periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e

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periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e
IL CALITRANO
periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni
Spedizione in abb. postale comma 20/C Legge 662/96 Filiale di Firenze
ANNO XIX - NUMERO 10
(nuova serie)
GENNAIO-APRILE 1999
VIA A. CANOVA, 78 - 50142 FIRENZE - TEL. 055/783936
IN
QUESTO NUMERO
IL CALITRANO
ANNO XIX - N. 10 n. s.
Le parole non bastano
di Raffaele Salvante
3
Luoghi della memoria
4
di Nicola Arminio
6
Il generale Luigi Cerrata
e la sua opera
di Vannalucy Di Cecca
7
S. Maria in Elce
alla fine del Quattrocento
di P. Gerardo Cioffari O.P.
8
Il castello e la cavallerizza
di Calitri
di Emilio Ricciardi
12
16
Vita scolastica calitrana
di Antonio Altieri
16
DIALETTO E CULTURA
A TOCCARE UN LEMBO
DEL TUO CIELO
A toccare un lembo
del tuo Cielo
da quest’umida terra
di pianto
se a sera accendi le tue stelle
nel canto di luna,
o a contemplarti
in preghiera
sotto i dorati archi
del tuo tempio
nel silenzio dei tuoi misteri.
L’Eterno e l’Immenso
la tua luce
e dagli orizzonti di sole
a rischiararci la tua voce
in quella oscura notte
il sonno della morte.
Manfredi Del Donno
Direttore
Raffaella Salvante
Direttore Responsabile
A. Raffaele Salvante
Segreteria
Martina Salvante
Direzione, Redazione, Amministrazione
50142 Firenze - Via A. Canova, 78
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La scomparsa di un vero
maestro
di Remigio Schiavo
Fondato nel 1981
Indirizzo Internet - http://www.dinonet.it
E-mail: [email protected]
Bicentenario della
Rivoluzione Napoletana
IN COPERTINA:
Per conservare nel tempo memorie che
potranno tornare utili a comporre,
domani, quel mosaico che è la storia, la
storia della nostra gente, proponiamo
questa foto dei primi anni ’60,
patrimonio dalle radici lontane, che ci
mostra il “traino” di Carmine Lops
– meglio conosciuto come
Carm’nucc’ – che gira per le strade
del paese, raccogliendo i rifiuti.
Altri tempi, altri momenti che ci
dovrebbero aiutare a guardare indietro
per riconoscere nello specchio del
tempo le nostre radici.
Periodico quadrimestrale
di ambiente - dialetto - storia e tradizioni
dell’Associazione Culturale “Caletra”
POPOLARE
17
MOVIMENTO
DEMOGRAFICO
20
SOLIDARIETÀ COL
GIORNALE
21
REQUIESCANT IN PACE
22
LA NOSTRA BIBLIOTECA
23
C. C. P. n. 11384500
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Chiuso in stampa il 19 marzo 1999
IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
UN FORTE IMPEGNO EDUCATIVO
LE PAROLE NON BASTANO
Non basta non fare il male per sentirsi cittadini onesti con la coscienza a posto:
occorre fare il bene; infatti saremo giudicati per l’ascolto e l’aiuto che avremo saputo dare,
oppure avremo negato a chi aveva fame e sete, a chi chiedeva pace e giustizia.
a nostra società sta vivendo un vero e
L proprio travaglio spirituale e culturale
che rimette in discussione il patto non
scritto che fino a qualche tempo fa esisteva fra i cittadini e che era l’orizzonte entro cui avveniva il dibattito sugli
orientamenti dell’intera comunità, ma
ora gli effetti della sua crisi si fanno sentire pesantemente nella vita pubblica,
compromettendo non solo i rapporti a
livello di persone, ma ancor più a livello
di gruppi e di istituzioni.
Lo sradicamento, sempre più diffuso,
così come la perdita dell’identità tradizionale, è collegata, anche, al tramonto
di tutte le ideologie che non hanno sciolto alcuni interrogativi, specie di fronte
all’instancabile proliferare di partitini
che agita il già triste panorama politico
italiano, incapace di garantire le più elementari condizioni di sviluppo, sicurezza e rispetto dei diritti dei cittadini.
Purtroppo, crediamo che dovremo
attendere ancora molto, prima che i partiti facciano una seria riflessione autocritica sul loro modo di essere e di gestire il Paese e sui profondi processi di
riforma di cui lo stesso ha bisogno, con
una decisa sterzata verso il nuovo, e con
capacità di fare scelte coraggiose.
La politica rivendica tutta una serie
di interventi, come i tanti “patti territoriali” siglati, ma di risultati concreti,
cioè di nuovi posti di lavoro, ancora, se
ne vedono pochi; il quadro diventa più
preoccupante quando le persone, le famiglie, le categorie sociali, le popolazioni residenti in un territorio si sentono
concretamente minacciate o in difficoltà
nei loro bisogni e interessi primari. Infatti un paese dove i bambini muoiono
di freddo, come è capitato tempo fa al
campo nomadi Casilino 700; un paese
che ignora un uomo morto su un marciapiede, come è accaduto a Roma, nei
pressi di piazza Venezia; un paese dove
impera la vuota burocrazia, la perenne
disoccupazione, la violenza, lo spaccio
di droga, la prostituzione coatta, l’abbandono dell’infanzia e degli anziani,
l’usura, la mentalità razzista, l’omertà
e così via – tutti segni di un mondo
profondamente ingiusto ed egoista – non
può e non deve farci perdere il senso di
quella conquista che è il valore massimo
della “persona”.
Un cittadino serio ed attento alle sorti della democrazia del Paese non può
non cogliere l’allarme che viene da un
quadro così sconcertante.
Perché dove c’è scarsità di risposte,
dove c’è eccesso di delega, la mancanza
di opportunità diventa vuoto di giustizia, un vuoto che il bisogno può far diventare rabbia e il povero capace di violenza, vuoto di fronte al quale non è possibile dichiararsi estranei e che deve
scuotere la nostra indignazione col farci
prendere più viva coscienza delle responsabilità con l’ascolto e l’aiuto concreto che sapremo dare; il messaggio
forte e incisivo deve essere l’impegno
di tutti a far nascere, nel nostro io, l’amore per poterlo diffondere e fare in
modo che ci riconcili con l’umanità.
A che servirebbe dire: “Dio, quante
ingiustizie, quante violenze, quanti
peccati!” se poi ce ne stiamo con le
mani in mano, senza far niente, sdraiati
comodamente in poltrona? Chi dovrà ricostruire il tessuto morale e sociale per
colmare il pericoloso vuoto che si è
creato? Ecco perché non possiamo
permetterci il lusso di essere pessimisti! E per non correre il rischio di improvvisare in maniera imprudente e di
cedere a retoriche superficialità occorre
educarci ed educare alla dimensione socio-politica persone che sappiano essere
cittadini consapevoli e attivi e non subiscano passivamente gli avvenimenti, che
sappiano portare energie alla ricerca di
un futuro più umanizzato, riscoprendo
idealità e competenze per la costruzione
del bene comune che è nelle aspirazioni
profonde di tutti.
La sfida non è rivolta a qualche addetto ai lavori o a gruppi con sensibilità
particolari, ma è compito di ciascuno di
noi cercare i segni dei tempi in cui siamo chiamati a vivere, sapendo mettere
mano alle cose con la responsabilità di
3
chi ha imparato a guardarle con la visuale ampia di Dio; è in questo solco
che si preparano le generazioni del domani.
Infatti, noi – unitamente ai giovani – che pure siamo impegnati nella fatica
collettiva di cambiare il mondo, non possiamo non anticipare, nei rapporti del
quotidiano, ciò che vorremmo realizzato
nelle dimensioni totali della storia; non
è facile vivere con questa tensione, il bisogno di riposarci sulle sicurezze, spesso,
ci fa tradire la nostra voglia che per attuarsi deve restare “provocazione”.
Raffaele Salvante
Un grave lutto ha colpito la comunità Calitrana con la scomparsa di don Vincenzo Cubelli – che chiude definitivamente un’epoca –
padre spirituale dell’Arciconfraternita Immacolata Concezione per ben 51 anni, la sua
anima è tornata al Padre il 09.02.1997 fra il
compianto generale. Nel cinquantesimo di
sacerdozio consegnò ai posteri il suo Testamento Spirituale: “…un ricordo va a tutti
quelli che ho assistito nella loro malattia e
agonia, con l’augurio che essi possano oggi
godere quella felicità celeste, che auguriamo
possa essere concessa anche a noi, allorchè
Dio vorrà chiamarci…”
“Il tesoro che vi lascio è il bene che io
non ho fatto, che avrei voluto fare e che
voi farete dopo di me” (Raoul Follerau)
IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
Luoghi della memoria
DAGLI U.S.A.
Brooklyn, 12 ottobre 1998 novantesimo compleanno della nostra amica
Angelina Pavese con due pronipote Gianna Toglia col vestito rosso e Maria
Anna Walsh alla sua destra la signora Assunta Armiento in Galgano e alla
sua sinistra la sorella Lucia con due pronipoti.
Newark, New Jersey, giugno 1924, matrimonio di Domenico Codella di
Mauro con la italo-americana Carmela Oppido.
Mamaroneck, New York USA, luglio 1913, la famiglia di Fastiggi Vito Gaetano,
davanti alla sua abitazione; da sinistra: Maria Antonietta nata a Stamford nel
1900, Fastiggi Vito Gaetano, nato a Calitri il 07.08.1860, da Fastiggi Cesare e
Cerreta Maria Filomena e deceduto a Mamaroneck il 15.03.1933 – partì
emigrante da Napoli il 09.07.1890 – James (Vincenzo) nato a New Rochelle nel
1902, Enrico nato a New Rochelle nel 1904; dietro: Luigi nato a Stamford nel
1896, De Carlo Luisa, moglie di Vito, nata a Calitri il 16.07.1873, da De Carlo
Angelo Maria e Ricciardi Maria Antonia e deceduta a Tarrytown il 29.01.1956 –
partì emigrante da Napoli il 04.12.1890 – Filomena nata a Stamford nel 1898;
non incluso nella foto l’altro figlio Julius Cesare nato a Stamford nel 1893.
Dobbs Ferry, U.S.A. 1952 circa, Maria Concetta Fastiggi di Cesare con le
figlie Madeline, davanti,Teresa dietro e il figlio John Ricciardi.
Newark, New Jersey 1928, celebrazione del matrimonio di Vito Michele
Antonio Codella di Mauro con la italo-americana Cristina Oppido.
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IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
DAL VENEZUELA
Barquisimeto E. Lara 1958, da sinistra Marzial Pereira, Dante Cobuccio sul
camioncino, nato a Mirabella Eclano, Benvenuto Albrigo proprietario
dell’impresa, veronese e il nostro compaesano Salvatore Ramundo.
Newark, New Jersey 1932, foto ricordo del matrimonio di Ernesto Toglia con
Giuseppina Codella.
DALL’AUSTRALIA
Caracas 1959, da sinistra: Antonio Petito, Vincenzo Cicoira e Antonio
Zazzarino.
Da sinistra:Angelo Fastiggi (la fiacca), Rocco Di Milia (paparul’),Antonio Di
Maio (l’urt’lan’ r’ Cast’glion’),Tonino e Vitale Di Milia figli di Rocco, Giuseppe
Di Carlo (rascon’), e Vincenzo e Peppino Di Maio figli di Antonio.
Calitri 15 agosto 1998, da sinistra Angelo Cestone (panculosc’), Agostino
Racioppa (cunzes’), e Giovanni Galgano (zampaglion’).
Calitri 1992/93 Canio Maffucci e la moglie Giovanna Tornillo mentre
lavorano le salsicce.
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IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
NICOLA ARMINIO
BICENTENARIO DELLA
RIVOLUZIONE NAPOLETANA
arlando della Repubblica Napoletana
P del 1799, Giustino Fortunato nel 1900
enumerava quella vera ecatombe “che
stupì il mondo civile e rese attonita e dolente tutta Italia”, l’ecatombe dei guistiziati della città di Napoli dal giugno
1799 al settembre 1800 per decreto della
Giunta Militare Borbonica. Quella Piazza del Mercato di Napoli in cui al giovinetto Corradino fu mozzo il capo il 29
ottobre 1268 e il povero Masaniello tradito e crivellato il 16 luglio 1647, ignora
ancora tutti i nomi di quei primi 99 martiri della libertà napoletana.
L’Ammiraglio Nelson, divenuto arbitro delle sorti di sei milioni di napoletani,
rifece le Giunte giudicatrici già costituite
dal cardinale Ruffo, borbonico: la sentenza di morte dei patrioti, traditi prima dalla
capitolazione dei Francesi, traditi dagli
Inglesi, fu irrevocabilmente decretata.
Due erano le Giunte tramutate in veri
tribunali di sangue, una militare e una
civile e sono ricordate come marchio
d’infamia: si trascrivevano i nomi dei
condannati e le guardie andavano a prelevarli nelle loro case; si processavano
sommariamente e i poveri patrioti della
Resistenza Napoletana venivano portati
sul luogo del patibolo e trucidati.
Si salvarono Vincenzo Cuoco e Francesco Lomonaco, due grandi eroi scrittori, quest’ultimo amico di Manzoni, che
in Alta Italia narrò della catastrofe di Napoli, convinto che “la memoria di coloro
che abbiamo perduto è l’unico bene che
possiamo trasmettere alla posterità”: ma
l’indice dei martiri fu reso pubblico solo
nel 1865 su due lapidi marmoree sul Municipio di Napoli (116 nomi).
Martiri più illustri: Ammiraglio Francesco Caracciolo – gli fu annunciata la
morte mentre passeggiava sul cassero –
fu impiccato; Giuseppe Cotitta, albergatore; Carlo Belloni, nato a Vicenza; Niccolò Carlomagno, avvocato nato in Basilicata, fu decapitato; altri di varie regioni.
Gaetano Russo, colonnello di fanteria;
Giuliano Colonna, principe di Aliano,
nato a Napoli; Ettore Carafa, conte di
Ruvo, nato ad Andria; Antonio D’Avella, oliandolo, ghigliottinato; Giuseppe Sieyès, negoziante e vice console di
Francia; Mario Pignatelli, decollato col
fratello Ferdinando; Filippo Demarini,
marchese di Genzano (NA), fucilato; Nicola Maria Rossi, professore dell’Università; Felice Mastrangelo, medico, che
gridò sul patibolo “muoio libero”; Gaetano Morgera, sacerdote d’Ischia; Giovanni Varanese, studente abruzzese di
medicina; Francesco Federici, marchese
di Pietrastornina (AV) e maresciallo; Severo Caputo, marchese e professore di
teologia, fucilato; Giuseppe Guardati, benedettino, professore di Università; Vincenzo Russo di Palma Nolana, avvocato,
ucciso con torce accese. Molti martiri
prima di morire entrarono a pregare nella vicina Cappella del Carmine.
Martiri furono anche impiegati, tenenti di vascello, avvocati, poeti, notai,
molti di essi furono messi alla forca. “La
strage di quegli uomini, nei quali si volle
spegnere l’intelligenza e la virtù, ruppe la
tradizione del sapere fra l’una e l’altra
generazione, distrusse ogni principio di
fede e di moralità pubblica, aprì tra principe e popolo un abisso profondo nel
quale l’ultimo dei Borboni precipitò:
fu un errore ed un peccato” così disse
L. Settembrini. Da quel peccato, però,
germogliò feconda l’idea dell’unità nazionale.
L’eroina più illustre della Rivoluzione Napoletana fu Eleonora Fonseca
Pimentel, lusitana di origine, “l’apollinea Eleonora”, lapidariamente enumerata dal Giustino Fortunato, forse per
troppo rispetto, perché intellettuale e
combattiva.
La sera del 7 gennaio 1999 al Teatro
San Carlo di Napoli il maestro Roberto
De Simone ha diretto l’opera “Eleonora”, in onore della martire Eleonora Fonseca Pimentel, con grande successo di
pubblico e con la presenza del Presidente del Consiglio Massimo D’Alema: non
si è trattato di entrare nel ruolo di un solo
carattere, ma di infilarsi “una tunica universale”, che renda possibile l’avvicendamento di tutti i martiri della storia, di
tutti i dead man walking, ancora circolanti, delle centinaia di vittime della tracotanza del potere.
Calitri 7 dicembre 1998, benedizione della
statua dell’Immacolata Concezione donata
dall’Arciconfraternita alla Caserma dei
carabinieri.
Da sinistra: prof. Vito Marchitto sindaco,
capitano Nicola Massimiliano Zullo della
Compagnia Carabinieri di S. Angelo dei
Lombardi, mons.Aurelio Lucio Scalona parroco,
maresciallo capo Enzo Soricelli, comandante
della stazione Carabinieri di Calitri, maresciallo
ordinario Fabio Laurentini vice comandante,
Salvatore Ramundo coordinatore della
cerimonia, prof. Salvatore Di Napoli priore
dell’Arciconfraternita di Calitri, Vittorio Del
Buono primo assistente dell’Arciconfraternita.
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IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
VANNALUCY DI CECCA
IL GENERALE LUIGI CERRATA
E LA SUA OPERA
na suggestiva e commovente cerimo-
Unia ha richiamato, il giorno 3 settem-
bre u. s. nel Salone delle Conferenze
della Fiera di Calitri, un foltissimo gruppo di parenti, familiari, amici ed estimatori del gen. Luigi Cerrata in occasione
della presentazione alla cittadinanza di
Calitri del suo ultimo lavoro: “L’Alto
Ofanto – Paesaggi e aspetti fisici nel
quadro storico”.
Eccezionale moderatore è stato il dr.
Antonio Cicoira, che nella sua prolusione ha sottolineato il valore scientifico dell’opera del Cerrata, frutto di un
attento, scrupoloso e diligente studio di
geologia, della tettonica e delle vicissitudini di queste contrade. “Ma al rigore delle argomentazioni scientifiche –
ha commentato il dr. Cicoira – l’autore
ha saputo coniugare uno stile agile,
elegante, piacevolissimo, ricco di suggestioni poetiche e di policrome pennellate descrittive”.
Il giornalista dr. Antonio Caggiano del
“Mattino” di Napoli ha voluto interpretare l’opera dell’insigne studioso come
un invito rivolto ai giovani ad appassionarsi allo studio, all’analisi delle vicende
e agli accadimenti del proprio paese e
della propria terra, sia per valorizzarne
gli ambiti culturali, sia per trarre pungolo a condurre più approfonditi studi e
più suggestive interpretazioni.
Poi ha preso la parola l’oratore ufficiale
della manifestazione, il prof. Antonio Altieri, già preside del locale Liceo “Leonardo da Vinci”, il quale ha esordito porgendo preliminarmente alla signora
prof.ssa Anna Maria, figlia del generale,
il ringraziamento per l’onore conferitogli
e per l’alto mandato assegnatogli di procedere alla commemorazione e alla rievocazione dell’illustre genitore, “che –
commentava l’oratore – con i suoi studi,
le sue teorie, le sue interpretazioni, le
sue indagini e le sue ricerche ha dato
per il passato e continua a dare ancora
oggi tanto prestigio al suo paese natale,
dal quale meriterebbe un più significativo riconoscimento, quale, ad esempio,
l’intitolazione di una strada, l’erezione
di un cippo o l’elevazione di una lapide
marmorea ad perpetuam rei memoriam”
Il preside Altieri ha richiamato alla mente le immagini del suo primo incontro
col generale, delle preziose e colte conversazioni avute con lui per le stradicciole a ridosso dell’abitato di Calitri,
quando una conchiglia, un frammento
di roccia offrivano allo studioso lo spunto per elargire dottissime disquisizioni
sulla geologia, sulla storia e sulla vita
di questa contrade. Ha richiamato alla
mente il giorno in cui l’illustre studioso
volle affidargli il compito di stilare una
prefazione da apporre al suo studio. Ha
ricordato ai presenti l’attestazione di stima e di affetto che il popolo di Calitri
volle tributare a “don Luigi” il giorno
della sua scomparsa.
Infine il preside, dichiarandosi “incapace” di illustrare ai presenti la bellezza
stilistica dell’opera, della scientificità
delle tesi sostenute dall’autore, della genialità delle sue intuizioni e delle sue interpretazioni; “compito” – diceva l’autore – che richiederebbe l’intervento di
uno studioso di discipline umanistiche,
di un esperto di geologia e di un oratore
di ben altro rango che non il mio”, ha
voluto affidarsi alla lettura proprio di
quella prefazione che egli approntò per
l’opera del Cerrata e che la figlia, in ossequio al volere paterno, ha voluto anteporre al volume pubblicato. E agli attenti e ammirati ascoltatori l’oratore ha
saputo porgere una suggestiva visione
del nascere, del divenire e del mutare di
queste contrade; ha proiettato su di un
ideale schermo le immagini dell’avanzare e del regredire dei ghiacciai; dell’ergersi all’orizzonte del monte Vulture,
vomitante lava dalle infuocate voragini,
lanciante al cielo cenere e lapilli, arrossando foscamente le cupe notti irpine;
ha saputo prospettare il susseguirsi di
stagioni calde e fredde in relazione alle
mutevoli condizioni climatiche ed ambientali, sino al grande e storico evento :
l’insediamento in queste valli del primo
“homo sapiens”.
Al termine della sua suggestiva rievocazione, l’oratore ha voluto offrire ai presenti un “saggio” della limpida ed ele7
gante prosa, elaborata dallo studioso,
proponendo all’attenzione dell’uditorio,
il seguente passo: “ L’amore per queste
contrade arricchisce l’ambiente, il panorama e l’orizzonte di elementi e componenti elegiaci; ed è l’amore per queste
contrade, ora desolate, che muove la coscienza accorata e risentita dell’autore
a rivolgere una fervida esortazione ai
giovani, perché appuntino la loro attenzione su questo stato di deprimente ristagno di ogni attività produttiva e segnino l’inizio della nascita della loro
terra, che, pur nello squallore di un ingiustificato abbandono, non manca di
esercitare un fascino suggestivo e di
commuovere profondamente l’anima di
chi ne contempli il paesaggio aspro e
incolto, in cui, tuttavia, sembrano essere
concisamente riassunte e parcamente
espresse”.
Un lungo, vivissimo e scrosciante applauso ha sottolineato il dire del preside
Altieri; e nel salone delle conferenze,
mentre ancora riecheggiavano le parole
dell’oratore, ho visto sguardi, e non solo
quelli dei familiari e parenti, profondamente commossi e occhi lucidi e sfavillanti per la profonda e viva commozione.
Calitri, anni venti, un gruppo di vecchi socialisti, da
sinistra: Canio Zampaglione (mand’les’), Crescenzo Martiniello (papp’lon’),Vincenzo Stanco (r’ss’liegghj’),Angelomaria Cianci (napulitan’) e seduto
al centro Giuseppe Di Napoli (marchicch’).
IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
P. GERARDO CIOFFARI O. P.
S. MARIA IN ELCE
ALLA FINE DEL QUATTROCENTO
La biblioteca di Massenzio Gesualdo
abbazia ed il casale di S. Maria in
L’Elce sono certamente la parte del ter-
ritorio di Calitri meglio documentata almeno per quanto riguarda il Medioevo.
I documenti editi dal Volpini e gli inediti che sta studiando Claudia Vultaggio testimoniano di un monastero particolarmente vivace. La breve storia tracciata dall’Acocella ha avuto il pregio di
attirare l’attenzione verso questo rudere
che parla del suo grande passato. Ma è
chiaro che può venire alla luce una storia decisamente più consistente. Questo
mio intervento vuole essere un piccolo
contributo alla suddetta ricostruzione,
utilizzando un documento di cui l’Acocella venne a conoscenza soltanto dopo
la pubblicazione della prima edizione
della Storia di Calitri. Come si sa, la
seconda edizione (quella ristampata dal
Pannisco nel 1984), è molto sintetica.
E questa potrebbe essere la causa dell’uso insufficiente fattone dall’Acocella,
a meno che non sia stato frenato dalla
difficoltà della lettura. Il documento, infatti, nonostante il buono stato di conservazione, non presenta una lettura
agevole.
1. Contesto storico
Il contesto storico era già noto anche
all’Acocella, il quale giustamente prende
le mosse dalla morte di re Ferrante I
(25 gennaio 1494). Il figlio Alfonso II,
abituato al comando per aver condotto
numerose guerre, pensò di poter trattare i
baroni del regno con lo stesso polso fermo con cui comandava i suoi ufficiali.
Il che, ovviamente, provocò non pochi
malumori, e per di più in un momento
particolarmente delicato. Aveva passato
le Alpi l’esercito francese del giovane re
Carlo VIII, ed anche se a Napoli si scherzava su questa spedizione, il re non volle
correre rischi.
Ad evitare che si riaccendesse la
congiura che il padre aveva dovuto affrontare pochi anni prima, Alfonso II ritenne di dover agire tempestivamente.
Prima che i baroni potessero collegarsi
efficacemente, in data 30 maggio ne ordinò la carcerazione. Scriveva allora
Notar Giacomo: “Adì XXX de magio de
venerdì 1494 foro prisi in castello novo
lo Excellento Gulielmo de Sancto Severino conte de Capaze una con lo figlio
nomine lo Signore Americho, et lo Excellente signore Loyse de Gesualdo,
Conte de Conza et li figli et fratelli: della quale presa se diceva esserne stata
causa Messere Iulio de Scorciatis” (Notar Giacomo, Cronaca di Napoli, Napoli 1845, p. 182).
Subito il re disponeva che fossero redatti inventari dei beni feudali dei baroni
“ribelli”, sia che dovessero essere devoluti alla Corona che dovessero essere donati ai baroni fedeli. L’inventario che riguarda Calitri e S. Maria in Elce risale al
14 giugno del 1494 e fu composto da un
razionale della Regia Camera della Sommaria di Napoli, tale Giovanni Ungaro,
coadiuvato da Giovanni Montanaro di
Napoli.
Cinque giorni dopo il re ordinava
che contro i baroni ribelli si procedesse
nei termini giudiziari previsti in caso di
congiura e quindi con molta severità.
Ma Carlo VIII avanzava, anche se lentamente, ed a Napoli la tensione cominciava ad alzarsi. Quando, sul finire dell’anno, Carlo entrava nel Lazio, il re
Alfonso II si vide incapace di affrontare
la situazione, consapevole dell’ostilità
che si era tirato addosso nel Regno.
Pensando di salvare il Regno a favore
del figlio, esattamente allo scadere dell’anno del suo regno, abdicò a favore
di Ferrante II, meglio noto come Ferrandino (24 gennaio 1495). Per recuperare la simpatia e la fiducia dei baroni,
al fine di creare un clima di unità e di
lotta contro l’invasore, Ferrandino liberò i nobili carcerati, fra cui appunto il
conte di Conza e i suoi fratelli. Ma era
ormai troppo tardi. Carlo VIII era alle
porte e meno di un mese dopo (22 febbraio) entrava trionfalmente in Napoli,
accolto con entusiasmo non solo dalla
popolazione, ma anche da Luigi Gesualdo e dagli altri membri della famiglia.
8
2. Il manoscritto quattrocentesco
“L’inventario – scrive l’Acocella
(Storia di Calitri, 1984, p. 58-59) – che
fu eseguito nel giugno 1494, è giunto
nella copia originale fino a noi e costituisce un prezioso documento di fonte
storica”. Come ho già detto, però, lo storico di Calitri utilizza questo documento
solo in minima parte.
È stato Emilio Ricciardi, col quale si
è instaurata un’amichevole collaborazione, a fornirmi fotocopia del manoscritto,
conservato all’Archivio di Stato di Napoli. Trattasi del fondo Relevi, vol. 322,
ff. 81-85v (su S. Maria in Elce) e 88103v (su Calitri). L’interesse suscitato in
me dal suddetto manoscritto mi ha spinto
ad una ricerca personale all’Archivio di
Stato di Napoli, dalla quale ho ricavato
notizie sia su Calitri che su S. Maria in
Elce.
L’ampio volume manoscritto, che
contiene anche il suddetto inventario,
tratta di molte cittadine del Principato
Ultra. Sulla copertina è indicato come
Liber singularis Relev. et Liquidat. Introytuum feudalium terrarum Comitatus
Consae ab anno 1494 usque ad 1517.
Il titolo generale della parte più consistente è invece: Inventarium Civ(ita)tum
terrarum et locorum status Comitatus
Concie factum per Ioannem Ungarum
Regie Camere Summarie racionalem cum
intervencione Ioannis Montanarii de
Neapoli credenzerii deputati per ipsam
Cameram super ditto inventario. Quindi
seguono le varie cittadine dei cui beni
feudali si dà l’inventario, e che è opportuno qui ricordare nell’eventualità che
qualche storico locale volesse utilizzare
questa fonte molto interessante: Conza
(carta 59), Sant’Andrea (c. 63), Caposele
(c. 64), Palo (c. 68), Aulecta (c. 71),
Caiano (c. 74), Santangilo (c. 78), Selvetile (c. 79), Sta M. in Elice (c. 81-85v),
bianche 86-87v, Calitri (88-103v), bianche 104-105v, Cayranum (c. 106), Gesualdum (c. 107), Fontanarosa (c. 111,
oltre ad un inserto a mezza pagina), Frigento (c. 124), Paterno (c. 126), Locussano (127v).
IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
Come si può vedere dal titolo del volume, nella raccolta sono compresi anche documenti del Cinquecento. Io ho
mantenuto la qualifica di “quattrocentesco” in quanto la parte relativa a S. Maria in Elce risale interamente al 1494,
senza aggiunte posteriori, come invece
nel caso della parte relativa a Calitri.
Sorvolando, per ora, sugli aspetti storico-economici, vorrei soffermarmi qui
su un aspetto particolare, quello della ricostruzione della Biblioteca del Monastero al tempo in cui ne fu abate Massenzio Gesualdo. Il che è reso possibile
dal fatto che gli estensori dell’inventario
stesso riportano con notevole cura l’elenco dei libri.
Nella trascrizione che segue ho mantenuto fedelmente la grafia del tempo,
potendo riuscire utile agli studiosi della
lingua, specie in riferimento all’oggettistica di fine Quattrocento. Le uniche libertà che mi sono preso sono state quella di mettere in maiuscolo i nomi propri
(che nell’originale sono sempre in minuscolo), allo scopo di esemplificare alquanto la lettura, e quella di sciogliere
alcune abbreviazioni più difficilmente
comprensibili. Tra parentesi quadre sono
le parole di dubbia lettura. Le parentesi
con i puntini sospensivi (…) indicano
che a quel punto non sono registrati dei
libri, ma oggetti di altro genere.
3. I libri nell’inventario del 1494.
Inventarium abbacie sancte Marie in
Elece que fuit Massencij de
Gisualdo, in qua olim Comes
Consie solum habebat cognitionem
criminalium causarum.
In la quale abbatia sonno trovate le cose
infrascripte che se possedeano per
dicto Massentio como
commendatario de quella.
[carta 81] La casa, et primo intro una
camera de dicta abatia doe cascie de
noce mezane intra le quale nce
sonno le infrascripte cose, videlicet
In una cascia: Libro uno Nicolo de Lira
in volume grande uno breviario de
cam.ra de stampa unaltº Nicolo de
lira seu le Ep(isto)le de Beato
Hieronimo de stampa con lo
commento.
Uno breviario vechio scripto ad penna
Uno Lactantio de stampa
Unaltro libro de Ysaya p(ro)feta ad
stampa con lo commento
Unaltro libro eccli(si)astico de carta de
pergameno lo quale se chiama
Legenda Sanctorum
Unaltro libro squaternato vechio antiquo senza tabole de carta de coyro
scripto ad penna (…).
[c. 81v] (…)
In laltra cascia: Ce sonno scripture
privilegij et instr(umen)ti et bulle
(…)
Et in unaltra cam(e)ra duj scrignj de
canipo intro li qualj ce sonno le cose
infr(ascript)e, videlicet:
In uno scrigno ce sonno li infr(ascript)i
libri
[Annotazione laterale:]
posto dicto scrigno con li libri in la
camera dicta de lo gayfo
Uno libro de stampa intitulato
Gene(a)logia Deorum.
Uno vocabolista de italiano de stampa.
Unaltro libro de Somnio Scipionis ad
stampa
Uno Ovidio de eroydo ad stampa
Uno Valerio Maximo de stampa con lo
commento
Un sincero e sentito
augurio di benvenuto a
S.E. mons. Salvatore NUNNARI
Nuovo Arcivescovo
dell’Arcidiocesi di S. Angelo dei Lombardi,
Conza della Campania, Nusco e Bisaccia.
Nato a Reggio Calabria l’11.06.1939 ordinato sacerdote nel 1964, nella sua città dal 1983 parroco
della Parrocchia di S. Maria del Divin Soccorso.
Vicario Episcopale per il lavoro dal 1992, iscritto all’ordine dei pubblicisti. La celebrazione del possesso della Arcidiocesi è fissato per sabato 14.04.99.
Vita filosoforum de stampa
Uno Alberto Magno ad stampa
Uno […] Aristotelis de stampa con lo
commento
Uno Alberto de [Etic] de stampa
Uno Diodoro Siculo
Uno libro de (a)strologia in picciulo
volume de stampa. Incomenza:
In principio Joannis de monte
Uno Valerio Massimo ad stampa con lo
commento
Uno Bonoaccurso de stampa
Uno Diodoro Siculo de stampa
Uno Plauto de stampa
[c. 82] Uno Justiniano de carta de
coyro vechio scripto ad penna
Unaltro libro de San(ctissi)ma Trinitate
vechio senza tabole scripto ad penna
Uno libro de zorfa de canto
Uno Seneca de stampa ligato ad modo
de registro grande
Unaltro libro de stampa ligato in lo dicto
modo intitulato [De] Principio Pirri
9
Perocti
Uno le oratione de Tulio
In lo altro scrigno sencele sonno li
infr(ascrip)ti libri, videlicet:
[Annotazione laterale:]
Lo dicto scrigno de dicti libri sonno
posti intro la camera de lo gayfo
In primis uno Auli Gelio deslegato
Tulio de officiis in carta de coyro
scripto ad penna in volume picculo
Uno Oratio disligato de stampa con
commento
Uno libro de lo papa mundo ad stampa
con le figure in volume grande
Uno libro de [sancto] Thomase de
Aq(ui)no de stampa
Uno Lucio […] ad stampa squaternato
Uno Lucano ad stampa con commento
Josefo ad stampa
Uno Apoleyo de stampa
Uno Martiale de stampa con commento
Unaltro libro rubricato de re rustica de
stampa
Unaltro libro Justino
Uno libro de astrologia de stampa in
volume picculo figurato de stellis
Le (e)pistole de Ovidio de stampa con
commento
Uno libro in volume picculo chiamato
tractatum de sfera
Uno Lactantio de stampa con lo
commento
Uno Justiniano et luno florentino de
stampa:
Uno Valerio ad Cornelium
Uno libro disligato che se dice Summa
astrologie
Le epistole de [Fallerio] ad stampa
Uno Salustio con lo commento
squaternato de stampa
Le epistole de Ovidio scripte ad penna
de carta de bambace
[c. 82v] Uno libro intitulato opusculum
Tome
Uno libro Tolomej
Lo Filelfo de stampa in volume picculo
Uno Propertio ad stampa con lo
commento
Uno Eusebio de stampa
Una operecta in picculo volume de
carta de coyro scripto ad penna che
incomenza divitias alius
Uno Persio in volume picculo de carta
de bambaci
De somnio Scipionis ad stampa
Uno Svetonio con lo commento de
stampa desligato
Lo [….] desligato ad stampa
Quintiliano ad stampa disligato
Lo prologo de Sancto Hieronymo
desligato
La retorica de Tulio ad penna in carta
de bambace
IL CALITRANO
Le epistole de Plinio in picculo volume
de stampa desligata
Liber Abraham squaternato ad stampa
Svetonio de stampa ligato ad modo de
registro
Le epistole de Falaris de stampa
Uno doctrinale de carta de coyro
Le epistole de Plinio de stampa
Uno quaterno de breviatura de lege ad
penna vechio
Una operecta de stampa de Fratre
Baptista
Una operecta de stampa intitulata Caij
Plinii secundi in volume picculo
Le epistole de Oratio scripte in carta de
coyro ad mano in volume picculo de
[…](…)
Duj sportuni ferrati scasciati con dentro
scripture et in uno ce sonno certi
libri
de stampa squaternati et desligati.
[Annotazione laterale:]
Dicto sportone con li libri posto a la
camera de lo gayfo (…)
[c. 83] (…)
Uno banchecto da tenere scripture
aperto intro lo quale ce sta uno
Tulio de Officiis de stampa legato
ad modo de regestro con certe
scripture da niente (…)
[c. 83v] Uno mesale grosso novo
Unaltro mesalecto picculo de […] usato
(…)
Doe carte de navigare (…)
Intro la ecclesia (…)
Duj messalj uno ad stampa et l’altro in
carta de coyro
80
Uno breviario de carta de coyro ad
penna vechio (…)
Tre antifanarij grandj in carta de coyro
In una cascia dereto lo altare maiore
(…)
Duj librectj de canto in carta de coyro.
86
[c. 84] In una camera sopra le scale
nominata la cam(e)ra penta
(…)
Uno breviario vechio de carta de coyro
(…)
87
[84v] (…)
[85] (…)
[85v] (…)
4. Massenzio Gesualdo e S. Maria in
Elce.
La famiglia Gesualdo, giunta ad una
grande consapevolezza del proprio ruolo
e della propria forza nel contesto del re-
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
gno di Napoli, volle rafforzare la propria
immagine non solo con matrimoni prestigiosi con altre famiglie nobili ma anche ricorrendo a nomi che richiamavano l’età classica. Nomi come Camillo,
Scipione o Massenzio rispondevano appunto a questa esigenza.
Si è detto che nel 1471, essendo già
morto il figlio primogenito Sansone (o
Sansonetto), Luigi II Gesualdo nominò
suo erede al feudo di Calitri il di lui figlio Nicola. Tale almeno la tesi dell’Acocella, che rinvia ad alcuni documenti
dell’Archivio di Stato di Napoli: Questi
ottenne con Privilegio del 30 marzo
1471, l’investitura di Calitri e degli altri
feudi aviti (Storia di Calitri, 1984, p. 58).
Ora, sia il De Lellis (Discorsi delle famiglie nobili, II, 1663, p. 14) che l’Acocella menzionano solo di sfuggita un altro figlio di Luigi II, Antonio, meglio
noto come Antonello Gesualdo. Nella ricerca che ho fatto all’Archivio di Stato di
Napoli mi sono imbattuto in una copia
secentesca di un Privilegio di investitura
del feudo di Calitri a favore di Antonello
Gesualdo datato 31 marzo 1471 (un giorno dopo quello che l’Acocella avrebbe
visto a favore di Nicola, fratello di Antonello). Un dato che potrebbe significare
una modifica non indifferente nell’elenco
dei signori di Calitri. Per il decennio
1471-1480 potrebbe scomparire Nicola
ed essere inserito Antonello. Ma, prima
di tirare questa conclusione, è opportuno
attendere qualche altra scoperta in un
senso o nell’altro.
Qui è invece opportuno introdurre un
nuovo personaggio che ebbe molto a che
fare con S. Maria in Elce e molto probabilmente con Calitri. Si tratta di Massenzio Gesualdo, altro fratello di Nicola e di
Antonello e quindi fratello anche di colui
che subentrerà autorevolmente nel feudo, Luigi III Gesualdo.
Nell’inventario in questione, Massenzio è definito commendatario. Dal testo non è molto chiaro se fosse sacerdote, ma dalle notizie che dà il de Lellis, è
chiaro che egli è l’ecclesiastico della famiglia. A lui si deve il restauro della cappella di S. Giovanni Battista nella chiesa
di S. Martino dei padri certosini sotto il
Castel di S. Erasmo, lasciandovi questa
iscrizione: Divo Ioanni Baptistae dedicatum, Massentius Iesualdus pie exornavit (De Lellis, cit., 15). Questa era la
cappella di famiglia dei Gesualdo, e
Massenzio fece apporre la seguente iscrizione: Veteres Iesualdi Proceres Dei, et
immortalis memores. Infine, volle ricordare il fratello minore Carlo, sepolto
ugualmente nella suddetta cappella, con
queste parole: Carolo Iesualdo strenuo
10
Equiti, Primi Ordinis Hierosolymitano,
ex Procerum Regni Neapolitani, Vetusta
Iesualdorum, illustrique Familia, plena
honoribus, vita functo, qui Messanae cognita obsessae a Turcis, Rodi, quo laturus, opem navigabat deditione, Neapolim
rediens climaterico, Anno MDXXIII extinctus est. Massentius Iesualdus fratri
amantissimo, beneque merenti.
Abate di S. Maria in Elce era dunque nel 1494 questo Massenzio, che doveva essere abbastanza giovane se nel
1523 curava ancora la sepoltura del fratello Carlo. È difficile però dire se anch’egli finisse in carcere quel 30 maggio del 1494 come gli altri fratelli, oppure, grazie al suo stato ecclesiastico, perdesse soltanto le sue prebende, ma non la
libertà.
In ogni caso era un sacerdote dotto.
Dal contesto dell’inventario, i libri messi
sotto sequestro sembrano di sua proprietà, piuttosto che del monastero in
quanto tale. Probabilmente aveva libri
anche in altre sue residenze, come quella
nei pressi della chiesa di S. Martino a
Napoli. L’elenco però dei libri di S. Maria in Elce è di tutta rilevanza. Per quell’epoca, infatti, non sono molti gli inventari di libri che superano gli 87 titoli della Biblioteca di Massenzio Gesualdo a
S. Maria in Elce. A questi 87 titoli vanno
aggiunte poi le due carte di navigazione
e un’intera cassa di scripture privilegij
et instr(umen)ti et bulle.
5. Cultura classica
I titoli dei libri sopra riferiti rivelano
un interesse prevalente in Massenzio Gesualdo e, quasi certamente, in tutta la sua
famiglia. Più avanti si vedrà come il nipote Fabrizio (figlio del fratello Luigi
III) sarà molto attivo nei circoli della
nuova cultura umanistica napoletana.
Nella sua biblioteca sono presenti gli
storici latini e greci da Tito Livio (59 a.
C. – 17 d.C.), a Cornelio Nepote (99-27
a. C.), da Diodoro Siculo (due copie) a
Dionigi di Alicarnasso, tutti autori sensibili al discorso sulle antichità romane,
oltre a C. Crispo Sallustio, il noto storico
della congiura di Catilina e delle guerre
giugurtine, a Lucano (39-65) e a Svetonio, autore delle Vite dei Cesari (due volumi o due copie). A completare il quadro vi sono anche il versatile M. Terenzio Varrone (116-27), bibliotecario di
Giulio Cesare (del suo De re rustica v’erano due copie), Vitruvio Pollione, il celebre autore del De Architectura, e Strabone, l’autore della nota Geografia, morto nel 24 d.C.
IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
A segnare il passaggio dagli storici
puri ai narratori moralisti è Valerio Massimo, contemporaneo di Gesù Cristo, che
scrisse Fatti e detti memorabili, una raccolta che ebbe un gran successo nel medioevo per il facile utilizzo da parte dei
predicatori. Oltre alle due copie (o due
volumi della stessa opera?) della sua
opera, l’inventario segnala anche un Valerio ad Cornelium. Sulla sua scia può
essere considerato Aulo Gellio (II secolo
dopo Cristo), con le sue Notti Attiche.
Legate all’oratoria, ma con una forte
valenza pedagogica erano anche gli scritti di M. Tullio Cicerone (106-43 a.C.). Di
lui a S. Maria in Elce c’erano due copie
del De officiis, due del Somnium Scipionis, la Retorica, e una raccolta di Orazioni. Ben sei titoli, cosa che però non
deve sorprendere, in quanto il suo è uno
dei massimi nomi della classicità romana, con in più una fruibilità sia sul piano
del metodo oratorio che sul contenuto
altamente umanistico del suo messaggio.
In linea con questo messaggio e, se vogliamo, ancor più vicino ai princìpi cristiani era Lucio Anneo Seneca (4- 65
d.C.), l’inascoltato consigliere di Nerone.
Nell’inventario non è però specificato se
si tratti di un’opera specifica o di una
raccolta. A questo tipo di letteratura potrebbero essere accostate anche le Epistole di Plinio il Giovane (61-112 d.C.),
di cui a S. Maria in Elce v’erano due copie. Un’altra non è chiaro se si riferisse a
questo stesso autore, o più probabilmente allo zio Plinio il Vecchio (una operecta de stampa intitulata Caij Plinii Secundi). È ricordato poi Quintiliano (35-
98 d.C.), come Cicerone oratore ma anche pedagogista, nonché una Vita filosoforum, che potrebbe essere quella di
Diogene Laerzio.
L’amore per la cultura classica nella
famiglia Gesualdo non poteva permettere
che ci si limitasse ad una biblioteca
umanistico-pedagogica. Massenzio raccolse a S. Maria in Elce anche testi non
propriamente conciliabili con la mentalità monastica. Vi si trovano le Commedie di Plauto (†184 a.C.). Lo scrittore satirico Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C.) è
presente con due titoli (uno di Epistole).
Come è presente il suo imitatore Persio
(34-62 d.C.), autore di sei brevi poemi
satirici (uno sulle preghiere inutili). Di
Ovidio non c’è l’Ars amatoria, ma vi
sono le Epistole e le Epistolae Heroidum
(lettere di eroine della mitologia abbandonate dai loro uomini). Di Properzio
(54-10 circa a.C.) vi sono i poemi elegiaci. C’è anche Giovenale, il più noto
poeta satirico latino, fiorito nella prima
metà del II secolo. E c’è Marziale (40104 d.C.), autore di Epigrammi, oltre ad
Apuleio (120-168 d.C.) col suo romanzo
Metamorfosi, sulle trasformazioni in asino del suo protagonista Lucio.
Quanto agli scrittori cristiani l’inventario comincia con Giustino (100-165),
anche se non è chiaro se si tratti del Dialogo con Trifone oppure (più probabile)
dell’Apologia. Anche di Lattanzio (250325) non è chiaro se l’opera conservata è
il De mortibus persecutorum oppure le
Divinae Institutiones. Essendo però Lattanzio ricordato due volte, avrebbero potuto esserci entrambe. Di Eusebio di Ce-
sarea (260-340) c’era poi la Storia Ecclesiastica. Girolamo (345-420) è menzionato una volta per il Prologo ed una
per le Epistole commentate dal teologo
francescano Nicolò di Lyra (1270-1340),
del quale c’è anche un altro Libro uno in
volume grande (forse l’edizione del
1472). Inoltre, due volte è ricordato Alberto Magno e due S. Tommaso d’Aquino, i massimi pensatori domenicani.
La Legenda Sanctorum dovrebbe essere
la celebre Legenda aurea di Jacopo da
Varagine.
A parte il solito Giustiniano (per il
diritto) e Giuseppe Flavio (n. 38 d.C.),
per le Guerre Giudaiche, compaiono anche tre opere di astrologia (una Summa,
un trattato De stellis, ed un trattato che
comincia con: In principio Ioannis de
Monte), nonché l’opera di Tolomeo (secondo secolo d.C.). E c’è anche un Tractatum de sphera.
I libri ecclesiastici non sono molti.
Si comincia con quattro breviari vecchi,
per finire ad un nuovo messale grande,
un messaletto, altri due messali a stampa
e tre antifonari grandi. Due libretti riguardano il canto liturgico, e così pure il
libro detto de zorfa de canto.
La presenza poco consistente di libri
ecclesiastici farebbe pensare che questi
fossero i libri personali di Massenzio Gesualdo. Il che porterebbe anche alla conclusione che la Biblioteca dei monaci era
ubicata altrove. Se da un lato Massenzio
cercava di essere del tutto autonomo
quanto agli strumenti della sua attività, è
però plausibile che incentivasse tra i monaci anche la lettura dei classici.
NUOVO VESCOVO
alla Diocesi di Alife – Caiazzo (CE)
Il 17 aprile
alle ore diciassette pomeridiane
a Caserta, in località Palamacciò,
verrà consacrato vescovo
mons. don PIETRO FARINA
Calitri 1954, la famiglia Acocella (l’andr’ttes’)
da sinistra: Giuseppina Codella,Acocella Maria
Teresa, la seconda figlia, Filippo Acocella, e le
altre due figlie Vincenzina e Ada.
Nato a Maddaloni il 7 maggio 1942 ordinato sacerdote il 26 giugno 1966 e quasi
subito parroco a Mezzano di Caserta.
Personaggio di spicco per i suoi studi all’Università Gregoriana e le numerose specializzazioni conseguite in altre Università, uomo di preghiera e di sincera condivisione.
A Lui vadano gli auguri di un santo ministero, da parte di tutti: parenti, amici,
figli spirituali e la redazione del nostro
giornale.
11
Calitri 18 novembre 1927, il signor Cianci
Giovanni con i figli Michelina e Michele alla
“sciula” r’ Santa Lucia.
IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
EMILIO RICCIARDI
IL CASTELLO E
LA CAVALLERIZZA DI CALITRI
n età moderna Calitri era famosa per il
Isuo castello «maestoso e commodo»,
costruito o, più probabilmente, ricostruito nel XV secolo. Le raffigurazioni antiche lo mostrano incombente sulle piccole abitazioni sottostanti e cinto da una
cortina di mura, nelle quali si apriva un
varco servito da un ponte levatoio.
Distrutto dai terremoti che si successero tra il 1688 e il 1694, del castello restano scarse testimonianze. Si sa che era
composto da due ali, disposte a differenti
quote di impianto e collegate da un ponte
levatoio, con due cortili all’interno e un
secondo ponte levatoio sul fossato che,
insieme a una potente cinta di bastioni,
sbarrava l’accesso principale alla fortezza. Vito Acocella riferisce inoltre di un
passaggio segreto, una via di fuga sotterranea che sbucava fuori dell’abitato1.
A poca distanza dai bastioni, verso
la Ripa, sorgeva la chiesa di S. Maria ad
Ripam «de Castro», sulla quale i Gesualdo, principi di Venosa, conti di Conza e signori di Calitri per quasi tre secoli,
mantenevano il diritto di patronato.
Durante il XVI secolo il castello perdette progressivamente il suo originario
carattere militare per assumere l’aspetto
di una sfarzosa residenza patrizia. Nel
Cinquecento vi abitarono tutti gli arcivescovi di casa Gesualdo e nel 1540 vi
nacque Alfonso Gesualdo, cardinale decano del Sacro Collegio e arcivescovo di
Napoli dal 1597 al 1603.
Nel 1561 un terremoto danneggiò il
grande edificio e solo nel 1613 si ebbero
consistenti lavori di ristrutturazione. Nel
1637 il castello era definito «fabrica degna per il Principe»2 e nel 1688 Donatantonio Castellano lo descriveva composto da oltre trecento stanze «che vi
possono stare comodamente da cinque
Corti di Signori ben munito di due ponti
a levatoio, con bellissimi bastioni, atteso
detto castello sta sopra un monte, e guarnito di tutte comodità, et altro tanto la
terra è tutta murata con quattro porte,
che si rende assai sicura»3; il tavolario4
Chianelli, che lo visitò dopo il terremoto
del 1692, parlò di «una bella macchina di
fabbrica» messa a dura prova da «tre as-
salti di fierissimo terremoto» (1688,
1689, 1692) e calcolò che per «ridurre
habitabile detto castello» sarebbe stata
necessaria una spesa di oltre 6.000 scudi,
consigliando al feudatario di non spendere soldi inutili per lo stipendio di un
castellano5.
Il castello, riparato alla meglio, fu definitivamente distrutto dal terremoto
dell’8 settembre 1694, nel quale perse la
vita il vecchio feudatario Francesco Mirelli con quasi tutta la sua famiglia6. Il
grande edificio, che nel 1696, secondo
il tavolario Antonio Caracciolo, era ridotto a «uno mucchio di pietre»7, non fu
più ricostruito: le pietre furono rivendute
a lotti ai cittadini per riutilizzarle in nuove costruzioni, mentre i pezzi di spoglio
più pregiati furono impiegati dal feudatario per ristrutturare «un Palazzotto di
detta terra […] alla piazza, che si chiama
vulgarmente la casa di Gatta», da utilizzare per abitazione del Barone «dopo la
ruina del Castello per il terremoto»8.
Nel Settecento nuove abitazioni sorsero a ridosso dei ruderi, trasformando
l’antico fossato in una nuova strada, la
«via del fosso». I terremoti successivi
cancellarono le ultime vestigia della
grande fabbrica.
Il castello alla fine del Quattrocento
Nel 1494 numerosi baroni del regno
di Napoli, tra i quali Luigi Gesualdo,
conte di Conza, si ribellarono al re Alfonso II d’Aragona. La punizione del sovrano non si fece attendere: i traditori
furono arrestati e i loro beni furono requisiti.
Tra le proprietà confiscate a Luigi
Gesualdo vi fu anche la terra di Calitri
col castello, del quale fu compilato un
accurato inventario. Il documento, conservato nell’Archivio di Stato di Napoli 9, era già noto a Vito Acocella, che lo
citò nella sua Storia di Calitri, ma non lo
trascrisse, forse a causa dell’eccessiva
lunghezza e della difficile lettura. Si tratta della più dettagliata descrizione a noi
nota del castello, del quale vengono elen12
cati una ventina di ambienti, tra cui «la
camera solita della Contessa» e «la camera della guardarobba sotto la camera
de la Contessa», nella quale erano conservati gli utensili di rame e di ferro e un
prezioso servizio da tavola10; la camera
«sotto de la sala», la camera « super la
porta ferrata», due cucine, la «vechia» e
la «nova», con il «furno», «la camera
nova di lo furno», la «grotta del cellaro»
e vari locali di servizio; «la camera dove
stava lo Conte», un appartamentino di
due stanze, dall’arredamento piuttosto
spartano; infine un grande salone chiamato «la camera de la logia», nel quale al
momento dell’inventario erano ammucchiate numerose casse colme di stoffe,
vestiti, scarpe e perfino uno scrigno con i
paramenti e gli arredi sacri utilizzati per
officiare nella cappella del castello11.
Gli ambienti erano disposti su più livelli e l’arredamento era completato da
scrigni e bauli che contenevano denaro12,
armi13, biancheria, finimenti per le cavalcature14 e ogni altro genere di cose.
Notevole la biblioteca, che comprendeva
sia manoscritti, alcuni dei quali miniati,
sia opere a stampa; vi si trovavano autori
classici latini (Cicerone, Ovidio), scrittori italiani del Trecento (soprattutto Boccaccio, del quale il conte possedeva numerose opere), poeti come Dante, Petrarca e Sannazzaro e diversi libri di soggetto religioso (tra i quali le Parabole di
Salomone e la Legenda aurea di Jacopo
da Varagine)15.
Relativamente poche le armi rinvenute nel castello ma, anche se l’inventario non fa menzione di alcun pezzo di
artiglieria, la presenza nei depositi del
castello di barili di zolfo e salnitro, ingredienti base della polvere da sparo, fa
sospettare che le artiglierie, insieme alle
armi migliori, fossero già state portate
via da Luigi Gesualdo.
Il feudo e il castello di Calitri, assegnati successivamente a Consalvo de
Cordova, primo viceré spagnolo del regno di Napoli, furono restituiti a Luigi
III Gesualdo solo dopo la sottomissione
di quest’ultimo a Ferdinando il Cattolico,
avvenuta nel 150616.
IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
Il castello in età vicereale
Nel 1561, mentre Luigi IV Gesualdo
acquistava il titolo di principe di Venosa,
un terremoto distrusse gran parte del castello di Calitri che, tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, attraversò un periodo di abbandono, rimanendo per molti mesi all’anno disabitato,
affidato soltanto alle cure di un castellano17. Ogni tanto accoglieva, per un breve
soggiorno, il card. Alfonso, assurto ai
vertici della carriera ecclesiastica e residente per la maggior parte del tempo a
Roma, o qualcuno dei feudatari, che però
preferivano abitare nelle altre dimore
della famiglia, a Napoli, a Gesualdo o
nella nuova residenza di Venosa.
Il 20 agosto 1613 Emanuele Gesualdo, unico erede maschio del vecchio
principe Carlo, morì cadendo da cavallo
durante una battuta di caccia. Il giovane
lasciava la moglie, Polissena von Fürstemberg, incinta di sette mesi, e una
bimba di due anni, Isabella. La giovane
vedova, che fino a quel momento aveva
abitato nel castello di Venosa, decise di
trasferirsi e don Carlo, che si era ritirato
da molti anni a Gesualdo, scrisse subito
ai suoi uomini di fiducia affinché riparassero il castello di Calitri e lo rendessero accogliente per le due principesse,
alle quali fu riservato l’appartamento una
volta abitato dal card. Alfonso Gesualdo. Pochi giorni dopo, l’8 settembre, anche il vecchio principe moriva, e così
toccò alla principessa Polissena seguire i
lavori, che durarono un intero anno.
Le relazioni dei lavori, conservate
nell’archivio di Stato di Napoli insieme
con alcune lettere che si riportano in appendice18, offrono nuove informazioni
sul castello. A partire dal mese di settembre 1613 sono documentati pagamenti per l’acquisto e il trasporto di calce e pietre, estratte dalle cave tra Calitri
e Cairano; tavole di quercia, di castagno e di abete, queste ultime fatte venire da Pescopagano; poi chiodi, serrature, tela, cera, colla e altri materiali da
costruzione.
Le porte e le finestre del castello furono accomodate con tavole di castagno,
furono acquistate e messe in opera serrature e maniglie nuove, fu accomodata la
rimessa della carrozza, fu rifatto il ponte
levatoio con tavoloni di quercia e furono
acquistate perfino «quattro catenacce per
le carcere». I lavori in muratura interessarono alcuni locali di servizio come la
dispensa, la cucina e le cisterne, oltre al
grande salone con la loggia, in un angolo
del quale fu costruita una scala a chiocciola («lumaca»).
Alla morte del principe Carlo la moglie, Eleonora d’Este, lasciò il castello di
Gesualdo per raggiungere la nuora, ormai prossima a partorire, a Calitri. Qui,
nel novembre 1613, Polissena Furstemberg diede alla luce una bambina, che
fu chiamata Leonora Emanuela Carlina.
Così si estinse definitivamente il ramo
maschile della casa Gesualdo e, per circa un anno, il castello di Calitri fu abitato solo da donne. Come si è detto, fu
Polissena a seguire i lavori di riparazione nel castello, che terminarono nel settembre del 1614. Dopo qualche tempo
Polissena si risposò con Andrea Acquaviva, principe di Caserta, mentre Eleonora d’Este lasciò per sempre l’Irpinia e
ritornò a Modena, dove si spense nel
1637.
La piccola Leonora fu rinchiusa nel
monastero napoletano di S. Maria della
Sapienza, nel quale in seguito pronunciò i voti, mentre Isabella, ultima erede
dei Gesualdo, sposò il principe Nicolò
Ludovisi, dal quale ebbe una sola figlia,
Lo stolto ha il cuore
sulle labbra,
il saggio ha la bocca
nel cuore.
(Qoèlet XXI - 10)
Lavinia. Nel 1629 Isabella, appena diciottenne, morì, lasciando alla figlia tutti
i beni dei Gesualdo. Pochi anni dopo
morì anche la bambina e, non essendoci
eredi, i beni dei Gesualdo vennero incamerati dalla Corona e successivamente
rivenduti a Nicolò Ludovisi, marito di
Isabella e padre di Lavinia, che così divenne il nuovo feudatario di Calitri.
condotta al luogo dove passavamo acciò
ch’io lo vedessi.
Restai veramente maravigliato non
tanto per la bellezza delle giumente, et
de’poledri ch’è incomparabile, quanto
per la qualità de’stalloni che sono i più
belli ch’occhio humano possa vedere, et
in particolare un ginetto, et un portante
maraviglioso20.»
I cavalli venivano maneggiati in due
cavallerizze. Quella più antica, ripetutamente citata nell’inventario quattrocentesco, si trovava nella Terra, «dereto Corte», cioè occupava il lato orientale dell’attuale piazza della Repubblica; verso
la metà del XVII secolo il principe Ludovisi la cedette all’arcivescovo di Conza, Ercole Rangone, che a sua volta donò
il suolo al monastero benedettino dell’Annunziata21.
La cavallerizza descritta nel 1594 da
Fontanelli si trovava invece nei pressi
dell’Ofanto, vicino al ponte; lo conferma
uno strumento notarile del 1631 nel quale, tra i beni della defunta Isabella Gesualdo, viene elencato anche «lo terricello al Ponte dove se solevano maneggiare li cavalli, (il quale) confina con
l’Ofanto et altri (confini)»22, mentre una
carta un po’ più antica parla di un «loco
detto de lo cortino vulgariter detto dove
cavalcava la bona memoria del signor
principe Luigi»23.
La passione per l’allevamento dei cavalli, così diffusa tra i componenti della
famiglia Gesualdo, non era invece condivisa dai nuovi feudatari, i Ludovisi, i
quali, come si è detto, alienarono la cavallerizza nella Terra e lasciarono andare
in rovina anche quella nei pressi dell’Ofanto.
Alla fine del Seicento il tavolario
Chianelli, parlando della cavallerizza
dell’Ofanto, affermava che «hoggi (è)
caduta in tutto»24, e questa breve citazione è l’ultima notizia pervenutaci
sulla celebrata «razza de’cavalli» di
Calitri.
La cavallerizza
Oltre che per il castello, in età rinascimentale Calitri era famosa per l’allevamento dei cavalli. Lo provano tra l’altro le lettere di Bernardo Tasso, che nel
1541 scriveva a Luigi Gesualdo per
chiedergli un cavallo per la principessa di
Sanseverino19; e di Alfonso Fontanelli,
diplomatico di casa d’Este, che il 14 giugno 1594, in una missiva indirizzata al
duca di Ferrara Alfonso II, scriveva:
«S’avviammo verso Caposelle passando per molte terre di S.E. et particolarmente per Calitro ove allora si trovava
la razza de’cavalli che per favorir me fù
13
Documenti
Napoli, Archivio di Stato,
Relevi, vol. 317
f. 747
Al sig. Giovan Camillo Zampaglione
mio Agente - Calitro
Dovendo venire ad abitare nel Castello de Calitro Donna Isabella mia figlia con la sua famiglia bisongnia che
noi facciasi vedere diligentemente che
detto Castiello non piova che ve siano
IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
porte et fenestre in quelli appartamenti
particularemente de quello de detta mia
figlia se vorrà servire, facendo far bene
l’incerate alle finestre del Castiello, de
quelle cammare che andarà la sudetta
mia figlia e bisongnia dove chiove o serratura et le ferrate ponere […] fate vedere li camini delle ciminere et tutto quello
che bisongnio, et si per queste cose volete (che) manno Giovanni Sabato, avvisate che si mandarrà. Fate anco far quella maggiore provisione de lengnie che
sia possibile et farli riponere in Castello
[…] tutto quello che spenderete per la
reparactione […] de detto Castello […]
ne farrete notando a conto a parte acciò
se possa fare buono al camarlingho […]
state sano.
de Gesualdo allo 28 de aug.to 1613
Don Carlo
f. 749
Al Sig. D. Giovan Camillo Zampaglione
Signor fratello amantissimo
la signora Donna Polissena eccellentissima mia signora per quello che tocha
alla volontà, et desiderio suo vorria partire domenica da qui et venirsene in Calitri
et però lo impediscie il stato di sua salute
nel quale si trova, si spera però che presto
estarà libera de questo impedimento, et se
ne vennarrà volando; et pertanto necissario, non solo non perda tempo, ma che
sia molto solecito ad attender allo bisognio del castiello et particularmente à
quanto vederrà qui sotto annotato […] si
che di gratia stia avegilantissima à quello
negotio, […] che sa che quella è la volonta et comandamento del mio eccellentissimo padrone.
Si ha da accomodar l’appartamento
detto del Cardinale perché per questi
mesi di estate (Sua) Eccellenza desidera
venir in esso et perciò bisongnia veder
che ve siano tutte le porte et finestre che
serriano bone et che non entri vento, che
nelle porte siano tutte le serrature et chiave, se accommodate sonno tutte le impannate et tutte le fenestre dicto appartamento, fare annettare et reveder le astriche di tutte le camere de questo appartamento et inspecie che la cammara scura
sia pulitissima che non si mancha cosa
alcuna.
Se ci à da veder che la lumaca che
cala da detto appartamento ad quello delle donne a bascio sia lindissima et non si
mancha cosa alcuna, se à da fabricar la
scala che escie alle sale grandi detto allo
correturo che va alla loggia di sopra, che
(è) la prima quando se entra la sala à
mano destra, et se à da cacciar una finestra nel mezzo da metter la rota alla
usanza delle monache, havertendo che
lo muro che se fa per serrar detta porta
sia largo de modo che la rota resta fatta
di < > la grossezza del muro, acciò se
possa metter alla finestra de lengnio stante dalla parte de fuora cioè dalla parte <
> da dietro nel correturo, et farce metter
il sagli como sta quello delle monache,
tanto da una parte quanto dallaltra et
quella rota sia fatta et posta subbito, et
far serrar la scaletta che sagli alla loggietta, et cammare de sopra allo correturo et logetta dello Castiello.
Siano da riveder tutti li lietti del Castiello, et far rifar < > et quello del sudetto appartamento particularemente acciò non piova parte alcuna, far veder tutte le cisterne che pigliano laqua et, si
urge farse aqua frischa, farla levar et annettar le cisterne, fare accomodar et allestire tutte le camere per servitori che
sono nella corte et particularmente quelle che sono più vicino alla sala, et quelle
della dispensa e tiniello, perché ponno
servire per servitori.
Far veder tutte le cimenere, et camini
di detto appartamento particularmente
far accomodar tutti li necissarij tanto nelle donne quanto nelli servitori [...]
Se à da comodar lo appartamento da
bascio delle donne et rivedendo tutte le
porte et finestre che siano bene et serrabili come de sopra et particularmente la
porta < > ditto appartamento habbi chiave, et tutto quello bisongnia le porte de
ditte porte serrate che stian bene, far tutte
le fenestre [...] et veder tutte le astriche
stipi camini et schale che siano servibili
et particularmente [...] far bianchegiare
tutto l’appartamento da bascio, per accomodar con ogni diligentia la Cappella,
acciò se possa dire messa, far veder tutte
le scanzile della guarda robba delle donne
che stiano bene […] far la magiore provisione de legni che se po […]
da Venosa alli 31 de ag. 1613
affezzionatissimo fratello et signore
Lelio Cioglia
f. 727
Io mastro Giovanni Sabato Orilia della città della Cava capomastro nelle fabriche del signor Principe di Venosa Don
Carlo Gesualdo […] essendo stato al Castello di Calitri, et richiesto che vedesse
li pericoli che correvano in detto Castello
mandatoci dal detto Signor Principe del
mese di agosto del anno passato 1613,
14
videlo fra l’altro lo camarone, che c’era
necessario una scarpa al cantone che era
spaccato et lo ponte di legno che era fracito, et era necessario farlo da novo et li
travi della cucina erano per cascare et
molti altri residuj necessarij. Per li quali
primieramente al cantone dove bisognava la scarpa se ci è fatta una lomaca che
serve per scarpa, et grada et al ponte quale era fracito si ci è fatto novo de legnami
de cerze et alla cucina se ci sono messi li
travi, et conciate finestre et porte che erano tutte fracite, et in molte camare che vi
era cascata la fabrica per l’acqua che ci
era trapilata dentro, quale cose furono
ordinate dal detto Signor Principe et
dopo finite per ordine della signora Donna Polisena per reparatione et conservatione de detto Castello et in fede ho fatta
fare la presente per copia del infrascritto
scritta de mia mano. In Gesualdo li 4 de
settembre 1614. Io Mastro Gio. Sabato
Orilia confirmo ut supra.
NOTE
1
V. ACOCELLA, Storia di Calitri, r.a., Calitri
1984.
2
«Calitri, che è forse la maggiore e più popolata terra del S.r Prencipe, ha un castello, che veram.te è fabrica degna per il Principe, perché è
maestoso e commodo per la qualità del sito oltre il
credere. È uso, per mantenerlo, darle assegnamento di certa vendita di legname, e comple conservarlo, perché è meritevole d’applicatione. In questo
luogo S.E. ha privilegio di confirmare il magistrato;
e questa Terra e la Città di Venosa son le camere riserbate delli Principi, mediante le quali devono essere esenti dagli alloggiamenti. In questo luogo
che ha territori con pascoli grandi e che son communi del Principe et Università, S. E.nza potrebbe
oltre la razza delle giumente, che ve sta l’estate, tenere industria di pecore, vacche e porci, perché li
pascoli sono vasti e buoni, e la Com(modi)tà dell’acqua è grande e non si possono vendere né cavarne altro utile. Il dar poi li bovi migliorerebbe le
resposte di grani a S.E. che ha molti territorij e li
maggiori inculti. E quando S.E. fece tenere partito
dell’entrate della Com.tà, oltre il beneficio di quel
publico S.E. ravanzava 250 s(cu)di l’anno». (riportato in G. FELICI, Il principato di Venosa e la contea
di Conza, Venosa 1992, p. 54, prot. 274, parte III,
n.18 [1637]).
3
Curia Arcivescovile di S. Angelo dei Lombardi, ms. del 1691: D.A. CASTELLANO, Cronica
conzana, libro III, cap. II, disc. I, pp. 43-47. Ampi
brani della Cronica sono riportati in V. ACOCELLA,
cit.., e in G. CHIUSANO, La cronista conzana. Manoscritto inedito del 1691, Conza della Campania
1983.
4
I tavolari erano i professionisti incaricati di
redigere perizie di beni immobili e dipendevano
dal Sacro Regio Consiglio. Cfr. F. STRAZZULLO,
Edilizia e urbanistica a Napoli dal ‘500 al ‘700,
Napoli 1968, pp. 31 ss.
IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
5
Napoli, Archivio di Stato, Notai del XVII secolo, scheda 660, prot. 6, ff. 115 ss.
6
«Calitri vi sono morte 1200. persone, essendo tutta diruta con le Chiese, Monasterij e Case. Il
Castello di detta Terra stava situato sopra un monteto molto grande, a modo di Fortezza, con ponti,
quale s’aprì da una parte, e precipitò sopra della
Terra, che li stava di sotto essendosi periti in detto
Castello il sig. Francesco Mirella, il padre del Marchese, con sua Madre, D. Maddalena Carafa Moglie d’esso Marchese, con sei figli maschi, e due
femine, non eccedendo il più grande 7. anni, D.
Paolo Carafa e D. Anna Mirella moglie di D. Oratio Carafa sua moglie, e tutta l’altra servitù sono rimasti estinti, fuorche il loro Segretario Comasco,
che si ritrovò la Domenica susseguente ad hore
24. vivo sotto delle Pietre, il quale teneva sopra
della fronte una Cera d’Innocenzo XI. suo Paesano, e stando con tutti i sentime(n)ti disse, che il
medesimo Innocenzo l’haveva salvato dalla morte
perché non haveva potuto prendere i Sagramenti
nell’istesso giorno della Madre Santissima per alcuni suoi affari, come havevano fatto tutti i sopradetti Signori, & havendo preso i Sagramenti il sudetto Comasco, se ne morì doppo due giorni. Il
sudetto Marchese Mirella nel tempo del Terremoto si ritrovò in Napoli con il primo suo figlio,
ch’altrimente ancor essi haverebbero corso l’istessa fortuna. Nel sudetto Castello nelli due Cortili si
sono fatte due aperture grandissime molto larghe, e
profonde, che re(n)dono gran stupore». (Vera e distinta relatione dello spaventoso e funesto terremoto accaduto in Napoli e parte del suo regno il
giorno di 8 settembre 1694 … et in particolare
nelle tre Provincie di Principato Ultra, Citra e
Basilicata…, Napoli - Roma 1694, pp. 3 e 4).
7
«osservai il Castello Baronale quale stava
situato sopra una collina superiore all’edificij di
detta terra et consisteva in un gran edificio, però lo
have à fatto distrutto, et ridotto ad uno mucchio di
pietre» (Napoli, Archivio di Stato, Notai del XVII
secolo, scheda 723, prot. 3).
8
Napoli, Archivio di Stato, Archivio Caracciolo di Torella, vol. 193/2, ff. non numerati. L’edificio è tuttora conosciuto col nome di “palazzo
del barone”.
9
INVENTARIUM CIVITATUM terrarum et
locorum status Comitatus Concie factum per Joannem Ungarum Regie Camere Summarie racionale
cum intervencione Joannis Montanarij di Neap.
credenzerij deputati per ipsam Cameram super
dicto Inventario. (Napoli, Archivio di Stato, Relevi, vol. 322, ff. 88-103v, [1494]).
10
Il servizio era composto da: «carrafe sey
cristalline; quatro jarre colla manicha cristallina;
caldelerj duj cristallini; coppe duj una collo coperchio e una senza; duj jarre cristalline; uno bocale cristallino; una confectera collo pede ructo
de cristallino; una confectera de vitro […] dello
quale nello mangiar ne so rocte parechi e lo pocho
che restao e stato donato». (Ivi, f. 91)
11
«un altro scringnio ferrato vechio in lo quale sta uno messale ad stampa pizulo, una chianeta
de damascho biancho, […] duj cammisi, […] una
stola vechia, […] unaltra chyaneta de damaschino
biancho colla croce de damaschino carmosino,
[…] lo panno de lo altare de simile damaschino,
[…] unaltra chyaneta de damaschino carmosino
con croce biancha, […] uno campanello de metallo, […] duj calici colle patene de argento inaurato,
uno grande e uno piu pizulo, […] duj agnus dei de
argento, uno grande con la pieta et unaltro colla figura de nostra donna da una banda at dalaltra la testa del salvatore». (Ivi, f. 97)
12
«De oro ducati sixanta uno, de carlini corrente in uno saccho ducati ceto cinquanta nove et
tarj duj, de coronati in una saccha secticento et duj
so ducati trecento et octo tarj quattro et grana otto,
de coronati in unaltra saccha < > octocento vinti
sey so ducati trecento sixanta tre tarj < > et grana
quattro […]». (Ivi, f. 88).
13
«balestre undeci de azaro […] duj zarbottane […] cincho scoppette duj de metallo et duj de
ferro con una de metallo corta […] una bonbardella vechia scassata de ferro […] uno mortaro di
petra per far polve […] corpi de coraza undici
scassati et vechyi, una armatura vechya scassata
[…] vari arme de jostra, lo pecto de la coraza […]
brazale, spallarole, lj guanti […] una lanza [...]
duj balestre de azaro con martineti […] cincho fudari de spate senza arma, una paro de tenaglie per
far pallotte de archo, unaltro paro de tenaglie per
far pallotte de zarbottana […] lanze nove con ferri
et aste, quatro ronconi, dui aze ». (Ivi, f. 92, 93,
100, 101e passim).
14
«uno guarnimento de mula de velluto nigro guarnito con aczappamento a staffe de aurata,
una coperta de sella de velluto nigro de mula, uno
guarnimento de cavallo de velluto pagonazo fornito inaurato con coperta de sella de velluto pagonazo, uno guarnimento de velluto nigro […] con staffe de aurato, uno guarnimento torchescho de velluto pagonazo con zappe de aurato senza staffe et
stafili, […] una sella da mulo, una sella torchesca, […] uno guarnimento de cavallo de jostra de
damaschino lionato inferrato, […] uno guarnimento di panno da sella de donna de velluto carmosino usato con franzetta istoriata de oro et seta
rossa con cossinetto de semele velluto, […] una
coperta de sella di homo a la catalana corta de
velluto nigro con certi altrj guarnimenti di briglie,
[…] uno collaro de cavallo, […] duy jopponecti
uno de taffeta russo et laltro biancho, […] la sella
de jostra […].» (Ivi, ff. 99 ss.)
15
«lo petrarcha a stampa […] le Cento novelle ad stampa, lo archadio sannazaro ad penna,
lo oratorio pictato, Tulio de officijs ad stampa […]
una fiammetta in volume pizulo in pergameno ad
penna, le epistole de ovidio in vulgare ad stampe
[…] le prediche di fra roberto vulgate ad stampa,
un libretto ad stampa de lj miracolj de la Virgene
maria […] lo libro de Joan Boccazo in volume
piccolo ad stampa, la ystoria de la destruttione de
jerusallem, la fiammetta de Joan boccazo in volume piccolo […] uno plinio grande ad stampa, lo filocolo ad stampa, […] li comentarij de cesaro ad
stampa, lo legendario de li santi ad stampa, appiano alexandrino ad stampa, le vite del plutarcho, Isopo vulgare et storiato, ovidio medamolfoses vulgate ad penna in carta pergamena, Dante
ad penna vechio et strazato in carta di bambace, la
bibia vulgata ad stampa, le cento novelle ad stampa, lo petrarcha e li sonetti ad stampa, una opera
detta filomena ad stampa in volume pizulo, una
opera intitulata lo sipontino, le paravole de Salamon la sapientia ad penna et in pergamena». (Ivi,
ff. 99-100)
16
Cfr. E. RICCIARDI, Calitri all’epoca di Consalvo de Cordova, in «Il Calitrano», n.s., 6 (1997),
pp. 10-12.
17
Nel 1614 il castellano era un certo Muzio
Martuccio, che ricevé «per provisione, et vitto
d’un anno fenito ad Augusto 1614 (…) ducati sessantaquattro, et grana vintisei conforme hanno
avuto l’altri predecessori castellani » (Napoli, Archivio di Stato, Relevi, vol. 317, f. 712).
18
Ivi, ff. 700-745 [1613-14]
19
Cfr. Lettere di Bernardo Tasso, II, Venezia
1553, p. 485, riportato in C. MODESTINO, Della dimora di Torquato Tasso in Napoli negli anni 1588,
1592, 1594. Discorsi tre, Napoli 1861-1863, disc.
II, pp. 44-45.
20
Riportato in A. VACCARO, Carlo Gesualdo
principe di Venosa. L’uomo e i tempi, Venosa
1989, p. 204.
21
Cfr. C. DE ROSA, Ave Gratia Plena. Fondazione, vita e ricchezza delle Donne Moniche di
Calitri, dattiloscritto conservato presso la Biblioteca comunale di Calitri, s.d., pp. 3-4.
22
Napoli, Archivio di Stato, Archivio Caracciolo di Torella, 193/2, ff. non numerati.
23
Napoli, Archivio di Stato , Relevi, vol. 317,
f. 694 [1588].
24
Napoli, Archivio di Stato, Notai del XVII secolo, scheda 660, prot. 6, f. 119.
Contursi, Piazza Garibaldi 29 maggio 1959, Congresso Eucaristico Mariano, in prima fila da sinistra: avv.
Paolo Rosapepe sindaco di Contursi, mons. Salvatore Siani parroco di Contursi, S.E. mons. Guido Casullo Vescovo di Nusco, S. E. mons. Giuseppe Maria Palatucci Vescovo di Campagna, prof. Remigio Schiavo presidente di Azione Cattolica,in fondo vestito di nero l’ex carceriere Francesco Forlenza e l’avv. Enzo Rufolo con
le braccia conserte, in seconda fila l’assessore Arnoldo Rufolo e il pittore Salvatore Bini con occhiali neri.
15
IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
LA SCOMPARSA DI UN VERO MAESTRO
Ebbe per consorte una sposa, Anna Tomay, che gli portò affetto, amore e conforto; formò una famiglia di sani principi morali.
Per quattro anni fu anche amministratore e assessore sagace
e inflessibile del Comune di Contursi, ma “il suo fiore all’occhiello” è stata, in questi ultimi anni, la Fondazione a Contursi
della SOCIETÀ BIODINAMICA VALLE DEL SELE per offrire servizi ai piccoli imprenditori agricoli e condurre le coltivazioni con metodi biologici (indirizzo biodinamico) per offrire prodotti sani ai consumatori, per contribuire alla buona salute, all’e’uilibrio biologico ed al risanamento sociale.
Per dirigere questa società Angelo Mazzeo ha profuso tutte
le sue forze, il suo sangue, il suo tutto: è il lavoro, la lotta l’hanno ucciso, povero amico! È partito da noi, ma noi lo sentiamo
presente con la luce del suo esempio che resta il suo unico e
vero testamento spirituale. Così lo ricorderanno i suoi amici…
Remigio Schiavo
mprovvisamente il 22 novembre 1998, l’insegnante elemen-
Itare Angelo MAZZEO ci ha lasciato! Il suo cuore generoso
non ha retto al gelo di questi giorni. Nato a Torre del Greco nel
1933 conobbe molto presto la sofferenza con la privazione del
suo papà e si trasferì con la mamma Rosa Pellegrino a Contursi. Conseguì a diciotto anni l’abilitazione Magistrale nell’Istituto “Teresa Confalonieri” di Campagna (SA) e fu tra i vincitori
del Concorso magistrale del 1955. Fu il fondatore e primo presidente della locale sezione della GIAC (Gioventù Italiana di
Azione Cattolica) di Contursi.
Quasi subito venne arruolato e inviato alla Scuola Allievi
Ufficiali di Ascoli Piceno, da cui ne uscì col grado di Tenente in
S.P.E. per ritornare all’insegnamento che aveva abbracciato
con la fede di un apostolo e coll’ardore di un martire. Fondò a
Contursi, con altri, il Centro di Cultura Popolare U.N.L.A. e ne
fu benemerito presidente per lunghi decenni.
VITA SCOLASTICA CALITRANA
nom’ calitrani. Gli stessi alunni si premuravano precisare che
non c’era in loro, proponendo il “recitativo”, alcun desiderio di
arrecare offesa a chicchessia, bensì il solo desiderio di giocare
sui nomignoli che la gente del paese sa affibbiare facendo leva
su una fertile e ingegnosa inventiva.
Al Preside, ai docenti collaboratori e agli alunni, bravi, intelligenti e sagaci interpreti, i complimenti di tutti quelli che vedono nella Scuola (quella con la S maiuscola) una palestra di
educazione morale, culturale e civile e che, unica, potrà creare
le premesse per una sana, responsabile e cosciente società del
domani.
Auguri di sempre più significative e gratificanti manifestazioni e agli alunni l’augurio di sempre più vivi ed esaltanti
successi.
Antonio Altieri
a Scuola Media “A.M. Del Re“ di Calitri nel giugno del
L1998 ha concluso il primo ciclo di incontri, di studi e di di-
battiti sul tema: Solidarietà-Ambiente e territorio.
Nel documento programmatico stilato dal Consiglio dei
docenti e dai rispettivi consigli di classe, il preside e gli insegnanti indicavano gli obiettivi che si intendevano, con la predetta attività, conseguire: “Conoscenza del mondo degli anziani sotto l’aspetto delle abitudini, dell’alimentazione, del
tempo libero e delle occupazioni” e venivano tracciati i percorsi
da intraprendere e gli itinerari da seguire, ricercando “fatti,
racconti e aneddoti narrati dal nonno” e studiando “il linguaggio degli anziani”.
Gli alunni interessati alla ricerca e allo studio delle tematiche
proposte erano quelli delle classi seconde, sez.A, B e C, guidati dai deocenti referenti: proff.ri Raffaele Nicolais, Gerardina
Cesta e Giacinta Cestone. Il preside prof. Michele Oreste Lapenna, nel precisarne gli ambiti operativi e le finalità educative,
proclamava: “La Scuola Media A. Del Re di Calitri, nell’ambito dell’Educazione alla solidarietà, ha programmato… lo svolgimento dell’attività: “Conosciamo i nonni e il loro mondo!”.
Gli alunni, in assolvimento dei compiti loro assegnati dai rispettivi docenti, si erano premurati di raccogliere “fatti, racconti e aneddoti narrati dai nonni”, collezionando un nutrito
florilegio di ameni episodi, di inusuali avvenimenti interessanti,
caratteristici e unici personaggi del paese e di esilaranti detti e
saggi aforismi da essi pronunciati un cinquantennio fa.
I ragazzi, poi, nelle ultime settimane dell’anno scolastico,
hanno dato vita ad un ciclo di trattenimenti musicali, recitativi
ed interpretativi.
Lodevolissima è stata l’interpretazione, da parte dei ragazzi
della II C, della brillante commedia: “La moglie di scorta”
per la regia attenta, precisa e appassionata del prof. Raffaele Nicolais, coadiuvato da tutti gli altri docenti. Ma superbo, unico
ed eccezionale è stato il recitativo che gli stessi alunni hanno
voluto proporre all’attenzione degli spettatori con l’atto unico:
“Una storia di una elezione in Calitri, fatta con tutti i stuort’
Calitri anno scolastico 1997/98 il preside prof. Michele Lapenna con i
docenti Carmela Poto, Raffaele Nicolais, Lucia Calabrese e Luisa Nicolais con
gli alunni della classe II C della Scuola Media “Alfonso Del Re” interpreti
della commedia “La moglie di scorta”.
16
IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
DIALETTO E CULTURA POPOLARE
A CURA DI RAFFAELE SALVANTE
LA STORIA DI UNA ELEZIONE
IN CALITRI FATTA CON TUTTI I
STUORT’NOM’
Capolista l’Ass’ arruna tutt’; quindi Scolla Tutt’, Viv’ mangia ca
viv’, Cuta Cuta, u’ Scaran’, u’ Scialon’, Panzarella, Panzannanz’, Trippa Aff’lata, V’lanzon’, u’ Cap’llon’ e u’ Saput’.
Come secondo atto si procede alla nomina della Commissione
dell’Ordine Pubblico; a capo dell’Arma fu designato Zi Tonn’
maggior’, che ebbe alle sue dipendenze u’ Capitan’, u’ T’nent’,
u’ Mar’sciall’, u’ Br’hatier’, u’ Sargent’, u’ Capural’, a Guardia
reggia e u’ Giandarm’.
A disposizione del gruppo furono messe le armi: Sciabb’licchj’,
Sciabb’la, Sciabb’lon’, Sciabb’lacchion’, u’ P’stuol’, Zip’, U’
Fucelar’, u’ Fucil’, Cannon’, nonché di riserva, come armi
improprie, u’ Magl’, Martiegghj’, Corda Lenta, Zuquastr’, Zuquastriegghj’, Zoca Zoca, Staffin’, Scamm’rzon’, Taccar’ r’
seggia, Puntaruol’, Pungcul’, P’satur’, Staccion’, Chiangon’,
Paroccula Janca, Ngin’ Ars’ e Tav’lon’.
Una volta organizzata la forza pubblica ed affisse le liste, si poté
dichiarare aperta la campagna elettorale, che fu subito intensa ed
animata con numerosi comizi tenuti da esperti oratori delle varie
parti, fra cui si distinsero: u’ Pr’rr’cator’, u’ Libberator’, u’ Bb’sciard’, Farfalacchj’, Pesc’nnar’, Caca Cunsigl’, Caca Riav’l’ e
Tre ore di Caca (uno che la sapeva lunga nel parlare).
I rappresentanti del Partito Operaio organizzarono una manifestazione politica, nel corso della quale fu scoperto un monumento: Totta Creta.
Nel 1° periodo della campagna, non si ebbero incidenti, o perlomeno non di natura politica. Una prima rissa scoppiò in piazza e vide come protagonisti u’ Puorch’ e Sana P’rciegghj’.
Un altro scontro vide quali protagonisti u’ Hatton’, M’scion’ e
a’ Muscia Hatta da una parte e Z’cculicchj’ e a’ Zoccula dall’altra.
Ancora un fatto increscioso si ebbe dopo qualche giorno; infatti, in pieno giorno due fratelli, C’p’gghin’ e C’p’gghion’,
furono rinvenuti in gravi condizioni. L’indagine condusse all’arresto del responsabile nella persona di Spacca C’pogghia,
che venne processato e avviato alle carceri di Avellino.
Il primo incidente originato da passioni politiche si ebbe a tre
giorni dalla chiusura della campagna durante un comizio tenuto da u’ Patratern’, capolista cattolico, Benfigliuol’, u’ P’zuoch’,
An’ma Moscia, An’ma Fredda e An’ma Longa, simpatizzanti
del Partito Cattolico venivano provocati da sei noti anti-Cristo :
u’ Pr’t’stant’, u’ Gg’rej’, u’ P’mm’nal’, Barabba, u’ Riav’l’ e
C’n’trin’.
Il pronto intervento della forza pubblica, provvide ad arrestare
i malfattori e volse a ristabilire la calma.
Un ennesimo scontro si verificò la penultima sera della Campagna Elettorale e vide questa volta alle prese Ceca Auciegghj’,
l’Auc’gghion’, e Ngappa Auciegghj’ da una parte e dall’altra
Quagliariegghj’, M’rl’ciegghj’, C’c’ron’, Cardill’, P’ccion’, a’
R’nd’negghia, a’ Curnacchia, Cap’ r’Auciegghj’, Piett’ Russs’,
Passarin’, u’ Paparasciann’, u’ Pic-Prien’ e Totonn’ chi abbola.
Un grande tafferuglio si verificò più tardi; esso si svolse nel
modo seguente: B’r’zacch’, B’r’zill’, Sacch’tiegghj’, u’ Sacchett’, Truopp’l’, Pasciut’, Panzitt’, Panz-cuott’, Pangiuott’ e
Panzon’, nonché Mangia Gol’, Mangia Lard’, ‘Nzerta Cingul’
Relazione inviata al Prefetto da parte del Commissario Straordinario appositamente mandato a Calitri per sovrintendere le
elezioni stesse.
A sua Eccellenza il Prefetto di Avellino
Oggetto: Relazione del Commissario Straordinario sullo svolgimento delle elezioni straordinarie nel comune di Calitri.
Una volta preso contatto con la Giunta uscente, ed in particolare con il capo dell’Amministrazione, cioè M’chel’ u’ Sinn’ch’,
il nostro primo atto ufficiale fu quello di affiggere le liste elettorali, precedentemente preparate e ratificate in concomitanza
con l’apertura della campagna elettorale.
Le liste, come Lei sa, erano sei. Circa la natura della loro composizione siamo in grado di poter affermare che:
la prima lista è uno schieramento chiaramente di destra, comprendente esponenti della vecchia aristocrazia monarchica, alleatisi per l’occasione con i nuovi ricchi ed alcuni proprietari
terrieri, elementi si sicura fede conservatrive.
La lista comprende:
Capolista u’ Rre, poi Faraon’, u’ Bbaron’, u’ Cont’, u’ Pr’bbjtarj, Padron’, Patr’nett’, u’ Milionarij, u’ Nzaccand’, Ron T’rnis’, Ron Ditta, Ron Taratubb’, Ron Giuann’ la Merda.
La seconda lista, quella cattolica, è naturalmente composta di
persone pie e di rappresentanti del clero; essa comprende:
Capolista u’ Patretern’; poi Gies’ Crist’, Gesù nell’orto, Croc’
r’ Ddij, Ianua cel’, Maria e Gesù, u’ Clerical’, u’ Pr’uticchj’,
Totonn’ r’ l’Acc’preut’,Zi Preut’, M’nacon’, Zia Monaca Paccia, Papa Sist’, Sant’, Santucc’, Santocchj’, Sant’ Luiggij, Santa Maria, Sant’Vardin’ Saluagg’, Ama Ddij e Ratt’ a Ddij.
Vi è poi la lista di sinistra, composta da lavoratori di ogni tipo,
per lo più artigiani e braccianti, fra i quali troviamo:
Capolista Fat’hant’; e quindi: Travagliator’, u’ Mastron’, u’
Mastricchj’, u’ Cus’tor’, u’ F’rnacial’, u’ F’rnacialiegghj’, u’
Spacca Pietr’, u’ Scardalan’, u’ S’llar’, u’ Mbaglia Segg’, u’ S’tar’, u’ Zappator’, Capzappa, Scatin’, Bbrient’, Zappa r’ cap’
abbagghj’, Faucion’ e Miet’ Saraogghja.
Vi è anche la lista di estrema sinistra, che dà serie preoccupazioni, essendo composta da sottoproletari, emarginati e, comunque, bisognosi; essi sono:
Capolista l’Affamat’; e quindi u’ Patut’, u’ Sicch’, u’ S’ccat’, u’
Verd’ Sicch’, Strazzon’, Stramacchj’, M’sckin’, u’ P’zz’ntiegghj’, u’ P’zzent’, u’ R’sp’rat’, u’ Zengar’, u’ Schiav’, Mangiaterra, Passauay e Mai na lira.
Un’altra lista è quella degli ecologi, altrimenti detti Verdi:
Capolista Giardin’; poi u’ P’lit’, Fiorin’, la Pajonaca, a’ Sp’rrusc’na, u’ Suogl’, F’necchiastr’, Cardon’, Mazz’lin’, u’
Sciard’nier’ e Piano Verde.
Infine è stata presentata una lista civica di non chiaro orientamento politico, pare si tratti di opportunisti:
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IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
e Canio prendi una Pasta, tutti del partito dei Benestanti, cercavano di tirare dalla loro parte un certo numero di elettori indecisi, tra i quali: u’ P’gghiastr’, u’ Sciuott’, Pull-Pull’, Hall’,
Hallucc’, Sauzicchj’, Sammucchj’, Pr’sutt’, F’catiegghj’, Fr’tt’legghia, Baccalà, la R’cotta, C’coria, Caulicchj’, Caulon’,
Cappucc’, Capp’cciegghj’, Cucuzziegghj’, Cucozza, Paparul’,
P’p’ciegghj’, M’nn’loccia, Mandarin’, C’rasegghia, C’uzon’,
Acquasala salata, Mier’, Miezz’ litr’, la Stizza.
Ci furono altri episodi ed altri scontri, a cui parteciparono numerosi simpatici cittadini, che non ricordiamo per mancanza di
tempo.
Per motivi di sicurezza, però, furono arrestati alcuni noti malviventi locali: u’ Sp’stat’, u’ Mb’ccius’, u’ Sckifus’, u’ Mafius’,
u’ Spaccon’, u’ Pacciariegghj’, u’ Bbr’hant’, u’ Malandrin’, u’
Malom’, Malatesta, u’ Saluagg’ e u’ Haliot’.
Si procedette alla nomina dei presidenti di sezione e degli scrutatori; come presidenti di sezione erano stati nominati alcuni fra
i più importanti intellettuali, vale a dire:
Per la prima sezione Capacchion’, per le altre sezioni: Cap’ r’
Tumm’l’, Cap’ r’ Paglia, Cap’ r’ Casiegghj’, Cap’ a Zappon’,
Cuzzett’, u’ Cuzzut’, Sett’ Cozz’, C’rv’gghion’, C’rv’gghiuzz’, u’
Cionna, u’ Babbeh’ e M’chel’ Fessa.
Furono scelti, come scrutatoti: u’ C’cat’, u’ C’catiegghj’, C’con’,
Ceca Ceca, Z’nnarul’, Uocchj’ Stritt’, Uocchj’ r’ M’ligghj’ e
Uocchj’ Chius’; a loro disposizione fu messa La Corrente.
Fu predisposta, inoltre, la staffetta che avrebbe dovuto trasportare, a spoglio ultimato, gli incartamenti in Prefettura; essa fu
così composta: u’ Pilota, u’ Sciaffè, u’ Carr’zzier’, Para carrozza, u’ Carrier’, u’ Carr’, Ciucc’ Carr’ch’, u’ Baissin’, la
Cavalla, u’ Cavalier’, Scinn’ ra Cavagghj’, a’ Cariulina, Motorin’ e u’ Mercè, sotto la direzione r’ P’stier’.
A sera si conclusero le operazioni preliminari e le schede furono deposte nelle urne, che furono sigillate, ponendo a loro custodia Cat’niegghj’, Masch’tiegghj’ e Cat’nazz’.
Nel corso della notte vi fu un tentativo di superare il sistema di
sicurezza da parte di un certo Spezzacatin’, ma fu subito sorpreso dalle guardie e fu prima incatenato, poi, per maggior sicurezza, chiuso in cella.
Nel mezzo della notte furono arrestati, per disturbo della Pubblica quiete : Canij Tenor’, u’ Cantator’, u’Viuol’, Vijlin’, Fresc’ca,
Fr’scch’ttiegghj’, Zi Scisch’, Tammurr’, Pata Pata, Zum’ Zum’,
Mand’les’, Campanar’, Bajocch’, M’s’con’ e Banda Paccia.
Non vi fu altro durante la notte; la mattina seguente si poterono
regolarmente aprire le operazioni di voto, che per tutta la mattinata registrarono una affluenza molto scarsa. Di alcuni incidenti che si verificarono ricordiamo l’episodio che può essere
ritenuto il più toccante per i suoi aspetti inizialmente drammatici e finalmente gioiosi; infatti, incurante del suo stato di gravidanza molto avanzato e fedele al suo civico dovere, si presentò ai seggi una donna ammirevole Ciuccia Prena.
Già si trovava in cabina, quando, forse per l’emozione, fu colta
dalle doglie con disperate invocazioni d’aiuto; il destino volle
che in una sezione vicina, dove si accingeva ad esercitare il suo
diritto di voto, si trovasse un cittadino lodevole – u’Vamman’ –
il quale, richiamato dalle grida, accorreva prontamente, resosi
conto della situazione, prestava rapidamente il suo aiuto alla
partoriente.
Così la donna, proprio nel seggio elettorale, diede alla luce un figlio al quale è stato felicemente imposto il nome di u’ P’gghitr’
che, però veniva esposto alle insane mire di un certo Scorcia
Ciucc’, un vero maniaco che tentò più volte di mettere le mani sul
piccolo, finché non è stato catturato e rinchiuso nel manicomio.
Nel pomeriggio i nostri informatori ci riferivano le cause della
scarsa affluenza alle urne; infatti, nei pressi della sede elettora-
le si aggiravano alcuni loschi individui, i quali avevano potere
di spaventare, con il loro aspetto poco piacevole, molti elettori,
tenendoli lontani dal seggio; in breve essi venivano identificati
ed arrestati: u’ Bbrutt’, u’ Carpat’, Nason’, Naschon’, Pinocchj’, Nas’ r’ Pecura, Nas’ r’ Can’, Muss’ r’ Checcia, u’
Mamm’cciegghj’, u’ Mammocc’, l’Istr’c’, a’ Scimmia, u’ Coccodrill’, l’Acciahom’.
In seguito a questa operazione, l’affluenza alle urne si intensificò, ma fino alla chiusura si resero necessari ancora alcuni interventi della Forza Pubblica, per impedire l’accesso ai seggi di
alcuni gruppi di persone, o perché non in possesso dei requisiti o perché non degni, infatti si dovette impedire l’accesso a u’
Piccul’, u’ P’cc’ninn’, u’ Bbammin’, u’ Figliul’, u’ Pup’l’, Pup’lon’ e Pupacchj’ perché nessuno in possesso della maggiore età.
Nel caso di un altro gruppo di persone si ravvisò, nell’indecenza del loro stato, uno scarso rispetto per le istituzioni repubblicane; fu negato loro il permesso di accedere al seggio e si
dispose il loro allontanamento con l’obbligo di non ripresentarsi nello stesso stato; trattavasi dei signori: Piscion’, Pisciotta, u’ Cacat’, Cacon’, Caca alerta, Cazz’ fet’, Loffa, F’till’,
F’neca, Strunz’, Pacca Z’lata, Mmerda Mbiett’, Scagn’la
Mmerda, Rosa Lomm’.
Altri furono ugualmente bloccati all’ingresso e trattenuti in stato
di fermo, per offesa al comune senso del pudore; essi rispondevano ai seguenti nomi: u’ Pesc’, P’sc’lon’, P’sc’licchj’, P’sc’laccon’, Cazzariegghj’, Cazzegghia, Cic’r’ Pesc’, Cicer’ Cann’,
Cicigghj’, l’Auc’gghion’, u’ Cul’ Sicch’, u’ Cul’ Stritt’, Chiappa
Chiappa e Duj Bà. In seguito si decise di affidare costoro alle
cure di Mitt’ Calzon’, u’ Pannacciar’ e Casa Cappiegghj’ affinchè
coprissero le loro vergogne. A loro disposizione si misero subito
molti volontari come Cauzon’, Pantalon’, Vracon’, P’tt’lon’,
Scap’tegghia, Stival’, Mezza Cauzetta, u’ Giacchett’, u’ Giacch’ttar’, Giacchetta Corta, Cammisa Frescka, Sciamm’rchicch’,
Cappiegghj’, Cupp’lin’, Cupp’lon’, u’ Capp’gghiar’, u’ Sciarp’ e
Cravattin’. Con il loro aiuto gli osceni furono vestiti da capo a
piedi e poterono essere ammessi ai votare
Vi furono altri piccoli incidenti di minore importanza; nel corso della serata, infatti, ad un tratto, la Corrente si sentì venir
meno e serenamente si spense, ma fu subito sostituita da Lucegghia, P’trolij’ e Str’lluc’. Non ci fu altro di grande rilievo e
per il resto le operazioni di voto si svolsero con regolaristà
fino a sera quando si raggiunge e si superò il 60% dei votanti.
Gli elettori affluivano a gruppi, mantenendo comportamenti
più o meno corretti. Il gruppo certamente più educato e perbene fu quello composto dagli “Onorevoli Signori”: Caricanò, Zidirò, Zzo-Zzo, Ndò Ndò, Furlò, Chiò Chiò, Vazziò, Parlippò,
Pirlingò, Tusciapò, Sckolì, Pongì, Ciommì, Turlì, Z’gh’nì, Frittì,
Chich’l’chì, Pescè, Tavè, Stuscè, Perciocchè, u’ Ciattè, u’ Cionna, Gliaglià, Piacciù, Perciù e Cirlippù.
Un altro gruppo rispettabile e abbastanza ordinato fu quello
comprendente: Pista Pista, Ciamba Ciamba, Vascia Vascia,
Toscia Moscia, Nisc’ Nasc’, Luccè Lucè, Lik Lik, Ricca Recca,
Risqua Rasqua, Tocqua Tocqua, Quadr’ e Squadr’, Coppa Coppa, Pacchi Pacchi, Tibb’ Tibb’, Suonn’ Suonn’, Muss’ Muss’, e
Coj Coj.
Si presentò, invece, un altro gruppo molto sgraziato e confusionario, comprendente i signori: Ndr’ccigl’, Abballa Pietr’
Zengar’, u’ Ciamban’, u’ Baggian’, Ninga Nanga, Stingh’,
Stingh’ Tis’, u’ Vasc’liegghj’, u’ Scazza Mauriegghj’, Ndrand’la, Ndrangula Nuc’, C’fringul’, u’ Zanza Maglius’, u’ Pamb’llin’, Zomba Antonij, Zomba Cardill’, Per’ r’ Pruma, Ammacca
Pan’, Mbaccator’, Pier’ Rolc’, Cecca menat’ Pes’la e Mast’
Cajtan’ Mb’s’mat’. Saltellando, saltellando, sopraggiunsero
Vanapent’ e Rospa Ciomba.
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IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
Volarono, invece, le carte, le schede e i registri al solo apparire
dei signori: u’Vient’, la Voria, Punent’, T’mpesta, P’l’vin’ e Fa
la Pioggia.
Fastidiosa e molesta venne a votare la comitiva comprendente:
Tavan’, u’ Prucchj’, u’ Cemm’c’, C’mm’cicchj’, M’schill’,
Papp’lon’ e Mast’ Pul’c’.
Durante le votazioni funzionava una società privata per indagini demoscopiche formata da: u’ Fis’ch’, u’ Chim’ch’, u’ Strolagh’ e u’ Str’hon’ per le elaborazioni dei primi dati e le prime
proiezioni elettorali. Altri gruppi notevoli che vennero a votare
furono: Squarcion’, Squarcegghia, Squarciegghj’, Squaquegghia, u’ Quequa e a’ Quaquaregghia. Il gruppo dei Cecchi,
ovvero: C’cch’llin’, C’cch’tiegghj’, Cicch’ Vocè, Cicch’ r’ la
Mamma, nonché Cicch’ r’ Mast’ Pasqual’ e quelli dei Canio, ossia Canijon’, Canijazz’, Canjmacc’, Cient’ Canij e Canij a
nonna. Un gruppo numerico Cingh’, Cinquin’ Cient’ Mis’,
Trentoss’, u’ Trentass’, Pasckal’ r’ trentaruj, Pasckal’ r’ trentatrè, Quaranta e Zzer’.
Essendosi rifiutati di dare le loro generalità, non furono ammessi ai voti tali Z-d, Z-l e Z-b.
Vennero poi Pusc’, Pinusc’, Pisciusc’, Palusc’, Nosc’, M’calosc’, Linardosc’, Nisc’, u’ Chisc’ e Capisc’, Zuzz’, Cazuzz’, u’
Nuzz’, Mariozz’, Faizz’, Ciocia, P’cec’, F’lec’, la Pec’, u’
Mmec’, Crok’, Mast’ Rocch’, Zinnocch’, Sagliocch’, Pac’nciocch’, Maceppa, Chie-Chieppa, Sceppapipp’, Ngella, Rella,
Juccella, Santella, Sckinella, Tatill’, Sp’till’, Ciannill’, V’ssill’,
Narch’zirl’, u’ Roll’, Ngiulla, Ciaculla, P’ciolla, u’ Zamall’,
Cacciabball’, Tateh’, Cilah’, M’s’ddej’, M’cel’, Samuel’, Pachel’, u’ Bboia, u’ Bbaj, u’ Piul’, u’ Maul’, Ianeul’ e Iateula.
Vennero famiglie intere come: l’Ang’lon’, l’Ang’legghia, u’
Colac’, a’ Culacegghia, u’ Culaciggh’, u’ Curat’l’, u’ Curat’lon’ u’ Curat’licch’, Ng’l’negghia, Panca, Panch’tiegghj’, Pangh’losc’, Pataccon’, Patacca, Patacchiegghj’, Sciascion’, Sciascia, Sciasciappa, Sciascialicchj’, Sciampagn’, Sciampagnon’,
Sciampagniegghj’.
Con rispetto fu accolto il gruppo storico, composto da Marcantonij, Silla, Masaniell’, Nap’lion’; all’ultima ora, come al
solito, furono condotti ai seggi u’ Malat’, Mo’ Mor’ e u’ Muort’,
e cos’ si finì.
Fatto lo spoglio e convocato il primo consiglio comunale, si
procedette all’insediamento del nuovo Governo Cittadino, che
risultò sorretto da un raggruppamento di tutte le forze antimonarchiche e così composto:
Alla Giustizia
V’lanzon’
Al Tesoro
u’ Scialon’ e u’ Scaran’
Alle Finanze
u’ Cabb’llota
Ai Lavori Pubblici
Travagliator’ e, come
sottosegretario, u’ Mastron’
Alla Pubblica Istruzione
u’ Saput’
All’Industria
Fat’hand’
All’Assistenza
l’Affamat’ e, come
sottosegretario, u’ Patut’
All’Igiene e Sanità
Maria Salute con l’aiuto r’ u’
P’lit’
Rapporti con la Santa Sede Papa Sist’ e, sottosegretario, u’
Clerical’
All’Agricoltura
Piano Verde e Miet’ Saraogghia
Ministro senza portafoglio Mainalira
Capo del Governo: l’Ass’ Arruna Tutt’.
VALLE PIRAGGINE (contrada Sierri)
A te valle Piraggine, culla della mia vita,
la tua gradita immagine, mi è sempre assai gradita.
Un marmocchio barcollando, mi sembra di vedere
Che ogni due passi ruzzola con piacere.
Quand’era primavera, raccoglievo le margherite,
spuntate lì, sul prato, tremule e fiorite.
Sotto ai biancospini, il profumo delle viole
Inebriava l’aria, al sorgere del sole!
Diventato grandicello, andavo a cacciar rane,
e non m’importava niente, se mangiavo solo pane!
Il canto degli uccelli e il fragore del torrente
Che scorreva li vicino, mi stordivano la mente.
Dai tuoi colli boscosi, s’ammira l’altopiano
Fin dove terra e cielo, si baciano lontano!
Da lì, si vede Calitri e altri paesi ancora,
ed è uno spettacolo il chiaror dell’aurora!
Laggiù in fondo alla valle, un fiume serpeggiante
Scorre tra i canneti e rigogliose piante.
Ai bordi del suo letto, passa la ferrovia,
e ogni tanto un treno, fischia e fugge via!
T’amo valle Piraggine, t’amo e t’ho lasciato
Sono andato lontano ma, nel cuore ti ho portato!
Nei tuoi argillosi campi, ci siamo rotti le reni
Io e la mia famiglia, poveri ma sereni!
Roma, 2 gennaio 1998
Michelangelo Armiento
Calitri luglio 1973, Rosa Tartaglia (Bagnona), con il nipote Luciano Di
Maio, a cavalcioni sull’asino, alla Pila r’ la Fica.
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IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
MOVIMENTO DEMOGRAFICO
Rubrica a cura di Anna Rosania
I dati, relativi al periodo dal 17.10.1998 al 5.02.1999, sono stati rilevati
presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri.
NATI
Averga Renata di Mariano e Moschetti Raffaella
Rotonda Maria di Franco e Cestone Michela
Rosania Patrik di Bruno e Fonzo Giovanna
Zabatta Chiara di Pietro e Cerreta Angela
Maffucci Antonio di Michele e Di Maio Francesca
Russo Mariantonietta di Francesco e Stanco Gaetanina
Cialeo Giuseppe di Vincenzo e Immerso Lidia
Di Carlo Francesco di Antonio e Cestone Rosa
Togua Marika di Antonio e Gallo Mariella
Di Maio Valentina di Michele e DI Guglielmo Anna
Acocella Miriam di Michele e Di Cairano Antonella
Di Maio Michele di Antonio e De Nicola Angela
Astone Emanuele di Giosuè e Wegrzyn Ezzbietta
Margotta Andrea di Francesco e Maffucci Luciana
Leone Michela di Vitoantonio e De Luci Maria
25.09.1998
14.10.1998
26.10.1998
02.11.1998
10.11.1998
14.11.1998
21.11.1998
03.12.1998
20.12.1998
27.12.1998
29.12.1998
12.01.1999
17.01.1999
01.02.1999
05.02.1999
MATRIMONI
Del Re Vincenzo e Spito Daniela
Di Mattia Martino Antonio e Caputo Maria
Di Cairano Francesco e Lamorte Gessica
19.09.1998
24.10.1998
30.12.1998
IL VELO DELLA POPOLANA
Sei rimasta sola a portarlo
per coprirti il capo ed il viso
quando esci di casa
al freddo ed alla pioggia
unico riparo.
lo tieni stretto al petto
mentre frettolosa cammini
o vieni dalla lontana campagna.
D’inverno è il tuo cappotto,
hai pudore di quello vero
proprio dell’immagine
di altre chiamate “signore”.
Semplicemente ti rifugi
nella custodia di panno,
per difendere da sguardi truccati,
non protette da cipria ed unguenti
le rughe e le labbra aride,
e le sofferenze patite.
Quando però rientri a casa,
alla luce debole del focolare
gli occhi tuoi si riscaldano
di amore vero che riscatta
nella libertà della parola
il silenzio dei passi lesti,
i tempi vuoti della solitudine
d’una terra da riscoprire
ad ogni costo,
ultima salvezza antica
per noi superstiti
inappagati sognatori.
Aldo Viviano
(da Carbone PZ)
MORTI
Zabatta Mirko
Di Maio Incoronata
Di Cairano Maria Concetta
De Nicola Pasquale
Giarla Maria
Cestone Celestina Incoronata
Bifronte Vincenzo
Maffucci Antonio
Cestone Giuseppe
Sperduto Giuseppe Vincenzo
Maffucci Franceschina
Acocella Giuseppe Nicola
Rinaldi Giovanna
Zabatta Rosa
Codella Michele
Di Cecca Maria Luigia
Di Maio Francesca
Tancredi Maria
Di Guglielmo Lucia
Metallo Antonio
Buldo Maria Vittoria
Don Vincenzo Cubelli
Vodola Elena
01.09.1998 - 08.09.1998
19.12.1924 - 05.10.1998
09.06.1910 - 11.10.1998
20.03.1931 - 16.10.1998
02.01.1907 - 19.10.1998
19.05.1926 - 13.11.1998
18.01.1924 - 19.11.1998
14.11.1915 - 27.11.1998
19.03.1934 - 28.11.1998
13.05.1906 - 04.12.1998
07.06.1928 - 14.12.1998
02.01.1920 - 16.12.1998
15.11.1924 - 21.12.1998
15.05.1911 - 30.12.1998
28.02.1915 - 30.12.1998
17.02.1931 - 11.01.1999
19.08.1913 - 12.01.1999
05.10.1905 - 12.01.1999
19.05.1912 - 20.01.1999
04.02.1916 - 22.01.1999
29.09.1929 - 28.01.1999
28.08.1921 - 30.01.1999
25.08.1933 - 09.01.1999
20
Calitri 1903, Margotta Mariantonia nata a
Calitri 14.01.1881, sposata con Bongo Luigi il
12.08.1901, con il suo primo figlio Pasquale nato il
09.06.1902 in una foto del rinomato studio
fotografico Angelomaria Leone del 1903. La
famiglia Margotta, soprannominata “stingh’”
abitava a lu sierr’ nei pressi del palazzo Vitamore, e
il signor Bongo per la prossima estate che verrà a
Calitri, vorrebbe poter incontrare qualche parente.
IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE
Maria (Cambiano) – Cubelli Vito (Foggia) – Paoletta Erminio
(Portici) – Panico Fiorentino e Teresa (Pomigliano D’Arco).
25.000: Scarano Anita (Lucrezia) – Pivano Federico (Firenze) –
Cerreta Orazio (Caselle T.se) – Di Maio Giacinta (Cogliate) –
Maffucci Angelo M. (Lissone) – Abate Gaetano (Salerno) – Scoca Antonio (Trento) – Abate Giuseppe Nicola (Avellino) – Mons.
Salvatore Siani (Contursi Terme).
30.000: Nicolais Elena (Roma) – Don Michele Di Milia (Senerchia) – Nicolais Giovanni (Firenze) – Buldo Cesare Giovanni
(Varese) – Di Cosmo Vincenzo (Poggibonsi) – Russo Giuseppina
(Trento) – Maffucci Canio (Bresso) – Padre Francesco Cubelli
O.P.(Pistoia) – Maffucci Giuseppe (Milano) – Della Badia Angelo (Napoli) – Sena Gerardo (Bisaccia) – Mazziotti Grazia (Tione)
– Fierravanti Vito (Lavena Ponte Tresa) – Miele Cesare (Mariano
C.se) – De Rosa Attilio (Treviso) – Don Valentino Di Napoli (Castelfranci) – Zampino Raffaele (Battipaglia) – Paradiso Gaetano
(Lioni) – Zarrilli Maria (Poggio a Caiano) – Cianci Michelina
ved. Maffucci (Pisa) – Zarrilli Maria (Poggio a Caiano) – Pasqualicchio Luigi (Figino Serenza) – Sagliocco Franco (Nichelino)
– Di Carlo maresciallo Canio (Avellino) – Metallo Giovanni (Pontasserchio) – Di Milia Angela Marino (Nova Milanese) – Pastore
Umberto (Verona) – Codella Vito (Cremona) – Mollica Antonio
(Novara).
40.000: De Nicola Vincenzo (Pavia).
50.000: De Nicola Michele (Bologna) – Messina Giuseppe
(Roma) – Giannini Mario (Firenze) – Di Milia Antonietta (Milano)
– Centro Residenziale Studi Pugliesi (Siponto) – Mobilio Domenico (Firenze) – Gori Stefano (Firenze) – Margotta Mario e Nicolais Dina e Vincenzo (S. Donato M.se) – don Lorenzo Sena (Fabriano) – Codella Vitantonio (Castel S. Niccolo’) – Di Napoli
Francesco (Biella) – Losasso Rocco (Avellino) – Nicolais Maria
(Latina) – Di Maio maresciallo Antonio (Revello) – Battaglia Domenico (Firenze) – Acocella Armando e Zarrilli Angela (Limidi Soliera) – Di Maio Gaetano (Trento) – Lampariello Franchino (Garbagnate M.se) – Cianci Michele (Firenze) – Zazzarino Vincenzo
(Mercogliano) – Lampariello Maria (Solofra) – Fastiggi Vito (Avellino) – Del Donno Manfredi (S. Croce sul Sannio) – Chirico Ettore e Di Milia Angela (Teora) – Galgano Vincenzo (Riccione) – Di
Cairano Giuseppe (Milano) – Zabatta Michele (S. Giorgio a
Cremano) – Rabasca Angelomaria (Cervinara) – Di Maio Michele Arcangelo (Napoli) – Cerrata Anna Maria in Rizzi (Foggia)
– Di Napoli Donato (Napoli) – Fierravanti Canio (Castiglione
D/S) – Spatola Saverio (Brescia) – Trofa A. Enrico (Avellino) –
Sacchitella Caterina (Siena) – Della Badia Donato (Gallarate) –
Vettori Antimo (Masiano) – Gallucci Vincenzina (Napoli).
100.000: Nannariello Vincenzo (Piacenza) – Montagnani Roberto (Panzano) – P. Rosario Messina (Casoria).
DA CALITRI
10.000: Di Napoli Luigi – Codella Giuseppe – De Nicola Giovanni.
15.000: Gallucci Vincenzo – Gautieri Canio – Di Maio Giuseppe, Fontana del Noce – Buldo Cesare – Di Tolve Rino – Cicoira Franco – Cialeo Francesco, via Pittoli 21.
20.000: Delli Liuni Maria Carmela – Bozza Vincenzo – Maffucci M. Filomena – Lucietta Fastiggi ved. Stanco – Mauro Giuseppe – Leone Angelo, New Bar – Lungaro Canio – Germano
Michele – Maffucci Maria – Cianci Mariantonia – Galgano Michele – Martiniello Canio – Contino Vito Antonio – Di Napoli Canio, via A.Cerrata – De Luca Maria, via Pittoli 131 – Lampariello Serafina – Maffucci Di Maio Benedetta – Galgano Domenico,
via Gesualdo 8 – Cubelli Alfonso – Nigro Vito – Cerreta Mariannina – Fasano Giovanni.
25.000: Nicolais Cristina ved. Acocella.
30.000: Galgano Giuseppe – Di Napoli Canio – Galgano
Francesco – Di Cairano Mario Angelo – Di Napoli Angelomaria
– Di Roma Giuseppe – Scoca Canio, via Sotto Macello – Suore
di Gesù Redentore – Di Maio Enzo.
50.000: Borea Esterina - Ricciardi Vitale – Fierravanti Michelina e Zarrilli Vittorio – Galgano Rosa e Umberto – Maffucci Lucia
vedova Margotta – Di Napoli Pasquale Salvatore – Cerreta Angelomaria – Di Cecca Giuseppe.
100.000: Zampaglione Antonio.
DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE
10.000: Gautieri Giuseppe (Bologna) – Di Cosmo Michele
(Poggibonsi) – Briuolo Luigi (Alessandria) – Zarrilli Luigi (Poggibonsi) – Di Roma Mario (Mariano C.se) – Pollina Angelo (Poggibonsi) – Pastore Maria (Fornaci di Barga) – Galgano Canio
(Cantù) – Di Napoli Antonio (Rho) – Di Maio Antonio (S. Bernardino) – Cecere Marco (Firenze) – Associazione culturale “ProLicusati” (Licusati) – Di Cosmo Egidio (Ostra).
15.000: Cicoira Lidia (Napoli) – Margotta Di Milia Teodora
(Poggibonsi) – Gabellini Lorenzo (Firenze) – Maffucci Mario
(Lari) – Di Muro Pasquale (Rignano sull’Arno) – Fastiggi Vittorio
(Mariano C.se) – De Felice Michele (Avellino) – Vallario Lorenzo
(Milano).
20.000: Margotta Angelo (Collemarino) – Malanca Canio
(Copreno Lentate) – Polestra Pasqualino (Milano) – Di Napoli Mario (Bollate) – Gautieri Alfonso (Cadorago) – Di Maio Franca Maria (Milano) – Gautieri Canio (Mariano C.se) - Bozza Canio
(Robecco sul Naviglio) – Zabatta Salvatore (Milano) – Maffucci
Tonino (Lentate S.S.) – Di Fronzo Pasquale (Mirabella Eclano) –
Di Napoli Vincenzo (Bologna) – Leone Antonio (Poggibonsi) – Di
Cosmo Canio (Ancona) – Cerreta Michele (Carrara) – Nicolais
Antonio (Lavaiano) – Gallo Vito (Pontedera) – Nargi Livio (Castelvetere sul Calore) – Ricciardi Berardino (Torino) – Gautieri Vito
(Moncalieri) – Di Cairano Teresa (Torino) – Di Napoli Antonio
(Rho) – Miele Pietrangelo (Bollate) – Scoca Francesca (Ponte
Tresa) – Gallucci M. Filomena ved. Di Napoli (Acqui Terme) –
Gautieri Vito (Acqui Terme) – Metallo Giuseppe (Bagnoli) – Codella Vincenzo (Scandiano) – Di Carlo Attilio (Cordenons) – Palermo Antonio (Arosio) – Gallicchio Mario (Milano) – Di Cairano
Domenico (S. Mauro T.se) – Capossela Giuseppe (Genova Pontex) – Cubelli Michele (Bologna) – Leone Giuseppe (Misinto) –
Codella Berardino (Lentate) – Gautieri Giuseppe (Moncalieri) –
Zabatta Pietro (Lentate S/S) – Zabatta Mario (Cantù) – Cantarella
Maria (Genova) – Cianci Michele (Briosco) – Santeusanio Giuseppe (Livorno) – Sansone Giacinta (Torino) – Gervasi Gerardo
(Olgiate Comasco) – Codella Filomena (Avellino) – Di Carlo
DALL’ESTERO
BELGIO: Simone Michele L. 35.000
CANADA: Lampariello Michele L. 100.000 – Lampariello Pietro
L. 100.000
GERMANIA: Koschmieder Giuseppina e Klaus L. 100.000
INGHILTERRA: Galgano Vincenzo L. 50.000.
SVIZZERA: Di Milia Giuseppe L. 20.000 – Cestone Giuseppe
L. 25.000.
U.S.A.: Pavese Angelina $ 25 – Acocella Mario $ 50 – Russo
Vincenzo $ 50 – Ricciardi Frank $25
URUGUAY: Lampariello Vito L. 30.000.
Chiediamo scusa e comprensione
per qualsiasi involontaria omissione
21
IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
R E Q U I E S C A N T
Bernardino Fastiggi
Calitri
USA
13.06.1933 - † 04.01.1990
Gaetano Fastiggi
Calitri
USA
29.04.1930 - † 27.01.1977
“I giusti vivono per
sempre, la loro
ricompensa è presso il
Signore”.
I parenti tutti.
Riempi il vuoto che hai
lasciato fra di noi
guidando dal cielo i
nostri passi.
I familiari.
I N
P A C E
Michele Cianci
12.04.1933 - † 26.01.1998
Dopo un’intera vita dedicata
alla famiglia e al lavoro
presso il Consorzio Agrario
che era diventato una
seconda ragione di vita, nel
primo anniversario della sua
prematura scomparsa, lo
ricordano con immutato
amore la moglie Lucia e i
figli Rosa e Leonardo.
Vincenzo Margotta
22.04.1927 - † 24.07.1998
Canio Cestone
01.09.1908 - † 07.02.1989
Tu che tanto ci amasti in
vita, veglia su di noi e
guidaci perché possiamo
sempre percorrere come
te la giusta via della
rettitudine e della bontà.
I tuoi cari.
Maria Gerarda Cestone
02.06.1911 - † 27.02.1998
Zi Canij r’ Panch’losc’ e zia Ndina r’ M’calon’
I figli, il genero, le nuore, i nipoti e i parenti tutti li
ricordano con tanto affetto.
Gaetano Trofa
Accadia
Calitri
23.07.1871 - † 08.02.1944
Beniamino Nicolais
25.07.1923 - † 12.01.1997
Coniugato a Calitri con
Maria Michela Papa il
20.12.1894, tutti i nipoti
e pronipoti lo ricordano
con tanto affetto.
Con immutato dolore e
affetto i tuoi cari ti
ricordano.
Domenico Maffucci
Calitri
Pisa
08.07.1914 - † 15.03.1998
È tornato al Padre fra il
compianto dei familiari,
degli amici e di quanti lo
conobbero.
A DONATO DI NAPOLI
Nel primo anniversario della sua scomparsa.
Antonio Sena
15.08.1938 - † 09.05.1996
A tre anni della
scomparsa i tuoi
familiari ti ricordano
con lo stesso affetto di
sempre.
Lucia Cerreta
Vedova Corazzelli
28.01.1911 - † 14.01.1998
“Quale gioia quando mi
dissero: andremo alla
casa del Padre”.
I parenti tutti.
Calitri 30 aprile 1997 le nozze d’oro di Lucia Maffucci e Vincenzo Margotta.
22
Come il finale di un film
Triste,
ti sei addormentato,
in silenzio,
la candela corrugata
dall’ultima fiamma,
sul davanzale;
il soffiar del vento
a spargere gocce di pianto
oltre l’Immacolata,
giù, per il crinale;
soffuso coro di voci
in anfratti di vallata.
Musiche scolpite
In note di vita,
dentro “l’azzurrar”
di tuo petto
i nostri ricordi, vivi,
di eterni adulti-bambini.
Illusioni amare e dolci…
De Sica, Charlot, Fellini…
In primavere d’aria fine,
a sognar “scrigni di perle”
nel tuo… “Rossini”.
Ciao e non addio, DONATO
con te, “PROSSIMAMENTE”:
“In Ciel, fra…”.
Grazie ancora, Donato.
Ettore Cicoira
IL CALITRANO
N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999
L’ARTE SACRA IN ALTA IRPINIA di Pasquale di
Fronzo - Ed. Grappone, Mercogliano, 1998 - 4 voll.
LA NOSTRA
BIBLIOTECA
onosciamo ed ammiriamo da molti anni don Pasquale Di
CFronzo, anzitutto per la forte passione sacerdotale, nonché
per le sue doti di storico e ricercatore locale, per le sue iniziative, per i suoi numerosi scritti ed eravamo più che sicuri che
gli “otia” nella nativa Mirabella avrebbero dato i loro frutti e
quali pregevoli frutti troviamo in questi primi quattro volumi su
L’Arte Sacra in Alta Irpinia!
Anzitutto il titolo è riduttivo perché la caparba e competente tenacia del Nostro ha investigato il vasto entroterra della provincia di Avellino che comprende il territorio Arianese, la valle del
Calore, la valle dell’Ufita, la Baronia, la montagnosa Alta Irpinia, nonché l’area di Nusco e di Montella; territorio per secoli abbandonato al suo duro destino fatto di calamità atmosferiche, terremoti, usura del tempo, furti, vandalismo, incendi,
alienazioni, incuria per ignoranza della preziosità delle opere.
Finalmente, ringraziando Pasquale Di Fronzo che con umiltà
e vocazione ha cercato, con passione – fra dimenticanza ed
indifferenza – di ridare alla nostra terra e alle nostre genti il
valore della sua cultura, possiamo vantare di avere un’opera
di inestimabile valore che ci permette di scoprire un mondo
che pure era alla nostra portata, ma di cui ignoravamo finora
il valore.
Una vera e propria enciclopedia d’arte dove si parla di tutto,
dalle tele agli stucchi, dagli organi alle croci monumentali,
dai secchielli dell’acqua santa ai sarcofagi, dalle maioliche
alle statue, dalle edicole votive alle statue e così via, con un paziente, appassionato, interessante viaggio alla scoperta di tesori
di opere d’arte sconosciute o dimenticate.
A Pasquale Di Fronzo, al suo certosino, robusto lavoro di ricercatore attento, scrupoloso, puntuale e competente, va la riconoscenza di tutti noi.
GENTE VESUVIANA romanzo di Gian Paolo Tozzoli L’Autore Libri, Firenze 1999
è una Napoli malata che scorre nel sangue di chi la abita,
C’una città fatta di compromessi, di tradizioni da rispettare e
temere oltre la ragione; c’è una legge dell’onore cui non si può
venire meno; ci sono catene ideali che raramente possono essere
spezzate. Un fermento, un ribollire sotterraneo che spesso cerca
la via di uscire, che ricorda molto da vicino il caro Vesuvio.
Un grande romanzo in cui la penna tagliente dell’Autore tratteggia le inquietudini, i drammi, le passioni della “gente vesuviana”.
Gian Paolo Tozzoli, per chi non lo conosce, è stato diplomatico
di carriera, ambasciatore a Tirana, Malta, Praga. Vive a Roma,
ha pubblicato opere di narrativa, sillogi, saggi, romanzi.
CASTELVETERE SUL CALORE di Livio Nargi, Presentazione di Francesco Fusco - Ed. Grappone, Mercogliano.
l telaio ronzante del tempo tesse la tunica viva” scrisse il
“A Goethe: le lontananze arcane, anelito vibratile di storia alla
ricerca di luce, prorompono dai documenti longobardi, normanni,
svevi, angioini, del declinare del Medioevo all’Età Moderna e a
quella Contemporanea opportunamente riportati. La cronotassi
dei “Castri veteris comites” palesa autorevoli parentali col fascinoso, abile diplomatico Sergianni Caracciolo pugnalato dai sicari
di Alfonso d’Aragona e Sveva della stessa stirpe per confluire
nell’infeudamento dei De Beaumont, che dominarono fino al crepuscolo della feudalità decretata con legge del 2 agosto 1806 di
Giuseppe Bonaparte. I “foci” o “focularia” riportati evidenziano
incrementi e cali correlati a calamità naturali: i terremoti, le carestie, gli eventi bellici, la peste, che infierì nel Regno di Napoli nel
1656; essa frantumò labili resistenze umane perché la medicina
empirica del tempo non disponeva di mezzi adeguati per debellare il flagello, negli atti definito “il contagio” e il colera.
Agili biografie presentano gli uomini celebri: il domenicano
Raffaello Maffei autore del “De vera et legitime Urbani VI
electione”; mons. De Matteis, Gennaro De Matteis compositore, poeta e politico, Elena Discepolo Gall docente universitaria, il sacerdote Calabrese, Don Palermo e Padre Bimonte
oratori sacri e scrittori, il pio barone De Beaumont, i sacerdoti
Mele saggisti e pubblicisti, il reverendo Nargi professore ginnasiale e poeta di “profetico spirito dotato”, e così via. Come
tutti i paesi irpini e le città del regno delle Due Sicilie, Castelvetere fu sede di “Vendita” carbonara che vide fra i suoi affiliati l’intellighenzia paesana. Il più alto indice di arte si ammira nelle chiese e su esse si sofferma il Nargi esplorandone le radici lontane e trascrivendo le epigrafi. Degna di lode è l’iniziativa di Livio Nargi di aver coinvolto nella esaltazione della
Vergine e per la datazione dell’icona Piero Bargellini letterato,
critico d’arte e agiografo; La Pira, fervente cattolico, romanista
e politico; il poeta padre David Maria Turoldo; il cardinale
Palazzini e tanti altri. Le Congregazioni laicali, le campane, le
edicole sacre di tutto il Nargi ci narra per condurci con mano
dotta alla conoscenza di Castelvetere che deve certamente moltissimo a questo suo umile figlio.
(dalla presentazione di Francesco Fusco)
LA CHIESA DI S. MARIA DEI VERGINI di Emilio Ricciardi – Tip. Galluccio, Napoli, 1998
l 1998 è stato il quarto centenario della fondazione della parroc-
Ichia di S. Maria dei Vergini, istituita nel 1598 dall’arcivescovo
cardinale Alfonso Gesualdo (nato a Calitri il 20 ottobre 1540) ed
anche il trentesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale del
parroco don Michele Del Prete che per celebrare degnamente le
due ricorrenze ha commissionato il presente studio, teso a ricostruire la storia della parrocchia, che sorge nel quartiere dei Vergini, uno dei luoghi napoletani più ricchi di storia e di arte.
Infatti, quando si parla del quartiere dei Vergini, il pensiero corre immediatamente ai suoi monumenti più celebri, legati ai nomi
di famosi artisti, come il grande monastero domenicano della Sanità, capolavoro di fra’ Nuvolo; la chiesa dei Padri della Missione, disegnata da Luigi Vanvitelli; la cappella di S. Maria Succurre Miseris, rifatta dal genio di Ferdinando Sanfelice.
Inoltre nella chiesa dei Vergini si conserva il fonte battesimale
nel quale furono battezzati due illustri napoletani: l’insigne
architetto Ferdinando Sanfelice e S. Alfonso Maria de’ Liguori che fu presentato al fonte il 29 settembre 1696 nonché il ricordo dell’inatteso onore di una visita papale da parte di Pio IX
esule da Roma che il 21 novembre 1849 si recò nella parrocchia dei Vergini.
Un ottimo lavoro che diviso in sei capitoli, vivace nella fluidità
dello stile, enuclea in una sintesi armoniosa e scorrevole la
storia completa della parrocchia dalle sue origini fino ai tempi
nostri, con tutte le tappe più significative, con un panorama
completo delle testimonianze scritte documentarie.
23
In caso di mancato recapito si prega rispedire al mittente che si impegna ad accollarsi le spese postali.
Calitri 1928/29 in occasione della visita di Francesco Ricciardi da Dobbs Ferry, da sinistra in piedi: Berardino Ricciardi (11.11.1914) – Francesco Ricciardi (05.08.1913) – Filomena Ricciardi Cioffari
(18.02.1919) – Vitale Ricciardi (30.08.1909) – Lucia Armiento Ricciardi, seconda moglie di Giovanni, (giugno 1889 – 19.06.1970) – Giovanni Ricciardi (16.05.1876 – 25.04.1946) – Gaetana Metallo De Carlo
(1892 - 1980) figlia di Maddalena Ricciardi Metallo (01.07.1863 - 15.11.1892); seduti: Maria Michela Ricciardi Fastiggi (22.10.1858 - 22.03.1942) – Francesco Ricciardi (19.12.1866 - 18.09.1929) – Angelarosa
Ricciardi Abate (22.09.1869 - ottobre 1960) – la piccola Giacinta Ricciardi Sansone (25.05.1924). (Per gentile concessione del signor Frank Ricciardi da Dobbs Ferry U.S.A.).