L`uso degli ultrasuoni in Endodonzia

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L`uso degli ultrasuoni in Endodonzia
L’uso degli ultrasuoni
in Endodonzia
Dott. Fabio Gorni
Figura 1
Sorgente di ultrasuoni P5 Booster
della Satelec.
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L’uso delle sorgenti di ultrasuoni ha
raggiunto oggi una tale importanza nell’economia della terapia endodontica, che sono personalmente convinto che esso rappresenti una delle
più interessanti innovazioni che siano
state introdotte nella moderna endodonzia.
Negli ultimi anni questa tecnica si è
dimostrata particolarmente interessante non solo nell’ambito dell’endodonzia, ma anche in altre branche
dell’odontoiatria. Infatti, le punte da
ultrasuoni vengono oggi sempre più
usate in protesi ed in odontoiatria
restaurativa, nella chirurgia ossea per
eseguire piccoli prelievi e nella tecnica
del rialzo del seno mascellare e ancora
di più in endodonzia chirurgica.
L’Endodonzia è la specialità in cui
gli ultrasuoni hanno permesso i più
evidenti progressi e addirittura alcune tecniche endodontiche sono state
modificate, particolarmente quelle in
cui l’uso degli ultrasuoni è associato
all’utilizzo del microscopio operatorio. Per questo motivo, lo “stato dell’arte” in endodonzia oggi non può
prescindere da questi due fondamentali strumenti.
Armamentario
L’importanza della strumentazione in endodonzia oggi ha raggiunto
livelli strategici e nel caso specifico il
miglioramento qualitativo delle sorgenti di ultrasuoni e l’esistenza di
sempre nuove punte va di pari passo
con tecniche endodontiche sempre
più raffinate ed in continuo miglioramento.
Di conseguenza, negli ultimi anni
abbiamo assistito all’introduzione di
sorgenti di ultrasuoni sempre più evolute, che permettono l’uso ottimale di
tutte le punte oggi presenti sul mercato e che, essendo di più diversi tipi,
richiedono spesso differenti metodiche
di utilizzo.
Per questo motivo, le moderne sorgenti di ultrasuoni devono saper combinare la caratteristica della potenza
con la precisione del taglio e consentire il controllo non solo della frequenza ma anche dell’ampiezza della
vibrazione.
Questo tipo di problema è particolarmente sentito in endodonzia, dove
viene usata una grande quantità di
punte che differiscono tra loro in termini di forma, lunghezza, grandezza e
metallo con cui sono costruite e che,
per questi motivi, richiedono differenti modalità di utilizzo.
Pertanto è molto importante che la
sorgente di ultrasuoni sia dedicata
specificatamente all’endodonzia o che
eventualmente sia una sorgente multiuso con la possibilità di un’applicazione “endo”, alla quale corrisponde un
utilizzo in cui l’ampiezza delle vibra-
zioni è limitata. Seguendo questo tipo
di valutazione, la mia scelta personale cade su di una sorgente molto
semplice, ergonomicamente facile da
posizionare, date le sue dimensioni
ridotte e la sua compattezza, e che
al tempo stesso garantisce un’ampia gamma di utilizzo in endodonzia, grazie alla possibilità di variare
la sua frequenza operativa in maniera
ampia e precisa. Questa sorgente di
ultrasuoni è il Suprasson P5 Booster
della Satelec (Fig. 1) o il modello più
evoluto e più nuovo Suprasson Profy
Max II® che usa la nuova tecnologia
che consente di regolare automaticamente l’apparecchio e la sua potenza
a seconda della punta montata, ottimizzando così l’azione della punta
stessa, diminuendo lo stress assorbito
e prolungandone la durata (Fig. 2).
L’altro aspetto che deve essere preso in
considerazione è che la sorgente scelta
deve consentire l’utilizzo del maggior
numero possibile di punte.
Questo perché sul mercato si trovano manipoli con diversi passi: alcuni
infatti sono costruiti per il sistema
americano in pollici, mentre altri per
il sistema europeo in millimetri. Dal
momento che la grande maggioranza delle punte è costruita negli Stati
Uniti o comunque ha il passo in pollici, la sorgente scelta per l’endodonzia
deve essere in grado di risolvere questo problema.
Pertanto è necessario evitare l’acquisto
di sistemi “chiusi”, sui quali possono
essere montate solo le punte disegnate
per quella specifica sorgente, o sistemi nei quali l’utilizzo di altre punte è
estremamente complicato. Dovremmo
invece preferire i sistemi “aperti” nei
quali è possibile montare quasi tutti i
tipi di punte oggi disponibili.
Questo aspetto diventa di importanza
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strategica quando si analizza la grande
varietà di terminali disponibili e ci si
rende conto che è impossibile far fronte a tutte le diverse situazioni cliniche
con una sola famiglia di punte. Negli
ultimi anni, a seguito delle continue
crescenti richieste cliniche, le punte
da ultrasuoni si sono evolute parallelamente alle tecniche endodontiche e
pertanto sono inevitabilmente aumentate di numero.
Oggi sono disponibili sul mercato
intere dozzine di punte, diverse tra
loro per forma, lunghezza e per il
materiale con cui sono costruite.
Per anni l’unico materiale utilizzato è
stato l’acciaio, con il quale sono state
prodotte molte punte eccellenti che
vengono ancor oggi usate con successo, anche se la moderna tecnologia consente di costruire strumenti di
maggiori prestazioni.
Questo, ad esempio, è il caso delle
Figura 2
Sorgente di ultrasuoni Prophy Max II
della Satelec.
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Profilo dell’Autore. Il Dr. Fabio Gorni si è laureato in Odontoiatria presso l’Università di
Milano nel 1984. Attualmente è Professore a Contratto nel reparto di Endodonzia dell’Ospedale
S. Paolo di Milano. E’ Socio Attivo della Società Italiana di Endodonzia SIE, dell’Accademia Italiana di Odontoiatria Microscopica AIOM, Socio Specialista della European Society of
Endodontology ESE e socio dell’American Association of Endodontists AAE. Dal 1994 al 1998
è stato Membro della Commissione Accettazione Soci della SIE, dal 1998 al 2001 ne è stato
Segretario Culturale e dal 2003 al 2005 ne è stato il Presidente. Attualmente è Past-President
della medesima società. Ha tenuto conferenze su vari argomenti di Endodonzia in Congressi
Nazionali ed Internazionali, ha pubblicato su molte riviste nazionali ed internazionali del settore
ed ha prodotto numerosi video scientifici. Con Cliff Ruddle ha pubblicato una serie di video intitolati “The Endodontic Game”, distribuiti in Europa, Stati Uniti, Canada, Australia ed Asia.
Ha lo studio privato in Milano dove esercita la professione limitatamente all’Endodonzia clinica e
chirurgica, e in particolare alla micro-odontoiatria.
Può essere contattato all’indirizzo [email protected].
L’Informatore
Endodontico
Vol. 9, Nr. 2
Figura 3
Punte da ultrasuoni ProUltra (serie
in nitrato di zirconio) della Dentsply
Maillefer.
Figura 4
Punte da ultrasuoni ProUltra (serie in
titanio) della Dentsply Maillefer.
3
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nuove punte ProUltra rivestite di
nitrato di zirconio e delle ProUltra in
titanio, le quali, grazie alle loro notevoli differenze in lunghezza, conicità e
flessibilità, coprono un’ampia gamma
di utilizzo e sono estremamente utili
in numerose applicazioni endodontiche (Fig. 3, 4).
Ciononostante, le nuove punte non devono necessariamente rimpiazzare le vecchie: spesso, infatti, esse hanno differenti
caratteristiche in termini di prestazioni e
aprono nuove possibilità di lavoro.
Nella pratica clinica può, infatti, essere utile utilizzare le punte in acciaio le
cui caratteristiche sono diverse e con
le quali possiamo affrontare e risolvere
le restanti situazioni cliniche.
Questo, ad esempio, è il caso delle
punte SP1, SP2 e SP3 prodotte dalla
Excellence in Endodontics (EIE), che
sono le punte più lunghe esistenti
sul mercato, delle punte ET 20, ET
20D, ET 40 ed ET 40D della Satelec
e infine delle K File prodotte sempre
dalla Satelec che, usate in situazioni cliniche delicate ben precise, sono
strumenti insostituibili.
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Infine, le enormi differenze esistenti tra tutte queste punte in termini di lunghezza e dimensioni, rende
obbligatoria da parte dell’operatore
la necessità di controllare in maniera molto accurata la potenza erogata
dalla sorgente di ultrasuoni, cosa che
d’altra parte conferma la necessità di
averne una di buona qualità, non solo
per poter utilizzare al meglio le singole punte ottimizzando le loro prestazioni, ma anche per ridurre al minimo
la frattura delle punte stesse.
Prendiamo ora le varie situazioni cliniche nelle quali l’utilizzo delle tecniche ultrasoniche migliora le nostre
prestazioni endodontiche, tenendo
presente che in alcune di queste situazioni l’uso di tali tecniche rappresenta
l’unico trattamento possibile.
Casi clinici
La prima situazione clinica nella quale
si traggono enormi vantaggi dall’uso
delle punte da ultrasuoni è rappresentata dalla preparazione della cavità
d’accesso e dal reperimento degli orifizi canalari.
La prima tappa della terapia endodontica è spesso complicata dalla presenza
di camere pulpari che negli anni si
sono calcificate per neo-apposizione di
dentina secondaria che ha parzialmente
o completamente obliterato l’anatomia
radicolare. Sappiamo come sia difficile
in tali casi eseguire una corretta cavità
d’accesso, nel rispetto dell’anatomia
originale del dente, senza alterare il
pavimento della camera e soprattutto
come sia complesso reperire tutti gli
imbocchi canalari. I vantaggi offerti
dall’utilizzo delle punte da ultrasuoni
in questi casi derivano dalla grande
precisione di taglio e dall’insuperabile
visibilità del campo operatorio.
Il controllo che le punte da ultrasuoni
consentono di avere non è paragonabile
a quello dato da qualsiasi strumento
rotante, e ciò non solo per la facilità
di guidare uno strumento che non sta
ruotando, ma anche per la dimensione
della punta, decisamente più piccola
e che pertanto garantisce sia un taglio
molto preciso che una migliore visibilità. Questa, infatti, è l’altra grande differenza rispetto ai manipoli: il campo
visivo è fortemente migliorato e libero
da tutti gli impedimenti. Tipicamente,
in queste situazioni si ritrovano cavità
d’accesso nelle quali l’anatomia è stata
sostanzialmente modificata ad esempio
con perforazioni del pavimento camerale, o casi in cui gli orifizi canalari
non sono stati reperiti. Tali vantaggi
sono immediatamente evidenti, anche
a piccolo ingrandimento.
Se inoltre consideriamo che al giorno
d’oggi queste fasi operative sono spesso
eseguite sotto microscopio, i vantaggi risultano ancora maggiori. Coloro
che utilizzano questo potente mezzo
ingrandente conoscono l’enorme difficoltà che deriva dall’utilizzo in queste
fasi degli strumenti rotanti, quando
cioè la testina del manipolo copre praticamente tutto il campo visivo, impe-
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dendo il giusto controllo del lavoro.
Le punte più adatte a compiere questa
fase operativa sono senza dubbio quelle
con maggiore conicità e non eccessivamente lunghe. Queste sono punte
con buone capacità di taglio che possono essere utilizzate al massimo della
potenza per velocizzare il nostro lavoro.
Lavorando al microscopio operatorio è
un piacere seguire la precisione e l’efficacia del taglio della punta, che in breve
tempo ci consente di eseguire un’eccellente preparazione del pavimento della
camera pulpare, eliminando i pulpoliti
e tutte le calcificazioni e rifinendo le
pareti assiali della cavità stessa.
Per questi motivi, le punte da utilizzare
in queste fasi devono essere diamantate
(ET 20D della Satelec) o rivestite di zirconio (ProUltra Endo 2-3), così che esse
possano tagliare sia in punta che di lato.
La rimanente preparazione viene quindi eseguita con pareti lisce e divergenti, secondo le regole della cavità d’accesso ideale (Figg. 5, 6).
Quando si trattano casi ancora più
complessi, nei quali la deposizione di
dentina ha obliterato non solo la camera pulpare ma anche parte del canale
radicolare, preferisco punte più sottili
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Figura 5, 6
Calcificazioni nella camera pulpare
di un molare, prima e dopo il trattamento.
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a
b
c
d
CASO n° 1
Figura a
Radiografia preoperatoria
Figura b
Il pavimento della camera pulpare è completamente calcificato e la cavità d’accesso errata ha alterato l’anatomia originale.
Figura c-e
Sequenza della corretta preparazione
della cavità d’accesso utilizzando le
punte da ultrasuoni.
Figura f
Cavità d’accesso finale con gli imbocchi
canalari nella loro posizione originale.
Figura g
Radiografia postoperatoria.
Figura 7, 8
L’azione degli ultrasuoni può essere
sufficiente a rimuovere il perno.
Figura 9, 10
Ritrattamento endodontico di un caso
con vite endocanalare e un’anatomia
endodontica particolare.
e
f
che al tempo stesso garantiscono anche
un’adeguata capacità di taglio, come le
Endo 4-5 della serie ProUltra o la ET
40D della Satelec (caso n°1).
Con queste punte usate sotto microscopio non esistono limiti operativi. Si
può localizzare il lume canalare anche
nei casi in cui il canale è quasi completamente obliterato dalla dentina secondaria, o preparare in maniera precisa
e conservativa l’istmo che connette i
canali della stessa radice, come nel caso
della radice mesiale dei molari inferio-
g
ri, dove frequentemente troviamo un
terzo canale, un orifizio “extra”, che
può essere reperito in questa complessa
anatomia endodontica più spesso di
quanto si possa pensare (casi n° 2 e 3).
Pertanto, oggi si ha la possibilità di
trattare casi che solo pochi anni fa
avrebbero richiesto la chirurgia e che
oggi possono essere brillantemente
risolti con un ritrattamento ortogrado.
Un altro importante capitolo in cui le
tecniche ultrasoniche trovano la loro
applicazione ideale è rappresentato
dalla rimozione di
perni fusi o
preformati,
sia avvitati
che cementati.
I perni possono essere rimossi
usando le
punte da
ultrasuoni da sole
(Figg. 7, 8)
o congiuntamente ad a
altri appositi strumenti, come il Ruddle Post
Removal System (caso n° 4).
E’ ben noto il fatto che l’azione degli
ultrasuoni può contribuire alla disintegrazione del cemento grazie alla
conduzione delle vibrazioni attraverso il metallo del perno. In molti casi,
soprattutto nel caso di perni prefabbricati avvitati, ciò può essere sufficiente a
rimuovere il perno (Figg. 9, 10).
Per questo scopo esiste una punta specifica, la ProUltra Endo 1, che può
essere vibrata ad alta potenza sulla
superficie del perno, ottenendo così
la sua rimozione. Sempre a proposito della rimozione di vecchi restauri,
un’altra importante applicazione deri-
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b
va dalla capacità di taglio delle punte
più robuste, utilizzate per rimuovere
precedenti build-up in denti trattati
endodonticamente. La ricostruzione
spesso coinvolge il pavimento camerale e, per varie profondità, anche gli
imbocchi canalari, rendendo l’eliminazione dell’intero build-up un’operazione tutt’altro che facile. Il contributo dato dalle punte da ultrasuoni nella
rimozione delle ricostruzioni senza
alterare l’anatomia originale ma salvando tessuto dentale, è di grande
aiuto (Fig. 11).
Questo è particolarmente vero soprattutto quando il materiale del vecchio
restauro era resina composita che, per le
sue capacità adesive e per il suo colore,
è particolarmente difficile distinguere
dalla dentina e staccare dalla superficie
dentale: in questi casi gli ultrasuoni
possono essere utilizzati con potenza e
frequenza elevate (Figg. 12, 13).
Un altro aspetto importante da sotto-
c
CASO n° 2
Figura a-c
Incisivo centrale in cui la dentina
secondaria ha obliterato completamente il sistema dei canali radicolari.i.
Figura 11
Rimozione del moncone in amalgama.
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Figura 12, 13
Rimozione del moncone in composito.
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CASO n° 3
Figura a
La camera pulpare mostra la presenza
di una perforazione, uno strumento
fratturato nel canale mesiovestibolare
ed un’anatomia particolare.
Figura b
Due canali nella radice distale, tre
canali nella radice mesiale e la
perforazione riparata.
CASO n° 4
a
b
a
lineare è che anche quando le punte
sono usate a potenza elevata, la pressione da noi esercitata sul manipolo
deve essere leggera, con movimenti
tipo pennello, per conservare l’integrità delle punte stesse e per evitare un
inutile surriscaldamento del manipolo
e del dente. Queste punte, infatti,
sono state disegnate per lavorare senza
irrigazione, per lasciare all’operatore il
massimo della visibilità.
Infine, prendiamo ora in considerazione l’ultimo importante capitolo in cui
si utilizzano gli ultrasuoni: i ritrattamento ortogradi.
Durante il ritrattamento, la rimozione dal canale radicolare del cemento,
della guttaperca o degli altri materiali
è sempre stata lunga e faticosa. Oggi
tutto ciò è estremamente semplificato
perché le sottili punte oggi disponibili entrano facilmente all’interno del
vecchio materiale, consentendo la sua
rimozione.
Figura 14-16
Le punte da ultrasuoni ed il solvente
consentono al clinico di svuotare
rapidamente l’anatomia canalare dal
cemento e dalla guttaperca.
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Per questo scopo è disponibile un’ampia gamma di punte e a mano a mano
che si entra più in profondità nel
canale, possiamo utilizzare punte sempre più sottili e flessibili (ProUltra
6-8 in Titanio, K File Satelec), che ci
consentono di seguire più da vicino
l’anatomia radicolare.
Quando i canali sono pieni di guttaperca, le punte più potenti entrano
facilmente all’interno del materiale,
grazie alle vibrazioni e al calore che
esse producono. Tuttavia, gli ultrasuoni possono anche essere utilizzati
in combinazione con i solventi: la loro
azione potenzia quella degli irriganti, facilitando la rimozione dei vecchi materiali da otturazione canalare
(Figg. 14-16).
Tutto ciò è molto efficace con alcuni
materiali come la guttaperca e tutti i
cementi endodontici tradizionali, ma
la situazione è diversa se all’interno
del canale era stato usato un cemento
16
b
d
definitivo, cosa che sfortunatamente capita di trovare spesso non solo
quando si rimuovono restauri intracanalari come viti e perni, ma anche
in corso dei cosiddetti ritrattamento
“standard”.
In questi casi, le punte da utilizzare
devono essere sottili, ma al tempo
stesso sufficientemente potenti da
distruggere i grossi frammenti di
cemento che occludono il sistema dei
canali radicolari. Se nella porzione più
coronale del canale questo è possibile
farlo anche ad occhio nudo o a piccolo
ingrandimento, a mano a mano che si
scende più in profondità nel canale è
assolutamente necessario avere il controllo dell’azione di taglio di queste
punte, in modo che esse lavorino solo
sul cemento e non contro le pareti
canalari.
Il controllo che possiamo avere lavorando con il microscopio operato-
c
Figura a, e
Sequenza e tecnica della rimozione
dello strumento fratturato.
e
rio è così preciso, che ci consente
di svuotare completamente il canale
fino all’apice anche nei casi in cui un
cemento durissimo riempiva l’intero
canale radicolare.
Una volta che il canale è stato completamente svuotato del materiale da otturazione, o anche durante questa fase, è
estremamente utile associare l’azione
detergente degli ultrasuoni a quella
dell’ipoclorito di sodio (caso n° 5).
La detersione ottenuta grazie alle onde
ultrasoniche e al riscaldamento dell’ipoclorito di sodio ci consente di
eliminare tutti i detriti dal canale,
lasciando pareti lisce e libere anche dei
più microscopici residui. Utilizzando
questa procedura, ci avvaliamo anche
della nota azione antibatterica delle
onde ultrasoniche, fenomeno noto
come “onde acustiche”.
Il contributo che oggi possiamo ottenere da questo tipo di tecnologia è
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b
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f
CASO n° 5
Figura a
Radiografia preoperatoria del secondo
premolare superiore.
Figura b
Un cemento estremamente duro occlude completamente il lume canalare.
Figura c
Il cemento è stato parzialmente
rimosso utilizzando le punte da ultrasuoni (ProUltra Endo 2).
Figura d
Detriti nel terzo apicale.
Figura e
Azione detergente della punta da ultrasuoni associata all’ipoclorito di sodio.
Figura f
Il terzo apicale è ora completamente
deterso e mostra due forami, di cui il
linguale parzialmente riassorbito.
Figura g
Una barriera di collagene è stata posizionata a livello del forame affinché funzioni
da matrice per avere un migliore controllo dell’otturazione tridimensionale.
Figura h
Radiografia postoperatoria.
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c
g
molto alto e ci permette di avere
successo anche in situazioni di particolare difficoltà, come quelle in
cui si hanno gradini, intasamenti,
strumenti fratturati, che meritano
un capitolo a parte nell’ambito dei
ritrattamenti ortogradi.
In questi casi, il nostro scopo è quello di creare spazio al di sopra dello
strumento fratturato, in modo da consentire al microscopio di fornirci una
visione ottimale del canale e del frammento. Si deve rimuovere la dentina
con grande cautela, usando punte da
ultrasuoni di varia grandezza.
Nella mia esperienza l’uso delle
punte da ultrasuoni deve essere differenziato: la punta più tagliente va
usata per creare lo spazio necessario
al di sopra del frammento, mentre
una punta più delicata si utilizza per
un lavoro più preciso attorno allo
strumento fratturato, dove è preferibile minore potenza e maggiore con-
d
h
trollo, difficile da ottenere con una
punta più aggressiva.
Pertanto, in questa fase preferisco
associare numerose punte, scegliendo
tra acciaio e titanio quando il lavoro
diventa più delicato. Queste ultime
hanno anche il vantaggio di poter
modificare la loro forma dal momento che sono meno rigide, per cui ci
consentono di dare loro diverse angolazioni che ci facilitano enormemente
l’accesso.
A questo scopo possono essere di
grande utilità le punte K File premontate da ultrasuoni. Esse erano
state disegnate per scopi specifici,
ma grazie alla loro elasticità possono trovare anche altre applicazioni,
in cui è necessaria un’azione efficace
ma al tempo stesso molto delicata,
non ottenibile con nessuna delle altre
punte disponibili sul mercato.
Con la punta che abbiamo scelto, si
crea lentamente dello spazio laterale
17
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allo strumento fratturato, riuscendo
così a dislocarlo e poi a rimuoverlo
vibrandolo gentilmente con l’azione
degli ultrasuoni fino a farlo uscire
dal canale (Figg. 17-21).
Più il frammento è posizionato apicalmente, tanto più è difficile usare
questo tipo di approccio, anche se
con qualche esperienza si riesce talvolta a rimuovere anche gli strumenti fratturati nel terzo apicale, magari
al di là di una curva (caso n° 6).
Secondo la mia opinione, la curva del
canale non rappresenta un limite assoluto, perché grazie all’utilizzo di K file
precurvabili possiamo lavorare anche
al di là delle curve canalari, mantenendo sempre un buon controllo della
punta; inoltre, quando uno strumento
si rompe in una curva del canale, di
solito almeno una sua piccola porzione
resta visibile e questo ci consente di
applicare la tecnica ora descritta.
Nei casi in cui questo non sia sufficien-
19
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te per l’eccessiva lunghezza dello strumento fratturato, si può, come per i
perni, abbinare gli ultrasuoni con l’uso
di appositi kit disegnati per rimuovere
questi frammenti.
Il Kit di Cancellier o il nuovo strumento Instrument Removal System (IRS)
disegnato da Cliff Ruddle rappresentano un’ottima alternativa e offrono alcuni vantaggi senza alcun rischio reale.
Essi consistono in una serie di tubicini
vuoti di diverse misure che, inseriti nel
canale, possono incarcerare la porzio-
2006
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Figura 17-21
Sequenza e tecnica della rimozione
dello strumento fratturato.
a
CASO n° 6
b
c
Figura a, c
Strumento fratturato al di là di una
curva nella radice mesiale di un molare inferiore.
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CASO n° 8
Figura a, b
Dens in dente.
Figura c-h
Sequenza del trattamento. Con
gli ultrasuoni ed il microscopio è
possibile rimuovere tutto il tessuto
dentale senza minimamente danneggiare le pareti dentinali originali.
a
b
d
e
g
Figura a
La radiografia preoperatoria mostra
una lesione della biforcazione.
Figura b-e
Largo riassorbimento della zona della
biforcazione nella radice mesiale.
Figura f, g
Il cemento MTA ripara il difetto.
Figura h
Ritrattamento endodontico e ricostruzione del moncone.
Figura i
Il controllo dopo 18 mesi mostra la
guarigione del caso.
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ne libera dello strumento fratturato e
quindi estrarlo. Con questo sistema si
può esercitare una considerevole forza
assiale sullo strumento, superando
così la resistenza delle pareti dentinali
(Figg. 22, 23).
L’ultima applicazione degli ultrasuoni
in endodonzia è quella connessa con la
preparazione del canale stesso. La sagomatura con lime ultrasoniche, tecnica
comunemente usata all’inizio degli anni
’80, è stata da lungo tempo abbandonata ed oggi possiamo usare l’azione
23
Oggi gli ultrasuoni possono anche essere
utilizzati in casi particolari per veicolare
il materiale da otturazione, come quello
che è più comunemente usato per riempire il difetto e che è rappresentato dall’MTA (ProRoot, Dentsply Maillefer):
sotto la pressione delle vibrazioni si
adatta bene alla cavità preparata, lasciando una superficie liscia e ben compatta
che garantisce un ottimo sigillo al grave
difetto anatomico (caso n° 7).
f
h
CASO n° 7
c
Figura i
Radiografia postoperatoria.
Figura 22-23
Sistema IRS disegnato da Cliff Ruddle.
Per terminare, vediamo un caso di “dens
in dente” che è stato brillantemente
risolto grazie all’uso combinato degli
ultrasuoni e del microscopio operatorio, ovverosia, grazie a tutte le tecnologie che il mercato ci rende disponibili
per eseguire un’endodonzia sempre più
all’insegna dell’eccellenza (caso n° 8).
a
i
tagliente di queste punte in situazioni
cliniche specifiche che richiedono una
particolare preparazione del difetto anatomico, lasciando da parte la sagomatura canalare come tale.
Un tipico esempio di tale condizione è
rappresentata dalla perforazione. In questo caso, è indicato usare l’azione controllata di taglio delle punte da ultrasuoni per pulire il difetto dal tessuto di
granulazione e per regolarizzare i bordi
in modo da preparare la cavità per una
corretta sua otturazione.
b
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