Ok, il prezzo è giusto!
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Ok, il prezzo è giusto!
06 Marzo 2014 • Pagina 1 APROPOS… [email protected] | www.ethenea.com Ok, il prezzo è giusto! "Flazione", o come la si voglia intendere, ossia profonda deflazione o acuta inflazione, è comunemente percepita nella sua accezione negativa, poiché qualsiasi sobbalzo dei prezzi può minacciare la stabilità finanziaria. Dobbiamo in realtà andare indietro di ben trent’anni per trovare un periodo d’inflazione a doppia cifra su base annua negli Stati Uniti. Siamo invece ormai abituati ai continui moniti delle banche centrali, preoccupate per un'inflazione da molto bassa a negativa. E ovviamente pronte, a loro dire, a mettere in campo le necessarie misure di contrasto. È opinione largamente condivisa tra gli economisti che un’attenzione della banca centrale alla stabilità dei prezzi si traduca in una politica monetaria che consente all'attività economica di sfruttare al meglio il suo potenziale. Appare quindi ragionevole che le banche centrali si concentrino sull’inflation targeting, ossia sul tentativo di indirizzare attivamente l’inflazione reale verso un target utilizzando strumenti di politica monetaria. Tuttavia, se alcune banche centrali sembrano sulla strada giusta, l’esitazione di altre ha indotto gli investitori delle regioni interessate a invocare azioni molto più incisive. Ma i tassi d'inflazione possono essere messi a confronto così facilmente? L’inflazione è comunemente definita come "incremento persistente del generale livello dei prezzi dei beni" e, in linea teorica, qualsiasi misura che rilevi il livello generale dei prezzi in un’economia dovrebbe tenere conto della totalità dei suoi beni. Questo potrebbe giustificare l’uso di un deflatore del PIL, quindi di una misura della variazione del livello dei prezzi di tutti i beni finali prodotti in un’economia. Purtroppo, una simile serie di dati può essere calcolata solo molto sporadicamente e può fornire un’indicazione affidabile solo con un ritardo considerevole, rivelandosi quindi inadeguata per gli scopi decisionali delle banche centrali. Molte delle banche centrali che hanno accolto l’inflation targeting nella propria politica monetaria prendono quindi come riferimento l’indice generale dei prezzi al consumo (IPC) perché sostanzialmente indirizzato a rilevare il benessere della popolazione. L’IPC si limita ai consumi e, poiché rileva il livello dei prezzi per i consumatori, riflette ampiamente le variazioni dei prezzi di beni e servizi. Dovrebbe quindi essere in grado di captare efficacemente le variazioni dello stato sociale vissute ogni giorno dalla popolazione. Ma benché abbia una sua validità teorica, come ogni misura statistica, l’IPC ha anche tutta una serie di difetti. L’indice IPC generale comprende diversi articoli il cui prezzo è particolarmente esposto a imprevisti: condizioni meteorologiche avverse, inattesi rincari delle materie prime o gli effetti intermittenti provocati dal mutamento delle politiche di governo. Se si escludono i prezzi dei generi alimentari e dell’energia, la sua affidabilità migliora e ne deriva una versione ristretta dell’indice, comunemente nota come IPC core. Tuttavia l’IPC generale (headline) non consente una composizione dinamica delle spese. Negli Stati Uniti, ad esempio, l’IPC nazionale include oltre 25.000 tipologie di prodotti e servizi in 87 aree urbane in tutto il paese. La sua formula calcola le variazioni di prezzo rispetto a un periodo di base le cui ponderazioni di spesa sono aggiornate periodicamente, ma all'incirca solo una volta ogni due anni. Diversamente, alcune banche centrali, come la Federal Reserve, si concentrano su una diversa misura d’inflazione. Nel 2000, il FOMC (Comitato federale del mercato aperto) ha preferito adottare le spese per consumi personali (PCE) come parametro di riferimento. Il PCE riflette le variazioni di prezzo di beni e servizi sulla base di dati provenienti dai National Income and Product Accounts, una serie esaustiva di dati relativi al valore totale della produzione e del reddito nell’economia statunitense. Come tale, ammette ponderazioni variabili nel paniere delle spese, fattore non di poco conto dato che con il passare del tempo i consumatori tendono a sostituire alcuni beni e servizi con altri. Inoltre, il PCE include un numero maggiore di beni e servizi perché rileva le spese di consumatori sia delle zone rurali sia delle aree urbane, includendo anche le spese d’istituti non-profit che forniscono beni di prima necessità a privati cittadini. Oltre il 70% dei dati di prezzo inclusi nel PCE è tratto dall’indice IPC ma, per via della loro diversa composizione, il tasso d’inflazione tende a essere leggermente inferiore con il PCE e le rilevazioni evidenziano andamenti differenti nel corso del tempo (Grafico 1). 06 Marzo 2014 • Pagina 2 APROPOS… [email protected] | www.ethenea.com nel bel mezzo di un processo in evoluzione. E siccome la maggior parte degli indicatori d’inflazione non include i prezzi degli asset, le banche centrali potrebbero non affrontare adeguatamente la crescente pressione sui prezzi esercitata da alcune classi di attivi (cfr. Grafico 1). Grafico 1: IPC generale, PCE e vari indicatori dei prezzi per gli Stati Uniti Grafico 2: Panoramica degli indicatori di inflazione delle banche centrali Tuttavia non tutte le banche centrali fanno riferimento al PCE. Alcune adottano indicatori core diversi per monitorare l’inflazione (cfr. Grafico 2). Tendono, infatti, a concentrarsi su una sorta d’inflazione core sulla base del fatto che tali prezzi oscillano meno e che la politica monetaria non può influenzare direttamente i prezzi dei generi alimentari. Il comune cittadino, che si trova ad affrontare spese alimentari ed energetiche, potrebbe giustamente sospettare che la banca centrale consideri irrilevanti proprio i prezzi di prodotti di prima necessità e che la sua misura potrebbe fornire una visione distorta dell'inflazione. Dato che operare in funzione della misura meno volatile dell’inflazione (l’indice core) implica il rischio di una reazione eccessiva, alcuni economisti prediligono l’uso dell’inflazione generale a scopi di politica monetaria. Questo è tanto più giustificato se si considera che le oscillazioni di prezzo di generi alimentari ed energia potrebbero non essere solo temporanee perché si trovano In sostanza, è difficile trovare una misura d’inflazione coerente per uno specifico paese. Dipende sempre dalla decisione sull’opportunità di omettere o meno energia e generi alimentari e di rilevare le variazioni di prezzo per l’economia in generale o solo a livello dei consumi. Specifici problemi di confronto derivano anche dalle differenze nelle variabili economiche fondamentali. In paesi con bassi livelli di reddito, ad esempio, i generi alimentari coprono una fetta maggiore dei consumi complessivi. Non sorprende quindi che il concetto generico d’inflazione assuma connotazioni profondamente differenti nei vari paesi e che le metodologie per determinare l'inflazione non differiscano solo da paese a paese ma anche da momento a momento. Occorre precisare che cambiare le misure adottate per rilevare l’inflazione non rappresenta un vero problema purché ciò avvenga solo per un breve periodo. Ciò che conta veramente è l’aspettativa d’inflazione futura, soprattutto considerando gli enormi indebitamenti a carico di molti paesi sviluppati. Una buona soluzione sembra essere quella di erodere gradualmente con l’inflazione una parte del valore nominale del debito contratto in passato dai governi. Nondimeno conviene ricordare che un aumento dell’inflazione implica maggiori costi di finanziamento per debiti di nuova emissione, dato che gli investitori chiedono una contropartita per il rischio assunto con obbligazioni soggette a un’inflazione maggiore. Questo effetto sarebbe aggravato per governi con un debito pubblico a scadenza media relativamente breve, che per questo hanno bisogno di frequenti nuove emissioni. La scelta di un particolare indice è cruciale per la politica monetaria, ma è ancora più importante analizzare le tendenze a medio termine e integrare quest’analisi considerando la sostenibilità di altre variabili, come i livelli di occupazione, produzione e dei tassi d’interesse. Ciò spiega in parte perché alcune banche centrali sembrano esitanti nell'attuazione di misure di politica monetaria. 06 Marzo 2014 • Pagina 3 APROPOS… [email protected] | www.ethenea.com Confrontare i tassi d’inflazione tra le varie economie su base assoluta è concretamente impossibile ma è possibile tuttavia riconoscere schemi ricorrenti nell’andamento delle variabili economiche fondamentali, tra cui l’assenza di pressioni inflazionistiche in alcune economie. Benché un'inflazione bassa non rappresenti di per sé una minaccia immediata, è preoccupante che solo alcune banche centrali avvertano la necessità di reagire contro questa tendenza, finendo per esportare il basso o negativo livello d’inflazione del paese. Purtroppo, sembra che ad alcune economie manchi la determinazione non solo riguardo alla politica inflazionistica ma anche a quella monetaria. Ignorano evidentemente il fatto che quest’ultima è il pilastro cardine per creare un buon regime monetario. In futuro, potrebbero però pagare a caro prezzo questa noncuranza. Il team di ETHENEA Nota: Nell’investire in un fondo esiste il rischio di minusvalenze e perdite valutarie, proprio come quando si investe in titoli e in altri beni comparabili. Ne consegue che i prezzi delle quote di fondi e l’ammontare dei proventi oscillano e non possono essere garantiti. I costi degli investimenti in fondi condizionano l’effettiva performance degli stessi. Le uniche condizioni vincolanti per l’acquisizione di quote sono costituite dalla documentazione di vendita prevista dalla legge. Tutte le informazioni qui riportate servono unicamente a descrivere il prodotto, non rappresentano alcuna consulenza in materia di investimenti e non comportano alcuna proposta di contratti di consulenza, di accesso alle informazioni o per la vendita/l’acquisto di titoli. Il contenuto è stato approfondito, raccolto e verificato accuratamente. Si declina ogni responsabilità per la correttezza, la completezza o l’esattezza dello stesso. Munsbach, 06.03.2014.