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Emanuela Guarnieri Tali differenze sono spiegate in maniera scientifica e, a loro volta, smentiscono o confermano i più svariati e, simpatici o meno, stereotipi sulla differenza di genere. Non giustificano di certo, però, la mostruosa debolezza di alcuni uomini. Di quegli uomini che per secoli sono stati definiti “sesso forte” e credono che il concetto di forza e quello di violenza, esistano in una relazione di sinonimia. Gli uomini saranno più bravi a parcheggiare, o avranno più forza nei muscoli, ma di fronte alla fermezza di una donna, a un NO deciso di una donna, alcuni crollano, vanno in panico, un panico che non sanno gestire se non alzando la voce, alzando le mani e/o abbassando i pantaloni. Poco più di una settimana fa, Veronica, l’ennesima donna uccisa da un uomo che non voleva più al suo fianco, e Reyhaneh Jabbari, alla fine, nonostante l’impegno internazionale per salvarle la vita, è stata impiccata nel carcere di Teheran, condannata a morte per aver ucciso l’uomo che aveva tentato di stuprarla. La donna fa paura, nella mente dell’umanità si è plasmata l’idea, da tempi “biblici”, del vedere nella donna un pericolo, esseri che danno la vita e al tempo stesso la tolgono, spacciatrici di mele avvelenate. La libertà di una donna è continuamente giudicata, ostacolata e programmata dall’uomo insicuro che le è accanto. La dignità di una donna è ogni giorno sporcata, marchiata a fuoco, calpestata, da chi alla sua, di dignità, non ha mai saputo dare ascolto. La donna è lo specchio della piccolezza di certi uomini, ne è lente di ingrandimento, doloroso zoom che non perdona, termine di paragone troppo difficile da sostenere. Cosa scatta nella mente di un uomo debole e vigliacco quando la donna si “ribella”? Cosa succede se quella che reputa la “sua” donna, è in realtà ben cosciente di essere lei, l’unica proprietaria di se stessa? E cosa, infine, accade se una donna è così forte anche da difendersi fisicamente da un uomo? A Veronica e Reyhaneh Jabbari, complici l’ingenuità di accettare il confronto nel primo caso, e la vergognosa (e legalizzata!) visione del mondo nel secondo, è andata a finire nel peggiore dei modi. Le donne non prendano alla leggera le prime avvisaglie, trovino la forza e il coraggio di denunciare, abbandonino l’istinto di proteggere il loro carnefice, e, perché no, provvedano ad imparare a difendersi, pratichino la difesa personale. Si prevenga il problema prima che sfugga dalle mani. Si impari a gestire le cose gestibili, a difendersi almeno da quel che si può. Perché contro ignoranza, paura e violenza, non c’è difesa che tenga. 2 “ Chi di voi vorrà fare il giornalista, si ricordi di scegliere il proprio padrone: il lettore! Indro Montanelli www.impattomagazine.it [email protected] 3 stanco della vecchia EDITORIA? !MPATTO MAG si apre al mercato digitale dei device mobili. !MPATTO MAG offre ogni settimana approfondimento. !MPATTO MAG viene distribuito gratuitamente. Editoriale N.5 | 4 Novembre 2014 Smart City: si deve Deburocratizzare! Si conclude la tradizionale manifestazione di Smart City. Un’innovazione che chiede all’Italia maggiore flessibilità. L Marco Tregua a scorsa settimana si è conclusa l’edizione 2014 di “Smart City Exhibition”. Manifestazione che attira l’attenzione di operatori privati, enti locali e cittadini per la presentazione di strumenti, progetti e risultati per il miglioramento dei servizi pubblici, tasto dolente di numerose realtà del paese. di tutti gli attori. La coesistenza dei due elementi appare come indispensabile, in quanto una mera trasformazione tecnologica servirebbe esclusivamente a velocizzare alcuni servizi, rendendo meno interattive le attività di servizio pubblico, rendendo di difficile realizzazione sia l’individuazione dei bisogni emergenti sia la misurazione dei risultati conseguiti. Uno dei principali interessi, sia per vicinanza temporale sia per rilevanza, è stato rappresentato dalla prevenzione degli eventi naturali che incidono fortemente sulla vivibilità di alcune aree e, spesso, sfociano in tragici eventi, come accaduto a Genova nello scorso ottobre. Una task force tra esperti del territorio, meteorologi e operatori locali ha rappresentato una delle proposte più frequenti durante i dibattiti, talvolta alquanto accesi, ma che hanno condotto verso la necessità di fare sistema e di alleggerire la macchina burocratica per favorire gli interventi nelle zone ad alto rischio. La partecipazione dell’intero panorama di attori è stata, dunque, interrelata con la possibilità di semplificare l’iter delle decisioni pubbliche e soprattutto di supportare gli amministratori locali nella scelta degli interventi da realizzare. Alcune realtà locali presenti alla manifestazione di quest’anno hanno mostrato alcuni dei risultati conseguiti in virtù della partecipazione del pubblico, rappresentando, così, delle best practices per il resto del territorio. È stata, tuttavia, sottolineata la ridotta applicazione di una logica partecipativa, proprio a causa dei paletti imposti dalla legislazione nell’apertura dell’accesso ai dati e nelle operazioni di diretto coinvolgimento di tutti gli attori. La stessa logica di snellimento ha accomunato anche gli interventi incentrati sul miglioramento dei servizi pubblici e sulla trasformazione delle città in territori smart, vale a dire aree in cui la fornitura dei servizi ai cittadini e lo sviluppo economico e sociale siano supportate dall’intervento delle nuove tecnologie e dalla partecipazione Snellire per velocizzare e coinvolgere, questa sembra essere la logica vincente da proporre per favorire la crescita della qualità della vita delle città italiane. 4 Sommario N.5 | 4 Novembre 2014 !MPATTO magazine di approfondimento www.impattomagazine.it [email protected] Direttore Responsabile Emanuela Guarnieri Responsabile Editoriale Guglielmo Pulcini Attualità Anna Annunziata Giorgia Mangiapia Marina Finaldi Flavio Di Fusco Economia Pierluigi Patacca Gennaro Battista Valerio Varchetta Marco Tregua Cultura Liliana Squillacciotti Giangiacomo Morozzo Scienze Claudio Candia Gastronomia Eleonora Baluci 10 Scatti a Parigi Una galleria della vita nelle case della capitale francese. 66. Delitto d’onore Delitto d’onore, a decenni dall’abrogazione in Italia, storia di una barbarie che continua a mietere vittime nel mondo. 18. Jobs act e il lavoro nella penisola Ma davvero la stasi del lavoro dipende dall’art 18? 40. L’indagine Un’indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. 49. Le differenze di genere Un’analisi sulle differenze biologiche tra uomo e donna. 55. La gastronomia arabo-siciliana Dagli agrumi alle spezie passando per il cannolo. 60. Si legge e si vede: Feuilleton Una raccolta di tre storie e una galleria fotografica 15. Sport Davide Nudo Traduzioni Alessia Candia Grafica Ennio Grilletto Vittoria Fiorito Edito da Gruppo Editoriale Impatto IT 07802041215 gruppo.impattomagazine.it [email protected] Coordinamento Pulseo IT 07369271213 www.pulseo.biz [email protected] Testata Registrata presso il tribunale di Napoli con decreto presidenziale numero 22 del 2 Aprile 2014. Le foto presenti su Impatto Mag sono state in larga parte prese da Internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, lo possono segnalare alla redazione (tramite e-mail: [email protected]) che provvederà prontamente alla rimozione delle immagini utilizzate. 5 7. 19. H&M: La logica di un mercato umano Sulle trame di una informazione socialize Reportage sulle fabbriche del potere e dello sfruttamento in Cambogia. Perchè il sudore in fabbrica rende e produce. L’editoria è sempre più 2.0 e l’informazione, corre sui social. Ma la rapida condivisione dei fatti spesso riserva sorprese. Il Ritorno del Professore L’ex premier italiano Mario Monti in una breve missiva all’Economist delinea la chiave di svolta europea nella ricerca della flessibilità. 31. 23. 35. 43. Sangue, sudore e guerra per conquistare l’Avorio Adesso sorveglio io le banche europee Christopher Nolan, oltre Batman c’è di più. Continua l’orrida mattanza degli elefanti. L’Africa occidentale deve produrre Avorio per i nuovi ricchi. La presidentessa della Sorveglianza, Danièle Nouy interviene sulla strategia per il controllo delle Banche centrali. Un breve profilo del regista londinese Christopher Nolan, da Memento alla Saga di Batman ed i progetti futuri. 6 Attualità N.5 | 4 Novembre 2014 La logica di un mercato umano Abiti sporchi di abusi e sfruttamento nelle sweatshops delle firme fashion. Reportage sulle fabbriche del potere in Cambogia. Perchè il sudore in fabbrica rende. Redatto da Giorgia Mangiapia 7 In foto - Una borsa rossa firmata H&M. La marca per i suoi prezzi contenuti è amata dai giovani di mezzo mondo. Il mondo deve essere regolato da una strana legge del contrappasso – che il mondo stesso, nell’ artificio perverso della mente umana, deve aver creato – se in un paradiso terrestre si vive l’inferno. Distese di giungla, scorci paesaggistici che stravolgono gli occhi con pennellate naturali che l’occhio umano può solo imitare e, per sensibilità rara e non diffusa, può assorbire e a cui si può ispirare; spiagge deserte, isole semi-abitate, risaie brulicanti, palmeti ombreggianti, fiumi maestosi. Una dimensione parallela, altra e oltre, immersa in una natura selvaggia e, allo stesso tempo, accogliente, dolce e pericolosa nell’insieme come solo un luogo incontaminato può essere. Edifici in stile coloniale, insegne di vecchie farmacie, ville in rovina, memori di una colonizzazione francese non lontana. È la Cambogia. La Cambogia e la sua gente: i khmer. Chi vive del poco, sorride onestamente non conoscendo ciò di cui è privato. Semplicità, gentilezza, accoglienza e umanità. Un’umanità che qui si offre ma non si riceve. I loro occhi orientali e intensi sono abbassati per ore, impegnati a seguire, ininterrottamente e a tempi piccoli e regolari, una linea tracciata da un filo; le loro mani piccole, affusolate e sottili sono perfette per cucire e tessere, senza bisogno di chissà quale perfezione perché, nella sweatshop, la catena umana di montaggio non ammette rallentamenti e non ammette stanchezza. Sweatshop. Sudore in fabbrica. Dødsbillig Mote. Fabbrica sfruttatrice. Moda barata de la muerte. Il prezzo mortale della morte. Definizioni diverse atte a designare un unico luogo: una fabbrica o un laboratorio, in genere nel settore dell’abbigliamento, in cui si è costretti a condizioni di lavoro socialmente e In foto - L’entrata del negozio N&M per uomini a New York. Gli store del colosso svedese vengono spessi divisi per sesso. 8 Attualità N.5 | 4 Novembre 2014 In foto- L’interno di una fabbrica di produzione H&M in Cambogia, tra Thailandia e Vietnam. In tali stabili centinaia di donne sfruttate e sottopagate creano i nuovi modelli del colosso svedese. umanamente inaccettabili perché pericolosi, affollati, a bassa retribuzione non proporzionata alle ore lavorative, con sfruttamento minorile per la corsa al ribasso tipica delle multinazionali. H&M, Nike, WalMart, Reebok, Zara, alla ricerca di minori costi di produzione. Ridurre i costi ed aumentare i profitti. Un must per il capitalismo. Un capitalismo spietato. Perché in India, in Cina, in Nord Africa, in Pakistan, i sweatshops offrono posti di lavoro e “lavorare in un laboratorio tessile è la cosa 9 migliore […] rispetto ad alternative peggiori”. Paul Krugman, premio nobel per l’economia nel 2008 da economista razionale sostiene che , ovviamente, la produzione nei Paesi in difficoltà crea un effetto a catena che avvantaggia la gente comune. Nella logica della mors tua vita mea, non fa una piega, è il caso di dirlo. Meglio dello spaccio, meglio della prostituzione minorile. Molto meglio elemosinare lavoro, sottostare a ritmi esasperanti e concedere sfruttamento così l’economia, del mondo perverso dove vige la legge del contrappasso, gira. Gira nell’incanto del benessere. Pedding prosperity, per citare Krugman. Una trama tessuta da mani stanche e massacrate per abiti firmati, puliti, quasi perfetti per vestire corpi e nascondere coscienze. Coscienze sporche di abusi e oppressioni. Esistono altre trame intrecciate ad opera di un capitalismo etico che non nasconde coscienze ma le svela. Troppo lontane dalla realtà della Cambogia, del Vietnam, di Honk Hong, del Pakistan, dove gli standard sociali e ambientali sono tanto bassi per comprimere i costi di produzione affinché la “gente comune” ne tragga beneficio mentre altra “gente comune” viene sfruttata. Logica del mercato. Cosa c’è dietro quelle maglie? H&M: il colosso svedese, il paradiso degli abiti abbordabili. Colori in quantità, stili diversi per accontentare i gusti di ognuno. Tutto è accessibile a tutti. O quasi. Perché chi li cuce e crea non potrebbe mai acquistarli. Ma come? Si tratta di un low cost. Ci si riempie l’armadio con pochi euro e poco importa la scarsa qualità di manifattura e materiali: se le cuciture non sono precise si compra di più e si cambia più spesso. Per la gente comune è così. Ma chi li cuce, non può permettersi di acquistarli. Vien da chiedersi chi sia la “gente comune”. Chi rientra in questa categoria? Anniken, Ludvig e Frida: tre giovani fashion blogger norvegesi. Gente comune. Si sono recati, per iniziativa del quotidiano Aftenosten, in Cambogia per lavorare, tra altra In foto - La linea running e fitness targata H&M. gente comune cambogiana, presso un laboratorio tessile di H&M. Dopo un mese e turni massacranti di 18 ore al giorno di lavoro, una paga di 100 dollari al mese - un quarto di ciò che serve per sopravvivere -, 5 giorni lavorativi che diventano 7 poiché il guadagno va ad ore, spese di 50 dollari per l’acqua e la luce e di 30 dollari per la casa, da gente comune hanno compreso di trovarsi di fronte al dramma umano di centinaia di persone. Lo avevano intuito dal primo momento in cui sono entrati nell’abitazione - se così può essere definita una piccola e angusta scatola di cemento di pochi metri quadrati priva di finestre, in cui si dorme per terra e comprendente servizi igienici indecenti, insetti e sudiciume – di Sokty, una 25enne che li ha accolti ed ospitati la prima notte. La sveglia alle 5.30 per recarsi alla fabbrica di Phom Pehn. Nei furgoni si vedono arrivare decine di persone in piedi, addossate e già pronte con la mascherina sul volto. Scendono dal fugone ed entrano in uno degli stanzoni: metri e metri di stoffe In foto - La linea weeding di H&M, firmata da Versace. 10 Attualità ricoprono i banconi, macchine per cucire in fila e ognuno si siede alla sua postazione. Una volta seduti, non si è più uomini ma macchine. Macchine umane sorvegliate mentre le dita scorrono veloci, passano su cuciture, piegature, risvolti. Toccano stoffe ma non le percepiscono al tatto ormai assuefatto mentre nelle orecchie, per ore e ore, ascoltano solo il rumore delle macchine da cucire ma non ne avvertono più il suono. Ci si aliena dal mondo per non rischiare d’impazzire per la stanchezza. E così Anniken, Ludvig e Frida, tra crisi di pianto e stanchezza cronica, con le ingenuità - a volte eccessive - da gente comune che non considera possibili tali realtà, vivono tra mercati neri per poter acquistare del cibo, giornate lavorative di cui non riescono a reggere il peso e restano sconvolti, sbalorditi, toccati dalle storie di propri coetanei che non conosco altre realtà se non il lavoro nella sweatshop. Perché di una sweatshop si tratta. Che porti il nome di H&M, di Nike, Reebok, WalMart, Zaram Gap, Primark o Top Shop, poco cambia. In un docu-reality hanno raccontato, mostrato cosa si nasconde dietro un abito alla moda dal prezzo accessibile. “Sweatshop. Dødsbillig Mote” il titolo del reality che è stato censurato dallo stesso quotidiano Aftenosten per paura di ripercussioni. Fino a quando Anniken Jørgersen ha raccontato sul suo blog la verità per far conoscere le condizioni disumane a cui sono costretti i dipendenti. A seguito del boom mediatico, H&M ha dichiarato di aver preso seri e determinati provvedimenti nei confronti dei laboratori tessili a cui è commissionata la realizzazione degli abiti. H&M come Nike, la cui immagine subì un duro smacco proprio in Cambogia “ N.5 | 4 Novembre 2014 Un capitalismo selvaggio ha insegnato la logica del profitto ad ogni costo, del dare per ottenere, dello sfruttamento senza guardare alle persone. I risultati si vedono nella crisi. Jorge Bergoglio Papa Francesco In Cambogia 11 La produzione Il controllo Le proteste Avviene all’interno di grossi distretti in Cambogia, Asia. La casa madre centrale verifica la creazione dei capi in fabbrica. Il popolo spesso ha protestato contro H&M e Walmart. In foto - Anniken Jørgensen è la fashion blogger svedese che ha svelato cosa accade all’interno delle fabbriche di H&M. a causa delle accuse di sfruttamento di manodopera infantile e che si difese garantendo che i fornitori cambogiani impiegavano solo ragazze sopra i dieci anni. Ma i video incriminanti ritraevano bambine. Stuoli di bambine. Nonostante gli scandali, l’economia deve girare. Farsi delle domande È accessorio chiedersi come mai si possa spendere così poco, ci si vela ghi occhi e si finge di non sapere, di non aver sentito di crolli di fabbriche tessili, come la Spectrum Sweater Ltd, perché costruite su terreni paludosi con la conseguente morte di quasi un centinaio di donne che vi lavoravano di notte per il mercato nero. Dissonanza cognitiva. Ovvero mentire a noi stessi per non sporcarci la coscienza. Peccato che di sporco abbiamo gli abiti che indossiamo. Sporchi di abusi e disumanità. Sporchi del sacrificio inumano di chi non ha altra scelta se non lo sfruttamento. Nell’incanto del benessere. E mentre i colossi costruiscono inferni in paradisi, esistono al mondo, In foto - Anniken Jørgensen ha solo diciassette anni. (Ph. Anniken J. Blog) In foto - Anniken Jørgensen posa con una sciarpa H&M In foto - Anniken Jørgensen, assieme a Frida Ottesen e Jens Ludvig Hambro Dysand è la creatrice del documentario SweatShop. 12 Attualità In foto - Karl Johan Persson, CEO di H&M in primo piano. N.3 | 21 Ottobre 2014 N.5 4 Novembre 2014 In foto - Karl Johan Persson, in un locale commerciale H&M. Nell’economia la gestione è fare le cose nel modo giusto. La leadership è fare le cose giuste. “ Peter F. Drucker 13 fortunatamente, altre trame tessute in tutt’altra maniera. C’è chi ha cominciato a produrre maglioni di cachemire in colori brillanti e ha creato un impero dando voce e corpo ad un capitalismo dal volto umano. Brunello Cucinelli, imprenditore del cachemire, s’ispira a grandi nomi e, soprattutto a grandi idee, come Kant “Amo il cielo stellato sopra di me e la morale dentro di me”- l’imperatore Adriano “Sentirsi responsabili della bellezza del mondo”-, Dostojevskij -“La bellezza ci salverà”- nel far diventare realtà ciò in cui crede: costruire, produrre in azienda partendo dalla dignità e dalla morale umana. I suoi dipendenti guadagnano quasi il 30% in più rispetto agli impiegati nei settori affini. Strategie dominanti Non si tratta solo di successo e di strade spianate. Vi è una logica di pensiero, uno stile di vita e un percorso dell’anima, l’anima della sua impresa, a guidare il re del cachemire: “Solo l’eccellenza ci può far conquistare il mondo” e l’eccellenza si ha con etica e morale perché anche il profitto deve avere un’etica e una morale. Perché soltanto se si offre dignità In foto - Brunello Cucinelli, amministratore della Cucinelli SpA. In foto - Brunello Cucinelli all’interno di uno store della sua casa di moda. ““ È indubbio Con che ill’Europa primo non si passo nell afferma evoluzione un’idea diè dell etica pace, ma di di un senso guerra: paesi solidarietà l’un contro con gli altri l’altro esseri armati. umani. Albert Schweitzer Marine Le Pen Filosofo e medico tedesco Europarlamentare lavorativa, armonia, stima reciproca e soddisfazione si costruisce e si può sviluppare la creatività. Seguire la logica del mercato non è sinonimo di disumanità. Non sempre almeno. Il profitto non è in antitesi con la soddisfazione della manodopera e se il lavoratore è considerato come capitale umano trae beneficio dalla dignità a cui ha diritto e si sente parte integrante di un’impresa per la quale lavora al meglio. “Bello è un concetto sovrastrutturale che al di là della sfera figurativa si riflette in quello globale dell’estetica. Può essere bella un’architettura, un dipinto, una melodia, un capo di vestiario, nello stesso modo in cui può esserlo un’anima”. Si potrebbe iniziare, noi in primis, dal liberarci degli abiti sporchi del sudore della gente comune per pulirci l’anima e poter riscoprire il Bello ormai perduto nei meandri del profitto. H&M, Nike e company avrebbero solo da imparare dalle parole di Cucinelli:“Ciascuno sa che la propria opera è un tassello indispensabile alla crescita comune e che la nostra qualità integrale è il frutto della qualità interiore di ognuno”. Logica di un mercato umano. 14 Società N.5 | 4 Novembre 2014 O T T I UO L S L E I D’ONORE E IO G G A RET D Trentatre anni. Sono trascorsi solo trentatre anni da quando macchiarsi impunemente le mani di sangue al fine di “salvaguardare l’onore” aveva caratteri diversi dall’omicidio in piena regola come lo si conosce oggi. L’onore di una barbarie L’assassinio di una donna sposata colta “in flagrante delicto” era punito in maniera molto più lieve: l’attenuante dell’ira derivante dall’oltraggio all’onore proprio e della propria famiglia, il matrimonio riparatore che ristabiliva pacificamente l’onore perduto della ragazza nubile stuprata, la necessità di lavare a tutti 15 Redatto da Anna Annunziata i costi l’onta che una relazione illegittima di una donna gettava sulla famiglia o sul marito erano pienamente e salomonicamente radicati nel contesto socioculturale dell’Italia di pochi decenni fa. Non si tratta, dunque, di gentiluomini imparruccati che si sfidano a duello alle prime luci dell’alba o di Achei sporchi di sangue che assediano le mura di Troia, ma dell’Italia prima del 1981, quando è stato finalmente reciso tale ramo secco della legislazione penale: un’abrogazione tardiva e recente nella cronologia della nostra storia giuridica. Un retaggio fin troppo difficile da estirpare, recisione di un ramo che trova nel maschilismo di una società profondamente patriarcale e patrilineare le sue radici, la sua ragion d’essere. Sono tuttora ricche, le nostre cronache nazionali, di storie di sangue, ove l’amore e il rispetto della donna lasciano spazio ad atti di inaudita e immonda violenza. Cronache nazionali che non esitano a parlare di“delitto e raptus passionale”o di “dolo d’impeto”. Le catene dei malvagi - Condotte prodromiche e ossessive nei confronti di donne che decidono di liberarsi dalle catene di una relazione soffocante fanno da cornice, da sfondo e da preludio, come da copione, a quella forma di omicidio di genere che non fa che mietere vittime con crescente frequenza negli ultimi anni. Gelosie incontrollate, omicidi confessati e spacciati per doverose punizioni, retti dalla logica primordiale del “se non è più mia non sarà di nessun altro”. Pedinarla, impedirle di “ Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia ... Incipit norma sul delitto d’onore 16 “ Bisogna far notare che la dignità non consiste nel possedere onori, ma nella consapevolezza di meritarli. Aristotele lavorare, di avere una vita sociale: nulla di patologico in ciò, solo il modo normale, in alcuni contesti, di essere uomini e innamorati della propria donna, anche a detta di quest’ultima. Cosa penserebbe oggi Simone de Beauvoir, che teorizzava la possibilità di liberazione del “secondo sesso”, liberazione dal mito della femminilità, la riscoperta della donna come soggetto, rifiutando ogni complice sottomissione all’uomo? Cosa è cambiato da quando Virginia Woolf denunciò, nella “Società delle straniere”, quella differenza di genere che Stato di Ira L’art. 587 del codice penale consentiva quindi che fosse ridotta la pena per chi uccidesse la moglie (o il marito, nel caso ad esser tradita fosse stata la donna), la figlia o la sorella al fine di difendere “l’onor suo o della famiglia”. Tuttavia l’accadimento doveva avvenire sotto stato di ira. poneva la donna in una posizione subalterna, vittima del carattere patriarcale del pensiero occidentale? In Italia è cambiata per gran parte la legislazione,soprattutto con le ultime riforme. A rimanere immutata è, però, una mentalità regressa ancora in auge in alcune realtà, corrispondente a un modello socioculturale alquanto arcaico e non ancora superato. Cosa ci si aspetta da una nazione che non ha permesso alle donne di votare fino al 1946 e fino agli anni ’60 di entrare in magistratura? Esattamente quello che accade adesso: l’imposizione di un’uguale rappresentanza dei sessi nelle regole elettorali, che sotto le mentite spoglie di un appello bipartisan atto a favorire la parità dei generi, cela tanto sessismo e acuisce le disparità. “Il dominio maschile sulla donna è la più antica e persistente forma di oppressione esistente”. Tali parole di Pierre Bordieu non apparivano anacronistiche nell’Italia contadina di appena qualche decennio fa, né tantomeno oggi, nell’Italia che resta, purtroppo, l’Italia dei “codici d’onore”. Il retaggio moderno Nel XXI secolo l’abominio del delitto d’onore era ancora consueto, tanto che nel 2002 nel 2004, le Nazioni Unite hanno presentato una risoluzione per dar fine ai delitti d’onore e altri crimini collegati all’onore. 17 Editoriale Jobs Acts e il N.5 | 4 Novemhre 2014 licenziamento facile La riforma del Welfare attuata dal Governo Renzi è in fieri. Ma davvero tutto ruota attorno all’articolo 18? C ontratto a tutele crescenti per i neoassunti, riordino delle forme contrattuali di lavoro, flessibilità delle mansioni in caso di riorganizzazione nel comparto, riforma CIG (Cassa Integrazione Guadagni) ed ASPI (Sussidi di disoccupazione, razionalizzazione incentivi all’assunzione ed autoimpiego, ferie solidali, contratti di solidarietà e molto altro ancora. Venghino, Signore e Signori, la riforma del Welfare è in fieri! Flavio Di Fusco Tutto ruota – ancora una volta – attorno al tanto stigmatizzato Art.18 dello Statuto dei Lavoratori (Lg. 300/70), la cui rubrica recita “Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo”. In linea di principio, il testo originario di tale articolo dava modo, attraverso sentenza del tribunale, al lavoratore licenziato ingiustamente di essere reintegrato nel comparto. Il tempo al passato è d’obbligo poiché l’articolo è stato modificato dalla Riforma Fornero del 2012 al fine di ridurre le tutele a carico del lavoratore: in questi casi, chi viene lasciato a casa ingiustamente ha diritto - in linea di massima soltanto a un risarcimento in denaro; il reintegro rimane sol per i licenziamenti discriminatori, mentre per quelli disciplinari viene lasciato un margine di discrezionalità al giudice. Nonostante ciò il Governo ha annunciato che gli indici di protezione dei lavoratori italiani sono eccessivamente alti e questo è uno dei motivi perché l’Italia non cresce: i datori di lavoro non possono licenziare ad nutum. Come spiega l’economista Riccardo Realfonzo, non solo la riduzione delle tutele dei lavoratori non aumenta l’occupazione, ma rispetto ai lavoratori tedeschi e francesi, quelli italiani risultano meno tutelati. Sventolando il vessillo della flessibilità in uscita, la riforma del Governo prevede, per i neoassunti al primo impiego e per i disoccupati, la nascita di un contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti; chi verrà in questo modo assunto, non godrà delle protezioni previste dall’articolo 18 e quindi non avrà diritto a essere reintegrato nel comparto nell’eventualità di licenziamento senza giusta causa. Anche in caso di una sentenza del giudice a lui favorevole, il lavoratore potrebbe sperare esclusivamente in una indennità in denaro proporzionale agli anni di servizio. In conclusione potremmo sostenere che, quantomeno, la Fornero ha avuto il buon gusto di sollazzare gli italiani con un pianto ipocrita…ma Renzi no! Si continua strenuamente a sostenere che il problema occupazionale riguardi la flessibilità in uscita e non quella in entrata. L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro o meglio, sul Job. 18 Attualità N.5 | 4 Novembre 2014 19 Informazione Socialize L’editoria è sempre più 2.0 e l’informazione, ormai corre sui social network. Ma la rapida condivisione dei fatti spesso riserva sorprese. Redatto da Valerio Varchetta Condividere, diffondere, pubblicare, postare, sono verbi entrati nell’uso comune e con un significato ben preciso con l’esplosione dei social network, ormai non più assimilabili a mero fenomeno di costume, ma a primo mezzo di comunicazione interpersonale, non solo tra le giovani generazioni. L’uso della rete, vista come gratuita, alla portata di tutti e per questo libera, contribuisce alla diffusione di questi mezzi di comunicazione e soprattutto di quello che con i nuovi strumenti si vuole trasmettere e comunicare. Col tempo, però, la comunicazione sulle piattaforme sociali non è rimasta confinata solo alla sfera privata, ma è divenuta per molti il mezzo privilegiato di informazione. L’informazione corre sui “Mi piace” - È diffusa ormai la convinzione che la ricerca di informazioni a cui poter dare credito debba avvenire solo ed esclusivamente in rete, spazio libero da influenze politiche, al contrario di giornali e TV che sono viste alla mercé dei cosiddetti “poteri forti” e in particolar modo della classe politica, tanto contestata in questo periodo di crisi. La rete, però, proprio per la sua caratteristica di essere accessibile a tutti, è fortemente a rischio di inattendibilità, dato che chiunque può crearsi uno spazio di comunicazione e diffondere notizie con notevole rapidità. A decidere poi il credito che può avere una determinata fonte è lo stesso “popolo della rete”, con la conseguenza che le fonti più cliccate sono anche quelle ritenute più attendibili, e viceversa; si crea così un circolo vizioso che permette ad alcuni utenti piuttosto che ad altri di costituire una fonte preferita per reperire notizie. È chiaro, quindi, che chi si trova in questa posizione di vantaggio può anche esercitare un’influenza su chi legge le notizie esclusivamente in rete e da poche fonti, senza magari effettuare dei confronti con altre fonti per verificare o meno la veridicità di quanto letto. Attraverso gli ultimissimi canali di comunicazione, poi, l’informazione arriva in modo ancora più rapido, quasi istantaneo, grazie allo strumento della condivisione di link. Se questo di per se è un aspetto positivo, perché permette una circolazione 20 Attualità N.5 | 4 Novembre 2014 veloce di notizie, presenta delle falle se non applicato correttamente, oppure può distorcere l’informazione - al pari dei mezzi “tradizionali”se punta sull’uso di titoli a effetto con lo scopo di convincere il lettore che la lettura dell’articolo stesso sia superflua. Un esempio di ciò si è avuto dopo le ultime elezioni europee. Nei primissimi giorni dopo il voto erano circolate accuse di brogli da parte di esponenti del Movimento 5 Stelle; pochi giorni dopo la consultazione, su Facebook circolava insistentemente un link che rimandava al blog di Grillo dal titolo “Brogli a Reggio Emilia”. I commenti, sia sul social che sul blog erano dello stesso tipo: da un lato sostenitori pentastellati ad accusare il PD di aver vinto in maniera fraudolenta, dall’altro elettori democratici che accusavano gli avversari di accampare scuse per la sconfitta. Sarebbe bastato leggere l’articolo per far sì che questo dibattito non nascesse: infatti l’argomento riguardava una denuncia di brogli, ma relativa alle elezioni amministrative tenutesi in contemporanea alle europee, denuncia tra l’altro presentata non solo dai 5 Stelle, ma anche dallo stesso PD. È chiaro quindi, come anche la diffusione di notizie in rete sia manipolabile, al contrario di quanto generalmente si tende a pensare; in questo caso, inoltre, diffusa in quel modo, ha fatto passare in secondo piano un tema importante come quello della regolarità delle elezioni amministrative. Condividi quello che non ti dicono - In rete, poi, e sui social in particolare, si tende 21 In foto- Beppe Grillo, leader del Movimento Cinque Stelle. a introdurre la notizia non solo col titolo a effetto, ma anche con frasi del tipo “La notizia che al telegiornale non sentirai mai”, “Quello che i media non vogliono che tu sappia” per aumentare la curiosità dell’utente e per spostare il suo punto di vista a favore del contenuto che si vuole diffondere. Un caso tipico è quello di link che riportano notizie di metodi alternativi per curare malattie anche gravi, mettendo in cattiva luce il lavoro di ricercatori e medici, lavoro che di solito richiede anni per ottenere risultati significativi. Spesso dietro a queste notizie ci sono siti che guadagnano a seconda del numero di clic che ricevono, per cui un titolo accattivante può far sì che ci si colleghi incuriositi dalla notizia sensazionale che sembra celarvisi. Un altro metodo è quello di diffondere foto di persone con sotto nome, cognome, carica pubblica che dovrebbero ricoprire, e soprattutto lo scandaloso trattamento economico che riceverebbero. A volte, però, queste ricostruzioni sono false, come può essere facilmente scoperto con una rapida ricerca in rete. Un mezzo ingannevole? Detta così, potrebbe Dick Costolo Classe 1963, è l’attuale CEO di Twitter dopo il passaggio di Evan Williams a Medium. Mark Zuckerberg Amministratore Delegato di Facebook Inc, è stato un pioniere della diffusione di notizie attraverso i social network, intuendone anche l’alto potenziale commerciale attraverso le sponsorizzazioni. sembrare che i social siano uno strumento totalmente inaffidabile, foriero di notizie sbagliate e devianti. Non è così, o perlomeno non sempre. L’utilizzo di questi strumenti di massa, infatti, può essere estremamente utile per conoscere cose che possono sfuggire o essere distorte dai media tradizionali, purché venga accompagnato da un forte senso critico e da una capacità di confrontare diverse fonti della stessa notizia, proprio per non essere manipolabili dallo strumento che dovrebbe dare un’informazione più completa e veritiera. Prima di condividere, commentare e mettere un “Mi piace” sarebbe opportuno verificare l’attendibilità della notizia, per evitare una diffusione di informazioni non completamente vere che di certo non aiuterebbe l’idea di informazione libera. E sarebbe utile anche per smascherare delle gaffe, come la foto di un contadino che girava su Facebook accompagnata da una didascalia molto commovente che recitava “Ho lavorato la terra per quarant’anni e lo Stato si è preso tutto”. A parte la veridicità o meno di quanto affermato, la gaffe sta nel fatto che purtroppo il contadino ritratto nella foto era Pietro Pacciani, non esattamente il miglior testimonial per un messaggio del genere. 22 Economia N.5 | 4 Novembre 2014 L’AV 23 Redatto da Gennaro Battista L’avorio, conosciuto anche come l’oro bianco, è un materiale prezioso che si ricava dalle zanne dei possenti elefanti. La purezza del colore, la facilità di lavorazione e le caratteristiche di resistenza, elasticità e durevolezza di questo materiale, l’hanno reso nel corso dei millenni una delle materie prime più apprezzate da scultori e artigiani per le loro opere; divenute oggetto del desiderio prima della nobiltà e poi della borghesia di tutto il mondo. Da banali pettini sino ai monili più curati e preziosi, passando per sculture, decorazioni e addirittura medicine curative e creme di bellezza dalle promesse miracolose, l’avorio rappresenta uno degli oggetti più richiesti dall’industria del lusso sin dalle epoche più primitive della storia Il sangue per VORIO umana. Benché dotato di estremo fascino e grande duttilità, l’avorio resta una risorsa reperibile solo attraverso l’uccisione di un animale magnifico quale è l’elefante, che per questo rischia l’estinzione. Basti pensare che nel 1979 si contavano circa 1 milione e 300 mila esemplari di questa specie, mentre dieci anni dopo, quando il commercio internazionale d’avorio fu bandito in 176 paesi, sopravvivevano solo 600mila individui. Da allora nessuna stima ufficiale è stata fatta, ma sappiamo dai calcoli di biologi specializzati come Mike Chase che negli ultimi 35 anni il loro numero dovrebbe essersi ulteriormente dimezzato, con circa 12mila uccisioni registrate solo nel 2012. Di questo passo, nel giro di qualche decennio, gli elefanti potrebbero definitivamente sparire dal loro habitat, diventando un felice ricordo del passato. La domanda di avorio, in occidente, ha visto un drastico calo a partire dalla fine del secolo scorso, quando una crescente sensibilità nei confronti dell’ambiente, la natura e la sua conservazione, ha fatto sì che la collettività si ponesse il problema della tutela dell’elefante, anteponendolo al consumo dei suoi derivati; ma lo stesso non si può dire per l’estremo oriente, dove la richiesta è invece rimasta elevata: ad oggi la sola Cina rappresenta il 70% di questo mercato. Il business dell’oro bianco ha dimensioni spaventose, muove più di diciannove miliardi di dollari l’anno, e ormai è talmente feroce da essersi ricoperto di rosso. Ma a scorrere non è solo il sangue degli elefanti. Il mercato dell’avorio - Il mercato di questa controversa materia prima è piuttosto complesso, viaggia infatti su due binari. Uno legale, riaperto nel 1997 e gestito da CITES, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate 24 Economia N.5 | 4 Novembre 2014 profit. Sfortunatamente è stata proprio la riapertura del mercato legale a rendere il business dell’avorio nuovamente fruttuoso, dopo un lungo periodo di declino di prezzi e domanda. Nel 1997, a seguito di pressioni durate più di un decennio, gli stati africani del Botswana, Rwanda, Namibia, Zimbabwe e soprattutto Sud Africa, hanno ottenuto di poter vendere l’avorio che avevano accumulato tramite le morti naturali registratesi negli otto anni in cui il commercio era stato bandito. Così 49 tonnellate di avorio partirono tutte d’un colpo per il Giappone, con conseguenze disastrose. Nel 2006, poi, il malsano errore fu reiterato, attraverso un contratto con la Cina da ben 60 tonnellate, da consegnare a scaglioni lungo i successivi dodici anni. Nessun altro animale sembra esser più leale al giuramento dato, né più fedele nei riguardi della divinità, dell’elefante. “ di estinzione, firmata da 176 stati a Washington nel 1973; e l’altro illegale. Entrambi alimentano la grande domanda proveniente soprattutto da Cina, Giappone e Vietnam, a cui seguono a ruota un po’ tutte le nazioni del sud est asiatico, dove l’avorio è simbolo di ricchezza e benessere: ad esempio in Vietnam sono proprio le classi agiate ad alimentare il commercio illegale. I “nuovi ricchi” sono attratti non soltanto dalle discusse proprietà taumaturgiche e anti tumorali attribuite alle zanne di elefante, ma anche dallo status sociale cui rimanda il loro possesso. “Sono un simbolo di ricchezza: avere un corno è come possedere una Ferrari”, è quanto dichiarò al quotidiano francese Le Temps il giornalista Julian Rademeyer, autore del libro inchiesta Killing for Celso filosofo greco Produttori 25 Paul Kagame Robert Mugabe Jacob Zuma Presidente Rwanda Presidente Zimbabwe Presidente Sud Africa In foto- Alcuni si dedicano all’allevamento degli elefanti. La rigenerata capacità di rispondere alla domanda del bene, come facilmente prevedibile, generò un effetto moltiplicativo che accrebbe ulteriormente le richieste, facendo lievitare prezzi e profitti: la Ong Save the Elephants afferma che il prezzo di vendita dell’avorio grezzo sia salito dai 750 dollari al chilogrammo del 2010 sino ai 2100 dollari del 2014. È inoltre doveroso segnalare che nel 2013, all’ultima conferenza del CITES, la Cina ha reso noto che il suo fabbisogno annuale ammonta in realtà a ben 200 tonnellate, per le quali è necessaria la morte di circa 20mila elefanti l’anno. Una cifra impressionante, che lascia immaginare senza troppe difficoltà le dimensioni dell’altra faccia di questo mercato: quella del contrabbando illegale. Nel solo 2011 sono state sequestrate in tutto il mondo quasi 40 tonnellate di avorio, che consentono di stimare l’uccisione di almeno 4 mila elefanti per mano di bracconieri senza scrupoli. Questi numeri non rivelano che la parte emersa di questo grave problema. Il mercato nero dell’avorio è infatti infinitamente più grande e il suo sviluppo non mette in pericolo solo la fauna africana. La mattanza dei bracconieri L’associazione animalista David Sheldrick wildlife trust, con base in Kenya, afferma che ogni quarto d’ora, in Africa, un elefante muore assassinato per il possesso delle sue zanne. Una carneficina che ha già portato alla completa estinzione della specie negli stati della Sierra Leone e del Senegal, mentre nel resto del continente la caccia si fa sempre più feroce, con vere e proprie uccisioni di massa, stragi di interi branchi che avvengono durante la notte. Lo scorso marzo, in una sola notte, nel sud del Ciad sono stati ammazzati 89 animali, tra cui 30 femmine gravide. Ma è nell’ottobre del 2013 che si è avuto il massacro più scioccante, un vero e proprio olocausto: nella riserva dello Zimbabwe dello Hwange National Park furono uccisi più di trecento elefanti in un solo raid. Durante la stagione secca, i bracconieri avvelenarono i pozzi in cui gli animali usavano abbeverarsi, uccidendo così gli elefanti e tutti i predatori che provarono a sfamarsi con le loro carni. Una strage aberrante, compiuta per pochi dollari: ai cacciatori, In foto- I postumi della mattanza degli elefanti. 26 Economia N.5 | 4 Novembre 2014 “ L’elefanti han tutte queste generosità e più senno; combatton con arte, imparan la lingua, fan patti con noi, conosceno la colpa, e s’inginocchiano alla Luna, come gli antichi Greci. La presa Prima della mattanza gli elefanti vengono presi per il collo. La rimozione Dopo l’uccisione dell’imponente mammifero le zanne vengono rimosse con l’ascia e vengono portate all’incisione. Tommaso Campanella filosofo e teologo italiano infatti, spetta una somma esigua, che oscilla tra i 50 e i 100 dollari. Molto alta per il potere d’acquisto di un africano medio, ma ridicola se paragonata al prezzo raggiunto dall’avorio una volta piazzato sul mercato finale. Tutto questo plusvalore apre a scenari ancora più spaventosi: con l’avorio, infatti, non si sfamano soltanto le povere famiglie africane, ma si finanziano eserciti e pericolosi L’incisione Le zanne vengono incise e pulite dai detriti e dal sangue dell’elefante. Dopo vengono portate al rogo per poi ottenere l’avorio. 27 gruppi terroristici. L’avorio finanzia e sostiene genocidi, guerre e il terrorismo internazionale - Gli elefanti vengono cacciati soprattutto nei luoghi dove imperversa la guerra. Nell’Africa subsahariana l’avorio non è solo materia ricercata da contadini mossi dalla necessità di sfamare le proprie famiglie, ma soprattutto una merce preziosa contrabbandata da terroristi, bande di criminali e addirittura eserciti più o meno regolari. L’oro bianco ha ottime caratteristiche commerciali per i terroristi. Non solo presenta un grande valore aggiunto, ma può anche essere utilizzato come materia di scambio per ottenere armi e viveri in caso di necessità. Insomma, si tratta di un bene rifugio al pari dell’oro vero e proprio! Oggi a contendersi il monopolio sul business dell’avorio sono soprattutto i miliziani di Janjawid, gli estremisti islamici di al-Shabaab e quelli di matrice pseudocristiana del Lord’s Resistance Army (LRA). u Gli Janjawid (termine che significa “demoni a cavallo”) sono le truppe filogovernative impegnate nella guerra civile nella regione del Darfur in Sudan: fautori di un vero e proprio genocidio, con oltre 300mila morti lasciati a terra e un milione di sfollati senza più una casa. u Al-Shabaab è una organizzazione somala legata ad al Qaida, è divenuta nota all’opinione pubblica internazionale quando il 21 Settembre 2013 ordì un assalto al centro commerciale Westgate nel cuore di Nairobi, capitale del Kenya, lasciando a terra 68 morti e 200 feriti. Secondo L’elephant Action League la milizia si finanzia per il 40% attraverso il bracconaggio, ottenendo dal contrabbando di avorio un reddito tra i 200 e i 600mila dollari mensili. La mattanza in acqua Talune volte la presa e l’uccisione degli elefanti avviene all’interno di ambienti acquatici. u Il Lord’s Resistance Army è invece un’organizzazione che oscilla tra la forma di un esercito e quella di una setta religiosa, fondata in Uganda da Joseph Kony. Due anni fa l’LRA e Kony furono oggetto della campagna di sensibilizzazione STOP KONY 2012, in cui venivano denunciate le efferatezze commesse dal gruppo. I numeri della morte Oggi la popolazione di elefanti africani è stimata tra le 472.000 e le 690.000 unità: si calcola che negli anni Trenta e Quaranta fossero fino a cinque milioni. La specie è classificata come “vulnerabile” nella Lista Rossa dell’Unione mondiale per la Conservazione della Natura. Si stima che ogni anno tra 30.000 e 38.000 elefanti vengano uccisi da cacciatori d’avorio. Il prezioso materiale viene poi spedito dai porti dell’Africa occidentale. 28 Economia N.5 | 4 Novembre 2014 In foto - Tutte le immagini di questa galleria sono del noto fotografo Brent Stirton, e sono state scattate per un approfondito reportage di Bryan Christy, Blood Ivory, per National Geographic. L’LRA ed i suoi dirigenti sono stati accusati dalla Corte penale internazionale di aver attuato numerose violazioni dei diritti umani, compresi l’omicidio, il rapimento, le mutilazioni, la riduzione in schiavitù sessuale di donne e bambini, l’uso in battaglia dei bambini soldato. Il contrabbando d’avorio avviene più o meno senza grossi limiti o difficoltà, anche se ad operare sono grosse organizzazioni terroristiche, data la corruzione dilagante tra i funzionari pubblici. Così come avviene per la droga, i trafficanti si servono di navi mercantili in partenza 29 soprattutto dai porti del Kenya, della Tanzania o del Togo. Le preoccupazioni degli ambientalisti, quindi, si sommano a quelle degli Stati Uniti. Il presidente Barack Obama ha da poco innalzato il livello d’allerta sul controllo del commercio della fauna selvatica, con l’obiettivo di arginare una delle maggiori fonti di finanziamento del terrorismo africano. Ma tentare di limitare l’offerta, con una domanda così esplosiva come quella che giunge da oriente, è più o meno inutile. La soluzione parla cinese Come già evidenziato, il mercato cinese è, da solo, responsabile per il 70% della domanda di avorio nel mondo. L’avorio è un pezzo importante della cultura cinese; una fiorente industria artistica produce oggetti in questo materiale da secoli, e i consumatori autoctoni sembrano del tutto ignari del percorso attraverso cui l’oro bianco giunge nelle loro mani. Riuscire a placare la loro richiesta, dunque, richiede un cambiamento culturale molto difficile, ma necessario: Pechino ha in mano non solo il futuro degli elefanti, ma anche quello della sicurezza internazionale. Investire nella pubblicità, in tempo di crisi, è costruirsi le ali mentre gli altri precipitano. hai bisogno di Promozione? !MPATTO MAG valorizza il tuo format grafico pubblicitario. !MPATTO MAG distribuisce a segmenti mirati. !MPATTO MAG rinveste le entrate in promozione propria. !MPATTO MAG dispone di una platea di almeno 35.000 lettori. Banner autopromozionale del Gruppo Editoriale Impatto Reg. 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La Banca Centrale Europea ha trovato abbastanza convincenti le misure da essi prese, arrivando a dare il proprio supporto. Oggigiorno, con i mercati tranquilli, potrebbero essere i governi stessi a danneggiare l’Euro. Il presidente francese, il cancelliere tedesco e il premier italiano hanno tutti sviluppato una politica di reciproca recriminazione. Anche quando si esprimono in termini diplomatici, si evidenziano differenze di poltica e, più in profondità, di cultura nazionale. Queste differenze devono essere gestite sapientemente, non sfruttate tra un summit e l’altro. Ciò beneficerebbe soltanto i populisti. Se l’UE vuole rimanere una comunità armoniosa, devono accadere due cose: bisogna attenersi alle regole e bisogna avere più crescita. Potremmo vederle accadere entrambe, o nessuna delle due. Italia e Francia, e più ampiamente, tutta l’Europa meridionale, non devono accusare la Germania di essere legalista o tecnocratica semplicemente perchè si aspetta che le regole vengano rispettate. Modificare le regole a proprio vantaggio favorisce gli Stati dei grandi membri a dispetto di quelli piccoli. Ecco perchè la violazione del patto di stabilità da parte della Francia e della Germania nel 2003 fu vista così male dagli altri europei. Dall’altra parte, l’insistenza di Italia, Francia e degli altri Paesi del sud dell’Europa sul bisogno di creare ulteriori spazi per la crescita, non deve essere vista dalla Germania e dall’Europa settentrionale come un segno di sperpero. Più crescita nell’Unione Europea, e specialmente nel sud del continente, è indispensabile non solo per i Paesi coinvolti, 32 Economia N.5 | 4 Novembre 2014 ma anche per l’integrazione dell’Europa stessa. La riconciliazione è possibile. Due punti devono essere presi in esame: primo, il patto di stabilità che non viene rispettato. Non possiamo parlare di conformità quando gli Stati membri riescono ad applicare facilmente estensioni alle scadenze per raggiungere i loro traguardi. La Francia non ha nemmeno chiesto il permesso, dicendo semplicemente che non sarebbe stato rispettato. L’Italia è intervenuta dicendo che l’UE non dovrebbe osare di considerare tutto ciò come un infrangimento delle regole. Secondo, mentre un patto di stabilità più semplice sarebbe potuto essere la soluzione adatta quando l’Euro era nelle sue prime fasi, ora l’Europa non può più permettersi di continuare ad affidarsi ad uno strumento tanto rudimentale. Avendo fallito nel riconoscere il giusto ruolo del pubblico investimento, i governi sono stati spinti a fermarsi nella costruzione delle infrastrutture, quando invece avrebbero dovuto costruirne di più. Ciò che occorre non è il deviare dalle regole, ma delle regole più giuste sia economicamente che moralmente. Al tempo del suo Wirtschaftswunder, o “miracolo economico”, la costituzione tedesca stabilì che il prestito pubblico avrebbe dovuto essere permesso solo per il pubblico investimento. I tedeschi la chiamarono “la regola d’oro” ed inizialmente provarono a racchiuderla nel trattato di Maastricht. Difficile che ciò venga interpretato come un 33 segno di irresponsabilità. L’idea di un trattamento più favorevole per il pubblico investimento ha iniziato a prendere terreno. Nel 2013, la Commissione Europea ha annunciato che lo avrebbe applicato per rafforzare il patto di stabilità, ovviamente entro certi limiti. Il Fondo Monetario Internazionale e la BCE stanno chiedendo ai governi di espandere il pubblico investimento. Jean-Claude Juncker, il nuovo Presidente della Commissione, ha annunciato un grande piano di investimenti nell’UE. Ad ogni modo, la nuova Commissione dovrebbe Le cariche europee Monti è stato commissario europeo per il mercato interno e commissario per la concorrenza. andare avanti. Dovrebbe annunciare la promozione di una nuova implementazione di disciplina fiscale a livello nazionale, più favorevole agli investimenti. Dovrebbe poi rafforzare il patto di stabilità esistente, mentre acconsentirebbe al consolidamento del pubblico investimento, entro i limiti decretati nel 2013. Si potrebbe lanciare la proposta di aggiornare le La brava Angela - Più di un analista ha affermato che dietro l’ascesa di Monti ci fosse l’appoggio teutonico della Merkel. Ceci d’autunno - Jean-Claude Juncker è l’attuale Presidente della Commissione europea. “ Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, e di gravi crisi, per fare passi avanti. Mario Monti valutazioni sull’Europa regole sulla disciplina fiscale, per rispecchiare il ruolo del pubblico investimento produttivo.Infine, dovrebbe istituire un gruppo che fornirebbe principi già concordati su quali categorie di pubblica spesa si possano qualificare come investimenti, in modo da mostrare maggiore chiarezza ed evitare che nel nuovo regime si creino scappatoie per evitare un’apertura. La virtù della disciplina fiscale è che protegge le future generazioni dagli abusi degli attuali politici. Immaginate che un Paese abbia bisogno di più e migliori infrastrutture, e che il suo governo possa prendere in prestito la somma necessaria ad un tasso di interesse inferiore dell’1 per cento, per sovvenzionare infrastrutture che producono un più alto tasso di ritorno. Se quel Paese decide di bloccare questo investimento, non sta forse agendo contro le sue generazioni future? La Germania è un grande Paese. Deve essere incoraggiato ad agire secondo i suoi principi, e ad includere questi stessi principi all’interno della struttura dell’UE. 34 Intervista N.5 |4 Novembre 2014 Adesso sorveglio le Banche europee L’attuale presidentessa per la Sorveglianza bancaria europea Danièle Nouy interviene sulla strategia per il controllo delle Banche centrali in una intervista a Hospodárske noviny. Intervista - a cura di Jakub Mendel. Traduzione - a cura di Elisa Scarinzi. 35 In foto - Angela Merkel, dal 22 novembre 2005, ricopre la carica di Cancelliere in Germania. All’inizio di Novembre sarà lanciato l’SSM per la supervisione del settore bancario in Europa. E lei sarà ne sarà a capo nei prossimi anni. Sembra che, oltre ad Angela Merkel ci sarà un’altra donna potente nell’Unione Europea. Infatti non sarò la sola a capo dell’SSM, saremo due donne, con Sabine Lautenschläger, che è anche membro della piattaforma esecutiva dell’ECB, sarà il vice-capo. È un piacere per noi lavorare insieme come una squadra, anche insieme agli altri membri del Consiglio di Sorveglianza. Riuscire in incarichi importanti come questo, sarebbe difficile senza supporti. Comunque lei occuperà la posizione più alta. Come si sente a essere alla guida di un così importante e ampio progetto Europeo? Io sono e sono sempre stata a favore dell’Europa. Ogni nazione europea da sola, anche le più grandi, come la mia, è troppo piccola nel contesto dell’odierna economia globale. Dobbiamo unirci al fine di essere più forti. Sono molto onorata di essere stata scelta per guidare questo progetto e per favorire la cooperazione a un livello europeo in questo settore. Inoltre, apprezzo lavorare ad un livello internazionale, ne sono molto felice. Secondo lei, quale sarà il contributo più significativo del SSM al progetto europeo? Penso che la crisi economica, innescata dalla crisi bancaria, ci ha mostrato che c’è bisogno di rafforzare la supervisione. Credo che attraverso l’SSM possiamo ottenere il meglio dei due mondi. Abbiamo, da un lato, una certa distanza nel processo decisionale e l’indipendenza garantita dalla Banca Centrale Europea. In foto - Sabine Lautenschläger membro esecutivo della BCE e vice presidente della Supervisione del Settore Bancario europeo. 36 Intervista N.5 | 4 Novembre 2014 D’altra parte, però, siamo in grado di trarre ispirazione dalle analisi e conoscenza locale trasmessi a noi dai nostri partner, da parte delle autorità nazionali. Inoltre, se vogliamo un’unione bancaria in Europa, abbiamo anche bisogno di un SSM come suo principale pilastro (insieme a un Meccanismo di Risoluzione Singolo e un Comune Fondo di garanzia dei depositi). Durante la crisi, molte nazioni, incluse Spagna e Irlanda, per esempio, sono state sottoposte a grande pressione, dovuta al loro problematico settore bancario. Possiamo supporre che una volta che l’SSM sarà in vigore, questo non accadrà più? Certo non si può promettere che non ci sarà mai più crisi nel settore bancario. Posso, tuttavia, dire che saremo attrezzati meglio che in passato per questi casi. E non solo per l’SSM. L’unione bancaria porterà anche il Meccanismo Singolo di Risoluzione e un comune sistema di Jean Claude Juncker Presidente della Commissione Europea, è stato primo ministro del Lussemburgo. garanzia dei depositi. Sebbene questo sia un progetto di scala relativamente ampia, l’Europa l’ha messo in piedi in un anno. Quali sono stati gli ostacoli più grandi che avete dovuto sorpassare? La mancanza stessa di tempo, probabilmente. Sebbene avessimo la possibilità di estendere questo periodo di sei mesi, non abbiamo considerato questa opzione. Da un lato, questa situazione complicata ci ha messo molta pressione, ma ha anche avuto certi vantaggi. Quando hai più tempo spesso lo sprechi in discussioni, che spesso non sono utili. Ma quando hai poco tempo devi mantenere l’unità e una maggiore disciplina. Questo ha funzionato molto bene alla fine. È stata una sfida. Direi che Mario Draghi Dopo essere stato Governatore della Banca di Italia, è l’attuale Presidente incaricato della Banca Centrale Europea. 37 c’era lo spirito di una start up e la sensazione di creare qualcosa di unico. Dovevate reclutare un largo numero di personale in un tempo brevissimo. Si, inoltre, dovevamo reclutare i migliori candidati possibili. Abbiamo ricevuto molte richieste da persone eccellenti che volevano fare parte di questo progetto. Perciò non abbiamo avuto problemi a trovarli. Nondimeno, è stata una sfida reclutare circa mille persone in meno di 12 mesi. Può definitivamente confermare che la cosa è stata fatta e che la prima parte dell’unione bancaria sarà lanciata già il 4 Novembre? Non c’è dubbio su questo. Il lavoro è stato fatto e noi siamo pronti. trasparenti, per assicurarci che gli investitori di banche capissero cosa c’è in questi bilanci bancari, per verificare la corretta valutazione delle attività delle banche e le garanzie che stanno prestando. Condurre l’AQR è stato molto utile per noi ed i risultati sono di grande valore come parte della valutazione globale. Qualora i risultati mostrino che alcune banche devono affrontare deficit di capitale, le banche saranno tenute a coprirli, principalmente da fonti private. Per porre diversamente la domanda: sono queste banche pronte per l’SSM? Jens Weidmann - attuale Presidente delle Banca tedesca. Durante i lavori di preparazione sicuramente hai cooperato a stretto contatto con gli operatori delle banche centrali. Come è stata la sua esperienza con Národná banka Slovenska? Onestamente è stata un’esperienza fantastica. La banca ha fatto un lavoro eccellente preparando la supervisione, così come nel rivisitare la qualità dell’assetto bancario. Ci ha fornito informazioni di alta qualità, sempre in tempo. È certamente uno “degli studenti migliori della classe”. Lei ha menzionato la rivisitazione dell’assetto qualitativo, conosciuto come AQR e tutti stanno aspettando perché i risultati vengano annunciati. Sebbene i risultati saranno pubblicati solo Domenica e sono sotto embargo fino ad allora, vorrei chiedere, almeno Si, lo sono.. in generale, possiamo aspettarci qualche significativo cambiamento nel conteggio dei risultati dell’ AQR? Per quanto riguarda l’AQR abbiamo fatto quello che dovevamo. L’obiettivo era in particolare di rendere i bilanci bancari più Molti banchieri, comunque, non hanno nascosto il loro punto di vista, secondo il quale il mercato finanziario è sovra regolato, e percepiscono l’SSM come un ulteriore onere. L’opposto è vero. Per esempio I gruppi bancari più ampi, che sono stati Christian Noyer - attuale Presidente della Banca francese. 38 Intervista N.5 | 4 Novembre 2014 supervisionati da molte banche centrali nazionali, aspettano un certo grado di semplificazione, in quella segnalazione le procedure e l’implementazione della regolamentazione saranno armonizzate. La Slovacchia sarà una delle nazioni che beneficerà di questo. Le più grandi banche della tua nazione sono direttamente supervisionate, ognuna come parte di un gruppo bancario, da una nazione differente. Unificando la supervisione, il rischio di incomprensioni fra i supervisori delle diverse nazioni, sarà ridotto. Non è la supervisione bancaria singola, un altro regolamento per le banche? Non lo è. È un modo consistente di implementare I regolamenti per ampie banche e gruppi bancari attivi da un punto di vista internazionale. È anche il motivo per cui c’è un generale consenso fra queste istituzioni finanziarie relativamente al sostegno dell’SSM. Qual è il suo parere personale riguardo al problema della eccessiva regolazione delle banche? Pensa che il settore sia eccessivamente regolato? No, non penso che il settore bancario sia sovra regolato. Torniamo assumere all’SSM. Possiamo che contribuirà Ignazio Visco Nato a Napoli, è l’attuale Governatore della Banca d’Italia. Dal 1997 al 2002 è stato Chief Economist e Direttore dell’Economics Department dell’OCSE. a rafforzare la posizione delle banche tradizionali come il principale canale del flusso di moneta nell’economia dell’aria-euro? Si. La costruzione dell’unione bancaria, così come la valutazione degli attivi bancari, dovrebbero contribuire a rafforzare l’affidabilità creditizia delle banche. Che a sua volta dovrebbe dare loro un più facile accesso al capitale e ad altre fonti di finanziamento. Il costo per finanziare ciò potrebbe essere anche più basso, ciò dovrebbe permettergli di finanziare l’economia più sostanziale Dopo le lezioni apprese dalle crisi e dato il corrente stato delle banche all’interno dell’unione monetaria, non avrebbe più senso concentrarsi sulla ricerca di canali alternativi di finanziamento dell’economia, al posto di rafforzare la posizione delle banche? Gli imprenditori e le imprese hanno già la possibilità di incrementare i fondi con altri mezzi, per esempio attraverso vari fondi o il finanziamento collettivo, ma l’accesso ai prestiti bancari è molto importante in Europa, e un settore bancario più sano come risultato dell’SSM dovrebbe supportare meglio l’attività economica. Mark Carney È l’attuale Governatore della Banca d’Inghilterra. Oltre a tale ruolo, è anche Presidente del Financial Stability Board del G-20. Prima è stato Governatore della Banca del Canada. 39 Cultura N.5 | 4 Novembre 2014 L’indagine Lei vada in questura e non faccia il buffone… faccia il cittadino. Roma Capitale. La legge, tutte le leggi, quelle conosciute e quelle sconosciute, non possono essere messe in discussione. L’indiziato che ritorna un po’ bambino e l’autorità che incarna il padre, il modello inattaccabile, la faccia del rappresentante di giustizia diventa quella di un dio, della coscienza, gli interrogatori sono messe in scena per toccare corde profonde, sentimenti segreti, è la mentalità, questa è la base. La base su cui si poggia l’autorità costituita, il canale per cui finiscono col somigliarsi, poliziotti e delinquenti: nelle parole, nelle abitudini, qualche volta persino nei gesti. Le coordinate - Diretto da Elio Petri ed interpretato da Gian Maria Volontè e Florinda Bolkan, vincitore del Grand Prix Speciale Redatto da Carmela Specchio della Giuria alla 23-esima edizione del Festival Di Cannes e vincitore del Premio Oscar al Miglior Film Straniero nel 1971, “Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto” si conserva quale piccolo tesoro della cinematografia made in Italy. Sono passati circa quarant’anni dalla sua uscita e le tematiche e le vicende del capo della sezione Omicidi, resosi insospettabile colpevole dell’omicidio dell’amante, sono più che attuali. L’abuso di potere - Il consapevole, sadico e provocatorio abuso di potere commesso dal protagonista si configura quale banco di prova della giustizia. La curiosità, la sfida - inizialmente divertita - di Volontè alle autorità e alla cecità verso le colpe degli alti funzionari dello Stato si tramutano in un urlo disperato, un tragico desiderio di giustizia. Nella memorabile scena delle cravatte azzurre Volontè si costituirà colpevole presso un incredulo idraulico: “Stia zitto un momento! Chiunque – glielo spiego io il meccanismo – viene a contatto con un assassino è nei guai, lei corra in questura, squadra omicidi, mi descriva dettagliatamente, descriva nei particolari l’ora il luogo le modalità del nostro incontro, per favore, mi guardi bene, non capita tutti i giorni di vedere a venti centimetri di distanza la faccia di un assassino, controlli, cerchi di ricordare come sono pettinato, se ho i baffi, se non li ho, come sono vestito, se ho la cravatta… lei vada in questura, non faccia il buffone, faccia il cittadino!”. Il “dottore” così soprannominato dai suoi gregari - vuole sfidare se stesso e gli altri per dimostrare, al di là di ogni dubbio, che un commissario di polizia non è mai sospettabile né veramente colpevole, qualunque cosa faccia e che, alla fine, comunque, la sua funzione di difensore dell’ordine peserà sulla bilancia dell’utilità sociale più di qualsiasi delitto. Il finale aperto ed enigmatico sulla scena dell’interrogatorio al “dottore” lascia che sia il pubblico a dare libera conclusione – secondo la propria fantasiosa morale – alla vicenda. Tra i più felici e riusciti dei film di Petri, “Indagine su di un cittadino di ogni sospetto” è lo spaccato di un ambiente e di una mentalità che il regista mostra di conoscere molto bene: quelli della burocrazia 40 Cultura N.5 | 4 Novembre 2014 “ La legge! la legge! Tutte le leggi quelle conosciute e quelle sconosciute: l’indiziato ritorna un po’ bambino ed io divento il padre il modello inattaccabile, la mia faccia diventa quella di Dio. Augusta Terzi L’amante del dottore vittima di un gioco erotico finito male. Le perversioni Il dottore e Augusta si eccitano nell’emulare le scene del crimine frequentate dal dottore. il Dottore capo della sezione omicidi piccolo borghese romana nella sottospecie della polizia, messi da sfondo a un personaggio tipico dello stesso ambiente, ma dotato, pirandellianamente, di un meccanismo dialettico interiore. Così come analizzato da Alberto Moravia in “Al Cinema”, la trovata di Petri e dello sceneggiatore Ugo Pirro, accanto a quella di mettere il personaggio contro se stesso, è stata quella di farlo parlare con l’accento Una giornata in spiaggia Augusta Terzi e il dottore in uno dei tanti flashback di quest’ultimo. Nella scena la bellissima Florinda Bolkan e Gian Maria Volontè. 41 siciliano e di fargli dire, con quest’accento, soltanto i luoghi comuni del linguaggio medio italiano. Ciliegina sulla torta è la colonna sonora, incaricata di più di un ruolo: è una musica che non solo si accolla il ruolo informativo solitamente svolto dalla parola, ma costituisce anche un valido commento allo stato psichico ed emotivo del personaggio. Poche e lapidarie note, Ennio Morricone docet. Editoriale N.5 | 4 Novembre 2014 Una lettera ad Arthur Rimbaud Tu farfalla di maggio hai fatto tutto presto. Eppure l’avevi detto: On n’est pas sérieux, quand on a dix-sept ans. M Giangiacomo Morozzo a te ne sei andato lo stesso, in Africa, a trafficare armi e insegnare il Corano. Hai lasciato il profumo delle tue belle sere ad attenderti, a Charleville, a Parigi o chissà dove, e hai abbandonato le allucinazioni semplici. Nessuno scorge più scuole di tamburi per angeli al posto delle tristi officine, né si spinge verso i ristagni in cui non smette di marcire un Leviatano. Ma tu, farfalla di maggio, hai fatto tutto troppo presto. Quattro anni intensi come una vita, a scrivere poesie dall’inferno e reinventare l’amore e la vita. Fino a scorgere l’antica alleanza degli orizzonti eterni crollare a frustate, e i neri ippocampi scortarti nel poema della tua sconfitta. Ma che cos’era quel Bateau Ivre con cui ti sei presentato a Parigi, quella tua Bohème da pollicino sognante? Erano forse le speranze pallide di un adolescente che aveva letto tutti i suoi contemporanei, senza salvarne nessuno. Oppure una libertà nuova nei confronti di quel mondo troppo angusto, troppo freddo e borghese, che pretendeva follemente di imprigionare l’universo in nome della società civile. Era quel fuggire verso la lontananza, che non pretende destinazione alcuna, a saziare per un attimo il tuo bisogno di tutto? Quanto rumore dovevi trattenere nel cuore, nelle belle sere, mentre scacciavi la bellezza dalle ginocchia, e imboccavi stradine di campagna e viali come fredde e spente vene. Così la poesia ti ha insegnato la dannazione: mentre l’occhio si stringe nell’ombra, e il passo rallenta, e si nasconde la strada… allora davanti a te si distende il panorama del poema del mare. Fanciullo eterno, troppo tardi l’acqua d’Europa ti ha pianto! Tu che dall’anima all’anima gettavi le reti dell’alchimia del linguaggio e ripescavi le macerie di un mondo in rovina, che pochi visitatori hanno scorto e nessuno abitato più a lungo di qualche parola. Tu che nell’urgenza della fuga sembravi così vicino a tutto. Ma ora basta, hai ragione. A diciassette anni non si può essere seri. A nulla serve la confettura per buoni poeti, né l’irruenza dei Maelstorm. Hai pianto troppo: come se la tua anima altro non fosse che un lungo, sregolato e sragionato esperimento di amore. Cultura N.5 | 4 Novembre 2014 olan n r phe o t s chri e r t l o an m t a b ù i p i d è ’ c Redatto da Liliana Squillacciotti Christopher Nolan. Batman. Heath Ledger. Inception. Sequenze, associazioni logiche. Allontanarsene, è il modo migliore per poter entrare a pieno nel mondo del regista britannico. Niente è come sembra o forse tutto è davvero come appare, sceneggiature che terminano con un solo, grande, punto interrogativo, perché i punti fermi sono una certezza che diventa “lusso”, qualcosa a cui aspirare, una chimera da raggiungere. Nato a Londra da padre inglese e madre americana, Nolan comincia la sua carriera 25 anni fa, quando, nel 1989 43 riesce a far proiettare dalla PBS il suo primo cortometraggio. Una carriera la sua, che si intreccia agli affetti e alla vita privata. Sposa una produttrice cinematografica, Emma Thomas, insieme alla quale darà vita alla “Syncopy Films”, e collabora con il fratello minore, Jonathan per la stesura delle sceneggiature dei propri film. Il primo lungometraggio è datato 1998, “Following”, un noir in bianco e nero girato su pellicola da 16mm. “Fare economia” è l’imperativo categorico da cui non potersi esimere, nonostante questo il film ottiene un buon consenso da parte della critica e vince diversi premi, oltre a mettere in chiaro fin da subito quelle che saranno le componenti caratteristiche del cinema di Nolan. Prima fra tutte, la marcata non-linearità della trama. Memento - Il 2000 è l’anno di “Memento”. Questa volta è il titolo ad imporsi come imperativo, anche esso categorico, a modo suo. Il protagonista è Leonard Shelby. Lui, non lo ricorda. Vittima di un incidente che gli ha procurato la perdita della memoria a breve termine, è costretto a vivere la propria vita legato a frammenti di carta e di pelle (la propria) ai quali aggrapparsi pur di riuscire a ricordare. Metafora perfetta di quell’istinto primario ed innato che porta l’uomo, in maniera del tutto inconscia, a legare gli eventi della propria vita ad una linea temporale, in mancanza della quale si genera l’oblio. Il bisogno di ricordare come scopo della propria esistenza. Quello stesso bisogno di ricordare che si intreccia ad un altro bisogno primario dell’ “animaleuomo”, quello di vendetta. Ricordare per vendicarsi, vendicarsi con la speranza di ricordare. Se si parlasse di un romanzo, si potrebbe tranquillamente affermare che, in fase di montaggio, fabula ed intreccio hanno inevitabilmente preso due strade diverse. La “ In realtà, nessuna idea è semplice quando devi impiantarla nella mente di un’altra persona. Inception film di Nolan 44 “ Nel cinema tende ad esserci una naturale separazione tra lo stile visivo e gli elementi narrativi, tranne che con i grandi registi. Christopher Nolan scena finale del film, risulta essere quella cronologicamente centrale, che coincide con lo scioglimento appunto dell’intreccio. La sensazione che si viene a creare è a dir poco straniante, ci si sente Leonard, il punto di vista è il suo, il desiderio di riuscire a vendicarsi diventa dello spettatore. Uno scambio alla pari. Il film riceve i consensi tanto del pubblico quanto della critica. Grazie a tali consensi, Steve Soderbergh gli affida la regia di “Insomnia”, un thriller psicologico dalle origini norvegesi. Il protagonista è Al Pacino, che si trova a dover fare i conti con un Robin Williams dalla dubbia English man Christopher Nolan nasce a Londra da padre inglese e madre americana. Ha trascorso la sua infanzia tra Londra e Chicago, infatti ha entrambe le cittadinanze. Da bambino si era dimostrato molto portato per la fotografia e per la realizzazione di piccoli cortometraggi. moralità, con i propri sensi di colpa e con il sole che in prossimità del circolo polare artico non tramonta mai, facendo troppa luce, costringendo a ricordare laddove dimenticare sarebbe, forse, l’unica soluzione. Dalla memoria a tutti i costi, alla ricerca dell’oblio. La saga di Batman - Il 2005 è l’anno in cui il nome di Nolan comincia a risultare familiare anche alle orecchie dei più. L’occasione è quella dell’uscita nelle sale di “Batman Begins”. Il progetto comincia due anni prima, quando lo stesso Nolan si propone alla Warner Bros con la propria idea di “rispolvero” di quel personaggio, reduce dall’insuccesso di “Batman & Robin” di Schumacher del 1997. La sceneggiatura viene scritta a quattro mani con David S. Goyer, e l’intento, chiaro fin da subito è quello di proiettare sugli schermi qualcosa che riesca ad avvicinarsi quanto più possibile all’idea di “realismo”, così assente nei precedenti film della saga. Gli sceneggiatori si ispirano in particolare al fumetto “Batman: Anno uno” di Miller, e si concentrano sulla nascita e l’evoluzione del supereroe. Il film è un successo, 372.710.015 Il cinema nel cuore Nel 1989 Nolan riesce a far proiettare il suo primo corto sul canale americano PBS, qui conosce Emma Thomas che di lì a breve diventerà sua moglie e socia. 45 sono i dollari incassati. Prestigio - Sull’onda dell’entusiasmo di “Batman Begins”, esattamente un anno dopo, Nolan è nuovamente nelle sale con un’altra creatura, “The Prestige”. Trasposizione per il grande schermo dell’omonimo romanzo di Christopher Priest, “ Come uomo non sono che ossa e carne. Posso essere distrutto. Ma come simbolo... posso essere incorruttibile. Batman Begins Questo il leitmotiv intorno a cui tutto ruota. Il mondo onirico è al centro di tutto, il mondo dell’impalpabile, quello in cui naufraga tutto ciò che c’è ma non si vede. Ancora una volta si viene trasportati in una dimensione “altra”, non irreale ma alternativa. L’inconscio va indagato, letteralmente, entrandovi “fisicamente”, non attraverso la psicanalisi. Nulla può dare la conferma di appartenere alla realtà. Forse solo un labile, leggero, giro di trottola. la stesura della sceneggiatura del film tiene occupati i fratelli Nolan per ben cinque anni. Il nome del regista, se non una garanzia, è ormai diventato un “marchio”. Si sa a cosa si va incontro, si sa di dover rimanere concentrati per non perdere nemmeno un dettaglio. Dopo tre anni dall’uscita del primo capitolo, nel In foto- Christopher Nolan osserva una scena prima del ciak. 2008 viene proiettato nelle sale “Batman-Il cavaliere oscuro”. Il successo è travolgente. Questa volta i due sceneggiatori si basano sui fumetti “Il lungo Halloween” e “The Killing Joke”, riportando sul grande schermo la nemesi di Batman per eccellenza: Jocker. Le attese non vengono deluse, la memoria va subito a Jack Nicholson, e ci si chiede se l’allora semisconosciuto Heath Ledger possa essere all’altezza del suo predecessore. La risposta, ormai, la si conosce. Il film è inevitabilmente legato alla Forse. Nel 2012, si conclude la trilogia di Batman, con il terzo ed ultimo film “Il cavaliere oscuro-Il ritorno”. La sceneggiatura, in questo caso, viene affidata dal regista al fratello, Jonathan. Nolan dichiara di essere stato alla ricerca di una storia che potesse concludere la saga, di un nuovo nemico da far affrontare all’Uomo - Pipistrello, nemico ritrovato in Bane, tanto diverso da Joker, capace di creare morte prematura proprio di Ledger alla cui memoria verrà dedicato. Grazie all’immenso successo ottenuto con “Batman-Il cavaliere oscuro”, il regista può tornare a concentrarsi su un progetto a cui aveva cominciato a lavorare prima dell’uscita di “Memento”. “Qual è il parassita più resistente? Un’idea. Una singola idea della mente umana può costruire città. Un’idea può trasformare il mondo e riscrivere tutte le regole. Ed è per questo che devo rubarla.” . Questo è il motore di “Inception”. In foto- Nolan dietro una cinempresa. 46 Attualità Cultura Batman Begins- film del 2005, con protagonista Christian Bale. N.3 | 21 Ottobre 2014 N.5 4 Novembre 2014 Il cavaliere oscuro - film del 2008, con Christian Bale nei panni di Batman. “ Penso che il Joker ami esaminare o costringere le persone ad esaminare l’insieme di regole morali ed etiche. Christopher Nolan una sfida tanto “fisica”, quanto “psicologica”. Anche l’ultimo capitolo della saga, come il precedente, è legato nella memoria collettiva ad un evento tragico, l’anteprima del film a Denver fu infatti teatro di un omicidio di massa, compiuto da un giovane di 24 anni, James Holmes. A gennaio 2013 risale la notizia che vuole Nolan, dopo la breve parentesi come produttore esecutivo de “L’uomo d’acciaio”, come regista di una nuova opera. Il nuovissimo progetto Si tratta di “Interstellar”. La prima bozza della 47 sceneggiatura appartiene a Jonathan Nolan, ed è datata 2007. Del progetto alla base della realizzazione del film, infatti, si comincia a parlare fin dal 2006. All’epoca, la regia sembrava dovesse essere affidata a Steven Spielberg. Dopo una lunga fase di stallo, nel 2013 appunto, l’opera subisce un passaggio di mano. Da Spielberg, ai Nolan. Il film trova il proprio punto di partenza in un trattato del fisico teorico Kip Thorne, il quale teorizza la possibilità di viaggiare attraverso diversi sistemi solari, utilizzando un cunicolo spazio-temporale. Il cavaliere oscuro, ritorno - Il terzo film della saga di Batman. Interstellar - Il prossimo film di fantascienza firmato da Christopher Nolan. Batman è un Con l’Europa vigilante che non si opera al di là afferma della legge un’idea di per realizzare pace, ma di di qualcosa guerra: paesi positivo, spinto l’un contro da desideri l’altro armati. negativi. ““ Christopher Nolan Marine Le Pen sulla funzione di Batman Europarlamentare Ancora una volta il regista britannico si affida, dopo gli ultimi due capitoli della saga di “Batman”, alla tecnologia IMAX, puntando dunque sulla massima definizione di immagine. Il risultato sarà, molto probabilmente, stupefacente. L’arte di Christopher - Lo stile di Nolan non solo nel dirigere, ma anche nella scrittura delle proprie sceneggiature è a dir poco inconfondibile. Si viene prelevati da quella che si considera la propria realtà e trasportati in un mondo che si avverte come “diverso” ma non necessariamente “irreale”. La vicinanza ai protagonisti diventa in questo modo massima, in una climax ascendente che, spesso, non arriva mai ad uno scioglimento reale. Si rimane interdetti, pieni di domande, pieni di forse, pieni di se … sensazione spiacevole? La risposta non è così scontata come sembra. I film di Nolan “abbracciano” chi ha la voglia di farsi coinvolgere, sono chiari, cristallini, limpidi … almeno fin quando la luce non torna in sala, gettando nell’ombra quelli che fino a due secondi prima sembravano essere, imperativi categorici. 48 Scienza N.5 | 4 Novembre 2014 49 Differenze di genere Maschi contro femmine nell’ottica della psicologia evoluzionistica. Una approfondita analisi sulle differenze di genere, derivazione biologica o solo credenze urbane? Redatto da Claudio Candia Gli stereotipi affollano la nostra visione del mondo: per questo, gli Inglesi sono freddi, gli Italiani bravi cuochi, gli Spagnoli “calienti” e gli Svizzeri precisi, e si potrebbe continuare all’infinito. Di certo, possiamo dire che l’intera umanità, nonostante le differenze etniche, ha più o meno gli stessi stereotipi di maschio e femmina: non esistono, infatti, società dove il maschio non sia aggressivo e competitivo o in cui le femmine non si prendono cura dei propri figli. Numerosi studi, che rientrano nella disciplina della psicologia evoluzionistica (che tiene conto, cioè, della teoria dell’evoluzione, e la applica ai processi cognitivi e comportamentali umani), dimostrano, in effetti, che la cultura umana, in fondo, è unica e si manifesta in maniera più o meno differente nelle varie etnie: esistono, infatti, delle costanti universali, comuni, cioè, a tutto il genere umano. Cosa ancor più sorprendente, poi, è il cosiddetto principio della savana: secondo l’ottica della psicologia evoluzionistica, infatti, il cervello umano sarebbe ancora programmato per risolvere i problemi che gli si presentavano diecimila anni fa, quando non esistevano leggi e tecnologie: questo perché la nostra evoluzione biologica non è andata di pari passo con quella tecnologica, che ha radicalmente cambiato i nostri stili di vita. Ed ecco che si spiegano numerosi comportamenti e, non ultime, le differenze di genere tra maschi e femmine. Differenze innate - È risaputo, infatti, che uomini e donne hanno abilità ed interessi generalmente diversi: quel che non a tutti è noto, tuttavia, è il perché. Gli studiosi che si rifanno al modello standard delle scienze sociali, in particolare, ricorrono alla teoria della socializzazione di genere, per la quale le differenze comportamentali sono dovute a differenze ad una socializzazione diversa in ambito culturale e sociale: i maschi, in questo modello, 50 Scienza N.5 | 4 Novembre 2014 In foto - Uno scambio di sguardi tra uomo e donna. Eppure la vista dei differenti sessi preferisce differenti percezioni. Simon Baron Cohen l’ha dimostrato con un semplice esperimento di laboratorio. sono più aggressivi perché da piccoli vengono loro regalate pistole e robot, mentre le femmine sarebbero indotte a prendersi cura degli altri grazie alle bambole. Se così fosse, però, alla nascita maschi e femmine non dovrebbero presentare alcuna differenza di comportamento: Simon Baron Cohen, però, ha dimostrato che non è così. Con il suo team egli condusse una serie di esperimenti sui neonati con un giorno di vita (e quindi, non sensibilizzati a nulla), mostrando a ciascuno di loro due immagini: 51 una con un volto umano, l’altra con una giostrina meccanica. Ebbene, i maschi trascorrevano più tempo a fissare la foto con la giostrina, mentre le femmine preferivano di gran lunga il volto umano. Questo semplice esperimento dimostra abbastanza chiaramente che le differenze di genere, almeno in parte, sono innate. Cervelli diversi - Il fatto che esistano dei comportamenti innati sposta la nostra riflessione da una pura speculazione psicologica ad una analisi biologica: quanto sono diversi, in effetti, uomo e donna, a livello cerebrale? Da un recente studio condotto su circa 1000 persone, grazie a tecniche di imaging in vivo si è visto che le connessioni cerebrali sono sviluppate in maniera diversa nei due sessi: in particolare, nel maschio risultano ben collegati i lobi frontali ed occipitali dello stesso emisfero, mentre nelle donne i due emisferi sono collegati meglio tra loro. Insomma, è come se la mente maschile fosse organizzata in aree ben precise in cui riporre oggetti Inseminazione - un ovulo circondato da spermatozooi. catalogati, mentre la mente femminile è un continuum: questo spiegherebbe la migliore capacità delle femmine nel gestire situazioni complesse (svolgere più compiti allo stesso tempo). Insomma, le femmine sarebbero multitasking, mentre i maschi sarebbero più avvantaggiati nelle abilità fisiche e nella cognizione spaziale (tant’è che riescono a parcheggiare l’auto in maniera più fluida rispetto alle femmine, checché se ne discuta). Biologia della diversità Eppure, anche le diversità cerebrali non sarebbero che una conseguenza di due fattori biologici meno legati al comportamento e molto più legati al sesso: si tratta dell’anisogamia e della gestazione intrauterina degli ovuli fecondati. In breve, i gameti maschili sono diversi da quelli femminili, non solo morfologicamente, ma anche da un punto di vista “economico”: gli spermatozoi vengono prodotti in quantità industriale e per tutta la vita feconda di un maschio, mentre gli ovuli maturano in maniera limitata e necessitano di lunghi processi di selezione e mantenimento. Inoltre, all’atto della fecondazione, è la femmina ad accollarsi tutte le responsabilità della sopravvivenza del bambino fino alla sua nascita: ciò rende asimmetrico il rapporto di maschi e femmine col sesso. Infatti, andando a speculare sul numero di figli potenziali per un uomo e per una donna, vediamo che esiste un divario immenso tra i due sessi: mentre un maschio può avere (virtualmente) un numero illimitato di figli, una femmina ne può avere un numero finito, circa 25 (non considerando parti gemellari). Ciò ha delle importanti implicazioni, perché crea delle importantissime differenze nel successo riproduttivo dei due sessi (fitness). Il peggio del successo riproduttivo è non avere figli, il meglio invece è averne il massimo possibile: salta subito agli occhi, allora, che il tetto della fitness è sicuramente maggiore per gli uomini, così come il fondo, per gli stessi, si trova molto più in basso: un uomo che non Sinapsi - attuano la connesione tra neuroni celebrali e cellule. 52 Attualità Scienza In foto - Una giovane coppia durante un preliminare sessuale. N.3 | 21 Ottobre 2014 N.5 4 Novembre 2014 In foto - Una giovane coppia in affettuosa intimità familiare. “ In effetti, distrugge i propri nervi l’essere amabile ogni giorno con lo stesso essere umano. Benjamin Disraeli 53 ha avuto figli, da un punto di vista evoluzionistico, è un fallimento totale; per le donne, invece, è molto più difficile non avere figli, e se pure così fosse, il fallimento sarebbe minore. Da solo, però, il divario della fitness non basta a spiegare le differenze di comportamento: bisogna aggiungervi il fatto che tutte le società del mondo siano poligine, nel senso che ogni maschio tende, nel corso della sua vita, ad avere più donne. Il sesso come primum movens - Ebbene si, è il sesso il motore del mondo: non per qualche depravata degenerazione dell’essere umano, ma perché è l’unico modo con cui i nostri geni possono essere trasmessi alle generazioni successive. Riuscire in questo scopo assicura il successo riproduttivo; non riprodursi, invece, rappresenta la morte della nostra linea genica, e quindi un fallimento, in un’ottica strettamente riproduttiva. Poiché, però, l’impegno nella gestazione non è simmetrico, abbiamo una grande differenza nei comportamenti maschili e femminili: in particolare, i primi sono più tendenti al tradimento (secondo il principio del “più donne, In foto - La complicità è alla base dei rapporti tra uomo e donna. In foto - Una giovane coppia vestita a festa in sgargianti abiti da sera. ““ Appartenere Con l’Europa a qualcuno non si significa afferma entrare con la un’idea propria di idea pace, ma dilui nell’idea di guerra: paesi o di lei e farne l’un contro di un sospiro l’altro armati. felicità. Alda Le Merini Marine Pen Poetessa italiana Europarlamentare più figli, più successo riproduttivo”) e alla violenza, in quanto ogni maschio deve limitare il più possibile il numero di concorrenti che potrebbero soffiargli la possibilità di riprodursi. Insomma, si può quasi dire che tutto il male che viene commesso nel mondo è dovuto ad un solo, ancestrale bisogno: quello di trasmettere i propri geni alla generazione successiva. Precauzioni per l’uso Ovviamente, i discorsi della psicologia evoluzionistica non vogliono assolutamente stabilire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato basandosi sulla “naturalità” del fenomeno stesso. L’uomo, infatti, ha costruito una serie di strutture ideologiche, concetti ed astrazioni che mettono ordine nel mondo, che altrimenti sarebbe pervaso dal caos e asservito alla legge del più forte: nessuno dei comportamenti che costituisce eredità ancestrale, pertanto, può essere ritenuto giusto a prescindere. Per questo, bisogna stare attenti alle conclusioni che si possono trarre da studi del genere: la scienza è scienza, ma la società, la cultura e le leggi sono tutt’altra cosa. 54 Gastronomia N.5 | 4 Novembre 2014 I profumi dall’Oriente: La Sicilia araba Storie di culture che si intrecciano a tavola, dall’arancia al cannolo, quando la gastronomia siciliana parla arabo. Redatto da Eleonora Baluci I mandarini Un agrume di Sicilia. L’influenza architettonica Il più antico esempio della architettura definita in modo improprio: arabo-normanna si ha a Salerno. I principali esempi di questa architettura si trovano, tuttavia, in Sicilia: Mazara del Vallo, cattedrale del Santissimo Salvatore consacrata nel 1093 e di cui rimangono solo transetto ed abside, e a Catania con la cattedrale di Sant’Agata, conclusa nel 1091 ed inaugurata tre anni più tardi, primo esempio tri-absidato. Tuttavia è in Sicilia occidentale che esiste la maggiore concentrazione dei grandi edifici di questo stile unico e particolare. Nella provincia di Palermo a Palermo, Monreale e Cefalù. 55 Il 17 giugno dell’827 ebbe inizio l’invasione musulmana della Sicilia, con lo sbarco presso Mazara del Vallo e Lilibeum (poi ribattezzata Marsala, in arabo Marsa Ali o Marsa Allah, “porto di Dio”). Da lì, nel giro di un trentennio, la conquista di Agrigentum, Palermo (caduta nell’831e poi scelta come capitale dell’emirato), Cefalù, Corleone, Messina, Motyca, Ragusa, Enna, Scicli e Noto. Nell’878 cedette anche Siracusa, fortezza bizantina dell’isola, dopo un assedio conclusosi con 5mila morti e la schiavitù degli abitanti superstiti; infine, nel 902, capitolò anche Tauromenium Le arance di Sicilia con un miele alle arance. (l’odierna Taormina), ultimo baluardo della passata dominazione bizantina. La fine di un’era per la bella Sicilia, l’inizio di una nuova storia. L’emirato di Sicilia resterà in vita fino al 1072, anno della presa di Palermo da parte dei normanni di Roberto il Guiscardo e Ruggero d’Altavilla, sbarcati nel 1061 a Messina con l’intento di conquistare l’isola. Il dominio arabo porterà prosperità economica e culturale alla Sicilia, con innovazioni nell’arte, nelle scienze, nelle tecniche di coltivazione ed irrigazione; anche durante il regno normanno e svevo la cultura musulmana resistette, tollerata dai re di turno. Di origine araba sono i nomi di molte località siciliane, come Alcamo, Alcara, Alì, Alcantara, Alimena, la già citata Marsala, Favara (in arabo Fahara) e molte altre sono le città il cui nome inizia con Cala, Calta (Caltanissetta, Calascibetta). Ma le novità più grandi portate dalla dominazione araba al popolo siciliano appartengono al campo gastronomico. Le influenze arabe nella cucina siciliana Gli arabi introdussero in Sicilia la coltivazione degli agrumi. Arance, limoni, mandarini, frutti simbolo stesso dell’isola per la mentalità comune, trovarono impiego come piante ornamentali, grazie ad abili giardinieri, ed aromatiche; nacquero la frutta candita, usata per decorare i dolci e liquori come il ratafia, ottenuto con l’infusione di polpa e bucce di agrumi. Ancora oggi in Sicilia si conoscono qualità di agrumi non note altrove, come il mandarino tardivo di Ciaculli, coltivato in provincia di Palermo, nella Conca d’oro, il cui nome richiama il colorito tipico dorato degli agrumeti. La coltivazione degli ulivi per produrre dai frutti un pregiato olio da cucina, già introdotta dai greci, venne migliorata Olive Siciliane (in foto) Le olive di Sicilia sono tra i prodotti italiani più apprezzati e venduti in tutto il mondo. Limoni e fiori di Narciso con una limonata ghiacciata. Olive e olio siciliano Nei secoli e nei millenni si è mantenuta la tradizione di coltivare l’ulivo e i siciliani ne hanno tratto produzioni di pregiato livello. Oltre che per fare l’olio extravergine sia per cucinare che per condire, le olive vengono vendute anche per essere condite, con aceto, aglio, prezzemolo, pepe, origano, carote a rondelle, sedano, peperoncino a pezzetti e abbondante olio. 56 Gastronomia N.5 | 4 Novembre 2014 e incrementata con moderni sistemi di irrigazione del terreno. Anche il riso, alimento fino ad allora sconosciuto, fu portato dai musulmani; esportato dagli aragonesi, la sua coltivazione, partendo proprio dalla Sicilia, si estenderà poi al nord Italia ed a tutta l’Europa, con tecniche sempre più all’avanguardia. Sempre dall’est arrivarono le spezie, quali cannella, anice e zafferano, reso famoso subito come l’Oro Rosso di Sicilia, in epoche future fondamentale per la preparazione dei famosi arancini. Pianta sempre introdotta dagli arabi è la canna da zucchero che, soppiantando, seppur lentamente il miele, unico dolcificante fino ad allora noto, rivoluzionò la cucina europea. Leggenda racconta che un cuoco arabo, accampato con l’esercito del generale Eufemio nei pressi di Siracusa, cucinò il primo piatto di pesce e verdure, ovvero la pasta con le sarde (“pasta chi sardi”), con l’aggiunta del finocchietto selvatico, pinoli, uva passa e zafferano, ancora 43 57 La cannella Ottima in tavola e utile in salute è nata nello Sri Lanka. Le stelle marroni L’anice stellato fu importato in Occidente solo alla fine del 1600, passando per la Russia. oggi rinomata specialità palermitana; perfetta fusione tra i sapori arabi e quelli del mare siciliano, tra il dolce dell’uva passa e il piccante/salato delle spezie e del pesce. La testimonianza di un geografo arabo, Idrisi, nel Libro di Ruggero del 1154, attesterebbe come la pasta di grano duro si produceva in Sicilia molto tempo prima che Marco Polo la portasse dall’oriente: “A ponente di Termini vi è l’abitato di Trabia, sito incantevole, ricco di acque perenni e mulini Lo Zafferano Crocus sativus, dei filamenti rossi di Zafferano vero, famosi nel mondo come l’Oro rosso della Sicilia. con una bela pianura e vasti poderi, nei quali si fabbricano i vermicelli in quantità tale da approvviggionare oltre ai paesi della Calabria quelli dei territori musulmani e cristiani, dove se ne spediscono consistenti carichi”. I dolci arabo - siciliani Ovviamente le innovazioni culinarie arabe non mancarono neanche tra i dolci. Ipotesi è l’invenzione musulmana della celebre cassata, il cui nome deriverebbe dall’arabo “quasat”, Il Cannolo Un cannolo con cialda croccante alla ricotta fresca, chicchi di cioccolato fondente e pistacchio sbriciolato. la terrina rotonda in cui il tipico dolce a base di ricotta, frutta candita e marzapane veniva cotto. Un’altra ipotesi attribuisce, invece, agli arabi solo un perfezionamento, con l’aggiunta dell’innovativo zucchero di canna e della vaniglia, di un dolce nato nell’Antica Grecia e poi chiamato dai romani “caseatus”, composto da tuma e miele; successivamente le suore dei conventi siciliani sostituirono la ricotta al formaggio ed aggiunsero il pan di spagna, portato appunto dagli spagnoli nel periodo dei Viceré, trasformandolo nel dolce tipico di Pasqua, poiché richiamava per la forma il sole e il suo tramonto, e quindi la Passione di Cristo. Un’altra leggenda racconta che a Caltanissetta, nell’Harem Kalt El Nissah (castello delle donne, da cui il nome stesso della città), furono inventati i cannoli, anche se già Cicerone scriveva di un dolce assaggiato in Sicilia, un “tubulus farinarius, dolcissimo edulio, ex lacte factus”, ossia un cannolo farinaceo fatto col latte. Di nascita certamente araba è, invece, il sorbetto, dal termine “sherbet”= bevanda fresca, ottenuto mescolando la neve con essenze, frutta e zucchero di canna; antenato del gelato artigianale la cui paternità è rivendicata, nel XVII secolo, da Francesco Procopio dei Coltelli, siciliano immigrato a Parigi dove, con un’antica macchina sorbettiera ereditata dal nonno confezionava gelati nel suo Café Procope, il più antico cafè parigino. La neve, prelevata dall’Etna o dai monti palermitani chiamati La Cassata - Una classica cassata siciliana con glassa color verde. Sapori di casa Un cannolo fresco al maraschino e al pistacchio. La firma di La Mantia Una piccola cassatina glassata con arance caramellate, firmata dallo Chef Filippo La Mantia. 58 Gastronomia Creazione araba - Un sorbetto al melone con sciroppo alle mandorle e menta marocchina. N.5 | 4 Novembre 2014 Gli isfang- Dei piccoli sfinci fritti ricoperti di zucchero e ripieni di ricotta dolce fresca. “ Una chiave per capire la Sicilia? Ad otto secoli di distanza un poeta italiano ha cantato gli stessi versi di un poeta arabo, e con lo stesso accento. Leandro Sciascia Storie su Noto 59 proprio a quel tempo pizzo Niviera, veniva conservata in buche nel terreno ricoperte di paglia, le niviere appunto; durante l’estate veniva invece spostata in ceste rivestite di paglia e sale marino, a dorso di muli, per essere conservata nelle cantine. Tutt’ora a Palermo Vicolo della Neve è ricordato per il suo deposito. Gli arabi crearono quindi sorbetti con melone, mandorle, mosto d’uva, cannella, vaniglia e persino con fiori come il gelsomino; antenato del gelato al gelsomino, servito ancora adesso in alcuni bar del palermitano e del trapanese, era l’aroma di “scurzunera” o “scursunera”, pianta selvatica diffusa nelle campagne, usata come cura al morso dei serpenti (scursuni in siciliano, dal latino medioevale curtio onis=vipera). E ancora di origine araba sono la “cubaita” (dal termine qubbayt), croccante composto da miele, mandorle e sesamo (anch’esso introdotto dai musulmani), i “nucatuli” (dai termini nugat o nagal, usati per indicare la frutta secca), biscotti ripieni di frutta secca e confettura di fichi, la “cupita”, torrone a base di albume, zucchero, miele e nocciole, le “sfinci” (dal termine isfang), frittelle di pasta lievitata con ricotta o miele. Numero I FEUILLETON 4 Novembre 2014 L’ombra dello Sfregiato L’Epilogo del racconto su Harvey. Firmato da Marina Finaldi. La penna Stilografica Lei, adesso, avrebbe potuto scrivere per sempre. Firmato Angela Sinopoli. Sangue in Avenue de Suffren Misteri nella capitale francese. Firmato da Josy Monaco. Feuilleton! N.5 | 4 Novembre 2014 Scritto da Marina Finaldi L’ombra dello sfregiato Lou De Falco amava essere circondato dai propri uomini. Oggi, però, era diverso. Ci sono cose che un uomo deve sbrigare da solo ... PARTE IV - epilogo Domenica. Gli ultimi raggi di un pallido sole picchiano con fiacca insistenza sul vetro della finestra. Lou De Falco è seduto in poltrona. È la sua preferita, quella con i piedi in mogano intarsiati a forma di zampa di leone. La stoffa del completo gessato è tesa sull’addome e sulle cosce grassocce. Con un movimento involontario del pollice, sfiora la superficie del grosso anello che porta al medio della mano sinistra. Fissa un punto al centro della stanza. C’è una bruciatura di sigaretta sulla moquette. 61 Fa un cenno all’uomo di guardia alla porta. Una donna alta e ancora piacente nonostante l’avanzare degli anni varca la soglia e si ferma esattamente sulla piccola imperfezione del pavimento. Porta l’abito nero del lutto e una pelliccia di visone. Lou De Falco non la invita a sedersi; si limita ad arricciare le labbra in una fioca imitazione di sorriso accogliente. Daisy Miller lo interpreta come un incoraggiamento a parlare. Si sente stupida a piombare qui così a quest’ora, nel giorno del Signore, quando tutti i bravi cristiani riposano e passano la giornata in famiglia. Ma sente che, con tutto il rispetto e l’umiltà di cui è capace il suo cuore, l’affare di suo marito non è stato gestito con l’adeguata attenzione. Si torce le mani mentre parla. De Falco fa solo finta di ascoltare. Batte impercettibilmente il piede al ritmo di un motivetto che ha in testa. È un Requiem. La donna ora è zitta, le mani le pendono inerti lungo i fianchi. Aspetta che sia lui a parlare. “Ti ha seguita qualcuno?” le chiede con noncuranza, come se avessero appena cominciato quella conversazione. “No, certo che no. Ho preso delle precauzioni, come al solito.” “Bene.” Zanne da lupo baluginano per un attimo nel campo visivo della vedova Miller. Poi, il dolore sordo di una botta alla testa. Si accascia sul pavimento, priva di sensi. “Portala fuori città, non voglio spargimenti di sangue in casa mia.” L’uomo a custodia della porta annuisce. Lascia cadere la mazza da baseball con la quale ha stordito Daisy, colpendola con precisione proprio alla base della nuca, si carica il corpo gracile ed esanime di lei sulle spalle ed esce. Requiem Nel grammofono di Lou De Falco risuona una messa funebre. Daisy Miller La avvenente signora Miller vestita a lutto di domenica mattina. Il colpo di mazza La mazza di baseball dello scagnozzo di De Falco colpisce la Miller. Finalmente solo. Lou De Falco amava essere circondato dai propri uomini, amava vedere esaudito ogni suo capriccio, ogni sua perversione. Tutto ciò che doveva fare era impartire un ordine, uno qualsiasi, e schioccare le dita: i suoi sottoposti sarebbero accorsi come cani a reclamare l’osso. Cazzo, mi terrebbero pure l’uccello mentre piscio, se glielo chiedessi. Ride al pensiero di quel signorino misofobo di Robbie T. che glielo scrolla e glielo rimette nei pantaloni. Oggi, però, era diverso. Ci sono cose che un uomo deve sbrigare da solo. Fa leva con le mani suoi braccioli imbottiti per alzarsi. Il cigolio emesso dalla poltrona gemente sembra il respiro di sollievo di chi è stato per troppo tempo schiacciato da un macigno e assaggia nuovamente l’aria per la prima volta. De Falco attraversa la stanza. Si versa un bicchiere di liquore al caffè dalla bottiglia di cristallo dell’angolo bar. Lo sorseggia piano, assaporandone l’aroma caldo e pungente. Tra un sorso e l’altro canticchia lo stesso Requiem di poco prima. È di buon umore. Guarda fuori dalla finestra. È tardo pomeriggio e i bellicosi raggi di sole che avevano colpito il vetro 62 Feuilleton! N.5 | 4 Novembre 2014 Il volto di Harvey tra il fumo del sigaro. L’entrata Harvey lo sfregiato penetra nella stanza di Lou De Falco e lo trova sorridente seduto sulla sua poltrona. senza posa per tutto il giorno si sono ritirati dietro i grattacieli. Un fischio prolungato all’altro capo della strada lo avverte che il suo ospite speciale è arrivato. Si accende un cubano e si accascia nuovamente sulla poltrona. Indossa il suo sorriso migliore, quando lo Sfregiato fa il suo ingresso nella stanza buia. Il sigaro giace, ormai completamente carbonizzato, nella ceneriera di marmo sul tavolino. Sprigiona ancora un filo sottile di fumo. Harvey avanza spedito verso la poltrona, la volata della Colt puntata in mezzo agli occhi di De Falco. Ha il dito sul grilletto e la mano ferma. Ha vissuto per questo momento. La sua vendetta è compiuta, il suo scopo raggiunto… Sta per sparare il colpo che lo libererà per sempre dalla sua prigione di orrore. Immagina la faccia del 63 padre di sua moglie coperta di sangue, gli occhi vitrei, un terzo occhio che campeggia, nero e profondo proprio lì, in mezzo alla fronte. Immagina la sua espressione deformarsi nella morte, il sorriso mellifluo da lupo sciogliersi per sempre sulle sue labbra. Sorriso? Harvey fa un altro passo, le sopracciglia aggrottate. Il braccio che regge la pistola vacilla. Lou De Falco sta sorridendo. Gli indica qualcosa appena più in basso, qualcosa che ha in mano. È una fotografia. Una ragazza che tiene in braccio un bambino molto piccolo. Indossa un vestito a fiori e una cuffietta dalla quale spunta un ciuffo ribelle di capelli scuri; La scia di fumo - il sigaro adagiato ancora fumante. il bambino è avvolto in uno scialle di lana rigido ed è completamente calvo. Conosce quella foto. È uno dei pochi oggetti che gli avevano trovato addosso, all’orfanotrofio, quando aveva solo due anni; ci era rimasto fino ai venti. Quando aveva abbandonato la sua vecchia vita per Nora non aveva fatto, in realtà, un grande sforzo: poteva essere per lei chiunque volesse perché fino ad allora non era stato nessuno: un’ombra sopravvissuta ai margini della società, senza identità né origini. Non ricordava i suoi genitori naturali. Tuttavia, il volto di sua madre non gli era sconosciuto. Era la donna della foto. Era morta pochi giorni dopo averlo abbandonato. Sul giornale avevano catalogato il suo omicidio come delitto passionale. Era una prostituta. “Come fai ad averla tu?” le parole gli sfuggono dalle labbra prima che lui possa fare niente per fermarle, come fossero dotate di vita propria. Un altro ghigno. “Questa è la mia copia personale”. De Falco si alza. La poltrona stride. “Credevi che non avrei indagato su di te, dopo quanto hai fatto alla mia famiglia? Credevi che ti avrei lasciato andar via con quella sgualdrina come se niente fosse? Io sono un uomo d’onore. Non tollero che mi si manchi di rispetto…te ne sarai accorto. “So che hai ucciso il povero vecchio Joe. Cosa cercavi di fare? Spaventarmi? Davvero pensavi che ti avrei lasciato agire da padrone nella mia città, che ti avrei permesso di rendermi lo zimbello di tutti? Tu, un povero orfanello, fare le scarpe al grande Lou De Falco, il signore di New York. Povero, miserabile idiota.” Agita la foto ancora una volta. “ Io so chi sei, Harvey” Il sorriso da lupo si allarga sempre di più, mostrando zanne giallastre e lucide di saliva. “Sai tua madre? Quella piccola troia l’ho fatta uccidere io. Sgozzata come una scrofa. Succhiava che è una meraviglia, devo ammetterlo, ma doveva Lo sconforto - di Harvey dopo l’incredibile e tragica scoperta. 64 Feuilleton! N.5 | 4 Novembre 2014 morire. Voleva raccontare tutto, voleva che io riconoscessi il piccolo mostriciattolo che aveva sfornato”. Indica il bambino. Harvey collassa sulle ginocchia. Non voglio ascoltare. Basta! BASTA! “Immagina il mio stupore quando ho scoperto che era il mio bastardo a scoparsi la mia adorata figlioletta legittima.” De Falco, torreggiante su di lui, gli strappa via la pistola. “Così ho pensato che uccidervi tutti non sarebbe bastato. Ho ordinato a Joe di uccidere Nora e la bambina, ma di assicurarsi che tu restassi in vita. Volevo vederti sopravvivere, arrancare nella polvere, cibarti dell’odio, crogiolarti nella speranza di una vendetta.” Harvey sente la presa delle mani grassocce di lui intorno al collo, il freddo metallo dell’anello che affonda nella carne butterata. Non reagisce. “Volevo vederti qui, oggi, crollare Madre e Figlia Harvey dopo il lungo calvario fatto di morti, sangue, violenze, amori e sogni infranti, ritrova il suo sorriso e la sua libertà ... un sorriso, una libertà nati dopo aver assistito al sorriso di una mamma ed una figlia che giocano sulla spiaggia. per l’ultima volta, in ginocchio davanti a me. Volevo sentire la tua voce implorare il mio perdono, pregarmi di alleviare il peso della tua pusillanime e insopportabile esistenza.” “Voglio vederti morire, Harvey, figlio mio!” Allenta la presa sulla gola di Harvey, ormai ridotto a una bambola di pezza. Gli restituisce l’arma: “Avanti, fallo. So che lo vuoi. Tu desideri la morte più di ogni altra cosa al mondo. Io posso dartela…” Lo aiuta a portarsi la pistola alla tempia. Toglie la sicura. “ Da bravo…” Lo guarda negli occhi. Per un attimo, un guizzo del vecchio fuoco arde ben nascosto dietro le orbite. La presa di Harvey sull’arma si fa più forte. “Oh, io desidero morire, Vecchio. Ma tu verrai all’inferno con me!” Bang. Odore di polvere da sparo. C’è un cadavere a terra. Il proiettile gli ha scavato un buco tra i denti da lupo. Lou De Falco non sorride più. Los Angeles. Lo Sfregiato è seduto su una panchina. Guarda l’oceano. Sulla spiaggia, una donna e una bambina giocano a rincorrersi. Hanno entrambe capelli dorati che ondeggiano al vento. La loro risata gli scalda il cuore. È felice. È libero. fine La panchina sull’oceano Harvey dopo l’efferata sequenza di delitti, smette i suoi abiti da gangster e siede su una panchina guardando la spiaggia e l’oceano. 65 Galleria N.5 |4 Novembre 2014 Scatti dal Mondo Les fenêtres de Paris La fotografa newyorkese Gail Albert Halaban ha immortalato con il suo obiettivo la vita privata che si svolge dietro le finestre di Parigi. Un punto di vista diverso e originale con cui ha raccontato la città e i suoi abitanti. Gli scatti sono stati poi raccolti nel libro Paris Views. Menage Sia Il menage, familiare o no, prende vita attraverso i vetri mentre una girandola gira. C’est la vie. 66 UNO SCORCIO DI CIELO Nelle stanze prendono vita intimità, tra sguardi, sorrisi e parole. In un gioco di luci e ombre, la vita che si lascia vivere e desiderare e la vita nascosta dietro un velo. IL VEDO E NON VEDO Una culla, un carillon, giochi colorati e due occhi spalancati sul mondo guardano oltre la finestra. CERTEZZE E CAREZZE 67 COMIGNOLI ROSSI SU NERO PECE Sotto un cielo malinconico, il chiarore da una finestra. Libri su scaffali. Una donna che vive. La quotidiana confusione del calore della casa, dei profumi della cucina, dei sapori del momento. ISTANTANEA QUOTIDIANA Quando i colori parlano. Arancio, nero, blu, verde su corpi immobili e silenzi in una stanza. IL MONDO IN UNA STANZA 68 UN RISVEGLIO IN UN RIFLESSO Una cornice in uno stucco antico, un drappo copre nudità in un dipinto della normalità. Fuori mattoni di stabilità. Dentro corpi rilassati nel rifugio che dà la serenità. GERANEI ALLE FINESTRE Si spalancano in baci o convenzioni. Si affacciano con fascino e mistero. Finestre sulla vita. FINESTRE CHIUSE E APERTE 69 Feuilleton! N.5 | 4 Novembre 2014 La stilografica Lei, adesso, avrebbe potuto scrivere per sempre ... L a stilografica macchiò il foglio prima ancora che lei iniziasse a scrivere. Lei lo faceva tutte le sere, prima di andare a dormire. Sedeva alla scrivania, sulla sedia della nonna, quella in legno intagliato con il cuscino rosso, e si abbandonava al suo mondo. La stilografica però quella sera macchiò il foglio. L’ultimo foglio che le era rimasto. Aveva riempito ogni piccola superficie cartacea della sua stanza, aveva scritto ogni dettaglio della sua vita con una raffinatezza unica, quasi sublime. La stilografica macchiò il foglio e lei si arrabbiò molto. Non voleva rinunciare a scrivere proprio quella sera, ne aveva bisogno. Era stata una giornataccia, era stanca, mortalmente spossata dalla malattia che avanzava. La stava logorando, eppure non si dava per vinta: si trascinò davanti alla sua piccola libreria in cerca di un altro lembo di foglio su cui scarabocchiare i suoi pensieri: raccolse le sue forze e quasi piroettò al ripiano superiore, estraendo il suo blocchetto “magico”, la fonte di ogni sua ispirazione: i racconti di sua nonna . Lì, ammassati insieme a questi, vi erano tutti i suoi lavori, le sue incantevoli storie scritte da quand’era bambina. Dalla fodera in tronco di quercia, però, cadde un mucchio di coriandoli. Si alzò di scatto, vibrante di rabbia e si recò, a stenti, in cucina: la mamma era ai fornelli come al solito, intenta a preparare chissà quale intruglio da servire alla famiglia per cena; il padre stava acquattato in silenzio nello studio, come un gatto tacito, chino sulle sue carte a lavorare; la sorellina era davanti al caminetto a giocare con il suo pony di pezza: un adorabile cavallino di un beige tenue con una criniera di spugna color avorio. Il rumore del silenzio era assai fastidioso. Aveva un non so che di sinistro, interrotto a tratti dal movimento scomposto della piccola, o da qualche suo tenero gridolino. Lei irruppe in quell’assordante silenzio, penna alla mano e foglio stropicciato stretto nel pugno sinistro. Non proferì parola: la mamma era molto severa, non tollerava domande di nessun genere, non sopportava toni agitati, si inviperiva per ogni tipo di argomentazione che le andasse contro, e soprattutto detestava la passione della sua figliola per la scrittura. La frustrazione della sua malattia le diede al cervello, farneticava di notte e brontolava di giorno. Sgomenta, la fanciulla si avvicinò alla madre, muovendo sinuosamente la sua lunga treccia. Fece per domandarle il perché delle sue amate storie ridotte in Scritto da Angela Sinopoli brandelli, ma subito le fu rifilato un ceffone. Uno di quelli che riecheggiavano nel lungo corridoio e si spalmavano contro il pilastro in fondo alla casa. Una lacrima le solcò il viso. Un’altra quasi si incagliò nei suoi occhi lividi, provati dalla malattia. Poi le rigò la sua smunta guancia. E caddero poi a frotte e lei si strinse in sé, gettò il foglio a terra e corse in camera. O meglio ci provò, ma finì per ruzzolare sul pavimento. Si aggrappò al pomello della porta d’entrata della sua stanza e si rialzò. Vi rimase chiusa dentro per ore. Nessuno riuscì mai a diagnosticare da cosa era affetta. Le sue cartilagini erano ridotte a pezzi e le continue influenze le provocarono una brutta polmonite. Non vi erano cure, avrebbe dovuto solo aspettare, non si sa nemmeno bene cosa. La madre incolpava quella “maledetta” stanza: vi rimaneva chiusa per ore senza mai cacciar naso fuori dalla finestra, dimenticando perfino di mangiare. Passava le ore ad “oziare”, a “vomitare assurdità su pezzi di carta straccia, invece di occupare il suo tempo a cucire camicie e capellini, come tutte le sue coetanee”. Umidità e digiuno probabilmente la resero fragile, ancor più esile di com’era. Il pallore era ormai sempre più evidente, e i suoi occhioni castani, di quelli che ricordano la bellezza delle foglie d’autunno, erano 70 Feuilleton! N.5 | 4 Novembre 2014 ormai spenti. Le sue labbra rosee non si illuminavano di un sorriso da molto tempo. Eppure era così leggiadra che pareva danzare quando si muoveva, nonostante fosse stremata da qualcosa di ignoto. Avrebbe scritto sul suo lenzuolo. Stappò delicatamente la sua stilografica, questa volta non macchiò nulla, e iniziò assennatamente a mettere nero su bianco ogni diavoleria che le passava per la testa. Scrisse un racconto intero. Poi un altro e un altro ancora. Proiettava su quel lenzuolo tutto ciò che la sua immaginazione le offriva. Finì per ricoprire l’intera superficie, ripose il lenzuolo nella stanza da scrittura e se ne andò a dormire quasi soddisfatta,tentando di dimenticare che sua madre aveva strappato ogni sua storia, ogni suo lavoro. Avrebbe voluto ucciderla. La pioggia imperversava fuori dalla finestra e lei quella mattina si svegliò di malumore: aveva sognato che qualcuno le aveva distrutto i suoi sogni e che sua madre imprecava contro di lei, come d’altronde, avrebbe fatto di sicuro anche quel giorno. Strisciò verso la solita libreria nella sua solita stanza, dove aveva conservato il lenzuolo la sera precedente. La sedia era ribaltata. Fece per avvicinarsi e si bloccò: la madre giaceva riversa sulle maioliche antiche. La pioggia continuava a scrosciare tra gli alberi, nella viuzza dirimpetto, dietro la sua nuca. Lei non capiva cosa fosse successo e non aveva il coraggio di avvicinarsi per sincerarsi delle condizioni 55 71 della mamma. Era lì attonita, inerme, come un fuscello in balia di una tempesta. Era spaventata, spaesata. Rivolse lo sguardo alla sua amata libreria: tutto perfettamente pulito e in ordine, come adorava conservare le sue cose. Eccetto per una macchia di sangue sulla parete adiacente. Ne aveva una uguale sulla sua elegante sottana. Poi si guardò le mani con occhi vitrei: le dita sottili, raggrinzite dal freddo, erano anch’esse impiastricciate di quello stesso vermiglio spento. Un passo indietro. Un brivido le attraversò la schiena, la finestra era aperta. La pioggia era davvero diventata insopportabile. Sembrava non volesse smettere mai. Un altro passo indietro. Il vestito di seta le si scostò dalla spalla. Un altro passo indietro. Ciuffetti di capelli si ribellarono dal nero corvino della sua treccia e le volteggiarono sul volto. Un altro passo indietro. La stilografica era a terra, senza tappo. Un ultimo passo indietro. Un ultimo sospiro di vita che sapeva di fine. L’inchiostro sul pavimento era rosso. Raccolse la stilografica e si voltò di scatto verso la finestra. Lei non fece mai piu’ passi indietro. La stilografica non macchio’ mai piu’ alcun foglio. Le gocce di pioggia non avevano consistenza ormai. Lei, adesso, avrebbe potuto scrivere per sempre. Sangue in Scritto da Josy Monaco Avenue de Suffren In una caffetteria all’ angolo di Rue Saint Dominique si incontrano tante persone singolari. Le ragazze sono quelle più buffe quando decidono di ritrovarsi intorno a un tavolino di legno. Prontissime a scambiarsi complimenti, sorrisi più o meno sinceri e piccoli ululati di gioia, le cose che non sono mai accadute a nessuno, bene: loro le hanno vissute. Le coppiette che vengono a far colazione dall’università non lontana si distinguono perché non si scambiano effusioni in pubblico, stanno compostamente sedute al tavolo. Lui ha la testa china sul libro con le mani sulla fronte. Lei è curva sul tavolo e scarabocchia qualcosa su un grosso quaderno. Il latte e caffè gigante che hanno ordinato è come uno spettatore silente. Credetemi: se i bicchieri di plastica che girano ogni giorno nelle caffetterie potessero parlare, avrebbero molte, molte storie da raccontare. Certo: io non sono un bicchiere e nemmeno sono di plastica. Ho però qualcosa da raccontare che risale a non molto tempo fa. Stavo facendo uno spuntino proprio qui, in questa caffetteria che si trova a circa mezz’ora a piedi dalla Torre Eiffel. Seduta al tavolino nell’angolo, quello con un bel divanetto morbido, tappezzato di velluto rosso. Una postazione ideale per guardare attraverso il vetro la vita che scorre fuori. Scorrevo affannosamente gli annunci di lavoro. Qualsiasi cosa, insomma, per potermi pagare l’affitto perché il mese era quasi alla fine e mi sentivo l’acqua alla gola. Sarebbe stato mortificante chiedere i soldi ai miei genitori che poverini dall’Italia, attendevano le mie videochiamate come 72 Feuilleton! N.5 | 4 Novembre 2014 altrettante epifanie. Mentre addentavo l’ultimo biscotto con scaglie di nocciola, da lontano intravidi una macchia rossa sotto al tavolo di fronte al mio. Cercai di mettere a fuoco l’immagine e notai che una donna sulla quarantina aveva delle perdite mestruali. La cosa era abbastanza ridicola. Comunque sono una donna anche io e presto mi resi conto che non era proprio una bella situazione. Cominciai a fantasticare sulla vita di quella donna prima e dopo la sua presa di coscienza di avere il ciclo. Sapeva che il ciclo stava per arrivare quando, quella mattina, aveva spalmato le sue creme sul volto pallido e aveva scelto, certo con molta cura gli abiti da indossare, tra i quali spiccava un delizioso cappottino ocra così ben abbinato alle Louboutin. Dopo aver messo due gocce di Chanel credo sia uscita di casa diretta verso questa caffetteria. Chissà chi doveva incontrare, quali erano i progetti della giornata. La guardavo e pregavo affinché il suo cappottino ocra si salvasse da quella perdita imbarazzante. Pessima scelta i pantaloni beige, perché erano davvero macchiati. La guardavo ancora sperando di incrociare il suo sguardo, ma nulla da fare. Quando la cameriera le portò la fetta di torta di carote con panna che aveva ordinato, si rese conto Carrot Cake La torta di Carote è uno dei dolci più famosi e consumati al mondo. L’autrice Molly O’neil scrive nel suo New York Cookbook che George Washington assaporò una torta di carote, per accompagnare il suo tè, a Manhattan nel novembre del 1783. del fattaccio. Si guardò intorno per capire se qualcuno si fosse avveduto della cosa e diventò rossa in viso. Quanto a me, finsi di scrivere al PC. Ma giusto il tempo di abbassare lo sguardo che quella donna era sparita lasciando la borsa sul tavolo. Vidi il cameriere aprire la borsa per cercare i documenti, ma nulla. Tirò fuori un bigliettino, lo lesse e poi lo ripose nella borsa. Sussurrò qualcosa ai colleghi, dopodiché si avvicinò a me chiedendomi un favore. Mi aspettavo richiesta di informazioni su quella donna. Ma così non fu. Il tipo pretendeva che io andassi esattamente all’indirizzo segnato sul biglietto risposto nella borsa per consegnarla alla legittima proprietaria. Lì avrei ritrovato la donna con il primo giorno di ciclo mestruale. Si trattava della titolare di una libreria in Avenue de Suffren sulla cui vetrina, un paio di giorni prima, avevo letto un “Cercasi personale”. Non lontano dalla Torre. Avendo un disperato bisogno di denaro, che per un fuori sede non basta mai, accettai di corsa l’incarico. Senza pensarci su, infilai il mio semplice cappottino a righe bianche e blu, misi il portatile nella mia borsa a sacco nera e Due gocce di Chanel Coco fu il primo profumo ad essere prodotto dopo la scomparsa di Coco Chanel, a cui il profumiere Jacques Polge, si ispirò per la realizzazione della fragranza. 73 andai dritta verso l’uscita. Con un sorriso, il titolare della caffetteria mi fece capire che la colazione, quella mattina, era offerta dalla casa. Altro vantaggio per una fuori sede direi. Da MAPS risultava che da Rue Saint Dominque dove si trovava la caffetteria, il tempo di percorrenza era di circa diciotto minuti a piedi. Non essendo ancora molto pratica di Parigi selezionai il percorso sul navigatore dello smartphone e azionai il GPS. Mentre camminavo sentivo il piacevole profumo di lavanda che proveniva dalla borsa, e osservavo con piacere il verde che circondava quella zona della città. Improvvisamente un bambino con un cappellino rosso mi chiese di giocare a palla. Gli sorrisi e con garbo risposi di non poterlo accontentare. Più mi avvicinavo a destinazione e più la Torre Eiffel si ingigantiva Era la cosa che avevo visto il secondo giorno che mi trovavo nella capitale francese. Il cielo da azzurro e limpido iniziò ad ingrigirsi, e si alzò un vento tagliente. Le mie guance si raggelarono, e sentii il bisogno di mettere le mani in tasca. Così facendo non potevo però guardare il navigatore. Convinta di essere quasi arrivata, camminavo veloce portando suonare le campane tubolari che resero ancora più affascinante l’atmosfera nella quale stavo per trovarmi. Un violino suonava una melodia malinconica che curiosamente ben si legava al puzzo di umido e polvere; quanto ai libri, non c’erano scaffali, né mobili: erano disposti in ordine decrescente. Tutti di colore rosso; e ognuno aveva accanto una candela. Non c’erano scaffali, né mobili. I libri erano parte dell’arredamento. C’erano In foto- La ragazza imposta l’opzione GPS per orientarsi. su una spalla la mia borsa e sull’altra quella della donna con il cappotto ocra. A un tratto il mio piede sinistro si bloccò. Abbassai lo sguardo per capire dove si fosse incastrato il laccio. Vidi una piccola manina bianca che giocava con i miei lacci e sentii una vocina che mi invitava a giocare a palla. Mi voltai: era di nuovo il bambino incontrato prima. Con un pizzico di preoccupazione, gli diedi la stessa risposta, liberai con forza il piede e cominciai a camminare a passo svelto. Guardandomi intorno, notai qualcosa di strano. Negozi, solo sedie. Feci qualche passo e osservai con attenzione quel macabro ambiente cercando di capire da dove provenisse il violino. Poggiato su una pila di libri c’era un quarantacinque giri e feci un collegamento. Mi accorsi poi che il disco non girava e come amara consolazione fui presa di soprassalto dal rumore di unghie che grattavano con velocità qualcosa di ferro fino a quando non sentii un forte boato. Mi si strinse il cuore dallo spavento ma botteghe, bistrot e caffetterie internazionali erano vuoti. In strada non c’era nessuno. Solo una libreria era aperta e illuminata. Fu in quel momento che realizzai di essere arrivata in Avenue de Suffren. C’era così tanto silenzio che i miei tacchi si fecero tamburi ad ogni passo. Prima di entrare in libreria osservai l’insegna e mi accorsi che c’era qualcosa che non andava: era scritta al contrario. Un’insegna impressa di proposito al contrario sul vetro. Pensai fosse una scelta originale e spinsi la porta che fece In foto- Un classico bistrot di Parigi. 74 Feuilleton! N.5 | 4 Novembre 2014 La vetta della Torre Eiffel. 75 non gridai. Girandomi mi accorsi che un branco di topolini aveva fatto cadere un libro. Solo in quel momento mi balenò in mente l’idea di scattare una foto. Lo feci ma mi accorsi che non c’era la 3g e quindi non potevo condividere istantaneamente la foto su Facebook. Qualcosa si era appena poggiato sulla mia spalla sinistra. Un brivido mi salì lungo la schiena, e provai a guardare con la coda dell’occhio. Vidi delle dita affusolate e riconobbi quei manicotti color ocra. Mi voltai ed ebbi conferma di quanto pensavo, era la donna con il ciclo mestruale. La osservai per bene, i suoi occhi erano di un verde smeraldo meraviglioso, i capelli erano neri e lisci e il collo magro e lungo. Di nuovo allungò la mano verso la spalla dove avevo la sua borsa. Pur tremando di paura, cercai di farle capire che ero appunto venuta per restituirle la borsa che aveva dimenticato in caffetteria. Mi sorrise ma senza proferire parola. Si sedette su di una poltrona fatta di libri rossi. Aprì le gambe e mi mostrò la macchia di sangue che aveva tra i pantaloni. Con molto imbarazzo provai a spiegarle che forse era il caso di provvedere con una soluzione igienica, ma lei prese la borsa e la capovolse. Poi, trasse un biglietto dalla tasca e, restituendomi anche la borsa, me lo porse. C’era scritto 8, boulevard de Ménilmontant. Il messaggio era chiaro, voleva che andassi all’indirizzo indicato sul biglietto. Mi guardò con i suoi enormi occhi verde smeraldo. Uscii da quell’ambiente triste e cupo. Dovevo prendere la metropolitana: questo era certo; ma non avevo ben capito dove si trovasse la zona che dovevo raggiungere.L’aria era gelida, e il cielo sempre più grigio. La Torre Eiffel sembrava una spada gigante, mancava solo un fulmine che si diramava intorno. Così presi lo smartphone per affidarmi di nuovo al navigatore ma la linea era completamente assente. Ricordai poi di aver scaricato una APP con la mappa di Parigi che funzionava anche senza connessione e la usai. Andai verso la fermata metropolitana Ecole Militaire e scendendo le scale e tra uno strano odore misto tra agrodolce, piselli in scatola e urina, sentii il rumore del treno sulle rotaie. Di nuovo sentivo l’ eco dei miei passi. Biglietteria chiusa e nella stazione nemmeno un’anima viva, tranne un uomo con baffi e divisa che fumava una pipa. Probabilmente era un militare che aveva scelto di tornare a casa con la metropolitana e decisi di avvicinarmi per chiedere informazioni. Mi rispose che anche lui era diretto verso la stessa zona e che se non mi dava fastidio potevamo fare la strada insieme. Toccandosi la punta arricciata del baffo sinistro cominciò a raccontare della sua lunga carriera, senza che io gli avessi chiesto nulla tra l’altro. Figlio di ferrovieri e appassionato di pittura, aveva intrapreso la carriera militare per amore. Pare che la donna della quale si era innamorato avesse un debole per gli uomini in divisa. Era ancora sua moglie e, nonostante fossero sposati da tanto tempo, il loro amore era ancora tanto forte che ogni sera si stringevano e ballavano ascoltando Chopin. Intanto, la metropolitana era arrivata a destinazione. All’uscita, lo Tramonto parigino - una sfumatura serale della Senna. scenario era sempre lo stesso, nessuna persona in giro, aria cupa e gelida e cielo grigio. Il quartiere era un pochino più residenziale, alberato nonostante tutto e forse se ci fosse stata più movida sarebbe stato piacevole abitare da quelle parti. Assieme al militare, svoltai l’angolo della strada e ci trovammo di fronte all’ingresso di un cimitero. Era il cimitero Père-Lachaise. Invitandomi a seguirlo mi portò vicino la tomba di George Méliès. Fui stupita dalle dediche che aveva il regista di Le Voyage dans la lune. Non fiori ma tantissime frasi scritte da artisti e videomakers di tutto il mondo che forse speravano che lo spirito del maestro potesse vegliare su di loro per guidarli nella realizzazione dei propri sogni. Una palla cadde dinanzi a me e di nuovo una vocina che non mi era nuova mi chiese di giocare. Di nuovo mi voltai. Era il bambino con il berretto rosso che si avvicinò al militare chiamandolo papà. Qualcuno strappò la borsa dalla mia spalla e la lanciò verso una tomba. Correndo per recuperare la borsa, qualcosa mi lasciò sconcertata. Alzai lo sguardo verso la lapide che mi stava di fronte e tremando, vidi degli occhi verde smeraldo in una foto imprigionata da una cornice dorata di forma ovale. In lucide lettere d’ottone c’era scritto “Corrine Bernard, libraia”. Il cimitero - il camposanto di Père-Lachaise nella città di Parigi. 76 “ Chi di voi vorrà fare il giornalista, si ricordi di scegliere il proprio padrone: il lettore! Indro Montanelli www.impattomagazine.it [email protected] 3 stanco della vecchia EDITORIA? !MPATTO MAG si apre al mercato digitale dei device mobili. !MPATTO MAG offre ogni settimana approfondimento. !MPATTO MAG viene distribuito gratuitamente.