Competenza di ricerca e pratica professionale docente Competence
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Competenza di ricerca e pratica professionale docente Competence
83 Competenza di ricerca e pratica professionale docente Competence of research and professional practice of teacher KATIA MONTALBETTI Riassunto: La qualità dell’insegnamento è considerata un elemento chiave per costruire una società basata sulla conoscenza e garantire coesione sociale, crescita e competitività economica (ET 2020). È riconosciuto altresì che un insegnamento di qualità implichi una formazione di qualità degli insegnanti. Il dibattitto sulla formazione degli insegnanti nel nostro paese pone in evidenza lo scollamento fra ideali e ini condivisi e scelte operative; il proilo del docente rilessivo e ricercatore cui spesso ci si riferisce sembra non aver ino ad ora trovato strategie formative coerenti. La ricerca empirica di cui si intende rendere conto ha natura esplorativa e rappresenta la prima fase di un percorso più ampio e articolato tuttora in corso. All’origine è rintracciabile la costatazione di una diicoltà generalizzata da parte dei futuri insegnanti a riconoscere la pertinenza della competenza di ricerca nel quadro della loro professionalità. A valle del processo formativo quella è spesso intesa come insieme di abilità tecnico-strumentali e non come disposizione personale e professionale che innerva e sostanzia l’azione educativa e l’identità professionale di chi la attua. Le evidenze rilevate sul campo forniscono indicazioni per migliorare la qualità della didattica universitaria e permettono inoltre di sviluppare alcune rilessioni che hanno una validità e una portata più generale. Abstract: here is a widespread recognition that quality of teaching is a strategic key of knowledge society to promote social cohesion, economic growth and competitiveness (ET 2020). In addition, it is clear that quality of education involves in training of teacher. he debate on teacher training in our country highlights the distance between ideals and shared aims and operational decisions. Although it is considered essential that teachers proile must be both researcher and relective, it has not found coherent training strategies yet. his essay shows an empirical research with exploratory nature. he project traces the origin from an extensive diiculty of future teachers to recognize the relevance of the research competence in the framework of their professionalism. Downstream of the training process, research competence is often understood as a set of technical - instrumental skills and not as a personal and professional mood that innervates edUCAtioN SCieNCeS & SoCiety 84 Katia Montalbetti and substantiates education and professional identity. he evidence of this research gives guidelines to improve the quality of university teaching and allows to develop some general considerations. Parole-chiave: formazione degli insegnanti, ricerca empirica, pratica rilessiva, didattica universitaria, scuola. le ragioni all’origine del contributo vanno ricercate su piani diversi. Un primo ordine di motivazioni di carattere generale attiene la volontà di individuare modalità per raforzare la sinergia fra i due ambiti principali di azione del docente universitario ovvero ricerca e didattica. Nel contesto accademico è condivisa l’opinione che conciliare ricerca e didattica sia un compito complesso; tale complessità è infatti intrinseca a questa professione poiché l’università è il luogo della ricerca scientiica e dunque dell’evoluzione del sapere ma è anche il luogo deputato all’alta formazione (Anelli, 2015). A livello operativo, spesso si conigurano due scenari: coloro che si impegnano in modo prioritario nella ricerca e percepiscono la didattica come un “fardello” e quanti investono in modo signiicativo nella didattica e incontrano diicoltà a corrispondere alla richiesta sempre più pressante di pubblicare i propri lavori (ANVUr). tali situazioni sono accomunate da una scarsa interazione fra i due ambiti principali di azione del docente universitario ed hanno entrambe ricadute negative; da ciò l’idea di rendere l’attività didattica uno spazio di ricerca ed impiegare i risultati conseguiti anche per migliorare la qualità della didattica. tali considerazioni, riferite in particolare all’area disciplinare pedagogica, sono sorrette per un verso da evidenze di natura scientiica (Galliani, 2011), per l’altro dalle opinioni maturate nell’ambito della propria esperienza professionale raforzate altresì nel tempo dal confronto con colleghi. Un secondo ordine di motivazioni più speciiche riguarda l’attività svolta da chi scrive. Gli studenti frequentanti i corsi di area metodologica, all’interno dei percorsi formativi per i futuri insegnanti, manifestano scarso interesse per la metodologia della ricerca empirica ed è molto complesso proporre la logica della ricerca come chiave interpretativa per la loro futura professione; anche a fronte di valutazioni positive in sede d’esame, la ricaduta formativa sullo sviluppo della loro professionalità appare debole. Questa lettura poggia sulle informazioni, rilevate spesso iin maniera informale, nel confronto con gli studenti e con i colleghi impeg- DOVE VA LA SCUOLA? Competenza di ricerca e pratica professionale docente 85 nati nel medesimo settore disciplinare (Montalbetti, lisimberti, 2015; Coggi, ricchiardi, 2005). A valle del processo formativo la competenza di ricerca è spesso intesa come un insieme di abilità tecniche e non come disposizione personale e professionale che innerva e sostanzia l’azione educativa e l’identità professionale di chi la attua (Montalbetti, 2005). Questa diicoltà può essere ricondotta, almeno in parte, al modo con il quale i contenuti metodologici sono proposti. e’ perciò opportuno interrogarsi circa lo spazio a disposizione del docente universitario per promuovere, negli insegnanti in formazione iniziale, un avvicinamento alla ricerca non solo in termini di strumento ma come modo di approcciare e di impostare la propria attività. Un ulteriore elemento di complessità riguarda l’interpretazione data al concetto di ricerca in ambito scolastico: vi sono infatti signiicati molto diferenziati sino, in alcuni casi, a diventare contraddittori e si conducono esperienze fra loro alquanto eterogenee; consegue l’esigenza di precisare che cosa si intenda per ricerca al ine di individuare spazi di azione percorribili da parte dei futuri insegnanti. Ricerca e pratica professionale il rapporto fra ricerca ed azione didattica può essere considerato un aspetto speciico della più ampia rilessione sulla relazione fra teoria e pratica in educazione la quale costituisce ancor oggi una problematica presente e controversa nel dibattito pedagogico (Montalbetti, 2002). Appare sempre più condivisa l’idea per cui una netta distinzione tra l’una e l’altra sia ineicace ma nonostante l’afermazione di principio a livello operativo permangono diicoltà. Sul piano scientiico la visione della ragione pratica come ambito inerente la deinizione di decisioni razionali e l’interpretazione applicativa e unidirezionale del rapporto tra sapere e pratica sono state oggetto di revisione (Korthagen, 2001). Con la svolta rilessiva inaugurata dagli studi di Schön (1983), già posta all’attenzione da dewey, si è fatta strada una nuova epistemologia della pratica in cui quest’ultima è considerata fonte per la costruzione di sapere (Cattaneo, 2009). in questa prospettiva, la concezione di expertise integra alle abilità tecniche legate al piano dei mezzi, competenze fondate sulle capacità di analisi della situazione, formulazione di domande pertinenti, scelta e costruzione di strategie adeguate per corrisedUCAtioN SCieNCeS & SoCiety 86 Katia Montalbetti pondere alla complessità con cui i soggetti si confrontano quotidianamente connesse con il piano dei ini (Frega, 2002). i limiti derivanti da una interpretazione della pratica secondo l’approccio tecnico-razionale appaiono evidenti in ambienti professionali come quello educativo contraddistinti da molteplici paradigmi. l’incertezza, l’unicità delle situazioni e il riferimento a valori non sempre condivisi rendono la conoscenza professionale di coloro che operano sul campo sfuggente ai canoni della razionalità tecnica. Gestire la quotidiniatà, talvolta rimessa in discussione da vere e proprie emergenze, richiede non la selezione e applicazione di strumenti predeiniti bensì la messa in atto di strategie complesse per individuare e costruire i problemi prima ancora di risolverli. in tal senso, Mortari sottolinea che la pratica educativa “presenta tassi di problematicità incomprimibile nella dimensione del sapere tecnico” (Mortari, 2009, 12-13) la qual cosa esige che il professionista ritorni sulla propria prassi, si interroghi circa la direzione da seguire e a valuti il suo intervento. la revisione del modello tecnico portà con sé la trasformazione del rapporto fra insegnante e conoscenza: non più solo utilizzatore ma anche costruttore (Fabbri, Striano, Melacarne, 2008, 16); tale riorientamento include il rapporto con la ricerca intesa come forma di produzione di sapere. lavorare sul terreno rende talvolta arduo il rispetto dei criteri scientiici la qual cosa fa risaltare l’esigenza di impiegare gli strumenti della ricerca in maniera critica e intelligente (Viganò, 2002) alla luce dei singoli contesti. “Nel paradigma del professionista rilessivo l’insegnante è un ricercatore perché trovandosi di fronte a situazioni incerte, contraddittorie, ambigue apre vere e proprie piste di indagine” (Fabbri, Striano, Melacarne, 2008, 16); si tratta di un modo di operare che qualiica l’agire professionale, funzionale non solo a produrre indicazioni operative ma anche conoscenze situate. in generale, la rilevanza della conoscenza prodotta dalla ricerca empirica per la pratica educativa è spesso posta in dubbio (Mortari, 2010; Kaestle, 1993); si avverte sovente una scollatura e una profonda distanza sia per quanto concerne gli oggetti (non sempre pare esservi corrispondenza tra le esigenze dei contesti e i temi della ricerca) sia per quanto concerne i modi con cui la ricerca è condotta (in molti casi la ricerca accademica risulta inaccessibile per i professionisti e, al contempo, la conoscenza prodotta dai professionisti non è avvalorata dal mondo della ricerca). in realtà, la ricerca in educazione integra la produzione di conoscenza con la promozione, diretta o meno, di un cambiamento migliorativo. in tal senso, baldacci DOVE VA LA SCUOLA? Competenza di ricerca e pratica professionale docente 87 deinisce la pedagogia (e quindi la ricerca che in essa trova collocazione) come sapere attivo che non si limita a prendere atto della realtà ma intende trasformarla (baldacci, 2013). Consegue l’esigenza di rendere la conoscenza rilevante per quanti studiano l’“educazione” ed orientativa per quanti la attuano (Montalbetti, 2012). entro tale quadro si conigurano gli spazi di ricerca per il professionista. la pluralità di situazioni con le quali è confrontato e l’insorgenza di sempre nuove problematiche richiedono a costui non di applicare ricette ma di inventare e reinventare continuamente se stesso e il suo modo di agire sulla base della situazione; per guardarsi dai rischi dello spontaneismo e dell’improvvisazione occorre che proceda con metodo (lisimberti, 2013) e faccia proprio un atteggiamento di costante interrogazione del mondo circostante. le soluzioni e le modalità di azione innovative sperimentate spesso faticano ad essere rielaborate e organizzate; anche le esperienze di pregio hanno una difusione limitata e un impatto spesso circoscritto al contesto nel quale sono agite. Ciò sul piano generale nuoce allo sviluppo di un sapere condiviso e su quello speciico ostacola la messa in atto di interventi eicaci. Per superare tali limiti, è indispensabile che ciascuna esperienza sia progettata, implementata, valutata e trasmessa in forme adeguate per modo da renderla, almeno a livello teorico, trasferibile. informare la propria pratica secondo la logica di ricerca dà l’opportunità di trasformare l’esperienza di ciascuno in un prezioso contributo per gli altri; ciò implica che i professionisti conoscano e sappiano impiegare in maniera critica gli strumenti messi a disposizione dalla ricerca. in un contributo di qualche anno fa Felisatti osservava che “nell’insegnamento, come in ogni altro contesto, la dimensione della ricerca sta diventando un fattore discriminante rispetto alla qualiicazione dell’esercizio professionale e si connota come strategia privilegiata di azione individuale e sociale senza la quale diicilmente possono essere conseguiti risultati prospetticamente apprezzabili. l’insegnamento è un processo decisionale le cui scelte non possono essere lasciate unicamente alla sensibilità dei docenti, ma devono essere orientate da un atteggiamento di analisi e di studio tipico del ricercatore” (Felisatti, 2009, 13). l’attività conoscitiva che accompagna l’azione dell’insegnante è essenziale per progettare, condurre e valutare i processi, non può fondarsi soltanto sul senso comune ma deve avvicinarsi all’attività sistematica e controllata propria del modo di procedere scientiico per garantire una solida base informativa (trinchero, 2004). la tesi relativa “all’inscindibilità del processo di insegnamento da queledUCAtioN SCieNCeS & SoCiety 88 Katia Montalbetti lo della ricerca” (Felisatti, 2009, 16) era già presente nel pensiero di de landsheere (1978) il quale osservava che la pratica dell’insegnamento deve nutrirsi della ricerca poiché i problemi che afronta vanno gestiti e afrontati sulla base di conoscenze adeguate e funzionali; lo studioso belga aggiungeva altresì che nel rapporto con l’insegnamento la ricerca si arricchisce perché le side reali emerse nella pratica inducono a rideinire i modelli teorici, fanno preigurare nuove strategie, permettono di ainare gli strumenti d’indagine. in questa prospettiva, merita distinguere l’attività di ricerca in senso stretto dall’atteggiamento di ricerca (Mialaret, 1999). Quest’ultimo indica un approccio dell’insegnante che lo rende permeabile alle problematizzazioni, una capacità di farsi colpire dagli eventi, di porsi domande, di ragionare sulle azioni per capire come migliorare il proprio intervento. Ciò non implica che l’insegnante disponga di metodologie e di tecniche formalizzate. Per costruire un’attività di ricerca sono necessarie invece conoscenze circa i principali strumenti e abilità per poterli impiegare in modo valido. il rapporto fra questi due aspetti può essere letto in modi diversi quasi contradditori. Una ricerca origina sempre da una forma di interrogazione del mondo perciò è ragionevole ipotizzare che in assenza di un determinato approccio alla realtà sarà poco probabile che emergeranno domande di ricerca. Al tempo stesso, sviluppare e fare proprio un habitus di ricerca rappresenta una sida ambiziosa che richiede impegno, tempo e abbisogna di esperienze concrete per consolidarsi. l’atteggiamento di scoperta tipico della logica della ricerca in campo educativo è sempre, in modo più o meno esplicito, orientato al miglioramento; ciò è particolarmente evidente quando la ricerca è svolta da un professionista ma è, o dovrebbe comunque essere, presente sempre. l’habitus di ricerca si traduce, a livello operativo, nella capacità di mettere in atto costanti processi di ricerca per il cambiamento. Quest’ultimo può essere auspicato e perseguito intenzionalmente oppure inatteso e non voluto, può avere natura endogena o esogena, può riguardare colui che agisce, i destinatari dell’intervento o il contesto più ampio ma rappresenta un orizzonte di riferimento comune in ambito educativo. ragionare e agire con metodo nella propria pratica professionale mette nelle condizioni di disporre di strumenti per governare ed orientare tale cambiamento anziché subirlo o contrastarlo in maniera acritica (Viganò, 2003). Nel nostro Paese, la ricerca è entrata nel contesto scolastico con la/ le sperimentazione/i negli anni ’70 (disposizioni normative legge delega 477/73 e dPr 419/74); il testo normativo, in sé innovativo, non ha DOVE VA LA SCUOLA? Competenza di ricerca e pratica professionale docente 89 purtroppo trovato declinazioni operative coerenti in ragione, in particolare, dell’insuicienza delle competenze presenti e dall’aver percepito le indicazioni normative come calate dall’alto (Viganò, 1997). Sono perciò conseguite molteplici esperienze, alcune delle quali anziché promuovere una cultura della ricerca sono andate nella direzione opposta sicché sperimentazione è diventato sinonimo di improvvisazione, mancanza di rigore ecc.. la qual cosa ha fatto originare sensati dubbi sulla sua reale utilità (Montalbetti, 2005). il termine cambiamento infatti non è sinonimo di positività o di miglioramento. in tal senso, sono illuminanti le parole di Stenhouse quando afermava che “l’insegnante ha una professionalità estesa ed è capace di uno sviluppo professionale autonomo mediante lo studio sistematico di se stesso, lo studio del lavoro di altri insegnanti e la veriica delle idee tramite la ricerca sulla classe” (1977, 177); il grande assente in molte pratiche innovative è la veriica al punto che fare ricerca o sperimentazione sembra coincidere con il tentativo di fare qualcosa di diverso come se ciò in sé fosse buono senza preoccuparsi di studiarne l’impatto. Nella competenza di ricerca è invece determinante equilibrare razionalità tecnica, correlata a percorsi tecnico-applicativi e procedurali, e razionalità rilessiva emergente nel rapporto diretto con la pratica (Felisatti, 2009, 21). Non si tratta perciò di opporre tecnica e rilessività piuttosto di integrarle in modo coerente. Formazione e ricerca Per descrivere il proilo dell’insegnante baldacci (2013) riprende da dewey l’immagine dell’insegnante ricercatore (dewey, 1929, 1938); in una simile prospettiva, per delineare una formazione di qualità, Margiotta cita in maniera esplicita la promozione di una cultura della rilessione “mediante attività di ricerca” (2013, 185): dove e come ci si preoccupa di formarla? la decisione di diventare insegnanti origina anche dalle sperienze dirette vissute nel contesto scolastico (e degli insegnanti) le quali perciò costituiscono un bagaglio con cui fare i conti giacché nessuno arriva a 20 anni “a digiuno di scuola” (Fajet et al., 2005; Grion, 2008; lisimberti, 2006). in tale prospettiva, bofo osserva che “i ricordi della propria esperienza scolastica tracciano la strada dell’insegnamento e ci formano come docenti sia a livello esplicito che implicito” (bofo, 2014, 68). le idee pregresse inluiscono nel bene e nel male sul futuro professionale e pertanto è essenziale prevedere nei percorsi formativi spazi per rilettere sulle proprie rappreedUCAtioN SCieNCeS & SoCiety 90 Katia Montalbetti sentazioni in modo da acquisirne consapevolezza e poterle eventualmente rimettere in discussione (Pinelli, 2013). Nei ricordi molto spesso sono poste in primo piano le caratteristiche dei bravi docenti (Pinelli, 2013). Si rammentano, in particolare, gli aspetti legati alle dimensioni emotive e relazionali come per esempio l’umanità, la severità, il rispetto oppure quelli connessi con le competenze disciplinari e con la conoscenze proposte. Non sorprende che lo spirito di ricerca non compaia fra le qualità citate poiché la decisione di diventare insegnanti origina da altri fattori; è tuttavia essenziale nei percorsi formativi aiutare gli studenti a riconoscere la ricerca come dimensione della professionalità docente poiché nonostante il forte richiamo presente in letteratura il livello di conoscenza è ancora limitato e le esperienze condotte nelle scuole, per quanto più numerose, non costituiscono la quotidianità piuttosto l’eccezione. l’insegnante impegnato in attività di ricerca è talvolta guardato con sospetto come se fosse un estraneo in patria e si coltiva il dubbio che da lì a poco decida di abbandonare l’insegnamento per dedicarsi alla ricerca in ambito accademico (dionisi 2007; Cattaneo, 2009). Per ragioni ascrivibili a piani diversi (economico, normativo, accademico), in generale il dottorato di ricerca è diventato nel tempo più attrattivo per quanti sono già inseriti professionalmente (iStAt; Sansone, 2010); con riferimento speciico all’area pedagogica e all’Università Cattolica del Sacro Cuore, i dati disponibili evidenziano una crescita del numero di insegnanti che accedono a questo percorso1. idealmente quando costoro concludono il periodo riportano nel contesto le acquisizioni maturate ma non esistono evidenze che comprovino tale ipotesi la qual cosa fa supporre che spesso l’esperienza di ricerca si coniguri come una parentesi (Cattaneo, 2009; Goisis, 2013); non sono state inoltre rintracciate in letteratura ricerche empiriche condotte sul tema che permettano di disporre di dati sistematici. di là dall’efettiva ricaduta e dall’avvaloramento o meno delle competenze acquisite, resta il fatto che in queste situazioni per fare ricerca l’insegnante prende le distanze dall’attività didattica ordinaria. Avere l’opportunità di dedicare un tempo congruo alla ricerca come garantito nei dottorati e/o nelle esperienze di borsa ricerca è certamente una condizione facilitante per la messa a punto di percorsi di ricerca articolati nel tempo. A tale opportunità tuttavia è complementare, come dimostrato in letteratura (dewey, Felisatti, 2009; trinchero, 2002; Coggi, ricchiardi, 2005; Montalbetti, 2005) la possibilità, anzi la necessità, di fare ricerca “dentro” la pratica professionale ordinaria. DOVE VA LA SCUOLA? Competenza di ricerca e pratica professionale docente 91 Ciononostante la relazione fra ricerca e pratica didattica a livello operativo appare ancora debole (burkhardt, 2003; Hemsley, brown, Sharp, 2003; Stuessy, Metty, 2007); “di questo si dolgono sia gli operatori sia i ricercatori “ (Notti, 2002, 7): i primi imputano ai secondi una eccessiva attenzione alla scientiicità delle procedure a scapito della complessità del contesto educativo; i secondi criticano la mancanza di iducia dei primi nella procedura scientiica. Ciò di fatto ostacola, quando non impedisce, un impiego costruttivo dei risultati della ricerca con un impoverimento della qualità della pratica educativa (desgagné, bednarz, 2005) e raforza un sentimento di siducia nei confronti dell’attività di ricerca considerata come un processo attivato dai “ricercatori di professione” ma poco signiicativo per la pratica professionale (Mortari, 2010). l’immagine del professionista rilessivo e quella del ricercatore non sono fra loro del tutto sovrapponibili poiché rinviano a diferenti comunità di appartenenza caratterizzate da linguaggi peculiari, metodologie e orizzonti di riferimento (Cattaneo, 2009); mentre il ricercatore è interessato allo sviluppo delle conoscenze nella prospettiva della loro astrazione e generalizzabilità, il professionista è primariamente interessato alla dimensione del particolare nella prospettiva del miglioramento dell’eicacia e dell’eicienza dell’azione (Giosis, 2013). tuttavia la logica euristica sottesa alla ricerca guida anche un intervento educativo rilessivo: si tratta di una logica reticolare legata all’incertezza, al probabile e al possibile ma nondimeno orientata da valori. il superamento della visione scientista e la rivoluzione scientiica ed epistemologica contemporanea hanno portato ad includere nella ricerca le dimensioni complesse ed irrazionali e a riconoscere il ruolo attivo del soggetto. Nell’approccio scientiico odierno c’è perciò spazio per le competenze critico-rilessive le quali non si esercitano solo sul fare ma includono anche il soggetto. in questa prospettiva, il ricercatore deve “rendere se stesso oggetto di una costante ed approfondita ricerca” (lo Presti, 2011, 155) la quale si conigura perciò come un itinerario formativo in primis per chi lo compie (Montalbetti, 2005, 2014). Collocare la pratica rilessiva nella logica della ricerca è una strategia per facilitare il radicamento di quest’ultima nell’azione professionale e per evitare che la rilessione diventi generica, estemporanea e arbitraria. il rischio di banalizzare la pratica rilessiva riducendola ad un atto spontaneo e informale di commento e descrizione della propria pratica professionale è infatti posto in evidenza da M. do Céu roldao (2008); ainché la pratica rilessiva generi nuova conoscenza è necessario assumere un atteggiamento edUCAtioN SCieNCeS & SoCiety 92 Katia Montalbetti analitico basato sull’utilizzo delle conoscenze teoriche e pratiche pregresse, la teorizzazione del problema da analizzare, la produzione di conoscenze comunicabili e riferibili ad altre situazioni (Giosis, 2013). di là dai modelli (Nuzzacci, 2012), la rilessività trova nella ricerca un elemento indispensabile perché la logica rilessiva obbliga ad assumere il ragionamento tipico dell’indagine (Montalbetti, 2005). Si rilette infatti per capire, per cercare una soluzione ma ainché il processo non ripieghi è necessaria l’esplicitazione, la trasparenza, il confronto elementi costitutivi della ricerca. Sebbene la formazione dei docenti abbia un inizio ma non una ine poiché corrisponde ad un processo continuo che deve integrare momenti formali e informali collocati lungo la dimensione temporale è fuor di dubbio che la formazione iniziale conserva una funzione strategica poiché “in questa fase viene elaborata la matrice cognitiva e culturale capace di condizionare – nel bene e nel male – i successivi momenti di formazione in servizio” (baldacci, 2013, 1). rispetto all’inlusso dei formatori dei futuri insegnanti, Zabalza osserva: “il nostro ruolo è fondamentale e, velis novis, condizioniamo qualsiasi proposta politica e siamo mediatori di ogni proposta di innovazione avanzata in relazione all’insegnamento” precisando tuttavia che “fortunatamente, non predeiniamo ciò che saranno i futuri insegnanti ma il loro modo di afrontare il ruolo di docente avrà molto a che vedere con la modalità di formazione oferta dalle istituzioni presso le quali sono stati formati e con l’insegnamento fatto per i suoi formatori” (2013, 40). la competenza di ricerca può e deve essere formata in modo trasversale all’interno dei percorsi formativi; tuttavia i corsi di area metodologica costituiscono un terreno privilegiato perché assumono la ricerca non solo come metodo ma anche come contenuto. in quella sede, gli insegnanti vanno aiutati ad agire in modo consapevole e con metodo “non per sostituirsi ai ricercatori ma per far sì che ricercare diventi bagaglio della loro professionalità” (Notti, 2002, 9). Purtroppo nei percorsi formativi talvolta prevale l’intenzione di fornire conoscenze circa le metodologie, gli strumenti, le tecniche a svantaggio di una rilessione inalizzata ad acquisire consapevolezza del rapporto fra ricerca ed intervento educativo (Cottini, 2002). i contenuti tecnici non sempre sono collocati entro una cornice di senso, le ricadute per il miglioramento della pratica professionale risultano non evidenti e la ricerca appare lontana dall’ambito di intervento del professionista (Montalbetti, Monticelli, 2012). A questo proposito Perrenoud (2001) mette in guardia circa i rischi di ridurre la formazione ad una “iniziazione metodologica” volta ad DOVE VA LA SCUOLA? Competenza di ricerca e pratica professionale docente 93 alfabetizzare circa i temi, le questioni e i metodi della ricerca. i contenuti tecnici vanno saldamente legati e ancorati alle chiavi interpretative che guidano la logica della ricerca; in questo senso è più importante insegnare a porre buone domande piuttosto che centrare l’attenzione esclusivamente sugli strumenti per costruire risposte. Un’enfasi eccessiva sul rigore e sul rispetto delle procedure rischia di far percepire la logica della ricerca come non adattabile alla complessità delle situazioni educative (Zucchermaglio, Alby, Fatigante, Saglietti, 2013) ostacolando lo sviluppo di “una mentalità epistemica” (Cottini, 2002, 5) con cui accostarsi alla professione e all’attività professionale. investire nella formazione della competenza di ricerca rientra nel più ampio sforzo teso a sviluppare professionalità educative competenti e in grado di governare la complessità dei processi educativi (Montalbetti, 2002). Politiche, formazione e ricerca il proilo del docente rilessivo e ricercatore, cui consegue l’avvaloramento delle attività svolte anche fuori dall’aula, sembra non aver ino ad ora trovato strategie formative coerenti (Cerini, 2003; Chianese, 2013); inoltre, le condizioni e i meccanismi di funzionamento degli istituti scolastici ostacolano l’iniziativa dei docenti e non costruiscono i presupposti per fare ricerca. eppure l’educazione esige l’assunzione di un atteggiamento di ricerca poiché è per deinizione una scommessa e include una forte dimensione di imprevisto e cambiamento in relazione all’unicità e al perenne mutare dei soggetti e della società (baldacci, 2013). la competenza di ricerca facilita la promozione di forme di apprendimento per l’autonomia e rende i professionisti lessibili rispetto ai cambiamenti ma anche in grado di orientare e di conferire senso ad essi (Mortari, 2008). imparare ad apprendere dalla propria esperienza in maniera intelligente costituisce “il fattore cruciale per una crescita professionale continua su cui si possono innestare virtuosamente i momenti di formazione in servizio” (baldacci, 2013, 215). tale sida richiede attitudine investigativa e disponibilità alla rilessione per accostarsi in modo attivo e partecipativo al proprio sviluppo professionale; in questa prospettiva, la competenza di ricerca non riguarda un campo speciico (conoscere il processo di ricerca e i suoi strumenti) bensì la maturazione di un approccio alla realtà, al lavoro e a se stessi. Non sfugge edUCAtioN SCieNCeS & SoCiety 94 Katia Montalbetti inoltre il legame fra promozione di un apprendimento attivo negli alunni e l’impostazione didattica adottata dal docente. la logica della ricerca, nelle sue diverse implementazioni, ofre la possibilità di tradurre in azione principii spesso richiamati come mete fra cui il rigore, la consapevolezza, il senso critico ecc….. Per facilitare una rielaborazione personale del sapere negli alunni non è suiciente conoscere le discipline ma occorre proporle in modo indagativo (Fabbri, Striano, Melacarne, 2008, 87) seguendo la logica della ricerca, del come si è giunti ad un determinato risultato, senza disgiungere il prodotto (la conoscenza) dal processo. la qualità dell’insegnamento è considerata un elemento chiave per costruire una società basata sulla conoscenza in grado di garantire coesione sociale, crescita e competitività economica (et 2020). Un fattore cruciale (sebbene non l’unico) per un insegnamento di qualità è dare una formazione di qualità che prepari e accompagni l’esercizio della professione. tuttavia, nel nostro paese, gli investimenti in formazione risultano non sempre adeguati in termini quantitativi e non sempre coerenti rispetto al proilo docente atteso (Chianese, 2013). A fronte dell’unanime riconoscimento del valore dell’istruzione, la formazione degli insegnanti mostra uno scollamento rispetto agli ideali espressi nei documenti e nei discorsi uiciali. Nonostante a più riprese in testi scientiici e documenti normativi si faccia riferimento all’insegnante come professionista le scelte compiute in sede formativa non vanno in questa direzione. il professionista è tale perché costruisce e ricostruisce ogni giorno il suo oggetto di lavoro inventando e reinterpretando criticamente stimoli che provengono da fuori, da colleghi, da programmi, da ricerche ecc… in realtà, però questa cultura fatica a permeare la testa di chi fa l’insegnante. Perché? Sicuramente molto può essere fatto, come descritto nel caso presentato nel paragrafo successivo, nei tempi e nei modi con i quali si progetta e si propone la formazione ai futuri insegnanti tuttavia sottesa vi è una problematica più vasta di natura politica e culturale. il modo con cui si parla degli insegnanti nell’informazione di massa raramente descrive l’insegnamento come una professione2; una lettura centrata sul versante impiegatizio emerge anche nei periodici rapporti iArd sulla condizione degli insegnanti (Cavalli, Argentin, 2010). Merita perciò rilettere sul proilo di insegnante di cui la società ha bisogno per porlo in relazione con l’immagine sottesa alle politiche di formazione, di inserimento e di supporto durante la carriera: la fatica di percepirsi, o meglio di proiettarsi, come professionisti da parte dei futuri insegnanti, va ricondotta anche ai segnali provenienti a livello normativo, politico e culturale. DOVE VA LA SCUOLA? Competenza di ricerca e pratica professionale docente 95 “le scelte (o non scelte) relative alla formazione degli insegnanti, osserva Margiotta hanno valore, al contempo culturale, politico e sociale” (2013, 161). Moscato fa notare che non sempre all’interpretazione dei bisogni della società segue una progettazione “razionale” del suo sistema formativo (2006, 7). il dibattitto sulla formazione degli insegnanti rilette tali ambivalenze e pone in evidenza lo scollamento fra ideali e ini condivisi e scelte operative. Come osserva opportunamente baldacci “la scuola, in ultima analisi, la fanno gli insegnanti” (e noi aggiungeremmo gli studenti). Pertanto, la preoccupazione per la qualità dei sistemi scolastici e dei processi di istruzione non può andare disgiunta dall’attenzione per la formazione dei docenti” (baldacci, 2013, 1). Se docenti e studenti sono i protagonisti è doveroso il coinvolgimento di entrambi nella prospettiva di migliorare la qualità. Secondo molte ricerche, gli studenti possono ofrire a ricercatori elementi importanti su cui basare i processi di miglioramento della didattica (Grion, Cook-Sather, 2013) e ai policy makers informazioni per orientare le loro decisioni (Angus, 2006; Fielding, 2006; Mitra, 2004). in italia, la struttura deputata alla formazione iniziale degli insegnanti è l’università ovvero l’istituzione formativa nella quale l’insegnamento è intrinsecamente legato alla ricerca (lapostolle, 2012, 6). Consegue, almeno sul piano delle intenzioni, l’idea che la formazione degli insegnanti vada intesa come “forte integrazione, continua e ricorsiva, tra un solido impianto culturale e scientiico e un altrettanto solido impianto metodologico, psicopedagogico e didattico: un impianto che sappia ritrovare nella metodologia dell’analisi, della spiegazione, del progetto e dell’azione il crinale esperto di valorizzazione della professionalità docente” (Margiotta, 2013, 162). in tale scenario vi sono responsabilità che si collocano su piani diversi: politico, culturale, scientiico e didattico le quali vanno riconosciute, distinte e ricondotte ai soggetti che operano a livelli diferenziati; per quanti hanno il compito di formare i futuri insegnanti l’ambito didattico si conigura come spazio di azione diretto nel quale poter ofrire il proprio contributo senza esimersi dall’impegno, con modalità diverse, sugli altri piani. Descrizione dell’indagine sul campo Come osservato vi sono segnali che informano circa la coerenza, a tratti non evidente, fra il proilo di insegnante ricostruito in letteratura, quello emergente dai documenti normativi e le scelte compiute nell’amedUCAtioN SCieNCeS & SoCiety 96 Katia Montalbetti bito delle politiche di formazione, di inserimento e di supporto durante la carriera. Si è scelto di accostare questa complessa questione, ritagliando come oggetto di analisi lo sviluppo della competenza di ricerca nel quadro della professionalità docente e di assumere come ambito di riferimento lo spazio didattico a disposizione del docente universitario. l’indagine non ha l’ambizione di esaurire il ragionamento su una questione tanto strategica quanto complessa; ha il merito tuttavia di porre in evidenza che anche le tematiche generali possono e devono essere afrontate, nella logica della ricerca empirica, dallo studio e analisi di contesti; la natura limitata e circoscritta della situazione presa ad esame inluisce sulla robustezza dei dati i quali, nella loro parzialità, non restituiscono dati generalizzabili e non permettono di trarre conclusioni certe; cionondimeno aiutano a riconoscere le questioni, a dare loro un nome e a porle all’attenzione non solo di chi studia l’educazione ma anche di chi è deputato a prendere decisioni. Dispostivo metodologico All’origine della ricerca è rintracciabile la costatazione, documentata da parte di chi scrive anche altrove (Montalbetti, lisimberti, 2015), di una diicoltà generalizzata da parte degli insegnanti in formazione iniziale ad approcciare la metodologia della ricerca empirica e, più in generale, a riconoscere la pertinenza della competenza di ricerca nel quadro della loro professionalità. Come osservato, nella letteratura internazionale ha trovato crescente riconoscimento il coinvolgimento attivo degli studenti nei processi di riforma educativa (Angus, 2006; Fielding, 2006; Mitra, 2004); costoro infatti sembrano in grado di ofrire a ricercatori e politici elementi di rilessione signiicativi (Grion, Cook-Sather, 2013). Anche in questa ricerca si è scelto di dare la parola agli studenti e di considerarli come fonti informative strategiche per leggere in maniera critica i processi attivati e individuare spazi di miglioramento. la rilevazione è stata condotta in due realtà speciiche: il corso di Metodi della ricerca educativa, collocato nel Corso di laurea in Scienze della formazione primaria (Cdl), e il corso di Sperimentazione nella scuola all’interno del tirocinio Formativo obbligatorio (tFA)3, entrambi attivati presso la sede milanese dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e gestiti da chi scrive. l’impianto didattico è comune e i contenuti sono stati organizzati in tre aree: Area 1- il senso della ricerca nella pratica docente; Area 2 - Metodi, DOVE VA LA SCUOLA? Competenza di ricerca e pratica professionale docente 97 strumenti e risorse per fare ricerca; Area 3 - la pratica rilessiva come ricerca4. Al termine, è stato somministrato un breve questionario semistrutturato agli studenti che avevano seguito le lezioni con continuità in modo da rilevare le loro percezioni. tale strumento si colloca a margine delle ordinarie attività di rilevazione del gradimento, gestite centralmente a livello di ateneo, e mira ad indagare le reazioni “a caldo”. la numerosità complessiva dei rispondenti (40 studenti nel Cdl e 76 corsisti nel tFA) ha permesso il ricorso ad alcune domande aperte per raccogliere in modo autentico le opinioni senza tuttavia appesantire eccessivamente il lavoro di codiica. le domande mirano ad indagare tre principali oggetti:1) le rappresentazioni della ricerca; 2) il contributo fornito dal corso; 3) la ricaduta del corso. Per il primo oggetto è stato impiegato il diferenziale semantico a 5 livelli; gli studenti dovevano posizionare la loro idea di ricerca rispetto a 5 polarità: lontana/vicina, utile/inutile, semplice/complessa, astratta/concreta, noiosa/stimolante. in questo modo, si intendeva indagare la rappresentazione di ricerca ex post e raccogliere elementi informativi circa le reazioni suscitate dai contenuti proposti. Per arricchire il quadro informativo, gli studenti sono stati invitati anche a ricostruire la loro rappresentazione della ricerca ex ante con l’obiettivo di porre in risalto eventuali scostamenti. Anche se costoro hanno ricostruito a valle del percorso le loro rappresentazioni iniziali si è reputato interessante procedere con il confronto, consapevoli che eventuali cambiamenti andassero comunque interpretati in modo prudente. il contributo del corso è stato indagato in modo diretto (Che cosa le lescia questo corso?) e indiretto (il corso le ha fatto venire voglia di fare ricerca?) per rilevare se l’apporto fosse circoscritto all’acquisizione di conoscenze e /o allo sviluppo di abilità oppure avesse un impatto anche sulla disponibilità futura a mettersi in gioco in attività di ricerca. l’indagine non rileva informazioni sulle condotte ma indaga percezioni e rappresentazioni alle quali è ragionevole attribuire un valore informativo accettabile. i due gruppi sono stati intercettati in un’unica volta e il questionario è stato somministrato dal ricercatore in forma cartacea, la qual cosa ha permesso l’acquisizione immediata dei dati. Non si reputa che le modalità di rilevazione abbiano condizionato i dati in ragione della garanzia dell’anonimato. la rilevazione si è svolta a dicembre 2014 per il Cdl e a marzo 2015 per il tFA; nei mesi successivi si è proceduto alla codiica e all’analisi dei dati quantitativi5. Per i testi di produzione aperta è stata condotta una categoedUCAtioN SCieNCeS & SoCiety 98 Katia Montalbetti rizzazione qualitativa manuale a posteriori (trinchero, 2002, 2004); per ridurre i rischi di soggettività due ricercatori hanno lavorato in modo parallelo e indipendente e poi sono stati confrontati i risultati. Presentazione dei dati e interpretazione dei risultati6 Hanno risposto al questionario complessivamente 116 soggetti: 40 studenti del Cdl e 76 del tfa. Rappresentazioni della ricerca. Come già precisato, nella prima e nell’ultima domanda del questionario ai rispondenti era richiesto di esplicitare la loro rappresentazione della ricerca ex ante (all’inizio) e ex post (alla ine) prendendo una posizione fra 5 polarità. in uscita dal percorso i rispondenti percepiscono la ricerca come vicina, molto utile, piuttosto complessa, concreta e stimolante. Complessivamente emerge una visione articolata più vicina al polo positivo di tutte le polarità. Nella rappresentazione iniziale la ricerca appare lontana, piuttosto utile, molto complessa, piuttosto astratta e abbastanza stimolante. Anche in questa situazione la visione è diferenziata ma risulta più vicina al polo negativo. tabella 1. rappresentazioni della ricerca (%) Prima Dopo lontana 38% 29% 22% 9% 3% 6% 16% 23% 47% 8% Vicina Utile 22% 37% 28% 10% 3% 42% 36% 13% 8% 1% inutile Semplice 1% 10% 32% 40% 17% 3% 18% 34% 30% 15% Complessa Concreta 6% 24% 31% 25% 14% 17% 47% 23% 8% 4% Astratta Stimolante 9% 20% 47% 15% 9% 16% 39% 31% 10% 4% Noiosa dal confronto fra le rappresentazioni ex-ante e ex-post emerge una generale oscillazione verso il polo positivo, per alcune polarità in modo marcato, per altre più debole. rilevante è l’aumento delle frequenze associate alle percezioni di vicinanza, di concretezza e di stimolo; meno marcato risulta DOVE VA LA SCUOLA? 99 Competenza di ricerca e pratica professionale docente lo spostamento nelle polarità utile/inutile e semplice/complessa. Come già osservato l’interpretazione dei dati esige prudenza poiché le rappresentazioni ex-ante sono state ricostruite; tuttavia le evidenze nel complesso suggeriscono che il corso abbia indotto alcune revisioni. Confrontando i due gruppi di rispondenti (studenti Cdl e corsisti tfa) risalta un maggiore impatto sulle rappresentazioni nei primi con un avvicinamento più marcato ai termini positivi di tutte le polarità; ciò probabilmente in ragione della loro minore esperienza e conoscenza del mondo scolastico e di rappresentazioni iniziali meno strutturate. Nel complesso, è ragionevole ricondurre il movimento rilevato nelle polarità alla possibilità oferta nel corso di conoscere in maniera più approfondita la ricerca e di sperimentarne, almeno in parte, alcune dinamiche. in questa prospettiva, i dati sembrano supportare la scelta didattica compiuta. tab.2. rappresentazioni della ricerca - Primaria (%) Prima Dopo lontana 53% 23% 15% 10% 0% 0% 8% 30% 55% 8% Vicina Utile 10% 45% 35% 10% 0% 55% 38% 5% 3% 0% inutile Semplice 0% 15% 43% 40% 3% 5% 15% 33% 40% 8% Complessa Concreta 0% 23% 28% 33% 18% 13% 70% 15% 3% 0% Astratta Stimolante 3% 20% 48% 18% 13% 10% 58% 25% 8% 0% Noiosa tab.3. rappresentazioni della ricerca - tfa (%) Prima Dopo lontana 30% 33% 25% 8% 4% 9% 21% 20% 42% 8% Vicina Utile 28% 33% 24% 11% 5% 36% 36% 17% 11% 1% inutile Semplice 1% 8% 26% 39% 25% 1% 20% 36% 25% 18% Complessa Concreta 9% 25% 33% 21% 12% 20% 36% 28% 11% 7% Astratta Stimolante 13% 20% 47% 13% 7% 18% 29% 34% 12% 7% Noiosa edUCAtioN SCieNCeS & SoCiety 100 Katia Montalbetti Il contributo del corso. dopo aver trascritto i testi narrativi si è proceduto con l’elaborazione di 5 categorie tematiche a posteriori: 1) sviluppo e/o consolidamento di conoscenze inerenti il processo di ricerca e i suoi strumenti (conoscenze); 2) consapevolezza del nesso fra ricerca e pratica professionale docente (importanza); 3) maturazione di un approccio diverso per osservare la realtà (approccio); 4) assunzione del professionista rilessivo come riferimento per leggere la propria professionalità (rilessività); 5) consapevolezza delle diicoltà di fare ricerca dal contesto scolastico (perplessità). tabella 4. Che cosa le lascia questo corso7 (N)? conoscenze importanza approccio rilessività perplessità totali tFA 38 18 20 16 21 113 Primaria 21 28 7 6 0 62 Complessivi 59 46 27 22 5 175 Graico 1. Che cosa le lascia questo corso? (N) di seguito sono riportati alcuni stralci esempliicativi in corrispondenza di ciascuna categoria individuata. Categoria 1 - Conoscenze circa il processo di ricerca: “Conoscenze da mettere in pratica nel caso decida di attivare delle ricerche nella pratica DOVE VA LA SCUOLA? Competenza di ricerca e pratica professionale docente 101 professionale (tFA); il corso mi lascia un bagaglio di conoscenze sul processo di ricerca maggiore rispetto a ciò che già avevo. (tFA); Questo corso mi ha fatto capire che cosa sia in sé una ricerca, cioè come si sviluppa in dal suo inizio e a cosa serva, quindi quale sia il ine della ricerca. Non avendo mai trattato l’argomento, credo che il corso mi abbia fornito nuove conoscenze. (Primaria); Grazie a questo corso ho avuto la possibilità di conoscere meglio la ricerca e le fasi. È stato utile soprattutto conoscere e analizzare i diversi strumenti per fare ricerca (Primaria)” Categoria 2 - ricerca e docenza: “la consapevolezza di poter continuare a svolgere il mio lavoro in modo più rigoroso e l’importanza che la rilessività e l’osservazione, insieme alla veriica del mio intervento ha sullo stesso (tFA); Un atteggiamento molto più curioso e al tempo stesso più attenzione nei confronti della ricerca (Primaria); Mi ha fatto capire che fare ricerca in ambito educativo è importante. ti permette grazie all’osservazione e alla ricerca di saper gestire nuove situazioni e conoscere maggiormente vari aspetti che puoi incontrare in ambito educativo (Primaria); la convinzione che sia utile e importante cercare di fare ricerca in ambito scolastico per quanto complesso (tFA); Questo corso mi lascia l’importanza del rapporto che c’è fra ricerca e formazione. Ciò che maggiormente ho acquisito è la consapevolezza del fare ricerca. (Primaria); Mi lascia la consapevolezza che l’insegnante fa ricerca ogni giorno per riuscire a migliorare il modo in cui insegna adattandolo alla situazione in cui si trova (Primaria)” Categoria 3 - Approccio alla realtà: “Una visione diversa delle azioni, della realtà. Un nuovo modo di pianiicare e valutare i propri interventi e azioni in ogni contesto (tFA); Consapevolezza che in qualsiasi ambito lavorativo, non esistano un modo di operare ed un ine unici; rilessione riguardo al proprio operato (tFA); Questo corso mi ha insegnato un metodo per guardare la realtà osservandola per quello che è senza pregiudizi e precomprensioni (Primaria); Una nuova prospettiva sull’importanza della ricerca anche in ambito educativo, cosa che non avevo mai considerato ino ad ora (Primaria)” Categoria 4 - Professionista rilessivo: “il corso mi ha insegnato a non fermarmi mai, a non pensare di essere arrivato. l’elemento cardine è più importante, è il concetto del professionista rilessivo, diicile da raggiungere come meta (tFA); la speranza che entri a scuola l’idea del professionista rilessivo (tFA); Ho imparato che l’atteggiamento rilessivo, in ogni ambito, è fondamentale per conseguire buoni risultati nel mio percorso. Credo sia fondamentale sempre, ma nel nostro mondo di insegnamento ed edUCAtioN SCieNCeS & SoCiety 102 Katia Montalbetti educazione lo è ancora di più (Primaria); Grazie a questo corso ho imparato che l’insegnante non deve solo trasmettere semplici nozioni, ma deve essere prima di tutto un professionista rilessivo (Primaria)” Categoria 5 - diicoltà di fare ricerca: “Sicuramente molta più chiarezza riguardo il fare ricerca e il saper leggere una ricerca; tutto questo però reputo sia lontano rispetto al mio ambito d’azione e quindi poco applicabile (tFA); l’opinione che la conoscenza di questi argomenti non sia essenziale per un buon insegnante (tFA); la comprensione che fare ricerca richieda diverse competenze. Ai ini lavorativi non penso che il tutto sia utile o utilizzabile (tFA); resta il dubbio della diicile applicabilità di certe metodologie all’interno della scuola, non per mancanza di volontà, quanto per mancanza di risorse (tFA); Qualche dubbio in merito alla fattibilità in ambito scolastico, nella mia posizione (tFA)”. Nel complesso, al corso è riconosciuto un contributo su piani diversi: sapere, saper fare, saper essere e saper divenire; non mancano tuttavia le perplessità circa la possibilità di dare concreta attuazione ad attività di ricerca in ragione delle dinamiche e delle logiche tipiche del contesto scolastico percepite spesso come ostacolanti. tale sguardo critico è espresso in particolare dai corsisti tFA che hanno maggior esperienza e una conoscenza più approfondita del contesto scolastico; in sintesi, quanti sperimentano il fare scuola si fanno portavoce di una visione più disincantata. La ricaduta del corso. Anche se gli studenti riconoscono il contributo del corso la motivazione ad impegnarsi in attività di ricerca nel futuro appare meno robusta. tabella 5. il corso le ha fatto venire voglia di fare ricerca (N)? si in parte no totale tFA 22 31 23 76 Primaria 16 22 2 40 Complessivi 38 53 25 116 DOVE VA LA SCUOLA? Competenza di ricerca e pratica professionale docente 103 Graico 2. il corso le ha fatto venire voglia di fare ricerca (N)? Alla domanda “il corso le ha fatto venire voglia di fare ricerca?” poco più di un terzo risponde “sì” esprimendo l’intenzione di sperimentare sul campo quanto imparato come risalta nelle loro parole: “Avrei voglia di mettermi in gioco e di provare sul campo ciò che imparato e studiato (tFA); Si poiché penso che per certe circostanze e contesti lavorativi sia utile fare ricerca. Pensando ad un contesto scolastico trova che sia di grande utilità per un insegnante perché può portare ad un miglioramento della sua professione di docente (Primaria); Si soprattutto perché ho scoperto che per un insegnante è fondamentale fare ricerca e interrogarsi sui metodi e su se stessi (Primaria)”. Un quinto esprime un parere negativo ponendo in evidenza che fare ricerca non rientra fra le attività associate alla pratica professionale e soprattutto al proprio modo di essere insegnante: “Purtroppo no, mi sembra che la proposta di fare ricerca supplisca in modo mancante al bisogno vero di un professore di migliorare la propria capacità di insegnare ed entrare in rapporto con i suoi studenti. (tFA); Sinceramente no, ma non per il corso in sé, ma per il fatto che personalmente non mi interessa fare ricerca, anche se il corso è stato interessante (Primaria); Non credo di essere portata per fare ricerca. Anche perché richiede tempo e dedizione (Primaria)”. edUCAtioN SCieNCeS & SoCiety 104 Katia Montalbetti Una quota considerevole (poco meno della metà) si colloca nello spazio intermedio fra le due polarità individuate (Si/No); si tratta di una categoria che include in realtà due tipologie di opinioni riassumibili in “Si, ma…” e “No, però…”. Alcuni stralci aiutano a cogliere la speciicità dei punti vista: “Si, anche se vedo ancora come ostacoli la disponibilità di tempo e risorse. Conido che una maggiore esperienza permetta di non scindere la ricerca dalla pratica quotidiana in classe (tFA); Si, anche se vedo comunque la ricerca come un’attività complessa e al di sopra delle mie competenze. (tFA); Parzialmente si, anche se la complessità della ricerca in campo educativo mi spaventa. (Primaria); Abbastanza, perché un docente non può fare solo ricerca, ma anche occuparsi delle altre componenti. (Primaria); Non molta perché penso, almeno nei primi tempi, che un docente deve correggere e spiegare giorno per giorno e quindi non ha il tempo materiale di svolgere una ricerca, ma può adottarne le modalità nella pratica didattica (Primaria); Non molto, in quanto lo reputo un processo troppo complicato (Primaria). Nel complesso, le perplessità circa la possibilità di attuare ricerca nella pratica professionale sono ricondotte da un lato ai vincoli del contesto scolastico dall’altro alla complessità del fare ricerca. Come già precisato i dati che indicano una disponibilità a mettersi in gioco vanno interpretati con prudenza; non permettono infatti di trarre indicazioni certe relative a condotte e comportamenti ma si riferiscono ad intenzioni. la ricerca mirava ad acquisire informazioni circa la bontà dell’impostazione dei corsi e ad individuare piste di miglioramento. Nel complesso i dati supportano le scelte compiute le quali sembrano favorire l’acquisizione di conoscenze, lo sviluppo di abilità e la rimessa in discussione di alcune idee pregresse riferite sia alla ricerca sia alla pratica professionale docente. Nondimeno permane un atteggiamento cauto; gli insegnanti in formazione non si reputano suicientemente competenti per progettare e implementare azioni di ricerca. Questo dato, indirettamente, informa circa la serietà e l’importanza associate alla ricerca su cui poggia la consapevolezza di dover consolidare ed ampliare le acquisizioni maturate. Al contempo suggerisce di inserire nel percorso la possibilità di progettare e implementare una ricerca sul campo in modo assistito per consolidare le competenze e supportare la motivazione. il gap rilevato fra la proposta del corso e le condizioni di lavoro reali nella scuola, posto in risalto soprattutto dai corsisti tFA, costituisce uno snodo sul quale rilettere e un elemento da problematizzare. dare maggior spazio alla presentazione di esperienze di ricerca condotte da insegnanti, coinvolgendoli come testimoni, potrebbe in DOVE VA LA SCUOLA? Competenza di ricerca e pratica professionale docente 105 questa prospettiva ofrire stimoli ed evidenze di come sia possibile, nonostante tutto, fare ricerca a scuola. Gli insegnanti coinvolti nell’indagine rilettono, con tutte le speciicità del caso la cotraddizione fra dichiarato ed agito: anche quando colgono e riconoscono il potenziale della ricerca fanno comunque fatica ad immaginare forme implementative poiché vedono la loro professione circoscritta al lavoro di aula. le condizioni e i meccanismi di funzionamento degli istituti scolastici ostacolano inoltre l’iniziativa e non costruiscono i presupposti per fare ricerca. Ciò emerge in particolare fra i corsisti tFA: la contraddizione fra l’immagine del docente professionista proposta nel Corso, il vissuto personale in quanto formandi e l’esperienza, seppur ridotta, nel mondo scuola è posta in risalto. Come osservato il professionista è tale perché costruisce e ricostruisce ogni giorno il suo oggetto di lavoro inventando e reinterpretando criticamente stimoli che provengono da fonti diverse; la competenza di ricerca non è riducibile ad un insieme di abilità tecniche piuttosto qualiica un modo di accostare l’attività, la professionalità e se stessi. Nella formazione iniziale va suscitato e accompagnato lo sviluppo di questa competenza in modo da gettare i presupposti per il suo esercizio nella pratica professionale futura. Ciò non signiica sottostimare l’inlusso di variabili altre (cui si è fatto riferimento nei paragrai precedenti) ma riconoscere il proprio campo di intervento e percorrerlo con convinzione e responsabilità. Note 1 i dati sono riferiti al Corso di dottorato di ricerca in Pedagogia [cicli XXVi, XXVii, XXViii] e sono stati forniti dall’Uicio dottorati del predetto Ateneo. 2 del resto anche sul piano scientiico la querelle sulla professione o semiprofessione dell’insegnamento non è ancora del tutto superata (lisimberti, 2006; Maroy, Cattonar 2002; bourdoncle, 1991, 1993; ribolzi, 2002; Chiosso 1997; damiano, 2004; etzioni 1969). 3 il corso in oggetto era rivolto a corsisti appartenenti alle classi di abilitazione 29-30, A51, A52. 4 Nel Cdl in Scienze della formazione primaria l’insegnamento di Metodi della ricerca educativa è integrato da un laboratorio nel quale sono stati sperimentati alcuni strumenti della pratica rilessiva (Montalbetti, 2014) 5 Per l’analisi è stato utilizzato il software SPSS (19) - Statistical Package for Social Science. 6 Nel testo si è scelto di riportare i dati assoluti o i valori percentuali secondo edUCAtioN SCieNCeS & SoCiety 106 Katia Montalbetti opportunità. Sono stati inclusi soltanto i risultati particolarmente signiicativi in ordine al quadro teorico delineato. i dati sono presentati in maniera complessiva e laddove utile sono distinti secondo i due gruppi di rispondenti. 7 i testi narrativi prodotti contengono elementi riconducibili a più di una categoria; per questa ragione la numerosità complessiva è pari a 175 anzichè 116. Presentazione dell’autore: Katia Montalbetti è ricercatrice in Pedagogia sperimentale - con conseguita abilitazione a professore associato - nella Facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ed esperto del Centro Studi e ricerche sulle Politiche della Formazione (CeriForm). Svolge attività didattica nell’ambito della metodologia della ricerca, della progettazione e della valutazione. la sua attività di ricerca concerne in particolare lo studio dei processi e dei sistemi formativi, con un’attenzione speciica ai temi del monitoraggio e della valutazione, della formazione dei professionisti e dei docenti nel campo dell’istruzione e della formazione. Bibliograia Anelli F. (2015), “il ruolo (e il futuro) delle università non statali”, in Vita e Pensiero, 1, 5-11. Angus, l. (2006), “educational leadership and the imperative of including student voices, student interests, and students’ lives in the mainstream”, International Journal of Leadership in Education, 9 (4), 369–379. Cattaneo, A. (2009), L’altra formazione. Un’indagine sullo sviluppo professionale degli insegnanti, Milano, Vita e Pensiero. baldacci, M. (eds.) 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