mercoledì 21 dicembre 2016

Transcript

mercoledì 21 dicembre 2016
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004
Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00
L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVI n. 292 (47.427)
Città del Vaticano
mercoledì 21 dicembre 2016
.
Tir travolge i visitatori di un mercato natalizio provocando dodici morti e una cinquantina di feriti
Attentato a Berlino
Papa Francesco auspica che la follia omicida del terrorismo non trovi più spazio
BERLINO, 20. «Con profonda commozione» Papa Francesco ha appreso del «terribile atto di violenza» avvenuto ieri sera a Berlino. È quanto
si legge nel telegramma, a firma del
cardinale Pietro Parolin, segretario
di Stato, indirizzato a monsignor
Heiner Koch, arcivescovo di Berlino,
dopo l’attentato avvenuto al mercato
di Natale nella capitale tedesca, costato la vita a dodici persone, mentre altre 48 sono rimaste ferite, alcune gravemente. Il Pontefice, si legge
nel telegramma, «manifesta la propria partecipazione al lutto dei familiari esprimendo la propria compassione e assicurando la sua vicinanza
al loro dolore. Nella preghiera affida
i defunti alla misericordia di Dio
supplicandolo anche per la guarigione dei feriti. Il Santo Padre ringrazia
inoltre i servizi di soccorso e di sicurezza per il loro impegno fattivo. Papa Francesco si unisce a tutti gli uomini di buona volontà che s’impegnano affinché la follia omicida del
terrorismo non trovi più spazio nel
nostro mondo». In tal senso, conclude il telegramma, «implora da Dio
Padre misericordioso la consolazione, la protezione e la confortatrice
benedizione».
Il massacro è avvenuto ieri sera,
poco dopo le 20. Un tir ha travolto
l’affollato mercatino natalizio vicino
alla Chiesa del Ricordo nel quartiere
di Charlottenburg, nel centro di Ber-
lino. L'attentatore si è dato alla fuga.
Questa mattina si è parlato di un arresto, ma non è certo che la persona
fermata — un pakistano che aveva
chiesto asilo in Germania — sia l’autore della strage. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, confermando
che si è trattato di un attentato terroristico, si è detta «inorridita, scossa e profondamente triste». Ha parlato di «atto barbaro e inconcepibile» ma ha ribadito che l’occidente
«non vuole vivere paralizzato dalla
paura e dal male». Merkel ha quindi
assicurato che «anche se in queste
ore risulta difficile, il popolo tedesco
troverà la forza per vivere come desidera in Germania, liberi, insieme e
aperti». Di qui, il cancelliere ha confermato anche di voler «continuare a
sostenere le persone che chiedono di
integrarsi» e ha assicurato che, nonostante quanto accaduto, «la Germania non rinuncerà ai mercatini di
Natale». Merkel ha iniziato il suo
Il dialogo
non è debolezza
GIANLUCA BICCINI
A PAGINA
8
stro, e il terrorista che si è dato alla
fuga dopo la strage. Come detto, la
polizia ha fermato un giovane pakistano di 23 anni, arrivato in Germania attraverso la rotta balcanica, che
ha fatto regolare domanda di asilo,
ma sotto falsa identità, dichiarando
di essere afghano. Con il passare
delle ore, tuttavia, la polizia si è
convinta che non sia lui il guidatore
del tir e che l’attentatore sia ancora
«armato e a piede libero». La situazione resta dunque altamente incerta
e tesa.
Da tutto il mondo, intanto, arrivano messaggi di solidarietà e condoglianze. Ha assicurato vicinanza e
supporto nelle indagini il presidente
degli Stati Uniti, Barack Obama. E
il presidente della Russia, Vladimir
Putin, ha manifestato solidarietà e
sdegno per «un crimine commesso
contro i cittadini civili che sconvolge
per la sua crudeltà e il cinismo». Il
presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha parlato
telefonicamente con il cancelliere
Angela Merkel. Alla Commissione
europea le bandiere sono a mezza
asta in segno di lutto per tutta
l’Unione.
Il presidente francese, François
Hollande, sottolineando che la
«cooperazione» con la Germania è
«molto intensa», ha ricordato la
strage di Nizza avvenuta il 14 luglio,
con analoga dinamica, e ha racco-
Agenti controllano il tir che ha seminato morte nel mercatino di Natale a Berlino (Afp)
mandato di «restare solidali e uniti
nella lotta contro il terrorismo che
riguarda tutti ovunque nel mondo».
Massima allerta anche in Italia. Il
presidente del Consiglio dei ministri,
Paolo Gentiloni, ha avuto un colloquio con Merkel, esprimendogli il
cordoglio del governo italiano. Il Vi-
minale ha chiesto di «rafforzare i
controlli nelle aree di maggiore afflusso di persone in occasione dello
svolgimento di eventi o cerimonie
previste per le prossime festività natalizie nonché verso luoghi che notoriamente registrano particolare afflusso di visitatori».
Il dolore del Pontefice in un telegramma a Putin
Per monitorare l’evacuazione dei civili
Assassinato l’ambasciatore russo ad Ankara
Osservatori dell’Onu
ad Aleppo
ANKARA, 20. Il dolore del Papa per il
«violento attacco avvenuto ad Ankara,
che ha portato alla morte dell’ambasciatore Andrei Karlov» è stato espresso dal
cardinale Pietro Parolin, segretario di
Stato, in un telegramma inviato al presidente russo Vladimir Putin. Il Pontefice, è scritto nel telegramma, «esprime le
proprie condoglianze a tutti coloro che
piangono la sua perdita, e in modo particolare ai membri della famiglia
dell’ambasciatore Karlov. Nel raccomandare la sua anima a Dio onnipotente,
Papa Francesco assicura a voi e a tutto
il popolo della Federazione russa le sue
preghiere e la sua vicinanza spirituale».
Condoglianze per l’uccisione dell’ambasciatore Karlov sono state espresse stamane anche all’ambasciatore russo presso la Santa Sede, Alexander Avdeev,
con una telefonata del segretario per i
rapporti con gli Stati, arcivescovo Paul
Richard Gallagher.
L’assassinio del diplomatico è avvenuto ieri pomeriggio nella capitale turca:
Mevlüt Mert Altintaş, poliziotto di 22
anni, proveniente da Manisa, nell’Anatolia occidentale, ha sparato all’ambasciatore russo ad Ankara, Andrey Karlov, uccidendolo con un colpo alla
Intervista a padre Arturo Sosa
Le due fonti
y(7HA3J1*QSSKKM( +.!=!?!$!#!
Per il cardinale Tauran
discorso nella sede della cancelleria
con un pensiero a «tutte le persone
colpite da questa tragedia» e a
quanti sono intervenuti sul luogo in
aiuto. Ha poi invitato la popolazione a rimanere unita in una «giornata
difficile».
Per monitorare la situazione, è
stata convocata una riunione d'emergenza del Governo, alla quale partecipa anche il sindaco di Berlino, Michael Müller. Merkel ha poi deciso
di recarsi in visita nel pomeriggio
sulla Breitscheidtplatz, nel luogo in
cui è avvenuta la strage, assieme al
ministro dell’interno, Thomas de
Maizière, e al sindaco di Berlino,
per portare solidarietà «come tanti
berlinesi». Merkel ha ripetuto che
«la Germania vive un giorno molto
duro». All’alba di questa mattina
unità speciali della polizia hanno
fatto irruzione in un hangar dell'ex
aeroporto di Tempelhof, a Berlino,
dove da un anno è stato allestito un
grande campo che accoglie i profughi. Si cercano collegamenti con
l’attentato.
Il tir aveva targa polacca ed era
partito dall’Italia per consegnare un
carico nella capitale tedesca. Sarebbe
stato sequestrato nel pomeriggio. La
polizia di Berlino ha confermato che
sul mezzo viaggiavano due persone:
il polacco autista originario del tir,
che è stato ucciso dai colpi di un’arma da fuoco al momento del seque-
PAGINA 7
schiena e uno alla testa. Un atto di terrorismo senza precedenti, avvenuto ieri
pomeriggio ad Ankara e rivendicato dal
cosiddetto stato islamico (Is). «Dobbiamo sapere chi ha guidato la mano
dell’assassino» ha dichiarato il presidente Putin, definendo il gesto «chiaramente una provocazione».
Dopo gli spari, il diplomatico, 62 anni, intervenuto per presentare una mostra fotografica sulla Russia, si è accasciato a terra; ha ricevuto le prime cure
sul posto, ma non è stato neanche trasportato in ospedale perché sarebbe stato inutile. Le forze speciali turche hanno subito fatto irruzione nella galleria
d’arte e ucciso l’aggressore che conti-
nuava a sparare. Tre persone sono state
ferite durante la sparatoria. I testimoni
in sala hanno riferito che il giovane parlava in tre lingue: turco, arabo e russo.
È stato ucciso dai suoi stessi colleghi.
Secondo quanto emerge dalle prime
ricostruzioni, l’attentatore si era diplomato nel 2014 all’accademia di polizia
Rüştü Ünsal di Smirne e faceva parte
delle unità anti-sommossa. In due occasioni aveva anche prestato servizio per
la scorta del presidente Recep Tayyip
Erdoğan, sia a Konya nel 2014 che a
Bursa nel febbraio 2015. La polizia turca
ha fermato la sorella e la madre dell’assassino, e ha perquisito l’abitazione nel-
la città di Soke, provincia di Aydin, nel
sudovest del paese.
La pista islamista non convince tutti.
Il sindaco di Ankara, Melih Gökçek, ha
ipotizzato che l’azione sia stata ispirata
dal Feto, un’organizzazione che fa
riferimento all’ex imam in esilio, Fethullah Gülen, considerato dalla Turchia un
terrorista e accusato di aver organizzato
il fallito colpo di stato del 15 luglio
scorso.
Erdoğan ha dichiarato che si è trattato di un «vile attentato» volto «a danneggiare le relazioni fra Turchia e Russia». Il Cremlino ha disposto l’invio di
un gruppo di diciotto investigatori.
Sulla gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo
Prorogato l’accordo tra Europa e Turchia
BRUXELLES, 20. L’accordo sui migranti, siglato a marzo tra l’Unione europea e la Turchia, continuerà a essere applicato anche nel
2017. Ad annunciarlo sono state
ieri fonti del ministero degli esteri
di Ankara.
Secondo le fonti, a permettere
il prolungamento dell’accordo è
stato il miglioramento del dialogo
su un punto cruciale: la liberalizzazione dei visti per i cittadini
turchi. Gli ultimi incontri tra le
parti hanno infatti evidenziato
«un approccio positivo» e un effettivo «ritorno al dialogo» in vista di un probabile summit da tenersi nei primi mesi del 2017. Nei
giorni scorsi, Ankara avrebbe presentato a Bruxelles una nuova
proposta proprio per superare lo
stallo sui visti. Tra le ipotesi, ci
sarebbe quella di un monitoraggio da parte del Consiglio d’Europa dell’applicazione della normativa antiterrorismo, senza modificarla sulla carta. Il dialogo,
auspicano in Turchia, dovrà riguardare anche un’accelerazione e
ridefinizione del trasferimento dei
fondi previsti nell’ambito dell’accordo con l’Unione. Secondo An-
kara, finora sono stati effettivamente trasferiti 667 milioni di euro sui tre miliardi promessi.
E intanto, il presidente della
Repubblica italiana, Sergio Mattarella, è tornato a ribadire la necessità di misure concrete per far
fronte all’emergenza immigrazione. «Il fenomeno migratorio, alimentato da scenari di crisi, da
marcate differenze nella distribuzione del benessere e da amplissimi differenziali demografici, costituisce una sfida irrisolta per le
nostre coscienze e per le nostre
società, sinora incapaci di elaborare risposte adeguate, sostenibili
e durature» ha detto il titolare del
Quirinale.
Parole che riecheggiano in modo ancor più forte, guardando
agli ultimi dati di cronaca. Questa mattina cinque migranti, quattro dei quali bambini, sono morti
nel naufragio di un’imbarcazione.
Un altro migrante è disperso
mentre altri sette sono stati tratti
in salvo dall’intervento delle
autorità turche. L’incidente è avvenuto al largo dell’isola greca di
Lesbo.
DAMASCO, 20. Osservatori delle Nazioni Unite dovranno
monitorare l’evacuazione dei civili dai quartieri orientali di
Aleppo. Questo il punto cruciale della risoluzione approvata ieri dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. Il testo prevede
che il segretario generale Ban Ki-moon debba «adottare
misure urgenti» per garantire l’effettivo dispiegamento degli osservatori ai quali spetterà di «verificare il benessere
dei civili» interessati, «di concerto con le parti in causa»,
cioè attraverso consultazioni con Russia, Siria e ribelli.
La risoluzione, elaborata dalla Francia, aveva suscitato le
critiche di Mosca. Tuttavia, «dopo alcune ore di lavoro —
ha detto l’ambasciatore russo all’Onu, Vitaly Churkin —
siamo arrivati a un buon testo». Ad Aleppo est, sono ancora circa 50.000 i civili in attesa di abbandonare la città.
Stremati da mesi di combattimenti, mancano di tutto:
dall’acqua potabile all’energia elettrica alle risorse alimentari di base.
L’approvazione del testo arriva in un momento molto
delicato sul piano diplomatico. Ieri l’inviato speciale Staffan de Mistura ha annunciato l’intenzione di riprendere i
colloqui a Ginevra l’8 febbraio 2017. E sempre ieri il presidente russo, Vladimir Putin, e il capo dello stato iraniano,
Hassan Rohani, «hanno dettagliatamente discusso della
problematica siriana, soprattutto della situazione relativa ad
Aleppo» come è riportato in una nota del Cremlino. Oggi
invece è previsto un incontro a Mosca tra i ministri degli
esteri e della difesa di Russia, Turchia e Iran.
NOSTRE INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Lismore (Australia), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Jeffrey H. Jarrett.
Provvista di Chiesa
Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi
di Lismore (Australia) il Reverendo Padre Gregory
Homeming, O.C.D., finora Vicario regionale dei Carmelitani Scalzi in Australia.
Nomina di Vescovi Ausiliari
Migranti arrivano nella notte nel porto di Augusta (Reuters)
Il Santo Padre ha nominato Ausiliari dell’Arcidiocesi di Bombay (India) i Reverendi:
— Allwyn D’Silva, Vicario Episcopale di Bombay,
assegnandogli la Sede titolare vescovile di Dura;
— Barthol Barretto, del clero di Bombay, Parroco e
Vicario Foraneo, assegnandogli la Sede titolare vescovile di Strongoli.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
mercoledì 21 dicembre 2016
Il presidente della commissione europea
Jean-Claude Juncker (Reuters)
Uccisi sei soldati di Kiev dai separatisti nel Donbass
Riesplode la violenza
nell’est dell’Ucraina
KIEV, 20. Nelle ultime 24 ore almeno
sei soldati governativi ucraini sono
stati uccisi e altri sedici sono rimasti
feriti, sei dei quali in modo grave, a
causa di combattimenti nel Donbass
contro i ribelli separatisti filorussi: lo
ha denunciato ieri Andriy Lysenko,
portavoce dell’operazione antiterrorismo lanciata dalle autorità di Kiev
nell’aprile 2014 nell’est del paese.
Dal canto loro gli insorti avrebbero
perso una ventina di uomini.
Gli scontri, i peggiori in Ucraina
orientale dei quali si sia avuta notizia da settimane, sono avvenuti nei
pressi di Svetlodarsk, una località situata nella regione russofona di Donetsk a ridosso del confine amministrativo con quella di Lugansk, le
due principali roccheforti dei secessionisti. Le parti si sono accusate a
vicenda di aver sferrato un attacco a
sorpresa con artiglieria pesante,
all’origine delle rinnovate ostilità.
Il consiglio dell’Ue ha rinnovato
di sei mesi le sanzioni economiche
contro la Russia adottate dopo l’annessione della Crimea, e le misure
restrittive saranno mantenute fino al
31 luglio 2017. La decisione è stata
presa dagli ambasciatori degli stati
membri (Coreper), che hanno formalizzato attraverso procedura scritta l’orientamento espresso venerdì
scorso dai capi di stato e di governo
in occasione del summit a Bruxelles.
Le sanzioni decretate per il settore
finanziario, energetico e della difesa
sono state adottate per la prima volta il 31 luglio 2014, quale risposta
dell’Unione europea alle azioni di
destabilizzazione dell’Ucraina condotte dalla Russia. Di volta in volta
Ancora
divergenze
dopo il consiglio
Nato-Russia
BRUXELLES, 20. La situazione
nell’est dell’Ucraina «resta fonte di
gravi preoccupazioni: le violazioni
del cessate il fuoco hanno raggiunto
livelli record negli ultimi mesi. Gli
armamenti pesanti non sono stati ritirati e gli osservatori dell’O rganizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) sono a più
riprese diventati dei bersagli». Lo ha
sottolineato il segretario generale
della Nato, Jens Stoltenberg, al termine della riunione del consiglio
Nato-Russia ieri a Bruxelles.
«Il primo argomento discusso è
stata la crisi in Ucraina e intorno
all’Ucraina. Gli alleati e la Russia
hanno profondi disaccordi sulla crisi» ha continuato Stoltenberg. «Gli
alleati hanno reiterato il loro forte
sostegno alla sovranità e all’integrità
territoriale dell’Ucraina. Inoltre, gli
alleati non riconoscono, né riconosceranno, l’illegittima e illegale annessione della Crimea» da parte del
Cremlino. «Gli accordi di Minsk
forniscono un piano per la risoluzione del conflitto nell’Ucraina orientale. Tutti i firmatari dovrebbero rispettare pienamente i propri impegni e gli alleati chiedono alla Russia
di utilizzare la propria considerevole
influenza sui militanti» separatisti
«affinché rispettino pienamente gli
impegni che hanno preso», ha tenuto a sottolineare Stoltenberg.
Le riunioni del consiglio NatoRussia erano state sospese nel giugno del 2014, dopo l’annessione della Crimea alla Federazione russa, e
fino a quest’anno non è più stato
convocato. I colloqui sono stati riattivati ad aprile e, in una seconda occasione, a luglio. Quella di ieri è stata la terza riunione tra rappresentanti di Mosca e dell’Alleanza atlantica.
L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
[email protected]
www.osservatoreromano.va
le sanzioni sono state rinnovate per
l’assenza di progressi nella normalizzazione della situazione.
Il consiglio dell’Ue ha inoltre deciso di mobilitare oltre 150 milioni di
euro a sostegno del processo di riforme in Ucraina. Le nuove tranche
di aiuti sono state rese disponibili
attraverso la firma di due diversi accordi, sottoscritti ieri a Bruxelles.
Nel frattempo il governo ucraino
ha infatti deciso di nazionalizzare al
cento per cento PrivatBank, la più
grande banca del paese a causa delle
preoccupazioni sulla sua stabilità.
L’istituto di credito appartiene per il
90 per cento a due oligarchi: Ghennadi Bogoliubov e Igor Kolomoiski.
Secondo il presidente ucraino, Petro
Poroshenko, la decisione «salva sia
la banca sia il sistema bancario» della Repubblica. Da parte sua, il governo sottolinea che la nazionalizzazione di PrivatBank avviene con il
consenso dell’attuale proprietà e «in
stretto
coordinamento
con
le
organizzazioni finanziarie internazionali».
Il presidente Poroshenko ispeziona le truppe nel Donbass (Reuters)
Agenda sottoscritta da tutte le principali istituzioni
Le priorità del 2017
per l’Unione europea
BRUXELLES, 20. Occupazione e crescita, politiche sociali, sicurezza,
immigrazione, mercato unico digitale e unione dell’energia. Sono
questi i sei grandi temi su cui le
istituzioni comunitarie si sono impegnate a lavorare per il 2017. Lo
evidenzia un documento comune
sottoscritto da consiglio, commissione e parlamento dell’Ue.
Il rapporto rappresenta, di fatto,
l’impegno dei Ventisette per l’aper-
Governo pronto a indire un altro referendum sull’indipendenza da Londra
La Scozia vuole restare nel mercato unico
LONDRA, 20. La Scozia annuncia
ufficialmente oggi il suo piano sulla
Brexit. Ieri, in una dichiarazione alla stampa, il premier scozzese Nicola Sturgeon ha affermato che
«Edimburgo è pronta anche a indire un secondo referendum sull’indipendenza dalla Gran Bretagna qualora questo le garantisse il suo posto in Europa».
Il premier scozzese ha chiarito
che il primo obiettivo è «assicurare
la permanenza della Scozia all’interno del mercato unico europeo».
Per farlo si stanno studiando alcune
soluzioni da presentare al governo
di Londra. «L’indipendenza deve
restare una opzione per salvaguardare il nostro status europeo — ha
affermato Sturgeon — qualora diventi chiaro che gli interessi scozzesi non possono essere difesi in nessun altro modo».
Prima di tutto Edimburgo sta
cercando il compromesso con Londra, anche se appare molto difficile
che il governo conservatore si possa
piegare a particolari concessioni
avendo già di fronte la sfida dei negoziati con Bruxelles.
Intanto, da Londra è arrivata
una precisazione in tema di spese.
Il governo Tory di Theresa May ha
fatto sapere di non avere mai messo
in bilancio la cifra di 50 miliardi di
sterline, fra arretrati, compensazioni
et similia, per l’uscita dall’Ue, come
scrive la stampa. Almeno ha detto
di non riconoscere che questa cifra
sia già sul tavolo. Secondo i media
britannici, questa cifra è stata prospettata in sede europea e fra i funzionari del team destinato ad affiancare il capo negoziatore francese di Bruxelles, Michel Barnier.
Precisamente un portavoce di
Downing Street ha affermato che «i
negoziati non sono iniziati e quindi
questa cifra non esiste».
Al Consiglio europeo del 15 dicembre May ha avuto una serie di
colloqui, ma il dossier Brexit è rimasto sullo sfondo di altri dibattiti.
Nei giorni scorsi, in realtà, è stato
proprio il ministro britannico per la
Brexit, David Davis, a non escludere la possibilità del pagamento di
«contributi» da parte di Londra,
anche dopo la separazione da Bruxelles, per mantenere magari un accesso parziale al mercato comune
europeo.
Nuovi incarichi
in Campidoglio
Il premier scozzese Nicola Sturgeon (Reuters)
Scontro tra Irlanda e Ue
sulle tasse alla Apple
DUBLINO, 20. Come ampiamente
preannunciato, l’Irlanda non rivuole indietro dalla Apple i 13 miliardi di euro in tasse non pagate,
che invece la Commissione europea le aveva chiesto di recuperare.
Il governo di Dublino non intende passare per quello che ha illegalmente aiutato l’azienda di
Cupertino a fare profitti alle spalle
dei contribuenti, e ha presentato il
suo ricorso contro la decisione di
Bruxelles. La Commissione, invece, ribadisce la sua posizione,
pubblicando ieri il testo della de-
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Gaetano Vallini
Incertezza nella ex repubblica
jugoslava di Macedonia
cisione di agosto, arricchito di dettagli sulla maxi-evasione dell’Irlanda. Grazie a due tax ruling,
cioè particolari accordi fiscali tra
autorità e aziende, stipulati nel
1991 e 2007, la Apple — indica il
documento — ha evaso sistematicamente tasse che avrebbe dovuto
pagare su tutti i profitti generati
sulle vendite nell’Ue e anche in
Africa e Medio oriente. Per il ministero del tesoro irlandese, l’antitrust europeo «è andato al di là
dei suoi compiti fino a interferire
con la sovranità nazionale».
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
segretario di redazione
In ogni caso, May ha confermato
l’intenzione di notificare l’articolo
50 del trattato di Lisbona per l’avvio, entro fine marzo, del percorso
formale verso la Brexit, di fatto irrevocabile. Ma a gennaio si attende
il verdetto della Suprema corte sul
ricorso a proposito della necessità
di un voto parlamentare sull’iter,
dopo che l’Alta corte di Londra si è
pronunciata a favore.
tura di una corsia preferenziale in
ambito legislativo e decisionale nei
sei settori individuati. Per il rilancio di occupazione, crescita e investimenti si guarda al prosieguo dei
lavori per la costruzione di strumenti di difesa commerciale,
l’unione bancaria, l’unione dei mercati dei capitali e il miglioramento
della gestione dei rifiuti nell’economia circolare. La sicurezza dei cittadini dovrà passare attraverso il sistema di ingressi e uscite, l’iniziativa per una gestione intelligente
delle frontiere, il sistema dell’Ue di
informazione e autorizzazione ai
viaggi, il controllo delle armi da
fuoco, gli strumenti per perseguire
penalmente il terrorismo e lottare
contro il riciclaggio di denaro e il
finanziamento del terrorismo, e i
sistemi europei di informazione sui
casellari giudiziali.
Il mercato unico digitale verterà,
invece, sulle riforme del diritto
d’autore e delle telecomunicazioni,
l’unione della banda dei 700 MHz,
il superamento dei blocchi geografici ingiustificati, la direttiva sui
servizi di media audiovisivi e le
norme comuni sulla protezione dei
dati. Accanto ai sei ambiti, sono
stati indicati quattro temi fondamentali, che richiedono ulteriori
progressi nel 2017: impegno a favore dei valori comuni europei, dello
stato di diritto e dei diritti fondamentali; lotta contro la frode fiscale, l’evasione fiscale e l’elusione fiscale; tutela del principio della libera circolazione dei lavoratori; necessità di contribuire alla stabilità e
alla sicurezza.
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
SKOPJE, 20. Nella ex repubblica jugoslava di Macedonia la situazione
resta molto incerta e piena di tensione, dopo il voto anticipato
dell’11 dicembre scorso che ha fatto
registrare un successo di stretta misura del partito conservatore al governo Vmro-Dpmne sui socialdemocratici (Sdsm) all’opposizione.
Per l’esame ancora non completato dei ricorsi ed eccezioni di regolarità presentati da varie forze
politiche, i risultati finali non sono
stati ancora ufficializzati, e i leader
dei due schieramenti contrapposti
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
fax 06 698 83675
[email protected]
Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
— il conservatore Nikola Gruevski
e il socialdemocratico Zoran Zaev
— rivendicano entrambi il diritto a
formare il nuovo governo.
Numerosi osservatori politici internazionali si sono detti preoccupati per la situazione creatasi dopo
le legislative e non escludono
disordini e azioni di forza, sottolineando come le elezioni, dalle
quali ci si attendeva la soluzione
della lunga crisi politica nel paese
balcanico, abbiano al contrario
complicato ulteriormente la situazione.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
ROMA, 20. La giunta di Roma ha
un nuovo vicesindaco e un nuovo
assessore all’ambiente. Si tratta rispettivamente di Luca Bergamo e
di Pinuccia Montanari.
Già assessore alla crescita culturale, Bergamo prende il posto del
dimissionario Daniele Frongia, che
ha scelto di rinunciare all’incarico
di vicesindaco nei giorni scorsi, pur
mantenendo le deleghe alle politiche giovanili e allo sport. Montanari sarà invece il nuovo assessore
all’ambiente dopo le dimissioni di
Paola Muraro, indagata per presunti reati ambientali.
Intanto oggi, nel carcere di Regina Coeli, sono in programma gli
interrogatori di garanzia per l’imprenditore Sergio Scarpellini e per
l’ex capo del personale del comune
di Roma Raffaele Marra, arrestati
il 16 dicembre con l’accusa di corruzione.
L’accusa per Marra è arrivata in
conseguenza di un’indagine iniziata nel 2013, quando era a capo del
dipartimento politiche abitative del
comune di Roma, durante la giunta guidata da Gianni Alemanno.
Insieme a Marra è stato arrestato,
come detto, Scarpellini, accusato di
avergli pagato alcune tangenti per
ottenere in cambio dei favori.
Concessionaria di pubblicità
Aziende promotrici della diffusione
Il Sole 24 Ore S.p.A.
System Comunicazione Pubblicitaria
Ivan Ranza, direttore generale
Sede legale
Via Monte Rosa 91, 20149 Milano
telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214
[email protected]
Intesa San Paolo
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Società Cattolica di Assicurazione
Credito Valtellinese
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì 21 dicembre 2016
pagina 3
Ribelli kachin nei pressi
del confine con la Cina (Afp)
Appello del rappresentante speciale delle Nazioni Unite a Kabul
Talebani invitati
al processo di pace
KABUL, 20. Il rappresentante speciale del segretario generale dell’O nu
in Afghanistan, Tadamichi Yamamoto, ha rivolto un appello ai talebani
a unirsi ai negoziati di pace con il
governo, visto che «una soluzione
militare del conflitto afghano è im-
Missione
del presidente
iraniano
Rohani
TEHERAN, 20. Il presidente iraniano, Hassan Rohani, inizierà
domani una visita in tre paesi
asiatici: Armenia, Kazakhstan e
Kyrgyzstan. l’annuncio è stato
dato dal viceresponsabile del suo
staff, Parviz Esmaeili. Rohani mira a rilanciare le relazioni con i
tre paesi. Lo sviluppo delle cooperazioni bilaterali, soprattutto
nel settore commerciale, sarà al
centro dei colloqui con Serž Sargsyan, Nursultan Nazarbayev e
Almazbek Atambayev, rispettivamente presidenti di Armenia, Kazakhstan e Kyrgyzstan.
Le relazioni politiche tra Teheran e Erevan sono molto vicine.
A testimonianza di ciò basta ricordare che l’Iran ha di fatto sostenuto gli armeni nel contenzioso con l’Azerbaigian nella crisi
del Nagorno Karabakh. Il progetto più importante tra i due
paesi, avviato nel 2007, è stato il
gasdotto che esporta annualmente 1,1 miliardi di metri cubi di gas
iraniano in Armenia e che nel
2019 arriverà a esportare 2,3 miliardi di metri cubi annui.
La ferrovia Est-Caspio, inaugurata nel 2014, e che oltre ai due
paesi coinvolge pure il Turkmenistan, è invece il progetto più importante che Teheran e Astana
hanno avviato in presenza degli
stessi Rohani e Nazarbayev. L’11
aprile scorso, poi, le due nazioni
hanno firmato 44 protocolli d’intesa per un valore di un miliardo
di dollari. Negli anni delle sanzioni all’Iran il Kazakhstan si è
rivelato un attore «favorevole a
Teheran» e l’interscambio tra le
due nazioni nel 2014 è stato di
900 milioni di dollari.
Infine, nel 2012 l’interscambio
tra Teheran e Bishkek era di un
miliardo di dollari ma negli ultimi anni gli scambi tra le due nazioni hanno subito una discesa libera. L’Iran è divenuto l’ultimo
partner commerciale del Kyrgyzstan tra le nazioni asiatiche ed è
chiaro che Rohani sia intenzionato a ridare forza agli scambi. La
visita di Rohani in Asia segue a
quella del ministro degli esteri,
Mohammad Javad Zarif, in India, Cina e Giappone.
possibile». Lo riferisce oggi l’agenzia di stampa Pajhwok.
L’appello è stato formulato ieri
sera durante un dibattito sull’Afghanistan al consiglio di sicurezza delle
Nazioni Unite in cui Yamamoto ha
sottolineato che l’unico cammino
verso una pace significativa passa
per un dialogo inter-afghano. «La
leadership talebana — ha sottolineato — deve riconsiderare la nozione
secondo cui i suoi obiettivi possono
solo essere raggiunti sul campo di
battaglia».
Dopo aver chiesto a tutte le parti
implicate nel lungo conflitto di
identificare gli interessi comuni, il
responsabile dell’Onu ha concluso
che «ci vuole coraggio per entrare
in un processo di pace. Ma non è
una ammissione di sconfitta, bensì il
riconoscimento di una realtà. Una
guerra senza fine rovina il paese e
ha gravi conseguenze per la gente».
E, intanto, l’ex presidente afghano, Hamid Karzai, ha lodato il
«ruolo costruttivo» che la Russia sta
svolgendo per trovare una soluzione
al lungo conflitto. Incontrando ieri
Colpita la roccaforte dell’esercito per l’indipendenza del Kachin
Attacchi contro i ribelli nel Myanmar
NAYPYIDAW, 20. Non si fermano le violenze nel Myanmar settentrionale. L’ala militare dell’etnia ribelle kachin ha denunciato che le forze governative del paese
asiatico hanno avviato una vasta offensiva militare contro il loro quartier generale.
Secondo un comandante dell’esercito per l’indipendenza kachin, i soldati inviati da Naypyidaw avrebbero
utilizzato «aerei da combattimento e armi pesanti» per
colpire il quartier generale ribelle nel nord, al confine
con la Cina, dove è in corso una annosa battaglia separatista. Dal mese scorso, gruppi etnici ribelli hanno più
volte attaccato le forze governative, così rispondendo —
hanno spiegato in una nota alla stampa — alla pressione
dei militari. Secondo varie fonti, vi sono state diverse
vittime da entrambe le parti in lotta.
La minoranza kachin (circa il 15 per cento della popolazione) reclama una maggiore indipendenza.
Divampate nel giugno 2011 dopo 17 anni di relativa
calma, le violenze fra militari governativi e kachin hanno causato decine di vittime e almeno 200.000 sfollati.
Appelli per la pace e il dialogo sono giunti più volte
dalla comunità internazionale.
I grandi elettori
ratificano
l’elezione di Trump
Arrestati anche cinque poliziotti accusati di atti di vandalismo e di furto
Proteste e saccheggi in Venezuela
CARACAS, 20. Durante le proteste e i
saccheggi che hanno segnato lo scorso fine settimana in Venezuela, innescati dall’annuncio del ritiro delle
banconote da 100 bolívar, sono stati
arrestati anche cinque poliziotti, accusati di atti di vandalismo e di aver
rubato merce che avevano sequestrato a dei saccheggiatori. L’arresto è
avvenuto in uno degli epicentri degli
scontri, Ciudad Bolívar, nel sudest
del paese, dopo che sono comparsi
in rete foto e video in cui si vedeva
come, dopo aver fermato un gruppo
di saccheggiatori, gli agenti scappavano a bordo di una moto, carichi di
prodotti alimentari che non hanno
mai consegnato alle autorità. Ad
Heres, più a nord nello stesso stato
di Bolívar, sono stati invece fermati
tre poliziotti che, secondo le testimonianze raccolte dalla stampa locale, stavano partecipando ad atti di
vandalismo.
La violenza di piazza è esplosa
durante il fine settimana in vari punti del paese, a seguito della mancata
distribuzione delle nuove banconote
che avrebbero dovuto sostituire
quelle da 100 bolívar.
Venezuelani portano via cibo da un negozio nel quale hanno fatto irruzione (Reuters)
Offensiva antijihadista
a Bengasi
TRIPOLI, 20. Le truppe dell’esercito
nazionale libico che fa capo al generale Khalifa Haftar, hanno circondato i capi delle principali milizie islamiste del consiglio della shura attivo a Bengasi. Lo ha annunciato il portavoce dell’esercito, colonnello Ahmed Al Mismari, secondo cui si tratta di Wisam bin Hamid, Jalal Makhzoum e Wisam bin
Shtawn. I due sarebbero adesso
bloccati in un edificio nel quartiere
centrale di Ganfouda, considerato
come l’ultimo avamposto degli islamisti nel capoluogo della Cirenaica,
e da settimane teatro di aspri combattimenti con i seguaci di Haftar.
Uno di questi ultimi, Salem Ghafir, aveva annunciato ieri come imminente la liberazione di Ganfouda, zona residenziale ma assediata
ormai da tre mesi e senza più corrente elettrica, acqua potabile e ali-
l’ambasciatore russo, Aleksander
Mantinsky, Karzai ha elogiato il
ruolo di Mosca e l’interesse che essa
mostra nel riportare la pace in Afghanistan contribuendo anche al
suo sviluppo. Definendo la guerra e
il terrorismo come minacce per l’intera regione, Karzai ha sottolineato
che il sostegno dei paesi vicini è necessario e determinante per colloqui
di pace con i talebani.
Infine, l’ambasciatore Hugo Llorens ieri ha assunto l’incarico di
nuovo capo della missione degli
Stati Uniti in Afghanistan, in sostituzione di P. Michael McKinley,
che ha lasciato Kabul dopo oltre tre
anni di servizio. Lo ha reso noto
l’ambasciata statunitense nella capitale afghana. Compito del nuovo
ambasciatore, si precisa, «sarà quello di sostenere l’Afghanistan negli
sforzi in corso per consolidare la democrazia, aumentare la crescita economica e la stabilità politica e continuare i miglioramenti registrati
nell’ultimo decennio nel paese a livello di salute, istruzione e diritti
delle donne».
menti freschi per le centosettanta
famiglie che ancora vi risiedono.
E intanto, «l’unica alternativa in
Libia è una soluzione politica basata sul dialogo»: lo ha detto il primo
ministro algerino, Abdelmalek Sellal, durante un colloquio tenuto ieri
con generale libico, Khalifa Haftar,
uomo forte della fazione che fa capo al parlamento di Tobruk.
I due hanno discusso, secondo
un comunicato dell’ufficio stampa
di Sellal, «degli sviluppi della situazione in Libia, delle prospettive di
risoluzione della crisi e del ritorno
alla stabilità, alla pace e alla sicurezza nel quadro dell’unità e della
sovranità della Libia». Il premier
algerino nei colloqui con il generale
Haftar ha sottolineato che non vi è
alternativa alla «politica basata sul
dialogo interlibico inclusivo e sulla
riconciliazione nazionale».
Il presidente del Congo non lascia
alla scadenza del mandato
KINSHASA, 20. È scaduto alla mezzanotte di ieri il mandato presidenziale di Joseph Kabila, alla guida
della Repubblica democratica del
Congo dal 16 gennaio 2001. Il capo
di stato non sembra però intenzionato a lasciare il potere. Mentre nella capitale Kinshasa sono state dispiegate unità dell’esercito e della
polizia per prevenire ed eventualmente reprimere manifestazioni organizzate dai suoi oppositori, un tribunale ha stabilito che Kabila può
rimanere in carica fino a quando
non si terranno nuove elezioni.
L’appuntamento elettorale, che
avrebbe dovuto tenersi lo scorso novembre, è stato rinviato a tempo indeterminato. I sostenitori del presidente vorrebbero votare non prima
dell’aprile del 2018. Il capo dell’opposizione Felix Tshisekedi chiede invece che si vada alle urne nel
2017.
I vescovi della Conferenza episcopale, che stavano svolgendo una
mediazione tra i fedelissimi del
presidente e l’opposizione, hanno
annunciato la sospensione dei colloqui. Le organizzazioni per i diritti umani temono che la popolazione scenda nelle strade e che si verifichino saccheggi e scontri come
quando fu annunciato il rinvio delle elezioni e più di cinquanta persone rimasero uccise.
La tensione è alta. Kinshasa, una
megalopoli di oltre dieci milioni di
abitanti, è quasi deserta. Le autorità hanno deciso la sospensione del
campionato di calcio, per evitare
che le manifestazioni sportive vengano trasformate in proteste politiche. Restrizioni sono state poste
sui social media, mentre alle emittenti televisive e radiofoniche è fatto divieto di trasmettere programmi
a carattere politico.
Tutto è cominciato domenica 11
dicembre, quando il presidente Nicolás Maduro ha annunciato che i
biglietti da 100 bolívar sarebbero stati completamente ritirati entro 72 ore
e sostituiti da nuove banconote, che
sarebbero state distribuite a partire
dal giovedì seguente. La misura, che
il governo stesso ha definito «drastica», era ritenuta necessaria da Maduro per combattere le mafie locali e
straniere che avrebbero depositato
centinaia di migliaia di banconote
nella vicina Colombia per destabilizzare la sua politica economica. Le
lunghe file agli sportelli bancari
hanno creato una prima ondata di
tensione alla quale si è aggiunta
un’altra più profonda quando venerdì le nuove banconote non sono state messe in circolazione come annunciato.
La situazione è degenerata rapidamente e durante il sabato e la domenica si sono moltiplicati i saccheggi
e le proteste violente. Il governo ha
posticipato a inizio gennaio la distribuzione delle nuove banconote, e ha
denunciato cospirazioni internazionali che avrebbero impedito l’arrivo
delle banconote nei tempi previsti.
Il presidente Maduro, da parte
sua, ha assicurato che il 2017 «sarà
un nuovo anno di espansione e crescita per il Venezuela che continua a
elevarsi al di sopra della meschinità
e della guerra economica per diventare una patria di felicità».
WASHINGTON, 20. Con il voto del
collegio elettorale, la vittoria di
Donald Trump è ufficiale: sarà il
45º presidente degli Stati Uniti.
«Con questo storico passo possiamo guardare al brillante futuro
che abbiamo davanti», ha dichiarato in una nota il presidente eletto, dopo aver superato senza sorprese la fatidica soglia dei 270 voti
necessari per assicurarsi la Casa
Bianca, cioè a dire la maggioranza
assoluta dei 538 grandi elettori.
Anche l’elezione del vicepresidente eletto, Mike Pence, è stata ratificata dai grandi elettori.
«I voti ufficiali espressi dal collegio elettorale hanno superato
con un margine molto ampio quota 270, molto più grande di quanto non avessero immaginato i media», ha sottolineato Trump. Il
presidente eletto ha ottenuto il voto di 304 grandi elettori contro
306 che gli sarebbero spettati in
base al verdetto dell’urna popolare dello scorso 8 novembre. A tradire Trump, infatti, due soli grandi elettori proprio in Texas, lo stato che ha reso ufficiale la sua elezione facendogli superare la soglia
dei 270 voti del collegio elettorale:
hanno votato uno per il governatore dell’Ohio, John Kasich, e l’altro per l’ex parlamentare Ron
Paul. Nello stato di Washington,
anche Hillary Clinton, rivale democratica sconfitta alle presidenziali, ha perso tre voti.
Tensione per l’avvicendamento
alla guida del Gambia
BANJUL, 20. Adama Barrow, presidente eletto del Gambia, ha annunciato l’intenzione di assumere l’incarico il prossimo mese, come previsto dalla costituzione, malgrado il
suo predecessore, Yahya Jammeh,
contesti i risultati del voto del primo dicembre scorso e ne chieda la
ripetizione. «La costituzione prevede che io assuma l’incarico nel giorno in cui si conclude il mandato
del presidente uscente Jammeh», ha
sottolineato Barrow. «Lui ha assunto l’incarico il 19 gennaio 2012. Il
suo mandato si conclude nel gennaio 2017. Pertanto mi preparo a
entrare in carica a gennaio», ha aggiunto.
La situazione è molto tesa. I leader dell’Organizzazione dei paesi
dell’Africa occidentale (Ecowas)
hanno ribadito la loro forte preoccupazione per la situazione e non
hanno escluso un intervento militare. In particolare, la presidente del-
la Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, ha
chiesto ai capi di stato riuniti in Nigeria nei giorni scorsi di assumere
misure «che portino questa situazione a soluzione prima del 19 gennaio». Ieri il presidente dell’organizzazione, Marcel de Souza, aveva
detto che in caso di fallimento della
diplomazia, dovrà essere preso in
considerazione un intervento militare contro Jammeh. Barrow, da parte
sua, ha annunciato una mediazione
del presidente nigeriano Muhammadu Buhari e di quello del Ghana
John Dramani Mahama, nel tentativo di avviare un dialogo teso al
«perseguimento della pace e della
riconciliazione» nel paese.
Jammeh, alla presidenza per 22
anni, aveva in un primo momento
riconosciuto la sconfitta elettorale,
poi ha cambiato versione, denunciando irregolarità nello svolgimento del voto.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
mercoledì 21 dicembre 2016
L’itinerario seguito
dalla colonna franco-normanna
nella prima crociata
di FRANCESCO SCOPPOLA
ull’Osservatore Romano del 14
agosto scorso un diario di viaggio in Cornovaglia di Ferdinando Cancelli ha riproposto il tema della linea di San Michele,
ovvero del sorprendente allineamento
geografico che si può riscontrare considerando l’ubicazione di alcuni santuari di
fondazione approssimativamente coeva
(XII secolo) e di origine templare. Così
come si è ipotizzato, lungo l’Appennino,
il tracciato di un “corridoio bizantino” in
Italia, altrettanto e con più fondamento
ancora potrebbe dirsi di un corridoio di
San Michele tra l’Europa e la Terra santa.
Ma i “cammini”, gli itinerari di San
Michele a ben vedere sono più d’uno. Parallelo al primo e principale percorso, che
va da Sidone alle Skelligs, quindi sempre
inclinato di 27 gradi rispetto alla direzione della rotazione terrestre e a quella apparente del cielo, vi è quello — certo non
meno frequentato — che collega il Santo
Sepolcro di Gerusalemme a Castel Dove si era arrivati si poteva stabilirlo
Sant’Angelo a Roma, sfiorando Atene all’avvistamento di paesaggi noti. Quansull’isola di Egina. Se si guarda poi alle do ci si trovava ancora con le navi in
costruzioni circolari edificate o reimpiega- mezzo al mare o con le carovane in mezte dai templari, dal san Michele del ponte zo ai deserti, per sapere dove si era giunVaticano al tempio di Londra si procede ti, quanto mancava alla meta, c’erano due
approssimativamente su una diagonale a
questioni da risolvere: occorreva sapere in
45 gradi che attraversa il canale della Mache direzione ci si era spostati e quanta
nica nel suo punto più stretto. Ancora ci
distanza si era percorsa. Per rispondere al
sarebbe l’inclinata secondo 36 gradi che
attraversa l’arco alpino non verso occi- primo interrogativo bastava — nei tratti
dente ma al centro, a San Michele Mez- dai paesaggi indistinguibili o sconosciuti
ai viaggiatori — mantenere sempre la steszocorona.
Sotto il profilo geometrico, per chi sa direzione procedendo continuamente
amasse i riscontri, occorre ancora osserva- con attenzione, anche solo a vista, in more che sulle grandi distanze l’angolo azi- do rettilineo.
In terra si potevano prendere riferimenmutale costante delinea una retta solo
nella proiezione cilindrica della forma sfe- ti lungo il percorso seguito, tenendoli tra
rica (perfezionata da Mercatore): nel suo loro allineati alle spalle. Far questo per
sviluppo tridimensionale sulla superficie mare significava soprattutto tenere d’octerrestre questa linea non è una retta, ma chio la scia, ma non bastava. Col cielo
un arco di cerchio o meglio una spirale limpido ci si poteva aiutare di notte con
sferica, lossodromica.
Ma torniamo al cammino di San Michele. I
Si tratta di una direttrice ricchissima
suoi principali centri sono allineati lungo una
di significati oggi più che mai
bisettrice: quella dell’anInfatti la traversata mitologica è ora divenuta
golo con vertice a Sidone che comprende l’Euuna via di fuga dalla violenza
ropa. Dunque questa lie il viaggio della speranza di molti migranti
nea, dritta come una
spada, può definirsi l’asse principale, baricentrico, del viaggio tra l’Europa e il Vicino la posizione della stella polare e di giorno
oriente. Una direttrice ricchissima di si- con il sussidio un poco più incerto e
gnificati nella sua interezza, oggi più che complesso delle clessidre associate agli
mai. Infatti la traversata mitologica di orologi solari, gnomoni portatili (che reEuropa, ricalcata dalla diffusione del cri- cavano spesso la scritta me lumen vos umstianesimo, ripercorsa dai pellegrinaggi e bra regit un monito anche metafisico che
dalle crociate, è ora divenuta anche e so- avvertiva come il tempo fosse regolato,
prattutto una via di fuga dalla violenza e scandito dalle luci dell’universo, al cui codalla guerra: il viaggio della speranza di spetto siamo ombre fragili e transeunti).
Erano probabilmente meridiane mobili
profughi e di migranti.
Il tema quindi merita di essere ripreso gran parte degli “occhi” di prua, graduati
per cercare di accompagnare quell’appro- dalle ciglia, o gli scudi esterni scompartiti
fondimento centrato sul presidio inglese e sul modello di quello omerico di Achille,
sulla notissima postazione francese di tale così frequenti nella iconografia vascolare
ben più esteso tracciato con una sia pur antica. Col cielo coperto e col tempo catsommaria considerazione dell’intero asse, tivo si cercava di raggiungere il primo ribenedettino prima ancora che templare, paro e di star fermi. Quanto al secondo
rispetto al quale emerge l’origine o la me- punto, la risposta era più complessa e il
ta sidoniana più ancora che gerosolimita- problema era risolvibile in due modi, che
S
Sulla linea di San Michele che collega l’Europa e il Vicino oriente
Geometria di un pellegrinaggio
na, la centralità perugina, la terminazione
irlandese, nella finis terrae più estrema,
non quella di san Giacomo ma quella di
san Benedetto, situata com’è già in mezzo
all’oceano l’isola di San Michele, la maggiore e più occidentale delle Skelligs:
Skellig Michael. Si possono e si devono
però porre adeguatamente in luce anche
le stazioni albanesi, macedoni, greche, cipriote. Senza tacere che questo tracciato
passa per Norcia, ove giunsero in Italia a
Preci dal Vicino oriente i primi monaci, i
“padri del deserto” prebenedettini di
Sant’Eutizio a Piedivalle, gravemente colpita e semidistrutta dagli ultimi terremoti.
Oggi si potrebbe essere indotti a credere che questa disposizione di monumenti
sia una scelta, un virtuosismo, un gioco.
Niente affatto, era una necessità, una valida soluzione a un problema, un presidio
molto utile. Se in alto, su un promontorio, su una guglia, su un monumento elevato in altezza, in terra, lungo le coste o
sulle isole, si collocava un’immagine
dell’arcangelo, quasi come stava in antico
all’ingresso del porto il colosso di Rodi,
una delle sette meraviglie del mondo, per
rendere di giorno, e con le torce anche di
notte, molto più facile l’avvistamento, il
riconoscimento. Proprio come una meta,
come un faro. La statua doveva essere indeperibile, meglio di bronzo che di pietra. Allineare quei traguardi serviva a contrassegnare, a indirizzare e ad assistere gli
spostamenti lungo una direttrice predeterminata.
Da principio e sino a tempi molto recenti, si sapeva solo da dove si era partiti.
Il faro del San Michele nel 1857
potevano essere utilizzati uno come verifica della precisione dell’altro. Si poteva
stimare approssimativamente e di continuo la velocità, annotandone le variazioni, spostando quindi lungo la linea della
direzione prescelta tracciata sulla carta (la
“rotta” delle acque, la scia, per mare o
l’azimut per terra) il punto in cui si stimava di essere giunti. Oppure si poteva
applicare il teorema di Pitagora, approssimando per brevi estensioni la superficie
terrestre a un piano: il tratto percorso
lungo la linea prestabilita veniva associato
a un triangolo rettangolo e misurato in
base a uno dei due cateti, quello in direzione nord-sud (era l’unico conoscibile e
misurabile in base all’altezza del polo celeste sull’orizzonte), nei quali veniva
scomposto: per misurare l’ipotenusa di
quel triangolo, che era la distanza percorsa, si conoscevano un lato e i tre angoli,
dati che erano più sufficienti a determinare l’entità del procedere nella direzione
prestabilita. Questo secondo metodo non
si poteva usare — e ci si doveva limitare al
primo, più approssimativo e incerto — solo se si tracciava una rotta o un azimut
verso est o verso ovest (e diventava sempre più impreciso man mano che il percorso si avvicinava al levante o al ponente). Meridiane, clessidre, goniometri, traguardi, archipendoli (fili o aghi a piombo
su scale graduate): raramente si disponeva di strumenti di precisione ulteriori, come il meccanismo rinvenuto sui fondali di
Anticitera, un vero e proprio computer
meccanico che consentiva di stabilire al
trascorrere del tempo il moto della luna e
dei cinque pianeti visibili, oltre che del
sole. Soprattutto non sempre vi era un
valido geometra, astronomo o matematico
nel convoglio o a bordo sull’imbarcazione. Così carovane e naviganti erano assistiti dalle icone disposte lungo il percorso, tra le quali primeggia quella di San
Michele.
Occorre però procedere con ordine.
Nel planisfero di Fra Mauro, del 14501460, che non è rovesciato, ma col sud in
alto, oltre a quelle situate e distribuite regolarmente lungo il bordo circolare, una
nona rosa dei venti è raffigurata quasi al
centro del mondo, nel
mare di Palestina, mentre sulle isole Skelligs al
largo dell’Irlanda — dipinta nello stesso color
oro — si trova una croce:
sono i due estremi della
linea di San Michele.
Una tale disposizione di
chiese, santuari e monasteri dedicati a san Michele (spesso indicato
come sant’Angelo) può
essere stata costruita anche con l’uso azimutale
di strumenti quali la groma, il goniometro, precursori del sestante, ma
certo è risultata meno
incerta e più immediata
con l’introduzione della
bussola,
dovendosi
escludere la possibilità
di traguardo diretto da
una stazione all’altra:
cioè — come si è detto —
ricercando la via più
breve, “facendo rotta”
costante, per terra o per
mare, verso una direzione precisa che nel caso
della linea di San Michele è quella mediana
di chi dall’Europa si rechi in Terra santa e che
corrisponde in senso inverso alla linea che lascia
alle sue spalle, all’imbarco, chi da Gerusalemme
sia risalito verso i luoghi evangelici, tra il
lago di Tiberiade e il mare, quindi proseguendo il suo cammino si affacci sul Mediterraneo in corrispondenza di Sidone
con l’intento di avvicinarsi all’Europa e di
attraversarla. Guardando alla sua scia per
mare o alle sue tracce per terra, chi viaggi
con tale intento si volge alle sue spalle (o
fa ritorno a Sidone) in direzione 117 gradi
sessagesimali dal nord (est sud est circa).
Vale a dire che da Sidone procede verso
l’Europa con la prua per 297 gradi busso-
Nasce così il sistema sessagesimale: da
una corrispondenza quasi esatta tra geometria e astronomia. Per costruire con immediatezza i diversi angoli più in uso, pari a un decimo di angolo retto, c’era uno
strumento di cantiere, agevole da costruire e di facile e sicuro impiego, generalmente indicato come “quadrato magico
del sator”. Serviva perfino a risolvere con
buona approssimazione il problema della
quadratura del cerchio. Sator arepo tenet
opera rotas. Il superpalindromo in croce
L’isola di San Michele, la maggiore delle Skelligs, al largo dell’Irlanda
(costruito ricorrendo alle lettere del Pater
noster) che rendeva agevole ricordarne la
composizione, può essere tradotto e interpretato infatti anche come «il saggio che
con cura rapporta le superfici quadre alle
circolari».
Da vari ritrovamenti, alcuni sigillati
dalla lava anche a Pompei, sappiamo che
almeno dal primo secolo era già diffuso
l’impiego di questa tavola a scacchiere
per la costruzione degli angoli cosiddetti
“sacri” (decimi di angolo retto) e che, nella tradizione ebraica — con i numeri contrassegnati com’erano dalle lettere dell’alfabeto — prevaleva l’aspetto simbolico ed
evocativo delle cifre, che
suonavano nella pronuncia come parole. Le due
destinazioni, da o verso
Raramente erano presenti astronomi
Sidone, attraverso tutto
l’occidente allora noto
e matematici a bordo delle imbarcazioni
sino alle sue estreme
e così i naviganti erano assistiti
propaggini, nei due versi
della stessa direzione,
da segni disposti lungo il percorso
possono indubbiamente
Tra i quali primeggiano quelli del santo
evocare il nove, tre volte
tre, e con esso alludere
sia alla Trinità, sia all’età
dei 33 anni. Richiamano
la si era tracciata (dividendola così preci- infatti il sottomultiplo 3 e il numero che
samente in sei parti). Oppure, nel secon- era alla base della ricerca degli angoli che
do caso, misurando lo spostamento del corrispondono alla sequenza dei multipli
sole rispetto alle stelle fisse nel corso di nove: in particolare il successivo all’andell’anno (notando quali di esse risultava- golo di 108 gradi (che era detto “la firma
no via via invisibili nell’intero arco della di Dio”, essendo il complementare di 72
notte). Ogni nove giorni il cielo notturno gradi, l’unico assente tra quelli che si poscorreva di un decimo di angolo retto. tevano ricavare direttamente dallo struDieci none (dalle quali discendono le no- mento del Sator, congiungendo i vertici
vene) erano un’intera stagione, un quarto del cosiddetto “quadrato magico”). È
di anno. I giorni dell’anno erano circa quello di 117 gradi (appunto una delle
360 e dividendo i sesti di circonferenza di due rotte, di andata), con l’altro, opposto,
nuovo in sei archi di cerchio e poi ancora di 297 gradi (la rotta di ritorno). Questi
in dieci parti ciascuno, si ottenevano le angoli erano spesso adottati anche nel
stesse 360 frazioni della circonferenza.
timpano delle chiese.
la (rivolto a ovest nord ovest circa). Restando su questa rotta la longitudine percorsa, allora non direttamente misurabile,
era approssimativamente pari al doppio
della variazione di latitudine, conoscibile
e agevolmente misurabile al mutare
dell’angolo di altezza del polo celeste
sull’orizzonte.
Ma come si misuravano gli angoli? In
due modi: o con i goniometri ottici — come archi di cerchio rispetto a un centro —
oppure con le osservazioni astronomiche.
Nel primo caso si ripartivano progressivamente, riportando su una circonferenza la
stessa apertura di compasso con la quale
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì 21 dicembre 2016
pagina 5
Elena Cirella
«Abbracci» (2011)
L’arte
di accompagnare
di ALESSANDRO SERENELLI
bbiamo perso la capacità di
prenderci cura gli uni degli altri. È un’esperienza che facciamo di tanto in tanto nella vita,
quando ci accorgiamo che
qualcuno ha bisogno di noi. Non abbiamo
mai tempo. Non c’è mai il tempo. E
quando strappiamo un po’ di tempo e riusciamo con sforzo e fatica a ritagliare uno finiamo con l’essere del tutto dipendenti
spazio per stare vicino a qualcuno che ci è dagli altri.
caro e che ha bisogno di noi scopriamo
In passato non è stato sempre così, e
che non è solo il tempo che ci manca, ma sempre in passato il prendersi cura degli
ci mancano soprattutto le parole e i gesti. altri non è stato un compito esclusivamenNon sappiamo né che cosa dire né che co- te femminile. Certo, alle donne erano assa fare. Scopriamo di essere inadeguati. Ci segnati la maggior parte dei compiti, ma
vorrebbe uno specialista! Ma chi è lo spe- tutti erano in qualche modo coinvolti nel
cialista del prendersi cura degli altri?
prendersi cura gli uni degli altri. Si impaNon solo abbiamo perso la capacità di rava da piccoli, per imitazione, in famiprenderci cura gli uni degli altri ma abbia- glia. Era lì che si viveva il rapporto con le
mo perso anche la capacità di lasciare che persone malate e con la morte. Si guardagli altri si prendano cura di noi.
vano i grandi, gli adulti, quello che face«Te la devi cavare da solo» è il mantra vano, quello che dicevano. Non si insecon cui siamo cresciuti e con cui educhia- gnavano tecniche, ma c’era una diffusa
mo i nostri figli. C’è una verità in questo cultura dei mille rimedi, c’era un rimedio
concetto; durante l’adolescenza è necessario far
emergere se stessi, le proprie
L’importante è creare una rete intorno
inclinazioni, le proprie capacità. Abbiamo bisogno di
a chi sta male
un tempo in cui prendere le
Una rete capace
distanze dai nostri genitori,
dal mondo degli adulti, daldi sostenere non solo la persona malata
la società in cui siamo nati,
ma anche chi gli sta accanto
per divenire adulti e costruire nuovi legami, nuovi rapporti, una nuova società migliore della precedente. Ma oggi sembra per ogni cosa, rimedi che magari non aveche questo processo si sia interrotto. Si è vano solide basi scientifiche, ma certamencreata una grande generazione di eterni te avevano solide basi affettive. In realtà si
adolescenti. Cavarsela da soli è divenuto insegnava l’atteggiamento da avere nei
lo scopo delle nostre esistenze, e non un confronti del dolore degli altri.
passaggio esistenziale. Con accezioni diSe nella nostra memoria non c’è più
verse; c’è chi ritiene di doversela cavare da traccia di tutto ciò, perché ormai troppo
solo perché non ci si può fidare di nessu- tempo è passato, ci può venire incontro la
no in un mondo ostile, e chi invece ritiene letteratura. Ne La morte di Ivan Il’ič, Tolsemplicemente che sia giusto non essere di stoj ci racconta del rapporto fra il protapeso a nessuno. Così cavarsela da soli e gonista e il contadino Gerasim, l’unico
non essere di peso agli altri è divenuto un che riesca a instaurare un rapporto vero
gesto considerato di estrema generosità. con il protagonista. A differenza di tutti
Con conseguenze spesso aberranti. Per gli altri, che vivono con Ivan rapporti baesempio, quando la nostra stessa vita ci sati sull’ipocrisia, è questo contadino che
diventa insopportabile nel momento in cui riesce a entrare nell’intimità di Ivan Il’ič
A
attraverso gesti semplici e a dimostrargli
compassione.
Giovedì scorso, alla presenza del direttore generale della Asl Roma 1, Angelo
Tanese, si è svolta la cerimonia di consegna dei diplomi agli studenti che hanno
seguito il corso per Caregiver organizzato
dalla Asl Roma 1 e dalla comunità di
Sant’Egidio presso l’ospedale Santo Spirito di Roma. Il corso è completamente
gratuito, grazie al fatto che tutti i docenti
svolgono la loro attività senza ricevere alcun compenso. Un corso professionalizzante di alto livello, con docenti reclutati
fra i professionisti della salute dell’ospedale (medici, fisioterapisti, infermieri, assistenti sociali) che si sono occupati di affrontare i temi di carattere sanitario, e fra i
volontari della comunità di Sant’Egidio
(avvocati, demografi, assistenti sociali) che
hanno affrontato i temi di carattere culturale e relazionale. La Asl e la comunità di
Sant’Egidio hanno messo a disposizione i
loro locali. Settantacinque gli adulti, italiani e stranieri, che hanno seguito il corso
e che hanno conseguito il diploma dopo
aver portato a termine un periodo di tirocinio e aver superato un esame finale. Le
motivazioni più frequenti? Prepararsi al
meglio nel lavoro di badante, oppure: imparare ad assistere meglio i propri familiari. Al corso hanno partecipato tanti stranieri, ma anche parecchi italiani, spinti
dalla crisi e dalla difficoltà di trovare lavoro a cercare di conseguire un titolo che
consenta loro di trovare lavoro nel campo
dell’assistenza alla persona. Un esempio
di integrazione reale, a vari livelli. Integrazione fra italiani e stranieri, fra assistenti e
familiari, fra volontariato e istituzioni, perché di fronte al male la risposta non può
che essere personale ma questo non vuol
dire che si debba combattere da soli.
Una donna
alla guida dei Musei
Governatorato
della Città
del Vaticano
Il Santo Padre ha nominato Direttore
dei Musei Vaticani, con decorrenza dal
1° gennaio 2017, l’Illustrissima Dottoressa Barbara Jatta, finora Vice Direttore dei medesimi Musei Vaticani.
er la prima volta una
donna guiderà i Musei
vaticani. Barbara Jatta,
nata a Roma il 6 ottobre 1962,
nel 1986 si è laureata in lettere
alla Sapienza. Ha studiato soprattutto storia del disegno e
dell’incisione; negli anni ottanta
e novanta ha collaborato con
l’Istituto nazionale per la grafica restaurando e catalogando i
fondi di disegni, incisioni, xilografie e litografie. Dal 1994 in-
P
segna Storia delle arti grafiche
all’istituto Suor Orsola Benincasa dell’università di Napoli.
Nel 1996 è entrata nella Biblioteca apostolica vaticana come
responsabile del Gabinetto delle
stampe e dal 2010 era Curatore
della grafica nel Dipartimento
degli stampati finché nello scorso giugno è stata nominata vicedirettore dei Musei vaticani.
Ha organizzato e curato mostre,
partecipando a numerose imprese editoriali, che hanno riguardato, tra l’altro: le vedute romane di Lievin Cruyl nel 1988, Piranesi e l’Aventino nel 1998, la
pittrice Angelika Kauffmann,
sempre nel 1998, i disegni e le
stampe panoramiche di Roma
tra il Quattrocento e l’O ttocento, nel 2000. Tra le pubblicazioni curate: Scritti d’arte di Andrea
Busiri Vici (1990), Specchio di
Roma barocca (1990), Drawings
by Francesco Bartolozzi in Lisbon
(1994), la cura scientifica della
pianta monumentale di Roma
per il giubileo del Duemila e di
piante e vedute della basilica di
San Pietro e del Vaticano negli
anni successivi, I cardinali bibliotecari di Santa Romana Chiesa: la quadreria nella Biblioteca
(2006),
Apostolica
Vaticana
1929–2009: Ottanta anni dello
Stato della Città del Vaticano
(2009) e, infine, La Via Appia
nei disegni di Carlo Labruzzi alla
Biblioteca Apostolica Vaticana
(2013).
Il lavoro di badante a volte consiste
nell’eseguire delle semplici operazioni volte ad assicurare al paziente le cure igieniche, gli spostamenti, il disbrigo di pratiche amministrative o la preparazione dei
pasti, altre volte è più un’attività di compagnia e di vigilanza, ma sempre più spesso, proprio a causa dell’aumento del numero di famiglie mononucleari, del dilagare della condizione di solitudine delle persone anziane, della frequenza con cui la
solitudine si somma alla fragilità dovuta
alla malattia, il ruolo del badante si trasforma in un ruolo fondamentale di tutela
e di assistenza a tutto tondo della persona
Si dice che chi svolge lavori di assistenza e di cura alle persone nel proprio lavoro deve rimanere distaccato e professionale, altrimenti «si brucia». È il tema della
sindrome del burn out. In realtà gli studi
fatti su questo tema rivelano che ci si brucia per una molteplicità di fattori, fra cui
la cattiva organizzazione del lavoro, la
scarsa considerazione dell’importanza del
lavoro che si svolge, e così via, ma l’atteggiamento personale tipico di chi si brucia
è quello di chi ritiene di poter combattere
queste battaglie in solitudine, di chi si ritiene capace di «salvare» gli altri, contro
tutto e contro tutti, di chi cioè ha una cat-
Lev Tolstoj racconta una storia ai nipoti (1909)
in difficoltà. Il badante deve così entrare
nell’intimità della persona che necessita di
aiuto, deve a volte farsi da tramite nel rapporto con le istituzioni, con i medici, con
gli altri interlocutori, dovendo rappresentare le istanze più profonde della persona
malata, essendo in realtà la persona più
intima dell’assistito stesso.
Chi ha partecipato a questo corso lo ha
fatto perché almeno una volta si è sentito
inadeguato di fronte a richieste di questo
tipo. E chi non lo sarebbe? Non basta essere specialisti di tecniche di assistenza.
Occorre recuperare una capacità relazionale profonda, riconoscere, senza identificarsi, se stessi nell’altro. Non si tratta di far
prevalere le proprie istanze, ma quelle
dell’altro, di cui oltre tutto, nel caso soprattutto degli stranieri, magari non si
condividono né convinzioni né cultura
d’origine. È un lavoro prezioso di servizio
alla persona, e questo comporta una grande capacità di comprensione e di rispetto
dell’altro, e di apertura e di condivisione
da parte anche di chi è assistito. Ma non
si può aprire la parte più intima e recondita del nostro essere se prima non si costruisce un rapporto di fiducia con l’altro,
e i mantra «te la devi cavare da solo» e
«non devi essere di peso a nessuno» non
agevolano questa apertura, anzi la ostacolano.
Le storie di alcuni caregiver sono estremamente significative: Apollinaire è un ingegnere che viene dal Congo, un uomo
meticoloso, che ha raccolto tutto il materiale che i docenti hanno fornito durante
il corso e lo custodisce gelosamente in una
pen drive. È un uomo colto, che ha un
buon posto di lavoro, ma che vuole fare
qualcosa di utile anche per gli altri, soprattutto per gli anziani fragili. È consapevole di non avere risposte per tutto, e
quando si trova di fronte a qualche richiesta, a qualche domanda, tira fuori la sua
pen drive e si mette a riguardare il materiale del corso per trovare la soluzione migliore.
Graciela è invece una donna croata che
ha dovuto faticare molto per imparare a
leggere e scrivere. Oggi vive del suo lavoro di badante, ha conquistato la fiducia e
l’affetto dell’anziana presso cui lavora, e
grazie al suo lavoro può permettersi di
mandare alle scuole superiori le sue due
figlie. Una storia bellissima di tenacia e di
integrazione la sua, quella di una donna
zingara, in una città, Roma, dove essere
zingari vuol dire essere respinti e temuti
da tutti.
tiva percezione di sé e della realtà. Si può
affermare che alla base del burn out c’è un
delirio di onnipotenza. Quello che può fare chi assiste una persona malata è un insieme di tante piccole e semplici cose, ma
quelle piccole e semplici cose sono di gran
valore per chi sta male. Quello che si può
fare è creare una rete di sostegno intorno
a chi sta male, una rete capace di sostenere non solo la persona malata, ma anche
chi lo assiste. Una rete che coinvolga tutti
coloro che hanno relazioni con chi sta male, dai familiari ai conoscenti, dagli amici
ai vicini di casa, dal medico di famiglia alle istituzioni. Non esistono specialisti del
prendersi cura degli altri, esiste una rete di
persone che si lasciano coinvolgere dal
rapporto con una persona che ha bisogno.
Notte
a San Pietro
«Stanotte a San Pietro. Viaggio tra le
meraviglie del Vaticano» è il titolo del
documentario realizzato da Alberto
Angela con Rai 1, che andrà in onda in
prima serata il 27 dicembre e che sarà
presentato in anteprima il 21 dicembre
a Roma. Il progetto è stato reso
possibile dalla collaborazione tra Rai 1
e il Centro televisivo vaticano che si
avvale della tecnologia 4K HDR, di
riprese con droni, effetti speciali e
minifiction. Angela fa scoprire,
attraverso questo percorso intimo e
spettacolare al tempo stesso, i
monumenti più famosi, quali la cupola
di San Pietro e gli affreschi della
Cappella Sistina, così come i giardini
vaticani, immersi nella quiete notturna.
Arricchito dalla partecipazione di
Giancarlo Giannini e Carlo Verdone, il
documentario segue le orme
dell’anziano Michelangelo e del
giovane Raffaello, svelando anche
luoghi normalmente chiusi al pubblico
come l’Archivio segreto, la
gendarmeria, la caserma delle Guardie
Svizzere.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
mercoledì 21 dicembre 2016
Iniziativa dell’episcopato argentino contro gli abusi
A difesa
dei minori
GERUSALEMME, 20. «Le guerre e
l’uso della forza non sono stati in
grado di portare la pace e la giustizia, ma solo altra violenza,
morte e distruzione»: è quanto ha
affermato ieri, nella sua prima
conferenza stampa, in occasione
del Natale, l’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, amministratore
apostolico di Gerusalemme dei
Latini. Il presule ha puntato l’indice contro «il commercio di armi, i giochi di potere e i fondamentalismi». La pace — ha sottolineato — «implica negoziati politici e soluzioni. L’esercito può
vincere la guerra, ma per costruire serve la politica. E noi non la
vediamo. Molti interessi sono in
gioco in queste guerre, ma alla fine i poveri e i deboli sono quelli
che hanno pagato per loro, e
hanno pagato troppo».
Nel suo intervento l’amministratore apostolico di Gerusalemme dei Latini ha citato fra le altre
la comunità cristiana egiziana che
Per monsignor Pierbattista Pizzaballa
Troppi interessi in gioco
«vive continuamente sotto minacce» come testimonia il recente attentato alla chiesa copta del Cairo. Al riguardo, monsignor Pizzaballa ha detto che «abbiamo anche noi la nostra parte di responsabilità; non possiamo continuare
Dopo sei anni nei quartieri cristiani sono ricomparsi luci e addobbi
Natale di speranza ad Aleppo
ALEPPO, 20. «Erano sei anni che ad Aleppo ovest, nei quartieri cristiani, non si
festeggiava il Natale con decorazioni e luci. Ora vediamo gesti di speranza e
cambiamento»: è quanto ha dichiarato il vescovo di Alep dei Caldei e presidente di Caritas Siria, monsignor Antoine Audo, in un’intervista televisiva. «A
oggi — ha detto il presule — non sentiamo più gli spari. C’è stato un cambiamento totale. La gente è contenta. Ho rivisto dopo tanto tempo nei balconi gli
alberi di Natale, anche nella piazza del quartiere cristiano ne è stato allestito
uno». Per il 23 dicembre nella zona delle tre cattedrali cattoliche è stata organizzata una festosa manifestazione. «Per la prima volta — ha raccontato Audo
— sono tornato ieri nei quartieri di Aleppo est. C’è una distruzione terribile,
non siamo abituati a vedere certe scene che anche voi avete avuto modo di
guardare attraverso la televisione. Come Caritas — ha concluso — siamo in contatto con i gruppi internazionali nella parte orientale. Nei prossimi giorni apriremo dei centri di accoglienza per l’organizzazione degli aiuti finalizzati alle
persone più deboli di quella regione».
È morto
padre Luigi
Menegazzo
ROMA, 20. Si sono svolti questa
mattina a Roma, nella casa generalizia di viale Vaticano, i funerali
di padre Luigi Menegazzo, superiore generale dei saveriani (Pia
società di san Francesco Saverio
per le missioni estere). Il religioso, 64 anni, è morto nelle prime
ore di domenica 18 dicembre
all’ospedale Santo Spirito della
capitale dove era ricoverato da alcuni giorni a seguito di una crisi
cardio-respiratoria.
Nato nel 1952 a Cittadella, in
provincia di Padova, padre Menegazzo entrò dai saveriani nel 1963.
Ordinato sacerdote il 25 settembre 1977, conseguì una licenza in
missiologia all’Università Gregoriana nel 1989. È stato missionario in Giappone dove si impegnò
soprattutto nella pastorale e
nell’approfondimento degli studi
sullo scintoismo. Ha insegnato
Storia e fenomenologia delle religioni presso l’Istituto teologico
saveriano di Parma. Nel 2001 ha
assunto l’incarico di vicario generale della congregazione e il capitolo generale del 2013 lo ha eletto
superiore generale.
La notizia della morte è stata
data dal procuratore generale, padre Mario Mula, che ha invitato
la famiglia saveriana alla preghiera e all’unità: «Preghiamo tutti il
Signore perché ci aiuti a “leggere”
e a vivere questo avvenimento
con fede e speranza, virtù che il
padre Luigi ha vissuto fino all’ultimo».
Celebrazioni di suffragio e momenti di preghiera sono stati promossi in particolare a Parma, luogo simbolo della congregazione
missionaria, dove visse il suo fondatore, l’arcivescovo Guido Maria
Conforti, canonizzato nel 2011 da
Benedetto XVI.
a parlare sempre di dialogo, giustizia e pace. Le parole non sono
sufficienti. Dobbiamo combattere
la povertà e l’ingiustizia dando
testimonianza di misericordia».
Poi, il presule ha sviscerato la
situazione paese per paese, a cominciare dalla Giordania dove
domenica scorsa c’è stato un attentato terroristico a Karak: «Che
anche lì sia entrato il virus fondamentalista non è una novità, ma
bisogna lavorare molto nel campo dell’educazione e dello sviluppo, altrimenti tutta quella frustrazione tra i giovani porterà ad altre e più gravi forme di fondamentalismo».
Anche in Terra Santa riecheggia «il fondamentalismo e l’estremismo che il mondo fronteggia e
il peggio — ha osservato — è che
questi fenomeni stanno mettendo
radici tra i giovani. Le scuole cattoliche in Israele stanno passando
attraverso una crisi senza precedenti e non ci sono state offerte
finora soluzioni concrete».
L’arcivescovo ha lamentato anche «la mancanza di visione» di
israeliani e palestinesi che si traduce, a volte, in assenza di dialo-
go e di impegno concreto per la
pace. È urgente quindi che i governanti «guardino con coraggio
ai loro popoli che soffrono e
chiedono pace». Non è mancato
un riferimento alle migliaia di lavoratori stranieri (molti sono cristiani) giunti in Israele, ai quali
la Chiesa sta offrendo accoglienza per dare loro speranza. Oltre
alle ombre, nel discorso dell’amministratore apostolico non sono
mancate le luci: tra esse, la guida
e la predicazione di Papa Francesco, l’anno della misericordia, i
restauri del Sepolcro di Gesù e
della Natività a Betlemme.
Il giorno precedente, domenica, nell’incontro avvenuto ad Amman con il re Abdallah di Giordania e con i diversi rappresentanti delle Chiese cristiane, monsignor Pizzaballa ha evidenziato
il ruolo essenziale del regno hascemita nell’accoglienza dei rifugiati siriani e iracheni. E ha rilevato come «in un contesto politico difficilissimo, che ha sconvolto
tutto il Medio oriente, la Giordania sia un’oasi di stabilità e di
tranquillità».
Inizio della missione
del nunzio apostolico in Turchia
Lo scorso 24 giugno monsignor
Paul Fitzpatrick Russell, arcivescovo
titolare di Novi, è giunto ad Ankara
dove è stato accolto dal consigliere
della nunziatura, monsignor Angelo
Accattino, e dai signori Cevdet Can
Canikli e Hakki Sağlam, del dipartimento del protocollo del ministero
degli Affari esteri. All’arrivo erano
ad attenderlo anche i gesuiti JeanMarc Balhan, Paul Browers e Alexis
Doucet che operano nella parrocchia cattolica di Ankara. Tre giorni
dopo, il rappresentante pontificio
ha presentato, nella sede del ministero degli Affari esteri come da
prassi locale, copia delle lettere credenziali al capo del protocollo,
l’ambasciatore Şevki Mütevellioğlu,
con il quale aveva già avuto un contatto telefonico non appena arrivato
in terra turca. Subito dopo, in un
clima di cordialità, ha avuto un incontro con l’ambasciatore Levent
Murat Burhan, vice-sottosegretario
della sezione politica.
Il 29 giugno, solennità dei Santi
Pietro e Paolo, l’arcivescovo Russell
si è recato ad Antakya (Antiochia)
dove ha partecipato alla liturgia solenne davanti alla chiesa (grotta) di
San Pietro, consegnando la lettera
commendatizia del segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, a monsignor Lévon Boghos Zékiyan, arcivescovo di Istanbul degli armeni e
presidente della Conferenza episcopale di Turchia (Cet). La cerimonia
si è svolta alla presenza del gesuita
monsignor Paolo Bizzeti, vicario
apostolico di Anatolia e ordinario
del luogo, del francescano minore
monsignor
Rubén
Tierrablanca
Gonzalez, vicario apostolico di
Istanbul, del metropolita Efrem el
Ma’luli, in rappresentanza del patriarca greco ortodosso di Damasco
(Siria), del patriarca siro ortodosso
Melki Ürek di Adyaman, e del sindaco di Antakya, Ismail Kimyeci,
accompagnato da altre autorità civili
e numerose persone, anche non cristiani.
Il 31 agosto il rappresentante
pontificio è stato condotto al palazzo presidenziale, dove è stato ricevuto dal capo del cerimoniale,
Alparslan Acarsoy. Dopo un breve
colloquio con Lütfullah Göktaş, capo dell’ufficio stampa — che ha evocato gli anni passati a Roma quale
studente
di
missiologia
alla
pontificia università Gregoriana —
ha avuto luogo la solenne cerimonia
di presentazione delle lettere credenziali al capo dello Stato, Recep
Tayyip Erdoğan, alla presenza di
İbrahim Kalın, vice segretario generale della presidenza, e di Murat Salim Esenli, vice sottosegretario per
l’Europa del ministero degli Esteri.
BUENOS AIRES, 20. La Conferenza
episcopale argentina ha incaricato
la Commissione per i ministeri di
elaborare una proposta di lavoro
per affrontare in maniera integrale
il problema degli abusi sui minori
commessi da sacerdoti. L’obiettivo
è creare una speciale équipe che si
dedichi esclusivamente a questo tema, prendendo anche in considerazione le esperienze di altri episcopati e il contributo di esperti.
La questione dei casi (anche recenti) di abuso sui minori è stata
approfondita durante la riunione
della commissione permanente svoltasi nei giorni scorsi a Buenos Aires: è «una realtà dolorosa — sottolinea un comunicato — che provoca
il ripudio di tutta la Chiesa e della
società». Dopo le linee guida di attuazione nel caso di denunce di
abusi sessuali nei quali gli accusati
siano dei chierici e le presunte vittime siano minori di età (o persone a
essi equiparate), presentate nell’ago-
nell’Argentina di ieri e di oggi — vi
si legge — soprattutto per coloro
che dipendono da uno o due stipendi, per non dire poi della famiglia con molti figli che è ai margini
del mercato del lavoro e del sistema
di previdenza sociale. Qui la nostra
nazione mostra il suo volto peggiore, perché è difficile credere che,
nella terra benedetta del pane, a un
argentino su tre manchi il cibo, il
lavoro, la salute, l’istruzione e pari
opportunità per progredire. Le statistiche mostrano il numero dei poveri, ma non arrivano a riflettere il
dolore, l’angoscia e l’indignazione
dei genitori che non possono mantenere le loro famiglie. L’emergenza
sociale, dichiarata qualche giorno fa
dallo Stato, ci libera dal dare altri
esempi e conferma questa dura e
crudele realtà che oggi soffrono
molti connazionali». I presuli chiedono urgentemente «a coloro che
hanno un certo grado di decisione
nell’economia argentina di investire
sto 2015, la Conferenza episcopale
rafforza così l’impegno con l’imminente redazione di un protocollo
nel quale verrà chiesta ai sacerdoti e
ai religiosi, che si trasferiscono in
un’altra diocesi, una dichiarazione
giurata, autorizzata dal superiore,
che attesti la propria conformità
morale e l’assenza di precedenti
specifici. Il tema sarà affrontato con
ulteriore discussione alla prossima
assemblea plenaria, al fine di stabilire azioni concrete di prevenzione,
individuazione e accompagnamento
di questi casi.
Durante la loro riunione, i vescovi si sono inoltre confrontati sulla
situazione sociale in Argentina, sulla necessità di valutare il cammino
pastorale durante i sei anni (20102016) delle celebrazioni del bicentenario dell’indipendenza e sulle possibilità di assistenza sacerdotale a
seconda del numero e della distribuzione del clero. Si è poi fatto il
punto sulla bozza della «Legge per
la libertà religiosa» elaborata dalla
Segreteria del culto della nazione
(organismo governativo incaricato
delle relazioni fra le diverse comunità di fede e lo Stato) e si è anche
parlato della possibilità di dare impulso a un nuovo concordato fra la
Santa Sede e lo Stato argentino per
attualizzare quello vigente, firmato
cinquant’anni fa.
Al termine, la commissione permanente ha diffuso il messaggio
per il Natale. «Niente è facile
in fonti di posti di lavoro dignitosi
e ben pagati. I calcoli meschini, la
speculazione finanziaria e la subordinazione del bene comune a interessi elettorali non rispondono alle
aspettative e fanno gran danno al
Paese. Come popolo abbiamo bisogno di sederci al tavolo, di disporci
al dialogo responsabile e permanente, così da rafforzare la nostra ancora fragile convivenza civile. Che
nessuno si senta escluso da questo
invito, perché la patria chiede ora a
tutti gesti di grandezza», conclude
l’episcopato.
Tre sacerdoti di San Salvador ridotti allo stato laicale
Per il bene di tutti
SAN SALVAD OR, 20. Tre sacerdoti di
San Salvador sono stati dimessi dallo stato clericale per abusi sessuali
su minori. Lo ha comunicato l’arcivescovo della capitale, José Luis
Escobar Alas, rendendo noto che i
tre presbiteri del clero salvadoregno
«sono stati trovati colpevoli nei processi a loro carico e condannati alla
dismissione dello stato clericale che
equivale alla perdita totale e definitiva di tutte le prerogative sacerdotali». I tre sono Juan Francisco Gálvez, José Antonio Molina e monsignor Jesús Delgado, che è stato segretario del defunto arcivescovo
Óscar Arnulfo Romero (1917-1980) e
quindi promotore del processo che
ha portato sugli altari il presule
martire, beatificato nel 2015. La decisione della Santa Sede è stata comunicata sia ai tre sacerdoti sia alle
loro vittime, ha spiegato monsignor
Escobar Alas in una nota. Gli abusi
sono stati compiuti fra il 1980 e il
2000. «È duro, ma questo ci farà
maturare, ci farà crescere», ha dichiarato l’arcivescovo di San Salvador, ricordando come «la Chiesa
agisce per il bene di tutti, in primo
luogo per quello delle vittime, ma
anche dei carnefici nel desiderio che
si convertano».
Nessuna
copertura
CITTÀ DEL MESSICO, 20. «Tolleranza zero» contro la pedofilia.
L’ha ribadita ieri il cardinale arcivescovo di México, Norberto
Rivera Carrera, durante una conferenza stampa nella quale, fra
l’altro, ha negato di aver coperto
casi di abuso su minori commessi nel paese da preti e religiosi.
Il porporato — riferisce l’agenzia
Efe — ha detto che «una quindicina di sacerdoti non sono stati
soltanto processati ma anche
condannati», spiegando che, al
riguardo, le autorità ecclesiastiche messicane hanno inviato a
Roma tutta la documentazione
dell’indagine e che «spetta al
Santo Padre prendere le decisioni in questi casi tanto dolorosi».
Il cardinale arcivescovo di
México ha inoltre ricordato il
motuproprio di Papa Francesco,
intitolato Come una madre amorevole, firmato il 4 giugno scorso,
con il quale il Pontefice precisa
che tra le «cause gravi» previste
dal diritto canonico per la rimozione dall’ufficio ecclesiastico «è
compresa la negligenza dei vescovi nell’esercizio del loro ufficio, in particolare relativamente
ai casi di abusi sessuali compiuti
su minori e adulti vulnerabili».
A livello federale sono stati approvati provvedimenti più severi
contro i pedofili: «Una misura
urgente e necessaria», ha commentato il porporato.
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì 21 dicembre 2016
pagina 7
Intervista a padre Arturo Sosa
Le due fonti
(g.m.v.) Sessantotto anni, venezuelano, Arturo Sosa è il primo generale dei gesuiti non europeo. In
questa intervista all’O sservatore
Romano si racconta e racconta la
Compagnia. È la mattina del 12
dicembre, una giornata di fine autunno romano ancora molto lontana dall’inverno, e il sole invade di
luce dorata una stanza spoglia e
accogliente al quarto piano della
curia generalizia. L’intervistato
parla volentieri, distesamente, il
suo viso si apre spesso in un largo
sorriso e il movimento delle mani
accompagna le risposte che si dipanano durante una conversazione
cordiale e coinvolgente. Il calendario liturgico ricorda la Madonna di
Guadalupe e quello personale di
padre Sosa registra ben tre anni-
versari: delle nozze dei genitori nel
1947, del suo battesimo nel 1948 e
della sua professione solenne (il famoso quarto voto di obbedienza al
Papa) nel 1982. E non basta, perché la congregazione generale che
lo scorso 14 ottobre lo ha eletto si
è conclusa proprio un mese fa, il
12 novembre, giorno del suo compleanno.
Chi è Arturo Sosa, e come è diventato padre Sosa, ormai da un paio di
mesi preposito generale della Compagnia di Gesù?
Per capire chi sono basta tenere
presenti due fonti: la mia famiglia
e il collegio San Ignacio di Caracas, che ho frequentato dalle elementari al liceo, e cioè da quando
avevo cinque anni fino ai diciassette. La mia famiglia è
venezuelana da più
di tre generazioni,
ma mio nonno materno era arrivato in
America dalla Spagna cantabrica, da
Santander. Siamo sei
fratelli. Io sono il
maggiore, poi vengono due sorelle, un
altro maschio che
oggi vive negli Stati
Uniti, e altre due sorelle, tutte e quattro
in Venezuela. Una
famiglia praticante,
con una mia prozia
religiosa e un cugino
gesuita. Ed è proprio qui, nella mia
famiglia, che ho imparato a pregare e
ad aprirmi all’esperienza degli altri.
Già da bambino mio
padre mi portava
spesso con lui nei
suoi viaggi per tutto
il paese. Era avvocato ed economista,
un imprenditore entrato in politica che
per un anno è stato
ministro delle finanze in un governo di
transizione dopo la
fine della dittatura
di Marcos Pérez Jiménez. Per quasi
tutto il Novecento il
Venezuela ha attraversato dittature e
La domenica delle Palme nella missione San Rupert Mayer in Zimbabwe
l’impegno di mio
padre, alla fine degli
anni Cinquanta, è
stato per creare spazi democratici. E in
famiglia ho imparato che nessuno
si salva da solo:
se volevamo star
bene, dovevamo
contribuire al benessere del paese.
Come mai dai gesuiti non è mai nato
un ramo femminile?
E l’altra fonte?
È stata altrettanto importante. Al collegio
San
Ignacio,
dove sono rimasto quasi tredici anni, dal 1953 al
1966, c’erano molti gesuiti giovani
e lì stavamo dalla mattina alla sera, dal lunedì al sabato. Dopo la
scuola, ci portavano a visitare
ospedali oppure in campagna per
stare con i contadini. Ricordo quegli anni come un ambiente molto
creativo. Facevo parte anche di
una congregazione mariana e giocavo, per la verità piuttosto male,
a calcio, baseball e pallacanestro.
Finito il liceo, ho sentito che per
contribuire meglio al bene di tutti
dovevo entrare nei gesuiti e così
ho fatto, il 14 settembre 1966, poco
prima di compiere diciott’anni.
Com’è stata la formazione? E gli anni successivi?
La mia preparazione? Quella tipica della Compagnia: noviziato,
studi di filosofia nell’università
cattolica Andrés Bello di Caracas,
quindi un periodo nel gruppo del
Centro Gumilla, tenuto dai gesuiti
a sostegno di cooperative per il risparmio e il credito nel centro del
paese, e poi la teologia a Roma,
nel collegio del Gesù e in Gregoriana, tra il 1974 e il 1977, anno in
cui sono stato ordinato prete. Ma
sono tornato in Venezuela per
completare la teologia, mentre nella Universidad Central di Caracas
ho preparato un dottorato in
scienze politiche, materia che ho
insegnato sia nella Central che
nell’Andrés Bello, occupandomi
soprattutto di storia delle idee. Per
quasi un ventennio ho anche diretto la rivista dei gesuiti “Sic”. Dal
1996 al 2004 sono stato provinciale
della Compagnia in Venezuela, e
infine rettore dell’università cattoli-
ca del Táchira dal 2004 fino al
2014. Quell’anno il generale mi ha
chiamato a Roma per occuparmi
delle case internazionali, dove lavorano quattrocento gesuiti che dipendono direttamente da lui.
Cosa significa un preposito generale
della Compagnia di Gesù per la prima volta non europeo (e americano)
dopo quasi cinque secoli di vita?
Questo è certo il frutto di un
cambiamento che investe tutta la
Chiesa e un segno della sua cattolicità, come è stato evidente per
l’elezione in conclave di Bergoglio.
Voglio però sottolineare un dato
storico innegabile molto importante: è stata la generosità missionaria
europea a permetterlo, e a favorire
questa predisposizione all’inculturazione che è tipica dei gesuiti e
delle loro missioni. Il processo è
durato oltre un secolo e mezzo, e
ha portato oggi la Compagnia a
essere una realtà multiculturale, incarnata ormai in decine di culture,
per aiutare le persone e le società
a essere più umane, mostrando
Gesù Cristo, il volto di Dio. È una
ricchezza enorme per i gesuiti e
per tutte le Chiese. Come quella
latinoamericana, molto vitale, spesso ingiustamente appiattita su una
teologia della liberazione che non
di rado è stata presentata in modo
caricaturale come marxista: una
mediazione della fede cristiana che
già in un mio articolo degli anni
Settanta definivo impossibile.
Qual è lo stato di salute odierno della Compagnia, dimezzata rispetto a
mezzo secolo fa, al suo interno con
poche centinaia di fratelli, una volta
molto più numerosi? E la formazione?
Il numero non è un criterio per
giudicare lo stato di salute dei gesuiti: già agli inizi Ignazio parlava
di “minima Compagnia”. Preferiamo la qualità alla quantità e non
vi è dubbio che il rigore nella nostra formazione, se possibile, è oggi ancora maggiore di quello di un
tempo. Certo, non nego la forte
crisi che attraversiamo in Europa e
negli Stati Uniti, principalmente a
causa del secolarismo e della crisi
demografica. La formazione accademica e spirituale deve poi tenere
conto che entrano nei gesuiti molti
professionisti. E l’ambito della preparazione si è diversificato ancor
più di prima, allargandosi alla psicologia, alle scienze sociali, alle
aree scientifiche. Anche all’innalzamento del livello culturale generale
si deve la rarefazione dei fratelli,
una volta molto numerosi nella
Compagnia. E dico con orgoglio
che la mia vocazione deve molto a
loro, ai “fratelli maestri”, così come
a quella dei giovani gesuiti ancora
non ordinati. Molte volte sono
ammutolito davanti all’esperienza
di Dio di questi fratelli, che sono
religiosi non sacerdoti. Ricordo in
particolare uno di loro che in una
fattoria per tutta la vita ha badato
agli animali: era un contemplativo.
Bisogna però tenere presente che
la forma ideale della Compagnia è
quella dei professi [i gesuiti che arrivano al quarto voto], oggi in larga maggioranza rispetto ai coadiutori [che invece non lo pronunciano], agli scolastici [quelli che stanno formandosi] e, appunto, ai fratelli.
Moltissime sono state e sono le
religiose che si sono ispirate alla
spiritualità ignaziana, l’hanno condivisa e la condividono. E voglio
aggiungere che senza le donne
semplicemente non sarebbe possibile pensare la missione della
Compagnia di Gesù. D’altra parte,
alle origini dei gesuiti vi è gruppo
di uomini già ordinati deciso a vivere un nuovo stile di consacrazione religiosa: insieme, come compagni e al servizio della Chiesa universale.
Un ordine nato per stare in frontiera
dove e come si muove oggi? Quali sono le sue frontiere?
Siamo missionari e le frontiere,
come in tutta la nostra storia, oggi
sono moltissime: l’educazione, sia
tradizionale che popolare, il servizio ai profughi e ai rifugiati, l’ambito vastissimo della lotta per la
giustizia sociale e quello della formazione
all’impegno
politico.
Questo, insieme alla vita religiosa,
è una delle mie due grandi passioni: lotta e contemplazione, per
usare un’espressione di qualche decennio fa.
I gesuiti sono ancora formatori e direttori spirituali?
Oggi più che mai. E ora questo
servizio alla vita spirituale si è
moltiplicato, proprio come si sono
moltiplicati i modi, i luoghi e le
persone. Gli esercizi spirituali
ignaziani di un mese o anche di
una settimana sono quasi impossibili a causa dei ritmi della vita
contemporanea, e allora si propongono forme alternative nella quotidianità che possono durare anche
otto o nove mesi. E a darli non sono più soltanto i gesuiti, ma anche
molte altre persone, laiche o religiose, uomini o donne. Dopo il
concilio, che è stato una grazia,
siamo molto più sensibili alla diversità di vocazioni e di doni che
vengono da Dio.
L’annuario della Compagnia di Gesù
Il mondo è la nostra casa
Non è più l’India. O meglio, non è più
solo l’India di san Francesco Saverio. A
distanza di secoli i gesuiti non smarriscono di certo l’impeto missionario che fin
dai tempi del loro fondatore, sant’Ignazio
di Loyola, ne ha caratterizzato l’indole
pastorale rivelandosi nell’interesse appassionato per ogni nuova frontiera e per le
periferie del mondo. A certificarlo, se ce
ne fosse bisogno, è «Gesuiti», l’annuario
2017 della Compagnia di Gesù, che come
di consueto traccia un’istantanea della vita e dell’attività della congregazione. Una
fotografia che quest’anno è stata scattata
mentre era in corso la congregazione generale numero 36, che ha portato all’elezione del venezuelano padre Arturo Sosa.
E proprio la singolare liaison tra missioni e congregazioni generali (in particolare
dalla trentunesima alla trentacinquesima)
costituisce per certi versi il filo rosso che
attraversa in controluce l’intera edizione
dell’annuario. Padre Patrick Mulemi, responsabile dell’Ufficio comunicazione
dell’ordine, nell’editoriale cita infatti un
passaggio rivelatore di un documento approvato nel 2008, nel corso della trentacinquesima
congregazione
generale:
«Ignazio e i primi compagni capirono
l’importanza di raggiungere le persone sia
alle frontiere sia al centro della società, e
di riconciliare coloro che ne erano a qualsiasi titolo esclusi. Dal centro — a Roma
— Ignazio inviò gesuiti verso le frontiere,
verso il nuovo mondo, “ad annunciare il
Signore a popoli e culture che non lo conoscevano ancora”. Mandò nelle Indie
[Francesco] Saverio, a cui seguirono centinaia di gesuiti i quali predicarono il
Vangelo a molte culture, condividendo
conoscenza e apprendendo dagli altri». Il
fondatore, viene ricordato ancora nel documento, «voleva anche che i gesuiti attraversassero altri tipi di frontiere: tra ricchi e poveri, tra persone colte e ignoranti.
In una lettera scritta ai gesuiti inviati al
concilio di Trento, Ignazio indicò come
comportarsi e insistette sul fatto che
avrebbero dovuto mettersi a servizio dei
malati durante la loro permanenza tridentina. I gesuiti aprirono scuole a Roma e
nelle grandi città europee, e istruirono i
bambini nei villaggi di tutto il mondo».
Dopo quasi mezzo secolo, sottolinea
padre Mulemi, «i seguaci di Ignazio capiscono ancora l’importanza di raggiungere
le persone», laddove esse si trovino, anche nei contesti più distanti e difficili. Soprattutto, i gesuiti «capiscono ancora
l’importanza di riconciliare coloro che ne
sono a qualsiasi titolo esclusi, coloro che
non possono condividere pienamente il
bene comune della loro comunità». L’intera famiglia ignaziana, i gesuiti e i collaboratori laici continuano insomma a
«esercitare il loro ministero e a impegnarsi con molte diverse culture e popolazioni
di tutto il mondo odierno». Del resto, ricorda padre Mulemi, lo stesso Ignazio faceva spesso riferimento a se stesso come
al “pellegrino”. Egli, infatti, «vede se stesso in viaggio, un viaggio che lo conduce
alla scoperta di sé. Ma, soprattutto, un
viaggio che lo conduce alla scoperta della
missione che il Signore gli ha destinato».
Una prospettiva pienamente condivisa
in questa edizione dell’annuario della
Compagnia di Gesù, in cui il lettore viene
invitato a diventare a sua volta, e di volta
in volta, “pellegrino” lungo le polverose
strade di confine, talvolta anche le più
impensabili, battute dai figli spirituali di
Ignazio. Così ci si può sorprendere al
fianco dei gesuiti che lavorano con le popolazioni aborigene in Australia e in Bolivia «dove impariamo percorsi alternativi
da popolazioni e comunità indigene».
Oppure in India, in Guyana, in Corea
del Sud, in Zimbabwe. Storie di evangelizzazione e di fede in cui, pur tra difficoltà e incertezze, mai è disgiunta la promozione della giustizia. «Davvero — chiosa padre Mulemi — nelle storie condivise
dai nostri compagni vediamo la forza del
Cristo crocifisso e risorto, ammettiamo la
nostra stessa debolezza, e riconosciamo la
grazia di Dio che ci spinge ad andare
avanti». (fabrizio contessa)
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
mercoledì 21 dicembre 2016
Intervista al cardinale Tauran all’indomani della strage di Berlino
Il dialogo non è debolezza
Siamo sconvolti ma dobbiamo resistere alla tentazione del disfattismo
di GIANLUCA BICCINI
«Il dialogo con i musulmani deve continuare, perché l’alternativa sarebbe la violenza. Tuttavia si deve chiarire che desideriamo il dialogo, ma non la “sottomissione”». All’indomani dell’attentato che ha
colpito il cuore di Berlino, il cardinale
Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso,
sulla scia del magistero di Papa Francesco
continua a ripetere che è necessario «un
dialogo della speranza, per ribadire che le
religioni non sono il problema, ma fanno
parte della soluzione di ciò che sta accadendo nel mondo». In quest’intervista al
nostro giornale il porporato francese traccia anche un bilancio dell’anno che sta
per concludersi e illustra i progetti per il
futuro.
Le modalità dell’attacco di Berlino ricordano
i sanguinosi fatti di luglio a Nizza, seguiti
da quelli di Rouen, che hanno portato molti
in Europa ad atteggiamenti di chiusura nei
confronti dell’islam. Per non parlare poi della
la loro vita quotidiana. Davanti a questi
atti, al dramma delle migrazioni, alla crisi
internazionale, soprattutto davanti alla
situazione di conflitto in Siria, grande è la
tentazione del disfattismo. Ma è proprio
allora che occorre continuare a credere nel
dialogo, che è essenziale per tutta l’umanità.
Come si può portare avanti questo dialogo
nella quotidianità?
Tutti devono approfondire la conoscenza della propria religione e capire che il
dialogo non è riservato agli “specialisti”.
Tutti dobbiamo rinunciare ad atteggiamenti di sospetto o polemica in merito alle nostre motivazioni. Praticando, nella libertà e nel rispetto del diritto, tutto ciò
che la maggioranza delle religioni hanno
in comune — preghiera, digiuno, elemosina, pellegrinaggio — dimostreremo che i
credenti sono un fattore di pace per le società umane. Nel mondo precario di oggi,
il dialogo tra le religioni non è un segno
di debolezza. Esso trova la sua ragion
d’essere nel dialogo di Dio con l’umanità.
Se dovesse sintetizzare
con un’immagine i frutti
del dialogo nell’anno che
sta per concludersi, quale
sceglierebbe?
Di
certo
quella
dell’incontro tra Papa
Francesco e il grande
Imam di Al-Azhar. Il
23 maggio lo sceicco
Ahmad Muhammad alTayyib è giunto in Vaticano con una delegazione di alto livello, di
cui facevano parte, tra
gli altri, i professori
Abbas Shouman, sottosegretario della prestigiosa istituzione accademica
musulmana
sunnita, e Mahmoud
Hamdi Zakzouk, direttore del Centro per il
dialogo di Al-Azhar. Il
grande Imam è stato
accolto da me e dal vescovo segretario del nostro dicastero Miguel
Ángel Ayuso Guixot, e
lo abbiamo accompagnato all’incontro con
il Papa. Nel colloquio,
è stata ribadita la necessità di un comune
Religioni e culture in dialogo ad Assisi (20 settembre 2016)
impegno dei responsabili e dei fedeli delle
tragedia di Aleppo o del recente attentato nel- grandi religioni per la pace nel mondo,
la cattedrale copta della capitale egiziana. con il rifiuto della violenza e del terroriDavanti a tutto questo, è ancora possibile smo, e si è parlato della situazione dei criparlare di dialogo?
stiani nel contesto dei conflitti e delle tenÈ proprio a causa di questa situazione sioni nel Medio oriente.
che s’impone un’attenzione particolare al
mondo musulmano. Tutti siamo stati
sconvolti da quanto è successo in Germania, in Egitto e prima ancora in Francia,
nella mia patria. Ma in quella circostanza,
per esempio, abbiamo potuto anche apprezzare — in particolare dopo l’omicidio
dell’anziano sacerdote Jacques Hamel —
come un risveglio dell’identità religiosa
della maggioranza dei francesi nonché la
solidarietà espressa dai musulmani d’oltralpe. Con grande sofferenza, continuiamo ad assistere ad atti di brutalità insensata che colpiscono persone innocenti nel-
Papa Francesco ha più volte ripetuto che non
si deve identificare l’islam con la violenza.
Non solo: a una domanda specifica durante il volo di ritorno dal viaggio in Polonia, lo scorso 31 luglio, ha anche assicurato che i musulmani cercano la pace, l’incontro. E lo stesso sceicco al-Tayyib, in
un’intervista ai media vaticani subito dopo
l’udienza pontificia, ha sottolineato che
l’islam non ha niente a che fare con il terrorismo, perché chi uccide ne ha frainteso
i testi fondamentali sia intenzionalmente
sia per negligenza, e che è fondamentale
uno sforzo congiunto delle grandi religioni per dare all’umanità
un nuovo orientamento verso la
misericordia e la pace in questo
tempo di grande crisi. Così, se
Giovanni Paolo II è stato il primo Pontefice a visitare il grande
Imam di Al-Azhar nel suo viaggio in Egitto durante il giubileo
del 2000, lo sceicco al-Tayyib è
stato il primo a visitare il Papa in
Vaticano e sempre in occasione
di un giubileo, quello dell’anno
santo della misericordia, una
quindicina di anni dopo.
Qual è stato il lavoro “diplomatico” che ha
preceduto e seguito quell’udienza?
A febbraio monsignor Ayuso si era recato al Cairo dove, accompagnato ad AlAzhar dal nunzio apostolico in Egitto,
l’arcivescovo Bruno Musarò, aveva consegnato personalmente a Shouman una mia
lettera, nella quale esprimevo la disponibilità a ricevere il grande Imam e ad accompagnarlo in udienza dal Pontefice. Dopo
l’incontro con Papa Francesco in Vaticano,
monsignor Ayuso si è recato nella capitale
egiziana altre due volte — a luglio e a ottobre — per preparare l’appuntamento che
segnerà la ripresa ufficiale del dialogo fra
il Pontificio Consiglio e l’università cairota, in programma a Roma nel 2017, probabilmente a fine aprile.
Quali sono state le altre tappe significative
dell’attività del dicastero nel 2016?
All’inizio dell’anno, ha avuto luogo l’incontro annuale a Ginevra tra gli officiali
del nostro dicastero e il personale dell’Ufficio per il dialogo interreligioso e la cooperazione (Irdc) del Consiglio ecumenico
delle Chiese (Wcc), durante la settimana
dell’armonia interreligiosa proclamata dalle Nazioni Unite. Sempre a gennaio, monsignor Ayuso è stato ad Abu Dhabi per il
primo Arab Thinkers Forum. Era l’unico
relatore non musulmano ed è intervenuto
nella sessione dedicata al tema dell’estremismo, con un’analisi delle cause e dei
possibili rimedi. A febbraio, accompagnato da monsignor Khaled Akasheh, capo
ufficio per l’islam, ho partecipato personalmente alla dodicesima Interfaith Dialogue Conference, tenutasi a Doha, in
Qatar.
È significativo che più di una volta in questo
anno il Papa abbia fatto precedere l’udienza
generale del mercoledì da brevi ma significativi incontri con esponenti di altre religioni.
Che senso hanno avuto?
Sono stati momenti molto importanti in
cui il Papa ha pronunciato brevi parole a
braccio. Con i suoi modi gentili, egli ha
lasciato in tutti un buon ricordo. Me lo
hanno testimoniato sia i membri del Royal
Institute for Interfaith Studies di Amman,
in Giordania, che ho accompagnato in Vaticano il 4 maggio; sia Haxhi Baba Edmond Brahimaj, capo della comunità dei
Bektashi, ricevuto dal Papa la settimana
seguente. Si tratta di una confraternita
musulmana di derivazione sufi, fondata
nel tredicesimo secolo in Turchia e diffusasi soprattutto in Albania. Lo stesso è accaduto il 1° giugno con una delegazione
giainista composta da 35 persone e infine
il 23 novembre con i musulmani sunniti
iraniani partecipanti al colloquio sull’estremismo e la violenza in nome della religio-
Visita del Papa al Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione
Misericordia e missione
Visita a sorpresa di Papa Francesco al Pontificio Consiglio
per la promozione della nuova evangelizzazione: nella mattina di oggi, martedì 20 dicembre, il Pontefice si è recato nella
sede del dicastero romano, in via della Conciliazione, per
ringraziare i superiori, gli officiali e i dipendenti per il grande sforzo organizzativo messo in campo durante il giubileo
straordinario della misericordia.
Giunto inaspettatamente verso le 11.20, accompagnato solo
da un gendarme, il Papa è stato accolto dall’arcivescovo presidente Rino Fisichella e si è trattenuto per una quindicina
di minuti con tutti i presenti. «Dimostrando un grande senso di umanità e di amicizia nei nostri confronti — ha riferito
il presule all’Osservatore Romano — il Papa ha voluto farci
personalmente gli auguri per le feste natalizie, rinnovando la
sua gratitudine per quanto da noi fatto nell’anno santo».
Un gesto di fraternità, lo ha definito monsignor Fisichella,
il quale ha poi aggiunto come tutti al Pontificio Consiglio
siano «rimasti colpiti dalla sua affabilità. Ci ha raccontato la
propria gioia per l’esperienza del giubileo — ha concluso — e
ci ha raccomandato in particolare l’importanza dei missionari
della misericordia».
L’incontro del Pontefice con il Grande Imam di Al-Azhar (23 maggio 2016)
ne, che è stato promosso dal nostro Pontificio Consiglio con l’Islamic Culture and
Relations Organization (Icro) di Teheran.
Inoltre, dal 7 all’8 settembre, il nostro dicastero ha collaborato all’organizzazione
del simposio «America in dialogo - Nostra
casa comune» promosso dall’O rganizzazione degli stati americani e dall’Istituto
di dialogo interreligioso (Idi) di Buenos
Aires, i cui partecipanti sono stati ricevuti
da Papa Francesco. E non dimentichiamo,
infine, l’udienza interreligiosa voluta dal
Pontefice il 3 novembre, con la partecipazione di tanti nostri amici e partner del
dialogo, tra i quali il Centro internazionale di dialogo a Vienna (Kaiciid), che
nell’occasione ha pure promosso un colloquio sulla misericordia presso la Pontificia
università Gregoriana.
Proprio ad alcune religioni particolarmente
diffuse nel continente avete rivolto messaggi
in occasione di particolari feste.
Buddisti e cristiani insieme per promuovere l’educazione ecologica è stato il tema
di quello che abbiamo inviato per la festa
di Vesakh, durante la quale si commemorano i principali avvenimenti della vita di
Buddha. A ottobre abbiamo indirizzato
un messaggio agli indù incentrato sull’importanza della famiglia in occasione della
festa di Deepavali, che significa “fila di
lampade a olio”, ed è simbolicamente fondata su un’antica mitologia volta a rappresentare la vittoria della verità sulla menzogna e della luce sulle tenebre. Infine, in
occasione del mese del Ramadan, a giugno c’è stato il tradizionale augurio alla
comunità islamica.
Per i numeri che esprime il continente asiatico e per l’attenzione con cui il Papa ne segue
le vicende, un capitolo importante del dialogo
riguarda l’Oriente. Quali rapporti ci sono con
l’Asia e le sue culture?
Uno dei momenti centrali dell’anno appena
trascorso è stato senza dubbio la giornata del
20 settembre ad Assisi, nel trentennale dello
storico incontro che vide riuniti con Giovanni
Paolo II i responsabili delle principali religioni mondiali. Che significato ha avuto?
A maggio il nostro segretario è stato in
Giappone per una consultazione di alto livello con i responsabili religiosi del Medio
oriente sul tema della cittadinanza, per
promuovere una maggiore consapevolezza
negli Stati a maggioranza musulmana.
Durante la missione a Tokyo è stata anche
rafforzata la collaborazione tra la Chiesa
cattolica e l’organizzazione buddista Rissho Kosei-kai (Rkk). A ottobre, con il sottosegretario Indunil Kodithuwakku, monsignor Ayuso si è recato prima a Singapore, e poi a Taiwan in occasione del primo
incontro cristiano-taoista.
L’incontro di Assisi nel 1986 ha proiettato la Chiesa verso le religioni non cristiane. Queste infatti, nonostante l’insegnamento di Paolo VI, nella sua prima enciclica Ecclesiam suam, e del Concilio vaticano
II, con la dichiarazione Nostra aetate, apparivano lontane, se non estranee. È stato il
simbolo, la realizzazione del compito della
Chiesa in un mondo segnato dal pluralismo religioso. Non a caso, dunque, lo stesso Papa Francesco ha voluto riproporne i
contenuti recandosi ad Assisi per una nuova giornata di preghiera sul tema: «Sete di
pace. Religioni e culture in dialogo».
Nomine episcopali
Le nomine di oggi riguardano la Chiesa
in Australia e in India.
Gregory Homeming
vescovo di Lismore (Australia)
Nato il 30 maggio 1957 nello stato australiano di Victoria, prima di entrare nei
carmelitani scalzi, ha studiato economia
e giurisprudenza all’università di Sydney.
Ha completato la formazione sacerdotale
presso la Yarra Theological Union e ha
ottenuto un master in filosofia alla Melbourne University. Ha emesso la professione religiosa il 1° febbraio 1987 ed è
stato ordinato sacerdote il 20 luglio 1991.
Successivamente ha conseguito un diploma in teologia presso il Catholic Theological College di Melbourne. Ha lavorato
in varie parrocchie e si è dedicato alla
guida di ritiri spirituali. Alla morte improvvisa dell’allora vicario regionale
dell’ordine, Homeming è stato nominato
al suo posto dal 1998 al 2002 e di nuovo
dal 2005 al 2011. È stato priore della comunità carmelitana presso Varroville e
Saint Ives. Dall’agosto 2014 era di nuovo
vicario regionale.
Allwyn D’Silva
ausiliare di Bombay (India)
Nato il 20 aprile 1948, a Mumbai,
nell’arcidiocesi di Bombay, ha compiuto
gli studi di filosofia e teologia al Saint
Pius X College di Goregaon. Ha ottenuto un baccellierato in scienze politiche
ed economiche presso l’università di Delhi e un master in scienze politiche presso la Mumbai University. Ordinato sacerdote il 19 aprile 1975 per l’arcidiocesi
di Bombay, è stato per un anno vicario
parrocchiale di Saint Anthony a Vakola,
poi ha svolto il ministero al National Vocations Centre di Pune (1976-1977), quindi è stato responsabile delle vocazioni
con residenza nella parrocchia di Vakola
(1977-1986), vicario parrocchiale (19861988) e parroco (1988-1994) di Saint Jude
a Jeri-Meri, decano del decanato South
East Salsette (1991-1994), priest-in-charge
di Saint Jude a Maladi East (1994-2000)
e di Saint Anthony a Dharavi (20002007), decano del decanato North Mumbai (2002-2007), parroco di Our Lady of
Nazareth a Bhayandar (2007-2011), decano del decanato di Bhayandar dal 2007
al 2011, anno in cui è divenuto parroco
di Saint John the Baptist a Thane. Dal
2012 era anche vicario episcopale di
Bombay. È altresì membro dei consigli
pastorale e presbiterale, della commissione Iustitia et pax, co-presidente del Centre for Peace Trust, direttore dell’ufficio
arcivescovile per l’ambiente e del Prison
Ministry India in Mumbai, segretario del
Climate Change Desk della Federazione
delle conferenze episcopali asiatiche
(Fabc). Ha insegnato per oltre 35 anni al
Saint Pius X College.
Barthol Barretto
ausiliare di Bombay (India)
Nato il 16 settembre 1961 a Mahim,
Mumbai, nell’arcidiocesi di Bombay, ha
compiuto gli studi di filosofia e teologia
al Saint Pius X College di Goregaon.
Presso la Bombay University ha conseguito un bachelor of arts in storia. Ordinato sacerdote l’8 aprile 1989, fino al
1993 è stato vicario parrocchiale di Saint
Xavier a Dabul, poi direttore aggiunto
della sezione giovani del centro pastorale
diocesano a Bandra (1993-1995) e direttore della sezione giovani dello stesso centro (1995-1999), priest-in-charge di Saint
Francis Xavier a Panvel (1999-2002), parroco di Saint Lawrence a Wagle Estate e
in pari tempo decano del decanato di
Thane (2002-2004), segretario dell’arcivescovo (2004-2008), parroco di Saint
Thomas a Goregaon East e direttore spirituale al Saint Pius X College (20082011). Dal 2010 era amministratore del
medesimo college e decano del decanato
di Borivli e, dal 2011, parroco di Immaculate Conception sempre a Borivli.