INFORMARSI e COMUNICARE Al tempo del WEB e della TV

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INFORMARSI e COMUNICARE Al tempo del WEB e della TV
INFORMARSI e COMUNICARE
Al tempo del WEB e della TV
Relazione introduttiva
Patrizia Mattioli
LA CITTÀ CHE APPRENDE
VI EDIZIONE
GENOVA - PALAZZO DUCALE
26- 27 SETTEMBRE 2012
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Informarsi e comunicare al tempo del Web e della TV
Relazione introduttiva di Patrizia Mattioli
26-27 settembre 2012
Genova - Palazzo Ducale
1 - Perché ragionare di informazione e di comunicazione
Siamo giunti con questa iniziativa alla VI edizione della “Città che apprende”,
appuntamento di riflessione culturale, che Auser organizza ogni due anni con
l’obiettivo di affrontare i grandi temi relativi all’evoluzione della nostra società,
che incidono sui diritti delle persone, sulle libertà, sull’inclusione sociale, sul
benessere e sugli stili di vita.
Negli
appuntamenti
precedenti
abbiamo
affrontato
temi
quali
l’apprendimento in ogni fase della vita, i valori della Costituzione repubblicana,
l’immigrazione, il dialogo interculturale, e infine, nel 2010, a Venezia abbiamo
affrontato il tema degli stili di vita per uno sviluppo sostenibile. Questi
appuntamenti sono stati preceduti e seguiti da iniziative locali e interregionali
che hanno dato operatività alla riflessione culturale per una società più giusta,
vivibile e solidale.
Un filo rosso sottende tutti questi temi, ed è la concezione di “beni
comuni”, beni cioè che costituiscono risorse indispensabili per lo sviluppo
umano e che quindi debbono essere accessibili a tutti i cittadini, a tutela di
questa e soprattutto delle future generazioni. La concezione di beni comuni,
nata per i beni materiali – come l’aria, l’acqua, le risorse naturali – è sempre
più orientata a comprendere anche i beni immateriali, caratteristici della
“società della conoscenza”, come, nel nostro caso, la comunicazione e in senso
lato il sapere.
Il genere umano e la comunicazione sono un binomio inscindibile. Il
diritto a comunicare – prima ancora che ad essere informati - è condizione di
ogni altro diritto umano. Per questo, condividiamo senza riserve la proposta
formulata dal prof. Stefano Rodotà, insieme alla rivista Wired, che prevede di
inserire il diritto di accesso alla Rete nella Costituzione, come diritto
individuale, in quanto – afferma Rodotà – “l’apertura verso un diritto a
internet rafforza il principio di neutralità della Rete e la considerazione della
conoscenza in Rete come bene comune, al quale deve essere garantito
l’accesso. Per questo è necessario affermare una responsabilità pubblica nel
garantire quella che ormai deve essere considerata una precondizione della
cittadinanza, dunque della stessa democrazia”.
In questi ultimi anni, le nuove tecnologie e in particolare lo sviluppo di
internet hanno profondamente modificato, insieme al sistema dei media, anche
aspetti importanti della nostra quotidianità: l’accesso ai servizi pubblici e
privati, il modo di viaggiare e di lavorare, la scuola e la formazione e persino il
rapporto con figli e nipoti, sempre più immersi in smartphone e tablet. E
cambiano anche le modalità di partecipazione alla vita democratica e la qualità
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della democrazia stessa, di cui la comunicazione costituisce al tempo stesso
origine e condizione.
Grazie a TV, internet, radio, giornali che ci accompagnano, nel bene e nel
male, per molte ore nella vita di tutti i giorni, siamo sommersi da informazioni,
messaggi, trilli e pubblicità di tutti i generi, sempre eccessivi nella quantità e
troppo spesso carenti di qualità.
Quanto e a quali condizioni tutto questo ci aiuta a comprendere davvero
cosa accade intorno a noi e nel mondo? Quali effetti può avere su valori come
pace, legalità, solidarietà, democrazia? Come orientarci nel frastuono
generale?
2 - Obiettivi di questo convegno.
E’ importante cercare di comprendere il mondo che ci circonda, per vivere
meglio e per svolgere più consapevolmente il nostro ruolo di cittadini. Ed è
ancor più importante in questo lungo periodo di crisi che stiamo vivendo, in cui
la globalizzazione della comunicazione si è intrecciata con la finanziarizzazione
dell’economia, facilitando scambi intensi e flussi di informazioni, che hanno
inciso profondamente sugli equilibri mondiali e sugli assetti sociali, culturali e
produttivi a tutti i livelli.
Crisi economica, sociale e politica ed anche culturale e di valori. Le
società occidentali stanno progressivamente perdendo i punti tradizionali di
riferimento che hanno guidato i decenni passati, senza che ancora ne sorgano
di nuovi. L’illegalità diffusa di comportamenti pubblici e privati, nella quale,
come ha denunciato recentemente anche la Corte dei Conti, cresce il ruolo
della criminalità organizzata, sta aumentando la sfiducia dei cittadini. In un
contesto sociale in cui i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più
poveri, sono ormai in discussione, a tutti i livelli, da quello europeo a quello
locale, le istituzioni e la loro capacità di rappresentare e difendere i diritti dei
cittadini, il ruolo sociale e costituzionale dei partiti, la loro integrità.
Attraverso i media, ci giunge l’immagine del mondo intorno a noi.
Comunicare, quindi, è la condizione per poter comprendere e farci
comprendere. Naturalmente, trattandosi di un tema molto complesso e dai
tanti profili, cercheremo di affrontarlo mettendo in luce soprattutto gli aspetti
che a noi più interessano, quelli che riguardano le relazioni interpersonali,
l’inclusione sociale, la qualità della vita e la partecipazione alla vita democratica
del paese
Come Auser, non partiamo da zero, nel territorio abbiamo realizzato negli
ultimi anni molte e positive iniziative culturali e soprattutto importanti
esperienze di alfabetizzazione digitale.
Tuttavia, quel che finora è mancato e che ci proponiamo di costruire a
partire da questo convegno è una riflessione più generale, nella quale inserire
queste iniziative, un quadro culturale di riferimento che ci aiuti a comprendere
il nuovo, offrendo spunti di riflessione e linee di orientamento per entrare nel
cambiamento prima che esso diventi tale da farci vivere in una società
improvvisamente meno conosciuta e meno amica.
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Riteniamo i temi di cui discutiamo oggi di grande importanza. Siamo in
una fase di transizione, dalla quale può nascere una società più informata e
partecipata oppure più ignorante e meno libera. Come Auser, vogliamo dare il
nostro contributo in questa difficile battaglia, attraverso le iniziative delle
nostre strutture, delle Università popolari e dei Circoli culturali.
Auser infatti è punto di riferimento e di indirizzo di un’ampia rete nazionale
composta da cui 83 università popolari e oltre 420 circoli culturali affiliati, alle
cui attività partecipano stabilmente oltre 100.000 soci. Molte di tali
Associazioni – come risulta dall’indagine dell’Osservatorio nazionale, coordinato
dal prof. Montemurro - si sono evolute, trasformandosi da centri di formazione
orientati agli anziani in strutture polifunzionali e integrate nel territorio, capaci
di attrarre fasce d’utenza di diversa età e livello culturale.
3 - Rivoluzione digitale e cambiamenti sociali politici e umani
Internet non è il web. Il web è l’immensità dei contenuti che circolano sulla
rete internet, tutte le conoscenze accessibili, un immenso patrimonio di sapere
(scritti, video, immagini, musica) che per la prima volta nella storia è a
disposizione di chiunque voglia accedervi. Internet è una rete di collegamento
globale, o meglio una rete di reti (dall’inglese inter-net) che è sempre più un
elemento strutturale della società, un fattore di profondo cambiamento che non
si limita ad aggiungersi a quel che c’è, ma lo sostituisce in modo irreversibile.
Con la rivoluzione digitale il nostro universo non è semplicemente la
riformulazione in un linguaggio nuovo della realtà preesistente, ma è la
creazione di una diversa realtà che sta progressivamente modificando la nostra
quotidianità. Gli esperti ci dicono che entro 5-10 anni le tecnologie digitali
cambieranno ancor più profondamente tutta la società.
La presenza capillare della rete nella società, a tutti i livelli, è già una realtà.
Non c’è ente o azienda che non la utilizzi per produrre e per commercializzare il
prodotto, servizio pubblico o privato che non la utilizzi per contattare l’utente,
non c’è sistema di informazione o ricerca scientifica che non utilizzi Google,
Facebook, Twitter , You Tube.
Oggi con internet si telefona, si accede alle banche, ai servizi della P.A., a
quelli delle poste, si prenotano alberghi o viaggi in qualunque parte del mondo,
si controlla il traffico aereo, si monitora l’ambiente e così via.
In ogni momento della giornata possiamo avere con noi i nostri film preferiti,
i libri che vogliamo leggere, la musica preferita, le foto, i giornali, le televisioni,
gli appunti i contatti con amici e colleghi, e l’accesso al sapere del web, il tutto
in un tablet del peso di qualche etto. Si apre una nuova era, nella quale prende
forma un mondo nuovo, nel quale dovremo abituarci a vivere.
Il digitale può rendere più veloce e meno faticosa la quotidianità per tutti e,
in particolare, per gli anziani: non più lunghe file in banca o alle poste o agli
sportelli delle pubbliche amministrazioni, ma richieste e risposte dal nostro
computer. Le case possono divenire, attraverso la domotica, più comode e
sicure, case “intelligenti” nelle quali gli elettrodomestici, ad es., rispondono al
semplice tocco della mano, segnalano quando occorre rinnovare le scorte. Sul
fronte sanitario, sono molte le novità utili, e molte sono allo studio, come
magliette con sensori, che possono fare il check up e mettere in collegamento
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con i familiari, oppure nuove tecnologie per facilitare la mobilità delle persone
in tutto o in parte non autosufficienti.
Cambiano gli stili di vita, si moltiplicano i canali per scambiare informazioni e
per creare nuove relazioni, umane e sociali. Facebook e Twitter - tra i social
network più cliccati - hanno collegato milioni di persone, che si scambiano
messaggi e osservazioni, descrivono la quotidianità, contribuiscono a scoprire
fatti nuovi, denunciano imprecisioni e manipolazioni presenti sui media
tradizionali.
Cambia il modo di comunicare della politica e delle stesse istituzioni, che
sembrerebbero in parte aprirsi ad una maggiore informazione sul web e ad una
qualche forma di partecipazione dei cittadini, invitati a dare suggerimenti e
pareri nella fase istruttoria delle decisioni.
Il futuro è sempre più internet. In questa direzione si sta muovendo l’Unione
Europea, in questa direzione si sta muovendo anche in Italia il Governo Monti,
con l’approvazione dell’Agenda Digitale - che prevede il potenziamento
progressivo della velocità digitale e la digitalizzazione di molti servizi della P.A.,
dalle scuole ai tribunali e agli ospedali - nonché con la recente proposta di
pagamenti elettronici per il commercio, importante anche per combattere
l’attuale insostenibile evasione fiscale.
Internet cambia anche il cervello umano ed i suoi neuroni? Le più
recenti indagini sembrano affermare di si. Internet scompiglia i meccanismi
profondi e ancora in larga parte sconosciuti del cervello, che si sono forgiati in
secoli di lettura di testi scritti in formato lineare. Il cervello è plastico, versatile,
ricco di miliardi di neuroni, e si adatta a cogliere l’informazione così come è
data.
Oggi chi legge e pensa usando internet salta da una parte all’altra, naviga in
orizzontale, il suo scopo è soprattutto la rapidità più che l’approfondimento,
spesso fa più cose insieme: legge, stampa, consulta altri testi (multitasking).
Pertanto, in positivo, le indagini rilevano un maggiore sviluppo delle capacità di
ricerca, di apprendimento non lineare, di collegamento tra temi e aree
disciplinari diverse, mentre, in negativo, rilevano una maggiore difficoltà di
concentrazione, di approfondimento e di memoria. Al punto che, in un libro
recente il sociologo Fabrizio Tonello parla di “paradosso del web: più informati
e meno istruiti”.
Il cambiamento riguarda tutti quelli che utilizzano abitualmente internet.
Anche la mente adulta è molto plastica – affermano i neurologi – i neuroni
sono in grado di rompere le vecchie connessioni e di forgiarne di nuove. Ma il
fenomeno di adattamento naturalmente tanto più è forte quanto più è precoce.
I cd. nativi digitali, cioè i ragazzi nati dopo il 1996 - anno in cui entrò in
funzione Netscape Navigator, seguito dopo poco da Internet Explorer – sono
cresciuti in un mondo di chat, videogiochi e sms. Una recente ricerca francese,
diretta dalla dott.ssa Noemi Paymal, che ha indagato il fenomeno dei nativi
digitali in 33 paesi del mondo, afferma che il loro sistema nervoso si è
modificato: sono più creativi, più veloci nei movimenti, capaci di gestire
contemporaneamente più attività diverse. Hanno sviluppato intelligenze
potenziali sovrapponibili: linguistica, logico matematica, visivo-spaziale,
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interpersonale, musicale, ma anche più intelligenza emozionale, empatìa e
tendenza a resistere all’autorità e a disobbedire agli ordini. Al punto che alcuni
scienziati parlano di “cambiamento di stato delle funzioni psichiche”.
Cambiamento che richiederà profonde innovazioni nella scuola e nei suoi
metodi di insegnamento.
E’ bene? E’ male? Il dibattito è aperto. Comunque, il futuro va in questa
direzione con grande determinazione e rapidità.
Gli adulti di oggi, i nostri figli, non sono stati veri nativi digitali, sono una
generazione di transizione, ma i nostri nipoti, di oggi e di domani, si. Se
vogliamo davvero restare in sintonia e dialogare con loro è importante entrare
almeno un po’ nel loro mondo, per far sentire anche la nostra voce, evitando
che una rivoluzione così accelerata possa tra breve far parlare linguaggi troppo
diversi nella stessa famiglia e tra più generazioni.
4 - Rivoluzioni tecnologiche e cambiamenti sociali nella
storia dell’umanità
Nella storia dell’umanità l’intreccio tra rivoluzioni tecnologiche e
cambiamenti sociali si può considerare la regola. Infatti, i grandi cambiamenti
tecnologici non sarebbero in grado di realizzarsi e di svilupparsi se non vi
fossero condizioni culturali, economiche e politiche adeguate e coerenti, che a
loro volta ne risultano poi positivamente influenzate, divenendo motori di
ulteriori cambiamenti.
Così è avvenuto ad es. per la scrittura, la più importante innovazione
dell’umanità che risale alla metà del quarto millennio A.C. nell’area
mesopotanica, che viene considerata un fattore di evoluzione della stessa
mente umana, in quanto ha favorito l’astrazione del processo cognitivo, da cui
nel tempo sono scaturite la filosofia e poi le scienze. La nascita dell’alfabeto,
inoltre, ha favorito le economie di scambio e le stesse leggi delle comunità
locali.
L’era della stampa, inventata da Gutenberg nella metà del 1400 dopo
Cristo (quanti millenni dopo!) viene considerata da molti studiosi, tra cui il
sociologo McLuhan, come l’era da cui inizia la modernità, in quanto ha
consentito di fissare il testo e di moltiplicarne esemplari identici, che potevano
essere letti, diffusi e commentati da molte persone, stimolando l’attività critica
e intellettuale e diffondendo il sapere nei ceti emergenti.
La nascita dei giornali nel 1700 amplificò la diffusione del sapere e delle
informazioni, favorendo la progressiva affermazione del concetto di “opinione
pubblica”, inteso come insieme di idee e orientamenti diffusi tra i cittadini che
erano in possesso di informazioni sufficienti per formulare giudizi. I giornali in
tal modo hanno favorito l’affermazione del ruolo di un nuovo ceto sociale, la
borghesia, che tanto ha contato nella storia di quello e dei secoli successivi, a
partire dalla rivoluzione francese, dalla quale gli storici fanno decorrere lo
sviluppo delle moderne società democratiche.
A partire dall’800 lo sviluppo dei mezzi di comunicazione si è legato
indissolubilmente allo sviluppo tecnologico industriale, con effetti di eccezionale
espansione. Nella prima metà dell’800 sono stati inventati il telegrafo
elettrico e la fotografia. Nel 1876 Graham Bell ha inventato e
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commercializzato il telefono, nel 1895 i fratelli Lumière a Parigi hanno
inventato le immagini in movimento, il cinema.
Il ‘900 è stato il secolo dell’esplosione dei media, sia in senso quantitativo
che qualitativo. Molti sono stati i nuovi strumenti e larghissima la loro
diffusione sociale. Nel 1920 è nata la radio (Guglielmo Marconi), primo
sistema di comunicazione in tempo reale in grado di contattare milioni di
persone contemporaneamente, che è stato alla base della comunicazione
politica degli anni ’30. Il cinema è diventato sonoro. Nel 1936 è stato
inaugurato dalla BBC il primo servizio di trasmissione televisivo e nel giro di
trenta anni la TV si è diffusa in tutto il mondo, divenendo il mezzo di
comunicazione di massa che più ha inciso nel trasformare abitudini di vita e
relazioni sociali.
La nascita di internet si colloca alla fine degli anni ‘60, quando ARPA un’Agenzia del Dipartimento della Difesa americano – realizzò il primo
collegamento remoto tra computer.
Oggi ci troviamo nel pieno di un processo di trasformazione, incentrato
sulle tecnologie digitali, la cui profondità ed ampiezza consentono di parlare
-senza rischio di cadere nell’enfasi – di rivoluzione digitale.
Questo breve excursus, permette di sottolineare un dato molto
importante: in qualunque epoca, l’evoluzione tecnologica è la condizione che
rende possibile il cambiamento delle strutture sociali e politiche delle società,
ma sono soprattutto le scelte politiche e sociali quelle decisive per
scegliere in quale direzione andare e con quali modalità assicurare l’equità
nella diffusione del progresso, contrastando rischi e derive pericolose,
inevitabilmente presenti in qualunque grande cambiamento.
5 - Perché la comunicazione digitale è così importante
Il ruolo della comunicazione è quello di mediare il rapporto di ciascuno di
noi con il mondo esterno. Con l’avvento della tecnologia digitale, le reti sono
diventate vere strutture fondanti delle società attuali, una rivoluzione di cui
ancora sono da approfondire effetti immediati e potenzialità future.
Il cuore di questa rivoluzione è costituito – dal punto di vista tecnologico dalla capacità di comunicare informazioni in formato digitale mediante reti di
computer. Detto così può sembrare poca cosa, ma davvero non lo è. Per
memoria comune, è utile riportare il significato di alcune parole-chiave:
1° parola chiave: Computer
I computer sono lo strumento per eccellenza dell’era digitale. Opportunamente
collegati in rete tra loro, i computer si sono trasformati da puri strumenti di
elaborazione di dati in versatili strumenti di comunicazione tra esseri umani,
non solo trasmettendo e ricevendo con rapidità informazioni di qualunque tipo
in formato digitale, ma anche lavorando sulle informazioni acquisite dalla rete,
conservandole, elaborandole e ritrasmettendole a distanza. Attraverso il
computer si diffondono notizie, realtà virtuali, simulazioni, inducendo negli
utenti informazioni, emozioni e partecipazione.
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La diffusione dei tablet – le “tavolette” che ci consentono di leggere,
informarci, giocare, scrivere e molto altro, ovunque, anche in treno – avviano
un ulteriore passaggio tecnologico, che sembrerebbe già aprire l’era del postcomputer: molto più leggero, più resistente e più autonomo. In Italia erano già
un milione nel 2011, si prevede che saranno due milioni al termine del 2012.
2° parola chiave: digitalizzazione dell’informazione
La digitalizzazione delle informazioni è il secondo pilastro. Consiste in un
processo per cui tutte le informazioni che si vogliono trasmettere (siano esse
testi scritti o parlati, suoni o immagini) vengono tradotte in uno stesso codice
di numeri 0-1 (codifica binaria). In generale, tutte le volte che usiamo un
computer per leggere o scrivere o navigare in internet, lo schermo ci
presenterà il testo nel formato richiesto, ma il computer, nel ricevere e nel
trasmettere, lavorerà in effetti traducendo tutti i caratteri (alfabetici, numerici,
sonori, figurati) usando lo stesso linguaggio, la codifica binaria.
Gli effetti sono dirompenti rispetto al passato, per quantità e qualità. Fino
a poco tempo fa – e in gran parte tuttora - siamo stati abituati a leggere testi
scritti su carta stampata (libri, giornali, riviste), a sentire suoni soprattutto
attraverso la radio, a vedere immagini in TV e al cinema. Tutti media
tecnologicamente diversi, con codici di comunicazione diversi e difficilmente
integrabili tra loro.
Con il digitale, questa situazione cambia radicalmente, perché unico è lo
strumento di base (il computer) ed unico il linguaggio di trasmissione di tutti i
tipi di informazione (la codifica digitale), il che consente un livello di
integrazione di tutti i media mai realizzato prima.
3° parola-chiave: convergenza digitale
Questo processo di integrazione nella trasmissione dei messaggi - siano
essi scritti, sonori o figurati - viene chiamato “convergenza al digitale” e pone
al centro dei processi comunicativi il computer in tutti i diversi formati (dai
data center, ai cellulari, agli smartphone, ai tablet etc).
Attraverso la rete internet, si possono fruire in modo interattivo tutte le
informazioni esistenti sul web - enorme biblioteca del sapere mondiale in
continua crescita – scegliendo di volta in volta quale brano musicale ascoltare,
accompagnarlo con un testo scritto e con un filmato della rappresentazione
teatrale, e magari poi inviarlo a un amico o segnalarlo alle migliaia e talora
milioni di persone che partecipano alle comunità in rete, come Facebook e
Twitter.
Caratteristiche dei nuovi media sono dunque:
 la rapidità nel trasmettere le informazioni che giungono “in tempo
reale” (trasmettere il segnale digitale, cioè un flusso di “bit”, significa
trasmettere un po’ di energia, anziché materiali come ad es. la carta)
 la pervasività (ovunque c’è un terminale di computer nel mondo, in
qualunque modo collegato, l’informazione può arrivare)
 l’interattività, cioè la possibilità per ogni utente della rete di essere
sia emittente sia destinatario della comunicazione e di poter
intervenire attivamente sui messaggi stessi. Si è aperto così, con il
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digitale, uno spazio pubblico prima inesistente, in cui gli individui
possono dire la loro, informarsi anche al di fuori dei media
tradizionali, comunicare e creare relazioni umane, individuali e
collettive.
Queste caratteristiche hanno fatto della Rete il fulcro delle innovazioni
in tutti i settori della vita sociale, dal sistema produttivo, ai sistemi di
trasporto, ai servizi bancari e finanziari, al funzionamento del fisco e al
pagamento delle pensioni.
6 - Differenze nella comunicazione tra TV e Internet
Lo sviluppo della TV in Italia, a partire dalla seconda metà del ‘900, si
è accompagnato al processo di industrializzazione, nella fase del cd. “miracolo
economico”, conquistando spazi sempre più vasti e tuttora ancora dominanti.
L’efficacia comunicativa della TV è dovuta alle caratteristiche del mezzo,
che consente di ricreare ed offrire al telespettatore contesti e narrazioni
coerenti, colorati, del tutto verosimili, che sembrano immergerci nella realtà
narrata, coinvolgendo contemporaneamente tutti i nostri sensi e suscitando
emozioni anche forti, dalla semplice disapprovazione all’odio, dalla
compassione all’angoscia.
I fatti narrati hanno forza e spesso acquistano maggiore credibilità per la
spettacolarizzazione che suscita emozioni violente o semplicemente per il solo
fatto di essere ripetuti, pressoché uguali, su canali diversi e in momenti diversi.
Un potere di informazione, ma anche di persuasione, quello della TV, che è
tanto più forte quanto minore è l’identità e la ricchezza culturale dell’individuo
e della società.
Nei primi tempi del suo sviluppo, ha favorito, insieme alla scuola
dell’obbligo, la diffusione di un’unica lingua e di una cultura comune a tutti gli
italiani, dal nord al sud del paese. Ha costituito dunque un fattore importante
di unità nazionale ed anche di educazione culturale, grazie a trasmissioni di
buona qualità che hanno contribuito, in pochi decenni, ad elevare
significativamente le conoscenze dei cittadini italiani.
La TV è diventata rapidamente un mezzo generatore di enorme potere e di
grandi ricchezze. E’ la stessa Tv che, con il potente ausilio della pubblicità, ha
contribuito a diffondere e consolidare nella società industrializzata valori e stili
di vita quali consumismo, concorrenza, liberismo senza regole, notorietà e
individualismo, insiti nelle narrazioni e nelle immagini di questi ultimi decenni.
Il carattere unidirezionale della comunicazione televisiva (top down)
– dalla TV al telespettatore - fa parte della natura del mezzo e rimane presente
anche nelle forme di comunicazione apparentemente più aperte alla società,
come i talk-show e i reality. E’ un’impronta di tipo gerarchico: soltanto chi
dirige le TV può decidere di cosa parlare e di come e quanto parlarne, giorno
dopo giorno, decidendo in tal modo anche su cosa debba formarsi e discutere
la cd. “opinione pubblica”
Dinanzi alla Tv, in questi anni ci siamo abituati ad essere semplici
spettatori di tante storie e narrazioni, attenti o disattenti ma sempre
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spettatori passivi dinanzi alle rappresentazioni delle realtà che – dai Tg ai
talk show e ai reality – la televisione ci ha proposto, fino a al punto di arrivare
a considerare in qualche modo familiari personaggi sconosciuti, che appaiono
ripetutamente sui teleschermi delle nostre case.
L’ingresso nel sistema dei media del Web 2.0 – cioè l’insieme delle
applicazioni dinamiche che permettono un forte livello di interazione tra più
soggetti attraverso la rete - ha posto le premesse per un cambiamento
profondo del sistema della comunicazione e dell’intera società.
Le sue caratteristiche – velocità, pervasività, interattività – hanno
consentito in poco tempo ad un numero crescente di persone in tutto il mondo
di accedere ad un universo “altro” di informazione, sia potendo accedere al
web, un luogo ricco di saperi come mai è esistito, sia avendo l’opportunità di
immetterne di nuovi, attraverso scritti, video o filmati, tutti fruibili
contemporaneamente in tempo reale e in qualunque parte del mondo.
Questa inedita caratteristica di accesso dal basso (bottom up)
differenzia profondamente la Rete dalla TV e dagli altri media tradizionali. In
linea di principio, ogni cittadino può entrare in rete per consultare il web,
scambiare opinioni, informazioni, filmati ed esperienze di vita attraverso blog,
forum, chat, youtube, facebook, twitter etc, luoghi di relazioni sociali dove in
tempo reale milioni di persone comunicano tra loro.
La Rete è un luogo di relazioni tra tutti i soggetti: tra le istituzioni, tra
istituzioni e cittadini, tra comunità, tra singoli individui. Il suo utilizzo è quanto
di più versatile si possa pensare: dalle “quattro chiacchiere tra amici”, alle
notizie di avvenimenti, alla diffusione di video, alla pubblicazione di libri.
all’ascolto di musica, fino agli appelli ad es. per la difesa della Costituzione, per
i referendum o per iniziative di mobilitazione di eccezionale impatto storico,
come le primavere arabe.
Chi accede alle rete ha un atteggiamento attivo, accede per conoscere
e per far conoscere, accede per ottenere un servizio o per rispondere a chi lo
chiede, per pubblicare un libro, ed anche – come purtroppo abbiamo visto - per
manipolare i mercati e realizzare speculazioni finanziarie.
L’ausilio di raffinati motori di ricerca, di cui il più diffuso è Google, ha
introdotto per la prima volta la possibilità di trovare in una manciata di secondi
notizie su argomenti di interesse, selezionati su numeri iperbolici di testi, tutti
a disposizione di un click.
L’ingresso di internet sta sollecitando un forte riposizionamento degli
altri media, anche grazie alla diffusione di quasi due milioni di ipad e tablet,
con i quali è possibile navigare sul web, controllare le mail, giocare con i
videogame, guardare video e programmi TV, ascoltare la radio, leggere riviste
e giornali.
Le maggiori testate giornalistiche in poco tempo hanno aperto edizioni
on-line con aggiornamenti delle notizie in tempo reale, con notevole successo,
se si considera, ad es. che oltre l’8% dei lettori di Repubblica lo leggono
sull’ipad. Anche i libri e intere biblioteche si stanno trasformando in e-book da
poter leggere sui tablet. I programmi delle TV, sia quella pubblica, sia quelle
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private come Sky e Mediaset, sono ormai fruibili anche su computer o su
tablet.
Anche per quanto riguarda i format e i contenuti dell’informazione,
internet ne favorisce la contaminazione. La TV sta diventando più “social”: più
sondaggi, più “dirette”, più reality, più talk show. Facebook e Twitter sono
divenute nei fatti fonti di notizie consultate anche dalle redazioni dei giornali e
dei TG.
Grazie all’integrazione del sistema dei media, si è aperta per i cittadini
la possibilità – sia pure ancora parziale – di porre nuovi temi all’ordine del
giorno oltre che esprimersi su quelli esistenti, ampliando gli spazi democratici
dell’informazione e recuperando un ruolo attivo e potenzialmente
protagonista, che il carattere gerarchico della Tv non ha mai potuto né voluto
realmente consentire.
7 - Potenzialità e limiti dei nuovi media
Se per informazione pluralista e democratica intendiamo la possibilità di
avere a disposizione un numero indeterminato di fonti di diversa ispirazione e
provenienza, cui tutti possano accedere, internet rappresenta certamente la
possibilità di un
passo in avanti storico. Internet ha globalizzato la
comunicazione e l’informazione. Le notizie e i dati che viaggiano sul web, decisi
liberamente da migliaia e milioni di cittadini, sono in grado di far circolare in
tutto il mondo anche le notizie che i media tradizionali non passano,
aumentano la possibilità di conoscere, di informarsi, di partecipare, di
controllare, di combattere la censura, di socializzare, di avviare nuove relazioni
tra istituzioni, gruppi, persone.
Tuttavia, siamo ancora in una fase di transizione. Non sono ancora chiari
le potenzialità e i rischi di una rivoluzione del sistema della comunicazione di
tali dimensioni. Punti di vista anche opposti si alternano nel dibattito tra gli
esperti, ed ognuno ha le sue ragionevoli motivazioni.
A noi interessa in particolare esaminare alcune caratteristiche del nuovo
sistema dei media, i cui effetti positivi e negativi possono incidere più
direttamente sulla qualità della vita sociale e democratica del paese e, in
particolare, degli anziani.
8 - Comunicazione televisiva e realtà mediata
L’idea diffusa, di apparente buon senso, per cui i media debbono riportare i
fatti come sono avvenuti e poi ognuno fa la sua valutazione, è ben diversa
dalla realtà.
Infatti, l’informazione – cioè quel quid in più che l’individuo sa al termine del
processo di comunicazione rispetto al prima - non è un atto univoco, ma un
processo. Si inizia con la decisione di narrare la notizia, si prosegue con la
selezione degli aspetti giudicati rilevanti (in relazione anche a tempi/spazi
disponibili), poi si scelgono alcuni degli elementi di contesto (quando-dovecome), dando per conosciuti gli altri. Al termine del processo, l’utente riceve
l’informazione e interpreta i dati trasmessi in relazione alle sue conoscenze
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pregresse, al livello culturale, alla capacità critica e ai valori sociali ed etici
posseduti, nel quadro di quelli dominanti nella società.
Pertanto, un certo grado di interpretazione è intrinseco al processo di
comunicazione.
Talvolta, questo processo può essere forzato in alcuni aspetti per favorire un
certo tipo di interpretazione. I fatti narrati sono sempre verosimili, ma
l’informazione può essere parziale, talvolta maliziosamente affiancata ad altri
fatti che ne inquinano il senso, talvolta manipolati in tutto o in parte.
Omissioni, collegamenti impropri, manipolazioni sono in genere disposti in
modo da coinvolgere più l’emotività – paura, preoccupazione, sgomento, odio,
rancore – che la razionalità di chi riceve l’informazione.
Il carattere gerarchico della Tv (top down) ne può fare uno strumento a
disposizione di chi gestisce – sia esso Governo, partiti o grandi aziende - che
possono utilizzare abilmente contesti e quadri interpretativi più favorevoli ai
propri obiettivi, supportandoli con semplicità di linguaggio e verosimiglianza
della narrazione, e soprattutto con drammatizzazioni in grado di coinvolgere
l’emotività delle persone.
Quanto hanno inciso, ad es., le ripetute drammatiche immagini di stragi di
popolo nella diffusione di notizie, unite all’uso strumentale di parole-chiave,
come democrazia, terrorismo, dittatura, islamismo, al fine di promuovere la
propaganda di guerra? Quanto, ancora, hanno inciso le immagini ammiccanti e
spesso volgari delle donne trasmesse da programmi Tv e dalla pubblicità, sulla
cultura diffusa e sul ruolo che la donna occupa nella famiglia e nel lavoro ? La
dott.ssa Daniela Brancati ha recentemente scritto un libro molto interessante
sulla televisione vista dalle donne, “Occhio di maschio”, che consiglio di leggere
a tutti, uomini e donne.
Un esempio documentato di quanto la Tv possa costruire la realtà
percepita è quello rilevato nell’Indagine dell’Osservatorio sulla Sicurezza,
coordinata da Ilvo Diamanti, dalla quale emerge come negli anni dal 2008 in
poi e fino a un anno fa, la TV italiana - in particolare alcuni TG (i principali:
TG1 e TG5, poi Studio Aperto) – abbiano concentrato l’attenzione soprattutto
su eventi criminali, assai più che su fatti economici e del lavoro, nonostante i
dati preoccupanti della crisi, argomenti scomodi per chi allora governava. In
quello stesso periodo, la paura della criminalità tra le persone è cresciuta, nella
convinzione che la società stesse divenendo sempre più violenta, fino a
raggiungere i primi posti tra i fattori di insicurezza percepiti e a sollecitare
comportamenti di maggiore prevenzione. Tuttavia, nello stesso periodo i dati
statistici dimostravano al contrario che il fenomeno tendeva a ridursi. La TV ha
modificato la percezione della realtà e i comportamenti delle persone.
Indagini recenti sull’influenza della Tv sull’opinione pubblica hanno rilevato
che essa agisce soprattutto attraverso tre meccanismi psicologici:
 il processo di identificazione con i personaggi del teleschermo
 la persuasione attraverso la pubblicità all’acquisto di prodotti,
 i processi di imitazione di episodi di violenza nei soggetti
psicologicamente più deboli.
In Italia, la difficoltà di un controllo istituzionale realmente efficace del
sistema radiotelevisivo e la presenza di evidenti conflitti di interesse non
12
ancora risolti, ha consentito, soprattutto negli ultimi due decenni, casi non
infrequenti di uso distorto e strumentale dell’informazione.
9 - Libertà di accesso alla rete e analfabetismo digitale
L’attività dei cittadini in rete è la principale novità di questi ultimi anni,
un protagonismo nuovo della società che può aprire spazi vitali per il
pluralismo dell’informazione e per la partecipazione alle scelte istituzionali e
politiche. Ma, a differenza della TV, l’utilizzo della rete non è intuitivo e
immediato.
Il primo e decisivo ostacolo all’esercizio di tale diritto è l’analfabetismo
digitale, uno dei tre analfabetismi censiti dall'Ocse per descrivere chi oggi, nel
primo come nel quarto mondo, è a rischio di emarginazione per mancanza di
competenze.
L’accesso alla rete pertanto va considerato un diritto di cittadinanza,
che si coniuga con il diritto al sapere, alla libertà di informazione, alla
partecipazione democratica, di cui il potere pubblico deve essere il garante.
L’Istat rileva che In Italia – mentre i giovani nativi digitali rientrano nelle
medie europee - il 50% degli adulti over 40 non possiede un computer, né sa
usare le e-mail. Tale dato si accentua con il progredire dell’età: tra i 60 - 64
anni, solo il 27% sa usare il computer a livello base, tra i 65 - 74 il 12%, fino a
raggiungere il 3% negli over 75.
Un dato di analfabeti digitali molto alto - specie se paragonato al resto
d'Europa e agli Stati Uniti - che, non conoscendo il nuovo alfabeto della vita
quotidiana, rischia in pochi anni (cinque, dieci al massimo, dicono gli
esperti) di essere espulso non solo dall'universo del sapere, quanto
dall'accesso ormai sempre più online delle funzioni di ogni giorno,
anche le più banali, che poco fa potevano essere svolte uscendo di casa e che
tra qualche anno saranno possibili solo con un click di mouse.
10 - Web ed eccesso di dati
Nella logica del web l’informazione che nasce dal basso (bottow up) è più
rispondente alle esigenze e ai valori sociali più quotidiani e diffusi, ha riscontri
più immediati, è più libera e pluralista, perché arricchita dall’accesso diretto
degli utenti.
La possibilità che ciascuno possa comunicare direttamente con molti altri
senza bisogno di utilizzare filtri preventivi, come agenzie stampa o testate
giornalistiche o televisive, fa del web tendenzialmente un universo senza
intermediari. A differenza di quanto avviene per gli altri media - radio, Tv,
giornali – le cui fonti di informazione sono note e responsabili dei contenuti, le
notizie diffuse in rete non sono preventivamente verificate e possono
essere diffuse anche sotto falso nome e persino anonime.
L’assenza di filtri preventivi in internet comporta che sul web, anche su un
unico argomento, vi sia una quantità incalcolabile di informazioni, che spaziano
dalle ricerche più autorevoli e approfondite alle più incredibili banalità ed anche
a vere falsità e strumentalizzazioni per provocare disattenzione e
disinformazione
13
La frammentarietà delle informazioni spesso costringe di chi naviga nel web
a prendere un po’ qua, un po’ là, a comporre una sorta di bricolage in larga
parte casuale, che fa perdere di vista il contesto di tempo e di spazio in cui si
collocano le notizie e quindi il loro pieno significato, fino a compromettere la
stessa capacità di apprendimento e di reale informazione.
Questa possibile “perdita di senso” del messaggio - come la definisce il
giornalista Luca De Biase nel suo interessante libro “Voltare pagina” - crea un
contesto più favorevole a fraintendimenti, ed anche manipolazione e inganni,
tanto più efficaci quanto più bassi sono i livelli individuali di cultura e
informazione di chi lo riceve. Districarsi, comprendere, scegliere non è sempre
facile.
Certamente, l’acquisizione di informazioni e di conoscenze attraverso un
solo mezzo – la TV – indebolisce le nostre esperienze di vita e la possibilità di
processi di partecipazione democratica. Tuttavia, esiste un oggettivo problema
di selezione ragionata dell’informazione, ed anche di attendibilità e
trasparenza, di verifica preventiva della notizia.
Già oggi, comunque, esistono e sono in aumento alcuni punti di
riferimento per valutare l’affidabilità dei messaggi, basati soprattutto
sull’autorevolezza della fonte, come ad es. grandi testate giornalistiche e
canali TV, istituti universitari, agenzie e associazioni di giornalisti ed esperti.
Tra questi, vi è la Fondazione Ahref – con la quale Auser ha concluso un
accordo per la gestione della piattaforma digitale “La vita che dura”, insieme
alla Fondazione di Vittorio – che ha avviato lo scorso agosto una procedura
di “reputazione” per i suoi iscritti, sulla base di un curriculum che premi
l’attività di collaborazione nella verifica delle notizie.
11 - Opportunità e limiti del carattere democratico e
paritario della rete
Al suo apparire, la rete è stata accolta con entusiasmo per la sua
caratteristica di libertà di accesso dei cittadini, che ne ha consacrato
un’immagine di democrazia e di parità tra le persone. In realtà, con il tempo,
la diseguaglianza che domina la società si sta propagando nel mondo della
rete.
Come in qualunque luogo dove si esercita un potere reale, si sviluppano e si
affermano gruppi, talvolta vere lobby dotate di molti collegamenti in continua
crescita, che nei fatti acquisiscono un potere assai maggiore di altri utenti.
Questi poli hanno vari e diversi interessi, politici, economici, sociali ed alcuni
tra i più noti di essi – come Facebook, Twitter ma anche Google – sono in
grado di incidere nella comunicazione ed influenzare il dibattito pubblico.
Le asimmetrie di potere e di conoscenze tra gruppi di potere, talvolta
anche istituzionali, e cittadini può favorire informazioni ambigue o parziali fino
a vere e proprie campagne “menzognere” finalizzate al successo personale o
collettivo. False recensioni di scrittori che si autocelebrano in incognito,
ristoranti ed alberghi pluristellati con giudizi inesistenti, voli low cost introvabili
da €. 9. Insieme alle news, anche le truffe corrono sul web.
In un libro di grande successo, “Trust me” “Fidati di me” un giovane
supermanager e blogger americano, Ryan Holiday, ha spiegato come sia
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possibile e facile, attraverso la rete, veicolare e manipolare messaggi per
trarne vantaggi economici. La tecnica è semplice: colpire l’attenzione, ad es.
attraverso un finto scoop, far discutere, quindi avere più utenti nella rete, e
quindi più profitti dalla pubblicità. Tra amici di Facebook e frequentatori di
Twitter – afferma l’autore - tutti sono pubblicitari di sé stessi.
La pubblicità è una delle lobby più potenti. Rappresenta il principale
canale di finanziamento di tutti i media, dai giornali alla radio alla Tv, ma per la
rete lo è ancor di più. Google, il più potente motore di ricerca della rete, vive di
pubblicità per il 96% dei suoi ricavi globali. Nel 2012 ha registrato un aumento
di fatturato del 64% rispetto al 2011, superando i cento milioni di utenti e
acquisendo una posizione dominante in quasi tutti i mercati europei.
Contro questo gigante economico, l’Autorità Antitrust in Italia ha denunciato
il pericolo che Google possa acquisire il monopolio della pubblicità digitale,
danneggiando l’intero sistema dell’informazione, annunciando perciò l’apertura
di un’istruttoria.
Infatti, a giudizio dell’Antitrust, i grandi attori web internazionali - Google ma
anche Facebook ed altri social network che hanno acquisito posizioni di
particolare forza - costituiscono passaggi obbligati per la distribuzione dei
contenuti web e quindi anche della raccolta pubblicitaria.
Dagli Stati Uniti all’Europa, si sta movendo nei confronti di Google un vasto
fronte antitrust, anche in relazione ad un altro grave problema, l’ipotesi della
mancata neutralità dei risultati delle ricerche. Sembra cioè che i risultati
forniti dal motore di ricerca alle richieste degli utenti rispondano più a criteri di
marketing che a criteri editoriali.
L’assenza di regole adeguate e la logica di mercato rischiano di “svuotare”
internet e il pluralismo delle fonti di informazione. Si rischia che nel web la
sovranità possa essere esercitata da questi soggetti, che operano
esclusivamente in base al profitto, senza responsabilità né vincoli.
Anche sul piano del dibattito politico, la rete ha i suoi limiti. Nella
comunicazione diretta si può inserire la pura propaganda.
Linguaggi demagogici e talvolta violenti puntano a far prevalere l’emotività soprattutto rabbia e rancore - sulla razionalità. Slogan e invettive si
sostituiscono al confronto civile e all’informazione documentata, indebolendo le
basi stesse della democrazia. Si aprono spazi per forme fittizie e distorte di
democrazia elettronica, nella quale tutti votano su tutto, senza conoscere
davvero contenuti, cause ed effetti.
Il movimento di Grillo, nato e cresciuto sul web come egli stesso rivendica –
e sullo stesso web più volte contestato - è un soggetto che, occupando gli
spazi aperti dalla crisi dei partiti, ha utilizzato i nuovi media come megafoni di
una comunicazione di tipo retorico e demagogico, rifiutando il confronto di
merito e cercando lo scontro.
Non si può parlare di democrazia solo perché si comunica attraverso il web.
La democrazia – come ha affermato il prof. Stefano Rodotà in un interessante
dibattito a Torino – non è soltanto spingere un bottone per dire si o no, è un
processo più ampio, che va dall’informazione, al libero confronto delle idee, al
progetto e solo alla fine si arriva alla decisione spingendo il famoso bottone. In
15
una società complessa, la democrazia è prima di tutto partecipazione
democratica, altrimenti non sono i cittadini a decidere, ma chi ha più potere nel
controllare la tecnologia.
12 - Reti reali, reti virtuali e solitudine
Dopo pochi anni dalla diffusione della TV, è apparso evidente che le molte
ore passate davanti ai programmi televisivi erano sottratte soprattutto alle
relazioni interpersonali e forse anche in parte alla riflessione e alla lettura. Per
anni i cinema sono stati vuoti, i bar hanno dovuto mettere a disposizione la Tv
per avere ancora clienti, le piazze sono state sempre meno frequentate. La Tv
ha aumentato la solitudine e la passività delle persone.
E ora, quali effetti può avere il web? Possono i social network
ampliare e rafforzare relazioni tra le persone, amicizie, solidarietà,
comunanza di obiettivi?
Molte sono le indagini, con esiti e valutazioni anche contrapposte, che
possiamo sintetizzare come segue.
Le reti sociali (in inglese social network) sono costituite da un qualsiasi
gruppo di individui connessi stabilmente tramite web per i motivi più diversi,
dalla conoscenza casuale, ai rapporti di lavoro, ai vincoli familiari, alla
comunanza di interessi e di obiettivi.
In soli 20 minuti più di 1 milione di link viene condiviso, 2 milioni di
richieste di amicizia vengono accettate e 3 milioni di messaggi spediti. Un
flusso ininterrotto e prorompente di immagini, idee, emozioni. Cause condivise
e denuncie sociali, amori virtuali che nascono. Di fatto una svolta epocale in
termini di relazioni sociali ed espressioni identitarie.
Una corrente di pensiero, diffusa soprattutto tra i giovani utenti di
Facebook, molti dei quali nativi digitali, vede nei nuovi media sociali una
grande opportunità di crescita e consapevolezza. I social media vengono
utilizzati principalmente come prolungamento della vita quotidiana reale, che
prosegue il dialogo attraverso la rete in qualunque momento si voglia, che
amplifica le possibilità reali di contatto e di interazione sociale di ognuno.
Quindi nulla di negativo nè distruttivo.
Secondo un’opposta corrente di pensiero, di cui autorevole esponente è il
sociologo Zigmunt Bauman, Facebook ha dato risposta a bisogni dormienti
dell’individuo, quali il desiderio individuale di emergere e il bisogno di
appartenenza. Infatti i social network permettono di creare la propria identità
mostrandola agli altri, di essere qualcuno e di sentirsi parte di comunità di
persone con le quali si condividono passioni, idee e interessi. Tuttavia il
rapporto sarebbe, in questa visione, ben diverso dal rapporto diretto, in quanto
l’individuo non si apre all’altro, ma si limita a mostrarsi, come fosse una
merce.
La complessità e la rapidità dei mutamenti non permettono ancora una
visione esauriente e definitiva. Ma su alcuni aspetti pensiamo si possa
convenire. In primo luogo, la rapidità di diffusione di Facebook - mezzo
miliardo di utenti registrati, un valore stimato in 50 miliardi di dollari – ma
anche di Twitter ed altri social network, segnala che la rete è venuta incontro a
16
un’esigenza reale, quella di recuperare una dimensione relazionale e
maggiore libertà di informazione in una società industrializzata e dominata
dalla TV, nella quale gli individui sono sempre più soli e stressati, in una corsa
senza freni imposta dalla competitività e dal consumismo.
In secondo luogo, che il web è strumento di grande efficacia e può offrire
grandi opportunità, ma va usato con piena consapevolezza dei suoi
limiti.
La vita sociale digitalizzata ha caratteristiche molto diverse dalla vita
sociale tradizionale e dal rapporto diretto tra le persone, certamente meno
soddisfacente e gratificante sotto il profilo affettivo e meno affidabile sotto il
profilo della solidarietà. Allo stesso tempo però essa può rappresentare, nella
società attuale, uno strumento per ampliare – senza sostituire – le
relazioni interpersonali, che talvolta possono anche divenire vere amicizie, e
in ogni caso per moltiplicare le occasioni di confronto, di informazione, di
partecipazione e di apertura al dialogo, anche tra generazioni ed etnìe diverse.
Con questo obiettivo, infatti, Auser ha predisposto la piattaforma “La vita
che dura”, alla quale invitiamo tutti i nostri soci e chiunque volesse dialogare
con noi ad iscriversi. Le modalità di utilizzo sono molto semplici e ne parleremo
nel pomeriggio.
13 - Privacy e controllo dei cittadini
La diffusione delle tecnologie digitali nella quotidianità della vita economica e
sociale – dal bancomat alle carte di credito, dal telefono cellulare al commercio
elettronico, ai servizi delle pubbliche amministrazioni e alla navigazione sul
web – comporta che ognuno di noi lasci, spesso senza rendersene conto, una
grande quantità di tracce digitali, che parlano della vita, dei gusti, delle
abitudini e delle convinzioni di ciascuno di noi. Siamo in qualche modo
“connessi” per molte ore nella giornata. L’archiviazione elettronica di questi
dati, per la loro enorme quantità, per la facilità di incrocio e soprattutto per
l’inedita rapidità di consultazione, sconosciuta agli archivi cartacei, può divenire
uno strumento di sorveglianza e all’occorrenza, di repressione.
Il problema è grave ed è connesso al tema del diritto individuale alla
privacy, cioè al diritto individuale alla riservatezza dei dati personali. I
tentativi di controllo dei cittadini in paesi autoritari da parte dello Stato sono
evidenti e gravissimi, ma sono solo la punta dell’iceberg. In realtà, anche nei
paesi democratici talvolta si verificano attività che violano la privacy delle
persone, per fini di controllo individuale (come ad es. è avvenuto in alcune
aziende nei confronti di dipendenti sospettati di avere simpatie politicosindacali non gradite al datore di lavoro) o per fini commerciali, come nel caso
della pubblicità.
Anche la lunga e complessa vicenda del diritto di autore ha, tra i tanti
risvolti, anche quello di un tentativo di controllo dell’informazione. Infatti, il
diritto d’autore – nato nel periodo in cui l’unico strumento d’informazione era la
stampa e strutturato per quella tecnologia – è stato richiamato in un recente
Trattato globale del 2009 quale strumento per battere la contraffazione di
prodotti digitali diffusi in rete. Il Parlamento Europeo ha giustamente respinto il
trattato, giudicando che perseguire penalmente chi mette online materiale
17
protetto da copyright, nonché i siti e le piattaforme che lo diffondono, anche
senza scopo di lucro, equivalesse a porre la censura in rete.
Questa decisione, che, per il momento almeno, mette un punto fermo
nell’ambito dell’Unione Europea, è stata una netta vittoria del popolo della
rete che ha combattuto con forza contro i contenuti del Trattato, dando vita a
una petizione online firmata da poco meno di tre milioni di persone.
14 - Come si informano i cittadini italiani
Un’interessante indagine del “XXXII Osservatorio Demos-Coop”, dedicata
all’informazione, realizzata nel dicembre 2011, evidenzia la dinamica delle
tendenze in questi ultimi anni. Vecchi e nuovi media si intrecciano nello stile di
informazione dei cittadini:
 La Tv, a cui accede 84% dei cittadini, resta tuttora il principale canale di
informazione ed uno spazio importante per la formazione dell’opinione
pubblica. Sebbene ben 4 persone su 5 non la ritengano uno spazio “libero e
indipendente”, continuano ad ascoltarla;
 La scarsa credibilità della Tv è uno dei principali fattori che spinge il 39%
delle persone ad utilizzare ogni giorno la rete per informarsi attraverso
molteplici canali, come blog, portali, streaming Tv, radio, agenzie e testate
varie, rassegne stampa. Internet, ritenuto più libero e quindi più credibile, è
l’unico media ad incrementare la sua credibilità (dal 24,8% del 2007 al
38,7% del 2011), a fronte di una flessione sia della Tv (87% nel 2007 - 83,6
nel 2011), che della radio (41,1 nel 2007 – 37,8 nel 2011) e dei quotidiani
(30,2 nel 2007 - 27,9 nel 2011);
 La perdita di ruolo dei giornali in formato cartaceo è compensato dal fatto
che 3 su 4 utenti di internet leggono anche giornali on-line. Questo
segmento di cittadini non è caratterizzato tanto dall’età o dal genere – anche
se prevale l’età centrale - ma piuttosto per essere più scolarizzati della
media e per appartenere a categorie come professionisti, tecnici, impiegati,
che sono spesso online, anche attraverso smartphone, tablet e connessioni
wireless. Molti di questi partecipano alle petizioni, a campagne di opinione e
si mobilitano;
 Oltre un quarto di chi ascolta la TV non si informa in alcun altro modo. Si
tratta soprattutto di donne, anziani, pensionati, con istruzione e livello
sociale medio-basso. Queste persone trascorrono oltre 4 ore al giorno
davanti alla Tv, ascoltano, oltre ai Tg, i programmi pomeridiani che
ricostruiscono “la vita in diretta”, sono politicamente incerti e per questo
strategici dal punto di vista elettorale.
15 - Proposte di lavoro
Gli anziani oltre i 60 anni sono oggi poco meno di 16 milioni di persone,
quelli oltre i 65 sono oltre i 12 milioni: un parte di popolazione imponente e in
continua crescita, in larga parte in buona salute e attiva, che deve entrare a
pieno titolo nei processi di cambiamento sociali e politici della società.
Quale contributo può dare Auser, in un contesto così complesso e
importante, sia dal punto di vista individuale che sociale?
18
Il nostro compito è partire da chi riceve l’informazione, da chi è
chiamato a decodificarla e ad interagire, affinché abbia condizioni di maggiore
consapevolezza e possa svolgere un ruolo non passivo, scegliendo se accettare
o meno il senso del messaggio che viene veicolato.
L’alfabetizzazione digitale, cioè la capacità di utilizzare i nuovi strumenti
informatici per accedere all'informazione tramite i numerosi canali oggi
disponibili, richiede un processo specifico di apprendimento, un impegno
individuale faticoso e non scontato.
La Commissione Europea, nel programma del 2009, ha definito
l’alfabetizzazione digitale come “capacità non solo di accedere a tutti i media internet, giornali, TV, radio, musica registrata, stampa - ma anche capacità di
comprendere e valutare i contenuti di tali media e di comunicare in
una varietà di contesti”, sottolineando che senza un’adeguata
alfabetizzazione i cittadini europei, giovani e meno giovani, perdono
un’opportunità di sviluppo personale, economico e culturale.
La consapevolezza nell’uso dei media presuppone quindi che la persona,
oltre ad avere le capacità per accedere ai nuovi media, sia in grado anche di
raffrontare, decodificare, scegliere nell’eccesso di messaggi che frastornano la
nostra società, e questo è praticabile a condizione che la persona possieda un
certo livello di conoscenze generali e qualche competenza in più.
L’UNESCO oggi definisce l’alfabetismo funzionale non più soltanto come
capacità di leggere e scrivere, ma come “insieme di abilità relative
all’alfabetismo che può essere applicato in modo funzionale ad attività
tipiche della vita quotidiana in una società complessa come quella che
viviamo”. Infatti, le competenze alfabetiche funzionali evolvono in relazione
alla complessità delle trasformazioni economiche e sociali di un paese.
L’allungamento delle aspettative di vita fa sì che le persone vivano ancora
almeno 50 anni dopo il completamento dei percorsi di istruzione e 15-20
dall’uscita dal lavoro (almeno, finché non entrerà a pieno regime la riforma
Fornero). In una società in rapido cambiamento come la nostra, il deperimento
delle competenze e la regressione dei livelli di conoscenze – in assenza di
iniziative di aggiornamento e formazione – è molto rapida.
L’indagine “Adult Literacy and Lifeskills” svolta dall’Invalsi (Istituto
Nazionale per la Valutazione del sistema di Istruzione e di Formazione che
affianca il Ministero dell’Istruzione) relativamente alla popolazione tra i 16 e i
65 anni, denuncia questa persistente arretratezza del nostro paese, che ci
colloca in fondo alla graduatoria dei paesi dell’UE. Le competenze alfabetiche
funzionali risultano possedute dal 46,1% della popolazione al livello 1, il più
basso, quello che si colloca al limite dell’analfabetismo funzionale; il 35,1% le
possiede al livello 2 (possesso di un limitato patrimonio di competenze di base)
ed infine solo il 18,8% le possiede ad un livello 3 o superiore.
Sono dati allarmanti, si tratta di milioni di persone – tra le quali molti anziani
– che hanno gruzzoli di sapere troppo piccoli per comprendere e vivere appieno
in una società sempre più complicata, spesso con competenze insufficienti
19
anche per continuare ad apprendere, terreno potenzialmente favorevole per
inganni, slogan semplicistici e parole d’ordine populistiche.
Tuttavia, sul piano individuale, per quale motivo dovremmo impegnarci?
Come sappiamo, è molto importante che vi sia una reale motivazione ad
apprendere, ed in realtà ve ne possono essere molte:
 Il desiderio di seguitare a vivere liberamente e consapevolmente in una
società che rimane conosciuta, anche se è diversa da quella di ieri;
 poter utilizzare facilmente le innovazioni che possono contribuire a ridurre
la fatica del vivere quotidiano, a partire dall’uso dei servizi online per
banche, poste e sanità, migliorando anche i problemi di mobilità;
 mantenere più ricchi e vivi i rapporti con figli e nipoti, che grazie alle
tecnologie digitali stanno progressivamente cambiando linguaggi, cultura
e stili di vita;
 seguitare ad apprendere in ogni fase della vita è il miglior modo per
combattere le malattie, specie quelle degenerative - come ci dicono le
ricerche mediche - vivendo con maggiore benessere e più a lungo.
16 - Il piano di lavoro di Auser
Su questi aspetti – alfabetizzazione digitale, aggiornamento culturale,
motivazione all’apprendimento - Auser ha già avviato nel passato importanti
iniziative, che intende rafforzare ed arricchire. Infatti l’apprendimento
permanente è lo strumento per costruire giorno per giorno percorsi di
conoscenza, di consapevolezza, di maturazione che rendono più viva e
piacevole questa fase del ciclo di vita, parte integrante della nostra strategia
per l’invecchiamento attivo. In particolare Auser indica quale terreno di
impegno:
 Alfabetizzazione digitale
Nelle Università popolari e nei Circoli culturali abbiamo già da alcuni anni
avviato numerosi corsi di alfabetizzazione digitale, coinvolgendo scuole,
biblioteche ed altri partner autorevoli, come la Fondazione Mondo digitale,
presieduta dal prof. Tullio De Mauro. Sono state esperienze di successo, nella
maggior parte delle quali i giovani delle scuole – talvolta anche molto giovani –
hanno insegnato agli anziani, instaurando un rapporto di collaborazione e
persino affettivo su cui bisognerebbe riflettere per rafforzare il rapporto
intergenerazionale.
In questi ultimi mesi abbiamo firmato due importanti intese: la prima, con
Telecom per la gestione congiunta del progetto di alfabetizzazione digitale
“Navigare insieme”; la seconda con la Banca Unicredit per l’alfabetizzazione
degli adulti/anziani nell’utilizzo dell’home banking, cioè il servizio bancario che
consente al cliente, attraverso l'uso di videoterminali, di controllare il proprio
conto o di effettuare pagamenti da casa o dall'ufficio.
Pertanto abbiamo le condizioni per intensificare, a partire da questo
autunno, a livello locale, i corsi e le iniziative di alfabetizzazione digitale, che
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proponiamo di inserire in modo stabile nei programmi e nelle iniziative delle
Università popolari e dei Circoli culturali affiliati.
 Piattaforma “La vita che dura”
Con il prezioso contributo e l’assistenza della Fondazione Ahref e della
Fondazione Di Vittorio abbiamo deciso di attivare, a partire da oggi, la
piattaforma digitale “La vita che dura”, per farne un luogo stabile di narrazioni
costruendo e rafforzando relazioni umane e sociali. Il tema che abbiamo scelto
è il “nostro” tema, il prolungarsi della vita e cosa significa – oggi, in questa
società, nel concreto della nostra quotidianità – avere 60 anni e più.
Raccontare le nostre esperienze, le nostre gioie e i problemi, aprire uno
spaccato di vite vissute.
Un luogo virtuale, in più e diverso, che certamente dovrà affiancarsi e non
sostituirsi ai luoghi reali dei nostri incontri. Ci parleremo più spesso, ci
racconteremo e al tempo stesso potremo contrastare con episodi di vita vissuta
i molti stereotipi, che ancora sopravvivono nella società attuale e che
considerano il prolungamento delle attese di vita come un costo sociale anziché
un’opportunità in più, che l’umanità si è guadagnata in millenni di studi, di
ricerche, di lotte, di costruzione di uno stato sociale che ha assicurato migliori
condizioni di salute e di vita.
Nel pomeriggio Vincenzo Moretti e Alessio Strazzullo ci illustreranno
meglio finalità e tecnica. Abbiamo puntato sulla semplicità di approccio, e sulla
formazione di un gruppo operativo di sostegno presso il centro nazionale
dell’Auser, che si avvale dei nostri giovani informatici (in particolare,
Alessandro Aiello e Fabio Piccolino) e di esperti come Letizia Leo e Roberto
Mosi, nonché del contributo di Servizi Nuovi, il cui presidente Alessandro
Montebugnoli è il responsabile del coordinamento dell’iniziativa e si avvale
della collaborazione di Cecilia Canova.
Per fare fin dall’inizio un uso più ampio della piattaforma, abbiamo deciso
di utilizzarla anche per il bando del Concorso “Informarsi e comunicare al
tempo del Web e della TV”, di cui tra poco ci parlerà il coordinatore
nazionale Roberto Mosi, sia per la presentazione dei materiali sia per la loro
valutazione.
 Iniziative culturali e corsi di aggiornamento sul tema della
comunicazione e per favorire l’alfabetizzazione funzionale
Le competenze alfabetiche funzionali sono come i muscoli: si mantengono
con l’esercizio e con l’uso continuo. Le iniziative e i corsi delle Università e dei
Circoli, che sono specificatamente rivolti alle persone culturalmente ed
economicamente più deboli, sono strumenti di alfabetizzazione funzionale, in
quanto consentono a chi partecipa di aggiornarsi e di essere coinvolto nei
cambiamenti che avvengono nella società e, attraverso la relazione tra soci,
anche di acquisire una maggiore proprietà nell’uso della lingua e della scrittura.
Tali iniziative dovrebbero essere rafforzate e ampliate.
Un ulteriore impegno che indichiamo è quello di inserire nei programmi delle
università popolari e tra le iniziative dei circoli culturali i temi e i contenuti di
questi due giorni di dibattito, al fine di contribuire ad una maggiore
consapevolezza dei pro e dei contro nell’uso dei media.
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A questo scopo abbiamo chiesto ai nostri esperti, che oggi e domani ci
illustrano e ci fanno vivere più da vicino blog, Tv, talk show e social network,
che ringraziamo vivamente, di poter diffondere il materiale e la
documentazione utilizzati in questo convegno, quale contributo alle iniziative
da organizzare nel territorio. Inoltre, la dott.ssa Elisa Bruno riprenderà le parti
più interessanti del convegno, per farne un video da diffondere con gli altri
materiali.
 Metodologia didattica per adulti e motivazione all’apprendimento
Nel 2010, nel convegno su “Stili di vita per uno sviluppo solidale e
sostenibile”, ponemmo l’accento sull’intreccio tra didattica attiva – che parte
dal vissuto di chi apprende – e motivazione ad apprendere, attraverso la
diffusione del manuale “Una valigia a tre tasche” di Servizi Nuovi, che potrebbe
essere ripreso per essere meglio valorizzato, su una tematica, come quella
della comunicazione, che assai si presta a questo tipo di didattica.
Oggi, il prof. Alessandro Montebugnoli ha scritto una ricerca dal
significativo titolo “A cosa serve internet? Come le Università Popolari
possono avvicinare gli anziani al mondo digitale” - che è in cartella –
nella quale traccia un percorso per un approccio personalizzato ad internet, che
possa sollecitare anche una motivazione per adulti e anziani più o meno
digiuni, a partire dalla domanda fondamentale: a che mi serve internet?
A tale iniziativa, potrà seguire un seminario nazionale incentrato sul
tema della domanda di formazione debole o silente – quella che non si
esprime e che spesso non è conosciuta neppure dal soggetto interessato – e su
possibili iniziative per farla emergere. Su questo terreno, il volontariato ha una
marcia in più, che dobbiamo utilizzare in modo più stabile e ragionato.
 Progetto “Certificazione di qualità delle Università popolari e dei
Circoli culturali”
Sul tema della certificazione di qualità, Auser ha avviato un suo progetto
sperimentale approvato dal Comitato Direttivo il 17 giugno 2010 (pubblicato
sul sito www.auser.it), che ha l’obiettivo di promuovere e sostenere, attraverso
la definizione di specifici indicatori, il miglioramento e la fruibilità dell’offerta
formativa e culturale delle associazioni affiliate. A tal fine, Auser ha costituito
un Comitato nazionale di certificazione, composto da autorevoli esperti, con il
compito di definire gli indicatori di qualità, di valutare le domande presentate e
la documentazione pervenuta.
Domani, si giunge al termine del primo anno di sperimentazione, con la
consegna per la prima volta a dieci Università popolari e a cinque Circoli
culturali dell’attestato di qualità, simbolicamente rappresentato da un Bollino
Blu e da un Bollino Verde.
A nostro giudizio, è una sperimentazione certamente positiva - che
perfezioneremo e proseguiremo con l’obiettivo di coinvolgere la maggior parte
delle Associazioni affiliate avviato per l’impegno del centro nazionale
dell’Auser e degli studiosi ed esperti che ci hanno sostenuto con le competenze
necessarie, che ringraziamo calorosamente, ma soprattutto per l’impegno di
tante Associazioni e di tanti volontari, che ogni giorno con la loro attività
rendono la rete Auser viva e solidale nella società.
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17 - Le nostre richieste alle istituzioni nazionali e locali
L’apprendimento permanente – sebbene oggetto ormai da molti anni di
raccomandazioni, decisioni e programmi d’azione dell’Unione Europea – in
Italia non ha alcuna significativa attenzione da parte delle istituzioni nazionali e
locali, né in termini di normative, né di risorse finanziarie, come conferma il
Rapporto Istat 2012.
Insieme a Cgil, SPI, FLC, Auser è stata in questi anni impegnata su questi
temi ed ha partecipato alla raccolta di firme per la presentazione al Parlamento
di una proposta di legge popolare sul’apprendimento in ogni fase della vita,
ferma da anni presso le competenti Commissioni Parlamentari.
Con il Governo Monti, sul piano legislativo sembra compiersi una svolta.
Infatti la L. 92/2012, relativa alla riforma del mercato del lavoro, all’art. 4,
comma 51 e segg., prevede per la prima volta una normativa-quadro per la
definizione di un sistema di apprendimento permanente, nazionale e
territoriale, che dovrà essere attuato con una pluralità di decreti legislativi
interministeriali e con provvedimenti delle Regioni e degli EE.LL.
La Cgil, insieme a Cisl e Uil, ha chiesto l’apertura di un tavolo di confronto
con tutti i soggetti interessati (Ministeri del Lavoro, Ministero della Pubblica
Istruzione e Coordinamento delle Regioni) che potrebbe essere attivato dal
prossimo mese.
Nella piattaforma elaborata dagli Stati generali della conoscenza,
riepilogata nelle schede “10 proposte per l’apprendimento permanente”
sono previste, alla scheda n. 4 anche le nostre proposte relative alle
Università popolari e ai Circoli culturali:
 un sistema di governante, al cui interno comprendere - accanto
all’apprendimento formale e informale – anche l’apprendimento non
formale, erogato da Università popolari e circoli culturali;
 la costruzione di reti territoriali delle strutture pubbliche, private e del
volontariato, che rendano più coordinata e più fruibile l’offerta locale, in
risposta ai fabbisogni formativi, rafforzando l’apprendimento degli adulti e
degli anziani;
 procedure di certificazione della qualità (o accreditamento) delle università
popolari e dei circoli che rispondano a parametri prefissati, tenendo conto
della natura e delle attività delle Associazioni, per assicurare i livelli
essenziali delle prestazioni
 la costituzione di specifici fondi regionali per il finanziamento di progetti
presentati da strutture certificate/accreditate dalla Regione
 maggiore attenzione, nell’ambito dell’Agenda digitale adottata dal Governo
Monti, all’alfabetizzazione digitale degli adulti e degli anziani, estendendo
anche a questo target l’impegno già previsto per i giovani.
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