NUMERO 24 DICEMBRE 2014

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NUMERO 24 DICEMBRE 2014
NUMERO 24
DICEMBRE 2014
Fotografia di Mina Patocchi
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Fondo Energie Rinnovabili (FER), nuove opportunità
a favore di tutti e dell’ambiente
di Michele Rotanzi, sindaco
Il 5 giugno 2011 il popolo ticinese aveva accettato il controprogetto all’iniziativa popolare elaborata del 16 aprile 2010 “Per un'AET senza carbone!”.
Questa decisione ha permesso la modifica della
legge cantonale sull’energia (LEn) e l’introduzione del nuovo art. 8b e c che sancisce l’istituzione
di un fondo cantonale destinato a favorire la realizzazione di nuovi impianti di energia rinnovabile
ai sensi della Legge federale sull’energia (LEne)
siti in Ticino (art. 2 cpv. 5 LAET).
Il nuovo regolamento per la gestione del fondo
per le energie rinnovabili (RFER) del 29 aprile
2014 definisce la destinazione e le condizioni di
accesso ai finanziamenti.
L’articolo 8c lettera g recita testualmente:
“... possono essere finanziate le attività dei Comuni, debitamente documentate, nell’ambito dell’efficienza e del risparmio energetico, in particolare
per il risanamento del proprio parco immobiliare e
di quello in comproprietà, per la costruzione di
nuovi edifici ad alto standard energetico, per interventi sulle proprie infrastrutture, per la costruzione
di reti di teleriscaldamento alimentate prevalentemente con energie rinnovabili, per l’implementazione di reti intelligenti (smartgrid), per incentivi a
favore dei privati, delle aziende e degli enti pubblici
e in genere per tutti gli altri provvedimenti adottati
per promuovere un’utilizzazione più parsimoniosa
e razionale dell’energia elettrica.”
Il finanziamento del fondo cantonale è garantito dal
prelievo sulla produzione media annua prevista di
energia elettrica proveniente da quote di partecipazione già acquisite da AET in centrali elettriche a
carbone, abbinato ad un prelievo sul consumo:
- sulla produzione di energia dalle centrali a carbone: prelievo di 0,6 cts/kWh
- sul consumo di energia elettrica da parte dei
cittadini: prelievo di 0,2 cts/kWh a favore delle
attività cantonali e di 1 cts/kWh a favore delle
attività comunali.
La somma complessiva ammonta a circa 40 milioni di franchi suddivisi come segue:
- 14 milioni ai comuni quale indennizzo per l’uso
del suolo pubblico (ex privativa)
- 20 milioni al fondo FER destinato ai comuni
- 6 milioni al fondo FER cantonale
I comuni possono usare liberamente l’indennizzo
per l’uso del suolo pubblico (Fr. 150'000.– per la
Lavizzara), mentre l’importo destinato al fondo FER
comunale (circa Fr. 120'000.–) sarà versato ai comuni che si attiveranno nell’ambito della promozione e utilizzazione parsimoniosa dell’energia
elettrica e se rispetteranno le seguenti condizioni:
Indice
Fondo Energie Rinnovabili (FER), nuove opportunità a favore di tutti e dell’ambiente
pag. 2
Il personaggio: Mi sono buttato e i novant’anni non li ho nemmeno visti
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Patriziato di Peccia: un territorio avuto dai nostri padri, da dare ai nostri figli 8
Notizie e comunicati in breve…
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17 agosto 2014. La carica dei 500 per festeggiare una rinascita 16
A mia nonna con tanto Amore...
24
L'ospite: Intervista a Carmela Fiorini 29
Dall’Album dei ricordi...
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entro la fine del 2016 i comuni sono tenuti a presentare un rendiconto delle attività svolte e un programma delle attività previste, che tenga conto di
una pianificazione su più anni. In seguito il piano
dovrà essere aggiornato annualmente. In mancanza di un tale programma il comune non avrà più
diritto a ulteriori versamenti a partire dal 2017.
Tramite questo nuovo fondo il Municipio ha deciso
di incentivare l’uso dei mezzi pubblici finanziando
l’abbonamento arcobaleno a studenti e apprendisti fino a 25 anni (fino ad ora 19 anni). Favorire
l’acquisto o la sostituzione di vecchi congelatori,
frigoriferi o asciugatrici. La sostituzione progressiva delle vecchie lampade per l’illuminazione
pubblica con nuove lampade a LED. La vendita a
prezzo di favore di lampade LED a basso consumo per le economie domestiche. Da questo fondo
sarà inoltre possibile prelevare importi per l’ammortamento degli investimenti effettuati per la
realizzazione della centrale termica e teleriscaldamento a cippato di legna di Sornico, la micro
centrale inserita nell’acquedotto di Soveneda e
da ultimo il nuovo impianto solare realizzato sul
tetto del centro scolastico a Sornico.
È utile ricordare che congelatori e frigoriferi rappresentano il 20% del consumo annuo di una fa-
miglia, la sostituzione di questi apparecchi può
rappresentare dunque un notevole risparmio.
Tabella confronto consumo annuo di un congelatore/frigorifero in Kwh (vedi fine articolo):
I dati dimostrano che tra un apparecchio di classe
A+ e uno di classe A+++ il consumo si riduce di
circa il 50%.
È stato calcolato che un vecchio congelatore di
classe B o C da 300 l può raggiunge addirittura
un consumo annuo di circa 600/700 kwh! In questo caso con un apparecchio di classe A+++ si
risparmierebbero ca 450 kwh con un minor costo
di energia elettrica di Fr. 100.–/annuo.
Per il futuro il Municipio valuterà altre possibilità
di finanziamento a favore dei cittadini nell’ambito
delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, iniziative che avranno pure un impatto positivo
sul nostro ambiente.
Le condizioni per accedere a questo incentivo sono contenute nell’ordinanza pubblicata in questi
giorni agli albi comunali e sul sito internet. Altre
informazioni possono essere chieste al tecnico
comunale signor Daniele Bianchini.
A+
A++
A+++
Risparmio in Fr. A+/A+++
1 kwh = 0,23 Fr.
400
350
260
175
40.–
350
320
240
165
37.–
300
300
225
150
34.–
I N F O
Capacità in litri
Redazione
Apertura sportelli
Recapiti del Comune
Rivista semestrale:
Tutti i numeri sono consultabili
sul sito internet www.lavizzara.ch
PRATO:
lunedì 09.30 – 11.30
16.30 – 18.30
martedì09.30 – 11.30
mercoledì 09.30 – 11.30
giovedì
16.30 – 18.30
venerdì
09.30 – 11.30
Municipio di Lavizzara
6694 Prato VM
Michele Rotanzi (responsabile)
Bruno Donati
Cristiana Vedova
Fausta Pezzoli-Vedova
Mina Patocchi
Ha collaborato:
il personale della cancelleria
Ufficio tecnico:
martedì09.30 – 11.30
giovedì
09.30 – 11.30
Tel. 091 755 14 21
Fax 091 755 10 42
[email protected]
www.lavizzara.ch
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Mi sono buttato e i novant’anni
non li ho nemmeno visti
Incontro con don Dante Donati, classe 1922
di Bruno Donati
È bello sentire don Dante raccontare: gli
avvenimenti fluiscono uno dopo l’altro,
ricordati con lucidità, ricchi di dettagli,
presentati con piacere e con un filo di ironia che relativizza le difficoltà incontrate
e presenta la vita dal lato migliore con
un atteggiamento positivo e costruttivo.
A quasi 93 anni trascorre le sue giornate
in un piacevole appartamento della Residenza alle Betulle, annesso al Centro
sociosanitario di Cevio, qui lui si sente
bene. Appena si offre l’occasione torna a
Broglio, sale in Lavizzara per partecipare
alla vita di quella comunità, dove lui conosce tutto e tutti e dove è unanimamen- La squadra di calcio Boys B di Cevio nel 1969-1970.
te bene accolto, apprezzato e stimato.
È a Cevio, davanti a una grande finestra che guar- primi anni mi mandarono per soggiorni estivi nella
da sulla valle, in una giornata di pioggia uggiosa di colonia montana di Bosco Gurin, gestita dall’ospenovembre, che ha fatto riemergere con brio alcune dale, dove soffrivo di malinconia. Quando, con il
tappe della sua intensa e operosa vita, ricordate groppo in gola, dicevo: «A vöi na a Bröi», le suore
con serenità, quasi fossero illuminate da un raggio per sviarmi mi rispondevano: «No, ad dem mia bröd,
di sole. Un lungo viaggio, tutt’altro che concluso, ad dem cafelacc».
pieno di idee, di progetti e di realizzazioni, sorretto La fanciullezza l’ho trascorsa a Broglio come tutti
da una generosa e incessante attività a favore dei gli altri bambini, ero anche un po’ birichino. Una volgiovani e volto al futuro. Lui ricorda il suo percorso ta, durante la Messa, non mi ero comportato bene
così: «Mi sono buttato e i novant’anni non li ho nem- e il parroco don Belotti, dopo avermi richiamato
meno visti». Il presente lo vive ancora attivamente e due o tre volte, mi ha castigato, obbligandomi a
criticamente, il futuro è ancora occupato da idee e scrivere cento volte i dieci comandamenti. A nulla
propositi concreti, dentro di lui cova tuttora qualche è valsa l’intercessione di mio papà e quella lezione
progetto che realisticamente definisce "sogni".
non l’ho mai dimenticata. Da ragazzi giocavamo
Io ho avuto la fortuna di essere il primo bambino a senza giocattoli e spesso si imitavano i lavori degli
nascere nell’ospedale di Vallemaggia, che in quel adulti come quando si piantavano fili utilizzando il
periodo trovava posto nella casa Moretti a Cevio. filo di ferro per le fascine. Molte le piccole occuEro di costituzione gracile e restai per un certo pazioni che ci venivano affidate: portare al pascolo
periodo all’ospedale, divenendo il beniamino delle i capretti in primavera, riportare in basso le capre
suore. Al battesimo ebbi come padrino il pretore che salivano alla Piòda Néra, salire al Croadásc
Clemente Vedova e come madrina un’infermiera al mattino presto per dar fieno alle manze, con la
Pedrazzini, emigrata poi in Argentina. Nel corso dei successiva corsa a rompicollo per giungere in tem-
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Don Dante accanto al fuoco con la mamma Marietta
e la sorella Marcella (a sin.). Broglio 1960.
po a scuola. A Natale mettevamo parecchi piatti
per ricevere i doni di Gesù Bambino, ma al mattino
ognuno trovava al massimo due spagnolette, un
mandarino e un paio di biscotti.
All’età di 12 anni, quando frequentavo la settima
classe della scuola obbligatoria, ho maturato l’idea
di andare a studiare in seminario, senza rendermi
conto di cosa questo voleva dire. Il pensiero iniziale
è diventato pian piano un bisogno, fino al giorno in
cui, il giorno di Natale del 1934 e in modo del tutto
inaspettato, il parroco mi chiese se volevo entrare
in seminario. Provai una grande gioia, ma mi pesò
anche la preoccupazione di come dire ai genitori
quanto avevo maturato dentro di me. Ci pensai a
lungo e poi una mattina presto, sul sentiero poco
sotto al Croadásc, lo confidai alla mamma. Sbottammo tutte e due a piangere. Il papà, messo al
corrente, non fece opposizione. Quell’estate fu l’ultima che passai sull’alpe Larécc, dove salivamo con
tutto il bestiame e lassù ho fabbricato la mia prima
e ultima forma di formaggio. In ottobre mio padre,
un po’ rassegnato, mi accompagnò in seminario e
mi aiuto a preparare il letto in un grande dormitorio. Laggiù sono rimasto dodici anni fino alla prima
Messa celebrata in pompa magna a Broglio con
la partecipazione corale della popolazione e allietata dalla banda di Cavergno. Pochi giorni dopo i
festeggiamenti, il vescovo mi affidò la parrocchia
di Corzoneso e restai nove anni in Valle di Blenio,
dove mi trovai bene. Poi, di punto in bianco, giunse
l’ordine di trasferirmi a Cevio. Avrei potuto ritenermi
fortunato per la promozione a una parrocchia nel
capoluogo della valle, ma ad Acquarossa dovevo
lasciare un importante cantiere aperto, quello del
Cinema Teatro Blenio di cui ero stato il promotore.
Ma le scelte del vescovo non si discutono e per un
paio d’anni, con l’aiuto di personalità bleniesi, potei
ancora contribuire a portare a termine, anche da
CENTRO SPORTIVO LAVIZZARA
Apertura invernale
01 settembre 2014 – 15 marzo 2015
pattinaggio pubblico
mercoledì
14.30 – 17.00
sabato
14.00 – 16.30
domenica
14.00 – 16.30
vacanze scolastiche 14.00 – 16.30
hockey libero
1/3 di pista durante le ore di
pattinaggio pubblico, unicamente
con dischi di gomma.
Tel. 091 755 12 53 – Fax 091 755 12 56 – Buvette 091 755 12 18
www.splavizzara.ch / e-mail: [email protected]
Informazioni: attività, riservazioni, iscrizioni
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Escursione durante un campeggio a Robiei nel 1958.
lontano, l’opera. Sono rimasto parroco a Cevio per
quasi cinquant’anni e ho dato io le dimissioni qualche mese prima che compissi gli 86 anni, tanto per
non lasciare la soddisfazione al vescovo di invitarmi
a farlo o per evitargli l’imbarazzo. La stessa cosa è
successa con la licenza di condurre: a novant’anni ho rinunciato io al permesso di guida e non ho
aspettato che me lo negasse il medico.
Ho sempre investito molto nell’attività con i giovani. A Corzoneso esisteva già il circolo maschile e
quello femminile dell’Azione cattolica, con loro ho
organizzato recite teatrali e ben presto è nata l’idea
di una sala apposita da realizzare possibilmente al
piano (Acquarossa) in modo da coinvolgere l’intera
valle. Doveva diventare un po’ come gli oratori di
quel periodo, adatto a molteplici attività ricreative
e formative. Il cinema aveva allora una grande attrattività anche in periferia e nelle valli; in Valle di
Blenio non esisteva nessuna struttura e io, dopo
lunghe riflessioni, ho voluto proporre un edificio e
una sala dove poter proiettare su grande schermo i
film in voga in quel periodo, puntando naturalmente
su opere di qualità e dignitose. Per ottenere la privativa è stato necessario ottenere tutta una serie
di concessioni: fino al Centro del cinema svizzero
di Zurigo. Mentre l’architetto Giampiero Mina preparava il progetto, la casa parrocchiale era diventata un luogo strategico per la raccolta fondi: con
numerosi giovani e adulti abbiamo organizzato tre
grandi lotterie, ognuna con un auto come premio
principale. Un lavoro immenso che iniziava specie
la sera e si concludeva a notte fonda, senza contare gli ostacoli da superare di tipo burocratico, ma i
soldi pian pianino arrivavano e il progetto avanzava.
Fatta tutta questa lunga e difficile strada, proprio
sul più bello, quando l’opera prendeva forma mi è
toccato a malincuore partire per Cevio. Resta la
soddisfazione che il Cinema Teatro Blenio è tuttora
vivo e vegeto e che l’edificio ora figura nell’elenco
dei beni culturali protetti.
Appena arrivato a Cevio misi gli occhi sulla sala del
cinema edificata durante i grandi lavori idroelettrici e al proprietario mi dichiarai disponibile per un
eventuale acquisto. La proposta non ebbe riscontro e suscitò il commento: "ha un bel coraggio quel
prete li, mi ha cercato anche il cinema". Non è che
io fossi fanatico del cinema, per me era uno strumento che mi permetteva di essere con la gente.
Non ebbi nemmeno il tempo di rammaricarmi che
già i ragazzi del luogo mi diedero altri interessanti
spunti. A loro interessavano le attività sportive e
subito istituimmo la SACE (Società atletica Cevio);
con numerosi allenamenti, con la partecipazione
a gare a livello cantonale ci facemmo un nome e
potemmo collaborare con l’Asti (Associazione
sportiva ticinese) e la Federale. Alla fine però mi
stancai, perché i nostri migliori atleti ci venivano
regolarmente soffiati dalle associazioni maggiori: a
noi il lavoro di formazione, a loro i risultati.
Si apriva così una nuova finestra: il calcio. Per non
entrare in conflitto con altre squadre della zona abbiamo puntato sui boys e siamo stati accolti, come
millesimo club, dell’ASF (Associazione svizzera di
football) ottenendo anche un premio di 1000 franchi. Ho promosso la costruzione del campo di calcio a Cevio, incontrando non poche difficoltà con i
forestali. Pian piano abbiamo migliorato le prestazioni e, quando i risultati cominciavano a giungere,
ancora una volta le squadre maggiori ci privavano
dei nostri talenti. Dopo qualche anno si è giunti alla
fusione con la squadra del Cristallina.
La mia passione erano gli sport invernali e allora mi
buttai in quella direzione: dapprima il pattinaggio,
con una pista artificiale alla Gèra dove l’acqua veniva portata con il secchio, e poi lo sci. Ho imparato a
sciare a un corso promosso per gli ecclesiastici dal
centro sportivo di Macolin e, siccome un buon numero dei partecipanti erano alle prime armi, il monitore affidò il compito di istruirci a sua moglie. Non
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ero molto bravo sugli sci, ma con l’esercizio sono
divenuto pure io monitore. Da quel momento non
solo ho iniziato a organizzare corsi per i giovani, ma
mi sono occupato anche di scilift. Ho benedetto il
primo scilift della Valle di Blenio e in seguito ne ho
acquistato uno che per parecchi anni ho piazzato a
Broglio e da ultimo l’ho poi venduto a Bosco Gurin.
Per parecchi decenni mi sono occupato di apicoltura, un’attività appassionante che mette a contatto con la natura e che ricompensa con un bene
prezioso: il miele. Ho iniziato a Corzoneso su invito
del parroco che andavo a rimpiazzare e fui sostenuto da un paio di parrocchiani, ognuno dei quali
mi regalò uno sciame. Dopo essermi impratichito
un poco ho iniziato subito a fare il nomadismo con
uno jepp che mi permetteva di spostare le arnie,
le ho portate anche fin sul Lucomagno. Più tardi,
quando ero già Cevio, feci costruire una roulotte
con la possibilità di mettere 44 popoli di api, distribuiti su tre lati: ricordo di aver fatto dei buoni
raccolti dove c’è l’albergo Pineta a Fusio e in fondo
la diga del Sambuco. Quando dovetti poi assumere anche compiti di cappellano all’ospedale decisi
di vendere tutto a don Pontarolo che ancora oggi
possiede la mia roulotte. Ho ripreso infine l’apicoltura con mio nipote e sua moglie che la praticano
tuttora. Un percorso durato oltre 50 anni e grazie
al miele ho comperato la mia prima auto.
Ho avuto la fortuna di poter portare avanti con
pazienza e determinazione tutti i progetti che ho
intrapreso, senza incontrare mai gravi problemi finanziari, ma poi anch’io ho dovuto affrontare pause
di malattia, con malanni anche molto gravi. In un’occasione, mentre mi trasportavano con l’elicottero
della Rega verso l’Inselspital di Berna
sono stato in punto di morte a causa di
embolie polmonari. Ho subito diverse
importanti operazioni, accettando di
mettermi a disposizione per la sperimentazione di tecniche d’avanguardia.
Durante le malattie sono sempre stato
sereno e per cinque-sei volte ho chiesto
di ricevere l’olio degli infermi. Penso di
essere una persona positiva, ma anch’io
ho i miei tribüléri, così come tutti. In questi casi la mia sicurezza viene del fatto
che chiudo gli occhi e mi fido. Senza la
fede sarebbe una disperazione. Data
la mia età non posso più fare granché, salvo che
fidarmi e chiudere gli occhi con speranza.
Sono sempre stato molto attaccato alla Lavizzara e
mi rincresce che adesso viene a mancare vitalità a
causa dei giovani che partono e non fanno famiglia
lassù. L’attrattività dell’alta valle può essere favorita dalla viabilità: io sono sempre stato favorevole
a sentieri e strade. Dove ci sono i sentieri c'è vita,
dove vengono abbandonati tutto si inselvatichisce.
Sono un convinto fautore delle strade carrozzabili
che salgono sui monti, da utilizzare però in modo
ragionevole per rianimare i luoghi e portare un minimo di comodità. Sostengo inoltre da sempre la
necessità di un collegamento stradale verso nord
per toglierci dall’isolamento e di una strada comoda e veloce verso il centro urbano.
Da tempo coltivo un sogno, quello di creare con
collegamenti stradali una comunità alpina che
abbracci la Lavizzara, l’alta Verzasca, Chironico e
Faido, l’alta Leventina. In pratica formare un anello
attorno al Campo Tencia che diverrebbe come una
cattedrale dell’alto Ticino in grado di aggregare le
popolazioni delle valli.
Valuto in modo molto positivo quanto fatto in Lavizzara nei dieci anni di aggregazione ed è in questa
direzione che bisogna continuare, ma con una raccomandazione, che si sappia lavorare tutti assieme, senza divisioni né campanilismi.
In conclusione, desidero affermare come nella mia
lunga vita mi sia sempre trovato bene ovunque e
con tutti, da tutti rispettato e bene accolto. Dopo
questa chiacchierata, per favore, non mettetemi
sugli altari, preferisco restare con voi per lodare
insieme il Signore.
Gita all'alpe Vaccariscio nel 1959 in occasione di un campeggio a Fusio.
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Patriziato di Peccia:
un territorio avuto dai nostri padri, da dare ai nostri figli.
di Fausto Rotanzi, presidente
Abbiamo recentemente voluto indicare questo motto su un manifesto espositivo di presentazione del
Patriziato di Peccia. Il testo proposto si ispira ad una
bella e significativa citazione dei nativi americani
che dice: “Non abbiamo ricevuto la terra in eredità
dai nostri padri, ma in prestito dai nostri figli” (1854,
Capo Seattle della tribù Duwamish). In questa frase
è forse racchiusa l’essenza stessa del Patriziato: un
territorio, con quanto comprende, da curare e custodire, affidato alle famiglie originarie del luogo e da
tramandare da una generazione all’altra.
Con questo spirito, che è anche uno stimolo, ci occupiamo del nostro Patriziato.
Un Patriziato piuttosto impegnativo quello di Peccia,
composto da 457 cittadini patrizi iscritti a registro
e con una superficie ragguardevole da gestire di
oltre 5000 ettari (tanto per intenderci... oltre la metà
dell’intero Mendrisiotto). In occasione della recente
introduzione del registro fondiario definitivo del Comune di Lavizzara, sezione di Peccia, che è stato
completato con l’inserimento anche del territorio
montano, ci ha sorpreso non poco – e ci ha fatto
riflettere – sapere di disporre, tra le altre, di una
particella che da sola occupa un’estensione di oltre
47 milioni di m2... almeno fossero franchi!!!... invece,
il nostro, è solo territorio negletto che va comunque
gestito ma al quale viene riconosciuto un valore soltanto in termini ambientali, naturalistici e sentimentali che certo contano, e molto, ma concretamente
non rendono.
Peccia ha la caratteristica di essere, in un comprensorio relativamente ristretto, una sorta di laboratorio
geologico in quanto, oltre al tradizionale e diffuso
granito – o gneiss che dir si voglia – troviamo la pietra ollare, sfruttata e lavorata fino ad inizio ‘900, e
il marmo che viene tuttora estratto nell’unica cava
del genere attiva in Svizzera e che è pure alla base
della trentennale attività della rinomata Scuola di
scultura di Peccia, quindi un elemento che riveste,
per la nostra realtà periferica, un fattore economico
di assoluto rilievo. Sul nostro territorio sono ancora
caricati, almeno in parte, tre alpi: oltre ad Arena e
Croso (quest’ultimo caricato, con una mandria di
numerose mucche scozzesi, unitamente all’alpe Serodano della Parrocchia di St. Antonio di Peccia e
all’alpe Mascnée della Parrocchia di San Carlo Valle
di Peccia) quello maggiormente sfruttato è l’alpe
Bolla-Froda – uno dei più estesi del Ticino – fatto
oggetto di una completa miglioria alpestre negli anni '80 con anche la formazione della pista d’accesso
veicolare.
In questi ultimi anni l’Ufficio patriziale, supportato
dal Consiglio patriziale – dal 1997 il Patriziato di
Peccia, uno dei pochi a livello cantonale, si è dotato
di questo organo legislativo – si è dedicato a varie
iniziative ed attività tra le quali spicca, in particolare, l’avvenuta ristrutturazione della Casa patriziale,
situata nel nucleo di Peccia paese, con un investimento complessivo di circa Fr. 600'000.–. Di minore impatto ma non meno importante la realizzazione,
approfittando dei lavori in loco sulla condotta dell’acquedotto comunale, di un bel fontanone scavato in
un tronco di larice, collocato in località Chipa Alta in
Valle di Peccia, in una suggestiva area di svago. Se
pensiamo ai significati reconditi che si possono attribuire ad una fontana pubblica, è questa un’opera
forse modesta ma sicuramente di particolare valore.
In questa zona abbiamo pure operato al recupero e
Ponte tra i corti Cascioler e Cavariasch.
9
Fornace per la calce.
alla salvaguardia in un interessante biotopo, un piccolo ma prezioso sito naturalistico. Si è inoltre voluto
valorizzare, anche con la posa di un cartello informativo, l’antica fornace per la calce situata in zona
Draiói, nei pressi del ponte di Stangialgò, sul lato
destro del fiume prima di giungere alla cava del marmo, quale preziosa testimonianza di una lavorazione
un tempo considerevole ma della quale si è in gran
parte persa memoria. Sono inoltre stati attuati alcuni interventi di miglioria o manutenzione alpestre, in
particolare con la costruzione di un sentierone per
condurre la mandria al pascolo in località corte Froda, come pure il rifacimento dei ponti d’accesso al
corte Cavarghiasc e al corte della Bolla (tutte opere
che hanno interessato l’alpe Bolla-Froda). Tralasciando gli abituali, ma non meno impegnativi, interventi che interessano la cura della pista alpestre e
della vasta rete dei sentieri, sono finalmente giunti
in fase esecutiva anche i progetti che riguardano
la ristrutturazione della cascina del corte di Sasso
Nero (nella parte alta dell’alpe Bolla, sopra i 2000
m/s/m, nei pressi della magnifica zona del Naret e
del Cristallina), che verrà in seguito destinata a rifugio di montagna a disposizione degli escursionisti,
e il restauro conservativo dei tre vecchi fabbricati
(cascine) situati al corte del Piatto della Froda,
punto terminale della pista alpestre – tra l’altro, un
vero spasso per gli appassionati del rampichino –
che hanno la particolarità dei tetti costruiti con la
singolare o poco diffusa tecnica detta “a scamone”
e pertanto, anche per questo motivo, sono indubbiamente da conservare come oggetti di valenza
storico-culturale. Nell’ambito della ristrutturazione
della Casa patriziale, è pure stata svolta una ricerca
concernente gli stemmi araldici delle attuali famiglie
patrizie che, una volta completato il progetto grafico in atto, troveranno posto quale ornamento della
sala delle assemblee. Per il futuro prossimo, sarà di
particolare impegno il progettato intervento di risanamento e messa in sicurezza della galleria Frodalta
lungo la pista alpestre che, a oltre 25 anni dalla sua
costruzione, necessità ormai di lavori straordinari di
manutenzione, un investimento certamente per noi
oneroso. Abbiamo inoltre dato avvio all’elaborazione
del Piano di gestione forestale allo scopo di conoscere meglio il nostro notevole patrimonio boschivo,
come pure in modo di disporre di una pianificazione
di riferimento per eventuali futuri interventi forestali.
Dopo questa forzatamente sommaria presentazione del Patriziato e relative attività – che comunque
dimostrano un impegno davvero variegato, in diversi
settori che riguardano il territorio – risulta nondimeno importante, per non dire fondamentale, una
riflessione generale sullo stato e sulle prospettive di
questo nostro ente pubblico. Sappiamo infatti bene
da dove veniamo, ma cosa ci aspetta? dove stiamo
andando?
A questo riguardo, torna utile riprendere quanto
ho proposto nel saluto introduttivo in occasione
dell’Assemblea ALPA che quest’anno ha proprio
avuto luogo in Lavizzara, lo scorso 26 maggio presso il Centro sportivo di Sornico.
Come è già stato più volte rimarcato in questi ultimi
anni, posso confermare, per esperienza diretta, che
l’avvenuta aggregazione dei Comuni in Lavizzara ha
permesso di ridare un ruolo specifico e meglio definito ai Patriziati, divenuti i custodi e curatori dei terri-
Marmo della cava in valle di Peccia.
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tori e delle peculiarità degli ex Comuni, mantenendo
quindi vive le identità locali. Tra nuovo Comune e
Patriziati si è poi riusciti a generalmente instaurare
una proficua e positiva collaborazione utile per tutti.
Ma proprio per questo motivo, visto l’esito di questa
nostra esperienza, mi sento di dire che se le aggregazioni sono una necessità e un’opportunità per i
Comuni – vediamo comunque di non esagerare!
– non sono invece necessariamente una soluzione
auspicabile per i Patriziati, se non in qualche caso
specifico. Tuttavia – fatta questa premessa – occorre
anche chiedersi, in modo sincero e spassionato, se
di fatto vi è davvero un futuro per i Patriziati, così come sono ora.
Sono sufficientemente pragmatico per constatare
che per gli enti pubblici in generale – come pure per
tutto l’ambito associativo – non sono tempi facili: sovente manca partecipazione, manca volontà di coinvolgimento, manca disponibilità e tutto si fa viepiù
complicato da gestire, con sempre maggiori esigenze organizzative e burocratiche. E in questo contesto
problematico come è messo il Patriziato? Il Patriziato
domanda attaccamento convinto alle proprie radici,
alla propria terra, un’identità vissuta con passione per
la storia della propria famiglia.
Vi possono senz’altro essere delle lodevoli eccezioni, ma difficilmente senza questo radicamento si
è disposti ad impegnarsi per la causa patriziale. E
nella nostra società progressivamente cosmopolita,
diversificata, spinta al globale più che al locale, dove anche per i patrizi non è evidente mantenere un
attaccamento alla loro terra d’origine, anche perché
magari non l’hanno mai vissuta – ecco – in questo
contesto sarà davvero ancora facile dare continuità
al Patriziato?
Qualche preoccupazione è più che lecita – e sarà
ovviamente difficile trovare delle soluzioni – ma, almeno per cominciare, ritengo che una reale possibilità di cercare di contenere il problema sia quella di
trovare il modo di semplificare la gestione dei nostri
enti che – è da ricordare – poggiano in gran parte sul
volontariato con tutti i limiti del caso.
in più occasioni di sentire sollecitazioni ai Patriziati
a darsi da fare, a portare avanti progetti ed investimenti a favore del territorio e delle comunità locali.
Certamente un lodevole incentivo ma però chi ha
provato a seguire questa strada, si trova spesso impantanato in procedure complicate e difficoltà varie
che alla fine risultano davvero logoranti. Accanto
agli Uffici cantonali preposti a stimolare i nostri enti a
darsi da fare, in effetti ve ne sono altri che sembrano
fatti apposta per ostacolare ogni iniziativa. Quando
un progetto trova magari – già non senza fatica – i
necessari finanziamenti, si vede poi confrontato con
ostacoli d’ordine procedurale, pianificatorio o edilizio
che ne ostacolano la realizzazione. Questo risulta
particolarmente inconcepibile quando, oltre a tutto,
si tratta di realizzare progetti del tutto utili e necessari per la gestione del territorio, in ambito forestale
o alpestre. Non mancano certo le soddisfazioni alla
fine del nostro impegno e voglio anche essere chiaro
che dai funzionari cantonali riceviamo generalmente
molta collaborazione e disponibilità, ma è il sistema
che mostra dei limiti oggettivi. Non ho ovviamente
soluzioni facili in saccoccia... ma se si vuole dare
un aiuto tangibile ai nostri enti qualcosa va pur fatto!
Sono responsabilmente consapevole che non è certo il momento di rivendicare aiuti finanziari supplementari, anche se gli investimenti costano e vanno
anche mantenuti nel tempo. Forse si potrebbe però
valutare – e la butto lì – l’introduzione di una sorta
di ombudsman cantonale d’appoggio alle amministrazioni locali, con l’incarico di seguire dalla A alla
Z ogni progetto di un certo spessore, con un ruolo
di coordinamento e di collegamento con i vari Uffici
cantonali o federali coinvolti, in modo di cercare di
facilitare un tempestivo svolgimento delle necessarie
procedure, sia dal lato finanziario come pure da quello tecnico.
In questa sede non è ovviamente possibile sviluppare il discorso in dettaglio ma permettetemi almeno
un esempio concreto nel quale, sono abbastanza
sicuro, in molti di voi (amministratori patriziali) si riconosceranno. In questi ultimi anni ho avuto modo
Fontana realizzata alla chipa alta.
11
Notizie e comunicati in breve…
Incontro con i 18enni
Venerdì 21 novembre il Municipio ha incontrato
presso la cancelleria i 18enni della Lavizzara.
Nel corso della breve e semplice cerimonia, il
sindaco Michele Rotanzi, accogliendoli ha
espresso parole di benvenuto ricordando l'importanza di una partecipazione attiva dei giovani alla vita sociale e politica e ribadendo il ruolo
determinante che essi hanno per la crescita e
lo sviluppo della nostra regione. Ha inoltre sottolineato l’importanza del raggiungimento della
maggiore età e dell’entrata a pieno titolo nel
mondo politico con l’acquisizione dei diritti civici, esprimendo infine l’auspicio che i giovani mantengano radici saldamente attaccate alla loro terra perché ciò rappresenta la migliore garanzia per il futuro del Comune.
Avviso
Durante il periodo delle festività la cancelleria rimarrà chiusa
Dal 24 dicembre 2014 al 6 gennaio 2015 compresi.
Per casi urgenti rivolgersi al sindaco 091 755 13 22 o al vicesindaco 091 755 13 59
Il sole sul tetto del centro scolastico
Da poco più di un mese è in funzione l’impianto fotovoltaico installato sul tetto del palazzo scolastico a Sornico. Su una superficie complessiva di ca 450 m2 sono stati posati 109 pannelli per una potenza totale di 30
Kw. In base alle nostre verifiche si tratta dell’impianto
solare più grande realizzato su un edificio pubblico in
Vallemaggia, ed il primo in assoluto per il nostro Comune. Parte dell’energia prodotta, si prevede una
produzione annua di circa 25'000 Kwh (energia sufficiente per 4/5 economie domestiche), è consumata direttamente dal palazzo scolastico, mentre
l’esubero è immesso nella rete SES e beneficia dei
contributi previsti dal FER (Fondo Energie Rinnovabili) cantonale, mentre Swissgrid finanzierà l’impianto
con un contributo unico pari al 30% dell’investimento
complessivo. Grazie a un pannello didattico installato
nell’atrio al piano terreno è possibile verificare i valori
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istantanei della potenza, dell’energia giornaliera e dell’energia totale
prodotta, questi dati sono inoltre consultabili anche tramite Web collegandosi al sito del comune www.lavizzara.ch. L’impianto realizzato
dalla ditta Bronz di Tenero è costato circa 90'000.– e potrà essere
ammortizzato grazie al nuovo fondo FER comunale (vedi articolo a
pag. 2 e 3). Il credito di Fr. 250'000.– votato dal legislativo, non senza
discussioni e qualche scetticismo, era destinato al finanziamento di
due progetti: uno sul tetto della scuola e l’altro sul tetto dello stabile
dei servizi della pista di pattinaggio. Dopo i problemi avuti a seguito
delle abbondanti e forti nevicate dello scorso inverno, Il Municipio ha
deciso di rinunciare alla realizzazione di quest’ultimo. Questo nuovo impianto per la produzione di energia
elettrica da fonte rinnovabile, si aggiunge alla centrale termica a cippato di legna con tele riscaldamento
inaugurata a Sornico nel 2009 (produzione annua 400'000 Kwh di energia calorica) e alla micro centrale inserita nell’acquedotto Soveneda nel 2012 (produzione annua ca 330'000 Kwh). Con quest’opera il nostro
Comune è certamente da annoverare tra gli enti locali più dinamici e sensibili nella promozione dello sfruttamento delle energie rinnovabili presenti sul nostro territorio. (rm)
Nuova ubicazione bucalettere per votazioni in Valle di Peccia
Per permettere un migliore accesso alla bucalettere (in particolare nel periodo invernale) utilizzata dagli
aventi diritto di voto della Valle di Peccia, il Municipio ha deciso di spostare quest’ultima dall’ubicazione
attuale presso l’ex palazzo comunale, allo stabile usato per il deposito della carta a San Carlo a partire
dal 1° gennaio 2015.
Nessuna microcentrale nel nuovo acquedotto tra Peccia e Menzonio
Sono iniziati i lavori necessari alla posa del nuovo serbatoio e il risanamento delle sorgenti Sgrüs e a Peccia.
Questo importante progetto dell’ing. Antonio Mignami, permetterà la realizzazione di un unico acquedotto per
le frazioni di Peccia, Sornico, Prato, Broglio e Menzonio. Il preventivo dell’opera si aggira attorno ai 3 milioni e
potrà beneficiare dell’aiuto cantonale pari al 40%. Il progetto prevedeva pure la realizzazione di una microcentrale a Sornico. Purtroppo la centralina, che avrebbe permesso la produzione di circa 150'000 Kwh, (energia sufficiente per almeno 30 famiglie) garantendo all’Azienda dell’acqua potabile un ricavo lordo stimato
attorno a Fr. 50'000.–, è stata bocciata dai soliti funzionari cantonali i quali, hanno motivato la loro decisione
con valutazioni di tipo ambientale e paesaggistico! Dopo aver attentamente valutato le motivazioni contenute
nell’avviso cantonale, il Municipio ha deciso di rinunciare ad inoltrare una nuova domanda di costruzione.
Scavo per il nuovo serbatoio da 100 m3.
Risanamento alla sorgente nr. 6.
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Difetti all’illuminazione pubblica o ad altre infrastrutture comunali:
Il Municipio invita la popolazione a voler segnalare tempestivamente e direttamente alla cancelleria comunale (091 755 14 21) eventuali lampadine dell’illuminazione pubblica non funzionanti o altre anomalie
ad infrastrutture pubbliche ( fontane, sentieri, ecc. )
Restauro di due cappelle lungo la mulattiera della Valle di Peccia
Grazie all’interessamento di alcuni privati e alla collaborazione con l’APAV è stato possibile restaurare
due cappelle situate lungo la vecchia mulattiera che da Peccia permetteva di raggiungere la valle omonima. A partire dal 1924, dopo la costruzione della strada carrozzabile, questi piccoli edifici religiosi sono
venuti a trovarsi discosti dalla via principale e taluni hanno subito un forte degrado, a cui si intende ora
progressivamente porre rimedio. I due restauri hanno potuto essere effettuati grazie a contributi pubblici
e privati e, in parte, a prestazioni gratuite. Il Municipio ringrazia le istituzioni e le persone che hanno favorito il recupero di queste preziose testimonianze del nostro passato.
Capèla du Filiz
Manufatto situato all’imbocco della valle e posto sotto la strada
carrozzabile, poco oltre l’officina di metalcostruzioni di Corrado
Mignami. Si trova su una particella che Mauro Barzaghi ha venduto recentemente al Comune di Lavizzara. Da notare che durante il restauro pittorico è venuto alla luce il cartiglio che svela
come l’edificio sia stato eretto e decorato da Francesco Antonio Felice Bazzi nel 1835 quale “opera di divozione”. Il termine
Filiz, che caratterizza il toponimo, molto probabilmente si riferisce al nome del costruttore: Felice.
Affreschi
Numerosi dipinti decorano la cappella: Madonna della Misericordia con angeli (parete di fondo); Spirito Santo (sulla volta); Annunciazione (parete interna sinistra); San Francesco
(parete interna destra); San Giovanni Nepomuceno (parete
laterale sinistra); Sant’Antonio da Padova (parete laterale
destra).
Intervento di restauro
Pulizia del terreno circostante, asportazione di materiale e rifacimento del tetto in piode. Il lavoro principale è consistito nel
restauro pittorico e conservativo eseguito dalla ditta CGB Restauri di Bellinzona.
Costo e sostegni
L’insieme dei lavori ha avuto un costo di circa 10'000 franchi,
coperti in parte da contributi offerti dal Comune di Lavizzara,
dal Patriziato di Peccia, dall’APAV e dal sig. Mauro Barzaghi.
Una donazione molto rilevante e determinante è dovuta alla
ditta Corrado Mignami.
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Capèla da Véa
È una piccola cappella che spicca sul verde dei prati che si estendono a nord dell’abitato di Veglia, viene a trovarsi nel punto in cui
termina la strada agricola ed è sorta sul bordo del sentiero che
risaliva la valle in direzione di Cór Mezzágn. L’edificio è di proprietà del sig. Elio Biadici. Ha subito nel tempo alcuni danneggiamenti: la volta della nicchia, in origine verosimilmente intonacata e
affrescata, era crollata e il volto della Madonna deve essere stato
volontariamente scavato e non ha potuto essere ricostruito.
Affreschi
Presenta tre pareti affrescate con i seguenti motivi: Madonna incoronata con Bambino (parete di fondo); San Pietro con le chiavi
(parete interna sinistra); San Giovanni apostolo con il libro (parete
interna destra).
Intervento di restauro
È stato necessario fare le seguenti opere sulla struttura: rifacimento del tetto in piode e consolidamento del soffitto in legno
della nicchia. Assai importante il lavoro per il recupero degli affreschi compiuto dalla ditta CGB Restauri di Bellinzona con operazioni conservative e integrative.
Costo e sostegno
Il ripristino dell’edificio e dei suoi affreschi è costato 6'500 franchi, interamente coperti da una generosa donazione dei signori
Rolf Buser ed Helene Oetliker.
Cartelli informativi relativi a chiese e oratori della Lavizzara
di Gabriella Tomamichel, pres. APAV
Alcune chiese e molti oratori valmaggesi risultano chiusi e celano
dietro i loro portoni in legno tesori artistici che spesso non si conoscono e non si possono apprezzare. Gli edifici visitabili, nella
gran parte dei casi sono privi di descrizioni utili a guidare e informare il visitatore interessato.
Come far conoscere queste preziose testimonianze di fede, ridare loro dignità e visibilità?
L’idea di creare tavole informative inerenti le chiese e gli oratori
valmaggesi è nata alcuni anni fa e nel 2013, grazie all’iniziativa
del sindaco Michele Rotanzi e Armando Donati allora presidente
dell’APAV, il progetto è stato avviato rispondendo a questo interrogativo. L’attuale comitato dell’APAV ha sviluppato l’idea iniziale,
realizzando la prima tappa di creazione di pannelli informativi limitatamente alla Val Lavizzara, ma con la volontà di estendere l’iniziativa a tutta la Vallemaggia.
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Oltre a fornire informazioni essenziali su aspetti architettonici, storici e artistici, un secondo obiettivo del
progetto è suscitare interesse attorno a questi edifici sacri, cercando di riavvicinare residenti e turisti,
giovani e anziani.
Dopo approfondite riflessioni e numerosi sopralluoghi si è definita la forma dell’oggetto attraverso il
quale suscitare curiosità e trasmettere l’informazione: una tavola metallica di dimensione 31x50 cm nel
caso delle sette chiese (quelle di Brontallo e Mogno dispongono già di un cartello informativo); 22x35
per i tredici oratori, da posare su supporti indipendenti dalla struttura muraria dell’edificio, in una posizione frontale che non interferisca con l’estetica della facciata.
Anche la definizione dei contenuti ha richiesto uno sforzo notevole. Oltre ai testi, tradotti in francese e
tedesco, su ogni tavola appare la pianta dell’edificio (sono stati eseguiti i rilievi anche degli oratori).
Il costo medio per cartello ammonta a Fr. 340.– per lo studio generale e Fr. 1'500.– per l’esecuzione. L’operazione è stata interamente finanziata dal Comune di Lavizzara. Un ringraziamento va rivolto al Comune
e al suo sindaco per il sostegno finanziario; ad Armando Donati, all’ing. Antonio Mignami per la consulenza nello studio del supporto, al grafico Karl
Frei e ai realizzatori dei cartelli, ai traduttori Silvia
Rumpold e Michele Bösch, al fabbro Corrado Mignami, all’impresa che ha posato i basamenti, ai
membri del comitato dell’APAV e in particolare a
Gabriella Tomamichel e Flavio Zappa.
Il progetto-pilota applicato alla Lavizzara verrà
ora sottoposto agli altri comuni e parrocchie, nella speranza che il progetto possa essere esteso a
tutta la valle.
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Fotografie di Mina Patocchi
Tomeo, 17 agosto 2014. La carica dei 500 per festeggiare una rinascita
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Nuova fatica letteraria di Martino Giovanettina
“L’odore della brace spenta”, con il quale l’autore cammina sui ricordi della fanciullezza vissuta in Valle di Peccia, sulle testimonianze e sulle gesta dalla sua
gente, sino al confronto con la modernità, che alla fine degli anni Sessanta ha
raggiunto il mondo rurale, travolgendo gran parte di quel quotidiano, intriso di
tradizioni, che fino allora aveva contribuito al companatico per le famiglie. “In
principio fu il maiale” scrive Giovanettina, descrivendo il rito che precede l’uccisione del porco e lo accompagna verso salami, mortadelle e quant’altro…Poi
altri cibi con tutto quello con cui madre terra sapeva sdebitarsi per tante fatiche.
Le osterie “dove si vende e si acquista la possibilità di incontrarsi”. Luoghi e personaggi con le loro storie,
raccontate in stile scorrevole che conquista il lettore portandolo, se vissuto in montagna, fatalmente alla
sua storia, alla sua fanciullezza, se cittadino a stupirsi per un mondo (magari) quasi sconosciuto. Edito
dall’Agenzia Kay (www.agenziakay.ch) il libro è reperibile in tutte le librerie al prezzo di 35 franchi. (fpv)
Apprendisti da medaglia
«È stato bellissimo, un’esperienza davvero
favolosa», asseriscono i due giovani lavizzaresi reduci dal campionato svizzero delle
professioni SwissSkills 2014 con due luccicanti medaglie appese al collo. Oro per
Davide Donati di Broglio conquistato nella categoria piastrellisti e bronzo per Dorian Mattei di Cavergno e Peccia, vinto nel
settore Autisti veicoli pesanti. Un risultato
del quale possono legittimamente andare Donati Davide con il lavoro che gli è valsa la medaglia d’oro e Mattei Dorian
fieri, ottenuto al termine di un tirocinio con i con la medaglia di bronzo
migliori voti, tanto da aprir loro la strada
verso la competizione nazionale svoltasi lo scoro settembre nell’area della Bernexpo, davanti ad un pubblico di 155 mila spettatori. «C’era veramente tanta gente - raccontano i “medagliati” – e l’emozione si
faceva sentire, però una volta iniziato il lavoro la concentrazione era talmente alta che non ci facevi più
caso». Poi la bella sorpresa: il podio! «Non ci si rende conto subito, la contentezza viene dopo» confessa
Donati, mentre Mattei asserisce: «non credevo di riuscire a essere premiato, è stato favoloso!». Altre
competizioni? Magari il campionato Europeo o Mondiale; ma questo si deciderà più avanti, per adesso
godetevi questo meritato traguardo! (fpv)
La festa dei cacciatori
Per una volta i cacciatori della Diana di Vallemaggia hanno lasciato a casa la doppietta per dare spazio a
una festa popolare nella quale la “preda” da catturare era l’amicizia e la convivialità. Per gli ottant’anni della
Diana si sono ritrovati al Centro sportivo di Lavizzara a Sornico - ospiti del Comune di Lavizzara e della Società pattinaggio – circa 400 persone fra cacciatori, famigliari e amici. Per una volta niente discorsi ufficiali. Anche se non sono mancate le personalità politiche, con alla testa il consigliere nazionale Fabio Regazzi
(presidente della Federazione mantello FcTi) e il consigliere di Stato Norman Gobbi, giunti “in libera uscita”
per testimoniare la loro simpatia al mondo venatorio ticinese, del quale la Diana, presieduta da Francesco
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Gilardi, rappresenta una consistente porzione. Una bella festa di compleanno svoltasi lo
scorso 8 giugno, dove a regnare è stata l’allegria favorita da
tutta una serie di intrattenimenti. A cominciare dalla performance di Renato Lamera
(campione mondiale di tiro al
volo), la battuta con i cani da
caccia, lo spettacolo con le ragazze della ritmica di Losone e la gag dialettale di Marco Dolci e Waldo Fiscalini. (fpv)
Importante intervento conservativo al cort Piatt sull’alpe Serodano
testo Fondazione Lavizzara
La Fondazione Lavizzara, è stata fondata nel 2005 con lo scopo di promuovere progetti concernenti la
conservazione e il mantenimento della cultura e delle tradizioni del nostro territorio, o volti al sostegno di
attività e iniziative a livello paesaggistico e di svago. Si è iniziato con il tetto della chiesa parrocchiale di
Peccia, con un intervento da parte della Fondazione che ha consentito la raccolta di fondi per Fr. 300'000.-.
Si sono poi portati avanti alcuni progetti di lavori legati allo svago degli allievi e cercato di raccogliere fondi
per salvare alcuni cascinali alpestri, alcuni già pure deperiti o diroccati. Tra questi è stato restaurato un cascinale sull’alpe Paraula adiacente al massiccio montagnoso del Pizzo Brunescio, situato sul Patriziato di
Cavergno, ma gestito a livello alpestre da persone di Brontallo. Nell’ambito di un altro progetto, ampio e
variegato in diverse forme, si è pure proceduto a mantenere un cascinale sull’Alpe Serodano, di proprietà
della Parrocchia di Peccia. Non si dimentichi che per questi lavori sono state occupate solo ditte locali che
così possono presentare un'ottima carta da visita. Solo per il primo restauro sull’alpe Serodano, l’impegno
finanziario si aggira attorno ai Fr. 100'000.–, una spesa quindi non indifferente, calcolando che si è dovuto
far capo solo a contributi esterni alla regione in cui si è realizzata l'opera, in mancanza di sostegni locali di
tipo agricolo e turistico. Per tutti quelli che volessero farci visita, è possibile recarsi sul posto o visitare il
nostro sito www.flavizzara.com. Per il futuro, in cantiere vi è un progetto in Valle di Peccia in collaborazione
con il Patriziato di Peccia: un sentiero che parte dal Piano fino a Dalovi e un’altro per animali all'alpe Soveneda. È prevista inoltre una collaborazione con privati inerente alla conservazione dei numerosissimi stabili
agricoli nei maggenghi, che sono in continuo deperimento e portano alla scomparsa di una memoria storica, che dal nostro punto di vista non dovrebbe andare assolutamente persa.
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Rimessa a nuovo la cantina al corte Soveltra
di Antonio Mignami, Presidente del Patriziato di Prato
Camminando sulle nostre montagne spesso s’incontrano segni di una civiltà alpestre oramai passata: scalinate, muri, stalle e cascine tradizionali,
abbandonate da decenni e spesso in pessimo stato o addirittura crollate.
Può capitare di scorgere un semplice mucchio di sassi disposti a perimetro che forse un tempo erano la base di un edificio. Avvicinandosi ci si lascia trasportare dall’immaginazione e dalla fantasia in un passato, non poi
così lontano, quando in questi luoghi durante la stagione estiva c’era vita.
Di sicuro la gente non saliva in montagna per svago o divertimento, ma
lassù doveva, con molti sacrifici, costruire a mani nude e con i soli materiali del posto ripari per persone e animali, in luoghi spesso aspri, sempre
sottoposti alle bizze del tempo: alluvioni, frane, valanghe, temporali e fulmini. Tutto il necessario per la sussistenza doveva essere portato a spalla
dal paese, per poi essere ritornato a valle in autunno, assieme ai preziosi
prodotti ricavati dall’alpeggio: formaggio; burro e ricotta “mascarpa”, indispensabili per il sostentamento delle famiglie durante i lunghi inverni. Ora ci ritroviamo spesso dei paesaggi
desolati e abbandonati, ma il rispetto per i sacrifici dei nostri avi e il bisogno di tramandare alle future generazioni queste importanti testimonianze, deve spingerci a conservare, restaurare e mantenere nel tempo
questi edifici. È probabilmente uno di questi sentimenti che ha spinto mio fratello Corrado, con la sua famiglia, a coinvolgere un buon numero di volontari e di finanziatori e lavorare per il recupero della cantina del
corte di fondo dell’alpe Soveltra in Valle di Prato, corte non molto lontano dalla Capanna omonima. L’edificio
era oramai in condizioni disperate e sicuramente a breve sarebbe, forse irrimediabilmente, crollato. Il Patriziato di Prato coglie l’occasione per ringraziare Corrado e Rita, i volontari, i finanziatori e tutti coloro che in
un modo o nell’altro hanno contribuito al recupero di questo edificio.
Cambiamento del comitato del Gruppo Animazione Valle di Peccia
Lo scorso sabato 15 novembre 2014 ha avuto luogo, presso la sede dello
Sport Club Pizzo Castello al Piano di Peccia, l’assemblea ordinaria del
Gruppo Animazione Valle di Peccia (GAVP). Importante punto all’ordine del
giorno, oltre all’approvazione dei conti della stagione 2014 appena conclusa
(che chiudono con una leggera perdita), vi era l’elezione di almeno tre membri di comitato in sostituzione di Flavio Giulieri, Elio Biadici e Mauro Bagnovini, che hanno lasciato dopo ben 21 (!) anni di attività. L’assemblea e varie
persone a titolo personale hanno voluto ringraziare calorosamente i tre
membri uscenti per tutto quanto fatto in questo ultimo ventennio. Nel 1993
avevano in effetti ripreso in mano e di fatto resuscitato il Torneo Calcistico
Valmaggese Amatori (TCVA) dopo diversi anni d’inattività per riportarlo ad essere un attesissimo punto di
riferimento dell’estate Lavizzarese e di tutta la Vallemaggia. All’unanimità al loro posto sono stati eletti
Mario Bernasconi, Irina Biadici, Danilo Foresti, Sara Mattei, Erica Piccinotti, Lorenzo Prati e Daniele Rotanzi che vanno a completare il comitato per il periodo 2014-2015, che annovera pure Denis Cavalli ed Eros
Flocchini. L’assemblea ha pure eletto all’unanimità Daniele Rotanzi quale nuovo presidente del GAVP in
sostituzione di Flavio Giulieri. Con rinnovato entusiasmo il nuovo comitato GAVP vi dà quindi appuntamento
alla prossima edizione del Torneo Amatori prevista il 3-4-5 luglio 2015 al mitico campo Draione.
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Vita nuova per l’harmonium di Fusio
È quantomeno singolare la circostanza legata all’harmonium che si trova nella Parrocchiale di Fusio. Lo strumento, un modello ad aria con tastiera ad ance (del 1932), è
arrivato in alta Lavizzara quasi per un caso fortuito. Infatti, a fine anni Quaranta è stato “salvato” da un professore
di una scuola in demolizione della città di Zurigo, che ha
avuto l’idea di interessare alla cosa la figlia Hedi, (oggi
97.enne), appassionata di musica, che proprio in quel periodo era convolata a nozze con Bruno Dazio di Fusio. Fu
così posto nella chiesa del villaggio e per parecchi anni lo
suonarono i parroci e qualche turista di passaggio poi,
come spesso accade, con il suo deteriorarsi fu accantonato. In occasione del recente restauro della chiesa ci
s’interrogò anche sul suo destino, prendendo contatto
con Walter Chinaglia di Cermenate, restauratore d’organi
e harmonium. Arrivato a Fusio, con non poca sorpresa si
rese conto di trovarsi di fronte a uno strumento ideato Filipponi e Chinaglia durante il restauro.
Foto: Roberto Okle.
dalla ditta Graziano Tubi (fondata nel 1860) dalla quale,
negli scorsi anni aveva ritirato il noto marchio. Tre giorni di lavoro sono bastati allo specialista – aiutato
da Franco Filipponi – per riportare l’harmonium ai vecchi splendori. (fpv)
Promozione lampade a LED
Presso la cancelleria comunale sono ancora disponibili tre tipologie di lampade al prezzo di Fr. 10.–.
Lampada LED 10 Watt passo E27 Sostituisce una lampada da 60W Lampada LED 6 Watt passo E14 sostituisce una lampada da 40W
Lampada LED 5,3 Watt
per spot alogeni da 50W
Alcune curiosità su queste lampade
Le lampade a LED (da “Light Emitting Diode”: diodo che emette luce) sono certamente una delle scoperte più importanti di questo secolo, 1/4 del consumo di energia elettrica mondiale è utilizzata per l'illuminazione. Le lampade a LED, sono un contributo fondamentale al risparmio delle risorse della Terra.
I diodi verdi e rossi erano già conosciuti sin dagli anni ‘60, ma senza una fonte di luce blu la possibilità di
creare una luce bianca che sommasse le tre componenti rimaneva un sogno. La ricerca del LED a luce
blu era come il Sacro Graal dell'illuminazione e nonostante un grande impegno da parte di molti scienziati e di varie aziende, nessuno c'era ancora riuscito. Nel 1993, presso la Nichia Chemical Industries in
Giappone, Shuji Nakamura assieme ai colleghi Isamu Akasaki e Hiroshi Amano hanno inventato il LED
blu, il più difficile da produrre a causa della sua elevata energia fotonica e della scarsa sensibilità dell’occhio umano alle basse lunghezze d’onda. Per questa straordinaria invenzione ai tre scienziati giapponesi
è stato attribuito il premio Nobel per la Fisica 2014. (rm)
22
Il Consiglio Comunale riunitosi nella sala del palazzo comunale a Prato
il 05 dicembre ha adottato le seguenti risoluzioni:
1. Ha approvato i conti preventivi del Comune per l’anno 2015 (MM 05/2014), che prevede spese per
Fr. 3'289’500.– (2014 2'910’800.–) e entrate per Fr. 1'839’500.– (2014 1'652’330.–) con un fabbisogno da coprire mediante imposte di Fr. 1'450’000.– (2014 1'258'470.–). Ha pure confermato il
moltiplicatore d’imposta comunale al 95%.
2. Ha approvato i conti preventivi dell’Azienda comunale acqua potabile di Lavizzara per l’anno 2015
(MM 06/2014), che prevedono spese per Fr. 266’100.– (2014 223’500.–) ed entrate per Fr.
237’650.– (2014 231’700.–).
3. Ha concesso la richiesta di un credito di Fr. 226'000.– per l’acquisto delle azioni SES detenute da AET.
Informazioni dall’ufficio controllo abitanti (1° dicembre 2013 – 30 novembre 2014)
Matrimoni
Mosconi Delia – Iannotta Claudio
10 maggio 2014
Piano di Peccia
di Rolando e Simona di Claudio e Delia
di Rudy e Francesca
di Mauro e Rosa
Sornico
Piano di Peccia
Peccia
Brontallo
Nascite
Canepa Iannotta Vedova Giacomini Gemma
Nyah
Ryan
Fabiano
03.02.2014
13.02.2014
22.03.2014
11.06.2014
Entrano nella vita civica
RastegoragDaniele
Giulieri Aline
Giulieri Petra
FioriSofie
MangoldAlessia
29.02.1996Brontallo
25.03.1996
Piano di Peccia
10.07.1996
Piano di Peccia
20.07.1996Brontallo
14.09.1996Menzonio
Auguri a ……
RoeschliHelena Pifferi Carlo
Giacomini Domenica Cadei Olga
Conti Primo
Dante
Donati Emidio Donati Mignami Ester
Cadei Francesco
PatocchiAmelia
BiadiciMaria
Maria
Rotanzi RossiErminia
Conti Emma
Conti Attilio
il 26 dicembre 2014 il 20 maggio 2015 il 23 settembre 2015 il 01 maggio 2015
il 27 ottobre 2015
il 09 febbraio 2015 il 22 luglio 2015 il 21 agosto 2015
il 20 marzo 2015 il 22 luglio 2015 il 10 agosto 2015 il 21 ottobre 2015 il 09 gennaio 2015 il 15 aprile 2015 il 08 luglio 2015 compie 99 anni
compie 99 anni
compie 98 anni
compie 96 anni
compie 95 anni
compie 93 anni
compie 93 anni
compie 93 anni
compie 92 anni
compie 91 anni
compie 91 anni
compie 91 anni
compie 90 anni
compie 90 anni
compie 90 anni
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Decessi (domiciliati nel comune)
FranzaGianfranco
GiulieriGemma
FangerAlois
MignamiMeta
DemartiniArturo
MediciAlma
DazioFiorenzo
PastoriLuigi
PaparelliLuciano
26.12.1951 - 29.12.2013
10.06.1919 – 01.01.2015 13.09.1923 – 28.01.2014
21.06.1924 – 16.02.2014
18.09.1947 – 17.03.2014 07.04.1914 – 03.07.2014
30.07.1942 - 05.07.2014
12.08.1917 - 10.08.2014
01.12.1952 - 29.08.2014
Fusio
Piano di Peccia
Cortignelli
Prato
Brontallo
Prato
Fusio
Peccia
Fusio
Popolazione domiciliata
565abitanti
Iscritti nel catalogo elettorale
465votanti
Hanno trasferito il loro domicilio nel nostro comune 16persone
17 persone
Hanno trasferito il loro domicilio in un altro comune
Costituita la CEL Lavizzara SA
Martedì 25 novembre è stata costituita la Centrale Elettrica della Lavizzara SA (CEL) con lo scopo di
costruire e gestire la Centrale elettrica che sfrutta le acque del Rì di Tomè a Broglio.
La società possiede un capitale di Fr. 200'000.– costituito da 200 azioni nominative del valore di Fr.
1000.– interamente liberato in proporzione del 60% al Comune di Lavizzara, 20% al Patriziato di Broglio
e il restante 20% alla Senco Holding SA (società per metà SES e AET ). Per la durata dei lavori (marzo
2015 luglio 2016) il consiglio di amministrazione (CdA) è composto da sette membri che scenderanno a
cinque a lavori ultimati e sono così ripartiti: per il Comune Rotanzi Michele, Dazio Gabriele e Donati
Emanuele. Per il Patriziato Donati Claudio e Donati Luca, mentre i due rappresentanti Senco sono i signori Ceschi Pier Angelo e Stefani Pietro. Primo presidente del Consiglio di amministrazione è il sig.
Rotanzi Michele. I lavori di segretariato sono affidati alla cancelleria comunale nella persona del segretario sig. Giovenettina Bruno. Recapito della società: CEL Lavizzara SA, c/o Comune di Lavizzara, 6694
Prato-Sornico.
Nuovo defibrillatore in Valle di Peccia
Nel corso del mese di dicembre avverrà la posa di un
defibrillatore in Valle di Peccia.
L’apparecchio, donato dal Gruppo Animazione Valle di
Peccia, sarà installato dalla Sezione Samaritani Lavizzara presso il centro della Protezione Civile a San Carlo. La
collaborazione tra il Gruppo Animazione e i Samaritani
risale già al 2006, quando un’altra donazione permise
l’acquisto del primo defibrillatore che attualmente copre
il territorio che da Brontallo si estende fino a Peccia.
Con l’arrivo del secondo apparecchio la Valle di Peccia sarà finalmente coperta per quanto concerne le
urgenze cardiache. Nel mese di dicembre il nuovo defibrillatore sarà presentato alla popolazione tramite
una serata informativa, durante la quale sarà anche illustrato il funzionamento dell’apparecchio.
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A mia nonna con tanto Amore....
di Nadia Donati-Anzini
Ricordo mia nonna sotto un’enorme gerla di fieno,
che quasi le arrivava fin giù agli stivali gialli. Prima
vedevi la gerla che avanzava e poi lei, o meglio il
suo viso arrossato sotto il foulard variopinto che le
teneva dentro il suo bel “chignon”.
La ricordo così.
Una donnina esile, che manco arrivava a un metro
e quaranta di altezza, la voce tremula e acuta, la
bocca ampia perché ampio aveva il sorriso, le mani
grandi e callose di chi ha lavorato per un tozzo di
pane, gli occhi appena sbiaditi di chi ha già visto
tanto.
Ho avuto l’immensa fortuna di godermi questa
“nonnina” eccezionale, di assaporarne il suo profumo, di viverla appieno.
Era veramente speciale, forse tutti i nonni lo sono,
ma mi piace credere che lei avesse qualcosa in più.
Un’intelligenza viva, una spiccata capacità d’interagire con il prossimo, di mediare, di sdrammatizzare.
Era umile, di quell’umiltà che contraddistingue molte persone schive di montagna. All’apparenza fragile e minuta, dentro era una vera forza della natura,
a volte appariva quasi imperturbabile agli eventi o
forse aveva solo imparato a filtrare le emozioni prima di farle arrivare al cuore. Di certo gli eventi più
disparati che aveva vissuto le avevano forgiato questo suo modo di essere. Soleva spesso borbottare
che occorreva sempre rimanere all’erta anche nei
momenti di apparente felicità, perché dietro l’angolo vigile stava la “magagna”.
Troppe volte in passato le era accaduto...
Nata prematura da una madre già ammalata, era
venuta al mondo nell’autunno del 1914. Piccola,
gracile e sottopeso a tre anni ancora faticava a
reggersi sulle gambe. Il cibo era scarso, si “tirava
la cinghia” e nei periodi più grami solo un pasto si
faceva. Si pativa la fame e con essa anche le ingiustizie e le fissazioni di un padre rigido e intransigente. Mi raccontava che un giorno papà aveva posto
una mela rossa sopra la mensola della credenza,
troneggiava lassù in bellavista, sana, succulenta,
invitante... Nessuno però la poteva toccare, guai a
Ritratto delle sorelle Eva e Daria Camesi nel 1933.
chi avesse osato infrangere la regola. Bisognava
imparare a rispettare le cose, come diceva lui. E la
bramata mela giorno dopo giorno aveva perso il suo
splendido colore e pian piano s’era rattrappita e poi
marcita.
Malgrado tutto questa bimba pelle e ossa riuscì a
sprigionare un innato spirito di sopravvivenza che
l’aiutò anche nei duri anni a venire, quando con la
sorella maggiore rimasero orfane di madre ancora
ragazzine. Una vita iniziata nella miseria e proseguita sulla stessa via...
La dama nera perfida e minaciosa ricomparve; aveva diciannove anni e con il padre si trovava su un
crinale impervio nell’intento di radunare le capre,
una radice su quel terreno sdruccioloso, lì per caso
o forse no... Sarebbe bastato un passo, un saltello
oltre quella maledetta sporgenza, ma i piedi stanchi
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del vecchio, le gambe ormai pesanti che già quel
giorno avevano macinato dislivelli immani, l’avevano
tradito. Era inciampato, barcollato, ruzzolato giù dalla motta scoscesa.
Un eco di grido straziante... I loro occhi disperati si
erano incrociati per un istante ancora prima che il
corpo di lui ormai inerme finisse nel vuoto.
Un attimo infinito... un tonfo sordo. Una vita sfracellata sul fondo del dirupo.
Silenzio... solo il fruscio del vento.
Era rimasta lì, tremante come una foglia, inebetita.
Lo shock le aveva immobilizzato gli arti e per quasi
due ore non era riuscita a muoversi. Poi all’imbrunire si era fatta coraggio ed era ridiscesa a valle con
il cuore gonfio di dolore. Ricordo che ogni volta che
rievocava questo triste vissuto i suoi occhi si velavano di lacrime.
Poi si era sposata e come tante giovincelle di paese
aveva creduto, accasandosi, di potersi finalmente
risollevare.
Quale illusione! Tribolazioni, grandi fatiche, dolori
avrebbero potuto rendere questa donna arida, dura
e arrabbiata con la vita ; invece davanti a me avevo
una nonnina dolce, dai tratti fini, una pelle bianca e
liscia come la seta, intelligente, saggia, umile. Anche la sua grande fede l’aveva certamente aiutata.
E poi anche per lei erano giunti gli anni della sospirata tranquillità, del meritato riposo.
Tutti, dai figli ai nipoti ai pronipoti, ci siamo prodigati
a coccolarla, vezzeggiarla, questa cara nonnina.
E lei si è lasciata amare, come ad assaporare finalmente questa gioia, lei che per una vita intera aveva
solo donato incondizionatamente senza pretendere
nulla in cambio.
Era venuta a vivere con noi e le sue giornate trascorrevano tranquille, lente.
Le piaceva tanto leggere, s’informava di tutto ciò
che accadeva vicino e lontano nel mondo, era attenta agli eventi e anche molto critica. Ogni giorno
sfogliava il giornale, partendo dalla pagina dei morti
come a non voler dimenticare che ormai il tempo a
sua disposizione si stava assottigliando e sempre
concludeva entro sera l’amato cruciverba con quella sua scrittura limpida e pulita malgrado l’età.
D’inverno, davanti al tepore del camino acceso, trascorrevamo piacevoli ore assieme. Mi affascinava
questa figura esile e nel contempo così grande e
sapiente, la sua profondità di pensiero forgiata dalla
vita di tutti i giorni, dal bisogno e dalla necessità. I
suoi ricordi ripercorrevano le tappe della sua vita,
eventi di straordinaria quotidianità, momenti lieti e
vicende segnate dalla sofferenza. A volte sono proprio le pene a maturare le persone, temprandone il
carattere e rendendole migliori.
Lei che spesso mi ripeteva: “ se solo avessi potuto
studiare...”, lasciando in sospeso un velo di rammarico ma sempre con quel suo bel sorriso luminoso
stampato in viso. Era proprio bella la mia nonna.
Si dice che le pene scavino solchi inesorabili nella
cute; il suo dolce viso invece era coronato da esili
rughe, quasi impercettibili, e le portava bene, con
orgoglio, queste rughette che raccontavano la sua
storia, le sue emozioni, la sua vita.
E poi quelle sue fantastiche labbra color rosso sangue, carnose, piene, sensuali, ricche di fascino e di
femminilità.
Avrebbe tanto voluto studiare da maestra e di sicuro ci sarebbe riuscita, ma questo desiderio rimase,
come tanti altri, solo un sogno nel cassetto.
Amava scrivere e sorridendo soleva dire che se
solo avesse annotato ogni trascorso della sua vita
avrebbe potuto stendere un romanzo.
La vedevo spesso girare per casa con in mano dei
foglietti pieni zeppi di appunti, fiumi di parole... Non
rimaneva alcuno spazio vuoto su quei pezzi di carta
riciclata, retro delle bollette delle fatture del telefono. Mi faceva sorridere tanta venerazione per quei
bigliettini, perché allora per me, ancora ragazzina,
non avevano alcun senso. E le chiedevo come mai
non utilizzasse dei fogli più grandi. Mi rispondeva
che non bisognava sprecare, che occorreva essere
parsimoniosi e non trasandare. Era stata abituata
così sin da piccola.
Quando nell’umile cucina ricoperta di fuliggine nera
compariva un tozzo di pane, era per tutti una grande
gioia, ma quella sospirata meraviglia andava divisa
in tanti piccoli pezzetti da tenere in parte per il giorno seguente, anche se lo stomaco lo reclamava al
momento, perché non si sapeva se l’alba del giorno
dopo sarebbe stata ancora tanto clemente....
Non sprecare.... credo che le verrebbe un colpo se
vedesse come il mondo è cambiato in questi ultimi
anni!
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Poi un giorno di primavera, quando fuori già s’inalava il dolce profumo delle primule novelle, ci disse
raggiante con il sole stampato sul viso che finalmente era riuscita a mettere assieme tutti i suoi
foglietti, i suoi pensieri, le sue idee.
E così con semplicità ci fece dono della “sua storia”,
la storia dei suoi e dei miei antenati.
Casa di povera gente. Lui tutto nervi, con barbetta
a punta e il solo sostegno delle sue braccia, lei alta
robusta, coi miseri risparmi di pochi mesi di servizio e il coraggio delle sue diciannove primavere. E
subito avevano dovuto lottare con le contrarietà dei
parenti che avevano diseredato il povero Carlo per
la sua ostinazione nel voler sposare quella serva
forestiera. E poi le annate erano grame e si doveva
lottare anche con la miseria. Carlo faceva l’alpeggiante e lei la Caterina si arrabattava tutto il giorno
nei campi. Insieme la famiglia cresceva numerosa.
Bisognò pensare a un’altra dimora più confacente
ai bisogni di quella nidiata. Ma mancavano i denari e
a quei tempi duemila franchi erano qualche cosa. Si
dovette far debiti, ma intanto la casa fu trovata e la
famiglia vi si stabili`. Era un casone a due piani con
le pareti rivestite di legno all’interno, un orto davanti
e i ragazzi furono felici della nuova dimora.
I maggiori però lasciarono presto la casa paterna.
Bisognava guadagnare il pane e così presero presto
la via della California. E ogni partenza era un vuoto
nuovo e uno strappo specialmente per la povera
Caterina. Mandare così le sue creature per il mondo
ancora giovani inesperti, mentre lì intorno alla gonna
sgambettavano i più piccoli. E pensare che anche
ad essi purtroppo rimaneva quell’eredità di miseria
e di lavoro e certo un giorno li avrebbe veduti tutti
partire così!
Ma restavano le ragazze. Quelle avrebbero aiutato a
casa e di lavoro non ne mancava. C’erano i fratellini
da tirar su, i greggi da custodire e tutti quei lavori
che in campagna si susseguono senza interruzione.
E nell’inverno bisognava pensare a filare il lino e tessere la tela. Specialmente la Sabina la maggiore era
stata una vera benedizione. Una ragazza tutta casa
e Chiesa. Giovinetta voleva entrare in convento ma
il padre s’era mostrato così contrario che s’era rassegnata a rimanere in famiglia. E quanto non aveva
fatto per la madre ch’era malandata in salute e per
i fratelli e sorelle tutti minori di lei. E anche quando
l’era capitato di accasarsi per bene aveva preferito
restare coi genitori. Ed aveva visto crescere intorno a
lei, ch’era come una seconda madre, tutta una corona di frugoli birichini. E n’eran venuti diciotto e lei era
l’unica che li aveva conosciuti tutti perché i maggiori
erano partititi quando gli ultimi non erano ancora
nati e così i più piccoli sentivano solo parlare di quei
fratelli lontani che lavoravano anche per loro, che
mandavano ogni tanto un po’ di denaro e pensavano
ad essi quasi come a un papà. Due bambine erano
volate presto in Paradiso. Due altri di quattro e cinque anni ahimé s’eran bruciati mentre la mamma
era nel bosco. Quand’era tornata invano aveva fatto
tutto il possibile. Quelle povere membra avevano già
troppo sofferto e due ore dopo il cielo contava due
angeli di più e a lei, povera donna, rimaneva da aggiungere ai passati travagli l’angoscia di quel nuovo
dolore. E come ne parlava con perenne rammarico
anche quand’era vecchia e tante altre tribulazioni
aveva sostenuto!
Poi una primavera anche il padre s’era deciso a partire e con lui due figli ancora ragazzi. L’uno di dieci ,
l’altro di dodici anni. Quel giorno era stato certo fra i
più dolorosi per la povera madre. Le pareva insostenibile la pena di quel distacco dal compagno con cui
aveva condiviso tante vicende, che non più giovane
andava così lontano e certo non l’avrebbe riveduto
più. E quei ragazzi strappati al nido per andare incontro alla dura vita in California. Ahimé proprio non
trovava conforto a tanta angoscia, s‘aggirava nella
casa divenuta a un tratto più grande e vuota. Infine s’era recata da una buona vicina a mescere nel
cuore di lei quel grande dolore. Poi a poco a poco
s’era un po’ chetato il suo cuore. Aveva sempre avuto un gran coraggio e soprattutto le rimaneva una
gran fede e ogni sera nella preghiera comune ne aggiungeva una speciale per quei cari lontani e a Dio
offriva i suoi travagli perché serbasse a loro miglior
fortuna. Intanto giungevano buone notizie d’oltremare. I figli si mostravano buoni lavoratori e i padroni
erano contenti. Aveva sempre instillato in essi buoni
principi, specialmente l’onestà era sempre stata un
retaggio di famiglia. Così a poco a poco s’erano po-
27
Daria Anzini di ritorno dal Bosc'ásc con il figlio Bruno nel gerlo.
tuti pagare i debiti e un certo benessere era entrato
nella casa. Due ragazze anch’esse avevano salpato
il mare. Una s’era accasata in paese, l’altra in valle
e una terza in Italia e la casa era quasi deserta. Solo la Sabina era rimasta accanto alla madre e s’era
mantenuta fedele anche alla sua pietà. Era lei che
fungeva di Priora, che frequentava la Chiesa sempre
assidua. Ormai la madre s’era fatta curva e pallida.
Nell’inverno era sempre malaticcia. Solo nella bella
stagione riprendeva un po’ di vigore. La figlia talvolta
doveva vegliare lunghe ore al suo capezzale.
Poi vennero i nipoti irrequieti e chiassosi a ridare alla
vecchia casa un po’ della vita passata.
Un giorno giunse una lettera che annunciava il ritorno del padre e del figlio Felice. Quell’annuncio fu un
gran sollievo per la mamma che aprì il cuore a quella
gioia inattesa. Finalmente uno di suoi figli tornava e
avrebbe passato gli ultimi anni con il fedele compagno. E affrettava col pensiero quell’ora benedetta.
Ma era destino che non fosse così. Quando nella
lontana California il padre aveva manifestato il desiderio di tornare in Patria, il figlio Felice s’era offerto
ad accompagnarlo. Aveva ormai settantadue anni
e un viaggio così lungo da solo era troppo rischioso. Infatti eran partiti assieme. Il vecchio era felice.
Avrebbe finalmente riveduto dopo quindici anni i
suoi cari. L’ultima nata che aveva solo cinque anni
quand’era partito, forse non si ricordava nemmeno
di lui. E dopo tante fatiche avrebbe potuto godere
un po’ di riposo e di tranquillità. E poi da un po’ di
tempo soffriva una segreta nostalgia della sua terra
e voleva tornare anche per quella pena che talvolta
era un vero tormento. Almeno le sue povere ossa
avrebbero riposato vicino a quelle dei suoi avi.
Si trovavano padre e figlio sul treno prima di giungere
al mare. Quella sera il vecchio era più lieto che mai.
“Senti”, diceva al figlio, “quando saremo a casa ti
sposerai anche tu, io farò le nozze d’oro, faremo una
bella festa insieme e ti regalerò cento franchi”. Si accarezzava la barba bianca e gli occhi gli brillavano di
gioia nuova. Il figlio non rispondeva nulla. Gli sembrava un po’ strano quell’entusiasmo quasi giovanile del
vecchio genitore. E infatti la nemica era là, guardinga
e perfida, che attendeva la sua ora. Ormai era notte.
Il figlio senz’avvedersene, forse cullato dal monotono rullare del treno in corsa, s’assopì una mezz’ora.
Quando riaprì gli occhi il padre non c’era più. Fu dato
l’allarme. Il treno fu fermato. Venne rifatta la via percorsa e a una quindicina di chilometri lo si rinvenne
infatti lì, a un lato dei binari. Era esanime ormai. Accasciato così, non aveva traccia di ferita esterna, ma
nella caduta s’era rotto il collo ed era rimasto certo
morto sul colpo. Ed era morto così, solo, lontano,
egli che aveva tanto sognato di tornare nella Patria
amata almeno a morire. Dopo una vita di stenti e di
dolori una morte ben triste!
Fu malore, delitto? Nessuno ne seppe mai nulla. Ma
come dire lo spavento, lo strazio del figlio in quella
notte tremenda! Neppur egli sapeva spiegare come
s’era trovato il mattino in una vasta sala della stazione vicina. E i capelli già corvini gli si erano fatti grigi.
Aveva trent’anni e non gli reggeva l’animo di rimpatriare, solo, a portare la triste notizia. Così tornò al
suo lavoro. Il vecchio padre fu sepolto nella tomba
di famiglia e quattro figli lo seguirono poi e furono
deposti accanto al lui in quella terra lontana.
Quando la nuova della sciagura giunse in paese
non v’era chi volesse recarla a quelle povere ignare
che attendevano felici il marito e il padre. Fu il vice
sindaco, un omone gagliardo come una quercia che
si recò una sera a sbrigare la dolorosa missiva. C’erano loro due sole, la madre e la Sabina e infine dovette svelare quella penosa notizia. Ma non vi furono
scene né strepiti nella casa vetusta. La madre s’era
fatta a un tratto più diafana nel volto mentre le lagrime le scendevano giù rigandole le guance scarne
e cadevano sulle mani tremule ma non aveva dato
un lamento e la Sabina non aveva smesso di lavare
i piatti. Aveva una natura speciale, si sarebbe detta
insensibile al dolore o forse era quella sua gran fede,
quel modo così rassegnato di prendere gli eventi
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dalle mani di Dio per cui non si turbava mai.
E la vita continuò come prima fra le occupazioni d’ogni giorno.
La mamma si faceva un po’ più curva e le mani avevano il tremito. Una figlia si trovò ben presto a dover
tornare inferma e la casa si schiuse per accogliere
quella pellegrina che tornava per trascorrervi l‘ultima tappa d’un doloroso calvario. Poi ero venuta
io la nipotina misera misera che a tre anni non si
reggeva ancora sulle gambine. Esile, sembravo un
fiore di serra.
“Non camperà di certo” diceva la Sabina. Ma non
fu così. Poco a poco sembrai rinascere. Però rimasi
sempre una cosina piccola e smilza per la mia età.
Mia mamma morì a breve e io rimasi con la nonna
e la zia.
Poi un giorno due figli tornarono, il Silvio e il Felice. La Caterina era andata loro incontro fin sull’aia.
Sembrava ringiovanita. Tutto raggiante il vecchio volto pallido e rugoso aureolato di capelli bianchi. Trascorsero alcuni anni di una relativa tranquillità. Però
la povera madre non lasciava più il letto. E non si
lagnava mai contro la sorte, anche se la sua vita era
stata tutt’un avvicendarsi di prove dolorose. Saliva
rassegnata il suo calvario, e pregava. Aveva ancora
buona la memoria. Quanti ricordi si affollavano e si
confondevano nella sua mente, nelle lunghe notti
insonni. Forse fra breve sarebbe venuta la morte liberatrice. Ma prima un dolore le era ancora serbato.
Un brutto giorno il figlio Silvio improvvisamente morì. Quel nuovo colpo diede un gran tracollo alla sua
fibra un tempo così robusta. Ormai erano dieci anni
ch’era lì in quel lettuccio. Vaneggiava e non implorava che di morire, anche lei per riunirsi a quei cari da
cui la morte e le dure necessità della vita l’avevano
così a lungo divisa.
E come fu felice povera nonnina, quando dopo vari
anni di assenza tornai a trovarla. Mi voleva sempre
vicina. Mi raccontava dei suoi travagli trascorsi , di
quei nipoti lontani ch’erano molti e si ricordavano
sempre di lei. Poi solo tre mesi da che il figlio era
partito per il viaggio senza ritorno, quietamente, era
venuta la morte. Era preparata ormai, e se ne andò
così, in una fredda alba di febbraio. Aveva novantatré anni e già intorno alla sua agonia stavano i nipoti
della terza generazione. Volli tornare a vederla morta. Pareva dormisse. Tutte rattrappite quelle membra
che tanto avevano sofferto, le mani ceree e
trasparenti, le guance incavate, consunte. Stetti a
guardala così. Le porsi ancora un bacio sulla fronte
gelida. Cos’è mai la vita! L’indomani la terra benigna
l’accoglieva fraterna. Il suo funerale fu semplice,
senza fiori né corone. Così aveva voluto ed ora dorme l’ultimo sonno lassù nel camposanto solitario.
Più tardi anche il figlio Felice la seguì nella tomba.
Dodici anni sono passati. La Sabina ha ottant’anni
anche lei, ma è ancora arzilla e tranquilla e sempre
recita le sue preghiere e i suoi rosari.. Vive coi nipoti,
che la curano e le voglio bene. La vecchia casa è
tornata a risuonare di trilli allegri di bimbi. Sono i figli
dei nipoti, che vengono ad occupare il posto degli
avi. E torno sempre volentieri fra quelle mura che
hanno raccolto l’ultimo anelito di mia madre e guardo quasi con venerazione a quelle pareti testimoni
di tanti dolori, al vasto focolare nella cucina annerita
dal fumo.
Mi sembra la mia vera casa, che tutto un passato
racchiude di care memorie.
Daria Anzini
Che splendore queste belle rose rosse. Le osservo
quasi estasiata mentre riposo in giardino. E sento
il profumo del fieno appena tagliato e i ricordi tornano a quando ero bambina e andavo in estate ad
aiutare la nonna a rastrellare il fieno.
E’ un profumo che ancora oggi a distanza di anni
mi riporta a lei. Una lacrima mi scende silenziosa, è
salata, l’assaporo... chiudo gli occhi.
GRAZIE cara nonnina,
custode di disperate memorie.
Daria Anzini con il marito Lino. Bosc'ásc 1935.
L’ospite
29
Intervista a Carmela Fiorini
capo servizio richiedenti l’asilo dell’Ufficio
del sostegno sociale e dell’inserimento
D.Qual è la situazione
attuale in merito alle
richieste di asilo?
R.A seguito della “primavera
araba” del 2012, che ha
fatto registrare un picco di
domande d’asilo in Svizzera (28'531), gli anni 2013
e 2014 hanno visto una
graduale diminuzione delle
richieste. Il 2014 è stato
caratterizzato da un forte
aumento nel mese di luglio,
che ha comportato per il
Cantone la necessità di
aprire nuove strutture collettive d’accoglienza. Ciò si
è reso possibile grazie alla messa a disposizione, da parte di alcuni Comuni, delle loro protezioni civili. La prima fra queste è stata aperta a
Lodano, nel Comune di Maggia, dove i richiedenti l’asilo sono rimasti per alcune settimane,
successivamente sono stati spostati a Lumino
e in Lavizzara (S. Carlo), per poi approdare a
Camorino.
In questi ultimi mesi, i principali paesi di provenienza dei richiedenti l’asilo che giungono
in Svizzera sono: Eritrea, Siria e Sri Lanka.
Si tratta prevalentemente di uomini soli, che
scappano da una dittatura militare che obbliga
tutti gli eritrei (uomini e donne) ad arruolarsi
già a partire dai 15 anni, fino ai 55. Tra loro vi
sono molti che hanno già svolto parecchi anni
di servizio militare ma (così raccontano), visto
che la dittatura non porta alcun benessere alla
popolazione, anzi, priva gli eritrei dei diritti fondamentali di ogni essere umano, quali la libertà
di espressione e di movimento, e produce una
povertà diffusa e un malessere generale, molti tra loro scappano alla ricerca di un mondo
migliore. Spesso si lasciano alle spalle mogli
e figli, nella speranza, un giorno, di poterli far
arrivare in Europa. Questi, però, rimangono
frequentemente solo desideri irrealizzati.
Scappare da una dittatura significa racimolare
diverse migliaia di dollari, e rischiare la propria
vita ad ogni passo, senza peraltro alcuna garanzia, ammettendo di arrivarci, di riuscire ad
attraversare il Mediterraneo.
Attualmente in Svizzera vi sono 48'046 persone afferenti al settore dell’asilo, di cui 1557 in
Ticino.
D.Incontrate difficoltà nel trovare alloggi?
R.Una delle sfide più ardue che il Servizio richiedenti l’asilo cantonale è chiamato ad affrontare, è proprio il reperimento di alloggi da
destinare ai richiedenti l’asilo, sia come strutture collettive, sia come alloggi individuali da
assegnare a coloro che hanno ottenuto dalla
Confederazione il permesso di rimanere sul
suolo elvetico.
30
Il Comune di Lavizzara ha offerto al Cantone
una più che positiva collaborazione. Inoltre, la
disponibilità e l’umanità dimostrate dalla popolazione locale sono state molto apprezzate,
sia dalle Autorità cantonali che dai richiedenti
l’asilo stessi, lasciando a tutti un piacevole ricordo.
Da parte del Cantone sono state messe in atto
tutte le misure necessarie per garantire una
permanenza sicura: in primis prevedendo la
sorveglianza delle strutture nell’arco delle 24
ore, e in seconda battuta, organizzando incontri regolari a S. Carlo, con le Autorità comunali,
di polizia e di sicurezza, promuovendo nel contempo l’impiego dei richiedenti l’asilo in lavori
di pubblica utilità.
D.Perché non li mantenete in un luogo
più a lungo?
R.La permanenza in un determinato luogo è frutto di accordi che intervengono tra le autorità
comunali e il Cantone, e dipende da diversi
fattori. A S. Carlo la durata del soggiorno è
stata stabilita soprattutto in funzione della diminuzione, durante il periodo invernale, della
possibilità di svolgere lavori di pubblica utilità.
D.Quali sono le differenze rispetto
ad un alloggio in città?
R. I Comuni di valle, rispetto ai centri urbani, offrono dal profilo umano un’accoglienza molto più
calda. Spesso i cittadini si muovono spontaneamente per offrire, sotto varie forme, il proprio
supporto: chi attraverso l’organizzazione di
momenti di svago, chi attraverso la raccolta di
abiti usati, ecc.
D.Prevedete di ritornare a S.Carlo?
R.Alla luce di quanto detto sopra, riguardo la
possibilità di impiegare i richiedenti l’asilo, e
in considerazione dei flussi migratori futuri,
potrebbe essere una possibilità da non escludere, considerata l’esperienza molto positiva di
quest’anno.
D.Quante giornate e ore di lavoro di utilità
pubblica sono state fatte?
R.I richiedenti l’asilo hanno effettuato lavori per
il Comune, per il Patriziato di Peccia e per l’Associazione Monti di Rima; nonostante le condizioni meteo poco favorevoli hanno lavorato
in totale circa 25 giorni, per un complessivo di
800 ore.
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Dall’Album dei ricordi...
Cresima a Brontallo nel 1950
Davanti da sin.: † Marco Pedroni, Rino Fiori, Noemi Fiori, Fausto Pedroni, Mario Maddalena
Dietro da sin.: Graziella Giacomini, Miriam Fiori (parzialmente nascosta), Gianni Maddalena, Nelli Fiori, Teresita Conti.
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apertura impianti:
sabato e domenica: 13.30-16.30
vacanze Natale e Carnevale, secondo programma
2 pony-lift
bar/ristoro - mini parco giochi
informazioni e news:
www.scpizzocastello.ch
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Manifestazioni invernali
Sci Club Lavizzara:
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Domenica 4 gennaio 2015, ore 20.00, Ristorante Medici Peccia TOMBOLA DELL’EPIFANIA
Sabato 17 gennaio 2015, Mogno, FESTEGGIAMENTI 10° ANNO
Domenica 18 gennaio 2015, ore 10.00, Mogno, GARA KIDS RACE OFIMA / FESTA 10° ANNO
Domenica 15 febbraio 2015, Mogno, CARNEVALE FUSIO
Domenica 15 febbraio 2015, Mogno, GARA DI FONDO, GIRO DI MOGNO
Dal 7 febbraio 2015 al 22 febbraio 2015, impianti di sci a Mogno aperti tutti i giorni
per le vacanze di Carnevale
Società Pattinaggio Lavizzara:
- Sabato 14 febbraio 2015, pista di pattinaggio Sornico, TORNEO POMPIERI LAVIZZARA
- Venerdì 27 e sabato 28 febbraio 2015, pista di pattinaggio Sornico, TORNEO DI CHIUSURA
- Domenica 15 marzo 2015, pista di pattinaggio Sornico, giornata Speciale 50° SOCIETÀ PATTINAGGIO
Calendario Liturgico Natalizio
Mercoledì 24 dicembre 2014
S. Messa
Sornico
ore 22.00
S. Messa
Cevio
ore 24.00
Natale del Signore
Giovedì 25 dicembre 2014
ore 09.00
S. Messa
ore 09.00
S. Messa
ore 10.30
S. Messa
ore 10.30
S. Messa
ore 10.30
S. Messa
Menzonio
Fusio
Broglio
Brontallo
S. Carlo Valle di Peccia
Santa Famiglia di Gesù Giuseppe e Maria
Sabato 27 dicembre 2014
ore 17.30
S. Messa
ore 19.00
S. Messa
ore 19.00
S. Messa
Peccia S. Antonio
Broglio
Menzonio
Domenica 28 dicembre 2014
ore 09.00
S. Messa
Fusio
ore 10.30
S. Messa
Brontallo
ore 10.30
S. Messa
Prato
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Fusio, gennaio 2014
Fotografia di Mina Patocchi