Patologie del rachide negli autisti di autobus

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Patologie del rachide negli autisti di autobus
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Disturbi muscolo‐scheletrici negli autisti di autobus Riteniamo utile diffondere e pubblicare, anche attraverso il nostro notiziario il lavoro di sintesi effettuato a cura del nostro Patronato sulla base di alcune ricerche internazionali effettuate in materia di patologie muscolo‐scheletriche riscontrate negli autisti di autobus. E’ evidente come tali risultati forniscano un importate sostegno per le attività che, a livello territoriale, si stanno sviluppando tra INCA e FILT, proprio su questa particolare materia, con riferimento allo specifico Protocollo sottoscritto. Il rischio per patologie del rachide negli autisti di autobus: una rassegna degli studi disponibili in letteratura L’INRS ha dedicato uno studio monografico sulla prevalenza di patologie muscolo‐
scheletriche negli autisti di bus urbani ed extraurbani, che ha preso in considerazione gli studi disponibili nelle banche dati. A fronte di un numero non vasto di pubblicazioni, sono state ritenute meritevoli di valutazione 14 studi, interessanti particolarmente la popolazione lavorativa degli autisti di mezzi extraurbani. Gli autisti di autobus urbani guidano il loro mezzo all’interno di centri abitati sul tragitto di una linea prefissata con fermate definite e con rotazione ed orario fissati in precedenza, mentre l’attività di autista di autobus extraurbani si differenzia nettamente in quanto, oltre alla concezione differente del mezzo, comporta compiti più variati quali, ad esempio, percorsi più lunghi e meno sistematizzati. Lo studio realizzato dall’INRS non è una metanalisi in senso stretto, ma piuttosto una valutazione qualitativa formale dei dati epidemiologici contenuti negli studi oggetto di valutazione e suo scopo finale era quello di rispondere a 3 domande: • il mestiere di autista di autobus determina un aumento del rischio di CTD? • quali sono i fattori di rischio professionale evidenziati? • I dati sono sufficientemente consolidati da poter permettere delle conclusioni definitive? Si diceva che sono stati arruolati nella valutazione 14 studi di cui 12 pubblicati su riviste scientifiche in lingua inglese e 2 in riviste francesi. Di questi 14 studi, 6 sono stati pubblicati dallo stesso gruppo di autori ed avevano ad oggetto lo stesso campione di 1500 autisti di autobus urbani della città di San Francisco seguiti nel periodo 1993‐2000. Abbiamo poi uno studio di coorte che raffronta una popolazione di autisti di bus degli USA con quella svedese, il che permette di dimostrare il ruolo del contesto nazionale nell’incidenza del rischio di CTD. Un studio di Bovenzi ha indagato le lombalgie e l’esposizione a vibrazioni fra gli autisti di autobus extraurbani in Italia, mentre i due studi francesi concernono gli autisti di bus urbani della regione parigina e di Besancon. Nell’indagine è stato incluso anche un lavoro di laboratorio sul disconfort legato alla guida prolungata. Rischio di CTD 1
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Fra i 14 studi ben dieci stabiliscono un rapporto fra lombalgie ed attività di autista di autobus. Lo studio prospettico condotto da Krause ed altri quantifica in 501 i casi di patologie lombari manifestatesi nel corso dei 7 anni e ½ in cui è stata seguita una popolazione composta da 1233 autisti, con una incidenza annuale di 8.33/100 autisti. Il periodo medio di comparsa dei primi sintomi è stato valutato in 905 giorni, cioè circa 2 anni e ½. Lo studio di Bovenzi condotto su 234 autisti di autobus urbani, confrontati con un gruppo di controllo costituito da 125 addetti alla manutenzione della stessa società, ha valutato, attraverso un questionario, la prevalenza di lombalgie nel corso dell’intera vita, degli ultimi 12 mesi e dell’ultima settimana. Dopo aggiustamento per età, indice di massa corporea, livello di istruzione, attività sportiva, tabagismo, stato civile, precedenti traumatismi lombari, carico posturale ed attività professionali antecedenti parimenti a rischio per il tratto lombare, tutti gli OR (odds ratios) relativi alle lombalgie negli autisti di autobus in rapporto al gruppo di controllo sono significamene superiore ad uno. Per gli autisti di autobus, la prevalenza delle lombalgie durante l’intera vita è di 83,8% con un OR aggiustato di 3,12 (IC5%: 1,82‐5,34), la prevalenza delle lombalgie nell’ultimo anno era di 82,9% con un OR aggiustato di 2,99 (IC 95%: 1.75‐5.09). Infine la prevalenza delle lombalgie nel corso dell’ultima settimana è di 62,4% con OR aggiustato di 2.35 (IC 95%: 1.47‐3.76). Magnusson et al. riportano che circa il 50% degli autisti di autobus oggetto del loro studio, condotto nel 1998, accusavano lombalgie. Nello studio di Okunribido et al, il 59% degli autisti di bus hanno avuto episodi lombalgici nei 12 mesi precedenti l’indagine e, fra essi, la metà ha avuto lombalgie nel corso dell’ultima settimana. Cervicalgie, dorsalgie ed altre patologie muscolo‐scheletriche sono descritti in sette delle pubblicazioni oggetto dell’indagine, ed interessano diverse professioni del trasporto: bus, taxi, trasporto merci. Magnusson et al. valutando queste patologie somministrando il questionario Nordique, ad un gruppo di lavoratori degli USA e ad un altro della Svezia, divide la popolazione in studio in tre gruppi: autisti di autobus, autisti su strada e lavoratori sedentari. Questi Autori rilevano una prevalenza di cervicalgie pari al 53% fra gli autisti degli autobus statunitensi, significativamente più elevata che fra gli autisti su strada ed i lavoratori sedentari. Questa differenza fra i tre gruppi non è stata registrata fra i lavoratori svedesi. Inoltre, gli autisti degli autobus statunitensi soffrono di problemi a carico dell’articolazione scapolomerale, con frequenza significativamente superiore a quella degli altri gruppi professionali, mentre in Svezia sono gli autisti su strada che denunciano maggiormente questa patologia. Tuttavia, nei due paesi, gli autisti (autista su strada ed autista di autobus) soffrono di patologia scapolomerale con frequenza maggiore dei lavoratori sedentari. Nello studio trasversale di Krause et al. la prevalenza, valutata con questionario autosomministrato, delle cervico‐dorsalgie in atto al momento dell’indagine va dal 10 al 14% ed aumenta al 20‐28% se vengono conteggiate le cervico‐dorsalgie insorte nei 12 mesi precedenti l’indagine. Questa prevalenza sembra debole se confrontata con quella ottenuta in altri studi ma dalla popolazione oggetto di studio erano esclusi i lavoratori in malattia o che seguivano percorsi di riconversione professionale, il che, secondo gli Autori, può comportare un bias di selezione sullo stato di salute della popolazione interrogata. Nello studio basato su questionario di Dartopis et al realizzato nel 2002 e con arruolamento di 320 autisti di autobus extraurbani, la frequenza di patologie cervicali è del 12%, quella delle patologie lombari del 27% (in diminuzione in rapporto ad una indagine condotta nel 1985 in cui essa raggiungeva il 38%) e quella delle patologie a carico delle spalle è del 5%. Infine nello studio di Magnusson et al, patologie scapomerali e cervicalgie sono correlate alle lombalgie (p<0,0001). Per quanto concerne l’assenteismo, gli autisti di autobus dello studio di Magnusson hanno periodi di fermo superiori (18 giorni) a quelli degli autisti su strada (4 giorni) e dei lavoratori sedentari (5 2
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giorni), con differenze fra i due paesi, infatti se non vi sono grandi differenze fra i due paesi (USA e Svezia) se si considera l’intera popolazione lavorativa nel caso degli autisti la durata di assenza dal lavoro per lombalgie degli autisti di autobus statunitensi è di 38 giorni in media mentre essa di 12 giorni per quelli svedesi. Questa differenza si spiega, sondo gli Autori, con le differenze nel regime di sicurezza sociale dei due paesi. D’altronde gli autisti di autobus statunitensi hanno dei periodi di assenza dal lavoro significativamente più lunghi di quelli degli autisti su strada e dei lavoratori sedentari a causa di lombalgie (p<0,0002), di cervicalgie (p<0,02) e di patologie scapolomerali (p<0,02), tali differenze fra gruppi non si rilevano invece nella popolazione svedese. Nello studio di Bovenzi gli autisti di autobus urbani hanno una prevalenza di assenza per malattia di durata superiore ai 30 giorni per lombalgie significativamente superiore a quella del gruppo di controllo nel corso dei 12 mesi precedenti lo studio (rispettivamente 7,3% e 3,2%). Mentre la prevalenza per assenze per malattia di durata minore di 30 giorni, non è significativamente diversa fra gli autisti di bus urbani ed il gruppo di controllo. Infine Krause et al. ritengono che, per gli autisti di bus, la lombalgia costituisca la principale causa di assenza dal lavoro e di malattia professionale meritevole di indennizzo, ma anche causa essenziale del cambio di mansione o di lavoro. Altre patologie evidenziate Le patologie cardiache di tipo ischemico sono evocate in due articoli ed attribuite ai fattori di rischio presenti fra gli autisti (mancanza di attività fisica, obesità, disturbi metabolici…); questi rischi sono favoriti dalle condizioni di lavoro (assunzione irregolare e non‐equilibrata dei pasti, lavoro sedentario, stress.). Le patologie respiratorie sono indicate solo in uno studio danese ed interessano gli autisti dei bus urbani. Il fattore di rischio per queste patologie è dato dall’inquinamento urbano determinato dall’emissione di fumi e polveri. Del pari citato nello studio danese è il rischio infettivo e parassitario legato al contatto con i passeggeri. Fattori di rischio per i CTD Fattori di rischio individuali Età Secondo Krause et al. gli autisti di autobus con una età superiore ai 50 anni hanno un rischio significativamente minore per patologie lombari dei soggetti di età inferiore (<40 anni). Il rischio diminuisce del 25% per blocchi di 10 anni di età. Tuttavia le patologie sono meno severe negli autisti più giovani di quanto non si evidenzi in quelli più anziani. Bovenzi, viceversa, constata nel suo studio un aumento della prevalenza di lombalgie con l’aumentare dell’età sia fra gli autisti di autobus che fra i controlli. Mentre il fattore età, secondo Krause, non costituisce un fattore di rischio per le cervico‐dorsalgie. Morfotipo Magnusson e Bovenzi si sono interessati alla relazione fra lombalgie ed obesità non trovando associazione significativa. Le relazioni fra morfotipo ed un aumento di rischio per cervico‐dorsalgie sono state oggetto di studio e Krause e coll. riportano un rischio due volte minore fra gli autisti di basso peso (<64 kg o < 10° percentile) di quello rilevato negli altri autisti (OR = 0,5: IC 95: 0,29‐0,8). Mentre gli autisti di autobus con peso elevato )>103 kg o >90° percentile) hanno la tendenza ad avere un rischio per cervico‐dorsalgie inferiore. Mentre nello studio di Krause gli autisti di autobus di bassa statura (<1.58 m o <10° percentile) presentando un rischio di cervico‐dorsalgie due volte più elevato degli altri autisti ma il piccolo numero del campione non attribuisce significatività al dato (OR = 1.82; IC 95%: 0,72‐4.64). Inoltre gli autisti di corporatura robusta (>90° percentile) hanno un rischio leggermente aumentato di cervico‐dorsalgie (OR = 1,25; IC 95%: 0,85‐1,85). Questi risultati non sono significativi 3
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malgrado il numero significativo di autisti arruolati in questa categoria (10% degli autisti). L’insieme di questi risultati suggerisce una relazione in forma di U fra cervico‐dorsalgie e corporatura., con un rischio aumentato ulteriormente per le corporature estreme. Mentre la relazione è il forma di U rovesciata fra cervico‐dorsalgie e peso, con un rischio minore per i pesi estremi. Krause e coll. indagano la relazione fra indice di massa corporea e rischio di cervico‐
dorsalgie e riportano un rischio due volte minore per gli autisti che presentano un basso IMC (<10°percentile) in confronto a tutte le altre categorie di autisti (OR = 0,54, IC 95% 0,30‐0,98), mentre gli autisti con elevato IMC (>90° percentile) non presentano differenze rispetto agli altri autisti. Genere Secondo Krause et al. le donne soffrono con frequenza due volte maggiore di cervico‐dorsalgie rispetto ai loro colleghi maschi (OR=2,14, IC 95: 1,33‐1,44). Esse presentano del pari un rischio maggiore degli uomini di patologie a carico del rachide lombare. Le relazioni tra genere e CTD negli autisti di autobus non è stato indagati negli altri studi oggetto dell’analisi dell’INRS ma il genere è spesso considerato nei modelli statistici come un fattore di aggiustamento. Fattori di rischio professionali I fattori di rischio professionali sono numerosi e di natura diversa: Postura protratta e movimentazione di carichi Nello studio di Bovenzi il carico posturale percepito, valutato attraverso una scala che andava da 0 (carico posturale assente) a 4 (carico posturale assai gravoso), è definito come uno dei determinanti più importanti nell’insorgenza delle lombalgie. L’autore evoca la posizione seduta protratta, le flessioni e rotazioni frequenti del busto che si realizzano al posto di guida combinate con le vibrazioni al corpo intero come fattori capaci di essere all’origine delle lombalgie negli autisti di autobus extraurbani. Egli suggerisce, anche, che la movimentazione di carichi o i cambiamenti rapidi posturali dopo un periodo di guida possono provocare delle lombalgie a causa di una fatica muscolare locale a carico dei muscoli spinali. Tale ipotesi è stata dimostrata sperimentalmente dallo stesso autore. Lo studio descrittivo di Okunribido indica che il 13,1% degli autisti di autobus movimentano carichi nel corso del loro lavoro e questo avviene maggiormente negli autisti di autobus extraurbani in cui gli autisti sono chiamati ad aiutare i passeggeri a caricare o scaricare i bagagli. Hannerz et al. ricordano che la movimentazione di carichi al termine di un lungo periodo in posizione seduta aumenta il rischio di lesioni discali e legamentose. Conferma dell’analisi di Bovenzi e Hannerz viene da Krause et al., che ritengono che le cervico‐dorsalgie negli autisti di autobus risultino da una esposizione combinata e protratta nel tempo a fattori biomeccanici (rotazione e flessione del tronco, posizione seduta protratta) o fisici (vibrazioni al corpo intero) e a fattori di rischio acuti (movimenti‐falsi, movimentazione di carichi, contusioni). Nello studio di Magnusson, gli autisti di bus extraurbani affetti da lombalgie movimentavano carichi in percentuale superiore ai non lombalgici. Vibrazioni Magnusson et al hanno valutato l’esposizione alle vibrazioni a corpo intero, in conformità con la norma ISO 2631, in un campione di autisti stradali e di autisti di autobus in condizioni di lavoro normali. I risultati hanno dimostrato che negli USA, l’esposizione quotidiana alle vibrazioni è significativamente superiore nel gruppo degli autisti su strada in rapporto al gruppo degli autisti di autobus. Al contrario in Svezia sono, invece, gli autisti di autobus ad essere maggiormente esposti. Ma se l’indagine considera il lungo periodo sono gli autisti su strada ad avere una maggiore esposizione a vibrazioni. In questo studio l’esposizione quotidiana alle vibrazioni non è associata a 4
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lombalgie, cervicalgie e dolori scapolo‐omerali. Ma i soggetti lombalalgici hanno una dose espositiva a lungo termine alle vibrazioni più elevata dei non‐lombalalgici. Inoltre l’esposizione a lungo termine alle vibrazioni è il fattore maggiormente predittivo della durata delle assenze per malattia dovute a lombalgie. La differenza di esposizione fra i due diversi paesi si spiega con le differenti modalità di conduzione dei bus: gli autisti di autobus svedesi lavorano nell’ambito urbano dove guidano su strade asfaltate e sono maggiormente esposti alle accelerazioni e decelerazioni di quanto non lo siano i loro colleghi statunitensi che guidano autobus su lunghe tratte extraurbane. Nello studio di Okunribido il 69% degli autisti di autobus riferiscono disturbi durante la guida legati alle vibrazioni. La qualità della pavimentazione stradale è indicato, in questo studio, come una delle fonti di traumi da contraccolpo e di aumento del livello vibratorio. Bovenzi dimostra che le vibrazioni, misurate in accordo con la norma ISO 2631, in un campione di 11 autisti di autobus nelle normali condizioni di lavoro, sono significativamente associate alle lombalgie. In particolare per una esposizione alle vibrazioni a lungo termine (>4,5 anni m2s2) l’eccesso di rischio per ernia discale è di oltre due volte superiore a quello del gruppo di controllo, anche dopo aggiustamento per gli altri fattori di rischio (OR=2,61; IC 95% 1.01‐6.71). nel suo studio Bovenzi insiste sull’insufficiente ammortizzamento delle vibrazioni strasmesse dal sedile (anche quello di tipo sospeso), come pure sul ruolo predittivo delle vibrazioni nella comparsa di lombalgie, precisando che la fisiopatologia non è completamente nota. Jensen e coll. indicano, egualmente, il ruolo delle vibrazioni, associato alle rotazioni del collo, ai colpi ed alle accelerazioni‐decelerazioni, nell’insorgenza delle cervicalgie fra i professionisti del trasporto. Infine, la complessità delle relazioni fra vibrazioni di un sedile di guida e sue conseguenze sia sulla performance che sulla valutazione del confort/disconfort è stata osservata in laboratorio da Falou et coll in uno studio del 2003. Gli autori osservano che una esposizione protratta (150 min) con il lavoratore seduto su un sedile di veicolo comporta la percezione di un disconfort che aumenta con l’aumento del livello di vibrazioni trasmesse dal sedile ed è in relazione anche con la non adattabilità o con il non adattamento del sedile. Ciò comporta una riduzione della performance, riduzione che è massima quando alle condizioni di vibrazione si associa l’uso di un sedile non confortevole. Tuttavia, questi effetti sulla performance non si accompagnano a segni di affaticamento muscolare a carico dei muscoli posturali valutati. Secondo gli autori, non si deve escludere che il metodo scelto per valutare la fatica (mediana delle frequenza spettrale delle EMG studiate con una grande varianza dei dati interindividuali ) spieghi tale assenza ma essi ritengono anche che sia possibile che i muscoli non registrino segni di fatica muscolare. Tipo di veicolo Il tipo di veicolo utilizzato è citato tra i fattori di rischio per CTD. Così Krause studia i conducenti dei tramways di San Francisco e rileva che questi operatori presentano un rischio per cervico‐dorsalgie inferiore di due volte a quello degli altri autisti studiati e questo in quanto il lavoro si svolge in piedi e non vi sono vibrazioni emesse dal motore. Questi autisti hanno, però, un rischio per lesioni acute del rachide di tre volte superiore a causa dell’uso di leve di comando meccaniche, della manovra compiuta facendo ruotare a mano su stesso il mezzo con l’utilizzo di pedana ruotante in legno. Gli stessi autori citano un minor rischio di lombalgie nella guida del tram in confronto alla guida di autobus. Con l’esclusione di questi due esempi estremamente specifici il materiale rotabile urbano oggetto di valutazione nei diversi studi è comparabile con scarse differenze fra i diversi paesi. 5