mercoledì 21 dicembre 2016
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLVI n. 292 (47.427) Città del Vaticano mercoledì 21 dicembre 2016 . Tir travolge i visitatori di un mercato natalizio provocando dodici morti e una cinquantina di feriti Attentato a Berlino Papa Francesco auspica che la follia omicida del terrorismo non trovi più spazio BERLINO, 20. «Con profonda commozione» Papa Francesco ha appreso del «terribile atto di violenza» avvenuto ieri sera a Berlino. È quanto si legge nel telegramma, a firma del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, indirizzato a monsignor Heiner Koch, arcivescovo di Berlino, dopo l’attentato avvenuto al mercato di Natale nella capitale tedesca, costato la vita a dodici persone, mentre altre 48 sono rimaste ferite, alcune gravemente. Il Pontefice, si legge nel telegramma, «manifesta la propria partecipazione al lutto dei familiari esprimendo la propria compassione e assicurando la sua vicinanza al loro dolore. Nella preghiera affida i defunti alla misericordia di Dio supplicandolo anche per la guarigione dei feriti. Il Santo Padre ringrazia inoltre i servizi di soccorso e di sicurezza per il loro impegno fattivo. Papa Francesco si unisce a tutti gli uomini di buona volontà che s’impegnano affinché la follia omicida del terrorismo non trovi più spazio nel nostro mondo». In tal senso, conclude il telegramma, «implora da Dio Padre misericordioso la consolazione, la protezione e la confortatrice benedizione». Il massacro è avvenuto ieri sera, poco dopo le 20. Un tir ha travolto l’affollato mercatino natalizio vicino alla Chiesa del Ricordo nel quartiere di Charlottenburg, nel centro di Ber- lino. L'attentatore si è dato alla fuga. Questa mattina si è parlato di un arresto, ma non è certo che la persona fermata — un pakistano che aveva chiesto asilo in Germania — sia l’autore della strage. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, confermando che si è trattato di un attentato terroristico, si è detta «inorridita, scossa e profondamente triste». Ha parlato di «atto barbaro e inconcepibile» ma ha ribadito che l’occidente «non vuole vivere paralizzato dalla paura e dal male». Merkel ha quindi assicurato che «anche se in queste ore risulta difficile, il popolo tedesco troverà la forza per vivere come desidera in Germania, liberi, insieme e aperti». Di qui, il cancelliere ha confermato anche di voler «continuare a sostenere le persone che chiedono di integrarsi» e ha assicurato che, nonostante quanto accaduto, «la Germania non rinuncerà ai mercatini di Natale». Merkel ha iniziato il suo Il dialogo non è debolezza GIANLUCA BICCINI A PAGINA 8 stro, e il terrorista che si è dato alla fuga dopo la strage. Come detto, la polizia ha fermato un giovane pakistano di 23 anni, arrivato in Germania attraverso la rotta balcanica, che ha fatto regolare domanda di asilo, ma sotto falsa identità, dichiarando di essere afghano. Con il passare delle ore, tuttavia, la polizia si è convinta che non sia lui il guidatore del tir e che l’attentatore sia ancora «armato e a piede libero». La situazione resta dunque altamente incerta e tesa. Da tutto il mondo, intanto, arrivano messaggi di solidarietà e condoglianze. Ha assicurato vicinanza e supporto nelle indagini il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. E il presidente della Russia, Vladimir Putin, ha manifestato solidarietà e sdegno per «un crimine commesso contro i cittadini civili che sconvolge per la sua crudeltà e il cinismo». Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha parlato telefonicamente con il cancelliere Angela Merkel. Alla Commissione europea le bandiere sono a mezza asta in segno di lutto per tutta l’Unione. Il presidente francese, François Hollande, sottolineando che la «cooperazione» con la Germania è «molto intensa», ha ricordato la strage di Nizza avvenuta il 14 luglio, con analoga dinamica, e ha racco- Agenti controllano il tir che ha seminato morte nel mercatino di Natale a Berlino (Afp) mandato di «restare solidali e uniti nella lotta contro il terrorismo che riguarda tutti ovunque nel mondo». Massima allerta anche in Italia. Il presidente del Consiglio dei ministri, Paolo Gentiloni, ha avuto un colloquio con Merkel, esprimendogli il cordoglio del governo italiano. Il Vi- minale ha chiesto di «rafforzare i controlli nelle aree di maggiore afflusso di persone in occasione dello svolgimento di eventi o cerimonie previste per le prossime festività natalizie nonché verso luoghi che notoriamente registrano particolare afflusso di visitatori». Il dolore del Pontefice in un telegramma a Putin Per monitorare l’evacuazione dei civili Assassinato l’ambasciatore russo ad Ankara Osservatori dell’Onu ad Aleppo ANKARA, 20. Il dolore del Papa per il «violento attacco avvenuto ad Ankara, che ha portato alla morte dell’ambasciatore Andrei Karlov» è stato espresso dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, in un telegramma inviato al presidente russo Vladimir Putin. Il Pontefice, è scritto nel telegramma, «esprime le proprie condoglianze a tutti coloro che piangono la sua perdita, e in modo particolare ai membri della famiglia dell’ambasciatore Karlov. Nel raccomandare la sua anima a Dio onnipotente, Papa Francesco assicura a voi e a tutto il popolo della Federazione russa le sue preghiere e la sua vicinanza spirituale». Condoglianze per l’uccisione dell’ambasciatore Karlov sono state espresse stamane anche all’ambasciatore russo presso la Santa Sede, Alexander Avdeev, con una telefonata del segretario per i rapporti con gli Stati, arcivescovo Paul Richard Gallagher. L’assassinio del diplomatico è avvenuto ieri pomeriggio nella capitale turca: Mevlüt Mert Altintaş, poliziotto di 22 anni, proveniente da Manisa, nell’Anatolia occidentale, ha sparato all’ambasciatore russo ad Ankara, Andrey Karlov, uccidendolo con un colpo alla Intervista a padre Arturo Sosa Le due fonti y(7HA3J1*QSSKKM( +.!=!?!$!#! Per il cardinale Tauran discorso nella sede della cancelleria con un pensiero a «tutte le persone colpite da questa tragedia» e a quanti sono intervenuti sul luogo in aiuto. Ha poi invitato la popolazione a rimanere unita in una «giornata difficile». Per monitorare la situazione, è stata convocata una riunione d'emergenza del Governo, alla quale partecipa anche il sindaco di Berlino, Michael Müller. Merkel ha poi deciso di recarsi in visita nel pomeriggio sulla Breitscheidtplatz, nel luogo in cui è avvenuta la strage, assieme al ministro dell’interno, Thomas de Maizière, e al sindaco di Berlino, per portare solidarietà «come tanti berlinesi». Merkel ha ripetuto che «la Germania vive un giorno molto duro». All’alba di questa mattina unità speciali della polizia hanno fatto irruzione in un hangar dell'ex aeroporto di Tempelhof, a Berlino, dove da un anno è stato allestito un grande campo che accoglie i profughi. Si cercano collegamenti con l’attentato. Il tir aveva targa polacca ed era partito dall’Italia per consegnare un carico nella capitale tedesca. Sarebbe stato sequestrato nel pomeriggio. La polizia di Berlino ha confermato che sul mezzo viaggiavano due persone: il polacco autista originario del tir, che è stato ucciso dai colpi di un’arma da fuoco al momento del seque- PAGINA 7 schiena e uno alla testa. Un atto di terrorismo senza precedenti, avvenuto ieri pomeriggio ad Ankara e rivendicato dal cosiddetto stato islamico (Is). «Dobbiamo sapere chi ha guidato la mano dell’assassino» ha dichiarato il presidente Putin, definendo il gesto «chiaramente una provocazione». Dopo gli spari, il diplomatico, 62 anni, intervenuto per presentare una mostra fotografica sulla Russia, si è accasciato a terra; ha ricevuto le prime cure sul posto, ma non è stato neanche trasportato in ospedale perché sarebbe stato inutile. Le forze speciali turche hanno subito fatto irruzione nella galleria d’arte e ucciso l’aggressore che conti- nuava a sparare. Tre persone sono state ferite durante la sparatoria. I testimoni in sala hanno riferito che il giovane parlava in tre lingue: turco, arabo e russo. È stato ucciso dai suoi stessi colleghi. Secondo quanto emerge dalle prime ricostruzioni, l’attentatore si era diplomato nel 2014 all’accademia di polizia Rüştü Ünsal di Smirne e faceva parte delle unità anti-sommossa. In due occasioni aveva anche prestato servizio per la scorta del presidente Recep Tayyip Erdoğan, sia a Konya nel 2014 che a Bursa nel febbraio 2015. La polizia turca ha fermato la sorella e la madre dell’assassino, e ha perquisito l’abitazione nel- la città di Soke, provincia di Aydin, nel sudovest del paese. La pista islamista non convince tutti. Il sindaco di Ankara, Melih Gökçek, ha ipotizzato che l’azione sia stata ispirata dal Feto, un’organizzazione che fa riferimento all’ex imam in esilio, Fethullah Gülen, considerato dalla Turchia un terrorista e accusato di aver organizzato il fallito colpo di stato del 15 luglio scorso. Erdoğan ha dichiarato che si è trattato di un «vile attentato» volto «a danneggiare le relazioni fra Turchia e Russia». Il Cremlino ha disposto l’invio di un gruppo di diciotto investigatori. Sulla gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo Prorogato l’accordo tra Europa e Turchia BRUXELLES, 20. L’accordo sui migranti, siglato a marzo tra l’Unione europea e la Turchia, continuerà a essere applicato anche nel 2017. Ad annunciarlo sono state ieri fonti del ministero degli esteri di Ankara. Secondo le fonti, a permettere il prolungamento dell’accordo è stato il miglioramento del dialogo su un punto cruciale: la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi. Gli ultimi incontri tra le parti hanno infatti evidenziato «un approccio positivo» e un effettivo «ritorno al dialogo» in vista di un probabile summit da tenersi nei primi mesi del 2017. Nei giorni scorsi, Ankara avrebbe presentato a Bruxelles una nuova proposta proprio per superare lo stallo sui visti. Tra le ipotesi, ci sarebbe quella di un monitoraggio da parte del Consiglio d’Europa dell’applicazione della normativa antiterrorismo, senza modificarla sulla carta. Il dialogo, auspicano in Turchia, dovrà riguardare anche un’accelerazione e ridefinizione del trasferimento dei fondi previsti nell’ambito dell’accordo con l’Unione. Secondo An- kara, finora sono stati effettivamente trasferiti 667 milioni di euro sui tre miliardi promessi. E intanto, il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, è tornato a ribadire la necessità di misure concrete per far fronte all’emergenza immigrazione. «Il fenomeno migratorio, alimentato da scenari di crisi, da marcate differenze nella distribuzione del benessere e da amplissimi differenziali demografici, costituisce una sfida irrisolta per le nostre coscienze e per le nostre società, sinora incapaci di elaborare risposte adeguate, sostenibili e durature» ha detto il titolare del Quirinale. Parole che riecheggiano in modo ancor più forte, guardando agli ultimi dati di cronaca. Questa mattina cinque migranti, quattro dei quali bambini, sono morti nel naufragio di un’imbarcazione. Un altro migrante è disperso mentre altri sette sono stati tratti in salvo dall’intervento delle autorità turche. L’incidente è avvenuto al largo dell’isola greca di Lesbo. DAMASCO, 20. Osservatori delle Nazioni Unite dovranno monitorare l’evacuazione dei civili dai quartieri orientali di Aleppo. Questo il punto cruciale della risoluzione approvata ieri dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. Il testo prevede che il segretario generale Ban Ki-moon debba «adottare misure urgenti» per garantire l’effettivo dispiegamento degli osservatori ai quali spetterà di «verificare il benessere dei civili» interessati, «di concerto con le parti in causa», cioè attraverso consultazioni con Russia, Siria e ribelli. La risoluzione, elaborata dalla Francia, aveva suscitato le critiche di Mosca. Tuttavia, «dopo alcune ore di lavoro — ha detto l’ambasciatore russo all’Onu, Vitaly Churkin — siamo arrivati a un buon testo». Ad Aleppo est, sono ancora circa 50.000 i civili in attesa di abbandonare la città. Stremati da mesi di combattimenti, mancano di tutto: dall’acqua potabile all’energia elettrica alle risorse alimentari di base. L’approvazione del testo arriva in un momento molto delicato sul piano diplomatico. Ieri l’inviato speciale Staffan de Mistura ha annunciato l’intenzione di riprendere i colloqui a Ginevra l’8 febbraio 2017. E sempre ieri il presidente russo, Vladimir Putin, e il capo dello stato iraniano, Hassan Rohani, «hanno dettagliatamente discusso della problematica siriana, soprattutto della situazione relativa ad Aleppo» come è riportato in una nota del Cremlino. Oggi invece è previsto un incontro a Mosca tra i ministri degli esteri e della difesa di Russia, Turchia e Iran. NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Lismore (Australia), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Jeffrey H. Jarrett. Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Lismore (Australia) il Reverendo Padre Gregory Homeming, O.C.D., finora Vicario regionale dei Carmelitani Scalzi in Australia. Nomina di Vescovi Ausiliari Migranti arrivano nella notte nel porto di Augusta (Reuters) Il Santo Padre ha nominato Ausiliari dell’Arcidiocesi di Bombay (India) i Reverendi: — Allwyn D’Silva, Vicario Episcopale di Bombay, assegnandogli la Sede titolare vescovile di Dura; — Barthol Barretto, del clero di Bombay, Parroco e Vicario Foraneo, assegnandogli la Sede titolare vescovile di Strongoli. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 mercoledì 21 dicembre 2016 Il presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker (Reuters) Uccisi sei soldati di Kiev dai separatisti nel Donbass Riesplode la violenza nell’est dell’Ucraina KIEV, 20. Nelle ultime 24 ore almeno sei soldati governativi ucraini sono stati uccisi e altri sedici sono rimasti feriti, sei dei quali in modo grave, a causa di combattimenti nel Donbass contro i ribelli separatisti filorussi: lo ha denunciato ieri Andriy Lysenko, portavoce dell’operazione antiterrorismo lanciata dalle autorità di Kiev nell’aprile 2014 nell’est del paese. Dal canto loro gli insorti avrebbero perso una ventina di uomini. Gli scontri, i peggiori in Ucraina orientale dei quali si sia avuta notizia da settimane, sono avvenuti nei pressi di Svetlodarsk, una località situata nella regione russofona di Donetsk a ridosso del confine amministrativo con quella di Lugansk, le due principali roccheforti dei secessionisti. Le parti si sono accusate a vicenda di aver sferrato un attacco a sorpresa con artiglieria pesante, all’origine delle rinnovate ostilità. Il consiglio dell’Ue ha rinnovato di sei mesi le sanzioni economiche contro la Russia adottate dopo l’annessione della Crimea, e le misure restrittive saranno mantenute fino al 31 luglio 2017. La decisione è stata presa dagli ambasciatori degli stati membri (Coreper), che hanno formalizzato attraverso procedura scritta l’orientamento espresso venerdì scorso dai capi di stato e di governo in occasione del summit a Bruxelles. Le sanzioni decretate per il settore finanziario, energetico e della difesa sono state adottate per la prima volta il 31 luglio 2014, quale risposta dell’Unione europea alle azioni di destabilizzazione dell’Ucraina condotte dalla Russia. Di volta in volta Ancora divergenze dopo il consiglio Nato-Russia BRUXELLES, 20. La situazione nell’est dell’Ucraina «resta fonte di gravi preoccupazioni: le violazioni del cessate il fuoco hanno raggiunto livelli record negli ultimi mesi. Gli armamenti pesanti non sono stati ritirati e gli osservatori dell’O rganizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) sono a più riprese diventati dei bersagli». Lo ha sottolineato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, al termine della riunione del consiglio Nato-Russia ieri a Bruxelles. «Il primo argomento discusso è stata la crisi in Ucraina e intorno all’Ucraina. Gli alleati e la Russia hanno profondi disaccordi sulla crisi» ha continuato Stoltenberg. «Gli alleati hanno reiterato il loro forte sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina. Inoltre, gli alleati non riconoscono, né riconosceranno, l’illegittima e illegale annessione della Crimea» da parte del Cremlino. «Gli accordi di Minsk forniscono un piano per la risoluzione del conflitto nell’Ucraina orientale. Tutti i firmatari dovrebbero rispettare pienamente i propri impegni e gli alleati chiedono alla Russia di utilizzare la propria considerevole influenza sui militanti» separatisti «affinché rispettino pienamente gli impegni che hanno preso», ha tenuto a sottolineare Stoltenberg. Le riunioni del consiglio NatoRussia erano state sospese nel giugno del 2014, dopo l’annessione della Crimea alla Federazione russa, e fino a quest’anno non è più stato convocato. I colloqui sono stati riattivati ad aprile e, in una seconda occasione, a luglio. Quella di ieri è stata la terza riunione tra rappresentanti di Mosca e dell’Alleanza atlantica. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va le sanzioni sono state rinnovate per l’assenza di progressi nella normalizzazione della situazione. Il consiglio dell’Ue ha inoltre deciso di mobilitare oltre 150 milioni di euro a sostegno del processo di riforme in Ucraina. Le nuove tranche di aiuti sono state rese disponibili attraverso la firma di due diversi accordi, sottoscritti ieri a Bruxelles. Nel frattempo il governo ucraino ha infatti deciso di nazionalizzare al cento per cento PrivatBank, la più grande banca del paese a causa delle preoccupazioni sulla sua stabilità. L’istituto di credito appartiene per il 90 per cento a due oligarchi: Ghennadi Bogoliubov e Igor Kolomoiski. Secondo il presidente ucraino, Petro Poroshenko, la decisione «salva sia la banca sia il sistema bancario» della Repubblica. Da parte sua, il governo sottolinea che la nazionalizzazione di PrivatBank avviene con il consenso dell’attuale proprietà e «in stretto coordinamento con le organizzazioni finanziarie internazionali». Il presidente Poroshenko ispeziona le truppe nel Donbass (Reuters) Agenda sottoscritta da tutte le principali istituzioni Le priorità del 2017 per l’Unione europea BRUXELLES, 20. Occupazione e crescita, politiche sociali, sicurezza, immigrazione, mercato unico digitale e unione dell’energia. Sono questi i sei grandi temi su cui le istituzioni comunitarie si sono impegnate a lavorare per il 2017. Lo evidenzia un documento comune sottoscritto da consiglio, commissione e parlamento dell’Ue. Il rapporto rappresenta, di fatto, l’impegno dei Ventisette per l’aper- Governo pronto a indire un altro referendum sull’indipendenza da Londra La Scozia vuole restare nel mercato unico LONDRA, 20. La Scozia annuncia ufficialmente oggi il suo piano sulla Brexit. Ieri, in una dichiarazione alla stampa, il premier scozzese Nicola Sturgeon ha affermato che «Edimburgo è pronta anche a indire un secondo referendum sull’indipendenza dalla Gran Bretagna qualora questo le garantisse il suo posto in Europa». Il premier scozzese ha chiarito che il primo obiettivo è «assicurare la permanenza della Scozia all’interno del mercato unico europeo». Per farlo si stanno studiando alcune soluzioni da presentare al governo di Londra. «L’indipendenza deve restare una opzione per salvaguardare il nostro status europeo — ha affermato Sturgeon — qualora diventi chiaro che gli interessi scozzesi non possono essere difesi in nessun altro modo». Prima di tutto Edimburgo sta cercando il compromesso con Londra, anche se appare molto difficile che il governo conservatore si possa piegare a particolari concessioni avendo già di fronte la sfida dei negoziati con Bruxelles. Intanto, da Londra è arrivata una precisazione in tema di spese. Il governo Tory di Theresa May ha fatto sapere di non avere mai messo in bilancio la cifra di 50 miliardi di sterline, fra arretrati, compensazioni et similia, per l’uscita dall’Ue, come scrive la stampa. Almeno ha detto di non riconoscere che questa cifra sia già sul tavolo. Secondo i media britannici, questa cifra è stata prospettata in sede europea e fra i funzionari del team destinato ad affiancare il capo negoziatore francese di Bruxelles, Michel Barnier. Precisamente un portavoce di Downing Street ha affermato che «i negoziati non sono iniziati e quindi questa cifra non esiste». Al Consiglio europeo del 15 dicembre May ha avuto una serie di colloqui, ma il dossier Brexit è rimasto sullo sfondo di altri dibattiti. Nei giorni scorsi, in realtà, è stato proprio il ministro britannico per la Brexit, David Davis, a non escludere la possibilità del pagamento di «contributi» da parte di Londra, anche dopo la separazione da Bruxelles, per mantenere magari un accesso parziale al mercato comune europeo. Nuovi incarichi in Campidoglio Il premier scozzese Nicola Sturgeon (Reuters) Scontro tra Irlanda e Ue sulle tasse alla Apple DUBLINO, 20. Come ampiamente preannunciato, l’Irlanda non rivuole indietro dalla Apple i 13 miliardi di euro in tasse non pagate, che invece la Commissione europea le aveva chiesto di recuperare. Il governo di Dublino non intende passare per quello che ha illegalmente aiutato l’azienda di Cupertino a fare profitti alle spalle dei contribuenti, e ha presentato il suo ricorso contro la decisione di Bruxelles. La Commissione, invece, ribadisce la sua posizione, pubblicando ieri il testo della de- GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Gaetano Vallini Incertezza nella ex repubblica jugoslava di Macedonia cisione di agosto, arricchito di dettagli sulla maxi-evasione dell’Irlanda. Grazie a due tax ruling, cioè particolari accordi fiscali tra autorità e aziende, stipulati nel 1991 e 2007, la Apple — indica il documento — ha evaso sistematicamente tasse che avrebbe dovuto pagare su tutti i profitti generati sulle vendite nell’Ue e anche in Africa e Medio oriente. Per il ministero del tesoro irlandese, l’antitrust europeo «è andato al di là dei suoi compiti fino a interferire con la sovranità nazionale». Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore segretario di redazione In ogni caso, May ha confermato l’intenzione di notificare l’articolo 50 del trattato di Lisbona per l’avvio, entro fine marzo, del percorso formale verso la Brexit, di fatto irrevocabile. Ma a gennaio si attende il verdetto della Suprema corte sul ricorso a proposito della necessità di un voto parlamentare sull’iter, dopo che l’Alta corte di Londra si è pronunciata a favore. tura di una corsia preferenziale in ambito legislativo e decisionale nei sei settori individuati. Per il rilancio di occupazione, crescita e investimenti si guarda al prosieguo dei lavori per la costruzione di strumenti di difesa commerciale, l’unione bancaria, l’unione dei mercati dei capitali e il miglioramento della gestione dei rifiuti nell’economia circolare. La sicurezza dei cittadini dovrà passare attraverso il sistema di ingressi e uscite, l’iniziativa per una gestione intelligente delle frontiere, il sistema dell’Ue di informazione e autorizzazione ai viaggi, il controllo delle armi da fuoco, gli strumenti per perseguire penalmente il terrorismo e lottare contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, e i sistemi europei di informazione sui casellari giudiziali. Il mercato unico digitale verterà, invece, sulle riforme del diritto d’autore e delle telecomunicazioni, l’unione della banda dei 700 MHz, il superamento dei blocchi geografici ingiustificati, la direttiva sui servizi di media audiovisivi e le norme comuni sulla protezione dei dati. Accanto ai sei ambiti, sono stati indicati quattro temi fondamentali, che richiedono ulteriori progressi nel 2017: impegno a favore dei valori comuni europei, dello stato di diritto e dei diritti fondamentali; lotta contro la frode fiscale, l’evasione fiscale e l’elusione fiscale; tutela del principio della libera circolazione dei lavoratori; necessità di contribuire alla stabilità e alla sicurezza. Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va SKOPJE, 20. Nella ex repubblica jugoslava di Macedonia la situazione resta molto incerta e piena di tensione, dopo il voto anticipato dell’11 dicembre scorso che ha fatto registrare un successo di stretta misura del partito conservatore al governo Vmro-Dpmne sui socialdemocratici (Sdsm) all’opposizione. Per l’esame ancora non completato dei ricorsi ed eccezioni di regolarità presentati da varie forze politiche, i risultati finali non sono stati ancora ufficializzati, e i leader dei due schieramenti contrapposti Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale — il conservatore Nikola Gruevski e il socialdemocratico Zoran Zaev — rivendicano entrambi il diritto a formare il nuovo governo. Numerosi osservatori politici internazionali si sono detti preoccupati per la situazione creatasi dopo le legislative e non escludono disordini e azioni di forza, sottolineando come le elezioni, dalle quali ci si attendeva la soluzione della lunga crisi politica nel paese balcanico, abbiano al contrario complicato ulteriormente la situazione. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 ROMA, 20. La giunta di Roma ha un nuovo vicesindaco e un nuovo assessore all’ambiente. Si tratta rispettivamente di Luca Bergamo e di Pinuccia Montanari. Già assessore alla crescita culturale, Bergamo prende il posto del dimissionario Daniele Frongia, che ha scelto di rinunciare all’incarico di vicesindaco nei giorni scorsi, pur mantenendo le deleghe alle politiche giovanili e allo sport. Montanari sarà invece il nuovo assessore all’ambiente dopo le dimissioni di Paola Muraro, indagata per presunti reati ambientali. Intanto oggi, nel carcere di Regina Coeli, sono in programma gli interrogatori di garanzia per l’imprenditore Sergio Scarpellini e per l’ex capo del personale del comune di Roma Raffaele Marra, arrestati il 16 dicembre con l’accusa di corruzione. L’accusa per Marra è arrivata in conseguenza di un’indagine iniziata nel 2013, quando era a capo del dipartimento politiche abitative del comune di Roma, durante la giunta guidata da Gianni Alemanno. Insieme a Marra è stato arrestato, come detto, Scarpellini, accusato di avergli pagato alcune tangenti per ottenere in cambio dei favori. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 21 dicembre 2016 pagina 3 Ribelli kachin nei pressi del confine con la Cina (Afp) Appello del rappresentante speciale delle Nazioni Unite a Kabul Talebani invitati al processo di pace KABUL, 20. Il rappresentante speciale del segretario generale dell’O nu in Afghanistan, Tadamichi Yamamoto, ha rivolto un appello ai talebani a unirsi ai negoziati di pace con il governo, visto che «una soluzione militare del conflitto afghano è im- Missione del presidente iraniano Rohani TEHERAN, 20. Il presidente iraniano, Hassan Rohani, inizierà domani una visita in tre paesi asiatici: Armenia, Kazakhstan e Kyrgyzstan. l’annuncio è stato dato dal viceresponsabile del suo staff, Parviz Esmaeili. Rohani mira a rilanciare le relazioni con i tre paesi. Lo sviluppo delle cooperazioni bilaterali, soprattutto nel settore commerciale, sarà al centro dei colloqui con Serž Sargsyan, Nursultan Nazarbayev e Almazbek Atambayev, rispettivamente presidenti di Armenia, Kazakhstan e Kyrgyzstan. Le relazioni politiche tra Teheran e Erevan sono molto vicine. A testimonianza di ciò basta ricordare che l’Iran ha di fatto sostenuto gli armeni nel contenzioso con l’Azerbaigian nella crisi del Nagorno Karabakh. Il progetto più importante tra i due paesi, avviato nel 2007, è stato il gasdotto che esporta annualmente 1,1 miliardi di metri cubi di gas iraniano in Armenia e che nel 2019 arriverà a esportare 2,3 miliardi di metri cubi annui. La ferrovia Est-Caspio, inaugurata nel 2014, e che oltre ai due paesi coinvolge pure il Turkmenistan, è invece il progetto più importante che Teheran e Astana hanno avviato in presenza degli stessi Rohani e Nazarbayev. L’11 aprile scorso, poi, le due nazioni hanno firmato 44 protocolli d’intesa per un valore di un miliardo di dollari. Negli anni delle sanzioni all’Iran il Kazakhstan si è rivelato un attore «favorevole a Teheran» e l’interscambio tra le due nazioni nel 2014 è stato di 900 milioni di dollari. Infine, nel 2012 l’interscambio tra Teheran e Bishkek era di un miliardo di dollari ma negli ultimi anni gli scambi tra le due nazioni hanno subito una discesa libera. L’Iran è divenuto l’ultimo partner commerciale del Kyrgyzstan tra le nazioni asiatiche ed è chiaro che Rohani sia intenzionato a ridare forza agli scambi. La visita di Rohani in Asia segue a quella del ministro degli esteri, Mohammad Javad Zarif, in India, Cina e Giappone. possibile». Lo riferisce oggi l’agenzia di stampa Pajhwok. L’appello è stato formulato ieri sera durante un dibattito sull’Afghanistan al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in cui Yamamoto ha sottolineato che l’unico cammino verso una pace significativa passa per un dialogo inter-afghano. «La leadership talebana — ha sottolineato — deve riconsiderare la nozione secondo cui i suoi obiettivi possono solo essere raggiunti sul campo di battaglia». Dopo aver chiesto a tutte le parti implicate nel lungo conflitto di identificare gli interessi comuni, il responsabile dell’Onu ha concluso che «ci vuole coraggio per entrare in un processo di pace. Ma non è una ammissione di sconfitta, bensì il riconoscimento di una realtà. Una guerra senza fine rovina il paese e ha gravi conseguenze per la gente». E, intanto, l’ex presidente afghano, Hamid Karzai, ha lodato il «ruolo costruttivo» che la Russia sta svolgendo per trovare una soluzione al lungo conflitto. Incontrando ieri Colpita la roccaforte dell’esercito per l’indipendenza del Kachin Attacchi contro i ribelli nel Myanmar NAYPYIDAW, 20. Non si fermano le violenze nel Myanmar settentrionale. L’ala militare dell’etnia ribelle kachin ha denunciato che le forze governative del paese asiatico hanno avviato una vasta offensiva militare contro il loro quartier generale. Secondo un comandante dell’esercito per l’indipendenza kachin, i soldati inviati da Naypyidaw avrebbero utilizzato «aerei da combattimento e armi pesanti» per colpire il quartier generale ribelle nel nord, al confine con la Cina, dove è in corso una annosa battaglia separatista. Dal mese scorso, gruppi etnici ribelli hanno più volte attaccato le forze governative, così rispondendo — hanno spiegato in una nota alla stampa — alla pressione dei militari. Secondo varie fonti, vi sono state diverse vittime da entrambe le parti in lotta. La minoranza kachin (circa il 15 per cento della popolazione) reclama una maggiore indipendenza. Divampate nel giugno 2011 dopo 17 anni di relativa calma, le violenze fra militari governativi e kachin hanno causato decine di vittime e almeno 200.000 sfollati. Appelli per la pace e il dialogo sono giunti più volte dalla comunità internazionale. I grandi elettori ratificano l’elezione di Trump Arrestati anche cinque poliziotti accusati di atti di vandalismo e di furto Proteste e saccheggi in Venezuela CARACAS, 20. Durante le proteste e i saccheggi che hanno segnato lo scorso fine settimana in Venezuela, innescati dall’annuncio del ritiro delle banconote da 100 bolívar, sono stati arrestati anche cinque poliziotti, accusati di atti di vandalismo e di aver rubato merce che avevano sequestrato a dei saccheggiatori. L’arresto è avvenuto in uno degli epicentri degli scontri, Ciudad Bolívar, nel sudest del paese, dopo che sono comparsi in rete foto e video in cui si vedeva come, dopo aver fermato un gruppo di saccheggiatori, gli agenti scappavano a bordo di una moto, carichi di prodotti alimentari che non hanno mai consegnato alle autorità. Ad Heres, più a nord nello stesso stato di Bolívar, sono stati invece fermati tre poliziotti che, secondo le testimonianze raccolte dalla stampa locale, stavano partecipando ad atti di vandalismo. La violenza di piazza è esplosa durante il fine settimana in vari punti del paese, a seguito della mancata distribuzione delle nuove banconote che avrebbero dovuto sostituire quelle da 100 bolívar. Venezuelani portano via cibo da un negozio nel quale hanno fatto irruzione (Reuters) Offensiva antijihadista a Bengasi TRIPOLI, 20. Le truppe dell’esercito nazionale libico che fa capo al generale Khalifa Haftar, hanno circondato i capi delle principali milizie islamiste del consiglio della shura attivo a Bengasi. Lo ha annunciato il portavoce dell’esercito, colonnello Ahmed Al Mismari, secondo cui si tratta di Wisam bin Hamid, Jalal Makhzoum e Wisam bin Shtawn. I due sarebbero adesso bloccati in un edificio nel quartiere centrale di Ganfouda, considerato come l’ultimo avamposto degli islamisti nel capoluogo della Cirenaica, e da settimane teatro di aspri combattimenti con i seguaci di Haftar. Uno di questi ultimi, Salem Ghafir, aveva annunciato ieri come imminente la liberazione di Ganfouda, zona residenziale ma assediata ormai da tre mesi e senza più corrente elettrica, acqua potabile e ali- l’ambasciatore russo, Aleksander Mantinsky, Karzai ha elogiato il ruolo di Mosca e l’interesse che essa mostra nel riportare la pace in Afghanistan contribuendo anche al suo sviluppo. Definendo la guerra e il terrorismo come minacce per l’intera regione, Karzai ha sottolineato che il sostegno dei paesi vicini è necessario e determinante per colloqui di pace con i talebani. Infine, l’ambasciatore Hugo Llorens ieri ha assunto l’incarico di nuovo capo della missione degli Stati Uniti in Afghanistan, in sostituzione di P. Michael McKinley, che ha lasciato Kabul dopo oltre tre anni di servizio. Lo ha reso noto l’ambasciata statunitense nella capitale afghana. Compito del nuovo ambasciatore, si precisa, «sarà quello di sostenere l’Afghanistan negli sforzi in corso per consolidare la democrazia, aumentare la crescita economica e la stabilità politica e continuare i miglioramenti registrati nell’ultimo decennio nel paese a livello di salute, istruzione e diritti delle donne». menti freschi per le centosettanta famiglie che ancora vi risiedono. E intanto, «l’unica alternativa in Libia è una soluzione politica basata sul dialogo»: lo ha detto il primo ministro algerino, Abdelmalek Sellal, durante un colloquio tenuto ieri con generale libico, Khalifa Haftar, uomo forte della fazione che fa capo al parlamento di Tobruk. I due hanno discusso, secondo un comunicato dell’ufficio stampa di Sellal, «degli sviluppi della situazione in Libia, delle prospettive di risoluzione della crisi e del ritorno alla stabilità, alla pace e alla sicurezza nel quadro dell’unità e della sovranità della Libia». Il premier algerino nei colloqui con il generale Haftar ha sottolineato che non vi è alternativa alla «politica basata sul dialogo interlibico inclusivo e sulla riconciliazione nazionale». Il presidente del Congo non lascia alla scadenza del mandato KINSHASA, 20. È scaduto alla mezzanotte di ieri il mandato presidenziale di Joseph Kabila, alla guida della Repubblica democratica del Congo dal 16 gennaio 2001. Il capo di stato non sembra però intenzionato a lasciare il potere. Mentre nella capitale Kinshasa sono state dispiegate unità dell’esercito e della polizia per prevenire ed eventualmente reprimere manifestazioni organizzate dai suoi oppositori, un tribunale ha stabilito che Kabila può rimanere in carica fino a quando non si terranno nuove elezioni. L’appuntamento elettorale, che avrebbe dovuto tenersi lo scorso novembre, è stato rinviato a tempo indeterminato. I sostenitori del presidente vorrebbero votare non prima dell’aprile del 2018. Il capo dell’opposizione Felix Tshisekedi chiede invece che si vada alle urne nel 2017. I vescovi della Conferenza episcopale, che stavano svolgendo una mediazione tra i fedelissimi del presidente e l’opposizione, hanno annunciato la sospensione dei colloqui. Le organizzazioni per i diritti umani temono che la popolazione scenda nelle strade e che si verifichino saccheggi e scontri come quando fu annunciato il rinvio delle elezioni e più di cinquanta persone rimasero uccise. La tensione è alta. Kinshasa, una megalopoli di oltre dieci milioni di abitanti, è quasi deserta. Le autorità hanno deciso la sospensione del campionato di calcio, per evitare che le manifestazioni sportive vengano trasformate in proteste politiche. Restrizioni sono state poste sui social media, mentre alle emittenti televisive e radiofoniche è fatto divieto di trasmettere programmi a carattere politico. Tutto è cominciato domenica 11 dicembre, quando il presidente Nicolás Maduro ha annunciato che i biglietti da 100 bolívar sarebbero stati completamente ritirati entro 72 ore e sostituiti da nuove banconote, che sarebbero state distribuite a partire dal giovedì seguente. La misura, che il governo stesso ha definito «drastica», era ritenuta necessaria da Maduro per combattere le mafie locali e straniere che avrebbero depositato centinaia di migliaia di banconote nella vicina Colombia per destabilizzare la sua politica economica. Le lunghe file agli sportelli bancari hanno creato una prima ondata di tensione alla quale si è aggiunta un’altra più profonda quando venerdì le nuove banconote non sono state messe in circolazione come annunciato. La situazione è degenerata rapidamente e durante il sabato e la domenica si sono moltiplicati i saccheggi e le proteste violente. Il governo ha posticipato a inizio gennaio la distribuzione delle nuove banconote, e ha denunciato cospirazioni internazionali che avrebbero impedito l’arrivo delle banconote nei tempi previsti. Il presidente Maduro, da parte sua, ha assicurato che il 2017 «sarà un nuovo anno di espansione e crescita per il Venezuela che continua a elevarsi al di sopra della meschinità e della guerra economica per diventare una patria di felicità». WASHINGTON, 20. Con il voto del collegio elettorale, la vittoria di Donald Trump è ufficiale: sarà il 45º presidente degli Stati Uniti. «Con questo storico passo possiamo guardare al brillante futuro che abbiamo davanti», ha dichiarato in una nota il presidente eletto, dopo aver superato senza sorprese la fatidica soglia dei 270 voti necessari per assicurarsi la Casa Bianca, cioè a dire la maggioranza assoluta dei 538 grandi elettori. Anche l’elezione del vicepresidente eletto, Mike Pence, è stata ratificata dai grandi elettori. «I voti ufficiali espressi dal collegio elettorale hanno superato con un margine molto ampio quota 270, molto più grande di quanto non avessero immaginato i media», ha sottolineato Trump. Il presidente eletto ha ottenuto il voto di 304 grandi elettori contro 306 che gli sarebbero spettati in base al verdetto dell’urna popolare dello scorso 8 novembre. A tradire Trump, infatti, due soli grandi elettori proprio in Texas, lo stato che ha reso ufficiale la sua elezione facendogli superare la soglia dei 270 voti del collegio elettorale: hanno votato uno per il governatore dell’Ohio, John Kasich, e l’altro per l’ex parlamentare Ron Paul. Nello stato di Washington, anche Hillary Clinton, rivale democratica sconfitta alle presidenziali, ha perso tre voti. Tensione per l’avvicendamento alla guida del Gambia BANJUL, 20. Adama Barrow, presidente eletto del Gambia, ha annunciato l’intenzione di assumere l’incarico il prossimo mese, come previsto dalla costituzione, malgrado il suo predecessore, Yahya Jammeh, contesti i risultati del voto del primo dicembre scorso e ne chieda la ripetizione. «La costituzione prevede che io assuma l’incarico nel giorno in cui si conclude il mandato del presidente uscente Jammeh», ha sottolineato Barrow. «Lui ha assunto l’incarico il 19 gennaio 2012. Il suo mandato si conclude nel gennaio 2017. Pertanto mi preparo a entrare in carica a gennaio», ha aggiunto. La situazione è molto tesa. I leader dell’Organizzazione dei paesi dell’Africa occidentale (Ecowas) hanno ribadito la loro forte preoccupazione per la situazione e non hanno escluso un intervento militare. In particolare, la presidente del- la Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, ha chiesto ai capi di stato riuniti in Nigeria nei giorni scorsi di assumere misure «che portino questa situazione a soluzione prima del 19 gennaio». Ieri il presidente dell’organizzazione, Marcel de Souza, aveva detto che in caso di fallimento della diplomazia, dovrà essere preso in considerazione un intervento militare contro Jammeh. Barrow, da parte sua, ha annunciato una mediazione del presidente nigeriano Muhammadu Buhari e di quello del Ghana John Dramani Mahama, nel tentativo di avviare un dialogo teso al «perseguimento della pace e della riconciliazione» nel paese. Jammeh, alla presidenza per 22 anni, aveva in un primo momento riconosciuto la sconfitta elettorale, poi ha cambiato versione, denunciando irregolarità nello svolgimento del voto. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 mercoledì 21 dicembre 2016 L’itinerario seguito dalla colonna franco-normanna nella prima crociata di FRANCESCO SCOPPOLA ull’Osservatore Romano del 14 agosto scorso un diario di viaggio in Cornovaglia di Ferdinando Cancelli ha riproposto il tema della linea di San Michele, ovvero del sorprendente allineamento geografico che si può riscontrare considerando l’ubicazione di alcuni santuari di fondazione approssimativamente coeva (XII secolo) e di origine templare. Così come si è ipotizzato, lungo l’Appennino, il tracciato di un “corridoio bizantino” in Italia, altrettanto e con più fondamento ancora potrebbe dirsi di un corridoio di San Michele tra l’Europa e la Terra santa. Ma i “cammini”, gli itinerari di San Michele a ben vedere sono più d’uno. Parallelo al primo e principale percorso, che va da Sidone alle Skelligs, quindi sempre inclinato di 27 gradi rispetto alla direzione della rotazione terrestre e a quella apparente del cielo, vi è quello — certo non meno frequentato — che collega il Santo Sepolcro di Gerusalemme a Castel Dove si era arrivati si poteva stabilirlo Sant’Angelo a Roma, sfiorando Atene all’avvistamento di paesaggi noti. Quansull’isola di Egina. Se si guarda poi alle do ci si trovava ancora con le navi in costruzioni circolari edificate o reimpiega- mezzo al mare o con le carovane in mezte dai templari, dal san Michele del ponte zo ai deserti, per sapere dove si era giunVaticano al tempio di Londra si procede ti, quanto mancava alla meta, c’erano due approssimativamente su una diagonale a questioni da risolvere: occorreva sapere in 45 gradi che attraversa il canale della Mache direzione ci si era spostati e quanta nica nel suo punto più stretto. Ancora ci distanza si era percorsa. Per rispondere al sarebbe l’inclinata secondo 36 gradi che attraversa l’arco alpino non verso occi- primo interrogativo bastava — nei tratti dente ma al centro, a San Michele Mez- dai paesaggi indistinguibili o sconosciuti ai viaggiatori — mantenere sempre la steszocorona. Sotto il profilo geometrico, per chi sa direzione procedendo continuamente amasse i riscontri, occorre ancora osserva- con attenzione, anche solo a vista, in more che sulle grandi distanze l’angolo azi- do rettilineo. In terra si potevano prendere riferimenmutale costante delinea una retta solo nella proiezione cilindrica della forma sfe- ti lungo il percorso seguito, tenendoli tra rica (perfezionata da Mercatore): nel suo loro allineati alle spalle. Far questo per sviluppo tridimensionale sulla superficie mare significava soprattutto tenere d’octerrestre questa linea non è una retta, ma chio la scia, ma non bastava. Col cielo un arco di cerchio o meglio una spirale limpido ci si poteva aiutare di notte con sferica, lossodromica. Ma torniamo al cammino di San Michele. I Si tratta di una direttrice ricchissima suoi principali centri sono allineati lungo una di significati oggi più che mai bisettrice: quella dell’anInfatti la traversata mitologica è ora divenuta golo con vertice a Sidone che comprende l’Euuna via di fuga dalla violenza ropa. Dunque questa lie il viaggio della speranza di molti migranti nea, dritta come una spada, può definirsi l’asse principale, baricentrico, del viaggio tra l’Europa e il Vicino la posizione della stella polare e di giorno oriente. Una direttrice ricchissima di si- con il sussidio un poco più incerto e gnificati nella sua interezza, oggi più che complesso delle clessidre associate agli mai. Infatti la traversata mitologica di orologi solari, gnomoni portatili (che reEuropa, ricalcata dalla diffusione del cri- cavano spesso la scritta me lumen vos umstianesimo, ripercorsa dai pellegrinaggi e bra regit un monito anche metafisico che dalle crociate, è ora divenuta anche e so- avvertiva come il tempo fosse regolato, prattutto una via di fuga dalla violenza e scandito dalle luci dell’universo, al cui codalla guerra: il viaggio della speranza di spetto siamo ombre fragili e transeunti). Erano probabilmente meridiane mobili profughi e di migranti. Il tema quindi merita di essere ripreso gran parte degli “occhi” di prua, graduati per cercare di accompagnare quell’appro- dalle ciglia, o gli scudi esterni scompartiti fondimento centrato sul presidio inglese e sul modello di quello omerico di Achille, sulla notissima postazione francese di tale così frequenti nella iconografia vascolare ben più esteso tracciato con una sia pur antica. Col cielo coperto e col tempo catsommaria considerazione dell’intero asse, tivo si cercava di raggiungere il primo ribenedettino prima ancora che templare, paro e di star fermi. Quanto al secondo rispetto al quale emerge l’origine o la me- punto, la risposta era più complessa e il ta sidoniana più ancora che gerosolimita- problema era risolvibile in due modi, che S Sulla linea di San Michele che collega l’Europa e il Vicino oriente Geometria di un pellegrinaggio na, la centralità perugina, la terminazione irlandese, nella finis terrae più estrema, non quella di san Giacomo ma quella di san Benedetto, situata com’è già in mezzo all’oceano l’isola di San Michele, la maggiore e più occidentale delle Skelligs: Skellig Michael. Si possono e si devono però porre adeguatamente in luce anche le stazioni albanesi, macedoni, greche, cipriote. Senza tacere che questo tracciato passa per Norcia, ove giunsero in Italia a Preci dal Vicino oriente i primi monaci, i “padri del deserto” prebenedettini di Sant’Eutizio a Piedivalle, gravemente colpita e semidistrutta dagli ultimi terremoti. Oggi si potrebbe essere indotti a credere che questa disposizione di monumenti sia una scelta, un virtuosismo, un gioco. Niente affatto, era una necessità, una valida soluzione a un problema, un presidio molto utile. Se in alto, su un promontorio, su una guglia, su un monumento elevato in altezza, in terra, lungo le coste o sulle isole, si collocava un’immagine dell’arcangelo, quasi come stava in antico all’ingresso del porto il colosso di Rodi, una delle sette meraviglie del mondo, per rendere di giorno, e con le torce anche di notte, molto più facile l’avvistamento, il riconoscimento. Proprio come una meta, come un faro. La statua doveva essere indeperibile, meglio di bronzo che di pietra. Allineare quei traguardi serviva a contrassegnare, a indirizzare e ad assistere gli spostamenti lungo una direttrice predeterminata. Da principio e sino a tempi molto recenti, si sapeva solo da dove si era partiti. Il faro del San Michele nel 1857 potevano essere utilizzati uno come verifica della precisione dell’altro. Si poteva stimare approssimativamente e di continuo la velocità, annotandone le variazioni, spostando quindi lungo la linea della direzione prescelta tracciata sulla carta (la “rotta” delle acque, la scia, per mare o l’azimut per terra) il punto in cui si stimava di essere giunti. Oppure si poteva applicare il teorema di Pitagora, approssimando per brevi estensioni la superficie terrestre a un piano: il tratto percorso lungo la linea prestabilita veniva associato a un triangolo rettangolo e misurato in base a uno dei due cateti, quello in direzione nord-sud (era l’unico conoscibile e misurabile in base all’altezza del polo celeste sull’orizzonte), nei quali veniva scomposto: per misurare l’ipotenusa di quel triangolo, che era la distanza percorsa, si conoscevano un lato e i tre angoli, dati che erano più sufficienti a determinare l’entità del procedere nella direzione prestabilita. Questo secondo metodo non si poteva usare — e ci si doveva limitare al primo, più approssimativo e incerto — solo se si tracciava una rotta o un azimut verso est o verso ovest (e diventava sempre più impreciso man mano che il percorso si avvicinava al levante o al ponente). Meridiane, clessidre, goniometri, traguardi, archipendoli (fili o aghi a piombo su scale graduate): raramente si disponeva di strumenti di precisione ulteriori, come il meccanismo rinvenuto sui fondali di Anticitera, un vero e proprio computer meccanico che consentiva di stabilire al trascorrere del tempo il moto della luna e dei cinque pianeti visibili, oltre che del sole. Soprattutto non sempre vi era un valido geometra, astronomo o matematico nel convoglio o a bordo sull’imbarcazione. Così carovane e naviganti erano assistiti dalle icone disposte lungo il percorso, tra le quali primeggia quella di San Michele. Occorre però procedere con ordine. Nel planisfero di Fra Mauro, del 14501460, che non è rovesciato, ma col sud in alto, oltre a quelle situate e distribuite regolarmente lungo il bordo circolare, una nona rosa dei venti è raffigurata quasi al centro del mondo, nel mare di Palestina, mentre sulle isole Skelligs al largo dell’Irlanda — dipinta nello stesso color oro — si trova una croce: sono i due estremi della linea di San Michele. Una tale disposizione di chiese, santuari e monasteri dedicati a san Michele (spesso indicato come sant’Angelo) può essere stata costruita anche con l’uso azimutale di strumenti quali la groma, il goniometro, precursori del sestante, ma certo è risultata meno incerta e più immediata con l’introduzione della bussola, dovendosi escludere la possibilità di traguardo diretto da una stazione all’altra: cioè — come si è detto — ricercando la via più breve, “facendo rotta” costante, per terra o per mare, verso una direzione precisa che nel caso della linea di San Michele è quella mediana di chi dall’Europa si rechi in Terra santa e che corrisponde in senso inverso alla linea che lascia alle sue spalle, all’imbarco, chi da Gerusalemme sia risalito verso i luoghi evangelici, tra il lago di Tiberiade e il mare, quindi proseguendo il suo cammino si affacci sul Mediterraneo in corrispondenza di Sidone con l’intento di avvicinarsi all’Europa e di attraversarla. Guardando alla sua scia per mare o alle sue tracce per terra, chi viaggi con tale intento si volge alle sue spalle (o fa ritorno a Sidone) in direzione 117 gradi sessagesimali dal nord (est sud est circa). Vale a dire che da Sidone procede verso l’Europa con la prua per 297 gradi busso- Nasce così il sistema sessagesimale: da una corrispondenza quasi esatta tra geometria e astronomia. Per costruire con immediatezza i diversi angoli più in uso, pari a un decimo di angolo retto, c’era uno strumento di cantiere, agevole da costruire e di facile e sicuro impiego, generalmente indicato come “quadrato magico del sator”. Serviva perfino a risolvere con buona approssimazione il problema della quadratura del cerchio. Sator arepo tenet opera rotas. Il superpalindromo in croce L’isola di San Michele, la maggiore delle Skelligs, al largo dell’Irlanda (costruito ricorrendo alle lettere del Pater noster) che rendeva agevole ricordarne la composizione, può essere tradotto e interpretato infatti anche come «il saggio che con cura rapporta le superfici quadre alle circolari». Da vari ritrovamenti, alcuni sigillati dalla lava anche a Pompei, sappiamo che almeno dal primo secolo era già diffuso l’impiego di questa tavola a scacchiere per la costruzione degli angoli cosiddetti “sacri” (decimi di angolo retto) e che, nella tradizione ebraica — con i numeri contrassegnati com’erano dalle lettere dell’alfabeto — prevaleva l’aspetto simbolico ed evocativo delle cifre, che suonavano nella pronuncia come parole. Le due destinazioni, da o verso Raramente erano presenti astronomi Sidone, attraverso tutto l’occidente allora noto e matematici a bordo delle imbarcazioni sino alle sue estreme e così i naviganti erano assistiti propaggini, nei due versi della stessa direzione, da segni disposti lungo il percorso possono indubbiamente Tra i quali primeggiano quelli del santo evocare il nove, tre volte tre, e con esso alludere sia alla Trinità, sia all’età dei 33 anni. Richiamano la si era tracciata (dividendola così preci- infatti il sottomultiplo 3 e il numero che samente in sei parti). Oppure, nel secon- era alla base della ricerca degli angoli che do caso, misurando lo spostamento del corrispondono alla sequenza dei multipli sole rispetto alle stelle fisse nel corso di nove: in particolare il successivo all’andell’anno (notando quali di esse risultava- golo di 108 gradi (che era detto “la firma no via via invisibili nell’intero arco della di Dio”, essendo il complementare di 72 notte). Ogni nove giorni il cielo notturno gradi, l’unico assente tra quelli che si poscorreva di un decimo di angolo retto. tevano ricavare direttamente dallo struDieci none (dalle quali discendono le no- mento del Sator, congiungendo i vertici vene) erano un’intera stagione, un quarto del cosiddetto “quadrato magico”). È di anno. I giorni dell’anno erano circa quello di 117 gradi (appunto una delle 360 e dividendo i sesti di circonferenza di due rotte, di andata), con l’altro, opposto, nuovo in sei archi di cerchio e poi ancora di 297 gradi (la rotta di ritorno). Questi in dieci parti ciascuno, si ottenevano le angoli erano spesso adottati anche nel stesse 360 frazioni della circonferenza. timpano delle chiese. la (rivolto a ovest nord ovest circa). Restando su questa rotta la longitudine percorsa, allora non direttamente misurabile, era approssimativamente pari al doppio della variazione di latitudine, conoscibile e agevolmente misurabile al mutare dell’angolo di altezza del polo celeste sull’orizzonte. Ma come si misuravano gli angoli? In due modi: o con i goniometri ottici — come archi di cerchio rispetto a un centro — oppure con le osservazioni astronomiche. Nel primo caso si ripartivano progressivamente, riportando su una circonferenza la stessa apertura di compasso con la quale L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 21 dicembre 2016 pagina 5 Elena Cirella «Abbracci» (2011) L’arte di accompagnare di ALESSANDRO SERENELLI bbiamo perso la capacità di prenderci cura gli uni degli altri. È un’esperienza che facciamo di tanto in tanto nella vita, quando ci accorgiamo che qualcuno ha bisogno di noi. Non abbiamo mai tempo. Non c’è mai il tempo. E quando strappiamo un po’ di tempo e riusciamo con sforzo e fatica a ritagliare uno finiamo con l’essere del tutto dipendenti spazio per stare vicino a qualcuno che ci è dagli altri. caro e che ha bisogno di noi scopriamo In passato non è stato sempre così, e che non è solo il tempo che ci manca, ma sempre in passato il prendersi cura degli ci mancano soprattutto le parole e i gesti. altri non è stato un compito esclusivamenNon sappiamo né che cosa dire né che co- te femminile. Certo, alle donne erano assa fare. Scopriamo di essere inadeguati. Ci segnati la maggior parte dei compiti, ma vorrebbe uno specialista! Ma chi è lo spe- tutti erano in qualche modo coinvolti nel cialista del prendersi cura degli altri? prendersi cura gli uni degli altri. Si impaNon solo abbiamo perso la capacità di rava da piccoli, per imitazione, in famiprenderci cura gli uni degli altri ma abbia- glia. Era lì che si viveva il rapporto con le mo perso anche la capacità di lasciare che persone malate e con la morte. Si guardagli altri si prendano cura di noi. vano i grandi, gli adulti, quello che face«Te la devi cavare da solo» è il mantra vano, quello che dicevano. Non si insecon cui siamo cresciuti e con cui educhia- gnavano tecniche, ma c’era una diffusa mo i nostri figli. C’è una verità in questo cultura dei mille rimedi, c’era un rimedio concetto; durante l’adolescenza è necessario far emergere se stessi, le proprie L’importante è creare una rete intorno inclinazioni, le proprie capacità. Abbiamo bisogno di a chi sta male un tempo in cui prendere le Una rete capace distanze dai nostri genitori, dal mondo degli adulti, daldi sostenere non solo la persona malata la società in cui siamo nati, ma anche chi gli sta accanto per divenire adulti e costruire nuovi legami, nuovi rapporti, una nuova società migliore della precedente. Ma oggi sembra per ogni cosa, rimedi che magari non aveche questo processo si sia interrotto. Si è vano solide basi scientifiche, ma certamencreata una grande generazione di eterni te avevano solide basi affettive. In realtà si adolescenti. Cavarsela da soli è divenuto insegnava l’atteggiamento da avere nei lo scopo delle nostre esistenze, e non un confronti del dolore degli altri. passaggio esistenziale. Con accezioni diSe nella nostra memoria non c’è più verse; c’è chi ritiene di doversela cavare da traccia di tutto ciò, perché ormai troppo solo perché non ci si può fidare di nessu- tempo è passato, ci può venire incontro la no in un mondo ostile, e chi invece ritiene letteratura. Ne La morte di Ivan Il’ič, Tolsemplicemente che sia giusto non essere di stoj ci racconta del rapporto fra il protapeso a nessuno. Così cavarsela da soli e gonista e il contadino Gerasim, l’unico non essere di peso agli altri è divenuto un che riesca a instaurare un rapporto vero gesto considerato di estrema generosità. con il protagonista. A differenza di tutti Con conseguenze spesso aberranti. Per gli altri, che vivono con Ivan rapporti baesempio, quando la nostra stessa vita ci sati sull’ipocrisia, è questo contadino che diventa insopportabile nel momento in cui riesce a entrare nell’intimità di Ivan Il’ič A attraverso gesti semplici e a dimostrargli compassione. Giovedì scorso, alla presenza del direttore generale della Asl Roma 1, Angelo Tanese, si è svolta la cerimonia di consegna dei diplomi agli studenti che hanno seguito il corso per Caregiver organizzato dalla Asl Roma 1 e dalla comunità di Sant’Egidio presso l’ospedale Santo Spirito di Roma. Il corso è completamente gratuito, grazie al fatto che tutti i docenti svolgono la loro attività senza ricevere alcun compenso. Un corso professionalizzante di alto livello, con docenti reclutati fra i professionisti della salute dell’ospedale (medici, fisioterapisti, infermieri, assistenti sociali) che si sono occupati di affrontare i temi di carattere sanitario, e fra i volontari della comunità di Sant’Egidio (avvocati, demografi, assistenti sociali) che hanno affrontato i temi di carattere culturale e relazionale. La Asl e la comunità di Sant’Egidio hanno messo a disposizione i loro locali. Settantacinque gli adulti, italiani e stranieri, che hanno seguito il corso e che hanno conseguito il diploma dopo aver portato a termine un periodo di tirocinio e aver superato un esame finale. Le motivazioni più frequenti? Prepararsi al meglio nel lavoro di badante, oppure: imparare ad assistere meglio i propri familiari. Al corso hanno partecipato tanti stranieri, ma anche parecchi italiani, spinti dalla crisi e dalla difficoltà di trovare lavoro a cercare di conseguire un titolo che consenta loro di trovare lavoro nel campo dell’assistenza alla persona. Un esempio di integrazione reale, a vari livelli. Integrazione fra italiani e stranieri, fra assistenti e familiari, fra volontariato e istituzioni, perché di fronte al male la risposta non può che essere personale ma questo non vuol dire che si debba combattere da soli. Una donna alla guida dei Musei Governatorato della Città del Vaticano Il Santo Padre ha nominato Direttore dei Musei Vaticani, con decorrenza dal 1° gennaio 2017, l’Illustrissima Dottoressa Barbara Jatta, finora Vice Direttore dei medesimi Musei Vaticani. er la prima volta una donna guiderà i Musei vaticani. Barbara Jatta, nata a Roma il 6 ottobre 1962, nel 1986 si è laureata in lettere alla Sapienza. Ha studiato soprattutto storia del disegno e dell’incisione; negli anni ottanta e novanta ha collaborato con l’Istituto nazionale per la grafica restaurando e catalogando i fondi di disegni, incisioni, xilografie e litografie. Dal 1994 in- P segna Storia delle arti grafiche all’istituto Suor Orsola Benincasa dell’università di Napoli. Nel 1996 è entrata nella Biblioteca apostolica vaticana come responsabile del Gabinetto delle stampe e dal 2010 era Curatore della grafica nel Dipartimento degli stampati finché nello scorso giugno è stata nominata vicedirettore dei Musei vaticani. Ha organizzato e curato mostre, partecipando a numerose imprese editoriali, che hanno riguardato, tra l’altro: le vedute romane di Lievin Cruyl nel 1988, Piranesi e l’Aventino nel 1998, la pittrice Angelika Kauffmann, sempre nel 1998, i disegni e le stampe panoramiche di Roma tra il Quattrocento e l’O ttocento, nel 2000. Tra le pubblicazioni curate: Scritti d’arte di Andrea Busiri Vici (1990), Specchio di Roma barocca (1990), Drawings by Francesco Bartolozzi in Lisbon (1994), la cura scientifica della pianta monumentale di Roma per il giubileo del Duemila e di piante e vedute della basilica di San Pietro e del Vaticano negli anni successivi, I cardinali bibliotecari di Santa Romana Chiesa: la quadreria nella Biblioteca (2006), Apostolica Vaticana 1929–2009: Ottanta anni dello Stato della Città del Vaticano (2009) e, infine, La Via Appia nei disegni di Carlo Labruzzi alla Biblioteca Apostolica Vaticana (2013). Il lavoro di badante a volte consiste nell’eseguire delle semplici operazioni volte ad assicurare al paziente le cure igieniche, gli spostamenti, il disbrigo di pratiche amministrative o la preparazione dei pasti, altre volte è più un’attività di compagnia e di vigilanza, ma sempre più spesso, proprio a causa dell’aumento del numero di famiglie mononucleari, del dilagare della condizione di solitudine delle persone anziane, della frequenza con cui la solitudine si somma alla fragilità dovuta alla malattia, il ruolo del badante si trasforma in un ruolo fondamentale di tutela e di assistenza a tutto tondo della persona Si dice che chi svolge lavori di assistenza e di cura alle persone nel proprio lavoro deve rimanere distaccato e professionale, altrimenti «si brucia». È il tema della sindrome del burn out. In realtà gli studi fatti su questo tema rivelano che ci si brucia per una molteplicità di fattori, fra cui la cattiva organizzazione del lavoro, la scarsa considerazione dell’importanza del lavoro che si svolge, e così via, ma l’atteggiamento personale tipico di chi si brucia è quello di chi ritiene di poter combattere queste battaglie in solitudine, di chi si ritiene capace di «salvare» gli altri, contro tutto e contro tutti, di chi cioè ha una cat- Lev Tolstoj racconta una storia ai nipoti (1909) in difficoltà. Il badante deve così entrare nell’intimità della persona che necessita di aiuto, deve a volte farsi da tramite nel rapporto con le istituzioni, con i medici, con gli altri interlocutori, dovendo rappresentare le istanze più profonde della persona malata, essendo in realtà la persona più intima dell’assistito stesso. Chi ha partecipato a questo corso lo ha fatto perché almeno una volta si è sentito inadeguato di fronte a richieste di questo tipo. E chi non lo sarebbe? Non basta essere specialisti di tecniche di assistenza. Occorre recuperare una capacità relazionale profonda, riconoscere, senza identificarsi, se stessi nell’altro. Non si tratta di far prevalere le proprie istanze, ma quelle dell’altro, di cui oltre tutto, nel caso soprattutto degli stranieri, magari non si condividono né convinzioni né cultura d’origine. È un lavoro prezioso di servizio alla persona, e questo comporta una grande capacità di comprensione e di rispetto dell’altro, e di apertura e di condivisione da parte anche di chi è assistito. Ma non si può aprire la parte più intima e recondita del nostro essere se prima non si costruisce un rapporto di fiducia con l’altro, e i mantra «te la devi cavare da solo» e «non devi essere di peso a nessuno» non agevolano questa apertura, anzi la ostacolano. Le storie di alcuni caregiver sono estremamente significative: Apollinaire è un ingegnere che viene dal Congo, un uomo meticoloso, che ha raccolto tutto il materiale che i docenti hanno fornito durante il corso e lo custodisce gelosamente in una pen drive. È un uomo colto, che ha un buon posto di lavoro, ma che vuole fare qualcosa di utile anche per gli altri, soprattutto per gli anziani fragili. È consapevole di non avere risposte per tutto, e quando si trova di fronte a qualche richiesta, a qualche domanda, tira fuori la sua pen drive e si mette a riguardare il materiale del corso per trovare la soluzione migliore. Graciela è invece una donna croata che ha dovuto faticare molto per imparare a leggere e scrivere. Oggi vive del suo lavoro di badante, ha conquistato la fiducia e l’affetto dell’anziana presso cui lavora, e grazie al suo lavoro può permettersi di mandare alle scuole superiori le sue due figlie. Una storia bellissima di tenacia e di integrazione la sua, quella di una donna zingara, in una città, Roma, dove essere zingari vuol dire essere respinti e temuti da tutti. tiva percezione di sé e della realtà. Si può affermare che alla base del burn out c’è un delirio di onnipotenza. Quello che può fare chi assiste una persona malata è un insieme di tante piccole e semplici cose, ma quelle piccole e semplici cose sono di gran valore per chi sta male. Quello che si può fare è creare una rete di sostegno intorno a chi sta male, una rete capace di sostenere non solo la persona malata, ma anche chi lo assiste. Una rete che coinvolga tutti coloro che hanno relazioni con chi sta male, dai familiari ai conoscenti, dagli amici ai vicini di casa, dal medico di famiglia alle istituzioni. Non esistono specialisti del prendersi cura degli altri, esiste una rete di persone che si lasciano coinvolgere dal rapporto con una persona che ha bisogno. Notte a San Pietro «Stanotte a San Pietro. Viaggio tra le meraviglie del Vaticano» è il titolo del documentario realizzato da Alberto Angela con Rai 1, che andrà in onda in prima serata il 27 dicembre e che sarà presentato in anteprima il 21 dicembre a Roma. Il progetto è stato reso possibile dalla collaborazione tra Rai 1 e il Centro televisivo vaticano che si avvale della tecnologia 4K HDR, di riprese con droni, effetti speciali e minifiction. Angela fa scoprire, attraverso questo percorso intimo e spettacolare al tempo stesso, i monumenti più famosi, quali la cupola di San Pietro e gli affreschi della Cappella Sistina, così come i giardini vaticani, immersi nella quiete notturna. Arricchito dalla partecipazione di Giancarlo Giannini e Carlo Verdone, il documentario segue le orme dell’anziano Michelangelo e del giovane Raffaello, svelando anche luoghi normalmente chiusi al pubblico come l’Archivio segreto, la gendarmeria, la caserma delle Guardie Svizzere. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 mercoledì 21 dicembre 2016 Iniziativa dell’episcopato argentino contro gli abusi A difesa dei minori GERUSALEMME, 20. «Le guerre e l’uso della forza non sono stati in grado di portare la pace e la giustizia, ma solo altra violenza, morte e distruzione»: è quanto ha affermato ieri, nella sua prima conferenza stampa, in occasione del Natale, l’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico di Gerusalemme dei Latini. Il presule ha puntato l’indice contro «il commercio di armi, i giochi di potere e i fondamentalismi». La pace — ha sottolineato — «implica negoziati politici e soluzioni. L’esercito può vincere la guerra, ma per costruire serve la politica. E noi non la vediamo. Molti interessi sono in gioco in queste guerre, ma alla fine i poveri e i deboli sono quelli che hanno pagato per loro, e hanno pagato troppo». Nel suo intervento l’amministratore apostolico di Gerusalemme dei Latini ha citato fra le altre la comunità cristiana egiziana che Per monsignor Pierbattista Pizzaballa Troppi interessi in gioco «vive continuamente sotto minacce» come testimonia il recente attentato alla chiesa copta del Cairo. Al riguardo, monsignor Pizzaballa ha detto che «abbiamo anche noi la nostra parte di responsabilità; non possiamo continuare Dopo sei anni nei quartieri cristiani sono ricomparsi luci e addobbi Natale di speranza ad Aleppo ALEPPO, 20. «Erano sei anni che ad Aleppo ovest, nei quartieri cristiani, non si festeggiava il Natale con decorazioni e luci. Ora vediamo gesti di speranza e cambiamento»: è quanto ha dichiarato il vescovo di Alep dei Caldei e presidente di Caritas Siria, monsignor Antoine Audo, in un’intervista televisiva. «A oggi — ha detto il presule — non sentiamo più gli spari. C’è stato un cambiamento totale. La gente è contenta. Ho rivisto dopo tanto tempo nei balconi gli alberi di Natale, anche nella piazza del quartiere cristiano ne è stato allestito uno». Per il 23 dicembre nella zona delle tre cattedrali cattoliche è stata organizzata una festosa manifestazione. «Per la prima volta — ha raccontato Audo — sono tornato ieri nei quartieri di Aleppo est. C’è una distruzione terribile, non siamo abituati a vedere certe scene che anche voi avete avuto modo di guardare attraverso la televisione. Come Caritas — ha concluso — siamo in contatto con i gruppi internazionali nella parte orientale. Nei prossimi giorni apriremo dei centri di accoglienza per l’organizzazione degli aiuti finalizzati alle persone più deboli di quella regione». È morto padre Luigi Menegazzo ROMA, 20. Si sono svolti questa mattina a Roma, nella casa generalizia di viale Vaticano, i funerali di padre Luigi Menegazzo, superiore generale dei saveriani (Pia società di san Francesco Saverio per le missioni estere). Il religioso, 64 anni, è morto nelle prime ore di domenica 18 dicembre all’ospedale Santo Spirito della capitale dove era ricoverato da alcuni giorni a seguito di una crisi cardio-respiratoria. Nato nel 1952 a Cittadella, in provincia di Padova, padre Menegazzo entrò dai saveriani nel 1963. Ordinato sacerdote il 25 settembre 1977, conseguì una licenza in missiologia all’Università Gregoriana nel 1989. È stato missionario in Giappone dove si impegnò soprattutto nella pastorale e nell’approfondimento degli studi sullo scintoismo. Ha insegnato Storia e fenomenologia delle religioni presso l’Istituto teologico saveriano di Parma. Nel 2001 ha assunto l’incarico di vicario generale della congregazione e il capitolo generale del 2013 lo ha eletto superiore generale. La notizia della morte è stata data dal procuratore generale, padre Mario Mula, che ha invitato la famiglia saveriana alla preghiera e all’unità: «Preghiamo tutti il Signore perché ci aiuti a “leggere” e a vivere questo avvenimento con fede e speranza, virtù che il padre Luigi ha vissuto fino all’ultimo». Celebrazioni di suffragio e momenti di preghiera sono stati promossi in particolare a Parma, luogo simbolo della congregazione missionaria, dove visse il suo fondatore, l’arcivescovo Guido Maria Conforti, canonizzato nel 2011 da Benedetto XVI. a parlare sempre di dialogo, giustizia e pace. Le parole non sono sufficienti. Dobbiamo combattere la povertà e l’ingiustizia dando testimonianza di misericordia». Poi, il presule ha sviscerato la situazione paese per paese, a cominciare dalla Giordania dove domenica scorsa c’è stato un attentato terroristico a Karak: «Che anche lì sia entrato il virus fondamentalista non è una novità, ma bisogna lavorare molto nel campo dell’educazione e dello sviluppo, altrimenti tutta quella frustrazione tra i giovani porterà ad altre e più gravi forme di fondamentalismo». Anche in Terra Santa riecheggia «il fondamentalismo e l’estremismo che il mondo fronteggia e il peggio — ha osservato — è che questi fenomeni stanno mettendo radici tra i giovani. Le scuole cattoliche in Israele stanno passando attraverso una crisi senza precedenti e non ci sono state offerte finora soluzioni concrete». L’arcivescovo ha lamentato anche «la mancanza di visione» di israeliani e palestinesi che si traduce, a volte, in assenza di dialo- go e di impegno concreto per la pace. È urgente quindi che i governanti «guardino con coraggio ai loro popoli che soffrono e chiedono pace». Non è mancato un riferimento alle migliaia di lavoratori stranieri (molti sono cristiani) giunti in Israele, ai quali la Chiesa sta offrendo accoglienza per dare loro speranza. Oltre alle ombre, nel discorso dell’amministratore apostolico non sono mancate le luci: tra esse, la guida e la predicazione di Papa Francesco, l’anno della misericordia, i restauri del Sepolcro di Gesù e della Natività a Betlemme. Il giorno precedente, domenica, nell’incontro avvenuto ad Amman con il re Abdallah di Giordania e con i diversi rappresentanti delle Chiese cristiane, monsignor Pizzaballa ha evidenziato il ruolo essenziale del regno hascemita nell’accoglienza dei rifugiati siriani e iracheni. E ha rilevato come «in un contesto politico difficilissimo, che ha sconvolto tutto il Medio oriente, la Giordania sia un’oasi di stabilità e di tranquillità». Inizio della missione del nunzio apostolico in Turchia Lo scorso 24 giugno monsignor Paul Fitzpatrick Russell, arcivescovo titolare di Novi, è giunto ad Ankara dove è stato accolto dal consigliere della nunziatura, monsignor Angelo Accattino, e dai signori Cevdet Can Canikli e Hakki Sağlam, del dipartimento del protocollo del ministero degli Affari esteri. All’arrivo erano ad attenderlo anche i gesuiti JeanMarc Balhan, Paul Browers e Alexis Doucet che operano nella parrocchia cattolica di Ankara. Tre giorni dopo, il rappresentante pontificio ha presentato, nella sede del ministero degli Affari esteri come da prassi locale, copia delle lettere credenziali al capo del protocollo, l’ambasciatore Şevki Mütevellioğlu, con il quale aveva già avuto un contatto telefonico non appena arrivato in terra turca. Subito dopo, in un clima di cordialità, ha avuto un incontro con l’ambasciatore Levent Murat Burhan, vice-sottosegretario della sezione politica. Il 29 giugno, solennità dei Santi Pietro e Paolo, l’arcivescovo Russell si è recato ad Antakya (Antiochia) dove ha partecipato alla liturgia solenne davanti alla chiesa (grotta) di San Pietro, consegnando la lettera commendatizia del segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, a monsignor Lévon Boghos Zékiyan, arcivescovo di Istanbul degli armeni e presidente della Conferenza episcopale di Turchia (Cet). La cerimonia si è svolta alla presenza del gesuita monsignor Paolo Bizzeti, vicario apostolico di Anatolia e ordinario del luogo, del francescano minore monsignor Rubén Tierrablanca Gonzalez, vicario apostolico di Istanbul, del metropolita Efrem el Ma’luli, in rappresentanza del patriarca greco ortodosso di Damasco (Siria), del patriarca siro ortodosso Melki Ürek di Adyaman, e del sindaco di Antakya, Ismail Kimyeci, accompagnato da altre autorità civili e numerose persone, anche non cristiani. Il 31 agosto il rappresentante pontificio è stato condotto al palazzo presidenziale, dove è stato ricevuto dal capo del cerimoniale, Alparslan Acarsoy. Dopo un breve colloquio con Lütfullah Göktaş, capo dell’ufficio stampa — che ha evocato gli anni passati a Roma quale studente di missiologia alla pontificia università Gregoriana — ha avuto luogo la solenne cerimonia di presentazione delle lettere credenziali al capo dello Stato, Recep Tayyip Erdoğan, alla presenza di İbrahim Kalın, vice segretario generale della presidenza, e di Murat Salim Esenli, vice sottosegretario per l’Europa del ministero degli Esteri. BUENOS AIRES, 20. La Conferenza episcopale argentina ha incaricato la Commissione per i ministeri di elaborare una proposta di lavoro per affrontare in maniera integrale il problema degli abusi sui minori commessi da sacerdoti. L’obiettivo è creare una speciale équipe che si dedichi esclusivamente a questo tema, prendendo anche in considerazione le esperienze di altri episcopati e il contributo di esperti. La questione dei casi (anche recenti) di abuso sui minori è stata approfondita durante la riunione della commissione permanente svoltasi nei giorni scorsi a Buenos Aires: è «una realtà dolorosa — sottolinea un comunicato — che provoca il ripudio di tutta la Chiesa e della società». Dopo le linee guida di attuazione nel caso di denunce di abusi sessuali nei quali gli accusati siano dei chierici e le presunte vittime siano minori di età (o persone a essi equiparate), presentate nell’ago- nell’Argentina di ieri e di oggi — vi si legge — soprattutto per coloro che dipendono da uno o due stipendi, per non dire poi della famiglia con molti figli che è ai margini del mercato del lavoro e del sistema di previdenza sociale. Qui la nostra nazione mostra il suo volto peggiore, perché è difficile credere che, nella terra benedetta del pane, a un argentino su tre manchi il cibo, il lavoro, la salute, l’istruzione e pari opportunità per progredire. Le statistiche mostrano il numero dei poveri, ma non arrivano a riflettere il dolore, l’angoscia e l’indignazione dei genitori che non possono mantenere le loro famiglie. L’emergenza sociale, dichiarata qualche giorno fa dallo Stato, ci libera dal dare altri esempi e conferma questa dura e crudele realtà che oggi soffrono molti connazionali». I presuli chiedono urgentemente «a coloro che hanno un certo grado di decisione nell’economia argentina di investire sto 2015, la Conferenza episcopale rafforza così l’impegno con l’imminente redazione di un protocollo nel quale verrà chiesta ai sacerdoti e ai religiosi, che si trasferiscono in un’altra diocesi, una dichiarazione giurata, autorizzata dal superiore, che attesti la propria conformità morale e l’assenza di precedenti specifici. Il tema sarà affrontato con ulteriore discussione alla prossima assemblea plenaria, al fine di stabilire azioni concrete di prevenzione, individuazione e accompagnamento di questi casi. Durante la loro riunione, i vescovi si sono inoltre confrontati sulla situazione sociale in Argentina, sulla necessità di valutare il cammino pastorale durante i sei anni (20102016) delle celebrazioni del bicentenario dell’indipendenza e sulle possibilità di assistenza sacerdotale a seconda del numero e della distribuzione del clero. Si è poi fatto il punto sulla bozza della «Legge per la libertà religiosa» elaborata dalla Segreteria del culto della nazione (organismo governativo incaricato delle relazioni fra le diverse comunità di fede e lo Stato) e si è anche parlato della possibilità di dare impulso a un nuovo concordato fra la Santa Sede e lo Stato argentino per attualizzare quello vigente, firmato cinquant’anni fa. Al termine, la commissione permanente ha diffuso il messaggio per il Natale. «Niente è facile in fonti di posti di lavoro dignitosi e ben pagati. I calcoli meschini, la speculazione finanziaria e la subordinazione del bene comune a interessi elettorali non rispondono alle aspettative e fanno gran danno al Paese. Come popolo abbiamo bisogno di sederci al tavolo, di disporci al dialogo responsabile e permanente, così da rafforzare la nostra ancora fragile convivenza civile. Che nessuno si senta escluso da questo invito, perché la patria chiede ora a tutti gesti di grandezza», conclude l’episcopato. Tre sacerdoti di San Salvador ridotti allo stato laicale Per il bene di tutti SAN SALVAD OR, 20. Tre sacerdoti di San Salvador sono stati dimessi dallo stato clericale per abusi sessuali su minori. Lo ha comunicato l’arcivescovo della capitale, José Luis Escobar Alas, rendendo noto che i tre presbiteri del clero salvadoregno «sono stati trovati colpevoli nei processi a loro carico e condannati alla dismissione dello stato clericale che equivale alla perdita totale e definitiva di tutte le prerogative sacerdotali». I tre sono Juan Francisco Gálvez, José Antonio Molina e monsignor Jesús Delgado, che è stato segretario del defunto arcivescovo Óscar Arnulfo Romero (1917-1980) e quindi promotore del processo che ha portato sugli altari il presule martire, beatificato nel 2015. La decisione della Santa Sede è stata comunicata sia ai tre sacerdoti sia alle loro vittime, ha spiegato monsignor Escobar Alas in una nota. Gli abusi sono stati compiuti fra il 1980 e il 2000. «È duro, ma questo ci farà maturare, ci farà crescere», ha dichiarato l’arcivescovo di San Salvador, ricordando come «la Chiesa agisce per il bene di tutti, in primo luogo per quello delle vittime, ma anche dei carnefici nel desiderio che si convertano». Nessuna copertura CITTÀ DEL MESSICO, 20. «Tolleranza zero» contro la pedofilia. L’ha ribadita ieri il cardinale arcivescovo di México, Norberto Rivera Carrera, durante una conferenza stampa nella quale, fra l’altro, ha negato di aver coperto casi di abuso su minori commessi nel paese da preti e religiosi. Il porporato — riferisce l’agenzia Efe — ha detto che «una quindicina di sacerdoti non sono stati soltanto processati ma anche condannati», spiegando che, al riguardo, le autorità ecclesiastiche messicane hanno inviato a Roma tutta la documentazione dell’indagine e che «spetta al Santo Padre prendere le decisioni in questi casi tanto dolorosi». Il cardinale arcivescovo di México ha inoltre ricordato il motuproprio di Papa Francesco, intitolato Come una madre amorevole, firmato il 4 giugno scorso, con il quale il Pontefice precisa che tra le «cause gravi» previste dal diritto canonico per la rimozione dall’ufficio ecclesiastico «è compresa la negligenza dei vescovi nell’esercizio del loro ufficio, in particolare relativamente ai casi di abusi sessuali compiuti su minori e adulti vulnerabili». A livello federale sono stati approvati provvedimenti più severi contro i pedofili: «Una misura urgente e necessaria», ha commentato il porporato. L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 21 dicembre 2016 pagina 7 Intervista a padre Arturo Sosa Le due fonti (g.m.v.) Sessantotto anni, venezuelano, Arturo Sosa è il primo generale dei gesuiti non europeo. In questa intervista all’O sservatore Romano si racconta e racconta la Compagnia. È la mattina del 12 dicembre, una giornata di fine autunno romano ancora molto lontana dall’inverno, e il sole invade di luce dorata una stanza spoglia e accogliente al quarto piano della curia generalizia. L’intervistato parla volentieri, distesamente, il suo viso si apre spesso in un largo sorriso e il movimento delle mani accompagna le risposte che si dipanano durante una conversazione cordiale e coinvolgente. Il calendario liturgico ricorda la Madonna di Guadalupe e quello personale di padre Sosa registra ben tre anni- versari: delle nozze dei genitori nel 1947, del suo battesimo nel 1948 e della sua professione solenne (il famoso quarto voto di obbedienza al Papa) nel 1982. E non basta, perché la congregazione generale che lo scorso 14 ottobre lo ha eletto si è conclusa proprio un mese fa, il 12 novembre, giorno del suo compleanno. Chi è Arturo Sosa, e come è diventato padre Sosa, ormai da un paio di mesi preposito generale della Compagnia di Gesù? Per capire chi sono basta tenere presenti due fonti: la mia famiglia e il collegio San Ignacio di Caracas, che ho frequentato dalle elementari al liceo, e cioè da quando avevo cinque anni fino ai diciassette. La mia famiglia è venezuelana da più di tre generazioni, ma mio nonno materno era arrivato in America dalla Spagna cantabrica, da Santander. Siamo sei fratelli. Io sono il maggiore, poi vengono due sorelle, un altro maschio che oggi vive negli Stati Uniti, e altre due sorelle, tutte e quattro in Venezuela. Una famiglia praticante, con una mia prozia religiosa e un cugino gesuita. Ed è proprio qui, nella mia famiglia, che ho imparato a pregare e ad aprirmi all’esperienza degli altri. Già da bambino mio padre mi portava spesso con lui nei suoi viaggi per tutto il paese. Era avvocato ed economista, un imprenditore entrato in politica che per un anno è stato ministro delle finanze in un governo di transizione dopo la fine della dittatura di Marcos Pérez Jiménez. Per quasi tutto il Novecento il Venezuela ha attraversato dittature e La domenica delle Palme nella missione San Rupert Mayer in Zimbabwe l’impegno di mio padre, alla fine degli anni Cinquanta, è stato per creare spazi democratici. E in famiglia ho imparato che nessuno si salva da solo: se volevamo star bene, dovevamo contribuire al benessere del paese. Come mai dai gesuiti non è mai nato un ramo femminile? E l’altra fonte? È stata altrettanto importante. Al collegio San Ignacio, dove sono rimasto quasi tredici anni, dal 1953 al 1966, c’erano molti gesuiti giovani e lì stavamo dalla mattina alla sera, dal lunedì al sabato. Dopo la scuola, ci portavano a visitare ospedali oppure in campagna per stare con i contadini. Ricordo quegli anni come un ambiente molto creativo. Facevo parte anche di una congregazione mariana e giocavo, per la verità piuttosto male, a calcio, baseball e pallacanestro. Finito il liceo, ho sentito che per contribuire meglio al bene di tutti dovevo entrare nei gesuiti e così ho fatto, il 14 settembre 1966, poco prima di compiere diciott’anni. Com’è stata la formazione? E gli anni successivi? La mia preparazione? Quella tipica della Compagnia: noviziato, studi di filosofia nell’università cattolica Andrés Bello di Caracas, quindi un periodo nel gruppo del Centro Gumilla, tenuto dai gesuiti a sostegno di cooperative per il risparmio e il credito nel centro del paese, e poi la teologia a Roma, nel collegio del Gesù e in Gregoriana, tra il 1974 e il 1977, anno in cui sono stato ordinato prete. Ma sono tornato in Venezuela per completare la teologia, mentre nella Universidad Central di Caracas ho preparato un dottorato in scienze politiche, materia che ho insegnato sia nella Central che nell’Andrés Bello, occupandomi soprattutto di storia delle idee. Per quasi un ventennio ho anche diretto la rivista dei gesuiti “Sic”. Dal 1996 al 2004 sono stato provinciale della Compagnia in Venezuela, e infine rettore dell’università cattoli- ca del Táchira dal 2004 fino al 2014. Quell’anno il generale mi ha chiamato a Roma per occuparmi delle case internazionali, dove lavorano quattrocento gesuiti che dipendono direttamente da lui. Cosa significa un preposito generale della Compagnia di Gesù per la prima volta non europeo (e americano) dopo quasi cinque secoli di vita? Questo è certo il frutto di un cambiamento che investe tutta la Chiesa e un segno della sua cattolicità, come è stato evidente per l’elezione in conclave di Bergoglio. Voglio però sottolineare un dato storico innegabile molto importante: è stata la generosità missionaria europea a permetterlo, e a favorire questa predisposizione all’inculturazione che è tipica dei gesuiti e delle loro missioni. Il processo è durato oltre un secolo e mezzo, e ha portato oggi la Compagnia a essere una realtà multiculturale, incarnata ormai in decine di culture, per aiutare le persone e le società a essere più umane, mostrando Gesù Cristo, il volto di Dio. È una ricchezza enorme per i gesuiti e per tutte le Chiese. Come quella latinoamericana, molto vitale, spesso ingiustamente appiattita su una teologia della liberazione che non di rado è stata presentata in modo caricaturale come marxista: una mediazione della fede cristiana che già in un mio articolo degli anni Settanta definivo impossibile. Qual è lo stato di salute odierno della Compagnia, dimezzata rispetto a mezzo secolo fa, al suo interno con poche centinaia di fratelli, una volta molto più numerosi? E la formazione? Il numero non è un criterio per giudicare lo stato di salute dei gesuiti: già agli inizi Ignazio parlava di “minima Compagnia”. Preferiamo la qualità alla quantità e non vi è dubbio che il rigore nella nostra formazione, se possibile, è oggi ancora maggiore di quello di un tempo. Certo, non nego la forte crisi che attraversiamo in Europa e negli Stati Uniti, principalmente a causa del secolarismo e della crisi demografica. La formazione accademica e spirituale deve poi tenere conto che entrano nei gesuiti molti professionisti. E l’ambito della preparazione si è diversificato ancor più di prima, allargandosi alla psicologia, alle scienze sociali, alle aree scientifiche. Anche all’innalzamento del livello culturale generale si deve la rarefazione dei fratelli, una volta molto numerosi nella Compagnia. E dico con orgoglio che la mia vocazione deve molto a loro, ai “fratelli maestri”, così come a quella dei giovani gesuiti ancora non ordinati. Molte volte sono ammutolito davanti all’esperienza di Dio di questi fratelli, che sono religiosi non sacerdoti. Ricordo in particolare uno di loro che in una fattoria per tutta la vita ha badato agli animali: era un contemplativo. Bisogna però tenere presente che la forma ideale della Compagnia è quella dei professi [i gesuiti che arrivano al quarto voto], oggi in larga maggioranza rispetto ai coadiutori [che invece non lo pronunciano], agli scolastici [quelli che stanno formandosi] e, appunto, ai fratelli. Moltissime sono state e sono le religiose che si sono ispirate alla spiritualità ignaziana, l’hanno condivisa e la condividono. E voglio aggiungere che senza le donne semplicemente non sarebbe possibile pensare la missione della Compagnia di Gesù. D’altra parte, alle origini dei gesuiti vi è gruppo di uomini già ordinati deciso a vivere un nuovo stile di consacrazione religiosa: insieme, come compagni e al servizio della Chiesa universale. Un ordine nato per stare in frontiera dove e come si muove oggi? Quali sono le sue frontiere? Siamo missionari e le frontiere, come in tutta la nostra storia, oggi sono moltissime: l’educazione, sia tradizionale che popolare, il servizio ai profughi e ai rifugiati, l’ambito vastissimo della lotta per la giustizia sociale e quello della formazione all’impegno politico. Questo, insieme alla vita religiosa, è una delle mie due grandi passioni: lotta e contemplazione, per usare un’espressione di qualche decennio fa. I gesuiti sono ancora formatori e direttori spirituali? Oggi più che mai. E ora questo servizio alla vita spirituale si è moltiplicato, proprio come si sono moltiplicati i modi, i luoghi e le persone. Gli esercizi spirituali ignaziani di un mese o anche di una settimana sono quasi impossibili a causa dei ritmi della vita contemporanea, e allora si propongono forme alternative nella quotidianità che possono durare anche otto o nove mesi. E a darli non sono più soltanto i gesuiti, ma anche molte altre persone, laiche o religiose, uomini o donne. Dopo il concilio, che è stato una grazia, siamo molto più sensibili alla diversità di vocazioni e di doni che vengono da Dio. L’annuario della Compagnia di Gesù Il mondo è la nostra casa Non è più l’India. O meglio, non è più solo l’India di san Francesco Saverio. A distanza di secoli i gesuiti non smarriscono di certo l’impeto missionario che fin dai tempi del loro fondatore, sant’Ignazio di Loyola, ne ha caratterizzato l’indole pastorale rivelandosi nell’interesse appassionato per ogni nuova frontiera e per le periferie del mondo. A certificarlo, se ce ne fosse bisogno, è «Gesuiti», l’annuario 2017 della Compagnia di Gesù, che come di consueto traccia un’istantanea della vita e dell’attività della congregazione. Una fotografia che quest’anno è stata scattata mentre era in corso la congregazione generale numero 36, che ha portato all’elezione del venezuelano padre Arturo Sosa. E proprio la singolare liaison tra missioni e congregazioni generali (in particolare dalla trentunesima alla trentacinquesima) costituisce per certi versi il filo rosso che attraversa in controluce l’intera edizione dell’annuario. Padre Patrick Mulemi, responsabile dell’Ufficio comunicazione dell’ordine, nell’editoriale cita infatti un passaggio rivelatore di un documento approvato nel 2008, nel corso della trentacinquesima congregazione generale: «Ignazio e i primi compagni capirono l’importanza di raggiungere le persone sia alle frontiere sia al centro della società, e di riconciliare coloro che ne erano a qualsiasi titolo esclusi. Dal centro — a Roma — Ignazio inviò gesuiti verso le frontiere, verso il nuovo mondo, “ad annunciare il Signore a popoli e culture che non lo conoscevano ancora”. Mandò nelle Indie [Francesco] Saverio, a cui seguirono centinaia di gesuiti i quali predicarono il Vangelo a molte culture, condividendo conoscenza e apprendendo dagli altri». Il fondatore, viene ricordato ancora nel documento, «voleva anche che i gesuiti attraversassero altri tipi di frontiere: tra ricchi e poveri, tra persone colte e ignoranti. In una lettera scritta ai gesuiti inviati al concilio di Trento, Ignazio indicò come comportarsi e insistette sul fatto che avrebbero dovuto mettersi a servizio dei malati durante la loro permanenza tridentina. I gesuiti aprirono scuole a Roma e nelle grandi città europee, e istruirono i bambini nei villaggi di tutto il mondo». Dopo quasi mezzo secolo, sottolinea padre Mulemi, «i seguaci di Ignazio capiscono ancora l’importanza di raggiungere le persone», laddove esse si trovino, anche nei contesti più distanti e difficili. Soprattutto, i gesuiti «capiscono ancora l’importanza di riconciliare coloro che ne sono a qualsiasi titolo esclusi, coloro che non possono condividere pienamente il bene comune della loro comunità». L’intera famiglia ignaziana, i gesuiti e i collaboratori laici continuano insomma a «esercitare il loro ministero e a impegnarsi con molte diverse culture e popolazioni di tutto il mondo odierno». Del resto, ricorda padre Mulemi, lo stesso Ignazio faceva spesso riferimento a se stesso come al “pellegrino”. Egli, infatti, «vede se stesso in viaggio, un viaggio che lo conduce alla scoperta di sé. Ma, soprattutto, un viaggio che lo conduce alla scoperta della missione che il Signore gli ha destinato». Una prospettiva pienamente condivisa in questa edizione dell’annuario della Compagnia di Gesù, in cui il lettore viene invitato a diventare a sua volta, e di volta in volta, “pellegrino” lungo le polverose strade di confine, talvolta anche le più impensabili, battute dai figli spirituali di Ignazio. Così ci si può sorprendere al fianco dei gesuiti che lavorano con le popolazioni aborigene in Australia e in Bolivia «dove impariamo percorsi alternativi da popolazioni e comunità indigene». Oppure in India, in Guyana, in Corea del Sud, in Zimbabwe. Storie di evangelizzazione e di fede in cui, pur tra difficoltà e incertezze, mai è disgiunta la promozione della giustizia. «Davvero — chiosa padre Mulemi — nelle storie condivise dai nostri compagni vediamo la forza del Cristo crocifisso e risorto, ammettiamo la nostra stessa debolezza, e riconosciamo la grazia di Dio che ci spinge ad andare avanti». (fabrizio contessa) L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 mercoledì 21 dicembre 2016 Intervista al cardinale Tauran all’indomani della strage di Berlino Il dialogo non è debolezza Siamo sconvolti ma dobbiamo resistere alla tentazione del disfattismo di GIANLUCA BICCINI «Il dialogo con i musulmani deve continuare, perché l’alternativa sarebbe la violenza. Tuttavia si deve chiarire che desideriamo il dialogo, ma non la “sottomissione”». All’indomani dell’attentato che ha colpito il cuore di Berlino, il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, sulla scia del magistero di Papa Francesco continua a ripetere che è necessario «un dialogo della speranza, per ribadire che le religioni non sono il problema, ma fanno parte della soluzione di ciò che sta accadendo nel mondo». In quest’intervista al nostro giornale il porporato francese traccia anche un bilancio dell’anno che sta per concludersi e illustra i progetti per il futuro. Le modalità dell’attacco di Berlino ricordano i sanguinosi fatti di luglio a Nizza, seguiti da quelli di Rouen, che hanno portato molti in Europa ad atteggiamenti di chiusura nei confronti dell’islam. Per non parlare poi della la loro vita quotidiana. Davanti a questi atti, al dramma delle migrazioni, alla crisi internazionale, soprattutto davanti alla situazione di conflitto in Siria, grande è la tentazione del disfattismo. Ma è proprio allora che occorre continuare a credere nel dialogo, che è essenziale per tutta l’umanità. Come si può portare avanti questo dialogo nella quotidianità? Tutti devono approfondire la conoscenza della propria religione e capire che il dialogo non è riservato agli “specialisti”. Tutti dobbiamo rinunciare ad atteggiamenti di sospetto o polemica in merito alle nostre motivazioni. Praticando, nella libertà e nel rispetto del diritto, tutto ciò che la maggioranza delle religioni hanno in comune — preghiera, digiuno, elemosina, pellegrinaggio — dimostreremo che i credenti sono un fattore di pace per le società umane. Nel mondo precario di oggi, il dialogo tra le religioni non è un segno di debolezza. Esso trova la sua ragion d’essere nel dialogo di Dio con l’umanità. Se dovesse sintetizzare con un’immagine i frutti del dialogo nell’anno che sta per concludersi, quale sceglierebbe? Di certo quella dell’incontro tra Papa Francesco e il grande Imam di Al-Azhar. Il 23 maggio lo sceicco Ahmad Muhammad alTayyib è giunto in Vaticano con una delegazione di alto livello, di cui facevano parte, tra gli altri, i professori Abbas Shouman, sottosegretario della prestigiosa istituzione accademica musulmana sunnita, e Mahmoud Hamdi Zakzouk, direttore del Centro per il dialogo di Al-Azhar. Il grande Imam è stato accolto da me e dal vescovo segretario del nostro dicastero Miguel Ángel Ayuso Guixot, e lo abbiamo accompagnato all’incontro con il Papa. Nel colloquio, è stata ribadita la necessità di un comune Religioni e culture in dialogo ad Assisi (20 settembre 2016) impegno dei responsabili e dei fedeli delle tragedia di Aleppo o del recente attentato nel- grandi religioni per la pace nel mondo, la cattedrale copta della capitale egiziana. con il rifiuto della violenza e del terroriDavanti a tutto questo, è ancora possibile smo, e si è parlato della situazione dei criparlare di dialogo? stiani nel contesto dei conflitti e delle tenÈ proprio a causa di questa situazione sioni nel Medio oriente. che s’impone un’attenzione particolare al mondo musulmano. Tutti siamo stati sconvolti da quanto è successo in Germania, in Egitto e prima ancora in Francia, nella mia patria. Ma in quella circostanza, per esempio, abbiamo potuto anche apprezzare — in particolare dopo l’omicidio dell’anziano sacerdote Jacques Hamel — come un risveglio dell’identità religiosa della maggioranza dei francesi nonché la solidarietà espressa dai musulmani d’oltralpe. Con grande sofferenza, continuiamo ad assistere ad atti di brutalità insensata che colpiscono persone innocenti nel- Papa Francesco ha più volte ripetuto che non si deve identificare l’islam con la violenza. Non solo: a una domanda specifica durante il volo di ritorno dal viaggio in Polonia, lo scorso 31 luglio, ha anche assicurato che i musulmani cercano la pace, l’incontro. E lo stesso sceicco al-Tayyib, in un’intervista ai media vaticani subito dopo l’udienza pontificia, ha sottolineato che l’islam non ha niente a che fare con il terrorismo, perché chi uccide ne ha frainteso i testi fondamentali sia intenzionalmente sia per negligenza, e che è fondamentale uno sforzo congiunto delle grandi religioni per dare all’umanità un nuovo orientamento verso la misericordia e la pace in questo tempo di grande crisi. Così, se Giovanni Paolo II è stato il primo Pontefice a visitare il grande Imam di Al-Azhar nel suo viaggio in Egitto durante il giubileo del 2000, lo sceicco al-Tayyib è stato il primo a visitare il Papa in Vaticano e sempre in occasione di un giubileo, quello dell’anno santo della misericordia, una quindicina di anni dopo. Qual è stato il lavoro “diplomatico” che ha preceduto e seguito quell’udienza? A febbraio monsignor Ayuso si era recato al Cairo dove, accompagnato ad AlAzhar dal nunzio apostolico in Egitto, l’arcivescovo Bruno Musarò, aveva consegnato personalmente a Shouman una mia lettera, nella quale esprimevo la disponibilità a ricevere il grande Imam e ad accompagnarlo in udienza dal Pontefice. Dopo l’incontro con Papa Francesco in Vaticano, monsignor Ayuso si è recato nella capitale egiziana altre due volte — a luglio e a ottobre — per preparare l’appuntamento che segnerà la ripresa ufficiale del dialogo fra il Pontificio Consiglio e l’università cairota, in programma a Roma nel 2017, probabilmente a fine aprile. Quali sono state le altre tappe significative dell’attività del dicastero nel 2016? All’inizio dell’anno, ha avuto luogo l’incontro annuale a Ginevra tra gli officiali del nostro dicastero e il personale dell’Ufficio per il dialogo interreligioso e la cooperazione (Irdc) del Consiglio ecumenico delle Chiese (Wcc), durante la settimana dell’armonia interreligiosa proclamata dalle Nazioni Unite. Sempre a gennaio, monsignor Ayuso è stato ad Abu Dhabi per il primo Arab Thinkers Forum. Era l’unico relatore non musulmano ed è intervenuto nella sessione dedicata al tema dell’estremismo, con un’analisi delle cause e dei possibili rimedi. A febbraio, accompagnato da monsignor Khaled Akasheh, capo ufficio per l’islam, ho partecipato personalmente alla dodicesima Interfaith Dialogue Conference, tenutasi a Doha, in Qatar. È significativo che più di una volta in questo anno il Papa abbia fatto precedere l’udienza generale del mercoledì da brevi ma significativi incontri con esponenti di altre religioni. Che senso hanno avuto? Sono stati momenti molto importanti in cui il Papa ha pronunciato brevi parole a braccio. Con i suoi modi gentili, egli ha lasciato in tutti un buon ricordo. Me lo hanno testimoniato sia i membri del Royal Institute for Interfaith Studies di Amman, in Giordania, che ho accompagnato in Vaticano il 4 maggio; sia Haxhi Baba Edmond Brahimaj, capo della comunità dei Bektashi, ricevuto dal Papa la settimana seguente. Si tratta di una confraternita musulmana di derivazione sufi, fondata nel tredicesimo secolo in Turchia e diffusasi soprattutto in Albania. Lo stesso è accaduto il 1° giugno con una delegazione giainista composta da 35 persone e infine il 23 novembre con i musulmani sunniti iraniani partecipanti al colloquio sull’estremismo e la violenza in nome della religio- Visita del Papa al Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione Misericordia e missione Visita a sorpresa di Papa Francesco al Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione: nella mattina di oggi, martedì 20 dicembre, il Pontefice si è recato nella sede del dicastero romano, in via della Conciliazione, per ringraziare i superiori, gli officiali e i dipendenti per il grande sforzo organizzativo messo in campo durante il giubileo straordinario della misericordia. Giunto inaspettatamente verso le 11.20, accompagnato solo da un gendarme, il Papa è stato accolto dall’arcivescovo presidente Rino Fisichella e si è trattenuto per una quindicina di minuti con tutti i presenti. «Dimostrando un grande senso di umanità e di amicizia nei nostri confronti — ha riferito il presule all’Osservatore Romano — il Papa ha voluto farci personalmente gli auguri per le feste natalizie, rinnovando la sua gratitudine per quanto da noi fatto nell’anno santo». Un gesto di fraternità, lo ha definito monsignor Fisichella, il quale ha poi aggiunto come tutti al Pontificio Consiglio siano «rimasti colpiti dalla sua affabilità. Ci ha raccontato la propria gioia per l’esperienza del giubileo — ha concluso — e ci ha raccomandato in particolare l’importanza dei missionari della misericordia». L’incontro del Pontefice con il Grande Imam di Al-Azhar (23 maggio 2016) ne, che è stato promosso dal nostro Pontificio Consiglio con l’Islamic Culture and Relations Organization (Icro) di Teheran. Inoltre, dal 7 all’8 settembre, il nostro dicastero ha collaborato all’organizzazione del simposio «America in dialogo - Nostra casa comune» promosso dall’O rganizzazione degli stati americani e dall’Istituto di dialogo interreligioso (Idi) di Buenos Aires, i cui partecipanti sono stati ricevuti da Papa Francesco. E non dimentichiamo, infine, l’udienza interreligiosa voluta dal Pontefice il 3 novembre, con la partecipazione di tanti nostri amici e partner del dialogo, tra i quali il Centro internazionale di dialogo a Vienna (Kaiciid), che nell’occasione ha pure promosso un colloquio sulla misericordia presso la Pontificia università Gregoriana. Proprio ad alcune religioni particolarmente diffuse nel continente avete rivolto messaggi in occasione di particolari feste. Buddisti e cristiani insieme per promuovere l’educazione ecologica è stato il tema di quello che abbiamo inviato per la festa di Vesakh, durante la quale si commemorano i principali avvenimenti della vita di Buddha. A ottobre abbiamo indirizzato un messaggio agli indù incentrato sull’importanza della famiglia in occasione della festa di Deepavali, che significa “fila di lampade a olio”, ed è simbolicamente fondata su un’antica mitologia volta a rappresentare la vittoria della verità sulla menzogna e della luce sulle tenebre. Infine, in occasione del mese del Ramadan, a giugno c’è stato il tradizionale augurio alla comunità islamica. Per i numeri che esprime il continente asiatico e per l’attenzione con cui il Papa ne segue le vicende, un capitolo importante del dialogo riguarda l’Oriente. Quali rapporti ci sono con l’Asia e le sue culture? Uno dei momenti centrali dell’anno appena trascorso è stato senza dubbio la giornata del 20 settembre ad Assisi, nel trentennale dello storico incontro che vide riuniti con Giovanni Paolo II i responsabili delle principali religioni mondiali. Che significato ha avuto? A maggio il nostro segretario è stato in Giappone per una consultazione di alto livello con i responsabili religiosi del Medio oriente sul tema della cittadinanza, per promuovere una maggiore consapevolezza negli Stati a maggioranza musulmana. Durante la missione a Tokyo è stata anche rafforzata la collaborazione tra la Chiesa cattolica e l’organizzazione buddista Rissho Kosei-kai (Rkk). A ottobre, con il sottosegretario Indunil Kodithuwakku, monsignor Ayuso si è recato prima a Singapore, e poi a Taiwan in occasione del primo incontro cristiano-taoista. L’incontro di Assisi nel 1986 ha proiettato la Chiesa verso le religioni non cristiane. Queste infatti, nonostante l’insegnamento di Paolo VI, nella sua prima enciclica Ecclesiam suam, e del Concilio vaticano II, con la dichiarazione Nostra aetate, apparivano lontane, se non estranee. È stato il simbolo, la realizzazione del compito della Chiesa in un mondo segnato dal pluralismo religioso. Non a caso, dunque, lo stesso Papa Francesco ha voluto riproporne i contenuti recandosi ad Assisi per una nuova giornata di preghiera sul tema: «Sete di pace. Religioni e culture in dialogo». Nomine episcopali Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Australia e in India. Gregory Homeming vescovo di Lismore (Australia) Nato il 30 maggio 1957 nello stato australiano di Victoria, prima di entrare nei carmelitani scalzi, ha studiato economia e giurisprudenza all’università di Sydney. Ha completato la formazione sacerdotale presso la Yarra Theological Union e ha ottenuto un master in filosofia alla Melbourne University. Ha emesso la professione religiosa il 1° febbraio 1987 ed è stato ordinato sacerdote il 20 luglio 1991. Successivamente ha conseguito un diploma in teologia presso il Catholic Theological College di Melbourne. Ha lavorato in varie parrocchie e si è dedicato alla guida di ritiri spirituali. Alla morte improvvisa dell’allora vicario regionale dell’ordine, Homeming è stato nominato al suo posto dal 1998 al 2002 e di nuovo dal 2005 al 2011. È stato priore della comunità carmelitana presso Varroville e Saint Ives. Dall’agosto 2014 era di nuovo vicario regionale. Allwyn D’Silva ausiliare di Bombay (India) Nato il 20 aprile 1948, a Mumbai, nell’arcidiocesi di Bombay, ha compiuto gli studi di filosofia e teologia al Saint Pius X College di Goregaon. Ha ottenuto un baccellierato in scienze politiche ed economiche presso l’università di Delhi e un master in scienze politiche presso la Mumbai University. Ordinato sacerdote il 19 aprile 1975 per l’arcidiocesi di Bombay, è stato per un anno vicario parrocchiale di Saint Anthony a Vakola, poi ha svolto il ministero al National Vocations Centre di Pune (1976-1977), quindi è stato responsabile delle vocazioni con residenza nella parrocchia di Vakola (1977-1986), vicario parrocchiale (19861988) e parroco (1988-1994) di Saint Jude a Jeri-Meri, decano del decanato South East Salsette (1991-1994), priest-in-charge di Saint Jude a Maladi East (1994-2000) e di Saint Anthony a Dharavi (20002007), decano del decanato North Mumbai (2002-2007), parroco di Our Lady of Nazareth a Bhayandar (2007-2011), decano del decanato di Bhayandar dal 2007 al 2011, anno in cui è divenuto parroco di Saint John the Baptist a Thane. Dal 2012 era anche vicario episcopale di Bombay. È altresì membro dei consigli pastorale e presbiterale, della commissione Iustitia et pax, co-presidente del Centre for Peace Trust, direttore dell’ufficio arcivescovile per l’ambiente e del Prison Ministry India in Mumbai, segretario del Climate Change Desk della Federazione delle conferenze episcopali asiatiche (Fabc). Ha insegnato per oltre 35 anni al Saint Pius X College. Barthol Barretto ausiliare di Bombay (India) Nato il 16 settembre 1961 a Mahim, Mumbai, nell’arcidiocesi di Bombay, ha compiuto gli studi di filosofia e teologia al Saint Pius X College di Goregaon. Presso la Bombay University ha conseguito un bachelor of arts in storia. Ordinato sacerdote l’8 aprile 1989, fino al 1993 è stato vicario parrocchiale di Saint Xavier a Dabul, poi direttore aggiunto della sezione giovani del centro pastorale diocesano a Bandra (1993-1995) e direttore della sezione giovani dello stesso centro (1995-1999), priest-in-charge di Saint Francis Xavier a Panvel (1999-2002), parroco di Saint Lawrence a Wagle Estate e in pari tempo decano del decanato di Thane (2002-2004), segretario dell’arcivescovo (2004-2008), parroco di Saint Thomas a Goregaon East e direttore spirituale al Saint Pius X College (20082011). Dal 2010 era amministratore del medesimo college e decano del decanato di Borivli e, dal 2011, parroco di Immaculate Conception sempre a Borivli.