periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e
Transcript
periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e
IL CALITRANO periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni Spedizione in abb. postale comma 20/C Legge 662/96 Filiale di Firenze ANNO XIX - NUMERO 10 (nuova serie) GENNAIO-APRILE 1999 VIA A. CANOVA, 78 - 50142 FIRENZE - TEL. 055/783936 IN QUESTO NUMERO IL CALITRANO ANNO XIX - N. 10 n. s. Le parole non bastano di Raffaele Salvante 3 Luoghi della memoria 4 di Nicola Arminio 6 Il generale Luigi Cerrata e la sua opera di Vannalucy Di Cecca 7 S. Maria in Elce alla fine del Quattrocento di P. Gerardo Cioffari O.P. 8 Il castello e la cavallerizza di Calitri di Emilio Ricciardi 12 16 Vita scolastica calitrana di Antonio Altieri 16 DIALETTO E CULTURA A TOCCARE UN LEMBO DEL TUO CIELO A toccare un lembo del tuo Cielo da quest’umida terra di pianto se a sera accendi le tue stelle nel canto di luna, o a contemplarti in preghiera sotto i dorati archi del tuo tempio nel silenzio dei tuoi misteri. L’Eterno e l’Immenso la tua luce e dagli orizzonti di sole a rischiararci la tua voce in quella oscura notte il sonno della morte. Manfredi Del Donno Direttore Raffaella Salvante Direttore Responsabile A. Raffaele Salvante Segreteria Martina Salvante Direzione, Redazione, Amministrazione 50142 Firenze - Via A. Canova, 78 Tel. 055/78.39.36 Spedizione in abbonamento postale 50% La scomparsa di un vero maestro di Remigio Schiavo Fondato nel 1981 Indirizzo Internet - http://www.dinonet.it E-mail: [email protected] Bicentenario della Rivoluzione Napoletana IN COPERTINA: Per conservare nel tempo memorie che potranno tornare utili a comporre, domani, quel mosaico che è la storia, la storia della nostra gente, proponiamo questa foto dei primi anni ’60, patrimonio dalle radici lontane, che ci mostra il “traino” di Carmine Lops – meglio conosciuto come Carm’nucc’ – che gira per le strade del paese, raccogliendo i rifiuti. Altri tempi, altri momenti che ci dovrebbero aiutare a guardare indietro per riconoscere nello specchio del tempo le nostre radici. Periodico quadrimestrale di ambiente - dialetto - storia e tradizioni dell’Associazione Culturale “Caletra” POPOLARE 17 MOVIMENTO DEMOGRAFICO 20 SOLIDARIETÀ COL GIORNALE 21 REQUIESCANT IN PACE 22 LA NOSTRA BIBLIOTECA 23 C. C. P. n. 11384500 La collaborazione è aperta a tutti, ma in nessun caso instaura un rapporto di lavoro ed è sempre da intendersi a titolo di volontariato. I lavori pubblicati riflettono il pensiero dei singoli autori, i quali se ne assumono le responsabilità di fronte alla legge. Il giornale viene diffuso gratuitamente. Attività editoriale di natura non commerciale nei sensi previsti dall’art. 4 del DPR 16.10.1972 n. 633 e successive modificazioni. Le spese di stampa e postali sono coperte dalla solidarietà dei lettori. Stampa: Polistampa - Firenze Autorizzazione n. 2912 del 13/2/1981 del Tribunale di Firenze La nostra Rivista è diventata maggiorenne e – grazie al Vostro contributo – ha resistito per 18 anni, aggiornandosi e migliorandosi di anno in anno. Non fate mancare la vostra collaborazione. Aiutateci a crescere ancora. Il Foro competente per ogni controversia è quello di Firenze. Accrediti su c/c postale n. 11384500 intestato a “IL CALITRANO” - Firenze oppure c/c bancario 61943/00 intestato a Salvante A. Raffaele c/o Sede Centrale della Cassa di Risparmio di Firenze Spa - Via Bufalini, 6 - 50122 Firenze - ABI 6160.6 CAB 2800 Chiuso in stampa il 19 marzo 1999 IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 UN FORTE IMPEGNO EDUCATIVO LE PAROLE NON BASTANO Non basta non fare il male per sentirsi cittadini onesti con la coscienza a posto: occorre fare il bene; infatti saremo giudicati per l’ascolto e l’aiuto che avremo saputo dare, oppure avremo negato a chi aveva fame e sete, a chi chiedeva pace e giustizia. a nostra società sta vivendo un vero e L proprio travaglio spirituale e culturale che rimette in discussione il patto non scritto che fino a qualche tempo fa esisteva fra i cittadini e che era l’orizzonte entro cui avveniva il dibattito sugli orientamenti dell’intera comunità, ma ora gli effetti della sua crisi si fanno sentire pesantemente nella vita pubblica, compromettendo non solo i rapporti a livello di persone, ma ancor più a livello di gruppi e di istituzioni. Lo sradicamento, sempre più diffuso, così come la perdita dell’identità tradizionale, è collegata, anche, al tramonto di tutte le ideologie che non hanno sciolto alcuni interrogativi, specie di fronte all’instancabile proliferare di partitini che agita il già triste panorama politico italiano, incapace di garantire le più elementari condizioni di sviluppo, sicurezza e rispetto dei diritti dei cittadini. Purtroppo, crediamo che dovremo attendere ancora molto, prima che i partiti facciano una seria riflessione autocritica sul loro modo di essere e di gestire il Paese e sui profondi processi di riforma di cui lo stesso ha bisogno, con una decisa sterzata verso il nuovo, e con capacità di fare scelte coraggiose. La politica rivendica tutta una serie di interventi, come i tanti “patti territoriali” siglati, ma di risultati concreti, cioè di nuovi posti di lavoro, ancora, se ne vedono pochi; il quadro diventa più preoccupante quando le persone, le famiglie, le categorie sociali, le popolazioni residenti in un territorio si sentono concretamente minacciate o in difficoltà nei loro bisogni e interessi primari. Infatti un paese dove i bambini muoiono di freddo, come è capitato tempo fa al campo nomadi Casilino 700; un paese che ignora un uomo morto su un marciapiede, come è accaduto a Roma, nei pressi di piazza Venezia; un paese dove impera la vuota burocrazia, la perenne disoccupazione, la violenza, lo spaccio di droga, la prostituzione coatta, l’abbandono dell’infanzia e degli anziani, l’usura, la mentalità razzista, l’omertà e così via – tutti segni di un mondo profondamente ingiusto ed egoista – non può e non deve farci perdere il senso di quella conquista che è il valore massimo della “persona”. Un cittadino serio ed attento alle sorti della democrazia del Paese non può non cogliere l’allarme che viene da un quadro così sconcertante. Perché dove c’è scarsità di risposte, dove c’è eccesso di delega, la mancanza di opportunità diventa vuoto di giustizia, un vuoto che il bisogno può far diventare rabbia e il povero capace di violenza, vuoto di fronte al quale non è possibile dichiararsi estranei e che deve scuotere la nostra indignazione col farci prendere più viva coscienza delle responsabilità con l’ascolto e l’aiuto concreto che sapremo dare; il messaggio forte e incisivo deve essere l’impegno di tutti a far nascere, nel nostro io, l’amore per poterlo diffondere e fare in modo che ci riconcili con l’umanità. A che servirebbe dire: “Dio, quante ingiustizie, quante violenze, quanti peccati!” se poi ce ne stiamo con le mani in mano, senza far niente, sdraiati comodamente in poltrona? Chi dovrà ricostruire il tessuto morale e sociale per colmare il pericoloso vuoto che si è creato? Ecco perché non possiamo permetterci il lusso di essere pessimisti! E per non correre il rischio di improvvisare in maniera imprudente e di cedere a retoriche superficialità occorre educarci ed educare alla dimensione socio-politica persone che sappiano essere cittadini consapevoli e attivi e non subiscano passivamente gli avvenimenti, che sappiano portare energie alla ricerca di un futuro più umanizzato, riscoprendo idealità e competenze per la costruzione del bene comune che è nelle aspirazioni profonde di tutti. La sfida non è rivolta a qualche addetto ai lavori o a gruppi con sensibilità particolari, ma è compito di ciascuno di noi cercare i segni dei tempi in cui siamo chiamati a vivere, sapendo mettere mano alle cose con la responsabilità di 3 chi ha imparato a guardarle con la visuale ampia di Dio; è in questo solco che si preparano le generazioni del domani. Infatti, noi – unitamente ai giovani – che pure siamo impegnati nella fatica collettiva di cambiare il mondo, non possiamo non anticipare, nei rapporti del quotidiano, ciò che vorremmo realizzato nelle dimensioni totali della storia; non è facile vivere con questa tensione, il bisogno di riposarci sulle sicurezze, spesso, ci fa tradire la nostra voglia che per attuarsi deve restare “provocazione”. Raffaele Salvante Un grave lutto ha colpito la comunità Calitrana con la scomparsa di don Vincenzo Cubelli – che chiude definitivamente un’epoca – padre spirituale dell’Arciconfraternita Immacolata Concezione per ben 51 anni, la sua anima è tornata al Padre il 09.02.1997 fra il compianto generale. Nel cinquantesimo di sacerdozio consegnò ai posteri il suo Testamento Spirituale: “…un ricordo va a tutti quelli che ho assistito nella loro malattia e agonia, con l’augurio che essi possano oggi godere quella felicità celeste, che auguriamo possa essere concessa anche a noi, allorchè Dio vorrà chiamarci…” “Il tesoro che vi lascio è il bene che io non ho fatto, che avrei voluto fare e che voi farete dopo di me” (Raoul Follerau) IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 Luoghi della memoria DAGLI U.S.A. Brooklyn, 12 ottobre 1998 novantesimo compleanno della nostra amica Angelina Pavese con due pronipote Gianna Toglia col vestito rosso e Maria Anna Walsh alla sua destra la signora Assunta Armiento in Galgano e alla sua sinistra la sorella Lucia con due pronipoti. Newark, New Jersey, giugno 1924, matrimonio di Domenico Codella di Mauro con la italo-americana Carmela Oppido. Mamaroneck, New York USA, luglio 1913, la famiglia di Fastiggi Vito Gaetano, davanti alla sua abitazione; da sinistra: Maria Antonietta nata a Stamford nel 1900, Fastiggi Vito Gaetano, nato a Calitri il 07.08.1860, da Fastiggi Cesare e Cerreta Maria Filomena e deceduto a Mamaroneck il 15.03.1933 – partì emigrante da Napoli il 09.07.1890 – James (Vincenzo) nato a New Rochelle nel 1902, Enrico nato a New Rochelle nel 1904; dietro: Luigi nato a Stamford nel 1896, De Carlo Luisa, moglie di Vito, nata a Calitri il 16.07.1873, da De Carlo Angelo Maria e Ricciardi Maria Antonia e deceduta a Tarrytown il 29.01.1956 – partì emigrante da Napoli il 04.12.1890 – Filomena nata a Stamford nel 1898; non incluso nella foto l’altro figlio Julius Cesare nato a Stamford nel 1893. Dobbs Ferry, U.S.A. 1952 circa, Maria Concetta Fastiggi di Cesare con le figlie Madeline, davanti,Teresa dietro e il figlio John Ricciardi. Newark, New Jersey 1928, celebrazione del matrimonio di Vito Michele Antonio Codella di Mauro con la italo-americana Cristina Oppido. 4 IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 DAL VENEZUELA Barquisimeto E. Lara 1958, da sinistra Marzial Pereira, Dante Cobuccio sul camioncino, nato a Mirabella Eclano, Benvenuto Albrigo proprietario dell’impresa, veronese e il nostro compaesano Salvatore Ramundo. Newark, New Jersey 1932, foto ricordo del matrimonio di Ernesto Toglia con Giuseppina Codella. DALL’AUSTRALIA Caracas 1959, da sinistra: Antonio Petito, Vincenzo Cicoira e Antonio Zazzarino. Da sinistra:Angelo Fastiggi (la fiacca), Rocco Di Milia (paparul’),Antonio Di Maio (l’urt’lan’ r’ Cast’glion’),Tonino e Vitale Di Milia figli di Rocco, Giuseppe Di Carlo (rascon’), e Vincenzo e Peppino Di Maio figli di Antonio. Calitri 15 agosto 1998, da sinistra Angelo Cestone (panculosc’), Agostino Racioppa (cunzes’), e Giovanni Galgano (zampaglion’). Calitri 1992/93 Canio Maffucci e la moglie Giovanna Tornillo mentre lavorano le salsicce. 5 IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 NICOLA ARMINIO BICENTENARIO DELLA RIVOLUZIONE NAPOLETANA arlando della Repubblica Napoletana P del 1799, Giustino Fortunato nel 1900 enumerava quella vera ecatombe “che stupì il mondo civile e rese attonita e dolente tutta Italia”, l’ecatombe dei guistiziati della città di Napoli dal giugno 1799 al settembre 1800 per decreto della Giunta Militare Borbonica. Quella Piazza del Mercato di Napoli in cui al giovinetto Corradino fu mozzo il capo il 29 ottobre 1268 e il povero Masaniello tradito e crivellato il 16 luglio 1647, ignora ancora tutti i nomi di quei primi 99 martiri della libertà napoletana. L’Ammiraglio Nelson, divenuto arbitro delle sorti di sei milioni di napoletani, rifece le Giunte giudicatrici già costituite dal cardinale Ruffo, borbonico: la sentenza di morte dei patrioti, traditi prima dalla capitolazione dei Francesi, traditi dagli Inglesi, fu irrevocabilmente decretata. Due erano le Giunte tramutate in veri tribunali di sangue, una militare e una civile e sono ricordate come marchio d’infamia: si trascrivevano i nomi dei condannati e le guardie andavano a prelevarli nelle loro case; si processavano sommariamente e i poveri patrioti della Resistenza Napoletana venivano portati sul luogo del patibolo e trucidati. Si salvarono Vincenzo Cuoco e Francesco Lomonaco, due grandi eroi scrittori, quest’ultimo amico di Manzoni, che in Alta Italia narrò della catastrofe di Napoli, convinto che “la memoria di coloro che abbiamo perduto è l’unico bene che possiamo trasmettere alla posterità”: ma l’indice dei martiri fu reso pubblico solo nel 1865 su due lapidi marmoree sul Municipio di Napoli (116 nomi). Martiri più illustri: Ammiraglio Francesco Caracciolo – gli fu annunciata la morte mentre passeggiava sul cassero – fu impiccato; Giuseppe Cotitta, albergatore; Carlo Belloni, nato a Vicenza; Niccolò Carlomagno, avvocato nato in Basilicata, fu decapitato; altri di varie regioni. Gaetano Russo, colonnello di fanteria; Giuliano Colonna, principe di Aliano, nato a Napoli; Ettore Carafa, conte di Ruvo, nato ad Andria; Antonio D’Avella, oliandolo, ghigliottinato; Giuseppe Sieyès, negoziante e vice console di Francia; Mario Pignatelli, decollato col fratello Ferdinando; Filippo Demarini, marchese di Genzano (NA), fucilato; Nicola Maria Rossi, professore dell’Università; Felice Mastrangelo, medico, che gridò sul patibolo “muoio libero”; Gaetano Morgera, sacerdote d’Ischia; Giovanni Varanese, studente abruzzese di medicina; Francesco Federici, marchese di Pietrastornina (AV) e maresciallo; Severo Caputo, marchese e professore di teologia, fucilato; Giuseppe Guardati, benedettino, professore di Università; Vincenzo Russo di Palma Nolana, avvocato, ucciso con torce accese. Molti martiri prima di morire entrarono a pregare nella vicina Cappella del Carmine. Martiri furono anche impiegati, tenenti di vascello, avvocati, poeti, notai, molti di essi furono messi alla forca. “La strage di quegli uomini, nei quali si volle spegnere l’intelligenza e la virtù, ruppe la tradizione del sapere fra l’una e l’altra generazione, distrusse ogni principio di fede e di moralità pubblica, aprì tra principe e popolo un abisso profondo nel quale l’ultimo dei Borboni precipitò: fu un errore ed un peccato” così disse L. Settembrini. Da quel peccato, però, germogliò feconda l’idea dell’unità nazionale. L’eroina più illustre della Rivoluzione Napoletana fu Eleonora Fonseca Pimentel, lusitana di origine, “l’apollinea Eleonora”, lapidariamente enumerata dal Giustino Fortunato, forse per troppo rispetto, perché intellettuale e combattiva. La sera del 7 gennaio 1999 al Teatro San Carlo di Napoli il maestro Roberto De Simone ha diretto l’opera “Eleonora”, in onore della martire Eleonora Fonseca Pimentel, con grande successo di pubblico e con la presenza del Presidente del Consiglio Massimo D’Alema: non si è trattato di entrare nel ruolo di un solo carattere, ma di infilarsi “una tunica universale”, che renda possibile l’avvicendamento di tutti i martiri della storia, di tutti i dead man walking, ancora circolanti, delle centinaia di vittime della tracotanza del potere. Calitri 7 dicembre 1998, benedizione della statua dell’Immacolata Concezione donata dall’Arciconfraternita alla Caserma dei carabinieri. Da sinistra: prof. Vito Marchitto sindaco, capitano Nicola Massimiliano Zullo della Compagnia Carabinieri di S. Angelo dei Lombardi, mons.Aurelio Lucio Scalona parroco, maresciallo capo Enzo Soricelli, comandante della stazione Carabinieri di Calitri, maresciallo ordinario Fabio Laurentini vice comandante, Salvatore Ramundo coordinatore della cerimonia, prof. Salvatore Di Napoli priore dell’Arciconfraternita di Calitri, Vittorio Del Buono primo assistente dell’Arciconfraternita. 6 IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 VANNALUCY DI CECCA IL GENERALE LUIGI CERRATA E LA SUA OPERA na suggestiva e commovente cerimo- Unia ha richiamato, il giorno 3 settem- bre u. s. nel Salone delle Conferenze della Fiera di Calitri, un foltissimo gruppo di parenti, familiari, amici ed estimatori del gen. Luigi Cerrata in occasione della presentazione alla cittadinanza di Calitri del suo ultimo lavoro: “L’Alto Ofanto – Paesaggi e aspetti fisici nel quadro storico”. Eccezionale moderatore è stato il dr. Antonio Cicoira, che nella sua prolusione ha sottolineato il valore scientifico dell’opera del Cerrata, frutto di un attento, scrupoloso e diligente studio di geologia, della tettonica e delle vicissitudini di queste contrade. “Ma al rigore delle argomentazioni scientifiche – ha commentato il dr. Cicoira – l’autore ha saputo coniugare uno stile agile, elegante, piacevolissimo, ricco di suggestioni poetiche e di policrome pennellate descrittive”. Il giornalista dr. Antonio Caggiano del “Mattino” di Napoli ha voluto interpretare l’opera dell’insigne studioso come un invito rivolto ai giovani ad appassionarsi allo studio, all’analisi delle vicende e agli accadimenti del proprio paese e della propria terra, sia per valorizzarne gli ambiti culturali, sia per trarre pungolo a condurre più approfonditi studi e più suggestive interpretazioni. Poi ha preso la parola l’oratore ufficiale della manifestazione, il prof. Antonio Altieri, già preside del locale Liceo “Leonardo da Vinci”, il quale ha esordito porgendo preliminarmente alla signora prof.ssa Anna Maria, figlia del generale, il ringraziamento per l’onore conferitogli e per l’alto mandato assegnatogli di procedere alla commemorazione e alla rievocazione dell’illustre genitore, “che – commentava l’oratore – con i suoi studi, le sue teorie, le sue interpretazioni, le sue indagini e le sue ricerche ha dato per il passato e continua a dare ancora oggi tanto prestigio al suo paese natale, dal quale meriterebbe un più significativo riconoscimento, quale, ad esempio, l’intitolazione di una strada, l’erezione di un cippo o l’elevazione di una lapide marmorea ad perpetuam rei memoriam” Il preside Altieri ha richiamato alla mente le immagini del suo primo incontro col generale, delle preziose e colte conversazioni avute con lui per le stradicciole a ridosso dell’abitato di Calitri, quando una conchiglia, un frammento di roccia offrivano allo studioso lo spunto per elargire dottissime disquisizioni sulla geologia, sulla storia e sulla vita di questa contrade. Ha richiamato alla mente il giorno in cui l’illustre studioso volle affidargli il compito di stilare una prefazione da apporre al suo studio. Ha ricordato ai presenti l’attestazione di stima e di affetto che il popolo di Calitri volle tributare a “don Luigi” il giorno della sua scomparsa. Infine il preside, dichiarandosi “incapace” di illustrare ai presenti la bellezza stilistica dell’opera, della scientificità delle tesi sostenute dall’autore, della genialità delle sue intuizioni e delle sue interpretazioni; “compito” – diceva l’autore – che richiederebbe l’intervento di uno studioso di discipline umanistiche, di un esperto di geologia e di un oratore di ben altro rango che non il mio”, ha voluto affidarsi alla lettura proprio di quella prefazione che egli approntò per l’opera del Cerrata e che la figlia, in ossequio al volere paterno, ha voluto anteporre al volume pubblicato. E agli attenti e ammirati ascoltatori l’oratore ha saputo porgere una suggestiva visione del nascere, del divenire e del mutare di queste contrade; ha proiettato su di un ideale schermo le immagini dell’avanzare e del regredire dei ghiacciai; dell’ergersi all’orizzonte del monte Vulture, vomitante lava dalle infuocate voragini, lanciante al cielo cenere e lapilli, arrossando foscamente le cupe notti irpine; ha saputo prospettare il susseguirsi di stagioni calde e fredde in relazione alle mutevoli condizioni climatiche ed ambientali, sino al grande e storico evento : l’insediamento in queste valli del primo “homo sapiens”. Al termine della sua suggestiva rievocazione, l’oratore ha voluto offrire ai presenti un “saggio” della limpida ed ele7 gante prosa, elaborata dallo studioso, proponendo all’attenzione dell’uditorio, il seguente passo: “ L’amore per queste contrade arricchisce l’ambiente, il panorama e l’orizzonte di elementi e componenti elegiaci; ed è l’amore per queste contrade, ora desolate, che muove la coscienza accorata e risentita dell’autore a rivolgere una fervida esortazione ai giovani, perché appuntino la loro attenzione su questo stato di deprimente ristagno di ogni attività produttiva e segnino l’inizio della nascita della loro terra, che, pur nello squallore di un ingiustificato abbandono, non manca di esercitare un fascino suggestivo e di commuovere profondamente l’anima di chi ne contempli il paesaggio aspro e incolto, in cui, tuttavia, sembrano essere concisamente riassunte e parcamente espresse”. Un lungo, vivissimo e scrosciante applauso ha sottolineato il dire del preside Altieri; e nel salone delle conferenze, mentre ancora riecheggiavano le parole dell’oratore, ho visto sguardi, e non solo quelli dei familiari e parenti, profondamente commossi e occhi lucidi e sfavillanti per la profonda e viva commozione. Calitri, anni venti, un gruppo di vecchi socialisti, da sinistra: Canio Zampaglione (mand’les’), Crescenzo Martiniello (papp’lon’),Vincenzo Stanco (r’ss’liegghj’),Angelomaria Cianci (napulitan’) e seduto al centro Giuseppe Di Napoli (marchicch’). IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 P. GERARDO CIOFFARI O. P. S. MARIA IN ELCE ALLA FINE DEL QUATTROCENTO La biblioteca di Massenzio Gesualdo abbazia ed il casale di S. Maria in L’Elce sono certamente la parte del ter- ritorio di Calitri meglio documentata almeno per quanto riguarda il Medioevo. I documenti editi dal Volpini e gli inediti che sta studiando Claudia Vultaggio testimoniano di un monastero particolarmente vivace. La breve storia tracciata dall’Acocella ha avuto il pregio di attirare l’attenzione verso questo rudere che parla del suo grande passato. Ma è chiaro che può venire alla luce una storia decisamente più consistente. Questo mio intervento vuole essere un piccolo contributo alla suddetta ricostruzione, utilizzando un documento di cui l’Acocella venne a conoscenza soltanto dopo la pubblicazione della prima edizione della Storia di Calitri. Come si sa, la seconda edizione (quella ristampata dal Pannisco nel 1984), è molto sintetica. E questa potrebbe essere la causa dell’uso insufficiente fattone dall’Acocella, a meno che non sia stato frenato dalla difficoltà della lettura. Il documento, infatti, nonostante il buono stato di conservazione, non presenta una lettura agevole. 1. Contesto storico Il contesto storico era già noto anche all’Acocella, il quale giustamente prende le mosse dalla morte di re Ferrante I (25 gennaio 1494). Il figlio Alfonso II, abituato al comando per aver condotto numerose guerre, pensò di poter trattare i baroni del regno con lo stesso polso fermo con cui comandava i suoi ufficiali. Il che, ovviamente, provocò non pochi malumori, e per di più in un momento particolarmente delicato. Aveva passato le Alpi l’esercito francese del giovane re Carlo VIII, ed anche se a Napoli si scherzava su questa spedizione, il re non volle correre rischi. Ad evitare che si riaccendesse la congiura che il padre aveva dovuto affrontare pochi anni prima, Alfonso II ritenne di dover agire tempestivamente. Prima che i baroni potessero collegarsi efficacemente, in data 30 maggio ne ordinò la carcerazione. Scriveva allora Notar Giacomo: “Adì XXX de magio de venerdì 1494 foro prisi in castello novo lo Excellento Gulielmo de Sancto Severino conte de Capaze una con lo figlio nomine lo Signore Americho, et lo Excellente signore Loyse de Gesualdo, Conte de Conza et li figli et fratelli: della quale presa se diceva esserne stata causa Messere Iulio de Scorciatis” (Notar Giacomo, Cronaca di Napoli, Napoli 1845, p. 182). Subito il re disponeva che fossero redatti inventari dei beni feudali dei baroni “ribelli”, sia che dovessero essere devoluti alla Corona che dovessero essere donati ai baroni fedeli. L’inventario che riguarda Calitri e S. Maria in Elce risale al 14 giugno del 1494 e fu composto da un razionale della Regia Camera della Sommaria di Napoli, tale Giovanni Ungaro, coadiuvato da Giovanni Montanaro di Napoli. Cinque giorni dopo il re ordinava che contro i baroni ribelli si procedesse nei termini giudiziari previsti in caso di congiura e quindi con molta severità. Ma Carlo VIII avanzava, anche se lentamente, ed a Napoli la tensione cominciava ad alzarsi. Quando, sul finire dell’anno, Carlo entrava nel Lazio, il re Alfonso II si vide incapace di affrontare la situazione, consapevole dell’ostilità che si era tirato addosso nel Regno. Pensando di salvare il Regno a favore del figlio, esattamente allo scadere dell’anno del suo regno, abdicò a favore di Ferrante II, meglio noto come Ferrandino (24 gennaio 1495). Per recuperare la simpatia e la fiducia dei baroni, al fine di creare un clima di unità e di lotta contro l’invasore, Ferrandino liberò i nobili carcerati, fra cui appunto il conte di Conza e i suoi fratelli. Ma era ormai troppo tardi. Carlo VIII era alle porte e meno di un mese dopo (22 febbraio) entrava trionfalmente in Napoli, accolto con entusiasmo non solo dalla popolazione, ma anche da Luigi Gesualdo e dagli altri membri della famiglia. 8 2. Il manoscritto quattrocentesco “L’inventario – scrive l’Acocella (Storia di Calitri, 1984, p. 58-59) – che fu eseguito nel giugno 1494, è giunto nella copia originale fino a noi e costituisce un prezioso documento di fonte storica”. Come ho già detto, però, lo storico di Calitri utilizza questo documento solo in minima parte. È stato Emilio Ricciardi, col quale si è instaurata un’amichevole collaborazione, a fornirmi fotocopia del manoscritto, conservato all’Archivio di Stato di Napoli. Trattasi del fondo Relevi, vol. 322, ff. 81-85v (su S. Maria in Elce) e 88103v (su Calitri). L’interesse suscitato in me dal suddetto manoscritto mi ha spinto ad una ricerca personale all’Archivio di Stato di Napoli, dalla quale ho ricavato notizie sia su Calitri che su S. Maria in Elce. L’ampio volume manoscritto, che contiene anche il suddetto inventario, tratta di molte cittadine del Principato Ultra. Sulla copertina è indicato come Liber singularis Relev. et Liquidat. Introytuum feudalium terrarum Comitatus Consae ab anno 1494 usque ad 1517. Il titolo generale della parte più consistente è invece: Inventarium Civ(ita)tum terrarum et locorum status Comitatus Concie factum per Ioannem Ungarum Regie Camere Summarie racionalem cum intervencione Ioannis Montanarii de Neapoli credenzerii deputati per ipsam Cameram super ditto inventario. Quindi seguono le varie cittadine dei cui beni feudali si dà l’inventario, e che è opportuno qui ricordare nell’eventualità che qualche storico locale volesse utilizzare questa fonte molto interessante: Conza (carta 59), Sant’Andrea (c. 63), Caposele (c. 64), Palo (c. 68), Aulecta (c. 71), Caiano (c. 74), Santangilo (c. 78), Selvetile (c. 79), Sta M. in Elice (c. 81-85v), bianche 86-87v, Calitri (88-103v), bianche 104-105v, Cayranum (c. 106), Gesualdum (c. 107), Fontanarosa (c. 111, oltre ad un inserto a mezza pagina), Frigento (c. 124), Paterno (c. 126), Locussano (127v). IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 Come si può vedere dal titolo del volume, nella raccolta sono compresi anche documenti del Cinquecento. Io ho mantenuto la qualifica di “quattrocentesco” in quanto la parte relativa a S. Maria in Elce risale interamente al 1494, senza aggiunte posteriori, come invece nel caso della parte relativa a Calitri. Sorvolando, per ora, sugli aspetti storico-economici, vorrei soffermarmi qui su un aspetto particolare, quello della ricostruzione della Biblioteca del Monastero al tempo in cui ne fu abate Massenzio Gesualdo. Il che è reso possibile dal fatto che gli estensori dell’inventario stesso riportano con notevole cura l’elenco dei libri. Nella trascrizione che segue ho mantenuto fedelmente la grafia del tempo, potendo riuscire utile agli studiosi della lingua, specie in riferimento all’oggettistica di fine Quattrocento. Le uniche libertà che mi sono preso sono state quella di mettere in maiuscolo i nomi propri (che nell’originale sono sempre in minuscolo), allo scopo di esemplificare alquanto la lettura, e quella di sciogliere alcune abbreviazioni più difficilmente comprensibili. Tra parentesi quadre sono le parole di dubbia lettura. Le parentesi con i puntini sospensivi (…) indicano che a quel punto non sono registrati dei libri, ma oggetti di altro genere. 3. I libri nell’inventario del 1494. Inventarium abbacie sancte Marie in Elece que fuit Massencij de Gisualdo, in qua olim Comes Consie solum habebat cognitionem criminalium causarum. In la quale abbatia sonno trovate le cose infrascripte che se possedeano per dicto Massentio como commendatario de quella. [carta 81] La casa, et primo intro una camera de dicta abatia doe cascie de noce mezane intra le quale nce sonno le infrascripte cose, videlicet In una cascia: Libro uno Nicolo de Lira in volume grande uno breviario de cam.ra de stampa unaltº Nicolo de lira seu le Ep(isto)le de Beato Hieronimo de stampa con lo commento. Uno breviario vechio scripto ad penna Uno Lactantio de stampa Unaltro libro de Ysaya p(ro)feta ad stampa con lo commento Unaltro libro eccli(si)astico de carta de pergameno lo quale se chiama Legenda Sanctorum Unaltro libro squaternato vechio antiquo senza tabole de carta de coyro scripto ad penna (…). [c. 81v] (…) In laltra cascia: Ce sonno scripture privilegij et instr(umen)ti et bulle (…) Et in unaltra cam(e)ra duj scrignj de canipo intro li qualj ce sonno le cose infr(ascript)e, videlicet: In uno scrigno ce sonno li infr(ascript)i libri [Annotazione laterale:] posto dicto scrigno con li libri in la camera dicta de lo gayfo Uno libro de stampa intitulato Gene(a)logia Deorum. Uno vocabolista de italiano de stampa. Unaltro libro de Somnio Scipionis ad stampa Uno Ovidio de eroydo ad stampa Uno Valerio Maximo de stampa con lo commento Un sincero e sentito augurio di benvenuto a S.E. mons. Salvatore NUNNARI Nuovo Arcivescovo dell’Arcidiocesi di S. Angelo dei Lombardi, Conza della Campania, Nusco e Bisaccia. Nato a Reggio Calabria l’11.06.1939 ordinato sacerdote nel 1964, nella sua città dal 1983 parroco della Parrocchia di S. Maria del Divin Soccorso. Vicario Episcopale per il lavoro dal 1992, iscritto all’ordine dei pubblicisti. La celebrazione del possesso della Arcidiocesi è fissato per sabato 14.04.99. Vita filosoforum de stampa Uno Alberto Magno ad stampa Uno […] Aristotelis de stampa con lo commento Uno Alberto de [Etic] de stampa Uno Diodoro Siculo Uno libro de (a)strologia in picciulo volume de stampa. Incomenza: In principio Joannis de monte Uno Valerio Massimo ad stampa con lo commento Uno Bonoaccurso de stampa Uno Diodoro Siculo de stampa Uno Plauto de stampa [c. 82] Uno Justiniano de carta de coyro vechio scripto ad penna Unaltro libro de San(ctissi)ma Trinitate vechio senza tabole scripto ad penna Uno libro de zorfa de canto Uno Seneca de stampa ligato ad modo de registro grande Unaltro libro de stampa ligato in lo dicto modo intitulato [De] Principio Pirri 9 Perocti Uno le oratione de Tulio In lo altro scrigno sencele sonno li infr(ascrip)ti libri, videlicet: [Annotazione laterale:] Lo dicto scrigno de dicti libri sonno posti intro la camera de lo gayfo In primis uno Auli Gelio deslegato Tulio de officiis in carta de coyro scripto ad penna in volume picculo Uno Oratio disligato de stampa con commento Uno libro de lo papa mundo ad stampa con le figure in volume grande Uno libro de [sancto] Thomase de Aq(ui)no de stampa Uno Lucio […] ad stampa squaternato Uno Lucano ad stampa con commento Josefo ad stampa Uno Apoleyo de stampa Uno Martiale de stampa con commento Unaltro libro rubricato de re rustica de stampa Unaltro libro Justino Uno libro de astrologia de stampa in volume picculo figurato de stellis Le (e)pistole de Ovidio de stampa con commento Uno libro in volume picculo chiamato tractatum de sfera Uno Lactantio de stampa con lo commento Uno Justiniano et luno florentino de stampa: Uno Valerio ad Cornelium Uno libro disligato che se dice Summa astrologie Le epistole de [Fallerio] ad stampa Uno Salustio con lo commento squaternato de stampa Le epistole de Ovidio scripte ad penna de carta de bambace [c. 82v] Uno libro intitulato opusculum Tome Uno libro Tolomej Lo Filelfo de stampa in volume picculo Uno Propertio ad stampa con lo commento Uno Eusebio de stampa Una operecta in picculo volume de carta de coyro scripto ad penna che incomenza divitias alius Uno Persio in volume picculo de carta de bambaci De somnio Scipionis ad stampa Uno Svetonio con lo commento de stampa desligato Lo [….] desligato ad stampa Quintiliano ad stampa disligato Lo prologo de Sancto Hieronymo desligato La retorica de Tulio ad penna in carta de bambace IL CALITRANO Le epistole de Plinio in picculo volume de stampa desligata Liber Abraham squaternato ad stampa Svetonio de stampa ligato ad modo de registro Le epistole de Falaris de stampa Uno doctrinale de carta de coyro Le epistole de Plinio de stampa Uno quaterno de breviatura de lege ad penna vechio Una operecta de stampa de Fratre Baptista Una operecta de stampa intitulata Caij Plinii secundi in volume picculo Le epistole de Oratio scripte in carta de coyro ad mano in volume picculo de […](…) Duj sportuni ferrati scasciati con dentro scripture et in uno ce sonno certi libri de stampa squaternati et desligati. [Annotazione laterale:] Dicto sportone con li libri posto a la camera de lo gayfo (…) [c. 83] (…) Uno banchecto da tenere scripture aperto intro lo quale ce sta uno Tulio de Officiis de stampa legato ad modo de regestro con certe scripture da niente (…) [c. 83v] Uno mesale grosso novo Unaltro mesalecto picculo de […] usato (…) Doe carte de navigare (…) Intro la ecclesia (…) Duj messalj uno ad stampa et l’altro in carta de coyro 80 Uno breviario de carta de coyro ad penna vechio (…) Tre antifanarij grandj in carta de coyro In una cascia dereto lo altare maiore (…) Duj librectj de canto in carta de coyro. 86 [c. 84] In una camera sopra le scale nominata la cam(e)ra penta (…) Uno breviario vechio de carta de coyro (…) 87 [84v] (…) [85] (…) [85v] (…) 4. Massenzio Gesualdo e S. Maria in Elce. La famiglia Gesualdo, giunta ad una grande consapevolezza del proprio ruolo e della propria forza nel contesto del re- N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 gno di Napoli, volle rafforzare la propria immagine non solo con matrimoni prestigiosi con altre famiglie nobili ma anche ricorrendo a nomi che richiamavano l’età classica. Nomi come Camillo, Scipione o Massenzio rispondevano appunto a questa esigenza. Si è detto che nel 1471, essendo già morto il figlio primogenito Sansone (o Sansonetto), Luigi II Gesualdo nominò suo erede al feudo di Calitri il di lui figlio Nicola. Tale almeno la tesi dell’Acocella, che rinvia ad alcuni documenti dell’Archivio di Stato di Napoli: Questi ottenne con Privilegio del 30 marzo 1471, l’investitura di Calitri e degli altri feudi aviti (Storia di Calitri, 1984, p. 58). Ora, sia il De Lellis (Discorsi delle famiglie nobili, II, 1663, p. 14) che l’Acocella menzionano solo di sfuggita un altro figlio di Luigi II, Antonio, meglio noto come Antonello Gesualdo. Nella ricerca che ho fatto all’Archivio di Stato di Napoli mi sono imbattuto in una copia secentesca di un Privilegio di investitura del feudo di Calitri a favore di Antonello Gesualdo datato 31 marzo 1471 (un giorno dopo quello che l’Acocella avrebbe visto a favore di Nicola, fratello di Antonello). Un dato che potrebbe significare una modifica non indifferente nell’elenco dei signori di Calitri. Per il decennio 1471-1480 potrebbe scomparire Nicola ed essere inserito Antonello. Ma, prima di tirare questa conclusione, è opportuno attendere qualche altra scoperta in un senso o nell’altro. Qui è invece opportuno introdurre un nuovo personaggio che ebbe molto a che fare con S. Maria in Elce e molto probabilmente con Calitri. Si tratta di Massenzio Gesualdo, altro fratello di Nicola e di Antonello e quindi fratello anche di colui che subentrerà autorevolmente nel feudo, Luigi III Gesualdo. Nell’inventario in questione, Massenzio è definito commendatario. Dal testo non è molto chiaro se fosse sacerdote, ma dalle notizie che dà il de Lellis, è chiaro che egli è l’ecclesiastico della famiglia. A lui si deve il restauro della cappella di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Martino dei padri certosini sotto il Castel di S. Erasmo, lasciandovi questa iscrizione: Divo Ioanni Baptistae dedicatum, Massentius Iesualdus pie exornavit (De Lellis, cit., 15). Questa era la cappella di famiglia dei Gesualdo, e Massenzio fece apporre la seguente iscrizione: Veteres Iesualdi Proceres Dei, et immortalis memores. Infine, volle ricordare il fratello minore Carlo, sepolto ugualmente nella suddetta cappella, con queste parole: Carolo Iesualdo strenuo 10 Equiti, Primi Ordinis Hierosolymitano, ex Procerum Regni Neapolitani, Vetusta Iesualdorum, illustrique Familia, plena honoribus, vita functo, qui Messanae cognita obsessae a Turcis, Rodi, quo laturus, opem navigabat deditione, Neapolim rediens climaterico, Anno MDXXIII extinctus est. Massentius Iesualdus fratri amantissimo, beneque merenti. Abate di S. Maria in Elce era dunque nel 1494 questo Massenzio, che doveva essere abbastanza giovane se nel 1523 curava ancora la sepoltura del fratello Carlo. È difficile però dire se anch’egli finisse in carcere quel 30 maggio del 1494 come gli altri fratelli, oppure, grazie al suo stato ecclesiastico, perdesse soltanto le sue prebende, ma non la libertà. In ogni caso era un sacerdote dotto. Dal contesto dell’inventario, i libri messi sotto sequestro sembrano di sua proprietà, piuttosto che del monastero in quanto tale. Probabilmente aveva libri anche in altre sue residenze, come quella nei pressi della chiesa di S. Martino a Napoli. L’elenco però dei libri di S. Maria in Elce è di tutta rilevanza. Per quell’epoca, infatti, non sono molti gli inventari di libri che superano gli 87 titoli della Biblioteca di Massenzio Gesualdo a S. Maria in Elce. A questi 87 titoli vanno aggiunte poi le due carte di navigazione e un’intera cassa di scripture privilegij et instr(umen)ti et bulle. 5. Cultura classica I titoli dei libri sopra riferiti rivelano un interesse prevalente in Massenzio Gesualdo e, quasi certamente, in tutta la sua famiglia. Più avanti si vedrà come il nipote Fabrizio (figlio del fratello Luigi III) sarà molto attivo nei circoli della nuova cultura umanistica napoletana. Nella sua biblioteca sono presenti gli storici latini e greci da Tito Livio (59 a. C. – 17 d.C.), a Cornelio Nepote (99-27 a. C.), da Diodoro Siculo (due copie) a Dionigi di Alicarnasso, tutti autori sensibili al discorso sulle antichità romane, oltre a C. Crispo Sallustio, il noto storico della congiura di Catilina e delle guerre giugurtine, a Lucano (39-65) e a Svetonio, autore delle Vite dei Cesari (due volumi o due copie). A completare il quadro vi sono anche il versatile M. Terenzio Varrone (116-27), bibliotecario di Giulio Cesare (del suo De re rustica v’erano due copie), Vitruvio Pollione, il celebre autore del De Architectura, e Strabone, l’autore della nota Geografia, morto nel 24 d.C. IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 A segnare il passaggio dagli storici puri ai narratori moralisti è Valerio Massimo, contemporaneo di Gesù Cristo, che scrisse Fatti e detti memorabili, una raccolta che ebbe un gran successo nel medioevo per il facile utilizzo da parte dei predicatori. Oltre alle due copie (o due volumi della stessa opera?) della sua opera, l’inventario segnala anche un Valerio ad Cornelium. Sulla sua scia può essere considerato Aulo Gellio (II secolo dopo Cristo), con le sue Notti Attiche. Legate all’oratoria, ma con una forte valenza pedagogica erano anche gli scritti di M. Tullio Cicerone (106-43 a.C.). Di lui a S. Maria in Elce c’erano due copie del De officiis, due del Somnium Scipionis, la Retorica, e una raccolta di Orazioni. Ben sei titoli, cosa che però non deve sorprendere, in quanto il suo è uno dei massimi nomi della classicità romana, con in più una fruibilità sia sul piano del metodo oratorio che sul contenuto altamente umanistico del suo messaggio. In linea con questo messaggio e, se vogliamo, ancor più vicino ai princìpi cristiani era Lucio Anneo Seneca (4- 65 d.C.), l’inascoltato consigliere di Nerone. Nell’inventario non è però specificato se si tratti di un’opera specifica o di una raccolta. A questo tipo di letteratura potrebbero essere accostate anche le Epistole di Plinio il Giovane (61-112 d.C.), di cui a S. Maria in Elce v’erano due copie. Un’altra non è chiaro se si riferisse a questo stesso autore, o più probabilmente allo zio Plinio il Vecchio (una operecta de stampa intitulata Caij Plinii Secundi). È ricordato poi Quintiliano (35- 98 d.C.), come Cicerone oratore ma anche pedagogista, nonché una Vita filosoforum, che potrebbe essere quella di Diogene Laerzio. L’amore per la cultura classica nella famiglia Gesualdo non poteva permettere che ci si limitasse ad una biblioteca umanistico-pedagogica. Massenzio raccolse a S. Maria in Elce anche testi non propriamente conciliabili con la mentalità monastica. Vi si trovano le Commedie di Plauto (†184 a.C.). Lo scrittore satirico Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C.) è presente con due titoli (uno di Epistole). Come è presente il suo imitatore Persio (34-62 d.C.), autore di sei brevi poemi satirici (uno sulle preghiere inutili). Di Ovidio non c’è l’Ars amatoria, ma vi sono le Epistole e le Epistolae Heroidum (lettere di eroine della mitologia abbandonate dai loro uomini). Di Properzio (54-10 circa a.C.) vi sono i poemi elegiaci. C’è anche Giovenale, il più noto poeta satirico latino, fiorito nella prima metà del II secolo. E c’è Marziale (40104 d.C.), autore di Epigrammi, oltre ad Apuleio (120-168 d.C.) col suo romanzo Metamorfosi, sulle trasformazioni in asino del suo protagonista Lucio. Quanto agli scrittori cristiani l’inventario comincia con Giustino (100-165), anche se non è chiaro se si tratti del Dialogo con Trifone oppure (più probabile) dell’Apologia. Anche di Lattanzio (250325) non è chiaro se l’opera conservata è il De mortibus persecutorum oppure le Divinae Institutiones. Essendo però Lattanzio ricordato due volte, avrebbero potuto esserci entrambe. Di Eusebio di Ce- sarea (260-340) c’era poi la Storia Ecclesiastica. Girolamo (345-420) è menzionato una volta per il Prologo ed una per le Epistole commentate dal teologo francescano Nicolò di Lyra (1270-1340), del quale c’è anche un altro Libro uno in volume grande (forse l’edizione del 1472). Inoltre, due volte è ricordato Alberto Magno e due S. Tommaso d’Aquino, i massimi pensatori domenicani. La Legenda Sanctorum dovrebbe essere la celebre Legenda aurea di Jacopo da Varagine. A parte il solito Giustiniano (per il diritto) e Giuseppe Flavio (n. 38 d.C.), per le Guerre Giudaiche, compaiono anche tre opere di astrologia (una Summa, un trattato De stellis, ed un trattato che comincia con: In principio Ioannis de Monte), nonché l’opera di Tolomeo (secondo secolo d.C.). E c’è anche un Tractatum de sphera. I libri ecclesiastici non sono molti. Si comincia con quattro breviari vecchi, per finire ad un nuovo messale grande, un messaletto, altri due messali a stampa e tre antifonari grandi. Due libretti riguardano il canto liturgico, e così pure il libro detto de zorfa de canto. La presenza poco consistente di libri ecclesiastici farebbe pensare che questi fossero i libri personali di Massenzio Gesualdo. Il che porterebbe anche alla conclusione che la Biblioteca dei monaci era ubicata altrove. Se da un lato Massenzio cercava di essere del tutto autonomo quanto agli strumenti della sua attività, è però plausibile che incentivasse tra i monaci anche la lettura dei classici. NUOVO VESCOVO alla Diocesi di Alife – Caiazzo (CE) Il 17 aprile alle ore diciassette pomeridiane a Caserta, in località Palamacciò, verrà consacrato vescovo mons. don PIETRO FARINA Calitri 1954, la famiglia Acocella (l’andr’ttes’) da sinistra: Giuseppina Codella,Acocella Maria Teresa, la seconda figlia, Filippo Acocella, e le altre due figlie Vincenzina e Ada. Nato a Maddaloni il 7 maggio 1942 ordinato sacerdote il 26 giugno 1966 e quasi subito parroco a Mezzano di Caserta. Personaggio di spicco per i suoi studi all’Università Gregoriana e le numerose specializzazioni conseguite in altre Università, uomo di preghiera e di sincera condivisione. A Lui vadano gli auguri di un santo ministero, da parte di tutti: parenti, amici, figli spirituali e la redazione del nostro giornale. 11 Calitri 18 novembre 1927, il signor Cianci Giovanni con i figli Michelina e Michele alla “sciula” r’ Santa Lucia. IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 EMILIO RICCIARDI IL CASTELLO E LA CAVALLERIZZA DI CALITRI n età moderna Calitri era famosa per il Isuo castello «maestoso e commodo», costruito o, più probabilmente, ricostruito nel XV secolo. Le raffigurazioni antiche lo mostrano incombente sulle piccole abitazioni sottostanti e cinto da una cortina di mura, nelle quali si apriva un varco servito da un ponte levatoio. Distrutto dai terremoti che si successero tra il 1688 e il 1694, del castello restano scarse testimonianze. Si sa che era composto da due ali, disposte a differenti quote di impianto e collegate da un ponte levatoio, con due cortili all’interno e un secondo ponte levatoio sul fossato che, insieme a una potente cinta di bastioni, sbarrava l’accesso principale alla fortezza. Vito Acocella riferisce inoltre di un passaggio segreto, una via di fuga sotterranea che sbucava fuori dell’abitato1. A poca distanza dai bastioni, verso la Ripa, sorgeva la chiesa di S. Maria ad Ripam «de Castro», sulla quale i Gesualdo, principi di Venosa, conti di Conza e signori di Calitri per quasi tre secoli, mantenevano il diritto di patronato. Durante il XVI secolo il castello perdette progressivamente il suo originario carattere militare per assumere l’aspetto di una sfarzosa residenza patrizia. Nel Cinquecento vi abitarono tutti gli arcivescovi di casa Gesualdo e nel 1540 vi nacque Alfonso Gesualdo, cardinale decano del Sacro Collegio e arcivescovo di Napoli dal 1597 al 1603. Nel 1561 un terremoto danneggiò il grande edificio e solo nel 1613 si ebbero consistenti lavori di ristrutturazione. Nel 1637 il castello era definito «fabrica degna per il Principe»2 e nel 1688 Donatantonio Castellano lo descriveva composto da oltre trecento stanze «che vi possono stare comodamente da cinque Corti di Signori ben munito di due ponti a levatoio, con bellissimi bastioni, atteso detto castello sta sopra un monte, e guarnito di tutte comodità, et altro tanto la terra è tutta murata con quattro porte, che si rende assai sicura»3; il tavolario4 Chianelli, che lo visitò dopo il terremoto del 1692, parlò di «una bella macchina di fabbrica» messa a dura prova da «tre as- salti di fierissimo terremoto» (1688, 1689, 1692) e calcolò che per «ridurre habitabile detto castello» sarebbe stata necessaria una spesa di oltre 6.000 scudi, consigliando al feudatario di non spendere soldi inutili per lo stipendio di un castellano5. Il castello, riparato alla meglio, fu definitivamente distrutto dal terremoto dell’8 settembre 1694, nel quale perse la vita il vecchio feudatario Francesco Mirelli con quasi tutta la sua famiglia6. Il grande edificio, che nel 1696, secondo il tavolario Antonio Caracciolo, era ridotto a «uno mucchio di pietre»7, non fu più ricostruito: le pietre furono rivendute a lotti ai cittadini per riutilizzarle in nuove costruzioni, mentre i pezzi di spoglio più pregiati furono impiegati dal feudatario per ristrutturare «un Palazzotto di detta terra […] alla piazza, che si chiama vulgarmente la casa di Gatta», da utilizzare per abitazione del Barone «dopo la ruina del Castello per il terremoto»8. Nel Settecento nuove abitazioni sorsero a ridosso dei ruderi, trasformando l’antico fossato in una nuova strada, la «via del fosso». I terremoti successivi cancellarono le ultime vestigia della grande fabbrica. Il castello alla fine del Quattrocento Nel 1494 numerosi baroni del regno di Napoli, tra i quali Luigi Gesualdo, conte di Conza, si ribellarono al re Alfonso II d’Aragona. La punizione del sovrano non si fece attendere: i traditori furono arrestati e i loro beni furono requisiti. Tra le proprietà confiscate a Luigi Gesualdo vi fu anche la terra di Calitri col castello, del quale fu compilato un accurato inventario. Il documento, conservato nell’Archivio di Stato di Napoli 9, era già noto a Vito Acocella, che lo citò nella sua Storia di Calitri, ma non lo trascrisse, forse a causa dell’eccessiva lunghezza e della difficile lettura. Si tratta della più dettagliata descrizione a noi nota del castello, del quale vengono elen12 cati una ventina di ambienti, tra cui «la camera solita della Contessa» e «la camera della guardarobba sotto la camera de la Contessa», nella quale erano conservati gli utensili di rame e di ferro e un prezioso servizio da tavola10; la camera «sotto de la sala», la camera « super la porta ferrata», due cucine, la «vechia» e la «nova», con il «furno», «la camera nova di lo furno», la «grotta del cellaro» e vari locali di servizio; «la camera dove stava lo Conte», un appartamentino di due stanze, dall’arredamento piuttosto spartano; infine un grande salone chiamato «la camera de la logia», nel quale al momento dell’inventario erano ammucchiate numerose casse colme di stoffe, vestiti, scarpe e perfino uno scrigno con i paramenti e gli arredi sacri utilizzati per officiare nella cappella del castello11. Gli ambienti erano disposti su più livelli e l’arredamento era completato da scrigni e bauli che contenevano denaro12, armi13, biancheria, finimenti per le cavalcature14 e ogni altro genere di cose. Notevole la biblioteca, che comprendeva sia manoscritti, alcuni dei quali miniati, sia opere a stampa; vi si trovavano autori classici latini (Cicerone, Ovidio), scrittori italiani del Trecento (soprattutto Boccaccio, del quale il conte possedeva numerose opere), poeti come Dante, Petrarca e Sannazzaro e diversi libri di soggetto religioso (tra i quali le Parabole di Salomone e la Legenda aurea di Jacopo da Varagine)15. Relativamente poche le armi rinvenute nel castello ma, anche se l’inventario non fa menzione di alcun pezzo di artiglieria, la presenza nei depositi del castello di barili di zolfo e salnitro, ingredienti base della polvere da sparo, fa sospettare che le artiglierie, insieme alle armi migliori, fossero già state portate via da Luigi Gesualdo. Il feudo e il castello di Calitri, assegnati successivamente a Consalvo de Cordova, primo viceré spagnolo del regno di Napoli, furono restituiti a Luigi III Gesualdo solo dopo la sottomissione di quest’ultimo a Ferdinando il Cattolico, avvenuta nel 150616. IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 Il castello in età vicereale Nel 1561, mentre Luigi IV Gesualdo acquistava il titolo di principe di Venosa, un terremoto distrusse gran parte del castello di Calitri che, tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, attraversò un periodo di abbandono, rimanendo per molti mesi all’anno disabitato, affidato soltanto alle cure di un castellano17. Ogni tanto accoglieva, per un breve soggiorno, il card. Alfonso, assurto ai vertici della carriera ecclesiastica e residente per la maggior parte del tempo a Roma, o qualcuno dei feudatari, che però preferivano abitare nelle altre dimore della famiglia, a Napoli, a Gesualdo o nella nuova residenza di Venosa. Il 20 agosto 1613 Emanuele Gesualdo, unico erede maschio del vecchio principe Carlo, morì cadendo da cavallo durante una battuta di caccia. Il giovane lasciava la moglie, Polissena von Fürstemberg, incinta di sette mesi, e una bimba di due anni, Isabella. La giovane vedova, che fino a quel momento aveva abitato nel castello di Venosa, decise di trasferirsi e don Carlo, che si era ritirato da molti anni a Gesualdo, scrisse subito ai suoi uomini di fiducia affinché riparassero il castello di Calitri e lo rendessero accogliente per le due principesse, alle quali fu riservato l’appartamento una volta abitato dal card. Alfonso Gesualdo. Pochi giorni dopo, l’8 settembre, anche il vecchio principe moriva, e così toccò alla principessa Polissena seguire i lavori, che durarono un intero anno. Le relazioni dei lavori, conservate nell’archivio di Stato di Napoli insieme con alcune lettere che si riportano in appendice18, offrono nuove informazioni sul castello. A partire dal mese di settembre 1613 sono documentati pagamenti per l’acquisto e il trasporto di calce e pietre, estratte dalle cave tra Calitri e Cairano; tavole di quercia, di castagno e di abete, queste ultime fatte venire da Pescopagano; poi chiodi, serrature, tela, cera, colla e altri materiali da costruzione. Le porte e le finestre del castello furono accomodate con tavole di castagno, furono acquistate e messe in opera serrature e maniglie nuove, fu accomodata la rimessa della carrozza, fu rifatto il ponte levatoio con tavoloni di quercia e furono acquistate perfino «quattro catenacce per le carcere». I lavori in muratura interessarono alcuni locali di servizio come la dispensa, la cucina e le cisterne, oltre al grande salone con la loggia, in un angolo del quale fu costruita una scala a chiocciola («lumaca»). Alla morte del principe Carlo la moglie, Eleonora d’Este, lasciò il castello di Gesualdo per raggiungere la nuora, ormai prossima a partorire, a Calitri. Qui, nel novembre 1613, Polissena Furstemberg diede alla luce una bambina, che fu chiamata Leonora Emanuela Carlina. Così si estinse definitivamente il ramo maschile della casa Gesualdo e, per circa un anno, il castello di Calitri fu abitato solo da donne. Come si è detto, fu Polissena a seguire i lavori di riparazione nel castello, che terminarono nel settembre del 1614. Dopo qualche tempo Polissena si risposò con Andrea Acquaviva, principe di Caserta, mentre Eleonora d’Este lasciò per sempre l’Irpinia e ritornò a Modena, dove si spense nel 1637. La piccola Leonora fu rinchiusa nel monastero napoletano di S. Maria della Sapienza, nel quale in seguito pronunciò i voti, mentre Isabella, ultima erede dei Gesualdo, sposò il principe Nicolò Ludovisi, dal quale ebbe una sola figlia, Lo stolto ha il cuore sulle labbra, il saggio ha la bocca nel cuore. (Qoèlet XXI - 10) Lavinia. Nel 1629 Isabella, appena diciottenne, morì, lasciando alla figlia tutti i beni dei Gesualdo. Pochi anni dopo morì anche la bambina e, non essendoci eredi, i beni dei Gesualdo vennero incamerati dalla Corona e successivamente rivenduti a Nicolò Ludovisi, marito di Isabella e padre di Lavinia, che così divenne il nuovo feudatario di Calitri. condotta al luogo dove passavamo acciò ch’io lo vedessi. Restai veramente maravigliato non tanto per la bellezza delle giumente, et de’poledri ch’è incomparabile, quanto per la qualità de’stalloni che sono i più belli ch’occhio humano possa vedere, et in particolare un ginetto, et un portante maraviglioso20.» I cavalli venivano maneggiati in due cavallerizze. Quella più antica, ripetutamente citata nell’inventario quattrocentesco, si trovava nella Terra, «dereto Corte», cioè occupava il lato orientale dell’attuale piazza della Repubblica; verso la metà del XVII secolo il principe Ludovisi la cedette all’arcivescovo di Conza, Ercole Rangone, che a sua volta donò il suolo al monastero benedettino dell’Annunziata21. La cavallerizza descritta nel 1594 da Fontanelli si trovava invece nei pressi dell’Ofanto, vicino al ponte; lo conferma uno strumento notarile del 1631 nel quale, tra i beni della defunta Isabella Gesualdo, viene elencato anche «lo terricello al Ponte dove se solevano maneggiare li cavalli, (il quale) confina con l’Ofanto et altri (confini)»22, mentre una carta un po’ più antica parla di un «loco detto de lo cortino vulgariter detto dove cavalcava la bona memoria del signor principe Luigi»23. La passione per l’allevamento dei cavalli, così diffusa tra i componenti della famiglia Gesualdo, non era invece condivisa dai nuovi feudatari, i Ludovisi, i quali, come si è detto, alienarono la cavallerizza nella Terra e lasciarono andare in rovina anche quella nei pressi dell’Ofanto. Alla fine del Seicento il tavolario Chianelli, parlando della cavallerizza dell’Ofanto, affermava che «hoggi (è) caduta in tutto»24, e questa breve citazione è l’ultima notizia pervenutaci sulla celebrata «razza de’cavalli» di Calitri. La cavallerizza Oltre che per il castello, in età rinascimentale Calitri era famosa per l’allevamento dei cavalli. Lo provano tra l’altro le lettere di Bernardo Tasso, che nel 1541 scriveva a Luigi Gesualdo per chiedergli un cavallo per la principessa di Sanseverino19; e di Alfonso Fontanelli, diplomatico di casa d’Este, che il 14 giugno 1594, in una missiva indirizzata al duca di Ferrara Alfonso II, scriveva: «S’avviammo verso Caposelle passando per molte terre di S.E. et particolarmente per Calitro ove allora si trovava la razza de’cavalli che per favorir me fù 13 Documenti Napoli, Archivio di Stato, Relevi, vol. 317 f. 747 Al sig. Giovan Camillo Zampaglione mio Agente - Calitro Dovendo venire ad abitare nel Castello de Calitro Donna Isabella mia figlia con la sua famiglia bisongnia che noi facciasi vedere diligentemente che detto Castiello non piova che ve siano IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 porte et fenestre in quelli appartamenti particularemente de quello de detta mia figlia se vorrà servire, facendo far bene l’incerate alle finestre del Castiello, de quelle cammare che andarà la sudetta mia figlia e bisongnia dove chiove o serratura et le ferrate ponere […] fate vedere li camini delle ciminere et tutto quello che bisongnio, et si per queste cose volete (che) manno Giovanni Sabato, avvisate che si mandarrà. Fate anco far quella maggiore provisione de lengnie che sia possibile et farli riponere in Castello […] tutto quello che spenderete per la reparactione […] de detto Castello […] ne farrete notando a conto a parte acciò se possa fare buono al camarlingho […] state sano. de Gesualdo allo 28 de aug.to 1613 Don Carlo f. 749 Al Sig. D. Giovan Camillo Zampaglione Signor fratello amantissimo la signora Donna Polissena eccellentissima mia signora per quello che tocha alla volontà, et desiderio suo vorria partire domenica da qui et venirsene in Calitri et però lo impediscie il stato di sua salute nel quale si trova, si spera però che presto estarà libera de questo impedimento, et se ne vennarrà volando; et pertanto necissario, non solo non perda tempo, ma che sia molto solecito ad attender allo bisognio del castiello et particularmente à quanto vederrà qui sotto annotato […] si che di gratia stia avegilantissima à quello negotio, […] che sa che quella è la volonta et comandamento del mio eccellentissimo padrone. Si ha da accomodar l’appartamento detto del Cardinale perché per questi mesi di estate (Sua) Eccellenza desidera venir in esso et perciò bisongnia veder che ve siano tutte le porte et finestre che serriano bone et che non entri vento, che nelle porte siano tutte le serrature et chiave, se accommodate sonno tutte le impannate et tutte le fenestre dicto appartamento, fare annettare et reveder le astriche di tutte le camere de questo appartamento et inspecie che la cammara scura sia pulitissima che non si mancha cosa alcuna. Se ci à da veder che la lumaca che cala da detto appartamento ad quello delle donne a bascio sia lindissima et non si mancha cosa alcuna, se à da fabricar la scala che escie alle sale grandi detto allo correturo che va alla loggia di sopra, che (è) la prima quando se entra la sala à mano destra, et se à da cacciar una finestra nel mezzo da metter la rota alla usanza delle monache, havertendo che lo muro che se fa per serrar detta porta sia largo de modo che la rota resta fatta di < > la grossezza del muro, acciò se possa metter alla finestra de lengnio stante dalla parte de fuora cioè dalla parte < > da dietro nel correturo, et farce metter il sagli como sta quello delle monache, tanto da una parte quanto dallaltra et quella rota sia fatta et posta subbito, et far serrar la scaletta che sagli alla loggietta, et cammare de sopra allo correturo et logetta dello Castiello. Siano da riveder tutti li lietti del Castiello, et far rifar < > et quello del sudetto appartamento particularemente acciò non piova parte alcuna, far veder tutte le cisterne che pigliano laqua et, si urge farse aqua frischa, farla levar et annettar le cisterne, fare accomodar et allestire tutte le camere per servitori che sono nella corte et particularmente quelle che sono più vicino alla sala, et quelle della dispensa e tiniello, perché ponno servire per servitori. Far veder tutte le cimenere, et camini di detto appartamento particularmente far accomodar tutti li necissarij tanto nelle donne quanto nelli servitori [...] Se à da comodar lo appartamento da bascio delle donne et rivedendo tutte le porte et finestre che siano bene et serrabili come de sopra et particularmente la porta < > ditto appartamento habbi chiave, et tutto quello bisongnia le porte de ditte porte serrate che stian bene, far tutte le fenestre [...] et veder tutte le astriche stipi camini et schale che siano servibili et particularmente [...] far bianchegiare tutto l’appartamento da bascio, per accomodar con ogni diligentia la Cappella, acciò se possa dire messa, far veder tutte le scanzile della guarda robba delle donne che stiano bene […] far la magiore provisione de legni che se po […] da Venosa alli 31 de ag. 1613 affezzionatissimo fratello et signore Lelio Cioglia f. 727 Io mastro Giovanni Sabato Orilia della città della Cava capomastro nelle fabriche del signor Principe di Venosa Don Carlo Gesualdo […] essendo stato al Castello di Calitri, et richiesto che vedesse li pericoli che correvano in detto Castello mandatoci dal detto Signor Principe del mese di agosto del anno passato 1613, 14 videlo fra l’altro lo camarone, che c’era necessario una scarpa al cantone che era spaccato et lo ponte di legno che era fracito, et era necessario farlo da novo et li travi della cucina erano per cascare et molti altri residuj necessarij. Per li quali primieramente al cantone dove bisognava la scarpa se ci è fatta una lomaca che serve per scarpa, et grada et al ponte quale era fracito si ci è fatto novo de legnami de cerze et alla cucina se ci sono messi li travi, et conciate finestre et porte che erano tutte fracite, et in molte camare che vi era cascata la fabrica per l’acqua che ci era trapilata dentro, quale cose furono ordinate dal detto Signor Principe et dopo finite per ordine della signora Donna Polisena per reparatione et conservatione de detto Castello et in fede ho fatta fare la presente per copia del infrascritto scritta de mia mano. In Gesualdo li 4 de settembre 1614. Io Mastro Gio. Sabato Orilia confirmo ut supra. NOTE 1 V. ACOCELLA, Storia di Calitri, r.a., Calitri 1984. 2 «Calitri, che è forse la maggiore e più popolata terra del S.r Prencipe, ha un castello, che veram.te è fabrica degna per il Principe, perché è maestoso e commodo per la qualità del sito oltre il credere. È uso, per mantenerlo, darle assegnamento di certa vendita di legname, e comple conservarlo, perché è meritevole d’applicatione. In questo luogo S.E. ha privilegio di confirmare il magistrato; e questa Terra e la Città di Venosa son le camere riserbate delli Principi, mediante le quali devono essere esenti dagli alloggiamenti. In questo luogo che ha territori con pascoli grandi e che son communi del Principe et Università, S. E.nza potrebbe oltre la razza delle giumente, che ve sta l’estate, tenere industria di pecore, vacche e porci, perché li pascoli sono vasti e buoni, e la Com(modi)tà dell’acqua è grande e non si possono vendere né cavarne altro utile. Il dar poi li bovi migliorerebbe le resposte di grani a S.E. che ha molti territorij e li maggiori inculti. E quando S.E. fece tenere partito dell’entrate della Com.tà, oltre il beneficio di quel publico S.E. ravanzava 250 s(cu)di l’anno». (riportato in G. FELICI, Il principato di Venosa e la contea di Conza, Venosa 1992, p. 54, prot. 274, parte III, n.18 [1637]). 3 Curia Arcivescovile di S. Angelo dei Lombardi, ms. del 1691: D.A. CASTELLANO, Cronica conzana, libro III, cap. II, disc. I, pp. 43-47. Ampi brani della Cronica sono riportati in V. ACOCELLA, cit.., e in G. CHIUSANO, La cronista conzana. Manoscritto inedito del 1691, Conza della Campania 1983. 4 I tavolari erano i professionisti incaricati di redigere perizie di beni immobili e dipendevano dal Sacro Regio Consiglio. Cfr. F. STRAZZULLO, Edilizia e urbanistica a Napoli dal ‘500 al ‘700, Napoli 1968, pp. 31 ss. IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 5 Napoli, Archivio di Stato, Notai del XVII secolo, scheda 660, prot. 6, ff. 115 ss. 6 «Calitri vi sono morte 1200. persone, essendo tutta diruta con le Chiese, Monasterij e Case. Il Castello di detta Terra stava situato sopra un monteto molto grande, a modo di Fortezza, con ponti, quale s’aprì da una parte, e precipitò sopra della Terra, che li stava di sotto essendosi periti in detto Castello il sig. Francesco Mirella, il padre del Marchese, con sua Madre, D. Maddalena Carafa Moglie d’esso Marchese, con sei figli maschi, e due femine, non eccedendo il più grande 7. anni, D. Paolo Carafa e D. Anna Mirella moglie di D. Oratio Carafa sua moglie, e tutta l’altra servitù sono rimasti estinti, fuorche il loro Segretario Comasco, che si ritrovò la Domenica susseguente ad hore 24. vivo sotto delle Pietre, il quale teneva sopra della fronte una Cera d’Innocenzo XI. suo Paesano, e stando con tutti i sentime(n)ti disse, che il medesimo Innocenzo l’haveva salvato dalla morte perché non haveva potuto prendere i Sagramenti nell’istesso giorno della Madre Santissima per alcuni suoi affari, come havevano fatto tutti i sopradetti Signori, & havendo preso i Sagramenti il sudetto Comasco, se ne morì doppo due giorni. Il sudetto Marchese Mirella nel tempo del Terremoto si ritrovò in Napoli con il primo suo figlio, ch’altrimente ancor essi haverebbero corso l’istessa fortuna. Nel sudetto Castello nelli due Cortili si sono fatte due aperture grandissime molto larghe, e profonde, che re(n)dono gran stupore». (Vera e distinta relatione dello spaventoso e funesto terremoto accaduto in Napoli e parte del suo regno il giorno di 8 settembre 1694 … et in particolare nelle tre Provincie di Principato Ultra, Citra e Basilicata…, Napoli - Roma 1694, pp. 3 e 4). 7 «osservai il Castello Baronale quale stava situato sopra una collina superiore all’edificij di detta terra et consisteva in un gran edificio, però lo have à fatto distrutto, et ridotto ad uno mucchio di pietre» (Napoli, Archivio di Stato, Notai del XVII secolo, scheda 723, prot. 3). 8 Napoli, Archivio di Stato, Archivio Caracciolo di Torella, vol. 193/2, ff. non numerati. L’edificio è tuttora conosciuto col nome di “palazzo del barone”. 9 INVENTARIUM CIVITATUM terrarum et locorum status Comitatus Concie factum per Joannem Ungarum Regie Camere Summarie racionale cum intervencione Joannis Montanarij di Neap. credenzerij deputati per ipsam Cameram super dicto Inventario. (Napoli, Archivio di Stato, Relevi, vol. 322, ff. 88-103v, [1494]). 10 Il servizio era composto da: «carrafe sey cristalline; quatro jarre colla manicha cristallina; caldelerj duj cristallini; coppe duj una collo coperchio e una senza; duj jarre cristalline; uno bocale cristallino; una confectera collo pede ructo de cristallino; una confectera de vitro […] dello quale nello mangiar ne so rocte parechi e lo pocho che restao e stato donato». (Ivi, f. 91) 11 «un altro scringnio ferrato vechio in lo quale sta uno messale ad stampa pizulo, una chianeta de damascho biancho, […] duj cammisi, […] una stola vechia, […] unaltra chyaneta de damaschino biancho colla croce de damaschino carmosino, […] lo panno de lo altare de simile damaschino, […] unaltra chyaneta de damaschino carmosino con croce biancha, […] uno campanello de metallo, […] duj calici colle patene de argento inaurato, uno grande e uno piu pizulo, […] duj agnus dei de argento, uno grande con la pieta et unaltro colla figura de nostra donna da una banda at dalaltra la testa del salvatore». (Ivi, f. 97) 12 «De oro ducati sixanta uno, de carlini corrente in uno saccho ducati ceto cinquanta nove et tarj duj, de coronati in una saccha secticento et duj so ducati trecento et octo tarj quattro et grana otto, de coronati in unaltra saccha < > octocento vinti sey so ducati trecento sixanta tre tarj < > et grana quattro […]». (Ivi, f. 88). 13 «balestre undeci de azaro […] duj zarbottane […] cincho scoppette duj de metallo et duj de ferro con una de metallo corta […] una bonbardella vechia scassata de ferro […] uno mortaro di petra per far polve […] corpi de coraza undici scassati et vechyi, una armatura vechya scassata […] vari arme de jostra, lo pecto de la coraza […] brazale, spallarole, lj guanti […] una lanza [...] duj balestre de azaro con martineti […] cincho fudari de spate senza arma, una paro de tenaglie per far pallotte de archo, unaltro paro de tenaglie per far pallotte de zarbottana […] lanze nove con ferri et aste, quatro ronconi, dui aze ». (Ivi, f. 92, 93, 100, 101e passim). 14 «uno guarnimento de mula de velluto nigro guarnito con aczappamento a staffe de aurata, una coperta de sella de velluto nigro de mula, uno guarnimento de cavallo de velluto pagonazo fornito inaurato con coperta de sella de velluto pagonazo, uno guarnimento de velluto nigro […] con staffe de aurato, uno guarnimento torchescho de velluto pagonazo con zappe de aurato senza staffe et stafili, […] una sella da mulo, una sella torchesca, […] uno guarnimento de cavallo de jostra de damaschino lionato inferrato, […] uno guarnimento di panno da sella de donna de velluto carmosino usato con franzetta istoriata de oro et seta rossa con cossinetto de semele velluto, […] una coperta de sella di homo a la catalana corta de velluto nigro con certi altrj guarnimenti di briglie, […] uno collaro de cavallo, […] duy jopponecti uno de taffeta russo et laltro biancho, […] la sella de jostra […].» (Ivi, ff. 99 ss.) 15 «lo petrarcha a stampa […] le Cento novelle ad stampa, lo archadio sannazaro ad penna, lo oratorio pictato, Tulio de officijs ad stampa […] una fiammetta in volume pizulo in pergameno ad penna, le epistole de ovidio in vulgare ad stampe […] le prediche di fra roberto vulgate ad stampa, un libretto ad stampa de lj miracolj de la Virgene maria […] lo libro de Joan Boccazo in volume piccolo ad stampa, la ystoria de la destruttione de jerusallem, la fiammetta de Joan boccazo in volume piccolo […] uno plinio grande ad stampa, lo filocolo ad stampa, […] li comentarij de cesaro ad stampa, lo legendario de li santi ad stampa, appiano alexandrino ad stampa, le vite del plutarcho, Isopo vulgare et storiato, ovidio medamolfoses vulgate ad penna in carta pergamena, Dante ad penna vechio et strazato in carta di bambace, la bibia vulgata ad stampa, le cento novelle ad stampa, lo petrarcha e li sonetti ad stampa, una opera detta filomena ad stampa in volume pizulo, una opera intitulata lo sipontino, le paravole de Salamon la sapientia ad penna et in pergamena». (Ivi, ff. 99-100) 16 Cfr. E. RICCIARDI, Calitri all’epoca di Consalvo de Cordova, in «Il Calitrano», n.s., 6 (1997), pp. 10-12. 17 Nel 1614 il castellano era un certo Muzio Martuccio, che ricevé «per provisione, et vitto d’un anno fenito ad Augusto 1614 (…) ducati sessantaquattro, et grana vintisei conforme hanno avuto l’altri predecessori castellani » (Napoli, Archivio di Stato, Relevi, vol. 317, f. 712). 18 Ivi, ff. 700-745 [1613-14] 19 Cfr. Lettere di Bernardo Tasso, II, Venezia 1553, p. 485, riportato in C. MODESTINO, Della dimora di Torquato Tasso in Napoli negli anni 1588, 1592, 1594. Discorsi tre, Napoli 1861-1863, disc. II, pp. 44-45. 20 Riportato in A. VACCARO, Carlo Gesualdo principe di Venosa. L’uomo e i tempi, Venosa 1989, p. 204. 21 Cfr. C. DE ROSA, Ave Gratia Plena. Fondazione, vita e ricchezza delle Donne Moniche di Calitri, dattiloscritto conservato presso la Biblioteca comunale di Calitri, s.d., pp. 3-4. 22 Napoli, Archivio di Stato, Archivio Caracciolo di Torella, 193/2, ff. non numerati. 23 Napoli, Archivio di Stato , Relevi, vol. 317, f. 694 [1588]. 24 Napoli, Archivio di Stato, Notai del XVII secolo, scheda 660, prot. 6, f. 119. Contursi, Piazza Garibaldi 29 maggio 1959, Congresso Eucaristico Mariano, in prima fila da sinistra: avv. Paolo Rosapepe sindaco di Contursi, mons. Salvatore Siani parroco di Contursi, S.E. mons. Guido Casullo Vescovo di Nusco, S. E. mons. Giuseppe Maria Palatucci Vescovo di Campagna, prof. Remigio Schiavo presidente di Azione Cattolica,in fondo vestito di nero l’ex carceriere Francesco Forlenza e l’avv. Enzo Rufolo con le braccia conserte, in seconda fila l’assessore Arnoldo Rufolo e il pittore Salvatore Bini con occhiali neri. 15 IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 LA SCOMPARSA DI UN VERO MAESTRO Ebbe per consorte una sposa, Anna Tomay, che gli portò affetto, amore e conforto; formò una famiglia di sani principi morali. Per quattro anni fu anche amministratore e assessore sagace e inflessibile del Comune di Contursi, ma “il suo fiore all’occhiello” è stata, in questi ultimi anni, la Fondazione a Contursi della SOCIETÀ BIODINAMICA VALLE DEL SELE per offrire servizi ai piccoli imprenditori agricoli e condurre le coltivazioni con metodi biologici (indirizzo biodinamico) per offrire prodotti sani ai consumatori, per contribuire alla buona salute, all’e’uilibrio biologico ed al risanamento sociale. Per dirigere questa società Angelo Mazzeo ha profuso tutte le sue forze, il suo sangue, il suo tutto: è il lavoro, la lotta l’hanno ucciso, povero amico! È partito da noi, ma noi lo sentiamo presente con la luce del suo esempio che resta il suo unico e vero testamento spirituale. Così lo ricorderanno i suoi amici… Remigio Schiavo mprovvisamente il 22 novembre 1998, l’insegnante elemen- Itare Angelo MAZZEO ci ha lasciato! Il suo cuore generoso non ha retto al gelo di questi giorni. Nato a Torre del Greco nel 1933 conobbe molto presto la sofferenza con la privazione del suo papà e si trasferì con la mamma Rosa Pellegrino a Contursi. Conseguì a diciotto anni l’abilitazione Magistrale nell’Istituto “Teresa Confalonieri” di Campagna (SA) e fu tra i vincitori del Concorso magistrale del 1955. Fu il fondatore e primo presidente della locale sezione della GIAC (Gioventù Italiana di Azione Cattolica) di Contursi. Quasi subito venne arruolato e inviato alla Scuola Allievi Ufficiali di Ascoli Piceno, da cui ne uscì col grado di Tenente in S.P.E. per ritornare all’insegnamento che aveva abbracciato con la fede di un apostolo e coll’ardore di un martire. Fondò a Contursi, con altri, il Centro di Cultura Popolare U.N.L.A. e ne fu benemerito presidente per lunghi decenni. VITA SCOLASTICA CALITRANA nom’ calitrani. Gli stessi alunni si premuravano precisare che non c’era in loro, proponendo il “recitativo”, alcun desiderio di arrecare offesa a chicchessia, bensì il solo desiderio di giocare sui nomignoli che la gente del paese sa affibbiare facendo leva su una fertile e ingegnosa inventiva. Al Preside, ai docenti collaboratori e agli alunni, bravi, intelligenti e sagaci interpreti, i complimenti di tutti quelli che vedono nella Scuola (quella con la S maiuscola) una palestra di educazione morale, culturale e civile e che, unica, potrà creare le premesse per una sana, responsabile e cosciente società del domani. Auguri di sempre più significative e gratificanti manifestazioni e agli alunni l’augurio di sempre più vivi ed esaltanti successi. Antonio Altieri a Scuola Media “A.M. Del Re“ di Calitri nel giugno del L1998 ha concluso il primo ciclo di incontri, di studi e di di- battiti sul tema: Solidarietà-Ambiente e territorio. Nel documento programmatico stilato dal Consiglio dei docenti e dai rispettivi consigli di classe, il preside e gli insegnanti indicavano gli obiettivi che si intendevano, con la predetta attività, conseguire: “Conoscenza del mondo degli anziani sotto l’aspetto delle abitudini, dell’alimentazione, del tempo libero e delle occupazioni” e venivano tracciati i percorsi da intraprendere e gli itinerari da seguire, ricercando “fatti, racconti e aneddoti narrati dal nonno” e studiando “il linguaggio degli anziani”. Gli alunni interessati alla ricerca e allo studio delle tematiche proposte erano quelli delle classi seconde, sez.A, B e C, guidati dai deocenti referenti: proff.ri Raffaele Nicolais, Gerardina Cesta e Giacinta Cestone. Il preside prof. Michele Oreste Lapenna, nel precisarne gli ambiti operativi e le finalità educative, proclamava: “La Scuola Media A. Del Re di Calitri, nell’ambito dell’Educazione alla solidarietà, ha programmato… lo svolgimento dell’attività: “Conosciamo i nonni e il loro mondo!”. Gli alunni, in assolvimento dei compiti loro assegnati dai rispettivi docenti, si erano premurati di raccogliere “fatti, racconti e aneddoti narrati dai nonni”, collezionando un nutrito florilegio di ameni episodi, di inusuali avvenimenti interessanti, caratteristici e unici personaggi del paese e di esilaranti detti e saggi aforismi da essi pronunciati un cinquantennio fa. I ragazzi, poi, nelle ultime settimane dell’anno scolastico, hanno dato vita ad un ciclo di trattenimenti musicali, recitativi ed interpretativi. Lodevolissima è stata l’interpretazione, da parte dei ragazzi della II C, della brillante commedia: “La moglie di scorta” per la regia attenta, precisa e appassionata del prof. Raffaele Nicolais, coadiuvato da tutti gli altri docenti. Ma superbo, unico ed eccezionale è stato il recitativo che gli stessi alunni hanno voluto proporre all’attenzione degli spettatori con l’atto unico: “Una storia di una elezione in Calitri, fatta con tutti i stuort’ Calitri anno scolastico 1997/98 il preside prof. Michele Lapenna con i docenti Carmela Poto, Raffaele Nicolais, Lucia Calabrese e Luisa Nicolais con gli alunni della classe II C della Scuola Media “Alfonso Del Re” interpreti della commedia “La moglie di scorta”. 16 IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 DIALETTO E CULTURA POPOLARE A CURA DI RAFFAELE SALVANTE LA STORIA DI UNA ELEZIONE IN CALITRI FATTA CON TUTTI I STUORT’NOM’ Capolista l’Ass’ arruna tutt’; quindi Scolla Tutt’, Viv’ mangia ca viv’, Cuta Cuta, u’ Scaran’, u’ Scialon’, Panzarella, Panzannanz’, Trippa Aff’lata, V’lanzon’, u’ Cap’llon’ e u’ Saput’. Come secondo atto si procede alla nomina della Commissione dell’Ordine Pubblico; a capo dell’Arma fu designato Zi Tonn’ maggior’, che ebbe alle sue dipendenze u’ Capitan’, u’ T’nent’, u’ Mar’sciall’, u’ Br’hatier’, u’ Sargent’, u’ Capural’, a Guardia reggia e u’ Giandarm’. A disposizione del gruppo furono messe le armi: Sciabb’licchj’, Sciabb’la, Sciabb’lon’, Sciabb’lacchion’, u’ P’stuol’, Zip’, U’ Fucelar’, u’ Fucil’, Cannon’, nonché di riserva, come armi improprie, u’ Magl’, Martiegghj’, Corda Lenta, Zuquastr’, Zuquastriegghj’, Zoca Zoca, Staffin’, Scamm’rzon’, Taccar’ r’ seggia, Puntaruol’, Pungcul’, P’satur’, Staccion’, Chiangon’, Paroccula Janca, Ngin’ Ars’ e Tav’lon’. Una volta organizzata la forza pubblica ed affisse le liste, si poté dichiarare aperta la campagna elettorale, che fu subito intensa ed animata con numerosi comizi tenuti da esperti oratori delle varie parti, fra cui si distinsero: u’ Pr’rr’cator’, u’ Libberator’, u’ Bb’sciard’, Farfalacchj’, Pesc’nnar’, Caca Cunsigl’, Caca Riav’l’ e Tre ore di Caca (uno che la sapeva lunga nel parlare). I rappresentanti del Partito Operaio organizzarono una manifestazione politica, nel corso della quale fu scoperto un monumento: Totta Creta. Nel 1° periodo della campagna, non si ebbero incidenti, o perlomeno non di natura politica. Una prima rissa scoppiò in piazza e vide come protagonisti u’ Puorch’ e Sana P’rciegghj’. Un altro scontro vide quali protagonisti u’ Hatton’, M’scion’ e a’ Muscia Hatta da una parte e Z’cculicchj’ e a’ Zoccula dall’altra. Ancora un fatto increscioso si ebbe dopo qualche giorno; infatti, in pieno giorno due fratelli, C’p’gghin’ e C’p’gghion’, furono rinvenuti in gravi condizioni. L’indagine condusse all’arresto del responsabile nella persona di Spacca C’pogghia, che venne processato e avviato alle carceri di Avellino. Il primo incidente originato da passioni politiche si ebbe a tre giorni dalla chiusura della campagna durante un comizio tenuto da u’ Patratern’, capolista cattolico, Benfigliuol’, u’ P’zuoch’, An’ma Moscia, An’ma Fredda e An’ma Longa, simpatizzanti del Partito Cattolico venivano provocati da sei noti anti-Cristo : u’ Pr’t’stant’, u’ Gg’rej’, u’ P’mm’nal’, Barabba, u’ Riav’l’ e C’n’trin’. Il pronto intervento della forza pubblica, provvide ad arrestare i malfattori e volse a ristabilire la calma. Un ennesimo scontro si verificò la penultima sera della Campagna Elettorale e vide questa volta alle prese Ceca Auciegghj’, l’Auc’gghion’, e Ngappa Auciegghj’ da una parte e dall’altra Quagliariegghj’, M’rl’ciegghj’, C’c’ron’, Cardill’, P’ccion’, a’ R’nd’negghia, a’ Curnacchia, Cap’ r’Auciegghj’, Piett’ Russs’, Passarin’, u’ Paparasciann’, u’ Pic-Prien’ e Totonn’ chi abbola. Un grande tafferuglio si verificò più tardi; esso si svolse nel modo seguente: B’r’zacch’, B’r’zill’, Sacch’tiegghj’, u’ Sacchett’, Truopp’l’, Pasciut’, Panzitt’, Panz-cuott’, Pangiuott’ e Panzon’, nonché Mangia Gol’, Mangia Lard’, ‘Nzerta Cingul’ Relazione inviata al Prefetto da parte del Commissario Straordinario appositamente mandato a Calitri per sovrintendere le elezioni stesse. A sua Eccellenza il Prefetto di Avellino Oggetto: Relazione del Commissario Straordinario sullo svolgimento delle elezioni straordinarie nel comune di Calitri. Una volta preso contatto con la Giunta uscente, ed in particolare con il capo dell’Amministrazione, cioè M’chel’ u’ Sinn’ch’, il nostro primo atto ufficiale fu quello di affiggere le liste elettorali, precedentemente preparate e ratificate in concomitanza con l’apertura della campagna elettorale. Le liste, come Lei sa, erano sei. Circa la natura della loro composizione siamo in grado di poter affermare che: la prima lista è uno schieramento chiaramente di destra, comprendente esponenti della vecchia aristocrazia monarchica, alleatisi per l’occasione con i nuovi ricchi ed alcuni proprietari terrieri, elementi si sicura fede conservatrive. La lista comprende: Capolista u’ Rre, poi Faraon’, u’ Bbaron’, u’ Cont’, u’ Pr’bbjtarj, Padron’, Patr’nett’, u’ Milionarij, u’ Nzaccand’, Ron T’rnis’, Ron Ditta, Ron Taratubb’, Ron Giuann’ la Merda. La seconda lista, quella cattolica, è naturalmente composta di persone pie e di rappresentanti del clero; essa comprende: Capolista u’ Patretern’; poi Gies’ Crist’, Gesù nell’orto, Croc’ r’ Ddij, Ianua cel’, Maria e Gesù, u’ Clerical’, u’ Pr’uticchj’, Totonn’ r’ l’Acc’preut’,Zi Preut’, M’nacon’, Zia Monaca Paccia, Papa Sist’, Sant’, Santucc’, Santocchj’, Sant’ Luiggij, Santa Maria, Sant’Vardin’ Saluagg’, Ama Ddij e Ratt’ a Ddij. Vi è poi la lista di sinistra, composta da lavoratori di ogni tipo, per lo più artigiani e braccianti, fra i quali troviamo: Capolista Fat’hant’; e quindi: Travagliator’, u’ Mastron’, u’ Mastricchj’, u’ Cus’tor’, u’ F’rnacial’, u’ F’rnacialiegghj’, u’ Spacca Pietr’, u’ Scardalan’, u’ S’llar’, u’ Mbaglia Segg’, u’ S’tar’, u’ Zappator’, Capzappa, Scatin’, Bbrient’, Zappa r’ cap’ abbagghj’, Faucion’ e Miet’ Saraogghja. Vi è anche la lista di estrema sinistra, che dà serie preoccupazioni, essendo composta da sottoproletari, emarginati e, comunque, bisognosi; essi sono: Capolista l’Affamat’; e quindi u’ Patut’, u’ Sicch’, u’ S’ccat’, u’ Verd’ Sicch’, Strazzon’, Stramacchj’, M’sckin’, u’ P’zz’ntiegghj’, u’ P’zzent’, u’ R’sp’rat’, u’ Zengar’, u’ Schiav’, Mangiaterra, Passauay e Mai na lira. Un’altra lista è quella degli ecologi, altrimenti detti Verdi: Capolista Giardin’; poi u’ P’lit’, Fiorin’, la Pajonaca, a’ Sp’rrusc’na, u’ Suogl’, F’necchiastr’, Cardon’, Mazz’lin’, u’ Sciard’nier’ e Piano Verde. Infine è stata presentata una lista civica di non chiaro orientamento politico, pare si tratti di opportunisti: 17 IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 e Canio prendi una Pasta, tutti del partito dei Benestanti, cercavano di tirare dalla loro parte un certo numero di elettori indecisi, tra i quali: u’ P’gghiastr’, u’ Sciuott’, Pull-Pull’, Hall’, Hallucc’, Sauzicchj’, Sammucchj’, Pr’sutt’, F’catiegghj’, Fr’tt’legghia, Baccalà, la R’cotta, C’coria, Caulicchj’, Caulon’, Cappucc’, Capp’cciegghj’, Cucuzziegghj’, Cucozza, Paparul’, P’p’ciegghj’, M’nn’loccia, Mandarin’, C’rasegghia, C’uzon’, Acquasala salata, Mier’, Miezz’ litr’, la Stizza. Ci furono altri episodi ed altri scontri, a cui parteciparono numerosi simpatici cittadini, che non ricordiamo per mancanza di tempo. Per motivi di sicurezza, però, furono arrestati alcuni noti malviventi locali: u’ Sp’stat’, u’ Mb’ccius’, u’ Sckifus’, u’ Mafius’, u’ Spaccon’, u’ Pacciariegghj’, u’ Bbr’hant’, u’ Malandrin’, u’ Malom’, Malatesta, u’ Saluagg’ e u’ Haliot’. Si procedette alla nomina dei presidenti di sezione e degli scrutatori; come presidenti di sezione erano stati nominati alcuni fra i più importanti intellettuali, vale a dire: Per la prima sezione Capacchion’, per le altre sezioni: Cap’ r’ Tumm’l’, Cap’ r’ Paglia, Cap’ r’ Casiegghj’, Cap’ a Zappon’, Cuzzett’, u’ Cuzzut’, Sett’ Cozz’, C’rv’gghion’, C’rv’gghiuzz’, u’ Cionna, u’ Babbeh’ e M’chel’ Fessa. Furono scelti, come scrutatoti: u’ C’cat’, u’ C’catiegghj’, C’con’, Ceca Ceca, Z’nnarul’, Uocchj’ Stritt’, Uocchj’ r’ M’ligghj’ e Uocchj’ Chius’; a loro disposizione fu messa La Corrente. Fu predisposta, inoltre, la staffetta che avrebbe dovuto trasportare, a spoglio ultimato, gli incartamenti in Prefettura; essa fu così composta: u’ Pilota, u’ Sciaffè, u’ Carr’zzier’, Para carrozza, u’ Carrier’, u’ Carr’, Ciucc’ Carr’ch’, u’ Baissin’, la Cavalla, u’ Cavalier’, Scinn’ ra Cavagghj’, a’ Cariulina, Motorin’ e u’ Mercè, sotto la direzione r’ P’stier’. A sera si conclusero le operazioni preliminari e le schede furono deposte nelle urne, che furono sigillate, ponendo a loro custodia Cat’niegghj’, Masch’tiegghj’ e Cat’nazz’. Nel corso della notte vi fu un tentativo di superare il sistema di sicurezza da parte di un certo Spezzacatin’, ma fu subito sorpreso dalle guardie e fu prima incatenato, poi, per maggior sicurezza, chiuso in cella. Nel mezzo della notte furono arrestati, per disturbo della Pubblica quiete : Canij Tenor’, u’ Cantator’, u’Viuol’, Vijlin’, Fresc’ca, Fr’scch’ttiegghj’, Zi Scisch’, Tammurr’, Pata Pata, Zum’ Zum’, Mand’les’, Campanar’, Bajocch’, M’s’con’ e Banda Paccia. Non vi fu altro durante la notte; la mattina seguente si poterono regolarmente aprire le operazioni di voto, che per tutta la mattinata registrarono una affluenza molto scarsa. Di alcuni incidenti che si verificarono ricordiamo l’episodio che può essere ritenuto il più toccante per i suoi aspetti inizialmente drammatici e finalmente gioiosi; infatti, incurante del suo stato di gravidanza molto avanzato e fedele al suo civico dovere, si presentò ai seggi una donna ammirevole Ciuccia Prena. Già si trovava in cabina, quando, forse per l’emozione, fu colta dalle doglie con disperate invocazioni d’aiuto; il destino volle che in una sezione vicina, dove si accingeva ad esercitare il suo diritto di voto, si trovasse un cittadino lodevole – u’Vamman’ – il quale, richiamato dalle grida, accorreva prontamente, resosi conto della situazione, prestava rapidamente il suo aiuto alla partoriente. Così la donna, proprio nel seggio elettorale, diede alla luce un figlio al quale è stato felicemente imposto il nome di u’ P’gghitr’ che, però veniva esposto alle insane mire di un certo Scorcia Ciucc’, un vero maniaco che tentò più volte di mettere le mani sul piccolo, finché non è stato catturato e rinchiuso nel manicomio. Nel pomeriggio i nostri informatori ci riferivano le cause della scarsa affluenza alle urne; infatti, nei pressi della sede elettora- le si aggiravano alcuni loschi individui, i quali avevano potere di spaventare, con il loro aspetto poco piacevole, molti elettori, tenendoli lontani dal seggio; in breve essi venivano identificati ed arrestati: u’ Bbrutt’, u’ Carpat’, Nason’, Naschon’, Pinocchj’, Nas’ r’ Pecura, Nas’ r’ Can’, Muss’ r’ Checcia, u’ Mamm’cciegghj’, u’ Mammocc’, l’Istr’c’, a’ Scimmia, u’ Coccodrill’, l’Acciahom’. In seguito a questa operazione, l’affluenza alle urne si intensificò, ma fino alla chiusura si resero necessari ancora alcuni interventi della Forza Pubblica, per impedire l’accesso ai seggi di alcuni gruppi di persone, o perché non in possesso dei requisiti o perché non degni, infatti si dovette impedire l’accesso a u’ Piccul’, u’ P’cc’ninn’, u’ Bbammin’, u’ Figliul’, u’ Pup’l’, Pup’lon’ e Pupacchj’ perché nessuno in possesso della maggiore età. Nel caso di un altro gruppo di persone si ravvisò, nell’indecenza del loro stato, uno scarso rispetto per le istituzioni repubblicane; fu negato loro il permesso di accedere al seggio e si dispose il loro allontanamento con l’obbligo di non ripresentarsi nello stesso stato; trattavasi dei signori: Piscion’, Pisciotta, u’ Cacat’, Cacon’, Caca alerta, Cazz’ fet’, Loffa, F’till’, F’neca, Strunz’, Pacca Z’lata, Mmerda Mbiett’, Scagn’la Mmerda, Rosa Lomm’. Altri furono ugualmente bloccati all’ingresso e trattenuti in stato di fermo, per offesa al comune senso del pudore; essi rispondevano ai seguenti nomi: u’ Pesc’, P’sc’lon’, P’sc’licchj’, P’sc’laccon’, Cazzariegghj’, Cazzegghia, Cic’r’ Pesc’, Cicer’ Cann’, Cicigghj’, l’Auc’gghion’, u’ Cul’ Sicch’, u’ Cul’ Stritt’, Chiappa Chiappa e Duj Bà. In seguito si decise di affidare costoro alle cure di Mitt’ Calzon’, u’ Pannacciar’ e Casa Cappiegghj’ affinchè coprissero le loro vergogne. A loro disposizione si misero subito molti volontari come Cauzon’, Pantalon’, Vracon’, P’tt’lon’, Scap’tegghia, Stival’, Mezza Cauzetta, u’ Giacchett’, u’ Giacch’ttar’, Giacchetta Corta, Cammisa Frescka, Sciamm’rchicch’, Cappiegghj’, Cupp’lin’, Cupp’lon’, u’ Capp’gghiar’, u’ Sciarp’ e Cravattin’. Con il loro aiuto gli osceni furono vestiti da capo a piedi e poterono essere ammessi ai votare Vi furono altri piccoli incidenti di minore importanza; nel corso della serata, infatti, ad un tratto, la Corrente si sentì venir meno e serenamente si spense, ma fu subito sostituita da Lucegghia, P’trolij’ e Str’lluc’. Non ci fu altro di grande rilievo e per il resto le operazioni di voto si svolsero con regolaristà fino a sera quando si raggiunge e si superò il 60% dei votanti. Gli elettori affluivano a gruppi, mantenendo comportamenti più o meno corretti. Il gruppo certamente più educato e perbene fu quello composto dagli “Onorevoli Signori”: Caricanò, Zidirò, Zzo-Zzo, Ndò Ndò, Furlò, Chiò Chiò, Vazziò, Parlippò, Pirlingò, Tusciapò, Sckolì, Pongì, Ciommì, Turlì, Z’gh’nì, Frittì, Chich’l’chì, Pescè, Tavè, Stuscè, Perciocchè, u’ Ciattè, u’ Cionna, Gliaglià, Piacciù, Perciù e Cirlippù. Un altro gruppo rispettabile e abbastanza ordinato fu quello comprendente: Pista Pista, Ciamba Ciamba, Vascia Vascia, Toscia Moscia, Nisc’ Nasc’, Luccè Lucè, Lik Lik, Ricca Recca, Risqua Rasqua, Tocqua Tocqua, Quadr’ e Squadr’, Coppa Coppa, Pacchi Pacchi, Tibb’ Tibb’, Suonn’ Suonn’, Muss’ Muss’, e Coj Coj. Si presentò, invece, un altro gruppo molto sgraziato e confusionario, comprendente i signori: Ndr’ccigl’, Abballa Pietr’ Zengar’, u’ Ciamban’, u’ Baggian’, Ninga Nanga, Stingh’, Stingh’ Tis’, u’ Vasc’liegghj’, u’ Scazza Mauriegghj’, Ndrand’la, Ndrangula Nuc’, C’fringul’, u’ Zanza Maglius’, u’ Pamb’llin’, Zomba Antonij, Zomba Cardill’, Per’ r’ Pruma, Ammacca Pan’, Mbaccator’, Pier’ Rolc’, Cecca menat’ Pes’la e Mast’ Cajtan’ Mb’s’mat’. Saltellando, saltellando, sopraggiunsero Vanapent’ e Rospa Ciomba. 18 IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 Volarono, invece, le carte, le schede e i registri al solo apparire dei signori: u’Vient’, la Voria, Punent’, T’mpesta, P’l’vin’ e Fa la Pioggia. Fastidiosa e molesta venne a votare la comitiva comprendente: Tavan’, u’ Prucchj’, u’ Cemm’c’, C’mm’cicchj’, M’schill’, Papp’lon’ e Mast’ Pul’c’. Durante le votazioni funzionava una società privata per indagini demoscopiche formata da: u’ Fis’ch’, u’ Chim’ch’, u’ Strolagh’ e u’ Str’hon’ per le elaborazioni dei primi dati e le prime proiezioni elettorali. Altri gruppi notevoli che vennero a votare furono: Squarcion’, Squarcegghia, Squarciegghj’, Squaquegghia, u’ Quequa e a’ Quaquaregghia. Il gruppo dei Cecchi, ovvero: C’cch’llin’, C’cch’tiegghj’, Cicch’ Vocè, Cicch’ r’ la Mamma, nonché Cicch’ r’ Mast’ Pasqual’ e quelli dei Canio, ossia Canijon’, Canijazz’, Canjmacc’, Cient’ Canij e Canij a nonna. Un gruppo numerico Cingh’, Cinquin’ Cient’ Mis’, Trentoss’, u’ Trentass’, Pasckal’ r’ trentaruj, Pasckal’ r’ trentatrè, Quaranta e Zzer’. Essendosi rifiutati di dare le loro generalità, non furono ammessi ai voti tali Z-d, Z-l e Z-b. Vennero poi Pusc’, Pinusc’, Pisciusc’, Palusc’, Nosc’, M’calosc’, Linardosc’, Nisc’, u’ Chisc’ e Capisc’, Zuzz’, Cazuzz’, u’ Nuzz’, Mariozz’, Faizz’, Ciocia, P’cec’, F’lec’, la Pec’, u’ Mmec’, Crok’, Mast’ Rocch’, Zinnocch’, Sagliocch’, Pac’nciocch’, Maceppa, Chie-Chieppa, Sceppapipp’, Ngella, Rella, Juccella, Santella, Sckinella, Tatill’, Sp’till’, Ciannill’, V’ssill’, Narch’zirl’, u’ Roll’, Ngiulla, Ciaculla, P’ciolla, u’ Zamall’, Cacciabball’, Tateh’, Cilah’, M’s’ddej’, M’cel’, Samuel’, Pachel’, u’ Bboia, u’ Bbaj, u’ Piul’, u’ Maul’, Ianeul’ e Iateula. Vennero famiglie intere come: l’Ang’lon’, l’Ang’legghia, u’ Colac’, a’ Culacegghia, u’ Culaciggh’, u’ Curat’l’, u’ Curat’lon’ u’ Curat’licch’, Ng’l’negghia, Panca, Panch’tiegghj’, Pangh’losc’, Pataccon’, Patacca, Patacchiegghj’, Sciascion’, Sciascia, Sciasciappa, Sciascialicchj’, Sciampagn’, Sciampagnon’, Sciampagniegghj’. Con rispetto fu accolto il gruppo storico, composto da Marcantonij, Silla, Masaniell’, Nap’lion’; all’ultima ora, come al solito, furono condotti ai seggi u’ Malat’, Mo’ Mor’ e u’ Muort’, e cos’ si finì. Fatto lo spoglio e convocato il primo consiglio comunale, si procedette all’insediamento del nuovo Governo Cittadino, che risultò sorretto da un raggruppamento di tutte le forze antimonarchiche e così composto: Alla Giustizia V’lanzon’ Al Tesoro u’ Scialon’ e u’ Scaran’ Alle Finanze u’ Cabb’llota Ai Lavori Pubblici Travagliator’ e, come sottosegretario, u’ Mastron’ Alla Pubblica Istruzione u’ Saput’ All’Industria Fat’hand’ All’Assistenza l’Affamat’ e, come sottosegretario, u’ Patut’ All’Igiene e Sanità Maria Salute con l’aiuto r’ u’ P’lit’ Rapporti con la Santa Sede Papa Sist’ e, sottosegretario, u’ Clerical’ All’Agricoltura Piano Verde e Miet’ Saraogghia Ministro senza portafoglio Mainalira Capo del Governo: l’Ass’ Arruna Tutt’. VALLE PIRAGGINE (contrada Sierri) A te valle Piraggine, culla della mia vita, la tua gradita immagine, mi è sempre assai gradita. Un marmocchio barcollando, mi sembra di vedere Che ogni due passi ruzzola con piacere. Quand’era primavera, raccoglievo le margherite, spuntate lì, sul prato, tremule e fiorite. Sotto ai biancospini, il profumo delle viole Inebriava l’aria, al sorgere del sole! Diventato grandicello, andavo a cacciar rane, e non m’importava niente, se mangiavo solo pane! Il canto degli uccelli e il fragore del torrente Che scorreva li vicino, mi stordivano la mente. Dai tuoi colli boscosi, s’ammira l’altopiano Fin dove terra e cielo, si baciano lontano! Da lì, si vede Calitri e altri paesi ancora, ed è uno spettacolo il chiaror dell’aurora! Laggiù in fondo alla valle, un fiume serpeggiante Scorre tra i canneti e rigogliose piante. Ai bordi del suo letto, passa la ferrovia, e ogni tanto un treno, fischia e fugge via! T’amo valle Piraggine, t’amo e t’ho lasciato Sono andato lontano ma, nel cuore ti ho portato! Nei tuoi argillosi campi, ci siamo rotti le reni Io e la mia famiglia, poveri ma sereni! Roma, 2 gennaio 1998 Michelangelo Armiento Calitri luglio 1973, Rosa Tartaglia (Bagnona), con il nipote Luciano Di Maio, a cavalcioni sull’asino, alla Pila r’ la Fica. 19 IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 MOVIMENTO DEMOGRAFICO Rubrica a cura di Anna Rosania I dati, relativi al periodo dal 17.10.1998 al 5.02.1999, sono stati rilevati presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri. NATI Averga Renata di Mariano e Moschetti Raffaella Rotonda Maria di Franco e Cestone Michela Rosania Patrik di Bruno e Fonzo Giovanna Zabatta Chiara di Pietro e Cerreta Angela Maffucci Antonio di Michele e Di Maio Francesca Russo Mariantonietta di Francesco e Stanco Gaetanina Cialeo Giuseppe di Vincenzo e Immerso Lidia Di Carlo Francesco di Antonio e Cestone Rosa Togua Marika di Antonio e Gallo Mariella Di Maio Valentina di Michele e DI Guglielmo Anna Acocella Miriam di Michele e Di Cairano Antonella Di Maio Michele di Antonio e De Nicola Angela Astone Emanuele di Giosuè e Wegrzyn Ezzbietta Margotta Andrea di Francesco e Maffucci Luciana Leone Michela di Vitoantonio e De Luci Maria 25.09.1998 14.10.1998 26.10.1998 02.11.1998 10.11.1998 14.11.1998 21.11.1998 03.12.1998 20.12.1998 27.12.1998 29.12.1998 12.01.1999 17.01.1999 01.02.1999 05.02.1999 MATRIMONI Del Re Vincenzo e Spito Daniela Di Mattia Martino Antonio e Caputo Maria Di Cairano Francesco e Lamorte Gessica 19.09.1998 24.10.1998 30.12.1998 IL VELO DELLA POPOLANA Sei rimasta sola a portarlo per coprirti il capo ed il viso quando esci di casa al freddo ed alla pioggia unico riparo. lo tieni stretto al petto mentre frettolosa cammini o vieni dalla lontana campagna. D’inverno è il tuo cappotto, hai pudore di quello vero proprio dell’immagine di altre chiamate “signore”. Semplicemente ti rifugi nella custodia di panno, per difendere da sguardi truccati, non protette da cipria ed unguenti le rughe e le labbra aride, e le sofferenze patite. Quando però rientri a casa, alla luce debole del focolare gli occhi tuoi si riscaldano di amore vero che riscatta nella libertà della parola il silenzio dei passi lesti, i tempi vuoti della solitudine d’una terra da riscoprire ad ogni costo, ultima salvezza antica per noi superstiti inappagati sognatori. Aldo Viviano (da Carbone PZ) MORTI Zabatta Mirko Di Maio Incoronata Di Cairano Maria Concetta De Nicola Pasquale Giarla Maria Cestone Celestina Incoronata Bifronte Vincenzo Maffucci Antonio Cestone Giuseppe Sperduto Giuseppe Vincenzo Maffucci Franceschina Acocella Giuseppe Nicola Rinaldi Giovanna Zabatta Rosa Codella Michele Di Cecca Maria Luigia Di Maio Francesca Tancredi Maria Di Guglielmo Lucia Metallo Antonio Buldo Maria Vittoria Don Vincenzo Cubelli Vodola Elena 01.09.1998 - 08.09.1998 19.12.1924 - 05.10.1998 09.06.1910 - 11.10.1998 20.03.1931 - 16.10.1998 02.01.1907 - 19.10.1998 19.05.1926 - 13.11.1998 18.01.1924 - 19.11.1998 14.11.1915 - 27.11.1998 19.03.1934 - 28.11.1998 13.05.1906 - 04.12.1998 07.06.1928 - 14.12.1998 02.01.1920 - 16.12.1998 15.11.1924 - 21.12.1998 15.05.1911 - 30.12.1998 28.02.1915 - 30.12.1998 17.02.1931 - 11.01.1999 19.08.1913 - 12.01.1999 05.10.1905 - 12.01.1999 19.05.1912 - 20.01.1999 04.02.1916 - 22.01.1999 29.09.1929 - 28.01.1999 28.08.1921 - 30.01.1999 25.08.1933 - 09.01.1999 20 Calitri 1903, Margotta Mariantonia nata a Calitri 14.01.1881, sposata con Bongo Luigi il 12.08.1901, con il suo primo figlio Pasquale nato il 09.06.1902 in una foto del rinomato studio fotografico Angelomaria Leone del 1903. La famiglia Margotta, soprannominata “stingh’” abitava a lu sierr’ nei pressi del palazzo Vitamore, e il signor Bongo per la prossima estate che verrà a Calitri, vorrebbe poter incontrare qualche parente. IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 SOLIDARIETÀ COL GIORNALE Maria (Cambiano) – Cubelli Vito (Foggia) – Paoletta Erminio (Portici) – Panico Fiorentino e Teresa (Pomigliano D’Arco). 25.000: Scarano Anita (Lucrezia) – Pivano Federico (Firenze) – Cerreta Orazio (Caselle T.se) – Di Maio Giacinta (Cogliate) – Maffucci Angelo M. (Lissone) – Abate Gaetano (Salerno) – Scoca Antonio (Trento) – Abate Giuseppe Nicola (Avellino) – Mons. Salvatore Siani (Contursi Terme). 30.000: Nicolais Elena (Roma) – Don Michele Di Milia (Senerchia) – Nicolais Giovanni (Firenze) – Buldo Cesare Giovanni (Varese) – Di Cosmo Vincenzo (Poggibonsi) – Russo Giuseppina (Trento) – Maffucci Canio (Bresso) – Padre Francesco Cubelli O.P.(Pistoia) – Maffucci Giuseppe (Milano) – Della Badia Angelo (Napoli) – Sena Gerardo (Bisaccia) – Mazziotti Grazia (Tione) – Fierravanti Vito (Lavena Ponte Tresa) – Miele Cesare (Mariano C.se) – De Rosa Attilio (Treviso) – Don Valentino Di Napoli (Castelfranci) – Zampino Raffaele (Battipaglia) – Paradiso Gaetano (Lioni) – Zarrilli Maria (Poggio a Caiano) – Cianci Michelina ved. Maffucci (Pisa) – Zarrilli Maria (Poggio a Caiano) – Pasqualicchio Luigi (Figino Serenza) – Sagliocco Franco (Nichelino) – Di Carlo maresciallo Canio (Avellino) – Metallo Giovanni (Pontasserchio) – Di Milia Angela Marino (Nova Milanese) – Pastore Umberto (Verona) – Codella Vito (Cremona) – Mollica Antonio (Novara). 40.000: De Nicola Vincenzo (Pavia). 50.000: De Nicola Michele (Bologna) – Messina Giuseppe (Roma) – Giannini Mario (Firenze) – Di Milia Antonietta (Milano) – Centro Residenziale Studi Pugliesi (Siponto) – Mobilio Domenico (Firenze) – Gori Stefano (Firenze) – Margotta Mario e Nicolais Dina e Vincenzo (S. Donato M.se) – don Lorenzo Sena (Fabriano) – Codella Vitantonio (Castel S. Niccolo’) – Di Napoli Francesco (Biella) – Losasso Rocco (Avellino) – Nicolais Maria (Latina) – Di Maio maresciallo Antonio (Revello) – Battaglia Domenico (Firenze) – Acocella Armando e Zarrilli Angela (Limidi Soliera) – Di Maio Gaetano (Trento) – Lampariello Franchino (Garbagnate M.se) – Cianci Michele (Firenze) – Zazzarino Vincenzo (Mercogliano) – Lampariello Maria (Solofra) – Fastiggi Vito (Avellino) – Del Donno Manfredi (S. Croce sul Sannio) – Chirico Ettore e Di Milia Angela (Teora) – Galgano Vincenzo (Riccione) – Di Cairano Giuseppe (Milano) – Zabatta Michele (S. Giorgio a Cremano) – Rabasca Angelomaria (Cervinara) – Di Maio Michele Arcangelo (Napoli) – Cerrata Anna Maria in Rizzi (Foggia) – Di Napoli Donato (Napoli) – Fierravanti Canio (Castiglione D/S) – Spatola Saverio (Brescia) – Trofa A. Enrico (Avellino) – Sacchitella Caterina (Siena) – Della Badia Donato (Gallarate) – Vettori Antimo (Masiano) – Gallucci Vincenzina (Napoli). 100.000: Nannariello Vincenzo (Piacenza) – Montagnani Roberto (Panzano) – P. Rosario Messina (Casoria). DA CALITRI 10.000: Di Napoli Luigi – Codella Giuseppe – De Nicola Giovanni. 15.000: Gallucci Vincenzo – Gautieri Canio – Di Maio Giuseppe, Fontana del Noce – Buldo Cesare – Di Tolve Rino – Cicoira Franco – Cialeo Francesco, via Pittoli 21. 20.000: Delli Liuni Maria Carmela – Bozza Vincenzo – Maffucci M. Filomena – Lucietta Fastiggi ved. Stanco – Mauro Giuseppe – Leone Angelo, New Bar – Lungaro Canio – Germano Michele – Maffucci Maria – Cianci Mariantonia – Galgano Michele – Martiniello Canio – Contino Vito Antonio – Di Napoli Canio, via A.Cerrata – De Luca Maria, via Pittoli 131 – Lampariello Serafina – Maffucci Di Maio Benedetta – Galgano Domenico, via Gesualdo 8 – Cubelli Alfonso – Nigro Vito – Cerreta Mariannina – Fasano Giovanni. 25.000: Nicolais Cristina ved. Acocella. 30.000: Galgano Giuseppe – Di Napoli Canio – Galgano Francesco – Di Cairano Mario Angelo – Di Napoli Angelomaria – Di Roma Giuseppe – Scoca Canio, via Sotto Macello – Suore di Gesù Redentore – Di Maio Enzo. 50.000: Borea Esterina - Ricciardi Vitale – Fierravanti Michelina e Zarrilli Vittorio – Galgano Rosa e Umberto – Maffucci Lucia vedova Margotta – Di Napoli Pasquale Salvatore – Cerreta Angelomaria – Di Cecca Giuseppe. 100.000: Zampaglione Antonio. DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE 10.000: Gautieri Giuseppe (Bologna) – Di Cosmo Michele (Poggibonsi) – Briuolo Luigi (Alessandria) – Zarrilli Luigi (Poggibonsi) – Di Roma Mario (Mariano C.se) – Pollina Angelo (Poggibonsi) – Pastore Maria (Fornaci di Barga) – Galgano Canio (Cantù) – Di Napoli Antonio (Rho) – Di Maio Antonio (S. Bernardino) – Cecere Marco (Firenze) – Associazione culturale “ProLicusati” (Licusati) – Di Cosmo Egidio (Ostra). 15.000: Cicoira Lidia (Napoli) – Margotta Di Milia Teodora (Poggibonsi) – Gabellini Lorenzo (Firenze) – Maffucci Mario (Lari) – Di Muro Pasquale (Rignano sull’Arno) – Fastiggi Vittorio (Mariano C.se) – De Felice Michele (Avellino) – Vallario Lorenzo (Milano). 20.000: Margotta Angelo (Collemarino) – Malanca Canio (Copreno Lentate) – Polestra Pasqualino (Milano) – Di Napoli Mario (Bollate) – Gautieri Alfonso (Cadorago) – Di Maio Franca Maria (Milano) – Gautieri Canio (Mariano C.se) - Bozza Canio (Robecco sul Naviglio) – Zabatta Salvatore (Milano) – Maffucci Tonino (Lentate S.S.) – Di Fronzo Pasquale (Mirabella Eclano) – Di Napoli Vincenzo (Bologna) – Leone Antonio (Poggibonsi) – Di Cosmo Canio (Ancona) – Cerreta Michele (Carrara) – Nicolais Antonio (Lavaiano) – Gallo Vito (Pontedera) – Nargi Livio (Castelvetere sul Calore) – Ricciardi Berardino (Torino) – Gautieri Vito (Moncalieri) – Di Cairano Teresa (Torino) – Di Napoli Antonio (Rho) – Miele Pietrangelo (Bollate) – Scoca Francesca (Ponte Tresa) – Gallucci M. Filomena ved. Di Napoli (Acqui Terme) – Gautieri Vito (Acqui Terme) – Metallo Giuseppe (Bagnoli) – Codella Vincenzo (Scandiano) – Di Carlo Attilio (Cordenons) – Palermo Antonio (Arosio) – Gallicchio Mario (Milano) – Di Cairano Domenico (S. Mauro T.se) – Capossela Giuseppe (Genova Pontex) – Cubelli Michele (Bologna) – Leone Giuseppe (Misinto) – Codella Berardino (Lentate) – Gautieri Giuseppe (Moncalieri) – Zabatta Pietro (Lentate S/S) – Zabatta Mario (Cantù) – Cantarella Maria (Genova) – Cianci Michele (Briosco) – Santeusanio Giuseppe (Livorno) – Sansone Giacinta (Torino) – Gervasi Gerardo (Olgiate Comasco) – Codella Filomena (Avellino) – Di Carlo DALL’ESTERO BELGIO: Simone Michele L. 35.000 CANADA: Lampariello Michele L. 100.000 – Lampariello Pietro L. 100.000 GERMANIA: Koschmieder Giuseppina e Klaus L. 100.000 INGHILTERRA: Galgano Vincenzo L. 50.000. SVIZZERA: Di Milia Giuseppe L. 20.000 – Cestone Giuseppe L. 25.000. U.S.A.: Pavese Angelina $ 25 – Acocella Mario $ 50 – Russo Vincenzo $ 50 – Ricciardi Frank $25 URUGUAY: Lampariello Vito L. 30.000. Chiediamo scusa e comprensione per qualsiasi involontaria omissione 21 IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 R E Q U I E S C A N T Bernardino Fastiggi Calitri USA 13.06.1933 - † 04.01.1990 Gaetano Fastiggi Calitri USA 29.04.1930 - † 27.01.1977 “I giusti vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il Signore”. I parenti tutti. Riempi il vuoto che hai lasciato fra di noi guidando dal cielo i nostri passi. I familiari. I N P A C E Michele Cianci 12.04.1933 - † 26.01.1998 Dopo un’intera vita dedicata alla famiglia e al lavoro presso il Consorzio Agrario che era diventato una seconda ragione di vita, nel primo anniversario della sua prematura scomparsa, lo ricordano con immutato amore la moglie Lucia e i figli Rosa e Leonardo. Vincenzo Margotta 22.04.1927 - † 24.07.1998 Canio Cestone 01.09.1908 - † 07.02.1989 Tu che tanto ci amasti in vita, veglia su di noi e guidaci perché possiamo sempre percorrere come te la giusta via della rettitudine e della bontà. I tuoi cari. Maria Gerarda Cestone 02.06.1911 - † 27.02.1998 Zi Canij r’ Panch’losc’ e zia Ndina r’ M’calon’ I figli, il genero, le nuore, i nipoti e i parenti tutti li ricordano con tanto affetto. Gaetano Trofa Accadia Calitri 23.07.1871 - † 08.02.1944 Beniamino Nicolais 25.07.1923 - † 12.01.1997 Coniugato a Calitri con Maria Michela Papa il 20.12.1894, tutti i nipoti e pronipoti lo ricordano con tanto affetto. Con immutato dolore e affetto i tuoi cari ti ricordano. Domenico Maffucci Calitri Pisa 08.07.1914 - † 15.03.1998 È tornato al Padre fra il compianto dei familiari, degli amici e di quanti lo conobbero. A DONATO DI NAPOLI Nel primo anniversario della sua scomparsa. Antonio Sena 15.08.1938 - † 09.05.1996 A tre anni della scomparsa i tuoi familiari ti ricordano con lo stesso affetto di sempre. Lucia Cerreta Vedova Corazzelli 28.01.1911 - † 14.01.1998 “Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Padre”. I parenti tutti. Calitri 30 aprile 1997 le nozze d’oro di Lucia Maffucci e Vincenzo Margotta. 22 Come il finale di un film Triste, ti sei addormentato, in silenzio, la candela corrugata dall’ultima fiamma, sul davanzale; il soffiar del vento a spargere gocce di pianto oltre l’Immacolata, giù, per il crinale; soffuso coro di voci in anfratti di vallata. Musiche scolpite In note di vita, dentro “l’azzurrar” di tuo petto i nostri ricordi, vivi, di eterni adulti-bambini. Illusioni amare e dolci… De Sica, Charlot, Fellini… In primavere d’aria fine, a sognar “scrigni di perle” nel tuo… “Rossini”. Ciao e non addio, DONATO con te, “PROSSIMAMENTE”: “In Ciel, fra…”. Grazie ancora, Donato. Ettore Cicoira IL CALITRANO N. 10 n. s. - Gennaio-Aprile 1999 L’ARTE SACRA IN ALTA IRPINIA di Pasquale di Fronzo - Ed. Grappone, Mercogliano, 1998 - 4 voll. LA NOSTRA BIBLIOTECA onosciamo ed ammiriamo da molti anni don Pasquale Di CFronzo, anzitutto per la forte passione sacerdotale, nonché per le sue doti di storico e ricercatore locale, per le sue iniziative, per i suoi numerosi scritti ed eravamo più che sicuri che gli “otia” nella nativa Mirabella avrebbero dato i loro frutti e quali pregevoli frutti troviamo in questi primi quattro volumi su L’Arte Sacra in Alta Irpinia! Anzitutto il titolo è riduttivo perché la caparba e competente tenacia del Nostro ha investigato il vasto entroterra della provincia di Avellino che comprende il territorio Arianese, la valle del Calore, la valle dell’Ufita, la Baronia, la montagnosa Alta Irpinia, nonché l’area di Nusco e di Montella; territorio per secoli abbandonato al suo duro destino fatto di calamità atmosferiche, terremoti, usura del tempo, furti, vandalismo, incendi, alienazioni, incuria per ignoranza della preziosità delle opere. Finalmente, ringraziando Pasquale Di Fronzo che con umiltà e vocazione ha cercato, con passione – fra dimenticanza ed indifferenza – di ridare alla nostra terra e alle nostre genti il valore della sua cultura, possiamo vantare di avere un’opera di inestimabile valore che ci permette di scoprire un mondo che pure era alla nostra portata, ma di cui ignoravamo finora il valore. Una vera e propria enciclopedia d’arte dove si parla di tutto, dalle tele agli stucchi, dagli organi alle croci monumentali, dai secchielli dell’acqua santa ai sarcofagi, dalle maioliche alle statue, dalle edicole votive alle statue e così via, con un paziente, appassionato, interessante viaggio alla scoperta di tesori di opere d’arte sconosciute o dimenticate. A Pasquale Di Fronzo, al suo certosino, robusto lavoro di ricercatore attento, scrupoloso, puntuale e competente, va la riconoscenza di tutti noi. GENTE VESUVIANA romanzo di Gian Paolo Tozzoli L’Autore Libri, Firenze 1999 è una Napoli malata che scorre nel sangue di chi la abita, C’una città fatta di compromessi, di tradizioni da rispettare e temere oltre la ragione; c’è una legge dell’onore cui non si può venire meno; ci sono catene ideali che raramente possono essere spezzate. Un fermento, un ribollire sotterraneo che spesso cerca la via di uscire, che ricorda molto da vicino il caro Vesuvio. Un grande romanzo in cui la penna tagliente dell’Autore tratteggia le inquietudini, i drammi, le passioni della “gente vesuviana”. Gian Paolo Tozzoli, per chi non lo conosce, è stato diplomatico di carriera, ambasciatore a Tirana, Malta, Praga. Vive a Roma, ha pubblicato opere di narrativa, sillogi, saggi, romanzi. CASTELVETERE SUL CALORE di Livio Nargi, Presentazione di Francesco Fusco - Ed. Grappone, Mercogliano. l telaio ronzante del tempo tesse la tunica viva” scrisse il “A Goethe: le lontananze arcane, anelito vibratile di storia alla ricerca di luce, prorompono dai documenti longobardi, normanni, svevi, angioini, del declinare del Medioevo all’Età Moderna e a quella Contemporanea opportunamente riportati. La cronotassi dei “Castri veteris comites” palesa autorevoli parentali col fascinoso, abile diplomatico Sergianni Caracciolo pugnalato dai sicari di Alfonso d’Aragona e Sveva della stessa stirpe per confluire nell’infeudamento dei De Beaumont, che dominarono fino al crepuscolo della feudalità decretata con legge del 2 agosto 1806 di Giuseppe Bonaparte. I “foci” o “focularia” riportati evidenziano incrementi e cali correlati a calamità naturali: i terremoti, le carestie, gli eventi bellici, la peste, che infierì nel Regno di Napoli nel 1656; essa frantumò labili resistenze umane perché la medicina empirica del tempo non disponeva di mezzi adeguati per debellare il flagello, negli atti definito “il contagio” e il colera. Agili biografie presentano gli uomini celebri: il domenicano Raffaello Maffei autore del “De vera et legitime Urbani VI electione”; mons. De Matteis, Gennaro De Matteis compositore, poeta e politico, Elena Discepolo Gall docente universitaria, il sacerdote Calabrese, Don Palermo e Padre Bimonte oratori sacri e scrittori, il pio barone De Beaumont, i sacerdoti Mele saggisti e pubblicisti, il reverendo Nargi professore ginnasiale e poeta di “profetico spirito dotato”, e così via. Come tutti i paesi irpini e le città del regno delle Due Sicilie, Castelvetere fu sede di “Vendita” carbonara che vide fra i suoi affiliati l’intellighenzia paesana. Il più alto indice di arte si ammira nelle chiese e su esse si sofferma il Nargi esplorandone le radici lontane e trascrivendo le epigrafi. Degna di lode è l’iniziativa di Livio Nargi di aver coinvolto nella esaltazione della Vergine e per la datazione dell’icona Piero Bargellini letterato, critico d’arte e agiografo; La Pira, fervente cattolico, romanista e politico; il poeta padre David Maria Turoldo; il cardinale Palazzini e tanti altri. Le Congregazioni laicali, le campane, le edicole sacre di tutto il Nargi ci narra per condurci con mano dotta alla conoscenza di Castelvetere che deve certamente moltissimo a questo suo umile figlio. (dalla presentazione di Francesco Fusco) LA CHIESA DI S. MARIA DEI VERGINI di Emilio Ricciardi – Tip. Galluccio, Napoli, 1998 l 1998 è stato il quarto centenario della fondazione della parroc- Ichia di S. Maria dei Vergini, istituita nel 1598 dall’arcivescovo cardinale Alfonso Gesualdo (nato a Calitri il 20 ottobre 1540) ed anche il trentesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale del parroco don Michele Del Prete che per celebrare degnamente le due ricorrenze ha commissionato il presente studio, teso a ricostruire la storia della parrocchia, che sorge nel quartiere dei Vergini, uno dei luoghi napoletani più ricchi di storia e di arte. Infatti, quando si parla del quartiere dei Vergini, il pensiero corre immediatamente ai suoi monumenti più celebri, legati ai nomi di famosi artisti, come il grande monastero domenicano della Sanità, capolavoro di fra’ Nuvolo; la chiesa dei Padri della Missione, disegnata da Luigi Vanvitelli; la cappella di S. Maria Succurre Miseris, rifatta dal genio di Ferdinando Sanfelice. Inoltre nella chiesa dei Vergini si conserva il fonte battesimale nel quale furono battezzati due illustri napoletani: l’insigne architetto Ferdinando Sanfelice e S. Alfonso Maria de’ Liguori che fu presentato al fonte il 29 settembre 1696 nonché il ricordo dell’inatteso onore di una visita papale da parte di Pio IX esule da Roma che il 21 novembre 1849 si recò nella parrocchia dei Vergini. Un ottimo lavoro che diviso in sei capitoli, vivace nella fluidità dello stile, enuclea in una sintesi armoniosa e scorrevole la storia completa della parrocchia dalle sue origini fino ai tempi nostri, con tutte le tappe più significative, con un panorama completo delle testimonianze scritte documentarie. 23 In caso di mancato recapito si prega rispedire al mittente che si impegna ad accollarsi le spese postali. Calitri 1928/29 in occasione della visita di Francesco Ricciardi da Dobbs Ferry, da sinistra in piedi: Berardino Ricciardi (11.11.1914) – Francesco Ricciardi (05.08.1913) – Filomena Ricciardi Cioffari (18.02.1919) – Vitale Ricciardi (30.08.1909) – Lucia Armiento Ricciardi, seconda moglie di Giovanni, (giugno 1889 – 19.06.1970) – Giovanni Ricciardi (16.05.1876 – 25.04.1946) – Gaetana Metallo De Carlo (1892 - 1980) figlia di Maddalena Ricciardi Metallo (01.07.1863 - 15.11.1892); seduti: Maria Michela Ricciardi Fastiggi (22.10.1858 - 22.03.1942) – Francesco Ricciardi (19.12.1866 - 18.09.1929) – Angelarosa Ricciardi Abate (22.09.1869 - ottobre 1960) – la piccola Giacinta Ricciardi Sansone (25.05.1924). (Per gentile concessione del signor Frank Ricciardi da Dobbs Ferry U.S.A.).