Il sole splendeva, senza possibilità di alternative. sul niente di nuovo

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Il sole splendeva, senza possibilità di alternative. sul niente di nuovo
Samuel Beckett, Murphy, Einaudi, Torino 1962
Il romanzo giovanile di Beckett, scritto in inglese edito a
Londra nel 1938. Sono qui riportati, un breve estratto
dall'inizio del romanzo e l'intero capitolo VI dedicato
all'analisi interiore del protagonista Murphy, antesignano
di molti altri personaggi anche teatrali.
I.
Il sole splendeva, senza possibilità di alternative. sul
niente di nuovo. Quasi fosse libero, Murphy se ne stava
all'ombra, seduto, nel vicolo cieco del Bambino Gesu,
West-Brompton, Londra. Là, da mesi, forse da anni, mangiava, beveva, dormiva, si vestiva e si svestiva, in un vano
di media dimensione, esposto a nord-ovest, con una vista
ininterrotta su altri vani di media dimensione, esposti a
. sud-est. Presto gli sarebbe toccato trovarsi un'altra sistemazione: del vicolo del Bambino Gesu era stata decisa la
condanna. Presto gli sarebbe toccato imparare di nuovo a
mangiare, a bere, a dormire, a vestirsi e svestirsi in un
ambiente assolutamente sconosciuto.
Era seduto, nudo, sulla sua sedia a dondolo in teak naturale, garantita contro ogni difetto di fabbricazione, compresi gli scricchiolii notturni. Quella sedia gli apparteneva,
non lo lasciava mai. Una tenda riparava dal sole il cantuccio dov'era seduto, dal povero vecchio sole tornato per
la trilionesima volta nella Vergine. Sette fasce lo tenevano
fermo. Due legavano le tibie alle gondoline, una le cosce
al sedile, altre due il ventre e il petto alla spalliera, un'altra infine serrava i polsi alla sbarra dietro. Gli erano possibili solo brevi movimenti locali. Il sudore colava lungo
tutto il suo corpo. La respirazione era imp~rcettibile. Gli
occhi, freddi e immobili come q\1elli di un gabbiano, fissavano un'incrostazione iridescent~ che andava impallidendo e rimpicciolendosi sul profilo screpolato del cornicione.
Lontano, un orologio a cucu che suonava un'ora tra le
venti e le trenta, divenne l'eco del grido di un venditore
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ambulante. L'eco si spense, il grido si fece piu vicino,
entrò nel vicolo, e Murphy udl: «Quid pro quo! Quid
pro quo! »
Erano queste le cose che non poteva soffrire. Lo tenevano legato al mondo di cui facevano parte e del quale lui
osava sperare di non esser parte. Debolmente si chiedeva
cos'era che mandava in decomposizione il suo sole, di
quale mercanzia venisse gridato il nome. Debolmente,
molto debolmente.
Stava seduto COSIperché gli faceva piacere star seduto
cosi. Prima di tutto piacere del corpo, appagamento fisico.
Poi piacere dello spirito, allargamento nel suo mondo spirituale. Soltanto dopo aver appagato il corpo, poteva cominciare a vivere nello spirito (nel modo descritto nel sesto capitolo). E il suo modo di vivere nello spirito gli dav-a
un enorme piacere, quasi un'assenza di dolore.
portava buone notizie, certamente, ma per Murphy era
stata una giornata faticosa e il bisogno di musica si faceva
sentire ancor piu del solito. Arrivò a casa molto in ritardo
e non trovò il pasto andato a male, come aveva sperato e
temuto, ma Celia distesa bocconi sul letto.
Era successa una cosa terribile.
VI.
Amor intellectualis quo Murphy se ipsum amato
Ahimè è venuto il momento in cui' bisogna tentare di
giustificare l'espressione « spirito di Murphy ». Fortunatamente non dobbiamo occuparci di tale apparato com'era
nella realtà - sarebbe chiedere troppo - ma soltanto del
modo in cui esso stesso si sentiva e si immaginava. Dopo
tutto lo spirito di Murphy è l'essenza di questo trattato.
Dedicandogli a questo punto un'intera sezione, non dovremo piu farne l'apologia.
Lo spirito di Murphy si immaginava come una grande
sfera cava, ermeticamente chiusa all'universo esterno. Ciò
non costituiva un impoverimento, perché non escludeva
nulla che non contenesse in se stesso. Nulla era stato, era,
né sarebbe, nell'universo esterno a lui, che già non fosse
presente, sia in potenza, sia in atto, sia in potenza ascendente verso l'atto, sia in atto declinante verso la potenza,
nell'universo interno a lui.
Ciò non trascinava Murphy nel catrame idealistico. Esisteva il fatto mentale ed esisteva il fatto fisico, ugualmente
reali se non ugualmentepiacevoli.
.
La distinzione tra le presenze in atto e le presenze in
potenza del suo spirito non gli serviva a classificareciò che
aveva forma e ciò che informemente vi tendeva, ma ciò di
cui aveva un'esperienza mentale e fisica e ciò di cui aveva
un'esperienza soltanto mentale. Cos1 la forma del calcio
era presente in atto, quella della carezza in potenza.
La parte in atto, lo spirito se la sentiva al di sopra e
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chiara, la parte in potenza al di sotto e oscura, senza tuttavia ricollegare quel sentimento al diabolo etico. L'esperienza mentale era distinta dall'esperienza fisica, i suoi criteri non erano quelli dell'esperienza fisica, la conformità di
una parte del suo contenuto con la realtà fisica non aggiungeva valore a quella parte. Lo spirito non funzionava e
non poteva essere ripartito secondoun giudiziodi valore.
Non era fatto di bene e di male, ma di luce, penombra e
tenebra, di un di sopra e di un di sotto. Non conteneva forme buone e forme cattive, ma forme che avevano i loro
paralleli in un altro sistema e forme che non ne avevano.
Non avvertiva alcun conflitto tra la sua luce e la sua tenebra, nessun bisogno che la luce divorasse la tenebra. Aveva bisogno di essere ora nella luce, ora nella penombra,
ora nella tenebra. Era tutto.
CasI Murphy si sentiva spaccato in due, da una parte
un corpo, dall'altra uno spirito. Apparentemente comunicavano, altrimenti non avrebbe potuto sapere che avevano certe cose in comune. Ma sentiva che lo spirito era
impermeabile al corpo, e non capiva per quale via si effettuava la comunicazione, né come le due esperienze straripassero una nell'altra. Era persuaso che tra le due non ci
fosse azione diretta. Non pensava un calcio perché ne sentiva uno, né sentiva un calcio perché lo pensava. Forse, tra
la coscienza e il fatto del calcio, c'era la stessa connessione
che tra due grandezze in rapporto a una terza, o tra due
effetti in rapporto a una causa comune. Forse c'era al di
fuori del Tempo e dello Spazio, un calcio non-mentale, un
calcio non-fisico, nell'assoluta eternità, oscuramente rivelato a Murphy in quelle due forme correlative di intendimento e di distendimento, il calcio in intellectu e il calcio
in re. Ma dov'era dunque la suprema Carezza?
Comunque fosse, Murphy era pronto ad accettare quella parziale congruenza tra il mondo del suo spirito e quello
del suo corpo come risultante di una qualsiasi determinazione e soprannaturale. Il problema non aveva grande interesse. Egli era pronto ad accettare ogni spiegazione che
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non stridesse con la sensazione, sempre piu forte man mano invecchiava, che il suo spirito era chiuso, un disordine
chiuso, non soggetto ad altri principi di evoluzione che al
suo, autosufficiente e impermeabile alle vicissitudini del
corpo. Si interessava molto meno alle cause di quella situazione che al modo di trame partito.
Spaccato in due com'era, tutt'una parte di lui non lasciava mai quel gabinetto mentale che si immaginava come
una sfera piena di luce, di penombra e di tenebre. Non lo
lasciava mai perché non c'era uscita. Ma ogni suo movimento nel mondo dello spirito esigeva un corrispondente
stato di riposo nel mondo del corpo. Un uomo è coricato
e vuoI dormire. Dietro l'assito, a capo del letto, un topo
aspetta e vuoI uscire. L'uomo sente il topo che si muove
e non può dormire, il topo sente l'uomo che si muove e
non può uscire. Sono tutt'e due infelici, uno sveglio, l'altro in attesa, o tutt'e due felici, uno addormentato, l'altro
uscito.
Naturalmente, anche nei momenti in cui era piu irritante la smania di movimento corporale, gli accadeva di pensare e ,di sapere alla meglio, grazie a una specie di pericoloso tic mentale sufficiente alla sua parodia del modo di
comportarsi razionale. Ma non era questo che intendeva
per coscienza.
.
.
Il suo corpo si coricava sempre di piu, in una sospensione meno precaria di quella del sonno, per sua comodità
personale e perché lo spirito si muovesse. Apparentemente
soltanto una piccola parte del corpo ancora non era d'accordo con lo spirito, e quella piccola parte cedeva alla
stanchezza. Lo svolgersi di quella particolare connivenza
tra due esseri casI profondamente estranei restava inintelligibile per Murphy quanto la telecinesi e la bottiglia di
Leida. Constatava compiaciuto il fatto che il bisogno del
suo corpo concordava sempre di piu col bisogno del suo
spirito.
A mano a mano che trapassava in quanto corpo, si sentiva risorgere in quanto spirito, libero di muoversi tra i
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suoi tesori del suo spirito. Il corpo ha il suo magazzino, lo
spirito i suoi tesori.
C'erano le tre zone - luce, penombra, tenebra - ciascuna con le sue forme particolari.
Nella prima, le forme con parallelo, un radioso compendio della vita da cane, gli elementi dell'esperienza fisica al
servizio di nuove disposizioni. Qui il piacere era attivo, il
piacere di capovolgere l'esperienza fisica. Qui il calcio ricevuto dal Murphy fisico, lo dava il Murphy mentale. Era lo
stesso calcio, soltanto corretto di direzione. Qui i rivenditori di colori si lasciavano depilare lentamente. Qui Ticklepenny andava a letto con la signorina Carridge, qui tutto
il fiasco fisico si trasformava in enorme successo.
Nella seconda, le forme senza parallelo. Qui il piacere
era estetico. Era un mondo senza bisogno di, artificio, non
afflitto da un omologo reale. Qui si snodavano la visione
Belacqua e altre visioni poco meno soavi.
In queste due zone del suo universo privato Murphy si
sentiva libero e sovrano, nella prima libero di rendere quel
che aveva ricevuto, nella seconda libero di passare come
meglio gli sembrava da una beatitudine all'altra. Non esisteva concorrenza.
La terza, la tenebra, era un flusso di forme che si aggre- '
gavano e disgregavano senza sosta. La luce conteneva i docili elementi di una nuova molteplicità, il mondo dei corpi
fatto a pezzettini come un giocattolo; la penombra degli
stati di pace. Ma la tenebra non era fatta né di elementi,
né di stati, ma solo di forme che divenivano e si sfasciavano nella polvere di un nuovo divenire, senza amore né
odio né possibilità di concepire alcun 'principio di evoluzione. Qui egli non era libero, ma un atomo nella tenebra
della libertà assoluta. Qui non si muoveva, era un punto
in un ribollimento di linee, in una generazione e in uno
sfacelo di linee, senza sosta né condizione.
Matrice di irrazionali.
Era piacevole unire a calci i Ticklepenny e le signorine
Carridge in orribili atti d'amore. Era piacevole rimuginare
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la propria vita in sogno, sdraiato sulla cornice di roccia a
fianco di Belacqua, di fronte a un sole che si alzava alla
rovescia. Ma quanto piu piacevole la sensazione di essere
un proiettile senza provenienza né destinazione, rapito
in un tumulto di movimenti non-newtoniani.
Casi, a mano a mano che il suo corpo lo lievitava sempre di piu nello spirito, egli restava di meno nella luce, a
sputare su un mondo in tempesta; e ancor meno nella penombra, dove bisognava scegliere; e ançQra e sempre piu
nella tenebra, nella metabulia, atomo di libertà assoluta.
Compiuto questo penoso dovere, non daremo ulteriori
comunicati su questo argomento.
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