Un caso esemplare: le IPAB

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Un caso esemplare: le IPAB
Argia Bertoni
Un caso esemplare: le IPAB
Le IPAB: così viene comunemente definita all’interno dell’Istituto beni culturali la ricerca
sugli Istituti di assistenza e beneficenza che dal 1977 al 1985 coinvolse in larghissima
misura l’Istituto, ed ebbe come maggiori collaboratori la Soprintendenza archivistica e la
Soprintendenze per i beni artistici e storici dell’Emilia-Romagna.
Per capire le ragioni di una così lunga indagine che produsse eventi, materiali e
pubblicazioni ponderosi e ancora attuali per la loro efficacia e scientificità occorre
delineare i motivi che portarono a questo lavoro. Ripercorrere la storia delle IPAB è stato
comunque indispensabile, il materiale presente in Fototeca doveva necessariamente
essere interpretato attraverso tutti gli strumenti a disposizione (interviste, atti deliberativi
dell’Istituto, pubblicazioni di riferimento, documenti di lavoro). Un metodo di lavoro simile
all’indagine archivistica, ma ripeto assolutamente necessario non solo per decifrare e
riordinare il materiale, ma anche per ottenere tutti gli elementi per una corretta ed
esaustiva descrizione bibliografica. Un esempio per tutti: al momento del rilevamento
fotografico il ricercatore compilava una scheda con i dati relativi al nome dell’istituzione
censita, la località, la data e il nome del rilevatore. Questa scheda veniva poi fotografata
facendola precedere agli scatti relativi all’istituto stesso. In buona parte dei casi il nome dei
fotografi si presenta solo con le sigle del nome e cognome, col solo cognome, con dati
parziali dunque. Solo la meticolosa ricerca degli atti deliberativi e di incarico ai singoli
ricercatori ha permesso di registrare gli autori correttamente per esteso e con le date in
qualificazione.
Torniamo alle ragioni della ricerca. Con la Legge delega n. 382 del 1975 e il connesso
Decreto legislativo n. 616 del 1977 si ridefiniva il concetto di beneficenza pubblica,
inquadrandolo nel moderno concetto di sicurezza sociale, si invitavano i soggetti
competenti a svolgere le funzioni assistenziali, trasferendo ai comuni le competenze degli
apparati amministrativi centrali dello Stato, degli enti pubblici nazionali e degli enti
autarchici territoriali, comprese quindi le Opere Pie. In questo quadro di riferimento va
visto il trasferimento ai Comuni anche delle competenze, dei mezzi finanziari, del
personale e dei patrimoni delle IPAB.
Fin dal primo momento da parte degli organismi del nostro governo regionale fu chiaro che
non si trattava solo di un mero trasferimento di competenze, ma era innanzitutto
necessario quantificare, conoscere, studiare un patrimonio culturale così variegato che per
secoli aveva segnato e attraversato la storia dell’assistenza nel nostro paese e arrivava
gravato nel bene e nel male delle sue vicende a Comuni, Province e Regione destinati a
gestirlo.
Nel 1977 fu avviata dall’allora Assessorato alla sicurezza sociale della Regione EmiliaRomagna in collaborazione con l’IBC una prima ricognizione: fu inviato un questionario
alle circa mille IPAB presenti nel territorio regionale che ne delineò gli aspetti assistenziali
ed educativi e la presenza del patrimonio di interesse storico-artistico. I risultati del
sondaggio riguardanti circa il 66% degli Enti confermarono l’opportunità e la necessità di
entrare nel vivo della ricerca. Ciò fu reso possibile solo a partire dal 1979 per l’impulso
dato all’Istituto dalla legge n. 28 del 1977. Il progetto si concretizzò nella rilevazione
diretta, presso ogni singola opera pia dei patrimoni di interesse culturale esistenti. Lo
strumento principale di lavoro utilizzato dai ricercatori fu una scheda pensata per la
ricognizione dei beni mobili, immobili e archivistici corredata di abbondante
documentazione fotografica. Il censimento fu realizzato a tappe ma era destinato ad
ampliarsi ed evolversi grazie alle collaborazioni che si andavano man mano
concretizzando con gli enti presenti nei territori di indagine. Il materiale documentario
presente in Fototeca, ad una attenta lettura, sa raccontare ogni singolo momento di questo
lungo percorso.
La prima fase del censimento e del rilevamento fotografico, svoltosi fra il 1979 e i primi
mesi del 1980, interessò il territorio di Parma, Reggio Emilia (solo gli Istituti cittadini),
Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì e produsse materiale fotografico per circa
8.000 negativi per opera di 10 ricercatori (Maurizio Armaroli, Luisa Bitelli, Franco Bonilauri,
Roberto D’Ariano, Marco Ferrari, Raffaella Ferrari, Laura Pelagatti, Roberto Ravaioli,
Marco Sarti e Marisa Strozzi). I risultati di questo primo lavoro furono una serie di
pubblicazioni apparse nelle collane dell’Istituto (Documenti/5; Dossier/4; Dossier/5; Arte e
pietà, Bologna 1980) e con una mostra tenuta a Bologna nell’ottobre-novembre 1980 dove
si dava conto, unitamente al profilo storico istituzionale, dell’immenso e fino ad allora quasi
sconosciuto patrimonio artistico in possesso delle IPAB. In questa occasione le ricerche
fotografiche furono affidate a Paolo Monti, Riccardo Vlahov, Antonio Guerra, Antonio
Mazzoni, A. Villani e F.lli Bologna. Nel corso del 1980 e 1981 fu censita da Antonella Gigli
e Paola Gozzi attraverso 1.200 negativi, la provincia di Piacenza, ricerca che diede vita
alla mostra realizzata nel maggio-giugno 1981 e al relativo catalogo. Nel 1983 fu
completata la provincia di Reggio Emilia estendendo l’indagine anche agli enti ospedalieri
con 1.600 negativi prodotti da Walter Baricchi, Rita Iori, Gabriele Fabbrici, Umberto
Menicali, Valeria Pezzi, Mauro Bertani, Eliana Dazzi.
Una nota a parte merita, per il modello metodologico applicato, il censimento realizzato
presso l’ex conservatorio di Santa Marta a Bologna di proprietà dell’Opera Pia dei Poveri
Vergognosi dove si operò un rilievo particolareggiato dell’edificio e degli ambienti e
un’inventariazione degli oggetti corredati da un’ampia e analitica documentazione
fotografica che sommò a circa 850 negativi.
Considerata la mole del materiale prodotto - ai negativi sopracitati vanno aggiunti i relativi
positivi e alcune centinaia di diapositive - la scelta è andata verso una catalogazione per
serie, che peraltro rispetta e rende ragione del rilevamento condotto per località e
all’interno di questa per singoli istituti.
Questa scelta non esclude peraltro, in futuro, la possibilità di poter effettuare una
catalogazione analitica su materiali ritenuti interessanti ai fini della documentazione.
Comunque già il livello descrittivo adottato consente un’ampia possibilità di ricerca.