di misericordia - Cattedrale di Como

Transcript

di misericordia - Cattedrale di Como
Oasi
di misericordia
Itinerario per il tempo
di Quaresima-Pasqua 2016
PER USARE OGNI GIORNO IL SUSSIDIO
• Il titolo: “OASI DI MISERICORDIA” riprende una frase contenuta
nella Misericordiae Vultus, la bolla di indizione del Giubileo straordinario
della Misericordia.
• Il contenuto: è stato chiesto ai missionari e ad alcune persone che
svolgono il loro servizio in luoghi dove si sperimenta come la Misericordia
“È fonte di gioia, di serenità e di pace… È condizione della nostra salvezza… È la parola che rivela il mistero della SS.Trinità… È l’atto ultimo
e supremo con il quale Dio ci viene incontro…È la legge fondamentale
che abita nel cuore di ogni persona…È la via che unisce Dio e l’uomo,
perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante
il limite del nostro peccato” (MV 2), di raccontare un frammento della
loro vita a commento del Vangelo quotidiano.
Oasi
LA PROPOSTA DAL MERCOLEDÌ DELLE CENERI A PASQUA:
• All’inizio del cammino, ogni settimana e prima del solenne Triduo
Pasquale: una sezione curata dalla Caritas diocesana ci aiuta a riscoprire
le opere di misericordia.
• Ogni giorno ci accompagna:
- Il Vangelo proclamato nella celebrazione eucaristica feriale e festiva.
- La descrizione della situazione in cui vivono coloro che commentano
la Parola.
- Il commento alla parola. È stata affidata a missionari (la maggior parte
originari della diocesi) e a persone/associazioni/gruppi che, in ambiti
diversi, si occupano di accompagnare chi vive momenti di emarginazione, povertà, malattia, sofferenza, solitudine. Non sono commenti
di esegesi della Parola di Dio, ma racconto di come il Vangelo ci fa
diventare “Misericordiosi come il Padre”.
- La preghiera perché “la Quaresima di questo Anno Giubilare sia vissuta
più intensamente come momento forte per celebrare e sperimentare
la misericordia di Dio” (MV 17).
- Una pagina bianca, senza racconto dei testimoni, per ogni settimana:
…non perché mancano i testimoni o perché non ci sono state risposte adeguate a quanto richiesto! Chi intraprende questo cammino
verso la Pasqua è chiamato, in prima persona a diventare “Oasi di
misericordia” perché chiunque possa sostare e sperimentare gioia,
salvezza, perdono, tenerezza.
Allora proviamo a scrivere il commento nelle pagine bianche, ciascuno sul suo libretto: che bello sarebbe poi poterlo condividere nelle
nostre comunità, gruppi, movimenti, famiglie!
“La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore
pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e
la mente di ogni persona. La Sposa di Cristo fa suo il comportamento
del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere nessuno. Nel
nostro tempo, in cui la Chiesa è impegnata nella nuova evangelizzazione, il tema della misericordia esige di essere riproposto con nuovo
entusiasmo e con una rinnovata azione pastorale.
La prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo. Di questo amore, che
giunge fino al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice
presso gli uomini. Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere
evidente la misericordia del Padre. Nelle nostre parrocchie,
nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve
poter trovare un’oasi di misericordia.” (Misericordiae Vultus 12)
Esprimiamo un cordiale ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito
alla stesura del sussidio inviando le loro riflessioni. Don Sergio Tettamanti
alla “Tenda di Mamre” ha redatto le preghiere di ogni giorno: a lui un ringraziamento speciale!
Per informazioni su attività e recapiti di chi ha collaborato a questa pubblicazione, per altro materiale utile per il cammino quaresimale potete contattare
il Centro Missionario e la Caritas Diocesana.
www.centromissionariocomo.it; [email protected]
tel. 031 3312324
www.caritascomo.it [email protected] tel 031 3312333
di misericordia
Itinerario per il tempo
di Quaresima-Pasqua 2016
Con queste parole Papa Francesco ha indetto il Giubileo straordinario
della Misericordia. Le accogliamo e ci mettiamo in cammino: il Centro
Missionario e la Caritas diocesana offrono un semplice strumento che
accompagna i giorni dal mercoledì delle Ceneri alla Pasqua.
Nel giorni di Quaresima sostiamo nelle “Oasi di misericordia”:
• Il Vangelo proclamato nell’Eucaristia quotidiana diventa preghiera,
meditazione, conversione.
• La testimonianza di missionari e di persone, sacerdoti e laici, impegnate in comunità, associazioni e movimenti racconta come
l’incontro con il Padre Misericordioso cambia la vita e la storia.
• La conversione personale matura riscoprendo le opere di misericordia corporale e spirituale, facendo esperienza della misericordia
del Padre, scegliendo uno stile di vita nuovo.
q u a r e s i m a
DAR DA MANGIARE AGLI AFFAMATI,
DA BERE AGLI ASSETATI,
VESTIRE GLI IGNUDI
Una sola famiglia umana: cibo per tutti?
I dati che narrano quanti milioni di esseri umani ancora oggi
non accedono ad una alimentazione quotidiana adeguata e
dignitosa, parlano di numeri “scandalosi”. Come scandaloso
è scoprire, andando a leggere i dati con maggior attenzione,
che il cibo scartato e ancora commestibile è tantissimo.
La FAO calcola che ogni anno si sprechino 1,3 miliardi di
tonnellate di cibo, pari a 1/3 della produzione totale destinata al consumo umano. Il solo spreco di cibo in Italia ha
un valore economico che si aggira intorno ai 13 miliardi di
euro all’anno. Scandaloso è scoprire che sono aumentati
gli affamati/assetati a causa delle devastazioni delle guerre, dei cambiamenti climatici, del landgrabbing, dell’iniqua
ridistribuitone della ricchezza nel mondo. Nel 2007-08 il
prezzo del cibo è aumentato dell’83% e nel 2010-11 del
97%. In generale, la malnutrizione riguarda circa 850 milioni
di persone: uomini, donne, bambini che si vedono precluso il
4
diritto fondamentale ad un’alimentazione che consenta loro
di avere una vita dignitosa sotto tutti i punti di vista. Affrontare il tema del “dar da mangiare agli affamati”, è affrontare
lo spinoso fronte del nostro stile di vita occidentale, basato
sull’accumulo e lo spreco, soprattutto del cibo. È immorale
pensare che oggi, milioni di persone muoiano di fame. È
immorale sapere che moltissime popolazioni non hanno
accesso alle fonti di alimentazione basiche perché le terre,
le acque, le risorse sono sfruttate per dare ricchezza ad un
numero ridotto di persone e che non c’è un sostanziale
ritorno per loro stesse nell’uso della risorsa alimentare. È
immorale devastare la natura con le coltivazioni intensive,
la distruzione della biodiversità, l’inquinamento della terra
e delle acque, senza pensare alle conseguenze e ricadute
su milioni di famiglie nel mondo. Che fare allora? Muoverci
per una maggior consapevolezza che il nostro stile di vita
ha a che fare con la vita di altri perché le nostre scelte
quotidiane intercettano anche le esigenze di coloro che
abitano la Terra insieme a noi.
Rossano Breda, Caritas Diocesana
5
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
mercoledì delle ceneri
mercoledì
Matteo 6, 1-6.16-18
10
febbraio
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
2016
«State attenti a non praticare la vostra giustizia
Metto nelle tue mani
Signore la mia vita,
il mio cuore.
Tu, Padre
misericordioso,
in questo tempo
di Quaresima
modella, plasma, ricrea
tutto il mio essere
così da far riemergere
in tutta la sua bellezza
la tua immagine,
impressa in me
tua creatura di polvere
e cenere, ma abitata,
per misericordia,
dal tuo Spirito di vita.
davanti agli uomini per essere ammirati da loro,
altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il
Padre vostro che è nei cieli.
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la
tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle
sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla
gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la
loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina,
non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra,
perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre
tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che,
nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano
pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In
verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua
camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che
è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto,
ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici
come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta
per far vedere agli altri che digiunano. In verità
io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.
Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati
il volto, perché la gente non veda che tu digiuni,
ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre
tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
GIUBILEO STRAORDINARIO
DELLA MISERICORDIA
6
Voluto da Papa Francesco, a 50 anni dalla chiusura del Concilio
Ecumenico Vaticano II, ha visto l’inizio a Roma l’8 dicembre 2015,
e nelle singole diocesi il 13 dicembre, anche se la prima “Porta
Santa della Misericordia” è stata aperta direttamente dal Papa
a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, la prima domenica di
Avvento, il 29 novembre 2015. “Misericordiosi come il Padre” è il
motto scelto per questo tempo di grazia che si concluderà nella
solennità di Cristo, Re dell’universo, il 20 novembre 2016. In particolare, durante la Quaresima si colloca l’invito a celebrare le “24
ore per il Signore”, venerdì 4 e sabato 5 marzo p. v., riscoprendo il sacramento del Perdono e impegnandosi con intelligente
zelo per vivere le opere di misericordia corporale e spirituale.
Si apre un cammino per “ritornare al
Signore”, come dice il profeta Gioèle.
Ma come, noi che leggiamo il libretto
della Diocesi per la Quaresima siamo
già vicini al Signore, siamo già nella
Chiesa, riceveremo anche le sacre
Ceneri! Più di così!
Più di così… c’è il cuore! Al Dio “misericordioso e pietoso, lento all’ira, di
grande amore” (Gl 2,13) bisogna ritornare “con tutto il cuore, con digiuni,
con pianti e lamenti” (v. 12). Non basta
chinare la testa di fronte al sacerdote
che ci segna con questo rito quaresimale: “laceratevi il cuore e non le vesti,
ritornate al Signore, vostro Dio” (v. 13).
E che si tratti, per così dire, di una visita
dal cardiologo e non dall’estetista, lo
conferma il vangelo: “non praticare la
giustizia davanti agli uomini, non fare
l’elemosina suonando la tromba davanti a te, non pregare stando dritto per
essere visto dalla gente” (Mt 6, 1.2.5).
Il Padre nostro che è nei cieli, vede nel
segreto - tre volte viene ripetuto: e
cosa c’è di più segreto del mio cuore?
Lì dove amo, soffro, desidero, decido e,
forse, mi converto?
Il cammino della Quaresima non è
una salita verso le vette eroiche della
coerenza con i valori irrinunciabili, o
dei digiuni estenuanti, o delle preghiere
perseveranti. Forse, più semplicemente,
è una discesa: dentro noi stessi, per
scoprire che lì abita il Signore, che siamo da Lui amati, che la sua misericordia
ci ha già preceduto e ci aspetta.
Una discesa per arrivare a contemplare un altro Cuore, quello crocifisso di
Gesù, che ai suoi apostoli, stupiti e spaventati per la sua risurrezione, mostra i
segni perenni di un Dio che, per amore,
ha donato tutto se stesso. Quel cuore
trafitto da cui è sgorgata l’acqua della
vita, come dall’antico tempio il profeta
aveva visto sgorgare l’acqua della sal-
vezza per il popolo (cfr. Ez 47).
Se vogliamo, la Quaresima che oggi vede
il suo primo passo è un percorso di
grazia per riscoprire finalmente “Gesù
Cristo, il volto della misericordia del
Padre… Gesù di Nazareth con la sua
parola, con i suoi gesti e con tutta la sua
persona rivela la misericordia di Dio”
(Francesco, Misericordiae Vultus, 1).
Non va dimenticato poi che questa
strada, per grazia di Dio, la percorriamo
insieme. Il Signore guarda negli occhi
ciascuno in modo unico, ma ci guida tutti uniti, come un pastore il suo gregge.
Questa è la Chiesa, il popolo santo di
Dio, che vive un anno straordinario
di giubilo e di conversione alla Misericordia e che, per bocca di san Paolo,
ci ripete: “Vi supplichiamo in nome di
Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.
… Vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio” (2Cor 5,20.6,1).
Cara sorella, caro fratello, che insieme con me vivete questo tempo di
grazia, non scoraggiarti (anche qui
c’entra il cuore!) se pensi che, tanto,
anche quest’anno sarà le stessa musica
di tante altre volte.
E se fosse la volta buona? Se, finalmente, io e te lasciassimo fare un po’ di più
al Signore, ci fidassimo di Lui, come il
cardiopatico che al medico consegna
la sua vita? Se ripetessimo con più convinzione le parole del salmo di oggi:
“Crea in me, o Dio, un cuore puro?”
(Sal 50,12).
E non puro perché cerchiamo di essere un po’ più casti, ma puro perché
diventato trasparente: così la luce del
Signore potrà attraversarlo e farà risplendere tutta la nostra vita.
Don Luigi Savoldelli
Responsabile diocesano
commissione Misericordia e Famiglia
7
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
giovedì dopo le ceneri
giovedì
11
febbraio
2016
L’
8
Luca 9, 22-25
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai
capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il
terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire
dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni
giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la
perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la
salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna
il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».
evangelista Luca nel vangelo di oggi ci presenta
il primo annuncio della
passione di Gesù dicendo
poi a tutti: “Se qualcuno
vuole venire dietro a me, rinneghi
se stesso, prenda la sua croce ogni
giorno e mi segua”. Queste parole
non finiranno mai di interrogarmi
e farmi riflettere. Nel mio ministero di cappellano ospedaliero
ogni giorno incontro persone che
stanno vivendo l’esperienza della
sofferenza e del dolore, che stanno portando con fatica ma anche
con grande dignità e fede la propria
croce. L’ospedale, infatti, è la città
“per eccellenza” abitata dal dolore,
dove ogni giorno tante persone si
trovano costrette a confrontarsi e
a dover lottare contro la malattia.
Ma non dimentichiamo le mura
domestiche; dove anche lì, magari nel nascondimento, si vive tale
esperienza.
L’impatto imprevisto con la malattia e la sofferenza sconvolge
la vita e scatena una miriade di
reazioni diverse. A tal proposito
non dimenticherò mai quanto ho
vissuto il venerdì santo dell’anno
giubilare del 2000. Durante la mia
visita quotidiana ai malati entrai in
una stanza, dove c’era una mamma che, avendo suo figlio di 7 anni
con un osteosarcoma, guardando
il crocifisso imprecava a dir poco
Sono un religioso dell’ordine di
San Camillo patrono dei malati e
degli operatori sanitari. Il carisma
e la spiritualità si potrebbero sintetizzare così: vedere Cristo nel
malato ed essere Cristo per il
malato.
e gli rivolgeva testuali parole: “Sei
un bastardo!”… Qualche ora dopo,
quella stessa mamma era in chiesa
a baciare il crocifisso durante la
liturgia della passione del Signore.
La sofferenza è sempre differente
dall’idea che ce ne facciamo quando non la stiamo vivendo, dalle parole che usiamo per descriverla
quando stiamo bene: essa è l’invasione dentro di noi di una realtà
così estranea che non troviamo le
parole per descriverla. È un appello
ad un intervento di sollievo e di
cura, e suscita contemporaneamente domande che toccano il senso
della vita e l’esistenza stessa di Dio.
Dopo diciassette anni di esperienza
accanto ai malati posso affermare che il ministero in ospedale è
quanto mai prezioso e delicato. In
un breve incontro si può essere
decisivi: perdere una persona o
ritrovarla. San Camillo non a caso
diceva che “ci è toccata la pietanza
grossa della carità”. Non credevo
che potesse esserci così tanta sofferenza, situazioni che oserei dire
“disperate”, eppure devo dire che
proprio dalle persone più segnate
dalla malattia ho ricevuto dei gran-
Signore la croce è la
tua strada: strada
di un amore più
forte del dolore
e della morte.
Fa’ che ti possiamo
seguire con maggior
decisione ogni giorno,
accompagnati per
mano da Maria, così da
imparare da Lei a stare
presso la croce con
coraggio e speranza.
di insegnamenti di vita. Con le loro
parole semplici ma che scaturivano
dal loro vissuto, mi parlavano di
Dio, del mistero della sofferenza,
al punto da edificarmi. La loro teologia, non era quella scritta sui
libri, era vissuta. Facendo il cappellano in ospedale ho capito che
è importantissimo essere umili e
saper ascoltare. Umiltà e ascolto.
L’umiltà che si fa ascolto, sull’esempio della vergine Maria. Soprattutto
oggi, memoria liturgica della Beata
Vergine di Lourdes e XXIV giornata mondiale del malato che ha
per tema: Affidarsi a Gesù misericordioso come Maria.
C’è un’immagine che mi ha sempre
accompagnato nel mio ministero
camilliano in ospedale e fuori:
quella della Visitazione di Maria
ad Elisabetta. Per me è l’icona più
appropriata per chi assiste i malati
e quanti sono nel bisogno. Maria
che raggiunge “in fretta” la cugina che è nel bisogno. È “la fretta
dell’amore”. Questa immagine mi
rammenta ogni giorno che sono
chiamato a fare quello che ha fatto Maria: sono chiamato a portare
Gesù ai malati con i loro famigliari
e a tutte le persone che a vario
titolo si prendono cura di loro.
Guardiamo a Maria, salute degli
infermi. Preghiamola perché nelle
comunità cristiane, anche della nostra diocesi, ammalati e “sani” imparino a “crescere nella tenerezza,
nella carità rispettosa e delicata” e
a vivere nel dono di se stessi per il
bene dei fratelli.
Padre Fausto Negrini
Ospedale S.Anna Como
9
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
venerdì dopo le ceneri
venerdì
Matteo 9, 14-17
12 febbraio
2016 In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i
discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse
gli invitati a nozze essere in lutto finché
lo sposo è con loro? Ma verranno giorni
quando lo sposo sarà loro tolto, e allora
digiuneranno. Nessuno mette un pezzo
di stoffa grezza su un vestito vecchio,
perché il rattoppo porta via qualcosa
dal vestito e lo strappo diventa peggiore.
Né si versa vino nuovo in otri vecchi,
altrimenti si spaccano gli otri e il vino si
spande e gli otri vanno perduti.”
Un laico originario della diocesi che ogni anno
trascorre il tempo delle ferie presso una missione ci racconta il viaggio del Papa in Africa
dello scorso novembre. Anche le ferie trascorse
in missione nella condivisione umile di un servizio che altri hanno svolto prima di te e che
qualcun altro continuerà possono essere “un
modo per risvegliare la nostra coscienza spesso
assopita davanti al dramma della povertà e per
entrare sempre di più nel cuore del Vangelo”
(Misericordiae Vultus 15)
D
10
all’Uganda, attaccato
ad un terminale dallo
schermo crepato, in un
internet point che solo
chi conosce l’Africa
può immaginare, seguendo un uomo
vestito di bianco, nel suo primo, atteso, cammino su questa terra rossa.
Seguendo il successore di Pietro, in
mezzo a milioni di africani, tra ugandesi, sudanesi, ruandesi, congolesi,
festanti e travolgenti di entusiasmo.
Ne vale la pena, vale la pena affrontare le difficoltà di estenuanti sposta-
Signore, Sposo
di questa nostra
umanità,
con il digiuno ci
inviti a fare spazio
a Te, che ci rivesti
e ci riempi della
novità della tua presenza.
Ci chiami a una vita nuova,
aperta alla verità, al bene,
alla giustizia, alla pace
perché la nostra storia
torni ad essere banchetto
di nozze per tutti i popoli.
Sostienici e guidaci
con la luce e la forza
del Tuo Spirito.
menti, di continui controlli dei militari
ugandesi, impazziti in vani tentativi di
mettere un po’ di ordine all’infinita
marea di bambini, donne ed uomini,
giunti a piedi anche dai luoghi più disparati dell’area africana dei grandi
laghi.
Un Papa immenso, portatore della
speranza del Vangelo, operatore di
pace nel suo pellegrinaggio, iniziato
da pontefice nell’estremità più periferica dell’Europa, quella che si protende alla vicina Africa, che ne sente
gli odori, che ne vede annegare i figli
carichi di speranza, in fuga da guerre
e povertà endemiche, inghiottiti da
quel mare che è diventato un gorgo
della storia.
A Lampedusa ci chiese: “Dove sei,
Adamo?». Ci spiegò del disorientamento dell’uomo “perché crede di
diventare potente, di poter dominare
tutto, di essere Dio. E l’armonia si
rompe, l’uomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro
che non è più il fratello da amare, ma
semplicemente l’altro che disturba la
mia vita, il mio benessere”.
Ci disse con intelligenza profetica:
“nessuno oggi nel mondo si sente responsabile di questo: abbiamo perso
il senso della responsabilità fraterna;
la cultura del benessere, che ci porta
a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere
in bolle di sapone, che sono belle, ma
non sono nulla, sono l’illusione del
futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta
alla globalizzazione dell’indifferenza,
quella che ci ha tolto la capacità di
piangere.”
Immenso in quel suo primo viaggio
da Pontefice, immenso in questo suo
primo viaggio apostolico qui in Africa,
che di Lampedusa diventa proseguimento di una rotta che ridefinisce
non solo le periferie ed i centri, ma
soprattutto ridefinisce le priorità
dell’uomo, specie dell’uomo più in crisi
di quest’epoca: quello occidentale.
Parla agli occidentali la testimonianza
della sua visita a Kangemi, facendosi
largo tra le baracche ed i rifiuti in cui
sopravvivono centinaia di migliaia di
persone, bambini soprattutto, in uno
slum di Nairobi dove vivono 30 mila
persone, parla agli occidentali la sua
tunica che da bianca diventa ocra,
sporcata dalla polvere della terra rossa e del fango.
Parla agli occidentali quando afferma
che salvare i migranti, dare loro opportunità, creare ponti e non muri,
significa salvare la speranza, quella
di chi fugge da guerra e povertà, ma
anche quella dimenticata nelle vite di
solitudine in occidente, perché, anche
qui l’ha ricordato,“nella società consumista la nuova povertà è la solitudine”.
Parla agli occidentali quella preghiera
nella moschea di Bangui dopo aver
proclamato che “Tra cristiani e musulmani siamo fratelli. Dobbiamo dunque
considerarci come tali, comportarci
come tali. Sappiamo bene che gli ultimi
avvenimenti e le violenze che hanno
scosso il vostro Paese non erano fondati su motivi propriamente religiosi.
Chi dice di credere in Dio dev’essere
anche un uomo o una donna di pace
… Dobbiamo dunque rimanere uniti
perché cessi ogni azione che, da una
parte e dall’altra, sfigura il Volto di Dio
e ha in fondo lo scopo di difendere
con ogni mezzo interessi particolari,
a scapito del bene comune.
Insieme, diciamo no all’odio, no alla
vendetta, no alla violenza, in particolare a quella che è perpetrata in nome
di una religione o di Dio. Dio è pace,
Dio salam.”
E parla alle Nazioni Unite di Nairobi con la sua enciclica “Laudato Si’ ”,
citandola più volte , quando invita a
“concepire il pianeta come patria e
l’umanità come popolo che abita una
casa comune”, quando incoraggia: “gli
esseri umani, capaci di degradarsi fino
all’estremo, possono anche superarsi,
ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi”, quando sollecita nuovi stili di
vita e culturali: “nulla sarà possibile se
le soluzioni politiche e tecniche non
vengono accompagnate da un processo educativo che promuova nuovi stili
di vita. Un nuovo stile culturale”.
Ne vale la pena, in un mondo orfano
di padri, orfano di leaders autorevoli,
accompagnare un Pontefice profeta.
Ne vale la pena: mi sento un testimone forse incosciente di quel vestito
nuovo e di quell’otre nuovo di cui parla il Vangelo di oggi. Francesco non sta
facendo un rattoppo né sta usando un
otre vecchio: questo gesuita arrivato
dalla fine del mondo ci sta facendo
toccare con mano la presenza dello Sposo e ci sta invitando ad essere
discepoli festosi di un banchetto di
nozze.
Comunque andrà la storia, Francesco
la storia la sta compiendo, e cambiando.
Giuseppe Luca Mantegazza
11
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
sabato dopo le ceneri
sabato
13
febbraio
2016
Luca 5, 27-32
In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi,
seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed
egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
Poi Levi gli preparò
un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro
a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano
ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme
ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non
sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati;
io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori
perché si convertano».
Il cappellano di un carcere si occupa in modo specifico dell’aspetto religioso, dell’annuncio di Cristo, che
comprende normalmente la celebrazione della messa la
domenica, del sacramento della confessione, di momenti
di ascolto e catechesi.Tuttavia la presenza del cappellano
ha anche un risvolto di dimensione umana, di conforto
morale e di un rapporto personale con il detenuto, poiché svolge anche compiti di assistenza materiale. Grazie
alla generosa solidarietà di tanta gente si riesce a provvedere alle esigenze concrete dei detenuti, soprattutto
di quelli più bisognosi (con aiuti economici, telefonate
e contatti con i familiari, ecc.).
E
gli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì (Lc 5,28).
Levi abbandona il suo stato di peccatore per
seguire Cristo. Levi, prigioniero del denaro,
è Matteo, discepolo di Gesù, ed è l’immagine di tanti detenuti che Gesù è venuto a
salvare. “Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma
i peccatori” (Lc 5, 32).
Il detenuto che si affida a Cristo non ha da temere
giudizi di condanna come quelli dei farisei e degli scribi
che mormorano (Lc 5, 30). Il detenuto che incontra
Cristo è salvo, perché l’amore di Dio lo chiama a
una vita nuova.
Nella realtà del Carcere di Sondrio vedo alcuni detenuti che hanno perso tutto (familiari, affetti, amici,
relazioni, speranza, fede), sono rimasti senza nulla,
tutto ciò che c’era nella loro vita è andato perduto.
Anche Levi aveva perso tutto, ma dà una festa perché
aveva guadagnato il Tutto. “Cristo non toglie nulla e
dà tutto!” (Benedetto XVI). In questo primo sabato di
Quaresima preghiamo perché molti detenuti possano
alzarsi dal loro banco dell’errore commesso, abbandonare le catene del peccato e delle sofferenze per
vedere Cristo e avere da Lui la vita vera.
Mi hanno sempre colpito queste parole di Papa Francesco rivolte ai cappellani delle carceri:“Nel tuo cuore
i carcerati hanno un posto? Tu preghi per loro, perché
il Signore li aiuti a cambiare vita?”.
don Ferruccio Citterio
Cappellano della Casa Circondariale di Sondrio
Ti prego Signore per tutti i carcerati.
Ti prego anche per me,
prigioniero di tanti pregiudizi
e di tante schiavitù.
Sii Tu il nostro liberatore.
Donaci il cambiamento del cuore
per saper costruire un futuro di speranza
e portare frutti di novità.
12
13
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
p r i m a
s e t t i m a n a
OSPITARE I PELLEGRINI. Migranti, come noi.
Capita di incontrarli la sera mentre guidi sulla via di casa.
Camminano a bordo strada, diretti chissà dove. Probabilmente
tornano negli istituti che li stanno accogliendo o negli appartamenti presi in affitto dalle cooperative impegnate nell’accoglienza. Sono quasi tutti ragazzi, giovani poco più che ventenni.
Sono una parte, piccolissima, di quell’umanità che ogni giorno
percorre le strade del mondo.
Secondo un rapporto pubblicato pochi mesi fa dall’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, (unhcr) il
divampare di quella che Papa Francesco ha definito “Guerra
Mondiale a pezzi”, ha portato il numero di domande d’asilo
nei paesi industrializzati al livello più elevato degli ultimi 22
anni. Per trovare una situazione analoga dobbiamo tornare
indietro alla fine degli anni novanta e alle guerre che incendiarono i Balcani, riempiendo i campi e i prati di bombe e
fosse comuni.
Se allarghiamo lo sguardo anche a rifugiati e sfollati interni
arriviamo a 50 milioni di persone: c’è una nazione, grande
poco meno dell’Italia, fatta di uomini, donne e bambini che
– non per scelta – è costretta a vivere in un posto diverso
da quello in cui è al mondo. E la loro meta non è solo l’Eu-
14
ropa: non c’è continente (eccetto l’Antartide) che può essere
considerato escluso da questa marcia: dalla rotta lungo il centro
America a quella verso l’Australia, per non parlare dei grandi
movimenti interni all’Asia.
A questi bisogna aggiungere quanti decidono di mettersi in cammino alla ricerca di un futuro migliore. Magari semplicemente per
dare ai propri figli opportunità migliori di quelle che loro hanno
avuto o perché con il loro stipendio nei Paesi industrializzati
potranno aiutare la sorella, rimasta a casa, a sposarsi, la madre a
curarsi e costruire quella casa in cui un giorno sognano di tornare.
Senza dimenticare come ad oggi gli emigranti italiani nel mondo,
circa 5 milioni, sono tanti quanti gli immigrati residenti in Italia.
Per chi come me ha la fortuna di lavorare al Centro pastorale
card. Ferrari di Como questa lunga marcia prende le sembianze
dei volti dei richiedenti asilo accolti per mesi nei locali di via
Sirtori. Ricordo soprattutto alcuni bambini arrivati e ripartiti con
le loro famiglie il giorno seguente, verso chissà dove. Persone
con cui io e tanti altri abbiamo condiviso, per qualche manciata
di giorni, lo spazio di un cortile o di un posteggio. E lo stesso
sono sicuro è capitato a molti in questi anni: in parrocchia, per
le vie del Paese, vicino al posto di lavoro. La maggior parte di
questi uomini sono passati senza che ne conoscessi il nome o
la provenienza. Hanno incrociato la mia vita giusto il tempo di
uno sguardo. Altri sono rimasti e hanno iniziato a vivere tra
noi. E non sempre hanno trovato comunità e persone capaci di
accoglienza. Pensando a loro mi tornano alla mente le parole di
una vecchia poesia:
“Forse il cielo non lo sa
ma la terra è coperta di passi,
i passi riluttanti di chi parte
per cercare una casa.
Perché la casa non è solo
la dove sei nato
ma dove
l’uomo che è in te
può guardare il cielo finalmente grato
per il giorno che finisce
e può sperare
nel giorno che verrà
(Donatella Martelli Avanzi)
Michele Luppi, giornalista de Il Settimanale della
Diocesi di Como e blogger
15
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
prima settimana
domenica
Luca 4, 1-13
14
febbraio
In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal
2016
Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta
giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma
quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse:
«Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane».
Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni
della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro
gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se
ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù
gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo
renderai culto”».
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio
e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto
infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti
custodiscano”; e anche:“Essi ti porteranno sulle loro mani perché
il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È
stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Dopo
aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino
al momento fissato.
Tra l’ottobre del 2014 e quello del 2015
ho vissuto un anno giubilare in Italia, per
i miei 25 anni di Vita Religiosa. Un anno
sabatico come si dice comunemente, un
anno di rivitalizzazione, come io amo
chiamarlo, dopo 15 anni di missione in
terra Mozambicana.
Buona parte di questo anno l’ho vissuto
a Villa Savardo (Breganze- VI) dove abbiamo una comunità con attività socio
educative. Il filo rosso che conduce il
tutto è l’opzione per gli ultimi, per quelli
che la società scarta e getta, con un occhio particolarmente attento alla donna,
secondo il nostro Carisma di Suore Orsoline del Sacro Cuore di Maria.
16
Nel brano che la liturgia di oggi ci
presenta, e che ci deve provocare
nel profondo, possiamo scorgere
che le tentazioni vissute da Gesù
sono le stesse tentazioni che oggi
ciascuno di noi vive e tocca con
mano nella propria vita.
All’inizio del testo si dice che ‘Gesù,
pieno di Spirito Santo, fu guidato dallo
Spirito nel deserto dove fu tentato
dal diavolo’.
Con questo Luca vuole forse sottolineare che lo Spirito non lo conduce semplicemente dal tentatore,
ma gli è vicino in modo costante,
e lo sostiene nel momento della
prova, è la sua forza.
Il Diavolo, come dicono alcuni esegeti, è colui che porta via, separa la
Parola dal cuore.
Gesù, però, di fronte alle tentazioni,
al tentatore, rimane Figlio, perché
ascolta la parola del Padre, si lascia
abitare e condurre dallo Spirito.
Nella concretezza di ogni giorno
anche noi potremmo dire di sperimentare la stessa tentazione che
potremmo chiamare ‘Mondanità
Spirituale’ (come dice Papa Francesco) e cioè: vivere pieni del nostro
spirito invece che dello Spirito di
Dio.
Se di fatto siamo figli, siamo pieni
dello Spirito di Dio, la nostra relazione con Lui deve mediare, trasformare le nostre relazioni con gli
altri, con i beni della terra.
Ma… se troppo pieni di sé, come
si può lasciare spazio allo Spirito
perché operi in noi e ci guidi?
Ma… se troppo pieni di sé, dei propri egoismi e individualismi, come
lasciare che Gesù con la sua parola,
con i suoi gesti e con tutta la sua
persona ci riveli la misericordia di
Dio, per poi a nostra volta essere
misericordiosi con gli altri?
“Ci sono momenti nei quali siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla
misericordia per diventare noi stessi
segno efficace dell’agire del Padre.”
(Misericordiae Vultus n.3)
E penso ancora agli occhi di Mariam, Etiope, arrivata in comunità,
fra le tante altre, dopo tre giorni
Il tuo Spirito
mi guidi
dentro le tentazioni
e le lotte di ogni
giorno
Perché la mia vita,
abitata dalla Tua
Parola, diventi tenda
di misericordia
per chiunque
incrocia i miei passi.
e tre notti che non dormiva per
il grande viaggio, verso la terra
promessa, affrontato in situazioni
veramente disumane.
Occhi che brancolavano nel buio,
pieni di paura, di timore ma riconoscenti per essere accolta, amata
e guardata con l’amore compassionevole e paziente di Gesù.
Quale sarà il suo futuro? Dipende
da noi! Papa Francesco ci ricorda che la “Misericordia è la legge
fondamentale che abita nel cuore di
ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel
cammino della vita” (MV n.2)
E tu, io, noi? Con che occhi guardiamo il nostro fratello, la nostra
sorella che giunge da terre di dolore, di guerra, di morte in cerca
di speranza, di pace, di giustizia, in
cerca di un domani migliore, un
futuro di speranza?
Io, tu, noi, se condotti dallo Spirito,
se la nostra fede è autentica e vera
potremo costruire ancora oggi una
nazione Arcobaleno, come diceva
Nelson Mandela.
Dominique De Balsio
17
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
prima settimana
lunedì
15
febbraio
2016
Matteo 25, 31-46
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo
verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della
sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà
gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà
le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli
che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in
eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché
ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete
dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito,
malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora
i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato
e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere?
Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e
ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere
e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico:
tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli,
l’avete fatto a me”…
C
aro papa Francesco, mi
chiamo don Bledar Giuly.
Sono qui per raccontare
come nella mia vita ho
incontrato Cristo; sono
nato a Fieri in Albania nel 1977 in una
famiglia atea. Dopo il crollo del regime
comunista, quando i miei genitori sono
rimasti senza lavoro perché lavoravano
come tutti per lo stato, a 16 anni nel
1993 ho deciso di partire per l’Italia
per lavorare, mettere da parte un po’
di soldi, sollevare le sorti della famiglia
e crearmi un futuro. Con documenLa chiesa italiana, riunita nel
Convegno di Firenze nel novembre 2015, ha ascoltato la
testimonianza di un sacerdote
albanese. Don Bledar ha sperimentato nella sua vita quello
che il Vangelo di oggi racconta.
18
ti falsi e in una nave ho attraversato
l’Adriatico e sono sbarcato a Otranto
con la speranza di trovare una casa e
un lavoro. Appena sbarcato, la casa
e il lavoro svanirono. Ho vagato per
diverse città d’Italia, fino a Firenze. (...)
Per diversi mesi ho dormito sotto un
ponte lungo il Mugnone e ho mangiato
alla mensa della Caritas in via Baracca.
La sera, a parte l’umido e il freddo
che non mi facevano dormire, non mi
faceva dormire anche la disperazione,
perché la situazione che ho trovato
sembrava peggiore di quella che avevo
lasciato in Albania. Gridavo e piangevo
da solo lungo il Mugnone. Dio ascoltò
il grido di un disperato. Giravo per varie chiese di Firenze, chiedendo l’elemosina. Un giorno bussai alla chiesa di
San Gervasio, vicino allo stadio. Mi aprì
un sacerdote dal quale dovevo soltanto ritirare una lettera. Non mi diede
l’elemosina ma si interessava di me. Mi
chiese chi ero, cosa facevo. Dopo un
po’ di remore, perché non era facile
dire che dormivo fuori, gli dissi che
avevo 16 anni e che dormivo sotto i
ponti. “È inaccettabile – mi disse – questa situazione”. Fece diverse telefonate per trovare una soluzione ma non
la trovò. Mi disse: “Torna domani, ti
troverò una sistemazione”. Io tornai il
giorno dopo e lui, non avendo trovato
una soluzione, mi disse: “Figliolo: per
me ha bussato Gesù Cristo, vieni e stai
in casa mia”. Mi fece entrare in casa
sua dove ho abitato, ho vissuto come
suo figlio non per un giorno, non per
un mese, per 9 anni. Fino al 2002 anno
in cui in seguito a una lunga malattia
dolorosa morì. Era don Giancarlo Setti
che mi ha fatto non solo da padre spirituale, ma da papà, accogliendomi in
casa e aiutandomi a trovare un lavoro.
Abitavo in una canonica e venivo da un
paese ateo. La domenica con i ragazzi
della mia età, 16 anni, giocavamo nel
campo di calcio, ma alle 11 sparivano
tutti, perché andavano alla Messa. Io,
Santità, andai a Messa la prima volta
per non rimanere solo. Senonché la
messa mi piacque tanto, specialmente
le letture della Bibbia che non conoscevo e i canti che mi commuovevano
e mi facevano pensare alla famiglia e
agli affetti lontani. Alla terza messa a
cui partecipavo di domenica mi misi
in coda per fare la comunione. Dopo
che nel foglietto avevo seguito tutto
mi sembrava una cosa normale ma don
Setti non mi diede la comunione. Rimasi molto male e in sacrestia andai a
chiedere il perché a me non aveva dato
la comunione. Mi disse: “Perché non sei
battezzato”. (...) Con gioia iniziai il catechismo: tutte le sere quando tornavo
dal lavoro e dalle scuole serali. Nella
Pasqua del ‘94 con il rito degli adulti
ho ricevuto il battesimo, la cresima e
la comunione. Se la prima volta avevo
incontrato Gesù Cristo nel sacerdote,
in don Setti che mi aveva accolto, la
seconda volta l’ho incontrato appunto
nel battesimo e nei sacramenti che ho
ricevuto. Scoprii piano piano che non
era un punto di arrivo ma un punto di
partenza nuovo per la mia vita. L’anno del Giubileo 2000, mi ha portato
a scoprire la chiamata al sacerdozio.
Volevo lasciare l’università ed entrare
in seminario, ma don Setti mi disse:
“Dio non ha fretta, finisci ciò che hai
iniziato e verificherai la tua vocazione”.
Purtroppo nel 2002 morì, ma io ho
seguito il suo consiglio, prima mi sono
laureato e nel 2003 sono entrato in
seminario. Ho passato 7 anni di formazione meravigliosi e bellissimi per
la mia vita. Dal 2010 sono sacerdote
della chiesa fiorentina. (...) Come tutti
i fratelli sacerdoti cerco di vivere ogni
giorno il ministero, servendo i fratelli
ed io, con gioia ma anche nella fatica di
mantenere quel monito che il vescovo
il giorno dell’ordinazione ci ha dato
consegnando il vangelo: vivi ciò che
insegni. Ho sperimentato la generosità
di tante persone e la povertà di rispondere alla generosità, alla vicinanza, all’affetto. Dopo 22 anni qui davanti a lei e
all’interno di questo convegno su Gesù
Cristo nuovo umanesimo, pensando a
quel giorno in cui bussai a quella porta
e alla frase che mi fu detta “Per me
ha bussato Cristo” posso affermare,
caro papa Francesco, che Cristo era
presente ma non in chi bussava, ma in
chi apriva quella porta.
Don Bledar Giuly - Firenze
19
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
prima settimana
martedì
16
febbraio
2016
Matteo 6, 7-15
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando,
non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire
ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro,
perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima
ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre
nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome, venga
il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così
in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a
noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri
debitori,
e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci
dal male.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe,
il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma
se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro
perdonerà le vostre colpe».
Siamo un gruppo, tre coppie, un sacerdote e una consacrata, dei Vicariati di Olgiate e di Uggiate; nel corso
degli ultimi tre anni abbiamo condiviso un tempo mensile di incontro con coniugi che vivono la situazione di
separazione, di divorzio e di nuova unione. Adorazione
Eucaristica, preghiera, ascolto del Vangelo, confronto e
condivisione di esperienze: questa è stata la proposta
che ci ha uniti in un cammino di fratelli e sorelle che
desiderano incontrare il Signore.
20
I
ncontrare Gesù per arrivare al Padre, Dio di misericordia.
“Incontrare Gesù” è il titolo e il motivo dei nostri incontri; proprio perché solo in Lui c’è la risposta e la via
per poter sempre guardare avanti.
Dentro ad ogni circostanza, dentro il nostro limite e alla
nostra povertà Dio ci tende la mano.
Nell’esperienza di questi anni nel nostro gruppo si è cercato,
attraverso l’accoglienza reciproca, di percorrere insieme
un pezzetto di strada verso il Padre. Tutti indistintamente
abbiamo bisogno della sua misericordia. È stata certamente
una provocazione positiva potersi confrontare tra coppie
di sposi e persone che hanno vissuto, dopo aver celebrato
il loro matrimonio, l’esperienza dolorosa della separazione
e la ricerca faticosa di nuovi equilibri familiari e affettivi.
Abbiamo vissuto la preghiera insieme e la condivisione di
quel grido che fa dire “Abba Padre”. Ed è proprio in occasione di una verifica sulla preghiera che abbiamo vissuto
tra noi la maggior confidenza e visto la possibilità di una
amicizia che va oltre la nostra situazione di vita e oltre la
ricerca di una corrispondenza umana.
Abbiamo toccato con mano il “bisogno” di ognuno di noi di
rivolgerci a Dio Padre e colloquiare con Lui. Insieme abbiamo cercato l’accoglienza del nostro limite, la consolazione
nella fatica e nel dolore, la tenerezza che lenisce le ferite,
la misericordia che apre di nuovo il cuore alla speranza e,
attraverso l’adorazione a Gesù Eucaristia, il sostegno per
proseguire il cammino della vita con la certezza che solo
l’incontro con il Signore salva la nostra debolezza.
Pinuccia e Franco
Giovanna e Mario
Donatella e Luciano
Don Luigi
Maria Speranza
Tu o Padre
non hai bisogno di
tante nostre parole,
ma di trovare spazio
e accoglienza
nella nostra vita.
La tua misericordia
allora
ci trasformerà,
giorno dopo giorno,
per renderci i tuoi
figli amati.
21
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
prima settimana
mercoledì
Luca 11, 29-32
17
febbraio
In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù co2016
minciò a dire: «Questa generazione è una generazione
malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun
segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un
segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo
sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la
regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi
confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone.
Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno
del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro
questa generazione e la condanneranno, perché essi alla
predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è
uno più grande di Giona».
22
Anton Ivanov / Shutterstock.com
Sono Fermo Bernasconi, missionario comboniano di
Olgiate Comasco, in Repubblica Democratica del Congo dal 1977. Negli ultimi anni ho svolto il mio servizio
missionario nelle carceri di Kinshasa, la più importante
del Paese come numero (circa 6.500 prigionieri). Un
servizio vissuto con altre persone, religiosi e religiose,
laici volontari, che ha voluto coinvolgere le comunità
cristiane della capitale. Non abbiamo voluto limitarci
all’assistenza, ma coinvolgere i prigionieri responsabilizzandoli di tanti aspetti della loro vita. Le responsabilità
della comunità cattolica era nelle loro mani, dalla liturgia,
alla catechesi, all’organizzazione “caritas” e “Giustizia e
Pace” per ottenere sempre più rispetto dei loro diritti
e con un’attenzione ai più deboli e abbandonati.
G
iona arriva a Ninive dopo tante reticenze: è portatore di un messaggio
che apparentemente è di minaccia: “se
non vi convertirete, perirete”; ma che
in effetti è di misericordia. Ed è quello
il frutto vero ottenuto. Il tempio era stato costruito
da Salomone perché il popolo diventasse tutto quanto popolo sacerdotale, regale e profetico, facendo
esperienza della presenza misericordiosa di Dio, ma
è diventato il luogo della caste, delle esclusioni, dei
processi, come per l’adultera di Gv 8.
Il “più grande” che è Gesù, rispetto a Giona e a Salomone sta anche in questo: avere voluto con tutto
se stesso, fino al dono della sua vita, realizzare il
progetto di Dio: che l’esperienza della sua presenza
misericordiosa dia a ciascuno la sua dignità di figlio di
Dio e riunire tutti in un popolo che viva la fraternità
nella giustizia e nella pace.
Tu Gesù sei il più grande
Di questo sono testimone nel
perché ci sveli l’amore del Padre
mio ministero. Nella prigione
che risolleva e dona vita,
e nella vita di chi vi risiede, i
libera dalla schiavitù e dalla morte.
termini quotidiani e normali
Dona a tutti noi
sono: polizia, inchiesta, procesdi portare il tuo Vangelo
so, giudizio, condanna, accusadi liberazione
to, accusatore. Nel nostro andentro le molteplici realtà
nuncio del Vangelo, nello stile
del nostro tempo.
di relazione con i prigionieri,
abbiamo cercato di introdurre
la novità del Vangelo: l’amore, il
perdono, la misericordia, la redenzione, la vicinanza.
Chi ha fatto l’esperienza di sentirsi amato ha sperimentato la sua dignità di uomo a immagine e somiglianza di Dio, la speranza e la gratitudine. Da lì è
nata anche la coscienza della responsabilità verso
la propria vita, del costruire insieme con gli altri la
propria dignità, e di servire quella degli altri.
Gesù è segno efficace dell’amore; rende coloro che
credono in lui e che Egli manda, dei segni del suo
amore, “non solo con le parole ma con un’esistenza
trasfigurata dalla sua presenza” (Ev G. 259), così che
anche altri sentendosi amati diventino segni per altri.
Il Vangelo diventa carne nella vita delle persone e
lievito che trasforma la storia.
Padre Fermo Bernasconi
23
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
prima settimana
giovedì
18
febbraio
2016
Matteo 7, 7-12
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiedete e
vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.
Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi
bussa sarà aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un
pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà
una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare
cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è
nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono!
Tutto
quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo
a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti».
Dio della luce, manda
su di me il tuo Spirito,
perché attraverso l’ascolto
delle Scritture riceva
la tua Parola, attraverso
la meditazione accresca
la conoscenza di Te
e attraverso la preghiera
contempli il volto amato
del tuo figlio Gesù Cristo,
mio Signore.
24
25
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
prima settimana
venerdì
19
febbraio
2016
Matteo 5, 20-26
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se la vostra
giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non
entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto
agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere
sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con
il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi
poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al
sinèdrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco
della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro
di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a
riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo
dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre
sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni
al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in
prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non
avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».
26
Anton Ivanov / Shutterstock.com
La “IN MY FATHER’S HOUSE” (IMFH) - “NELLA CASA
DEL PADRE MIO” (NCPM) - (Gv. 14:2 “Nella Casa del
Padre Mio ci sono molti posti...”) è un’Opera Missionaria
il cui scopo è la testimonianza della Buona Novella in
territorio di prima evangelizzazione. Fondata nel 2000 e
diretta da P. Giuseppe Rabbiosi, missionario comboniano,
svolge la sua attività in Ghana, nel Sud della Volta Region,
con sede in Weme-Abor, in zona rurale. È diretta soprattutto ai più vulnerabili e tra questi i bambini ed i poveri
ai quali vuole testimoniare l’amore del buon Dio, nella
cui Casa c’è posto anche per loro.A Colico, (LC) ha sede
l’Associazione Italiana NCDP che sostiene la missione.
L
A VITA UMANA INDIVIDUALE
“Non uccidere ... chiunque si adira, ... dice al fratello: stupido...
pazzo... sarà sottoposto a giudizio”
La Buona Novella, quella che promuove sempre la vita,
certamente non distrugge quel piccolo filo di speranza
di vita che una persona povera e abbandonata ha ancora nel suo
cuore, ma dà coraggio e speranza a chi vive nell’indigenza e nell’indifferenza di chi lo circonda.
Per un bambino vulnerabile o per un povero, per una vedova o
per un orfano, per un giovane studente senza risorse o per un
ammalato, per una madre di 8 bambini abbandonata dal marito...
tutte persone queste che vivono quotidianamente l’abbandono e
la povertà, la noncuranza della società e perfino della loro famiglia,
cosa c’è di più bello di sentirsi dire: “Si, vieni, c’è posto anche per
te!”, oppure,“Guarda che tu conti, guarda che il Buon Dio che ti ha
dato la vita crede in questo dono che Lui ti ha fatto.Vieni, vediamo
come uscire da questa miseria, vediamo come dar
da mangiare e mandare a scuola questi bambini,
vediamo quale ospedale ti può curare, vediamo
che programma di studi puoi seguire, vediamo
come puoi diventare autosufficiente, imparare un
mestiere e vivere dignitosamente, vediamo come
tu stesso poi puoi giocare il tuo ruolo in questo
ambiente ed in questo villaggio e promuovere a
tua volta la dignità di tanti altri che pure aspettano Signore
una Buona Novella”. La Buona Novella promuove la tua Parola
trasformi la mia vita
sempre la vita.
e mi renda capace
di gesti
LA VITA COMUNITARIA
... all’altare ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa di riconciliazione
contro di te, lascia la tua offerta, va’ e riconciliati”. e di pace,
La Missione è riconciliazione sia personale che di misericordia
comunitaria. Il Buon Pastore che reca la Buona e di bontà.
Novella va alla ricerca di chi ha bisogno di essere
riconciliato, riagganciato a se stesso, al fratello, alla
famiglia-comunità, al Padre. La nostra Missione di In My Father’s
House, come del resto la Missione di Gesù, aiuta l’individuo a “riconciliarsi”: con se stesso riscoprendo la propria dignità e valore,
e cercando insieme il cammino di crescita e di sostenibilità fino
all’autosufficienza, e con il fratello-famiglia-gruppo riscoprendo il
suo ruolo insostituibile in solidarietà con la sua comunità-villaggio.
La Missione, quella autentica, promuove sempre la vita personale
e comunitaria, un binomio inseparabile, come Gesù e il Padre
sempre in comunione nello stesso Spirito che dà vita.
Padre Peppino Rabbiosi
27
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
prima settimana
sabato
20
febbraio
2016
F
28
Matteo 5, 43-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso
che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per
quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre
vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e
sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se
amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete?
Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto
soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario?
Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti
come è perfetto il Padre vostro celeste».
ino a qualche tempo fa questa proposta evangelica non
mi sembrava una delle più
difficili da attuare. A parte
qualche persona antipatica,
scorretta, o mal onesta, non avevo avuto modo di sperimentare in
altro modo questo rivoluzionario
atteggiamento di vita. Da quando
invece è iniziata l’offensiva dei terroristi di Boko Haram nella regione
dell’Estremo Nord del Camerun,
queste parole hanno assunto un
significato diverso.
Ho visto molte persone per bene,
cristiani che conosco da tempo,
domandarsi come si può applicare
questa “proposta evangelica” verso chi ha ucciso sgozzando cinicamente più membri della tua famiglia.
Ho visto come sono trattati i prigionieri di Boko Haram, catturati
vivi al termine dei combattimenti,
e come non vi era pietà verso chi
aveva ucciso il commilitone. Certo
non è possibile giudicare quando si
è coinvolti direttamente e personalmente in situazioni così tragiche,
ma il Vangelo non sembra poter accettare delle eccezioni.
L’altro giorno Robert e Aristide,
due responsabili della Caritas diocesana della Diocesi di Yagoua che
erano partiti a Fotokol per portare
viveri e medicine, mi telefonano per
presentarmi una situazione complicata. Infatti, andando all’Ospedale
della Città dove erano ricoverati
sei feriti da combattimento, hanno
constatato che il medico e gli infermieri erano fuggiti, e questi malati
erano in condizioni quasi irrecuperabili per mancanza di cure. Il problema però era un altro: tra questi
feriti potevano esserci anche degli
assalitori di Boko Haram rimasti sul
terreno, e i responsabili comunali
non volevano che fossero curati
allo stesso modo di chi aveva subito
l’assalto. Non è stato facile poter
far capire che erano tutte delle
“persone” che avevano bisogno di
cure. Alla fine di estenuanti trattative la situazione ha avuto buon fine
e Robert e Aristide hanno potuto
trasportare tutti i sei feriti in un
ospedale dell’interno del paese.
“Ama i tuoi nemici” vale per tutti
e in ogni circostanza, ma quanto
è difficile in certe situazioni! Solo
se si accetta la “misericordia” di Dio
come Padre, allora è ancora possibile
poter superare i limiti della ragione
umana. A volte, nella vita, solo la fede
può farci andare avanti anche senza
capire. Dobbiamo solo vivere la fiducia e la serenità di chi si mette nelle
mani di un Dio sapiente, che guida la
storia con “amore e misericordia”, nonostante noi uomini lo contrastiamo
con atti di odio.
In questi mesi si parla molto di terroristi, islamisti, militanti, guerriglieri:
tutte persone che hanno utilizzato
la violenza per seminare morte e distruzione. Dopo un po’ ci si stanca
di sentire solo disgrazie, dolore e insoddisfazione. Sembra che nel mondo
non esista altro. E allora si rischia di
lasciarci prendere dallo sconforto e
dalla depressione. Tutto sembra andare a rotoli e noi non ci sentiamo in
grado di far cambiare la rotta a questo
mondo.
Nonostante le apparenze negative,
nel mondo c’è ancora molto di buono, basta cercarlo e volerlo vedere.
Fortunatamente ci sono persone che
lottano per la vita con un dignitoso
comportamento. Come Jean Ngana,
Tu Signore rovesci
i nostri calcoli e le
nostre abitudini.
Tu rivoluzioni
la vita.
E questo avviene
attraverso il tuo
amore misericordioso
che non si ferma nemmeno
davanti al nemico.
Cambia il mio cuore
e rendimi capace
di portare la rivoluzione
dell’amore
nella vita di ogni giorno.
un giovane disabile di 30 anni, che si
muove su una sgangherata carrozzina
sulle strade sabbiose della cittadina di
Yagoua nell’estremo nord del Camerun. Il corpo sgraziato non gli impedisce di pensare e fare progetti per il
futuro. Alle gambe atrofizzate dalla
nascita, contrappone due braccia da
scaricatore con le quali si è messo a riparare, ai bordi della strada, le gomme
forate delle macchine, moto, carrette
e biciclette. Lavoro molto richiesto e
per il quale coinvolge anche 2 giovani
disoccupati del quartiere. La sua officina è una piccola cassetta di attrezzi
collocata all’aria aperta. Potremmo
chiamarlo un “gommista di strada”. Finora tutto è manuale, anche gonfiare le
gomme delle auto. Per questo vorrebbe un piccolo credito per acquistare
altri attrezzi e un compressore, con
motore a benzina, in modo da accelerare e migliorare le sue prestazioni.
Mi confidava che con queste nuove attrezzature vorrebbe dar lavoro ad altre
persone affinché possano mantenere
la loro famiglia e mandare i bambini a
scuola. Ascoltandolo riflettevo che in
questo modo la “misericordia di Dio”
diventa una testimonianza vissuta al
quotidiano.
Infatti, la sua situazione di disabile dalla
nascita non ha diminuito la sua capacità
nel valutare le proprie scelte e i valori
importanti della vita. Ma non pensa
solo a lui. Vede che c’è bisogno di un
lavoro dignitoso per dare un senso alla
vita, e intende battersi per costruire
una convivenza operosa e solidale, in
cui anche altri abbiano il necessario
per vivere. È un esempio che molti di
noi potrebbero seguire per non ripiegarci su noi stessi ma aprire il cuore
agli altri, come Dio.
Fabio Mussi - Camerun
29
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
s e c o n d a
s e t t i m a n a
seconda settimana
domenica
Luca 9, 28-36
21
febbraio
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Gia2016
como e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo
volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida
e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui:
erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano
del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma,
quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini
che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù:
«Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non
sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la
sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla
nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio,
l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in
quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
VISITARE GLI INFERMI,
SEPPELLIRE I MORTI.
Prendersi cura, fino alla fine.
Lavoro in un Hospice della città da tempo, e vedo la malattia
e la morte degli altri. Quello che osservo e che incontro sono
numerosissimi modi, strategie e risorse con le quali le persone
affrontano questa esperienza, che non è omologante come si
è portati a pensare. Le persone che accogliamo arrivano dal
domicilio, dall’ospedale, da strutture residenziali e sono accomunate solamente dall’essere in una fase di terminalità, cioè in
una condizione ove non è più possibile utilizzare terapie attive
per affrontare la causa della patologia. Molti sono reduci da
lunghi percorsi terapeutici, altri disorientati da una diagnosi
molto recente e già così drammatica.
Con loro ci sono i familiari, gli amici, i vicini di casa, gli animali
da compagnia. A volte nessuno. Le esperienze, le scelte e le
relazioni che si costruiscono nella vita sono fotografate dalle
presenze e dalle assenze nelle stanze. L’essere un malato grave
a volte non basta per riavvicinare le persone.
In Hospice ci si impegna perché in questo tempo, non definibile
a priori, vi sia una buona qualità di vita evitando, attraverso le
cure palliative, che la condizione del dolore fisico e dei sintomi
divenga totalizzante. Allora diviene possibile per le persone autodeterminarsi: desiderare ancora e prendere decisioni inerenti il
loro fine vita, il rientro in patria, l’organizzazione del“dopo”(dove
e con che riti), creare momenti di chiarificazione nei rapporti,
tutelare chi rimane,
Accompagniamo i malati e chi è loro accanto perché entrambi
soffrono. Ove non vi sia nessuno ad accompagnare cerchiamo
di farlo noi, interagendo con altri soggetti del territorio, con
l’obiettivo di garantire un morire dignitoso per tutti.
Almeno nella morte.
30
Silvia Casale, Hospice San Martino (Como)
S
econdo l’evangelista Luca,
Pietro, Giacomo e Giovanni
Nel cammino
sono i primi discepoli che acdella nostra vita
colgono la chiamata di Gesù e
Padre, aiutaci
lo seguono. Essi sono anche i a saper vedere attraverso
testimoni privilegiati della trasfigura- le croci il tuo volto luminoso
zione: momento in cui Mosè ed Elia e a riconoscere sempre
confermano con la loro presenza la che oltre la croce c’è una
missione di Gesù. Nell’episodio della risurrezione, oltre ogni
trasfigurazione appaiono chiaramente tenebra splende una luce.
due elementi essenziali della fede: da Fa’ che lo crediamo
una parte la risurrezione rappresenta- ascoltando e fidandoci
ta dal cambiamento di aspetto e dalla sempre della Parola
veste candida e sfolgorante di Gesù e del tuo Figlio amato.
dall’altra parte la croce: presente nel
dialogo con Mosè ed Elia. La fede in
Gesù non può non tener presente questi due aspetti:
croce e resurrezione. La trasfigurazione allora non
solo ci dice chi è Gesù (il Figlio di Dio), ma anche
chi è il discepolo: uomini e donne che percorrono
la stessa via del Maestro. Una via fatta di croce e
31
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
seconda settimana
resurrezione non solo come realtà future, che verranno, ma
come verità di ogni giorno.
E allora quanti discepoli del maestro, soprattutto in questi
ultimi anni, ho incontrato sulla mia strada. Uomini e donne che
spesso senza saperlo stanno ripercorrendo le orme di Gesù.
È discepolo di Gesù quella ragazza che mi dice piangendo che
da piccola è stata violentata, che si sente in colpa, che le hanno
detto che è così la vita, che non ha più voglia di vivere e che
mi chiede un abbraccio: un abbraccio liberatore, un abbraccio
in cui mi consegna parte della sua croce. Prima di lasciarmi mi
sorride con un volto nuovo e ricomincia a credere nella vita.
È discepolo di Gesù quel papà e marito dedito all’alcool e
alle donne, che ha abbandonato la sua famiglia, ma ora vuole
ricominciare, vuole ripartire.
Quanti discepoli di Gesù: uomini e donne vittime di sofferenze,
violenze, ingiustizie; uomini e donne che hanno perso la speranza, uomini e donne che pensano che la croce sia l’ultima
parola nella loro vita. Incontrando il Maestro ricominciano a
vivere, risorgono quotidianamente a una vita nuova.
DON IVAN MANZONI
San Pedro de Carabayllo (Lima) - Perù
La missione diocesana di San Pedro
de Carabayllo (Perù) si trova alla
estrema periferia nord della grande
città di Lima. Anche qui come nella
maggior parte delle grandi periferie
le povertà non mancano. La maggioranza dei 75.000 abitanti della
parrocchia è costituita da persone
che hanno lasciato la loro terra di
origine (la sierra o la selva) e si sono
riversate nella capitale con la speranza di un futuro migliore. Oltre al
normale lavoro pastorale proprio di
una parrocchia cerchiamo di rispondere alle situazioni umanamente più
urgenti, soprattutto per quanto riguarda la salute e l’assistenza legale.
Un altro fronte su cui stiamo lavorando è quello della formazione tanto a livello umano quanto religioso.
32
lunedì
22
febbraio
2016
festa
della Cattedra
di San Pietro
Matteo 16, 13-19
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di
Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice
che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono
Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno
dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?».
Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio
vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di
Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato,
ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro
e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze
degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi
del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà
legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà
sciolto nei cieli».
“V
oi chi dite che
Siamo una comunità di monache benedetio sia?” Tu, chi
tine dell’adorazione perpetua del Santissidici che io
mo Sacramento. Il modo in cui la Chiesa
sia? Per te,
ci dona di ascoltare il grido dei poveri, è
proprio per
l’accoglienza di quanti telefonano o vengote, chi sono? Solo se ci si lascia
no al monastero per chiedere preghiere.
interpellare da Gesù che ci chiede:
La preghiera liturgica dei salmi, microco“ma per te chi sono?”, lo Spirito
smo di ogni situazione umana. Ci facciamo
può trovare in noi lo spazio per
poi portatori di quel grido rivolgendolo
rivelarci sempre un nome nuovo
al Padre nella preghiera. Ce ne facciamo
di Dio.
ascoltatori cercando di accoglierci accoOgnuno di noi deve “vedere” chi
gliendoci tra di noi vicendevolmente nelle
è Dio. Ti posso anche dire che
nostre miserie e nei nostri doni.
Dio mi si è fatto vicino come
Compagno di viaggio, come Fratello, come Via da seguire, come
Redentore, come Rifugio, come Verità che libera e perdona,
come Colui che sa attendermi e rispettarmi, come Vita vera
e piena, come Gioia profonda del cuore, come Senso della
vita, come Amico, come Padre, come Sposo… ma non ti
potrà bastare, hai bisogno di vederlo con i tuoi occhi, con
gli occhi del tuo cuore.
Vedendo Dio con gli occhi della fede - consapevoli che non
avremo mai conosciuto tutto di Dio - la nostra vita non è più
solo nostra, ma, ripiena del dono dello Spirito, sarà “vita per”,
33
non facendo cose grandi, ma vivendo semplicemente la vita
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
Rivelami Signore il tuo volto.
Che io possa conoscerti
e accoglierti nella mia vita.
Vieni ad abitare in me.
Donami la tua vita
perché la mia vita sia tua.
Rinnovato dalla tua misericordia
vivrò da figlio.
Sarò – per grazia – pietra
per la costruzione della tua chiesa.
di tutti i giorni. Così si cambia il mondo, lasciandoci
cambiare noi la vita da Gesù. È un dono da chiedere
a Dio. Infatti “beato te, perché né la carne né il sangue
te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli”.
Nel rivelarci il suo Nome, Dio ci manifesta non solo
chi è lui, ma ci rende nota la nostra dignità di figli nel
Figlio. In forza del Battesimo anche a noi è dato il
potere di edificare la Chiesa ognuno per la sua parte,
perché noi siamo Chiesa.
A volte Dio si dice “direttamente”, a volte mediato
da fatti e persone, altre volte tace. Gesù non ha pregato solo perché la fede di Pietro restasse salda nel
momento della prova, ma ha pregato anche per noi.
Non occorre una fede grande, a Dio basta anche una
fede piccola come un granello di senape per poter
iniziare a trasformare la nostra vita. Non aver paura
di sentire rivolta proprio a te questa domanda: è un
modo per aprire la porta del nostro cuore a Dio e
“non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati
dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore.
Al contrario, agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è
il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato
e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura,
secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in
modo da edificare se stesso nella carità” (Ef. 4,14-16).
seconda settimana
martedì
Matteo 23, 1-12
23
febbraio
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli
2016
dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi
e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono,
ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono
e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da
portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non
vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere
le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro
filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti
d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei
saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì”
dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché
uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non
chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno
solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare
“guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra
voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà,
sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Padre, tu hai inviato nel mondo la tua
Parola, che ha preso carne nel tuo unico
Figlio. Manda su di me lo Spirito santo
affinchè mi dia un cuore capace
di ascolto, tolga il velo ai miei occhi
e mi conduca a tutta la verità.
Le Monache Benedettine dell’Adorazione
Perpetua del SS.Sacramento - Grandate
34
35
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
seconda settimana
mercoledì
Matteo 20, 17-28
24
febbraio
In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese
2016
in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro:
«Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo
sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo
condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani
perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo
giorno risorgerà».
Allora gli si avvicinò la madre dei figli
di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli
qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’
che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e
uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi
non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che
io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse
loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra
e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro
per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci,
avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù
li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle
nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra
voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi,
sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi,
sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è
venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria
vita in riscatto per molti».
Misericordia è servire.
Questa tua strada, Servo
degli uomini,
sia anche la mia.
Potrò così riconoscere
il tuo volto in ogni volto,
servirti in ogni fratello
e sorella,
condividendo con tutti
la tua benedizione.
36
‘N
on così dovrà essere tra voi …
appunto come il
Figlio dell’uomo,
che non è venuto
per essere servito, ma per servire e
dare la sua vita in riscatto per molti’.
La strada di Gesù e la strada del
povero si incrociano ed emanano
Luce e Forza, che misteriosamente
conducono verso il grande Mistero
della Benedizione di Dio.
Fra numerosi ricordi della mia infanzia (mi riferisco alla fine anni 50)
spicca quello di un povero che di
tanto in tanto arrivava a bussare
alla porta di casa. Impressa nella mia
memoria, oltre al fatto che sempre
trovava la porta aperta, un piatto, un
posto a dormire, magari sul fienile
ed all’occorrenza qualcosa per vestire, alla sua partenza lasciava nell’atmosfera familiare una percezione
quasi tangibile della benedizione di
Dio. La visita di quel povero aveva un
qualche cosa che richiamava quasi
istintivamente il volto di Dio.
Nella mia esperienza di missione,
specialmente durante i diciotto
anni nel Karamoja, ho avuto la
medesima percezione una infinità
di volte, dato che qui i poveri, sono
presenti ad ogni piè sospinto. Di
fronte a tale situazione in cui la soluzione non è a portata di mano ed
al tempo stesso urge una risposta
di apertura e di Amore vera e convincente, ho visto che è necessario
tenere fisso lo sguardo su Gesù che
è l’Autore ed il perfezionatore della
nostra fede. Ogni situazione, ogni
povero è diverso, ma porta negli
occhi e profondamente nel cuore
il Volto misterioso della Benedizione
di Dio. È necessario assicurarsi che
siamo ben ancorati al Signore Gesù
con una mano, quindi tendere l’altra
mano al povero concreto, che la
Provvidenza ci dona di incontrare.
In tal modo vedo che diventa possibile fare il passo giusto ed evitare passi falsi, che invece di aiutare,
tradirebbero i poveri.
“Dalla nostra fede in Cristo fattosi
povero, e sempre vicino ai poveri e
agli esclusi, deriva la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più
abbandonati della società”. (EG 186).
Ed egli soggiunse: “Il mio calice lo
berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra
o alla mia sinistra, ma è per coloro
per i quali è stato preparato dal
Padre mio ” . (Mt 20,23)
Al banchetto Karimojong, ognuno
si porta il suo seggiolino, e la posizione di ciascuno è in riferimento
non all’età o ricchezza, ma al servizio volto al BENE della Comunità
Karimojong.
Padre Pietro Ciaponi - Uganda
P. Pietro Ciaponi - Missionario Comboniano di Talamona
(SO) da 18 anni in Karamoja–Nord Uganda.
I primi Missionari Comboniani sono arrivati nel Karamoja il 2 Febbraio 1933. La presenza dei Comboniani
in Karamoja viene interrotta nel 1939 in concomitanza
con lo scoppio della seconda guerra mondiale per poi
riprendere con rinnovata energia nel 1952 fino ai giorni
nostri. Tale presenza di Padri, Fratelli e Suore Comboniane ha segnato l’inizio dell’evangelizzazione ed il suo
fiorire e naturalmente l’impegno degli stessi nel campo
dell’Educazione, della Sanità e dello Sviluppo.
37
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
seconda settimana
giovedì
25
febbraio
2016
Luca 16, 19-31
In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che
indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si
dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla
sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello
che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano
a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato
dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.
Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano
Abramo, e Lazzaro accanto a lui.
Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda
Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la
lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo
rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni,
e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu
invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato
fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da
voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro
a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca
severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di
tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti
qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se
non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche
se uno risorgesse dai morti”».
Sono un missionario comboniano. Ho vissuto per
dodici anni in Egitto, dove ho lavorato per lungo
tempo con i profughi sudanesi. Attualmente, mi
trovo a Roma, perché mi è stato affidato l’incarico
di Economo Generale, un compito che mi rende
“custode” della povertà del mio istituto e della
sua capacità di mettersi dalla parte dei poveri.
È una sfida smisurata ma bella. Non garantisco
nulla circa la povertà, ma riguardo alla Provvidenza, posso assicurare che la misericordia del
Padre si rivela quotidianamente con un’attenzione
generosa e concreta.
38
N
on ho mai indossato “vestiti di porpora
e di lino finissimo”, eppure, non posso
nascondere il fatto che in alcune occasioni mi sono sentito davvero come
quel ricco di cui parla la parabola che
dal povero Lazzaro ha preso il nome.
Ricordo Samuel, un profugo sudanese che ho conosciuto al Cairo. Non aveva un lavoro e ormai viveva
una forma grave di dipendenza dall’alcool. Di tanto
in tanto, veniva a trovarci e a chiederci umilmente
un po’ di aiuto, pochi centesimi, qualche briciola che
cadeva dalla nostra tavola, quantunque non proprio
raffinata. Ci volle poco tempo per capire che quel
piccolo aiuto finiva per alimentare il vizio, acuito da
una dieta molto povera. Così abbiamo tagliato l’aiuto
diretto e abbiamo concordato con il bar che serviva
la scuola di offrire a Samuel ogni giorno
due panini a nostre spese.
La cosa ha continuato fino a quando accadde quello che tutti temevano: una sera
tornando a casa lungo una delle affollatissime strade del Cairo in condizioni di scarsa
“lucidità”, Samuel fu investito da un auto;
trascorse due giorni in terapia intensiva e
alla fine ci lasciò per sempre.
Misericordia
La nostra chiesa divenne improvvisamente è condivisione.
più vuota e subito avvertimmo la mancan- Aiutami Signore
za di quel sorriso, di quella semplicità e di a colmare il grande
quella debolezza su cui forse qualche volta abisso che mi divide
avevamo anche ironizzato.
dai tanti Lazzaro
In Samuel ho ricevuto un segno della fra- di oggi, vivendo
gilità umana che chiede di essere accolta una concreta
e guardata con compassione senza cadere e autentica
nel giudizio. Una fragilità che Samuel aveva condivisione
accolto per primo, vivendo il dramma del di quanto ho e sono.
suo personale fallimento, del suo essere
stato sradicato dalla sua terra e dal non
avere più una patria, senza permettere alla rabbia o
alla violenza di prevalere, allietandoci invece con la
sua giovialità ed la sua generosità.
Spero anch’io di arrivare là dove ora Samuel gode
certamente della consolazione e di raggiungere la
parte migliore dei due estremi del “grande abisso” che
solo la misericordia di Dio ci permette di attraversare.
P. Claudio Lurati
39
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
seconda settimana
venerdì
26
febbraio
2016
Matteo 16, 21,33-43.45
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli
anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un
uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La
circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e
costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne
andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti,
mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma
i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro
lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri
servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso
modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo:
“Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto
il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo
e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono
fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il
padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli
risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e
darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata
la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è
una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi
sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne
produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei
capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma
ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.
Nella nostra diocesi il Servizio al catecumenato esiste ufficialmente
(cioè ha un ufficio in Curia) da pochi anni, ma la preoccupazione che
lo anima risale a molto prima. Esso esprime in forma continuativa la
responsabilità del Vescovo verso gli adulti che chiedono il Battesimo, per
diventare cristiani, e la sua attenzione verso coloro che, già battezzati
dopo la nascita, riavviano il proprio cammino di fede per prepararsi alla
Cresima. Con pazienza e discrezione, il Servizio incoraggia e sostiene
l’attenzione della diocesi per le persone che domandano ‘solamente’
di essere aiutate a conoscere Gesù; nella convinzione che è l’intera
comunità cristiana il soggetto responsabile dell’annuncio gioioso del
Vangelo e il contesto degli eventi sacramentali.
Il Servizio sta chiaramente “dalla parte dei poveri”: perché se stare
40con Gesù nella sua Chiesa è per noi una ‘ricchezza’, evidentemente chi
non condivide ancora ciò è ai nostri occhi un ‘povero’; e perché spesso
chi accompagniamo non è italiano, ed è ‘povero’ dei nostri riferimenti
culturali (o anche solo del nostro vocabolario).
L
a parabola dei “contadini omicidi” ci invita a concentrare già oggi l’attenzione sul dramma del Venerdì Santo:
«Presero il figlio, lo cacciarono fuori della vigna e lo uccisero».
Ma nelle parole di Gesù è anticipata anche la meraviglia
della sua risurrezione: «La pietra che i costruttori hanno
scartato è diventata la pietra d’angolo…» (Sal 118,22).
Gesù sa che la sua ‘fine’ terrena segnerà l’inizio di un popolo che
produrrà i frutti del regno di Dio; e tutto il Nuovo Testamento
ci dice che in questo inizio sono compresi - in una ‘miscela’ che
col tempo si chiarirà - la decisione di essere battezzati, il dono
dello Spirito Santo, la condivisione della mensa che il Signore
risorto offre a tutti i suoi discepoli.
Battesimo, Cresima, Comunione: ecco la forma pensata da Dio
perché ogni persona risponda liberamente al suo amore, e diventi parte attiva della Chiesa, tutta missionaria.Tutto ciò è per
noi, già cristiani,
motivo di comMisericordia è appartenenza.
Su di Te, pietra viva, rigettata dagli uomini, mossa e stupita
gratitudine: con
fa’ che si fondi il mio cammino cristiano.
Grazie all’immersione nel Tuo Spirito, l’apostolo Pietro
(cf 1Pt 2,4-10),
attraverso i sacramenti,
riconosciamo che
possa appartenere al tuo
il rimanere vicini
popolo nuovo,
a Gesù ci rende
che proclama a tutti e per sempre
«pietre
vive»,
la tua misericordia.
membri del popolo di Dio, che
esiste in forza della Sua misericordia per proclamare le Sue
«opere ammirevoli».
A questo proposito, un particolare motivo di gratitudine per la
Chiesa di Como sono gli adulti che da ormai dieci anni hanno
avuto la possibilità - grazie ai rispettivi Parroci e ai fedeli che con
semplicità e convinzione li hanno coadiuvati nel cammino - di
prepararsi al Battesimo seguendo nella sua interezza l’itinerario
del catecumenato, ricevendo poi i Sacramenti dal Vescovo, nella
Veglia pasquale. Le loro diverse e a volte complesse situazioni
di vita, le loro domande e difficoltà ci aiutano a precisare la
‘misericordia’ in concreti atteggiamenti e scelte coerenti; nella
persuasione che lo scopo di tutto ciò è riconsegnare a Dio i
suoi frutti, ciò che la sua grazia ha avviato nei cuori.
Dalla riflessione può nascere in noi qualche ‘proposito’: di ricordare nella propria preghiera lungo tutta la Quaresima i catecumeni di quest’anno; di raccogliere qualche informazione in più
sull’esperienza della nostra diocesi; di mantenere (o ristabilire)
i contatti con i ‘nuovi cristiani’ adulti della propria parrocchia.
Servizio al Catecumenato – Diocesi di Como
41
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
seconda settimana
sabato
27
febbraio
2016
42
Luca 15, 1-3; 11-32
In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per
ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i
peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più
giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio
che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo,
il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano
e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe
speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli
cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno
degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare
i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci;
ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e
Donaci Padre
disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane
un cuore aperto
in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò,
e accogliente.
andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato
Un cuore capace
verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno
di abbracciare
di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno
chiunque muove
dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
passi di ritorno,
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe
chiunque ha sete
compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e
di tenerezza
lo baciò. Il figlio gli disse:“Padre, ho peccato verso il
e di perdono.
Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere
Rendi la tua chiesa
chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi:
casa che accoglie,
“Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo
abbraccia, perdona
indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali
e apre a speranza.
ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo,
mangiamo e facciamo festa, perché questo mio
figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a
casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò
che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo
padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano
e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì
a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti
anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai
dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato
questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute,
per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu
sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa
e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita,
era perduto ed è stato ritrovato”».
È
capace di misericordia chi si possiede
chi non si lascia travolgere dagli eventi e dalle proprie emozioni,
cioè chi è mite.
e il mite è persona forte e tenera insieme.
Il Padre misericordioso della parabola di Luca infatti
- rispetta la libertà del figlio (soffrendo certo!)
- sa attendere con pazienza e nella pazienza esprime la fiducia
nel cambiamento del figlio amato
- sa perdonare, restituendo piena dignità (mettetegli l’anello
al dito, indossategli la veste della festa…)
- sa coinvolgere tutti nella sua gioia per il ritorno del figlio
(facciamo festa con musiche, danze, con un banchetto, …)
- sa spiegare il suo comportamento (dialogo sofferto con il
figlio maggiore) e sa sopportare, per amore, di non essere
capito da chi gli è più vicino.
Qualcuno, per amore, tenta di imitare Dio Padre.
Vediamo cosa è successo a Carla.
Sei mesi fa era arrivata al figlio grande una lettera da Marsiglia, che il
figlio non le aveva passato, ma che le era balzata tra le mani. Il padre
diceva di essere solo, malato e bisognoso di soldi. Contro il parere
di tutti, lei aveva fatto fare la revisione dell’auto, l’aveva lavata ed era
partita.
È tornata con un malato scheletrito, bisognoso di tutto.
“È pur sempre mio marito”, diceva all’ultimo figlio che stava per
uscire da casa.
“Se fosse stato per lui, saremmo tutti crepati di fame” sibilava il figlio.
Il padre, che a tratti non sembrava nemmeno in grado di udire, diceva
sottovoce quasi mormorasse una preghiera: “Ha ragione”.
“Mi fai schifo”, dicevano le parole del figlio dure come pietre.
“A me non ha fatto schifo quando sei nato tu” ribatteva la madre.
Così ambedue, il marito riportato a casa e la moglie forte della sua
mitezza vivevano insieme il dolore.
In attesa di un altro ritorno…
Don Valerio Modenesi
confessore nella Collegiata di Sondrio
43
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
t e r z a
s e t t i m a n a
VISITARE I CARCERATI.
Reclusi o Esclusi?
44
Solo abbracciando Cristo, riesco ad abbracciare la miseria che
incontro nel carcere e vedere
quanta umanità che si sperimenta nelle difficoltà esistenziali in
una coabitazione forzata.
(…) È vero che hanno sbagliato, però chi di noi è infallibile? È
giusto che ci sia una conseguenza per ogni azione e i detenuti
stessi sono consapevoli che devono in qualche modo subire le
conseguenze di scelte che sanno essere sbagliate. Quello che
manca a loro è la possibilità di
ricominciare una volta usciti e
ricostruirsi una vita. Il sistema
del carcere non è integrato con
la società e questa non vuole
reintegrare chi, ormai libero, è
pronto a reinserirsi. Un carcerato mi ha detto: “Quando esco
in teoria sono libero, in pratica
sono marchiato a fuoco e prigioniero del passato che mi porto
dietro….la gente vede in me
sempre l’ex carcerato.”
Io ascolto e insieme con fatica
cerchiamo un motivo, un punto luminoso che faccia luce sul
cammino da percorrere, che alimenti ancora un po’ di speranza…. e la ricompensa più bella
è un sorriso di congedo spesso
annerito dal fumo o deturpato
dalla violenza subita e dalla droga, però come sono belli questi
sorrisi…..
(…) Il mio entrare nel carcere,
è ogni volta un incontro con
l’uomo, uomo come me, fatto
di tanti difetti, tante sconfitte,
tanta miseria, tanti peccati, tante ricadute, ma con la consapevolezza di non essere solo, con
la certezza che la salvezza non
viene da se stesso, tanto meno
da me, e questo l’ho percepito
parlando con i detenuti, guardandoli negli occhi, ascoltando
le loro storie e condividendo la
loro sofferenza. È un dono poter
essere presenza in questo pezzo
di umanità reclusa, è una grazia
poter sperimentare la misericordia di Dio, all’interno del carcere,
e quanta misericordia c’è.
Non è una questione di bontà, di
tempo, di adeguatezza, di capacità o di coerenza, ma è solo lo
starci così, come si è, per quello
che si è, liberi e aperti alla realtà
che c’è donata.
Come dice papa Francesco” il
luogo privilegiato dell’incontro
è la carezza della misericordia
di Gesù Cristo verso il mio peccato.” Che liberazione, che ampio
respiro per me peccatore, non
devo censurare niente; niente è
escluso da questo sguardo, da
quest’abbraccio pieno di pietà.
Infatti, solo chi non si è allontanato da Cristo, non ha paura di Giuseppe e Giancarlo,
guardare tutto, perfino il proprio volontari Carcere del
male.
Bassone (Como)
terza settimana
domenica
28
Luca 13, 1-9
febbraio
2016
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù
il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto
scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la
parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero
più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte?
No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo
stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la
torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli
di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se
non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato
un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti,
ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono
tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma
non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il
terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora
quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo
il concime.Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no,
lo taglierai”».
L’
altra sera a Milano ho contato, in zona centro, sei associazioni, compresa la nostra, che
portavano generi di conforto alle persone
senza fissa dimora. Ero contento (ma con
qualche perplessità), “nessun barbone a
Milano muore di fame” mi son detto.
D’abitudine, a Milano andiamo alla ricerca dei giovani nelle piazze, lungo le strade e spesso, in alcune
zone, difficilmente riusciamo ad incontrarne qualcuno
“lucido” con cui poter parlare: la droga e l’alcool
regnano sovrani. “A nessun giovane a Milano manca
lo svago, il divertimento” mi son detto con tante
preoccupazioni dentro me.
Ho condiviso questi pensieri ad una carissima amica
la quale dopo poche ore mi manda una riflessione di
Madre Teresa di Calcutta. La peggiore malattia oggi è
il non sentirsi desiderati né amati, il sentirsi abbandonati.Vi sono molte persone al mondo che muoiono
di fame, ma un numero ancora maggiore muore per
mancanza d’amore. Ognuno ha bisogno di amore.
45
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
t e r z a
s e t t i m a n a
Ognuno deve sapere di essere desiderato, di
essere amato, e di essere importante per Dio.
Vi è fame d’amore, e vi è fame di Dio.
Ecco di cosa si muore a Milano, di solitudine!
Sì, i giovani oggi, i senza dimora, i migranti, gli
emarginati muoiono di solitudine!
E io cosa faccio di fronte a ciò?
Se non ci convertiamo a queste solitudini periremo tutti come ci dice il Vangelo di questa
domenica. Ci stiamo preparando alla morte e risurrezione di
Signore sii paziente
Gesù! Convertiamoci alla sua
con me, coltivami
croce, alla sua Resurrezione per
con i gesti della tua
portare luce laddove ci sono temisericordia
nebre e ferite.
e fa’ che porti frutti
di amore da offrire
a quanti sono soli
e non amati.
Sazia questa fame di Te,
questa fame di amore,
che è nel cuore
di tutti noi.
Don Federico Pedrana
COMUNITÀ PAPA GIOVANNI XXIII
Il fondatore è don Oreste Benzi, sacerdote riminese
(1925-2007).
Don Oreste diceva “Lì dove sono loro (i poveri), lì
anche noi”. La comunità fondata nei primi anni 70
cerca di essere accanto a tutte le forme di povertà:
senza fissa dimora, ragazze schiavizzate, bambini e
ragazzi di strada, tossicodipendenti, disabili, anziani
soli, etc. etc. Si cerca con loro di ricostruire una
famiglia accogliendoli in casa propria. La vocazione
della Comunità consiste nel conformare la propria
vita a Gesù povero, servo, sofferente, che espia il
peccato del mondo e nel condividere per Gesù
con Gesù in Gesù la vita degli ultimi.
Attualmente la Comunità è diffusa in oltre 20
paesi del mondo: oltre che in Italia, è presente in
Albania, Argentina, Australia, Bangladesh, Bolivia,
Brasile, Cile, Cina, Colombia, Croazia, Francia,
Georgia, Kenya, India, Israele/Palestina, Molda46via, Olanda, Repubblica di San Marino, Romania,
Russia, Spagna, Sri Lanka, Tanzania, Venezuela e
Zambia.
terza settimana
lunedì
29
febbraio
2016
Luca 4, 24-30
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga a
Nàzaret: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene
accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando
il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una
grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di
esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta
di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo
del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato,
se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti
nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e
lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul
ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città,
per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro,
si mise in cammino.
Signore, fa’ tacere in me ogni altra
voce che non sia la Tua, e perché
non trovi condanna nella tua
Parola, letta ma non accolta,
meditata ma non amata, pregata
ma non custodita, contemplata ma
non realizzata, manda il tuo santo
Spirito ad aprire la mia mente
e a guarire il mio cuore.
Solo così l’incontro con la tua
Parola sarà rinnovamento
dell’alleanza e comunione
con Te e il Figlio e lo Spirito santo.
Dio benedetto nei secoli dei secoli.
47
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
terza settimana
martedì
1 marzo
2016
Matteo 18, 21-35
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se
il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò
perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico
fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i
conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando
gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché
costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse
venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse
il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo:
“Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe
compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli
doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo:
“Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra,
lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma
egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non
avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti
e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il
padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio,
io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato.
Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io
ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli
aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete
di cuore, ciascuno al proprio fratello».
L
48
e bambine e le ragazze che accogliamo in
comunità, arrivano spesso dopo un percorso
tormentato e difficile. Non è facile scorgere
la sofferenza che portano, mista a rabbia e
sfiducia in se stesse e negli altri, in particolare verso gli adulti. Spesso si nasconde dietro
atteggiamenti arroganti e sfidanti che mettono a dura
prova l’autocontrollo e la pazienza dell’educatore più
esperto e motivato.
Ho in mente Sofia, nome di fantasia: basta veramente
poco per “innescare” la sua rabbia e all’improvviso ti
senti “travolto” da tanta aggressività che ti penetra
dentro, ti fa vibrare fin dentro lo stomaco;
ti verrebbe da rispondere con forza per
mantenere le distanze, per non lasciarti
travolgere. Anche il servo della parabola
arriva con un debito, un grosso debito, un
vuoto da colmare, da riempire di bene, di
cura, di attenzione. Diecimila talenti usati
Custoditi nelle tue
male, perduti, sprecati.
Il Padre accoglie, colma “per grazia” quel mani di Padre donaci
vuoto. Ha misericordia, porta nel cuore di impiegare questo
dono del tuo amore
quel misero, lo consola lo conforta.
Sofia, forse, non ha fatto questa esperienza. per offrire a chi
Allora posso offrire il mio sentirmi custodi- è debole e piccolo
ta nel cuore del Padre, posso offrire il mio un segno concreto
essere “misera nel cuore di Dio”. Posso di vicinanza e
farlo solo se sono capace di custodire la di attenzione, così
memoria della Sua misericordia. Solo la me- che la tua misericordia
moria della sua misericordia allarga il mio si moltiplichi per
cuore e mi rende misericordiosa, mi rende la gioia dei tuoi figli.
capace di “portare il misero nel cuore”, mi
rende capace di dare PER DONO quello
che mi viene chiesto con rabbia. Allora la rabbia di
Sofia diventa appello ad accogliere con riconoscenza
la Misericordia che il Padre mi dona, invito a ridonare
nel quotidiano la misericordia ricevuta, con particolare
attenzione ai piccoli, ma soprattutto occasione per
operare insieme la Misericordia e crescere insieme
come figlie amate e predilette.
Comunità Bucaneve – Monteolimpino
Il Bucaneve è un fiore che spunta tra le nevi nonostante
condizioni sfavorevoli. Bucaneve è anche una comunità
educativa per minori, situata nel quartiere di Monteolimpino a Como, gestita dalle Suore Maestre di Santa di
Dorotea. Qui si accolgono bambine e ragazze, per le quali
è stato chiesto l’allontanamento dalla famiglia d’origine e
si accompagnano perché la loro vita possa continuare a
fiorire, nonostante la loro storia. L’elemento qualificante
e fondante del nostro intervento è il prendersi cura di
questi piccoli, attraverso relazioni improntate sull’amicizia
che creano stabilità di rapporti, favoriscono interventi
educativi e si concretizzano del farsi “compagni di viaggio”
delle bambine e o ragazze accolte.
49
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
terza settimana
mercoledì<
Matteo 5, 17-19
2 marzo
2016
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti;
non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In
verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non
passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che
tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e
insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo
nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà
considerato grande nel regno dei cieli».
L
a lettura di oggi mi fa riflettere sulla “legge”.
La Legge - Alleanza aveva sostenuto e orientato
il processo di liberazione
del popolo ebreo ed era diventata il
fondamento della sua costituzione
come popolo e nazione, per garantire il non ritorno a relazioni
di oppressione e di schiavitù. La
voce dei Profeti lungo la storia di
50
quel popolo, si alzava nei momenti
bui per denunciare il tradimento del Dio della liberazione, che
continuava fedele alla sua Alleanza.
Quanto clamore da chi continuava “connesso”col progetto tribale,
profondamente fedele alla dignità
e alla sacralità della vita!
Gesù dice di essere venuto per
dare pieno compimento a questa
legge, offuscata dai molteplici inte-
Sono Pina Rabbiosi, da 34 anni in Brasile. Lavoro dal 1997
nellasa do Sol, sorta nelle periferie di Salvador de Bahia. In
questa grande periferia, con 800 mila abitanti, diventando
per i più miserabili, non ancora assimilati e integrati nella
società urbana, l´unico punto di riferimento e di appoggio.
Qui i bambini, ragazzi e giovani sono aiutati nelle loro difficoltà scolastiche, sperimentano momenti di bellezza e di
creazione artistica nel vari laboratori di arte, riflettono e
creano iniziative di cittadinanza. Le famiglia e le mamme qui
incontrano appoggio e orientazione per poter accedere ai
propri diritti conquistando dignità e recuperando i valori
della loro tradizione che ancora possono essere il sostegno
contro le varie forme di negazione della dignità e del valore
sacro della Vita.
ressi dei potenti transitati su quella
terra e poco fedeli al popolo a loro
affidato.
Rifletto su questo e mi chiedo qual´è
la relazione nostra con la legge, la
legge civile, che anche qui in Brasile, come in tanti paesi dell´America
Latina è stata elaborata nei momenti
di rinascita dopo i periodi bui delle
dittature militari e continua ad essere riconosciuta come una delle più
avanzate.
Eppure questo paese continua ad
avere una moltitudine di poveri,
ridotti alla miserabilità dalla negazione di ogni diritto, garantito dalla
“legge”.
Eravamo in fila, una fila lunghissima,
all´esterno del Banco del Brasile,
dopo 21 giorni di sciopero, due ore
in piedi per ricevere un numero che
ci avrebbe permesso di addentrarci
all´interno dove ci sono le casse,
quando l´arrivo di una famiglia ci
scuote: la mamma, magrissima e
pallida, col viso contorto in una
smorfia, sembrava da una paralisi,
le mani avvolte in una maglia e i
piedi deformati; il marito la seguiva
e aveva una piccola bimba in braccio; la seconda figlia, autonoma, si
muoveva da sola. Siamo riusciti a
far si che la famiglia entrasse con
precedenza assoluta.
La bimba, Paloma, otto anni, ha cominciato a chiacchierare con noi,
raccontandoci la loro vita di stenti,
con una dignità e una maturità impressionanti. Ci spiega che erano
li per l´ennesima volta, per tentare
di prelevare il sussidio governativo
della “Borsa Famiglia” (grande conquista del governo Lula) il cui documento era bloccato da giorni. La
sorellina in braccio al padre stava
piangendo. Ho chiesto a Paloma:‘La
tua sorellina è Tu Signore dai e sei
ammalata?’ Lei compimento della
mi ha risposto: Legge e della Vita.
‘No non è am- Guardando a Te
malata, ma lei fa’ che sappiamo
è piccola, non orientare le nostre
ha ancora im- leggi e la nostra vita
parato a non verso quel
piangere’. Io compimento
e Cleize, la che si attua solo
collaboratrice nell’Amore.
che era con
me, ci siamo
guardate negli occhi senza
capire, Paloma
ha continuato:
‘Noi abbiamo
bevuto il caffè
ieri mattina con
l´ultimo pezzo di pane che c´era,
speriamo che la mamma ritiri i
soldi oggi cosi quando torniamo a
casa può prepararci da mangiare...!’
La famiglia è uscita senza soldi in
mano. Paloma, con gli occhi lucidi,
ci dice: ‘non sono riusciti neanche
questa volta!’ Si è alzata ha seguito
i genitori. Appena siamo uscite, li
abbiamo cercati ovunque per fare
qualcosa, erano spariti.
La legge può garantire la vita, la legge può uccidere. La legge continua
a sfidarci e a provocarci. Credo che
oggi, come al tempo di Gesù, dobbiamo lottare perché le leggi che
garantiscono e proteggono la vita
siano compiute.
Pina Rabbiosi – Brasile
51
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
terza settimana
giovedì
3 marzo
2016
C
Luca 11,14-23
In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto.
Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono
prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl,
capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo
alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in
se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche
satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo
regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl.
Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli
per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri
giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è
giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di
lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne
spartisce il bottino.
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me,
disperde».
i siamo assunti l’impegno di essere «testimoni della verità» e
di « portare l’amore
che è l’altro nome
della misericordia, a chi non ha
conosciuto l’amore».
Molti di noi erano muti, timidi,
paurosi, ma dopo averLo incontrato
52
ci ha guariti ed ora siamo anche
noi testimoni perché altri possano
farne esperienza.
Essere quindi portatori di misericordia ha un particolare appuntamento: La luce nella Notte, quando
le porte della Chiesa si aprono per
tutta la notte e tra preghiere, canti,
adorazione si accolgono tutte le
Nuovi Orizzonti è una Comunità Internazionale fondata
da Chiara Amirante e diffusa in molti paesi, impegnata
nel disagio sociale. È stata riconosciuta dalla Santa Sede
come Associazione Internazionale Privata di Fedeli. In
Italia si configura giuridicamente anche come Associazione di Volontariato ONLUS.
La Comunità Nuovi Orizzonti si pone l’obiettivo di
intervenire in tutti gli ambiti del disagio sociale, realizzando azioni di solidarietà a sostegno di chi vive
situazioni di grave difficoltà. Per questo, svolge la sua
attività avendo presenti tutte le realtà di emarginazione
sociale, con particolare attenzione al mondo giovanile.
Una delle tante attività di Nuovi Orizzonti è l’evangelizzazione di strada.
persone, le si invitano ad entrare
e dir loro «Dio ti ama».
Parecchie sono le Luci nella Notte
cui ho partecipato, ognuna è sempre nuova e particolare.
Quella di sabato mi ha dato modo
di conoscere in modo più approfondito le “sfaccettature” di quel
diamante che è la Nuova Evangelizzazione, contemplando l’unità dei
carismi che lo Spirito Santo ha suscitato nelle diverse realtà ecclesiali.
Il ministero cui sono stata assegnata era la Preghiera di intercessione.
“In verità io vi dico ancora: se due
di voi sulla terra si metteranno
d’accordo per chiedere qualunque
cosa, il Padre mio che è nei cieli
gliela concederà. Perché dove sono
due o tre riuniti nel mio nome,
lì sono io in mezzo a loro.” (Mt
18,19.20)
Confesso che inizialmente era preghiera di sostegno per i missionari impegnati all’esterno ma, ad un
certo punto, ho sentito proprio nel
cuore l’esigenza di uscire, il cuore
mi portava a uscire, mi muoveva ad
intercedere per quelli che erano
nella piazza ed è così che in coppia
con un’altra persona sono uscita
a fare un giro intorno alla piazza.
Poi rientrata in chiesa osservavo la
fila ininterrotta di persone in attesa
di giungere all’altare e per ognuna
era evidente la trasformazione del
volto tra prima e dopo l’esperienza:
volti trasformato dal sorriso, dal
sollievo, dallo stupore o anche solo
da una insolita curiosità, ma con
una traccia indelebile.
“Occorre ricordare che l’opera
della nuova evangelizzazione non
Signore Gesù, tu sei il dito
di Dio, sei l’uomo più forte
che scaccia le tenebre
del male e può riaccendere
in me e nel mondo
la luce vera.
Scaccia dal mio cuore colui
che divide e tenta.
Vieni ad abitare in me
come luce e forza che apre
a cammini di speranza
e di misericordia.
può ridursi ad una mera iniziativa degli uomini, qualcosa che noi
dobbiamo pianificare, organizzare e
realizzare. Si tratta, anzitutto e sempre, dell’azione di Dio, misteriosa e
potente, che raggiunge i cuori. Da
parte nostra, essa richiede perciò
l’apporto decisivo della nostra preghiera e del nostro sacrificio. ….Se
questo non è ben chiaro, si rischia
di impostarla male e di lavorare
invano!
Nuovi Orizzonti - Como
53
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
terza settimana
venerdì
4 marzo
2016
Marco 12, 28-34
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò:
«Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio
è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore
e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la
tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come
te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità,
che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto
il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il
prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non
sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio
di interrogarlo.
Padre Silvano Zoccarato, missionario del Pime si trova da 10 anni in
Algeria.Avanguardia di una presenza in un Paese quasi esclusivamente
musulmano. Ha aperto la strada nel
2006 per una nuova missione - o,
meglio, una missione nuova nello
stile e nella testimonianza - seguito
poi da altri due confratelli. Da Touggourt, nel deserto algerino - dove
abita nella casa che fu dei padri
bianchi e dove le uniche cristiane
sono le piccole Sorelle di Gesù, fondate proprio qui - racconta i suoi
anni di missionario in dialogo con
i musulmani.
54
Q
ui in Algeria alcuni amici musulmani mi
raccontano volentieri della loro fede.
Aicha Naili si definisce «Assetata di Dio»
e scrive:
«È una gioia per me dire il centro della
mia vita, la mia relazione con Allah. La prima parola che
mi viene per avvicinarmi a quello che sento nel mio
cuore verso il mio Dio è Amore.
Come non amare chi è sempre con me, mi sente, mi
conosce e tutto ciò per proteggermi, aiutarmi e guidarmi
in un mondo dove sono così debole, fragile e impotente?
Come non accorgermi di chi mi è vicino?
Quante volte mi sono sentita sola, e solo Lui toglieva la solitudine del mio cuore appena mi rivolgevo a
Lui. Quante volte ero in piena confusione e Lui solo
mi recava con dolcezza estrema il conforto e la guida
più illuminata. Non posso che sciogliermi d’amore al
ricordo di tutte le volte che mi sono diretta verso di
Lui, divorata da un dolore profondo. Come lo zucchero
si scioglie nell’acqua, così il mio male si scioglieva nella
misericordia del Misericordioso e questo subito dopo
la mia preghiera. Non posso contare i miei errori e il
male che mi hanno prodotto. Ma Lui non smette mai di
promettermi il suo perdono ogni volta che glielo chiediamo. Come non amare Colui che mi ha dato la vita,
questa fortuna di conoscerlo e di essere al suo servizio
come creatura. Perché Allah ci offre una misericordia
così grande? Una sola è la risposta: ci ama. È vero che
lo amo, ma è lui che mi ha amata per primo perché io
possa amare ogni mio fratello».
Padre Silvano Zoccarato - Algeria
“Eterna è la tua misericordia!”,
il tuo amore è per sempre ed è totale.
Aiutami Signore a gustare con gioia
ogni giorno questo tuo amore
che mi avvolge.
Solo così saprò amarti e amare
ogni persona con cuore più grande,
fedele e disponibile.
55
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
terza settimana
sabato
5 marzo
2016
56
Luca 18, 9-19
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che
avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli
altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo
e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé:
“O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri,
ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno
due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che
possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno
alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio,
abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si
umilia sarà esaltato».
Nel servizio e nella missione di ogni giorno, presentando i valori umani
della bontà, della fraternità, della pace, dell’aiuto reciproco, della condivisione, del dialogo, mi permetto di ricorrere alla Bibbia. Un giorno
abbiamo scritto e commentato la frase:
“Tutto ciò che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo
a loro” e abbiamo cercato insieme di capirne il significato. C’era nel
gruppo una signorina che per gravi problemi di salute veniva spesso
ricoverata in ospedale. Era la più diligente di tutti; imparava a memoria
tutte le citazioni bibliche ed era orgogliosa di poterle ripetere ai medici
e agli infermieri dell’ospedale. Nonostante la precarietà delle condizioni
fisiche e la notevole distanza dalla chiesa ogni tanto veniva a pregare
con noi. Aveva voluto il libretto di preghiere e il CD dei canti cristiani
e li portava con sé mentre faceva la dialisi. Diceva che l’averci incontrati
le aveva permesso di scoprire l’importanza della preghiera, ciò le era
stato di grande aiuto per superare la solitudine e la sofferenza della sua
malattia cronica. Grazie a questo aveva ritrovato di nuovo la voglia di
vivere. Emiko stava pensando di chiedere il battesimo ma non si sentiva
all’altezza di questo passo.
Un missionario mi disse che a volte i cristiani in Giappone danno l’impressione agli altri giapponesi di essere “i puri, gli osservanti di un rigoroso
codice morale e religioso” e quindi collocati su un piano più alto. Rischiano
quindi di sentirsi come il fariseo della parabola.Vedo in Emiko la figura del
pubblicano: lei, nella sua semplicità, non osava neppure alzare gli occhi al cielo.
Ultimamente le condizioni di salute di Emiko sono peggiorate così tanto
da dover essere ricoverata in modo permanente all’ospedale. Un giorno,
verso le 11 di sera, mi ha telefonato un’infermiera dicendomi che Emiko
stava molto male e voleva parlarmi. Con un fil di voce Emiko si mise
a cantare la canzone che cantiamo ai funerali: “Gesù profondamente
misericordioso. Amico mio Gesù che nella tua profonda misericordia
allontani da noi ogni male e peccato, ti confido le pene e i pesi del mio
cuore perché tu li alleggerisca.”
Alla fine del canto mi disse che voleva incontrarmi. Al mattino seguente
andai a trovarla assieme a un padre missionario. Era in fin di vita ma si
mostrò contenta di vederci. Ci chiese se anche lei sarebbe andata in Paradiso insieme a noi sebbene non avesse ricevuto il battesimo. Il Padre le
spiegò che lei era già cristiana perché lo aveva desiderato ardentemente,
di cuore. Pregammo insieme per qualche istante, poi lei ci ringraziò e si
assopì. È entrata così nel sonno eterno.
Ringrazio il Signore di avermi fatto Tu Signore guardi,
conoscere Emiko, simbolo per me di non ai nostri meriti
tante donne che vivono nel silenzio e ma alla sincerità del
nell’umiltà, che hanno accolto nella loro nostro cuore. Davanti
vita Gesù che salva, Gesù che preferisce a Te riconosciamo
i piccoli e i poveri, Gesù che ci ama per la nostra piccolezza
quel che siamo e così come siamo.
e povertà; invochiamo
Suor Milka Nonini – Giappone
la grandezza della
Tua misericordia.
Sono una missionaria-religiosa appartenente alle Missionarie di Maria (Saveriane), in Giappone da 38 anni. Qui il
Cristianesimo è una esigua minoranza (800mila su una
popolazione di 126.000.000 di abitanti), in una società
economicamente ricca, Però in questi ultimi anni stanno
venendo alla luce nuove situazioni di povertà prima tenute
nascoste. Una recente statistica dice che su sei bambini
uno vive in situazione di povertà. La famiglia e il mondo
giovanile attraversano una profonda crisi di identità.
In questa società efficentista e competitiva una delle povertà più difficili da accettare è quella che riguarda le persone
portatrici di handicap fisici e mentali.
Per questa ragione mi sono inserita in un gruppo di handicappati del Comune di Miyazaki. Si tratta di persone
che, una volta completate le scuole medie superiori, si
propongono di raggiungere una certa indipendenza. A me
è stato chiesto di insegnare italiano e di fornire al gruppo
un sostegno di tipo morale. La legge non permette che
nelle strutture pubbliche si parli apertamente di religione.
57
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
q u a r t a
s e t t i m a n a
INSEGNARE A CHI NON SA.
Educazione e istruzione.
Lual abita a Wau in Sud Sudan ed
è fortunato: quest’anno è andato a
scuola. Ha 10 anni ed è il terzo di
sette fratelli. Suo padre è insegnante e la madre domestica; insieme
riescono a portare a casa poco più
di 35 Euro al mese. Con l’iperinflazione di questi mesi il loro salario
basta solo per comprare sorgo
e farina di manioca, oltre a sale
e carbonella, per tutte le bocche
in famiglia. Non ci sono soldi per
mandare tutti a scuola, così Zamra
e Sebila – le due sorelle maggiori
– hanno perso l’anno ma Lual e
Santino – i due maschietti – hanno
potuto continuare gli studi.
Gatluak è di etnia Nuer, ha 11
anni ed è il maggiore di 5 fratelli.
Quando due anni fa la loro casa a
58
Bentiu è stata bruciata e il bestiame
rubato dai soldati, la mamma ha
deciso di portare tutti nel campo
profughi di Kakuma, uno dei più
grandi dell’Africa orientale. Nella
scuola elementare del campo ci
sono bravi insegnanti stranieri ma
purtroppo è obbligatorio avere le
scarpe per poter entrare in classe
e Gatluak e i suoi fratelli proprio
non possono permettersele. Magari l’anno prossimo le cose andranno un po’ meglio.
Come Zamra, Sebila e Gatluak
sono centinaia di migliaia i bambini
che non possono andare a scuola
nel Sud Sudan di oggi. I bambini
come loro, nel mondo, sono quasi
cento milioni.
Matteo Perotti, laico
missionario in Sud Sudan
quarta settimana
domenica
Luca 15, 1-3; 11-32
6 marzo
2016
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i pec-
catori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo:
«Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il
più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di
patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze.
Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose,
partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in
quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel
bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti
di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i
porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano
i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse:
“Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e
io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò:
Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più
degno di essere chiamato tuo figlio.Trattami come uno dei tuoi
salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione,
gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse:
“Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più
degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi:
“Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare,
mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello
grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo
mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato
ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu
vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e
gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo
fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso,
perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva
entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a
suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto
per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo
figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per
lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio,
tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava
far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è
tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
59
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
quarta settimana
La parabola del Padre misericordioso è il cuore
del Vangelo di Luca e l’essenza di ogni annuncio
missionario. Al centro di tutto sta la bellezza e
Apri
la novità del Dio annunciato da Gesù: un padre
Signore i
nostri occhi che non smette di amare il figlio che si è allontanato, un padre che non si stanca di attendere
e il nostro
il suo ritorno. Non gli importa un bel nulla del
cuore
suo patrimonio sperperato: che lo fa soffrire
perché
è la lontananza del figlio. Il suo dolore si fa
possiamo gustare
attesa, si fa sguardo premuroso che sorveglia
il tuo amore di Padre
la strada deserta e continua a sperare contro
che supera
ogni speranza.
ogni nostra fuga,
Al cuore di ogni annuncio missionario sta la
ogni nostro peccato.
bellezza disarmante di un Padre che accoglie
Fa’ che ci lasciamo
senza rimproverare, senza chiedere riparazioni,
cadere con fiducia
senza rinfacciare nulla. Questo famoso abbraccio
tra le tue braccia
è l’esplosione del gratis, è la rivelazione sublime
misericordiose per
di uno spazio di libertà sottratto alle regole del
ritrovare in Te gioia
merito o del tornaconto.
e pienezza di vita.
Nonostante tutto c’è qualcuno che ti ama sempre e indipendentemente da quello che hai combinato nella tua vita. C’è qualcuno che ti dice che non
tutto è perso, che contrariamente alle logiche della
fisica l’unico modo per stare in equilibrio è lasciarti
cadere in un abbraccio.
Lo ha scoperto Ruth che ha dormito
abbracciata alla Bibbia per trovare la
La missione diocesana di San Pedro
forza di ricostruire il suo matrimonio.
de Carabayllo (Perù) si trova alla
Lo hanno sperimentato Diego e Doestrema periferia nord della grande
ris che hanno consumato la corona
città di Lima. Anche qui come nella
del Rosario mentre la loro piccola
maggior parte delle grandi periferie
Miriam era nelle mani del chirurgo.
le povertà non mancano. La magLo ha sperimentato Carlos che vive
gioranza dei 75.000 abitanti della
in una baracca di legno e ha preferito
parrocchia è costituita da persone
il suo onesto lavoro a facili guadagni
che hanno lasciato la loro terra di
nel traffico di droga.
origine (la sierra o la selva) e si sono
L’ ho sperimentato pure io grazie a
riversate nella capitale con la spequesti fratelli. I lori occhi mi hanno
ranza di un futuro migliore. Oltre al
svelato lo sguardo del Padre Miserinormale lavoro pastorale proprio di
cordioso.
una parrocchia cerchiamo di risponDon Roberto Seregni
dere alle situazioni umanamente più
San Pedro de Carabayllo Perù
urgenti, soprattutto per quanto riguarda la salute e l’assistenza legale.
Un altro fronte su cui stiamo lavo60 rando è quello della formazione tanto a livello umano quanto religioso.
lunedì
7 marzo
2016
Giovanni 4, 43-54
In quel tempo, Gesù partì dalla Samarìa per la Galilea. Gesù
stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore
nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei
lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto
a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati
alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato
l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio
malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla
Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a
guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se
non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del
re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia».
Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive».
Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si
mise in cammino.
Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro
i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che
ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora
dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe
che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e
credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno,
che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.
L’UNITALSI è un’Associazione che opera anche nella nostra
Diocesi attraverso volontari – Sorelle di assistenza e Barellieri
– che svolgono il proprio servizio verso e con le persone ammalate, disabili, anziane, promuovendo l’annuncio del Vangelo
e il culto mariano innanzitutto attraverso la preparazione
e la guida di pellegrinaggi a Lourdes e nei santuari italiani,
e rimanendo a disposizione di chi si trovasse in difficoltà
anche durante l’anno. Le persone segnate dalla malattia e
dalla disabilità spesso sono le più emarginate ed escluse
dalla nostra società. Per la Chiesa invece rappresentano un
tesoro prezioso. Per tutti noi volontari essi costituiscono un
grande esempio di fede, di coraggio e di amore per la vita.
61
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
quarta settimana
l
l funzionario si reca da Gesù con il “carico” del
suo amore umano: il suo bambino sta per morire. Egli insiste con Gesù affinché vada subito a
salvarlo. È proprio dell’amore umano disperarsi
dinanzi alla sofferenza e alla morte, e chiedere un
miracolo. Gesù lo invita a verificare la propria fede,
la propria fiducia in Dio. La vera fede porta sempre
ad “andare oltre” la situa“Credette alla Parola”. Signore qui
zione che si sta vivendo. Il
sta il cuore della fede. Aiutami a
vero affidamento nell’amore
credere che la tua Parola è Spirito e
del Signore porta a credere
vita. Aiutami a credere che la tua
che anche la sofferenza e
Parola guarisce e rinnova la mia vita.
la morte vengono trasforAiutami ad ascoltare ogni giorno Te,
mate dall’Amore di Dio.
Parola che salva.
Di fronte alla risposta di
Gesù, il funzionario non si
scoraggia, anzi manifesta la
propria fede ripresentando
la richiesta a Gesù, che gli risponde: ”Va’, tuo figlio
vive”. Gesù gli chiede di avere fede, molta fede; chiede
a quell’uomo di tornare a casa credendo fermamente
che il figlio sia già guarito.Anche questo può chiamarsi
miracolo! Senza vedere alcun segno e alcun prodigio, il funzionario crede a Gesù e torna dal proprio
figlio. È questo il miracolo che tante volte chiedono
gli ammalati che si recano a Lourdes o nei santuari
mariani: la fede per affrontare con forza le difficoltà
e dar senso alle sofferenze quotidiane, la grazia di
saperle unire a quelle di Gesù crocifisso, la forza per
saper accettare con pazienza e serenità la propria
condizione. È la stessa fede che ci fa riconoscere nel
volto delle persone ammalate e fragili il volto di Gesù.
Con il suo aiuto possiamo essere reciprocamente,
tutti e per ciascuno, “sguardo che accoglie, mano che
solleva, abbraccio di tenerezza, riflesso di Colui che
è Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione”.
Unitalsi Como
62
martedì
8 marzo
2016
Giovanni 5, 1-16
Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una
piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici,
sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi,
zoppi e paralitici. Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato.
Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo
era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato:
«Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina
quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un
altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi
la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì:
prese la sua barella e cominciò a camminare.
Quel giorno
però era un sabato.
Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito:
«È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli
rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi
la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi
è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui
che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si
era allontanato perché vi era folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei
guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di
peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era
stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano
Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
La tua volontà o Dio è la salvezza
di ogni uomo: per realizzarla hai
mandato il tuo Figlio che è morto
ed è risorto per noi. Facci
comprendere il mistero del tuo
amore; donaci un cuore grande,
capace di accogliere i tuoi desideri
e di modellare su di essi le nostre
scelte. Aprici ad accogliere la tua
Parola, a riconoscerla come luce
ai nostri passi, come dono capace
di dare senso alla nostra vita.
(C.M. Martini)
63
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
quarta settimana
mercoledì
Giovanni 5, 17-30
9 marzo
2016
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Il Padre mio agisce anche
ora e anch’io agisco». Per questo i Giudei cercavano ancor più
di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava
Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico:
il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede
fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso
modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che
fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché
voi ne siate meravigliati.
Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio
dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno,
ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio
come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre
che lo ha mandato.
In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a
colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al
giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità
io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la
voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno.
Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di
giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo:
viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la
sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione
di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.
Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto
e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma
la volontà di colui che mi ha mandato.
64
Lavoro in Brasile da 24 anni. Recentemente
sono ritornato a São Paulo, dove mi dedico,
insieme a mia moglie, come coppia di laici
impegnati, a costruire con la gente delle favelas condizioni di vita più dignitose e giuste.
Attraverso la formazione ai diritti umani, aiutiamo le persone a prendere coscienza della
loro forza per trasformare la situazione di
oppressione. Cerchiamo di unire le forze sociali a livello locale per ridurre la violenza e le
tante forme di umiliazione che la nostra gente
soffre. Siamo legati al Centro di diritti umani
di Sapopemba, già sostenuto generosamente
dalle comunità della diocesi di Como.
K
Con Te, solo con Te
Signore, possiamo passare
da morte a vita. E solo
con Te possiamo operare
perché questo passaggio
si compia anche nella vita
di tanti nostri fratelli
e sorelle oppressi, deboli,
ancora immersi
nelle tenebre della morte.
ênia è una giovane
della favela che fa di
tutto per organizzare attività sportive
coi ragazzi e ragazze
poveri intorno a lei. Nica, madre di cinque figli, poverissima,
organizza le altre donne della favela per formare un’associazione per lottare insieme per migliorare la vita e i servizi
basici per le loro famiglie. Damázio, da piccolo, ha sofferto
la fame; da adolescente è stato anche in prigione; oggi sta
terminando gli studi per essere avvocato e continuare a
lavorare per i diritti della sua gente. Mi ricordano la storiella
del colibrì che cercava di spegnere l’incendio della foresta
con le gocce di acqua che prendeva nel lago, mentre gli altri
animali lo prendevano in giro. Martin L. King ripeteva che
non lo preoccupavano tanto le azioni e le grida dei “cattivi”,
quanto la passività e il silenzio dei “buoni”. Ma Gesù aveva
detto, e fatto, cose simili molto prima.“Non chi dice Signore,
Signore…”. “Va e fa lo stesso!”. “Il Padre mio agisce sempre,
lo stesso fa il Figlio”. È perché c’è un grande amore tra i Due
e questo amore si manifesta in azioni che danno e ridanno la
vita, che fanno camminare chi è bloccato, che fanno rialzarsi
chi è stato abbattuto ed escluso dalla convivenza normale di
coloro che hanno i mezzi per vivere con una certa dignità
e libertà. Il lavoro di Dio è dare la vita. In Gesù, ha dato la
vita perché il mondo abbia la vita. Non dopo, non chissà
quando, perché “è venuto il momento, ed è questo”, in cui
siamo chiamati a far “uscire i morti dai sepolcri”, ad offrire
speranza di liberazione a chi vive nell’esclusione sociale e
razziale delle “favelas” del mondo, ad accogliere quelli che
fuggono dagli orrori della guerra, della fame, della miseria
assoluta e approdano sulle nostre coste. È ora il momento
ed il lavoro dev’essere infaticabile. Se no, non possiamo dire
di “onorare il Padre”. Non faremmo ciò che ci chiede Gesù,
suo Figlio. È perché siamo tutti figli dello stesso Padre e,
noi che crediamo in Gesù, fratelli e sorelle suoi e di tutti.
Renato Paulino Lanfranchi – São Paulo, Brasile.
65
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
quarta settimana
giovedì
10
marzo
2016
Giovanni 5, 31-47
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei:
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non
sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la
testimonianza che egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi
dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde
e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla
sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere
che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto
facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me.
Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il
suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a
colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna:
sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete
venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi
l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi
accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E
come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non
cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi
vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti
credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di
me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle
mie parole?».
N
on c’è nulla di più attuale del Vangelo,
soprattutto pensando a quello che facciamo o cerchiamo di fare per gli altri:
le nostre opere di bene. Nairobi pullula
di organizzazioni internazionali e agenti
di sviluppo che letteralmente si fanno in quattro per
risollevare il popolo keniano, e non solo. Ma è davvero
tutt’oro quel che luccica? Gesù, nel Vangelo, ci mette
una pulce nell’orecchio. La testimonianza sulle nostre
opere non viene mai da noi stessi, ma deve venire da
un altro: come Dio conferma Gesù nel suo operato,
così la gente che noi serviamo deve essere il nostro
testimone, colei che conferma i nostri progetti, e
colei che noi dobbiamo ascoltare profondamente per
capire la direzione da prendere. Spesso, purtroppo,
nel nostro fare è racchiusa la tentazione di “ricevere la gloria gli uni dagli altri”, compiendo le opere
che pensiamo ci diano più visibilità e onore. Se così
facciamo, ci dice Gesù, “non abbiamo in noi l’amore
di Dio”. Parole taglienti, che ci obbligano a rivedere
radicalmente il nostro essere dalla parte dei poveri.
Ho conosciuto diverse persone, soprattutto giovani,
che si sentono schiacciati dai nostri programmi di
aiuto, proprio perché esclusi dal discernimento, dalla pianificazione, dall’azione e dalla verifica. Tutto è
fatto sopra le loro teste e loro sono semplicemente
i ricevitori del nostro bene. Se vogliamo che Dio ci
confermi nelle nostre opere, dobbiamo davvero cambiare, diventare umili, imparare ad ascoltare, essere
non protagonisti, ma semplicemente “lampada che
arde e risplende” non di luce propria.
Padre Stefano Giudici – Kenia
In Kenya, noi Comboniani, attingendo direttamente dal carisma
di san Comboni, cerchiamo di stare dalla parte dei poveri, attraverso vari progetti di promozione della gente, ma soprattutto
fisicamente, stando davvero con loro nelle più svariate situazioni
che il nostro mondo occidentale definisce “difficili”, o addirittura
“senza speranza”. Dalle baraccopoli alla periferia di Nairobi, alle
zone desertiche del Turkana e di Marsabit, agli angoli remoti
dell’etnia Pokot, nel nord-ovest del Paese.Tutto per coniugare il
Vangelo di Gesù con il dono della Vita piena che Lui ha promesso
e che noi dobbiamo rendere visibile.
66
Donaci Padre
lo Spirito del
tuo Figlio,
perché tutto l’amore della
Trinità sia in noi, e ciò
che siamo e facciamo
altro non sia che riflesso
di questa Presenza
che ci abita.
67
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
quarta settimana
venerdì
11
marzo
2016
Giovanni 7, 1-2.10.25-30
In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non
voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano
di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne.
Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui:
non apertamente, ma quasi di nascosto.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello
che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure
non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero
che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo
invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo,
voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono
venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e
voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed
egli mi ha mandato».
Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere
le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.
La Missione di Dondi, estremo Nord-est della R.D. Congo,
poco lontano dall’Uganda, non è molto estesa. Poche Cappelle
e un Centro Pastorale. Ma alla gente, in maggioranza contadini di varie etnie ormai ben amalgamate, manca lo scatto
necessario per uscire dai drammi di una economia di semplice
sussistenza. Basta una difficoltà imprevista: la malaria di un
bambino, o una maternità complicata; un contributo scolastico
urgente, o un piccolo incidente sul lavoro, per mettere la famiglia nei guai. La tradizionale solidarietà africana è inadeguata e
arriva spesso troppo tardi.Tocca alla Missione dare una mano
a risolvere le mille situazioni di emergenza quotidiana. La
nostra grossa fatica è come cercare insieme strade nuove (es:
forme di risparmio solidale) che facciano crescere la capacità
di prevenire e affrontare le sfide di una società moderna che
avanza. Ma il passaggio dall’egoismo e dalla diffidenza alla
solidarietà, è una rivoluzione a lungo termine.
68
G
esù sta vivendo un
momento difficile
e pericoloso: deve
stare lontano da Gerusalemme, perché i
Giudei vogliono eliminarlo fisicamente. Con la sua predicazione li
ha provocati apertamente; ha come
lanciato una di sfida e una rivoluzione che demolisce il sistema
religioso dei Farisei.
Intanto si avvicina la Festa di
“Sukkot” (delle Capanne). Si tratta di una delle tre grandi Feste
Giudaiche (insieme alla Pasqua e
alla Pentecoste) che esige la visita
al Tempio. Ha radici antichissime
e il suo significato si è arricchito
nel tempo: da iniziale festa della
vendemmia, nella memoria del
popolo di Israele ha acquistato
una dimensione storico-salvifica
molto sentita. Le “capanne” che
vengono installate sui terrazzi e
lungo le strade della città ricordano l’esperienza del deserto, dopo
l’uscita dall’Egitto: tempo di libertà, ma anche di fatica e di lotta in
mezzo a tanti pericoli. Per sette
giorni i fedeli partecipano numerosi
ai sacrifici e ai riti che si svolgono
al Tempio. In particolare, al mattino,
alla solenne processione dell’offerta dell’acqua della piscina di Siloe,
portata dai Sacerdoti e versata
sull’altare degli olocausti, mentre
tutto il popolo, stringendo rami di
palma (lulab), di verbene e di mirto cantano entusiasti i Salmi del
grande “Hallel”. La sera, nel cortile
delle donne, illuminato a festa, la
giornata si conclude con una parata
chiamata “la gioia della creazione”.
Quale occasione migliore per
Gesù per rivelare al popolo la
sua potenza taumaturgica e la sua
identità di Messia? È a Gerusalemme che palpita il cuore della
Tradizione, dell’Autorità e della
attesa Messianica. I suoi “fratelli”
insistono perché partecipi alla festa.
Ma Gesù rifiuta la loro proposta
di un ingresso spettacolare nella
città santa. Ci va solo dopo alcuni
giorni, a festa ormai inoltrata, quasi
in segreto; ma con lo scopo ben
preciso: rivelare la sua vera identità
di Figlio. Quando si presenta nel
Tempio, Gesù va diretto al cuore
dei suoi ascoltatori per liberarli
dai dubbi di una falsa tradizione a
riguardo del Messia:“È il Padre che
mi ha mandato”!: essi credono di
conoscere le sue origini povere e
la sua identità di falegname, perciò
lo rifiutano; ma si sbagliano. Ecco
l’ostacolo terribile. Non vogliono
accettare che Lui e il Padre siano
una cosa sola. Non lo possono
conoscere, perché non vogliono
credere alla sua parola. La rivelazione è troppo forte e fa infuriare
i farisei che vorrebbero arrestarlo.
Ma non è ancora venuta la sua ora.
Padre Gianni Nobili
Repubblica Dem. del Congo
Sia la Tua Parola
a illuminare
ogni giorno
i nostri passi
così che abbiamo
a riconoscerti, inviato
dal Padre, Figlio amato,
venuto per essere luce
e guida al nostro cammino.
69
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
quarta settimana
sabato
12
marzo
2016
Giovanni 7, 40-53
In quel tempo, all’udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il
Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea?
Non dice la Scrittura: “Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il
villaggio di Davide, verrà il Cristo”?». E tra la gente nacque un
dissenso riguardo a lui.
Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su
di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai
farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?».
Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei
replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse
creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente,
che non conosce la Legge, è maledetta!».
Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed
era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo
prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero:
«Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea
non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua.
O
70
Padre Benito Amonini, missionario Comboniano, da anni vive a
Butembo nella Repubblica Democratica del Congo. Con la comunità Comboniana è impegnato
nel campo della formazione dei
giovani e nel ministero sacerdotale di annuncio in una zona provata dalla guerra e da continue
tensioni.
Pal Teravagimov / Shutterstock.com
ggi sono libero da ogni altro impegno di ministero e ho
finalmente deciso di dedicarmi a voi, riassumendo qualche
pensiero che desiderio da comunicarvi.
Il primo comincia dal vissuto dei miei giorni nella fede:
credere che Gesù è il profeta, è il Cristo, è Colui che
viene dalla stirpe di Davide, significa accogliere una rivelazione. Lui ci
ha rivelato chi siamo: figli del Padre, che ama tutto quello che ha creato. Una rivelazione che crea dissenso, che divide, che interroga, che fa
sorgere profondi interrogativi. Di fronte all’amore donato, ai valori più
grandi oggi c’è dissenso.
L’uomo sta manifestando quanto sia debole con tutte le violenze, distruzioni, aberrazioni indescrivibili, corruzione e vuoto interiore, rendendosi
sempre più dipendente da menti perverse dominate dal Maligno.
Il coraggio di ascoltare Gesù e di sapere ciò che fa – come
afferma Nicodemo che aveva conosciuto il Maestro durante la
notte - e la fede ci fanno vedere oltre: l’umanità anela alla pace,
forze buone sono presenti in tutti i popoli, razze e religioni. E
migliaia di anime, che sembrano vittime di queste barbarie e
perdono tutto, morendo o cercando rifugio e creando nuovi
miscugli di popoli, manifestano la capacità interiore della persona: Dio con noi. Segni profetici di Dio si moltiplicano spesso
senza chiasso mediatico.
Questo è il motivo fondante la missione che anche noi Comboniani continuiamo, cercando di aiutare la vita dei popoli in
situazioni drammatiche: in diverse località della nostra vastissima
Chi sei? Anch’io a volte mi chiedo
diocesi gruppi diversi, abbruttiti,
questo, soprattutto davanti
ammazzano e tagliano a pezzi chi
al male presente nel mondo.
non riesce a scappare; aumentano i
Ma ascoltando la tua Parola,
disperati, ragazzi di strada, gli orfacomprendo che “mai un uomo ha
ni. Come in diversi paesi dell’Afriparlato così”. Comprendo che
ca, queste azioni diventano guerra
tu sei Verità , sei misericordia,
senza apparenti motivi: sotto c’è lo
sei pace. E rinnovo ancora
sfruttamento di queste zone pilouna volta la mia fede in Te: credo.
tato da loschi individui a servizio
del nostro “illuminato” progresso,
e guidato da ciechi.
In questo cambiamento epocale che sembra volere la fine del
mondo, siamo invitati a sperare, sperare e portare speranza. È
forza interiore che vince malinconia, tristezze, paure: se Cristo
è con noi chi potrà essere contro di noi? Questa certezza ci fa
operare per la formazione dei giovani e continuare la missione.
Questa è la particolare attività che mi occupa oltre qualche ora
di ministero giovedì, venerdì e domenica in settori diversi in
due parrocchie. Lo sforzo di questi giovani e la fede profonda
di questa gente tanto provata ma tenace e generosa, sono un
altro incentivo a dare più che posso per trasmettere quanto
ho ricevuto.
Diventiamo più lenti, affaticati, sempre confrontati ai limiti dell’età, ma è il momento più utile della vita. Oggi! Ieri e domani non
posso niente. Ho solo oggi, per Amare e Pregare e continuare
ad annunciare: “Costui è il Cristo” lasciamoci plasmare dalla
sua misericordia!
Padre Benito Amonini Repubblica Democratica del Congo
71
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
q u i n t a
s e t t i m a n a
CONSIGLIARE I DUBBIOSI,
CONSOLARE GLI AFFLITTI.
Camminare insieme:
esperienze di ascolto.
72
Il Centro di Ascolto interroga
tanto l’uomo di fede quanto l’essere umano sulla scelta di Caritas
di pensare un ufficio dedicato ad
accogliere, ascoltare, orientare ed
aiutare i bisognosi. Bisogni che non
coincidono con la sola povertà, intesa come stato materiale di indigenza. Dare un consiglio ai dubbiosi
ricorda come il buon ascoltatore
deve saper discernere il bisogno,
accettando di dedicare tempo
a richieste che non sono la vera
debolezza di chi chiede aiuto, ma
che permettono di conoscere e di
conoscersi, creare una relazione. È
l’opera di misericordia che parla
di un senso del limite, esperienza
a cui nell’ascolto è fondamentale
dare significato. L’ascoltare “attivo”,
che parla, deve conoscere come
orientare e soprattutto capire
dove coinvolgere chi più competente.
L’Ascolto dedica tempo e spazio
all’incontro con la persona e non
solo al suo bisogno, consolando
le afflizioni. Queste si dividono
tra quelle dell’anima e del corpo.
Quest’ultime riguardano i problemi
materiali. Per le afflizioni dell’anima,
quali la solitudine, il fallimento, la
desolazione invece serve tempo,
comprensione e ascolto per discernere e consolare davvero.
L’ascolto interroga su quale sia l’aiuto più adatto alla singola persona,
nella consapevolezza che non sono
solo le parole a farci conoscere
una persona, ma anche i silenzi e
le sofferenze profonde che si condividono.
Simone Digregorio,
Coordinamento Centri
di Ascolto Caritas
quinta settimana
domenica
13
Giovanni Gv 8,1-11
marzo
2016
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi.
Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare
loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna
sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero:
«Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante
adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di
lapidare donne come questa.Tu che ne dici?». Dicevano
questo per metterlo alla prova e per avere motivo di
accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito
per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si
alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per
primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per
uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e
la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse:
«Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella
rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti
condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Dio della luce, manda
su di me il tuo Spirito,
perché attraverso l’ascolto
delle Scritture riceva
la tua Parola, attraverso
la meditazione accresca
la conoscenza di Te,
attraverso la preghiera
contempli il volto amato
del tuo figlio Gesù Cristo,
e attraverso la mia vita
annunci e testimoni a tutti
la tua misericordia.
73
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
quinta settimana
lunedì
14
marzo
2016
74
Giovanni 8,12-20
In quel tempo, Gesù parlò ai farisei e disse: «Io sono la luce
del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita». Gli dissero allora i farisei: «Tu
dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non
è vera». Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza
di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da
dove sono venuto e dove vado.Voi invece non sapete da
dove vengo o dove vado. Voi giudicate secondo la carne;
io non giudico nessuno. E anche se io giudico, il mio
giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre
che mi ha mandato. E nella vostra Legge sta scritto che
la testimonianza di due persone è vera. Sono io che do
testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha
mandato, dà testimonianza di me». Gli dissero allora:
«Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né
me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche
il Padre mio». Gesù pronunziò queste parole nel luogo del
tesoro, mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò,
perché non era ancora venuta la sua ora.
Cometa: accogliere per educare. Una storia di
semplice comunione
Cometa è una realtà di famiglie impegnate
nell’accoglienza di minori in affido, nell’educazione e formazione di bambini e ragazzi e nel
sostegno delle loro famiglie. Più di 400 ragazzi
condividono tutti i giorni questa esperienza
frequentando la Scuola di istruzione e formazione professionale Oliver Twist e un centinaio
di bambini del territorio trovano dopo la scuola
il calore di una casa e un contesto educativo di
crescita; l’aiuto allo studio, le attività espressive, ricreative e sportive sono un’occasione per
crescere insieme, in una quotidianità che diventa
sfida educativa per tutti.
L
a lettura del Vangelo di oggi ci richiama al
valore della testimonianza; è la coscienza
che nasce dal riconoscimento di chi sono
e a chi appartengo che fa sì che ogni nostra
azione non sia affermazione di noi stessi ma
testimonianza del suo Amore. Solo così la vita si apre
e può continuare a cambiare. Come dice Gesù: “La
mia testimonianza è vera, perché so da dove sono
venuto e dove vado”.
Noi siamo solo strumenti nelle sue mani, la possibilità
perché, vivendo le circostanze di tutti i giorni, le persone che incontriamo possano riconoscere il volto
buono del Mistero aprendosi all’amore del Padre.
Dio ha bisogno degli uomini; non siamo noi a salvare
il mondo, è solo Dio che lo salva attraverso ogni
uomo, noi siamo riflesso della sua misericordia che
proponiamo a chi incontriamo.
È la sua Misericordia che dà luce, significato e speranza
alla nostra vita; il nostro agire e il nostro fare non
sono vani solo se nascono continuamente da questa
coscienza. Siamo un nulla, dei poveri peccatori ma
affermiamo un significato che non viene mai meno,
qualsiasi sia la circostanza data da vivere.
Questo è ciò che viviamo ogni giorno in Cometa e
ciò che ci sostiene quotidianamente; ogni ragazzo
è accolto, amato ed educato dentro un lavoro ed è
accompagnato a trovare la sua strada nella consapevolezza che una strada umana non è un insieme di
discorsi e di parole, di istruzioni per l’uso, ma una vita
che si comunica con ragioni adeguate. Incontriamo
tutti nella certezza che non c’è nessun santo che
non abbia un passato e nessun peccatore che non
abbia un futuro.
COMETA - Como
Nessun altro Signore è la luce
del mondo se non Tu.
Nessun altro è misericordia se non Tu.
Nessun altro è manifestazione vera
del Padre se non Tu.
Ma Tu ci chiami a collaborare con Te
perché il mondo veda e creda.
Rendici umili e semplici, aperti alla tua
Parola e al tuo amore,
per essere tuoi testimoni ogni giorno.
75
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
quinta settimana
martedì
Giovanni 8,21-30
15
marzo
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «Io vado e voi mi
2016
cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado
Noi crediamo che
Tu sei. Sei verità,
luce, misericordia
e perdono, presenza
e pace, forza
e sostegno.
Tu sei la manifestazione luminosa
del volto del Padre.
Sei la nostra
speranza.
Liberaci dalle mani
della morte,
custodiscici
in mezzo alle prove
e alle fatiche.
Noi crediamo
in Te ‘innalzato’
per amore davanti
ai nostri occhi sul
legno della croce.
76
io, voi non potete venire». Dicevano allora i Giudei: «Vuole
forse uccidersi, dal momento che dice: “Dove vado io, voi
non potete venire”?».
E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi
siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi
ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non
credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati».
Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio
ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose
che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che
egli parlava loro del Padre.
Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio
dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha
insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha
lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono
gradite». A queste sue parole, molti credettero in lui.
N
on sono nato profugo.
Sono nato come te, in
una casa, con una famiglia, con un futuro davanti e dei desideri. Poi un
giorno tutto si è rotto. Senza nemmeno
che capissimo bene come è cominciata,
e perché è arrivata la guerra. Ne avevamo sentito parlare ma era una cosa
lontana. Era lontana fino a che non è
arrivata a casa mia.
Siamo scappati per continuare a vivere.
Siamo andati in un altro Paese.
Siamo scappati con i vestiti che avevamo
addosso, qualcuno con un paio di valigie. Pensavamo che ci avrebbero accolto
perché noi non avevamo nulla.
Quando siamo arrivati abbiamo dovuto
capire cosa fare. Ci hanno chiesto i soldi dell’affitto ma le case erano troppo
care.Abbiamo trovato solo un garage e
l’abbiamo affittato. Qualcuno ci ha ac-
colto e aiutato. Ci siamo iscritti come
profughi alle Nazioni Unite e abbiamo ricevuto degli aiuti. Pensavamo
che sarebbe durata poco. Pensavamo
che saremmo rientrati presto perché
Assad stava per cadere e finalmente
saremmo tornati in un Paese libero
dove avremmo potuto dire la nostra,
a voce alta, in piazza, senza temere
torture e ritorsioni.
Poi, piano piano, altri siriani sono
continuati ad arrivare. Ci portavano
notizie nefaste di un Paese distrutto
e di crimini ignobili. Le nostre speranze hanno cominciato a vacillare.
Abbiamo iniziato a sentir parlare di
Isis e di violenze sempre più grosse
sui civili. Intanto i nostri vicini libanesi stavano cambiando. Anche loro
hanno cominciato ad avere paura. Più
noi aumentavamo più loro diventavano freddi nei nostri confronti. La
compassione lasciava spazio alla paura
di un’invasione. Il lavoro era sempre
meno. Molti nostri connazionali erano
disposti a lavorare per cifre sempre
più basse e i soldi in casa calavano. I
prezzi dei garage intanto aumentavano e noi abbiamo dovuto spostarci in
una tenda. Non avevamo mai dormito all’aperto sotto la plastica. Era una
cosa che pensavamo facessero solo gli
zingari o i beduini, ma noi non siamo
né zingari né beduini.
Anche noi volevamo andare via. Non
volevamo più stare in un Paese dove
non c’è lavoro e vivere in una tenda.
Forse la soluzione era questa, scappare
ancora. Ma quando abbiamo iniziato a
chiedere, tutte le porte erano chiuse.
Intanto i nostri documenti sono
scaduti. Senza documenti in regola
sappiamo che fuggire da qui è quasi
impossibile. Sappiamo che qui non ci
vogliono. Sappiamo che qui non c’è
lavoro. Sappiamo che in Siria bombardano, c’è ancora Assad e c’è anche l’Isis. Le Nazioni Unite ci hanno
mandato un messaggino sul cellulare
dicendoci che da oggi gli aiuti che ci
daranno saranno dimezzati e che tra
due mesi non riceveremo più nulla.
Senza documenti non possiamo girare perché abbiamo paura di essere
arrestati. Non potendo muoverci non
possiamo nemmeno andare a lavorare.
Ci hanno chiamato alcuni parenti per
dirci che ci sono stati oltre 300 arresti
nelle ultime due settimane. Sembra
che chi viene arrestato riceva un foglio
di via e deve rientrare in Siria, ma non
siamo sicuri di cosa accada loro veramente. Abbiamo visto in tv che sono
state bruciate molte tende di profughi
Siamo profughi adesso, senza una Patria, senza un posto dove stare, senza
nessuno che lotti per i nostri diritti.
Ci resta solo la parola del Vangelo
che ci assicura di quel legame di Gesù
con il Padre, quell’intimità con Colui
che lo ha mandato e che Lui rivela a
noi come verità che dona speranza.
Non siamo soli in questa esperienza
di povertà: la misericordia del Padre
ci sostiene ed è l’unica forza che ci
fa vivere.
Noi siamo cittadini, cresciuti in una
casa. Abbiamo cercato di sistemare la
tenda e abbiamo cominciato a sognare
altri Paesi. Pensavamo: forse in Italia ci
sono meno profughi e ci accoglierebbero meglio. Abbiamo sentito di uno
che è riuscito ad andare in Germania
e gli hanno dato una casa. Sembrava
che l’amico di un altro fosse riuscito
ad arrivare in Australia dove sembra gli AMHAL profugo siriano
diano 1000 dollari al mese di sussidio. (fonte: www.operazionecolomba.it)
77
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
quinta settimana
mercoledì
Giovanni 8, 31-42
16
marzo
In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che gli avevano
2016
creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei
discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli
risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai
stati schiavi di nessuno. Come puoi dire:“Diventerete liberi”?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque
commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo
non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre.
Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che
siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi
perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico
quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate
quello che avete ascoltato dal padre vostro».
Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù:
«Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora
invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto
la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto.Voi fate
le opere del padre vostro».
Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione;
abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse
vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo;
non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato».
Marco Vailati, missionario comboniano, nativo di Cirimido – CO è economo della diocesi di Lai in Ciad. La
diocesi dal momento della sua nascita (1999), oltre al
lavoro di prima evangelizzazione e di formazione degli
agenti pastorali si occupa di promozione umana della
popolazione attraverso la creazione di scuole a tutti i
livelli, di ospedali e centri di salute su tutto il territorio
diocesano, di agricoltura, di pozzi in tutti i villaggi della
diocesi, di promozione della donna e attenzione ai più
deboli come i bambini e i portatori di handicap.
Il Ciad è e resta tra i cinque paesi più poveri del pianeta
e il livello di povertà è generalizzato.Tutti i 600.000 abitanti della diocesi vivono in capanne, non c’è corrente
elettrica ne acqua nelle case.
78
I
l brano evangelico ci invita a guardare alle persona di Gesù Cristo come vera luce del mondo.
A questa luce si oppongono le tenebre; l’istituzione giudaica vuole cancellare la luce perché da
quest’ultima emana la verità. La luce e la verità
sono l’amore incondizionato di Dio verso i suoi figli.
Bene esprime questo concetto lo stesso San Giovanni
nel suo vangelo al capitolo 3 quando dice: “Dio ha
tanto amato il mondo da dare suo figlio “
L’Antica alleanza era basata sulla legge e in modo
particolare sui 613 precetti che erano diventati una
zavorra insopportabile per il popolo. Alla logica del
precetto Dio sostituisce la logica dell’amore e del
dono del figlio. Nell’ AT quando uno commetteva
un peccato doveva andare al Tempio e compiere riti
di purificazione per il perdono delle colpe offrendo
anche un agnello per il sacrificio. Ora con Gesù è Dio
stesso che offre in sacrificio suo figlio come Agnello
Immolato per noi.
Cambia il rapporto con Dio non più basato su una
logica schiavo / padrone cioè le tenebre ma su una
logica figlio / padre cioè la luce.
Bene esprime questo concetto Papa Francesco quando ci dice nella lettera per la Giornata Missionaria
Mondiale 2015 che “la missione è passione per la
gente“ “che quando sostiamo in preghiera davanti a
Gesù crocifisso riconosciamo la grandezza del suo
amore che ci dà dignità e ci sostiene“ per conseguenza
“ l’annuncio del vangelo è una necessità per chi ama
il maestro “
La Missione è mettere ogni uomo, tutto l’uomo e
tutti gli uomini in un rapporto personale con Cristo,
Luce del mondo.
Padre Marco Vailati - Ciad
Solo se ho il coraggio di stare
davanti a Te, luce di verità, la mia
vita può trovare tutta la sua
bellezza e il suo significato. Così
sarò riflesso della tua luce sul volto
di quanti oggi incontro.
79
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
giovedì
17
marzo
2016
quinta settimana
Giovanni 8,51-59
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io
vi dico: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte
in eterno”». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che
sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e
tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà
la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre
Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi
credi di essere?».
Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria
sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale
voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo
conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi:
un mentitore. Ma io lo conosco e osservo
Tu sei il Dio della vita, di
la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò
ogni vita. E doni vita a
nella speranza di vedere il mio giorno; lo
quanti accolgono e
vide e fu pieno di gioia».
ascoltano la Tua Parola.
Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora
Tu che sei da sempre e
per sempre sii sostegno e cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico:
forza a quanti, nelle più
prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora
disparate periferie del
raccolsero delle pietre per gettarle contro
mondo non cessano di
di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
riporre in Te la loro
speranza.
Piccola Sorella Anna Sara, originaria di Maccio,
missionaria a Mabasele, piccolo villaggio del
Kiwu, nella Repubblica Democratica del Congo.
Con altre 3 sorelle testimoniano con la preghiera e il lavoro la loro consacrazione a Dio e la
loro disponibilità silenziosa per ogni persona.
C
80
ome sorelle e in un
cammino di povertà,
viviamo in piccole comunità, che chiamiamo
“fraternità”, inserite in
ambienti semplici o situazioni d’emarginazione in appartamenti popolari, case di campagna, baracche,
tende o roulotte, condividendo la
vita delle persone tra le quali ci
troviamo, cercando di farci una di
loro. Per questo desideriamo avere
lo stesso stile di vita, di abitazione, di
lavoro. Per fedeltà alle nostre origini
desideriamo vivere in amicizia con
i musulmani fra i quali siamo nate.
In preghiera su questo brano del
vangelo di Giovanni inserito nel capitolo dove si dibatte sull’origine di
Gesù e si decide di rifiutare il Messia, vorrei condividere una semplice
testimonianza sulle periferie. Sì, perché questo Messia si presenta come
uomo che proviene dalla periferia
eppure che conosce il Padre; uomo
che sceglie i piccoli e i poveri e che
proclama essere prima di Abramo;
uomo che parla un linguaggio conosciuto a chi vive in periferia (è uno
splendido esempio il suo parlare in
parabole con immagini conosciute
a tutta la gente del suo tempo) e
che promette, a chi osserverà la sua
parola, una vita oltre la morte.
Che cos’è “periferia”? Quello che è
ai bordi, al limite più lontano da un
centro? Per me, italiana, arrivata 24
anni fa a Mabasele, piccolo villaggio
all’est della Repubblica del Congo,
questa era la periferia, quasi la fine
della terra.
Quando arrivi in foresta non vedi
più l’orizzonte e ti sembra che tutto
finisca lì. Ecco gli elementi di questa
periferia che mi hanno immediatamente colpita:
– niente acqua corrente (ancora oggi
è così);
– niente elettricità (oggi qualche
generatore ci aiuta);
– niente mezzi di comunicazione
(non c’era ancora il telefonino che,
oggi, è padrone);
– come mezzi di trasporto, per gente e
merce che veniva dal campo, la bici e…
la schiena delle mamme (oggi le mototaxi con tre passeggeri ci salvano);
– unico utensile da lavoro: la zappa,
per il sostentamento della famiglia.
Tutti questi aspetti erano largamente
periferia per me.
Poi, vivendo e imparando dalla gente
un nuovo ritmo di vita, ho cominciato a scoprire che questa periferia
diventava “centro”, perché anche qui
la vita circola, cresce ed è condivisa.
Per un matrimonio, tutta la famiglia
allargata si impegna per la festa, insieme a vicini e amici e ci si rallegra
insieme con un “piatto” per tutti.Anche un lutto è occasione di incontri
e, anche lì, c’è un piatto per tutti. Per
curarsi da una malattia ci si aiuta con
piccoli contributi per poter pagare
l’ospedale (niente mutua qui).
Arrivando qui, eravamo noi stesse
periferia, senza alcuna conoscenza
utile per vivere, ma presto siamo
diventate “centro” di attenzioni delicate da parte dei vicini. Ci hanno
insegnato i diversi lavori dei campi, a
vivere con la malaria e ci hanno inondato di doni in natura. Siamo diventate “del villaggio”, sono nate tante
conoscenze, tante amicizie, cresciute
col passare degli anni e con l’allargarsi del villaggio. In effetti, a causa della
guerra e del conseguente banditismo,
molta gente ha abbandonato i piccoli
villaggi in foresta, costruendo una
casetta qui e conservando il campo
là… Questo genera nuovi problemi,
perché quando i genitori restano al
campo diversi giorni per lavorarlo, i
figli restano soli qui al villaggio per la
scuola. Allora… quale educazione?
Questa guerra ci fa periferia ancora
più estrema perché genera violenza,
morte, odio, vendette. Le grandi ricchezze del nostro paese sono “centro”
assoluto per troppi paesi ricchi e per
le multinazionali; la popolazione invece,
anche se numerosa, è periferia senza
peso. Chi si preoccupa di tanti morti?
Per noi, la vita di ognuno è veramente
“centro”. Così si continua a pregare
per le persone prese in ostaggio, sperando nella foresta che nasconde e, a
volte, protegge.
La gente continua a vivere con
coraggio e continua a lottare e ad
affrontare con tanta creatività le difficoltà: pagare la scuola, le cure mediche, sostenere la Chiesa. La nostra
vita è dunque, secondo i punti di vista,“periferia” o “centro”. Di sicuro
è “centro” per Colui che ci ha creati
e ci ha salvati con il Suo Sangue. Noi
restiamo qui per testimoniare il suo
Amore per ogni persona, chiunque
essa sia, e per essere umili strumenti
della misericordia del Padre.
Piccola sorella Anna Sara di
Gesù - R. D. del Congo
81
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
quinta settimana
venerdì
Giovanni 10,31-52
18
marzo
In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapi2016
dare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte
Fotos593 / Shutterstock.com
opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete
lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per
un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che
sei uomo, ti fai Dio».
Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge:
“Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi
coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura
non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”,
perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le
opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio,
anche se non credete a me, credete alle opere, perché
sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre».
Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì
dalle loro mani.
Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti
andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto
nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di
costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.
82
Essere e fare. A questo ci
chiami Signore. Essere figli tuoi
e vivere da figli compiendo le
opere dell’Amore anche in
mezzo a incomprensioni e
ostilità. Fa’ che la nostra vita
non contraddica mai ciò che
per tua misericordia noi siamo:
figli e fratelli.
D
opo un lungo silenzio
mi rifaccio vivo. L’occasione è il mio rientro
inaspettato in Italia per
un intervento chirurgico: sono gli acciacchi che arrivano
con gli anni.
In primo luogo, desidero manifestarvi
ancora una volta la gioia di essere
presto, nuovamente, in Colombia.
Spero che questa parentesi in Italia
non duri molto e che possa tornare
quanto prima nella mia comunità a
Bogotà. Là ho lasciato i miei parrocchiani che si preparavano alla quaresima e alla settimana santa, con tutte le
varie liturgie e processioni che loro,
anche senza di me, sanno realizzare
e vivere con fede, accompagnati dai
miei confratelli che lavorano là.
La Colombia in questi ultimi anni è
riuscita con fatica a iniziare un cambiamento in vari settori della vita
sociale, politica, economica e religiosa. Il gruppo più numeroso, il Farc,
da due anni sta portando avanti un
dialogo con il governo: è un percorso
lento, ma speriamo che presto sfoci
nella pace.
L’economia migliora, anche se la ripartizione della ricchezza è ancora
iniqua. I ricchi se ne impossessano,
ma – come si dice – le briciole che
cadono dalla loro tavola sono più
abbondanti che nel passato.
Mi direte che sono troppo ottimista.
Forse, ma bisogna anche saper vedere
il bene che cresce. Quello di cui ha
più bisogno la gente è, come dice papa
Francesco, di “non rubare la speranza”. Speranza fondata sui valori del
vangelo: la carità, la condivisione, la
solidarietà, il perdono, la generosità.
Questo è il messaggio che noi missionari cerchiamo di vivere con la nostra
gente in un cammino di fede vissuta
nella quotidianità, nelle piccole cose di
ogni giorno, nel lottare per sradicare
i germi del peccato, che sono l’indifferenza, la corruzione, l’egoismo, l’arrivismo, la violenza, il pensare solo a se
stessi. Sono questi passi quotidiani che
formano un cuore misericordioso con
se stessi prima e poi con gli altri, con
ogni altro che la vita ti fa incontrare.
Per noi missionari, essere presenti nelle aree a noi affidate consiste proprio
nel camminare con la gente, passo
dopo passo, con le inevitabili cadute,
e rialzandoci insieme per continuare
il cammino di fede. Questo significa
camminare seguendo le orme lasciate
da Cristo che – come dice il vangelo – ci ha fatto vedere molte opere
buone da parte del Padre e proprio
queste opere causano incomprensioni,
gelosie, fraintendimenti. E nello stesso
tempo queste incomprensioni sono il
segno evidente che siamo sulla strada
giusta. La sorte del discepolo non può
essere diversa da quella del Maestro:
un martirio non cercato, ma una decisa volontà di dono, uno “sfuggire
dalle loro mani”, ma dichiarando con
limpidezza la propria identità, quella
di essere Figli di un Dio Amore e Misericordia.
Questa visione è frutto di una piccola, ma per me importante esperienza
di vita missionaria, non più basata su
grandi realizzazioni. Consiste, infatti,
nel condividere questo cammino con
la gente, senza nascondere le fatiche
o addirittura le battute d’arresto. Resta in noi la certezza che, per ogni
atto, è Lui l’artefice, mentre noi siamo solo i suoi piccoli collaboratori.
Padre Leonardo Raffaini
Colombia
83
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
sabato
19
marzo
2016
quinta settimana
San
Giuseppe
Matteo 1, 16.18.21-24
Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale
è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo
promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva
accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli
apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te
Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei
viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu
lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai
suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva
ordinato l’angelo del Signore.
Ho lavorato per circa 20 anni in una favela alla periferia di São Paulo in Brasile con suore brasiliane.
Poiché la maniera migliore per combattere la povertà è l’educazione, abbiamo creato un Centro Sociale,
che la gente ha chiamato “Centro Sociale Speranza”
per bambini/e e ragazzi dai 7 ai 14 anni. Inoltre, con
l’aiuto di una fondazione italiana, abbiamo creato
il “Progetto Educare” col quale abbiamo messo a
disposizione dei giovani centinaia di borse di studio.
84
G
iuseppe e Maria sono i poveri che non
hanno la possibilità di fare i loro programmi, di decidere sulla loro vita. E col
rischio di essere giudicati e condannati
dagli altri. Il loro programma viene da
un altro, dall’ascolto di ciò che egli dice.
Quindi vivono guardando fuori da se stessi, abbandonati all’altro, fidandosi di lui, nella certezza che la loro
vita è nelle sue mani. Non è facile, perché non sempre
vedono e devono camminare al buio, nella speranza
che il meglio verrà anche se non lo intravvedono.
Il povero è così, oltre alla mancanza di cose molte
volte vive senza sapere, senza certezze. Ma questa può
essere la sua ricchezza. Il ricco confida in se stesso,
in quello che possiede e non sente il bisogno di
dipendere da altri; ma questo è l’inganno in cui vive,
perché si appoggia sulle sue misere cose e costruisce la sua vita a partire da questa vanità. Mentre il
povero può essere più grande di se stesso, perché ha
dentro e attorno a sé il vuoto delle cose, nel quale
può accogliere il tutto. “Beati i poveri di spirito”, cioè
con lo spirito non occupato da niente, aperto, libero
di fronte alle cose, disponibile agli altri senza scuse
e condizionamenti.
Giuseppe e Maria erano così e per questo hanno
potuto essere invasi dall’imprevisto di Dio. Con il
“fiatone” di fronte alla sorpresa dello Spirito Santo,
hanno accettato di continuare a vivere insieme (“non
temere di prendere con te Maria, tua sposa”) col
“terzo incomodo”.
Padre Costanzo Donegana
Se anche il mio cammino procede
nel buio, so che, nel silenzio
e nell’ascolto, sono certo di poter
trovare in Te la mia guida, così
da sentire - come Giuseppe e
Maria- la tua voce che mi ripete:
“Non temere”.
85
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
s e t t i m a n a
s a n t a
AMMONIRE I PECCATORI,
PERDONARE LE OFFESE,
SOPPORTARE PAZIENTEMENTE LE PERSONE
MOLESTE.
Non c’è pace senza giustizia,
non c’è giustizia né futuro senza perdono.
In un tempo segnato dalla frammentazione è necessario assumere uno stile di vita “contraddittorio” rispetto ai criteri
generalmente condivisi (individualismo, scalata sociale senza
regole, indifferenza verso i più deboli). Lo fece a suo tempo
Giovanni Paolo II quando sollecitava un esercizio per la pace
a partire dalla pratica del perdono. “Il perdono ha dunque una
radice e una misura divine. Questo tuttavia non esclude che se
ne possa cogliere il valore anche alla luce di considerazioni di
umana ragionevolezza. Prima fra tutte, quella relativa all’esperienza che l’essere umano vive in se stesso quando commette
il male. Egli si rende allora conto della sua fragilità e desidera
che gli altri siano indulgenti con lui. Perché dunque non fare
agli altri ciò che ciascuno desidera sia fatto a se stesso? Ogni
essere umano coltiva in sé la speranza di poter ricominciare
un percorso di vita e di non rimanere prigioniero per sempre
86
dei propri errori e delle proprie colpe”. Ma l’esperienza del
perdono, non è esclusivamente dimensione del cuore, intimista. La storia ci ha mostrato volti del perdono declinati nel
sociale, nella politica, nella storia, anche quella segnata da anni
di violenza fratricida. Il Sudafrica, il Rwanda, l’Irlanda del Nord
hanno vissuto esperienze straordinarie (con i loro limiti...) di
percorsi di riconciliazione attraverso i “Tribunali della verità e
della riconciliazione”. “Perdonare e riconciliarsi non significa
far finta che le cose sono diverse da quelle che sono. Non
significa battersi reciprocamente la mano sulla spalla e chiudere
gli occhi di fronte a quello che non va. Una vera riconciliazione
può avvenire soltanto mettendo allo scoperto i propri sentimenti: la meschinità, la violenza, il dolore, la degradazione…
la verità. “ (Desmond Tutu, Non c’è futuro senza perdono.
Ed. Feltrinelli, 2001). Quindi, vivere il perdono, come pratica
della misericordia, significa prima di tutto “nuovo stile di vita”
rispetto ai criteri “ordinari”. Non come segno di debolezza,
ma come unico percorso per costruire davvero una realtà a
misura dell’umano, oggi e domani.
Rossano Breda, Caritas Diocesana
87
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
settimana santa
domenica
Luca 22 -23
20
marzo
“…Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu
2016
il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava
domenica
delle palme
dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato
alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che
abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto
nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai
nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai
nel paradiso».
Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino
alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del
tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse:
«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.
Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo:
«Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che
era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era
accaduto, se ne tornava battendosi il petto.Tutti i suoi conoscenti,
e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da
lontano a guardare tutto questo…”
M
88
i è capitato di incontrare molti missionari nella mia
vita. Dopo un’esperienza in missione, per anni sono
stato incaricato dal Centro Unitario Missionario di
Verona di visitare i missionari italiani fidei donum in
America Latina.
Quelle chiacchierate coi gli amici missionari mi hanno fatto pensare
molto. Non sarò certo io a dare ricette per una parrocchia che, da
sedentaria e conservatrice, vuol diventare missionaria. Ho visto
spesso, in missione, che lo Spirito Santo ha avuto ascolto solo in
circostanze di ristrettezza pastorale, solo in stagioni in cui uomini
e risorse sono mancate, solo in contesti di passione e di croce. Il
deserto dei mezzi e la sensazione di essere a corto di espedienti
pastorali ha fatto alzare lo sguardo a Lui per chiedergli: “Cosa dobbiamo fare?”
La mentalità missionaria nascerà quando avremo assimilato l’orizzonte
sul quale Gesù progettò la sua chiesa: l’orizzonte del cenacolo e del
Calvario, l’orizzonte del dono senza riserve.
La parrocchia diventerà missionaria quando al suo interno cercherà
di intonare i propri incontri e spazi formativi al primo annuncio e
a raggiungere chi è lontano dalle mura parrocchiali. Ma essa sarà
missionaria primariamente attraverso “l’andare” dei suoi cristiani:
dalla Messa domenicale partiranno per i loro luoghi di vita, sicché il
Vangelo sarà da loro annunciato e testimoniato nelle case, nei quartie-
Il centro Missionario Diocesano, dopo il rientro dei missionari fidei donum dal Camerun
nell’estate 2015, sta pensando
l’apertura di una nuova missione diocesana. Da qualche
mese sono in corso incontri di
confronto e di approfondimento,
di ascolto e di analisi di diverse
proposte.
La riflessione di queste due
pagine apre l’orizzonte delle
nostre comunità: la partenza
concreta di alcune persone e il
rinnovamento missionario sono
dimensioni costitutive della parrocchia “Oasi di misericordia”
per ogni fratello.
ri, nei supermercati, nelle scuole, negli
ospedali, nella politica, nella cultura.
Stiamo salendo una montagna splendida, quella del Calvario e solo sulla cima
si intravede la parrocchia missionaria
che pianta al proprio centro la croce.
Ormai ha sperimentato che il termine
dell’attesa non è il cortile della parrocchia ma cieli e terra nuovi; ha capito
che è l’amore la molla e il fine della
missione, e non l’organizzazione arida
e aziendale. La parrocchia missionaria
non indicherà se stessa come “salvatrice”, ma indicherà Gesù in croce e
dirà a tutti:“Dio è questo! Dio è così!”.
Il Dio di Gesù è quel Dio che è forte
perdonando, che usa misericordia, che
è attento perché nulla di buono vada perduto: nulla del bene, anche
se compiuto da chi non Gli crede. Tu non riesci a credere in Dio,
ma Dio Padre ti conosce e crede in te! Questo deve dirlo in tutti
i modi la parrocchia missionaria. E tutto il male che c’è in noi e
nel mondo? Dio lo vede? Certo che lo conosce, e più di noi. Ma
Dio vede il male per perdonarlo.
Ero parroco da sette anni ed amavo il mondo e la mia parrocchia.
Mi cedeva una gamba e scoprirono che avevo la sclerosi multipla. Il
medico mi annunciò che sarei stato costretto alla carrozzella entro
qualche mese. Rimisi il mio incarico nelle mani del mio vescovo il
quale insisteva perché continuassi nel mio ministero di parroco,
anche in carrozzella. Alla fine mi ascoltò e mandò un altro prete a
fare il parroco nella parrocchia che, piangendo, lasciai. Oggi credo
che avessimo ragione
tutti e due, il vescovo
Sulla croce Signore risplende tutta
ed io. Si può fare il parla forza della tua misericordia.
roco di una parrocchia
Forza che prende nome di perdono,
missionaria anche in
fiducia, amore, dono gratuito,
carrozzella: Gesù non
tenerezza, salvezza.
ha mai salvato tanto gli
Questi nomi sono il Tuo Nome,
uomini come quando
sono la manifestazione definitiva
ebbe i piedi inchiodati!
che Tu Dio sei così!
Avevo ragione anch’io,
Fa’ che le nostre comunità trovino
perché la parrocchia
in Te la forza per continuare oggi
missionaria non potrà
ad annunciare al mondo la Tua
mai dimenticare quell’
misericordia e rivelare a tutti il tuo
“andate!”.
vero volto.
Don Olivo Dragoni Lodi
89
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
lunedì
21
marzo
2016
settimana santa
lunedì santo
Giovanni 12,1-11
Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove
si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E
qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era
uno dei commensali.
Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro
nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li
asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.
Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per
tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo
per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse
questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché
era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello
che vi mettevano dentro.
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi
per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete
sempre con voi, ma non sempre avete me».
Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che
egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche
per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti.
I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche
Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di
lui e credevano in Gesù.
Casa Simone di Cirene, è una casa per accoglienza per sacerdoti che attraversano un momento di difficoltà nel loro
cammino vocazionale o a causa di malattia. Nasce dall’amicizia fra tre famiglie e un sacerdote della nostra Diocesi
che, riconoscendo nella comunione vissuta lo strumento di
sostegno alla propria vocazione, hanno pensato di offrire
le loro case e la vita che in esse si vive come luogo di accoglienza per i preti. “… Solo un’esperienza affettiva può
rendere l’amore all’amore ferito. E questo è il proprium di
un luogo amoroso come la famiglia che è insostituibile nella
sua valenza terapeutica oggettiva.” (Card. Angelo Scola ai
90
responsabili della Casa)
N
ella vita tutti abbiamo una croce da
portare, una fatica
da compiere, un
disagio da affrontare. L’esperienza ci insegna che
il chiedere aiuto è il gesto più
semplice ed intelligente, eppure
non è scontato lo si faccia. C’è
da vincere l’orgoglio e da fare i
conti con la mentalità comune
che spinge a far da sé. Essendo
prete c’è anche la fatica di accettare di spogliarsi del ruolo e
sospendere per un periodo più
o meno lungo le attività del ministero. Nella “Casa Simone di Cirene” ho trovato amici disposti
ad accogliermi con la mia fatica, a
tendere a mano perché mi possa
rialzare, a percorrere insieme un
tratto della mia strada. Da diversi
mesi condivido la vita di una delle
tre famiglie, che mi sta aiutando
a portare la croce, come fece
Simone di Cirene.
Maria di Magdala cosparse i piedi
di Gesù con vero nardo, tanto
che l’aroma si diffuse in tutta la
casa. Qui alla “Simone di Cirene”
si respira il profumo dell’amore gratuito che rende possibile
un’accoglienza autentica e lieta.
Ciò che caratterizza l’esperienza
è che sia la famiglia ad accogliere
un prete in un momento di difficoltà. A me, e ad altri confratelli, viene offerta la possibilità di
condividere l’amore semplice e
ristoratore della vita quotidiana
della famiglia. Liberi dal ruolo,
dalle incombenze del Ministero
e dei ritmi usuali, è più facile che
emergano sia le cause profonde di un malessere, sia i punti di
forza da cui ripartire. Le giorna-
te sono scandite dalla preghiera,
dalla Celebrazione Eucaristica, dal
silenzio e dal lavoro necessario
per la vita della grande casa e del
parco in cui viviamo.
Le famiglie ci dicono e ci testimoniano che quest’opera così
normale è nello stesso tempo
eccezionale perché ognuno è qui
per la propria conversione a Cristo. Nasce da ciò una comunione
che non elimina, ma mette in secondo piano i limiti ed il peccato
personale, esaltando il positivo di
ciascuno. In questo senso l’essere
insieme è più di una convivenza,
molto di più anche di un’amicizia:
è comunione in atto, luogo in cui
il Signore opera con la potenza
della Sua Misericordia.
Un sacerdote
nella Casa Simone di Cirene
Il profumo dell’amore è più
forte dell’odore della
morte. Quel profumo
permane oltre la passione,
fin dentro le viscere del
sepolcro. Possa anche
la mia vita essere avvolta
da quell’Amore che viene
da Te e mi è donato da
fratelli e sorelle ogni giorno
incontro nel mio cammino.
91
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
settimana santa
martedì
Giovanni 13,21-33.36-38
22
marzo
In quel tempo, mentre era a mensa con i suoi discepoli, Gesù fu
2016
profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico:
martedì
santo
H
92
uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi
parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava
a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto
di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il
quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo
prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo
il boccone, Satana entrò in lui.
Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni
infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli
avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure
che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone,
subito uscì. Ed era notte.
Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato
glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato
in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà
subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete
ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado
io, voi non potete venire».
Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove
io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro
disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita
per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in
verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia
rinnegato tre volte».
Mi limito a sottolineare due aspetti
fondamentali di questo rapporto
così speciale che, per lo meno nel
mio caso, è venuto a instaurarsi con
il gruppo di donne con cui ho quotidianamente a che vedere.
In primo luogo, la vita all’interno
di un centro come Casa Guanella
consente una vera e propria rottura rispetto a molte abitudini che, ai
nostri occhi, appaiono ormai solide
e insostituibili realtà. Si sperimenta
la relazione con altre persone anche a partire da stimoli non verbali;
si vivono le attività di laboratorio
(che nel nostro mondo occidentale
e industrializzato prenderebbero il
nome di “attività produttive”) come
occasione di contatto umano la cui
finalità è il benessere di chi lavora e
non il prodotto finito; si coglie il vero
valore della lentezza (badate bene,
non dell’indolenza) nel fare le cose.
In secondo luogo il rapporto che
si instaura con le persone presenti
nella casa mette in luce come, prima
ancora che essere bravi educatori
o professionisti in generale, occorra
guadagnarsi stima e affetto partendo
dalle proprie qualità umane.
Nel momento in cui mi sono reso
conto di avere a che fare con delle persone l’imbarazzo iniziale è
svanito e ha lasciato il posto a un
mondo fatto di relazioni e scambi
affettivi.
Con il tempo e l’approfondirsi dei
rapporti umani ho smesso di vedere l’altro attraverso il filtro della
disabilità, del “diversamente abile”,
e ho scoperto il suo essere persona completa e ricca di umanità.
Lascio che questa mia esperienza
sia illuminata dal Vangelo di oggi: la
possibilità di tradire o di rinnegare
il Maestro sta qui “come peccato
accovacciato alla mia porta” –
come racconta la Genesi quando
parla di Caino e di Abele – e il fatto di avere scelto per un anno di
servire alcuni fratelli non ci rende
immuni o vaccinati da questa triste
possibilità. È tradimento ogni volta
che non vedo nel volto di chi mi
è vicino il Suo volto; è tradimento
o scelto di dedicare un
anno della mia vita al
Servizio Civile in una
struttura di pazienti
con disagio psichico.
Mi trovavo di fronte a una realtà
che non conoscevo e appigliarmi
a qualche vaga categoria (schizofrenia, psicosi) mi sembrava per lo
meno un buon modo per rimanere
inizialmente a galla in un mondo
che mi era sconosciuto.
Come è facile Signore anche
per me tradirti e rinnegarti.
Così facile che a volte
me ne accorgo troppo tardi…
Ma per te non è mai troppo
tardi e sempre sei pronto a
usarmi misericordia,
sempre sei pronto a donarmi
il pane che ridona vita.
Fa’ che sappia accogliere dalle
tue mani questi doni d’amore
per non ricadere nella notte,
ma saper vivere con Te
nella luce di un amore che
sa spendersi e donarsi senza
misura.
ogni volta che pretendo una strada
diversa da quella del dono incondizionato e fedele; è tradimento ogni
volta che consegno un fratello al
suo destino e penso: “la sua storia
non mi riguarda”. È rinnegamento la
paura di testimoniarLo in ambienti
ostili alla fede; è rinnegamento la
pretesa di dare la mia vita secondo
criteri decisi da me stesso; è rinnegamento escludere i fratelli dal Suo
amore e voler essere i privilegiati.
So che solo la misericordia può
salvarmi dal baratro di non saper
accettare di essere perdonati. So
che solo la misericordia può fare
il miracolo di saper accogliere un
Maestro così fuori schema che dà
il primo boccone del Banchetto a
chi lo tradirà.
Simone Anno di servizio civile in una Casa
Guanelliana
93
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
settimana santa
mercoledì
Matteo 26, 14-25
23
marzo
In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò
2016
dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io
mercoledì
santo
94
ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento.
Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare
Gesù. Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a
Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché
tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città
da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò
la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come
aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la
sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In
verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente
rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io,
Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano
nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va,
come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio
dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse
mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli
rispose: «Tu l’hai detto».
Viva†Gesù!
Il Monastero della Visitazione S.Maria, posto in
uno dei quartieri più abitati di Como, è luogo
di incontro fra la Misericordia di Dio e il cuore
dell’uomo. La preghiera di riparazione per le
offese e le indifferenze dell’umanità verso Dio
è amore per il Signore che si fa povero di fronte alla nostra libertà di dimenticarLo. È pure
intercessione per la conversione dei peccatori
e per le necessità spirituali e materiali di tante
persone. Attualmente 17 Monache consacrano
la loro vita a Dio e ai fratelli in quest’opera di
misericordia seguendo il cammino tracciato
dai Fondatori dell’Ordine della Visitazione, San
Francesco di Sales e Santa Giovanna Francesca
di Chantal, e percorso da una lunga schiera di
Sorelle, tra le quali la Serva di Dio Suor Benigna
Consolata Ferrero (1885 – 1916).
L
a Liturgia ci invita oggi a contemplare i sentimenti del
Cuore di Gesù all’inizio della Sua Passione. Di fronte
al tradimento di Giuda, che è disposto a consegnare
il Maestro per soli 30 denari, Gesù risponde con il
dono totale di Sé nell’Eucaristia e la potenza del Suo
Amore misericordioso trasforma anche il male più grande
in sorgente di vita nuova per tutta l’umanità. Un dono che
continua a rinnovarsi giorno dopo giorno e che cerca soltanto cuori disponibili ad accoglierlo perché,
trasformati, diventino a loro volta testimoni
e strumenti della divina Misericordia.
Nel corso degli ultimi secoli più volte Gesù
stesso ha voluto rivelare il Suo Cuore che
arde dal desiderio di salvare gli uomini.
Ad una di queste anime privilegiate (Suor
Benigna Consolata Ferrero) diceva: “Amore Vieni Signore a fare
e Misericordia sono come il respiro del mio Pasqua da me!
dolcissimo Cuore. Io aspiro, cioè tiro in Me Il tuo amore
le miserie delle mie povere e deboli creature misericordioso mi prenda
per consumarle nel fuoco della mia divina per mano e mi faccia
Carità e poi respiro, cioè mando fuori dal Mio passare dalle tenebre
dolcissimo Cuore quel fuoco che le divora del peccato alla luce della
e che è capace di infiammare molti cuori. vita nuova dello Spirito.
Tu non puoi credere il piacere che Io provo
nel farla da Salvatore: è tutta la mia gioia, e
faccio i più bei capolavori proprio da quelle
anime che ho tolto dal più basso”.
L’ esperienza intima dell’Amore Misericordioso del Signore
può davvero cambiare una vita. Così è stato per Suor Giovanna Francesca(Giuseppina) Mauri: il 2 Agosto 1980, nella
strage alla stazione di Bologna, la morte le rapì l’unico figlio,
la nuora e il nipotino e dopo pochi mesi anche il marito, il
cui cuore non aveva retto a tanto dolore. Tutto sembrava
distrutto, ma nella preghiera trovò la forza di perdonare e
un nuovo senso da dare alla vita: donarla al Signore, pregando per coloro che soffrono e che fanno soffrire. Entrò
nel nostro Monastero e il continuo contatto con il Signore
la trasformò sempre più in un’anima di pace che sapeva
comunicare con semplicità conforto e consolazione a tutti.
Questo può fare la potenza della divina Misericordia e questo vuole fare anche in ciascuno di noi. Oggi il Maestro ti
manda a dire: Voglio fare “questa” Pasqua da te con i miei
discepoli. Dio sia benedetto!
Le monache del Monastero della Visitazione
95
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
t r i d u o
p a s q u a l e
PREGARE PER I VIVI E PER I MORTI.
Pregare con tutti, tutti uguali e diversi da me.
Quando comincio a vedere me stessa diversa dagli altri,
vedo anche l’altro diverso da me, ma quando io non mi
sento diversa dagli altri, allora l’altro fa parte della mia vita
senza nessun pregiudizio. Ma questa diversità che esiste mi
permette di vedere nell’altro qualcosa di unico che solo
lui può avere, e così la diversità diventa un “completarsi
l’uno con l’altro, dove ognuno è diverso dall’altro”. Il punto
principale che ci unisce ma che al contempo ci rende
unici è che siamo fatti a immagine di Dio, gli somigliamo.
Dio si rivela nella mia vita ogni giorno attraverso culture
diverse, religioni diverse e persone diverse. La preghiera
è la forza che unisce. Affidiamo la vita di ogni persona,
diversa o uguale, piccola o grande, anziano o bambino. Il
camminare insieme fa la forza e la gioia di vivere insieme,
sotto lo stesso cielo e sulla stessa terra!
Suor Mirela Jaku, Migrantes Diocesana
96
97
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
giovedì
24
marzo
2016
triduo pasquale
Giovanni 13, 1-15
giovedì
santo
giornata
di preghiera
e di digiuno
in memoria dei
missionari martiri
I
98
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la
sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i
suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a
Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che
il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio
e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un
asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua
nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli
con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi
i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non
lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i
piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai
parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei
piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha
fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto
puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva;
per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di
nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi
chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se
dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche
voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri.Vi ho dato un esempio,
infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».
niziava per me un periodo di buio
e silenzio, lungo sei mesi, che mi
piace paragonare ai giorni santi
che precedono la Pasqua: non
potrò né celebrare l’eucaristia
né avrò una bibbia, un breviario o
un compagno di fede con cui tenere
viva la relazione con Dio.
Mi accorsi presto che queste persone non erano generalmente ostili a
me; anzi, erano curiose quanto me
di parlare e che quindi un dialogo
era possibile. La vera difficoltà per il
dialogo stava però dentro di me, la
mia rabbia e dolore per l’abuso che
mi avevano fatto e per la sofferenza
che infliggevano alle persone che mi
Nell’ottobre 2011 mi trovavo ormai
da 10 anni nel sud delle Filippine,
nell’isola di Mindanao, impegnato
nel lavoro missionario di supporto alle piccole comunità cristiane
ministeriali che compongono la
Chiesa di quei luoghi. Noi missionari dehoniani di quest’area sapevamo del rischio di essere rapiti da
gruppi politico-militari islamici che
lottano contro il Governo e cercano attraverso attività illecite di
raccogliere fondi per la loro causa.
Improvvisamente questo rischio si
è avverato per me la sera del 17
ottobre, quando un commando è
venuto a prelevarmi dalla Parrocchia
di Dimataling, dove risiedevo.
che scherzando mi dicevo di essere
divenuto il cappellano cattolico di un
gruppo di fondamentalisti islamici!
Ma il Signore, verso la fine della prigionia, ha voluto farmi il regalo più
bello ed insperato, quello
della mia riconciliazione
“Per tutti”. “Questo è il mio
interiore. Era un pomecorpo dato per tutti…”
riggio e io stavo pregando
Corpo e sangue donati per tutti.
seduto su di un tronco
Anche per Giuda che ami lavando
d’albero. Improvvisamente
i suoi piedi offrendo a Lui quel
ho potuto come rivedere
boccone d’amore. È questo amore
e rivivere tutti i momenti
senza misura che può trasformare
più significativi della mia vita.
non solo gli altri, ma innanzitutto
È stato un momento, forse
e soprattutto me stesso.
molto lungo e certo molto
Fa’ o Signore che mi lasci amare
assorbente per me.Alla fine
veramente da Te!.
ho esclamato dentro di me:
“Come è stata bella la mia
vita!” e ne ho ringraziato
Dio.
Celebravo
così la mia eucaristia
dato l’occasione giusta per fuggire e
interiore
dall’altare
del mio cuore,
io avrei dovuto essere determinato
subito
invaso
da
grande
pace e graad approfittarne.
titudine,
che
poi
mi
sono
durate per
Ad un tratto una voce interiore mi
parecchi
mesi.
ha ricordato quel gesto fatto da Gesù
prima e durante la cena: ha lavato i Così la mia più grande disgrazia si
piedi di tutti, anche quelli di Giuda, trasfigurava, accettandola, nella più
ha donato il suo Corpo per tutti, grande grazia della mia vita. Arrivato
buoni e cattivi, santi e peccatori. Ho finalmente il giorno della mia liberapercepito questo come un invito ed zione, nella domenica successiva alla
un incarico, e ho superato il blocco Pasqua (quella in albis, detta della
interiore di ostilità verso i guerriglie- Misericordia!) mi sentivo tanto in
ri. Ho così cominciato a pregare per pace da poter offrire il mio perdono
loro, chiedendo che anche per loro e simpatia a quei guerriglieri con cui
si facesse la volontà di Dio. È suc- avevo speso sei mesi della mia vita, e
cesso così un miracolo, quello della mi accomiatavo da loro augurando a
mia liberazione, non quella fisica ma loro e a me di poterci rivedere.
spirituale: mi sono sentito capace di Attraverso quel discernimento e proaccettare quella gente e la situazio- cesso interiori suggeriti e accompane in cui mi avevano costretto. Ho gnati dallo Spirito, mi era stata donata
scoperto che non è possibile odiare la capacità di accettare quella forzata
coloro per i quali preghi, intercessio- esperienza, e di accorgermi come il
ne e risentimento sono incompatibili. Signore mi custodiva come solo un
Ho riconosciuto dietro quei volti e Padre sa fare.
a quelle uniformi militari degli esseri Padre Beppe Pierantoni
umani che avevano diritti almeno al Dehoniano
mio ascolto e alla mia benevolenza. E
99
questo ha dato presto frutti, al punto
amano, specie alla mia famiglia e ai
miei confratelli. Questo mi faceva
pensare di avere il dovere di resistere,
reagire e tentare di scappare da questi
criminali. Pensavo che Dio mi avrebbe
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
triduo pasquale
venerdì
Dal Vangelo di Giovanni (Gv 18,1- 19,42)
25
…Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era commarzo
piuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete».Vi
2016
era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna,
venerdì
santo
imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È
compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
A
lcuni dei miei parrocchiani mi hanno
chiesto, subito dopo l’esplosione della bomba sul tetto della nostra chiesa,
come avessi fatto a reagire così bene,
con la calma e il sorriso, senza mai perdere la pace del cuore e la prudenza. In verità ho risposto che sentivo esserci in me una forza più grande
della mia sola forza umana: era la forza del Signore
che mi guidava in quel momento di difficoltà e il Suo
consiglio che mi muoveva. Le Ostie mescolate con
il “nostro” sangue, sono state un segno inequivocabile
della Sua grande Presenza in comunione con noi. Si
potrebbe osare dire che Egli si è fatto ancora più
presente, con un legame fortissimo, nella comune sofferenza: unito a noi, Egli soffre con noi, con ciascuno di
noi. Al guardare queste Ostie “tinte di rosso”, pareva
che brillassero di una luce increata, apportatrice di
consolazione e di pace al povero cuore sofferente del
parroco! La Chiesa è “la mano di Dio”, una mano che
Padre Ibrahim Alsabagh è un giovane frate minore di 44
anni, di origine siriana, nato a Damasco. Dopo gli studi
a Roma è tornato in Siria, per «stare con la sua gente».
Dal 23 novembre 2014 ha preso ufficialmente servizio
come nuovo Parroco della Parrocchia latina di Aleppo
dedicata a San Francesco d’Assisi. In Siria i francescani
sono presenti dal tredicesimo secolo, ma la loro testimonianza di pace e di bene che per secoli si è inserita
in un contesto sociale di convivenza pacifica tra oltre
venti etnie e gruppi religiosi differenti, oggi è diventata
un martirio. Eppure questo tenace frate francescano
continua a vivere lì, aiutando chiunque, cristiani e musulmani, dentro un dramma che non risparmia nessuno.
100
guarisce. E io mi sento parte di
questa tenera mano, che sfiora le
ferite molto profonde dell’umanità curandole, di quell’umanità
devastata che è qui in Aleppo e
che nient’altro è che il Suo Cor- Con noi. Sempre.
po Santo, violentato incessante- Questo ci dice la tua croce.
mente. Tante volte trasmettere Piantata dentro la nostra
la speranza non è facile, non è terra bagnata di sangue,
immediato, ci vuole lo spazio con le braccia aperte per
per il silenzio, rispettoso della accogliere ogni creatura,
sofferenza, bisogna accettare di per donare amore
subire, ricevendo anche gli sputi, e perdono a chi semina
con qualche parolaccia. Con l’u- odio e morte.
miltà e con la pazienza, occorre Perché su quella croce
saper aspettare e ascoltare, per Tu Dio ti sei fatto Agnello
poter decidere bene come aiu- per il nostro riscatto.
tare. Quello che ci sostiene in
queste situazioni è far memoria
della sete di Gesù quando, proprio dalla Croce, diceva di avere
sete. Quello che veramente ci
sostiene è sapere che oggi è ancora Lui che soffre nella sete e nelle ferite delle sue
membra, che siamo noi cristiani d’Aleppo, a cui nulla
di sofferenza è risparmiato: fame, freddo, dolore, malattia, afflizione… Ciò che più conta per noi cristiani
è testimoniare Gesù Cristo, amando e perdonando
tutti. I terroristi qui distruggono ogni cosa, ma noi
offriamo la nostra sofferenza per la loro salvezza,
preghiamo per loro e li perdoniamo. Alla Messa dei
bambini del primo di novembre, un frammento della
bombola di gas esplosa (ritrovato sul tetto della chiesa), è stato addobbato, ricoperto di fiori, per far parte
delle offerte da portare all’Altare. Così il simbolo di
odio e di morte è stato “battezzato” ed è diventato un simbolo dell’amore che perdona e dà vita. Ci
mandano la morte e noi restituiamo loro la vita; ci
lanciano dell’odio mentre noi diamo loro in cambio
la carità, manifestata nel perdono e nella preghiera
per la loro conversione. Nelle tenebre d’Aleppo, una
città senza più illuminazione artificiale, vi è una luce
inestinguibile: l’Agnello è la sua Luce.
Padre Ibrahim Alsabagh
101
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
sabato
26
marzo
2016
triduo pasquale
Nel silenzio di questo giorno, urla
nel mio cuore il grido del dolore che
ancora oggi segna la vita di tanti.
Nel silenzio di questo giorno,
non muore nel mio cuore
la speranza che il seme porta prima
o poi frutto.
Nel silenzio di questo giorno,
si risvegli nel mio cuore il coraggio
di lavorare, con uomini e donne
di buona volontà, per preparare
la terra tutta al risveglio della
speranza, generando quell’amore
più forte del dolore e della morte.
sabato
santo
Padre Marco Passerini, missionario comboniano originario di Morbegno, svolge il
suo ministero in Brasile. Impegnato da anni
nell’annuncio del Vangelo e nella lotta per
una giusta distibuzione della terra e delle
ricchezze
C´
era un enorme
pietra a chiudere il sepolcro.
Impossibile credere che si può
ancora capovolgere la situazione.
Meno male che la speranza non
ha limiti e che tutto è possibile
finché c´è qualcuno che ha il coraggio di sperare, per tenue che
sia la speranza che ancora resta. Perché ci si abitua tanto ai sepolcri chiusi? E ancor più, è proprio vero che è da illusi tentare
di smuovere le pietre? È la riflessione che mi accompagna nella
settimana santa di quest´anno, celebrata ancora una volta lungo le
strade della città e nelle carceri.
Mille cinquecento bambini e ado-
102
lescenti hanno piantano la loro
croce sulla sabbia per ricordare
a tutti che dobbiamo ribellarci
all´idea che la cruda realtà di
tanta infanzia crocifissa, un po’ dappertutto, è normale e inevitabile.
A Fortaleza, quasi duemila sono
i “moradores da rua”, uomini e
donne forzati a fare della strada
il loro habitat. Anche loro, in una
strana processione, hanno affermato il loro diritto alla dignità .
Se è vero che ogni cristiano deve
accogliere senza troppe lamentele la croce che gli tocca, è pur
vero che oggi siamo chiamati a
un compito dalla portata storica senza precedenti: schiodare
tutti coloro che vi sono appesi.
Per questo, forse, non solo dobbiamo lasciare il “belvedere” delle nostre analisi sociali e correre in aiuto del fratello che fatica a portare
la sua croce personale, ma dobbiamo anche individuare, con coraggio e intelligenza, le officine dove
si fabbricano le croci collettive.
Credo che sia urgente convincerci
che una solidarietà staccata dalla
giustizia non sia altro che un modo
per mettersi a posto la coscienza,
lasciando le cose come stanno. La
giustizia, insomma, è l’altro nome
della carità e della solidarietà.
Sempre mi commuove e rincuora
il giovedì santo in carcere, soprattutto la lavanda dei piedi. Niente
sentimentalismi. È solo il bisogno
di ricordare a me e alla comunità
cristiana la necessità di produrre
una nuova cultura della solidarietà, nuova cultura dei diritti, nuova cultura dell’accoglienza, nuova
cultura dell’integrazione sociale.
Ha colpito tutti il momento in cui
la direttrice del carcere ha voluto
prendere il mio posto e si è chinata
per lavare i piedi di alcuni carcerati.
I minorenni in carcere hanno preferito lavarsi i piedi reciprocamente.
Son pietre che, un po’ alla volta,
si smuovono in barba a tanti conformismi.
Domani, sabato santo, mi attendono ancora.
Padre Marco Passerini – Brasile
103
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
pasqua di risurrezione
domenica
Giovanni 20,1-9
27
marzo
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro
2016
di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta
dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che
Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e
non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro
discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma
l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro
e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non
posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro,
e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che
cioè egli doveva risorgere dai morti.
G
esù, morto e risorto, è la speranza dei poveri.
In lui i poveri, gli emarginati, gli esclusi semplicemente
“credono”. La loro fede è una esperienza di vita.
Non hanno bisogno di toccare le sue piaghe per
credere, perché le sperimentano sul loro corpo.
Sentono Gesù vicino alle loro sofferenze.
D’altra parte, lo sentono come compagno di cammino e di impegno
per una vita nuova e degna.
Sono i poveri che confidano nel Signore e aspettano con pazienza
il tempo della loro liberazione, la sorpresa di un giorno nuovo.
104
Vivo nella parrocchia dedicata recentemente alla “Divina Misericordia”.
È una parrocchia molto popolosa del distretto di Puente
Piedra, alla periferia nord di Lima.
Da maggio 2015, con due amici preti, uno spagnolo e
uno peruviano, stiamo cominciando qui una nuova esperienza. Nell’organizzazione parrocchiale si sta passando
da una impostazione centralizzata, rituale e celebrativa,
a una pastorale decentralizzata. Si parte dalle periferie,
abitate da gente immigrata dalle Ande e dall’Amazzonia.
Si cerca di accompagnare persone e gruppi perché si
integrino e formino comunità solidali nell’affrontare e
risolvere i problemi di infrastrutture (proprietà della
terra, acqua, luce, fogne), di salute, di giustizia sociale,
con particolare attenzione alle famiglie e ai giovani.
L’opzione per i poveri è chiara, come l’affetto per loro.
Altrettanto voluta è la scelta di partire da loro, camminando con loro.
I poveri sono, a loro volta, la speranza del
mondo.
Dovunque, anche nelle periferie, il bene e il
male sono mescolati.
Ma i poveri sono più vicini di altri alla “povertà
nello spirito” evangelica, più liberi dalle cose,
aperti a una società e a un mondo nuovi.
Sopportano con pazienza. Ma la fede li sostiene e dà loro il coraggio di mobilitarsi per
la giustizia e la libertà, come proponevano
alcune comunità: “Perché tacere, se siamo
nati gridando?”.
Non vogliono sostituirsi ai ricchi, ma sedersi
alla stessa mensa come fratelli, in una convivenza rispettosa di tutti e di tutto, in una
“terra senza mali”.
Gli occhi bagnati
di lacrime possono di
nuovo vederti e credere.
Tu sei il Vivente, colui
che si è fatto povero
per noi, per rendere tutti
noi ricchi del tuo amore,
della tua vita.
Prendici per mano
perché possiamo vivere
con Te da risorti
ed essere sempre
e ovunque oasi
della tua misericordia!
Ripetiamo spesso, da queste parti, che in periferia si va perché si vuole bene agli ultimi,
perché si guardano le loro ferite. Si va spinti
dalla misericordia del Padre Dio, che si commuove per le sofferenze dei suoi figli.
Non si va a insegnare, ma a conoscere la realtà,
a condividere, a evangelizzarci insieme.
Crediamo che lo Spirito del Risorto ci precede ed è presente in
tutte le periferie prima di noi.
Da parte mia ho cercato di imparare dai poveri una fede semplice, che apre il cuore a Gesù e alla sua provvidenza; ti porta ad
abbandonarti a Lui e a lasciarti condurre da Lui; una solidarietà
concreta e fraterna capace di sognare e di inventare forme semplici e sempre nuove di vicinanza e condivisione, di misericordia e
compassione verso chi soffre; una tenerezza commovente nell’accoglienza, nell’abbraccio, nella gratitudine, non tanto per le cose
che dai, ma perché stai con loro e li ascolti. Tante volte mi sono
sentito ripetere: “Grazie, perché ci dai affetto”.
Sono cose che danno serenità al tuo cuore e motivazioni sempre
nuove.
Un giorno tutto sfocerà nel Regno di Dio definitivo: “ Egli abiterà
in mezzo a loro; essi saranno il suo popolo e Lui Dio con loro.
Asciugherà le lacrime dai loro occhi. Non ci saranno più morte
né lamento né pianto né pena”, ma cielo e terra nuovi.
È il regalo della misericordia del Risorto per tutti, a partire dai
poveri.
Don Savio Castelli
Diocesi di Carabayllo, Lima - Perù
105
DIOCESI DI COMO
Quaresima 2016
WWW.OTTAVIOSOSIO.IT - STAMPA A CURA DI JMD