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MY GENERATION edizione web del bimestrale d'informazione a
cura del Coordinamento FABI Giovani. Registrazione Tribunale
di Roma n. 209/2012 del 5 luglio 2012 Direttore Responsabile:
Lando Maria Sileoni
a cura del Coordinamento FABI Giovani
Settembre / Ottobre 2013
ALLA
RICERCA
DELLE
IDEE
ATTUALITÀ
Papa Francesco ai giovani:
“Non siete soli”
ATTUALITÀ
Nuove figure e modelli di servizio
per una banca che cambia
ATTUALITÀ
Dignità, valore dell’individuo
o spread del cost income?
[email protected]
Direttore Responsabile
Lando Maria Sileoni
Capo Redattore
Lodovico Antonini
Comitato di Redazione
Mattia Pari
Paolo Baldassarra
Elisa Bianca Gallinaro
Stefano Maini
Bruno Marazzina
Simona Misticoni
Simona Ortolani
Massimo Pellegrino
Mirko Vigolo
Collaboratori
Flavia Gamberale
Simona Sacconi
Joe Black
Demetra
03
EDITORIALE
Alla ricerca delle idee
04
ATTUALITÀ
ABI disdetta il contratto nazionale
dei lavoratori bancari con 10 mesi di anticipo
06
ATTUALITÀ
Papa Francesco ai giovani: “Non siete soli”
09
ATTUALITÀ
Il papa ai giovani: “Siate coraggiosi,
andate controcorrente”
10
ATTUALITÀ
Ricambio generazionale:
necessario, utile e responsabile
11
ATTUALITÀ
Nuove figure e modelli di servizio
per una banca che cambia...
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ATTUALITÀ
Dignità, valore dell’individuo
o spread del cost income?
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ATTUALITÀ
Gli invisibili del bestseller
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MARKETING
Gamification: quando il mercato diventa gioco
22
POETRY CORNER
Assassinio di Federico Garcìa Lorca
23
SPORT
Ginnastica ritmica
24
LETTERATURA
L’alchimista
26
MUSICA & CONCERTI
Swingin’ Utters
27
CINEMA
L’intrepido / Mi piace lavorare (mobbing)
28
ARTE
Valeriano Lessio
30
VIAGGI
Val di Non: profumo di mele!
33
CITAZIONI
Editing
Simona Sacconi
Grafica di copertina
Silvia Catalucci
Edizione web
Marco Ammendola
Impaginazione
Orione. Cultura, lavoro
e comunicazione
CONTATTACI: [email protected]
E ditoriale
di Mattia Pari
Coordinatore Nazionale
FABI Giovani
iamo alla ricerca di idee”,
penso che questo sarebbe un
buon annuncio per molti
banchieri che potrebbero farne un cartellino da attaccare sulla giacca oppure
un messaggio da infilare in una bottiglia da lasciare nel mare adiacente alle
spiagge delle loro vacanze estive.
“Siamo alla ricerca di idee”, un grido
accorato di soccorso che qualcuno dovrebbe avere l’umiltà di lanciare e qualcun altro il coraggio di raccogliere. In
ballo, oltre alla vita lavorativa di molti
bancari, anche il sistema economico del
Paese. Perché questi due destini, che
piaccia o meno, sono da sempre intersecati da un legame inscindibile.
In questi ultimi anni, d’idee innovative
dei banchieri ne abbiamo viste poche.
L’evoluzione del sistema è stata costruita per la gran parte sull’opportuna corsa ai ripari con il rafforzamento dei
controlli interni (compliance e risk management) e il cambiamento dei canali
distributivi improntati sopratutto sul
taglio dei costi. Questa revisione di
struttura è stata contestualmente supportata da direttive commerciali spesso
schizofreniche, che hanno evidenziato
una scarsa visione prospettica di chi governa il settore.
Dove sono le innovazioni di prodotto?
Dov’è la creazione di un modello di
banca in grado di reggere alle scosse
della crisi economica continuando a
creare redditività attraverso la valorizzazione della collettività? Dov’è una visione di futuro?
La riduzione della rete distributiva non
è una strategia industriale, ma semplicemente un taglio dei costi finalizzato
a risultati di breve periodo, magari da
portare con soddisfazione agli azionisti.
Quello che interessa i giovani bancari è
“S
ALLA
RICERCA
DELLE IDEE
CREARE UN NUOVO MODELLO DI
FARE BANCA NON SOLTANTO
IMPRONTATO SUL TAGLIO DEI COSTI È
DIFFICILE, MA DOVREBBE ESSERE IL
MESTIERE DEL BANCHIERE. UN
LAVORO PER CUI SONO LAUTAMENTE
PAGATI. TUTTI QUELLI CHE NON SI
SENTONO IN GRADO DI ACCETTARE
QUESTA NUOVA SFIDA E CHE
CONTINUERANNO A NON TENERE IN
CONSIDERAZIONE ANCHE LE IDEE
DEI LAVORATORI, CREDO CHE
FAREBBERO BENE A DIMETTERSI
Settembre / Ottobre 2013
Editoriale
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la banca di domani. Vogliamo sapere quali
sono i progetti di chi gestisce il sistema. La
nostra non è una semplice curiosità accademica, perché stiamo parlando del nostro futuro. Come Organizzazione Sindacale più
rappresentativa del settore abbiamo chiesto
più volte che i lavoratori siano coinvolti in
queste scelte, ma fino ad oggi i nostri appelli
sono sempre caduti nel vuoto.
L’impressione è che diversi banchieri stiano
sottovalutando l’introduzione dei canali alternativi e, infatti, molti giovani colleghi che
ci lavorano denunciano spesso gli stessi problemi dei lavoratori impiegati nelle reti tradizionali, ovvero, l’assenza di formazione
specializzata e di qualità. Mi domando come
si possa pensare, nell’era della massima accessibilità alle informazioni e di elevata scolarizzazione, di supportare adeguatamente la
clientela senza una valorizzazione della professionalità del personale qualunque sia la
forma di supporto alla consulenza utilizzata.
Però investire in formazione costa e i risultati
non sono immediati, allora per qualcuno è
forse meglio fermarsi alla riduzione dei costi.
Alla formazione penserà in futuro qualcun
altro, quando però sarà troppo tardi.
La formazione è solo uno dei tanti problemi
che diversi banchieri continuano a non voler
affrontare e la recente disdetta anticipata del
CCNL di categoria è l’ennesima forzatura delle parti datoriali. Un atto grave, che potrebbe
essere una pericolosa minaccia anche sul futuro di tanti giovani lavoratori del settore.
Creare un nuovo modello di fare banca non
soltanto improntato sul taglio dei costi è difficile, ma dovrebbe essere il mestiere del
banchiere. Un lavoro per cui sono lautamente pagati. Tutti quelli che non si sentono in
grado di accettare questa nuova sfida e che
continueranno a non tenere in considerazione anche le idee dei lavoratori, credo che
farebbero bene a dimettersi. Noi, ce ne faremo una ragione.
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Editoriale
SILEONI:
“IL GIANO BIFRONTE
DEI BANCHIERI ITALIANI.
ATTACCO SENZA
PRECEDENTI AI DIRITTI
DEI LAVORATORI,
A CUI RISPONDEREMO
ANCHE CON LO SCIOPERO”
di Pinco Pallino
dfsgsdfgsdfg sdfgsdfg sdfg sdf gsdf
ABI
DISDETTA
IL CONTRATTO NAZIONALE
DEI LAVORATORI BANCARI
CON 10 MESI D’ANTICIPO
a disdetta del contratto nazionale dei lavoratori bancari, disposta dall’Abi, con 10 mesi d’anticipo
rispetto alla scadenza naturale,
rappresenta un attacco inaudito ai
diritti dei lavoratori, a cui risponderemo per le rime, anche con lo
sciopero».
Lo dichiara Lando Maria Sileoni, Segretario generale della FABI,
il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari.
«In questa vicenda senza precedenti nella storia delle relazioni
sindacali di settore, ci troviamo di
fronte a dei banchieri che sono dei
perfetti Giani Bifronte, la cui doppiezza è sotto gli occhi di tutti.
Da una parte di fronte alle istituzioni monetarie internazionali e nei
loro road show danno ottimistiche
comunicazioni ai mercati, dichiarando grande solidità patrimoniale, “core Tier 1” oltre i vincoli di
“Basilea3”, di aver ridotto tutti i costi operativi, compresi i costi del
personale, di essere capaci di assor-
«L
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bire le rettifiche su crediti generate
dalla recessione, di non avere in
pancia titoli tossici e di avere rischi
degli attivi enormemente minori
rispetto alle banche europee. Dall’altra, a casa loro, quando si devo-
no confrontare con le organizzazioni sindacali, denunciano una
redditività del capitale ai minimi
storici, senza prospettive di ripresa, utili netti precariamente sostenuti dal carry trade sui titoli di stato grazie ai finanziamenti della
BCE, costi del personale e livelli
occupazionali insostenibili.
Com'è possibile gestire con responsabilità, trasparenza e partecipazione le relazioni sindacali in
presenza di una tale sconcertante,
antitetica ed inquietante doppiezza
di messaggi?
La Banca D’Italia, che ha ribadito,
in più occasioni, la solidità del sistema bancario italiano non ha
nulla da dire?
Qual è la vera situazione economica, reddituale, patrimoniale delle
banche italiane?
I lavoratori hanno il diritto dì saperlo, prima degli stress test annunciati dalla BCE, che il Parlamento europeo ha investito del
compito di Vigilanza sulle grandi
banche europee».
Attualità
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A ttualità
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Attualità
di Elisa Gallinaro
Esecutivo Nazionale FABI Giovani
PAPA FRANCESCO
AI GIOVANI:
NON PERDETE LA SPERANZA
DI COSTRUIRE UN MONDO
DI BONTÀ, BELLEZZA
E VERITÀ
NON
SIETE
SOLI
arole semplici, vere, quelle di Papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù di
Rio de Janeiro a fine luglio.
Parole sensibili, di un uomo in qualche modo “della porta
accanto”, con tutta l’aria di uno che ha seriamente in coscienza quello che potremmo chiamare il “purgatorio sociale” che condanna i giovani su scala globale. Gli stessi
giovani arrivati a milioni in Brasile, ad ascoltarlo.
“Sono soprattutto i ragazzi a dover affrontare la verità
quotidiana, il veleno del vuoto che si insinua nella nostra
società basata sul profitto e sull’avere, che illudono i giovani con il consumismo”. Giovani che sono “particolarmente sensibili al vuoto di significato e di valori che spesso li circonda. E purtroppo ne pagano le conseguenze”.
Parla di verità Francesco, lo fa ripetutamente quando si
rivolge ai giovani, con quel qualcosa nella voce che lo rende – quantomeno al mio udito di agnostica – credibile.
La sua preoccupazione centra con una chiarezza tonificante il problema: la verità quotidiana, quella che i giovani
affrontano – subendola – in prima linea, vera non è, svuotata com’è di significati puliti e riempita all’orlo di tavoli
da poker. Il suo messaggio dipinge un grande bluff a forma
di trappola, con la carta vincente – la gioventù – incastrata
e già indebitata fino al collo. Prima ancora di rendersi
conto il gioco è iniziato.
Il richiamo ai valori sbranati dagli ultimi voraci anni nelle
parole di un Pontefice non è, francamente, cosa nuova;
P
Attualità
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Settembre / Ottobre 2013
A ttualità
innovativo è il fatto che non c’è solo idealismo: la spinta forte è
sulla reazione, il messaggio assume spessore con l’incitazione ad
andare controcorrente in nome di una grande sfida, una “sete di
verità” che va cercata e fatta propria per la ricostruzione sociale,
l’unica possibile.
I valori fondamentali su cui si basa l’opera, l’obiettivo e l’essenza
stessa del sindacato tuonano nella nostra voce di rappresentanti
dei lavoratori tanto quando sono ridotti ad una debole eco nelle
gole soffocate delle altre parti sociali, in preda ai più svariati tipi di
convulsioni - dalle crisi d’identità ai conflitti d’interesse, per citarne
alcuni soltanto. La dignità umana, unica e speciale, che trova
espressione nel lavoro è – e sarà sempre, contro tutto e tutti – il
terreno su cui noi appoggiamo i nostri piedi. Per chi difende quotidianamente un valore come questo, è lampante con quanto disprezzo esso sia stato prima abbandonato, poi attaccato, smembrato e strumentalizzato in tutti i modi possibili ed immaginabili.
Tanto da riuscire nell’intento di spargere la confusione all’interno
delle categorie di lavoratori.
Da tempo eravamo soli nel contrasto a tanta “autodivorante” follia,
di altre voci autorevoli che riportassero l’attenzione su tale scempio
non se ne vedeva neanche l’ombra. La frattura scomposta tra passato e futuro - tra le persone e la loro società – permaneva dimenticata e fasciata alla buona in un silenzio istituzionale – intervallato
da qualche sparata naif – e ad ogni lamento di dolore l’immancabile, annoiato luminare di turno spuntava a sradicare la scocciatura
con un “abituatevi, non tornerà più come prima”.
Invece no. Francesco tocca la ferita aperta di una generazione che
non possiede l’esperienza della dignità guadagnata con il lavoro, lo
fa con quell’affabilità coraggiosa che lo ha portato, in questi mesi,
ad affrontare questioni vecchie e scivolose togliendo quella netta
percezione di “muro”, sostituendola con la sensazione del “potersi
parlare” al di là delle vedute d’opinioni.
È inclusivo, Papa Francesco, e attento ai margini: i poveri, gli anziani, i giovani. I margini di cui ormai non si occupa più quasi nessuno. E tra gli emarginati, solo i giovani possono inventarsi qualcosa in merito. Il Papa dice “Non perdete la speranza, non siete
soli”. Esattamente come diciamo anche noi.
Credenti o no, non possiamo che sentire rafforzato il nostro percorso, se davvero non siamo gli unici a crederci.
“Meglio fare casino che chiudersi dentro i recinti delle proprie
parrocchie e immaginarsi potenti, anche se dentro si è già morti.
Meglio uscire fuori per strada e disturbare, farsi valere, piuttosto
che installarsi nella comodità, nel clericalismo, nella mondanità,
in tutto quello che è l’essere chiusi in se stessi” (Papa Francesco).
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Attualità
ALLA SUA PRIMA
GIORNATA MONDIALE
DELLA GIOVENTÙ
BERGOGLIO INCITA
I RAGAZZI A PRENDERE
IN MANO IL PROPRIO
FUTURO
“metti fede” e la tua vita
avrà un sapore nuovo,
avrà una bussola che
indica la direzione;
“metti speranza” e ogni tuo
giorno sarà illuminato
e il tuo orizzonte non sarà
più oscuro, ma luminoso;
“metti amore” e la tua
esistenza sarà come una casa
Costruita sulla roccia, il tuo
cammino sarà gioioso,
perché incontrerai tanti
amici che camminano con te.
Papa Francesco
Rio de Janeiro 25.7.2013
di Simona Sacconi
Esecutivo Nazionale Giovani
IL PAPA AI GIOVANI:
«SIATE CORAGGIOSI,
ANDATE
CONTROCORRENTE»
oraggio. Andate avanti. Fate rumore, eh? Dove sono i giovani deve esserci rumore. Poi, si regolano
le cose, ma l'illusione di un giovane è fare rumore sempre. Andate avanti, e soprattutto nella vita
ci saranno sempre persone che vi faranno proposte per frenare, per bloccare la vostra strada.
Per favore, andate controcorrente. Siate coraggiosi, coraggiose, andate controcorrente».
È la giornata mondiale della Gioventù e il neo Papa Francesco non ha peli sulla lingua quando parla ai giovani.
È un momento difficile questo, sono tempi difficili, e sono i giovani ad avere la responsabilità della costruzione
di un mondo diverso, migliore. Non ha dubbi il Pontefice. Papa Francesco davanti a tre milioni di ragazzi e ragazze in quella che è la sua prima Giornata Mondiale della Gioventù sferza il suo incoraggiamento a non
lasciarsi abbattere dalle difficoltà perché è nei giovani di tutto il mondo il potere di cambiare le cose. Siamo
tutti presi dalla crisi economica, ma la vera crisi, quella che dobbiamo superare prima di tutto, è una crisi di valori. Una crisi che la Chiesa, per prima, sta cercando di
superare. E il primo passo l’ha fatto il giorno in cui ha eletto a propria guida questo
Papa, un uomo in grado di parlare all’individuo con la forza dell’amore e della fede.
Proprio poco tempo fa, il 28 agosto, nella basilica di San Pietro, dove si è svolto l'incontro con i 500 giovani della diocesi di Piacenza-Bobbio, Papa Bergoglio è tornato
sull’importanza che i giovani hanno per il futuro: «A me piace stare con i giovani
– ha premesso il Pontefice – perché sono portatori di speranza e artefici del futuro.
È una cosa bella andare verso il futuro, con le illusioni, ma è anche una responsabilità. Quando mi dicono Padre, che brutti tempi, questi. Non si può fare niente... Io spiego che si può fare
tanto. Ma quando un giovane mi dice Padre, che brutti tempi, questi! Non si può fare niente... Io lo mando
dallo psichiatra. Perché – ha proseguito – non si capiscono un giovane, un ragazzo o una ragazza che non vogliano fare una cosa grande, scommettere su grandi ideali, per il futuro. Poi, faranno quello che possono, ma
la scommessa è per cose grandi e belle. Questa – rivolgendosi ai giovani – è la sfida, la vostra sfida».
Il rapporto di Francesco con i giovani è fatto di gesti amichevoli e personalizzati senza però scivolare mai nel
giovanilismo. Egli chiede ai giovani di andare oltre se stessi, le illusioni, fino ad abbracciare gli anziani “fonte
di saggezza”. Anzi ha detto ad un certo punto che giovani e anziani soffrono lo stesso destino di essere “scartati”
dalla cultura contemporanea e ha proposto un'alleanza fra loro per costruire il futuro del mondo.
Lui sì, il conflitto tra generazioni, l’ha già abbattuto.
«C
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Attualità
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A ttualità
di Mirko Vigolo
Esecutivo Nazionale FABI Giovani
RICAMBIO
GENERAZIONALE:
NECESSARIO, UTILE
E RESPONSABILE
a disoccupazione giovanile è
arrivata a livelli mai raggiunti nella storia italiana, la nostra economia è ancora in sofferenza e la ripresa non sembra essere
vicina.
Le banche stanno annunciando bilanci non rosei (con semestrali addirittura negative) e pensano di
riequilibrare il conto economico
tagliando il costo del personale ed
espellendo dal ciclo produttivo migliaia di bancari. Una fotografia già
vista negli ultimi anni, che non
sembra prossima a cambiare.
Come potrà sopravvivere il sistema
economico senza un degno ricambio? Le Banche dovrebbero essere
le prime a dare l’esempio, a cominciare dai vertici (come ha recentemente annunciato anche il Governatore della BCE, Mario Draghi, che
promette anche più donne ai vertici
della Banca Centrale Europea).
L
10
Attualità
FAVORIRE LE USCITE
VOLONTARIE E
INCENTIVATE DEI
COLLEGHI E
PROCEDERE AD
ASSUNZIONI DI
GIOVANI PER DARE
STABILITÀ AL SISTEMA
ECONOMICO E
OSSIGENO AI CONTI
DELLE BANCHE
Non è più tempo di attese e soli tagli, ma serve una politica industriale seria e un investimento nel
mondo del lavoro. Le Banche, anche attraverso un taglio ai benefit
dei loro manager e ad una miglior
distribuzione reddituale, devono
farsi promotrici di nuovi posto di
lavoro.
Favorire poi le uscite volontarie ed
incentivate dei colleghi prossimi
alla quiescenza e procedere ad assunzioni di giovani permetterebbe,
nel mondo bancario, quel ricambio
generazionale necessario per ga-
rantire la stabilità del sistema economico e ossigeno ai conti economici delle Banche. Creare posti di
lavoro aiuterebbe la nostra economia, non solo contribuendo a diminuire il tasso di disoccupazione
giovanile, ma favorendo anche i
consumi. Il necessario equilibrio
tra domanda ed offerta di lavoro
aiuterà l’Italia ad uscire più velocemente dalla crisi economica.
Ma se di ricambio generazionale
abbiamo sicuramente bisogno,
questo non può che avvenire in
modo graduale: non sarebbe infatti utile disperdere quell’esperienza formata negli anni di lavoro e necessaria per tracciare le linee per il futuro. Serve un modesto avvicendamento, un passaggio
di esperienza fra le due generazioni per poter garantire la continuità professionale tra passato, presente e futuro. Le nostre Banche
hanno la responsabilità della situazione economica del Paese e
devono pertanto fare tutti gli sforzi possibili per aiutare i giovani
nel mondo del lavoro.
Ricambio sì, rottamazione no. Il
futuro parte da qui.
A ttualità
di Morena Artusa
RSA FABI Milano
CRESCE IL NUMERO DI
PERSONALE BANCARIO
IN “CUFFIA”.
SONO PERLOPIÙ
GIOVANI CON
UN’ETÀ COMPRESA
TRA I 31 E I 35 ANNI
NUOVE
FIGURE
E MODELLI
DI SERVIZIO L
PER UNA
BANCA CHE
CAMBIA…
Settembre / Ottobre 2013
Attualità
11

o scorso giugno a Milano è stato presentato il
9° Rapporto sui contact center bancari; i dati
sono stati elaborati da ABI Lab e dall’ufficio
Analisi Gestionali dell’ABI.
Le statistiche confermano l’incremento di personale
bancario in “cuffia”; in un contesto caratterizzato
da una forte evoluzione dei modelli di servizio delle
banche, il canale dei contact center continua a sviluppare un posizionamento cruciale all’interno
dell’offerta multicanale.
In linea con i dati rilevati lo scorso anno, la realtà
dei contact center è costituita per lo più da personale giovane con un’età media compresa tra i 31 e
35 anni.
In questo scenario si delineano nuove figure professionali: supervisor, team leader e operatori hanno
A ttualità
un ruolo centrale per il buon funzionamento del contact center e di
riflesso sul servizio reso al cliente.
Mettiamo da parte analisi e indicatori numerici e poniamoci da
ascoltatori dei colleghi che vivono
e respirano il cambiamento, l’evoluzione.
Francesca, 33 anni, laureata in
economia nel 2006 con una tesi in
economia dei mercati finanziari.
Qual’è stato il tuo percorso
professionale?
“Ho iniziato il mio percorso professionale in banca da neo laureata
frequentando corsi di formazione
fino ad ottenere la qualifica di promotore finanziario. Per pochi mesi
ho lavorato nell’area commerciale
come sales e mi occupavo di acquisire nuova clientela. Poi sono passata come operatrice nel customer
care banking dedicandomi all’assistenza e cura della clientela già acquisita. Dopo circa due anni ho
raggiunto la promozione come team leader banking”.
Quale ruolo ha il team leader?
Il team leader rappresenta la guida
ed il punto di riferimento per il
proprio gruppo. Favorisce lo spirito di collaborazione con i colleghi
al fine della crescita comune, della
condivisione di informazioni e del
miglioramento delle performance
individuali e collettive. È propositivo attraverso la formulazione di
idee e suggerimenti utili al miglioramento delle attivitá, dei servizi e
del clima lavorativo. Monitora periodicamente l’avanzamento delle
attività e dei risultati rispetto agli
12
Attualità
IN UN CONTESTO CARATTERIZZATO DA
UNA FORTE EVOLUZIONE DEI MODELLI
DI SERVIZIO DELLE BANCHE, IL CANALE
DEI CONTACT CENTER CONTINUA
A SVILUPPARE UN POSIZIONAMENTO
CRUCIALE ALL’INTERNO
DELL’OFFERTA MULTICANALE
obiettivi prefissati. Mantiene un
adeguato livello di disponibilità in
termini di tempo, impegno e supporto ai colleghi.
Quali sono le attività e come
vengono distribuite?
“Il team leader si occupa di distribuire ai vari team le attivitá che
consistono nella gestione della
chat, e-mail e telefonate in ingresso. Le attività sono costantemente
monitorate al fine di minimizzare
le attese e garantire un elevato livello di servizio (SLA*= Service Level Agreements).
Le attività tra i team sono equamente distribuite. Il livello di assistenza viene fornito da tutti gli
operatori in modo completo”.
Quali sono i rischi per lo stress?
“Sono molteplici: il lavoro svolto
nell’ambito di un customer care
bancario prevede ritmi sostenuti
con conseguenti rischi di stress
sebbene” – risponde Chiara, operatrice call center dal 2009 – “siamo riusciti ad ottimizzare la ge-
stione delle attività, accade solo in
casi eccezionali di dover gestire telefono e chat simultaneamente. In
giornate normali gestisco 4/5
chat, non di più, ma in giornate
più difficili in cui sorgono dei problemi particolari arrivi anche ad
averne 8/9 contemporaneamente,
in quei momenti impazzisci, altro
che stress; in ogni chat devi verificare molte cose, tutto dipende dagli argomenti”.
Filippo, operatore dal 2011, sostiene che si può arrivare alla gestione di 15 chat nello stesso momento e che la difficoltà è insita
nella soddisfazione delle richieste,
molto varie: dalla funzionalità del
conto online, all’accesso, all’inserimento di un bonifico, alle istruzioni per inoltrare un ordine di
compravendita titoli.
I dati ABI confermano questa tendenza; i volumi relativi ai contatti
non telefonici gestiti dai contact
center hanno visto un sensibile incremento, sia per quanto riguarda le email sia per quanto riguarda le chat.
di Morena Artusa
La testimonianza di Francesca, ci
offre un altro elemento che contraddistingue la dinamica del contact center: l’attenzione alla misurazione e al monitoraggio; gli indicatori di performance diventano
il benchmark con cui si musura il
livello di servizio.
Le statische ABI dimostrano che
diversi contact center utilizzano
Settembre / Ottobre 2013
variabili simili nella definizione
degli SLA*: tempo medio di attesa, percentuale di chiamate a cui
è stata data risposta entro i primi
5, 10, 20 o 30 secondi, il tasso di
abbandono e la chiusura della
problematica del cliente entro un
determinato intervallo di tempo.
L’obiettivo, attraverso l’ascolto dei
colleghi, non è solo quello di de-
scrivere i cambiamenti intervenuti
nel nostro settore, legati all’evoluzione tecnologica in un mercato
sempre più competitivo, è piuttosto di focalizzarci sulle risorse
coinvolte; individuare le leve di intervento per prevenire situazioni
di elevato stress, per migliorare il
percorso professionale e formativo. La velocità con cui tutto si trasfoma potrebbe farci perdere di vista la capacità di entrare in empatia con i bisogni delle giovani leve.
Il cambiamento in atto non deve
precluderci la possibiltà di osservare e di cogliere gli effetti di tale
trasfomazione.
Alessio, operatore dal 2008, ci ricorda quanto siano importanti ed
efficaci politiche di “Job rotation”,
purtroppo ancora poco attuate.
I dati ABI indicano, infatti, un
“progressivo aumento del tempo
di permanenza, che ora si attesta
oltre la soglia dei cinque anni.
In termini di avvicendamento delle risorse, rispetto allo scorso anno si osserva in molti contact center un lieve aumento del tasso di
di turnover esterno, ovvero il tasso di coloro che hanno lasciato la
banca, mentre è in leggera diminuzione il tasso di rotazione interna, ossia verso altre funzioni della
banca”.
Fonti: ABILab giugno 2013
(tutti i dati in corsivo)
RINGRAZIAMO I GIOVANI ISCRITTI FABI
PER IL CONTRIBUTO ED IL SUPPORTO.
Attualità
13
A ttualità
VALORE
DELL’INDIVIDUO
O SPREAD DEL
COST INCOME?
elle ultime settimane, anzi
diciamo pure nell’ultimo
anno, abbiamo assistito tutti ad un inasprimento della crisi
che poi, nel “piccolo” di ogni realtà,
ha dato i propri frutti creando situazioni di criticità diverse a vari
livelli. A fattor comune la dignità
della persona. E purtroppo le richieste che arrivano dalla parte datoriale sono sempre più al ribasso
nelle more di politiche di contenimento dei costi per la sopravvivenza – dicono – dell’azienda che ci
da lavoro, la nostra prima fonte di
dignità – dicono sempre loro –.
Insomma sembra quasi che la dignità sia un concetto legato strettamente ad una condizione prettamente economica, o ad essa collegata, del singolo individuo.
N
14
Attualità
Ma vi siete mai chiesti quale sia il
significato del concetto di questa
parola tanto usata? La dignità.
Vi cito alcuni esempi di espressione e di applicazione di questo vitale concetto che nell’ultimo decennio è stato trasformato, dal consumismo, in un valore economico
molte volte legato e collegato alla
produttività del singolo. Ecco che
da concetto universale, uguale
quindi per tutti noi, la dignità ha
preso altre sembianze. A seconda
del nostro singolare punto di vista
essa viene identificata con un insieme di cose, “etichette” e “titoli”
da imprimere sui nostri biglietti da
visita, spesso con l’idea che l’ottenimento di un ruolo di prestigio sul
lavoro possa equivalere anche nella società ad un maggiore presti-
gio. Ma è questa la dignità? Tornando agli esempi di cui sopra se
prendiamo un dizionario troviamo
questa definizione:
dignità s. f. [dal lat. dign?tas -atis,
der. di dignus «degno»; Condizione di nobiltà morale in cui l’uomo
è posto dal suo grado, dalle sue intrinseche qualità, dalla sua stessa
natura di uomo, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e ch’egli deve a sé stesso.
Questa definizione cozza alquanto
con il valore economico a cui si
vorrebbe equiparare oggi la dignità, tanto nel modello sociale quanto nell’impostazione del lavoro nelle aziende. La parte datoriale gioca
proprio su questa distorsione dei
valori per mantenere lo spread “dignità/costo del lavoro” a livelli che
univocamente sono definiti accettabili. Ci viene infatti spesso ricordato che nei “tempi moderni” della
crisi avere un lavoro, oggi, è un
“privilegio”.
Mi permetto, con grande umiltà, di
ricordare a tutti che il concetto di
dignità della persona, applicato al
mondo del lavoro, è stato sancito
– e non senza conflitti – in un paio
di documenti del secolo scorso che
di Wladimir Brotto
Dirigente Provinciale FABI Treviso
sono stati, e sono a tutt’oggi, le fondamenta dei nostri diritti.
Stiamo parlando della costituzione
italiana e della legge 300, ovvero
lo statuto dei lavoratori.
Nella costituzione dello stato italiano gli articoli 35 e 36 recitano rispettivamente: Art. 35 “La tutela
dei lavoratori”. “La Repubblica
tutela il lavoro in tutte le sue forme
ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei
lavoratori. Promuove e favorisce
gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e
regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge
nell'interesse generale, e tutela il
lavoro italiano all'estero”.
Art. 36 “La giusta retribuzione
e i diritti irrinunciabili”. “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e
qualità del suo lavoro e in ogni caso
sufficiente ad assicurare a sé e alla
famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo
settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.
Infine c’è la legge 300, che lentamente ma inesorabilmente continua resistere nonostante i continui
tentativi di erosione. Si propongono infatti sempre più di frequente,
e purtroppo a volte trovano applicazione, modifiche che vogliono
renderlo più adeguato ai cambiamenti strutturali del mondo del lavoro. Secondo gli “esperti” infatti
si necessita di maggiore flessibilità
per essere conforme e conformato
alle nuove esigenze “sociali” e
d’impesa. E così l’ultimo e più efferato attacco alla dignità dei lavoratori lo abbiamo vissuto lo scorso
anno il giorno 18 agosto 2012 con
la modifica dell’articolo 18.
Al capitolo 1 art. 1 della legge 300
troviamo queste parole: Della libertà e dignità del lavoratore.
Art. 1. Libertà di opinione. “I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi
dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio
pensiero, nel rispetto dei principi
della Costituzione e delle norme
della presente legge”.
Se ora provo a fare un’istantanea
della realtà che mi circonda imprimerò sulla carta fotografica una
scena in cui qualcuno tenta di confonderci le idee provando a scambiare la dignità, così come solamente può essere, con denaro e prestigio sociale. Ecco che ci viene chiesto
di fare dei sacrifici certi in virtù di
questi pseudo-valori che assai difficilmente raggiungeremo anche
perché non mi è ancora capitato di
vedere, nell’era del capitalismo moderno, affacciarsi alla finestra degli
Imprenditori che condividessero le
idee di Olivetti, seppur essersi di-
PERCHÉ POCHI POTENTI
DOVREBBERO DIMINUIRE IL
VALORE DELLA PROPRIA
DIGNITÀ QUANDO POSSONO
CAMBIARE A LORO PIACIMENTO
LE REGOLE DI MOLTI ED
ASSICURARSI COSÌ L’IMMOBILITÀ
DEL LORO PRIVILEGIO?

Settembre / Ottobre 2013
Attualità
15
A ttualità
mostrate vincenti. Quello che devi
capire quando entri nel mondo del
lavoro è che se sei disposto a fare
dei sacrifici ogni volta che te li chiedono, spesso senza motivarli con
dati concreti, ti assicurerai la dignità di un posto di lavoro, altrimenti
ci sarà qualcuno che li farà al posto
tuo. A volte ci si sente quasi come
dei volontari. Il problema è che c’è
chi sul nostro volontariato, motivato e giustificato dalla crisi e dalla dignità c’è sempre chi ci guadagna
tanto quanto prima e di sacrifici e
volontariato non ne vuole sentir
parlare. Perché pochi potenti dovrebbero diminuire il valore della
propria dignità quando possono
cambiare a loro piacimento le regole di molti ed assicurarsi così l’immobilità del loro privilegio?
Ma in cambio di questa finta dignità, vendutaci negli ultimi anni, oggi ci troviamo in una condizione ai
limiti della dignità, quella vera. Abbiamo semplicemente accettato di
fare molti sacrifici per entrare nel
mondo del lavoro, anche a costo di
essere invisibili figli di nessuno per
anni, pur di riuscire a garantirci un
contratto di lavoro. Finalmente
possiamo riprendere ad avere dei
sogni in cui credere e da realizzare.
Ed ora che quasi ci siamo qualcuno
che non si priva di nulla anche in
questi momenti di austerità avrà la
pretesa e la sfrontatezza di venirci
a dire che costiamo troppo e che se
vogliamo continuare a lavorare
dobbiamo sacrificarci ancora.
Mi auguro che queste persone abbiano la coscienza di andarsi a rivedere il concetto di dignità, che è
anche la loro, prima di avanzare
16
Attualità
certe pretese ma dobbiamo essere
consapevoli che questo rischio, per
noi, esiste concretamente.
Io non ho risposte che possano risolvere il problema ma ho imparato semplicemente che il rispetto
della dignità, a partire dalla propria persona per arrivare a quella
degli altri e quindi alla collettività,
nasce nel piccolo del nostro agire
quotidiano. Anche nel mondo del
lavoro è uno sforzo piccolo che, se
unito a quello dei miei compagni
di viaggio, porta ad un risultato
importante: le tutele di tutti.
Mi auguro che restando uniti e
coesi potremo tornare a far valere
con forza quel concetto di dignità
universalmente riconosciuto.
Aiutatemi ad aiutarvi, aiutiamoci a
ritrovare quell’unità che ci rende in
grado di farci rispettare perché non
vorrei mai che un giorno ci trovassimo repentinamente in un mondo
diverso con i giornali che scrivono
cose di questo tipo, che ultimamente mi tormentano nei peggiori incubi: “Attenzione!!! Stamattina lo
spread dignità/costo del lavoro è salito paurosamente”. Se entro breve
non riusciremo a trovare delle soluzioni che permettano di riportare la
dignità al suo valore “reale” corriamo il rischio che i giovani tornino
ad esigere valori come indipendenza
economica e libertà smettendo all’improvviso di accettare il volontariato come lavoro. Dobbiamo agire
in fretta per far rientrare in termini
accettabili il concetto di dignità ai
giovani lavoratori altrimenti tutto il
lavoro fatto fino ad oggi, tutti i sacrifici chiesti, il percorso dell’ultimo
decennio, in cui siamo riusciti a far
accettare condizioni di anno in anno
sempre al ribasso andrà perduto.
Non possiamo perdere quest’occasione, vitale per la sopravvivenza
della categoria, per rendere definitivamente schiavi ed innocui i lavoratori che abbiamo addestrato alla
filosofia della dignità del “tra piuttosto e niente meglio piuttosto”. La
crisi è il giusto pretesto per riuscire
a sancire, quello che nell’ottocento
non eravamo riusciti a fare: scrivere
e far sottoscrivere ai diretti interessati le regole della schiavitù che li
governerà nel loro futuro.
Così tuteleremo la nostra dignità
evitando di far diventare il nostro
lavoro una forma di volontariato.
In fondo siamo noi manager ad
avere sulle spalle il peso del rischio
d’impresa”.
Da Wikipedia: In filosofia, con il termine dignità umana si usa riferirsi
al valore intrinseco e inestimabile di
ogni essere umano: tutti gli uomini,
senza distinzioni di età, stato di salute, sesso, razza, religione, nazionalità, ecc. meritano un rispetto incondizionato, sul quale nessuna “ragion di Stato”, nessun “interesse superiore”, la “Razza”, o la “Società”,
può imporsi. Ogni uomo è un fine
in se stesso, possiede un valore non
relativo (com’è, per esempio, un
prezzo), ma intrinseco.
di Flavia Gamberale
GLI INVISIBILI
DEL BESTSELLER
Settembre / Ottobre 2013
pesso dietro un libro di successo ci sono anche
loro: editor, redattori, traduttori, uffici stampa.
In una parola: i lavoratori del favoloso mondo
dell’industria editoriale, dove ben 9 addetti su 10 sono
precari, sottopagati, con retribuzioni mensili che spesso non raggiungono i 1000 euro. Ad alzare il velo sulle
condizioni lavorative in uno dei settori che impiega
circa 36mila professionisti in Italia, perlopiù altamente qualificati, è stata una recente indagine realizzata
dal sindacato Lavoratori della Comunicazione su un
campione di 1000 professionisti del comparto.
Dall’inchiesta, intitolata non a caso “Editoria invisibile”, sono emersi numeri shock: il 90% dei lavoratori
non ha un rapporto di lavoro stabile e naviga a vista
tra contratti a progetto, partite iva e cessione dei diritti
d’autore. In realtà la categoria avrebbe anche un con-
S
Attualità
17

DA QUESTO NUMERO EQUILIBRI
PRECARI INIZIA UN VIAGGIO NEL
MONDO DEL PRECARIATO DEI
VARI SETTORI PRODUTTIVI. OGGI
SI PARLA DEL COMPARTO
DELL’EDITORIA DOVE, SECONDO
UNA RECENTE INDAGINE, BEN IL
90% DEGLI ADDETTI NON HA UN
CONTRATTO STABILE.
SINDACATO ASSENTE E
NANISMO DELLE IMPRESE SONO
TRA LE CAUSE PRINCIPALI DEL
PROLIFERARE DI FORME
CONTRATTUALI ATIPICHE CHE
VENGONO RINNOVATE A VITA
A ttualità
tratto nazionale di riferimento:
quello dei lavoratori grafici editoriali, ma sembra che nelle case editrici, anche in quelle più grandi, sia
sempre più una sorta di “animale
in via d’estinzione”. Le prospettive
di stabilizzazione sono poi pressoché inesistenti. E infatti molti lavoratori non hanno altra scelta che
fare i precari a vita, vedersi rinnovare di anno in anno il proprio
contratto fino alla pensione. Oppure cambiare lavoro: come accade a
to a tempo indeterminato è
un’elargizione calata dall’alto, non
certo il frutto di sistematici accordi
sindacali, come invece avviene in
altri settori, a cominciare da quello
del credito. Precariato cronico e
strutturale quello dell’editoria, insomma.
Ma come mai questa sovrabbondanza di lavoratori atipici a vita?
Secondo gli addetti ai lavori, il settore sconta spesso gli effetti di una
visione commerciale di corto respi-
si chiude. E tanti saluti ai lavoratori,
che viste le tipologie di contratto
applicato e le dimensioni dell’azienda, non hanno diritto nemmeno
agli ammortizzatori sociali. Va un
po’ meglio nelle grandi case editrici,
come la Rizzoli e la Mondadori, dove sicuramente non si chiude dall’oggi al domani ma dove non mancano plotoni di precari ai quali si affidano le più svariate mansioni. I
sindacati, che almeno nelle grandi
società hanno una propria rappre-
I SINDACATI, CHE ALMENO NELLE
GRANDI SOCIETÀ HANNO UNA
PROPRIA RAPPRESENTANZA,
SANNO TUTTO MA HANNO
EVIDENTEMENTE SCARSO
POTERE NEGOZIALE
molti 40enni, che giunti al giro di
boa degli “anta”, mollano penna e
scrivania e si riciclano in altri mestieri. E tanti saluti alla professionalità faticosamente costruita negli
anni. “Pochissimi lavoratori vengono stabilizzati”, conferma Chiara
Di Domenico, della Rete dei Redattori precari, “e se ciò accade, quasi
sempre, si tratta di una decisione
aleatoria dell’azienda oppure siamo in presenza di lavoratori che
hanno fatto causa”. Insomma: se
arriva- e quando arriva- il contrat-
18
Attualità
ro. Fatta eccezione per quei pochi
grandi gruppi, il resto dell’editoria
italiana si regge sulle piccole e medie case editrici, che sfornano un
massimo di 50 libri all’anno e rappresentano l’87% del settore. In
molti casi si tratta di scommesse
imprenditoriali che si rivelano fallimentari nel giro di tre/quattro anni. Si fonda l’impresa, si assumono
professionisti con contratti precari,
che con stipendi mensili da fame
mandano avanti la baracca, si pubblicano libri senza un mercato e poi
sentanza, sanno tutto ma hanno
evidentemente scarso potere negoziale. Praticamente inesistenti gli
accordi che contemplano stabilizzazioni. Recentemente in due grandi gruppi sono arrivati anche gli
ispettori del lavoro. Chi era presente all’ispezione ha raccontato scenari da impresa tessile cinese: precari ultradecennali fuggiti a gambe
levate per proteggere l’azienda. Non
sia mai che l’ispettore non ti trovi
in regola e il datore di lavoro sia costretto a mandarti via…
M arketing
di Nettuno
GAMIFICATION
QUANDO IL MERCATO
DIVENTA GIOCO
CREARE GIOCO
IN CONTESTI NON DI
GIOCO. GAMIFICATION È
LA NUOVA TENDENZA
CHE PROMUOVE
L’IMMAGINE E I
SERVIZI/PRODOTTI
AZIENDALI IN MODO
INDIRETTO MA ANCORA
PIÙ PENETRANTE. È
DIVERTENTE, VIRALE E
COINVOLGE I GIOVANI
È
Marketing
19

Settembre / Ottobre 2013
la nuova buzzword che negli
ultimi anni è stata capace di
stimolare conversazioni e
diatribe ed è un termine che sta
guadagnando sempre più popolarità. Parliamo di Gamification.
Non tragga in inganno il fatto che
la parola sia composta da Game:
la gamification non è solo gioco, o
meglio, sarebbe alquanto riduttivo
descriverla come mera attività di
divertimento. Sotto c’è ben altro.
La Gamification è un termine ombrello utilizzato per indicare l’uso
di elementi tipici del gioco in contesti di non gioco, utilizzati per migliorare l’esperienze degli utenti
ed in generale l’engagement. Si
cerca di trasformare in un gioco
qualcosa che gioco non è, applicando modelli del game design a
sistemi non prettamente ludici.
Retail e, più in generale, mondoimpresa la utilizzano come strumento per coinvolgere non solo
clienti, soprattutto i giovani, e
pubblico esterno ma anche i di-
M arketing
pendenti. Si parte dall’assunto che
la modalità gioco possa stimolare
comportamenti attivi in un individuo, invitando le persone a prendere posizione e assumere determinate decisioni. Si è coinvolti in
una situazione emozionale che fa
leva su bisogni naturali, sullo spirito di competizione, di ricerca, su
riconoscimento di status così come sull’appartenenza a gruppi.
È molto più semplice per un’impresa creare brand awareness
quando le persone sono pervase
da sensazioni positive. Quando
giochiamo siamo pieni di curiosità, la sfida ci coinvolge e ci spinge
a superare problemi e ostacoli, siamo in una sorta di stato di eustress, di stress positivo.
Ecco dunque che le meccaniche
del gioco diventano i “ferri del me-
20
Marketing
QUANDO GIOCHIAMO
SIAMO PIENI DI
CURIOSITÀ, LA SFIDA
CI COINVOLGE E CI
SPINGE A SUPERARE
PROBLEMI E
OSTACOLI, SIAMO
IN UNA SORTA
DI STRESS POSITIVO
stiere” per gamificare un sito, un
servizio, e perché no, anche un
comportamento di un dipendente,
spingendolo verso nuovi stili di relazioni o verso nuove modalità
produttive. Il tutto basandosi su
meccanismi basic, quali obiettivi,
ricompense, possibilità di esprimere la propria identità.
Diversi studi (tratti dal Wall Street
Journal e dalle ricerche della società Gartner, multinazionale leader mondiale nella consulenza
strategica, ricerca e analisi nel
campo dell’IT) dimostrano il potenziale della Gamification: le ricerche dicono che dal 2015 il 40%
delle prime 1.000 global compagnie utilizzerà questa tecnica come
strumento per il proprio business.
Obiettivo dichiarato: aumentare la
fedeltà all’insegna, l’engagement e
di Nettuno
la viralità dei propri messaggi utilizzando soprattutto i social media. Già, social media.
Ed è proprio la convergenza di due
tendenze principali, cioè il sovraffollamento/nuovo sfruttamento
dello spazio digitale, accompagnato dal passaggio all’età adulta della
Generazione Y (i nati tra il 1980 e
il 2000) ciò che rende alto il potenziale dello strumento. Sorvolando sull’ormai acclamata crescita del mondo digital un breve cenno merita la Generazione Y. Cresciuta nel mondo dei social media
la Generazione Y traina la crescita
del settore, si accinge ormai ad entrare “a piene mani” nel mondo
del lavoro, e ama comunicare in
tutte le situazioni, privilegiando i
meccanismi tipici dei giochi.
Oggi la Gamification permea sempre più settori differenti, non ulti-
mo, il Retail e prende piede anche
in quelli più statici come il bancario e finanziario. Le caratteristiche
del gioco sono sempre più sfruttate dalle banche nelle loro applicazioni web e mobile per accompagnare i clienti nel controllo delle
loro finanze e in specifici obiettivi,
quali, per esempio, riduzione dei
debiti o piani di accumulo. Pensiamo a Playmoolah, la game platform realizzata per bambini di 6
anni per insegnare loro con il gioco la gestione del denaro. O anche
BankFusion, piattaforma creata
da MIsys leader mondiale nella
fornitura alle banche di software
finanziari, che ingloba un gioco
educativo sulla finanza sfruttando
i sistemi digitali nella gestione dei
processi della banca.
Tra i molteplici esempi che si potrebbero fare, ne menzioniamo in
questa sede un altro: PICS, applicazione on line e per cellulari uti-
lizzata da Carrefour. “Indovina
PICS” è l’iniziativa che ha avuto
l’obiettivo di promuovere la conoscenza dei prodotti a marchio Carrefour attraverso la modalità gioco, con emozionanti sfide e premi
in palio.
Chiudiamo con le parole di Jane
McGonical. Ospite nel 2011 in Italia a “Meet the Media Guru” la ricercatrice e game designer americana ha parlato dell’opportunità di
trasformare il mondo in un luogo
“giocabile”: “se per affrontare problemi reali usassimo un decimo
delle ore che ogni settimana
l’umanità spende a giocare si potrebbe migliorare il mondo”. Suggestioni? Forse. Fatto sta che, secondo la ricercatrice, il gaming
potrebbe rappresentare la chiave
per trovare soluzioni inedite a seri
temi globali.
“SE PER AFFRONTARE PROBLEMI
REALI USASSIMO UN DECIMO DELLE
ORE CHE OGNI SETTIMANA
L’UMANITÀ SPENDE A GIOCARE SI
POTREBBE MIGLIORARE IL MONDO”
Settembre / Ottobre 2013
Marketing
21
P oetry Corner
a cura di Francesca Lipperi
Dirigente Provinciale FABI Viterbo
ASSASSINIO DI
FEDERICO GARCÌA LORCA
Poesie, Ed. Guanda, 1967, pag. 147
(Due voci all’alba in River Side Drive)
- Com’è stato?
- Un taglio sulla guancia.
Tutto qui!
Un’unghia che stringe il gambo.
Uno spillo che scende
fino a trovar le radici del grido.
E il mare smette di muoversi.
- Come, com’è stato?
- Così.
- Lasciami. In questo modo?
- Si.
Il cuore uscì solo.
- Ahi, ahimè!
LASCIAPASSARE
di Francesca Lipperi
Ed ora concedi Padre un lasciapassare per arrivare a Te.
Fa che Giacobbe ci presti una scala per coprire la distanza tra cielo e terra,
Davide un ciottolo di fiume per vincere le paure.
E cinque pani e due pesci presi in prestito da un ragazzo
che passava da quelle parti per sfamarci.
Il cammino di quarant’anni ci ha fatto male,
ma ora Padre permetti che questi cuori di scarto, con pena tenuti,
possano odorare la terra che gli hai promesso.
E tu, fedele alla tua parola, abbi cura di loro.
22
Poetry Corner
Se fra i nostri lettori ci fosse qualcuno con la vena poetica, ci invii le sue opere.
La redazione pubblicherà le migliori a suo insindacabile giudizio
S port
di Stefano Maini
Esecutivo Nazionale FABI Giovani
MONDIALI GINNASTICA RITMICA 2013
6 FARFALLE D’ARGENTO
CHE ENTRANO NELLA STORIA
a storia della ginnastica ritmica italiana si rinnova. Da
un decennio al vertice mondiale della ginnastica ritmica, la
scuola italiana anche ai Mondiali
di Kiev coglie una medaglia d’argento nella prova a squadre. Ancora una volta le “farfalle” azzurre
non deludono, anzi con un sestetto
inedito, rispetto al bronzo di Londra 2012, salgono sul secondo gradino del podio.
Marta Pagnini, Andreea Stefanescu, Camilla Bini, Chiara Ianni, Camilla Patriarca, e Valeria Schiavi
(17 anni) chiudono al secondo posto dietro a una inarrivabile Bielorussia e davanti alla Russia!
L’esecuzione delle azzurre è pressoché perfetta nell’esercizio delle
10 clavette, sulle note del classicissimo Dies Irae (celeberrimo
brano tratto dal Requiem di Verdi), solo qualche imprecisione negli esercizi delle 3 palle e dei 2 nastri, che non diminuisce però il
valore della squadra né della prova entusiasmante!
Il compito delle nostre ragazze non
era facile, il peso della squadra precedente, di cui sono rimaste solo la
capitana Marta Pagnini e Andreea
Stefanescu, si sentiva, ma l’esperienza delle due, reduci da 3 ori
consecutivi nelle ultime 3 edizioni,
è stata trascinante. Le veterane
L
Settembre / Ottobre 2013
hanno contribuito all’integrazione
delle nuove e giovani ragazze nel
migliore dei modi e non è facile in
uno sport come la ginnastica ritmica dove bisogna essere una cosa
sola, grazie al sostegno di ognuna
delle componenti, alla complicità
e valore di squadra.
Purtroppo però, nessuno in Italia
si è potuto gustare lo spettacolo
delle nostre “farfalle”, oscurate
dalla tv (anche pubblica) delle solite scelte economiche, mentre vincevano la medaglia numero 20 (!)
per l’Italia ai Mondiali.
La scuola italiana si è così ulteriormente confermata di primo livello
ritagliandosi uno spazio in uno
sport da sempre limitato ai paesi
dell’est come Bielorussia, Russia,
Ucraina, Bulgaria.
Abnegazione, capacità, perseveranza, forza, hanno dimostrato, se
ce fosse ancora bisogno, che anche
in un Paese come il nostro, dove
pochi sport catalizzano tutto, sei
giovani ragazze hanno saputo volare tanto in alto da tingere le loro
ali di uno splendido argento, Mondiale! Mitiche!
Sport
23
L etteratura
L’ALCHIMISTA
DI PAULO COELHO
Non è la meta che conta. Quello che conta veramente è il percorso per raggiungerla. L’Alchimista è un libro simbolico,
un invito a seguire i propri sogni, quello
che si sente dentro, quella che lo scrittore brasiliano definisce “la propria leggenda personale”, a cui ognuno di noi è
destinato. Tra realtà e magia si sviluppa
questa favola con protagonista Santiago,
un giovane pastore andaluso che, alla ricerca di un tesoro apparsogli in sogno,
intraprende un viaggio al di là dello
Stretto di Gibilterra, attraverso tutto il
deserto nordafricano, per poi giungere
alle Piramidi d’Egitto. Sarà proprio durante il viaggio che il giovane riuscirà ad
aumentare le sue conoscenze. Santiago
rischia la vita, vive una battaglia in
un'oasi, conosce il vero amore, impara
il linguaggio universale e diventa alchimista. Infine, compirà la sua Leggenda
Personale, che rappresenta l’obiettivo
che ognuno di noi deve raggiungere prima della morte. Spesso ci si sente ad un bivio, si
percepisce un momento decisivo che qui è chiamato leggenda personale. Così avviene al
protagonista, che senza sicurezze per il futuro decide di giocare il tutto per tutto abbandonandosi con le sue sole forze alla vita. Più ci si mette in gioco e più si rischia di sbagliare, ma in caso di riuscita la ricompensa è grande.
24
Letteratura
L etteratura
di Joe Black
BIOGRAFIA
Paulo Coelho è nato a Rio de Janeiro, in Brasile, nell’agosto del 1947. Una
vita la sua all’insegna degli ostacoli da superare fin dall’adolescenza, quando
ha subito la brutale terapia degli elettroshock: tra il 1966 e il 1968, infatti, i
genitori lo fecero ricoverare per tre volte in un ospedale psichiatrico, reputando un segno di pazzia il suo atteggiamento ribelle. A causa della frequentazione di alcuni ambienti artistici, venne incarcerato e sottoposto alla tortura
fisica per presunte attività sovversive contro la dittatura brasiliana. Più tardi,
Paulo Coelho incontrò la rock-star Raul Seixas e aderì al movimento hippie,
vivendo quella che venne considerata l’età “dell’amore e della pace”, l’epoca
di “sesso, droga e rock’n’roll”. Insieme, tra il 1973 e il 1982, i due artisti composero circa 120 canzoni, che rivoluzionarono la musica pop in Brasile – alcune di esse sono ancora oggi dei successi. Nel 1982, a Dachau, e qualche
tempo dopo ad Amsterdam, Paulo ebbe un incontro mistico con “J”, il suo
futuro mentore, che lo convinse a percorrere il Cammino di Santiago de
Compostela, un pellegrinaggio medievale la cui strada si snoda tra Francia e
Spagna. Nel 1986, all’età di 38 anni, percorse il Cammino di Santiago: fu lì
che riabbracciò il cristianesimo, ritrovando quella fede che gli era stata trasmessa dai gesuiti durante il periodo della scuola. Coelho avrebbe descritto
questa esperienza nel suo primo libro, Il Cammino di Santiago, pubblicato
nel 1987. L’anno successivo, uscì la sua seconda opera, L’Alchimista, quella
che gli consentì di ottenere una fama mondiale. Oggi il romanzo viene considerato un classico moderno, ed è ammirato universalmente. I suoi libri
sono stati pubblicati in oltre centocinquanta paesi e tradotti in centocinquantanove lingue, vendendo oltre cinquanta milioni di copie. Numerosi i premi
internazionali ricevuti grazie al suo stile poetico, realistico e filosofico, e il suo
linguaggio simbolico, che non parla solo alla mente ma anche al cuore. Dal
2002 è membro della prestigiosa Accademia Brasiliana delle Lettere. Paulo
Coelho compare nel Guinness dei Primati per il maggior numero di traduzioni
(53) di un singolo titolo (L’Alchimista) firmate in una sola seduta (45 minuti).
Dietro lo scrittore c’è un uomo che ama leggere e viaggiare, un individuo al
quale piacciono i computer, internet, la musica, il gioco del calcio, che adora
fare passeggiate e praticare il kyudo – una disciplina orientale che unisce la
pratica del tiro con l’arco alla meditazione. Insieme con la moglie Christina
Oiticica, divide la propria esistenza tra Rio de Janeiro e l’Europa.
Settembre / Ottobre 2013
L’ALCHIMISTA
PAULO COELHO
1988, Bompiani
Collana Letteraria straniera
pp. 192
€ 18,00
Letteratura
25
M usica & concerti
a cura di Bruno Marazzina
Esecutivo Nazionale FABI Giovani
SWINGIN’ UTTERS
POORLY FORMED
(FAT WRECK CHORDS 2013)
ttavo album da studio degli Swingin’ Utters “Porly Formed”, è veramente un bel
lavoro. Questo gruppo musicale, del revival punk, fu fondato nel 1988 da Johnny
‘Peebucks ‘Bonnel a Santa Cruz per poi focalizzare i loro concerti nell’area di San
Francisco. Fu infatti in quella città che all’uscita del loro primo lavoro furono notati dal
chitarrista dei Rancid, Lars Friedriksen. Egli, a ragione, investì molto nel loro secondo
album “The Streets of San Francisco”. L’album fu un successo che li portò a vincere il
concorso come miglior band emergente della città, a costruirsi un nutrito pubblico nella
scena underground californiana ed ad iniziare una serie di tour che li ha portati nel
corso degli anni ad esibirsi con band famose del calibro di: Social Distortion, Dropkick
Murphys e Rancid. Le loro canzoni parlano soprattutto di
problemi legati alla vita ed al lavoro quotidiano. Una loro caratteristica interessante è infatti che buona parte dei suoi
componenti ha un lavoro ed una famiglia da mantenere: come
il cantante che lavora in un campeggio od il chitarrista che fa
il camionista, dimostrando con ciò che anche con il successo
si può convivere, basta avere i piedi ben piantati a terra!
Nella loro ultima fatica il suono, ancora una volta, è ispirato
dalle tipiche influenze che hanno portato alla nascita del
punk. Si moltiplicano sonorità rock e proto punk che traggono
origine da gruppi come i Velvet Underground, ma evolvono
verso un prodotto che sfocia in un lavoro dove è chiara l’influenza del moderno punk. I ritmi e i suoni delle chitarre sono
più puliti e dal vago sapore di ingranaggio motorizzato attraversato da influenze vintage,
le quali diffondono una forte atmosfera di pace. Questa nuova scelta si rivela chiaramente in canzoni come ‘Brains’ e ‘Walk with the postman’, dove la band inietta nelle
sue sperimentazioni proto-punk una forte vena di impressionante tranquillità derivante
dalla scelta di tendenze più decisamente pop, mentre in ‘Stick in a circle’ e in ‘Greener
Grass’ sicuramente la contaminazione scivola verso il country ed il folk. Il tentativo è
decisamente accattivante, infatti un gruppo musicale può perpetrare in ogni lavoro il
marchio di fabbrica che li ha resi celebri o può cercare nuove strade innovative per proporre, pur rimanendo ancorata al lavoro iniziale, innovazioni e sperimentazioni in altri
campi. Fortunanatamente per i loro fans essi hanno scelto quest’ultimo percorso, una
miscela di hardcore – melodic – skate e revival punk condito ad un aggressivo e veloce
folks e country che dà vita ad una musica veramente coinvolgente ed appassionante!
O
26
Musica & concerti
C inema
a cura di Paolo Baldassarra
Esecutivo Nazionale FABI Giovani
FILM
DA
NON
PERDERE
DI OGGI...
L’INTREPIDO
Antonio Pane (Antonio Albanese)
quarantenne disoccupato e divorziato si trasforma, ogni volta che
gli viene richiesto, per rimpiazzare
anche per poche ore chiunque debba assentarsi dal posto di lavoro;
in cambio riceve una manciata di
spiccioli. Diventa così per un giorno muratore, cameriere, pescivendolo o autista di tram, pur di non
restare senza occupazione.
La ricerca di un lavoro vero diventa
oggi sempre più difficile, doverlo
inventare é il nuovo imperativo.
Con questa convinzione Gianni
Amelio scrive e dirige L’Intrepido
(ITA 2013, 104’), cucendo le vesti
del protagonista addosso ad Antonio Albanese che definisce “uno dei
più straordinari attori che abbiamo”. Albanese torna sullo schermo
da attore dopo i successi di “Tutto
tuttoniente niente” e “Qualunquemente” – da lui anche diretti – e si
dimostra ancora una volta la maschera multiforme che a tratti ricorda Chaplin per la capacità di far
vivere agli spettatori momenti di
comicità pura alternati ad attimi di
tenerezza struggente. Amelio, già
direttore del Torino film festival,
Settembre / Ottobre 2013
porta il suo film alla biennale del
cinema di Venezia 2013, che già gli
aveva conferito il Leone d’oro 1998
per “Così ridevano”.
DI IERI…
MI PIACE LAVORARE
(MOBBING)
cantiche la condurranno verso un
progressivo declino professionale e
psicologico. Anche i colleghi la
emarginano, comportandosi come
il branco nei confronti dell’animale
malato! Il capo del personale si accanisce contro di lei affidandole
compiti impossibili come cercare in
archivio una fattura da lui stesso
sottratta oppure controllare l’uso
che i dipendenti fanno della fotocopiatrice. Il senso di frustrazione
cresce e i rapporti extra lavorativi
si deteriorano. Le arriva infine la
richiesta dal datore di lavoro di
presentare le dimissioni. È la scintilla che fa reagire Anna, che si licenzia e si rivolge al sindacato portando in tribunale l’azienda e vincendo la causa! L’amara considerazione finale espressa dalla brava
Nicoletta Braschi “Se questo lo
chiami vincere!” riassume perfettamente lo stato di disagio in cui si
vive questa condizione.
Nel 2003, anno in cui il film è stato
girato, poco si conosceva del fenomeno “mobbing”. Ancora oggi i
contorni che definiscono questa
materia non sono molto nitidi, tra
l’altro poco esplorata dalla stessa
giurisprudenza. Francesca Comencini ha tradotto in “Mi piace lavorare” (ITA 2003, 89’) le testimonianze e i racconti di una quindicina di lavoratori mobbizzati, giungendo ad un risultato che si colloca
tra il documentario e la cronaca.
Anna è una donna separata, con
una figlia, dipendente da un’azienda che a seguito di una fusione riorganizza il personale. A lei sono assegnate le mansioni meno gratifi-
Cinema
27
A rte
VALERIANO LESSIO
BANCARIO
CON LA
PASSIONE
PER L’ARTE
28
Arte
all’8 novembre fino al 1° dicembre 2013, all’ex macello di Padova e dal 15 novembre al
18 novembre ad Arte Padova Fiera, potrete
ammirare le opere di Valeriano Lessio, un nostro
collega che ha trovato nell’arte un mezzo per esprimere la propria creatività.
Valeriano ha lavorato per trentatré anni in banca.
In pensione da tre, si dedica completamente a quella
che è da sempre la sua passione: la pittura. Artista
eclettico e autodidatta, i suoi quadri sono frutto di
una cultura vissuta all’insegna dell’arte. Parallela-
D
di Simona Ortolani
Esecutivo Nazionale FABI Giovani
mente alla pittura, ha coltivato anche l’amore per la musica, per il cinema e per il teatro, recitando anche in importanti compagnie amatoriali della città di Padova e interpretando diversi personaggi con le
loro complessità umane.
Ha iniziato a disegnare riproducendo fedelmente le tavole di pittori famosi e, anche frequentando
vari laboratori d’arte di Padova, ha
acquisito quella sicurezza tecnica
che gli ha permesso di cimentarsi
in creazioni sempre più personali
riscuotendo consenso di pubblico
e critica.
Attraverso lo studio dei materiali e
dei colori, la sua pittura da figurativa è diventata via via sempre più
astratta, concettuale e simbolica.
Le sue tecniche di pittura sono in
continuo rinnovamento e spaziano
dagli oli sabbiati agli oli a tele, agli
spatolati, alla tempera su tavola.
Importantissimi sono stati per Valeriano gli incontri con altri pittori
di varie correnti artistiche, che gli
hanno permesso di confrontarsi, di
sperimentare e di affinare la sua
pittura, mettendosi continuamente in discussione sia dal punto di
vista personale che artistico.
L’arte di Valeriano è cresciuta di
pari passo con il percorso intrapreso per la comprensione di se stesso
e della sua anima, anche attraverso
lo studio della psicologia quantistica presso un Centro studi per lo
sviluppo delle abilità umane. La
sua pittura non sarebbe la stessa
senza questa sua capacità di profonda introspezione che riversa
nelle tele rappresentando emozioni e sentimenti.
Settembre / Ottobre 2013
Le sue opere sono all’insegna del
colore, le tonalità sono calde, decise e donano una sensazione di vigore ed energia. I colori e le forme
trasmettono potenti emozioni e
stati d’animo e contemporaneamente riescono a donare un senso
di armonia e gentilezza che trasmette gioia, serenità e benessere.
I tre elementi della sua arte.
Il suo fascino sta nell’essere accessibile a tutti, ciascuno può identi-
TELE DOVE FORME E
COLORI SI AMALGAMANO
FINO A CREARE SPAZI E
ATMOSFERE DI GRANDE
INTENSITÀ
ficarsi nelle sue opere e cogliere
una parte di sé, che è l’essenza della propria umanità.
Nella sua carriera d’artista, Valeriano ha ricevuto numerosi premi,
assegnazioni e riconoscimenti in
importanti mostre collettive e personali, ha esposto in numerose rassegne in Italia e all’estero, a Venezia, Roma, Monaco e Bolzano, Barcellona, Toronto ottenendo anche
prestigiosi riconoscimenti tra cui il
primo premio alla
biennale del Centro
d’Arte Sever.
Le sue opere sono
custodite presso Enti
pubblici e privati e
inserite in importanti cataloghi d’arte
moderna italiane ed
estere.
Ultimamente,
in
marzo, ha esposto a
Palazzo del Bargello
di Gubbio in una
personale dal titolo:
“Pulsioni Cromatiche”.
La curatrice Elisa
Polidori ha detto di
lui: “La pittura di Valeriano Lessio si presenta ricca e completa, uno studio,
una ricerca di forme e di colori che
si compenetrano e si amalgamano,
creando spazi e atmosfere di grande intensità, che sembrano voler
ingabbiare, frenare un impulso più
profondo che parte dal bisogno di
comunicare e di condividere ciò
che emerge dall’io dell’artista e trova realizzazione nelle sue ventate
di colore”.
Arte
29
V iaggi
VAL
DI
NON
PROFUMO DI MELE!
REGNO
INCONTRASTATO DELLA
MELA PIÙ FAMOSA AL
MONDO, LA VAL DI NON
È UNA VALLE VIVA E
NATURALE CHE SI
LASCIA SCOPRIRE
NELLA SUA SEMPLICITÀ
30
Viaggi
agli sconfinati meleti del fondovalle, fino alle malghe e ai rifugi di montagna, ogni panorama in Val di Non è alla portata
di tutti. Armonici orizzonti mai troppo impervi, tranquille
passeggiate in campagna tra antichi castelli e pievi isolate, placidi specchi
d’acqua incastonati tra alte catene montuose, spettacoli di luci e colori
da scoprire senza fretta. Tutto è genuinità: dal Parco Naturale Adamello
Brenta dove l’orso bruno vive in libertà, alle malghe d’alpeggio dove il
casaro produce il formaggio ogni mattina, ai piccoli paesi di tradizione
rurale che con la bella stagione si animano di feste e musica».
La Val di Non è la più ampia valle del Trentino, sorge nel cuore occidentale della regione ed è ricca di boschi, corsi d’acqua e soprattutto di meleti,
grazie ai quali il suo nome è famoso in tutta Europa.
«D
a cura di Simona Misticoni
Esecutivo Nazionale FABI Giovani
Alla vista si presenta come un immenso altipiano verde e soleggiato percorso da torrenti e ruscelli che hanno scavato per millenni la roccia formando quell’insieme di canyon, gole, cascate e burroni grazie ai quali
essa è oggi conosciuta come “La Valle dei Canyon”.
Al centro, il lago di Santa Giustina, cuore pulsante del
territorio, attira con la sua imponente superficie lo
sguardo del visitatore, mentre tutto intorno il territorio è delimitato da dolci rilievi mai troppo impervi: la
catena delle Maddalene a nord con i suoi incantati pa-
Settembre / Ottobre 2013
norami d’alpeggio e le rocciose Dolomiti di Brenta nella parte sud-ovest. Qui si estende il cuore del Parco
Naturale Adamello Brenta, patria dell’orso bruno, di
eccezionali particolarità naturalistiche e di veri incanti
alpini, come il Lago di Tovel, uno dei più romantici
specchi d’acqua del Trentino.
Tutto il territorio è caratterizzato dalla presenza di
piccoli borghi, per lo più di origine contadina, mentre
tra le foreste e le campagne coltivate a meleto non è
difficile imbattersi in suggestive testimonianze di storia e cultura. Il Santuario di San Romedio ad esempio,
uno dei più suggestivi eremi d’Europa: sorge su di una
roccia alta 90 metri ed è costituito da più chiese e cappelle, che seguono la conformazione della roccia, collegate tra loro da una ripida scala di 131 scalini. Gli
edifici che costituiscono il santuario sono di datazioni
diverse; la costruzione più antica, sorta attorno alla
tomba dell’eremita Romedio, risale intorno all’anno
mille. Il Castel Thun, austero e maestoso, che dall’alto
di una collina sembra dare il benvenuto in Val di Non
con le sue forme eleganti, fu dal Medioevo al Novecento dimora dell’antica e potente famiglia dei Thun
ed è ancor oggi con il suo mobilio originale e le preziose raccolte d’arte, un raro esempio di residenza nobiliare arredata.
È settembre è uno dei momenti più belli in cui visitare
la Val di Non: durante i vivaci giorni della raccolta gli
agriturismi della Val di Non aprono le porte ai visitatori offrendo loro la possibilità di conoscere più da vicino la famosa mela Melinda della Val di Non, l’unica
DOP italiana, aderendo all’iniziativa “Adotta un melo”. In agriturismo sarà possibile vivere due giorni
completamente immersi nella campagna, scegliere un
albero di mele da fare proprio e raccogliere i frutti del
proprio albero. Una cassettina di mele della pianta
saranno di chi l’ha adottata e potrà portarle con sé a
casa per gustarle in famiglia o con gli amici.
Un’altra emozionante esperienza è trascorrere l’alba
in malga… alzarsi di buon ora quando il sole non è
ancora sorto… iniziare la giornata insieme a mucche
e capre, seguire la filiera del latte per intero, dalla
mungitura alla produzione di un formaggio nostrano
e terminare il tutto con una ricca colazione sana e nutriente, che ne dite?
Viaggi
31
E stero/viaggi
di Simona Misticoni
Componente Esecutivo Nazionale
FABI Giovani
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30
Estero / viaggi
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C itazioni
di Biancaneve
La giovinezza è felice
perché ha la capacità
di vedere la bellezza.
Chiunque sia in grado
di mantenere la capacità
di vedere la bellezza non
diventerà mai vecchio.
(Franz Kafka)
Settembre / Ottobre 2013
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