clara e gli americani - Associazione Artisti Bresciani
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clara e gli americani - Associazione Artisti Bresciani
CONTEMPORANEA-8 CLARA E GLI AMERICANI AAB EDIZIONI COMUNE DI BRESCIA PROVINCIA DI BRESCIA ASSOCIAZIONE ARTISTI BRESCIANI CONTEMPORANEA-8 CLARA E GLI AMERICANI a cura di Fausto Lorenzi galleria Aab - vicolo delle stelle, 4 - Brescia 6-24 luglio 1997 feriali e festivi 15,30 -19,30 lunedì chiuso AAB EDIZIONI CLARA E GLI AMERICANI Fausto Lorenzi Un’artista, Clara Scarampella Lombardi, propone ad altri artisti di misurarsi col suo stesso sguardo. Questi artisti appartengono a più generazioni, provengono in gran parte dagli Stati Uniti, ma anche dal Brasile, dalla Costa Rica, dalla Corea, dal Giappone. Hanno in comune la frequenza di un Graduate Program della New York University a Venezia, presso l’Istituto Universitario di Architettura e la Collezione Peggy Guggenheim. Nasce così, nell’estate del 1996, Clara e gli americani. Clara Scarampella è stata visiting professor al programma diretto da Angiola Churchill. L’artista bresciana lavora di chiasmo sulla natura delle immagini in rapporto alle immagini della natura. Si colloca sul confine di più linguaggi, dove tecniche e immagini si trasmutano l’una nell’altra. Ella infatti procede fabbricandosi sculture provvisorie con materiali effimeri (sabbie, polistiroli, zuccheri) o isolando oggetti trovati (tronchi, ceppi, catene): li fotografa da un solo punto di vista, li riproietta in bianconero su tele emulsionate, poi vira a colori d’olio, acrilico, anilina. Diventa fondamentale il valore del rilievo, che ha perso ogni plasticità fisica per acquistare l’evidenza d’un’immagine mentale o psichica. E’ il tema d’una matericità altra, che nasce dall’estenuazione delle possibilità descrittive del reale. Non è più solo il tema del mistero che resta celato dietro il mondo rappresentato: è anche il mistero del vissuto che si fa polvere, enigma scolpito nell’anima. Che pelle hanno le cose, dopo questo processo fotoalchemico e questo viraggio colorato, se non quella del tempo perduto? Anche questi oggetti trovati tengono ben poco dello spiazzamento dadaista: legno, marmo, cemento, terra, sabbia, corteccia, neve, zucchero sono raffinati dalla natura. Poi ne resta solo l’impronta, o la traccia, dunque la memoria. La contaminazione tra mezzi diversi e tra manualità e tecnologia non tradisce però l’assunto fondamentale dell’operazione, che è quello d’attenersi alla visione della natura. E’ la luce - dichiarata la materia vera di cui le cose sono fatte - a segnare la continuità del processo: alla fine ci resta, come in una custodia della memoria, l’apparire alla luce, svaporato ma non perso. Partecipiamo a un racconto di soffi di luce, di aliti di immagini. Le foto, del resto, all’inizio del processo, non fissavano che istanti plastici. Alla fine, quegli stessi attimi sono cristallizzati nella memoria. Un tempo, i lavori di Clara Scarampella erano austeri, tendenzialmente monocromi. Negli ultimi anni, si accendono di colori più lirici, magici e luminescenti, come aspirassero all’astrazione di un sogno puro, o al portento della favola che, come noto, sospende il tempo. Clara scol- 3 pisce, fotografa, emulsiona e dipinge la redenzione della materia: al fine, è il cammino di tutto il nostro secolo, questo della realtà più volatile, effimera e precaria soppesata nella coscienza rievocatrice. Si direbbe che la scultura effimera o l’oggetto trovato di partenza fungano da semplici vocaboli-pretesto, quanto basti per evitare le secche dell’astrazione assoluta. Ma quelle strutture del mondo visibile muovono sentimenti inesprimibili con le parole, determinati specificamente da forme, linee, colori, spazio, luce. Quelle forme avanzano dal fondo dello spazio come dal fondo del tempo. Assistiamo dunque al passaggio non all’astrazione, ma da una forma reale a una sostanza emotiva, concreta di pensiero. C’era, nei lavori di alcuni anni fa di Clara Scarampella, specie con le sabbie o le terre, un modo di imprimere degli oggetti sul fondo come su una calda e molle matrice, perché ne restasse poi l’impronta fantomatica: dai successivi lavori sappiamo che non sono figure d’un’assenza, ma del puro e semplice apparire della luce. Questo lavoro sulla borderline, sul margine di più linguaggi, possiamo chiamarlo scultura esistenziale: racconta il consumo dei giorni. Certo, vi agisce il sospetto di un’ombra non illuminata, d’un mistero che noi possiamo solo intuire nella metamorfosi - che nasce da una vera e propria contaminazione - tra tempo dell’esistenza e tempo dell’immagine, sapendo che vediamo solo per riflesso, e come ci aspettiamo che le cose siano. Ma se il colore è liberato dalla combinazione originale con l’oggetto, può chiedergli di farsi vedere su quella linea di trapasso tra colui che vede e ciò che si fa vedere, sicché l’esperienza della visione si offre come sprofondamento nelle cose, più ci si allontana da esse. Pelle delle cose e membrana dell’anima aderiscono l’una sull’altra transitando nella luce. Così un tronco d’albero che pare un torso monco di Venere, un ceppo che pare uno squarcio tellurico nel cuore della terra o un’immensa, stratificata cava di pietra, e una corteccia che pare formicolare di materia organica, quali sono nelle foto di partenza, inducono Clara Scarampella a far emergere, tra lingue e lame di luce, casine nel bosco, ferite, gole e cascate, i moti e i mutamenti della propria fisionomia interiore. Gli artisti della New York University sono stati vincolati ad attenersi allo stesso, unico punto di vista di partenza: alle foto scattate da Clara Scarampella. Non è un 4 ambito circoscritto di esercitazione o di sperimentazione. E’ fondamentale la lentezza dello sguardo, l’osservare con estrema attenzione e precisione. Questo permette di considerare il processo che porta agli oggetti dell’arte. Come una definizione di sacche di resistenza alla banalizzazione e all’omologazione, magari guardando di scorcio, perché l’accelerazione delle rappresentazioni ci fa perdere la profondità di campo. Lo sguardo lento è la capacità di piegarsi con tenacia a raccogliere e proteggere mutazioni e deterioramenti del tempo storico: le foto proposte da Clara Scarampella sono l’opposto della sequenza fotografica, come di qualsiasi sequel indefinito e indifferente di scatti. Vede e fissa qualcosa come se vi fosse solo un’unica, ultima possibilità per farlo: un trattenere-custodire qualcosa con lo sguardo, un riguardare appunto. Un salvare l’esistenza delle cose, ma per l’anima. Le immagini che lei ha fissato con la fotocamera sono già racconti dello sguardo (e qualcosa di ignoto già trapela nella dimensione del ricordo, come poi si espliciterà nell’emulsione su tela e nel viraggio a colori), ma sono stati offerti come un serbatoio a chi avesse avuto voglia di ascoltare i propri occhi. Tutti gli interventi degli artisti di New York-Venice sembrano mossi da una celebre frase di Cézanne che dice: “Le cose scompaiono, bisogna affrettarsi se si vuole vedere qualcosa”. Attraverso l’atto del vedere e del mettere in immagine, si ha la costruzione di un sentimento dell’essere al mondo, quasi una cura della perdita, del disastro delle cose che fuggono via e si dissolvono. La sfida che tutti hanno accettato, indipendentemente da ciò che abitualmente accende il loro mondo tecnico e poetico, è stata proprio quella del moto conoscitivo e affettivo del mettere in forma il vedere anche quello altrui - come cura del mondo circostante. Bobbi Adams sfarina la corteccia in un impasto organico delicato e brulicante, in uno scheletro già eroso dell’oggetto, già prossimo a un movimento dell’inconscio. Rolando Barahona inventa un grande ritaglio di paesaggio, come rovesciasse il processo fotoalchemico, e dalla foto tornasse a ricavare brani di natura viva, come oggetti trovati lacerati, che prendon corpo in un luogo tutto mentale, disegnato. Theodora Becker suscita dalla texture dell’albero, come da una crisalide, un angelo che spiega le ali come un grande man- 5 tello: la citazione di preziosità d’oro e d’argento evoca la tradizione bizantina-veneziana. Joyce Brian fonde gestualità segnica e spezzoni di pellicola di celluloide: la verità registrata dalla macchina imperturbabile, e la verità registrata dalla mano quale sismografo dell’anima. C’è anche lo spago, a tentare di annodare la precarietà terremotata della vita: ma i fili si spezzano sempre. Cristina Burch Polk aggredisce il ceppo con una decomposizione furibonda, che l’ha eroso all’interno e si rovescia all’esterno come un magma convulso. C’è qualcosa di purulento, come d’un’emozione esulcerata. Dave A. Burke costruisce un mondo di stratificazioni e trasparenze, come una mappatura del vedere. Un mondo di prelievi e trapassi visivi, in cui il segno delimita delle zone d’esperienza, l’una sopra l’altra, come a inseguirne una sempre più precisa definizione emotiva. Theodore J. Cantrell trasforma la foto in un cilindro bituminoso irto di ferro e chiodi: un oggetto totemico, di forza primitiva e barbarica, che condensa magicamente la forza dell’albero. L’artista si rivela un accanito manipolatore dentro sofferenze e palpitazioni dell’immagine fatta materia. Jane Cushing si affida a un gesto insieme violento e sottile: un taglio nell’immagine, un ramo secco che vi esce. La pratica dello spazio vissuto, la precarietà bruciante della conoscenza nella materialità dei testi, si accompagna al gioco concettuale. Andrew Fotopoulos da un’opera di collage fa emergere da quinte sommarie e discrete un paesaggio abitato dal silenzio, di alberi sperduti sui dossi. Un saldo impianto ritmico e strutturale, che ricorda il paesaggio della pittura italiana antica e che pare custodire una verità remota. Tracy Fritz s’inoltra in un magma oscuro: l’immagine è tutta rivolta all’interno della coscienza, come se l’albero diventasse una personificazione di un ambiguo e oscuro territorio dell’anima. Da una camera oscura, in uno scorporo di cornici mentali, emerge anche il torso di donna in cui è trasformato il ceppo da Anne Hinds. Isolato nel profilo nero, sta rinserrato in uno spazio chiuso, meditativo. Kathrin Holley fonde graffiti preistorici istoriati sulle rocce e graffiti metropolitani, in due silhouettes che s’accendono sul tronco come scie luminescenti, tracce fantasmatiche di presenze vitali. 6 Hee Jung Kim fa dell’albero una metafora dell’albero genealogico, come volesse risalire a una propria fisionomia originaria: ritrae ossessivamente se stessa, in foto che mutilano frammenti del viso. Ritrova la verità d’un’eterna rifrazione in un gioco di specchi deformanti. Doris Kloster ci dà una Venere degradata, in una sacralità dell’eros graffiata e macerata, ma i suoi segni di colore sono aspre tracce di vita, con la valenza iniziatica di tatuaggi. Petronella Napolitano coglie nelle cavità d’un tronco il rifugio d’una visione d’infanzia, d’un presepio da sacra famiglia, in un’accensione di rosa vivido e festante. Pamela Richter Hudson invita a penetrare in un mondo segreto, alzando un velario dopo l’altro, fino a un segnale di stop. Un itinerario a doppia freccia, in un impossibile ritorno al grembo naturale, o di liberazione da esso di un’energia segreta. Malvina Sammarone cela l’immagine con la cera, lascia appena una minuscola finestrella sulla natura: la custodia di un reperto della memoria, dell’accesso a un mistero. C’è il ricordo di sacri lenzuoli, di bende purificatrici per antichi doni sacrificali, e un senso tutto femminile dell’accudire e custodire. Nancy Scarangella ribalta il ceppo della foto, lo ricopre di carta trasparente e lo isola come un torso affiorato da uno scavo archeologico: ne fa un oggetto ambiguo, inquietante, che cataloga una lancinante separatezza. Anche Linda Caroll Silver reinterpreta una foto in maniera antropomorfa, col gusto dello spiazzamento: ne ricava un faccione totemico, un mascherone solcato da una lacrima. Trisha Louise Singletary con bitume e carte incollate cerca di rigenerare la forma in un empito quasi espressionista. Tutto si fa materia e segno che accade, come d’un corpo che volesse liberarsi. Joy Stingone si chiede se ci sia uno stato di sospensione tra l’immagine e l’istante di vita che l’ha generata. Insegue e moltiplica all’infinito un fotogramma di film, col volto di Anna Magnani, ne trascrive a mo’ di epigrafe la frase corrispondente (“Non sento niente”), inghiotte tutto in un non luogo nero, inchiavardato da assi bianche e colature bianche, dove si è già sotto il segno della reliquia. L’immagine cerca di forare il velo nero che la ricopre, ma è assorbita in uno spazio mortale, reso invalicabile allo sguardo. Spaulding Taylor investe la corteccia di una colata d’argento. Una ricerca che pare immettere in un mondo di fantasy, in un bosco degli gnomi e degli elfi, ma che ricava tutta la carica espressiva dall’interno dei rapporti formali tra materia e colore. Una ridipintura fantastica in arancio e verde è anche quella di Alexis Lea Tsiouris, che vuole far affiorare accensioni liriche più intime e sognanti. 7 Ritagli di carta e colore danno una dimensione di recupero giocoso, quasi di pattern, di decoro festante, al tronco-busto femminile di Marilu Zahn. Qui è come se la vita rifiorisse nella composizione formale, fatta di screziature preziose. Mayumi Yoshizawa rielabora l’immagine fotograficamente, fino a introdurci nella densità fisica e psichica della materia: ci porta a uno sperdimento in uno spazio-tempo dove smarriamo la nostra misura biologica ed esistenziale. Wu Kimmy Po Chun scopre un’avventura di erosione, di sprofondamento nella sostanza organica e geologica del mondo, con la sua corteccia trafitta di luce secca, che si sfalda in terra e sabbia. Violette Marta Kott lavora su distanziazioni e riavvicinamenti dell’immagine, tra fotocopie su carta trasparente e velature con carta incerata. E’ il colore che conserva e reinventa lo scheletro eroso d’un tronco, lo traspone in una densa carnalità di dea silvestre, di ardore tenace, ma insieme lo ribalta in un improvviso, inattingibile fantasma. Gli oggetti trovati sono dunque modificati da ciascuno sguardo, collocati da molti di questi artisti sul punto di trapasso tra un tempo che si sfalda ed uno che si va coagulando. Anch’essi confermano come l’arte di questo secolo abiti le cose, mettendosi all’incrocio tra vedente e visibile. 8 gli americani Adams Barbara Jean (30-6-1939) insegnante 215 So Heyward St., Bishop Village, Sud Carolina 29010 Tel. 803-4283648 Olio su carta cm 40 x 60 anno 1996 10 11 Barahona Rolando Antonio (1-1-1944) architetto Aparado 528-2050, San José - Costa Rica Tel. (506) 2532112 - Fax (506) 2240127 Tecnica mista cm 50 x 110 anno 1996 12 13 Becker Theodora Fabian (21-11-1946) insegnante - artista 480 Spring Valley RD - St. Helena - California 94574 Acrilico su carta cm 40 x 60 anno 1996 14 15 Bryan Joice (11-4-1949) insegnante 62 Ridge Road, Bay Pt. - Sagharbour - New York, NY 11963 Tel. (516) 725-3116 Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 16 17 Burch Christina Polk (19-6-1972) insegnante 33 Saint Mark Av. Brooklyn, New York, NY 11217 Acrilico su tela cm 40 x 60 anno 1996 18 19 Burke Dave Antony (9-1-1964) insegnante 47 South 5th St. Brooklyn, NY, 11211 Tecnica mista cm 50 x 110 anno 1996 20 21 Cantrell Theodore Joseph (27-8-1955) professore 90 Sount treet #209, Hingham Massaciussex 02043 Tel. (617) 740-1785 Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 22 23 Cushing Jane Dutton (24-10-1946) architetto 538 Mercher Street, Albany, New York - 12208 Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 24 25 Fotopoulus Andrew James (11-7-1970) artista 2432 Bayview Drive, Ft. Lauderdsle, Florida 33305 Tel. 954-563-9158 Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 26 27 Fritz Tracy Jean (22-10-1971) professore 22 N. 20th Street apt D - Allentown, Panama 18104 Tel. (717) 476-5456 Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 28 29 Hinds Anne Marie (26-03-1972) 327 Mayorca #2, Coral Gables, Florida 33134 Tel. (305) 446-7556 Collage cm 50 x 80 anno 1996 30 31 Holley Kathrin Anderson (21-06-1943) professore 107 Post Oak Road, Belvidere, Tennesy 37306 Tel. (615) 967-1193 Acrilico su carta cm 40 x 60 anno 1996 32 33 Kim Hee Jung (9-01-1971) artista 75 Street Marks Place Apt. 4A, New York, NY 10003 Tel. (212) 242-1322 Collage cm 40 x 60 anno 1996 34 35 Kloster Doris Helga (12-02-1960) fotografa - insegnante 144 East 24th Street 813, New York - NY 10010 Tel. (212) 714-866 Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 36 37 Koll Violette Marta (11-07/1969) insegnante 165 Monroe Street New Britan, 06052 Tel. (203) 932-8528 Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 38 39 Napolitano Petra (6-10-1972) insegnante Continental Road, Tuxedo Park NY - 10987 Tel. (212) 720-4760 Acrilico su tela cm 60 x 100 anno 1996 40 41 Richter Hudson Pamela (12-06-1956) insegnante 591 S.Mt. Road, New York, NY Collage e acrilico cm 40 x 60 anno 1996 42 43 Sammarone Malvina Jane (22-08-1956) architetto 371 apt.91 - Sao Paulo, Brasile - 01454 011 Tel. (5511) 81533414-6052369 Tecnica mista con cera cm 40 x 60 anno 1996 44 45 Scarangella Nancy Jane (31-07-1948) scenografa 144 Highview Road, Dover Pensievania, NY 12522 Tel. (914) 677-9911 Collage con trasparente cm 50 x 160 anno 1996 46 47 Silver Linda Caroll (5-12-1947) insegnante 7 E 14th Street #227, New York, NY 10003 Tel. (212) 620-5654 Uomo albero Acrilico su tela cm 40 x 60 anno 1996 48 49 Singletary Trisha Louse (20-08-1969) insegnante - artista 205 East 12th Street 4C New York, NY 10003 Tel. (212) 475-2537 Tecnica mista cm 45 x 65 anno 1996 50 51 Stingone Joy Marie (2-04-1964) pittrice 10 East 13th Street #5B, New York, NY 10003 Tel. (212) 645-5041 Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 52 53 Taylor Spaulding (2-01-1934) gallerista - artista 67 Belcher Street, San Francisco 94114 Tel. (415) 6268917 Tecnica mista cm 45 x 65 anno 1996 54 55 Tsiouris Alexis Lea (26-01-1970) insegnante - artista 508 Brookfield Panama 19026 Tel. (610) 6265619 Acrilico su tela cm 40 x 60 anno 1996 56 57 Wu Kimmy Po Chum (10-01-1970) artista 41-03 160 Street, New York - NY 11358 Manipolazione fotografica cm 40 x 60 anno 1996 58 59 Yoshizawa Mayumi (11-07/1969) insegnante 253 East 40th Street #16G, New York, NY 10016 Tel. (212) 986-1477 Acrilico su carta cm 40 x 60 anno 1996 60 61 Zahn Marilu C. (19-12-1958) insegnante 590 E. 3rd Street, 2G Vernon, NY 10553 Tel. (914) 664-0893 Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 62 63 e Clara Cascata d’argento Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 66 67 Venus Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 68 69 La prigione dei sogni Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 70 71 Incendio Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 72 73 Fuochi d’artificio Tecnica mista cm 120 x 80 anno 1996 74 75 La ragnatela Tecnica mista cm 70 x 120 anno 1996 76 77 Notturno Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 78 79 Il cuore dell’albero Tecnica mista cm 60 x 120 anno 1996 80 81 La ferita dell’albero Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 82 83 Uomo crocifisso Tecnica mista cm 40 x 60 anno 1996 84 85 CLARA SCARAMPELLA Principali mostre personali 1976 1979 1980 1982 1983 1986 1988 1989 1993 1994 1995 1995 1997 Milano, “Teatro Uomo” Verona, “La Quaglia” Bari, “Arte e Spazio” “Musée Municipal de Saint Paul de Vence” Trento, “9 Colonne” Bruxelles, “Galérie Montjfoie” Nizza “Galleria Sapone” Ferrara, “Palazzo dei Diamanti” Tokio, “Galleria Ginza” Savona, “Il Brandale - Centro Arte e Cultura” Como, “Il Salotto” Giappone, “Museo d’Arte moderna di Kitalkyusbu” Giappone, “Soko Bank di Fukuoaka” Nizza, “Galleria Sapone” Capri, “Galleria Miniaci” S. Paul de Vence (Francia), “Museo” S. Paul de Vence (Francia), “Museo” New York, “Scuola di N.Y.” Leoni da Venezia Brescia, Galleria A.A.B., “Clara e gli americani” Saloni e fiere 1980-1981-1982 XXVI e XXVII “Salon de Mai”, Parigi “Expo Arte Bari 1981” con la Galleria Sapone “Arte 81” di Basilea 1993 Bergamo, Conferenza Associazione VIN/ES - “I Segni” 1994 Venezia, “Conferenze alla Collezione Peggy Guggenheim” 1996 Padova, Concorso nazionale per opere d’arte per il nuovo Palazzo di Giustizia. Hanno scritto Luciano Anselmi, Guido Ballo, E. Buda, Robert Buson, Rino Cardone, Clive Foster, Mauro Corradini, Romana Loda, Fausto Lorenzi, Giuseppe Marchiori, Mauro Margonari, Silvano Marini, Luigi Meneghelli, Sandro Monzambani, Carlo Munari, Alfredo Pizzo Groco, Antonio Picariello, Franco Presicci, Mario Ramous, Pierre Restany, Carmelo Strano, George Tabarraus, Andrè Verdet, Gianni Vianello, Peter Zeller. Riferimento Galleria Sapone, Nice - tel. 0033/93/885427 Galleria Ginza, Tokio - tel. 571/1000 Studio dell’artista - Rezzato (BS) - tel. 030/2791132 86 Ringrazio di cuore Anna, Angelo, Franco, Jole Mattia, Sandro, Virginia, Ughetta e Fausto Contemporanea 8 Clara e gli americani 6-24 luglio 1997 Mostra organizzata dall’AAB Cura del catalogo: Martino Gerevini e Fausto Lorenzi Allestimento della mostra: Pierangelo Arbosti, Ermete Botticini, Giuseppe Gallizioli Segreteria: Francesca Manola Stampa: F. Apollonio & C. - Brescia Finito di stampare nel mese di giugno 1997. Di questo catalogo sono state tirate 1500 copie.