F. Masala, Architettura dall`Unità d`Italia alla fine

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F. Masala, Architettura dall`Unità d`Italia alla fine
F. Masala, Architettura dall’Unità d’Italia alla fine del ‘900, collana “Storia dell’arte in Sardegna”,
Nuoro, Ilisso, 2001, sch. 40:
Decorazioni pittoriche e arredi
La decorazione pittorica di abitazioni private in Sardegna è uso e arte d’importazione, diffusasi più
rapidamente nell’ultimo quarto dell’Ottocento – pur essendo documentati episodi marginali in
epoche precedenti – per subire, infine, una brusca “estinzione” con l’avvento del secondo conflitto
mondiale. La decorazione dei palazzi della provincia di Sassari (1878-82) e Cagliari (a partire dal
1893), operò una svolta, introducendo in Sardegna i canoni dell’Eclettismo “secondo Impero”,
diffusi ormai da tempo nella penisola. Sono questi eventi a rafforzare l’idea di una valenza “sociopolitica” del decoro artistico, mai sperimentata in modo tanto macroscopico prima d’allora. La
pittura si fa veicolo del programma ideologico dello Stato postunitario; e se nei saloni pubblici
viene visualizzata la grandezza di una nazione in parte ancora da costruire, la decorazione dei
palazzi privati “canterà” la gloria dei nuovi ricchi, non per lignaggio, ma per fortuna nell’industria e
nel commercio. La prima metà degli anni Ottanta dell’Ottocento vede spostarsi il fulcro della vita
cittadina di Cagliari verso la zona del porto, dove gli imprenditori Galeazzo Magnini e Giovanni
Zamberletti avrebbero inaugurato la palazzata di via Roma con la costruzione delle loro imponenti
dimore. Del Palazzo Zamberletti, distrutto dai bombardamenti del 1943, decorato dal riminese
Guglielmo Bilancioni con una celebrata “sala egizia”, restano solo le descrizioni di Francesco
Corona, fotografie d’epoca ed un bozzetto. Al primo decennio del Novecento risalgono le pitture
del Palazzo Atzeri, che replica la duplicità di linguaggio architettonico delle facciate nei bellissimi
interni. I Palazzi Chapelle e Serventi racchiudono aggraziate pitture in stile floreale, che nel
secondo arricchiscono tutte le stanze del “piano nobile”, con un felice episodio di Neorococò. A
Sassari, a metà del XIX secolo è già attivo un numero consistente di decoratori, cresciuti attorno
all’ornatista Pietro Bossi. Nel 1877 vinse il concorso per la decorazione del Palazzo della Provincia
il pittore siciliano Giuseppe Sciuti e qualche anno dopo il barone Giuseppe Giordano Apostoli
affidò a Guglielmo Bilancioni, in trasferta a Sassari, l’affresco del salone di rappresentanza e dello
scalone del suo palazzo di recente costruzione; negli altri ambienti operò Massimiliano Amadio, già
collaboratore del Bilancioni e altrove attivo in Sardegna. Sono poi le eleganze sinuose del Liberty
ad essere spesso coinvolte in contaminazioni eclettiche. Attraverso episodi di sapore quasi moresco
(Casa Sanna) e graziosamente floreale (casa in via Diaz 1), si opera una svolta di segno
secessionista, che volge al Déco nei geometrismi asciutti della casa in via Diaz 3. Il Déco
“rivisitato” attraverso motivi derivanti dalla tradizione popolare sarà, infine, alla base dello “stile
sardo” di Paolo Maninchedda (Casa Serra, 1923), con reminiscenze goticheggianti nel soffitto a
cassettoni del Negozio Guarino. A Bosa, a partire dall’ultimo quarto dell’Ottocento, e almeno fino
ai primi quindici anni del nuovo secolo (ma ritagliando le sue lunghe trasferte nordafricane), è
attivo il pittore Emilio Scherer, chiamato per dipingere l’interno della Cattedrale. Ben presto – con
più frequenza dagli anni Novanta – si specializzò quale ornatista, decorando un buon numero degli
austeri palazzotti del centro storico della città (Palazzi Demuro, Cau, Carboni, Passino, ecc.).
L’attività del parmense promosse una folta schiera di decoratori operanti nel circondario. Apprese
da Scherer “la prima grammatica per il suo futuro lavoro” (A. Cuccu) il bosano Melkiorre Melis, di
cui resta una giovanile decorazione presso il Palazzo Naitana. Non mancano a Bosa alcuni episodi
di uno Jugendstil appena accennato (Casa Deriu). In posizione eccentrica, rispetto agli abitati più
frequentati da pittori ed ornatisti, si segnala la decorazione a Nuoro, nel 1905, del Caffè Laconi, con
controsoffittatura neobarocca in legno intagliato, in cui si dispongono medaglioni di vetro dipinti ad
olio con allegorie delle arti e le quattro stagioni, tecnica utilizzata anche per i pannelli incassati
nelle pareti. Nel settore dell’arredo d’interni i fratelli Clemente dimostrano il continuo
aggiornamento della ditta impiantata a Sassari nel 1870. La partecipazione dei Clemente a
esposizioni nazionali e internazionali dà conto di una produzione di “mobili di ogni genere e stile,
semplici e di lusso”, differenziata quindi ma sempre distinta “per la meticolosa esecuzione tecnica e
lo scrupolo innovativo nella ricerca dei modelli” (G. Altea). Dagli arredi neogotici del Palazzo
Giordano Apostoli all’Eclettismo, dal Liberty all’arte “sarda”, i Clemente ebbero una produzione
variegata, così da soddisfare il gusto corrente, secondo modelli ampiamente diffusi nei repertori di
ebanisteria dell’epoca. Le creazioni della ditta Clemente, che usufruiva anche di una succursale
cagliaritana, sono ancora rintracciabili nonostante le dispersioni dovute all’usura o al mutare del
gusto e consentono di individuare esempi comprendenti vari settori. Così la complessa cornice del
negozio già Viale a Sassari, che inquadra in un unicum tutta la parte inferiore comprendente due
livelli, dove “le aperture sono coordinate e riunite in un’unica macchina scenica” (E. Cenami-P.
Simonetti) di notevole gusto formale, oppure la boiserie che fodera le porte negli interni della casa
di un industriale sassarese, finemente sagomata e intagliata secondo un gusto sorvegliato che ben si
accorda con mobili di gusto eterogeneo, o ancora gli stalli del coro nella parrocchiale di
Calangianus, sottolineati da un profluvio di fastigi decorativi che sormontano timpani curvilinei
intervallati a colonnine snelle ed eleganti, in singolare contrasto con gli angeli quasi preraffaelliti
realizzati dal pittore milanese Antonio Dovera in soli tredici mesi. A Cagliari oltre al Palazzo
Zamberletti e al Palazzo Atzeri, si può ritrovare la “sala egizia” della Villa Satta Muntoni, dove ai
dipinti parietali fa riscontro la sequenza di mattonelle “assire” di graniglia nel pavimento.