ospedaletti non si dimentica - Automotoclub Storico Italiano
Transcript
ospedaletti non si dimentica - Automotoclub Storico Italiano
STORIEDISPORT OSPEDALETTI NON SI DIMENTICA “ C ercate di anticipare un po’ le staccate. Insomma, per una volta cercate di non correre...”. Lo speaker ripete gli inviti alla prudenza già detti e ridetti, raccomanda di non esagerare, di evitare mischie un po’ troppo ravvicinate e pieghe un po’ troppo ardite. Parla e quelli che ha davanti annuiscono: poco ci manca che si impegnino a rispettare la consegna con un giuramento 46 LaManovella/novembre2008 solenne. Pur se sono uomini, mica ragazzini pronti a sgomitare per farsi notare, per ritagliarsi un posto al sole. Fra loro, persone che hanno consumato tempo e attrezzi per riportare all’antico splendore veri gioielli del tempo che fu, ma anche un plotone di campioni veri, assoluti, totali. Gente che ha già dato, che ha regalato a moltitudini di appassionati emozioni indelebili. Che non deve dimostrare STORIEDISPORT niente a nessuno. E poi, questa è una rievocazione, non una gara. Via, allora, a gruppetti. Con le splendide di un passato anche remoto divise in batterie. Sette, una per le moto costruite e cesellate sessanta e passa anni fa, una per gli scooter, i cinquantini e le centoventicinque e via elencando no alle “tre e mezzo” e alle “mezzo litro” che correvano negli anni Cinquanta e inne quelle che le hanno rimpiazzate nei due decenni successivi. Pezzi rari. Tirati a lucido anche più di quando era normale sentire le loro voci nelle corse. “Questa è una scommessa”, dice Eraldo Crespi. È stato lui, storico primo cittadino del borgo rivierasco, a rilanciare l’idea di far rivivere il Trofeo Internazionale Sanremo. “Pensavo che fosse più semplice”, confessa a Giacomo Agostini che l’ha riconosciuto. “Ma non è stato lei, trentasei anni fa...”. Sì, era stato lui a premiarlo nel 1972. Quando a dirigere la baracca c’era ancora Michele Allavena, il Comandante. “Allora - aggiunge Crespi - l’impegno dell’amministrazione si esauriva nel concedere l’autorizzazione a chiudere le strade per due giorni e a poco altro”. Già, a organizzare la manifestazione ci pensava il presidente del Moto Club Sanremo. Con un manipolo di volenterosi a dare una mano. Adesso la mano l’ha data soprattutto l’A.S.I., con la commissione manifestazioni moto presieduta da Palmino Poli. Non dev’essere stato facile selezionare le moto. Dire di no a qualcuno, dev’essere stato decisamente difcile. Il risultato comunque è buono, decisamente molto buono. C’è da lustrarsi gli occhi. E riempirsi il cuore. Per i pezzi rari, certo. Ma anche per quelli che no a ieri l’altro Moto e scooter d’epoca divisi in sette batterie hanno ripercorso il tortuoso tracciato cittadino Molti i ricordi di chi ci ha corso davvero Nella pagina a sinistra, Giacomo Agostini in staccata con la sua MV Agusta pluridecorata. In questa pagina, a destra, la parata con i campioni Eugenio Lazzarini e Marco Lucchinelli. LaManovella/novembre2008 47 STORIEDISPORT In alto, Roberto Gallina; in basso, Vittorio Zito. 48 LaManovella/novembre2008 si vedevano a grappoli. Per gli scooter, ad esempio. “Questi erano i mezzi della disperazione”, sentenzia Luigi Cassola, aggirandosi fra le “ruote basse”. Chiarisce: “Nessuno, in fondo, li acquistava per passione”. Lui li conosce bene. Ha passato una vita all’Innocenti, sa di cosa parla. È stato protagonista di una lontana Sei Giorni nel Ponente ligure e non ha dimenticato come si maneggiano. Lo dimostra lasciando il paddock in sella ad una Lambretta A del 1948 per girare con gli altri. A settantanove anni. Vespa e Lambretta e pure un Formichino che a sentirlo sibilare mette i brividi: non è frastuono, è musica. Ah, il suono del monocilindro centoventicinque prodotto a Bergamo da Donnino Rumi. Indimenticabile come i tanti campioni che sul tracciato “fra mare, ori e ulivi” hanno corso e vinto. Ago, appunto: undici successi, il primo da cadetto nel ’62 con una Morini 175, l’ultimo dieci anni dopo con la MV “mezzo litro”. “È un circuito meraviglioso”, sentenzia il pluridecorato di Lovere. Spiega: “Ci sono curve da quarta e da prima, si sale e si scende. Vincere qui non era come farlo da un’altra parte, qui si provava un piacere intenso, il piacere del trionfo”. Roberto Gallina concorda: “Pur se i miei ricordi non sono tutti belli”, sospira ripensando alla caduta alla curva del cimitero e quella dopo il pontino. Ma soprattutto al suo ritiro del ’69 con la Benelli: “Ad Ospedaletti mi sono giocato la carriera: avevo una moto ufciale eccezionale. Unico problema, la frizione che era dannatamente dura e, con un cambio a sette velocità, solo per affrontare la curva del Piccadilly dovevo tirare la leva sette volte. STORIEDISPORT Un tormento che avevo provato ad alleviare facendomi fasciare polso e avambraccio da un massaggiatore che seguiva qualche pugile: mi era parsa una buona idea e invece dopo appena due giri dovetti arrendermi perché la fascia mi aveva bloccato la circolazione...”. Colori e rumori. Profumi. Ricordi. Quelli di Angelo Tenconi: “Ero soprattutto un pilota da salite, ma ad Ospedaletti ci ho corso un paio di volte. Una con un’Aermacchi che, davanti al traguardo, ballava così tanto che il direttore di gara era convinto che avessi rotto qualcosa, un ammortizzatore o qualche raggio. Voleva fermarmi con la bandiera nera, non lo fece solo perché un meccanico lo fermò: “Per l’Angelo - gli disse - è normale”. Apprezzamenti. Quelli di Remo Venturi: “Era il circuito più bello. Anche il più pericoloso, forse, ma pareva disegnato apposta per dare vita a sde corpo a corpo! Quelli di Renzo Rossi: “Il circuito era adatto alla mia Gilera Saturno. E soprattutto era fatto apposta per far divertire i piloti”. Anche rimpianti. Quelli di Gianfranco Bonera: “Non ho avuto la fortuna di correrci, ma appena ho sentito parlare della rievocazione mi sono prenotato: in fondo, vederlo così, da turista, è sempre meglio di niente”. Quelli di Marco Lucchinelli: “Neppure io ci ho mai corso, però ne ho sentito parlare talmente tanto che appena arrivato, prima ancora di andare in albergo, ho fatto un paio di giri in auto. Ebbene, tutto ciò che avevo sentito dire era vero: è un bel Sul circuito di Ospedaletti Amilcare Ballestrieri ha ritrovato la sua Motobi. tracciato, è davvero un piccolo Tourist Trophy”. Non è da molto che “Cavallo Pazzo” frequenta il giro delle storiche, non è neppure previsto che giri. “Comunque io ho messo la tuta in valigia e se salta fuori una moto, sono pronto...”, avverte. Salta fuori: è una Suzuki 500 stradale, neppure troppo datata. Non è che assomigli molto a quella con la quale vinse il mondiale, ma chi si accontenta, si sa, gode. E “Lucky” gode. Si inla nella “Parata dei Campioni”, smanetta insieme a Gallina e Agostini, a Eugenio Lazzarini e Amilcare Ballestrieri. Diverte e si diverte: “Bello, proprio bello. Mi piacerebbe fare qualche tornata con una vera moto da corsa, anche una attuale”, fa a cose fatte. “Anche se - aggiunge - la sicurezza è quella che è...”. Ago sottoscrive. “Ma noi, da giovani, non ci badavamo”. g.ran. NON SI VEDONO MA CI SONO Roberto Patrignani: presente. Il poeta delle due ruote non si vede, ma c’è. È nel cuore di tutti, indimenticato e indimenticabile. “Sono un po’ glia di Ospedaletti”, dice Marzia prima di consegnare a Marcello Salighini il premio alla memoria del babbo. Eh già: i suoi s’erano conosciuti proprio nella cittadina dal clima più mite della Riviera. Anche Guido Mandracci c’è, c’è sempre stato. Come Angelo Bergamonti e Paolo Isnardi, come i tanti, troppi che dormono, dormono sulla collina. Per vederli, basta socchiudere un istante gli occhi. LaManovella/novembre2008 Manovella_nov08_046_049ospedaletti2.indd 49 49 22-10-2008 14:34:54 MARCHESCOMPARSE IL DECENNIO GIACOMASSO Inizia nel 1926 l’avventura su due ruote dell’officina di Moncalieri Motociclette da 125 a 500 cm3 con motori Della Ferrera, Guizzardi e CO.M di Matteo Comoglio 50 LaManovella/novembre2008 MARCHESCOMPARSE V erso l’inizio degli anni Venti l’economia in Europa è in generale ripresa e lo stesso avviene anche in Italia e a Torino, città già nota per la casa costruttrice di automobili Fiat. Le nuove scoperte in ambito meccanico fanno compiere passi da gigante all’evoluzione tecnologica nel campo delle due e delle quattro ruote. In particolare si andavano sempre più sviluppando le motociclette, che, se all’inizio del secolo sono semplici biciclette con rudimentali motori poco afdabili, intorno a quegli anni cominciano a raggiungere un grado di complessità tecnica notevole e molti piccoli costruttori assemblano telai e motori in piccole ofcine. Questo è il caso della Giacomasso, una piccola casa costruttrice torinese oggi scomparsa. L’avventura di questo costruttore inizia nel 1926, anno in cui Felice Giacomasso fonda la “Fabbrica Cicli Motore” con sede in via Nizza 15 a Moncalieri, alle porte della città. Giacomasso produce dei telai da bicicletta in tubi, che assembla poi con motori Nella foto grande, una delle prime motociclette costruite dall’artigiano piemontese nel 1926, la 125 a due tempi con motore della Ferrera, qui nella versione da competizione con doppio carburatore. A destra, la stessa moto nel 1949, aggiornata con impianto elettrico e fanali. LaManovella/novembre2008 51 MARCHESCOMPARSE In alto, il modello 175. In basso, la 250 che poco si differenzia esteticamente dalla “sorella” minore a parte i due scarichi laterali. 52 LaManovella/novembre2008 prodotti da Della Ferrera o Guizzardi. Un esempio è la Giacomasso 125, con motore Della Ferrera a due tempi con cilindro sdoppiato. Questa piccola motocicletta ha un semplice telaio “sottocanna”, tipico della produzione precedente agli anni Trenta. Ha una sella monoposto molleggiata per ovviare al telaio rigido. All’anteriore presenta una forcella a parallelogramma in tubi, con unica molla centrale davanti al cannotto di sterzo. Il freno è a nastro sulla ruota posteriore, ma alcuni esemplari allestiti per le gare lo montano anche all’anteriore. Il motore come già detto è un 125 cm³ a due tempi con la particolarità di avere il cilindro sdoppiato e cambio a due marce. Alcuni esemplari per le competizioni sono stati modicati con doppio carburatore e doppia luce di scarico. Negli anni 1927 e 1928 produce parallelamente alle 125 una motoleggera con motore CO.M. 175 a valvole in testa, di cui allestisce anche una versione da competizione. Nel 1930 Giacomasso rileva la fabbri- MARCHESCOMPARSE ca di motori CO.M. 175 e 250 sia a valvole in testa, sia laterali ed inizia la produzione della 175 S.S., una bella motoleggera dalla linea moderna. Viene abbandonato il telaio sottocanna per un più innovativo telaio a culla; il serbatoio è a sella con bocchettone di rifornimento a chiusura rapida. Il motore è un monocilindrico a 4 tempi con doppia uscita dei gas di scarico, il cambio è a tre velocità con comando a mano di anco al serbatoio e frizione a secco. L’impianto elettrico e l’accensione sono a magnete con batteria. Nel 1933, Giacomasso presenta una nuova 175 denominata “Monviso”; il motore è sempre un monocilindrico a 4 tempi con valvole ed albero a cammes in testa, e tutti gli organi meccanici racchiusi nel basamento del motore, una soluzione estremamente moderna. Anche in questo caso l’impianto di scarico è sdoppiato con un’uscita a destra e una a sinistra. I carter motore vengono utilizzati come serbatoio olio: una soluzione innovativa che verrà ripresa mol- Il lato sinistro delle due motociclette: nella 175 Monviso (in alto) si può notare la trasmissione a cardano e il doppio scarico. LaManovella/novembre2008 53 MARCHESCOMPARSE 54 LaManovella/novembre2008 MARCHESCOMPARSE ti anni dopo nella produzione di grande serie. La trasmissione è a 4 marce con ingranaggi elicoidali e con comando a leva sempre a lato del serbatoio. Il telaio è rigido con forcella anteriore a parallelogramma, con molla agente in compressione. Il serbatoio è a sella con una capacità di 9 litri ed è in parte verniciato e in parte cromato. La velocità massima è 95 km/h. Parallelamente viene prodotta un’altra 175 denominata “Turismo LusNella pagina a sinistra, dall’alto, il modello 250, da notare il cambio a mano sulla destra del serbatoio; in basso, una vista del monocilindrico, in evidenza il carburatore con aspirazione diretta. In questa pagina, il basamento “rmato” Giacomasso. so” con un monocilindrico a valvole laterali, niture più economiche e prestazioni leggermente inferiori. Per quel che riguarda le cilindrate superiori, sempre nel 1933 viene prodotta anche una 250 cm³, un monocilindrico a 4 tempi con valvole in testa, cambio a tre velocità, telaio a doppia culla rigida e velocità massima di 115 km/h. Negli anni 1934 e 1935 Giacomasso presenta altre due versioni, rispettivamente di cilindrate 500 e 600 bicilindriche, di serie e da competizione, al Salone del motociclo di Milano. Ma il 1935 sarà l’ultimo anno di produzione per questa piccola azienda di Moncalieri, che poco dopo chiuderà i battenti. LaManovella/novembre2008 55