in
enim talé est, non excedit subiectum in quo ,est; mens autem potest
etiam alia amare et cogn oscere».
6. P ra et erea , « fo r m a simplex subiectum esse non p otest» [ B oet .,
1 De Trin., c. 2]. A nim a autem est form a sim plex: cum non sit composita ex m ateria et. form a, ut supra [q. 75, a. 5] dictum est. Non
ergo potentia animae potest esse in ip sa sicut in subiecto.
7. P rae t e r e a , accidens non est principium substantialis differentiae. Sed sensibile et rationale sunt substantiales differentiae: et sumuntur a sensu et ratione, quae sunt potentiae animae. E rgo p o­
tentiae animae non sunt accidentia. Et ita videtur quod potentia
animae sit eius essentia.
S ed c o n t r a e s t quod D ionysius dicit, 11 ca p : Calest. Hier., quod
«caelestes spiritus dividuntur in essentiam, virtutem et operatio­
n e m ». Multo igitur m agis in anim a aliud est essentia, et aliud v ir­
tus sive potentia.
R espo n d e o d ic e n d u m quod im possibile est dicere quod essentia ani­
mae sit eius p o te n tia ; licet hoc quidam posuerint. Et hoc dupliciter
ostenditur, quantum ad praesens. P rim o quia, cum potentia et actus
dividant ens et quodlibet genus entis, oportet quod ad idem genus
referatur potentia et actus. Et ideo, si actus non est in genere substantiae, potentia quae dicitur ad illum actum, non potest esse in
genere substantiae. Operatio autem animae non est in genere substantiae; sed in solo Deo, cuius operatio est eius substantia. Unde
Dei potentia, quae est operationis principium , est ipsa Dei essentia.
Quod non potest esse verum ñeque in anim a, ñeque in aliqua creatura ; ut supra [q. 54, a. 3] etiam de angelo dictum est.
Secundo, hoc etiam im possibile apparet in anima. Nam anima se­
cundum suam essentiam est actus. Si ergo ipsa essentia animae esset
immediatum operationis principium , semper habens animam actu
haberet opera v ita e ; sicut sem per habens animam actu est vivum. Non enim, inquantum est form a, est actus ordinatus ad ulteriorem
actum, sed est ultim us term inus generationis. Unde quod sit in p o­
tentia adhuc ad alium actum, hoc non competit ei secundum suam
essentiam, inquantum est fo rm a ; sed secundum suam potentiam.
Et sic ipsa anima, secundum quod subest suae potentiae, dicitur
[2 De Anima, c. 1, lect. 1] «a ctu s p rim u s», ordinatus ad actum se­
cundum. - Invenitur autem habens animam non semper esse in actu
operum vitae. Unde etiam in definitione animae [ibid.] dicitur quod
est (cactus corporis potentia vitam h aben tis», quae tamen potentia
(cnon abiieit anim am » [ibid., lect. 2]. - Relinquitur ergo quod es­
sentia anim ae non est eius potentia. Nihil enim est in potentia se­
cundum actum, inquantum est actus.
A d p r i m u m er g o d i c e n d u m quod Augustinus loquitur de mente
i L ’ afferm azione é tratta da Boezio, vedi, / De Trinitate, c. 2.
3 Le espressioni paradossali di S. Agostino intorno a ll’ im m agine della T rinitá
esistente n e ll’anim a um ana, che é> sostanzialm ente una nei suoi tre aspetti di
m em oria, intelligenza e volontá, avevano creato le premesse per una controver­
sia teologico-fllosoflca (cfr. P etri L om bardi , / Sent., d. 3, c. 2). «In torn o alia
questione venlvano sostenute tre opinioni che S. Bonaventura espone accurata-
257
mente. La prim a am mette tra l ’essere e le sue fa coltá soltanto una distinzione
di ragione. Cosí G uglielm o di P arigi, R icca rd o di M ediavilla, E nrico di Gand,
e tutti jl nom inalisti. La seconda insegna la distinzione reate, e cosí forte da
non am m ettere neppure che le potenze convengono nel genere con la sostanza,
perché si ridu con o al genere di accidente. Cosi S. Tom m aso, S. Alberto, Pietro
di Tarantasia. - La terza che si avvicina assai alia precedente, é insegnata da Alessandno di Hales. Essa viene preferita anche da S. Bonaventura.... Quest’op inione
dunque ammette si tra la sostanza d ell’anim a e le sue potenze un a certa disttnzione reate, non tale peró da fa re delle potenze un genere predicam entale diverso,
cioé un a c c id e n te ». (Cosí gli editori di Q u a ra cch i : s . B o n a v e n tu ra e , Opera Omnia'
t. I, p. 87.)
258
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 77, a. 1
LE POTENZE DELL'ANIM A IN GENERALE
quanto essa conosce e ama se stessa. Cosi la conoscenza e l ’amore, in
quanto si riferiscono ad essa stessa, quale oggetto conosciuto e amato,
sono sostanziaimente o essenzialmente n ell’ anima, perché é la so­
stanza o essenza stessa dell’ anima, che viene conosciuta e amata.
In senso analogo va intesa l ’ altra asserzione, che esse sono «u n a
sola vita, una sola mente e una sola essenza». - Oppure, come altri
spiegano, tale locuzione é vera come quando un tutto potenziale,
che sta di mezzo tra il tutto universale e il tutto integrale viene
predicato delle sue parti. Infatti il tutto universale é presente in
ciascuna delle sue parti con tutta la sua essenza e virtü, come ani­
m ale nell’uom o e nel ca v a llo : perció [questo tutto] viene predicato
in senso proprio di ogni sua parte. Invece il tutto integrale non si
trova in ciascuna delle sue parti, né con tutta 1’ essenza, né con tutta
la sua virtü. P er tale motivo esso non viene predicato affatto delle
singóle p a r t i; m a é predicato, in qualche m odo, sia puré im propria­
mente, di tutte insiem e; come se dicessimo, p. es., che la párete, il
tetto e le fondam enta sono la casa. II tutto potenziale invece é pre­
sente nelle singóle parti con tutta la sua essenza, m a non con tutta
la sua virtü. P erció puó predicarsi in un certo m odo di ciascuná
parte, non pero cosi propriam ente com e il tutto universale. P reci­
samente sotto questo punto di vista S. Agostino dice che la m em o­
ria, 1’ intelligenza e la volontá sono una sola essenza dell’anima.
2. L ’ atto, al quale é in potenza la materia prim a, é la form a so­
stanziale. E per questo che la potenza della materia non é altro
che la sua essenza.
3. L ’ agire spetta al com posto alio stesso m od o che l ’essere, poiché
chi agisce é resistente. Ora, il com posto riceve la possibilitá di esi­
stere sostanziaimente dalla form a sostan ziale; opera invece m e­
diante le facoltá che emanano da essa. P erció la form a accidéntale
attiva sta alia form a sostanziale dell’ agente (p. es., il calore alia
form a del fuoco-), come le potenze dell’ anima stanno all’ anima.
4. II fatto che la form a accidéntale sia principio di operazione é
dovuto an ch ’esso alia form a sostanziale. P er questo la form a s o s t a n ­
ziale é il principio prim o, non prossim o, dell’ operazione. In questo
senso il F ilosofo afferma che «1’ anim a é il principio dell’ intendere
e del sentire».
5. Se prendiam o l ’ accidente in quanto si contraddistingue dalla sostanza, allora non puó esserci un elemento interm edio tra accidente
e sostanza ; poiché si contrappongono, in un dato soggetto, come
afferm azione e negazione, cioé come essere e non essere. In tal senso
é necessario che le potenze dell’ anima, non identiñcandosi con la
sua essenza, siano a ccid en ti; e si classiñcano nella seconda specie
della qualitá. - Ma se prendiamo accidente come uno dei cinque [pred ica b ilil1 universali, allora esiste qualche cosa d i interm edio tra la
sostanza e l ’accidente. Infatti tutto ció che é essenziale a una cosa
appartiene alia sua sostanza; peró non puó chiam arsi súbito acci­
dente tutto ció che é fu ori dell’ essenza, m a soltanto ció che non é
causato dai principii essenziali della specie. Infatti le proprietá non
rientrano nell’ essenza della cosa, e tuttavia sono caúsate dai prinoipii essenziali deila sp ecie: e quindi stanno tra l ’ essenza e l ’acci-
Secundum quod noscit se et amat se. S ic,ergo notitia et amor, in­
quantum referuntur ad ipsam ut cognitam et amatam, substantialiter vel essentialiter sunt in anima, quia ipsa substantia vel essentia animae cognoscitur et amatur.
Et similiter intelligendum est quod alibi dicit, quod sunt «u n a
vita, una mens, una essen tia». - Vel, sicut quidam dicunt, haec locutio veriñcatur secundum modum quo totum potestativum praedicatur de suis partibus, quod médium est inter totum universale et
totum integrale. Totum enim universale adest cuilibet parti secun­
dum totarri suam essentiam et virtutem, ut animal hom ini et e q u o :
et ideo prbprie de singulis partibus praedicatur. Totum vero inte­
grale non est in qualibet parte, ñeque secundum totam essentiam,
ñeque secundum totam virtutem. Et ideo m illo m odo de singulis p ar­
tibus p ra ed ica tu r; sed aliquo m odo, licet im proprie, praedicatur de
óm nibus simul, ut si dicam us quod paries, tectum et fundamentum
sunt domus. Totum vero potentiale adest singulis partibus secun­
dum totam suam essentiam, sed non secundum totam virtutem. Et
ideo quodam m odo potest praedicari de qualibet p a r te ; sed non ita
proprie sicut totum universale. Et per hunc m odum Augustinus
dicit quod memoria, intelligentia et voluntas sunt una animae es­
sentia.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod actus ad quem est in potentia mate­
ria prim a, est substantialis form a. Et ideo potentia materiae non
est aliud quam eius essentia.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod actio est compositi, sicut et esse: existentis enim est agere. Compositum aiutem per form am substantialem habet esse substantialiter; p er virtutem autem quae consequitur form am substantialem, opera tur. Unde sic se habet form a
accidentalis activa ad form am substantialem agentis (ut calor ad
form am ignis), sicut se habet potentia animae ad animam.
Ad q u a r t u m d ic e n d u m quod hoc ipsum quod form a accidentalis est
actionis principium , habet a form a substantiali. Et ideo form a sub­
stantialis est prim um actionis principium , sed non proximum. Et
secundum hoc Philosophus dicit quod id « quo intelligim us et sentimus, est a n im a».
Ad q u i n t u m d ic e n d u m quod, si accidens ac'cipiatur secundum quod
dividitur contra substantiam, sic nihil potest esse médium inter substantiam et a ccid en s: quia dividuntur secundum afíirmationem et
negationem, scilicet secundum esse in suibiecto et non esse in subiecto. Et hoc modo, cum potentia animae non 'sit eius essentia,
oportet quod sit accidens: et est in secunda specie Qualitatis. - Si
vero accipiatur accidens secundum quod ponitur unum quinqué Universalium , sic aliquid est m édium inter substantiam et accidens.
Quia ad substantiam pertinet quidquid est essentiale r e i: non autem
quidquid est extra essentiam, potest sic dici accidens, sed solum id
quod non causatur ex principiis essentialibus speciei. P roprium
enim non est de essentia rei, sed ex principiis essentialibus speciei
1 I pred icabili sono cinque attributi log ici dei nostri concettl, in rapporto alia
deflnizione di una determ inata cosa. Essi son o: genere, specie, differenza, pro
prieta, accidente, S. Tomm aso non li in d ica mai col term ine p re d ica b le (cfr.
Diz, Tom ., « P raedicabilia »). - M entre 1'accidente predicam entale si contraddi­
stingue dalla sostanza, 1'accidente predicaM le indica soltanto un elemento che
nella deflnizione di una cosa é proprio del tutto casuale, derivando da prin cip ii
non intrinseci e non connaturali. Anche le p rop rietá sono accidenti predicam entali, ma esse non sono degli accidenti predicabili.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 77, aa. 1-2
LE POTENZE DELL’ANIMA IN. GENERALE
dente inteso come p re d ica b ile.1 In tal m odo le potenze dell’ anima
si possono dire intermedie tra la sostanza e 1’ accidente, quasi proprietá naturali dell’ anima.
Quando S. Agostino afferma che la conoscenza e 1’ amore non sono
n ell’ anim a come accidenti nel loro subietto, si riferisce, stando alia
spiegazione precedente, non a ll’ anim a in quanto ama e conosce, ma
in quanto é oggetto di amore e di conoscenza. Con tali chiarimenti
vale la sua argom en tazione; poiché se 1’ amore avesse com e suo su­
bietto 1’ anima amata [come tale], un accidente sarebbe piü vasto del
suo subietto, dato che anche altri oggetti sono amati dall’ anima.
6. Sebbene l’ anim a non sia com posta di m ateria e di form a, ha
tuttavia in se stessa una certa potenzialitá, com e si é detto sopra.
P er questa ragione puó essere soggetta ad avere accidenti. II testo
addotto vale per Iddio, che é atto p u ro: e Boezio lo ha enunziato
parlando di lui.
7. R agionevole e sensitivo, in quanto differenze specifiche, non si
desumono dalle facoltá del senso e della ragione, m a dalla stessa
anima sensitiva e razionale. Peró, siccom e le form e sostanziali, che
in se stesse ci sono ignote, si m anifestano mediante g li accidenti,
niente im pedisce che gli accidenti vengano talora usati in luogo delle
differenze sostanziali.
ca u sa tu r: unde médium est inter essentiam et accidens sic dictum.
Et hoc m odo potentiae animae possunt dici mediae inter substantiam et accidens, quasi proprietates animae naturales.
Quod autem Augustinus dicit, quod notitia et am or non sunt in
anim a sicut accidentia in subiecto intelligitur secundum modum
praedictum [ad 1], prout com parantur ad animam, non sicut ad
amantem et cogn oscen tem ; sed prout com parantur ad eam sicut
ad amatam et cognitam . Et hoc m odo procedit sua prob atio: quia
si am or esset in anima am ata sicut in subiecto, sequeretur quod
accidens transcenderet suum su biectu m ; cum etiam alia sint amata
per animam.
A d s e x t u m d ic e n d u m quod anima, licet non sit com posita ex m a­
teria et form a, habet tamen aliquid de potentialitate admixtum ut
supra [q. 75, a. 5, ad 4] dictum est. Et ideo potest esse subiectum
accidentis. Propositio autem inducta lo cum habet in Deo, qui est
actus p u ru s: in qua m ateria Boetius eam introducit.
A d s e p t i m u m dicendum quod rationale et sensibile, prout sunt differentiae, non sumuntur a potentiis sensus et ra tio n is; sed ab ipsa
anima sensitiva et rationali. Quia tamen form ae substantiales, quae
secundum se sunt nobis ignotae, innotescunt per acciden tia; nihil
prohibet interdum accidentia loco differentiarum substantialium
poni.
260
ARTIGOLO 2
Se siano piü di una le potenze dell’anima.
S e m b r a che non siano piü d ’una le potenze dell’ anima. Infatti:
1. L ’ anima intellettiva si avvicina quanto m ai alia somiglianza
con Dio. Ora, in Dio c’ é una potenza única, e semplice. Lo stesso
dunque sará nell’ anima intellettiva.
2. Quanto piü una virtü é superiore, tanto m aggiorm ente é dotata
di unitá. Ora 1’ anima intellettiva supera in virtü ogni altra forma.
Perció deve avere una virtü o potenza única al massimo grado.
3. L ’operazione appartiene a chi ha l ’ essere in atto. Ora, l’ uomo
possiede 1’ essere, secondo i vari gradi di perfezione, in forza di
u n ’unica essenza dell’ anima com e si é visto. Dunque egli, nel compiere le m olteplici operazioni dei vari gradi, si serve di un ’unica
potenza dell’ anima.
In c o n t r a r io : II Filosofo sostiene che vi sono piü potenze del1’ anima.
R i s p o n d o : E necessario ammettere una pluralitá di potenze nel1’ anima. P er convincersene dobbiamo considerare, come fa il F ilo­
sofo, che gli esseri infimi non possono conseguiré il bene perfetto,
m a solo un bene im perfetto, mediante pochi m ovim enti; mentre
quelli ad essi superiori si conquistano il bene perfetto con molti
m ovim en ti; ancora piü in alto troviam o quelli che conseguono il
bene perfetto con poche o p era zion i; troviam o infine perfezione
som m a in quelli, i quali posseggono il bene perfetto senza alcun
m ovim en to.1 P er portare un esempio, é m ínim am ente disposto alia
1 Soltanto D io si trova in q u e s t ' ultim a condizione. E cco com e spiega la cosa
S. Tom m aso nel suo comm ento al De Cáelo et M u n d o : « La realtá che n ell’uni-
261
ARTICULUS 2
Utrum sint plures potentiae animae.
A d s e c u n d u m s i c p r o c e d it u r . Videtur quod non sint plures poten­
tiae animae. Anim a enim intellectiva m áxime ad divinam similitudinem accedit. Sed in Deo est una et simplex potentia. E rgo et in
anima intellectiva.
2. P ra et erea , quanto virtus est superior, tanto est m agis unita. Sed
anima intellectiva excedit omnes alias form as in virtute. E rgo m á­
xime debet habere unam virtutem seu potentiam.
3. P r a et erea , operari est existentis in actu. Sed per eandem essentiam anim ae hom o habet esse secundum diversos gradus perfectionis, ut supra [q. 76, aa. 3, 4] habitum est. Ergo per eandem poten­
tiam animae operatur diversas operationes diversorum graduum.
S ed contra e s t quod Philosophus, in 2 De Anima [cc. 2, 3, lect., 3, 5]
ponit plures animae potentias.
R espo n d e o d ic e n d u m quod necesse est ponere plures animae p o ­
tentias. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod, sicut P h ilo­
sophus dicit in 2 De Cáelo [c. 12, lect. 18], quae sunt in rebus Ínfima,
non possunt consequi perfectam bonitatem, sed aliquam impeirfeotam consequuntur paucis m otibus; superiora vero his adipiscuntur
perfectam bonitatem motibus m u ltis; his autem superiora sunt quae
adipiscuntur perfectam bonitatem motibus p a u cis; summa vero perfectio invenitur in his quae absque m otu perfectam possident boni-
verso oostituisce l ’ottimo, cioé Dio, n on h a bisogno di operazione alcuna, per
raggiungere il proprio bene. In fatti non ha un fine che lo trascende, m a egli
stesso é il p rop rio fine, e il flne d i o g n i altra c o s a » (! De Cael,, c. 12, lect. 18).
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 77, aa. 2-3
LE POTENZE D E LL’ANIMA IN GENERALE
salute chi non puó raggiungere la perfetta salute, m a ne ottiene
un poco con pochi rim ed i; é nueglio disposto chi puó raggiungere
la perfetta salute, sefbbene con m olti r im e d i; meglio ancora colui
al quale bastano poch i rim e d i; ottimamente infine, chi ha la salute
perfetta, senza bisogno di rimedi.
Diciam o dunque che gli esseri inferiori a ll’ uom o raggiungono soltanto certi beni p a rtico la ri; per questo posseggono solamente poche
e determínate operazioni e potenze. L ’uom o invece ha la possibilitá
di conseguiré il bene universale e p erfetto; perché puó raggiungere
la felicita. Egli pero si trova per natura n ell’ultimo grado di quegli
esseri, che son fatti per la felicita ; perció l ’ anima umana abbisogna
di molte e svariate operazioni e potenze. Gli angeli invece hanno
bisogno di una minore diversitá di potenze. In Dio poi non esiste
nessuna potenza od operazione distinte dalla sua essenza.
Ma vi é anche un ’ altra ragione, per cui l ’ anima um ana abbonda
di potenze diverse: ed é che essa sta al confine tra le ereature spi­
rituali e quelle m ateriali; quindi confluiscqno in essa le virtú di
ambedue gli ordini di erea tu re.1
S o l u z io n e d e ll e d if f ic o l t á : 1. L ’anim a intellettiva si avvicina alia
som iglianza con Dio piü delle ereature inferiori, perché capace di
raggiungere il bene perfetto, con mezzi m olteplici e d iv e rsi; e in
ció consiste la sua inferioritá rispetto alie ereature superiori.
2. U na virtü dotata di m aggiore unitá é superiore se si estende
ai medesim i oggetti. E superiore invece una virtú frazionata, se
questa abbraccia un m aggior numero di cose.
3. Una sola cosa non ha che un solo essere sostanziale, ma pos­
sono essere m olteplici le sue operazioni. Quindi una sola é l ’essenza
dell’ anima, molte invece sono le sue potenze.
tatem. Sicut intime est ad sanitatem dispositus qui non potest perfectam consequi sanitatem, sed aliquam m od icam consequitur pau cis
rem ed iis; meli'us autem dispositus est qui potest perfectam consequi
sanitatem, sed remediis imiitisi; et adhuc m elius qui remediis pau­
c is ; optime autem, qui absque remedio perfectam sanitatem habet.
Dicendum est ergo quod res quae sunt infra hominem, quaedam
particularia bona con sequ un tu r: et ideo quasdam paucas et determinatas operationes habent et virtutes. Homo autem potest consequi
universalem et perfectam bonitatem : quia potest adipisci beatitudinem. Est tamen in ultim o gradu, secundum naturam, eorum qtiibus competit beatitudo: et ideo m ultis et diversis operationibus et
virtutibus indiget anima hum ana. A ngelis vero m inor diversitas
potentiarum competit. In Deo vero non est aliqua potentia vel actio,
praeter eius essentiam.
Est et alia ratio quare anima hum ana abundat diversitate poten­
tiarum : videlicet quia est in confinio spiritualium et corporalium
creaturarum , et ideo concurrunt in ipsa virtutes utrarum que creatur arum.
A d p r i m u m e r g o - d ic e n d u m quod in hoc ipso m agis ad similitudinem Dei accedit anim a intellectiva quam creaturae inferiores, quod
perfectam bonitatem consequi potest, licet per multa et diversa, in
quo déficit a superioribus.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod virtus unita est superior, si ad aequalia se extendat. Sed virtus m ultiplicata est superior, si plura ei
subiieiantur.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod unius rei est unum esse substantiale,
sed possunt esse operationes plures. Et ideo est una essentia animae,
sed potentiae plures.
ARTICOLO 3
ARTICULUS 3
Se le potenze desumano la loro distinzione dagli atti
e dagli oggetti.2
Utrum potentiae distinguantur per actus et obiecta.
262
263
De Anima, a. 13; 2 De Anima, lect. 6,
che le potenze non desumano la loro distinzione dagli atti
e dagli oggetti. Infatti:
1. Nessuna cosa viene determinata nella sua specie da ció, che é
posteriore o estrinseco. Ora l ’ atto é posteriore alia potenza, e l ’oggetto é qualche cosa di estrinseco. Dunque da essi le potenze non
possono derivare la loro distinzione specifica.
2. I contrari hanno tra loro una differenza massima. Se quindi le
potenze desumessero la loro distinzione dagli oggetti, ne avrebbe
che oggetti contrari non potrebbero trovarsi nella medesima p o­
tenza. II che é falso quasi in tutti i c a si: poiché é la medesima
potenza visiva, che percepisce il bianco e il ñero, come é 1’ idéntico
gusto che sente il dolce e 1’ amaro.
3. Tolta la causa si toglie anche l ’effetto. Ora, se la differenza
delle potenze scaturisse dalla differenza degli oggetti, lo stesso ogS em bra
1 S. Tom m aso si com piace di applicare a ll’uom o la poética deñnizione di
orizzonte dsl créalo, che i neoplatonici avevaao ascogitato per la cosiddetta anim a
del m ondo (cfr. Be Causis, c. 2. lect. 2 ; 2 Cont. Cent., c. 68 ; 4, c. 55).
Ad t e r t i u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod potentiae non distin­
guantur per actus et obiecta. Nihil enim determinatur ad speciem
per illud quod posterius, vel extrinsecum est. Actus autem est po­
sterior poten tia; obiectum autem est extrinsecum. E rgo per ea po­
tentiae non distinguuntur secundum speciem.
2. P raeterea , contraria sunt quae máxime differunt. Si igitur
potentiae distinguerentur penes obiecta, sequeretur quod contrariorum non esset eadem potentia. Quod patet esse falsum fere in
óm nibus: nam potentia visiva eadem est albi et nigri, et gustus
idem est dulcís et amari.
3. P ra et erea , rem ota causa, rem ovetur effectus. Si igitu r poten­
tiarum differentia esset ex differentia obiectorum, idem obiectum
3 II Card. Gaetano ci avverte d i notar ben© i term iiü della questione. « P rim a
d i tutto il term ine d istin gu a n tu r: si dom anda infatti se [le potenze] si distinguano, non g iá se si m ostrino distinto. » - I No:ninalisti ritenevano che tra le
varíe potenze e l ’anim a ci fosse soltanto una distinzione di r a g io n e ; e invece si
tratta di una distinzione fórm ale e reale.
264
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 77, a. 3
getto non potrebbe appartenere a potenze diverse. Cosa questa evi­
dentemente fa lsa : perché vediam o che u na stessa cosa é oggetto
della potenza conoscitiva e della potenza appetitiva.
4.
Ció che é essenzialmente causa di un effetto, lo causa sempre.
Ora vediam o che certi oggetti, diversi tra loro e appartenenti a
potenze diverse, appartengono ancora a una potenza única: p. es.,
il suono e il colore appartengono alia vista e a ll’udito, che sono p o­
tenze d iv erse; e tuttavia appartengono ancora a quell’unica potenza
che é il senso comune. Dunque le potenze non si distinguono tra
loro in base alia differenza degli oggetti.
In c o n tr a r io : Le cose posteriori sono distinte in base a quelle anteriori. Ora, il F ilosofo insegna che « in ordine di ragione gli atti
e le funzioni sono prima delle p o te n ze ; e prim a ancora sono gli
obbietti», cioé gli o g g e tti.1 Dunque le potenze ricevono la loro distinzione dagli atti e dagli oggetti.
R is p o n d o : La potenza, proprio in quanto potenza, dice ordine all ’ atto. Dovremo quindi ricavare la natura della potenza da quell’ atto, al quale é ordin ata; per conseguenza ¡bisognerá che la sua
natura si diversifichi in base alia diversa natura dell’ atto. L ’ atto
a sua volta segue la diversa natura dell’oggetto. Infatti ogni azione
appartiene a una potenza o attiva o passiva. L ’oggetto poi si riferisce all’ atto della potenza passiva, com e a suo prin cipio o causa
agente: il colore, p. es., é causa della visione in quanto muove la
vista. Rispetto invece all’ atto della potenza attiva, 1’ oggetto si pre­
senta com e termine o fine: oggetto, p. es., della facoltá di crescita
[negli animali e nelle piante] é quella data quantitá perfetta, che
é il fine della crescita. L ’ azione dunque riceve la sua specificazione
da queste due cose, cioé o dal principio [agente], oppure dal fine
o termine. Difatti il riscaldamento differisce dal raffreddam ento in
questo, che l ’uno procede da un corpo caldo, che é l ’ elemento attivo, e m ira a [produrre] un altro corpo c a ld o ; mentre l ’aitro pro­
cede da un corpo freddo e m ira a un altro corpo freddo. E quindi
necessario che le potenze siano distinte tra loro secondo gli atti e
g li ogg etti.2
Si deve peró osservare che gli elementi accidental] non determinano una differenza di specie. L ’ animale, p. es., riceve il colore
com e un accidente, perció non abbiamo un cam biam ento di specie
quando cam bia il co lo re ; ma solo quando cam biano gli elementi
essenziali, cioé mediante una differenza n ell’ anima sensitiva, la
quale puó essere o non essere unita alia ragione. Per questo ragionevole e irragionevole form ano due differenze che dividono il genere
animale, e ne costituiscpno due specie diverse. - In modo analogo,
non qualsiasi diversitá di oggetti produce diversitá nelle potenze
dell’ anima m a la sola differenza d i quegli oggetti, ai quali la potenza
é essenzialmente ordinata. Cosi il senso dice essenzialmente ordine
alia qualitá passibile, 3 di cui sono divisioni essenziali il colore,
i Ecco nella sua integrltá 11 brano aristotélico, al guale si riallaccia la dottrina tom istica: « E necessario che colu i che si prop one d i prendere queste faooltá a soggetto del p rop rio esame, co lga dapprim a l ’essenza di cascuna di esse,
e poi, grazie a questo risultato, ne studi i caratteri derivati, cioé a dire altri.
Ma se é necessario dire ció che é la facoltá intellettuale, o la fa coltá sensitiva,
o la facoltá nutritiva, bisogna, prim a an cora, determ inare ció che é pensare e
ció che é sentire. Perché gli atti e le funzioni sono lógicam ente anterior! alie
potenze. E, se é cosí, com e conviene, prim a an cora di studiare questi atti, d'áver
LE POTENZE DELL’ANIMA IN GENERALE
265
non pertineret ad diversas potentias. Qupd patet esse falsum : nam
idem est quod potentia cognoscitiva cognóscit, et appetitiva appetit.
4.
P rae t e r e a , id quod per se est causa alicuius, in óm nibus causat
illud. Sed quaedam obiecta diversa, quae pertinent ad diversas p o­
tentias, pertinent etiam ad aliquam unam p oten tiam : sicut sonus et
oolor pertinent ad visum et auditum, quae sunt diversae p oten tiae;
et tamen pertinent ad unam potentiam sensus communis. Non ergo
potentiae distinguuntur secundum differentiam obiectorum .
S ed c o n tr a , posteriora distinguuntur secundum priora. Sed Philosophus dicit 2 De Anima [c. 4, lect. 6], quod « priores potentiis
actus et operationes secundum rationem su n t» ; et adhuc « his p riora
sunt op p o sita », sive obiecta. E rgo potentiae distinguuntur secun­
dum actus et obiecta.
R e spo n d eo d ic e n d u m quod potentia, secundum illud quod est p o­
tentia, ordinatur ad actum. Unde oportet rationem potentiae accipi
ex actu ad quem o rd in a tu r: et per consequens oportet quod ratio
potentiae diversificetur, ut diversificatur ratio actus. Ratio autem
actus diversificatur secundum diversam rationem obiecti. Omnis
enim actio vel est potentiae activae, vel passive. Obiectum autem
com paratur ad actum pot_entiae passivae, sicut principium et causa
m ov en s: color enim inquantum m ovet visum, est principium visionis. Ad actum autem potentiae activae com paratur obiectum ut term inus et finis: sicut augmentativae virtutis obiectum est quantum
perfectum, quod est finis augmenti. Ex his autem duobus actio spe­
ciem recipit, scilicet ex principio, vel ex fine seu term ino: differt
enim calefactio ab infrigidatione, secundum quod haec quidem a
calido, scilicet activo, ad ca lid u m ; illa autem a frígido ad frigidum
procedit. Unde necesse est quod potentiae diversificentur secundum
actus et obiecta.
Sed tamen considerandum est quod ea quae sunt per accidens,
non diversificant speciem. Quia enim coloratum accidit animali, non
diversificantur species animalis per differentiam coloris: sed per
differentiam eius quod per se accidit animali, per differentiam sci­
licet animae sentitivae, quae quandoque invenitur cum ratione,
quandoque sine ratione. Unde ratio-nale et irrationale sunt differentiae divisivae animalis, diversas eius species constituentes. - Sic
igitur non quaecumque diversitas obiectorum diversificat potentias
a n im a e ; sed differentia eius ad quod per se potentia respicit. Sicut
sensus per se respicit passibilem qualitatem, quae per se dividitur
esam inato gli oggetti correlativi, bisogna dapprim a determ inare, per la mede
sim a ragione, ció che concerne questi u lt im i» (9. De Anim a, c. 41).
3 L ’argom ento é rigorosam ente m etaflsico, facen do leva sui p rin cip ii basilari
di tutto il sistema aristotelico-tom istico: « La potenza, proprio in quanto potenza,
dice ordine a ll’atto ». P rin cip io questo che rich iam a alia mente 11 detto aristo­
télico: «p oten tia et actus sunt in eodem g en ere». - La potenza non é qualche
cosa che si possa concepire indipendentem ente dalle proprle operazioni, e queste
non sono concepibili senza gli oggetti corrispondenti. T ra potenza, atto e oggetto
esiste una relazione trascendentale, cioé una relazione che in d ica l ’essere stesso
di tali cose com e strutturalm ente correlativo. P erció non si deve pensare che la
potenza riceva passivamente la sua struttura intrinseca da qualche cosa di estrinseco, cioé dall'oggetto ; m a bisogn a capire che la sua intim a struttura é essenzial­
mente in funzione d ell’oggetto.
3 Qualitá passibíll sono quelle che si presentan*) com e causa o com e effetto di
u n ’alterazione física o psichica. Perció troviam o nel loro numero le qualitá percepibili dai sen si: colore, suono, sapore, ecc.
266
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 77, aa. 3-4
il suono e simdli: e quindi la potenza sensitiva del colore, che é la
vista, sará diversa da quella del suono, che é l ’udito. Ma ad una
qualitá passibile, al colore, p. es., puó accidentalmente capitaire,
a m otivo del soggetto, di essere m usicista o gram m atico, grande o
piccolo, uom o o sasso. Differenze siffatte non producpno distinzione
alcuna nelle potenze d ell’ anima.
S o l u z io n e d e ll e d if f ic o l t á : 1. Benché l ’ atto sia posteriore alia
facoltá quanto all’esistenza, tuttavia é anteriore in ordine di intenzione e di ragione, c-ome il fine é anteriore alia causa a gen te.1 L ’ oggetto poi, sebbene sia qualche cosa di estrinseco [all’ agente], é
peró principio o fine dell’azione. Ora gli elementi intrinseci d i una
cosa devono essere proporzionati al suo principio e al suo fine.
2 . Se una potenza fosse volta di suo verso u no dei contrari com e
a suo oggetto, bisognerebbe che 1’ altro contrario appartenesse a
u n ’ altra potenza. Invece la potenza dell’ anima non é volta per se
stessa verso uno dei contrari, m a verso il loro aspetto com une:
cosi la vista non dice ordine di suo alia bianchezza, ma al colore
com e tale. Questo a w ien e perché l ’uno dei contrari é in qualche
m odo principio dell’ a lt r o ; infatti essi stanno tra loro come ció che
é perfetto sta a ció che é imperfetto.
3. Niente im pedisce che una cosa sostanzialmente única, sia di­
versa nei' suoi aspetti; e appartenere cosi a diverse potenze.
4. U na potenza superiore di suo ha un oggetto fórm ale piü ampio
di una potenza in teriore; poiché quanto piü una potenza é supe­
riore, tanto piü numerosi sono gli oggetti a cui si estende. Perció
sono molte le cose aventi in comune un medesimo aspetto oggettivo
che form a 1’ oggetto proprio di una potenza superiore, e che tutta­
via differiscono tra loro in base ai vari aspetti che form ano l ’oggetto proprio delle potenze inferiori. Di qui nasce che oggetti di­
versi, appartenenti a potenze inferiora diverse, ricadono tuttavia
sotto u n a sola potenza superiore.
N
LE POTENZE DÉLL'ANIM A IN GENERALE
26?
in colorem , sonum et h u iu sm od i: et ideo alia potentia sensitiva est
colorís, scilicet visus, et alia soni, scilicet auditas. Sed passibili qualitati, ut colorato, accidit esse musicum vel gram m aticum , vel magnum et parvum, aut hom inem vel lapidem. Et ideo penes huius­
m odi differentias potentiae animae non distinguuntur.
A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod actus, licet sit posterior potentia
in esse, est tamen p rior in intentione et secundum rationem, sicut
finis agente. - Obiectum autem, licet sit extrinsecum, est tamen
principium vel finis actionis. Principio autem et fini proportionantur ea quae sunt intrínseca rei.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod, si potentia aliqua per se respiceret
unum contrariorum sicut obiectum, opo-rteret quod contrarium ad
aliam potentiam pertineret. Sed potentia animae non per se respicit propriam rationem contrarii, sed comm unem rationem utriusque
con tra rioru m : sicut visus non respicit per se rationem albi, sed ra­
tionem colorís. Et hoc ideo, quia unum contrariorum est quodamm odo ratio alterius, cum se habeant sicut perfectum et imperfectum.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod nihil prohibet id quod est subiecto idem,
esse diversum secundum rationem. Et ideo potest ad diversas po­
tentias animae pertinere.
r " '- Ad q u a r t u m d ic e n d u m quod potentia superior per se respicit unij versaliorem rationem obiecti, quam potentia in ferior: quia quanto
! potentia est superior, tanto ad plu ra se extendit. Et ideo m ulta conveniunt in una ratione obiecti, quam per se respicit superior poten­
tia, quae tamen differunt secundum rationes quas per se respiciunt
inferiores potentiae. Et inde est quod diversa obiecta pertinent ad
diversas inferiores potentias, quae tamen uni superiori potentiae
, subduntur.
ARTICOLO 4
ARTICULUS 4
Se vi sia una gerarchia tra le potenze dell’anima.
Utrum in potentiis animae sit ordo.
De Anima, a. 13, ad 10.
S e m b r a che non vi sia una gerarchia tra le potenze dell’ anima.
In fa tti:
1. Tra entitá che cadono sotto un ’unica distinzione non esiste Un
prim a e un dopo, ma sono per natura simultanee. Ora, le potenze
dell’ anim a si contraddistinguono reciprocam ente. Non vi é quindi
una gerarchia tra loro.
2. Le potenze dell’ anima dicono ordine ai loro oggetti e alia stessa
anima. In rapporto all’ anima non vi é ordine tra lo r o ; poiché
1’anim a é una sola. Lo stesso in rapporto agli oggetti: poiché sono
del tutto diversi e disparati, come, p. es., il colore e il suono. Perció non vi é ordine di sorta tra loro.
3. Nelle potenze, che sono ordinate tra loro, riscontriam o che
1 Non sem pre si afierra nel suo giusto valore refflcacla della causalitá fin a le ;
roa senza u n ’esatta com prensione di tale causalitá é im possibile com prendere la
Ad q u a r t u m s i c p r o c e d it u r . Videtur quod in potentiis animae non
sit ordo. In his enim quae cadunt sub una divisione, non est prius
et posterius, sed sunt naturaliter simul. Sed potentiae animae con­
tra se invicem dividuntur. E rgo inter eas non est ordo.
2. P r a e t e r e a , potentiae animae com parantur ad obiecta, et ad
ipsam animam. Sed ex parte animae, inter eas non est o rd o : quia
anima est una. Similiter etiam nec ex parte ob iectoru m : cum sint
diversa et penitus disparata, ut patet de colore et sono. In poten­
tiis ergo animae non est ordo.
3. P ra e te r e a , in potentiis ordinatis hoc invenitur, quod operatio
dottrina di tutto l ’articolo. 11 p rin cipio teleologico, che da m olti viene negato con
una lm prontitudlne sorprendente, é energicam ente difeso dal tom ism o anche
ai nostri g iorn i (cfr. G arrigou -L agrange R ., Le réalism e du principe de ñnalité,
P arigi, 1932).
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 77, a. 4
LE POTENZE DELL’ANIMA IN GENERALE
l ’ operazione dell’una dipende da quella dell’ altra. Invece l ’operazione di una potenza dell'anim a non dipende dall’ operazione dell ’ altra : la vista infatti puó emettere il suo atto senza l ’udito, e v i­
ceversa. Non esiste dunque una gerarchia tra le potenze dell’ anima.
In c o n t r a r io : II F ilosofo paragona le parti o potenze d ell’ anima
alie figure [geometriche]. Ora, le figure hanno u n ordine reciproco.
L o stesso quindi sará delle potenze dell’ a n im a .1
R i s p o n d o : Essendo l ’ anim a una sola e molte le potenze; ed es­
sendo necessario procedere con un certo ordine dall’unitá alia moltitu d in e; é puré necessario che ci sia una gerarchia tra le potenze
dell’ anima.
Possiam o scorgere in esse tre specie di ordini. Due derivano dalla
dipendenza di una facoltá dall’ a ltr a ; il terzo invece si rileva dall ’ ordine degli oggetti. L a dipendenza poi di una facoltá d a ll’altra
si puó considerare sotto due aspetti: prim o, in ordine di natura,
poiché le entitá perfette vengono per natura prim a di quelle imperfe tte ; secondo, in ordine di generazione e di tempo, poiché si giunge
alie cose perfette pariendo da quelle imperfette.
Se badiam o alia prim a specie di ordine, allora le potenze intellettive vengono prim a di quelle sensitive: tant’ é vero che le dirigono e le comandano. Parimente, secondo quest’ ordine le facoltá
sensitive antecedono quelle d ell’ anima vegetativa. - AJbbiamo il rovescio. se invece ci atteniamo alia seconda specie di ordine. Infatti,
in ordine genetico, le potenze dell’ anim a vegetativa sono prim a di
quelle dell’ anima sensitiva: tant’ é vero che esse preparano il corpo
alie operazioni di queste ultime. Lo stesso dicasi di quelle sensitive,
rispetto alie facoltá intellettive. - Finalm ente la terza specie di or­
dine stabilisce una gerarchia tra le facoltá dell’ anim a sensitiva,
quali la vista, l ’ udito, l ’olfatto. Infatti in ordine di natura viene
prim a ció che é visibile, poiché la visibilitá é com une ai corpi celesti
e a quelli terrestri. II suono, d ’ altra parte, cioé l ’udibile, si produce
n ell’ aria, la quale per natura é anteriore alia, com binazione degli
elementi, che é il presupposto dell’ o d o re .2
S o l u z io n e d e ll e d i f f i c o l t á : 1. In certi generi le specie possono
realm ente dipendere l ’una dall’ altra com e i num eri e le figu re; benché si dica che sono simultanee, in quanto sono classificate sotto
uno stesso genere.
2. L ’ordine delle potenze dell’ anima deriva d a ll’ anima, in quanto
questa, p u r essendo essenzialmente única, ha attitudine ai diversi
atti secondo un determinato o r d in e ; e deriva dagli oggetti, come
puré dagli atti, nel m odo sopra indicato.
3. La difficoltá puó valere trattandosi di potenze ordinate soltanto secondo la terza specie di ordine. Quelle invece che sono or­
dinate secondo le altre due specie sono fatte in m aniera che l ’operazione dell’una dipende dall’ operazione dell’altra.
unius dependet ab operatione alterius. Sed actus unius potentiae
animae non dependet ab actu alterius1: potest enim visus exire in
actum absque auditu, et e converso. Non ergo inter potentias animae
est ordo.
S ed contra e s t quod Philosophus, in 2 Ankna [c. 3, lect. 5], comparat partes sive potentias animae figuris. Sed figurae habent ordinem ad invicem. Ergo et potentiae animae.
R es po n d e o d i c e n d u m quod, cum anim a sit una, potentiae vero plu­
res ; ordine autem quodam ab uno in multitudinem p roced a tu r;
necesse est inter potentias anim ae ordinem esse.
Triplex autem ordo inter eas attenditur. Quorum dúo considerantur secundum dependentiam unius potentiae ab altera: tertius au­
tem accipitur secundum ordinem obiectorum. Dependentia autem
unius potentiae ab altera dupliciter accipi p otest: uno modo, secun­
dum naturae ordinem, prout perfecta sunt naturaliter im perfectis
p r io r a ; alio modo, secundum ordinem generationis et temporis,
prout ex im perfecto ad perfectum venitur.
Secundum igitur prim um potentiarum ordinem, potentiae intel­
lectivae sunt priores potentiis sensitivis: unde dirigunt eas, et im ­
per ant eis. Et similiter potentiae sensitivae hoc ordine sunt priores
potentiis animae nutritivae. - Secundum vero ordinem secundum,
e converso se habet. Nam potentiae animae nutritivae sunt priores,
in via generationis, potentiis animae sentitivae: unde ad earum
actiones praeparant. corpus. Et similiter est de potentiis sensitivis
respectu intellectivarum. - Secundum autem ordinem tertium, ordinantur quaedam vires sensitivae ad invicem, scilicet visus, auditus
et olfactus. Nam visibile est prius naturaliter: quia est comm une
superioribus et inferioribus corporibus. Sonus autem audibilis fit
in aere, qui est naturaliter p rior comm ixtione elementorum, quam
consequitur odor.
A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod alicuius generis species se habent
secundum prius et posterius, sicut num eri et figurae, quantum ad
esse; licet simul esse dicantur inquantum suscipiunt com m unis ge­
neris praedicationem.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod ordo iste potentiarum animae est et
ex parte animae, quae secundum ordinem quendam habet aptitudinem ad diversos actus, licet sit una secundum essentiam ; et ex parte
ob iectoru m ; et etiam ex parte actuum, ut dictum est [in corp.].
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod ratio illa procedit de illis potentiis in
quibus attenditur ordo solum secundum tertium modum. Illae autem
potentiae quae ordinantur secundum alios dúos modos, ita se habent
quod actus unius dependet ab altera.
268
1
Anche in questo caso si torna a cercare uno spunto d ottrin ale nel De Anima.
Questa volta peró l ’espressione aristotélica é un p o ’ lontana, poiché essa ha di
269
m ira, piü che le facoltá, le varié specie di an im e: vegetativa, sensitiva, intellet­
tiva (cfr. 2 De Anima, c. 35).
3
Questa terza specie di ordine « é piü difficile a stabjlirsi. In oltre g li esempi
addotti procedono da una física sorp assata» (Somm. Franc., L ’ Ame hum aine,
p. 356).
270
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 7?, a. 5
LE POTENZE DELL’ANIMA IN GENERALE
ARTICOLO 5
ARTICULUS 5
Se Fanima sia il subietto di tutte le sue potenze.1
Utrum omnes potentiae animae sint in anima sicut in subiecto.
271
De Splrit. Creat., a. 4, ad 3; Competid. Theol., cc. 89, 92,
S e m b r a che l’ anima sia il subietto di tutte le sue potenze. Infa t ti:
1. Le potenze dell’ anima stanno a ll’ anim a com e le potenze del
corpo stanno al corpo. Ora il corpo é il soggetto delle potenze corporee. Dunque 1’ anima é il soggetto delle varié potenze dell’ a n im a .2
2. Le operazioni delle potenze dell’ anima vengono attribuite al
corpo a motivo dell’ anima, poiché, al dire di Aristotele, « l ’ anima
ó il prim o principio del sentire e dell’ in ten dere». Ora, le potenze
sono i principii immediati delle operazioni dell’ anima. Quindi le po­
tenze sono prim a di tutto nell’ anima.
3. S. Agostino afferma che 1’ anima certe sensazioni non le ha per
mezzo del corpo, anzi senza il corpo, come il timore e sentimenti
co n sim ili; mentre altre le ha per mezzo del corpo. Ma l ’ anima non
potrebbe sentir niente senza il corpo, se le potenze sensitive avessero un altro soggetto oltre l ’ anima. Dunque l ’anima é il soggetto
delle potenze sensitive e, per lo stesso motivo, anche di tutte le altre.
I n c o n t r a r io : Afferma il F ilosofo che « i l sentire non é una proprieta esclusiva dell’ anima o del corpo, m a del composto [u m a n o]».
P erció la potenza sensitiva ha sede nel com posto e quindi non la
sola anima é il subietto di tutte le sue potenze.
R i s p o n d o : Soggetto della potenza operativa é quell’ entitá che é
capace di operare: difatti il soggetto viene sempre denominato dai
suoi accidenti. Ora, é idéntico il soggetto che ha la capacita di ope­
rare e quello che di fatto opera. E quindi necessario che « la potenza
apparten ga» a ll’ idéntico soggetto, « a cui appartiene l ’ operazion e»,
com e dice il Filosofo.
É evidente pero, da quanto abbiamo giá detto, che vi sono certe
operazioni dell’ anima, come 1’ intendere e il volere, le quali si esercitano senza un organo materiale. Perció le potenze, che sono i
principii di siffatte operazioni, hanno sede nell’ a n im a .3 - Ci sono
invece altre operazioni dell’ anima, che si esercitano mediante or­
gani co r p o r e i; la vista, p. es., mediante l’occhio e l ’ udito mediante
l ’ orecchio. Cosi é per tutte le altre operazioni della vita vegetativa
e sensitiva. Quindi le potenze, che sono i prin cipii di tali opera­
zioni, hanno la loro sede nel com posto um ano, non giá nella sola
anima.
S o l u z io n e d e ll e d i f f i c o l t á ; 1. Tutte le potenze si dicono dell’ anima, considerata pero questa come loro principio non come loro
su bietto: poiché la capacitá che ha il com posto [umano] di compiere
le sue operazioni deriva anch’ essa d a ll’ anima.
1
La dottrina degli a-rticoli 5 e 6 viene cosi com pendiata nella X VII Test tom istlca: « Em anano d a ll’anim a um ana, per risultanza naturale, due ordiní di
facoltá, organiche e in o r g a n ich e ; le prim e, alie quali appartengono i sensi,
hanno la loro sede nel com posto, le ultim e nella sola anim a. Perció 1’ intelletto
é una facoltá intrínsecam ente lndipendente da un o r g a n o » (cfr. Introd, Gen.
nn. 176, 177).
A d q u i n t u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod omnes potentiae animae
sint in anima sicut in subiecto. Sicut enim se habent potentiae cor­
poris ad corpus, ita se habent potentiae animae ad animam. Sed
corpus est subiectum corporalium potentiarum. Ergo anim a est subiectum potentiarum animae.
2. P raeterea , operationes potentir.rum animae attribuuntur cor­
pori propter an im a m : quia, ut dicitur in 2 De Anima [c. 2, lect. 4],
« anima est quo sentimus et intelligim us prim um ». Sed propria prin­
cipia operationum animae sunt potentiae. Ergo potentiae per prius
sunt in anima.
3. P ra e t e r e a , Augustinus dicit, i2 Super Gen. ad litt. [cc. 7, 24],
quod anima quaedam sentit non per corpus, im mo sine corpore, ut
est tim or et h u iu sm od i; quaedam vero sentit per corpus. Sed si p o­
tentia sensitiva non esset in sola anima sicut in subiecto, nihil pos­
set sine corpore sentire. E rgo anima est subiectum potentiae sensitivae ; et pari ratione, omnium aliarum potentiarum.
S ed con tra e s t quod Philosophus dicit, in libro De Somno et Vi­
gilia [c. 1, lect. 1] quod « sentire non est proprium animae ñeque
corporis, sed con iu n cti». Po-tentia ergo sensitiva est in coniuncto
sicut in subiecto. Non ergo sola anima est subiectum omnium po­
tentiarum suarum.
R es po n d e o d ic e n d u m quod illud est subiectum operativae poten­
tiae, quod est potens op era ri: omne enim accidens denominat p ro­
prium subiectum. Idem autem est quod potest operari, et quod operatur. Unde oportet qiuod « eius sit potentia » sicut subiecti, « cuius
est operatio » ; ut etiam P hilosophus dicit, in principio De Somno
et Vigilia, [ibid.].
M anifestum est autem ex supra dictis [q. 75, aa. 2, 3 ; q. 76, a. 1,
ad 1] quod quaedam operationes sunt animae, quae exercentur sine
organo corporali, ut intelligere et velle. Unde potentiae quae sunt
harum operationum principia, sunt in anima sicut in subiecto. Quaedam vero operationes sunt animae, quae exercentur per organa
co r p o r a lia ; sicut visio per oculum, et auditus per aurem. Et simile
est de ómnibus aliis operationibus nutritivae et sensitivae partis.
Et ideo potentiae quae sunt talium operationum principia, sunt in
coniuncto sicut in subiecto, et non in anima sola.
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod omnes potentiae dicuntur esse
animae, non sicut subiecti, sed sicut p rin cip ii: quia per animam
coniunctum habet quod tales operationes operari possit.
2 N ell’articolo, e Jn genere nel trattato, tradurrem o il term ine suM ectum con
l ’antiquato subietto, e col term ine soggetto. Ma quest’ultim o non va inteso nel
suo signiflcato gram m aticale o log ico, bensi nel significato m etafisico di supposito, o sostrato.
3 A sostegno di questa dottrina il Card. Gaetano ricorre alia sottile distinzione
tra supposltum e subsistens. E ccon e la con clu sion e: « Falsum est quod operatio
sit prim o suppositi, absolute loquendo ; sed est p rim o su bsjstentis» (in h. a.).
272
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 77, aa. 5-6
LE POTENZE DELL’ANIMA IN GENERALE
2. L ’ anim a possiede prim a del compasto tutte queste potenze, non
com e soggetto, m a com e principio.
3. E ra opinione di Platone che il sentire fosse un ’operazione pro­
pria delTanimia, com e 1’ in ten d ere.1 Óra S. Agostino, in molte questioni fllosoflche, si serve delle opinioni di Platone, non a modo di
asserzione, m a di docum entazione.3 - Tuttavia, nel caso presente,
l ’ afferm azione che l ’ anima esercita certe sensazioni col corpo e altre
senza di esso, si puó intendere in due modi. Prim o, applicando le
espressioni col corpo e senza il corpo, all’ atto del sentire, in
quanto prom ana dal soggetto senziente. Cosi non é possibile la sensazione sénza il corpo, poiché l ’ atto del sentire non puó procedere
d all’ anim a, se non mediante un organo corporeo. Secondo, appli­
cando dette espressioni a ll’ atto del sentire in quanto questo dipende
d a ll’ oggetto. In tal caso 1’ anima alcune sensazioni le percepisce col
corpo, cioé come esistenti nel corpo, quando, p. es., sente una ferita o altre cose di questo g en e re ; altre invece le sente senza il corpo,
cioé com e cose non esistenti nel corpo, m a solo nell’ apprension'e del1’ a n im a ; quando, p. es., nell’ascoltare u n a notizia ha la sehsazione
della tristezza o della gioia.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod omnes huiusm odi potentiae per prius
sunt in anima quam in coniuncto, non sicut in subiecto, sed sicut
in principio.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod opinio Platonis f.uit quod sentire est
operatio animae propria, sicut et intelligere. In multis autem quae
ad philosophiam pertinent, Augustinus utitur opinionibus Platonis,
non asserendo, sed recitando. - Tamen, quantum ad praesens pertinet, hoc quod dicitur anim a quaedam sentire cum corpore et quaedam sine corpore, dupliciter potest intelligi. Uno m odo, quod hoc
quod dico cum corpore vel sine corpore, determinet actum sentiendi
secundum quod exit a sentiente. Et sic nihil sentit sine corp ore:
quia actio sentiendi non potest procedere ab anima nisi per organum corporale. Alio m odo potest intelligi ita quod praedicta determinent actum sentiendi ex parte obiecti quod sentitur. Et sic quae­
dam sentit cum corpore, idest in corpore existentia, sicut cum sentit
vulnus vel aliquid h uiusm odi: quaedam vero sentit sine corpore,
idest non existentia in corpore, sed solum in apprehensione animae,
sicut cum sentit se tristari vel gaudere de aliquo audito.
ARTICOLO 6
ARTICULUS 6
Se le potenze deU’anima emanino dalla sua essenza.
Utrum potentiae animae fluant ab eius essentia.
273
/ Sent., d. 3, q. 4, a. 2.
Sem bra
che le potenze dell’ anima non emanino dalla sua essenza.
In fa tti:
1. Da un ente solo e semplice non procedono cose diverse. Ora
l ’ essenza d ell’anima é una e semplice. P erció le potenze dell’ anima,
essendo molte e diverse, non possono procedere dalla sua essenza.
2. Quello da cui una cosa procede ne é la causa. M a 1’ essenza
deH’ anima non puó dirsi causa delle potenze, com e si prova col
passare in rassegna i singoli generi di causalitá. Dunque le potenze
d ell’ anim a n on possono derivare dalla su a essenza.
3. Em anazione indica moto. Ora, nessuna cosa m uove se stessa,
com e prova A ristotele; a meno che il m oto non le venga attribuito
a m otivo di una sua p a rte; si dice, p. es., che 1’ animale muove se
stesso, nel senso che una sua parte é movente e 1’ altra é mossa. Ma
nemmeno 1’ anim a muove se stessa, com e dim ostra ancora Aristo­
tele. Quindi 1’ anima non causa in se stessa le sue potenze.
IN c o n t r a r io : L e potenze dell’ anima sono sue proprietá naturali.
Ora il subietto é causa dei suoi accidenti propri, tanto che é incluso
nella definizione dell’ accidente, com e risulta da Aristotele. Perció
le potenze dell’ anim a em anano dalla sua essenza, com e da loro
causa.
R i s p o n d o : La form a sostanziale e quella accidéntale in parte som iglian o e in parte differiscono. Som igliano n ell’ essere ambedue
atto, e quindi nel rendere attuale una cosa. - Differiscono invece
sotto due aspetti. Primo, perché la form a sostanziale dá 1’ essere in
1 Vedi sopra q. 75, aa. 2 , 3 ; q. 76, a. 1 , ad 1 .
2 La giustiflcazione benévola di S. Tomm aso non é qui troppo attendibile. In
A d s e x t u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod potentiae anim ae non
fluant ab eius essentia. Ab u n o enim sim plici non procedunt di­
versa. Essentia autem animae est u na et simplex. Cum ergo p o­
tentiae animae sint multae et diversae, non possunt procedere ab
eius essentia.
2. P raeterea , illud a quo aliud procedit, est causa eius. Sed es­
sentia animae non potest dici causa p oten tiarum ; u t patet discurrenti per singula causarum genera. Ergo potentiae anim ae non
fluunt ab eius essentia.
3. P raeterea , emanatio quendam motum nominat. Sed nihil movetur a seipso, ut probatur in 7 libro P hysic. [c. 1, lect. 1]; nisi
forte ratione partis1, sicut animal dicitur m overi a seipso, quia una
pars eius est movens et alia mota. Ñeque etiam anima movetur,
ut probatur in 1 De Anima [c. 4, lect. 10]. Non ergo anima causat
in se suas potentias.
S ed c o n tr a , potentiae animae saint quaedam proprietates natura­
les ipsius. Sed subiectum est causa propriorum accidentium : unde
et ponitur in definitione accidentis, ut patet in 7 M etaphys. [c. 4,
lect. 3]. E rgo potentiae animae procedunt ab eius essentia sicut
a causa.
R espo n d e o d ic e n d u m quod form a substantialis et accidentalis partim conveniunt, et partim differunt. Conveniunt quidem in hoc,
quod utraque est actus, et secundum utramque est aliquid quodamm odo in actu. - Differunt autem in duobus. P rim o quidem, quia
questo, com e in m olti altri casi, S. Agostino accetta senz’altro certi m otivi pla­
tonici, p ur correggendone gli spunti eterodossl con la sua abituale genialitá.
274
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 77, a. 6
m odo assoluto [sim pliciter], e il suo subietto [cioé la materia] é un
essere. soltanto in potenza. Invece la form a accidéntale non dá l’ essere in m odo assoluto [sim pliciter], m a una qualitá, o una quan­
titá, o altre m odalitá dell’ essere; poiché il suo subietto é un ente
giá in atto. Quindi é chiaro che l ’ attualitá si trova prim a nella
form a sostanziale che nel suo su bietto: e siccom e in ogni genere di
cose ció che é prim o é anche causa, la form a sostanziale deve cau­
sare l ’ essere attuale del suo subietto. Viceversa, 1’ attualitá si trova
nel subietto della form a accidéntale prim a che nella form a accidén­
tale stessa: perció l ’ attualitá della form a accidéntale é causata dall ’ attualitá del soggetto. Cosicché il soggetto, in quanto é in potenza,
diviene il subietto della form a a ccidén tale; m a in quanto é in atto,
la produce. Questo vale per gli accidenti propri e con n a tu ra li; per­
ché se parliam o degli accidenti estrinseci, allora il subietto ha soltanto la capacitá di rice v e rli; poiché chi li produce é un agente
estrinseco. - Secondo, la form a sostanziale e quella accidéntale
differiscono anche in questo, che la materia é ordinata alia form a
sostanziale, mentre la form a accidéntale é ordinata alia perfezione
del sog g etto; perché ció che é meno im portante é sem pre ordinato
a ció che é p rin cip a le .1
Risulta dunque da quanto abbiam o spiegato che sede o soggetto
delle potenze dell’ anim a o é la sola anima, la quale appunto puó
essere subietto di accidenti in quanto ha in sé u n a certa potenzialitá, come si é detto, oppure é il composto. Ora, il com posto é reso
attuale dall’ anima. E chiaro quindi che tutte le potenze dell’ anima,
sia che la loro sede si trovi n ell’anim a sola, sia che si trovi nel
com posto, emanano dall’ essenza dell’ anima, come dal loro prin ci­
pio ; poiché, come abbiam o giá detto, l ’accidente é causato dal suo
soggetto, in quanto quest’ultimo é giá esistente in atto, m a viene
ricevuto in esso in quanto é ancora in potenza.
S ó l u z io n e d e l l e d i f f i c o l t á : 1. Da un ente, uno e sem plice possono
procedere naturalmente molti effetti, seguendo un determinato or­
dine, oppure in base alia diversitá dei soggetti riceventi. Cosí,
dunque, dall’u nica essenza dell’ anima, possono derivare molte e
svariate potenze, sia in base alia gerarchia delle facoltá, sia in
base alia diversitá degli organi corporei.
2. II soggetto rispetto agli accidenti p rop ri é causa finale, e in
certo m odo efíiciente; ed é anche causa m ateriale, in quanto sog­
getto recettivo degli accidenti stessi. Da ció si puó concludere che
l ’ essenza dell’ anima é insieme causa finale e causa efflciente di
tutte le sue fa co ltá ; di alcune poi é anche il subietto recettivo.
3. L ’ emanazione degli accidenti propri dal loro subietto non avviene mediante una trasmutazione, ma per una naturale risultanza,
p. es., com e il colore deriva dalla lu c e .2
1
T ra l ’altro i l Gaetano osserva: « Nota con quanto acum e si procede nel testo.
D al fatto che la form a sostanziale é di tal natura da p rodurre ln m odo assoluto
un ente in atto, deriva che essa non presuppone un ente in atto.... E da questo
deriva un ordine per cu i l ’attualitá conviene alia form a sostanziale p rim a che al
subietto, che per se stesso non ha nessuna attualitá. E da questo fatto deriva
chiaram ente che la form a sostanziale causa [n ell’ordin e della causalitá fórm ale]
LE POTENZE DELL’ANIMA IN GENERALE
275
form a substantialis facit esse simpliciter, et eius subiectum est ens
in potentia tantum. F orm a autem accidentalis non facit esse sim ­
pliciter ; sed esse tale, aut tantum, aut aliquo m odo &e h a b en s: sub­
iectum enim eius est ens in actu. Unde patet quod actualitas per
prius invenitur in form a substantiali quam in eius su b iecto: et quia
prim um est causa in quolibet genere, form a substantialis causat
esse in actu in suo subiecto. Sed e converso, actualitas per prius in ­
venitur in subiecto form ae accidentalis, quam in' form a accidentali :
unde actualitas form ae accidentalis causatur ab actualitate subiecti.
Ita quod subiectum, inquantum est in potentia, est susceptivum
form ae accidentalis: inquantum autem est in actu, est eius productivum. Et hoc dico de proprio et per se accidente: nam respectu
accidentis extranei, subiectum est susceptivum tantum ; productivum vero talis accidentis est agens extrinsecum. - Secundo autem
differunt substantialis form a et accidentalis, quia, oum minus prin­
cipale sit propter principalius, m ateria est propter form am substan­
tialem ; sed e converso, form a accidentalis est propter completionem
subiecti.
Manifestum est autem ex dictis [a. 5] quod potentiarum animae
subiectum est vel ipsa anima sola, quae potest esse subiectum acci­
dentis secundum quod habet aliquid potentialitatis, ut supra [a. 1,
ad 6 ; q. 75, a. 5, ad 4] dictum est; vel oompositum. Compositum
autem est in actu per animam. Unde manifestum est quod omnes
potentiae animae, sive subiectum earum sit anima sola, sive com ­
positum, fluunt ab essentia animae sicut a prin cip io: quia iam
dictum est quod accidens causatur a subiecto secundum quod est
actu, et recipitur in eo inquantum est in potentia.
A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod ab uno sim plici possunt natura­
liter m ulta procedere ordine quodam. Et iterum propter diversita­
tem recipientium. Sic igitur ab una essentia animae procedunt
multae et diversae potentiae, tum propter ordinem p oten tiaru m : tum
etiam secundum diversitatem organorum corporalium .
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod subiectum est causa p roprii acciden­
tis et finalis, et quodam m odo a ctiv a ; et etiam ut materialis, inquan­
tum est susceptivum accidentis. Et ex hoc potest accipi quod essen­
tia animae est causa omnium potentiarum sicut finis et sicut prin­
cipium a ctiv u m ; quarundam autem sicut susceptivum.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod em anatio propriorum accidentium a
subiecto non est per aliquam tran sm u tation em ; sed per aliquam
naturalem resultationem, sicut ex uno naturaliter aliud resultat,
ut ex luce color.
n o n u n e s s e r e i n a t t o , m a tutto t’essere in atto, d e l s u o s u b i e t t o ; s i a p e r c h é il
s u b ie t t o d a se s t e s s o n o n h a n e s s u n a a t t u a l i t á ; s ia p e r c h é in o g n i g e n e r e d i c o s e
c i ó c h e é p r i m o é a n c h e c a u s a » (C a ieta n u s i n h . a ., I I I ) .
2
Si tr a tta d u n q u e d i u n a d ip e n d e n z a c a ú s a le , ch e n on im p lic a u n a p r io r it á
d e l la c a u s a i n o r d i n e d i t e m p o , m a s o l o i n o r d i n e d i n a t u r a . - É n e c e s s a r io
te n e r p r e s e n t e q u e s t a s o lu z io n e p e r c o m p r e n d e r e b e n e l ’a r t i c o l o s e g u e n t e .
276
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 77, a. 7
LE POTENZE D E LL’ANIMA IN GENERALE
ARTICOLO 7
ARTICULUS 7
Se nell’anima una potenza abbia origine dall’altra.
Utrum una potentia animae oriatur ab alia.
277
/ Sent., d. 3, q . 4, a. 3; 2, d. 24, q . 1, a. 2 ; De Anima, a, 13, ad 7, 8.
S em bra
che n ell’ anim a una potenza non abbia origine dall’altra
In fa tti:
1. Tra cose che com inciano simultáneamente ad esistere, l ’una
non deriva d all’ altra. Ora tutte le potenze dell’ anim a sono create
insieme con l ’ anima. Perció l ’una non puó aver origine dall’ altra.
2. L e potenze dell’ anima derivano d a ll’ anima, com e un accidente
deriva dal suo subietto. Ma una potenza dell’anim a non puó essere
il subietto di u n ’ altra: perché non si dá accidente di un altro a cci­
dente. Dunque una potenza non deriva dall’ altra.
3. Cose opposte non provengono l ’una d a ll’ altra, ché anzi ogni
cosa proviene da un essere della m edesim a specie. Ora, le potenze
dell’ anim a si dividono tra loro per contrapposizione, quali specie
diverse. Quindi l’una non procede dall’ altra.
I n c o n tr a r io : Le potenze si conoscono d a i loro atti. Ma l ’atto dell ’una é causato dall’ pperazione dell’ a ltra ; l ’atto della fantasia, p. es.,
é causato dall’operazione dei sensi. P erció una potenza dell’ anima
é causata d all’ a ltr a .1
R i s p o n d o ; Quando piü effetti derivano secondo un ordine natur¡ale da un uniico principio, awietne che, come questo prim o é causa
d i tutti, cosi l ’ effetto suo piü im m ediato é in qualche m odo causa
degli effetti piü remoti. Ora abbiam o visto sopra che tra le potenze
dell’ anima vi sono molte specie di ordini. Quindi vi sono delle p o­
tenze che derivano dall’essenza dell’ anima, mediante altre potenze.
Essendo peró 1’ anima causa efflciente e finale, nonché principio
recettivo delle facoltá, o separatamente per se stessa, o insieme al
•corpo; ed essendo le causalitá efflciente e finale piü perfette del prin­
cipio recettivo com e ta le; ne segue che le potenze dell’ anima, le
quali hanno una prioritá di perfezione e di natura, sono principii
delle altre, sia come cause finali, sia com e loro cause efficienti. Ve­
diam o infatti che i sensi sono prdinati a ll’ intelletto, non viceversa.
Effettivamente i sensi sono come delle incom plete partecipazipni del1’ intelligenza: quindi, in base alia loro derivazione naturale, essi
n ascono in qualche m odo dall’ intelligenza, com e ció che é im per­
fecto da ció che é perfetto. 2 - Se invece consideriam o la recettivitá,
troviam o, al contrario, che le potenze piü im perfette hanno una
prioritá rispetto alie altre: l’ anima, p. es., in quanto possiede la
potenza sensitiva, viene considerata come subietto e, in un certo
m odo, come materia rispetto a ll’ intelligenza. P er questa ragione le
potenze piü imperfette sono prim a, in ordine genetico: infatti [n¡el1’ essere um ano] prim a é generato 1’ anim ale e poi l’uomp.
1 La subordinazione di ordine dinám ico di suo non é co n clu siv a ; essa peró
potrebbe appoggiarsi a lia subordinazione dei flni delle varié potenze. A llora l ’argom ento avrebbe un a perfetta consistenza; e cosi n o i lo ritroviam o nella Quaest.
Disp. De Anima, á. 13, a d 7.
2 E cliiaro che non si tratta di una causalitá efflciente in senso stretto, ma
Ad s e p t i m u m s ic P r o c e d it u r . Videtur quod una potentia animae
non oriatur ab alia. Eorum enim quae simul esse incipiunt, unum
non oritur ab alio. Sed omnes potentiae animae sunt simul animae
concreatae. Ergo una earum ab alia non oritur.
2. P raeterea , pptentia anim ae oritu r ab anim a sicut accidens a
subiecto. Sed una potentia animae non potest esse subiectum alteriu s: quia accidentis non est accidens. E rgo una potentia non ori­
tur ab alia.
3. P ra e te r e a , oppositum non oritur a suo opposito, sed unumquodque oritur ex sim ili secundum speciem. Potentiae autem ani­
mae ex opposito dividuntur, sicut diversae species. Ergo una earum
non procedit ab alia.
S ed
con tra ,
p o te n tia e
c o g n o sc u n tu r
per
a c tu s.
Sed
p o t e n t ia e c a u s a t u r a b a l i o ; s i c u t a c t u s p h a n t a s i a e a b
E r g o u n a p o te n tia a n im a e c a u s a t u r a b a lia .
a ctu s
u n iu s
a c tu se n su s.
R e spo n d e o d ic e n d u m quod in his quae secundum ordinem naturalem procedunt ab uno, sicut prim um est causa omnium, ita quod
est primo propinquius, est quodam m odo causa eorum quae sunt
magis remota. Ostensum est autem supra [a. 4] quod inter poten­
tias animae est multiplex ordo. Et ideo una potentia animae ab es­
sentia animae procedit mediante alia.
Sed quia essentia animae com paratur ad potentias et sicut prin­
cipium activum et finale, et sicut principium susceptivum, vel seorsum per se vel simul cum c o r p o r e ; agens autem et finis est perfec­
tius, susceptivum autem principium , inquantum huiusmodi, est minus perfectum : consequens est quod potentiae animae quae sunt
priores secundum ordinem perfectionis et naturae, sint principia
aliarum per m odum finis et activi principii. Videmus enim quod sen­
sus est propter intellectum, et non e converso. Sensus etiam est quae­
dam deficiens participatio intellectus: unde secundum naturalem
originem quodammodo est ab intellectu, sicut im perfectum a per­
fecto. - Sed secundum viam susceptivi principii, e converso potentiae
im perfectiores inveniuntur principia respectu a lia ru m : sicut anima,
secundum quod habet potentiam sensátivam, consideratur sicut subLectum et materiale quoddam respectu intellectus, Et propter hoc,
imperfectiores potentiae sunt priores in via. gen eration is: prius enim
animal generatur quam homo.
di quella causalitá di cui si é parlato nella soluzione 3 d ell’articolo 6. Si p o­
trebbe dire che 1’ intelletto, il quale n e ll’ordin e della cognizione é una facoltá
senza im perfezione intrínseca, com e tale puó raggiungere la perfezione assoluta,
identiflcandosi con Dio stesso. B Dio, p rim o intelletto, é vera causa efflciente delle
facoltá sensitive. Ma qu i l ’Autore ha di m ira il solo soggetto concreto in cui fo r­
malmente a w ien e la conoscenza, P erció, parlandosi di causalitá im mediata di
una facoltá su ll’altra, non si puó affermare una causalitá efflciente dell' intelletto
sulle facoltá inferiori. Ma una causalitá di « naturale risultanza » é sufficiente a
stabilire il principio, che le varié potenze provengono le une dalle altre. In so-
278
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 77, aa. 7-8
LE POTENZE DELL'ANIM A IN GENERALE
S o l ü z i o n e d e l l e D iFFicoLTÁ: 1. C o m e le p o t e n z e d e l l ’ a n i m a s c a t ü r is c o n o d a lla s u a e sse n za , n o n m e d ia n te tr a s m u t a z io n i, m a p e r u n a
A d p r i m u m e r g o d ic e n d u m quod, sicut potentia animae ab essentia
fluit, non per transmutationem, sed per naturalem quandam resultationem, et e s ts im u l cum a n im a ; ita est etiam de una potentia
respectu alterius.
A d s e c u n d u m d i c e n d u m quod accidens per se non potest esse sub­
iectum accidentia; sed unum accidens per prius recipitur in sub­
stantia quam aliud, sicut quantitas quam qualitas. Et hoc m odo
unum accidens dicitur esse subiectum alterius, ut superficies colo­
rís, inquantum substantia uno accidente mediante recipit aliud. Et
sim iliter potest dici de potentiis animae.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod potentiae animae opponuntur ad invi­
cem oppositione perfecti et im p erfecti; sicut etiam species num erorum etfigurarum . Haec autem oppositio non impedit originem unius
ab a lio : quia im perfecta naturaliter a perfectis procedunt.
c e r t a n a t u r a l e r i d o n d a n z a , r i c e v e n d o e s s e l ’ e s i s t e n z a in s i e m e
l ’ a n im a , c o si a w i e n e d i u n a p o te n z a r isp e tto a u n ’ a ltr a .
a l-
2. L ’ accidente non puó per se stesso essere il subietto di un altro
a ccid en te; m a un accidente puó essere ricevuto nella medesima so­
stanza prim a di un altro, come la quantitá prim a della qualitá.
Sotto quest’ aspetto si dice che un accidente é il subietto di un altro,
com e la superficie, p. es., lo é del colore, dato che la sostanza riceve
un accidente, mediante un altro accidente. L o stesso si puó di re
delle potenze dell’anima.
3. L ’ opposizione esistente tra le varié potenze dell’anima é come
quella che si ha tra ció che é perfetto e ció che é im p erfetto; cioé
come quella esistente tra le varié specie dei num eri e delle figure
[geometriche]. Siffatta opposizione non im pedisce l ’ origine di un
opposto d all’ altro: poiché gli esseri im perfetti derivano natural­
mente da quelli perfetti.
ARTICOLO 8
ARTICULUS 8
Se dopo la separazione dal corpo rimangono nell’anima
tutte le sue potenze.1
Utrum omnes potentiae animae remaneant in anima
a corpore separata.
4
S e m b r a che dopo la separazione dal corpo rim angano n ell’ anima
tutte le sue potenze. Infatti:
1. Leggiam o nel libro De spirüu et an im a2 che « l ’ anima si stacca
dal corp o portando seco il senso e 1’ im maginazione, la ragione,
1’ intelletto e 1’ intelligenza, il con cu p iscib le e 1’ irascibile ».
2. Le potenze dell’ anima sono sue proprietá naturali. Ora, ció che
é p roprio é sempre inerente, né mai si separa d all’ essere, al quale
appartiene. Quindi le potenze restaño n ell’ anim a anche dopo la
morte.
3. Le potenze dell’ anima anche quelle sensitive, non si indeboliscono con 1’ indebolirsi del corpo, poiché, dice Aristotele, « se a un
vecchio fosse innestato l ’ occhio di un giovane, vedrebbe di certo
com e un g iov an e». Ma 1’ indebolimento é la via che porta al disfacimento. Dunque le potenze deH’ amm a non periscono, quando perisce il corpo, ma restaño nell’ anima separata.
4. La m em oria é una potenza dell’ anima sensitiva, come prova il
F ilosofo. Ora, essa rimane neU’ anima separata [dal corpo], poiché
si legge nel Vangelo che al ricco epulone, il quale stava con l ’anima
nell’ inferno, fu detto: « R icordati che tu ricevesti la tua parte di
beni durante la v ita ». P erció la m em oria rim ane nell’ anima sepa­
ra ta ; e per conseguenza anche le altre potenze dell’ anima sensitiva.
stanza si tratta di descrivere la dinam ica di quelle gerarchie tra le facoltá, che
S. Tom m aso accuratam ente ha distinto a ll’articolo 4.
1
N ell’ im postare come nel risolvere questo problem a, il teologo é sollecitato e
sorretto dalla fede nella resurrezione finale dei corpi. Le anim e che a]la fine dei
tem pi riprenderanno i loro corpi, trasfonderanno in essi la vita, e tutti i prin­
cipii im m ediati d ’ operazione, vale a diré le potenze. Ma le potenze organiche certo
279
Sent., d. 44, q. 3, a. 3, qcc. 1, 2; d. 50, q. 1, a. 1; 2 Cont. Geni., c. 81;
De Virtut., q. 5, a. 4, ad 13; De Anima, a. 19; Quodl. 10, q. 4, a. 2.
A d o c t a v u m s i c p r o c e d it u r . Videtur quod omnes potentiae animae
remaneant in anim a a corpore separata. Dicitur enim in libro De
Spiritu et Anim a [c. 15], quod « anima recedit a corpore, secum trahens sensum et imaginationem, rationem et intellectum et intelligentiam, concupiscihilitatem et irascibilitatem ».
2. P r a e te r e a , potentiae animae sunt eius naturales proprietates.
Sed proprium semper inest, et nunquam separatur ab eo cuius est
proprium. Ergo potentiae animae sunt in ea etiam post mortem.
3. P r a eter ea , potentiae animae, etiam sensitivae, non debilitantur debilitato corp ore: quia, ut dicitur in 1 De Anima [c. 4, lect. 10],
« si senex accipiat oculum iuvenis, videbit utique sicut et iuvenis ».
Sed debilitas est via ad corruptionem . Ergo potentiae animae non
corrum puntur corrupto corpore, sed manent in anima separata.
4. P r a e t e r e a , memoria est potentia animae sensitivae, ut P hilosophus probat [De Mem. et R em in., c. 1, lect. 2]. Sed mem oria manet
in anima separata: dicitur enim, Luc., 16,25, diviti epuloni in in­
ferno secundum animam existenti: « R ecordare quia recipisti bona
in vita tu a ». Ergo m em oria manet in anima separata; et per con­
sequen s aliae potentiae sensitivae partis.
non potevano essere rimaste in m aniera attuale n e ll’anim a, durante lo stato di
separazione dal corpo. Bisogna perció pensare che allora fossero rimaste in essa
in m aniera virtuale.
2
L ’opera per un certo tempo fu attribuita. a S. Agostino. Gli editori M aurini
delle opere del Santo n o ta n o : « S. Tom m aso d ’Aquino nella questione ún ica De
Anima, a. 12, ad 1, l ’attribuisce a un anonim o d ell’ Ordine Cistercense. Noi sospettiamo che essa appartenga ad Alchero [t 1169] » (S. A u q u s t in i , Opera omnia,
t. 6, p. X),
280
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 77, a. 8
LE POTENZE D E LL’ANIMA IN GENERALE
281
5. L a gioia e la tristezza stanno nel concupiscibile, che é una
potenza della parte sensitiva. Ora é evidente che le anime separate
si rattristano e gioiscono dei prem i e delle pene, che ricevono.
Dunque il concupiscibile resta nell’ anim a separata.
6. S. A gostino afferma che quando 1’ anim a sará totalmente sepa­
rata dal corp o dopo la niorte vedrá con 1’ im m aginativa delle visioni, com e quando il corpo giace senza sentimento benché non sia
del tutto morto. Ma 1’ im maginazione é una potenza della parte
sensitiva. Dunque c ’ é una potenza della parte sensitiva, che rimane
n ell’ anima separata; e per conseguenza rim angono tutte le altre
potenze.
In c o n t r a r io : Si legge nel De Ecclesiasticis D ogm a tib u s: ((L ’uom o
é com posto soltanto di due sostanze: dell’ anima con la sua ragione
e del corpo con i suoi sen si». P erció morto il corpo non possono
rim anere le potenze sensitive.
R i s p o n d o : Come abbiamo g iá detto, tutte le potenze dell’ anima
hanno in essa soltanto il loro principio. A lcune di esse poi, cioé
1’ intelletto e la volontá, hanno esclusivamente in essa il loro su­
bietto. Queste ultime devono necessariam ente sussistere nell’ anima,
anche dopo la dissoluzione del corpo. Le altre invece, e cioé le p o­
tenze della parte sensitiva e vegetativa, hanno la loro sede nel
com posto um ano. Ora, venuto a m ancare il subietto, non possono
rim anere i suoi accidenti. Quindi le potenze suddette non rim an­
gono in atto dopo la distruzione del co m p o s to ; m a restaño soltanto
virtualmente n ell’ anima, come nella loro causa o radice.
E quindi falsa l’ as'serzione di alcuni, i quali dicono che tali po­
tenze restaño nell’ anima, anche dopo la m orte del c o r p o .1 - Ed é
ancora piü falso asserire che n ell’ anima separata restaño perfino
g li atti di tali poten ze; perché non é loro possibile nessuna opera­
zione senza un organo corporeo.
S o l u z i o n e d e l l e d i f f i c o l t á : 1. II libro citato non fa testo. Perció
quanto vi é scritto é da rigettarsi con la stessa facilitá con la quale
é affermato. - Tuttavia si potrebbe anche rispondere che l ’ anima
si porta dietro quelle facoltá, non in m aniera attuale, m a virtuale.
2. Le potenze, che secondo noi non restaño in atto nell’ anima se­
parata, non sono proprietá dell’ anim a sola, m a del composto
umano.
3. Si dice che tali potenze non si indeboliscono con 1’ indebolirsi
del corpo, perché resta im mutabile l ’anima, che ne é il principio
attivo.
4. Quel ricordo va riferito alia m em oria che S. Agostino attribuisce alia m en te; non giá alia m em oria che fa parte dell’ anima
sensitiva.
5. N ell’ anima separata non c ’ é la g ioia o la tristezza dell’ appetito sensitivo, ma quella dell’ appetito intellettivo, com e negli angeli.
6. In questo caso S. Agostino parla come chi é in cerca della
veritá, non come chi vuole afferm arla; tant’ é vero che poi ritratterá alcune espressioni d i questo suo lib r o .3
5. P raeterea , gaudium et tristitia sunt in .concupiscibili, quae est
potentia sensitivae partís. Manifestum est autem animas separatas
tristari et gaudere de praem iis vel poenis quas habent. E rgo vis
concupiscibilis .manet in anima separata.
6. P raeterea , Augustinus dicit, 12 Super Gen. ad litt. [c. 32], quod
sicut anima, cum corpus iacet sine sensu nondum penitus m ortuum,
videt quaedam secundum im aginariam v ision em ; ita cum fuerit a
corpore penitus separata per mortem. Sed im aginatio est potentia
sensitivae partis. E rgo potentia sensitivae partís manet in anima se­
parata ; et per consequens omnes aliae potentiae.
S ed c o n t r a e s t quod dicitur in libro De Eccles. Dogmat. [c. 1 9 ] :
((Ex duabus tantum substantiis constat homo, anima cum ratione
sua, et carne cum sensibus su is». Ergo, defuncta carne, potentiae
sensitivae non manent.
R e s p o n d e o d ic e n d u m quod, sicut iam [aa. 5, 6, 7] dictum est, omnes
potentiae animae com parantur ad animam solam sicut ad p rin ci­
pium. Sed quaedam potentiae com parantur ad animam solam sicut
ad subiectum, ut intellectus et voluntas. Et huiusmodi potentiae necesse est quod maneant in anima, corpore destructo. Quaedam vero
potentiae sunt in coniuncto sicut in su biecto: sicut omnes potentiae
sensitivae partis et nutritivae. Destructo autem subiecto, non potest
accidens remanere. Unde, corru pto coniuncto, non manent huius­
m odi potentiae a c tu ; sed virtute tantum m anent in anima, sicut in
principio vel radice.
Et sic falsum est, quod quidam dicunt huiusm odi potentias in
anim a remanere etiam corpore corrupto. - Et multo falsius, quod
dicunt etiam actus liarum potentiarum remanere in anima sepa­
ra ta : quia talium potentiarum nulla est actio nisi per organum
corporeum.
Ad p r i m u m erg o d ic e n d u m quod liber ille auctoritatem non habet.
Unde quod ibi scriptum est, eadem facilítate contemnitur, qua di­
citur. - Tamen potest dici quod trahit secum anima huiusm odi po­
tentias, non actu, sed virtute.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod huiusm odi potentiae quas dicimus
actu in anim a separata n on manere, non sunt proprietates solius
animae, sed coniuncti.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod dicuntur non debilitan huiusm odi p o­
tentiae debilitato corpore, quia anim a manet immutabilis, quae est
virtuale principium huiusm odi potentiarum.
Ad q u a r t u m d ic e n d u m quod illa recordatio accipitur eo m odo quod
Augustinus [10 De Trin., c. 1 1 ; U , c. 7] ponit m em oriam in m en te;
non eo m odo quo ponitur pars animae sensitivae.
Ad q u i n t u m d ic e n d u m quod tristitia et gaudium sunt in anima
separata, non secundum appetitum sensitivum, sed secundum appetitum in tellectivu m ; sicut etiam in angelis.
Ad s e x t u m d ic e n d u m quod A ugustinus loquitur ibi inquirendo, non
asserendo. Unde quaedam ibi dicta retractat [2 R etract., c. 24].
1 Tra costoro troviam o lo Pseudo-Agostino, di cui abbiam o parlato nella nota
precedente. - E sempre nel De Spiritu et anima troviam o l ’errore che segue, e che
S. Tom m aso dichiara « an cora piü falso ».
2 La benevola spiegazione, anche in questo caso, non persuade. P rop rio per il
fatto che S. Agostino si é ritrattato, vien fatto d i pensare che egli avesse allora
1’ intenzione di asserire. - Ma S. Tom m aso prendeva in blocco l ’autoritd d i S. Ago
stino, e, trascurando il tempo intercorso tra la com pilazione d ell’uno e quella
d ell’altro testo, poteva scorgere nella loro divergenza un atteggiam ento di esitazione da parte d ell’Autore.
QUESTIONE 78
QUAESTÍO 78
Le potenze dell’anima in particolare.1
De potentiis animae in speeiali
in quatucr artículos divisa.
P assiam o ora alie potenze dell’ anima in particolare. Ma al teologo appartiene solo lo studio speciale sulle potenze intellettive e
appetitive in cui risiedono le virtü [intellettuali e m orali]. Dato pero
che la conoscenza di tali potenze dipende in una certa misura dalle
altre, dividerem o in tre parti la nostra indagine salle potenze dell’ anima in p articolare: primo, studieremo le potenze che 1’ intelletto
p resu p p on e; secondo, le potenze intellettive; terzo, le potenze ap­
petitive.
Sul prim o argomento studierem o: 1. I vari generi delle potenze
d ell’ an im a; 2. Le specie della parte vegetativa; 3. I sensi e stern i;
4. I sensi interni.
Deinde considerandum est de potentiis animae in speeiali. Ad considerationem autem Theologi pertinet inquirere specialiter solum
de potentiis intellectivis et appetitivis, in quibus virtutes inveniuntur. Sed quia cognitio harum potentiarum quodam m odo dependet
ex aliis, ideo nostra consideratio de potentiis animae in speeiali erit
tripartita: prim o namque considerandum est de his quae sunt
praeam bula ad intellectum ; secundo, de potentiis intellectivis [q. 79];
tertio, de potentiis appetitivis [q. 80].
Circa prim um quaeruntur quatuor. P r im o : de generibus poten­
tiarum animae. Secundo: de speciebus vegetativae partis. T ertio:
de sensibus exterioribus. Q u a rto: de sensibus interioribus.
ARTIGOLO 1
ARTICULUS 1
Se si debbano distinguere cinque generi di potenze nellamma.
Utrum quinqué genera potentiarum animae sint distinguenda.
Supra, q. 18, a. 3 ; De Verit., q. 10, a. 1, ad 2; De Anima, a. 13;
I De Anim a, lect. 14; S, lect. 3, 5,
S e m b r a che non si debbano distinguere n ell’ anima cinque generi
di potenze, e cioé potenze vegetative, sensitive, appetitive, locom otiv e 2 e intellettive. Infatti:
1. Le potenze dell’ anima vengono dette sue parti. Ora si assegnano comunemente da tutti tre parti dell’ anima, che son o: l ’ anima
vegetativa, la sensitiva e la razionale. Sono dunque soltanto tre, non
cinque, i generi delle potenze neU’ anima.
2. Le potenze dell’ anima sono i principii delle operazioni vitali.
Ma la vita si presenta soltanto sotto quattro forme. Scrive infatti
il F ilo s o fo : « P ur ammettendo che molte sono le form e della vita,
diciam o che un essere vive, anche se esso non possiede che una sola
di queste form e: sia essa 1’ intelligenza o il senso, il moto lócale
o il moto di nutrizione, deperimento e crescita ». Dunque sono soltanto quattro i generi delle potenze dell’ anima, restando escluse le
potenze appetitive.
3. Non é giusto stabilire nell’ anima un genere a parte per quello,
che é comune a tutte le potenze. Ma l ’ appetizione é com une a tutte
le potenze. Infatti la vista appetisce l’ oggetto visibile corrispettivo;
infatti sta s critto : « La grazia e la bellezza desidera il tuo o c c h io ;
m a m eglio di entrambi sono i seminati v erd eg g ia n ti». E per la
medesima ragione ogni altra potenza desidera il proprio oggetto.
1 II titolo della questione é cosí vasto, da abbracclare tutte le ultim e sei questioni del presente volum e. L eggendo con attenzione il p rologo, dal quale gli editori lo hanno troppo m aterialm ente estratto, ci a ccorg iam o che la questione 78 si
lim ita invece alio studio delle « potenze che 1’ intelletto presuppone ».
a Questo aggettivo, che evoca in noi 1’ im m agine d ella vaporiera o di altri
Ad p r i m u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod non sint quinqué genera
potentiarum animae distinguenda, scilicet vegetativum, sensitivum,
appetitivum, m otivum secundum locum , et intellectivum. Potentiae
enim animae dicuntur partes ipsius. Sed tantum tres partes animae
com m uniter ab óm nibus assignantur, scilicet anim a vegetabilis,
anima sensibilis, et anima rationalis. Ergo tantum tria sunt genera
potentiarum animae, et non quinqué.
2. P r aeterea , potentiae anim ae sunt prin cipia operum vitae. Sed
quatuor modis dicitur aliquid vivere, Dicit enim Philosophus, in
2 De Anim a [c. 2, lect. 3]: « M ultipliciter ipso vivere dicto, etsi
unum aliquod horum insit solum, aliquid dicim us v iv ere; ut intel­
lectus, et sensus, m otus et status secundum locum , adhuc autem
motus secundum alimentum, et decrementum et augmentum ». Ergo
tantum quatuor sunt genera potentiarum animae, appetitivo excluso.
3. P raeterea , ad illud quod est com m une ómnibus potentiis, non
debet deputari aliquod speciale animae genus. Sed appetere con­
venit cuilibet potentiae animae. Visus enim appetit visibile conven ien s: unde dicitur E ccli., 40, 22: «G ratiam et speciem desiderabit
oculus, et super hoc virid.es sation es». Et eadem ratione, quaelibet
m acch inari consim ili, va preso nel suo signifleato origin arlo ed etim ologico, vale
a diré di atto a m uovere localm ente. La facoltá, di m uoversi localm ente esiste
anche negli anim ali e n ell’uom o, p rim a an cora che nelle m acchine, il cu i m oto
non é vítale e immanente. - Da notare ch e questa facoltá, per S. Tom m aso com e
per Aristotele, abbracciava tutti J m ovim enti m uscolari, sia qu elli spontanei, che
qu elli riflessi (cfr. Gredt J., E lem enta philosophiae aristotelico-thom isticae, Frl
bu rgo [Brisg.], 1926, n. 512).
284
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 78, a. 1
LE POTENZE DELL’ ANIMA IN PARTICOLARE
Non si deve perianto annoverare l’ appetito tra i generi particolari
delle potenze dell’anima.
4.
P er Aristotele negli animali il p rin cipio del moto puó essere
il senso, o 1’ intelletto, o l ’ appetito. N on é quindi necessario aggiungere il principio del m oto [lócale] alie suddette potenze deH’ anima
com e un genere a parte.
I n c o n t r a r io : Scrive il F ilosofo: « L e facoltá che abbiam o indicato sono la vegetativa, la sensitiva, l ’ appetitiva, la facoltá di locomoziome e quella in te lle ttiv a ».1
R is p o n d o : Cinque sono nell’ anim a i generi delle potenze, e sono
quelli che abbiam o enumerato. Si p arla invece di tre anime e di
quattro form e di v ita .2
L a ragione di questa diversitá sta nel fatto che le anim e si distinguono secondo il diverso m odo col quale le operazioni vitali
sorpassano le operazioni delle cose corp oree: i corpi infatti sono
in feriori aH’anim a e servono ad essa, com e materia o com e strumento. Vi é perianto u n ’operazione dell’ anima, che trascende tal­
mente la realtá corporea, da non aver nemmeno bisogno di un or­
gano materiale per esplicarsi. E questa é l ’ operazione dell’ anima
razionale. - V’ é un ’ altra operazione dell’ anima, inferiore alia pre­
cedente, che si esplica mediante un organo materiale, non peró
mediante una qualitá corporea. Tale é l ’operazione dell’ anima sen­
sitiva. Infatti, sebbene il caldo e il freddo, l ’ um ido e il secco e altre
sim ili qualitá dei corpi, si richiedano afñnché il senso possa ope­
rare ; tuttavia non si richiedono afímché 1’ operazione dell’ anima
sensitiva abbia a svolgersi per mezzo della virtú di tali qualitá;
m a esse sono necessarie soltanto per la debita disposizione dell’ or­
gano. - L a piü bassa poi tra le operazioni d ell’ anim a é quella che
si svolge mediante un organo oorporeo e in virtü di certe qualitá
flsiche. A nch ’ essa peró sorpassa. l ’operazione della realtá mate­
riale, perché i movim enti dei corpi sono originati da un principio
estrinseco, mentre le operazioni in p arola provengono da un prin­
cipio in trín seco: aspetto comune questo a tutte le operazioni dell ’ a n im a ; perché ogni essere animato in qualche m odo muove se
stesso.3 Cosi si presenta l ’operazione d elVanima vegetativa-, infatti
la digestione e le operazioni che ne derivano si svolgono, strumentalmente, mediante l’ azione del calore, come dice Aristotele.
Invece i generi delle potenze dell’ anima si distinguono secondo gli
oggetti. Quanto piü una potenza é elevata tanto piü universale ne
é l ’oggetto, come abbiam o visto sopra. Ora l ’oggetto dell’ attivitá
d ell’anim a possiam o considerarlo in un tríplice ordine. V i é una
potenza dell’ anima, il cui oggetto n on é che il corpo stesso unito
all’ anima. E le potenze di questo genere si chiam ano facoltá vegeta tiv e: infatti le potenze vegetatíve non agiscono che nel corpo, cui
é unita 1’ anima. - V i é un altro genere di facoltá, che abbraccia
un oggetto piü universale, cioé ogni corpo sensibile, e non solo il
alia potentia desiderat obiectum sibi conveniens. E rgo non debet
poni appetitivum unum speciale genus potentiarum animae.
4. P raeterea , principium movens in animalibus est sensus, aut
intellectus, aut appetitus, ut dicitur in 3 De Anima [c. 10, lect. 15].
Non ergo motivum debet pon i speciale genus animae praeter praedicta.
,S ed con tra e s t quod Philosophus dicit, in 2 De Anim a [c. 3, lect. 5]:
«P oten tias autem dicimus vegetativum , sensitivum, appetitivum,
m otivum secundum locum , et intellectivum ».
R es po n d e o d ic e n d u m quod quinqué sunt genera potentiarum ani­
mae, quae numerata sunt. Tres vero dicuntur animae. Quatuor vero
dicuntur m odi vivendi.
Et huius diversitatis ratio est, quia diversae animae distinguuntur secundum quod diversimode operatio animae supergreditur ope­
rationem naturae corp oralis: tota enim natura corporalis subiacet
i animae, et com paratur ad ipsam sicut m ateria et instrumentum.
I Est ergo quaedam operatio animae, quae intantum excedit naturam
corpoream , quod ñeque etiam exercetur per organum corporale. Et
talis est operatio animae rationalis! ] - Est autem alia operatio ani­
m ae infra istam, quae quidem flt per organum corporale, non tajnen
per aliquam corpoream qualitatem. Et talis est operatio animae
sen sibilis: quia etsi calidum et frigidum , et hum idum et siccum, et
aliae huiusm odi qualitates corporeae requirantur ad operationem
sen su s; non tamen ita quod mediante virtute talium qualitatum
operatio animae sensibilis p ro ce d a t; sed requiruntur solum ad debitam dispositionem organi. - Infima autem operationum animae
est, quae fit per organum coriporeum, et virtute corporeae qualitatis. Supergreditur tam en operationem naturae corporeae: quia
motiones corporum sunt ab exterior! principio, huiusm odi autem
operátiones sunt a principio in trín seco; hoc enim com m une est óm ­
nibus operationibus an im ae; omne enim animatum aliquo m odo
movet seipsum. Et talisi est operatio animae vegeta bilis: digestio
enám, et ea quae consequ,untur, flt instrumentaliter per actionem
caloris, ut dicitur in 2 De Anim a [c, 4, lect. 6].
Genera vero potentiarum animae distinguuntur secundum obiecta.
Quanto enim potentia est altior, tanto respicit universalius obiectum,
ut supra [q. 77, a. 3, ad 4] dictum est. Obiectum autem operationis
anim ae in triplici ordine potest considerari. Alicuius enim potentiae
anim ae obiectum est solum corpus animae unitum. Et hoc genus
potentiarum animae dicitur vegetaitivum : non enim vegetativa p o­
tentia agit nisi in corpus cui anim a unitur. - Est autem aliud genus
potentiarum animae, quod respicit universalius obiectum, scilicet
omne corpus sen sib ile; et non solum corpus animae unitum. - Est
1
In questo bran o abbiam o in qualche m odo l ’atto d i nascita d e ll’a r t ic o lo ; il
guale peró non si lim ita a giustiflcare razionalm ente i cinque generi di potenze,
m a tenta di arm onizzare con essi le altre espressioni aristoteliche riportate nellé
difflcoltá. - II neutro d e ll’origin ale greco e della verslone latin a si rende difflcil„ m ente in italiano. Col neutro infatti viene indicato tutto un genere, e quindi una
p luralitá di p o te n ze ; m entre il fem m inile della traduzione italiana potrebbe íar
285
pensare che per Aristotele esisteva un a potenza speciflca detta vegetativa, e una
altrettanto speciñca potenza sensitiva. 11 che evidentem ente é falso, com e vedrem o
negli articoli seguenti.
2 Queste distinzioni e suddivisdoni fu ron o g iá elabórate d ag li an tichi fllosofl
greci, i qu ali non riuscirono peró a d a c c o r d a r s i sui num ero e sui signiflcato delle
entitá psichiche da essi elencate o ad d irittu ra escogitate. Celebre ir a tutte rim ase
la tricotom ía platónica. A P latone infatti si deve l ’enum erazione di tre an im e:
razionale, irascibüe e a p p etitlv a ..
3 La nota distintiva e costitutiva del viventi é precisam ente 1’ im manenza delle
loro operazioni (vedi Introd. Gen., n. 171).
286
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 78, a. 1
LE POTENZE DELL’ ANIMA IN PARTICOLARE
corpo unito all’ anima. - Y ’ é puré un terzo genere di potenze dell ’anima, che abbraccia un oggetto ancora piü universale, cioé non
il solo corpo sensibile, ma l ’ ente universalm ente preso. E perció
evidente che questi due ultim i generi di potenze hanno un’ opera­
zione che non riguarda soltanto ció che é unito all’ anima, m a an­
che il m ondo esterno. - Ora, essendo necessario che chi opera venga
a unirsi in qualche m odo a ll’oggetto della sua operazione, bisogna
che la cosa estrinseca, oggetto dell’ operazione dell’ anima, abbia rapporto con l ’ anima sotto due aspetti. P rim o, in quanto ha l’ attitudine a unirsi all’ anim a-e a trovarsi in essa mediante una sua im ­
magine. A bbiam o cosí due generi di p oten ze: quelle sensitive che si
portano verso un oggetto meno universale, quale é il corpo sensibile,
e quelle intellettive, che abbracciano un oggetto vastissimo, quale
é l ’ ente nella sua universalitá. Secondo, in quanto l ’íinim a stessa é
inclinata e tende verso la realtá esterna. Anche sotto questo rispetto
abbiam o due generi di potenze n ell’ an im a: nel primo si trovano
le facoltá appetitive, che servono all’ anima per volgersi verso l ’ oggetto esteriore com e a un fine, e al fine spetta una prioritá in ordine
d ’ in ten zion e; nel secondo le facoltá di locomozione, che servono
all’ anima per portarsi verso la cosa esteriore, com e verso il ter­
mine della sua operazione e del suo m o t o ; infatti ogni animale si
muove, per raggiungere un oggetto desiderato e perseguito.
Le form e di vita invece si distinguono secondo i vari gradi dei
viventi. Yi sono infatti dei viventi, le piante, che hanno la sola
vegetalitá. Altri, p. es., le ostriche, hanno la sensibilitá unita alia
vegetalitá, sebbene m anchino di moto lócale. - Altri p oi hanno
anche questa facoltá di m uoversi nello sp a zio; p. es., gli animali
perfetti che, abbisognando di molti mezzi per vivere, hanno bisogno
del moto per provvedersi le cose distanti necessarie alia vita. - E vi
sono inñne dei viventi, cioé gli uom ini, nei quali a tutti questi
gradi si aggiunge 1’ intelligenza. - Invece 1’ esser dotato di appetizione non costituisce un grado speciale nei v iv e n ti; perché si ha
l ’ appetito dovunque esiste la sensibilitá, come dice A ristotele.1
S o l u z io n e d e ll e d i f f i c o l t á : 1, 2. Due difficoltá sono cosi risolte.
3.
h'appetito naturaW 2 non é che 1’ inclinazione congenita di ogni
essere verso qualche cosa : in questo senso ogn i potenza, per im ­
pulso di natura, desidera il proprio oggetto. - Invece Vappetito
animale dipende da una percezione. E per tale appetito non basta
la sola cognizione dell’ oggetto, m a si esige una speciale potenza
dell’ anima. Infatti 1’ oggetto é desiderato quale é realmente nella
sua n a tu ra ; esso invece nella facoltá conoscitiva non si trova con
la sua realtá natúrale, m a solo mediante un’ im magine. Quindi é
chiaro che la vista, p. es., appetisce naturalmente l ’ oggetto visibile
soltanto in ordine al suo atto, cioé per v e d e re ; l’ animale invece
appetisce con le sue facoltá appetitive la cosa veduta, non solo per
vederla, m a anche per altri usi. - Se 1’ anima peró non abbisognasse delle cose, percepite dai sensi, che per la sola attivitá dei
sensi stessi, cioé per sentirle, non ci sarebbe m otivo di considerare
la potenza appetitiva come un genere a parte delle potenze del-
autem aliud genus potentiarum animae, quod respicit adhuc universalius obiectum, scilicet non solum corpus sensibile, sed universaliter omne ens. Ex quo patet quod ista dúo secunda genera p o­
tentiarum animae habent operationem non solum respectu rei coniiunctae, sed etiam respectu rei extrinsecae. - Cum autem operans
oporteat aliquo m odo coniungi suo obiecto circa quod operatur,
necesse est extrinsecam rem, quae est obiectum operationis animae,
secundum duplicem rationem ad animam comparari. Uno m odo,
secundum quod nata est animae coniungi et in anim a esse per
suam similitudinem. Et quantum ad hoc, sunt dúo genera poten­
tiarum : scilicet sensitivum, respectu obiecti minus comm unis, quod
est corpus sensibile; et intellectivum, respectu obiecti communissimi, quod est ens universale. - A lio vero modo, secundum quod
ipsa anim a inclinatur et tendit in rem exteriorem. Et secundum
hanc etiam comparationem, sunt dúo genera potentiarum anim ae:
unum quidem, scilicet appetiíivum, secundum quod anima comparatur ad rem extrinsecam ut ad finem, qui est prim um in intentio n e ; aliud autem motivum secundum locum, prout anima com paratur ad rem exteriorem sicut ad term inum operationis et m o tu s ;
ad consequendum enim aliquod desiderátum et intentum, omne
animal movetur.
M odi vero videndi distinguuntur secundum gradus viventium.
Quaedam enim viventia sunt, in quibus est tantum vegetativum,
sicut in plantis. - Quaedam vero, in quibus cum vegetativo est etiam
sensitivum, non tamen motivum secundum lo cu m ; sicut sunt iinm obilia animalia, ut oonchilia. - Quaedam vero sunt, quae supra
hoc habent motivum secundum lo cu m ; ut perfecta animalia, quae
multis indigent ad suam vitam, et ideo indigent motu, ut vitae necessaria procul posita quaerere possint. - Quaedam vero viventia
sunt, in quibus cum his est intellectivum, scilicet in hominibus. Appetitivum autem non constituit aliquem gradum viven tium : quia
in quibuscumque est sensus, est etiam appetitus, ut dicitur in 2 li­
bro De Anima [c. 3, lect. 5].
Et per hoc solvuntur dúo prim a obiecta.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod appetitus naturalis est inclinatio cuiuslibet rei in aliquid, ex natura su a : unde naturali appetitu quaelibet
potentia desiderat sibi oonveniens. - Sed a,ppetitus animalis consequitur form am apprehensam. Et ad huiusm odi appetitum requiritur
specialis animae potentia, et non sufficit sola apprehensio. Res enim
appetitur prout est in sua n atu ra: non est autem secundum suam
naturam in virtute apprehensiva, sed secundum suam similitudi­
nem. Unde patet quod visus appetit naturaliter visibile solum ad
suum actum, scilicet ad viden du m : anim al autem appetit rem visam per vim appetitivam, non solum ad videndum, sed etiam ad
alios usus. - Si autem non indigeret anim a rebus perceptis a sensu,
nisi propter actiones sensuum, scilicet ut eas sentiret; non oporte-
1
In questa. analisi dalle facoltá psichiche é fa cile sentire l ’eto d i tutto il
De Anima a risto té lico ; com e in quest’ultim a opera é fa cile rlntracciare i mo
tivi em ersi nelle dispute dell'A ccadem ia intorno alie categorie platoniche.
287
2
L ’aggettivo latino naturalis deriva qu i direttam ente dalle espressioni aristoteliche, e cioé dal greco qpvoixó?, e si contrapporue spesso al term ine ipvxtxóc. Nelle
lingu e m oderne sano tornati in uso questi aggettivi cosi com ’essi suonano nella
lingu a o r ig ín a le ; perció nella nostra traduzione, che intende uniform arsi nei lim iti del possibile alia lin gu a viva dei nostri giorn i, si parlerá di facoltá flslche,
ovvero flslologlche, nonché di facoltá psichiche.
288
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 78, aa. 1-2
I’ anima, perché allora basterebbe l ’ appetito naturale delle potenze
stesse.
4.
iSebbene negli animali perfetti il senso e l ’ appetito sianp prin­
cipii motori, tuttavia il senso e l ’appetito in quanto tali non bastano a daré il movimento senza servirsi di u n ’ altra fa coltá : in­
fatti n egli animali im m obili vi é il senso e l ’ appetito, eppure mancano della facoltá di locom ozione. Questa facoltá non solo ha sede
n ell’ appetito e nel senso, che com andano il moto, ma ancora nelle
varié membra del corpo, per renderle disposte a obbedire a ll’ appetito dell’ anima, quando questa vuole il movimento. Ne abbiamo
un segno nel fatto che, quando le m em bra perdono la loro disposizione naturale, non obbedáscono piü aH’appetito in ordine al moto. 1
LE POTENZE D E LL’ANIMA IN PARTICOLARE
289
ret appetitivum ponere speciale genus inter potentias anim ae: quia
sufficeret appetitus naturalisi potentiarum.
A d q u a r t u m d ic e n d u m quod, quam vis sensus et appetitus sint prin ­
cipia m oventia in animalibus perfectis, non tamen sensus et appe­
titus, inquantum huiusm odi, sufficiunt ad movendum, nisi superadderetur eis aliqua v irtu s: nam in im m obilibus animalibus est sensus
et appetitus, non tam en habent vim motivam. Haec autem vis m o­
tiva non solum est in appetitu et sensu ut imperante m o tu m ; sed
etiam est in ipsis partibus corporis, ut sint habilia ad obediendum
appetitui animae moventis. Cuius signum est, quod quando m em bra
removentur a sua dispositione naturali, non obediunt appetitui ad
motum.
ARTICULUS 2
ARTICOLO 2
Se sia giusto assegnare come parti della vegetativa le facoltá
di nutrizione, di crescita e di generazione.
che n on sia giusto assegnare com e parti della vegetativa
la facoltá di nutrizione, di crescita e di generazione. Infatti:
1. Queste facoltá vengoaio denomínate fisiche. Le potenze dell ’anim a invece sono al di sopra delle forze fisiche. N on si devono
quindi mettere tra le potenze dell’anima codeste facoltá.
2. Non si puó assegnare a ll’ anima una speciale potenza per fun­
zioni che sono com uni ai viventi e ai non viventi. Ora la genera­
zione é comune a tutti i corpi generabili e corruttibili, sia viventi
che non viventi. P erció la facoltá generativa non si deve ritenere
come una potenza dell’ anima.
3. L ’ anima é piü potente della natura corporea. M a la natura
corporea conferisce la specie e la dovuta quantitá con una sola
virtü attiva. A m aggior ragione 1’ anima. P er conseguenza la fa­
coltá accrescitiva dell’ anima e quella generativa non si distinguono
tra loro.
4. Ogni cosa é conservata nell’ essere da chi le dá 1’ essere. Ma
il vivente acquista. l ’ essere dalla potenza generativa. P erció é con­
servato in vita dalla medesima. Ora anche la nutritiva é ordinata
alia conservazione dell’essere vivente: infatti come scrive Aristo­
tele: «e ssa é una potenza capace di salvare chi la possiede». Dun­
que non si deve distinguere la nutritiva dalla generativa.
In c o n tr a r io : Insegna il Filosofo che le opero di quest’ anim a sono :
((generare, usare degli alimenta» e ((causare la c r e s c ita » .3
R i s p o n d o : Sono tre le potenze della parte vegetativa. Infatti il
prin cip io vegetativo, com e si é detto, ha per oggetto il corp o stesso
vivificato dall’ anim a: e un tale corpo ha bisogno di tre operazioni
S em bra
1
La fisiología m oderna ha plenam ente giustificato questa illazione, Infatti si
6 potuto rilevare l ’esistenza di flbre nervose della eonduzione centrifuga, ben di­
stinte da quelle della eonduzione centrípeta. - « La eonduzione centrifuga [quella
che conduce l ’eccitam ento ag li organi di esecuzione] ai m uscoli volontari si com ­
pie pmre direttamente per mezzo di flbre, che nasoono da cellule esistenti nella
sostanza g rig ia di alcune parti d ell’encefalo e nelle corn a amteriori del m idollo
Utrum convenienter partes vegetativae assignentur, scilicet nutritivum,
augmentativum, et generativum.
í Cont. Gent., c. 58; De Anim a, a. 13; 2 De Anima, lect. 9.
A d s e c u n d u m s i c p r o c e d it u r . V idetur quod inconvenienter partes
vegetativae assignentur, scilicet nutritivum, augmentativum, et ge­
nerativum. Huiusmodi enim vires dicuntur naturales. Sed potentiae
anim ae sunt supra vires naturales. E rgo huiusm odi vires non debent poni potentiae animae.
2. P raeterea , ad id quod est com m une viventibus et non viventi­
bus, non debet aliqua potentia animae deputari. Sed generatio est
com m unis ómnibus generabilibus et corruptibilibus, tam viventibus
quam non viventibus. E rgo vis generativa non debet poni potentia
animae.
3. P r a et erea , anima potentior est quam natura corporea. Sed na­
tura corporea eadem virtute activa dat speciem et debitam quantitatem. Ergo multo m agis anima. Non est ergo alia potentia animae
augm entativa a generativa.
4. P raeterea , unaquaeque res conservatur in esse per id per quod
esse habet. Sed potentia generativa est per quam acquiritur esse
viventis. Ergo per eandem res viva conservatur. Sed ad conservationem rei viventis ordinatur vis nutritiva, ut dicitur in 2 De Anim a
[c. 4, lect. 9]: est enim « potentia potens salvare suscipiens ipsam »
[ilbid.]. Non dehet ergo diisitángui nutritiva potentia a generativa.
S ed c o n tra e s t quod P hilosophus dicit, in 2 De Anim a [c. 4, lect. 7],
quod opera huius animae sunt « generare, et alimento u ti» , et iterum
[c. 2, lect. 3] «augm entum fa ce re ».
R e s p o n d e o d ic e n d u m quod tres sunt potentiae vegetativae partis.
Vegetativum enim, ut dictum est [a. 1], habet pro obiecto ipsum
corpus vivens per anim am : ad quod quidem corpus triplex animae
splnale, e che terminan*) nei m uscoli per mezzo di p articolari diram azioni che si
m ettono in com unicazione con la fibra m u sco la re » [Ene. lt., vol. 24, p. 637).
2
I bran i aristotelici, a i quali si accenna, son serviti per secoli a dascrivere
tutto il com plesso delle facoltá organiche, d i cui é costituita la vita vegetativa.
E ció non solo per i filosofi, m a anche per i m edici e per i naturalisti. - Modernizzando la teoria aristotélica in base alie esperienze piü sicure, bisognerebbe
m oltiplicare dette facoltá secondo le funzioni specifiche dei vari apparati fisiologici.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 78, a. 2
LE POTENZE DELL'ANIM A IN PARTICOLARE
dell’ anima. Una prim a per acquistare l ’ esistenza: e a tale scopo
é ordinata la potenza generativa. Una seconda, perché il corp o vivo
possa raggiungere la debita quantitá: a tale scopo é ordinata la
potenza accrescitiva. Una terza per mantenere il corp o del vivente
n ell’ essere e nella quantitá dovu ta: e a questo scopo é ordinata la
potenza nutritiva.
Si deve pero notare una differenza tra queste potenze. La nutri­
tiva e 1’ accrescitiva produ cono il loro effetto nel soggetto in cui si
trovano ; poiché é proprio il corpo unito a ll’ anima che si sviluppa
e si conserva mediante le facoltá di crescita e di nutrizione esi­
stenti n ell’ anima stessa. Invece la facoltá generativa produce il
suo effetto, non nel medesimo corpo, m a in un a lt r o ; poiché nessaino
puó generare se stesso. - Sotto quest’ aspetto la generativa si avvicina in certo m odo alia nobiltá dell’ anim a sensitiva, che rivolge la
sua operazione sui mondo esteriore, sebbene in m odo piü eccellente
e piü esteso: infatti il grado supremo d i u na natura interiore tocca
quello inñmo della natura superiore, come m ostra Dionigi. - Perció quella tra queste potenze che piü esercita la funzione di causa
finale ed efficiente, e che ha m aggiore perfezione, é la generativa,
coiné dice Aristotele, essendo proprio dell’ essere perfetto «p r o durre un altro essere della m edesima specie ». La potenza poi ac­
crescitiva e la nutritiva servono alia g en era tiv a ; mentre quella
nutritiva serve puré a quella a ccrescitiv a .1 .
S o l u z io n e de ll e d if f ic o l t á : 1. Queste facoltá si dicono fisiche, sia
perché hanno un effetto simile a quello della natura física, la quale
conferisce anch’ essa esistenza, quantitá e durata [ai corpi inanimati] (benché dette facoltá abbiano queste capacitá in m odo piü
a lt o ); sia perché esercitano le loro funzioni servendosi come di
strumenti delle qualitá attive e passive, cause determinanti dei fenomeni fisici.
2. Nelle cose inanim ate la generazione viene totalmente dal di
fuori. L a generazione dei viventi, invece, a w ie n e in un m odo piü
alto, per mezzo di qualche cosa che appartiene al vivente stesso,
cioé m ediante il seme, in cui é presente un prin cip io capace di
plasm are il corpo. Bisogna quindi che n ell’ essere vivente esista
una potenza dalla quale venga preparato quel se m e : e questa é la
potenza generativa.
3. Siccom e la generazione dei viventi proviene, da un seme, é necessario che da principio 1’ animale sia generato di piccole dimen­
sioni. Si richiede quindi che possegga n ell’ anima una potenza fatta
per raggiungere la grandezza dovuta. Invece i corpi inanimati sono
generati da una m ateria giá determinata, sotto l ’ azione di un agente
estrinseco ; perció ricevono insieme la lo ro specie e la loro quan­
titá, secondo la condizione della materia.
4. Come si e giá detto, l ’ operazione del principio vegetativo si
com pie m ediante il calore, che tende a consumare 1’ elemento umido.
P er riparare questa perdita, é necessaria la potenza nutritiva che
serve a trasform are l ’ alimento nella sostanza del corpo. E ció é
necessario anche per l ’operazione della potenza accrescitiva e ge­
nerativa.
operatio est necessaria. U na quidem, per quam esse acqu irat: et
ad hoc ordinatur potentia generativa. A lia vero, per quam corpus
vivum acquirit debitam qu antitatem : et ad hoc ordinatur vis augmentativa. A lia vero, per quam corpu s viventis salvatur et in esse,
et in quantitate deb ita: et ad hoc ordinatur vis nutritiva.
Est tamen quaedam differentia attendenda inter has potentias.
Nam nutritiva et augmentativa habent suum effectum in eo in quo
sunt: quia ipsum corpus unitum animae augetur et conservatur
per vim augmentativam et nutritivam in eadem anim a existentem.
Sed vis generativa habet effectum suum, non in eodem corpore, sed
in a lio : quia nihil est generativum sui ipsius. - Et ideo vis gene­
rativa quodam m odo appropinquat ad dignitatem animae sensitivae,
quae habet operationem in res exteriores, licet excellentiori m odo
et u n iversaliori: supremum enim inferioris naturae attingit id quod
est inñmum superioris, ut patet per Dionysium, in 7 cap. De Div.
TSSom. [lect. 4], - Et ideo inter istas tres potentias flnalior et principalior et perfectior est generativa, un dicitur in 2 De Anima [c. 4,
lect. 9 ]: est enim rei iam perfectae « facere alteram qualis ipsa e s t»
[c. 4, lect. 7]. Generativae autem deserviunt et augmentativa et nu­
tritiva: augmentativae vero nutritiva.
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod huiusm odi vires dicuntur natura­
les, tum quia habent. effectum similem naturae, quae etiam dat esse
et quantitatem et conservationem (licet hae vires liabeant hoc altiori
m o d o ): tum quia hae vires exercent suas actiones instrumentaliter
per qualitates activas et passivas, quae sunt naturalium actionum
principia.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod generatio in rebus inanim atis est
totaliter ab extrínseco. Sed generatio viventium est quodam altiori
modo, per aliquid ipsius viventis, quod est semen, in quo est aliquod
principium corporis formativum. Et ideo oportet esse aliquam potentiam rei viventis, per quam semen huiusmodi praeparetur: et
haec est vis generativa.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod, quia generatio viventium est ex aliquo
semine, oportet quod in principio anim al generetur parvae quantitatis. Et propter hoc necesse est quod habeat potentiam animae, per
quam ad debitam quantitatem perducatur. Sed corpus inanim atum
generatur ex materia determinata ab agente extrínseco: et ideo simul recipit speciem et quantitatem, secundum materiae conditionem.
Ad q u a r t u m d ic e n d u m quod, sicut iam [a. 1] dictum est, operatio
vegetativi principii oompletur mediante calore, cuius est hum idum
consumere. Et ideo, ad restaurationem hum idi deperditi, necesse
est habere potentiam nutritivam, per quam alimentum convertatur
in substantiam corporis. Quod etiam est necessarium ad actum virtutis augmentativae et generative.
290
1 « Si noterá la chiarezza d i questa veduta d ' insiem e, sia delle potenze in ge­
nere, sia delle potenze d e ll1anim a vegetativa. 11 tono deduttivo e il richiam o " al
291
l ’argom ento d ell’ordine ” non devono tuttavia fare illusione. N oi abbiam o qu i i
risultati di un gran numero di ricerche sperim entali dovute ad Aristotele. Nella
vía inventionis si é proceduto dalle operazioni, fatti di esperienza, alie potenze,
illazioni razionali. Ma noi troviam o qui una specie di contem plazione estetica,
dove il metaftsico si procura delle visioni d ’ insiem e, e ne discerne la profonda
arm onía. T uttavia i p rin cip ii neoplatonici, qu ale quello che “ la parte suprem a
di una natura interiore raggiunge la parte piü bassa di quella ad essa supe­
r io r e ” , non apportano lu ce che nella m isura in cui l ’esperienza si presta a riceverla. 11 metaftsico non puó contentarsi d i una congerie di espeTienze. E gli
vuole ordinare, per concepire con chiarezza » (W é b e r t .J., op. cit., pp. 357, 358).
292
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 78, a. 3
LE POTENZE DELL’ANIMA IN PARTICOLARÍS
ARTICOLO 3
ARTICULUS
I
1 Sono denom inati sensibili per accidens quelle cose che il senso propriam ente
non percepisce, perché oggetto esclusivo dell’ in tellig en za : l ’ente, la sostanza.
3
Utrum convenienter distinguantur quinqué sensus exteriores.
Se sia esatto distinguere cinque sensi esterni.
S e m b r a che non sia esatto distinguere cinque sensi esterni. Infa t ti:
1. L a funzione dei sensi é di conoscere gli accidenti. M a questi
si suddistinguono in molti generi. E poiché le potenze si distinguono
in base ai loro oggetti, parrebbe che i sensi dovessero m oltiplicarsi
in base al num ero dei generi degli accidenti.
2. La grandezza, la figura e g li altri accidenti chiam ati sensibili
com uni, non si identificano con i sensibili p er accidens, ché anzi si
contraddistinguono da e s s i.1 Ora, la diversitá essenziale [p er se]
degli oggetti im porta una diversitá di potenze. Siccome dunque la
grandezza e la figura differiscono dal colore piü che il suono,
sembra piü necessario che esistano potenze sensitive distinte per
conoscere la grandezza e la figura, che non per il colore e per il
suono.
3. Un senso non percepisce che una coppia di contrari, come la
vista che percepisce il ■bianco/ e il ñero. II tatto invece percepisce
piü coppie di con tra ri: il caldo e il freddO', l ’um ido e l ’ asciutto, ecc.
Saranno quindi piü sensi e non uno solo. Dunque i sensi sono piü
di cinque.
4. U na specie non si contraddistingue dal suo genere. Ora il gusto
é una specie del tatto. Perció non si deve classificare come senso
distinto dal tatto.
I n co n tr a r io : II Filosofo insegna che « all’ infuori dei cinque sensi
non ce ne sono altri».
R i s p o n d o .- A lcuni tentarono di desuniere il fondam ento della di­
stinzione e del num ero dei sensi esterni dai rispettivi organi, cioé
dal predom inio in essi esercitato da un dato elemento, ossia dall ’ acqua, d a lla ría , o da altra. c o s a del genere. - Altri invece dal
mezzo [che serve alia sensazione], com e sarebbe l ’aria, l ’acqua, ecc.,
il quale puó essere immanente oppure estrinseco. - Altri finalmente
dalla diversitá di natura delle qualitá sensibili, cioé a seconda che
la qualitá appartiene a un corpo semplice, o deriva da una com ­
binazione. 2
Ma nessuno di questi criteri é giusto. Infatti non le potenze sono
per gli organi, ma gli organi per le p oten ze: quindi non perché ci
son o diversi organi si hanno diverse potenze, m a la natura form ó
organ i diversi, perché corrispondessero alia diversitá delle potenze. Cosi puré assegnó mezzi diversi ai diversi sensi, secondo che lo richiedevano le operazioni delle potenze. - R igu ardo poi alia natura
d e lle , qualitá sensibili, non é il senso che ha la capacitá di conoscerla, m a 1’ intelletto.
D ovrem o dunque desuniere il fondam ento del num ero e della d i­
stinzione dei sensi esterni da quanto propriam ente ed essenzialmente
293-
Sent., d. 2, q. 2, a. 2, ad 5; De Anim a, a. 13; f De Anima, lect. 14; S, lect. 1.
A d t e r t i u m s i c p r o c e d it u r . Videtur quod inconvenienter distin­
guantur quinqué sensus exteriores. Sensus enim est cognoscitivus
accidentium. Sunt autem m ulta genera accidentium. Cum ergo p o­
tentiae distinguantur per obiecta, videtur quod sensus multiplicentur secundum num erum qu i est in generiíbus accidentium.
2. P r a e te r e a , m agnitudo et figura, et alia quae dicuntur sensibilia
coinmunia, non sunt sensibilia per accidens, sed contra ea dividuntur in 2 D e Anim a [c. 6, lect. 13]. Diversitas autem per se obiectorum
diversificat potentias. Cum ergo plus differant m agnitudo et figura
a colore quam so n u s; videtur quod multo m agis debeat esse alia
potentia sensitiva cognoscitiva magnitudinis aut figurae, quam co­
lorís et soni.
3. P r a e t e r e a , u nus sensus est unius con trarietatis; sicut visus albi
et nigri. Sed tactus est cognoscitivus plurium contrarietatum : sci­
licet calid i et frigidi, hum idi et sicci, et huiusmodi. E rgo non est
sensus unus, sed plures. E rgo plures sensus sunt quam quinqué.
4. P r a e te r e a , species non dividitur contra genus. Sed gustus est
tactus quidam. Ergo non debet pon i alter sensus praeter tactum.
S ed c o n t r a e s t quod Philosophus dicit, in 3 De Anima [c. 1, lect.11],
quod <(non est alter sensus praeter quinqué».
R e s p o n d e o d i c e n d u m quod rationem distinctionis et num eri sensuum exteriorum quidam accipere voluerunt ex parte organorum ,
in quibus aliquod elementorum dom inatur, vel aqua, vel aer, vel
aliquid huiusmodi. - Quidam autem ex parte medii, quod est vel
coniunctum , vel extrinsecu m ; et hoc vel aer, vel aqua, vel aliquid
huiusm odi. - Quidam autem ex diversa natura sensibilium qualitatum, secundum quod est qualitas simplicis corporis, vel sequens
complexionem.
Sed nihil istorum conveniens est. Non enim potentiae sunt prop ­
ter organa, sed organa propter potentias: unde non propter hoc
sunt diversae potentiae, quia sunt diversa org a n a ; sed ideo natura
instituit diversitatem in organis, u t congruerent diversitati poten­
tiarum. - Et similiter diversa m edia diversis sensibus attribuit, se­
cundum quod erat conveniens ad actus potentiarum. - Naturas
autem sensibilium qualitatum cognoscere non est sensus, sed intel­
lectus.
A ccipienda est ergo ratio num eri et distinctionis exteriorum sensuum, secundum illud quod proprie et per se ad sensum pertinet.
l ’essenza, le relazioni.... Sono invece sen sibili com uni quelle proprietá fisiche, le
qu ali vengono peroepite indirettam ente da piü se>nsi, m ediante le quaditá, o pro­
prietá flsiche dei corpi, che propriam ente trasm utano g li organi sensori. V edi
Diz. Tom., «S en sib ilia ».
2
Sembrerebbe che S. Tomm aso nel descrivene queste diverse opinioni avesse
dinanzi un brano del suo m aestro, cioé di S. Alberto M agno (Summa de creaturls, P. II, tract. 1, q. 32, a. 4). Infatti il maestro difende espressamente quei tre
criteri, che il discepolo considera inadatti.
m
LA SOMMA TEOLOGICA, 1, q. ?8, a. 3
appartiene al senso. Ora il senso é una potenza passiva, che é fatta
per essere trasmutata dalle cose esteriori sensibili. Quindi 1’ oggetto
estem o, causa della trasmutazione dei sensi, é propriam ente ció che
viene percepitb dal senso, e secondo le differenz-e di esso, si distinguono [tra loro] le potenze sensitive.
Ora, due son o le specie della trasm utazione: u na física, l ’ altra
sp iritu a le.1 íUsica, in quanto la form a di chi produce la trasmutazione é ricevuta secondo il suo essere físico, cosi come il calore é
ricevuto nell’ oggetto riscaldato. Spirituale, in quanto la form a di
quello che produce la trasm utazione é ricevuta in m odo spirituale,
com e a w ie n e per la form a del colore nella pupilla, la quale per
questa recezione n on diventa colorata. Ora, per la sensazione si
richiede questa trasmutazione spirituale, mediante la quale la form a
intenzionale dell’ oggetto sensibile viene a trovarsi nell’ organo del
senso. Diversamente, se bastasse la sola trasm utazione física per
sentire, tutti i corpi físici sentirebbero, quando subiscono un’alte­
razione.
V i sono peró dei sensi, come la vista, nei quali si ha soltanto una
trasm utazione spirituale. - In altri invece, oltre alia trasmutazione
spirituale vi é puré quella física ; o esclusivamente per parte dell ’oggetto, ovvero anche per p a ite dell’organo. Da parte dell’oggetto
si ha una trasmutazione física di carattere spaziale nel suono, che
é oggetto delY ud ito; poiché il suono é causato d a u n a percussione
e dalla vibrazione dell’ aria. Si attua invece mediante u n ’ altera­
zione nell’odore, che é oggetto dell’ oZ/aíío1; essendo necessario che il
corpo, per emanare l’ odore, sia in qualche m odo alterato dal caldo. Da parte poi dell’ organo, si ha una trasmutazione física nel tatto
e nel gusto-, infatti a toccare cose calde la m ano si riscalda, e la
lin gu a a contatto con i corpi um idi si inumidisce. Ma gli organi
dell’olfatto o dell’udito nel sentire non subiscono trasm utazioni fisi­
che, se non in m aniera del tutto accidéntale.
L a vista perianto, poiché funziona senza mutazione física del1’organ o e d ell’oggetto, é il senso piü spirituale e perfetto, e piü
universale. Viene poi l ’udito, seguito dall’ odorato. Essi com portano
entrambi una mutazione física da parte dell’ o g g e tto ; tuttavia il
m oto lócale é piü perfetto e, in ordine di natura, anteriore rispetto
al moto di alterazione, come prova Aristotele. Invece il tatto e il
gusto sono i sensi piü m a teria li; ma parlerem o in seguito della
loro distinzione. - Da ció deriva che i prim i tre sensi non operano
servendosi di un mezzo immanente [al soggetto], perché nessuna
trasmutazione física deve alterarne l ’organo, come invece aw ien e
per questi ultim i due sensi.2
S o l u z io n e d e l l e d i f f i c o l t á : 1. Non tutti g li accidenti hanno per
loro natura la capacité, di causare trasmutazioni, m a solo le qua­
litá della terza specie, che producono l ’ alterazione. P er questo, esse
solé sono oggetto dei sensi, poiché, a detta di Aristotele « i l senso
é alterato dalle stesse cause, dalle quali sono alterati i corpi inan im a ti».
1
Qui spirituale ha un signiflcato non rigoroso, m a analogico, E l ’analogta non
é desunía d a ll’ influsso caúsale esercitato dai corp i celesti sul colore, ma da quell ’aspetto com une a tutti i fenom eni conoscitivi, che é 1’ íntenzionalitá. Ogni atto
conoscitivo a w ie n e per un superamento della m ateria e delle sue proprietá. Per-
LE POTENZE D E LL’ANIMA IN PARTICOLARE
295
Est autem sensus quaedam potentia passiva, quae nata est immutari ab exteriori sensibili. Exterius ergo immutativum est quod per
se a sensu pércipitur, et secundum cuius diversitatem sensitivae
potentiae distinguuntur.
Est autem dúplex im m u tatio: una naturalis, et alia spiritualis.
Naturalis quidem, secundum quod form a im m utantis recipitur in
immutato secundum esse naturale, sácut calor in calefacto. Spiri­
tualis autem, secundum quod form a immutantis recipitur in im m u­
tato secundum esse sp iritu a le; ut i'orma colorís in pupilla, quae
non fit per hoc colorata. A d operationem autem sensus requiritur
immutatio spiritualis, per quam intentio form ae sensibilis fiat in
organo sensus. Alioquin, si sola im mutatio naturalis sufflceret ad
sentiendum, omnia corpora naturalia sentirent dum alterantur.
Sed in quibusdam sensibus m venitur immutatio spiritualis tan­
tum, sicut in visu. - In quibusdam autem, cum immutatione spirituali, etiam naturalis; vel ex parte oibiecti tantum, vel etiam ex
parte organi. Ex parte autem obiecti, invenitur transmutatio natu­
ralis, secundum locum quidem, in sono, qui est obiectum a u d itu s:
nam sonus ex percussione caueatur et aeris commotione. Secundum
alterationem vero, in odore, qui est obiectum o lfa ctu s: oportet enim
per calidum alterari aliquo m odo corpus, ad hoc quod spiret odorem. - Ex parte autem organi, est immutatio naturalis in tactu et
g u s tu : nam et m anus tangens calida calefit, et lingua hum ectatur
per humiditatem saporum. Organum vero olfactus aut auditus1nulla
naturali immutatione im mutatur in sentiendo, nisi per accidens.
Visus autem, quia est absque im mutatione naturali et organi et
obiecti, est máxime spiritualis, et perfectior inter omnes sensus, et
comm unior. Et post hoc auditus, et deinde olfactus, qui habent
immutationem naturalem ex parte obiecti. Motus tamen localis est
perfectior et naturaliter p rior quam m otus alterationis, ut probatur in 8 Physic. [c. 7, lect. 14]. Tactus autem et gustus sunt máxime
m ateriales: de quorum distinctione post [ad 3, 4] dicetur. - Et inde
est quod alii tres sensus non fiunt p er médium coniunctum , ne a li­
qua naturalis transmutatio pertingat ad organum , ut accidit in his
duobus sensibus.
A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod non om nia accidentia habent vim
immutativam secundum se ; sed solae qualitates tertiae speciei, secumdum quas contingit alteratio. Et ideo solae huiusm odi qualitates
sunt obiecta sensuum : quia, ut dicitur in 7 P hysic. [c. 2, lect. 4],
« secundum. eadem alteratur sensus, secundum quae alterantur corp ora inanim ata».
ció la presenza d ell’oggetto nel senziente non é una presenza física o m ateriale,
e neppure 6 dovuta form alm ente a ll’alterazione súbita d a ll’o r g a n o ; m a a ll’ imm agine intenzionale che questa provoca nel conosoente. E quest’ultim o h a quella
particolare recettivitá in forza della sua superioritá essenziale su ll’ordin e físico.
Sarebbe perció piü esatto parlare di alterazione intenzionale o psichica, piuttosto
che di alterazione spirituale. - L ’ indagine positiva ha precisato che le due alterazion i (física e psichica) sono sem pre concom itan ti nella sensazione. Anche nelle
percezioni visive abbiam o l ’alterazione física d e ll’organo, cioé l ’alterazione della
retina. Gli antichi invece pensavano che la parte percettiva dell’occhio fosse la
p u p illa ; e in essa non erano in g rado d i scorgere nessuna alterazione fisiológica,
2
II P. W ébert giustamente fa osservare che tutta questa costruzione « procede
dalla física antica, e specialm ente dalla teoría degli elementi. P erció tutte queste
sottili distinzioni dovrebbero essere riviste in base alia física e alia fisiologia m o­
derna » (op. cit,, p. 358),
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 78, a. 3
LE POTENZE DELL'ANIM A IN PARTICOLARE
2. L a grandezza, la figura e consim ili accidenti, chiam ati sensi­
bili comuni, stanno tra i sensibili per accidens e i sensibili propri,
che sono oggetto [immediato] dei sensi. Infatti questi ultim i producono per natura e direttamente una trasm utazione n eü ’organo,
essendo qualitá alteranti. - I sensibili com uni, per parte loro, si
riducono tutti alia quantitá. Per la grandezza e il num ero la cosa
é evidente, ché sono specie della quantitá. L a figura poi é una qua­
litá della q u a n titá ; poiché la figura non é che il limite estremo della
grandezza. Cosi il moto e la quiete sono oggetto dei sensi, in quanto
un dato soggetto si trova in una condizione única o varia rispetto
alia sua grandezza o alio spazio, cioé in ordine al m oto di crescita
o al moto lóca le; oppure rispetto alie qualitá sensibili, come nel
m oto di alterazione. Cosicché il sentire il m oto e la quiete é, in
certo qual m odo, un sentire insieme l ’ uno .e il molteplice. Ora, la
quantitá é il subietto prossimo delle qiialitá alteranti, come la su­
perficie lo é del colore. P erció i sensibili com uni non trasmutano il
senso direttamente e in forza della loro natura, m a in forza delle
qualitá sen sib ili; com e fa la superficie mediante il colore. - Tutta­
via essi non sono dei sensibili p er a ccid en s; perché i sensibili co­
m uni portano delle variazioni nella trasmutazione dei sensi. Infatti
una superficie grande non trasm uta il senso come u na p ic c o la ; poi­
ché la bianchezza stessa viene cosi denominaba grande o piccola, e
quindi puó essere divisa secondo il soggetto in cui si trova.
3. Stando a quello che sembra dire il F ilosofo nel 2 De A nim a, il
senso del tatto é único nel genere, m a specificámente si suddivide
in m olti sensi; e per questo abbraccia diverse serie di contrari. Tut­
tavia questi sensi non sono reciprocam ente distinti quanto all’or­
gano, m a si trovano ad essere in concomitanza per tutto il corpo ;
cosicché non apparisce la loro d istin zion e.1 - Invece il gusto, che
ha la percezione del doice e dell’ amaro, si trova in concom itanza
col tatto su lla lingua, e non su tutto il c o r p o ; perció é facile distinguerlo dal tatto.
Si potrebbe peró anche rispondere che tutte quelle coppie di con ­
trari coincidono ciascuna in un genere prossim o único, ma tutte
concordano in un genere comune, il quale appunto é, nella sua universalitá, oggetto del tatto. Peró questo genere com une non ha una
denom inazione p a rtico la re ; come del resto rim ane innominato il
genere prossim o del caldo ic del fre d d o .a
4. Al dire del F ilosofo, il senso del gusto non é che una specie
particolare del tatto con sede esclusiva nella lingua. E quindi non
si contrappone al tatto in quanto gen ere; m a solo a quelle specie
del tatto che sono sparse in tutto il corpo.
Se invece il tatto dovesse essere un ú n ico senso, a causa dell’ única
ragione fórm ale degli oggetti, allora bisognerebbe rispondere che il
gusto si distingue dal tatto in base alia diversitá della trasm uta­
zione, prodotta nei sensi. Infatti il tatto é soggetto a u na trasm uta­
zione non soltanto spirituale ma física del su o organo, p rop rio se­
con do la qualitá che gli viene presentata. Invece l’organ o del gusto
n on subisce necessáriamente una mutazion© física, p rop rio secondo
Ad s e c u n d u m d i c e n d u m quod m agnitudo et figura et huiusm odi,
quae dicuntur communia sensibilia, sunt m edia inter sensibilia per
accidens et sensibilia propria, quae sunt obiecta sensuum. Nam
sensibilia p ropria prim o et per se im m utant sen su m ; cum sint qualitates alterantes. - Sensibilia vero com m unia om nia reducuntur ad
quantitatem. Et de m agnitudine quidem et num ero, patet quod sunt
species guantitatis. F igura autem est qualitas circa qu antitatem ;
cum consistat ratio figurae in terminatione m agnitudinis. Motus
autem et quies sentiuntur, secundum quod subiectum uno m odo vel
pluribus m odis se habet secundum m agnitudinem subiecti vel localis distantiae, quantum ad motum augm enti et motum lo ca le m ;
vel etiam secundum sensibiles qualitates, ut in motu a lteration is: et
sic sentire motum et quietem est quodam m odo sentire unum et
multa. Quantitas autem est proxim um subiectum qualitatis alterativae, ut superficies coloris. Et ideo sensibilia com m unia non movent
sensum prim o et per se, sed ratione sensibilis q u a lita tis; ut super­
ficies ratione coloris. - Nec tamen sunt sensibilia p er accidens:
quia huiusmodi sensibilia aliquam diversitatem faciunt in immutatione sensus. A lio enim m odo im m utatur sensus a m agna super­
ficie, et a p a r v a : quia etiam ipsa albedo dicitur m agna vel parva,
et ideo dividitur secundum propriu m subiectum.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod, sicut Philosophus videtur dicere in
2 De Anima [c. 11, lect. 22, 23], sensus tactus est unus genere, sed
dividitur in multos sensus secundum sp eciem ; et propter hoc est
diversarum contrarietatum. Qui tamen non separantur ad invicem
secundum organum , sed per totum corpus se con com itan tu r; et ideo
eorum distinctio non apparet. - Gustus autem, qui est perceptivus
dulcis et amari, concom itatur tactum in lingua, non autem per to­
tum co r p u s ; et ideo de facili a tactu distinguitur.
Posset tamen dici quod omnes illae contrarietates, et singulae
conveniunt in uno genere proxim o, et omnes in uno genere communi, quod est obiectum tactus secundum rationem communem.
Sed illud genus commune est in n om inatum ; sicut etiam genus p ro­
ximum calidi et frigidi est innominatum.
A d q u a r t u m d ic e n d u m quod sensus gustus, secundum dictum Philosophi [2 De Anima, cc. 9, 11, lect, 19, 22], est quaedam species
tactus quae est in lin gu a tantum. Non autem distinguitur a tactu
in gen ere: sed a tactu quantum ad illas species quae per totum
corpus diffunduntur.
Si vero tactus sit unus sensus tantum, propter unam rationem
com m unem obiecti: dicendum erit quod secundum rationem diversam immutationis, distinguitur gustus a tactu. Nam tactus im m u­
tatur naturali immutatione, et non solum spirituali, quantum ad
organum suum, secundum qualitatem quae ei proprie obiicitur. Gu­
stus autem organum non im m utatur de necessitate naturali immu-
296
1
La fisiología an tica non era in grado di distinguere g li organi delle varié
sensazioni ch e vanno sotto il noma volgare di tatto. Non cosí la fisiología m o­
derna, La quale ha conferraato Ja validitá del prin cip io aristotélico, che per in
297
duzione portava ad affermare per esse una p luralitá di potenze. 11 tatto si pre­
senta al fisiologo m oderno com e un com plesso di organi e di facoltá sensoria Le
papille tattili del caldo e del freddo, quelle della pnession© e del contatto, vale
a dire i puntl tattili, sono organi ben distinti e strutturalm ente differenti di fa ­
coltá diverse.
2 Le lingue m oderne hanno supplito a questa deficienza del latino. L ’ italiano
ha creato il term ine adatto, alterando gradatam ente il significato origin ario di
temperaturq..
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 78, aa. 3-4
LE POTENZE D E LL’ANIMA IN PARTICOLARE
la qualitá che gli viene presentata, cioé non si verifica che la lingua
diventi [essa stessa] dolce o a m a ra ; m a secondo una qualitá previa,
su cui si fon d a il sapore, cioé secondo l ’um iditá, che [di suo] é og ­
getto del tatto.
t.atione secundum qualitatem quae ei proprie obiicitur, ut scilicet
lingua fiat dulcís vel am ara ; sed secundum praeam bulam quali­
tatem, in qua- fundatur sapor, scilicet secundum humorem, qui est
obiectum tactus.
298
ARTICOLO 4
ARTICULUS 4
Se sia esatta l’enumerazione dei sensi interni.1
Utrum interiores sensus convenienter distinguantur.
299
Da Anim a, a. 13.
S e m b r a che non sia esatta l ’ enumerazione dei sensi interni. Infatti :
1. Comune e proprio non sono parti di un ’u nica divisione. Perció
non si deve enumerare il senso comune tra le potenze sensitive interiori, come facoltá distinta dai sensi propri o esterni.
2. Non é necessario ammettere una facoltá conoscitiva interiore
laddove hastano i sensi esterni. Ora i sensi prop ri ed esterni hanno
la capacitá di giudicare dei sensibili; poiché ciascu n o di essi giudica del suo oggetto. Essi sembrano anche capaci di percepire i
propri atti: poiché, essendo la sensazione come intermedia tra la
potenza e l ’ oggetto, parrebbe che la vista dovesse piü fácilmente
percepire la sua visione, com e ad ess,a piü vicina, che il c o lo r e ; e
cosi per gli altri sensi. Non era dunque necessario, per raggiungere
questo scopo, ammettere quella facoltá interna chiam ata senso co­
mune. 2
3. Secondo il F ilosofo, la fantasía e la m em oria sono m odalitá
del centro prim itivo della sensibilitá. M a le m odalitá non si contraddistinguono dal loro soggetto. P erció la m em oria e la fantasía
non si devono ritenere come potenze distinte dal senso.
4. L ’ intelletto dipende dai sensi m eno di qualsiasi potenza della
parte sensitiva. Eppure 1’ intelletto non conosce un oggetto, senza riceverlo dai se n si; tanto che, a detta di Aristotele, « chi m anca di
un senso, m anca della scienza corrispondente ». Molto meno quindi
si puó ammettere una potenza speciale della parte sensitiva, chia­
mata estimativa, per la percezione di certi aspetti [delle cose] non
percepiti dai sensi.
5. L ’ atto della cogitativa, che é quello di confrontare, uniré e dividere, e l ’ atto della rem iniscenza, la quale fa quasi un sillogismo
nel processo di ricerca, non sono meno distanti [rispettivamente]
d all’ atto della estimativa e della mem oria, di quel che non siano
distanti l’ atto della estimativa da quello della fantasía. Perció, o
bisogna aggiungere la cogitativa e la rem iniscenza come facoltá
distinte alia estimativa e alia m em oria; op p u re bisogna conside­
rare l ’ estimativa e la m em oria come fuse con la fantasía.
6. S. Agostino conta tre generi di v is io n e : cioé la corporea, che si
com pie mediante i s e n s i; la spirituale, che a w ien e mediante 1’ immaginazione o fa n ta sía ; 1’ intellettuale, che si produce nell’ intel­
letto. Non esiste dunque altra facoltá interiore tra il senso e 1’ intel­
letto a ll’ in fuori dell’ immaginazione.
1
In genere gli studiosi m oderni di fisiología e di psicología parlano m olto
confusam ente delle funzioni interne della sensibilitá S. Tom m aso, e comunemente
tutti gli scolastlci, sono ipvece fedeli a uno schema ben qeflnito, - Per vedere
A d q u a r t u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod interiores sensus inconvenienter distinguantur. Commune enim non dividitur contra proprium. E rgo sensus com m unis non debet enum eran inter vires in ­
teriores sensitivas, praeter sensus exteriores proprios.
2. P raeterea , ad id ad quod suíficit sensus proprius et exterior,
non oportet ponere aliquam vim apprehensrivam interiorem. Sed ad
iudicandum de sensibilibus, süfficiunt sensus proprii et exteriores:
unusquisque enime sensus iudicat de pyoprio obiecto. Similiter etiam
videntur sufflcere ad hoc quod percipiant suos actus: quia cum
actio sensus sit quodam m odo médium inter potentiam et obiectum ,
videtur quod multo m agis visus possit suam visionem, tanquam
sibi propinquiorem , percipere, quam colorem ; et sic de aliis. Non
ergo necessarium fuit ad hoc ponere interiorem potentiam, quae
dicatur sensus communis.
3. P raeterea , secundum P hilosophum [De Mem, et Rem in., c. 1,
lect. 2], phantasticum et m em orativum sunt passiones prim i sensitivi. Sed passio non dividitur contra subiectum. Ergo m em oria et
phantasia non debent poni aliae potentiae praeter sensum.
4. P raeterea , intellectus minus dependet a sensu, quam quaecum ­
que potentia sensitivae partis. Sed intellectus nihil cognoscit nisi
accipiendo a sensu: unde dicitur in 1 P osterioru m [c. 18, lect. 30],
quod «q u ib u s deest unus sensus, déficit una scien tia». Ergo multo
minus debet poni una potentia sensitivae partis ad percipiendum
intentiones quas non percipit sensus, quam vocant aestimativam.
5. P raeterea , actus cogitativae, qui est conferre et com ponere et
dividere, et actus reminiscitivae, qui est quodam syllogism o uti ad
inquirendum, non m inus distant ab actu aestimativae et m em orativae, quam actus aestimativae ab actu phantasiae. Debent ergo vel
cogitativa et rem iniscitiva poni aliae vires praeter aestimativam et
m em orativam ; vel aestimativa et mem orativa non debent poni aliae
vires praeter phantasiam.
6. P raeterea , Augustinus, 12 Super Gen. ad litt. [cc. 6, 7, 24], ponit
tria genera v isio n u m : scilicet corporalem , quae fit per sen su m ; et
spiritualem, quae fit per im áginationem sive p h an tasiam ; et intellectualem, quae fit per intellectum. Non est ergo aliqua vis interior
quae sit media inter sensum et intellectum, nisi im aginativa tantum.
com e le antiche speculazionl possano essere valorlzzate dalla scienza m oderna, é
utile consultare 11 libro d i FAB ro C .: P ercezion e e pen siero, M ilano, 1941, pp. 41-244,
2
Questa difficoltá fu m odernizzata e ripresentata dal Card. M ercier, il quale
pensava che il senso com une fosse « dovuto al senso m uscolare che accom pagna
l ’esercizlo della sensibilitá este rn a » ( M ercier d ., P sicología, trad. S. Bersani,
R om a, 1903, p. 221). - Le rag ion i pórtate da S. Tom m aso nel rispondo e nella
soluzione sono tuttora valide contro le difficoltá sia antiche che m oderne.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 78, a. 4
LE POTENZE DELL'ANIM A IN PARTICOLARE
I n c o n t r a r io : A vicenna enumera invece cinque potenze sensitive
interiori, che son o: senso comune, fantasía, immaginativa,, estim a­
tiva. e m em oria, 1
R i s p o n d o : L a natura non é m ai m anchevole in ció che é neces­
sario ; bisogna perció ammettere nell’anim a sensitiva tante opera­
zioni, quante bastino alia vita dell’ animale perfetto. Quelle poi di
queste attivitá, che non possono ricondursi a un p rin cipio [imme­
diato] único, richiedono potenze d iv e rse ; poiché le potenze dell ’ ánim a non sono altro che i principii prossim i delle sue opera­
zioni.
B isogna dunque considerare che per la vita dell’ anim ale perfetto
non si richiede soltanto la percezione dell’oggetto, quando esso é
presente, m a anche quando é assente. Altrimenti 1’ animale non si
moverebbe a cercare una cosa ass&nte, dato appunto che il moto
e l ’ azione dell’ animale seguono la percezione; invece vediam o verificarsi il contrario specialmente negli animali perfetti, che si muovono da un lu ogo a un a ltr o ; poiché essi si m uovono verso oggetti
conosciuti m a non presentí. E quindi necessario che l’ animale, in
forza dell’ anim a sensitiva, non solo riceva le im m agini delle cose
sensibili, quando queste lo colpiscono con la lo ro presenza, m a che
sia anche capace d i ritenerle e di conservarle. Ora, ricevere e ritenere sono funzioni che negli esseri corporei appartengono a prin­
cipii d iv ersi: infatti i corpi um idi ricevono bene e ritengono m a le ;
il contrario invece avviene per i corpi secchi. P erció essendo la p o­
tenza sensitiva atto di un organo corporeo, bisogna che v i sia una
potenza per ricevere le im m agini delle cose sensibili, e una per
conservarle. - Si osservi inoltre, che se gli anim ali si movessero
soltanto perché una sensazione é piacevole o sgradevole, basterebbe
ammettere in essi la sola conoscenza delle form e percepite con i
sensi di fronte alie quali sentono piacere o ripulsa. L ’ animale ha
invece necessitá di ricercare o di fuggire alcune cose, non soltanto
perché sono o non sono gradevoli alia sensazione, m a ancora per
altre funzioni e utilitá, oppure per certi nocum enti. Cosi la pécora,
vedendo venire il lupo, fugge, non perché le é sgradito il colore o
la figura, m a perché suo nem ico n a tu ra le ; parim ente l ’ uccello raccoglie le pagliuzze, non perché piacevoli ai sensi, m a perché utili
a fare il nido. E dunque necessario che 1’ anim ale percepisca questi
dati intenzionali, che non cad on o sotto i sensi estern i.2 E quindi
bisogna che esista un prin cipio operativo distinto di queste percez io n i; poich é esse non derivano dalle trasm utazioni dei sensi, come
la percezione delle qualitá sensibili.
Concludendo, per apprendere le qualitá sensibili servono i sensi
p roprii e il senso com une, della cui distinzione parlerem o in se­
guito. - P er raccogliere peró e per conservare queste percezioni abbriiamo la fantasía o im m agin ativa; essendo appunto la fantasía,
o 1’ im m aginativa, che é la stessa casa, una specie dá reoettacolo
delle form e apprese per mezzo dei sensi. - P er apprendere invece
quei dati intenzionali, che stfuggono ai semá [proprii], abbiam o Vesti­
mativa. 3 - Finalmente, per conservare questi ultim i abbiam o la me-
S ed c o n tra e s t quod Avicenna, in suo libro De A nim a [P. 4, c. 1],
ponit quinqué potentias sensitivas interiores: scilicet sensum communem, phantasiam, im aginativam, aestimativam, et m em orativam .
R e s po n d e o d ic e n d u m quod, cum natura n on deficiat in necessariis, oportet esse tot actiones animae sensitivae, quot sufficiant ad
vitam animalis perfecti. Et quaecumque harum actionum non pos­
sunt reduci in unum principium , requirunt diversas potentias:
cum potentia animae nihil aliud sit quam proxim um principium
operationis animae.
Est autem considerandum quod ad vitam animalis perfecti requiritur quod non solum apprehendat rem apud praesentiam sensibilis, sed etiam apud eius absentiam. Alioquin, cum animalis motus
et actio sequantur apprehensionem , non m overetur anim al ad inquirendum aliquid absens; cuius contrarium apparet máxime in
anim alibus perfectis, quae moventur motu p rocessivo; moventur
enim ad aliquid absens apprehensum. Oportet ergo quod animal
per animam sensitivam non solum recipiat species sensibilium,
cum praesentialiter im m utatur ab e is ; sed etiam eas retineat et
oonservet. Recipere a/uitem et retiñere reducuntur in corporaliibus ad
diversa p rin cip ia : riam húm ida bene recipiunt, et male retin en t; e
contrario autem est de siccis. Unde, cum potentia sensitiva sit
actus organi corporalis, oportet esse aliam potentiam quae reci­
piat species sensibilium, et quae conservet. - R ursus consideran­
dum est quod, si anim al moveretur solum propter delectabile et
contristabile secundum sensum, non esset necessarium ponere in
animali nisi apprehensionem form arum quas percipit sensus, in
quibus delectatur aut horret. Sed necessarium est anim ali ut quaerat aliqua vel fugiat, non solum quia sunt convenientia vel non
convenientia ad sentiendum, sed etiam propter aliquas alias commoditates et utilitates, sive nocum enta: sicut ovis videns lupum
venientem fugit, non propter indecentiam coloris vel figurae, sed
quasi inim icum n a tu ra e; et sim iliter avis colligit paleam, non quia
delectet sensum, sed quia est utilis ad nidificandum . Necessarium
est ergo anim ali quod percipiat huiusm odi intentiones, quas non
percipit sensus exterior. Et huius perceptionis oportet esse aliquod
aliud p rin cipium : cum perceptio form arum sensibilium sit ex im ­
m utatione sensibilis, non autem perceptio intentionum praedictarum.
Sic ergo ad receptionem form arum sensibilium ordinatur sensus
proprius et com m u n is: de quorum distinctione post [ad 1, 2] dicetur. - Ad harum autem form arum retentionem aut conservationem
ordinatur phantasia, sive im aginatio, quae idem sunt: est enim
phantasia sive imaginatio quasi thesaurus quidam form arum per
sensum acceptarum. - Ad apprehendendum autem intentiones quae
per sensum non accipiuntur, ordinatur vis aesümativa. - Ad conservandum autem eas, vis mem orativa, quae est thesaurus quidam
huiusm odi intentionum. Cuius signum est, quod principium memo-
300
1
A vicenna, com e ía rá osservare S. Tom m aso, porta, al num ero di cinqu e le
facoltá. sensitive interne, sdoppiando, senza un m otivo plausibile, la fa coltá p re­
ponía alia riproduzione delle im m agini fantastiche.
301
2 Gli scolastici chiam ano intentiones insensntae questi aspetti della reaitá, percepiti dal solo senso interno, preposto a quei riflessi che oggi si usa denom inare
col term ine generico di istinto. L a fa coltá estim ativa ha peró una fisionom ía ben
deílnita, che S. Tomm aso precisa an cora m eglio nei capoversi seguenti.
3 11 term ine ha qui un valore squisitam ente técnico, che nel nostro volgare ó
stato poch e volte rlspettato.
302
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 78, a, 4
LE POTENZE DELL’ANIMA IN PARTICO LARE
m oñ a , che é come un recettacolo di codesti dati intenzionali. E ne
abbiam o la riprova dal fatto che negli anim ali il m otivo di un
ricordo proviene da qualcuno di codesti dati intenzionali, cioé dal1’ esser.e una data cosa n ociva o v a n ta g g io sa .1 Tra questi dati inten­
zionali va puré computata la percezione del passato in quanto tale,
che é oggetto della memoria.
Si deve ancora notare che, rigu ardo alie percezioni dei sensi, non
vi é differenza tra l ’uomo e gli altri a n im a li; analoghe infatti sono
le trasm utazioni sub'ite da parte degli oggetti sensibili esterni. Vi é
differenza invece quanto ai dati intenzionali sopra rico rd a ti: poiché
g li altri animali li percepisbono solo per un certo istinto naturale,
mentre l ’uom o puó arrivarci anche mediante u n a specie di ragionamento. P erció quella potenza, che negli altri anim ali é chiamata
estim ativa naturale, nell’uom o vien detta cogitaMva, poiché raggiunge queste im m agini intenzionali mediante u n a specie di ragionamento. E cco perché questa facoltá, alia quale i m edici assegnano
com e organo determinata la parte centrale del cervello, é chiamata
anche ragione p a rtico la re; infatti essa raccoglie i dati conoscitivi
concreti, come la ragione intellettiva raccoglie quelli universali. Quianto poi alia memoria, l ’uom o non solo possiede, com e g li altri
animali, la capacitá di ricordare spontaneamente il p a ssa to ; ma
possiede puré la reminisccnza, mediante la quale cerca di evocare
i ricordi con un procedim ento quasi sillogistico sui dati conoscitivi
concreti e in d ivid u a li.2
Avicenna peró ammette una quinta potenza tra 1’ estimativa e
1’ im m aginativa, che unisce o scompone le im m agini fa n ta stich e;
com e succede, p. es., quando noi, mediante le im m agini dell’oro e
del monte, com poniam o 1’ immagine única del monte d ’oro, che non
abbiam o mai visto. Questa operazione peró non la riscontriam o ne­
gli animali, m a solo nell’uomo, la cui facoltá im m aginativa é giá
capace di tanto. A quest’ultima attribuisce il fatto anche Averroé,
nel suo libro De Sensu et S ensibilibus.3
Dunque non é necessario porre che quattro facoltá interne nella
parte sensitiva, e c io é : il senso comune e 1’ im m aginativa, 1’ esti­
mativa e la m em oria.
randi flt in anim alibus ex aliqua huiusm odi intentione, puta quod
est nocivum vel conveniens. Et ipsa ratio praeteriti, quam attendit
memoria, inter huiusm odi intentiones computatur.
Considerandum est autem quod, quantum ad form as sensibiles,
non est differentia inter hominem et alia an im alia: sim iliter enim
immutantur a sensibilibus exterioribus. Sed quantum ad intentiones
praedictas, differentia e s t: nam alia anim alia percipiunt huiusm odi
intentiones solum naturali quodam instinctu, hom o autem etiam
per quandam collationem. Et ideo quae in aliis anim alibus dicitur
aestimativa naturalis, in homine dicitu r cogitativa, quae per colla­
tionem quandam huiusm odi intentiones adinvenit. Unde etiam di­
citur ratio particularis, cui m edici assignant determinatum org a­
num, scilicet m ediam partem cap itis: est enim collativa intentionum individualium , sicut. ratio intellectiva intentionum universalium. - Ex parte autem m em orativae, n on solum habet m em oriam ,
sicut cetera animalia, in súbita recordatione p raeteritoru m ; sed
etiam rem iniscentiam , quasi syllogistice inquirendo praeteritorum
m emoriam, secundum individuales intentiones.
Avicenna vero ponit quintam potentiam, mediam inter aestimativam et imaginativam , qiuiae com ponit et dividit form as im aginatas ; ut patet cum ex form a im aginata auri et form a im aginata montis com ponim us unam form am m ontis aurei, quem nunquam vidimus. Sed ista operatio non apparet in aliis animalibus ab homine,
in quo ad hoc sufficit virtus im aginativa. Cui etiam hanc actionem
attribuit Averroes, in libro quodam quem fecit De Sensu et Sensi­
bilibus [c. 8].
Et sic non est necesse ponere nisi quatuor vires interiores sensi­
tivae p a rtís: scilicet sensum com m unem et im aginationem, aestimativam et memorativam.
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod sensus interior non dicitur convmunis per praedicationem , sicut g e n u s ; sed sicut oom m unis radix
et principium exteriorum sensuum.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod sensus proprius iudicat de sensibili
proprio, discernendo ipsum ab aliis quae cadunt sub eodem sensu,
sicut discernendo álbum a n ig ro vel a viridi. Sed discernere álbum
a . dulci non potest ñeque visus ñeque g u stu s: quia oportet quod
qui inter aliqua discernit, utrum que cognoscat. Unde oportet ad
sensum comm unem pertinere discretionis iudicium , ad quem referantur, sicut ad oomm unem terminum, omnes apprehensiones sensiuum; a quo etiam percipiantur intentiones sensuum, sicut cum
S o l u z io n e
com une
delle
D iFFicoLTÁ: 1. II [ p r im o ] s e n s o i n t e r n o é c h i a m a t o
n o n p e r c h é é u n p re d ica to
c o m u n e a p iü
c o s e , q u a s i fo s s e
u n g e n e r e ; m a in q u a n to é r a d ic e c o m u n e e p r in c ip io d i tu tti i sen si
e ste r n i.
2.
II senso proprio giudica del proprio oggetto sensibile, discern endo un oggetto dagli altri che cadono sotto lo stesso s e n so ; [l’ occhio], p. es., discerne il bianco dal ñero o dal verde. Se si tratta
invece di discernere il bianco dal dolce, questo non puó farlo né
la vista né il gu sto: poiché é necessario che chi distingue due cose
diverse, le conosca ambedué. É quindi necessario che un tale giudizio appartenga al senso comune, nel quale vengano a confluiré
tutte le percezioni dei sensi, come a un termine com u n e; e dal quale
siano puré percepite le sensazioni stesse, com e quella di chi vede
1 II rü iev o é esattissimo, e dim ostra che gU an tichi non erano davvero sprovvisti di spirito di osservazione.
3
L a distinzione tra m em oria (nvr¡nr¡) e rem inlscentia (áv&nvrjai^) risale ad Ari­
stotele. Eccone il testo piü im portante in p ro p o sito : « D ifferisce la m em oria dalla
rem iniscenza non solo a cagione del tempo [le cui clrcostanze si riscontrano solo
30a
nella m em oria], m a anche perché, m entre m olti altri an im ali partecipano la
m em oria, la rem lniscenza non é concessa ad altri anim ali a ll’ in fu ori d ell’uom o.
E il m otivo sta nel fatto che la rem iniscenza é una specie di sillogism o, o ragionam ento: infatti ch i h a rem iniscenza prende a ragion are da quello che g li si
mostra, o che ascolta, o che lo colpisce in qualche m odo per prim o, facendo una
induzione. E 1’ induzione é concessa d alla natura soltanto a quegli esseri, ai
quali appartiene la capacitá di d e lib e ra re » (A ristotele , De M em oria et R em i­
nlscentia, c. 2).
3 I nom i di Avicenna e di Averroé non sono qui soltanto occa sion a li: infatti
S. Tom m aso sapeva bene che la d ottrin a intorno ai sensi interni era stata elaborata faticosam ente e sottilmente dai fllosofl arabi. A parte qualche errore, 1’ ind aglne degli arabi é passata in ereditá alia scolastica. Basta daré uno sguardo
a u n ’ opera contem poránea, che tratta dello stesso argom ento in m aniera piü
am pia, per esserne persuasi. Si osservi la Summa de creaturis (P. II, tract. i,
qq. 33-40) di S. Alberto Magno.
304
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 78, a, 4
LE POTENZE D E LL’ANIMA IN PARTICOLARE
d i vedere. Questo non puó farlo il senso proprio, il quale non co­
nosce che la qualitá sensibile da cui subisce una trasm utazione;
trasm utazione questa che determ ina la visione, e che viene seguita
da u n ’ altra trasm utazione nel senso comune, il quale a sua volta
percepisce anch’ esso la visione.
3. Una potenza puó nascere dall’ anim a mediante un ’ altra, come
si é d etto; per lo stesso motivo l’ anim a puó essere il subietto di una
potenza, m ediante un ’ altra potenza. E proprio sotto quest’ aspetto,
la fantasía @ la m em oria si dicono m odalitá del centro prim igenio
della sensibilitá.
4. Sebbene l’ operazione dell’ intelletto abbia origine dal senso,
tuttavia 1’ intelletto conosce, nella cosa percepita dal senso molto
piü di quello che possa percepire il senso. A lio stesso m odo fa 1’ esti­
m ativa, benché in grado interiore.
5. L a cogitativa e la mem oria hanno n ell’uom o tanta eccellenza,
non per quello che é proprio della parte sensitiva, m a a motivo dell’ afifinitá e vicinanza con la ragione universale, per una certa ridondanza. P erció esse sono facoltá non diverse ma identiche, ben­
ché piü perfette, a quelle degli altri animali.
6. S. Agostino ch iam a spirituale la visione che a w ien e mediante
le im m agini dei corpi n ell’ assenza di questi. Essa perció abbraccia
tutte le sensazioni interne.
aliquis videt se videre. H oc enim non potest fieri per sensum proprium, qui non cognoscit nisi form am sensibilis a quo im m u ta tu r;
in qua immutatione perficitur visio, et ex qua immutatione seqüitur
alia immutatio in sensu com m uni, qui visionem percipit.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod, sicut una potentia oritur ab anima,
alia mediante, ut supra [q. 77, a. 7] dictum e s t; ita etiam anim a
subiicitur alii potentiae, mediante alia. Et secundum hunc m odum ,
phantasticum et m em orativum dicuntur passiones prim i sensitivi.
A d q u a r t u m d i c e n d u m quod, licet intellectus operatio oriatur a
sensu, tamen in re apprehensa per sensum intellectus m ulta cogno­
scit quae sensus percipere non potest. Et similiter aestimativa, licet
inferiori modo.
Ad q u i n t u m d ic e n d u m quod illam eminentiam habet cogitativa et
memorativa in homine, non per id quod est proprium sensitivae
p a rtis; sed per aliquam afflnitatem et propinquitatem ad rationem
universalem, secundum quandam refluentiam. Et ideo non sunt
aliae vires, sed eaedem, perfectiores quam sint in aliis animalibus.
A d s e x t u m d ic e n d u m quod A ugustinus spiritualem visionem dtcit
esse, quae fit per sim ilitudines corporum in absentia corporum .
Unde patet quod com m unis est óm nibus interioribus apprehensionibus.
305
QUESTIONE 79
QUAEST10 70
Le potenze intellettive.
De potentiis intellectivis
in tredecim artículos divisa.
Passiam o ora a studiare le potenze intellettive.
Su di esse si polígono tredici q u e s iti:1 1. Se 1’ intelletto sia una
potenza dell’ anima o la sua essenza; 2. Posto che sia una potenza,
si dom anda se sia una potenza p a ssiv a ; 3. Posto che sia una p o ­
tenza passiva, si dom anda se si debba ammettere anche un intelletto
agente; 4. Se questo sia qualche cosa d ell’ a n im a; 5. Se 1’ intelletto
agente sia uno solo per tu tti; 6. Se vi sia una m em oria intellet­
tiva ; 7. Se essa sia una potenza distinta dall’ intelletto ; 8. Se la
ragione sia una potenza distinta dall’ intelletto ; 9. Se la ragione
superiore e quella interiore siano potenze d iv e rse ; 10. Se l’ intelli­
genza sia una potenza distinta dall’ intelletto; 11. Se 1’ intelletto
speculativo e quello pratióo siano potenze d iv e rse; 12. Se la sinderesi sia una potenza della parte intellettiva; 13. Se la coscienza sia
una potenza della parte intellettiva.
Deinde quaeritur de potentiis intellectivis.
Circa quod quaeruntur tredecim. P r im o : utrum intellectus sit
potentia animae, vel eius essentia. Secundo: si est potentia, utrum
sit potentia passiva. T ertio: si est potentia passiva, utrum sit p o­
nere aliquem intellectum agentem. Q uarto: utrum sit aliquid ani­
mae. Q uinto: utrum intellectus agens sit unus omnium. S exto:
utrum m em oria sit in intellectu. S éptim o: utrum sit alia potentia
ab intellectu. O ctavo: utrum ratio sit alia potentia ab intellectu.
N on o: utrum ratio superior et inferior sint diversae potentiae. Dé­
c im o : utrum intelligentia sit alia potentia praeter intellectum. Un­
décim o : utrum intellectus speculativus et practicus sint diversae
potentiae. D uodécim o: utrum synderesis sit aliqua potentia intel­
lectivae partis. T ertiodecim o: utrum conscientia sit aliqua potentia
intellectivae partis.
ARTICOLO 1
ARTICULUS 1
Se F intelletto sia una facoltá dell’anima.
Utrum intellectus sit aliqua potentia animae.
S e m b r a che 1’ intelletto non sia una facoltá psichica, m a 1’ essenza
stessa dell’ anima. Infatti:
1. L ’ intelletto si identifica con la mente. Ora, la mente non é una
potenza dell’ anima, ma la sua essenza; dice infatti S. A gostino:
« Mente e spirito non si dicono in senso relativo, ma indicano 1’ es­
sen za». Quindi 1’ intelletto non é che l’ essenza stessa dell’ anima.
2. I vari generi di potenze non si trovano uniti in una qualche
potenza, m a nella sola essenza dell’ anima. Ora appetito e intelli­
genza sono generi diversi di facoltá psichiche, com e dice A ristotele;
m a essi si trovano uniti nella mente, poiché S. Agostino pone in ­
telligenza e volontá nella mente. Dunque la mente o intelletto non
é una potenza, mar l ’ essenza stessa dell’ anima.
3. Dice S. Gregorio nell’ Omelia dell’A scensione che « l’ uom o ha
in com une con gli angeli 1’ in te n d e re ».2 Ma gli angeli vengono chiamati M entí e Intelletti. P erció la mente o intelletto dell’uomo non
é una potenza d ell’ anima, ma l’anima stessa.
4. Una sostanza deriva la sua intellettualitá dal fatto di essere
immateriale. Ma l ’ anima é im materiale per la sua essen za ; dovrá
quindi essere intellettiva per la sua essenza.
Ad p r i m u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod intellectus non sit ali­
qua potentia animae, sed sit ipsa eius essentia. Intellectus idem
enim videtur esse quod mens. Sed mens non est potentia animae,
sed essentia: dicit enim Augustinus, 9 De Trin. [c. 2]: « Mens et
spiritus non relative dicuntur, sed essentiam dem on stran t». Ergo
intellectus est ipsa essentia animae.
2. P r a et erea , diversa genera potentiarum animae non uniuntur in
aliqua potentia una, sed in sola essentia animae. Appetitivum au­
tem et intellectivum sunt diversa genera potentiarum animae, ut di­
citur in 2 De Anim a [c. 3, lect. 5]; conveniunt autem in mente, quia
Augustinus, 10 De Trin. [c. 11], ponit intelligentiam et voluntatem
in mente. E rgo mens et intellectus est ipsa essentia animae, et non
aliqua eius potentia.
3. P r aet erea , secundum Gregorium, in Hom ilia Ascensionis [homil.
29 in Evang.], «h o m o intelligit cum an gelis». Sed angeli dicuntur
M entes et Intellectus. Ergo mens et intellectus hom inis non est ali­
qua potentia animae, sed ipsa anima.
P raeterea , ex hoc convienit alicui substantiae quod sit inteillectiva, quia es¡t immaterialis. Sed anim a est im m aterialis per suam
essentiam. E rgo videtur quod anim a per suam essentiam sit intel­
lectiva.
i
II num ero stesso dei quesiti é g iá un Índice d e ll’ im portanza della questione.
L ’ intelligenza interessa al teologo assai piü delle fa coltá in fe r io r !: 1' intelletto
um ano infatti é chiam ato -a possedere Dio. - L ’argom ento prin cipale é la determ lnazione delle due fa coltá intellettive: intelletto possibile e intelletto agente.
S. Tom m aso d ará qui l ’ultim o ritocco alia sua p olém ica contro Averroé, d im o­
strando che 1’ intelletto agente é una facoltá di ciascun u om o concreto, e non
il riflesso di una Intelligenza trascendente, com une a tutta. l ’ um anitá. ^ Gli ul-
tim i articoli della questione sono invece indirizzati a difendere l ’unitá della po­
tenza intellettiva, pur nella varietá dei suoi aspetti.
2
S. G regorio M agno (540-604) per tutto il m edioevo form ó con S. Agostino,
S. A m brogio e S. Girolam o, il qu adrum virato dei D ottori della Chiesa latina. Tra
308
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, aa. 1-2
In c o n t r a r io : II F ilosofo considera 1' intelligenza com e una p o­
tenza. dell’ anima.
R i s p o n d o : A norm a d i quanto si é detto, dobbiam o necessariamente ammettere che 1’ intelletto é u na potenza dell’ anim a e non
la sua essenza. Infatti allora soltanto il prin cip io im m ediato dell ’ operazione é l ’ essenza di chi opera, quando l ’ operazione stessa si
identifica con l’ essere dell’ operante; poich é una potenza sta all ’operazione, che ne é l ’ atto, com e l ’ essenza sta all’ essere. Ora in
Dio soltanto 1’ intendere si identifica col su o essere. Dunque solo
in Dio 1’ intelletto s’ identifica con l’ essenza; mentre nelle altre creature intellettuali, 1’ intelletto non é che u na potenza dell’ essere in~
telligente.
S o l u z io n e d e ll e d i f f i c o l t á : 1. Talora usiam o il termine senso per
in dicare la potenza, a volte invece per indicare la stessa anim a sen­
sitiva: poiché 1’ anima sensitiva prende il nome dalla sua potenza
principale, che é il senso. In m odo an alogo 1’ anima intellettiva ta­
lora é chiam ata intelletto, come da quella che ne é la facoltá prin ­
cipale ; e in tal senso Aristotele scrive che «1 ’ intelletto é una so­
s t a n z a » .1 E, sempre in questo senso, S. Agostino afferma che la
mente é spirito o essenza,
2. Appetito e intelligenza sono generi diversi di potenze psichiche, data la diversitá dei loro oggetti. Ma 1’ appetito c'oncorda in
parte con 1’ intelletto e in parte col senso quanto al m odo di ope­
rare, che a w ien e mediante organi corporei, o senza di essi: 2 poi­
ché l ’ appetizione segue [in tutto] la conoscenza. Sotto questo punto
di vista S. A gostino pone la volontá nella mente, e il Filosofo nella
ragione.
3. Non ci sono negli angeli altre potenze che 1’ intelletto e la v o­
lontá che le accom pagna. L ’ angelo quindi é chiam ato Mente o Intelletto, perché é in tale facoltá che si esaurisce tutta la sua virtü.
L^anima invece possiede molte altre potenze, quali le sensitive e
quelle vegetative; perció il caso é diverso.
4. Non é che 1’ im materialitá stessa della sostanza intelligente
creata si identifichi col suo in telletto; m a dall’ im materialitá viene
ad essa la facoltá di intendere. Non é perció necessario che 1’ in­
telletto sia la sostanza stessa dell’ anima, m a che ne sia una fa­
coltá o potenza.
ARTICOLO 2
Se 1’ intelletto sia una potenza passiva.
LE POTEN ZE IN TELLETTIVE
309
S ed con tra e s t quod P hilosophus ponit intellectivum potentiam
animae, ut patet in 2 De Anim a [loco cit].
R espo n d e o d ic e n d u m quod necesse est dicere, secundum praem issa
[q. 54, a. 3 ; q. 77, a. 1], quod intellectus sit aliqua potentia animae,
et non ipsa animae essentia. Tune enim solum im mediatum p rin ci­
pium operationis est ipsa essentia rei operantis, quando ipsa ope­
ratio est eius esse: sicut enim potentia se habet ad operationem
ut ad ©uum actum, ita se habet essentia ad esse. In solo Deo autem
idem est intelligere quod suum esse. Unde in solo Deo intellectus
est eius essentia: in aliis autem creaturis intellectualibus intellectus
est quaedam potentia intelligentis.
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod sensus accipitur aliquando pro
potentia, aliquando vero pro ipsa anim a sensitiva: denom inatur
enim anima sensitiva nomine principalioris suae potentiae, quae est
sensus. Et similiter anima intellectiva quandoque nom inatur no­
mine intellectus, quasi a principaliori sua virtu te; sicut dicitur in
1 D e Anim a [c. 4, lect. 10], quod « intellectus est substantia quae­
d a m ». Et etiam hoc m odo A ugustm us dicit [9 De Trin., c. 2 ;
c. 16] quod mens est spiritus, vel essentia.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod appetitivum et intellectivum sunt di­
versa genera potentiarum animae, secundum diversas rationes obie­
ctorum. Sed appetitivum partim convenit cum intellectivo, et partim
cum sensitivo, quantum ad modum operandi per organum corporale, vel sine huiusm odi o r g a n o : nam appetitus sequitur apprehen­
sionem. Et secundum hoc A ugustinus ponit voluntatem in mente,
et P hilosophus [3 De Anima, c. 9, lect. 14] in ratione.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod in angelis non est alia vis nisi intel­
lectiva, et voluntas, quae ad intellectum consequitur. Et propter
hoc ángelus dicitur Mens vel In tellectu s: quia tota virtus sua in
hoc consistit. A nim a autem habet multas alias vires, sicut sensiti­
vas et nutritivas: et ideo non est simile.
A d q u a r t u m d ic e n d u m quod ipsa im m aterialitas substantiae intel­
ligentis creatae non est eius in tellectu s; sed ex im materialitate ha­
bet virtutem ad intelligendum. Unde non oportet quod intellectus
sit substantia animae, sed eius virtus et potentia.
ARTICULUS 2
Utrum intellectus sit potentia passiva.
3 Sent., d. 14, a. i, qc. 2'; De Verit., q. 16, a. 1, ad 13; 3 De Anima, lect. 7, 9.
che 1’ intelletto non sia una potenza passiva. In fa tti:
1.
Gli esseri son o passivi a motivo della m a teria ; sono invece
attivi per ragione della form a. Ora la facoltá intellettiva si fonda
sulla im m aterialitá della sostanza intelligente. Pare quindi che 1’ in ­
telletto non possa essere una potenza passiva.
Videtur quod intellectus non sit p o­
tentia passiva. Patitur enim unum quodque secundum m a teria m ;
sed agit ratione form ae. Sed virtus intellectiva consequitur immaterialitatem substantiae intelligentis. E rgo videtur quod intellectus
non sit potentia passiva.
le opere di lu i, che S. Tomm aso m aggiorm ente ha utilizzato, vanno ricordate i
Moralia (o E xposítio in librum Job) e i Dialoghi.
1 I I pensiero d i Aristotele in proposito é assai complesso. C fr . S oleri, op. c it . ,
pp. 115-140.
2 Si distingue un appetito sensitivo e un appetito razionale, o volontá, secondo
che l ’appetizione a w ie n e . medí ante una trasm utazione organica, o senza d i essa
(cfr. 1, q. 80, a. 2).
S embra
A d s e c u n d u m s ic p r o c e d it u r .
310
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, a. 2
2. L a potenza intellettiva é incorruttibile, com e si é visto sopra.
Ma Aristotele insegna che « s e 1’ intelletto é passivo, é corru ttibile».
P erció la potenza intellettiva non é passiva.
3. « L ’ agente é piü nobile del paziente », com e d icon o S. Agostino
e Aristotele. Ora le potenze della parte vegetativa sono tutte attive,
benché siano le piü basse tra le potenze dell’ anima. M olto piü dun­
que saranno attive le potenze intellettive, che sono le piü alte.
In c o n t r a r io : II F ilosofo afferm a che « intendere é in certo m odo
un patire » . 1
R is p o n d o ; II termine -patire si usa in tre diversi significati. P r i m o ,
in senso propriissim o, allorché si toglie a un essere qualche cosa,
che ad esso conviene per natura, o per u n ’ inclinazione p r o p r ia ;
come, p. es., quando l ’ acqua perde la freschezza a causa del ca­
lore, oppure quando l ’uom o si amm ala o si rattrista. 2 - Secondo, si
dice in senso m eno proprio che uno patisce, per il fatto che perde
un qualche cosa, conveniente o n ocivo che sia. In questo senso si
d irá che patisce non soltanto chi si ammala, m a anche chi guar is c e ; non solo chi si rattrista, ma anche ch i si rallegira, o chiunque
venga in altro m odo alterato o trasm utato. - Terzo, si dice in senso
larghissim o che uno patisce, per indicare soltanto che, essendo in
potenza a qualche cosa, riceve quello a cui era in potenza, senza
perdere niente. In tal senso, tutto ció, che esce dalla potenza all ’ atto, si puó diré che patisce, anche se acquista una perfezione.
E proprio in questo senso il nostro intendere é un patire.
Ed eccone la dimostrazione. A bbiam o giá visto che 1’ intelletto abbraccia con la sua operazione l’ ente nella sua universalitá, Potrem o
allora scoprire se 1’ intelletto sia in atto o in potenza, osservando
com e esso si com porta verso l’ ente, preso nella sua universalitá. Vi
é infatti un intelletto, il quale si trova di fronte a ll’ente universale,
com e atto di tutto l’ essere: tale é 1’ intelletto divino, che é la stessa
essenza di Dio, in cui preesiste originariam ente e virtualmente tutto
l ’essere, com e nella sua prim a causa. P erció 1’ intelletto divino non
é in potenza, m a é atto puro. - Ora nessun intelletto creato puó
presentarsi com e atto di tutto l ’ essere u n iversale; perché bisognerebbe che fosse un ente infinito. Quindi o p i i intelletto creato, in
forza della sua essenza, non é l ’ atto di tutti gli intelligibili, ma sta
ad essi com e la potenza sta a ll’ atto.
La potenza peró puó trovarsi rispetto a ll’atto in due diverse condizioni. Vi é infatti una potenza, la quale é sempre provvista del
suo atto, com e abbiam o detto a proposito della materia dei corpi
celesti.3 Ve n ’ é un’ altra invece, la quale non é sempre attuata, m a
é soggetta a passare dalla potenza a ll’ atto, com e a w ien e nei corpi
generabili e corrw ttM li. - Or dunque, 1’ intelletto angélico é sempre
1
E cco il brano aristotélico nella sua com p lessitá: « Bisogna dunque che 1’ in­
telletto sia im passibile, m a che sia suscettibile di ricevere la fo r m a ; che sia in
potenza, tale che la form a, ma che non sia tuttavia questa form a in atto, e che
ció che é il sensitivo in rapporto ai sensibili, 1’ intelletto lo sia in rapporto agli
intelligibili. É necessario per conseguenza, poiché esso pensa tutte le cosa, che
sia senza m escolanza, com e dice Anassagora, affinché dom ini, cioé a diré, conosca.... Di m aniera che 1’ intelletto non puó avere a lc u n ’altra natura che questa:
d'essere in potenza. Per conseguenza, questa parte d e ll’anim a che si chiam a in­
telletto (e io chiam o intelletto ció per cui l ’anim a pensa e crede) non é in atto
alcuno degli esseri prim a di aver pensato » (3 De Anima, trad. G iorgiantonio
Lanciano, 1028, pp. 47 s.).
LE POTEN ZE IN TELLETTIVE
311
2. P r a et erea , potentia intellectiva est incorruptibilis, ut supra
[q. 75, a. 6] dictum est. Sed « intellectus si est passivus, est corrupti­
bilis », ut dicitur in 3 De Anim a [c. 5, lect. 10]. Ergo potentia intel­
lectiva non est passiva.
3. P r a et erea , ((agens est nobilius patiente», ut dicit Augustinus
12 Super Gen. ad litt. [c. 16], et Aristóteles in 3 De Anima [c. 5,
lect. 10], Potentiae autem vegetativae partis omnes sunt activae:
quae tamen sunt infimae inter potentias animae. E rgo multo m agis
potentiae intellectivae, quae sunt supremae, omnes sunt activae.
S ed con tra e s t quod P hilosophus dicit', in 3 De Anima [c. 4, lect. 9],
quod ((intelligere est pati qu od dam ».
R e spo n d e o d ic e n d u m quod paM tripliciter dicitur. Uno m odo, propriissime, scilicet quando aliquid removetur ab eo quod convenit
sibi secundum naturam, aut secundum propriam in clin ation em ; si­
cut cum aqua frigiditatem amittit per calefactionem, et cum hom o
aegrotat aut tristatur. - Secundo m odo, minus proprie dicitur aliquis pati ex eo quod aliquid ab ipso abiicitur, sive sit ei conveniens,
sive non conveniens. Et secundum hoc dicitur pati non solum qui
aegrotat, sed etiam qui sa n a tu r; non solum qui tristatur, sed etiam
qui la eta tu r; vel quocum que m odo aliquis alteretur vel moveatur. Tertio m odo, dicitur aliquid pati com m uniter, ex hoc solo quod id
quod est in potentia ad aliquid, recipit illud ad quod erat in poten­
tia, absque hoc quod aliquid abiiciatur. Secundum quem modum,
omne quod exit de potentia in actum, potest dici pati, etiam cum
perficitur. Et sic intelligere nostrum est pati.
Quod quidem hac ratione apparet. Intellectus enim, sicut supra
[q. 78, a. 1] dictum est, habet operationem circa ens in universali.
Considerari ergo potest utrum intellectus sit in actu vel potentia, ex
hoc quod consideratur quom odo intellectus se habeat ad ens uni­
versale. Invenitur enim aliquis intellectus qui ad ens universale se
habet sicut actus totius entis: et talis est intellectus divinus, qui
est Dei essentia, in qua originaliter et virtualiter totum ens praeexistit sicut in prim a causa. Et ideo intellectus divinus non est in p o­
tentia, sed est actus purus. - Nullus autem intellectus creatus potest
se habere ut actus respectu totius entis u n iv ersa lis: quia sic oporteret quod esset ens infinitum. Unde om nis intellectus creatus, per
hoc ipsum quod est, non est actus omnium intelligibilium , sed comparatur ad ipsa intelligibilia sicut potentia ad actum.
Potentia autem dupliciter se habet ad actum. Est enim quaedam
potentia quae semper est perfecta per a ctu m ; sicut diximus [q. 58,
a. 1] de m ateria corporum caelestium. Quaedam autem potentia est,
quae non semper est in actu, sed de potentia procedit in actum ;■
sicut invenitur in generabilibus et corruptibilibus. - Intellectus ig i­
tur angelicus semper est in actu suorum intelligibilium , propter
a In italiano questo é 11 significato quasi esclusivo del term ine. Gli altri due
sensi non sono peró del tutto dim enticati (cfr. T o m m a s e o N., Dizionario della lin­
gua italiana, T orino, 1871, vol. 3, pp. 837 s.). - Per risolvere con intelligenza il
problem a proposto n e ll’articolo é necessario afferraro la terza accezione, sulla
qu ale m aggiorm ente insiste S. Tom m aso.
s Si accenna alie antiche teorie astronom iche, secondo le qu ali i corpi celesti
sarebbero stati d i una m ateria sui generls - la celebre quinta essenza - perfettamente proporzionata alia rlspettiva form a, d alla quale perció questa non avrebbo
m ai potuto separarsl (cír. I, q. 58, a. 1).
312
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, aa. 2-3
LE POTEN ZE IN TELLETTIVE
in atto rispetto ai propri intelligibili, a causa della sua vicinanza
alia prim a intelligenza, che é atto puro, come si é visto. Invece
1’ intelletto umano, che é la piü bassa delle intelligenze e la piü
lontana dalla perfezione dell’ intelletto divino, é in potenza rispetto
agli intelligibili, e da principio, per d iría col Filosofo, é «co m e
una tavoletta levigata in cui non c ’ é scritto n ie n t e » .1 La cosa
appare evidente dal fatto che in un prim o tempo noi siamo soltanto in potenza all’ intellezione, che poi diviene attuale. - E dun­
que evidente che il nostro intendere é un patire, inteso nel terzo
signiflcato. P er conseguenza 1’ intelletto é una potenza passiva.
S o l u z io n e d e l l e d l f f ic o l t á : 1. L ’obiezione procede dal prim o e dal
secondo m odo di p a tire, che sono propri della m ateria prima. In ­
vece il terzo m odo appartiene a qualsiasi cosa, che essendo' in p o ­
tenza passi all’ atto.
2. Secondo alcu n i3 V intelletto passivo sarebbe l ’ appetito sensi­
tivo, nel quale risiedono le passioni deH’ anima, e che Aristotele
stesso chiam a «razionaLe per partecipazione », perché obbedisce alia
ragione. P er a ltri3 invece 1’ intelletto passivo sarebbe la cogitativa,
la quale é chiam ata anche ragione particolare. Stando a queste
due opinioni, il termine passivo si potrebbe prendere secondo i due
prim i m odi di patire, poiché un tale intelletto non sarebbe che
l ’ atto di un organo corporeo. - Ma 1’ intelletto che é in potenza
agli intelligibili, e che Aristotele denom ina, per questo, intelletto
possibile, non é passivo che nel terzo m odo, non essendo atto di
un organo corporeo. Ed é perianto incorruttibile.
3. L ’ agente é piü nobile del paziente, quando azione e passione
si riferiscono a un medesimo og g etto; m a non lo é sempre, se esse
si riferiscono a oggetti diversi. Ora 1’ intelletto é una potenza pas­
siva che abbraccia l ’ ente nella sua universalitá. Invece il principio
vegetativo é attivo rispetto a un ente particolare, cioé al corpo cui
é unito. Niente dunque im pedisce che un principio passivo di tal
genere sia piü nobile di un tale p rin cipio attivo.
propinquitatem ad prim um intellectum, qui est actus purus, ut
supra dictum est. Intellectus autem humanus, qui est infimus in
ordine intellectuum, et máxime remotus a perfectione divini intel­
lectus, est in potentia respectu intelligibilium, et in principio est
« sicut tabula rasa in qua nihil est scriptum », ut Philosophus dicit
in 3 De Anima [c. 4, lect. 9]. Quod manifeste apparet ex hoc, quod
in principio sumus intelligentes solum in potentia, postm odum au­
tem efñcimur intelligentes in actu. - Sic igitur patet quod intelli­
gere nostrum est quoddam pati, secundum tertium modum passionis. Et per consequens intellectus est potentia passiva.
A d p r i m u m er g o d ic e n d u m quod obiectio illa procedit de prim o et
secundo m odo passionis, qui sunt p rop rii m ateriae primae. Tertius
autem modus passionis est cuiuscum que in potentia existentis quod
in actum reducitur.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod intellectus passivus secundum quosdam dicitur appetitus sensitivus, in quo sunt. animae passiones ; qui
etiam in 1 Ethic. [c. 13, lect. 20] dicitur « rationalis per participation em », quia obedit rationi. Secundum alios autem intellectus pa,ssivus dicitur virtus cogitativa, quae nom inatur ratio particularis.
Et utroque m odo passivum accipi potest secundum prim os dúos
modos passionis, inquantum talis intellectus sic dictus, est actus
alicuius organi corporalis. - Sed intellectus qui est in potentia ad
intelligibilia, quem Aristóteles [3 De Anima, c. 4, lect. 7] ob hoc nominat intellectum possibilem, non est passivus nisi tertio m od o:
quia non est actus organ i corporalis. Et ideo est incorruptibilis.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod agens est nobilius patiente, si ad idem
actio et passio referan tu r: non autem semper, si ad diversa. Intel­
lectus autem est vis passiva respectu totius entis universalis. Vegetativum autem est activum respectu cuiusdam entis particularis,
scilicet corporis coniuncti. Unde nihil prohibet huiusmodi passivum
esse nobilius tali activo.
ARTIGOLO 3
ARTICULUS 3
Se sia necessario ammettere un intelletto agente.4
Utrum sit ponere intellectum agentem.
313
Supra, q. 54, a. 4; I Cont. Gent., c. 77; De Spirit Creat., a. 9;
Compend. Theol., c. 83; De Anim a,
a. 4; 3 De Anima, lect. 10.
S e m b r a che non sia necessario ammettere un intelletto agente. Infa t ti:
1.
II nostro intelletto sta agí’ intelligibili, com e il senso ai sensi­
bili. Ora, per il fatto che il senso é iri potenza agli oggetti sensi-
A d t e r t i u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod non sit ponere intellectum
agentem. Sicut enim se habet sensus ad sensibilia, ita se habet in­
tellectus noster ad intelligibilia. Sed quia sensus est in potentia ad
sensibilia non ponitur sensus agens, sed sensus patiens tantum.
1 É questa La fam osa im m agine aristotélica, della tabula rasa (in greco
che serve a m eraviglia per descrivere lo stato iniziale d i assoluta
passivitá d e ll’ intelligenza um ana, contro ogni innatism o.
2 P are che si accenni a T e m is t io , In 3 De Anim a, c. 5. - E interessante l ’analisi e la classiflcazione accurata delle varié opinioni su ll’argom ento, fatta da
S. Tom m aso nel £ Cont. Gent., cc. 60-66.
3 Era questa la tesi di Averroé e dei suoi seguacl.
4 Per la soluzione del problem a della conoscenza um an a secondo i l realism o
m oderato di Aristotele e d i S. Tom m aso, blsogn a insistere sui due aspetti antitetici della nostra esperienza intellettiva. Da una parte abbiam o una radicale pas-
sivitá, siamo tabula rasa di fronte al m ondo degli o g g e tti: e cosi assicurare l ’oggettivitá delle nostre conoscenze. D a ll’altra l ’ esperienza dim ostra la nostra capa­
citá attiva d i estendere la conoscenza lntellettuale su tutto il m ondo sensibile. il
quale per la sua concretezza non si trova in quello stato di jm m aterialitá che é
proprio dei nostri concetti. E cco quindi la chiara posizione del tomism o, com e é
f orm ulata dalla Tesi X I X : « Siccom e la realtá sensibile non é attualm ente intel­
ligibile, oltre 1’ intelletto che form alm ente intende, bisogna ammettere nell'an im a
una potenza attiva, la quale possa astrarre le specie in telligibili dai fa n ta sm i»
(Introd.Gen., n. 180). In seguito si parlerá piü am piamente del processo astrattivo (7, qq. 84-85),
y e a fifia n io v ),
314
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, a. 3
bili, n oi non ammettiamo un senso agente, m a basta quello passivo.
P erció, per il fatto che il nostro intelletto é in potenza a ll’oggetto
intelligibile, non sem bra necessario ammettere un intelletto agente,
m a basta quello possibile.
2. Se uno rispondesse che anche per il senso esiste un agente,
p. es., la luce, replichiam o: L a luce é richiesta alia visione per
rendere attualmente lum inoso il mezzo [p. es., l’ a r ia ]; perché di suo
il colore é g iá capace di trasmutare un corpo illuminato. Ma nel1’ intellezione non esiste un mezzo, che richieda di esser posto in
atto. Non é dunque necessario ammettere un intelletto agente.
3. L ’ im m agine dell’ agente é ricevuta nel paziente in m odo con ­
form e al paziente stesso. Ora, 1’ intelletto possibile é una facoltá
immateriale. Quindi la sua im materialitá basta a far si che le forme
siano in esso ricevute immaterialmente. M a u na form a é intelligi­
bile in atto proprio perché é immateriale. Non vi é perció necessitá
alcuna. di supporre un intelletto agente, per rendere intelligibili
in atto le specie [delle cose].
I n c o n t r a r i o : Dice il Filosofo che «co m e nella natura, cosí anche
n ell’ anima, vi é un principio per cui essa é in potenza a diventare
tutte le cose, e un principio, per cui tutto rende attuale». Si deve
dunque ammettere un intelletto agente.
R i s p o n d o : Ammessa l ’opinione di Platone, non vi é necessitá di
porre un intelletto agente, per rendere intelligibili in atto gli og ­
getti; m a forse soltanto per offrire a colu i che intende una luce
intellettuale, come diremo n ell’ articolo seguente. Pensava infatti
Platone che le forme degli esseri fisici sussistessero senza mate­
ria, e che per conseguenza es®e fossero in tellig ib ili; 1 appunto per­
ché un ’ entitá é attualmente intelligibile, per il fatto clie é im m a­
teriale. Egli chiamó specie o idee queste form e: e diceva che dalla
partecipazione di esse acquistano le loro forme, sia la materia cor­
porea, alio scopo di costit/uire cosí g l’ individui nei loro generi e
nelle loro specie fisiche, sia il nostro intelletto, per acquistare cosi la
scienza dei generi e delle specie delle cose.
Ma siccom e Aristotele ha escluso che le form e degli esseri fisici
sussistano senza la m a te ria ;3 e poiché le form e che esistono nella
m ateria non sono intelligibili in atto, ne segue che le nature o
form e delle cose sensibili, che n oi intendiamo, non sono intelligibili
in atto. Ora, niente puó passare dalla potenza all’atto, se non per
mezzo di un ente giá in a tto : cosi il senso diviene senziente in atto,
a causa dell’oggetto giá attualmente sensibile. B isognava dunque
ammettere n ell’ intelletto una potenza capace di rendere intelligi­
bili in atto gli oggetti, mediante l ’astrazione delle form e dalle loro
condizioni materiali. Questa é la necessitá di ammettere 1’ intelletto
agente.
S o l u z io n e de ll e d if f ic o l t á : 1. Gli oggetti sensibili si trovano giá
in atto fu ori dell’ an im a; perció non é necessario porre un senso
agente. - Gosicché risulta che nella parte nutritiva tutte le potenze
sono attive; nella parte sensitiva tutte sono p a ssiv e ; nell’ intellet­
tiva invece vi é un principio attivo e un principio passivo.
1 E fa cile riscontrare questa tesi nelle opere di P latone (cfr. Tim eo, c. 18 ;
Parm enlde, c. 6 ; Fedro, cc. 48, 49); ma S. Tom m aso 1’ ha conosciuta soltanto d*
seconda m ano, specialmente attraverso le opere di Aristotele.
LE POTEN ZE INTELLETTIVE
315
Ergo, cum intellectus noster sit in potentia ad intelligibilia, videtur
quod non d e b e a t. poni intellectus agens, sed possibilis tantum.
2. P r a e t e r e a , si dicatur quod in sensu etiam est aliquod agens,
sicut lumen, con tra : Lumen requiritur ad visum inquantum facit
médium lucidum in a ctu : nam color ipse secundum se est m otivus
lucidi. Sed in operatione intellectus non ponitur aliquod médium
quod necesse sit fieri in actu. E rgo non est necessarium ponere
intellectum agentem.
3. P r a e t e r e a , sim ilitudo agentis recipitur in patiente secundum
modum patientis. Sed intellectus possibilis est virtus immaterialis.
E rgo im materialitas eius sufiñcit ad hoc quod recipiantur in eo
form ae im materialiter. Sed ex hoc ipso aliqua form a est intelligi­
bilis in actu, quod est immaterialis. E rgo nulla necessitas est po­
nere intellectum agentem, ad hoc quod faciat species intelligibiles
in actu.
S ed c o n t r a e s t quod Philosophus dicit, in 3 De Anima [c. 5 , lect. 10],
quod «s icu t in omni natura ita et in anim a est aliquid quod est
omnia fieri, et aliquid quo est om nia fa cere». Est ergo ponere in­
tellectum agentem.
R e s p o n d e o d i c e n d u m quod, secundum opinionem Platonis, nulla
necessitas erat ponere intellectum agentem ad faciendum intelligi­
bilia in a ctu ; sed forte ad praebendum lumen intelligibile intelligenti, ut in fra [a. 4; q. 84, a, 6] dicetur. P osuit enim Plato form as
rerum naturalium sine materia subsistere, et per consequens eas in­
telligibiles esse: quia ex hoc est aliquid intelligibile actu, quod est
immateriale. Et huiusm odi vocabat sp ecies, sive id ea s: ex quarum
participatione dicebat etiam m ateriam corporalem form ari, ad hoc
quod individua naturaliter constituerentur in propriis generibus et
sp ecieb u s; et intellectus nostros, ad hoc quod de generibus et speciebus rerum scientiam haberent.
Sed quia Aristóteles [cfr. 3 M etaph., c. 4, lect. 9 ; 8, c. 3, lect. 3]
non posuit form as rerum naturalium subsistere sine m a teria ; for­
mae autem in m ateria existentes non sunt intelligibiles a c tu : sequebatur quod naturae seu form ae rerum sensibilium, quas intelligimus, non essent intelligibiles actu. N ihil autem reducitur de
potentia in actum, nisi per aliquod ens a c tu : sicut sensus ftt in actu
per sensibile in actu. Oportebat igitur ponere aliquam virtutem ex
parte intellectus, quae faceret intelligibilia in actu, per abstractionem specierum a oonditioniibus materialibus. Et haec est necessitas
ponendi intellectum agentem.
A d p r i m u m e r g o d ic e n d u m quod sensibilia inveniuntur actu extra
an im a m : et ideo non oportuit ponere sensum agentem. - Et sic
patet quod in parte nutritiva omnes potentiae sunt a ctiv a e; in parte
autem sensitiva, omnes p a ssiv a e; in parte vero intellectiva est ali­
quid activum, et aliquid passivum.
* La posizione di Aristotele, che l ’Aquinate con d ivid e ln pleno, é dettata n a ­
turalm ente da serl m otivi scientiflcl, non soltanto di ordin e metaflsico, ma anche
di carattere gnosieologico. Ecoo, tra l ’altro, com e S. Tom m aso difende il valore
della critica aristotélica: « Se ció fosa» vero [la teoría platónica] blsognerebbe
che le cose di per sé piü intelligibili fossero per noi le m eglio conosclute. II che
invece é falso in m odo p a ten te; infatti per mol & piü intelligibile quanto si a w icina m aggiorm ente ai sensi, e che di suo é m eno intelligibile. Questo splnse Arlstotele a sostenere che i nostri dati in tellig ibili non son o delle realtá per se stesse
intelligibili, ma che derivano dalle cose s e n s ib ili» (f Cont. Gent., c. 77).
316
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, aa. 3-4
LE POTEN ZE IN TELLETTIVE
2. Sono due le opinioni su ll’ effetto della luce. P er alcuni la luce
si richiede alia visione per rendere i colorí visibili in atto. In tal
caso, analogamente, e per lo stesso scopo, si richiederebbe 1’ intel­
letto agente per intendere, come si richiede la luce per vedere. - A l­
tri invece pensano che la luce non sia necessaria alia vista per
rendere attualmente visibili i colori, m a perché il mezzo divenga
esso attualmente lum inoso, com e dice il C om m entatore.1 In questo
caso la som iglianza, stabilita da Aristotele tra 1’ intelletto agente e
la luce, va cosi con cepita: come l ’una é necessaria per vedere, cosi
l ’ altro é necessario per in ten dere; m a non per la medesima ragione.
3. Supposta la presenza di un oggetto in atto, puó avvenire che
la sua similitudine venga ricevuta in m odo diverso in soggetti di­
versi, a causa della loro diversa disposizione. Ma se la cosa in atto
non preesiste, non puó giovare la disposizione del ricevente. Ora
1’ intelligibile in atto non esiste come tale nella realtá, almeno per
le cose sensibili, che non sussistono fuori della materia. Quindi
1’ im materialitá dell’ intelletto possibile non basterebbe per inten­
dere, se non ci fosse 1’ intelletto agente a rendere intelligibili in atto
g li oggetti, mediante il processo di astrazione.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod circa effectum luminis est dúplex
opinio. Quidam enim dicunt quod lumen requiritur ad visum, ut
faciat colores actu visibiles. Et secundum hoc, sim iliter requiritur,
et propter idem, intellectus agens ad intelligendum, propter quod
lumen ad videndum. - Secundum alios vero, lumen requiritur ad
videndum, non propter colores, ut fiant actu v isib iles; sed ut mé­
dium fiat actu lucidum , ut Commentator dicit in 2 De Anima
[comm. 67]. Et secundum hoc, sim ilitudo qua Aristóteles [3 De Anima
c. 5, lect. 10] assimilat intellectum agentem lumini, attenditur quan­
tum ad hoc, quod sicut hoc est necessarium ad videndum, ita illud
ad in telligendum ; sed non propter idem.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod, supposito agente, bene contingit diversimode recipi eius sim ilitudinem in diversis propter eorum dispositionem diversam. Sed si agens non praeexistit, nihil ad hoc
faciet dispositio recipientis. Intelligibile autem in actu non est ali­
quid existens in rerum natura, quantum ad naturam rerum sensi­
bilium , quae non subsistunt praeter materiam. Et ideo ad intelli­
gendum non sufficeret im materialitas intellectus possibilis, nisi adesset intellectus agens, qui faceret intelligibilia in actu per m odum
abstractionis.
ARTIGOLO 4
ARTICULUS 4
Se Pintelletto agente faccia parte dell’anima.3
Utrum intellectus agens sit aliquid animae.
317
f Sent., d. 17, q. 2, a. 1; 2 Cont. Gent., cc. 76, 78; De Spirít. Creat., a. 10;
De Anima, a. 5; Compend. T heol., c. 86; 3 De Anima, lect. 10.
S e m b r a che 1’ intelletto agente non fa ccia parte dell’ anima [nostra].
In fa tti:
1. Funzione dell’ intelletto agente é quella di illuminare per 1’ in­
tellezione. Ora, questo deriva da qualche cosa che é piü alto dell ’ anima, secondo quelle p arole: « E r a la luce vera, che illumina
ogni uom o che viene in questo m o n d o ». P are quindi che 1’ intelletto
agente non faccia parte deH’ anima.
2. Secondo il F ilosofo per 1’ intelletto agente « non si verifica che
a volte intenda e a volte non intenda ». Invece la nostra anim a non
intende sem pre; m a a volte si, a volte no. Dunque esso non é
qualche cosa dell’anima nostra.
3. Agente e paziente bastano a produrre u n ’ azione. Se quindi
1’ intelletto possibile, che é u na facoltá passiva, e 1’ intelletto agente,
che é una facoltá attiva, fanno parte dell’ anima, ne viene che
l ’uom o potrá sempre intendere a suo piacim ento: co sa evidente­
mente falsa. Dunque 1’ intelletto agente non fa parte deH’ anima.
4. Dice il F ilosofo che 1’ intelletto agente é « u n a sostanza esi-
Ad
q u a r t u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod intellectus agens non
sit aliquid animae nostrae. Intellectus enim agentis effectus est il­
lum inare ad intelligendum. Sed h oc fit per aliquid quod est altius
a n im a ; secundum illud loan. 1 ,9 : « Erat lux vera, quae illum inat
om nem hominem venientem in hunc m u n d um ». Ergo videtur quod
intellectus agens non sit aliquid animae.
2. P r a e t e r e a , Philosophus, in 3 De Anima [c. 5 , lect. 10], attribuit
intellectui agenti quod « n o n aliquando intelligit et aliquando non
in telligit». Sed anima nostra non semper intelligit; sed aliquando
intelligit et aliquando non intelligit. E rgo intellectus agens non est
aliquid animae nostrae.
3.' P r a e t e r e a , agens et patiens sufficiunt ad agendum. Si igitur in­
tellectus possibilis est aliquid anim ae nostrae, qui est virtus passiva,
et similiter intellectus agens,. qui est virtus activa ; sequitur quod
hom o semper poterit intelligere cum volu erit: quod patet esse falsum. Non est ergo intellectus agens aliquid animae nostrae.
4. P r a e t e r e a , Philosophus dicit, in 3 De Anima [c. 5 , lect. 10], quod
i L ’A quinate segue l ’opinione di Averroé. Secondo la física aristotélica, la luce
non avrebbe avuto un effetto diretto sui colori, m a sul mezzo, cioé su íl’aria o
su ll’acqua. II corp o diafano in presenza della lu ce sarebbe passato, dal suo stato
di subietto potenziale dei fenomeni visivi, alio stato di subietto attuale dei medesimi. P erció l ’an alog la tra luce e intelletto agente non era del tutto esatta
per S. Tomm aso.
3
L ’articolo non si lim ita a polemizzare contro Averroé e la sua scuola ¡ ché
anzi esso é piuttosto espositivo e costruttivo. S. Tom m aso infatti m ira a integrare
il pensiero di Aristotele con quello di Platone. P erché non bisogna soltanto giu-
stiflcare l ’evidente capacitá e autonom ia di ciascun uom o a svolgere le funzioni
della vita intellettiva; m a bisogna anche razionalm ente scorgere 1’ influsso dt
una prim a causa, cioé di una p rim a intelligenza trascendente. Questa causa tra­
scendente non puó essere che Dio, com e avevano g iá insegnato S. Agostino e lo
Pseudo-Dionigi. L ’Aquinate preciserá. che il prim o influsso di tale causa non
deve ricercarsi in qualche cosa di estrinseco (com e potrebbe essere 1’ illum inazione agostiniana), bensl in qualche cosa di im m anente alia creatura: Dio per
prim a cosa conferisce a ll’anim a le fa coltá necessarie per in ten d ere; e quindi
conferisce non jl solo intelletto possibile, m a anche 1’ intelletto agente.
318
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, a. 4
stente in a tt o ». Ma niente é nello stesso tempo in atto e in po­
tenza rispetto alia medesima cosa. Se dunque 1’ intelletto possibile,
il quale é in potenza a tutti g l’ intelligibili, é qualche cosa dell ’ anim a nostra, é im possibile che 1’ intelletto agente sia anch’ esso
qualche cosa dell’ anima.
5.
Se 1’ intelletto agente facesse parte dell’ anima nostra, dovrebbe
essere u na potenza. Infatti non rientra nella categoría della passione o d ell’ a bito; poiché gli abiti e le passioni non hanno il carattere di agente rispetto alie attivitá dell’ a n im a ; ché anzi la passione non é che l ’ azione stessa della potenza passiva, mentre l ’ abito
non é che una conseguenza delle azioni [ripetute]. Ma ogni potenza
prom ana dall''essenza dell’ anima. Avremmo cosi che 1’ intelletto
agente procederebbe dall’ essenza dell’ anima. E quindi non verrebbe
ad essere n ell’ anima per una partecipazione di un intelletto supe­
riore : cosa questa inanxmissibile. Dunque 1’ intelletto agente non fa
parte dell’ anima.
I n c o n t r a r i o : II Filosofo insegna che « necessariam ente vi sono
n ell’ anima queste differenze», cioé 1’ intelletto possibile e 1’ intel­
letto agente.
R is p o n d o : L ’ intelletto agente, di cui parla il Filosofo, fa parte
delPanima. P er averne l ’ evidenza com inciam o a osservare che al
disopra dell’anima intellettiva dell’uom o si deve ammettere un in­
telletto superiore, dal quale 1’ anim a riceve la capacita di intendere.
Infatti, quando un ente mobile e imperfetto partecipa. di una per­
fezione, esige sempre prim a di sé un essere im m obile e perfetto,
che abbia quella perfezione per'essenza. Ora l’ anim a um ana é detta
intellettiva solo perché é partecipe della virtú intellettuale; lo riprova il fatto che essa non é tutta quanta intellettiva, m a solo se­
condo una sua parte. Di piü, essa giunge alia conoscenza della
veritá gradatamente con un processo discorsivo, per via di argomentazioni. Inoltre la sua intellezione é im perfetta: sia perché non
conosce tutte le cose, sia perché negli atti conoscitivi procede dalla
potenza all’ atto. Dunque bisogna ammettere l ’esistenza di un intel­
letto piü alto, che dia a ll’ anima la virtü di intendere.
A lcu n i1 supposero che questo intelletto, sostanziaim ente separato
[dal corpo], fosse 1’ intelletto agente, il quale, quasi proiettando la
sua luce sui fantasmi, li renderebbe intelligibili in atto. - Ma, dato
puré che esista un sim ile intelletto agente separato, bisognerá nondimeno ammettere nella stessa anima um ana una virtü, partecipata da quell’ intelletto superiore, mediante la quale l ’ anim a possa
rendere intelligibili in atto gli oggetti. Cosí anche nel m ondo degli
esseri fisici piü perfetti vediam o che, oltre alie cause efíicienti piü
universaii, esistono nei singoli esseri perfetti le lo ro proprie capa­
cita derívate dalle cause u niversali: infatti non é soltanto il solé
che genera l’ uomo, m a nell’uom o stesso vi é la virtü di generare
altri u o m in i; cosí si dica per gli altri anim ali perfetti. Ora nella
sfera degli esseri inferiori non vi é niente di piü perfetto dell’ anima
umana. P erció bisogna concludere che esiste in essa una facoltá
derivata da un intelletto superiore, mediante la quale possa illum inare i fantasmi.
1 II p rim o peripatético che esplicitam ente attribu i ad A ristotele questa op i­
nione, pare che sia stato Alessandro di A frodisia (m orto ai prim i del sec. III).
Dai suoi llbri la raccolsero i fllosofl arabJ, da A lkindi ed A lfarabi fino ad A vi -
LE POTEN ZE IN TELLETTIVE
319
intellectus agens est «su bstan tia actu en s». Nihil autem est re­
spectu eiusdem in actu et in potentia. Si ergo intellectus possibilis,
qui est in potentia ad om n ia intelligibilia, est aliquid animae nostra e ; videtur im possibile quod intellectus agens sit aliquid animae
nostrae.
5.
P raeterea , si intellectus agens est aliquid animae nostrae, op or­
tet quod sit aliqua potentia. Non est enim nec passio nec habitus:
nam habitus et passiones non habent rationem agentis respectu passionum a n im a e ; sed m agis passio est ipsa actio potentiae passivae,
habitus autem est aliquid quod ex actibus consequitur. Omnis autem
potentia fluit ab essentia animae. .Sequeretur ergo quod intellectus
agens ab essentia animae procederet. Et sic non inesset animae per
participationem ab aliquo superiori intellectu: quod est inconveniens. Non ergo intellectus agens est aliquid anim ae nostrae.
S ed c o n t r a e s t quod Philosophus dicit, 3 De Anima [ibid.] quod
«n ecesse est in anim a has esse d ifferen tias», scilicet intellectum
possibilem, et agentem.
R e s p o n d e o d ic e n d u m quod intellectus agens de quo Philosophus
loquitur, est aliquid animae. Ad cuius evidentiam, considerandum
est quod supra animam intellectivam humanam necesse est ponere
aliquem superiorem intellectum, a quo anim a virtutem intelligendi
obtineat, Semper enim quod participat aliquid, et quod est mobile,
et quod est imperfectum, praeexigit ante se aliquid quod est per
essentiam suam tale, et quod est im m obile et perfectum. A nim a
autem hum ana intellectiva dicitur per participationem intellectua­
lis v irtu tis: cuius signum est, quod non tota est intellectiva, sed se­
cundum aliquam sui partem. Pertingit etiam ad intelligentiam veritatis cum quodam discursu et motu, arguendo. Habet etiam imperfectam intelligentiam : tum quia non om nia in telligit; tum quia
in his quae intelligit, de potentia procedit ad actum. Oportet ergo
esse aliquem altiorem intellectum, quo anima iuvetur ad intelligendum.
Posuerunt ergo quidam hunc intellectum secundum substantiam
separatum, esse intellectum agentem, qui quasi illustrando phantasmata, facit ea intelligibilia actu. - Sed, dato quod sit aliquis talis
intellectus agens separatus, nihilom inus tamen oportet ponere in
ipsa anim a hum ana aliquam virtutem ab illo intellectu superiori
participatam, per quam anim a hum ana facit intelligibilia in actu.
Sicut et in aliis rebus naturalibus perfectis, praeter universales cau­
sas agentes, sunt propriae virtutes inditae singulis rebus perfectis,
ab universalibus agentibus derivatae: non enim solus sol generat
hominem, sed est in hom ine virtus generativa h o m in is; et similiter
in aliis animalibus perfectis. Nihil autem est perfectius in inferioribus rebus anima humana. Unde oportet dicere quod in ipsa sit
aliqua virtus derivata a superiori intellectu, per quam possit phant asm ata illustrare.
cenna ed Averroé (cfr. Gdlson E., La philosophíe au m oyen dge, P arigi, 1944,
pp. 346-367). - S. Tom m aso nel suo com m ento al f Sent., d. 17, q. 2, a. i, nota
cha « alcuni dottori cattolici hann o pensato che D io stesso sia 1’ intelletto agente ».
T ra gli altri possiam o íare i nom i di G uglielm o d ’Auvergne, Adam o di Marsh,
R uggero Bacone, G iovanni Peckham , R uggero Marston (cfr. S ü m m a C a ñ a d ,, vol. I,
p. 483).
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, a. 4
LE POTEN ZE INTELLETTIVE
Ne abbiam o la riprova nell’ esperienza, quando ci accorgiám o di
astrarre i concetti universali dalle condizioni particolari, il che equi­
vale a rendere attualmente intelligibili gli oggetti. Ora, nessiuaia operazione compete a una cosa, se non per mezzo di un principio ad
essa form almente inerente, com e abbiam o giá detto a proposito del1’ intelletto possibile. P erció é necessario che la virtü, la quale costituisce il principio di questa operazione, sia qualche cosa dell ’ anima. - P er quiesta ragione Aristotele paragonó 1’ intelletto agente
alia luce, che é un’ entitá ricevuta [e posseduta] dall’ aria. Platone
poi, com e riferisce Temistio, paragonó al solé 1’ intelletto separato,
che com unica una sua im pronta alie nostre anime.
Ora, stando agli insegnamenti della nostra fede, questo intelletto
separato é D io stesso, il quale é il creatore delle anime, e loro única
felicitá, come vedrem o in seguito. Da lui quindi 1’ anima um ana
partecipa una luce intellettuale, secondo le parole del Salm o: « L a
luce del tuo volto, o Signore, é im pressa su di noi » . 1
S o l u z io n e d e l l e d if f ic o l t á : 1. Quella vera luce illum ina come
causa universale, da cui l ’ anim a um ana riceve una particolare fa ­
coltá, com e abbiam o spiegato.
2. II F ilosofo non dice quelle parole a proposito dell’ intelletto
agente, m a dell’ intelletto in atto.3 Tanto é vero che prim a ave va
detto: « L a conoscenza in atto s’ identifica con l ’ogg etto». - Ma se
vogliam o riferirle a ll’ intelletto agente, allora esse significano che
non dipende dall’ intelletto agente il fatto che la nostra intellezione
non é con tin u a ; ma dipende dall’ intelletto possibile.
3. Se 1’ intelletto agente stesse a quello possibile, com e un oggetto
agente sta alia potenza, p. es., come l ’oggetto visibile in atto sta
alia vista, n e seguirebbe che noi intenderem m o súbito tutte le
c o s e ; poiché 1’ intelletto agente é il prin cipio mediante il quale
[1’ anima] rende attuialmente intelligibili tutte le cose. M a esso non
si com porta com e oggetto, bensl com e il principio che rende attuali
gli oggetti; e per questo, oltre la presenza dell’ intelletto agente si
richiede la presenza dei fantasmi, la buona disposizione delle fa­
coltá sensitive, e l ’ esercizio in questo genere di a ttiv itá ; poiché dalla
conoscenza di utna cosa deriva la conoscenza di altre, e cioé dai
singoli term ini si arriva alie proposizioni e dai principii alie conclusioni. Del resto di fronte a questa difflcoltá poco im porta che
1’ intelletto agente sia qualche cosa dell’ anima, oppure una realtá
separata.
4. Certamente 1’ anima intellettiva é attualmente im m ateriale; m a
essa é in potenza rispetto alie specie determínate delle cose. Al con­
trario, i fantasm i sono im m agini rappresentative attuali di deter­
m ínate specie, m a potenzialmente soltanto sono immateriali. Quindi
niente im pedisce che una medesima anima, in quanto é attual­
m ente im materiale, possegga una facoltá atta a form are delle specie
attualmente im materiali, astraendole dalle condizioni della mate­
ria co n creta : facoltá questa che viene denom inata intelletto agente ;
e possegga puré u n ’ altra facoltá atta a ricevere tali specie, che viene
denom inata intelletto possibile, perché appunto é in potenza a quelle
specie.
Et hoc experimento cognoscim us, dum percipim us nos abstrahere
form as universales a conditionibus particularibus, quod est facere
actu intelligibilia. Nulla autem actio convenit alicui rei, nisi per
aliquod principium form aliter ei inhaerens; ut supra [q. 76, a. 1]
dictum est, cum de intellectu possibili ageretur. Ergo oportet virtu­
tem quae est principium huius actionis, esse aliquid in anima. - Et
ideo Aristóteles [3 De Anima, c. 5, lect. 10] com paravit intellectum
agentem lumini, quod est aliquid receptum in aere. Plato autem
intellectum separatum im primentem in animas nostras, com paravit
s o li; ut Themistius dicit in Com mentario Tertii De Anima, [c. 32].
Sed intellectus separatus, secundum nostrae fidei documenta, est
ipse Deus, qui est creator animae, et in quo solo beatificatur, ut
in fra [q. 90, a. 3 ; I-II, q. 3, a. 7] patebit. Unde ab ipso anim a hu­
mana lumen intellectuale participat, secundum illud Psalm i 4 ,7 :
«S ign atu m est super nos lum en vultus tui, Domine ».
A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod illa lux vera illum inat sicut causa
universalis, a qua anim a hum ana participat quandam particularem
virtutem, ut dictum est [in corp.].
A d s e c u n d u m d i c e n d u m quod Philosophus illa verba non dicit de
intellectu agente, sed de intellectu in actu. Unde supra [loco cit. in
arg.] de ipso praem iserat: «id em autem est secundum actum scientia r e i» . - Vel, si intelligatur de intellectu agente, hoc dicitur quia
non est ex parte intellectus agentis hoc quod quandoque intelligim us
et quandoque non intelligim us; sed ex parte intellectus qui est in
potentia.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod, si intellectus agens com pararetur ad
inteDectum possibilem ut obiectum agens ad potentiam, sicut visi­
bile in actu ad v is u m ; sequeretur quod statim om nia intelligeremus,
cum intellectus agens sit quo est om nia facere. Nunc autem non se
habet ut obiectum, sed ut faciens obiecta in a c tu : ad quod requiritur, praeter praesentiam intellectus agentis, praesentia phantasma­
tum, et bona dispositio virium sensitivarum, et exercitium in huius­
m odi o p e r e ; quia per unum intellectum fiunt etiam alia intellecta,
sicut per térm inos propositiones, et per prim a principia conclusio­
nes. Et quantum ad hoc, non differt utrum intellectus agens sit ali­
quid animae, vel aliquid separatum.
Ad q u a r t u m d ic e n d u m quod anim a intellectiva est quidem actu
immaterialis, sed est in potentia ad determinatas species rerum.
Phantasm ata autem, e converso, sunt quidem actu similitudines
specierum quarundam , sed sunt potentia im materialia. Unde nihil
prohibet unam et eandem animam, inquantum est im m aterialis in
actu, habere aliquam virtutem per quam fa cia t im m aterialia in actu
abstrahendo a conditionibus individualis materiae, quae quidem
virtus dicitur intellectus a g e n s ; et aliam virtutem receptivam huius­
m odi specierum, quae dicitur intellectus possibilis, inquantum est in
potentia ad huiusm odi species.
320
i In sepso letterale l ’espresslone del Salm o va riférlta a un segno m anifestó
d ella protezione d ivin a sui p op olo ebreo fedele al suo re. In senso accom odatizio
& stata com unem ente usata per indicare 1’ im m agine divina im pressa su di noi
a ll’atto della creazione. S. Tom m aso pensa d i concretare questo
datizio, facen do della luce del volto d ivin o la facoltá attiva della
cioé 1’ intelletto agente.
8 Vale a diré d ell’ intelletto possibile attualm ente pensante. zione che qu i dá l ’A. non sem bra sostenibile: il soggetto di tutto
esam e é in fatti 1’ intelletto agente (cfr. G. Soleri, op. cit., p. 133).
321
senso accom o­
nostra anim a
L ’ tnterpreta11 cap itolo in
323
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, aa. 4-5
5.
Sebbene 1’ essenza d ell’ anima sia im m ateriale e creata dall’ in­
telletto supremo, niente puó im pedire che da essa, con le altre po­
tenze, prom ani anche quella facoltá che é una partecipazione del1’ intelletto supremo, e che ha la capacitá di astrarre dalla m ateria
[gli oggetti].
le po ten ze
Ad
lis, a
prem o
sentia
In t e l l e t t i v e
323
Qu i n t u m d ic e n d u m quod,
cum essentia animae sit im m aleriasupremo intellectu creata, nihil prohibet virtutem quae a su­
intellectu participatur, per quam abstrahit a materia, ab es­
ipsius procedere, sicut et alias eius potentias.
ARTICOLO 5
ARTICULUS 5
Se P intelletto agente sia uno solo per tutti.1
Utrum intellectus agens sit unus in ómnibus.
f Sent., d. 17, a- 2, a. i ; De Splrit. Creat., a. 10; De Anim a, a. 5 ;
Compend. Theol., c. 86.
che 1’ intelletto agente sia u no solo p er tutti. Infatti:
1. Nessun essere, che sia separato dalla materia, si m oltiplica con
la m oltiplicazione dei corpi. Ora 1’ intelletto agente é separato, come
dice Aristotele. Dunque non si m oltiplica secondo il numero dei
corp i umani, ma é ú nico per tutti.
2. L ’ intelletto agente produce l ’ universale, che consiste in un con­
cetto único per molte cose. Ora, l ’ ente, che é causa di unitá, é único
a piü forte ragione. Dunque 1’ intelletto agente é único per tutti.
3. Tutti gli uom ini concordano nei prim i prin cipii intellettivi.
Ora, l ’ assenso a quei prin cipii vien dato con I’ intelletto agente.
Tutti perció concordano in un solo intelletto agente.
I n contrario: Afferma il F ilosofo che 1’ intelletto agente é come
la luce. Ora la luce non é idéntica nei diversi soggetti illuminati.
Quindi n on é idéntico 1’ intelletto agente nei diversi u o m in i.2
R ispondo: L a soluzione del quesito dipende daH’ articolo prece­
dente. Se infatti 1’ intelletto agente non facesse parte dell’ anima,
m a fosse una sostanza separata, 1’ intelletto agente sarebbe único
per tutti g li uom ini. Questo é appunto il pensiero di chi ammette
l ’ unitá d ell’ intelletto agente. - Se invece 1’ intelletto agente fa parte
d ell’anim a, com e una sua facoltá, é necessario concludere che gli intelletti agenti sono tanti, quante sono le anime, le quali corrispondon o al num ero dei singoli uomini, com e abbiam o g iá visto. Non é
infatti possibile che un’ unica e idéntica facoltá appartenga a piü
sostanze;
S o l u z io n e d e l l e d if f ic o l t á : 1. II F ilosofo p rova che 1’ intelletto
agente é separato dal fatto che é separato quello p ossibile: poiché
com 'egli dice, « l ’ agente é superiore al pazien te». Ora 1’ intelletto
possibile s i dice separato, perché non é l’ atto di un organo corporeo. A lia stessa m aniera é detto separato anche 1’ intelletto a gen te:
non g iá nel senso che esso sia u n a sostanza separata.
2.
L ’ intelletto agente causa 1’ universale, astraendolo dalla m a­
teria. Ora, per far questo, non si richiede che sia ú n ico in tutti
quelli che posseggono 1’ intelletto: m a basta che abbia unitá in rap­
porto a tutti g li oggetti, dai quali astrae l’universale, e rispetto ai
S em bra
1
A bbiam o qui un artico lo brevissim o, che serve soltanto d i corolla rio a qu ello
precedente. L 'A utore ha preíerito confutare direttamente la tesi averroistica, per
lasciare a ll’articolo 4 il suo carattere espositivo e costruttivo.
a Per com prendere la sim ilitudine della luce, che ricorre anche nella solu­
zione 3, 6 necessario ricord are che per Aristotele e per S. Tom m aso la lu ce agirebbe soltanto sul mezzo d iafan o, che diventerebbe cosi il soggetto attuale del
A d q u i n t u m s ic p r o c e d it u r . V idetur quod intellectus agens sit
unus in ómnibus. Nihil enim quod est separatum a corpore, multiplicatur secundum multiplieationem corporum . Sed intellectus
agens est separatus, ut dicitur in 3 De Anima [c. 5 lect. 10]. E rgo
non m ultiplicatur in multis corporibus hominum, sed est unus in
ómnibus.
2. P raeterea , intellectus agens facit universale, quod est unum in
multis. Sed illud quod est causa unitatis, magis est unum. Ergo
intellectus agens est unus in óm nibus.
3. P raeterea , omnes hom ines conveniunt in prim is conceptionibus
intellectus. His autem assentiunt per intellectum agentem. E rgo
conveniunt omnes in uno intellectu agente.
S ed contra e s t quod Philosophus dicit, in 3 De Anima [c. 5, lect. 10],
quod intellectus agens est sicut lumen. Non autem est idem lumen
in diversis illuminatis. E rgo non est idem intellectus agens in diversis hominibus.
R es p o n d e o d ic e n d u m quod veritas huius quaestionis dependet ex
praemissis [a. 4]. Si enim intellectus agens non esset aliquid animae,
sed esset quaedam substantia separata, unus esset intellectus agens
omnium hominum. Et hoc intelligunt qui ponunt unitatem intel­
lectus agentis. - Si autem intellectus agens sit aliquid animae, ut
quaedam virtus ipsius, necesse est dicere quod sint plures intellectus
agentes, secundum pluralitatem animarum, quae m ultiplicantur se­
cundum multiplicatkmem hominum, ut supra [q. 76, a. 2] dictum
est. Non enim potest esse quod u na et eadem virtus numero sit diversarum substantiarum.
A d p r i m u m ergo d i c e n d u m quod Philosophus probat intellectum
agentem esse separatum, per h oc quod possibilis est separatus; quia
ut ipse dicit [3 De Ánim a, c. 5, lect. 10], « agens est honorabilius
palíente ». Intellectus autem possibilis dicitur separatus, quia non
est actus alicuius organ i corporalis. Et secundum hunc m odum
etiam intellectus agens dicitur sep a ra tu s: non quasi sit aliqua sub­
stantia separata.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod intellectus agens causat. universale
abstrahendo a materia. A d hoc autem non requiritur quod sit unus
in óm nibus habentibus intellectum : sed quod sit unus in óm nibus
secundum habitudinem ad om nia a quibus abstrahit universale, refenom eni vlsivi, senza influiré direttam ente sui colori (cfr. q. 67, pp. 64 s.). Ma si
tenga bene a mente che l ’esem pio non é urna prova apodittica, anzi i l S. c. é poco
persuasivo proprio per questo.
324
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, aa. 5-6
LE POTEN ZE INTELLETTIVE
quali l ’ universale é uno. E questo compete a ll’ intelletto agente in
forza della sua immaterialitá.
3.
Tutti g li esseri di una medesdma specie hanno in com une g li
atti, che derivano dalla natura della specie, e per conseguenza aji­
che la facoltá, che é principio di quegli a tti: senza peró che questa
sia ú nica per tutti. Ora conoscere i prim i principii intellettivi é un
atto, che deriva dalla specie umana. B isogna perció che tutti gli
uom ini abbiano in com une quiella facoltá che ne é il p rin cip io: ed
essa é la facoltá dell’ intelletto agente. Non é necessario tuttavia che
essa sia numéricamente idéntica per tutti. - Essa peró deve deri­
vare in tutti da un principio único. Cosicché la concordanza degli
uom ini nei prim i principii dimostr'a I’ unitá di quell’ intelletto se­
parato, che Platone paragona al so lé ; non dim ostra invece 1’ unita
dell’ intelletto agente, che Aristotele p aragon a alia luce.
S25
spectu quorum universale est unum. E.t hoc competit intellectui
agenti inquantum est immaterialis.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod omnia quae sunt unius speciei, com m unicant in actione consequente naturam speciei, et per consequens
in virtute, quae est actionis p rin cip iu m : non quod sit eadem nu ­
mero in ómnibus. C ognoscere autem prim a intelligibilia est actio
consequens speciem humanam. Unde oportet quod omnes hom ines
com m unicent in virtute quae est principium huius actionis: et haec
est virtus intellectus agentis. N on tamen oportet quod sit eadem
numero in ómnibus. - Oportet tamen quod ab uno principio in
ómnibus derivetur. Et sic illa com m unicatio hom inum in prim is intelligibilibus, dem onstrat unitatem intellectus separati, quem Plato
com parat s o li; non autem unitatem intellectus agentis, quem A ri­
stóteles com parat lumini.
ARTICOLO 6
ARTICULUS 6
Se nella parte intellettiva deH’anima ci sia la memoria. 1
Utrum memoria sit in parte intellectiva animae.
1-11, q. 67, a. 2 ; I Sent., d. 3, q. 4, a. 1; 3, d. 26, q. 1, a. 5, ad 4;
4, d. 44, q. 3, a. 3, qc. 2, ad 4; d. 50, q. 1, a. 2; 2 Cont. Gent., c. 74;
De Verit., q. 10, a. 2; q. 19, a. 1; Quodl. 3, q. 9, a. i ; 12, q. 9, a. 1;
/" Cor., c. 13, lect. 3; De M em, et Rem in., lect. 2.
S em b ra ch e n e lla
m o ria . I n f a t t i;
p a r te
in t e lle t t i v a
d e ll’ a n im a n o n
ci
s ia la
m e­
7
1. S. Agostino dice che «spettano alia parte superiore dell’ anima
le facoltá che non sono com uni agli uom ini e alie bestie». Ora la
m em oria é comune agli uom ini e alie bestie, tant’ é vero che aggiunge n ello stesso lu o g o : « le bestie possono sentire con i sensi del
corpo le cose m ateriali e conservarle nella m em oria ». Dunque nella
parte intellettiva dell’ anim a non vi é la mem oria.
2. L a m em oria rigu arda il passato. Ma il passato é legato a un
certo determinato tempo. Dunque la m em oria ha una conoscenza
delle cose in quanto limitate a un tempo determ inato; il che vuol
dire conoscere una cosa nelle circostanze di lu ogo e di tempo. Ora,
ció non appartiene all’ intelletto, m a al senso. Dunque la m em oria
n on si trova nella parte intellettiva, m a solo in quella sensitiva.
3. N ella m em oria sono consérvate le im m agini delle cose che non
sono attualmente pensate. M a non é possibile che questo fatto avvenga n ell’ in telletto; perché 1’ intelletto, dal momento che riceve la
form a delle specie intelligibili, diviene a ttu a le; e per 1’ intelletto es­
sere in atto é la stessa cosa che la sua intellezione in atto. L ’ intel­
letto quindi intende attualmente tutte le cose, delle quali possiede
le idee. P erció nella parte intellettiva non vi. é la memoria.
I n c o n t r a r i o : S . Agostino insegna che « la m em oria, 1’ intelligenza
e la volon tá son o u n ’ única mente » . 2
R i s p o n d o : Essendo com pito della mem oria conservare le imma1
N ell’antica edizione M arietti troviam o in n o ta : « in questo articolo S. T om ­
m aso com pendia tutto qu ello che é stato detto d al F ilosofo n e ll’opuscolo De m e­
m oria et rem iniscentia ». - Veramente tra questo articolo e q u ell’opuscolo, a parte
11 titolo, c ’ é poco di com une. Anche perché Aristotele non ha dei testi ben chiari
a favore d ella m em oria In tellettiva; e quei poch i testi che si possono fa r va­
lere, con un p o ’ di buona volontá, é inutile cercarli in q u ell’opuscolo, che si
Ad s e x t u m s i c p r o c e d i t u r . V idetur quod m em oria non sit in parte
intellectiva animae. Dicit enim Augustinus, 12 De Trin. [cc. 2, 3, 8],
quod ad partem superiorem animae pertinent quae non sunt « ho­
ra inibus pecoribusque com m unia ». Sed m em oria est hom inibus pecoribusque com m unis: dicit enim ibidem [c. 2] quod «possu n t pecora sentire per corporis sensus corporalia, et ea m andare memor ia e ». E rgo m em oria non pertinet ad partem animae intellectivam.
2. P r a e t e r e a , m em oria praeteritorum est. Sed praeteritum d ici­
tur secundum aliquod determinatum tempus. Memoria igitur est
cognoscitiva alicuius sub determinato tem p ore; quod est cognoscere
aliquid sub hic et nunc. Hoc autem non est intellectus, sed sensus.
M emoria igitur non est in parte intellectiva, sed solum in parte
sensitiva.
3. P r a e t e r e a , in m em oria conservantur species rerum quae actu
non cogitantur. Sed hoc non est possibile accidere in intellectu:
quia intellectus ñt in actu per hoc quod inform atur specie intelligi­
b ili; intellectum autem esse in actu, est ipsum intelligere in a ctu ;
et sic intellectus om nia intelligit in actu, quorum species apud se
habet. Non ergo m em oria est in parte intellectiva.
S ed c o n t r a e s t quod Augustinus dicit, 10 De Trin. [c. 11], quod
«m em oria, intelligentia et voluntas sunt una m en s».
R e s p o n d e o d ic e n d u m quod, cum de ratione mem oriae sit conserlim ita a studiare la m em oria sensitiva. - Non bisogna dim enticare che A vicenna
credeva di dover negare la m em oria alia parte intellettiva d ell’anim a, per un
senso di fedeltá alia dottrina aristotélica.
2
Su queste tre cose, concepite com e tre potenze distinte, S. Agostino ha im pó­
state la sua teoria su ll’ im m agine della SS. T rin itá n e ll’anim a (cfr. I, q. 93,
aa. 4-8). In parte si deve proprio a questo m otivo teologico, se alia mente dell ’Aquinate apparve ben chiara la grav e lacun a della p sicología aristotélica, a
proposito della m em oria intellettiva.
326
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, a. 6
LE POTEN ZE IN TELLETTIVE
gin i delle cose n on attualmente percepite, la prim a cosa da con si­
derare é se le specie intelligibili si possano conservare in tal m odo
n ell’ intelletto. - A vicenna lo riteneva impossibile. Diceva infatti
che ció si verifica nella parte sensitiva per alcune potenze, perché
queste sono atti di orga n i corporei, nei quali si possono conservare
delle im m agini, senza bisogno d i u na percezione attuale. Invece
n ell’ intelletto, che m anca di organ o corporeo, niente esiste se non
com e cosa pensata. E quindi necessario che sia sempre attualmente
conosciuto quell’ oggetto, la cu i im m agine é presente all’ intelli­
genza. - Orbene, secondo Avicenna, non appena uno cessa dall’ in­
tellezione attuale di una cosa, súbito scom pare dal suo intelletto
1’ im m agine di e s s a ; e se vuole pensarla di nuovo, ha bisogno di
rivolgersi all’ intelletto agente, che egli riteneva fosse una sostanza
separata, affinché da esso derivino le specie intelligibili nell’ intel­
letto possibile. D all’ esercizio poi e d a ll’uso di rivolgersi all’ intel­
letto agente, rim arrebbe, secondo lui, nell’ intelletto possibile una
certa attitudine a rivolgersi all’ intelletto agente, atti tu diñe che egli
riteneva fosse 1’ abito della scienza. - P erció, secondo questa opinione, niente si conserverebbe nella parte intellettiva, che non sia
attualmente pensato. Quindi per questa teoría non si puó ammettere
la mem oria nella parte intellettiva.
Una tale opinione peró urta chiaram ente contro le parole di A ri­
stotele. Infatti egli scrive che quando 1’ intelletto possibile « é divenuto tutte le cose, é conoscente com e colui che lo é in atto (ció che
a w ie n e quando pu ó passare a ll’atto d a se stesso), e tuttavia anche
allora é in qualche m odo in potenza, m a n on come lo era prim a di
aver appreso o di aver s c o p e r t o » .1 Si afferm a cioé che 1’ intelletto
possibile diviene tutte le cose, nel senso che riceve le specie di tutte
le cose. Dal fatto dunque di rioevere le specie intelligibili, 1’ intel­
letto riceve la capacité, di passare all’atto quando vuole, m a non di
essere sempre in atto: poiché anche allora é in certo m odo in po­
tenza, bemché in m aniera diversa da. prim a di in ten d ere; e cioé come
colu i che avendo un abito conoscitivo, é in potenza all’ atto della
conoscenza.
M a la teoría di Avicenna é contraria anche alia ragione. Infatti
ció che viene ricevuto in un subietto, é ricevuto secondo la natura
del ricevente. Ora 1’ intelletto é di natura piü stabile e permanente,
che la m ateria dei corpi. Se dunque la materia non soltanto con­
serva le form e che riceve, quando attualmente opera per loro mezzo,
m a anche quando ha cessato di operare, in m aniera m olto piü imm obile e permanente riceverá le specie intelligibili 1’ intelletto, sia
che le riceva attraverso i sensi, sia che gli vengano com unicate da
un intelletto superiore. - Perció, se per m em oria intendiam o la sola
capacitá di conservare delle specie intenzionali, bisogna concludere
che essa si trova anche nella parte intellettiva.
Se invece si riduce il concetto di m em oria alia facoltá che ha per
oggetto il passato in quanto passato, allora la m em oria non esiste
nella parte intellettiva, ma solo in quella sensitiva, che é fatta per
conoscere i sin g o la ri.2 Infatti il passato com e tale, indicando l’ esi-
vare species rerum quae actu n on apprehenduntur, hoc prim um con­
sid era n oportet, utrum species intelligibiles sic in intellectu conser­
var! possint. Posuit enim A vicenna [De Anim a, par. V, c. 6] hoc esse
impossibile. In parte enim sensitiva dicebat hoc accidere, quantum
ad aliquas potentias, inquantum sunt actus organorum corporalium, in quibus conservari possunt aliquae species absque actuali
apprehensione. In intellectu autem, qui caret organ o corporali,
nihil existit nisi intelligibiliter. Unde oportet intelligi in actu illud
cuius similitudo in intellectu existit. - Sic ergo, secundum ipsum,
quam cito aliquis actu desinit intelligere aliquam rem, desinit esse
illius rei species in intellectu: sed oportet, si denuo vult illam rem
intelligere, quod convertat se ad intellectum agentem, quem ponit
substantiam separatam, ut ab illo effluant species intelligibiles in
intellectum possibilem. Et ex exercitio et usu convertendi se ad in­
tellectum agentem, relinquitur, secundum ipsum, quaedam habili­
tas in intellectu possibili convertendi se ad intellectum agentem,
quam dicebat esse habitum seientiae. - Secundum igitur hanc positionem, nihil conservatur in parte intellectiva, quod non actu intelligatur. Unde non poterit pon i m em oria in parte intellectiva, secun­
dum hunc modum.
Sed haec opinio manifeste repugnat dictis Aristotelis. Dicit enim,
in 3 De Anima [c. 4, lect. 8], quod, cum intellectus possibilis « sic fíat
singula ut sciens, dicitur qui secundum actum » ; et quod « hoc accidit cum possit operari per seipsum. Est quidem igitur et tune
potentia quodam m o d o ; n on tamen similiter ut ante addiscere aut
invenire ». Dicitur autem intellectus possibilis fieri singula, secun­
dum quod recipit species singulorum . Ex hoc ergo quod recipit spe­
cies intelligibilium, habet quod possit operari cum voluerit, non
autem quod semper operetur: quia et tune est quodam m odo in p o ­
tentia, licet aliter quam ante in telligere; eo scilicet m odo quo sciens
in habitu est in potentia ad considerandum in actu.
R epugnat etiam praedicta positio rationi. Quod enim recipitur
in aliquo, recipitur in eo secundum m odum recipientis. Intellectus
autem est m agis stabilis naturae et im m obilis, quam m ateria cor­
poralis. Si ergo m ateria corporalis form as quas recipit, non solum
tenet dum per eas agit in actu, sed etiam postquam agere per eas
cessaverit; m ulto fortius intellectus im m obiliter et inamissibiliter
recipit species intelligibiles, sive a sensibilibus acceptas, sive etiam
ab aliquo superiori intellectu effluxas. - Sic igitur, si m em oria accipiatur solum pro vi conservativa specierum , oportet dicera m em o­
riam esse in intellectiva parte.
Si vero de ratione m em oriae sit quod eius obiectum sit praeteritum, ut praeteritum ; m em oria in parte intellectiva non erit, sed
sensitiva tantum, quae est apprehensiva particulanum . Praeteritum
i L a traduzione e 1’ lnterpretazione d i S. Tom m aso é certam ente an ch ’essa so
stenibile; m a g li au tori modernj. inclinarlo verso u n ' lnterpretazione che lascia
im pregiudicata la questione presente. Secondo costar© qu i non si p arla della co-
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noscenza abituale, ovvero della conoscenza che consiste nel possesso di un abito
scientiñco in lorza chella m em oria ; m a della condizlone in cui viene a trovarsi
1’ intelletto n ell’atto in cu i pensa. E cco la p arafrasi del passo secondo G. S o le r l:
« Quando riveste la form a d i un oggetto conosciuto, 1’ intelletto 6 solo piü rela­
tivamente potenza: in quanto, cioé, puó intendere altri oggetti, rivestlre altre
fo r m e ; m a é in qu alche m odo attualizzato d a lla form a ricevuta e puó allora
pensare se stesso» (op. cit., p. 127).
3
L* intelletto per conoscere il passato, in quanto tale, ha perció la $o]a via
(Jellfr riflessione, com e yedrem o (cfr, I, q. 86, a. 1),
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LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, a. 6
stenza [di una cosa] in un determinato tempo, partecipa la natura
dei singo] ari.
S o l u z io n e d e ll e d if f ic o l t á : 1. La mem oria, in quanto capacita di
conservare le specie intenzionali, non é com une a noi e alie bestie.
Infatti le specie intenzionali non sono consérvate nella sola parte
sensitiva dell’ anima, m a piuttosto nel composto [di anima e c o r p o ];
poiché la m em oria é l ’ atto di un organo. L ’ intelletto invece é capace di conservare esso stesso le specie intenzionali, senza l ’ aiuto
di un organo corporeo. P erció il F ilosofo dice che « l ’ anim a é il
luogo delle specie, non tutta peró, m a 1’ intelletto » . 1
2. II passato si puó riferire a due term ini, cioé all’oggetto conosciuto e all’ atto della conoscenza. I due aspetti sono uniti per quanto
riguarda la parte sensitiva, la quale percepisce un oggetto, per il
fatto che viene a subiré una trasmutazione da un oggetto sensibile
presente: e difatti 1’ animale ricorda simultáneamente di avere
prim a sentito nel passato, e di aver sentito un oggetto sensibile
passato. - Invece, per quel che riguarda la parte intellettiva, il pas­
sato come passato é soltanto accidéntale, e propriam ente non inte­
rósea dal punto dd vista dell’ oggetto, Infatti 1’ intelletto conosce
l ’ uiomo in quanto u o m o : ora, per l ’uomo in quanto tale é pura accidentalitá esistere nel presente, nel passato o nel futuro. Invece
dal punto di vista dell’atto, si puó dire che il passato puó riguardare direttamente anche 1’ intelletto, com e il senso. Infatti 1’ inten­
dere dell’ anima nostra é un atto particolare [e concreto], che esiste
in questo o in quel tempo, ed ó cosi che 1’ intellezione di un uom o la
diciam o di ora, di ieri o di domani. E questo non ripugna alia
natura dell’ intelligenza: poiché, sebbene codesta intellezione sia un
fatto particolare [e concreto], tuttavia é un atto im materiale, come
abbiam o detto sopra, parlando dell’ intelletto. Quindi, come 1’ intel­
letto intende se stesso, benché sia un intelletto particolare, cosi in ­
tende la propria intellezione, che é un atto particolare, esistente
nel passato, nel presente o nel futuro. - Concludendo, nell’ intelletto
si salva il concetto di m em oria come cognizione del passato, in
quanto 1’ intelletto conosce di aver giá prim a conosciuto o p en sa to:
non [si salva] invece per la conoscenza del passato nelle sue condizioni concrete di tempo e di lu o g o .3
3. Qualche volta la specie intelligibile si trova solo potenzialmente
n ell’ in telletto: e allora si dice che 1’ intelletto é in potenza. A volte
p oi si trova nell’ intelletto in tutta la perfezione d ell’ atto: e allora
1’ intelletto intende attualmente. Altre volte é come in uno stadio
intermedio tra la potenza e l ’a tto : e allora si dice che 1’ intelletto
ha una conoscenza abituale. PropTio in questa m aniera 1’ intelletto
conserva le specie intenzionali, anche quando attualmente n on le
pensa.
1
Anche questo passo non sem bra cosi favorevol© a lia m em oria intellettiva,
com e S. Tom m aso h a creduto di poter dimostrare. I m oderni vedono in esso la
sem plice afíerm azione della spiritualitá dell’anim a intellettiva. E cco il brano nel
suo con testo: « Questa parte d e ll’anim a che si ch iam a Intelletto (e lo chiam o in ­
telletto ció per cu i l ’a n im a pensa e appnende) non é in atto nessuno degli esseri
p rim a di aver p e n sa to ; per cu i non é vem sim ile che 1’ intelletto fa ccia com posizlone co l c o r p o ; perché allora questo verrebbe ad essere o caldo o íreddo, e
ayre|)be bisogno d i un organo com e i senst, mentre invece ne é privo. Cosicché
enim ,.ut praeteritum, cum significet esse sub determinato tempore,
ad conditionem particularis pertinet.
A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod m em oria, secundum quod est con­
servativa specierum, non est nobis pecoribusque comm unis. Species
enim conservantur non in parte animae sensitiva tantum, sed ma­
gis in con iu n cto: cum vis mem orativa sit actus organi cuiusdam.
Sed intellectus secundum seipsum est conservativus specierum,
praeter concomitantiam organ i corporalis. Unde Philosophus dicit
in 3 De Anima [c. 4, lect. 7], quod « anima est locus specierum, non
tota, sed intellectus».
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod praeteritio potest ad dúo referri:
scilicet ad obiectum quod co g n o scitu r; et ad cognitionis actum.
Quae quidem dú o simul coniunguntur in parte sensitiva, quae est
apprehensiva alicuius per hoc quod im mutatur a praesenti sensi­
bili : unde simul anim al m em oratur se prius sensisse in praeterito,
et se sensisse quoddam praeteritum sensibile. - Sed quantum ad
partem intellectivam pertinet, praeteritio accidit, et non per se con­
venit, ex parte obiecti intellectus. Intelligit enim intellectus hom i­
nem, inquantum est h om o: hom ini autem, inquantum est homo,
accidit vel in praesenti vel in praeterito vel in futuro esse. Ex parte
vero actus, praeteritio per se accipi potest etiam in intellectu, sicut
in sensu. Quia intelligere animae nostrae est quidam particularis
actus, in hoc vel in illo tem pore existens, secundum quod dicitur
hom o intelligere nunc vel he^i vel eras. Et hoc non repugnat intellectualitati: quia huiusm odi intelligere, quamvis sit quoddam particulare, tamen est im materialis actus, ut supra [q. 76, a. 1] de in­
tellectu dictum e s t; et ideo sicut intelligit seipsum intellectus, quam ­
vis ipse sit quidam singularis intellectus, ita intelligit suum intel­
ligere, quod est singularis actus vel in praeterito vel in praesenti
vel in futuro existens. - Sic. igitur salvatur ratio memoriae, quan­
tum ad hoc quod est praeteritorum , in intellectu, secundum quod
intelligit se prius intellexisse: non autem secundum quod intelligit
praeteritum, prout est hic et nunc.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod species intelligibilis aliquando est in
intellectu in potentia tan tu m : et tune dicitur intellectus esse in p o­
tentia. A liquando autem secundum ultim am com pletionem a ctu s: et
tune intelligit actu. A liquando m edio m odo se habet inter potentiam
et actum : et tune dicitur esse intellectus in habitu. Et secundum
hunc modum intellectus conservat species, etiam quando actu non
intelligit.
hanno ragione coloro che hanno afferm ato essere l ’anim a il lu og o delle specie,
non tutta peró, m a quella intellettiva, e non sono in atto le specie, m a in p o­
tenza. Dunque non é idéntica 1’ im passibilitá del senso e d ell’ intelletto » (3 De
Anima, c. 4).
2
La m em oria intellettiva ha qu ind i per oggetto tutti i concetti universali, e
tutte le nozioni scien tifich e; m a tali cose escludono di suo una determ inazione
concreta ; e quindi non si presentano propriam ente com e ricord i del passato.
Sono invece oggetto di m em oria intellettiva, nella loro determ inazione concreta,
tutte le funzioni delle nostre potenze spirituali (intelletto e volontá), e le facoltá
m edesim e; perché la lo ro concretezza non é dovuta alia m ateria, e qu ind i é una
concretezza che non p regiudica la loro im rnaterialitá. - Per quel che riguarda
1’ intelligibilitá del volere, vedi I, q. 82, a. 4, ad 1,
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LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, a. 7
ARTICOLO 7
Se la memoria intellettiva sia una potenza distinta dall’ intelletto.1
LE POTEN ZE INTELLETTIVE
331
ARTICULUS 7
Utrum alia potentia sit memoria intellectiva, et alia intellectus.
Infra, q. 93, a. 7, ad 3; I Sent., d. 3, q. 4, a. 1; i Cont. Gent., c. 74;
De Verit., q. 10, a. 3.
S e m b r a che la m em oria intellettiva sia u n a potenza distinta dal1’ intelletto. In fa tti:
1. S. Agostino pone nella mente « la m em oria, 1’ intelligenza e la
volontá ». Ora, é chiaro che la m em oria é una potenza distinta dalla
volontá. Dunque lo sará puré dall’ intelletto.
2. Lo potenze della parte sensitiva e quelle della parte intellettiva
si distinguono per gli stessi motivi. Ora, la m em oria della parte
sensitiva é una potenza distinta dal senso, come abbiam o g iá visto.
P erció anche la m em oria della parte intellettiva é una potenza di­
stinta d all’ intelletto.
3. Secondo S. Agostino, la memoria, 1’ intelligenza e la volontá
sono uguali tra loro, e l ’una di esse nasce d a ll’ altra. Ora questo
n on sarebbe possibile, se la m em oria si identificarse con 1’ intelletto.
Non sono quindi la stessa potenza.
I n c o n t r a r io : E proprio della m em oria essere il recettacolo o il
luogo, dove si conservano le specie intenzionali. Ora, il Filosofo
attribuisce questo com pito all’ intelletto, come si é visto sopra. Perció nella parte intellettiva la m em oria non é distinta dall’ intel­
letto.
R i s p o n d o : Come abbiam o detto sopra, le potenze dell’ anim a si
distinguono secondo le ragioni [formalij dei loro o g g e tti; poiché la
natura di ogn i potenza consiste nella relazione al proprio oggetto.
A bbiam o anche detto che, se una potenza é, p er la sua natura, or­
dinata a un oggetto considerato sotto un aspetto universale, essa
non va soggetta a suddivisioni in base alie diversitá delle differenze
p a r tico la ri; cosi la potenza visiva, che dice ordine al suo oggetto
in quanto colorato, non va soggetta a differenze in forza della distinzione tra il bianco e il ñero. Ora, 1’ intelletto dice ordine al suo
oggetto sotto l’ aspetto universale di ente; poiché 1’ intelletto possi­
bile é la facoltá « capace di divenire tutte le cose ». P erció nessuna
delle differenze esistenti nelle cose puó causare una diversitá nel1’ intelletto possibile.
Tuttavia la facoltá dell’ intelletto possibile é diversa dall’ intelletto
a g en te; poiché, in rapporto a un medesimo oggetto, la potenza at­
tiva, che attua 1’ oggetto, deve essere un principio diverso dalla po­
tenza passiva, che é m ossa dal suo oggetto giá esistente in atto.
E quindi la potenza attiva dice ordine al suo oggetto, com e un ente
in atto all’ ente in p oten za ; viceversa la potenza passiva dice ordine
al suo oggetto, come un ente in potenza a ll’ ente in atto.
Or dunque n ell’ intelletto non vi puó essere altra distinzione di
potenze, che quella tra 1’ intelletto possibile e quello agente. E chiaro
Ad s e p t i m u m s i c p r o c e d it u r . Videtur quod alia potentia sit me­
m oria intellectiva, et alia intellectus. Augustinus enim, in 10 De
Trin. [c. 11], ponit in mente « mem oriam, intelligentiam et voluntatem ». Manifestum est autem quod mem oria est alia potentia a vo­
lúntate. Ergo similiter est alia ab intellectu.
2. P raeter ea , eadem ratio distinctionis est potentiarum sensitivae
partis et inteilectivae. Sed m em oria in parte sensitiva est alia p o­
tentia a sensu, ut supra [q. 78, a. 4] dictum est. E rgo m em oria
partis inteilectivae est alia potentia ab intellectu.
3. P r a e t e r e a , secundum Augustinum [10 De Trin., c. 11 ; 11, c. 7],
memoria, intelligentia et voluntas sunt sibi invicem aequalia, et
unum eorum ab alio oritur. Hoc autem esse non posset, si m em oria
esset eadem potentia cum intellectu. Non est ergo eadem potentia.
S ed c o n t r a , de ratione m em oriae est, quod sit thesaurus vel locus
conservativus specierum. H oc autem Philosophus, in 3 De Anima,
attrihuit intellectui, ut dictum est [a. 6, ad 1]. Non ergo in parte
intellectiva est alia potentia m em oria ab intellectu.
R e s p o n d e o d i c e n d u m quod, sicut supra [q. 77, a. 3] dictum est, p o­
tentiae animae distinguuntur secundum diversas rationes obiecto­
rum ; eo quod ratio cuiuslibet potentiae consistit in ordine ad id
ad quod dicitur, quod est eius obiectum. Dictum est etiam supra
[q. 59, a. 4] quod, si aliqua potentia secundum propriam rationem
ordinetur ad aliquod obiectum secundum communem rationem
obiecti, non diversificabitur illa potentia secundum diversitates particularium differentiarum : sicut potentia visiva, quae respicit suum
obiectum secundum rationem colorati, non diversificatur per diversitatem albi et nigri. Intellectus autem respicit suum obiectum se­
cundum communem rationem e n tis; eo quod intellectus possibilis
est « quo est om nia fie r i» [3 De Anima, c. 5, lect. 10]. Unde secun­
dum nullam differentiam entium, diversifioatar differentia intelleotus possibilis.
Diversificatur tamen potentia intellectus agentis, et intellectus pos­
sibilis : quia respectu eiusdem obiecti, aliud principium oportet esse
potentiam activam, quae facit obiectum esse in a c tu ; et aliud p o­
tentiam passivam, quae m ovetur ab obiecto in actu existente. Et
sic potentia activa com paratur ad suum obiectum, ut ens in actu ad
ens iin potentia: potentia autem passiva com paratur ad suum obieotum e converso, ut ens in potentia ad etns in actu.
Sic igitur nulla alia differentia potentiarum in intellectu esse po­
test, nisi possibilis et agentis. Unde patet quod m em oria non est
1 S. Agostino non si era preoccupato di sapere se la m em oria intellettiva fosse
una potenza distinta d all' intelletto. Questa preoccupazione sistemática era in­
vece vivissim a in un am biente aristotélico, q u a l’era il secolo di S. Tom m aso. Sono
tali peró le espressiopi di S. Agostino, da lasciar cap ire che per lu j lp, m em oria
era da considerarsi alia pari d ell’ intelletto e della volontá, in tutto (vedi i passi
citatjL da P ie t r o L o m b a r d o , / Sent., d. 3, c. 2). P erció g li agostinisti rigid l, tipo
S. Bonaventura (cfr. In / Sent., d. 3, a. 1, qq. 1-3), pensarono che la m em oria
fosse una facoltá distinta d a ll’ intelletto. S. Tom m aso é di opinione contraria. P er
lui la m em oria intellettiva é soltanto una funzione dell' intelletto possibile.
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, aa. 7-8
LE POTENZE INTELLETTIVE
perció che la m em oria non é una potenza diversa dall’ intelletto:
dato che la funzione di conservare, com e quella di ricevere, spettano
ugualmente a una potenza passiva.
S o l u z io n e d e ll e d i f f i c o l t á : 1. Sebbene alia distinzione 3 del I li­
bro delle S entem e si d ica che la memoria, 1’ intelligenza e la vo­
lontá, sono tre fa c o ltá ; tuttavia ció non corrispon de al pensiero di
S. Agostino, il quale dichiara espressamente che « se si prendono la
m em oria, 1’ intelligenza e la volontá, in quanto sono sempre pre­
sentí all’ anima, sia che si pensi sia che non si pensi ad esse, allora
tutte si presentano come appartenenti alia sola memoria. Per intel­
ligenza poi in questo caso io intendo la virtú con la quale intendiam o quando pensiam o; e per volontá, ossia amore o dilezione,
quella che ricongiunge questo figlio a suo p a d r e ». Di qui risulta
che S. Agostino non prende queste tre cose come tre fa c o ltá ; ma
intende per m em oria la presenza abituale dell’ anima, per intelligénza Tatto dell’ intelletto, e per volontá l ’ atto della v o lo n tá .1
2. II passato e il presente possono essere differenze, che impong on o delle vere distinzioni tra le potenze sen sitive; m a non tra
quelle intellettive, per la ragione sopra indicata.
3. L ’ intelligenza nasce dalla mem oria, com e l ’atto d a ll’ abito. In
questo sono alia p a ri; m a non come due potenze distinte.
alia potentia ab intellectu: ad rationem enim potentiae passivae
pertinet conservare, sicut et recipere.
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod, quam vis in 3 dist. 1 Sent. dicatur quod memoria, intelligentia et voluntas sint tres v ir e s ; tamen
hoc non est secundum intentionem Augustini, qui expresse dicit in
14 De Trin. [c. 7], quod « si accipiatur m em oria, intelligentia et vo­
luntas, secundum quod semper praesto sunt animae, sive cogitentur sive non cogitentur, ad solam mem oriam pertinere videntur.
Intelligentiam autem nunc dico qua intelligim us cog ita n tes; et eam
voluntatem, sive amprem vel dilectionem, quae istam prolem parentemque co n iu n g it». Ex quo patet quod ista tria non accipit Augustinus pro tribus potentiis ; sed m em oriam accipit pro habituali
anim ae retentione, intelligentiam autem pro actu intellectus, vo­
luntatem autem pro actu voiuntatis.
Ad s e c u n d u m d ic e n d ü m quod praeteritum et praesens possunt esse
propriae differentiae potentiarum sensitivarum diversificativae; non
autem potentiarum intellectivarum, ratione supra [in corp.] dicta.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod intelligentia oritur ex m em oria, sicut
actus ex habitu. Et hoc m odo etiam aequatur e i ; non autem sicut
potentia potentiae.
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ARTICOLO 8
ARTICULUS 8
Se la ragione sia una potenza distinta dall’ intelletto.a
Utrum ratio sit alia potentia ab intellectu.
833
3 Sent., d. 35, q. 2, a. 2, qc. i ; De Verit., q. 15, a. 1.
S e m b r a che la ragione sia una potenza distinta dall’ intelletto.
In fa tti:
1. Sta scritto nel libro De spiritu et a n im a : «(Quando vogliam o
salire dalle cose inferiori a quelle superiori, incontriam o prim a il
senso, p oi 1’ immaginazione, quindi la ragione e infine 1’ intelletto ».
Perció la ragione é distinta d a ll’ intelletto, come 1’ im maginazione
dalla ragione.
2. Dice Boezio che 1’ intelletto sta alia ragione, come l ’ etbmitá
sta al tempo. Ma una stessa facoltá non puó trovarsi insieme nella
etem itá e nel tempo. Dunque la ragione e 1’ intelletto non sono
1’ idéntica potenza.
3. L ’uom o ha in comune con gli angeli 1’ intelletto, con gli ani­
m ali il senso. Ma la ragione, che é proprietá dell’uomo, e per la
quale é definito animale ragionevole, é una potenza distinta dal
senso. Quindi, per lo stesso motivo, é una potenza distinta dall’ in­
telletto, che propriamente appartiene agli a n geli: tanto che sono
chiam ati [creature] intellettuali.
In c o n t r a r io : Dice S. Agostino che «q u ello, su cui é fondata la
superioxitá dell’ uomo sugli animali irragionevoli, é la ragione, ossia
la mente, o 1’ intelligenza, o común que si preferisca ch ia m a rla ».
P erció la ragione, 1’ intelletto e la mente, sono una sola potenza.
1 S. Tom m aso non tía tutti i torti di pensare cosí. E corto peró che S. Agostino
prescinde -dallo schem a aristotélico - anima, facoltá, operazioni - quindi sará
sempre una cosa m olto problem ática sapere a quale dei tre elem enti della p sico­
log ía classica e g li intende rlferirsl in questo o in qu e ll’altro brano.
Ad o c t a v u m s ic p r o c e d it u r . V idetur quod ratio sit alia potentia ab
intellectu. In libro enim De Spiritu et Anima [c. 11] d icitu r: « Cum
ab inferioribus ad superiora ascendere volumus, prius occurrit nobis sensus, deinde im aginatio, deinde ratio, deinde intellectus». Est
ergo alia potentia ratio ab intellectu, sicut im aginatio a ratione.
2. P raeterea , Boetius dicit, in libro De Consol. [1. IV, Prosa 6],
quod intellectus com paratur ad rationem sicut aetem itas ad tem*
pus. Sed non est eiusdem virtutis esse in aeternitate et esse in tempore. E rgo non est eadem potentia ratio et intellectus.
3. P raeterea , hom o com m unicat cum angelis in intellectu, cum
brutis vero in sensm. Sed ratio, quae est propria hominis, qua ani­
m al rationale dicitur, est alia potentia a sensu. Ergo pari ratione
est alia potentia ab intellectu, qui proprie convenit angelis: unde
et intellectuales dicuntur.
S ed co n tra e s t quod Augustinus dicit, 3 Super Gen. ad litt. [c. 20],
quod « illud quo hom o irrationabilibus anim alibus antecellit, est ra­
tio, vel mena, vel intelligentia, vel si quo alio vocabulo com m odius
app ellatu r». Ratio ergo et intellectus et mens sunt una potentia.
a L ’articolo interessa com e precisazione dei concetti di in telletto e di ragion e ;
concetti che nel corso della storia hanno súbito tante variazloni. - S. Tomm aso
nel precisare il signiflcato del term ine ragione ha voluto riallaccia rsi a ll’antica
term inología greca, che distingueva tra vovg [intellectus] e Ao'yos [ratio], Nel suo
vocabolario ratio conserva tutte le sfum ature di signiñcato del term ine greco corrispondente. Ma nel caso presente essa non é che un sinonim o di intellectus, con
un particolare accenno alie funzioni dialettiche di questa facoltá neU’uom o.
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, aa. 8-9
LE POTEN ZE INTELLETTIVE
R is p o n d o : Non é possibile che la ragione e 1’ intelletto siano nell ’u om o.d u e potenze distinte. Cosa questa chiaramente percepita da
chi consideri i loro atti. Infatti intendere non significa altro che
percepire una veritá di ordine intellettivo. R agionare invece si­
gnifica procedere da una conoscenza a un’ altra, nel conoscere la
veritá. Quindi gli angeli, i quali posseggono perfettamente, nel modo
confacente alia loro natura, la conoscenza della veritá, non hanno
necessitá di procedere da un conoscibile all’ altro, m a apprendono
la veritá delle cose in m odo semplice e senza processo discorsivo,
com e dice Dionigi. Gli uom ini invece arrivano alia conoscenza della
veritá, procedendo da una cosa a un ’altra, comie scrive ancora Diondgi: e per questo sono denominatá ragkm evoli. E dunque evidente
che il ragionam ento sta all’ intellezione, come il m oto sta al riposo
[giá conseguito], o come l’ acquisizione sta al possesso: l ’una cosa
appartiene a ll’ essere perfetto, 1’ altra a quello imperfetto. E poiché
il moto procede sempre da qualche cosa di im mobile per term inare
a qualche cosa di fisso, abbiam o che il raciocinare um ano, S'econdo
il método di indagine o di invenzione, parte da semplici intuizioni,
quali sono i prim i p r in c ip ii; e finalmente rito m a [col método deduttivo o] p er via di giudizio ai prim i principii, alia cui luce esam ina le conclusioni raggiunte.
E chiaro pero, anche nel m ondo físico, che il ferm arsi e il muoversi non appartengono a potenze diverse, m a a u na so la : poiché
é idéntico il prin cipio intrínseco che porta una cosa a muoversi
verso un luogo e a star ferma in esso. A piü forte ragione dunque
é idéntica la potenza, oon la quale intendiamó e con la quale ragioniamo. E perció evidente cbe nell’uomo si identificano la ragione
e 1’ intelletto.
S o l u z io n e d e ll e d if f ic o l t á : 1. Quella enumerazione é fatta secondo
1’ ordine degli atti, e non in base alia distinzione delle potenze. Si
noti peró che quel libro non ha una grande importanza.
2. La risposta scaturisce dalle spiegazioni date. Infatti l ’ eternitá
si paragona al tempo, come l’ im m obilitá alia m obilitá. Per questo
Boezio paragonó 1’ intelligenza all’ eternitá, e la ragione al tempo.
3. Gli altri anim ali sono talmente inferiori all’ uomo, da non poter
arrivare a conoscere la veritá ricercata dalla ragione. Invece l ’uomo
arriva a conoscere, sebbene in modo imperfetto, la veritá di ordine
intellettivo posseduta dagli angeli. P erció la facoltá conoscitiva de­
gli angeli non é di un genere diverso dalla facoltá conoscitiva della
ragione, ma sta in rapporto ad essa come una qualitá perfetta sta
a quella imperfetta.
R e s po n d e o d i c e n d u m quod ratio et intellectus in homine non possunt esse diversae potentiae. Quod manifeste cognoscitur, si utrius­
que actus consideretur. Intelligere enim est sim pliciter veritatem
intelligibilem apprehendere. R atiocinari autem est procedere de uno
intellecto ad aliud, ad veritatem intelligibilem cognoscendam . Et
ideo angeli, qui perfecte possident, secundum m odum su ae naturae,
cognitionem intelliglbilis veritatis, non habent necesse procedere de
uno ad a liu d ; sed sim pliciter et absque discursu veritatem reruin
apprehendunt, ut Dionysius dicit, 7 cap. De Div. Nom. [lect. 2]. Homines autem ad intelligibilem veritatem cognoscendam perveniunt,
procedendo de uno ad aliud, ut ibidem d icitu r: et. ideo rationales d i­
cuntur. Patet ergo quod ratiocinari com paratur ad intelligere sicut
m overi ad quiescere, vel acquirere ad h a b ere: quorum unum est perfecti, aliud autem im perfecti. Et quia motus semper ab im m obili
procedit, et ad aliquid quietum term in atu r; inde est quod ratiocinatio hum ana, secundum viam inquisitionis vel inventionis, proce­
dit a quibusdam sim pliciter intellectis, quae sunt prim a p rin cip ia ;
et rursus, in via iudicii, resolvendo redit ad prim a principia, ad
quae inventa examinat.
Manifestum est autem quod quiescere et m overi non reducuntur
ad diversas potentias, sed ad unam et eandem, etiam in naturali­
bus re b ü s : quia per eandem naturam aliquid m ovetur ad locum , et
quiescit in loco. Multo ergo m agis per eandem potentiam intelligi­
mus et ratiocinam ur. Et sic patet quod in homine eadem potentia
est ratio et intellectus.
A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod illa enumeratio fit secundum o r ­
dinem actuum, non secundum distinctionem potentiarum. Quamvis
liber ille non sit m agnae auctoritatis.
A d s e c u n d u m patet responsio ex dictis [in corp.]. Aeternitas enim
comparatur ad tempus, sicut im m obile ad mobile. Et ideo Boetius
com paravit intellectum aetem itati, rationem vero tempori.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod alia anim alia sunt ita infra hominem,
quod non possunt attingere ad cognoscendam veritatem, quam ratio
inquirit. Homo vero attingit ad cognoscendam intelligibilem veri­
tatem, quam angeli cog n oscu n t; sed im perfecte. Et ideo vis cogn o­
scitiva angelorum non est alterius generis a vi cognoscitiva rationis,
sed com paratur ad ipsam ut perfectum ád imperfectum.
ARTICOLO 9
ARTICULUS 9
Se la ragione superiore e quella inferiore siano potenze distinte.1
Utrum ratio superior et inferior sint diversae potentiae.
S e m b r a che la ragione superiore e quella inferiore siano potenze
distinte. In fa tti:
1. Dice S. Agostino che 1’ im magine della Trinitá si trova nella
Ad n o n u m s ic p r o c e d it ü r . Videtur quod ratio superior et inferior
sint diversae potentiae. Dicit enim Augustinus, 12 De Trin. [cc. 4, 7],
quod im ago Trinitatis est in superiori parte rationis, non autem in
1 Come si vede dai 11. pp., S. Tom m aso é tornato tre volte esplicitam ente sull ’ argom ento. « Si ha 1' im pressione che se 11 Dottore A ngélico é tornato tre volte
sul bin om io ratio superior, ratio in ferior, ció non é a m otivo d e ll’ im portanza
ct)e esso occiipa nel suo sistema psicológico, m a perché, trovándolo tn voga nel-
334
335
f Sent., d. 24, q. 2, a. 2; De Veril., q. 15, a. 2.
m
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, a. 9
LE POTENZE INTELLETTIVE
parte superiore della ragione, n o n in quella inferiere. Ora le parti
dell’ anima non son o altro che le sue potenze. Dunque la ragione
superiore e quella interiore sono due potenze.
2. Nessuna entitá ha origine d a se stessa. Ma la ragione inte­
riore nasce da quella superiore, da cui é regolata e diretta, P erció
la ragione superiore é una potenza diversa d a quella interiore.
3. Afferm a il F ilosofo che il «p otere scien tiflco» dell’ anima, per
il quale essa conosce le veritá necessarie, é un principio e una
parte dell’anim a, ben distinta dal «p o te re opinativo e raziocinativo », col quale essa conosce le cose contingenti. E lo prova col dire
che « per g li oggetti, che son o d i un genere differente, vi é una parte
dell’ anim a di genere differente». Ora contingente e necessario sono
cose di genere diverso, com e corrattihile e incorruttibile. E siccom e
il necessario si identifica con l ’ etem o, e ció che é tem porale con il
contingente, pare che ci sia ideetitá tra quello, che il F ilosofo
chiam a «p otere scien tiflco», e la parte superiore della ragione che
per S. A gostino « é ordin ata a contemplare e consultare le veritá
eterne » ; e sembira puré che sia la stessa cosa ció che il Filosofo
chiam a «p otere ra ziocin a tiv o», oppure « o p in a tiv o», e la ragione
interiore, che per S. A gostino « é chiam ata a ordinare le cose temp o ra li». Quindi la ragione superiore dell’ anim a e la ragione inte­
riore sono potenze distinte.
4. Dice il Dam asceno che « d all’ im m aginazione nasce 1’ opinione ;
dipoi la mente, che é fatta per giudicare se u n ’ opinione sia vera o
falsa, discerne la v eritá ; mente infatti deriva da m etiri [misurare].
Quando perció in tom o alie cose si é giá form ato un giudizio e stabilita una vera conclusione si p arla d i in te lle tto ».1 Dunque la fa ­
coltá di opinare, che p oi é la ragion e interiore, é diversa dalla
mente o intelletto, che potremmo chiam are ragione superiore.
I n c o n t r a r io : Dice S. Agostino che la ragione superiore e quella
interiore non si distinguono che per le loro funzioni. Non sono
quindi due potenze.
R is p o n d o : Ragione superiore e ragione interiore, com e le intende
S. Agostino, in nessun modo possono essere due potenze. Infatti
egli dice che la ragione superiore é quella « che é ordinata a con­
tem plare e a consultare le veritá eterne » : a contem plarle in quanto
le considera in se stesse; a consultarle, in quanto ricava da esse
le rególe dell’ agiré. Invece la ragione interiore é, a suo dire, la
facoltá che si applica a disporre delle cose te m p o ra li». Ora questi
due gruppi di cose, le tem porali e le eterne, rispetto alia nostra
conoscenza si presentanó in questo rapporto, che l ’u no di essi é il
mezzo per conoscere l’ altro. Infatti, seguendo la v ia della indagine,
mediante le cose tem porali arriviam o alia conoscenza delle cose
eterne, secondo il detto dell’A postolo: « L e perfezioni invisibili di
Dio, com prendendosi dalle cose fatte, si rendono v is ib ili» : seguendo
invece la via del giudizio, mediante le veritá eterne giá conosciute
giudichiam o delle cose temporali, e in base ai valor! eterni le ordin ia m o .2
inferiori. Sed partes animae sunt ipsae eius potentiae. E rgo duae
potentiae sunt ratio superior et inferior.
2 . P r a e t e r e a , nihil oritur a seipso. Sed ratio inferior oritur a su­
periori, et ab ea regulatur et dirigitur. E rgo ratio superior est alia
potentia ab inferiori.
3. P r a e t e r e a , Philosophus dicit, in 6 Ethic. [c. 1, lect. 1 ; c. 5, lect. 4]
quod « scien tiflcum » animae, quo cognoscit anim a necessaria, est
aliud principium et alia pars animae ab « opinativo » et « ratiocinativo », quo cognoscit contingentáa. Et hoc probat per hoc, quia « ad
ea quae sunt genere altera, altera genere particula animae ordin a­
tur » ; contingens autem et necessarium sunt altera genere, sicut corruptibile et incorruptibile. Cum autem idem sit necessarium quod
aeternum, et temporale idem quod con tin gen s; videtur quod idem sit
quod Philosophus vocat «scien tiflcu m », et superior pars rationis,
quae secundum Augustinum [loco cit., c. 7], «intendit aetem is conspiciendis et consulendis » ; et quod idem sit quod P hilosophus vocat
« ratiocinativum » vel « opinativum », et inferior ratio, quae secun­
dum Augustinum [ibid.] «in ten d it tem poralibus d ispon en dis». Est
ergo alia potentia anim ae ratio superior, et ratio inferior.
4. P r a e t e r e a , Damascenus dicit [2 De Fide Orth., c. 2 2 ] quod «e x
im aginatione ftt o p in io ; deinde mens, diiudicans opinionem sive
vera sit sive falsa, diiudicat veritatem ; unde et m ens dicitur a me­
tiendo. De quibus igitur iu dicatum est iam et determinatum vere,
dicitur intellectus». Sic igitur opinativum , quod est ratio inferior,
est aliud a mente et intellectu, per quod potest intelligi ratio su­
perior.
S ed c o n t r a e s t quod A ugustinus dicit, 12 De Trin. [c. 4], quod
ratio superior et inferior non nisi per officia distinguuntur. Non
ergo sunt duae potentiae.
R e s p o n d e o d i c e n d u m quod ratio superior et inferior, secundum
quod ab Augustino accipiuntur, nullo modo duae potentiae animae
esse possunt. Dicit enim [loco cit., c. 7] quod ratio superior est
« quae intendit aetem is conspiciendis au t con su len d is» : conspiciendis quidem, secundum quod ea in seipsis sp ecu latu r; consulen­
dis vero, secundum quod ex eis accipit regulas agendorum . R atio
vero inferior ab ipso dicitur [ibid.], « quae intendit temporalibus
rebus ». Haec autem du.o, scilicet tem poralia et aetem a, com parantur ad cognitionem nostram hoc m odo, quod unum eorum est m é­
dium ad cognoscendum álterum. Nam, secundum viam inventionis,
per res tem porales in cognitionem devenimus aetem orum , secun­
dum illud Apostoli, ad Rom. 1 ,2 0 : « Invisibilia Dei per ea quae
facta sunt, intellecta, con sp iciu n tu r» : in via vero iudicii, per ae­
tem a iam cognita de tem poralibus iudicam us, et secundum rationés
aeternorum tem poralia disponim us.
l ’am biente agostiniano in cu i visse, non poteva non g iu d ica rlo e non spiegarlo a
suo m odo » ( P e g h a i r e J., « Ratio superior et ratio in fe r io r », in R. Se. Ph. Théol.,
1934, p. 224).
1 S. Giovanni. Dam asceno h il celebre scrittore siriaco del secolo V III (675-749),
che per la sua opera teologica piü im portante (nt¡yr¡ yrcóaecog, Fonte della cono-
337
scenza) puó considerarsl il S. Tom m aso d ’A quino della teología oriéntalo. Nel
m edioevo si conosceva soltanto la terza parte d i quest’opera, sotto il titolo De
Fide orthodoxa. - La citazione fatta nella 4“ difficoltá é stata da noi tradotta íedelm ente sulla versione latina usata d a S. T o m m a so ; m a n e ll’origin ale essa pre­
senta delle espressioni nelle qu ali scom pare la p eregrina etim ología d i m ente.
3
In m odo approssim ativo la via in vention is eorrisponde a l p roe esso induttivo,
e la via iudicii al processo deduttlvo. - Da notarsi che nella Somma Teologica
si procede abitualm ente in via iu d ic ii: S. Tom m aso infatti prende q u i la íun zione di espositore e non di ricercatore. Ma non el vu ol m olto ad accorgersl che
la sua esposizione presuppone un im menso lavoro di yicerc?i.
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, a. 9
LE POTEN ZE IN TELLETTIVE
P u ó accadere peró che la nozione la quale ha servito d a mezzo,
e quella che é il termine a cui siamo arrivati col suo aiuto, appartengano ad abiti diversi; cosi i prirni principii indim ostrabili
appartengono all’ abito dell’ intelletto, mentre le conclusioni che ne
derivano appartengono all’ abito della scienza„ Cosi puré aw ien e
che dai principii della geom etría si passa a tirare delle conclusioni
nel cam po di un’ altra scienza, p. es., della prospettiva. - Ma idén­
tica rimane la facoltá della ragione, che abbraccia il medio dimostrativo e la conclusione. Infatti l ’ atto della ragione é come un movimento, che passa da una conoscenza a u n ’ a lt r a ; ora idéntico deve
essere il mobile, che, attraversando lo spazio intermedio, giunge al
termine. P erció la ragione superiore e quella inferiore non sono
che un ’ unica e idéntica potenza. Si distinguono peró, secondo S. A go­
stino, per le funzioni dei loro atti e in base ai loro diversi abiti:
infatti alia ragione superiore é attribuita la sapienza, a quella in ­
feriore la scienza.
S o l u z i o n e d e l l e d i f f i c o l t á : 1. La parola parte si puó usare per
qualsiasi specie di partizione. Quindi si puó parlare di ragione su­
periore e inferiore come di parti, in quanto la ragione si divide
secondo le diverse funzioni, non perché quelle siano potenze distinte.
2. Si dice che la T a g i o n e inferiore deriva dalla superiore ed é da
quella regolata, perché i principii di cui si serve la ragione infe­
riore sono dedotti e regolati dai principii della ragione superiore.
3. II potere « scientiflco », di cui parla il F ilosofo, non corrisponde
alia ragione su p eriore: poiché si trovano nozioni scientifiche anche
necessarie nelle cose tem porali, di cui si occupano le scienze natu­
rali e la matematica. Invece il « potere o p in a tiv o » o « raziocinativ o » é qualche cosa di meno che la ragione in fe rio re : perché ab­
braccia solo le cose con tin gen ti.1
Tuttavia non si deve concludere cosi che altra é la potenza, con
la quale 1’ intelletto conosce le cose necessarie, e altra quella con la
quale conpsce le cose contingenti, perché conosce le une e le altre
secondo u na medesima ragione di oggetto, cioé secondo la ragione
d i ente e di vero. Quindi conosce perfettamente le cose necessarie,
che sono perfette nella veritá; in quanto che percepisce la loro es­
senza, e in base a quella dim ostra le loro proprietá. Invece conosce
im perfettamente le cose con tin g en ti; appunto perché queste hanno
un essere im perfetto e u na veritá imperfetta. Ora perfezione e imperfezione nell’ atto non possono produrre u n a distinzione tra le
potenze. M a producono delle differenze tra gli atti quanto al loro
m odo di agiré, e indirettamente tra i prin cipii degli atti e tra gli
stessi abiti. P erció il F ilosofo distinse due parti n ell’ anim a, il « p o­
tere scientiflco » e il « raziocinativo », non perché siano due potenze,
m a perché si distinguono in base a u n ’ attitudine diversa a ricevere
abiti d iv e rs i; 2 e della loro diversitá egli si occu p a in quel luogo.
Infatti g li enti contingenti e quelli hecessaTi, benché differiscano nel
genere, tuttavia con cordano nella ragione com une di ente, che é
oggetto dell’ intelletto e verso la quale essi rispettivamente si comportaaio com e perfezione e imperfezione.
Potest autem contingere quod médium, et id ad quod p er médium
pervenitur, ad diversos habitus pertineant: sicut prin cipia prim a
indem onstrabilia pertinent ad habitum intellectus, conclusiones
vero ex hic deductae ad habitum scientiae. Et ideo ex principiis
geometriae contingit aliquid concludere in alia scientia, puta in
perspectiva. - Sed eadem potentia rationis est, ad quam pertinet et
médium et ultimum. Est enim actus rationis quasi quídam motus
de uno in aliud perven ien s: idem autem est mobile quod pertransiens médium pertingit ad terminum. Unde una et eadem potentia
rationis est ratio superior et inferior. Sed distinguuntur, secundum
Augustinum [loco cit., cc. 4, 14], per ofíicia actuum, et secundum
diversos h a b itu s: nam superiori rationi attribuitur sapientia, inferiori vero scientia.
A d p r i m u m ergo d i c e n d u m quod secundum quam cum que rationem
partitionis potest pars dici. Inquantum ergo ratio dividitur secun­
dum diversa ofíicia, ratio superior et inferior partitiones d icu n tu r:
et non quia sunt diversae potentiae.
Ad s e c u n d u m d i c e n d u m quod ratio in ferior dicitur a superiori deduci, vel ah ea regulari, inquantum p rin cipia quibus utitur in fe­
rior ratio, deducuntur et diriguntur a principiis superioris ra ­
tionis.
A d t e r t i u m d i c e n d u m quod « soientificum » de quo Philosophus loquitur, non est idem quod ratio su p erior: nam necessaria scibilia
inveniuntur etiam in rebus tem poralibus, de quibus est scientia naturalis et mathematica. « Opinativum » autem et « ratiocinativum »
in m inus est quam ra tio in ferior: quia est contingentium tantum.
Nec tamen est sim pliciter dicendum quod sit alia potentia qua
intellectus cognoscit necessaria, et alia qua cognoscit con tin gen tia:
quia utraque cognoscit secundum eandem rationem obiecti, scilicet
secundum rationem entis et veri. Unde et necessaria, quae habent
perfectum esse in veritate, perfecte cogn oscit; utpote ad eorum
quidditatem pertingens, per quam prop ria accidentia de his demonstrat. Contingentia vero im perfecte co g n o scit; sicut et habent imperfectum esse et veritatem. Perfectum autem et im perfectum in
actu non diversificant p oten tiam ; sed diversificant actus quantum
ad m odum agendi, et per consequens principia actuum et ipsos ha­
bitus. Et ideo Philosophus [6 Ethic., c. 2, lect. 1] posuit duas particulas animae, scientificum et ratiocinativumi, non quia sunt duae
potentiae; sed quia distinguuntur secundum diversam aptitudinem
ad reeipiendum diversos hajbitus, quorum diversitatem ibi inquirere intendit. Contingentia enim et necessaria, etsi difieran,t secun­
dum propria genera, conveniunt tamen in com m uni ratione entis,
quam respicit intellectus, ad quam diversim ode se habent secundum
perfectum et imperfectum.
338
i
j . Péghaire glustamente fa notare « la perspicacia veramente critica, nel
Qeqso moderno della parola», mostrata qui da S. Tommaso, nel rjconoscere Id
339
incom possibilitá della term inología di S. Agostino con quella di Aristotele
(op. cit., p. 230).
2
•<P oniam o che due sono le parti aventi la ra g io n e : una, m ediante la quale
intendiam o le cose i cu i p rin cip ii non possono essere a ltr im e n ti; 1'altra, m e­
diante la quale conosciam o ció che puó essere in m odi diversi. Infatti per cose
che differiscono nel genere si richiedono diverso parti d eira n im a, e cioé parti
atte per natura a considerare o l ’uno o l ’altro genere di cose, se é vero che in
quelle la conoscenza a w ien e per una specie di eomigMansa e di afflnitá. E si
denom ineranno [rispettivam ente] potere scientiflco (Iniozt]fiovixóv) e potere raziocinativo (XoytoziKÓv) » ARISTOTELE, 6 E t h l c ., C. 2 ).
340
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, aa. 9-10
4.
L a distinzione del Damasceno é basata sulla diversitá degli
atti, non su quella delle potenze. Infatti Vopinione indica l ’atto delT intelletto, che si porta verso una proposizione, col tim ore che sia
vera la sua contraddittoria. Giudicare poi, o misurare é l ’ atto del1’ intelletto che applica principii certi alia critica [o misura] delle
tesi propaste. Di qui il termine mente. L ’ intellezione, inñne, indica
l ’ adesione del giudicante, unita a una certa approvazione.
LE POTENZE INTELLETTIVE
341
Ad q u á r t u m d i c e n d u m quod illa distinctio Damasceni est secun­
dum diversitatem actuum, non secundum diversitatem potentiarum .
Opinio enim significat actum intellectus qui fertur in unam partem
contradictionis cum form idin e alterius. Diiudicare vero, vel m en ­
surare, est actus intellectus applicantis prin cip ia certa ad examinationem propositorum. Et ex hoc sumitur nom en mentís. Intelligere autem est cum quadam approbatione diiudicatis inhaerere.
ARTICOLO 10
Se I’ intelligenza sia una potenza distinta dall’ intelletto.1
S e m b r a che 1’ intelligenza sia una potenza distinta d all’ intelletto.
In fa tti:
1. Sta scritto nel libro De spiritu et a n im a : «Q u a n d o vogliam o
salire dalle cose inferiori a quelle superiori, troviam o prim a il senso,
poi 1’ immaginazione, quindi la ragione, 1’ intelletto, e infine 1’ in­
telligenza ». Ora 1’ im m aginazione e il senso sono due potenze di­
stinte. Dunque anche 1’ intelletto e 1’ intelligenza.
2. Secondo Boezio, « l ’uom o stesso é conosciuto diversamente dal
senso, dall’ immaginazione, dalla ragione e dall’ in telligenza». Ma
1’ intelletto e la ragione sono una stessa potenza. Quindi sembra che
1’ intelligenza sia una potenza distinta dall’ intelletto ; al m odo stesso
che la ragione é una potenza distinta d a ll’ im m aginazione e dal
senso.
3 . Aristotele insegna che « g li atti antecedono le potenze». Ora
1’ intelligenza é un atto distinto dagli altri atti che vengono attribuiti
a ll’ intelletto. Infatti dice il Dam asceno che « il prim o moto [dello
spirito] é chiam ato intelligenza; e se 1’ intelligenza si volge a un
oggetto, si ha 1’ in ten zio n e; se questa é prolungata e configura
l ’ anim a conform e all’ oggetto inteso, si chiam a investigazione [excog ita tio ]; le investigazioni poi che si fanno sul soggetto medesimo
per esam inare e per discernere, si chiam ano fronesi (cioé sapienza) ;
la fronesi estendendosi produce il pensiero [cogitatio'],. cioé la pa­
rola interiore ben ord in a ta ; e da questo si dice che deriva la parola
espressa dalla lin g u a ». Sembra dunque che 1’ intelligenza sia una
speciale potenza.
In c o n tr a r io : Secondo il F ilosofo «1’ intelligenza é cognizione de­
gli indivisibili, nei quali non vi é fa lsitá ». Ma una tale conoscenza
spetta a ll’ intelletto. Dunque 1’ intelligenza non é una potenza di­
stinta d a ll’ intelletto'.
R i s p o n d o : II termine intelligenza significa propriam ente l’ atto
stesso dell’ intelletto, che é 1’ intendere. P eró in certi libri, tradotti
dall’ arabo, sono chiamate Intelügenze le sostanze separate, che noi
chiam iam o a n g e li; per la ragione forse che tali sostanze sono sem­
pre intelligenti in atto. Ma nei libri tradotti dal greco gli angeli
sono chiam ati Intelletti o Menti. - Dunque 1’ intelligenza non si di­
stingue d all’ intelletto, come potenza da potenza, m a come un atto
dalla sua facoltá. Una tale divisione la troviam o anche presso i
filosofi. A volte infatti essi distinguono quattro intelletti: intelletto
1 « Si vede bene in questo articolo che per S. Tom m aso l ’esame delle m odalitá
d ell’ intelligenza coincide col confrontare la sua concezione fondam entale d e l
ARTICU LU S 10
Utrum intelligentia sit alia potentia ab intellectu.
A d d e c i m u m s i c p r o c e d it u r . Videtur quod intelligentia sit alia p o­
tentia ab intellectu. Dicitur enim in libro D é Spiritu et Anim a [c. 11],
quod « cum ab inferioribus ad superiora ascendere volumus, prius
occurrit nobis sensus, deinde im aginatio, deinde ratio, postea intel­
lectus, et postea in tellig en tia». Sed im aginatio et sensus sunt di­
versae potentiae. E rgo et intellectus et intelligentia.
2 . P raeter ea , Boetius dicit, in 5 De Consol. [P rosa 4], quod « ipsum
hominem aliter sensus, aliter imaginatio, aliter ratio, aliter intel­
ligentia intuetur». Sed intellectus est eadem potentia cum ratione.
E rgo videtur quod intelligentia sit alia potentia quam intellectus ;
sicut ratio est alia potentia quam im aginatio et sensus.
3. P ra e te r e a , « actus sunt praevii potentiis » , ut dicitur in 2 De
Anim a [c. 4, lect. 6]. Sed intelligentia est quidam actus ab aliis
actibus qui attribuuntur intellectui divisus. Dicit enim Damascenus
[2 De Fide Orth., c. 2 2 ] quod «p rim u s motus intelligentia dicitu r;
quae vero circa aliquid est intelligentia, intentio v o c a tu r ; quae permanens et figurans anim am ad id quod intelligitur, excogitalio dici­
tur ; excogitatio vero in eodem manens, et seipsam examinans et
diiudicans, phronesis dicitu r » idest sa p ien tia ; « phrpnjesis autem diLatata facit cogitationem , idest interius dispositum serm on em ; ex
quo aiunt provenire serm onem per linguam enarratum ». Ergo vide­
tur quod intelligentia sit quaedam spécialis potentia.
S ed c o n t r a e s t quod Philosophus dicit, in 3 De Anima [c. 6, lect. 11]
quod « intelligentia indivisibilium est, in quibus non est falsum ».
Sed huiusm odi cognoscere pertinet ad intellectum. E rgo intelligentia n on est alia potentia praeter intellectum.
R e s p o n d e o d i c e n d u m quod hoc nomen intelligentia proprie signifi­
cat ipsum actum intellectus qui est intelligere. In quibusdam tam en
libris de arabico translatis, substantiae separatae quas non angelos
dicim us, Intellig entiae v o ca n tu r; forte propter hoc, quod huiusm odi
substantiae semper actu intelligunt. In libris tamen de graeco trans1latis, dicuntur Intellectus seu M entes. Sic ergo intelligeaitia ab in ­
tellectu non distinguitur sicut potentia a p oten tia ; sed sicut actus
a potentia. Invenitur enim talis divisio etiam a philosophis. Quandoque enim ponunt quatuor in tellectu s: scilicet intellectum agen-
1’ intelligenza alie differenti distinzioni in uso. Non si puó non ammirare questa
cura deU’unitá, che, da elementi assai dLsparati, presi da S. Agostino, da Boe­
zio, dal Damasceno, dal filosofi arabi, ecc., riesce a daré una visione d’ insieme
abbastanza o m og en ea » (W I bibt J., op. olt., p. 361).
343
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, aa. 10-11
LE POTENZE IN TELLETTIVE
agente, intelletto possibile, intelletto « abituale » 1 e intelletto acquisito [adeptus]. Dei quattro soltanto 1’ intelletto agente e quello pos­
sibile sono potenze distinte, poiché in ogni ordine di cose la po­
tenza attiva é distinta da quella passiva. Gli altri tre si distinguono
secondo i tre stati dell’ intelletto p ossib ile; il quale a volte é soltanto
in potenza, e allora si chiam a p o ssib ile ; a volt© é in atto prima,
cioé ha la seienza, e viene detto intelletto « abituale » ; finalmente
altre volte é in atto secondo, cioé pensa, e allora si chiam a intelletto
in atto, o intelletto acquisito [adeptus].
S o l u z io n e d ell e d i f f i c o l t á : 1. Ammesso che sia da accettarsi l ’ autoritá di quei testo, intelligenza sta per l ’ atto d ell’ intelletto. In tal
senso essa si contraddistingue dall’ intelletto, com e un atto dalla
sua potenza.
2. Boezio prende intelligenza per quell’ atto dell’ intelletto che trascende l ’ atto della ragione. Perció soggiunge che « l a ragion e appartiene soltanto al genere um ano, com e 1’ intelligenza alia sola
Divinitá » : infatti appartiene solo a Dio conoscere tutto, senza nes­
suna investigazione.
3. Tutti gli atti enumerati dal Damasceno appartengono a una
ú nica potenza, cioé a quella intellettiva. Questa infatti dapprim a
ha la semplice apprensione di una cosa : e tale atto si chiama
intelligenza. Quindi ordina l ’ apprensione avuta a u n ’ altra cono­
scenza o ad u n ’ operazione: e tale atto si chiam a intenzione. II
persistere nell’ indagine suddetta si chiam a investigazione [excogitatio], Ma se [1’ intelletto] esamina la m ateria investigata alia luce
di veritá certe, allora si dice che conosce o che sa : il che é pro­
p rio della fronesi o sap ven za ; poiché « giudicare appartiene al sa­
piente », come dice Aristotele. Dal fatto poi di ritenere u na cosa come
certa, perché esaminata, si pensa al m odo per m anifestarla agli
a lt r i: e questo é ordinam ento della parola interiore, dal quale pro­
cede la locuzione esterna. Infatti non ogni differenza di atti causa
una distinzione di potenze, m a soltanto quella che non puó essere
ricondotta a un idéntico principio, come piü sopra si é spiegato.
tem, possibilem, et in habitu, et cudeptum. Quorum quatuor intellectus agens et possibilis sunt diversae potentiae; sicut et in óm ­
nibus est alia potentia activa, et alia passiva. A lia vero tria distin­
guuntur secundum tres status intellectus possibilis: qui quandoque
est in potentia tantum, et sic dicitur p o ssib ilis; quandoque autem
in actu prim o, qui est scientia, et sic dicitur intellectus in h a bitu ;
quandoque autem in actu secundo, qui est considerare, et sic d ici­
tur intellectus in actu, sive intellectus adeptus.
A d p r i m u m e r g o d ic e n d u m quod, si recipi debet illa auctoritas,
íntelligentia ponitur pro actu intellectus. Et sic dividitur contra in­
tellectum, sicut actus contra potentiam.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod Boetius accipit intelligentiam pro
actu intellectus qui transcendit actum rationis. Unde ibidem [P rosa 5]
dicit quod « ratio tantum hum ani generis est, sicut intelligentia
sola d iv in i» : proprium enim Dei est quod a b B q u e omni investigatione om nia intelligat.
A d te r tiu m
d ic e n d u m quod om nes illi actus quos Dam ascenus
enumera!, sunt unius potentiae, scilicet inteilectivae. Quae prim o
quidem sim pliciter aliquid apprehendit: et hic actus dicitur intel­
ligentia. Secundo vero, id quod apprehendit, ordinat ad aliquid
aliud cognoscendum vel op era n d u m : et hic vocatur intentio. Dum
vero persistit in inquisitione illius quod intendit, vocatur excogitatio, Dum vero id quod est excogitatum examinat ad aliqua certa,
dicitur scire vel sa p e re ; quod est phronesis, vel sapientiae ; nam
« sapientiae est indicare », ut dicitur in i M etaphys [cfr. c. 2, Lect. 2].
Ex quo autem habet aliquid pro certo, quasi examinatum, cogitat
quom odo possit illud aliis m anifestare: et haec est dispositio interioris sermonis ; ex qua procedit exten or locutio. Non enim omnis
differentia actuum potentias d iv ersificat; sed solum illa quae non
potest reduci in idem principium , ut supra [q. 78, a. 4] dictum est.
ARTICOLO 11
ARTICULUS 11
Se I’ intelletto speculativo e quello pratico siano potenze distinte. *
Utrum intellectus speculativus et practicus sint diversae potentiae.
342
3 Sent., d. 23, q. 2, a. 3, qc. 2; De Verit., q. 3, a. 3; 6 Ethlc., lect. 2;
3 De Anim a, lect. 15.
S e m b r a che 1’ intelletto speculativo e quello pratico siano potenze
distinte. In fa tti:
1.
La facoltá di conoscere e quella di muovere sono due generi
diversi di potenze. Ora, 1’ intelletto speculativo é soltanto conoscitivo, mentre 1’ intelletto pratico m uove a ll’ azione. Sono dunque po­
tenze distinte.
Ad u n d e c i m u m s i c p r o c e d it u r . V idetur quod intellectus specula­
tivus et practicus sint diversae potentiae. Apprehensivúm enim et
motivum sunt diversa genera potentiarum , ut patet in 2 De Anima
[c. 3, lect. 5 ; cfr. 3, c. 9, lect. 14]. Sed intellectus speculativus est
apprehensivus tantum, intellectus autem practicus est motivus. Ergo
sunt diversae potentiae.
1 « A bituale » é la traduzione dell’espresslone la tin a in habitu, che serve a In­
dicare la condizione in cu i si trova la facoltá conoscitiva che é in possesso di
un abito scientiflco, p. es.,' della m edicina, nel m om ento preciso in cu i il conoscente - il m edico - non pensa alie nozioni acquisite.
a D opo le elu cu b ra zion i di E. Kant sulla ragion pura e la ragíon pratlca,
l ’argom ento d e ll’articolo i i e dei due seguentt presenta un particolare interesse!
Basta un con fron to som m ario delle posizionl tom lstiche e di quelle kantiano sul-
l ’argom ento, per scorgere Le p rofonde divergenze dei due sistemi. - Di fronte alia
frattura escogitata da Kant, il tom ism o ha sem pre avuto la preoccupazione di difendere l ’unitá ontologica e d inam ica d e ll’ intelligenza um ana. 11 filosofo prussiano h a avuto 11 torto di confon dere alia brava le p rin cip al! categorie pslcolog ich e del pensiero classico (intelletto e volontá), senza m ai averie an alizzate; e
di aver creato nuove categorie, di cui nessun altro pensatore ha m ai sentito il
blsogno di servirsi.
344
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, a. 11
2. La diversa ragione di oggetto, produce una diversitá di p o­
tenze. Ora oggetto dell’ intelletto speculativo é il vero» di quello
pratico invece é il b e n e : [vero e bene] che sono oggetti diversi. Perció i due intelletti sono due potenze.
3. Nella parte intellettiva 1’ intelletto pratico sta a quello specu­
lativo, com e nella parte sensitiva, l ’ estimativa sta all’ im m agina­
zione. Ora 1’ estimativa e 1’ immaginazioaie, a norm a di quanto si
é detto, differiscono tra loro come due potenze. Cosi sará lo stesso
per 1’ intelletto pratico e quello speculativo.
In c o n tr a r io : Insegna Aristotele che 1’ intelletto speculativo, per
estensione diviene p r a tic o .1 Ora una potenza non si muta m ai in
u n ’ altra. Quindi 1’ intelletto speculativo e quello pratico non sono
potenze distinte.
R is p o n d o : L ’ intelletto speculativo e quello pratico non sono due
potenze distinte. Eccone la ra g ion e: un elemento, che é accidén­
tale rispetto all’ oggetto fórm ale di una potenza, non puó, come si
é giá detto, influiré sulla distinzione delle potenze stesse: cosi per
il colorato é un ’accidentalitá essere uom o, oppure essere grande o
p ic c o lo ; perció tutte queste cose sono percepite da u n ’ idéntica p o­
tenza visiva. Ora, per un oggetto percepito d a ll’ intelligenza é u n ’ ac­
cidentalitá l ’ essere o non essere indirizzato a ll’operazione. M a é p ro­
prio in questo che differiscono tra loro 1’ intelletto speculativo e
quello pratico. Infatti 1’ intelletto speculativo é quello che non indirizza le sue conoscenze a ll’ azione, m a alia sola contem plazione della
v e r itá ; invece é chiamato pratico quell’ intelletto che ordin a le sue
conoscenze all’ operazione. E cco perché il F ilosofo afferm a che « lo
speculativo differisce dal pratico per ragione del fin e ». Difatti entram bi prendono il nom e dal fine: speculativo il prim o, pratico, cioé
operativo, il secondo.
S o l u z io n e d e ll e d i f f i c o l t á : 1. L ’ intelletto praticp si dice che
muove non perché eseguisce un movimento, m a perché indirizza
verso di esso. Cosa questa che gli appartiene in forza del suo m odo
di conoscere.
2. II vero e il bene si im plicano a v ice n d a : poiché il vero é anche
un bene, altrimenti non sarebbe appetibile; cosi puré il bene é anche
un certo vero, altrimenti non sarebbe intelligibile. Come dunque il
vero puó essere oggetto dell’appetito in quanto é un bene, quando,
p. es., uno desidera di conoscere la veritá, cosi sotto l ’ aspetto di
vero puó essere oggetto dell’ intelletto pratico un bene, ordinabile
all’ azione. Infatti 1’ intelletto pratico ha per oggetto la veritá, come
quello specu lativo; m a la indirizza all’ attivitá pratica.
3. Molte differenze, pu r causando delle distinzioni tra le potenze
sensitive, non ne producono alcuna in quelle intellettive, com e si
é visto.
1 In A ristotele non troviam o u n ’espressione di questo genere, m a si tratta di
u n ’ induzione piuttosto som m aria, com e l ’A. usa ía re spesso negli argom enti Sed
c o n t r a ; i qu ali argom enti non sono per se stessi d a considerare! validi. E cco 11
bran o aristotélico al quale piü volte si allude in questo a r tio o lo : « Queste due
facoltá, 1’ intelletto e 11 desiderio, m uovono l ’animal© nel lu og o. lo lntencLo 1’ in ­
telletto che ragiona in vista d ’uno scopo, cioé a diré 1’ intelletto pratico. Questo
LE POTEN ZE IN TELLETTIVE
345
2. P raeterea , diversa ratio obiecti divei^ificat potentiam. Sed
obiectum speculativi intellectus est verum, practici autem b o n u m ;
quae differunt ratione. E rgo intellectus speculativus et practicus
sunt diversae potentiae.
3. P raeterea , in parte intellectiva intellectus practicus com paratur ad speculativum, sicut aestimativa ad im aginativam in parte
sensitiva. Sed aestimativa differt ab im aginativa sicut potentia a
potentia, ut slupra [q. 78, a. 4] dictum esit. E rgo eit intellectus practicus a speculativo.
S ed con tra e s t quod dicitur in 3 De Anima [c. 10, le ct 15], quod
intellectus speculativus per extensionem flt practicus. Una autem
potentia non mutatur in aliam. E rgo intellectus speculativus et
practicus non sunt diversae potentiae.
R e s po n d e o d ic e n d u m quod intellectus practicus et speculativus non
sunt diversae potentiae. Cuius ratio est quia, ut supra [q. 77, a. 3]
dictum est, id quod accidentaliter se habet ad obiecti rationem
quam respicit aliqua potentia, non diversificat potentiam : accidit
enim colorato quod sit homo, aut m agnum aut p a rv u m ; unde om ­
nia huiusm odi eadem visiva potentia apprehenduntur. A ccidit au­
tem alicui apprehenso per intellectum, quod ordinetur ad opus, vel
non ordinetur. Secundum hoc autem differunt intellectus specula­
tivus et practicus. Nam intellectus speculativus est, qui quod apprehendit, non ordinat ad opus, sed ad solam veritatis consideration em : practicus vero intellectus dicitur, qui hoc quod apprehendit, ordinat ad opus. Et hoc est quod Philosophus dicit in 3 De
Anima [loco cit. in arg. S. c.], quod ((speculativus differt a practico,
fin e ». Unde et a fine denom inatur uterque: hic quidem speculati­
vus, ille vero practicus, idest operativus.
A d p r i m u m e r g o d ic e n d u m quod intellectus practicus est motivus,
non quasi exequens motum, sed quasi dirigens ad motum. Quod
convenit ei secundum m odum suae apprehensionis.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod verum et bonum se invicem includunt: nam verum est quoddam bonum , alioquin non esset appeti­
bile ; et bonum est quoddam verum , alioquin non esset intelligibile.
Sicut igitur obiectum appetitus potest esse verum, inquantum habet
rationem boni, sicut cum aliquis appetit veritatem cog n oscere; ita
obiectum intellectus practici est bonum ordinabile ad opus, sub ra­
tione veri. Intellectus enim practicus veritatem cognoscit, sicut et
speculativus; sed veritatem cognitam ordinat ad opus.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod multae differentiae diversificant sensi­
tivas potentias, quae non diversificant potentias intellectivas, ut su­
pra [q. 78, a. 4] dictum est.
differisce d a ll’ intelletto speculativo per il fine. Anche ogn i desiderio é per un
fin e: perché la cosa di cui c ’ é desiderio é il punto di partenza d ell’ intelletto
pratico, e l ’ultim o term ine di questo é il p rin cip io d ell’operazione. Glustamente
dunque si considerano queste due cose com e p rin cip ii m o to r i: l ’appetito e 1’ in ­
telletto pratico. Infatti l ’oggetto appetibile m uove, e per questo, perché cioé
l ’appetibile é il suo prin cipio, m uove anche 1’ in te lle tto » (S De Anima, c. 10).
346
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, a. 12
LE POTEN ZE IN TELLETTIVE
ARTICOLO 12
ARTICULUS 12
Se la sinderesi1 sia una potenza speciale, distinta dalle altre.
Utrum
s y n d e r e s is
sit
quaedam
i Sent., d. 24, q. 2, a.
Sembra che la sinderesi sia una potenza speciale, distinta dalle
altre. Infatti:
1. Le parti di una medesima división© [lógica] appartengono a
un medesimo genere. Ora, per S. Giro-lamo, la sinderesi si contraddistingue dall’ irascibile, dal concupiscibile e dal ra zion ale; e que­
ste sono potenze. Dunque anche la sinderesi é una potenza.
2. Gli opposti appartengono a uno stesso genere. Ma é chiaro che
la sinderesi e la sensualitá sano tra loro o p p o s te ; poiché la sinde­
resi inclina sempre al bene, mentre la sensualitá inclina sempre al
m a le ; tanto che viene sim boleggiata dal serpente, com e dice S. A go­
stino. Sembra perció che la sinderesi sia u n a potenza, com e la sen­
sualitá.
3. Dice S. Agostino che nel giudizio spontaneo e naturale vi sono
« delle veritá immutabili, delle rególe e semi di virtú » : cioé quello
che chiam iam o sinderesi. Ma poiché le rególe im mutabili del nostro
giudizio appartengono alia parte superior© della ragione, com e dice
puré S. Agostino, é chiaro che la sinderesi non é altro che la ragione stessa. Quindi é una potenza.
I n c o n t r a r io : Secondo il F ilosofo « le potenze razionali sono ca­
p a d di accogliere oggetti o p p o sti». Ora la sinderesi non ha questa
capacitá, m a inclina soltanto al bene. Dunque non é una potenza.
P erché se fosse una potenza, dovrebbe essere ra zion a le: infatti non
la ritroviam o negli animali bruti.
R is p o n d o : La sinderesi non é una potenza, ma un a b ito : benché
alcuni 1’ abbiano ritenuta per una potenza piü alta della ra g io n e ; ed
altri l’ abbiano identificata con la ragione, non in quanto é ragione,
m a in quanto é n a tu ra .2 - Per averne l ’ evidenza dobbiam o consi­
derare, e si é giá detto sopra, che il raziocinio um ano, essendo una
specie di moto, parte dalla conoscenza di alcune veritá, che sono
note per natura senza il lavoro investigativo della ragione, come
da un principio im m ob ile; cosi puré ha il suo termine in qualche
cosa di intuitivo, per il fatto che giudichiam o delle cose conosciute
attraverso il raziocinio, alia luce dei prin cipii evidenti per natura.
Ora é ch iaro che, come 1’ intelletto speculativo ragion a delle cose
speculative, cosi 1’ intelletto pratico tratta delle cose operabili. É dun­
que necessario che siano insiti in noi per natura non solo i prin­
cipii di ordine speculativo, m a anche quelli di ordine p r a tic o /
Ora, i prim i principii della vita speciulativa, insiti in noi per na­
tura, non appartengono a una speciale potenza, m a a un parti1 L ’origin e di questa parola, che nel lin g u ag gio scolastico sta a indicare la
coscienza abituale, e piü esattamente l ’abito dei prim i p rin cip ii pratici, é davvero singolare. 11 term ine « sembra dovuto a una lezione errónea d i un 'testo di
S. G irolam o ». Si tratta di quel testo del com m ento su Ezechiele, citato nella
prim a difficoltá. N ella esegesi sim bólica dei quattro anim ali (uomó, leone, toro
e aquila) S. G irolam o applicó alia trilog ia p latón ica (razionale, irascibile é concupiscibile) le prim e tre figure. Per com pletare jl num ero vi aggiunse una quarta
347
specialis potentia ab aliis disticta.
3;
De Verit., q. 16, a.
i.
A d d u o d e c i m u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod synderesis sit quaedam specialis potentia ab aliis distincta. Ea enim quae cadunt sub
una divisione, videntur esse unius generis. Sed in glossa Hieronym i
E zech., 1 ,6, dividitur synderesis contra irascibilem et concupiscibilem et ra tion a lem ; quae sunt quaedam potentiae. E rgo synderesis
est quaedam potentia.
2. P r a e t e r e a , opposita sunt unius generis. Sed synderesis et sensualitas opponi videntur: quia synderesis semper inclinat ad bonum, sensualitas autem semper ad m a lu m ; unde per « serpentem »
signiñcatur, ut patet per Augustinum, 12 De Trin. [cc. 12, 13]. V i­
detur ergo quod synderesis sit potentia, sicut et sensualitas.
3. P r a et erea , Augustinus dicit, in libro De L ibero Arbitrio [2, c. 10J,
quod in naturali iudicatorio adsunt quaedam «reg u la e et semina
virtutum et vera et in com m u tabilia» : haec autem dicim us synderesim. Cum ergo regulae incom m utabiles quibus iudicam us, pertineant ad rationem secundum sui superiorem partem, u t A ugu­
stinus dicit 12 De Trin. [c. 2 ]; videtur quod synderesis sit idem
quod ratio. Et ita est quaedam potentia.
Sed c o n tr a , «potentiae rationales se habent ad op p osita », secun­
dum Philosophum [.9 M etaph., c. 2, lect. 2]. Synderesis autem non
se habet ad opposita, sed ad bonum tantum inclinat. E rgo synde­
resis non est potentia. Si enim esset potentia, oporteret quod esset
rationalis potentia: non enim invenitur in brutis.
R e sp o n d e o d ic e n d u m quod synderesis n on est potentia, sed habitu s: licet quidam posuerint synderesim esse quandam potentiam
ratione a ltio re m ; quidam vero dixerint. eam esse ipsam rationem,
non ut est ratio, sed ut est natura. - Ad huius autem evidentiam,
considerandum est quod, sicut supra [a. 8] dictum est, ratiocinatio
hominis, cum sit quidam m otus, ab intellectu progreditur aliquorum, scilicet naturaliter notorum absque investigatione rationis,
sicut a quodam principio im m o b ili: et ad intellectum etiam terminatur, inquantum iudicam us per p rin cipia per se naturaliter nota,
de his quae ratiocinando invenimus. Gonstat autem quod, sicut ra­
tio speculativa ratiocinatur de speculativis, ita ratio practica ratiocinatur de operabilibus. Oportet igitur naturaliter nobis ess'e indita,
sicut principia speculabilium , ita et principia operabilium.
P rim a autem p rin cipia speculabilium nobis naturaliter indita,
n on pertinent ad aliquam specialem poten tiam ; sed ad quendam
parte dell’ anim a che chiam ó, con term ine inusitato e strano, awz^Sr¡aigt che la ti­
namente tradusse com e scíntílla conscíentiae. M a pare che egli abbia scritto
sem plicem ente a w eíS eo ts, conscíentia (vedi D. T. C., vol. 14, col. 2992). — A parte
l ’origin e storica del term ine, la sinderesi rim ane un elem ento acquisito della psi­
c ología tom istica.
3 T roviam o tra i sostentitori della p rim a opinione G uglielm o d ’Auxerre, R o­
lan do di Cremona, e G iovanni de la R o c h e lle ; tra i sostenltori della seconda
Alessandro di Hales (cfr. Stjmma Cañad., I, p. 493)
349
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, aa. 12-13
LE POTENZE IN TELLETTIVE
colare abito chiamato da Aristotele «intelletto dei p rin cip ii». Dun­
que neppure i principii della vita pratica, insiti in noi per natura,
appartengono a una speciale potenza, m a a uno speciale abito
naturale chiam ato sinderesi. Perció si dice che la sinderesi spinge
al bene e m orm ora del male, perché mediante i prim i principii noi
procediam o nell’ indagine [del bene da com piere] e giudichiam o dei
risultati. E dunque evidente che la sinderesi non é una potenza,
m a un abito naturale.
S o l u z io n e d e l l e d i f f i c o l t á : í. L ’ enum erazione di S . Girolamo é
desunta dalla diversitá, non delle potenze, m a degli atti. Ora si pos­
sono daré atti diversi di una stessa potenza.
2. Parim ente, l ’opposizione tra sensualitá e sinderesi é basata suil’ opposizione degli atti, non sulla diversitá di specie distinte nel
medesimo genere.
3. Siffatte ragioni im mutabili sono i prim i principii della vita pra­
tica, intorno ai quali non puó esserci e r r o r e ; ed essi vengono attribuiti alia ragione, come a potenza, e alia sinderesi, come ad abito.
E cco perché noi giudichiam o naturalm ente con ambedue, cioé con
la ragione e con la sinderesi.
specialem habitum, qui dicitur «intellectus p rin cip ioru m », ut pa­
tet in 6 Ethic. [c. 6, lect, 5]. Unde et p rin cipia operabilium nobis
naturaliter indita, non pertinent ad specialem p oten tiam ; sed ad
specialem habitum naturalem, quem dicim us synderesim. Unde et
synderesis dicitur instigare ad bonum , et m urm urare de m alo, in­
quantum per prim a p rin cipia procedim us ad inveniendum, et iudicamus inventa. Patet ergo quod synderesis non est potentia, sed
habitus naturalis.
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod illa divisio H ieronym i atlenditur
secundum diversitatem actuum, non secundum diversitatem poten­
tiarum. Diversi autem actus possunt esse unius potentiae.
Ad s e c u n d u m d i c e n d u m quod similiter oppositio sensualitatis et
synderesis attenditur secundum oppositionem a ctu u m ; npn sicut
diversarum specierum unius generis.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod huiusm odi incom m utabiles rationes
sunt prim a principia operabilium , circa quae non contingit e rra re ;
et attribuuntur rationi sicut potentiae, et synderesi sicut habitui.
Unde et utroque, scilicet ratione et synderesi, naturaliter iudicamus.
348
ARTIGOLO 13
ARTICULUS 13
Se la coscienza sia una facoltá. 1
Utrum conscientia sit quaedam potentia.
2 Sent., d. 24, q. 2, a. 4; De Verlt., q. 17, a. 1.
che la coscienza sia una facoltá. Infatti:
1. Dice Origene che la coscienza « é lo spirito correttore e il peda­
gogo che accom pagna l ’ anima, per allontanarla dal male e affezionarla al b e n e ». Ora la pa rola spirito designa nell’ anima u na p o­
tenza ; oppure la mente stessa, come in quei p a ss o : « Rinnovatevi
nello spirito della vostra m en te» ; oppure 1’ im maginazkme, dato
che la visione im m aginaria é detta anche «sp iritu ale)), come troviam o in S. Agostino. La coscienza é dunque una facoitá.
2. Soggetto del peccato non puó essere che u na facoltá dell’ anima.
M a la coscienza é soggetto del p ecca to; poiché sta scritto di alcuni,
che « si é contam ínala in loro anche la mente e la coscien za ». Pare
quindi che la coscienza sia u na facoltá.
3. E necessario che la coscienza sia un atto, u n abito, o u n a fa ­
coltá. Ora, essa non é un atto: perché non sarebbe permanente nell’uomo. Non é un a b ito : perché in tal caso la coscienza non sarebbe
dotata di unitá, m a sarebbe un insieme di co se ; infatti noi facciam o uso di m olti abiti conoscitivi nelle nostre azioni. Dunque la
coscienza é una facoltá.
In c o n t r a r io : L a coscienza puó esser messa da parte, non cosí le
p oten ze; quindi essa non é u n a potenza.
R ispondo : A parlare propriamente, la coscienza non é una fa ­
coltá, m a un atto. Questo si riLeva, sia dal signiflcato della parola,
sia da quelle funzioni che sono ad essa attribuite nel com une m odo
di parlare. Coscienza, infatti, stando al sdgniflcato p rop rio della pa-
Ad t e r t i u m d e c i m u m s i c p r o c e d ít u r . Videtur quod conscientia sit
quaedam potentia. Dicit enim Origenes [Super Epist. ad Rom, 2 , 15]
quod conscientia est «sp iritu s corrector et paedagogus animae sociatus, quo separatur a m alis et adhaeret b o n is». Sed spiritus in
anim a nom inat potentiam aliquam : vel ipsam mentem, secundum
illud Ephes. 4, 23: « Renovam ini spiritu mentis vestrae » ; vel ipsam
im agin ation em ; unde et im aginaria visio « spiritualis » vocatur, ut
patet per Augustinum, 12 Super Gen. ad, litt. [cc. 7, 24]. Est ergo
conscientia quaedam potentia.
2. P r aet erea , nihil est peccati subiectum nisi potentia animae. Sed
conscientia est subiectum p e cca ti: dicitur enim ad Tit. 1 ,15, de
quibusdam, quod «inqu in atae sunt eorum mens et con scien tia».
E rgo videtur quod conscientia sit potentia.
3. P r a et erea , necesse est quod conscientia sit vel actus, vel habi­
tus, vel potentia. Sed non est actu s: quia non semper maneret in
homine. Nec est h a b itu s: non enim esset unum quid conscientia,
sed m u lta ; per m ultos enim habitus cognoscitivos dirigim ur in
agendis. E rgo conscientia est potentia.
Sed c o n t r a , conscientia deponi potest, non autem potentia. Ergo
conscientia npn est potentia.
R e s p o n d e o d ic e n d u m quod conscientia, proprie loquendo, non est
potentia, sed actus. Et hoc patet tum ex ratione n om in is: tum etiam
ex his quae secundum com m unem usum loquendi, conscientiae at­
tribuuntur. Conscientia enim, secundum proprietatem vocabuli, im-
1 Per S. Tommaso coscienza non ha 11 signlflcato epistemológico di consapevolezza, ma únicamente quello morale di dettame dell’ Intelletto pratico, nell’atto
dl giudicare della bontá o della malizia di un atto umano da complersl, o giá
compiuto.
Sem bra
350
351
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 79, a. 13
LE POTEN ZE INTELLETTIVE
rola, include un ordine della conoscenza a qualche co sa ; infatti
coscientia deriva da cum alio scientia [scienza unita ad a ltro ].1 Ora
ci vuole un atto per applicare la scienza a qualche cosa. Quindi,
•stando al significato della parola, é chiaro che la coscienza. é un
atto.
Lo stesso si ricava dalle funzioni che si attribuiscono alia co­
scienza. Infatti si dice che la coscienza attesta, impedisce, incita,
cosi puré che accusa, rim orde o riprende. Tuttp questo proviene
dall’applicazione di u na nostra cognizione o scienza alie nostre
azioni. L’ applicazione aw ien e in tre modi. Prim o, riconoscendo di
aver fatto o di non aver fatto u n ’azione, secondo quel detto della
S crittu ra: « Sa invero la tua coscienza che spesso tu puré hai sparlato degli a ltri». In questo caso diciiamo che la coscienza attesta.
Secondo, giudicando con la nostra coscienza di dover fare o di non
dover fare una data cosa: e in tal caso si dice che la coscienza
incita, o ch e rattiene. Terzo, giudicando con la coscienza che una
data azione sia stata fatta bene o m a le : in questo caso si dice che
essa scusa, oppure che accusa o rimorde. Ma é evidente che tutte
queste cose dipendono daH’applicazione attuale della scienza alie
nostre azioni. Dunque, a parlare propriamente, la coscienza indica
un atto.
Ma siccom e 1’ abito é il principio [immediato] dell’ atto, a volte il
term ine coscienza si attribuisce al prim o abito naturale, cioé alia
sinderesi: cosí fanno S. Girolamo, che la chiam a appunto sinder e s i ; S. Basilio, che la chiama criterio n a tu ra le ; 2 e il Dam asceno
che la considera com e la legge della nostra intelligenza. Infatti si
u sa denom inare gli effetti con i nomi delle loro cause, e viceversa.
S o l u z io n e d e l l e d if f ic o l t á : 1. L a coscienza viene chiam ata spirito, in quanto spirito sta per mente, poiché la coscienza é com e un
dettame della mente.
2. La contaminazione si trova nella coscienza non com e nel suo
subietto, m a com e una cosa conosciuta si trova nella conoscenza,
in quanto cioé uno sa di essere contaminato.
3. Sebbene l ’ atto non sia sempre permanente in se stesso, tutta­
via perdura sempre nelle sue cause, che sono la potenza e l ’ abito.
E benché siano molti gli abiti, da cui é influenzata la coscienza,
puré traggon o tutti l ’ efficacia da un prim o abito, cioé dall’ abito dei
prim i principii, che é chiamato sinderesi. E cco perché questo abito
in m odo speciale viene talvolta chiam ato coscienza, com e abbiamo
spiegato.
portat ordinem scientiae ad aiiquád: nam conscientia dicitur cum
alio scientia. Applicatio autem scientiae ad aliquid flt per aliquem
actum. Unde ex ista ratione nom inis patet quod conscientia sit
actus.
Idem autem apparet ex his quae conscientiae attribuuntur. D ici­
tur enim conscientia testifican, ligare vel instigare, et etiam accusare vel remordere sive reprehendere. Et haec om nia consequuntur
applicationem alicuius nostrae cognitionis vel scientiae ad ea quae
agimus. Quae quidem applicatio fit tripliciter. Uno modo, secun­
dum quod recognoscim us aliquid nos fecisse vel non fecisse, secun­
dum illud Eccle. 7 ,23 : « Scit conscientia tua te crebro maledixisse
a liis » : et secundum hoc, conscientia dicitur testiftcai-i. A lio m odo
applicatur secundum quod per nostram conscientiam iudicam us ali­
quid esse faciendum vel non faciendu m : et secundum hoc, dicitur
conscientia instigare vel ligare. Tertio m odo applicatur secundum
quod per conscientiam iudicam us quod aliquid quod est factum , sit
bene factum vel non bene fa ctu m : et secundum hoc, conscientia di­
citur excusare vel acensare, seu rem ordere. Patet autem quod om nia
haec consequuntur actualem applicationem scientiae ad ea quae agi­
mus. Unde proprie loquendo, conscientia nom inat actum.
Quia tamen habitus est principium actus, quandoque nomen con­
scientiae attribuitur prim o habitui naturali, scilicet synderesi: sicut
Ilieronym us, in glossa Ezech. 1,6, « syn d eresim » conscientiam n o­
m inat; et Basilius «n atu rale iu d icatoriu m » [homil. in principium
P r o v .]; et Damascenus dicit [í B e Fide Orth., c. 22] quod est «le x
intellectus n ostri». Consuetum enim est quod causae et effectus per
invicem nominentur.
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod conscientia dicitur spiritus, se­
cundum quod spiritus pro mente ponitur, quia est quoddam mentis
dictamen.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod inquinatio dicitur esse in conscien­
tia, non sicut in subiecto, sed sicut cognitum in cogn itione: in ­
quantum scilicet aliquis scit se esse inquinatum.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod actus, etsi non semper maneat in se,
semper tamen manet in sua causa, quae est potentia et habitus. H a­
bitus autem ex quibus conscientia inform atur, etsi multi sint, om ­
nes tamen efficaciam habent ab uno prim o, scilicet ab habitu pri­
mo rum principiorum , qui dicitur synderesis. Unde specialiter hic
habitus interdum conscientia nom inatur, ut supra [in corp.] di­
ctum est.
1
Non é il caso di insistere su questa etim o lo g ía ; perché 11 significato origínale
del term ine é certam ente quello di camsapevolezza.
2
« Le parole naturale iudicatorium. non si trovano nella versión© di Rufino ;
tuttavia esse m eglio corrispondono a ll’espressione usata da S. B asilio stesso
(xQitfiQiov <pvaixóv)n (Summa Theol., vol. I, p. 393, ed. M arietti, T aurini, Romae, 1950).
QUESTIONE 80
QUAESTIO 80
Le potenze appetitive in generale.
De potentiis appetitivis in communi
in dúos a rtícu los divisa.
Dobbiam o ora trattare delle potenze appetitive. Sul quale argo­
mento bisogna considerare quattro c o s e : prim o, l ’ appetito in ge­
nerale ; secondo, la sen su alitá; terzo, la v o lo n tá ; quarto, il libero
a rb itrio .1
Sul prim o punto si pongono due qu esiti: 1. Se si debba ammet­
tere l ’ appetito, quale potenza speciale d ell’ a n im a ; 2. Se l ’ appetito
si divida in sensitivo ed intellettivo, com e in due potenze distinte.
Deinde considerandum est de potentiis appetitivis. Et circa hoc
consideranda sunt q u a tu or: prim o, de appetitivo in com m u n i; se­
cundo, de sensualitate [q. 81]; tertio, de volúntate [q. 82]; quarto,
de libero arbitrio [q. 83].
Circa prim um quaeruntur dúo. P rim o : utrum debeat poni appe­
titus aliqua specialis potentia animae. Secundo: utrum appetitus
dividatur in appetitum sensitivum et intellectivum, sicut in poten­
tias diversas.
ARTICOLO 1
ARTICULUS 1
Se Fappetito sia una potenza speciale dell’anima.
Utrum appetitus sit aliqua specialis animae potentia.
3 Sent., d. 27, q. 1, a. 2; De Verlt., q. 22, a. 3.
S e m b r a che l’ appetito non sia una speciale potenza dell’amma.
In fa tti:
1. Non é necessario assegnare u na potenza d ell’ anima, per quello
che é com une agli esseri animati e a quelli inanim ati. Ora, l’ appetire é comune a tutti questi esseri: poiché secondo Aristotele il bene
é « quello che tutti a p petiscon o». Dunque l’ appetito non é una spe­
ciale potenza dell’anima.
2. L a distinzione delle potenze si ricava dai loro oggetti. M a é
idéntico l ’oggetto della conoscenza e dell’ appetizione. Non é quindi
necessario ammettere una facoltá appetitiva, oltre quella conosci­
tiva.
3. Un universale non si distingue in opposizione ai rispettivi par­
ticolari. Ora, ciascuna potenza dell’ anim a appetisce un particolare
appetibile, cioé il proprio oggetto. P erció per un oggetto di questo
genere, qual’ é 1’ appetibile in generale, non é necessario ammettere
una potenza particolare, distinta dalle altre, e da chiam arsi appe­
titiva.
In co n trario : II F ilosofo distingue la facoltá appetitiva dalle altre
potenze. E il Dam asceno distingue le facoltá appetitive da quelle
oon oscitive.a
R is p o n d o : E necessario ammettere nell’ anim a una potenza appe­
titiva. P er dim ostrarlo bisogna considerare che ogni form a ha una
sua in clin azion e: cosa il fuoco é spinto dalla sua form a verso l’ alto,
e a produrre un effetto a, sé somigliante. Ma negli esseri dotati di
conoscenza, la form a é in un grado piü alto che in quelli privi di
¡conoscenza. Infatti in questi ultimi si trova u n a form a, che deter-
Ad p r i m u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod appetitus non sit aliqua
specialis animae potentia. Ad ea enim quae sunt com m unia animatis et inanim atis, non est aliqua potentia anim ae assignanda. Sed
appetere est com m une animatis et in an im atis: quia bonum est
« quod om nia appetunt », ut dicitur in 1 Ethic. [c. 1, lect. 1], Ergo
appetitus non est specialis potentia animae.
2. P raeterea , potentiae distinguuntur secundum obiecta. Sed idem
est quod cognoscim us et appetimus. E rgo vim appetitivam non opor­
tet esse aliam praeter vim apprehensivam.
3. P raeterea , com m une non distinguitur contra proprium. Sed
quaelibet potentia animae appetit quoddam particulare appetibile,
scilicet obiectum sibi conveniens. E rgo respectu huius obiecti quod
est appetibile in comm uni, n on oportet accipi aliquam potentiam
ab aliis distinctam, quae appetitiva dicatur.
S ed co n tr a e s t quod Philosophus, in 2 De Anima [c. 3, lect. 5 ; cfr.
c. 10, lect. 15] distinguit appetitivum ab aliis potentiis. Dam ascenus
etiam, in 2 libro [De Fide Orth., c. 22] distinguit vires appetit ivas
a cognitivis.
R e s po n d e o d ic e n d u m quod necesse est ponere quandam potentiam
animae appetitivam. A d cuius evidentiam, considerandum est quod
quamlibet form am sequitur aliqua in clin a tio: sicut ign is ex sua
form a inclinatur in superiorem locum , et ad hoc quod generet sibi
simile. F orm a autem in his quae cognitionem participant, altiori
m odo invenitur quam in his quae cognitione carent. In his enim
quae cognitione carent, invenitur tantum m odo form a ad unum esse
proprium determinans unumquodque, quod etiam naturale uniuscuiusque est. Hanc igitur form am naturalem sequitur naturalis in-
i s. Tom m aso non insiste n e ll’analisi delle potenze, degli abiti e degli atti di
ordine appetitivo, perché dedicherá a tale argom ento interi trattati della Prim a
S ecu nda e: Gil atti um anl {1-11, qq. 8-21), Le vassionl {1-11, qq. 22-48), ecc.
3
Si cita an cora una volta il Dam asceno, e tale insistenza ci fa com prendere
che il Dottore A ngélico tiene sott’occhio, nella com pilazione della sua opera, quel
tentativo di sintesi teologica, che é il De Fide Orthodoxa. Vedi sopra p. 330, nota.
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 80, aa. 1-2
LE POTENZE A PPE TITIV E
m ina ciascuno di essi soltanto al proprio essere, che é puré quello
naturale per ognuno. E questa form a naturale ha u na sua incli­
nazione naturale, chiam ata appunto appetito naturale. Quelli invece dotati di conoscenza sono determinati ciascuno al proprio es­
sere naturale dalla loro form a naturale, in m odo peró da poter
ricevere anche le specie [intenzionali] delle altre c o s e : cosi il senso
riceve le specie di tutte le cose sensibili, e 1’ intelletto quelle d i
tutte le cose intelligibili; cosicché l ’ anim a dell’uom o, in forza del
senso e d ell’ intelletto, é in un certo m odo tutte le cose. Sotto que­
sto aspetto gli esseri conoscitivi si a w icin a n o a una certa somiglianza con Dio, « i n cu i tutte le cose preesistono», come dice Dionigi.
Come dunque negli esseri dotati di conoscenza le form e sono in
un grado superiore a quello delle forme naturali, cosi bisogna che
in essi vi sia un ’ inclinazione piü alta dell’ inclinazione naturale
chiam ata appetito naturale. E questa inclinazione superiore spetta
alia facoltá appetitiva dell’anima, mediante la quale g li animali
possono appetire le cose da essi conosciute, oltre quelle verso le
quali sono incLinati in forza della form a naturale. E dunqne neces­
sario ammettere una potenza appetitiva di ordine p s ich ico .1
S o l u z io n e d e ll e d i f f i c o l t á : 1. Negli esseri conoscitivi l ’ appetizione si trova sotto una form a superiore a quella esistente in tutti
gli esseri. Ed é per questo che bisogna determinare una potenza
speciale dell’ anima.
2. L ’ oggetto conosciuto e quello desiderato sono in concreto la
stessa cosa, m a c ’ é u na differenza di r a g io n e ; poiché un idéntico
oggetto viene conosciuto in quanto é un ente sensibile o intelligi­
bile, mentre viene desiderato in quanto é u na cosa conveniente o
buona. Ora per avere una diversitá di potenze, non si richiede la
diversitá m ateriale degli oggetti, ma quella delle ragioni [formali].
3. Ogni potenza dell’ anima é una certa form a o natura, che ha
u n ’ inclinazione naturale verso un oggetto. P erció ogni facoltá appetisce, in forza dell’ appetito naturale, il prop rio oggetto. Ma oltre
questo esiste I’ appetito animale, legato alia conoscenza, col quale
si appetisce u n a cosa, n on perché conveniente all’ atto di questa o
di quella potenza, com e sarebbe la visione per la vista, o l ’audizione per l’udito, bensi perché conveniente a ll’ animale stesso.
clinatio, quae appetitus naturalis vocatur, In habentibus autem co­
gnitionem, sic determinatur unumquodque ad proprium esse natu­
rale per form am naturalem, quod tamen est receptivum specierum
aliarum reru m : sicut sensus recipit species omnium sensibilium,
et intellectus omnium intelligibilium , ut sic anima hom inis sit om ­
nia quodammodo secundum sensum et intellectum : in quo quodam modo cognitionem habentia ad Dei similitudinem appropinquant,
« in quo om nia praeexistunt», sicut Dionysius dicit [De Div. Nom ,,
c. 5, lect. 1].
Sicut igitur form ae altiori m odo existunt in habentibus cognitio­
nem supra modum form arum naturalium , ita oportet quod in eis
sit inclinatio supra m odum inclinationis naturalis, quae dicitur ap­
petitus naturalis. Et haec superior inclinatio pertinet ad vim animae
appetitivam, per quam anim al appetere potest ea quae apprehendit,
non solum ea ad quae inclinatur ex form a naturali. Sic igitur ne­
cesse est ponere aliquam potentiam animae appetitivam.
A d p r i m u m e r g o d ic e n d u m quod appetere invenitur in habentibus
cognitionem, supra m odum communem quo invenitur in ómnibus,
ut dictum est [in corp.]. Et ideo oportet ad hoc determinari aliquam
potentiam animae.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod id quod apprehenditur et appetitur,
est idem subiecto, sed differt ratione: apprehenditur enim ut est
ens sensibile vel in telligibile; appetitur vero ut est conveniens aut
bonum. Diversitas autem rationum in obiectis requiritur ad diver­
sitatem potentiarum ; non autem materialis diversitas.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod unaquaeque potentia animae est quae­
dam form a seu natura, et habet naturalem inclinationem in aliquid.
Unde unaquaeque appetit obiectum sibi conveniens naturali appetitu. Supra quem est appetitus anim alis consequens apprehensio­
nem, quo appetitur aliquid non ea ratione qua est conveniens ad
actum huius vel illius potentiae, utpote visio ad videndum et auditio ad a u dien dum ; sed quia est conveniens sim pliciter animali.
354
ARTICOLO 2
Se l’appetito sensitivo e quello intellettivo siano potenze diverse.
355
ARTICULUS 2
Utrum appetitus sensitivus et intellectivus sint diversae potentiae.
De Vertí., q. 22, a. 4; q. 25, a. i ; 8 De Anim a, lect. 14.
che 1’ appetito sensitivo e quello intellettivo non siano due
potenze diverse. In fa tti:
1.
Le potenze non si distinguono per differenze accidentali, come
si é g iá detto. Ora, p er l ’oggetto appetibile é u n ’ accidentalitá es­
sere percepito dal senso o dall’ intelletto. Quindi l ’ appetito sensi­
tivo e quiello intellettivo non sono potenze diverse.
S em bra
1 N ell’articolo seguente vedrem o che si tratta n on d i una, m a di due potenze.
Quello che ora lnteressa é d i stabilire la netta dlstinzlone tra appetito naturale
o físico, e appetito deU’anim a o psichico. La dlstinzlone é strettamente connessa
A d s e c u n d u m s i c p r o c e d it u r . Videtur quod appetitus sensitivus et
intellectivus non sint diversae potentiae. Potentiae enim non diversiflcantur per accidentales differentias ut supra [q. 77, a. 3] dictum
est. Sed accidit appetibili quod sit apprehensum per sensum vel in­
tellectum. Ergo appetitus sensitivus et intellectivus non sunt d i­
versae potentiae.
a quella esistente tra le cose prive di conoscenza, vegetall com presi, e quelli d o ­
tati di cognizione, anim ali non esclusi. I riflessi lnconsci, com uni alie piante e
agli an im ali, non sono perció da attribuirsi a ll’appetito p s ic h ic o ; m a vanno riíeriti a ll’appetito naturale.
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 80, a. 2
LE POTEN ZE A PP E TIT IV E
2. L a conoscenza intellettiva ha per oggetto gli u n iv e rsa li; per
questo si distingue da quella sensitiva, che ha per oggetto i singolari. Ma questa distinzione non ha lu ogo nella parte appetitiva: p oi­
ché, essendo l’ appetito un moto dell’ anim a verso le cose, che esistono nella loro singolaritá, é ch iaro che ogn i appetito ha per o g ­
getto le cose concrete e singolari. Dunque non bisogna fa r distin­
zione tra 1’ appetito sensitivo e quello intellettivo.
3. Subordinato alia facoltá conoscitiva quale facoltá inferiore non
é soltanto l ’appetito, m a anche la facoltá di locom ozione. Ma nell’uom o non esiste una facoltá di locom ozione, che accom pagn i 1’ in­
telletto, diversa da quella che negli altri animali accom pagna il
senso. Quindi per lo stesso m otivo non esiste neppure una facoltá
appetitiva distinta.
I n c o n t r a r io : I I F ilosofo distingue due appetiti, e dice che quello
superiore muove quello inferiore.
R is p o n d o : É necessario afferm are che l ’ appetito intellettivo é una
potenza distinta da quella sensitiva. Infatti la potenza appetitiva
é una potenza passiva, che come tale é fatta per esser m ossa dall ’ oggetto con osciu to: cosicché l ’ appetibile conosciuto é u n m otore
non mosso, mentre 1’ appetito é un motore mosso, com e si esprime
Aristotele. Ora gli enti passivi e m obili si distinguono in base alia
distinzione dei rispettivi principii attivi e m o to ri: poiché é necessa­
rio che il m otore sia proporzionato al mobile, e 1’ attivo al p a s s iv o ;
anzi, la potenza passiva si concepisce prop rio in rapporto al suo
principio attivo. Ora, essendo l’oggetto d ell’ intelletto e quello del
senso cose di genere diverso, ne consegue che 1’ appetito intellettivo
é una potenza distinta dairappetito sen sitiv o.1
S o l u z io n e d e ll e d if f ic o l t á : 1. P er l ’oggetto appetibile non é cosa
accidéntale, ma essenziale, essere percepito dal senso o dall’ intel­
letto : poiché l ’appetibile non m uove l ’appetito sé non in quanto og ­
getto di conoscenza. Per questo le differenze dell’ oggetto in quanto
conosciuto sono sue differenze essenziali anche in quanto appetibile.
Cosicché le potenze appetitive sono tra loro distinte in base alia
differenza degli oggetti conosciuti, com e se si trattasse dei loro
oggetti propri.
2. Anche se l’ appetito intellettivo ha per oggetto delle cose, che
fuori dell’ anima esistono nella loro singolaritá, tuttavia si porta su
di esse in vista di u na ragione u n iv ersa le; essa cioé desidera una
cosa in quanto questa é un bene. P erció il F ilosofo dice che l’ odio
puó essere rivolto a qualche cosa di universale, p. es., quando « a b ­
biam o in od io ogni specie di a ssassini». - Inoltre, con l ’appetito
intellettivo possiam o desiderare i beni im m ateriali, quali la scienza,
le virtü e simili, che i sensi neppure percepiscono.
3. Come dice Aristotele, l ’opinione universale non m uove che per
mezzo di quella p articolare: analogamente, l’ appetito superiore
m uove mediante quello inferiore. E per questo che non esiste una
facoltá di locom ozione annessa all’ intelletto, diversa da quella che
accom pagna il sen so.2
2. P r a e t e r e a , cognitio intellectiva est univarsalium , et secundum,
hoc distinguitur a sensitiva, quae est singularium . Sed ista distinctio non hábet locum ex parte appetitivae: cum enim appetitus
356
1 Nel De Veritate (q. 22, a. 4) troviam o un argom ento meno astratto in difesa
d i questa tesi, basato sui grado di sponlaneitá dei vari atti appetitivi. La spontaneitá degli atti volutivi é addirittu ra la liberta., la quale, mentre avvicina somm amente alia « dign itá d iv in a », distacca l'app etito superiore da ogni legam e con
la m ateria.
357
sit m otus ab anim a ad res, quae sunt singulares, om nis appetitus
videtur esse rei singularis. Non ergo appetitus intellectivus debet d i­
stinguí a sensitivo.
3. P ra et erea , sicut sub apprehensivo ordinatur appetitivum ut in­
ferior potentia, ita et motivum. Sed non est aliud motivum in h o­
mine consequens intellectum, quam in aliis anim alibus consequens
sensum. Ergo, pari ratione, ñeque est aliud appetitivum.
S ed co n tr a e s t quod Philosophus, in 3 De Anima [cc. 9, 10, lect.
14, 15], distinguit duplicem appetitum, et dicit [c. 11, lect. 16] quod
appetitus superior movet inferiorem.
R espo n d e o d ic e n d u m quod necesse est dicere appetitum intellecti­
vum esse aliam potentiam a sensitivo. Potentia enim appetitiva est
potentia passiva, quae nata est m overi ab apprehenso: unde appe­
tibile apprehensum est m ovens non motum, appetitus autem m ovens motum, ut dicitur in 3 De Anim a [c. 10, lect. 15], et 12 M etaphys.
[c. 7, lect. 7]. Passiva autem et m obilia distinguuntur secundum
distinctionem activorum et m otiv oru m : quia oportet motivum esse
proportionatum m obili, et activum p a ssiv o ; et ipsa potentia pas­
siva propriam rationem habet ex ordine ad suum activum. Quia
igitur est alterius generis apprehensum per intellectum et appre­
hensum per sensum, consequens est quod appetitus intellectivus sit
alia potentia a sensitivo.
A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod appetibili non accidit esse appre­
hensum per sensum vel intellectum, sed per se ei convenit: nam
appetibile non m ovet appetitum jiisi inquantum est apprehensum.
Unde differentiae apprehensi sunt per se differentiae appetibilis.
Unde potentiae appetitivae distinguuntur secundum differentiam
apprehensorum, sicut secundum prop ria obiecta.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod appetitus intellectivus, etsi feratur
in res quae sunt extra animam singulares, fertur tamen in eas se­
cundum aliquam rationem u n iversalem ; sicut cum appetit aliquid
quia est bonum. Unde P hilosophus dicit in sua Rhetorica, [2, c. 4],
quod odium potest esse de aliquo universali, puta cum « od io habemus omne latronum g e n u s». - Similiter etiam per appetitum in ­
tellectivum appetere possumus im m aterialia bona, quae sensus non
apprehendit; sicut scientiam, virtutes, et alia huiusmodi.
A d t e r t i u m d i c e n d u m quod, sicut dicitur in 3 De Anim a [c. 11,
lect. 16], opinio universalis non movet nisi m ediante p a rticu la ri: et
similiter appetitus superior m ovet mediante inferiori. Et ideo non
est alia vis m otiva consequens intellectum et sensum.
3
« In questo passo é abbozzato il m eccanism o d e ll’ azione p articolare nella fase
di esecuzione esterna. Vi é un giud izio astratto e universale della ragione pratica, un giudizio concreto della cogitativa o ragione particolare ( /- //, q. 30, a. 3,
ad 3). 11 giudizio universale d e ll’esecuzione suppone un dinam ism o volontario
( /- //, q. 17, a. 1). Ma il passaggio a ll’atto esterno non puó farsi senza una rappresentazione concreta, che susciti un m oto d ell’appetitó inferiore, il quale
mette in m ovim ento la fa coltá d i locom ozione. N on c ’ é dunque m odo d i d istin­
guere una facoltá di locom ozione prop ria della parte spirituale d ell’anim a, p o i­
ché essa non puó agiré esternamente senza la facoltá corporea d i locom ozione.
Vedi anche in fra I, q. 81, a. 3 » ( W é b er t J., op. cit,, p. 363).
QUESTIONE 81
QUAESTIO 81
La sensualitá.1
De sensualitate
in tres artículos divisa.
E passiam o a parlare della sensualitá.
A tale proposito si pongono tre qu esiti: 1. Se la sensualitá sia
solo una facoltá ap petitiva; 2. Se si divida in irascibile e concu­
piscibile, com e in due potenze distin te; 3. Se 1’ irascibile e il con­
cupiscibile óbbediscano alia ragione.
Deinde considerandum est de sensualitate.
Circa quam qoiaeruntur tria. P rim o : utrum sensualitas sit vis
appetitiva tantum. Secundo : utrum dividatur sensualitas in irascibilem et concupiscibilem , sicut in diversas potentias. T ertio:
utrum irascibilis et concupiscibilis obediant rationi.
ARTICOLO 1
ARTICULUS 1
Se la sensualitá sia una facoltá soltanto appetitiva.
Utrum sensualitas solum sit appetitiva.
i Sent., d. 24, q. 2, a.
che la sensualitá sia non soltanto una facoltá appetitiva,
m a anche conoscitiva. In fa tti:
1. Dice S. A gostino che « il moto dell’ anima sensitiva proteso
verso i sensi del corpo é comune a n oi e alie bestie ». Ora i sensi
del corpo rientrano nell’ ámbito delle facoltá conoscitive. Dunque la
sensualitá é una facoltá conoscitiva.
2. Le parti di una divisione [lógica] devono appartenere a un solo
genere. M a S. Agostino pone la sensualitá in una divisione che
abbraccia la ragione superiore e quella inferiore, che sono di or­
dine conoscitivo. P erció anche la sensualitá é una potenza cono­
scitiva.
3. Nella tentazione dell’uomo la sensualitá fa la parte del ser­
vente. 3 Ora n ella tentazione dei progenitori il serpente enunzió e
propose il p ecc ato: cose queste che rientrano nell’ordine conosci­
tivo. Dunque la sensualitá é una potenza conoscitiva.
I n c o n t r a r io : La sensualitá é definita com e « appetito delle cose
riguardanti il corpo ».
R is p o n d o : II termine sensualitá, di cui p a rla S . Agostino, deriva
dal moto dei sensi, nel modo che il nome di una potenza si desume
dal suo atto, com e la vista dal vedere. Ora, i m oti del senso sono
le appetizioni che seguono la conoscenza sensitiva. E realmente l ’ atto
della virtü conoscitiva non si chi ama m oto in m aniera cosi propria,
com e quello dell’ appetito: infatti le operazioni delle facoltá con o­
scitive si com piono in maniera, che le cose conosciute restaño nel
con oscen te; invece le operazioni delle facoltá appetitive si com piono
col tendere dell’ appetente verso la cosa appetibile. P er questa ra­
gione 1’ operazione della potenza conoscitiva viene paragonata alia
S em bra
1
11 term ine sensualitá non ha qui il senso peggiorativo di appetito carnale
sr e g o la to ; m a q u ello origin ario d i appetito sensitivo. In tal senso fu g iá usato
dal Cavalca, d al B uti e d agli altri scrittori italian i del trecento (clr. M a n u z z i ,
Vocabolario della lingua italiana, Firenze, 1840). - Come dich iara S. Tomm aso
stesso nel prim o articolo della questione, il term ine deriva da S. Agostino, 11
quale d ’ordin arlo indica con esso le funzioni affettive degli esseri se n sib ili; men-
1;
De Vertí., q. 25,
a. i.
Videtur quod sensualitas non solum
sit appetitiva, sed etiam cognitiva. Dicit enim Augustinus, 12 De
Trin. [c. 12], quod « sensualis animae motus, qui in corporis sensus
intendítur, nobis pecoribusque comm unis est». Sed corporis sensus
sub vi cognitiva continentur. E rgo sensualitas est vis cognitiva.
2. P raeterea , quae cadunt sub una divisione, videntur esse unius
generis. Sed Augustinus, in 12 De Trin. [loe. cit.], dividit sensualitatem contra rationem superiorem e t in feriorem ; quae ad cognitionem pertinent. Ergo sensualitas etiam est vis cognitiva.
3. P r a e t e r e a , sensualitas in tentatione hom inis tenet locum serpentis. Sed serpens in tentatione prim orum parentum se habuit ut
nuntians et proponens peccatum ; quod est vis cognitivae. E rgo sen­
sualitas est vis cognitiva.
S ed contra e s t quod sensualitas definitur esse « appetitus rerum
ad corpus pertinentium » [cfr. Mag., 2 Sent., d. 24].
R e s p o n d e o d ic e n d u m quod nom en sensualitatis sumptum videtur
a sensuali motu, de quo A ugustinus loquitur 12 De Trin. [cc. 12, 13 ],
sicut ab actu sum itur nom en potentiae, ut a visione viátís'. Motus
autem sensualis est appetitus apprehensionem sensitivam consequens. Actus enim apprehensivae virtutis non ita proprie dicitur
motus, sicut actio appetitus: nam operatio virtutis apprehensivae
perficitur in hoc, quod res apprehensae sunt in apprehendente; ope­
ratio autem virtutis appetitivae perficitur in hoc, quod appetens inA d p r im u m
s ic
p r o c e d it u r .
tre nella lin g u a latina esso ind ica prom iscuam ente qualsiasi íunzione della sen­
sibilitá, anche le funzioni conoscitive.
Piü che una potenza la sensualitá é un genere che abbraccia due potenze: il
concupiscibile e 1’ irascibile.
2
Si allude alia celebre allegoria dei tre elem enti della tentazione (uomo,
donna e serpente), elaborata da S. Agostino nel l i De Trinit., c. 12. S. Tom m aso
accenna so lta n to ; perché suppone ch e i suoi lettori abbiano tutti per le m an i
i quattro libri delle Sentenze di P ietro L om bardo. Tutti gli studenti di teología
del duecento trova vano, ln quel m anuale divulgatissim o, la fam osa allegoria agostiniana trasform ata in una vera e propria teoría della tentazione (cfr. I Sent.,
cc. 0-12).
360
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 81, aa. 1-2
LA SENSUALITA
q u iete; mentre quella della potenza appetitiva é piü simile al moto.
P arlando quindi di moti della sensibilitá, intendiam o le operazioni
della facoltá appetitiva, P erció il termine sensualitá non é che il
nom e dell’ appetito sensitivo.
S o l u z io n e d e l l e d i f f i c o l t á : 1. Quando S. Agostino scrive che il
moto della sensualitá si pretende verso i sensi del corpo, non intende dire che i sensi del corpo fanno parte della sensualitá; m a
piuttosto che quei moto é una tendenza verso i sensi del corpo, ossia
che é un’appetizione di quelle cose, che son o percepite dai sensi.
Pierdo i sensi appartengono alia sensualitá com e suoi preréquisiti.
2. L a sensualitá rientra ivi in u n ’unica divisione con la ragione
superiore e con quella interiore, in quanto che hanno in comune
l ’ attitudine a muovere. Infatti la facoltá conoscitiva, alia quale a p ­
partengono la ragione superiore e quella inferiore, é principio di
moto, come l ’ appetitiva, di cui fa parte la sensualitá.
3. II serpente npn solo mostró e propose il peccato [ai nostri progenitori], m a li spinse alia sua effettuazione, E la sensualitá viene
sim boleggiata dal serpente proprio per questo.
clinatur in rem appetibilem. Et ideo operatio apprehensivae virtutis
assimilatur quieti: operatio autem virtutis appetitivae m agis assimilatur motui. Unde per sensualem motum intelligitur operatio ap­
petitivae virtutis. Et sic sensualitas est nom en appetitus sensitivi.
Ad p r i m u m e r g o d ic e n d u m quod per hoc quod dicit A ugustinus
quod sensualis anim ae motus intenditur in corporis sensus, non
datur intelligi quod corporis sensus sub sensualitate com prehendantur: sed m agis quod motus sensualitatis sit inclinatio quaedam
ad sensus corporis, dum scilicet appetimus ea quae per corporis
sensus apprehenduntur. Et sic corporis sensus pertinent ad sensualitatem quasi praeambuli.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod sensualitas dividitur contra rationem
superiorem et inferiorem , inquantum com m unicant in actu m otion is: vis enim cognitiva, ad quam pertinet ratio superior et inferior,
est motiva, sicut et appetitiva, ad quam pertinet sensualitas.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod serpens non solum ostendit et proposuit peccatum, sed etiam inclinavit in effectum peccati. Et quantum
ad hoc, sensualitas per serpentem significatur.
ARTIGOLO 2
ARTICULUS 2
Se l’appetito sensitivo si divida in irascibile e concupiscibile,
come in due potenze distinte.1
Utrum appetitus sensitivus distinguatur in irascibilem
et concupiscibilem, sicut in potentias diversas.
361
Infra, q. 82, a. 5; 3 Sent., d. 26, q. 1, a. 2; De Verit., q. 25, a. 2;
De M alo, q. 8, a. 3; 3 De Anima, lect. 14.
S e m b r a c h e 1’ a p p e t i t o s e n s i t i v o n o n s i d i v i d a i n ir a s c i b i l e e c o n ­
c u p i s c i b i le c o m e
in
d u e p o te n ze
d is t in t e .
In fa tti:
1. Secondo Aristotele única é la potenza dell’ anima che ha per
oggetto una coppia di con trari: la vista-, p. es., ha per oggetto il
bianco e il ñero. Ora conveniente e nocivo sono [una coppia di] con­
trari. Quindi, poiché il concupiscibile ha per oggetto ció che con­
viene, e 1’ irascibile ha per oggetto ció che nuoce, sembra che essi
siano la stessa potenza.
2. L ’appetito sensitivo non ha altro oggetto che le cose convenienti secondo i sensi. M a ció che é conveniente secondo i sensi
é oggetto del concupiscibile. Dunque non esiste un appetito sensi­
tivo diverso d al concupiscibile.
3. L ’ odio si trova nell’ ira scib ile ; esorta infatti S. G iro la m o : « Custodiam o nell’ irascibile l’od io dei v iz i». Ora, l ’odio, essendo il con­
trario dell’amore, deve trovarsi [anch’ esso] nel concupiscibile. Dun­
que il concupiscibile e 1’ irascibile sono la stessa facoltá.
I n c o n t r a r io : S. Gregorio N issen o2 e il Dam asceno considerano
le due parti dell’ appetito sensitivo, irascibile e concupiscibile, come
due facoltá.
R is p o n d o : L ’ appetito sensitivo, in quanto genere é una facoltá
A d s e c u n d u m s i c p r o c e d it u r . Videtur quod appetitus sensitivus non
distinguatur in irascibilem et concupiscibilem , sicut in potentias
diversas. Eadem enim potentia anim ae est unius contrarietatis, ut
visus albi et nigri, ut dicitur in 2 De Anim a [c. 11, lect. 22]. Sed con­
veniens et nocivum sunt contraria. Cum ergo concupiscibilis respiciat conveniens, irascibilis vero nocivum , videtur quod eadem p o­
tentia animae sit irascibilis et concupiscibilis.
2. P r a e te r e a , appetitus sensitivus non est nisi convenientium se­
cundum sensum. Sed conveniens secundum sensum est obiectum
concupiscibilis. E rgo nullus appetitus sensitivus est a concupiscibili differens.
3. P r a e t e r e a , odium est in irascibili: dicit enim Hieronym us, su­
per Matth., [13, 33]: « Possideam us in irascibili odium vitioru m ».
Sed odium, cum contrarietuir am ori, est in concupiscibili. E rgo
eadem vis est concupiscibilis et irascibilis.
S ed c o n t r a e s t quod G regorius Nyssenus et Dam ascenus [2 De
Fide Orth., c. 12] ponunt duas vires, irascibilem et concupiscibilem ,
partes appetitus sensitivi.
R e s p o n d e o d i c e n d u m quod appetitus sensitivus est u na vis in geXoyixóv con ratiocínatlvum , & vfiixóv con irascitivum (che ha nella stesso significato
i Concupiscibile e irascibile hanno una derivazione piuttosto com plessa dal
term ini ira e concuplscenza. Essi Infatti corrispondono alie aue facoltá d ell’appetlto sensitivo, che Aristotele chiam a ¿m&v/¿ía [concuplscentía], e
>iió? [ira]. Ma
si é preferito parlare d i irascibile piuttosto che di ira, perché 1’ ira é soltanto
un atto o un abito, non giá una potenza deU’anim a. Lo stesso si é fatto per la
concuplscenza. - S. Girolam o ha dato lo spunto a queste dicitu re traducendo
anche la form a irascibile), ed km-d'v^nxóv col term ine concuplscltlvum (la cui
form a concupiscibile ha il solo significato oggettivo di cosa atta ad essere desiderata). Senza andaré troppo per il sottile g lj scolastici m edioeval! stabilirono
arbitrariam ente una perfetta an alogia d i significato tra irascibile e concuplscibile, facendo d ell’uno e d ell’altro due fa coltá appetitive.
a Si tratta di N e m e s i o , De natura hom inis, cc. 16, 17. Quest’opera circolava
nel m edioevo sotto il nom e di S. G regorio di Nlssa.
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 81, a. 2
LA SENSUALITA
única chiam ata sensualitá,; m a si divide in due potenze, che sono
le sue specie, cioé n ell’ irascibile e nel concupiscibile. P er rendercene conto, bisogna considerare che negli esseri fisici soggetti a corruzione, non solo ci deve essere una tendenza a conseguiré ció che
loro conviene e a sfuggire ció che é nocivo, m a anche una tendenza
a resistere agli agenti disgregatori e contrari, i quali im pedíscono
di conseguiré ció che giova, causando invece ció che é dannoso.
Cosi il fuoco ha un’ inclinazione naturale non soltanto ad allontanarsi dal basso, lu ogo ad esso n on connaturale, e a tendere verso
l ’ alto, suo luogo naturale, ma anche a resistere agli agenti, che lo
distruggono o che gli sono di ostacolo. - Perció, essendo l ’appetito
sensitivo u n ’ inclinazione che segue la conoscenza sensitiva, proprio
com e 1’ appetito naturale é u n ’ inclinazione che segue la form a na­
turale, é necessario che nella parte sensitiva v i siano due potenze
appetitive. L a prima, che direttamente in clin a 1’anim ale a raggiun­
gere g li oggetti ad esso giovevoli sul piano della sensibilitá e a
respingare quelli n ociv i: e questa facoltá é chiamata concupisci­
bile. La seconda, che porta 1’ animale a resistere agli attacchi di
ch i gli contrasta il possesso delle cose giovevoli, o di chi lo m ole­
sta : e questa facoltá é chiam ata irascibile. P er tale ragione si dice
che il suo oggetto é V a rd u o; 1 appunto perché tende a vincere e a
sopraffare gli agenti contrari.
Queste due inclinazioni non si possono ricondurre a un único
p rin cip io : perché l ’ anima, agendo contro 1’ inclinazione del concu­
piscibile, talvolta ai occupa di atti rattristanti per affrontare agenti
contrari, seguendo 1’ inclinazione dell’ irascibile. P erció le passioni
stesse dell’ irascibile si presentano in contrasto con quelle del con­
cu p iscibile: infatti l ’ accendersi della concupiscenza smorza l’ ir a ;
e l ’ accendersi dell’ ira smorza, almeno ordinariam ente, la concupi­
scenza. Di qui si rileva ancora che 1’ irascibile é come il vindice e
il difensore del concupiscibile, insorgendo contro quanto impedisce
di raggiungere le cose gradevoli, da quest’ultimo desiderate, o con­
tro quanto causa quei nocumenti, che dal concupiscibile sono a'borriti. E questa la ragione, per cui tutte le passioni dell’ irascibile
hanno in izio dalle passioni del concupiscibile e sfociano in esse:
cosi 1’ ira nasce da un dolore súbito, e, sfogandosi nella vendetta,
term ina nel godimento. P roprio per questo le battaglie tra gli ani­
m ali hanno per oggetto cose ooncupiscibili, cioé i cibi e i piaceri
sessuali, come dice Aristotele.
S o l u z io n e d e l l e d i f f i c o l t á : 1. II concupiscibile ha per oggetto le
cosie giovievoli e quelle n o c iv e ; 1’ irascibile invece h a la funziome di
resistere alie cose nocive, affrontandole.
2. Come tra facoltá conoscitive della parte sensitiva v i é l ’ estimativa, di cui si é giá parlato, capace di percepire oggetti che non
trasm utano i sen si; cosi vi é n ell’ appetito sensitivo u n a facoltá, che
ha per oggetto delle cose convenienti non per il godim ento dei sensi
[esterni], m a perché utili all’ animale per la sua difesa. E questa é
la facoltá dell’ irascibile.
3. L ’odio di suo appartiene al concupiscibile ; ma puó attribuirsi
anche a ll’ irascibile, a motivo della lotta, che l ’odio puó provocare.
nere, quae sensualitas d icitu r; sed dividitur in duas potentias, quae
sunt species appetitus sensitivi, scilicet in irascibilem et concupiscibilem. Ad cüius evidentiam, consideran. oportet quod iñ rebus
naturalibus corruptibilibus, non solum oportet esse inclinationem
ad consequendum convenientia. et refugiendum n ociv a ; sed etiam
ad resistendum corrum pentibus et contrariis, quae convenientibus
impedimentum praebent et ingerunt nocum enta. Sicut ignis habet
naturalem inclinationem non solum ut recedat ab inferiori loco, qui
sibi non convenit, et ten dat in locum sup eriorem sibi conveniente m ; sed etiam quod resistat corrum pentibus et impedientibus. Quia igitur appetitus sensitivus est inclinatio consequens apprehensionem sensitivam, sicut appetitus naturalis est inclinatio conse­
quens formam naturalem ; necesse est quod in parte sensitiva sint
duae appetitivae potentiae. Una, per quam anim a sim pliciter inclinatur ad prosequendum ea quae sunt convenientia secundum sen­
sum, et ad refugiendum nociva : et haec dicitur concupiscibilis. A lia
vero, per quam animal resistit im pugnantibus, quae convenientia
im pugnan! et nocum enta in feru n t: et haec vis vocatur irascibilis.
Unde dicitur quod eius obiectum est a rd u u m : quia scilicet tendit
ad hoc quod superet contraria, et superemineat eis.
Hae autem duae inclinationes non reducuntur in unum p rin ci­
piu m : quia interdum anima tristibus se ingerit, contra inclinatio­
nem concupiscibilis, ut secundum inclinationem irascibilis im pugnet contraria. Unde etiam passiones irascibilis repugnare videntur
passionibus con cu piscibilis: nam concupiscentia accensa minuit
iram, et ira accensa minuit concupiscentiam , ut in pluribus. Patet
etiam ex hoc, quod irascibilis est quasi propugnatrix et defensatrix
concupiscibilis, dum insurgit con tra ea quae impediunt convenien­
tia, quae concupiscibilis appetit, et ingerunt nociva, quae concu­
piscibilis refugit. Et propter hoc, omnes passiones irascibilis incipiunt a passionibus concupiscibilis, et in eas term in antur; sicut ira
nascitur ex illata tristitia, et vindictam inferens, in laetitiam terminatur. P ropter hoc etiam pugnae animalium sunt de concupiscibilibus, scilicet de cibis et venereis, ut dicitur in 8 De Animalibus
[c. 1; cfr. 6, c. 18; 9, c. 1].
A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod vis concupiscibilis est et convenientis et inconvenientis. Sed irascibilis est ad resistendum inconvenienti quod impugnat.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod, sicut in apprehensivis virtutibus in
parte sensitiva est aliqua vis aestimativa, scilicet quae est perce­
ptiva eorum quae sensum non imimutant, ut supra [q. 78, a. 2] diotum e s t; ita etiam in appetitu sensitivo est aliqua vis appetens ali­
quid quod non est conveniens secundum delectationem sensus, sed
secundum quod est utile anim ali ad suam defensionem. Et haec est
vis irascibilis.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod odium sim pliciter pertinet ad concup iscib ilem ; sed ratione im pugnationis quae ex odio causatur, potest
ad irascibilem pertinere.
362
1 Ovvero 11 bene arduo.
363
364
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 81, a. 3
LA SENSUALITA
ARTICOLO 3
ARTICULUS 3
Se l’ iráscibile e il concupiscibile obbediscano alia ragione.1
Utrum irascibilis et concupiscibilis obediant rationi.
365
I-1I, q. 17, a. 7 ; De Verlt., q. 25, a. 4 ; / Etich., lect. 20.
S e m b r a che 1’ irascibile e il concupiscibile non obbediscano alia
ragione. In fatti:
1. Irascibile e concupiscibile sono [due] parti della sensualitá. Ma
la sensualitá non obbedisce alia ra gion e; tanto che viene raffigurata dal serpente, come fa S. Agostino. Dunque anche 1’ irascibile
e il concupiscibile non obbediscono alia ragione.
2. Chi obbedisce a un altro, non lo combatte. Ora, tanto 1’ irasci­
bile che il concupiscibile si oppongono alia ragione, secondo il detto
deH’A postolo: «V ed o nelle mié m em bra u n ’altra legge, che fa
guerra alia legge della mia m en te». P er conseguenza 1’ irascibile
e il concupiscibile non obbediscono alia ra g io n e .2
3. Una facoltá appetitiva é inferiore alia parte razionale del1’ anima, cosi com e lo é una facoltá sensitiva. M a le potenze sensi­
tive non obbediscono alia ra gion e: infatti non si puó udire o vedere quando si vuole. Quindi, analogamente, nemmeno le potenze
dell’ appetito sensitivo, cioé 1’ irascibile e il concupiscibile, obbedi­
scono alia ragione.
I n co n trario : Dice il Dam asceno che « la parte, la quale obbedisce
e si lascia persuadere dalla ragione, si divide in concupiscenza
ed ir a » .
R is p o n d o : L ’ irascibile e il concupiscibile obbediscono in due modi
alia parte superiore, nella quale si trovano 1’ intelletto, o ragione,
e la v o lo n tá : prim o, relativamente alia r a g io n e ; secondo, relati­
vamente alia volontá. - Obbediscono alia ragione in ordine ai loro
stessi atti. Infatti 1’ appetito sensitivo, negli altri animali, é por tato
per natura ad essere posto in m oto dalla estim ativa; cosi la pécora
teme, perché con 1’ estimativa ha percepito che il lupo é suo nemico.
Ora nell’uom o al posto dell’ estimativa vi é la cogitativa, come si
é visto s o p r a ; e questa é chiam ata da alcuni ragione p a rticola re,3
perché ha la funzione di confrontare le varié percezioni dei singolari. Quindi, l’ appetito sensitivo dell’uom o deve naturalmente
prendere d a essa il suo movimento. A su a volta questa ragione
particolare é fatta per esser mossa e diretta secondo la ragione uni­
versale ; tanto é vero che nei procedim enti sillogistici le conclusioni
p articolari derivano dalle proposizioni universali. É quindi evidente
che la ragione universale com anda all’ appetito sensitivo, distinto in
concupiscibile ed irascibile, e che questo appetito le obbedisce. E siccom e il portare i principii universali alie conclusioni partico­
lari non é funzione del semplice intelletto, ma della ragione, si preferisce dire che l’ appetito irascibile e il concupiscibile obbediscono
alia ragione piuttosto che a ll’ intelletto. - Questo lo puó sperimentare ciascu n o in se stesso: applicando infatti delle considerazioni
1
II P. Seraflno Capponi (1536-1614) fa seguir© aU’articolo 3 una serle piuttosto
lun ga d i errori ( « hereses Agapetorum , B alaam itarum , B eguardorum , Beguinarum , Valdensium »), che verrebbero tagliati alia radie© d a ll’esposizione di S. Tom ­
maso. A parte le inesattezze storiche, é un fatto che l ’articolo ha dei riflessl
Ad t e r t i u m s i c p r o c e d it u r . Videtur quod irascibilis et concupisci­
bilis non obediant rationi. Irascibilis enim et concupiscibilis sunt
partes sensualitatis. Sed sensualitas non obedit rationi: unde per
serpentem signifleatur, ut dicit Augustinus, 12 De Trin. [cc. 12, 13].
E rgo irascibilis et concupiscibilis non obediunt rationi.
2. P raeterea , quod obedit alicui, non repugnat ei. Sed irascibilis
et concupiscibilis repuignant ration i; secundum illud Apostoli, ad
Rom. 7,23: « Video aliam legem in memíbris meis, repugnantem legi
mentís m ea e». E rgo irascibilis et concupiscibilis non obediunt ra­
tioni.
3. P raeterea , sicut rationali parte animae inferior est vis appe­
titiva, ita etiam et vis sensitiva. Sed sensitiva pars animae non
obedit rationi: n on enim audimus nec videmus quando volumus.
Ergo similiter ñeque vires sensitivi appetitus, scilicet irascibilis et
concupiscibilis, obediunt rationi.
S ed contra e s t quod Damascenus dicit [2 De Fide Orth., c. 12],
quod <( obediens et persuasibile rationi dividitur in concupiscentiam
et iram ».
R e spo n d eo d ic e n d u m quod irascibilis et concupiscibilis obediunt
superiori parti, in qua est- intellectus sive ratio et voluntas, duplicite r : uno m odo quidem, quantum ad ra tion em ; alio vero modo,
quantum ad voluntatem. - R ationi quidem obediunt quantum ad
ipsos suos actus. Cuius ratio est, quia appetitus sensitivus in aliis
quidem animalibus natus est m overi ab aestimativa virtute ; sicut
ovis aestimans lupum inim icum , timet. Loco autem aestimativae
virtutis est in homine, sicut supra [q. 78, a. 4] dictum est, vis co­
gitativa ; quae dicitur a quibusdam ratio particularis, eo quod est
collativa intentionum individualium . Unde ab ea natus est m overi
in homine appetitus sensitivus.. Ip sa autem ratio particularis nata
est m overi et dirigi secundum rationem universalem : unde in syllogisticis ex universalibus propositioni'bus concluduntur conclusio­
nes singulares. Et ideo patet quod ratio Universalis imperat appetitui sensitivo, qui distinguitur per concupiscibilem et irascibilem ,
et hic appetitus ei obedit. - Et quia deducere universalia principia
in conclusiones singulares, non est opu s sim plicis intellectus, sed
ra tio n is; ideo irascibilis et concupiscibilis m agis dicuntur obedire
rationi, quam intellectui. - H oc etiam quilibet experiri potest in
d ogm atici m olto im portanti (cfr. D e n z ., 472, 478, 1237, 1250, 1261-1276). Tutti i m o­
vim enti pseudomistici tendono in fatti a scindere l ’ unitá dinam ica d ell’essere
um ano, per godere 1’ illusione di una perfezione spirituale, raggiunta senza il
sacrificio della concupisoenza. - L ’ articolo ha il suo naturale com plem ento in
quello che S. Tom m aso dice nella I-II, q. 17, a. 7.
2 É nota 1’ lnterpretazione pessim ista di Lutero a questo brano della Lettera
ai Rom ani. La soluzione di S. Tom m aso puó giovare per una rettifica anche nel
cam po strettamente teologico.
3 A vicenna ed Averroé avevano g iá reso com une con la loro autoritá questa
espressione. Vedi sopra, I, q. 78, a. 4.
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 81, a. 3
LA SENSUALITA
universali, possiam o smorzare o accendere 1’ ira, il timore e altri
sim ili sentimenti.
L ’appetito sensitiva sta sottoposto anche alia volontá in ordine
a ll’ esecuzione, la quale a w ie n e mediante la facoltá di lo com ozion e.1
Negli altri animali il moto tiene dietro immediatamente all’ appetizione del concupiscibile o dell’ ira scib ile; la pécora, p. es., al ti­
m ore del lupa, súbita fugge. Questo perché non esiste in essi un a p ­
petito superiore che faccia da frena. L ’uom o invece non si muove
súbito dietro 1’ im pulso dell’ irascibile o del con cu p iscib ile; ma
aspetta il com anda della volontá, che é un appetito superiore. Infatti in tutte le facoltá dá moto ordinate tra loro, vediam o che il
motore secondario non muove che in virtü di un prim o m o to r e ;
é per questo che 1’ appetito inferiore non basta a muovere, senza il
consenso dell’ appetito superiore. Ció corrisponde a quanto dice il
F ilosofo, che « l ’ appetito superiore m uove l ’ appetito inferiore, come
u n a sfera piü alta muove quedla piü b a s s a » .2 - E questo dunque il
m odo, col quale 1’ irascibile e il concupiscibile sono sottoposti alia
r a g io n e .s
S o l u z io n e d e ll e d i f f i c o l t á : 1. La sensualitá é fígurata nel ser­
p en te4 per ció che le appartiene in quanto facoltá di ordine sensi­
tivo. L ’ irascibile invece e il concupiscibile indicano l’ appetito sen­
sitivo piuttosto in ordine ai suoi atti, ai quali viene determinato
dalla ragione, come si é detto.
2.
Come dice il F ilosofo: «B iso g n a considerare neU’ animale un
potere dispotico e un potere p o litic o : poiché 1’anim a domina il
corpo con un regim e d isp otico; 1’ intelletto invece dom ina l’ appetito con un regim e político e rega le». Un regim e si dice dispotico,
quando si governano degli schiavi, i quali non hanno facoltá alcuna di resistere aH’ ordine del padrone, perché non hanno piü
niente di propria. Invece si ha un principato politico e regale,
quando si governano degli uom ini liberi, i quali, benché siano soggetti all’ autoritá di un capo, canservano tuttavia qualche cosa di
proprio, che dá loro la possibilitá di resistere a chi com anda. - In
m aniera analoga si dice che 1’anima governa il corpo con un do­
m inio dispotico, perché le m em bra di esso non possono affatto re­
sistere al com ando dell’ anima, m a immediatamente la m ano o il
piede si m uovono dietro 1’ im pulso appetitivo dell’ a n im a; e cosi
ogni mem bro, che per natura si muove dietro 1’ im pulso della vo­
lontá. Ora, n oi affermiamo che 1’ intelletto, o ragione, com anda al1’ irascibile e al concupiscibile con un potere p o litico : perché l’ appetito sensitivo ha qualche casa di, proprio, per cui puó resistere
al com ando della ragione. Infatti 1’ appetito sensitivo puó subiré
naturalmente anche 1’ im pulsa dell’ im m aginazione e del se n so ; e
non soltanto quello della estimativa, se trattasi degli animali, o
della cogitativa dell’uomo, che é govem a ta dalla ragione univer­
sale. E infatti noi sperim entiam o che 1’ irascibile e il concupisci­
bile si oppongon o alia ragione, quando sentiam o o im m aginiam o
un piacere che la ragion e proi'bisce, oppure quando concepiam o
una cosa sgradevole che la ragione comanda. E cosi, sebbene 1’ ira-
seipso: applicando enim aliquas universales consideratiiones, mitigatur ira aut tim or aut aliquid huiusm odi, vel etiam instigatur.
Voluntati etiam subiacet appetitus sensitivus, quantum ad executionem, quae fit per vim motivam. In aliis enim anim alibus statim ad appetitum concupiscibilis et irascibilis sequitur motus, sicut
ovis, timens lupum statim fu g it: quia non est in eis aliquis Supe­
rior appetitus qui repugnet. Sed hom o non statim m ovetur secun­
dum appetitum irascibilis et con cu piscibilis; sed expectatur imperium voluntatis, quod est appetitus superior. In óm nibus enim p o­
tentiis m otivis ordinatis, secundum movens non movet nisi virtute
prim i m oventis: unde appetitus inferior non sufficit movere, nisi
appetitus superior consentiat. Et hoc est quod P hilosophus dicit,
in 3 De Anima [c. 11, lect. 16], quod « appetitus superior movet a p ­
petitum inferiorem , sicut sphaera superior in feriorem ». - Hoc ergo
m odo irascibilis et concupiscibilis rationi subduntur.
A d p r i m u m e r g o d ic e n d u m quod sensualitas signiflcantur per serpentem, quantum ad id quod est proprium sibi ex parte sensitivae
partis. Irascibilis autem et concupiscibilis magis nom inant sensiti­
vum appetitum ex parte actus, ad quem inducuntur ex ratione, ut
dictum est [in corp.].
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod, sicut Philosophus dicit in i Politicorum [c. 2, lect. 3], « est quidem in anim ali contem plan et despoticum principatum , et politicum : anim a quidem enim corpori dominatur despotico p rin cipatu; intellectus autem appetitui, politico et
r e g a li». Dicitur enim despoticus principatus, quo aliquis principatur servis, qui non habent facultatem in aliquo resistendi im pe­
rio praecipientis, quia nihil sui habent. Principatus autem politicus
et regalis dicitur, quo aliquis principatur liberis, qui, etsi subdantur regim ini praesidentis, tamen habent aliquid proprium , ex quo
possunt reniti praecipientis im perio. - Sic igitur anima dicitur do­
m in a n corpori despotico p rin cip a tu : quia corporis m em bra in nullo
resistere possunt imperio animae, sed statim ad appetitum animae
movetur m anus et pes, et quodlibet membrum quod natum est moveri voluntaria motu. Intellectus autem, seu ratio, dicitur prin ci­
p a n irascibili et concupiscibili politico p rin cip a tu : quia appetitus
sensibilis habet aliquid proprium , unde potest reniti im perio ratio­
nis. Natus est enim m overi appetitus sensitivus, non solum ab aestimativa in aliis animalibus, et cogitativa in homine, quam dirigit
universalis r a t io ; sed etiam ab im aginativa et sensu. Unde experim ur irascibilem vel concupiscibilem rationi repugnare, per hoc
quod sentimus vel im aginam ur aliquod delectabile quod ratio vetat,
vel triste quod ratio praecipit. Et sic per hoc quod irascibilis et
366
1 Vedi I, q. 78, a. 1, ad 4.
8 A ristotele pensava che 11 cosm o conslstesse in una serie d i sfere concentriche,
11 cui m oto, causato da u n o o piü m otori trascendente sarebbe stato com andato
gerarchicam ente d a ll’ influsso delle sfere piü alte su quelle Inferior!.
367
3 « Ció s’ intende evidentemente di dirltto. Nel trattato degli Atti um anl ci si
preoccuperá di precisare i casi di influsso sulla ragione e sulla volontá da parte
degli appetlti inferiori. Cfr. 7-7/, q. 9, a. 2 ; q. 10, a. 3. Cosi puré il presente art Ico lo, sol. 2. - I lim itl del potere dispotico e del potere p olitico sono anche pre­
cisa ti in 7-77, q. 17, aa. 7, 8, 9. Ció che noi abbiam o chiam ato " psicología del1’ interazlone ” si trova cosi sviluppato nel dom in io affettivo e m o to r e : il lim ite
estremo sará l ’attivltá delle funzioni vegetativo, che, alm eno direttamente, sfuggon o a ll1influsso delle facoltá conoscitive e appetitive. L 'anim a é senza dubbio
form a del corpo, m a vi ó tutta una regione dell'attivitá di questa form a che
sfugge non solo alia coscienza, m a anche al d om in io della ragione i (Wébert J
op. cit., p, 364).
4 Vedi questa m edesim a questione, p. 359, n. 2.
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 81, a. 3
LA SENSUALITA
scibile e il concupiscibile con trastólo in qualche caso alia ragione,
concupiscibilis in aliquo rationi repugnant, non excluditur quin ei
obediant.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod sensus exteriores indigent ad suos actus
exterioribus sensibilibus, quibus immutentur, quorum praesentia
non est in potestate rationis. Sed vires interiores, tam appetitivae
quam apprehensivae, non indigent exterioribus rebus. Et ideo subduntur imperio rationis, quae potest non solum instigare vel m iti­
gare affectus appetitivae virtutis, sed etiam form are im aginativae
virtutis phantasmata.
non si eselude che le obbediscano.
3.
I sensi esterni per a giré hanno bisogno dei sensibili esterni,
dovendo subiré da essi una trasmutazione, e la lo ro presenza non
sta in potere della ragione. Invece le facoltá interne, sia appetitive
che conoscitive, non hanno bisogno dei sensibili esterni. Perció
sono sottoposte all’ im pero della ragione, la quale puó, non solo
acuire o m itigare i sentimenti della parte appetitiva, m a anche
form are i fantasm i della im maginativa.
369
QUESTIONE 82
La volontá.1
QUAESTIO 82
De volúntate
In quinqué artículos divisa.
Passiam o ora a trattare della volontá.
Su di essa si pon gono cinque quesiti: 1. Se la volontá appetisca
per necessitá qualche c o s a ; 2. Se voglia tutto per necessitá; 3. Se
sia una potenza superiore all’ intelletto; 4. Se la volontá m uova
1’ intelletto; 5. Se nella volontá ci sia la distinzione tra irascibile
e concupiscibile.
Deinde considerandum est de volúntate.
Circa quam quaeruntur quinqué.. P r im o : utrum voluntas aliquid
ex necessitate appetat. S ecu n d o: utrum om nia ex necessitate appetat. T e rtio : utrum sit eminentior potentia quam intellectus.
Q u a rto: utrum voluntas moveat intellectum. Q uinto: utrum volun­
tas distinguatur per irascibilem et concupiscibilem .
ARTICOLO 1
ARTICULUS 1
Se la volontá appetisca per necessitá qualche cosa.8
Utrum voluntas aliquid ex necessitate appetat.
/ - / / , q. 10, a. 1; f Sent., d. 25, a. 2; De Verit., q. 22, a. 5 ; De Malo, q. 6.
che la volontá non appetisca niente per necessitá. In fa tti:
1. Dice S. Agostino che se una cosa é necessaria, non é piü volcmtaria. Ora tutto quello che la volontá vuole é volontario. Quindi
nessmna cosa, che sia voluta dalla volontá, é desiderata necessariamente.
2. Secondo il F ilosofo, le potenze razionali hanno per oggetto cose
opposte tra loro. Ma la volontá é una potenza razionale, poiché la
volontá si trova nella ragione, come dice Aristotele. Dunque la
volontá ha per oggetto cose opposte tra loro. Di conseguenza a
niente é necessariamente determinata.
3. In forza della volontá noi siamo padroni dei nostri atti. Ma di
ció che necessariam ente esiste non siamo padroni., Dunque l ’ atto
della volontá non puó avere u n ’ esistenza necessaria,
In co n tr a r io : S. A gostino insegna che « tutti con u n a volontá sola
desiderano la felicitá ». Ora se ció n on fosse necessario m a contin­
gente, si avrebbe, almeno qualche rara volta, u n ’ eccezione. Dunque
c ’ é qualche cosa, che la volontá vuole necessariamente.
R is p o n d o : II termine necessitá ha m olti significati. Infatti necessa­
rio é « ció che non puó non essere ». Ma qiuiesto puó verificarsi di una
cosa prim a di tutto in forza di una causa intrinseca: sia essa una
causa materiale, come quando diciam o che ogn i sostanza com po­
sta di elementi contrari é necessario che si co r r o m p a ; sia essa una
causa fórm ale, come quando diciamo essere necessario che il triangolo abbia i tre angoli uguali a due retti. E questa é la n eces­
sitá naturale e assoluta. - C’ é un secondo m odo per una cosa di
non poter non essere, vale a dire in rapporto a una causa estrinseca, che puó essere il fine o la causa efficiente. In rapporto al fine,
A d p r i m u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod voluntas nihil ex neces­
sitate appetat. Dicit enim Augustinus, in 5 De C'iv. Dei [c. 10], quod
si aliquid est necessarium, non est voluntarium. Sed omne quod
voluntas appetit, est voluntarium. E rgo nihil qupd voluntas appe­
tit, est necessario desiderátum.
r
2. P raeterea , potestates rationales, secundum Philosophum [9 Metaph., c. 2, lect. 2], se habent ad opposita. Sed voluntas est potestas rationalis1: quia, ut dicitur in 3 De Anim a [c. 9, lect. 14], vo­
luntas in ratione est. E rgo voluntas se habet ad opposita. Ad nihil
ergo de necessitate determinatur.
3. P raeterea , secundum voluntatem sumus dom ini nostrorum
actuum. Sed eius quod ex necessitate est, non sumus domini. Ergo
actus voluntatis non potest de necessitate esse.
S ed con tra e s t quod Augustinus dicit, in 13 De Trin. [c. 4], quod
«beatitudinem omnes una volúntate appetu nt». Si autem non esset
necessarium sed contingens, deficeret ad m inus in paucioribus. Ergo
voluntas ex necessitate aliquid vult.
R espo n d e o d ic e n d u m quod necessitas dicitur multipliciter. N ecesse
est enim «q u o d non potest non esse». Quod quidem convenit alicui, uno m odo ex prin cipio in trín seco: sive materiali, sicut cum di­
cimus quod omne compositum ex contrariis necesse est co rru m p i;
sive form ali, sicut cum dicim us quod necesse est triangulum haberetres ángulos aequales duobus rectis. Et haec est necessitas naturalis et absoluta. - Alio m odo convenit alicui quod non possit non
esse, ex aliquo extrínseco, vel fine vel agente. Fine quidem, sicut
cum aliquis non potest sine hoc consequi, aut bene consequi finem
i
Le questioni 82 o 83 sono Je premesse indispensabjli di tutta la teología m o­
rale. Qui il teologo abbandona il terreno m alfldo delle facoltá psichiche di ordine
inferiore, per indagare le quali non aveva che i mezzi inadeguati d e ll’esperienza
volgare, e s’ inoltra con sicurezza n e ll’analisi di una fa coltá spirituale. Le posizioni raggiunte da S. Tom m aso sono orinal com unem ente accettate dagli studiosi
cattolici. Tuttavia il volontarism o di S. B onaventura e di Scoto hanno sempre
dei seguaci.
2
L ’articolo m ira a determ inare il concetto esatto di volontarietá, e quindi di
volontá, in rapporto al concetto autentico di necessitá. L ’analisi tomistica dei
due concetti é orm ai classica e insoslituibile, a parte qualche esempio antiquato
form alm ente estraneo al soggetto.
S embra
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 82, a. 1
LA VOLONTA
quando senza quella data cosa ñon si puó raggiungere uno scopo, o
non si puó raggiungerlo b e n e ; cosi il cibo si dice necessario per la
vita, e il cavallo per il viaggio. Questa é chiam ata n ecessitá del
fin e ; e talora anche utilitá. - In rapporto poi alia causa agente si
ha una necessitá, quando 1’ agente costringe in m odo da non poter
fare il contrario. Quest’ ultima é chiam ata necessitá di coazione.
Concludendo, la necessitá di coazione ripugna del tutto alia vo­
lontá. Infatti n oi chiam iam o violento tutto ció che é cpntro 1’ in­
clinazione di una cosa. Ora anche il motp della volontá é un’ incli­
nazione verso qualche cosa. Perció, come si dice che qualche cosa
é naturale perché corrisponde all’ inclinazione della natura, cosi si
dirá volontario tutto quello che corrisponde all’ inclinazione della
volontá. P er conseguenza, come é im possibile che una cosa sia in­
sieme violenta e naturale, cosi é impossibile che essa sia essenzial­
mente coatta, o violenta, e insieme volontaria.
Invece la necessitá del fine non ripugna alia volontá, quando il
fine non é raggiungibile che in un m odo s p lo : cosi, dalla determinazione di passare il mare, nasce per la volontá la necessitá di
voler la nave.
Parimente, neppure la necessitá naturale ripugna alia volontá.
Anzi, é indispensabile che, come 1’ intelletto aderisce necessariamente ai prim i principii, cosi la volontá aderisca necessariamente
a ll’ultimo fine, che é la beatitudine: poiché, al dire di Aristotele,
nell’ ordine pratico il fine ha la funzione dei principii nell’ ordine
speculativo. B isogna infatti che fondamento e principio di tutto ció
che si attribuisee a una cosa sia ció che le appartiene in m aniera
naturale e im m utabile: perché la natura é la radice di tutto in
ogni essere, e ogni m oto procede sempre da qualche cosa di im m u­
tabile. 1
S o l u z io n e d e l l e d i f f i c o l t á : 1. L a frase di S . Agostino va riferita
a ció che é necessario per necessitá di coazione. L a necessitá natu­
rale invece «n o n toglie la liibertá della v o lo n tá », come egli dice
nello stesso libro.
2. La volontá, in quanto vuole qualche cosa naturalmente, corri­
sponde di piü all’ intelletto dei pirincipii naturali che alia ragione,
la quale ha per oggetto gli opposti. P erció, da questo punto di
vista, é una potenza piü intellettuale che razionale.
3. Noi siam o padroni dei nostri atti, in quanto possiam o scegliere
questa o quella cosa. Ora la scelta non ha per oggetto il fine, ma
« i mezzi che portano al fin e », come dice Aristotele. P erció l’ appetizione delFultimo fine non rientra tra le cose di cui siamo padroni.
a liq u em : ut cibus dicitur necessarius ad vitam, et equus ad iter.
Et haec vocatur necessitas fin is; quae interdum etiam utilitas dicitur. - Ex agente autem hoc alicui convenit, sicut cum aliquis co­
gita r ab aliquo agente, ita quod non possit contrarium agere. Et
haec vocatur necessitas coactionis.
Haec igitur coactionis necessitas om nino repugnat voluntati. Nam
hoc dicimus esse violentum, quod est contra inclinationem rei. Ipse
autem motus voluntatis est inclinatio quaedam in aliquid. Et ideo
sicut dicitur aliquid naturale quia est secundum inclinationem n a­
turae, ita dicitur aliquid voluntarium quia est secundum inclina­
tionem voluntatis. Sicut ergo im possibile est quod aliquid simul sit
violentum et natu rale; ita im possibile est quod aliquid sim pliciter
sit coactum sive violentum, et voluntarium.
Necessitas autem finis non repugnat voluntati, quando ad finem
non potest perveniri nisi uno m od o: sicut ex volúntate transeundi
mare, fit necessitas in volúntate ut velit navem.
Similiter etiam nec necessitas naturalis repugnat voluntati. Quinimm o necesse est quod, sicut intellectus ex necessitate inhaeret
prim is principiis, ita voluntas ex necessitate inhaereat ultim o fini,
qui est b eatitu do: finis enim se habet in operativis sicut principium
in speculativis, ut dicitur in 2 P hysic. [c. 9, lect. 15]. Oportet enim
quod illud quod naturaliter alicui convenit et im mobiliter, sit fundamentum et principium om nium a lio ru m : quia natura rei est pri­
mum in unoquoque, et omnis motus procedit ab aliquo immobili.
A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod verbum Augustini est intelligendum de necessario necessitate coactionis. Necessitas autem naturalis ((non aufert libertatem volu n ta tis», ut ipsemet in eodem libro
[loco cit. in arg.] dicit.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod voluntas secundum quod aliquid
naturaliter vult, magis respondet intellectui naturalium principiorum, quam rationi, quae ad opposita se habet. Unde secundum hoc,
m agis est intellectualis quam rationalis potestas.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod sumus dom ini nostrorum actuum se­
cundum quod possumus hoc vel illud eligere. Electio autem non est
de fine, sed « d e his quae sunt ad fin em », ut dicitur in 3 Ethic.
[cc. 3, 5, lect. 5, 10]. Unde appetitus ultimi finis non est de h is quo­
rum dom ini sumus.
373
1 Q uest'ultim o conoetto, fondam ento della m orale eudem onistica cristiana, sará
am piamente sviluppato in seguito (I-II, q. 10, a. 1). - E cco com e in form a poética
Dante A ligliieri ha trattato questo difflcile a rg om en to:
« P e r 6 , lá o n d e v e g n a l o i n t e l l e t t o
d e l l e p r i m e * n o t iz ie , o r n o n o n s a p e ,
e d e ' p r im i a p p e t ib ili l ’a ffe tto ,
373
c h ’ é s o lo in v o i , s i c o m e s t u d i o i n a p e
d i la r l o m é le ; e q u e s t a p r i m a v o g l i a
m e r t o d i lo d e o d i b ia s m o n o n ca p e .
O r, p e r c h é a q u e s ta o g n i a lt r a si r a c c o g lia ,
in n a t a v ’ é la v i r t ü c h e c o n s i g l i a ,
e d e l l ’a s s e n s o d e ’ t e n e r la s o g li a .
Q u e s t’ é il p r in c ip io lá o n d e si p ig lia
r a g i o n d i m e r i t a r e in v o i , s e c o n d o
c h e b u o n i e r e i a m o r i a c c o g l i e e v i g li a .
C o lo r ch e r a g io n a n d o a n d a r o a fo n d o ,
s ’ a c c o r s e r d ’ e s t a i n n a t a li b e r t a d e ,
p e r ó m o r a litá la s c ia r o a l m o n d o .
O n d e , p o n ia m c h e d i n e o e s sita te
s u rg a o g n i a m o r c h e d e n tr o a v o i s ’a cce n d e ,
d i r i t e n e r l o é in v o i la p o d e s t a t e ».
(P u r g a to r io ,
xviii, 55-72).
374
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 82, a. 2
ARTICOLO 2
Se la volontá voglia per necessitá tutto quello che vuole.1
LA VOLONTA
ARTICULUS
375
2
Utrum voluntas ex necessitate omnia velit quaecumque vult.
I II, q. 10, a. 2; 2 Sent., d. 25, a. 2; De Vertt., q. 22, a. 6;
De Malo, q. 3, a. 3; q. 6; I P erih erm ., lect. 14.
S e m b r a che la volontá voglia per necessitá tutto quello che vuole.
In fa tti:
1. Dionigi afferma che « il male non é oggetto della v o lo n tá ».
Dunque la volontá tende necessariamente al bene che le viene presentato.
2. L ’oggetto sta alia volontá come il m otore sta al soggetto mobile. Ora all’ azione del m otore segue necessariam ente il m oto del
mobile. É evidente perció che gli oggetti m uovono necessariamente
la volontá.
3. Come ció che é conosciuto dal senso, é oggetto dell’ appetito
sensitivo, cosí ció che é conosciuto d all’ intelletto, é oggetto di
quello intellettivo, detto vokjntá. Ma l ’oggetto, conosciuto dai sensi,
m uove necessariamente l ’ appetito sen sitiv o; dice infatti S. Agostino
che «1’ animale é mosso dalle cose vedute ». Sembra quindi che le
cose conosciute dall’ intelletto m uovano necessariam ente la volontá.
I n c o n t r a r i o : S. A gostino insegna che « quello, per cui si pecca
o si vive rettamente é la volontá » ; quindi la volontá ha per oggetto
cose opposte. Dunque non vuole per necessitá tutto ció che vuole.
R i s p o n d o : L a volontá non vuole necessariamente tutto ció che
vuole. P er averne la dim ostrazione si rifletta, e sopra lo abbiamo
spiegato, che la volontá aderisce naturalmente e necessariamente
a ll’ ultim o fine, com e fa 1’ intelletto con i prim i principii. Ora, vi sono
delle veritá, le quali non hanno una connessione necessaria con i
prim i p rin cip ii: p. es., le proposizioni contingenti, la cu i negazione
non porta alia negazione dei prim i principii. In tal caso 1’ intelletto
non dá necessariamente il sano assenso. Altre proposizioni invece sono
necessarie, perché hanno una connessione necessaria con i prim i
p rin cip ii: tali sono le conclusioni evidenti, la cui negazione porta
alia negazione dei prim i principii. A queste 1’ intelletto dá necessa­
riam ente il suo assenso, non appena abbia conosciuta la loro con­
nessione necessaria con i principii, mediante la dim ostrazione ded u ttiva : m a non dá necessariamente l’ assenso suddetto, prim a di
aver conosciuto col ragionamento una tale connessione.
Una cosa simile si verifica da parte della volontá. Esistono in­
fatti dei beni particolari, che non hanno una connessione neces­
saria con la felicitá, poiché senza di essi uno puó ugualmente es­
sere felice: e la volontá non aderisce necessariam ente ad essi. Ve
ne sono invece di quelli che hanno una connessione necessaria con
la felicitá, e sono quelli mediante i quali l ’ uom o si unisce a Dio,
nel quale solo consiste la vera beatitudine. Avanti peró che la ne­
cessitá di tale connessione venga m ostrata nella certezza della visione
Ad s e c u n d u m s i c p r o c e d it u r . Videtur quod voluntas ex necessitate
om nia velit quaecum que vult. Dicit enim Dionysius, 4 De Div. Nom.
[lect. 2 2 ], quod «m alu m est praeter voluntatem ». Ex necessitate
ergo voluntas tendit in bonum sibi propositum.
2 . P r a e te r e a , obiectum voluntatis com paratur ad ipsam sicut m o­
vens ad mobile. Sed motus m obilis necessario consequitur ex movente. Ergo videtur quod obiectum voluntatis ex necessitate moveat
ipsam.
3. P r a e t e r e a , sicut apprehensum secundum sensum est obiectum
appetitus sensitivi, ita apprehensum secundum intellectum est
obiectum intellectivi appetitus, qui dicitur voluntas. Sed apprehen­
sum secundum sensum ex necessitate movet appetitum sensitivum :
dicit enim Augustinus, 9 Super Gen. ad litt. [c. 14], quod « anim a­
lia moventur v isis». E rgo videtur quod apprehensum secundum in ­
tellectum ex necessitate m oveat voluntatem.
S ed co n tr a e s t quod Augustinus dicit [1 R etract., c. 9], quod « v o ­
luntas est qua peccatur et recte vivitur » : et sic se habet ad oppo­
sita. Non ergo ex necessitate vult quaecum que vult.
R e s p o n d e o d i c e n d u m quod voluntas non ex necessitate vult quae­
cumque vult. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod sicut
intellectus naturaliter et ex necessitate inhaeret. primis principiis,
ita voluntas ultimo fini, ut iam [a. 1] dictum est. Sunt autem quae­
dam intelligibilia quae non habent necessariam connexionem ad
prim a p rin cip ia; sicut contingentes propositiones, ad quarum remotionem non sequitur remotio prim orum principiorum . Et talibus
non ex necessitate assentit intellectus. Quaedam autem propositio­
nes sunt necessariae, quae habent connexionem necessariam cum
prim is p rin cip iis; sicut conclusiones demonstrabiles, ad quarum
remotionem sequitur rem otio prim orum principiorum . Et his intel­
lectus ex necessitate assentit, cognita connexione necessaria conclusionum ad principia per dem onstrationis deductionem : non autem
ex necessitate assentit antequam huiusm odi necessitatem connexionis per demonstrationem cognoscat.
Similiter etiam est ex parte voluntatis. Sunt enim quaedam par­
ticu la d a bona, quae non habent necessariam connexionem ad beatitudinem, quia sine his potest aliquis esse b eatu s: et huiusm odi
voluntas non de necessitate inhaeret. Sunt autem quaedam habentia necessariam connexionem ad beatitudinem, quibus scilicet homo
Deo inhaeret, in quo solo vera beatitudo consistit. Sed tamen ante­
quam per certitudinem divinae visionis necessitas huiusm odi connexionis demonsfcretur, voluntas non ex necessitate Deo inhaeret,
1 L ’articolo riassum e e com pleta la dottrina del p re ce d e n te; la quale dottrina
é cosi com pendiata dalla X X I Tesl to m istica : « A ll’ intelletto tien dietro, non va
innanzi, la volontá, la quale desidera per necessitá quello che le si presenta
com e un bene, che sotto tutti gli aspetti sazia il desiderio ; ma tra beni diversi,
che vengono proposti da un giudizio mutevole come deslderabili, sceglie liberamente. Perció la aceita segue l ’ultimo giudizio pratico ; ma é la volontá a far si
che quel dato giudizio sia l'ultlm o» (vedi Introd. Gen., nn. 180-188).
377
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 82, aa. 2-3
LA VOLONTA
bea tifica ,1 la volontá non aderisce per necessitá a Dio e alie eos1©
di Dio. Invece la \olontá di chi vede Dio per essenza, aderisce necessariamente a D.o, cosi com e al presente necessariam ente vogliam o essere beati. E chiaro perció che la volontá non tutto ció
che vuole lo vuole necessariamente.
S o l u z io n e d e ll e d i f f i c o l t á : 1. La volontá n on puó volere una
cosa, che sotto raspetto di bene. Ma siccom e vi é una m olteplicitá
di beni, ess¡a non é n ecesariam en te determinata a un solo oggetto.
2. II m otore causa n ecesariam en te il movimentp nel soggetto' m o­
bile, solo quando la virtü del m otore sorpassa il mobile fino al
punto di esaurire tutta la capacitá di quest’ultimo a subiré [il m o­
vimento]. Ora, siccom e la cip a c itá della volontá si estende al bene
universale e perfetto, essa non viene m ai esaurita da un bene par­
ticolare. Perció da esso non \ m ossa per necessitá.
3. Le potenze sensitive non hanno, come la ragione, la capacitá
di confrontare oggetti diversi, ma si limitano a percepire un og ­
getto singolo. In base a tale percezione dánno un im pulso deter­
m inato all’ appetito sensitivo. Invece la ragione h a la capacitá di
confrontare piü c o s e ; e cosi, da questa pluralitá, puó essere mosso
l ’appetito intellettivo, cioé la volontá, e npn necessariam ente da
un solo oggetto.
nec his iquae Dei sunt. Sed voluntas videntis Deuon per essentiam,
de necessitate inhaeret Deo, sicut nunc ex nec essi tate volum us esse
beati. Patet ergo quod voluntas non ex necessitate vult quaecum que vult.
A d p r i m u m e r g o d ic e n d u m quod voluntas in nihil pptest tendere
nisi sub ratipne bpni. Sed quia bonum est muitiplex, prppter hpc
non ex necessitate determinatur ad unum.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod movens tune ex necessitate causat
motum in mobili, quando potestas m oventis excedit mobile, ita quod
tota eius possibilitas m oventi subdatur. Cum autem possibilitas voluntatis sit respectu bpni universalis et perfecti, non subiieitur eius
possibilitas tota alicui particulari bonp. Et ideo non ex necessitate
movetur ab illo.
A d t e r t i u m d i c e n d u m quod vis sensitiva non est vis oollativa diversorum, sicut ratio, sed sim pliciter aliquid unum apprehendit. Et
ideo secundum illud unum determínate movet appetitum sensdtivum. Sed ratio est collativa p lu riu m : et ideo ex pluribus m overi
potest appetitus intellectivus, scilicet voluntas, et non ex uno ex
necessitate.
376
ARTICOLO 3
Se la volontá sia una potenza superiore all’ intelletto.a
ARTTCULUS
3
Utrum voluntas sit altior potentia quam intellectus.
A. 4, ad. 1; 11-11, q. 23, a. 6, ad 1; 2 Sent., d. 25, a. 2, ad 4 ;
3, d. 27, q. 1, a. 4; 3 Cont. Gent., c. 26; De Verit., q. 22, a. 11;
De Vírtut., q. 2, a. 3, ad 12, 13.
S e m b r a che la volontá sia una potenza superiore a ll’ intelletto.
In fa tti:
1. Oggetto della volontá sono il ben© e il fine. Ora il fine é la prim a
e la piü alta delle cause. P erció la volontá é la prim a e la piü
alta delle potenze.
2. Vediamo che le cose naturali procedono d all’ impeirfezione alia
perfezione. L o stesso si verifica nelle potenze d ell’ a n im a: poiché si
procede dal senso all’ intelletto, che é piü nobile. Ora, il processo
naturale va d all’ atto dell’ intelletto a quello della. volontá. Dunque
la volontá ó u na potenza piü perfetta e piü nobile dell’ intelletto.
3. Gli abiti stanno alie potenze come una perfezione sta al suo
soggetto perfettibile. Ora 1’ abito, che pérfeziona la volontá, cioé la
caritá, é piü nobile di quelli che perfezionano 1’ in telletto; poiché
sta scritto: « S e conoscessá tutti i misteri, e se avessi tutta la fede,
e poi m ancassi di caritá, non sarei nulla ». Quindi la volontá é una
potenza piü alta dell’ intelletto.
In co n tr a r io : II Filosofo considera 1’ intelletto come la potenza
piü alta deH’ a n im a .3
R is p o n d o : L a superioritá di una cpsa rispetto a u n ’ altra puó
essere determinata in due m aniere: o in m odo assoluto [simplici-
A d t e r t i u m s i c p r o c e d i t u r . Videtur quod voluntas sit altior po­
tentia quam intellectus. Bonum enim et finis est obiectum voluntatis. Sed finis est prim a et altissima causarum. Ergo voluntas est
prim a et altissima potentiarum.
2. P raeterea , res naturales inveniuntur procedere de im perfectis
ad perfecta. Et hoc etiam in potentiis animae apparet: proceditur
enim de sensu ad intellectum, qui est nobilior. Sed naturalis pro­
cessus est de actu intellectus in actum voluntatis. Ergo voluntas
est perfectior et nobilior potentia quam intellectus.
3. P r a e t e r e a , habitus sunt proportionati potentiis, sicut perfectiones perfectibilibus. Sed habitus quo perficitur voluntas, scilicet c a ­
ritas, est nobilior haibitibus quibus perficitur intellectus: dicitur enim
1 ad Cor., 1 3 , 2 : « S i noverim m ysteria omnia, et si habuero omnem
fidem, caritatem autem non habeam, nihil sum ». Ergo voluntas est
altior potentia quam intellectus.
S ed c o n t r a e s t quod Philosophus, in 10 Ethic. [c. 7, lect. 10] ponit
altissimam potentiam animae esse intellectum.
R e s p o n d e o d ic e n d u m quod eminentia alicuius ad alterum potest
attendi d u p liciter: u no m odo, sim pliciter; alio m odo, secundum
1 Vale a diré nella visione di Dio, che i beati hanno nel Paradiso.
2 II quesito ha destato nel ccrso dei secoli vivacissime polemiche tra gli scolastici. II piü sottile oppositore dell’ intellettualismo tomistico fu Giovanni Duns
Scoto, le cui disquisizioni diedero molto lavoro ai commentatori dell’Aquinate.
3
L ’ intellettualism o cristiano d i S. Tom m aso non é esattamente quello di A ri­
stotele. Basta leggere attentamente la risposta per a w ertire che per il teologo
cristiano la volontá nella vita presente esercita delle operazioni piü nobili di
tutte le funzioni intellettive.
378
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 82, a. 3
ter] o in m odo relativo [secundum quid]. Una cosa é quello che é
in m odo assoluto, quando é tale per se stessa ; lo é invece in m odo
relativo, quando é tale per rispetto a u n ’ altra. - Ora se 1’ intelletto
e la volontá sono considerati in se stessi, allora risulta superiore
1’ intelletto. E ció appare evidente dal confronto dei rispettivi o g ­
getti. Infatti l’ oggetto d ell’ intelletto é piü sem plice e piü assoluto
che quello della v o lo n tá : essendo oggetto dell’ intelletto la ragione
stessa di bene appetibile, oggetto invece della volontá il bene appe­
tibile, la cui ragione si trova giá nell’ intelletto. Ora, quanto piü
1’ oggetto é sem plice e astratto, tanto piü é nobile e alto in se
stesso. P erció l ’oggetto dell’ intelletto é piü alto di quello della v o ­
lontá. E siccom e la natura prop ria di una potenza é data dalla
sua relazione all’ oggetto, ne segue che in m odo assoluto ed essenziale 1’ intelletto é piü alto e piü mobile della v o lo n tá .1
M a se [le due facoltá sono considérate] in m odo relativo e com ­
parativo, allora capiia che la volontá sia talora piü alta dell’ in­
telletto; e cioé per questo motivo, che l ’ oggetto della volontá si
concretizza in qualche cosa, che é superiore a ll’ oggetto dell’ intelli­
genza. Sarebbe com e dire che l ’udito sotto un certo aspetto é piü
nobile della vista, perché il soggetto cui appartiene il suono é piü
nobile di quello cui appartiene il colore, sebbene il colore [di suo]
sia piü nobile e piü semplice del suono. Orbene, com e giá si disse,
1’ intellezione si verifica per il fatto che la specie della cosa intesa
viene a trovarsi nel conoscente; l ’ atto della volontá invece si com ­
pie per il fatto che la volontá subisce u n ’ inclinazione verso la cosa,
qu al’ é nella sua realtá. P erció il Filosofo dice che « il bene e il
m a le», oggetto della volontá, «so n o nelle co se ; mentre il vero e
il fa ls o », oggetto dell’ intelletto, «s o n o nella m en te». Quando dun­
que la cosa, in cui il bene si trova, é piü nobile dell’ anim a stessa,
nella quale si trova la sua immagine intellettiva, allora la volontá
é piü alta dell’ intelletto, appunto in rapporto a tale cosa. Quando
invece la cosa, in cui si trova il bene, é al di sotto dell’ anima,
allora anche in rapporto a tale cosa, í ’ intelletto é superiore alia
volontá. L ’ am ore di Dio perció vale di piü della conoscenza di lu i:
al contrario la conoscenza delle cose naturali é preferibile al loro
amore. Ad ogni modo, assolutamente parlando, 1’ intelletto é piü
nobile della v o lo n tá .3
S o l u z io n e d e ll e d i f f i c o l t á : 1. II concetto di causa viene desunto
dalle correlazioni delle cose tra loro, e in tali correlazioni il bene
ha uua p r io r itá ; il vero pero ha un significato piü assoluto, e abbraccia lo stesso concetto di bene. Difatti anche il bene é un vero.
D’ altra parte il vero stesso é un b e n e ; cosi com e 1’ intelletto é una,
realtá e il vero é il suo fine. E questo fine é superiore agli altri
fin i; com e 1’ intelletto lo é tra le altre potenze.
2.
Le cose che hanno una prioritá in ordine di generazione e di
tempo sono piü im perfette: perché in ordine di tem po su di un
dato soggetto la potenza precede l’ atto, e 1’ im perfezione precede
la perfezione. Le cose invece che hanno una prioritá assoluta, e in
ordine di natura, sono piü perfette; é cosi infatti che l’ atto precede
1 SulT intellettualism o di S. Tomm aso e su questi m otivi che lo ispirano si é
discusso e si discute anche dai nostrj contem poranei. Basti qui ricord are Topera
del P. R o u s s e l o t P. S. J., L ‘ in tellectualism e de S. Thomas, París, 1908, e le discussioni che ne seguirono.
LA VOLONTA
379
quid. Consideratur autem aliquid tale simpliciter, prout est secun­
dum seipsum t a le : secundum quid autem, prout dicitur tale secun­
dum respectum ád alterum. - Si ergo intellectus et voluntas considerentur secundum se, sic intellectus eminentior invenitur. Et hoc
apparet ex comparatione obiectorum ad invicem. Obiectum enim
intellectus est sim plicius et m agis absolutum quam obiectum volun­
tatis: nam obiectum intellectus est ipsa ratio boni appetibilis; bo­
num autem appetibile, cuius ratio est in intellectu, est obiectum
voluntatis. Quanto autem aliquid est sim plicius et abstractius, tanto
secundum se est nobilius et altius. Et ideo obiectum intellectus est
altius quam obiectum voluntatis. Cum ergo propria ratio potentiae
sit secundum ordinem ád obiectum , sequitur quod secundum se et
sim pliciter intellectus sit. altior et n obilior volúntate.
Secundum quid autem, et per com parationem ad alterum, volun­
tas invenitur interdum altior in tellectu ; ex eo scilicet quod obiectum
voluntatis in altiori re invenitur quam obiectum intellectus. Sicut
si dicerern auditum esse secundum quád nobiliorem visu, inquan­
tum res aliqua cuius est sonus, nobilior est aliqua re cuius est co­
lor, quam vis color sit n obilior et sim plicior sono. Ut enim supra
[q. 16, a. 1; q. 27, a. 4] dictum est, actio intellectus consistit in
hoc quod ratio rei intellectae est in intelligente; actus vero volun­
tatis perficitur in hoc quod voluntas inclinatur ad ipsam rem prout
in se est. Et ideo Philosophus dicit, in 6 Metapliys. [c. 4, lect. 4],
quod «b on u m et m a lu m », quae sunt obiecta voluntatis, «su n t in
rebus » ; « verum et falsum », quae sunt obiecta intellectus, « sunt in
m en te». Quando igitur res in qua est bonum, est n obilior ipsa
anima, in qua est ratio in tellecta ; per com parationem ad talem
rem, voluntas est altior intellectu. Quando vero res in qua est
bonum, est in fra a n im a m ; tune etiam per com parationem ad talem
rem, intellectus est altior volúntate. Unde m elior est amor Dei quam
c o g n itio : e contrario autem m elior est cognitio rerum corporalium
quam amor. Simpliciter tamen intellectus est nobilior quam vo­
luntas.
A d p r i m u m er g o d ic e n d u m quod ratio causae accipitur secundum
com parationem unius ad alterum, et in tali com paratione ratio
boni principalior invenitur: sed verum dicitur m agis absolute, et
ipsius boni rationem significat. Unde et bonum quoddam verum est.
Sed rursus et ipsum verum est quoddam b o n u m ; secundum quod
intellectus res quaedam est, et verum finis ipsius. Et inter alios
fines iste finis est excellentipr; sicut intellectus inter alias poten­
tias.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod illud quod est prius generatione et
tempore, est im perfectius: quia in uno et eodem potentia tempore
praecedit actum, et im perfectio perfectionem. Sed illud quod est
prius sim pliciter et secundum naturae ordinem, est perfectius: sic
3
II problem a qui Impostato e risolto nei suoi elem enti essenziali, altrove offre
m otivi inesauribili per delle polem iche schiettamente teologiche. E ccone 1’ impostazione nella Summa Contra Gentiles. « Poiché la sostanza intellettiva raggiu n ge Dio con la sua operazione non solo perché intende, m a anche perché m e­
diante g li atti della volontá, desidera, am a e si diletta in Dio, ad alcun l puó
sem brare che 1’ultim o fine e l ’ultim a íelicitá d ell’uom o non consista nel con o­
scere, ma piuttosto nell'am are Dio, o nel com piere qu alche altro atto della vo­
lontá verso di l u i » (3 Cont. Gent., c. 26).
380
LA VOLONTA
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 82, aa. 3-4
la potenza. E in questo m odo 1’ intelletto é prima della volontá,
come il m otore é prima del m obile e l ’elemento attivo é prim a di
quello p a ssiv o : infatti il bene [soltanto se] conosciuto muove la
volontá.
3.
L ’ argomento si ferma a considerare la volontá in quanto é or­
dinata a un oggetto superiore all’ anima. Infatti la virtü della caritá é quella che ci fa am are Dio. 1
381
enim actús est prior potentia. Et hoc m odo intellectus est prior
volúntate, sicut m otivum m obili, et activum passivo: bonum enim
intellectum m ovet voluntatem.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod illa ratio procedit de volúntate secun­
dum comparationem ad id quod supra anim am est. Virtus enim
caritatis est qua Deum amamus.
ARTICOLO 4
ARTICULUS 4
Se la volontá muova 1’ intelletto.
Utrum voluntas moveat intellectum.
I-II, q. 9, a. 1; 2 Cont. Gent., c. 26; De V eril., q. 22, a. 12; De Malo, q. 6.
che la volontá non m uova 1’ intelletto. In fa tti:.
1. Chi muove é superiore e anteriore al soggetto m o sso : perché
il m otore é agente, e « l ’agente é piíi nobile del paziente», come
dicono S. Agostino e Aristotele. Ma abbiamo visto che 1’ intelletto
é prim a ed é piu nobile della volontá. Dunque la volontá non
muove 1’ intelletto.
2. Chi muove non é m osso dal soggetto mobile, se non in via
accidéntale. Ora, 1’ intelletto muove la volon tá: perché l ’ appetibile,
che é oggetto dell’ intelligenza, é un m otore non mosso, mentre
1’ appetito é un motore mosso. P erció 1’ intelletto non é mosso dalla
volontá.
3. Noi non possiam o volere cosa alcuna, se essa non é conosciuta.
Se quindi la volontá col voler intendere m uove a ll’ intellezione, bisognerá che un tale volere sia preceduto da u n ’ altra intellezione,
questa p oi d a un altro volere, e cosi a ll’ in fin ito: cosa questa im pos­
sibile. L a volontá dunque non muove 1’ intelletto.
In co n t r a r io : Fa osservare il Dam asceno che « in noi c ’ é il potere di im parare e di non im parare qualunque arte v o g lia m o ».
Ora vi é in noi un dato potere in forza della v o lo n tá ; eppure impariam o le arti mediante 1’ intelletto. Quindi la volontá muove 1’ in­
telletto.
R i s p o n d o : Una cosa puó causare il m ovimento in due maniere.
Prim o, sotto l ’ aspetto di fine: come quando si dice che il fine
m uove la causa efficiente. E in questo m odo é 1’ intelletto a muovere la v olon tá ; perché il bene intellettualmente conosciuto é oggetto della volontá e la muove come fine.
Secondo, sotto l’ aspetto di causa a g en te; come l ’ elemento alte­
rante m uove quello che viene alterato, e ció che spinge muove la
cosa sospinta. In questo modo la volontá muove 1’ intelletto e tutte le
potenze dell’ anima, come dice S. Anselmo. E la ragione si é che
in una serie di potenze attive ordinate tra loro, quella che m ira
a un fine universale muove le altre, che m irano a fini particolari.
L a cosa é evidente anche nel campo físico e in quello politico. Infatti il cielo, che esercita il suo influsso per l ’universale conservazione dei corpi generabili e corru ttibili,2 muove tutti i corpi inferiori, ognuno dei quali agisce per la conservazione della sua specie
o per quella dell’ individuo. Parimente, il re che tende al bene
Sem bra
1
II Gaetano si affretta a p recisare: « Nella risposta ad 3 sii cauto, perché
questa risposta concede che un abito della volontá sia piü nobile degli abiti in-
Ad q u a r t u m s ic p r o c e d it u r . V idetur quod voluntas non moveat
intellectum. Movens enim est nobilius et prius m o to : quia movens
est a gen s; « a g e n s » autem «e st nobilius p a tiente», ut Augustinus
dicit 12 Super Gen. ad litt. [c. 16], et P hilosophus in 3 Be Anima [c. 5,
lect. 10]. Sed intellectus est p rior et nobilior volúntate, ut supra
[a, 3] dictum est. E rgo voluntas non movet intellectum.
2. P raeterea , movens non movetur a moto, nisi forte per acci­
dens. Sed intellectus m ovet voluntatem : quia appetibile apprehen­
sum per intellectum est m ovens non m o tu m ; appetitus autem m o­
vens motum. Ergo intellectus non movetur a volúntate.
3. P raeterea , nihil velle possum us nisi sit intellectum. Si igitur
ad intelligendum movet voluntas volendo intelligere, oporteb.it quod
etiam illud velle praecedat aliud intelligere, et illud intelligere aliud
velle, et sic in infinitum : quod est impossibile. N on ergo voluntas
movet intellectum.
S ed contra e s t quod Dam ascenus dicit [2 De Fide Orth., c. 26],
quod « in nobis est percipere quamcumque volum us artem, et non
percipere». In nobis autem est aliquid per voluntatem ; percipimus autem artes per intellectum. Voluntas ergo movet intellectum.
R e s po n d e o d ic e n d u m quod aliquid dicitur movere dupliciter. tino
modo, per m odum fin is; sicut dicitur quod finis movet efficientem.
Et hoc modo intellectus movet volu n tatem : quia bonum intellectum
est obiectum voluntatis, et movet ipsam ut finis.
Alio m odo dicitur aliquid movere per m odum agentis>; sicut alterans movet alteratum, et impellens m ovet im pulsum . Et hoc m odo
voluntas movet intellectum, et omnes animae v ires; ut Anselmus
dicit in libro De Similüudinibus [c. 2]. Cuius ratio est, quia in
óm nibus potentiis activis ordinatis, illa potentia quae respicit finem
universalem, movet potentias quae respiciunt fines particulares. Et
hoc apparet tam in naturalibus quam in politicis. Caelum enim,
quod agit ad universalem conservationem generabilium et corruptibilium, movet om nia inferiora corpora, quorum unum quodque agit
ad conservationem propriae speciei, vel etiam individui. Rex etiam,
qui intendit bonum comm une totius regni, movet per suum impe-
tellettivi soltanto nella
infatti il lum en gloriae
2
Anche in questo
aristotélica. Vedi p. 366,
vita
é piü
caso
nota
presente. A ltrim enti stanno le cose nella P a tria :
perfetto della ..................
d obbiam o ricord are le teorie astronom iche della scuola
2.
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 82, a. i
LA VOLONTA
com une di tutto il regno, muove col suo com ando i vari capi delle
cittá,' i quali curano il governo delle singóle cittá. Ora, oggetto del
volere sono il bene e il fine nella loro universalitá. Invece ogni
altra potenza é ordinata a un bene particolare ad essa proporzion a t o ; la vista, p. es., é ordinata a percepire il colore, e 1’ intelletto
a conoscere il vero. P erció la volontá muove, com e causa agente,
tutte le potenze dell’ anima verso i loro atti, meno che le potenze
organiche della vita vegetativa, le quali non sottostanno al nostro
arbitrio.
S o l u z io n e d e ll e d i f f i c o l t á : 1. L ’ intelletto si puó considerare sotto
due punti di v ista: prim o, in quanto ó conoscitivo dell’ ente e del
vero universale; secondo, in quanto ó u n ’ entitá particolare e una
particolare potenza avente un suo atto determinato. Parim ente, la
volontá si puó considerare sotto due aspetti: prim o, considerando
l ’universalitá del suo oggetto, in quanto cioé ha per oggetto il bene
u n iv ersa le; secondo, in quanto é una determinata potenza dell ’anim a avente un determinato atto. - Ora, se paragoniam o intel­
letto e volontá secondo l ’universalitá dei rispettivi oggetti, allora
abbiam o giá dim ostrato che 1’ intelletto é, assolutamente parlando,
superiore e piü nobile che la volontá. - Se invece consideriam o 1’ in­
telligenza secondo l’universalitá del suo oggetto, e la volontá in
quanto é una determinata potenza, allora 1’ intelletto é di nuovo
superiore e anteriore alia volon tá: infatti la volontá stessa, il suo
atto e il suo oggetto, rientrano nei concetti di ente e di vero, che
form ano l ’oggetto dell’ intelligenza. Quindi 1’ intelletto conosce la
volontá, il suo atto e il suo oggetto, com e conosce tutti gli altri
intelligibili particolari, quali la pietra, il legno, ecc., che rientrano
nei concetti universali di ente e di vero. - Ma se si considera la
volontá secondo 1’universalitá del suo oggetto, che é il bene, e 1’ in­
telletto invece si considera in quanto é un ente particolare e una
particolare potenza, allora rientrano, come singolari, sotto la ra­
gione universale di bene, e 1’ intelletto, e 1’ intellezione, e il suo
oggetto, cioé il vero, ciascuno dei quali é un bene particolare. Sotto
quest’ aspetto la volontá é piü alta dell’ intelletto e lo puó muovere.
Di qui dunque si rileva la ragione, per cui queste potenze si includono a vicenda con i loro atti; poicbé 1’ intelletto conosce che
la volontá v u o le ; e la volontá vuole che 1’ intelletto conosca. A ná­
logamente, il bene é incluso nel vero, in quanto é un vero con o­
sciuto d all’ intelletto ; e il vero é incluso nel bene, in quanto é un
bene d esid erato.1
2. A bbiam o visto che 1’ intelletto muove la volontá in m odo di­
verso da quello, col quale la volontá muove 1’ intelletto.
3. Non c’ é bisogno di procedere all’ infinito, m a ci si arresta al1’ intelletto, come punto di partenza. Infatti ó necessario che la
conoscenza preceda ogni moto della v o lo n tá ; non giá che la v o­
lontá preceda ogni conoscenza; poiché il principio del consigliarsi
e dell’ intendere é un principio intellettivo piü alto del n ostro in­
telletto, cioé Dio, com e si esprime lo stesso Aristotele, il quale
proprio da ció dim ostra che non é necessario procedere all’ infi­
nito.
rium singulos praepositos civitatum, qui singulis civitatibus curam
regim inis impendunt. Obiectum autem voluntatis est bonum et finis
in com m uni. Quaelibet autem potentia com paratur ad aliquod bo­
num proprium sibi con ven ien s; sicut visus ad perceptionem colo­
rís, intellectus ad cognitionem veri. Et ideo voluntas p er m odum
agentis movet omnes anim ae potentias ad suos actus, praeter vires
naturales vegetativae partis, quae nostro arbitrio non subduntur.
A d p r i m u m ergo d ic e n d u m quod intellectus dupliciter con sideran
p otest: uno m odo, secundum quod intellectus est apprehensivus
entis et veri u n iv ersa lis; alio m odo, secundum quod est quaedam
res, et particularis potentia habens determinatum actum. Et sim i­
liter voluntas dupliciter con sid eran p otest: uno modo, secundum
communitatem sui obiecti, prout scilicet est appetitiva bon i comm u n is; alio m odo, secundum quod est quaedam determinata animae
potentia habens determinatum actum. - Si ergo com parentur intel­
lectus et voluntas secundum rationem comm unitatis obiectorum
utriusque, sic dictum est supra [a. 3] quod intellectus est sim plici­
ter altior et nobilior volúntate. - Si autem consideretur intellectus
secundum communitatem sui obiecti, et voluntas secundum quod
est quaedam determinata potentia, sic iterum intellectus est altior
et prior volú n tate: quia sub ratione entis et veri, quam apprehen­
dit intellectus, continetur voluntas ipsa, et actus eius, et obiectum
ipsius. Unde intellectus intelligit voluntatem, et actum eius, et obiec­
tum ipsius, sicut et alia specialia intellecta, ut lapidem aut lignum,
quae continentur sub com m uni ratione entis et veri. - Si vero con ­
sideretur voluntas secundum com m unem rationem sui obiecti, quod
est bonum , intellectus autem secundum quod est quaedam res et
potentia s p e cia lis; sic sub com m uni ratipne bon i continetur, velut
quoddam speciale, et intellectus ipse, et ipsum intelligere, et obiec­
tum eius, quod est verum, quorum quodlibet est quoddam speciale
bonum . Et secundum hoc voluntas est altior intellectu, et potest
ipsum movere.
Ex his ergo apparet ratio quare hae potentiae suis actibus invicem se in clu d u n t: quia intellectus intelligit voluntatem velle, et
voluntas vult intellectum intelligere. Et sim ili ratione bonum con­
tinetur sub vero, inquantum est quoddam verum in tellectu m ; et
verum continetur sub bono, inquantum est quoddam bonum desi­
derátum.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod intellectus alio m odo m ovet volun­
tatem, quam voluntas intellectum, ut iam [in corp.] dictum est.
Ad t e r t i u m d ic e n d u m quod non oportet procedere in infinitum, sed
statur in intellectu sicut in prim o. Omnem enim voluntatis motum
necesse est quod praecedat a p p reh en sio: sed non omnem appre­
hensionem praecedit m otus v olu n ta tis; sed principium consiliandi
et intelligendi est aliquod intellectivum principium altius intellectu
nostro, quod est Deus, ut etiam Aristóteles dicit in 7 Ethicae Eudem icae [c. 14]: et per hunc m odum ostendit qupd non est procedere
in infinitum.
383
1 Per capire tutto il dinam ism o delle nostre facoltá, si tengano presenti le p a­
role che l ’Autore scrive nel De Verit., q. 22, a. 12: «All© potenze superiori dell'anim a, per il fatto stesso che sono im m ateriali, spetta la riflessione su se stesse ;
383
cosicché sia la volontá che 1’ intelletto riflettono su se stesse, e l ’una su ll’altra.
e sull'essenza d ell’anim a e su tutte le sue potenze. L ’ intelletto infatti conosce e
se stesso e la volontá e l ’essenza d ell'an im a e tutte le fa coltá d e ll’a n im a ; cosi
puré la volontá vuole che essa stessa voglia, e che 1’ intelletto intenda, e vuole
l'essenza d ell’anim a, e cosí tutto il resto »,
384
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 82, a. 5
LA VOLONTA
ARTIGOLO 5
ARTICULUS 5
Se nell’appetito superiore si debbano distinguere 1’ irascibile
e il concupiscibile.1
Utrum irascibilis et concupiscibilis distinguí debeant
in appetitu superiori.
385
Supra, q. 59, a. 4; 3 Sent., d. 17, a. 1, qc. 3 ; De Veril., q. 25. a. 3 ;
3 De Anima, lect. 14.
S e m b r a che nell’appetito superiore, che é La volontá, si debbano
distinguere 1’ irascibile e il concupiscibile. In fa tti:
1. Concupiscibile deriva dalla p arola [latina] concupire, come
irascibile da írasci. Ora, vi ó u n a concupiscenza che non puó appartenere all’ appetito sensitivo, m a soltanto a quello intellettivo,
cioé alia v olon tá ; p. es., la concupiscenza della sapienza, della
quale é detto: « L a concupiscenza della sapienza conduce al regno
etern o». VI é puré u na specie di ira che non puó appartenere al1’ appetito sensitivo, m a solo a quello intellettivo ; come allorché ci
adiriam o contro i vizi. Tanto é vero che S. Girolam o ci ammon isce: « conserviam o n ell’ irascibile l ’ odio dei v iz i». Dunque dobbiam o distinguere 1’ irascibile e il concupiscibile anche nell’appetito intellettivo, com e in quello sensitivo.
2. Si dice comunemente che la caritá sta nella parte concupisci­
bile, m entre la speranza sta nell’ irascibile. Ora, esse non possono
trovarsi n ell’ appetito sensitivo; perché non hanno per oggetto cose
sensibili, m a cose intelligibili. Quindi dobbiam o porre il concupi­
scibile e 1’ irascibile nella parte intellettiva.
3. Sta scritto nel libro De spiritu et anim a2 che « l ’anima, prim a
di unirsi al corpo, possiede queste p oten ze» (cioé 1’ irascibile, il
concupiscibile e la ragione). Ora nessuna potenza della parte sen­
sitiva puó appartenere all’ anima sola, m a al com posto [di anima e
corpo], come si é detto sopra. Quindi 1’ irascibile e il concupisci­
bile devono essere nella volontá, che é l ’ appetito intellettivo.
I n co n tr a r io : S. Gregorio N issen o3 divide in concupiscibile e
irascibile la [sola] parte irrazionale dell’anima. Lo stesso fa il Damasceno. Anche il F ilosofo afferma che « l a volontá é nella ra ­
g io n e ; invece nella parte irrazionale dell’ anim a si trovano la con­
cupiscenza e l ’ ir a » , ovvero sia « i l desiderio e l’ ardimento ».
/
R i s p o n d o : L ’ irascibile e il concupiscibile non sono parti dell’appetito intellettivo, cioé della volontá. Perché, com e abbiamo giá
spiegato, una potenza che dice ordine a un oggetto, preso nella
sua universalitá, non subisce le differenze speciali incluse sotto
quella ragion e universale. Cosi il fatto che la vista ha per oggetto
le cose visibili, in quanto colorate, non giustiflca una pluralitá di
potenze visive, in base alie diverse specie dei c o lo r i: m a se esistesse
una potenza, che percepisse il bianco in quanto bianco, e non in
quanto colorato, sarebbe diversa dalla potenza che percepisse il
ñero in quanto ñero.
Ora, l’appetito sensitivo non ha per oggetto la ragione univer­
sale di b e n e ; perché i sensi non possono nem m eno percepire gli
1
« In questo a rtico lo si Insegna in quale senso si possa attribuire a Dio e agli
angeli, dalla S. Scrittura, l ’ ira e la concupiscenza. » Cosí l ’an tica edizione Marletti.
A d q u i n t u m s ic proceditur . Videtur quod irascibilis et con cu pi­
scibilis distingui debeant in appetitu superiori, qui est voluntas. Vis
enim concupiscibilis dicitur a con cu p iscen d o; et irascibilis ab irascendo. Sed aliqua concupiscentia est quae non potest pertinere ad
appetitum sensitivum, sed solum ad intellectivum, qui est volun­
ta s; sicut concupiscentia sapientiae, de qua dicitur Sap. 6 ,2 /:
«C oncupiscentia sapientiae perducit ad regnum perpetu u m ». Est
etiam quaedam ira quae non potest pertinere ad appetitum sensi­
tivum, sed intellectivum ta n tu m ; sicut cum irascim ur contra vitia.
Unde et Hieronym us, super Matth. [13, 33], monet ut « odium vitiom .m possideam us in ira scib ili». E rgo irascibilis et concupiscibilis
distingui dabemt in appetitu intellectiva, sicut et in sensitivo.
2. P raeterea, secundum quod com m uniter dicitur, caritas est in
concupiscibili, spes autem in irascibili. Non autem possunt esse
in appetitu sensitivo: quia non sunt sensibilium obiectorum , sed
intelligibilium. E rgo concupiscibilis et irascibilis sunt ponenda in
parte intellectiva.
3. P raeterea , in libro De Spiritu et Anim a [c. 13] dicitur quod
« h a s poten tias», scilicet irascibilem et concupiscibilem , et rationalem, « habet anim a antequam corpori m isceatur ». Sed nulla potentia
sensitivae partís est animae tantum, sed coniuncti, ut supra [q. 77,
aa. 5, 8] dictum est. E rgo irascibilis et concupiscibilis sunt in volún­
tate, quae est appetitus intellectivus.
S ed contra e st quod Gregorius Nyssenus, dicit, quod irrationalis
pars anim ae dividitur in desiderativum et irascitivu m ; et idem di­
cit Damasceiius, in libro 2 [De Fide Orth., c. 12]. Et P hiloso­
phus dicit, in 3 De Anim a [c. 9, lect. 14] quod « voluntas in ratione
est: in irrationali autem parte animae concupiscentia et ir a » , vel
«desid eriu m et an im u s».
R espondeo d ic e n d u m quod irascibilis et concupiscibilis non sunt
partes intellectivi appetitus, qui dicitur voluntas. Quia, sicut supra
[q. 59, a. 4 ; q. 79, a. 7] dictum est, potentia quae ordinatur ad a li­
quod obiectum secundum com m unem rationem , non diversificatur
per differentias speciales sub illa ratione com m uni contentas. Sicut
quia visus respicit visibile secundum rationem colorati, non multiplicantur visivae potentiae secundum diversas species colorara: si
autem esset aliqua potentia quae esset albi inquantum est álbum,
et non inquantum est coloratum , diversificaxetur a potentia quae
esset n igri inquantum est nigrum .
Appetitus autem sensitivus non respicit comm unem rationem
b o n i: quia nec sensus apprehendit universale. Et ideo secundum
8 Libro di scarso valore, attribulto, come si é giá detto, ad Alchero di Chlara,lle.
* Vedi Nemesio, De natura hominis, cc. 16, 17.
386
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 82, a. 5
universali. Quindi le parti dell’ appetito sensitivo si distinguono in
base alie diverse ragion i dei beni p a rticola ri: infatti il concupisci­
bile ha com e suo oggetto il bene, in quanto gradevole ai sensi e
conveniente alia n a tu r a ; 1’ irascibile ha per oggetto il bene in
quanto esso reagisce e si oppone a ció che arreca nocumento. - La
volontá invece ha per oggetto il bene secondo la ragione universale
di bene. Perció, essendo la volontá un appetito intellettivo, non com ­
porta una pluralitá di potenze appetitive diverse, cosi da ammet­
tere la distinzione tra irascibile e con cu piscibile: alio stesso modo
vediamp che nell’ intelletto non c ’ é pluralitá di facoltá conoscitive,
nonostante la m olteplicitá di quelle sensitive.
S o l u z io n e d e l l e d i f f i c o l t á : 1. I termini amore, concupiscenza e
sim ili si possono usare in due sensi. A volte stanno a indicare le
passioni, che nascono accom pagnate da una certa concitazione dell ’ animo. É questo l ’uso com une: e in questo caso [quei sentimenti]
si trovano soltanto nell’appetito sensitivo. - A volte invece indicano
una semplice affezione, senza passione ed em ozione dell’ animo. E al­
lora essi sono atti della volontá. Anzi, in tal senso essi sono attribuiti anche agli angeli e a D io .1 Intesi peró in questa maniera,
non appartengono a potenze diverse, m a a u n a sola, cioé alia v o ­
lontá.
2. Anche la volontá si puó chiam are irascibile, in quanto si op ­
pone al male, non per im peto di passione, m a dietro il giudizio
d«lla ragione. E nella stessa m aniera puó chiam arsi concupiscibile,
in quanto desidera il bene. In tal senso la caritá e la speranza si
trovano nell’ irascibile e nel concupiscibile, cioé nella volontá, in
quanto dice ordine a sim ili atti.
3. Cosi potrebbero anche spiegarsi le parole del libro De spiritu
et anima, che cioé l1 irascibile e il concupiscibile fanno parte del1’anim a prim a che si unisca al corp o (ben inteso peró, che si tratta
di ordine di natura e non di te m p o ): per quanto non sia necessa­
rio stare alie parole di quel libro. - Abbiam o cosi risposto anche
alia terza difficoltá.
*
Queste attribuzioni sono assai frequenti nella sacra S erittu ra ; e tali locuzlonl m etaforiche o allegoriche devono aver influito non poco sul teologo, per
LA VOLONTA
387
diversas rationes particularium bonorum , diversificantur partes ap­
petitus sen sitivi: nam concupiscibilis respicit propriam rationem
boni, inquantum est delectabile secundum sensum, et conveniens
n a tu ra e; irascibilis autem respicit rationem boni, secundum quod
est repulsivum et im pugnativum eius quod in ferí nocum entum . Sed voluntas respicit bonum sub com m uni ratione boni. Et ideó
non diversificantur in ipsa, quae est appetitus intellectivus, aliquae
potentiae appetitivae, ut sit in appetitu intellectivo alia potentia ira­
scibilis, et alia con cu p iscib ilis: sicut etiam ex parte intellectus non
m ultiplicantur vires apprehensivae, licet m ultiplicentur ex parte
sensus.
A d p r i m u m erg o d ic e n d u m quod amor, concupiscentia, et huiusmodi, dupliciter accipiuntur. Quandoque quidem secundum quod
sunt quaedam passiones, cum quadam scilicet concitatione anim i
provenientes. Et sic com m uniter accipiun tu r: et hoc m odo sunt
solum in appetitu sensitivo. - A lio m odo significant sim plicem affectum, absque passione vel anim i concitatione. Et sic sunt actus
voluntatis. Et hoc etiam m od o attribuuntur angelis et Deo. Sed
prout sic accipiuntur, non pertinent ad diversas potentias: sed ad
unam tantum potentiam, quae dicitur voluntas.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod ipsa voluntas potest dici irascibilis,
prout vult im pugnare malum, non ex Ímpetu passionis, sed ex iudicio rationis. Et eodem modo potest dici concupiscibilis, propter desiderium boni. Et sic in irascibili et concupiscibili sunt caritas et
spes; idest in volúntate secundum quod habet ordinem ad huius­
m odi actus.
Sic etiam potest intelligi quod dicitur in libro De Spiritu et Anima,
quod irascibilis et concupiscibilis sunt anim ae antequam uniatur
corpori (ut tamen intelligatur ordo naturae, et non tem p oris): licet
non si necessarium veilbis illius libri fidem adhibere. Unde patet
solutio ad tertium.
spingerlo a precisare certi concetti in un articolo, che a prim a vista sem brerebbe
addirittura superfluo.
QUESTIONE 83
II libero arbitrio.1
QUAESTIO
83
De libero arbitrio
in qu atu or articulos divisa.
Ed eccoci a parlare del libero arbitrio.
Sull’ argom ento si pon gono quattro quesiti: 1. Se l ’uom o possieda
il libero a rb itrio ; 2. Che cosa sia il libero arbitrio, cioé se sia p o­
tenza, atto, o abito; 3. Posto che sia u na potenza, si dom anda se
sia una potenza appetitiva o co n o scitiv a ; 4. P osto che sia una p o­
tenza appetitiva, si dom anda se si identifichi con la volontá, o sia
u n a potenza distinta.
Deinde quaeritur de libero arbitrio.
Et circa hoc quaeruntur quatuor. P r im o : utrum hom o sit liberi
arbitrii. S ecu n d o: quid sit liberum arbitrium, utrum sit potentia,
vel actus, vel habitus. T e rtio : si est potentia, utrum sit appetitiva,
vel cognitiva. Q u a rto: si est appetitiva, utrum sit eadem potentia
cum volúntate, vel alia.
ARTICOLO 1
ARTICULUS 1
Se l’uomo possieda il libero arbitrio.2
Utrum homo sit liberi arbitrii.
Supra, q. 59, a 3; I-II, q. 13, a. 6; De Verit., q. 24, aa. 1, 2; De Malo, q. 6.
che l ’uom o non possieda il libero arbitrio. In fatti:
1. Chi possiede il libero arbitrio fa quello che vuole. Ora l ’ uomo
non fa quello che v u o le ; poiché sta scritto : « N on fa ccio il bene
che v o g lio ; m a il male che .non voglio, questo io fa c c io » . Dunque
nell’ uomo non v ’ é libero arbitrio.
2. Chiunque abbia il libero arbitrio, ha il potere di volere e di
non volere, di operare e di non operare. M a questo non appartiene
a ll’uom o ; infatti sta scritto: «N o n é di chi v u o le » il volere, « n é
di chi co rre » é il correre. P erció l ’ uom o non possiede il libero
arbitrio.
3. « E libero chi é causa di se ste sso ,» com e dice A ristotele;
quindi non lo é chi é mosso d a altri. Ma Dio muove la volontá,
poiché dice la S crittu ra: « I I cuore del re é in m ano a Dio ; Egli
10 piega a tutto ció che vuole » ; e a n co ra : « Dio é che produce in
noi il volere e l ’ a g ire ». P erció l’uom o non ha il libero arbitrio.
4. Chiunque possiede libertá di arbitrio, é padrone dei suoi atti.
Ora l’uom o non é padrone dei suoi atti, poiché leggia m o: «N o n é
in potere dell’ uom o la sua strada, né in suo arbitrio il cam m inare
e dirigere i suoi p a ssi». P er conseguenza l ’uom o non é libero.
5. Dice il F ilo s o fo : « Quale ciascuno é, tale é il fine che a lu i
ap p arisce». M a non é in nostro potere essere fatti in questo o in
quei m odo, perché ci viene dalla natura. Dunque é p er natura che
noi seguiamo un dato fine. Dunque non proviene dal libero arbitrio.
S em bra
1 « Un p iccolo trattato del libero arbitrio chiude l ’esposizione generale sull ’anim a. Esso era necessario in una Somma, nella quale 1’ im portante Seconda
Parte tra tte rá : " de hom ine, secundum quod et ipse est suorum operum p rin ci­
pium , quasi liberu m arbitrium habens, et suorum operum potestatem
Questa
dottrina é capitale per la M o ra litá » ( W é b e r t J., op. cit., p. 367).
3 Basta daré un o sguardo alie difficoltá e al S. c. per rendersi conto che qui
11 dogm a cattolico ó stato im pegnato direttamente. M olto piü esso fu im pegnato
in seguito, specialm ente a causa degli errori del protestantesim o. - Leone X nella
B olla E xurge D om ine (15 g iu gn o 1520) condannó tra l ’altro l ’afferm azione d i Lu-
A d p r i m u m s i c p r o c e d it u r . Videtur quod hom o non sit liberi ar­
bitrii. Quicum que enim est liberi arbitrii, facit quod vult. Sed hom o
non facit quod v u lt: dicitur enim Rom. 7, 19: « Non enim quod
volo bonum, hoc a g o ; sed quod odi malum, illud fació ». E rgo hom o
non est liberi arbitrii.
2. P r a e t e r e a , quicum que est liberi arbitrii, eius est velle et non
velle, operari et non operari. Sed hoc non est h om in is: dicitur
enim ad Rom. 9, 16: «N on est v o le o tis», scilicet velle, «ñ equ e curre n tis», scilicet cuirrere. E rgo hom o n on est liberi arbitrii.
3. P r a e t e r e a , «lib eru m est quod sui causa est», ut dicitur in
1 M etaphys. [c. 2, lect. 3]. Quod ergo movetur ab alio, non est li­
berum. Sed Deus movet volu n tatem : dicitur enim Prov. 21, 1: « Cor
cegis in manu Dei, et quocum que voluerit vertet illud » ; et Philipp.
2,1 3 : « Deus est qui operatur in nobis velle et p erficere». Ergo
hom o non est liberi arbitrii.
4. P r a e t e r e a , quicumque est liberi arbitrii, est dom inus suorum
actuum. Sed hom o non est dom inus suorum a ctu u m : quia, ut di­
citur Ierem. 10,23, «N o n est in hom ine v ia eius, nec viri est ut
dirigat gressus suos ». E rgo hom o non est liberi arbitrii.
5. P r a e t e r e a , Philosophus dicit, in 3 Ethic. [c. 5, lect. 13]: « Qualis unusquisque est, talis finis videtur e i» . Sed non est in potestate
nostra aliquales esse, sed hoc nobis est a natura. E rgo naturale est
nobis quod aliquem finem sequamur. Non ergo ex libero arbitrio.
tero, « che il libero arbitrio dopo il peccato fosse cosa d i solo titolo ; e che quando
opera secondo le sue possibilitá pecca m ortalm ente » ( D e n z . , 776). La condanna fu
ribadita nel Concilio Tridentino [1545-1563] ( D e n z ., 793, 815 ss.). - Un nuovo intervento si ebbe sotto il pontificato di S. P ió V contro gli errori di Michele Baio,
nel 1569. A llora fu anche precisato che i l vero concetto del libero arbitrio non é
estraneo alia sacra Scrittura ( D e n z ., 1027, 1041). - Finalm ente P ió IX nel 1855 riafferm ó, contro le tesi d i Agostino B onnety, ch e la libertá um ana é razionalm ente
d im ostrabile: « R atiocinatio Del existentiam, anim ae spiritualitatem , hom inis libertatem cum certitudine p robare p o te s t» ( D e n z ., 1650).
LA SOMMA TEOLOGICA 1, q. 83, a. 1
IL LIBERO ARBITRIO
I n contr ar io : Sta scritto: 1 « D io d a prin cipio creó l ’u om o e lo lasció in m ano del suo co n s ig lio ». E la Glossa sp ieg a : «c io é del suo
libero arbitrio ».
R is p o n d o : L ’uom o possiede il libero a rb itrio : altrimenti vani sarebbero i consigli, le esortazioni, i precetti, le proibizioni, i premi
e le pene. P er averne l ’evidenza, dobbiam o osservare che alcuni
esseri agiscono senza alcun discernim ento o giudizio, com e la pietra che si m uove verso il b a s s o ; e cosi tutte le cose, cíie sono prive
di conoscenza. - Altri esseri agiscono con un certo giudizio, che
pero non é libero, com e gli anim ali bruta. Infatti la pécora, al ve­
dere il lupo, giudica, con discernim ento naturale e non libero, che
sia necessario fu g girlo: poiché tale giudizio non proviene da un
confronto [di vari oggetti], m a da un istinto naturale. Lo stesso
si d ica del discernimento di tutti gli animali. - L ’u om o invece
agisce in base a un [vero] g iu d iz io ; perché, mediante la facoltá
conoscitiva, giu dica se una cosa si deve fiuggire o seguire. Ora,
siccom e un tale giudizio non m ira per un istinto naturale a de­
term inare u na cosa fissa particolare da farsi, m a dipende da un
raffronto della ragione, l’uomo agisce con giudizio libero, avendo
egli il potere di portarsi su oggetti diversi. Infatti in cose contingenti la ragione h a la via áperta verso termini o p p o sti; come riscontriam o nei sillogism i di probabilitá o dialettici e negli accorgimenti della retorica. Ora, le cose particolari da farsi sono contin g en ti: quindi il giudizio della ragione su di esse riinane aperto
verso soluzioni opposte, e non é determinato a u na soda. E neces­
sario perianto che l ’uomo possieda il libero arbitrio, proprio per­
ché egli é ra g ion evole.2
S o l u z io n e d e l l e d i f f i c o l t á : 1. Come abbiamo giá notato, l’ appetito sensitivo, benché obbedisca alia ragione, puó talvolta dissentire, nutrendo desiderii contrari a quelli che sono dettati dalla
ragione. - E il bene, che l ’uomo non riesce a fare quando vuole,
é prop rio questo, « d i non desiderare contro la ra g io n e », come dice
S. A gostino nel suo commento.
2. La frase dell’A postolo non va intesa nel senso che l ’uom o non
vuole e non corre per libero a rb itrio ; m a nel senso che il libero
arbitrio non é sufficiente a fa r questo, se non é mosso e aiutato
da Dio.
3. II libero arbitrio é causa del suo operare ; perché l ’uom o muove
se stesso a ll’azione per mezzo del libero arbitrio. Tuttavia la liberta
non esige necessariamente che 1’ essere libero sia la prim a causa
di se stesso; com e per ammettere che uno é causa di un altro, non
si richiede che ne sia la causa prima. Dio perianto é la causa prima,
che muove le cause naturali e quelle volontarie. E com e col muovere le cause naturali non toglie che i loro atti siano naturali, cosi
m ovendo le cause volontarie non toglie alie loro azioni di essere
volontarie, ché anzi é proprio lui che le fa esser ta li: infatti egli
opera in tutte le cose conform e alie proprietá di ciascuna.
4. Si dice che «n o n é in potere dell’ uomo la sua stra d a », quanto
aíla esecuzione delle sue decisioni, esecuzione che, volente o no^
S ed c on tra e s t quod dicitur Eccli. 15,14; « Deus ab initio constituit hominem, et reliquit eum in m anu consilii s u i ». Glossa [interlin.]: «id est in libertate a rb itrii».
R espo n d e o d ic e n d u m quod hom o est liberi artbitrii: alioquin fru ­
stra essent consilia, exhortationes, praecepta, prohibitiones, praemia et poenae. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod quae­
dam agunt absque iu d icio: sicut lapis m ovetur deorsu m ; et sim i­
liter om nia cognitione carentia. - Quaedam autem agunt iudicio,
sed non lib e r o ; sicut animalia bruta. Iudicat enim ovis videns lupum, eum esse fugiendum, naturali iudicio, et non lib e ro : quia
non ex collatione, sed ex naturali instinctu hoc iudicat. Et simile
est de quolibet iudicio brutorum anim alium . - Sed homo agit iudi­
cio : quia per vim cognoscitivam iudicat aliquid esse fugiendum vel
prosequendum. Sed quia iudicium istud non est ex naturali instinctu
in particulari operabili, sed ex collatione quadam ra tion is; ideo
agit libero iudicio, potens in diversa ferri. Ratio enim circa contingentia habet viam ad op p osita ; ut patet in dialecticis syllogismis,
et rhetoricis persuasionibus. P articu laria autem operabilia sunt
quaedam con tin gen tia: et ideo circa ea iudicium rationis ad diversa
se habet, et non est determinatum ad unum . Et pro tanto necesse
est quod hom o sit liberi arbitrii, ex hoc ipso quod rationalis est.
Ad p r i m u m ergo d ic e n d u m quod, sicut supra [q, 81, a. 3, ad 2]
dictum est, appetitus sensitivus, etsi obediat rationi, tamen potest
in aliquo repugnare, concupiscendo contra illud quod ratio dictat.
Hoc ergo est bonum quod homo non facit cum vult, scilicet «n o n
concupiscere contra rationem », ut glossa Augustini ibidem dicit.
Ad s e c u n d u m d ic e n d u m quod verbum illud Apostoli non sic est in­
telligendum quasi homo non velit et non currat libero arbitrio: sed
quia liberum arbitrium ad hoc non est saifficiens, nisi m oveatur et
iuvetur a Deo.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod liberum arbitrium est causa sui m o tu s:
quia hom o per liberum arbitrium seipsum movet ad agendum. Non
tamen hoc est de necessitate libertatis, quod sit prim a cau sa sui
id quod liberum est: sicut nec ad hoc quod aliquid sit causa alterius, requiritur quod sit prim a causa eius. Deus igitur est prim a
causa movens et naturales causas et voluntarias. Et sicut natura­
libus causis, m ovendo eas, non aufert quin actus earum sint natu­
rales; ita movendo causas voluntarias, non aufert quin actiones
earum sint voluntariae, sed potius hoc in eis fa c it : operatur enim in
unoquoque secundum eius proprietatem.
Ad q u a r t u m d ic e n d u m quod dicitur « n o n esse in hom ine via e iu s»,
quantum ad executiones electionum, in quibus homo im pediri potest,
390
1
La prova scritturistica é perfettamente indovinata. E a chi volesse sofisti­
care, che dopo tutto íorse qui si parla della condizione d e ll’uom o prim a del peccato origin ale, si potrebbe opporre il rim provero di D io a C a in o: « Perché sei
adirato? Perché abbattuto é il tno v olto? Forse, se farai del bene, non anche
391
ne rioeverai? Se invece farai m ale, non stará súbito il tuo peccato alia tua p orta ?
Ma l ’appetito tuo ti stará sottoposto, e tu potrai dom inarlo » (Gen., 4, 6 ,7). - La
Glossa citata é la Glossa ordinaria.
2
P iü che un a dimostrazione, abbiam o qu i una p rofon d a giustiflcazione filo­
sófica della nostra libertá naturale. - II fatto che noi siam o liberi é di per se
stesso ovvio, tanto ovvio che tutta la vita um ana é im postata sulla convinzione
che l ’uom o é padrone dei suoi atti. II d ubbio puó nascere soltanto in base a delle
considerazionl teoriche. P erció é com pito del filosofo cristiano ricercare, n ell analisi p roíon da della nostra attivitá spirituale, 1 m otivi ch e giustiflcano un a persuasione cosi radicata nella coscienza um ana, e dim ostrare 1’ inconsistenza di
tutte le difficoltá che contro di essa venlssero pórtate. - Le cinqu e difficoltá deli ’a rticolo sono state scelté con som m a perizta, e risolte con chiarezza m agistrale,
392
IL LIBERO ARBITRIO
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 83, aa. 1-2
lente, puó essere impedita. M a le decisioni stesse dipendono da n o i :
supposto peró l ’ aiuto divino.
5.
Vi sono nell’uomo due m aniere di essere: una naturale, 1’ al­
tra acquisita, Quella naturale puó rigu ardare o la parte intellet­
tiva, o il corp o e le facoltá annesse al coirpo. Dal fatto dunque che
l ’ uomo ha un suo m odo naturale di essere n ell’ ordine intellettivo,
desidera naturalmente il fine ultimo, che é la felicitá. Questo appe­
tito é naturale e non sottostá al libero arbitrio, com e si é g iá visto. Ma in ordin e al corpo e alie facoltá annesse l ’uom o puó avere un
suo m odo naturale di essere, in quanto possiede u n a data com ples­
sione física, o una data predisposizione in dipendenza d all’ influsso
delle cause fisiche, le quali invece non possono influiré sulla parte
intellettiva, perché questa non é atto di u n corpo. E vero pertanto
che, quale ciascuno é in base alie qualitá del corpo, tale é il fine
che gli si presenta: poiché da tali disposizioni fisiche l ’uom o si
sente inclinato a scegliere o a ripudiare una cosa. P eró queste
inclinazioni sottostanno al giudizio della ragione, cui obbedisce
l ’ appetito inferiore, come abbiam o g iá detto. Quindi da ció non
viene nessun pregiudizio al libero arbitrio.
Ma le m aniere di essere che sono acquisite, si presentano come
abiti e passioni, in forza dei quali uno é piü portato a una cosa
che a un ’ altra. Tuttavia anche queste inclinazioni sottostanno al
giudizio della ragione. Anzi vi sottostanno anche siffatte qualitá,
poiché sta in noi acquistarle, o causándole, o disponendoci ad esse,
o w e r o sbarazzandoci di esse. In tal senso n on vi é niente, che si
op p on ga alia libertá di a rb itrio .1
velit nolit. Electiones autem ipsae sunt in n o b is: supposito tamen
divino auxilio.
Ad q u i n t u m d ic e n d u m quod qualitas hom inis est dúplex: una naturalis, et alia superveniens. N aturalis autem qualitas accipi potest
vel circa partem in tellectivam ; vel circa corpus et virtutes corpori
annexas. Ex eo igitur quod hom o est aliqualis qualitate naturali
quae attenditur secundum intellectivam partem, naturaliter homo
appetit ultimum finem, scilicet beatitudinem. Qui quidem appetitus
naturalis est, et non subiacet libero arbitrio, ut ex supradictis [q. 82,
aa. 1, 2] patet. - Ex parte vero corporis et virtutum corpori annexarum, potest esse hom o aliqualis n aturali qualitate, secundum quod
est talis complexionis, vel talis dispositionis, ex quacum que impressione corporearum ca u sa ru m : quae non possunt in intellectivam
partem im primere, eo quod non est alicuius corporis actus. Sic ig i­
tur qualis unusquisque est secundum corpoream qualitatem, talis
finis videtur e i : quia ex huiusm odi dispositione hom o inclinatur ad
eligendum aliquid vel repudiandum. Sed istae inclinationes subiacent iudicio rationis, cui obedit in ferior appetitus, ut dictum est
[q. 81, a. 3]. Unde per hoc libertati arbitrii non praeiudicatur.
Qualitates autem supervenientes sunt sicut habitus et passiones,
secundum quae aliquis m agis inclinatur in unum quam in alterum.
Tamen istae etiam inclinationes subiacent iudicio rationis. Et
huiusmodi etiam qualitates ei subiacent, inquantum in nobis est
tales qualitates acquirere, vel causaliter vel dispositive, vel a nobis
excludere. Et sic nihil est quod libertati arbitrii repugnet.
ARTICOLO 2
ARTICULUS 2
Se il libero arbitrio sia una potenza.
Utrum liberum arbitrium sit potentia.
i
S e m b r a che il libero arbitrio non sia una potenza. In fa tti:
1. II libero arbitrio non é che un giudizio libero. Ora il giudizio
non indica una potenza ma un atto. Dunque non é una potenza.
2. Si dice che il libero arbitrio é una facoltá della volontá e della
ra g ion e.2 Ora il term ine facoltá sta a indicare la facilitá di una
data potenza, la quale facilitá si ottiene mediante l’ abito. Quindi
il libero arbitrio é un a b ito .3 - A nche S. B ernardo afferma. che
« i l libero arbitrio é un abito dell’ animo, libero di s é ». Non é dun­
que una potenza.
3. Col peccato non viene tolta nessuna potenza naturale. Ora il
1 Delle difflooltá avanzate d al fatalism o metafísica e d al pessim ismo pseudo-m i
stico S. Tom m aso si é sbarazzato in m aniera piuttosto sbrigativa. Ha elaborato
invece accuratam ente la soluzione della difficoltá che é alia radice del determism o psicológico, sui quale tanto insistono i m oderni. E gli risolve la difflcoltá amm ettendo con íranchezza che esistono dei dati an terior! al nostro libero arbi­
trio : desiderio naturale d e ll’ultim o ñne, com plessioni e predisposizioni fisiche
d ell’ organism o, ab itu din i e passioni. Tuttavia rim ane sempre la possibilitá di
agiré in m aniera origín ale, proprio perché l ’uom o é essenzialmente rag ion ev ole:
ossia, perché puó sottoporre a giudizio le azioni da com piere, senza che tale
giudizio possa m ai raggiungere u n ’evjdenza e una persuasione incontrastabile
sui piano contingente, cioé sui terreno pratico.
» Questa definizione poco felice, che troviam o nel ? Sent., d. 24, c. 3, e cUe
393
Sent., d. 24, q. i, a. i ; De Verlt., q. 24, a. 4.
Ad s e c u n d u m s i c p r o c e d it u r . V idetur quod liberum arbitrium non
sit potentia. Arbitrium enim liberum nihil est aliud quam liberum
iudicium. Iudicium autem n on nom inat potentiam, sed actum. E rgo
liberum arbitrium non est potentia.
2. P r a e t e r e a , liberum arbitrium dicitur [cfr. M a g ., 2 Sent., d. 24]
esse ((facultas voluntatis et ration is». F acultas autem nom inat facilitatem potestatis, quae quidem est per habitum. E rgo liberum
arbitrium est habitus. - Bernardus etiam dicit [T ract. de Gratia et
Lib. Arb., cc. 1, 2] quod liberum arbitrium est «h a b itu s animae
liber s u i». Non ergo est potentia.
3. P raeterea , nulla potentia naturalis tollitur per peccatum . Sed
S. Tom m aso stesso ha attribuito a S. A gostino (De Verít., q. 24, a. 4, arg. i), era
fatta apposta per confondere le idee degli studenti di teología, ai quali é indirizzata la Somma, e per suscitare delle controversie tra i maestri. P erció S. Tom ­
m aso h a creduto necessario chiarificare le cose con due articoli d ’ Índole squisitamente scolastica.
3
Nella nostra traduzione non abbiam o tenuto conto di queste osservazloni
filologiche intorno al significato del term ine fa collá ; anzi, non abbiam o creduto
opportuno prendere atto neppure della rettifica che troviam o nella soluzione.
A bbiam o usato, e seguiteremo a usare il term ine facoltá secondo l ’accezione piü
com une della nostra lingua, che ne fa un sinonim o di potenza operativa.
394
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 83, a. 2
libero arbitrio viene tolto in seguito al p e cca to : poiché, dice S. A go­
stino, che « l ’uom o usando male del libero arbitrio, ha perduto se
stesso e q u ello». P erció il libero arbitrio non é una potenza.
I n c o ntrario : É ch iaro che niente puó fare da soggetto di un
abito, all’ infuori di u na potenza. Ora il libero arbitrio é il soggetto
in cu i si trova la g r a z ia ; con l ’assistenza della quale esso sceglie il
bene. Dunque il libero arbitrio é u na potenza.
R t s p o n d o : Sebbene libero arbitrio, secondo il significato prop rio
del termine, indichi un atto, puré nell’ uso com une chiam iam o li­
bero arbitrio il prin cipio di tale atto; cioé quello p er cui l ’ uom o
giu dica liberamente. Ora in noi principii dell’ atto sono la potenza
e 1’ abito: si dice infatti che conosciam o u na cosa, sia mediante la
scienza, sia mediante la facoltá intellettiva. B isognerá dunque che
il libero arbitrio sia o una potenza, o un abito, oppure una potenza
unita a un a b ito .1
Che non sia un abito, né una potenza unita a un abito, si rileva
chiaramente da due argomenti. Prim o, perché se fosse un abito
dovrebbe essere un abito naturale, essendo cosa naturale per l ’uom o
avere il libero arbitrio. Ora non esiste in noi un abito naturale per
le cose che sottostanno al libero a rb itrio ; perché noi tendiam o n a­
turalm ente a fare quanto é oggetto degli abiti naturali, p. es., ad
assentire ai prim i p r in c ip ii; invece le cose cui tendiam o natural­
mente lion sottostanno al libero arbitrio, come abbiam o notato sopra
a proposito del desiderio della felicitá. Quindi ó contro il concetto
stesso di libero arbitrio, che esso sia u n abito n a tu ra le.2 E che sia
un abito non naturale é in contrasto con la sua naturalitá. Quindi
rim ane acquisito che esso non é un abito per nessun verso. - Se­
condo, lo rileviam o dal fatto che gli abiti vengono definiti da A ri­
stotele come qualitá « secondo le quali siamo disposti bene o male,
rispetto alie passioni o alie a z io n i». Infatti, in m ateria di concupiscenza, con la tem peranza riceviamo una disposizione buona, e
una disposizione cattiva con 1’ intem peranza; cosi, con la scienza
abbiam o una buona disposizione a com piere l’ atto dell’ intelletto,
poiché conosciam o la v eritá ; l ’ abbiam o cattiva con l ’ abito contra­
rio. Ma il libero arbitrio é indifferente nello scegliere bene o male.
Non é dunque possibile che sia un abito. - R im ane quindi che
sia una potenza.
S o l u z io n e d e l l e d if f ic o l t á : 1. L ’uso vuole che la potenza sia indicata col nome del suo atto. Perció mediante quell’ atto, che é il giu ­
dizio libero, viene denominata la potenza che ne é il principio. Altri­
menti, se il libero arbitrio indicasse un atto, non sarebbe perm a­
nente n ell’uomo.
2.
F acoltá talvolta indica la potenza spedita n ell’operare. In tal
senso il term ine facoltá é posto nella definizione del libero arbi­
trio. - S. B ernardo p oi pairla di abito, non in quanto si distingue
dalla potenza, m a in quanto sta a indicare una qualsiasi dispo­
sizione ad agiré. E questo puó dipendere, sia da u na potenza, che
da un abito: infatti, dalla potenza l ’uom o é messo in condizione
di poter a g iré ; e d all’ abito é messo in condizione di poter agiré bene
o male.
i
Stando ai risultati del Lottin, la p rim a opinione sarebbe stata difesa da
§. Alberto M agno, la seconda da S. Bonaventura, la terza da Alessandro di
IL LIBERO ARBITRIO
395
liberum arbitrium tollitur per p ecca tu m : Augustinus enim dicit
[Enchir., c. 30] quod «h om o m ale utens libero arbitrio, et se perdit
et ipsu m ». E rgo liberum arbitrium non est potentia.
S ed contra e s t quod nihil est subiectum habitus, ut videtur, nisi
potentia. Sed liberum arbitrium est subiectum gratiae ; qua sibi
assistente, bonum eligit. Ergo liberum arbitrium est potentia.
R espondeo d ic e n d u m quod, quam vis liberum arbitrium nominet
quendam actum secundum propriam significationem v o c a b u li; .se­
cundum tamen comm unem usum loquendi, liberum arbitrium dici­
mus id quod est huius actus principium , scilicet quo hom o libere
iudicat. Principium autem actus in n obis est et potentia et habi­
tus : dicimur enim aliquid cognoscere et per scientiam, et per in­
tellectivam potentiam. Oportet ergo quod liberum arbitrium vel sit
potentia, vel sit habitus, vel sit potentia cum aliquo habitu.
Quod autem non sit habitus, ñeque potentia cum habitu, mani­
festé apparet ex duobus. P rim o quidem, quia si est habitus, oportet
quod sit habitus n a tu ra lis: hoc enim est naturale homini, quod sit
liberi arbitrii. Nullus autem habitus naturalis adest nobis ad ea
quae subsunt libero arbitrio: quia ad ea respectu quorum habem us
habitus naturales, naturaliter inclinam ur, sicut ad assentiendum
prim is p rin cip iis; ea autem ad quae naturaliter inclinam ur, non
subsunt libero arbitrio, sicut. dictum est [q. 82, aa. 1, 2] de appetitu
beatitudinis. Unde contra propriam rationem liberi arbitrii est, quod
sit habitus naturalis. Contra naturalitatem autem eius est, quod
sit habitus non naturalis. Et. sic relinquitur quod nullo m odo sit
habitus. - Secundo hoc apparet, quia habitus dicuntur « secundum
quos nos habemus ad passiones vel ad actus bene vel male », ut di­
citur in 2 Ethic, [c. 5, lect. 5]: nam per temperantiam bene nos
habemus! ad concupiscentias, per intem perantiam autem m a le ; per
scientiam etiam bene n os habem us ad actum intellectus, dum ve­
rum cognoscim us, per habitum autem contrarium male. Liberum
autem arbitrium indifferenter se habet ad bene eligendum vel male.
Unde im possibile est quod liberum arbitrium sit habitus. - R elin­
quitur ergo quod sit potentia.
Ad p r i m u m erg o d ic e n d u m quod consuetum est potentiam significari nomine actus. Et sic per hunc actum qui est liberum iudicium ,
nom inatur potentia quae est huius actus principium . Alioquin, si
liberum arbitrium nom inaret actum, non semper maneret in h o­
mine.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod facultas nom inat quandoque pote­
statem expeditam ad operandum . Et sic facultas ponitur in definitione liberi arbitrii. - B ernardus autem accipit habitum non secun­
dum quod dividitur contra potentiam, sed secundum quod significat
habitudinem quandam , qua aliquo m odo se aliquis habet ad actum.
Quod quidem est tam per potentiam quam per habitum : nam per
potentiam hom o se habet ut potens operari, per habitum autem ut
aptus ad operandum bene vel male.
H a le s ( c f r . L ottin O ., La théorle du libre-arbitre depuis saínt Anselm e ju sq u ’ d
saint Thom as d ’Aquln, Saint M axim in, 1929, pp. 80, lio , 119).
2
« In r e a ltá s a r e b b e c o n t r a d d it to r io a m m e tte r e u n ’ in c lin a z io n e n a tu r a le a
s c e g li e r e , d a l m o m e n t o c h e i l l i b e r o a r b i t r i o p r o c e d e e s a t t a m e n t e d a u n a i n d i f f e r e n z a r a d i c a l e , c i o é d a u n ’ a s s e n z a d i i n c l i n a z i o n e a q u e s t o o a q u e i b e n e » (W É
HERT, o p . c it ., p . 367).
390
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 83, aa. 2-3
3.
Si dice che l ’ uomo col peccare ha perduto il libero arbitrio,
n on quanto alia liberta naturale, che dice im m unitá da coazione ;
m a quanto alia liberta che é esenzipne dalla colpa e dalla miseria. Si parlera di queste cose in seguito quando tratteremo della morale
nella seconda parte di quest’ opera.
IL LIBERO ARBITRIO
397
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod hom o peccando liberum arbitrium d i­
citur perdidisse, non quantum ad libeortatem naturalem, quae est
a ooa ction e; sed quantum ad libertatem quae est culpa et a m ise­
ria. De qua infra in tractatu M oralium dicetur, in secunda parte
huius operis [I-II, qq. 85, ss. ; q. 109].
ARTICOLO 3
ARTICULUS 3
Se il libero arbitrio sia una potenza appetitiva.
Utrum liberum arbitrium sit potentia appetitiva.
1-11, q. 13, a. 1.
che il libero arbitrio non sia una potenza appetitiva, ma
con o scitiv a .1 In fa tti:
1. Dice il Damasceno che « il libero arbitrio segue immedíatamente alia ra zion alitá». Ora la ragione é una potenza conoscitiva.
P erció il libero arbitrio é u n a potenza conoscitiva.
2. Dire libero arbitrio é come dire libero giudizio. Ma il giudicare
é un atto della facoltá conoscitiva. Dunque il libero arbitrio é una
potenza conoscitiva.
3. L ’ atto della scelta appartiene in modo particolare al libero
arbitrio. Ora la scelta é di ordine conoscitivo ; poiché la scelta im­
p lica il raffronto di una cosa con u n ’ altra, il che é p rop rio delle
fa coltá conoscitive. Quindi il libero arbitrio é una potenza con o­
scitiva.
In c o n tr a r io : Dice il F ilosofo che « la scelta é il desiderio delle
cose che dipendono da n o i ». Ma il desiderio é un atto della facoltá
appetitiva. Quindi anche la scelta. Ora, in tanto abbiam o il libero
arbitrio, in quanto siam o capaci di scegliere. Di conseguenza il li­
bero arbitrio é una facoltá appetitiva.
Rispondo: L ’ atto proprio del libero arbitrio é la scelta : infatti si
dice che siamo dotati di libero arbitrio, appunto perché abbiamo la
possibilitá di prendere una cosa ricusandone u n ’ altra, il che equi­
vale a scegliere. B isognerá dunque studiare la natura del libero ar­
bitrio, partendo dalla scelta. In questa concorrono un elemento di
ordine conoscitivo e un elemento di ordine ap p etitivo: da parte della
potenza conoscitiva si richiede il consiglio, col quale si giudica
quale sia il partito da p referire; da parte invece della potenza ap­
petitiva si rich iede che sia accettato mediante il desiderio quanto
viene giudicato m ediante il consiglio. P er questa ragione Aristotele
lascia sospesa la questione se la scelta appartenga di piü alia fa­
coltá appetitiva, o a quella conoscitiva: dice infatti che la scelta
é, o « un’ intellezione appetitiva, o u n ’ appetiziooe intellettiva » . 2 Peró
egli n ell’ Etica propende per l ’ appetito intellettivo, poiché definisce la scelta un «d esid erio eonsiiliato» . 3 E questo perché l ’ oggetto
proprio della scelta é ció che serve p er raggiungere il fine, e che,
in quanto tale, ha carattere di bene u tile: e siccom e il bene, in
quanto tale, é oggetto dell’ appetito, n e segue che la scelta é prinS em bra
1 « Cosi insegnano il Prepositino, G uglielm o d ’Auxerre, R olan do di Cremona,
Ugo di San Caro. - Al contrario, che il libero arbitrio consista principalm ente
nella volontá, dletro F ilipp o il Cancelliere e Alessandro di Hales, lo sostiene
S. Bonaventura, In ! Sent., d. 25, P. I., a. i, q. 6 » (Stjmma cañad., I, p. 509).
2 11 Ross osserva a questo p ro p o sito : « Si é spesso rim proverato alia psico-
Ad t e r t i u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod liberum arbitrium non
sit potentia appetitiva, sed cognitiva.. Dicit enim Dam ascenus [2 De
Fide Orth., c. 27] quod « cum rationali confestim comitatur liberum
a rb itriu m ». Sed ratio est potentia cognitiva. Ergo liberum arbi­
trium est potentia cognitiva.
2. P ra et erea , liberum arbitrium dicitur quasi liberum iudicium.
Sed iudicare est actus cognitivae virtutis. Ergo liberum arbitrium
est cognitiva potentia.
3. P ra et erea , ad liberum arbitrium praecipue pertinet electio. Sed
electio videtur ad cognitionem pertin ere: quia electio im portat quan­
dam comparationem unius ad alterum, quod est proprium cogn i­
tivae virtutis. Ergo liberum arbitrium est potentia cognitiva.
S ed contra e s t quod Philosophus dicit, in 3 Ethic. [c. 3, lect. 9],
quod electio est « desiderium eorum quae sunt in n o b is ». Sed desiderium est actus appetitivae virtutis. Ergo et electio. Liberum
autem arbitrium est secundum quod eligimus. Ergo liberum arbi­
trium est virtus appetitiva.
R e spo n d eo d ic e n d u m quod proprium liberi arbitrii est electio: ex
hoc enim liberi arbitrii esse dicim ur, quod possumus unum recipere, alio recusato, quod est eligere. Et ideo naturam liberi arbitrii
ex electione considerare oportet. Ad electionem autem concurrit ali­
quid ex parte cognitivae virtutis, et aliquid ex parte appetitivae:
ex parte quidem cognitivae, requiritur consilium, per quod diiudicatur quid sit alteri p raeferen d u m ; ex parte autem appetitivae, re­
quiritur quod appetendo acceptetur id quod per consilium diiudicatur. Et ideo Aristóteles in 6 Ethic. [c. 2, lect. 2] sub dubio derelinquát utrum principalius pertineat electio ad vim appetitivam, vel
ad vim cognitivam : dicit enim quod electio «v e l est intellectus appetitivus, vel appetitus intellectivus». Sed in 3 Ethic. [c. 3, lect. 9]
in hoc magis declinat quod sit appetitus intellectivus, nominans
electionem « desideyium con siliab ile». Et huius ratio est, quia p ro­
prium obiectum electionis est illud quod est ad fin em : hoc autem,
inquantum huiusmodi, habet rationem boni quod dicitur u tile : unde
cum bonum, inquantum huiusm odi, sit obiectum appetitus, sequilog ia di Platone e di Aristotele di non avere una distinta concezione della vo­
lontá. La dottrina aristotélica della scelta é chiaram ente un tentativo di form u ­
lare una tale c o n cezion e» (Ross W . D., A ristotele, trad. Spinelli B ari 1946
p. 298).
3
« I I proponim ento sará un appetito deliberativo delle cose a noi p ertin en t!:
poiché, quando noi, fatta la deliberazione, abbiam o giudicato, appetiam o in coníorm itá della d eliberazion e» ( A r i s t o t e l e , 1'E tica N icom achea, trad. A . Carlinl
Bari, 1924, pp. 81 s.).
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 83, aa. 3-4
IL LIBERO ARBITRIO
cipalmente un atto della facoltá appetitiva. Quindi il libero arbi­
trio é una potenza app etitiva .1
S o l u z io n e d e ll e d i f f i c o l t á : 1. Le potenze appetitive accom pagnano quelle conoscitive. Questo é il senso in cui il Damasceno
afferm a che « i l libero arbitrio segue immediatamente alia razionalitá ».
2. II giudizio é una specie di conclusione e di determinazione del
consiglio. Ora, il consiglio é determinato prim a dal parere della
ragione, e quindi dall’ accettazione dell’ appetito. Perció il F ilosofo
dice che, « avendo n oi form ato il giudizio mediante il consiglio, desideriam o in conform itá del consiglio [stesso]». In tal senso anche
la scelta si dice che é una specie di giudizio, dal quale prende il
nome il libero arbitrio.
3. II raffrontp im plícito nel term ine scelta appartiene al consiglio
che precede, e che spetta alia ragione. Infatti, sebbene l ’appetito
non abbia una capacitá di comparazione, tuttavia, in quanto é mosso
dalla facoltá conoscitiva che stabilisce dei raffronti, acquista una
certa affinitá col raffronto, allorché appetisce di preferenza una cosa
invece di u n ’ altra.
tur quod electio sit principaliter actus appetitivae virtutis. Et sic
liberum arbitrium est appetitiva potentiá.
A d p r i m u m ergo d i c e n d u m quod potentiae appetitivae concom itantur apprehensivas. Et secundum hoc dicit Dam ascenus quod
« cum rationali confestim com itatur liberum arbitrium ».
A d s e c u n d u m d ic e n d u m qu od iudicium est quasi conclusio et determ inatio consilii. Determinatur autem consilium , prim o quidem
per sententiam rationis, et secundo per acceptationem appetitus:
unde Philosophus dicit in 3 Ethic. [ibid.], quod « ex consiliari iudicantes desideramus secundum consilium ». Et hoc m od o ipsa electio
dicitur quoddam iudicium , a quo nom inatur liberum arbitrium.
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod ista collatio quae im portatur in no­
mine electionis, pertinet ad consilium praecedens, quod est ratio­
nis. Appetitus enim, quam vis non sit collativus, tamen inquantum
a vi cognitiva conferente movetur, habet quandam collationis similitudinem, dum unum alteri praeoptat.
398
ARTICOLO 4
ARTICULUS 4
Se il libero arbitrio sia una potenza distinta dalla volontá.
Utrum liberum arbitrium sit alia potentia a volúntate.
399
111, q. 18, aa. 3, 4; 2 Sent., d. 24, q. 1, a. 3; De Vertt., q. 24, a. 6.
S e m b r a che il libero arbitrio sia una potenza distinta dalla vo­
lontá. 2 In fa tti:
1. II Dam asceno dice che altra cosa é la ftéXrjaig, altra la fSovXrjoig:
ora, la ■déXe.aig é la volontá, invece la f}ovXr¡oi? sem bra essere il li­
bero arbitrio; poiché, secondo lui, la ^ovkrjai? é la volontá, che ha
per oggetto una cosa scelta nel raffronto con u n ’ altra. Dunque il
libero arbitrio si presenta come una potenza distinta dalla volontá.
2. Le potenze si conoscono dai loro atti. Ora la scelta, che é l ’ atto
del libero arbitrio, é una cosa diversa dalla volontá, perché, a detta
del Filosofo, « la volontá ha per oggetto il fine, mentre la scelta ha
per oggetto i mezzi, che portano al fin e ». Dunque il libero arbitrio
é una potenza diversa dalla volontá.
3. La volontá é l’ appetito intellettivo. Ma nella parte intellettiva
ci son o due potenze, cioé 1’ intelletto agente e quello possibile, perció anche nell’ appetito intellettivo ci deve essere u n ’ altra potenza,
oltre la volontá. E questa non sembra essere altro che il libero arbi­
trio. Dunque il libero arbitrio é una potenza distinta dalla volontá.
I n c o n t r a r io : II Dam asceno insegna che il libero arbitrio non é
altro che la volontá.
R i s p o n d o : E necessario che le potenze appetitive corrispondano a
quelle conoscitive, come si é detto sopra.. Ora, lo stesso rapporto, che
nella conoscenza intellettiva esiste tra intelletto e ragione, esiste
puré nell’ appetito intellettivo tra volontá e libero arbitrio, il quale
non é altro che la facoltá di scelta. L a cosa appare evidente dalle
1
Gli scolastici usano qui la distinzione tra atti ellclti e atti ím perati. I prim i
sono emessi direttam ente da una data facoltá, dei secondi la facoltá lia 1’ iniziativa, ma non l ’esecuzione.
A d q u a r t u m s ic p r o c e d it u r . Videtur quod liberum arbitrium sit
alia potentia a volúntate. D icit enim Damascenus, in libro 2 [Be
Fide Orth., c. 22], quod aliud estt «th e le sis», aliud vero <obulesis»:
« thelesis » autem est v o lu n ta s; « taulesis » autem videtur arbitrium
liberum, quia «b u le sis», secundum ipsum [ibid.], est voluntas quae
est circa aliquid quasi unius per com parationem ad alterum. Ergo
videtur quod liberum arbitrium sit alia potentia a volúntate.
2. P r a et erea , potentiae cognoscuntur per actus. Sed electio, quae
est actus liberi arbitrii, est aliud a volúntate, ut dicitur in 3 Ethic.
[c. 2, lect. 5]: quia « voluntas est de fine, electio autem de iis quae
sunt ad finem ». E rgo liberum arbitrium est alia potentia a volún­
tate.
3. P raeterea , voluntas est appetitus intellectivus. Sed ex parte
intellectus sunt duae potentiae, scilicet agens et possibilis. Ergo
etiam ex parte appetitus intellectivi debet esse alia potentia praeter
voluntatem. Et haec non videtur esse nisi liberum arbitrium. E rgo
liberum arbitrium est alia potentia praeter voluntatem.
S ed co n tr a e s t quod Damascenus1 dicit, in 3 libro [Be Fide Orth.,
c. 14], quod liberum arbitrium nihil aliud est quam voluntas.
R e sp o n d e o d ic e n d u m quod potentias appetitivas oportet esse proportionatas potentiis apprehensivis, ut supra [q. 64, a. 2 ; cfr. q. 80,
a. 2] dictum est. Sicut autem ex parte apprehensionis intellectivae
se habent intellectus et ratio, ita -ex parte appetitus intellectivi se
habent voluntas et liberum arbitrium, quod nihil aliud est quam
2
Era questa l ’opinlone di S. A lberto M agno, maestro d ell’A quinate (cír. Summa
de crea tu ris, P . II, q. 70, a. 2 ; In 2 Sent., d. 24, a. 5. - Vedi L ottin O., op. c l t ,
pp. 113, 134).
LA SOMMA TEOLOGICA I, q. 83, a. 4
IL LIBE R O ARBITRIO
relazioni esistenti tra gli oggetti e g li atti. Infatti 1’ intellezione
in d ica la sem plice apprensione immediata di u n a co sa : per questo
si dice che propri ámente sono oggetto d ’ intellezione i principii per
sé noti, senza illazione. Invece ragionare significa propriam ente passare da una conoscenza a un ’ altra: perció il ragionam ento riguarda
a tutto rigore le conclusioni raggiunte mediante i principii. Parimente, per quanto riguarda 1’ appetito, il volere in dica 1’ immediata
e semplice appetizione di una cosa : quindi si dice che la volontá
ha per oggetto il fine, il quale é voluto per se stesso. Scegliere in­
vece é desiderare qualche cosa in vista di u n ’ a ltra : perció in senso
proprio la scelta ha per oggetto le cose che portano al fine. Ora, il
rapporto esistente nel cam po della conoscenza tra il principio e le
conclusioni, cui diam o l ’ assenso in forza dei principii, é analogo a
quello esistente nel cam po appetitivo tra il fine e le cose che al
fine conducono, e sono volute in ordine al fine. E dunque evidente
che, com e sta 1’ intelletto alia ragione, cosi sta la volontá alia fa­
coltá di scelta, cioé al libero arbitrio. 1 - Ma sopra abbiamo visto
che 1’ intendere e il ragionare spettano alia medesima potenza, come
alia medesima potenza spetta la quiete e il moto. Spetterá quindi
alia medesima potenza il volere e lo scegliere. É per questo che la
volontá e il libero arbitrio non sono due potenze, ma una s o la .2
S o l u z i o n e d e l l e d i f f i c o l t á : 1. La povXr¡oig si distingue dalla &éXr,oig non per u na diversitá di potenze, m a per una differenza di
atti.
2. La scelta e la volontá, o volizione, sono atti d iv e rs i; tuttavia
appartengono alia stessa potenza, come anche 1’ intendere e il ra­
gionare, secondo quello che si é giá detto.
3. L ’ intelletto [stesso] sta alia volontá, come suo m otore; non
c ’ é quindi bisogno di distinguere in essa una potenza agente e una
possibile.
vis electiva. Et hoc patet ex habitudine obiectorum et actuum. Nam
intelligere im portat simplicem acceptionem alicuius r e i: unde intelligi dicuntur p roprie principia, quae sine collatione per seipsa
cognoscuntur. R atiocinari autem proprie est devenire ex uno in
cognitionem a lteriu s: unde proprie de conclusionibus ratiocinam ur,
quae ex principiis innotescunt. Similiter ex parte appetitus, velle
im portat simplicem appetitum alicuius re i: unde voluntas dicitur
esse de fine, qui propter se appetitur. E ligere autem est appetere
aliquid propter alterum consequen d u m : unde proprie est eorum
quae sunt ad finem. Sicut autem se habet in cognitivis principium
ad conclusionem, cui propter principia assentim us; ita in appeti­
tivis se habet finis ad ea quae sunt ad finem, quae propter finem
appetuntur. Unde m anifestum est quod sicut se habet intellectus
ad rationem, ita se habet voluntas ad vim electivam, idest ad libe­
rum arbitrium. - Ostensum est autem supra [q. 79, a. 8] quod eius­
dem potentiae est intelligere et ratiocinari, sicut eiusdem virtutis
est quiescere et moveri. Unde etiam eiusdem potentiae est velle et
eligere. Et propter hoc voluntas et liberum arbitrium non sunt duae
potentiae, sed una.
A d p r i m u m e r g o d ic e n d u m quod bulesis distinguitur a thelesi, non
propter diversitatem potentiarum, sed propter differentiam actuum.
A d s e c u n d u m d ic e n d u m quod electio et voluntas, idest ipsum velle,
sunt diversi actus: sed tamen pertinent ad unam potentiam, sicut
etiam intelligere et ratiocinari, ut dictum est [in corp.].
A d t e r t i u m d ic e n d u m quod intellectus com paratur ad voluntatem
t ideo non oportet in volúntate distinguere agens et
ut movens.
possibile.
400
A) VITA VEGETATIVA
1) nu tritiva
2) fa coltá át crescita
3) generativa
sensi esterni:
1)
2)
3)
4)
5)
sensi in tern i:
1) senso com une
2) estim ativa,
o
cogitativa
3) fantasía, o imm aginazione
4) m em oria sensi­
tiva
a) fa coltá sensitive;
B) V ita sensitiva :
1
Im plícitam ente S. T om m aso risolve qui anche il problem a discusso da lui
nel De Vertíate (q. 24, a. 5): « S e il libero arbitrio sia una sola facoltá, o piñ
fa coltá d istin te ». - É interessant-e peró notare le op inioni che su tale argom ento
si erano fórm ate tra i maestri contem poranei del Santo. « D alla constatazione che
in forza del libero arbitrio noi esercitiam o un potere su tutte le potenze », alcuni
erano giun ti alia conclusione « che il libero arbitrio fosse un tullo universale r i­
spetto alie altre potenze ». Altri invece pensavano che si trattasse piuttosto di un
totum integrale. S. Tom m aso eselude l ’una e l ’ altra opinione, facendo notare che
il libero arbitrio ha una sua funzione specifica - la scelta - , la quale non puó
derivare che da una determ inata facoltá.
? S. Tomm aso term ina cosi lo studio delle facoltá d e ll’anima, che egli accuratam ente ha disegnato, raccoglien do le voci della tradizione, sfrondando le inutili soprastrutture, riquadran do in base ai risultati piü sicuri le varié nom enclature. T ale lavoro era quanto m ai n ecessa rio; perché alie facoltá psichiche si
dovrá spesso ía re riferim en to in quasi tutti i trattati teologici. Crediam o perció
utile presentare aj nostri léttori lo' schema com pleto delle potenze d e ll’anima
accettate dal Dottore A n gélico:
401
b) facoltá appetitive:
(sensualitá)
1) irascibile
2) concupiscibile
c) facoltá át locom ozlone
C) V ita intellettiva o razionale :
a) fa coltá conoscitive
1) Intelletto agente
2) Intelletto possibila
b) facoltá appetitive:
l) volontá
tatto
gusto
olfatto
uá ito
vista
416
PAG.
Q u estion e 70. - L’op era d i ab b ellim en to d el quarto g io rn o .
.
.108
A rticolo 1. S e era c o n v e n ien te che g li astri fo ssero p rod otti
nel
.
.
.
.
.
.108
Quarto g i o r n o ....................................... ......
A rticolo 2. S e sia b e n e in d ic a ta la c a u sa d e lla p r o d u zio n e d e g li
a s t r i ...................................................................................................... .
. 112
A rticolo 3. S e g li a stri del c ielo sia n o a n i m a t i ....................................... 116
Q u e s tio n e 71. - L’o p era d e l q u in to g i o r n o .............................................. 1S4
A rticolo u n i c o ......................................................................................................124
Q u e s tio n e 72. - L’o p e r a d el sesto g i o r n o ........................................................130
A rticolo u n i c o ......................................................................................................130
Q u es tio n e 73. - Il g io rn o s e t t i m o .................................................................136
A rticolo 1. S e 11 c o m p im en to d e lle opere d iv in e s i d eb b a a s s e ­
gn a r e a l g io rn o se ttim o .
..
................................................................ 136
A rticolo 2. Se D io n e l settim o g io rn o si rip osò da o g n i su a op era 140
A rticolo 3. S e la b en ed izio n e e la sa n tific a zio n e sia n o b e n e a p ­
prop riate a l se ttim o g i o r n o .......................................................................... 142
Q u e s tio n e 1A. - I sette g io r n i in c o m p l e s s o .............................................. 146
A rticolo 1. S e sia su fficien te il n u m ero di q u esti g io r n i .
.
.146
A rticolo 2. Se tu tti q u esti g io rn i form in o u n gio rn o so lo
.
. 150
A rticolo 3. Se la S crittu ra u s i term in i ad atti n e l n arrare le opere
d ei se i g i o r n i ......................................................................................................154
L’ UO M O : a) N A T U R A E P O T E N Z E D E L L ’A N IM A
PAG
In t r o d u z i o n e ..............................................
I.
II,
III.
IV.
.
417
IN D IC E G E N E R A L E
INDICE GENERALE
.
.
.
.
.
.
165
L im iti e in te re sse del t r a t t a t o .................................................................165
Le F o n t i .............................................................................................................. 167
I m o tiv i isp ir a to ri del trattato
....................................................... 168
C o n c l u s i o n e ......................................................................................................173
Q u es tio ne 75. - L 'uom o, c io è l ’essere com p osto di sp irito e di m a ­
teria . P rim o, la n a tu ra d e ll’a n im a
........................................................176
A rticolo 1. Se
l ’a n im a sia un c o r p o .......................................... 176
A rticolo 2. S e
l ’a n im a u m a n a s ia q u a lch e c o sa d i s u s s is t e n te .. 1 8 0
A rticolo 3. Se
le a n im e d e g li a n im a li bruti sia n o su ss is te n ti . . 186
A rticolo 4. S e
l ’a n im a sia l ’u o m o ....................................................188
A rticolo 5. Se
l ’a n im a sia co m p o sta di m ateria e d i form a . . 192
A rticolo 6. Se
l ’a n im a u m an a sia c o r r u t t i b i l e .........................196
A rticolo 7. S e
l ’a n im a e l ’a n g e lo sia n o di u n a m e d e sim a sp ec ie . 202
Q u es tio n e 76. - L’u n io n e tra l ’a n im a e il c o r p o ............................206
A rticolo 1. Se il p r in c ip io in te lle ttiv o s i u n isc a al corp o com e
fo rm a .
.......................................................
......................................206
A rticolo 2. Se i l p r in c ip io in te lle ttiv o si m o ltip lic h i se c o n d o le
m o ltep lic ità d ei c o r p i ..................................................................................... 216
A rtico lo 3. S e n e ll’u om o, oltre l ’a n im a in te lle ttiv a , v i sia n o a ltre
a n im e e sse n z ia lm e n te d i v e r s e .................................................................224
A rticolo 4. S e n e ll’u o m o v i s ia q u a lch e a ltra fo r m a o ltre l ’a n im a
i n t e l l e t t i v a ...............................................................................................................230
A rticolo 5. Se l ’an im a in te lle ttiv a sia u n ita ad un corp o c o n v e ­
n ie n te ........................................................................................................................ 236
A rticolo 6. Se l'a n im a in te lle ttiv a sia u n ita a l corpo m ed ia n te di­
sp o siz io n i a c c i d e n t a l i ................................................................................... 242
A rticolo 7. Se l ’a n im a sia u n ita a l su o corpo a n im a le m ed ia n te
u n a ltro c o r p o ......................................................................................................244
A rticolo
8. Se
l ’a n im a sia tu tta in te ra in o g n i p arte d el corpo . 248
Q u es tio n e
77. - Le poten ze d e ll'a n im a in g e n e r a le ...............................254
A rticolo
1. Se
l ’e sse n z a d e ll’a n im a si id e n tific h i con le su e p o ­
254
te n z e
A rticolo
2. Se
sia n o p iù di u n a le p o ten ze d e ll’a n im a . .. 2 6 0
A rticolo
3. S e
le p oten ze d e su m a n o la lo ro d istin z io n e d a g li atti
e d a g li o g g e t t i ......................................................................................................262
A rtico lo
4. S e v i s ia u n a g e r a r c h ia tra le p o ten ze d e ll'a n im a
.266
A rticolo
5. Se l ’a n im a sia il su b ietto d i tutte le su e poten ze . . 270
A rticolo
6. Se le p oten ze d e ll’a n im a e m a n in o d a lla su a e s s e n z a .272
A rticolo
7. Se n e ll’a n im a u n a p o ten za abb ia o r ig in e d a ll'a ltr a .276
A rticolo
8. Se dopo la se p a ra zio n e d al corp o rim a n g o n o n e l­
l ’a n im a tutte le su e p o t e n z e ............................................................................ 278
Q u e s tio n e 78. - Le poten ze d e ll’a n im a in p articolare
.
.
.
.282
A rticolo 1. Se si debbano d istin g u e re c in q u e g e n e r i d i poten ze
n e l l ’a n i m a ....................................................... ....................................................... 282
A rticolo 2. Se sia g iu sto a sseg n a re com e parti d e lla v e g eta tiv a le
rizione, di crescita e di g e n e ra z io n e
.
. . 288
fa co ltà di
;ia esatto d istin g u ere cin q u e se n si e stern i
. . 292
A rticolo 3.
Ha eaatta l'e n u m era zio n e dei se n s i in tern i
. . 298
A rticolo 4.
Q uestione 79. - Le p o ten ze i n t e l l e t t i v e ........................................................306
.
.
.306
A rticolo 1. Se l ’ in telletto sia u n a fa co ltà d e ll’a n im a
.
.
.308
A rticolo 2. Se l ’ in telletto sia u n a p o ten za p a ssiv a .
. 312
A rticolo 3. S e s ia n e c essa rio a m m ettere u n in telletto a g e n te
.
. 316
A rticolo 4. s o l ’ in telletto ae-ente fa ccia c a rte d e ll’a n im a
322
•
A rticolo 5. JSfcJ 1 m i t U l t J U t J a s c i n o o i a l a ì h . »
A rticolo 6. Se n e lla parte in te lle ttiv a d e ll'a n im a c i sia la me324
m o ria
A rticolo 7.
d a ll’ i n t e l l e t t o ................................................................................................. 330
A rticolo 8. Se la r a g io n e sia u n a p o ten za d istin ta d a ll’ in telletto
332
A rticolo 9. Se la r a g io n e su p erio re e q u ella in ferio re
sia n o p o ­
ten ze d i s t i n t e
334
A rticolo 10. S e l ’ in te llig e n z a sia u n a p oten za d istin ta d a ll’ in te l­
letto
......................................................................................................................... 340
A rticolo 11. S e l ’ in telletto sp ecu la tiv o e qu ello pratico sia n o p o ­
ten ze d i s t i n t e ...................................................................................................... 342
A rticolo 12. S e la sin d eresi sia u n a p o ten za sp ecia le, d istin ta d a lle
346
altre
A rtico lo 13. S e la co scien za s ia u n a f a c o l t à ..................................348
Qu estione 80. - Le potenze ap p etitiv e in g e n e r a l e .................................. 352
A rticolo 1. Se l ’app etito sia u n a p o te n z a sp e c ia le d e ll’a n im a
A rticolo 2. Se l ’ap p etito se n sitiv o e q u ello in te lle ttiv o sia n o
tenze d i v e r s e
. 352
po­
354
418
IN D IC E G E N E R A L E
PAG.
Q u es tio n e 81. - La s e n s u a l i t à .......................................................................... 358
A rticolo 1. Se la s e n s u a lità sia u n a fa c o ltà so lta n to a p p etitiv a
. 358
A rticolo 2. S e l ’a p p etito se n sitiv o si d iv id a in ir a sc ib ile e c o n cu ­
p isc ib ile , com e in du e potenze d i s t i n t e ...............................................360
A rticolo 3. S e l ’ ir a sc ib ile e il con cu p iscib ile o b b ed isca n o a lla ra­
g io n e
.........................................................................................................................364
Q u estion e 82. - La v o l o n t à ................................................................................... 370
A rticolo 1. Se la v o lo n tà ap p etisca per n e c e ssità g u a lc h e c o sa
. 370
A rticolo 2. S e la v o lo n tà v o g lia per n e c e ssità tu tto q u ello che
v u o l e .........................................................................................................................374
A rticolo 3. Se la v o lo n tà sia u n a p oten za su p eriore a l l ’ in t e lle t t o . 376
A rticolo 4. S e la v o lo n tà m u o v a l ’ i n t e l l e t t o .............................. 380
A rticolo 5. S e n e ll’ap p etito su p eriore si debbano d istin g u e re l ’ ir a ­
sc ib ile e il c o n c u p i s c i b i l e ....................................................... .
.384
Q u estio n e
A rticolo
A rticolo
A rticolo
A rticolo
lo n tà
N ota
Ab
83. - Il lib ero a r b i t r i o ........................................................
388
1. Se l ’u o m o p o ssied a il lib ero arbitrio
,
.
.
.388
2. S e il lib ero arb itrio sia u n a poten za
.
.
.
.
392
3.Se il lib ero arbitrio sia u n a poten za a p p etitiv a
.
. 396
4. Se il lib ero arb itrio sia u n a p oten za d istin ta d a lla v o ­
398
b ib l io g r a f ic a
......................................................................................................
b r e v i a z i o n i .............................................................................................
I n d ic e
o n o m a s t ic o
.
403
405
...................................................................................................... 409