Il Sole 24ore -. Tensione alle stelle con i sindaci

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Il Sole 24ore -. Tensione alle stelle con i sindaci
Il Sole 24 Ore
Mercoledì 8 Aprile 2015 - N. 96
2
Il confronto con i Comuni
Previsto un ulteriore efficientamento della
spesa locale con costi e fabbisogni standard
Le vie della ripresa
IL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA
CONTI PUBBLICI
E STIME
DEL GOVERNO
Pressione fiscale in crescita nel 2016
Ferma nel 2015 rispetto ai valori dello
scorso anno (43,5%, con un picco
record del 50,3% registrato dall’Istat
nell’ultimo trimestre) la pressione
fiscale - misurata come rapporto tra
entrate tributarie e contributi sociali
sul Pil - è destinata a crescere nel
2016. Trainata da un aumento delle
entrate tributarie dal 30,3% al 31,2%
Pressione fiscale. Valori in % del Pil
2015
2016
2017
43,5
44,1
44,1
2018
2019
44,0
43,7
Scommessa di Renzi sui tagli
ma per ora il fisco cresce
Senza interventi pressione fiscale da 43,5% nel 2015 a 44,1% nel 2016
ROMA
pDa un lato la manovra sul-
la spesa corrente, indispensabile per disinnescare le
«clausole di salvaguardia»,
che vale almeno 10 miliardi
da realizzare con la prossima
legge di stabilità. Tagli che investiranno sia la spesa centrale che quella decentrata,
con interventi (prospettati)
sia sul versante delle agevolazioni fiscali che su quello
degli incentivi alle imprese.
Dall’altro, l’obiettivo (che
resta sullo sfondo) di provare a ridurre le tasse dal 2016,
qualora il Pil cresca di più
del target programmato, si
riesca a incrementare la dote della spending review utilizzando al tempo stesso
qualche margine in più di deficit e lo spazio offerto dalla
flessibilità europea sul versante delle riforme.
Le cifre del Def e del Programma di stabilità, che dopo
l’esame preliminare avviato
ieri saranno approvate venerdì, confermano l’intendimento del governo di utilizzare accanto ai 10 miliardi
della spending review i risparmi che sarà possibile realizzare sul fronte degli interessi con l’aggiunta delle
maggiori entrate propiziate
da una crescita più sostenuta
rispetto al quadro dello scorso autunno. In totale altri 6
miliardi. Quanto alla clausola
di flessibilità sulle riforme, lo
“sconto” dovrebbe attestarsi
attorno ai 6,4 miliardi, per effetto della riduzione dallo 0,5
allo 0,1% del taglio del deficit
strutturale. Il quadro a legislazione vigente sconta evidentemente la presenza delle
clausole di salvaguardia e
dunque andrà aggiornato in
settembre. Al momento si registra per le entrate tributarie
un aumento dal 30,3% del 2015
al 31,2% nel 2016, con la pressione fiscale che inevitabilmente passerebbe dal 43,5%
di quest’anno al 44,1% del
2016.
Il ministero dell’Economia
ha più volte invitato al riguardo a considerare l’effetto del bonus Irpef da 80 euro
per i redditi fino a 26mila euro, che invece per convenzione contabile europea viene
conteggiato tra le maggiori
spese sociali. Di fatto, al momento nel quadro a legislazione vigente le tasse non
possono che crescere. E dunque la vera scommessa per il
governo è sia sostituire l’aumento dell’Iva e delle accise
con tagli selettivi (e non lineari) alla spesa corrente primaria, sia recuperare risorse
A pag 33
di salvaguardia prevista dalla legge di stabilità del 2014,
che riduce il gettito di 3 miliardi nel 2015 e 3,7 miliardi
dal 2016.
Sul versante della spesa
corrente primaria (dal 46,2
del 2015 al 45,7% del 2016), si
delinea per gli enti locali uno
nuovo step in direzione del
«processo di efficientamento già avviato dalla legge di
stabilità 2015», attraverso
l’utilizzo di costi e fabbisogni
standard.
Poi nell’elenco compare il
capitolo delle partecipate degli enti locali, e per quel che
riguarda la spesa sociale l’intendimento programmatico
del governo è di proseguire
nella «razionalizzazione della spesa per invalidità». Si
prospetta altresì il completamento del processo di razionalizzazione delle stazioni
appaltanti per gli acquisti
della Pa. Nell’elenco dei tagli
compare infine il capitolo
delle agevolazioni fiscali, attraverso quella che al momento viene definita una “razionalizzazione”, e quello degli incentivi alle imprese che
«subiranno una puntuale ricognizione per una successiva razionalizzazione».
I numeri delle prime entrate 2015
D.Pes.
aggiuntive per ridurre ulteriormente il carico fiscale
che grava soprattutto sul lavoro. In senso opposto - si
legge nella bozza del Programma di stabilità - agisce la
sterilizzazione della clausola
IL TESORETTO
Obiettivo principale è evitare
l’aumento dell’Iva ma se la
crescita dovesse andare sopra
lo 0,7% si creerebbero risorse
per ridurre il carico fiscale
NORME E TRIBUTI
A GENNAIO E FEBBRAIO
ENTRATE IN DISCESA
Bene la lotta all’evasione
Il 2015 parte con un gettito in
calo per i primi due mesi
dell'anno. A segnare una
contrazione è in particolare l’Iva.
Ma una buona notizia arriva
invece dalla lotta all’evasione,
che ha consentito di aumentare
gli incassi in modo consistente.
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1,7- 1,8%
Impatto sul Pil delle privatizzazioni
Tanto porteranno le privatizzazioni
in quattro anni nelle casse dello
Stato. Dopo l’intervento su Enel il
Governo sta lavorando su Poste,
Ferrovie ed Enav. Risorse che
saranno utilizzate per ridurre la
curva del debito pubblico
La manovra
Dalla spending 10 miliardi, 6 da interessi e crescita
Altri 6,4 potrebbero arrivare dalla flessibilità Ue
Rispettata la regola del debito
Il rapporto debito/Pil sale nel
2015 al 132,5 per cento dal 132, 1
dello scorso anno, e comincia il
percorso di riduzione a partire dal
2016. Un trend che «consentirà di
rispettare la regola del debito»
prevista da Bruxelles (riduzione di
un ventesimo all’anno per arrivare
fino al limite massimo del 60%)
La mappa dei conti pubblici
Davide Colombo
ROMA
pLe riforme già in fase di implementazioneeilvarodiquellepreviste quest'anno determineranno un
impatto positivo sulla crescita economica immediata al prezzo di un
«deterioramento temporaneo»
deiconti.NelDocumentodieconomia e finanza (Def) esaminato ieri
dal Consiglio dei ministri viene indicato un effetto complessivo legato agli interventi strutturali «considerati ai fini dell'attivazione della
clausola di flessibilità» che vale 0,4
punti di Pil l'anno prossimo, quando è prevista una crescita dell'1,3%.
L'effetto espansivo si dilaterà ulteriormente negli anni successivi
quando il dispiegarsi di tutti gli effetti delle riforme (integralmente
attuate) peserà per l'1,8% sulla crescita del Pil reale del 2020, il 3,1% nel
2025 e il 7,6% nel più lungo periodo.
Più in particolare, sull'anno venturo l'effetto macroeconomico totale
delle riforme dovrebbe spingere in
avanti di un punto di Pil i consumi e
dell'1,1% la spesa per investimenti,
mentre l'occupazione crescerebbe
dello0,5%.Suisaldidifinanzapubblica tale effetto espansivo lascia il segno, quel «deterioramento temporaneo»cheèdovuto«siaaunacopertu-
ra finanziaria non integrale, nel solo
2016,dellariduzionedelcuneofiscale,
siaauntemporaneocalodeiconsumi
privati e dunque delle entrate fiscali a
seguitodelleriformeperlacompetitività».L'indebitamentonettodovrebbe conseguentemente peggiorare di
mezzo punto l'anno venturo, con un
debito/Pilincrescitadello0,6%.
Disaggregando l'impatto di medio termine (2020) delle riforme
strutturali considerate, viene attribuito un impatto pari a 0,6 punti di
Pil al Jobs Act, di 0,4 punti, rispettivamente, alla riforma della Pa e agli
interventiperlacompetitività,dello 0,3% dall'azione “Buona scuola”,
dello 0,1% alla Giustizia. Si equivalgonomaconsegnidiversiglieffetti
di medio termine delle politiche fiscali (cuneo e tassazione Iva e rendite finanziarie) e della spending
review: quest'ultima determina un
calo dello 0,1% del Pil, le prime un
aumento dello 0,1%.
Fin qui le stime basate sul modello econometrico del ministero
dell'Economia. Ma utilizzando i criteri indicati dqalla Commissione
Ue negli anni 2016-2025 le riforme
strutturali determinerebbero un
miglioramento dello 0,21% annuo
del saldo primario.
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132,5
130,9
2017
2018
127,4
123,4
L’ANALISI
Evoluzione dei principali aggregati delle amministrazioni pubbliche *.
In percentuale del Pil
2015
Indebitamento netto secondo i settori della Pa
Amministrazioni pubbliche
-2,6
Variazione cumulata del saldo primario
-0,1
Amministrazioni pubbliche
Totale entrate
48,0
Totale spese
50,5
Indebitamento netto
-2,5
Spesa per interessi
4,2
Avanzo primario
1,7
Misure una tantum **
-0,1
Componenti del lato delle entrate
Totale entrate tributarie
30,3
Imposte indirette
15,1
Imposte dirette
15,1
Imposte in c/capitale
0,1
Contributi sociali
13,2
Redditi da proprietà
0,5
Altre entrate
3,9
Altre entrate correnti
3,6
Altre entrate in c/capitale
0,3
Componenti del lato della spesa
Red lavoro dip + Consumi intermedi
15,3
Redditi da lavoro dipendente
10,1
Consumi intermedi
5,3
Totale trasferimenti sociali
23,2
di cui: sussidi di disoccupazione
1,0
Trasferimenti sociali in natura
2,6
Prestazioni sociali non in natura
20,6
Interessi passivi
4,2
Contributi alla produzione
1,6
Investimenti fissi lordi
2,2
Trasferimenti in c/capitale
1,4
Altre spese
2,4
Dino
Pesole
2016 2017 2018
-1,8 -0,8
-0,4 -0,6
0,0
-0,5
48,5 48,4
49,9 48,6
-1,4 -0,2
4,2 4,0
2,8 3,8
-0,1 0,0
48,3
47,8
0,5
3,8
4,3
0,0
31,2
15,8
15,3
0,1
12,9
0,5
3,9
3,6
0,3
31,0
16,0
14,9
0,1
13,0
0,5
3,7
3,5
0,2
31,2
16,0
15,1
0,1
12,8
0,5
3,8
3,5
0,3
15,1 14,7 14,3
9,9 9,5
9,3
5,2 5,1 5,0
22,9 22,7 22,6
1,0 1,0 0,9
2,6 2,5
2,5
20,3 20,2 20,1
4,2 4,0
3,8
1,6 1,5
1,4
2,3 2,3
2,2
1,5 1,2
1,1
2,4 2,3
2,3
(*) La prima riga della tavola espone i valori programmatici, i restanti valori
espongono gli andamenti a legislazione vigente. Eventuali imprecisioni derivano da
arrotondamenti; (**) il segno positivo indica misure una tantum a riduzione del deficit
Gli effetti. Nel 2020 l’impatto sarà pari all’1,8% - I risultati maggiori attribuiti al Jobs Act seguito dal riordino della Pa
Dalle riforme una crescita dello 0,4% del Pil
Debito/Pil. Valori in %
2015
2016
Gli effetti macroeconomici totali delle riforme
Scostamenti % del Pil rispetto allo scenario base
2016
2020
Pil
0,4
1,8
Consumi
1,0
2,1
Investimenti
1,1
2,1
Occupazione
0,5
1,5
-0,5
0,5
0,6
-1,1
Indebitamento/Pil
Debito/Pil
Nota: Per il rapporto indebitamento/pil il segno negativo indica un peggioramento
del saldo. Per il rapporto debito/Pil il segno positivo indica un peggioramento
del saldo
La partita
con Bruxelles
si gioca sul filo
dell’attuazione
l secondo « Documento
di economia e finanza»
dell’era Renzi è
confezionato con l’occhio
rivolto ancora una volta a
Bruxelles. La condizione,
su cui di fatto il governo si
gioca buona parte della
propria strategia di politica
economica, è che le
riforme annunciate nel
Def, «incentrate su
mercato del lavoro,
istruzione e incentivi alla
ricerca», abbiano effetti
diretti sulla crescita
potenziale e sulla
sostenibilità del debito. Da
qui la possibilità di
«deviare
temporaneamente» dal
sentiero di convergenza
verso il pareggio di
bilancio. È una delle
opzioni contemplate dalla
nuova flessibilità targata
Bruxelles. La Commissione
Ue porrà particolare
attenzione alle riforme in
grado di «colmare carenze
strutturali», e di produrre
«effetti sinergici grazie a
una scelta adeguata della
combinazione di politiche
e della sequenza temporale
dell’attuazione».
Non a caso, per la prima
volta si fa esplicito
riferimento alla «completa
attuazione» delle riforme,
un’aggiunta che sembra
scritta ad hoc per un paese,
come l’Italia, in cui
storicamente permane un
notevole gap tra il numero
(sostanzioso) delle riforme
approvate dal Parlamento
e l’elenco (decisamente più
contenuto) delle riforme
entrate pienamente in
vigore. Quella che il
governo si accinge a
mettere in campo è dunque
una scommessa non da
poco. Vanno bene le
variabili esterne, in primo
luogo il calo dei tassi e
l’iniezione di liquidità della
Bce. Ma attenzione. Come
ha osservato Mario Draghi
nel corso della sua recente
audizione in Parlamento,
I
questa spinta esogena ha
carattere ciclico e non
strutturale. In poche
parole, quei paesi che alla
fine del programma di
acquisto di titoli sul
mercato secondario
(autunno 2016) non
avranno messo mano a
riforme strutturali vere e
incisive, torneranno alla
casella di partenza. Anche
la stessa clausola di
flessibilità sulle riforme
non vale per sempre,
occorre guardagnarla sul
campo, con azioni incisive
sul fisco, al pari della
giustizia civile, riforme che
accanto al mercato del
lavoro sono valutate da
Bruxelles e dai mercati con
particolare attenzione. Pur
nei limiti di un esercizio
previsionale difficile da
realizzare ex ante,
occorrerà convincere i
partner europei che da qui
al 2020 si possa realizzare
lo 0,4% in più di Pil grazie
PERCORSOOBBLIGATO
Questo Def può far conto
su una serie di variabili
esterne irripetibili
e il governo non può
fermarsi a metà del guado
alla riforma della pubblica
amministrazione. Anche lo
0,3% in più attribuito al
capitolo dell’istruzione va
motivato e realizzato con
grande precisione.
In poche parole, se si
considera che questo Def
può far conto su una serie
di variabili esterne
pressoché irripetibile nel
loro effetto simultaneo e
cumulato, non ci si può
certo fermare a metà del
guado, facendo leva su
quanto realizzato finora.
La partita delle riforme si
incrocia con quella dei
tagli alla spesa, altro punto
decisivo nel giudizio della
Commissione Ue e dei
mercati. Per disinnescare
le clausole di salvaguardia
si punta ora a realizzare
almeno 10 miliardi di tagli
alla spesa corrente.
Operazione anch’essa
tutt’altro che agevole, da
condurre finalmente con
un approccio selettivo,
poiché è del tutto evidente
che il ricorso a tagli lineari
e indifferenziati avrebbe
effetti recessivi al pari
dell’aumento dell’Iva.
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Venerdì l’incontro Anci-governo. Fassino: rassicurazioni importanti dal premier ma serve un decreto enti locali sui nodi del 2015
Sanità. Nel mirino i modelli di pagamento, piccoli ospedali e cure inappropriate
Tensione alle stelle con i sindaci, poi la tregua
Priorità a spending e costi standard
Gianni Trovati
MILANO
pPrima un po’ di polemica, con il
premier Matteo Renzi che si dice
pronto a un «confronto all’americana» con i sindaci «perché ho fatto sia il presidente della Provincia
sia il sindaco quindi un po’ i bilanci
locali li conosco», e poi la tempera-
I FRONTI APERTI
Le Province e le Città
metropolitane sono alle prese
con i tagli della stabilità,
i sindaci chiedono la replica
del fondo Tasi da 625 milioni
tura scende con la promessa di un
incontro prima del varo del Def nel
consiglio dei ministri di venerdì.
«Quelle di Renzi sono affermazioni importanti che vanno incontro
alle esigenze dei Comuni - spiega il
presidente dell’Anci Piero Fassino
riferendosi alle rassicurazioni governative sull’”assenza” di nuovi
tagli -; ora è urgente il decreto enti
locali per risolvere le questioni ancora aperte sui bilanci 2015».
Già, perché nel battibecco fra
Governo e sindaci che ha preceduto il consiglio dei ministri di oggi
non è mancato qualche tratto reso
caotico da problemi di calendario.
Il Documento di economia e finanza guarda per sua natura al futuro, all’orizzonte del 2016-2018,
mentre i tagli che agitano gli amministratori locali sono quelli sul
2015, prodotti dall’ultima legge di
stabilità e dalle “code” delle manovre precedenti. Caso vuole,
però, che i decreti attuativi con
cui si distribuiscono questi sacrifici fra le varie amministrazioni
locali arrivino proprio in questi
giorni, dopo il confronto avvenuto la scorsa settimana in Conferenza Stato-Città.
I primi numeri emersi sono
quelli relativi a Province e Città
I NODI
I tagli
Il Def guarda per sua natura
al triennio 2016-2018 mentre
gli enti locali sono alle prese
con gli effetti della manovra
2015. In primis Province e
Città metropolitane che
aspettano proprio in questi
giorni il decreto attuativo con
la ripartizione dei tagli ente
per ente. Enti che, nel loro
complesso, ammontano a 744
milioni sulle prime e a 256
sulle seconde.
Il fondo Tasi
In cima alla lista di priorità
dei Comuni c’è invece la
replica del fondo Tasi da 625
milioni che l’anno scorso ha
aiutato 1.800 sindaci a
chiudere i conti concedendo
anche qualche detrazione
sull’abitazione principale
metropolitane, con l’assegnazione di una stretta da 744 milioni alle
Province e da 256 milioni di euro
alle Città metropolitane (si veda
Il Sole 24 Ore di sabato 4 aprile).
Assegnati in base a un complesso
meccanismo che incrocia le capacità fiscali dei territori e i «costi efficienti» calcolati da Sose per le
singole attività, questi tagli colpiscono in maniera molto diversa da
caso a caso: alla Città metropolitana di Firenze, per esempio, la manovra impone una sforbiciata del
30% rispetto ai livelli medi di spesa
corrente registrati nel 2010-2012, e
lo stesso accade a Province come
Padova, Verona, Prato, Monza o
Avellino, mentre a Milano la limatura non arriva al 7 per cento. Sul
punto, la chiusura di Renzi è per
ora totale perché, ha sostenuto ieri
in conferenza stampa il premier,
«abbiamo semplicemente allineato le risorse alle funzioni, che sono
state ridotte». «Niet» anche sulla
possibilità di togliere alle Città me-
tropolitane le sanzioni per il Patto
sforato dalle vecchie Province
(problema che riguarda anche Torino, come ha voluto ricordare ieri
Renzi rivolgendosi a Fassino).
Nella Stato-Città della scorsa
settimana sono passati anche i
metodi di riparto dei tagli 2015 ai
Comuni, da tradurre in decreto
in questi giorni. Sul versante comunale, i sindaci continuano a
chiedere la replica del fondo Tasi
da 625 milioni di euro, che l’anno
scorso ha aiutato 1.800 Comuni a
chiudere i conti mettendo anche
qualche detrazione sull’abitazione principale.
Con tutto questo, però, il Def
non c’entra molto. Al capitolo enti
locali, le prospettive indicate dal
Documento di economia e finanza
puntano soprattutto sui tagli alle
società partecipate, anche sulla
base del fatto che, sostiene Renzi,
«è un dato di fatto che la spending
debba continuare». Ma questa è
un’altra partita, che si giocherà con
la riforma Madia e con la manovra
del prossimo autunno.
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Roberto Turno
pSpesa sanitaria a tutta spen-
ding e costi standard. Con nuovi
modelli di pagamento delle prestazioni a ospedali e cliniche, laboratori privati e produttori di
protesi.L'addioaospedalettiemini-cliniche convenzionate, il colpo di scure a centinaia e centinaia
di primariati e di reparti doppione, la riduzione del personale. Poi
le penalizzazioni per le cure inutili, che costeranno care alle strutture pubbliche e private. E una
manovra sui farmaci che
quest'anno varrà 235 mln i più altri
310 mln per il mancato aumento
del Fondo 2015 e nuovi prezzi per i
medicinali biotecnologici scaduti
di brevetto. È all'incrocio tra Def,
Programma nazionale di riforma
e il prossimo accordo Governoregioni sui tagli 2015 al Ssn da 2,35
mld, che si gioca la partita sulla
spesa sanitaria.
Tra Def e piano riforme il Governo si limita solo in apparenza a
indicare tappe e programmi del
«Patto-salute», in larga parte ancora da applicare. L'insistenza sui
risparmi da spending review e sui
costi standard chiama inevitabilmente in causa il Ssn, che già ha in
cantiere (o in parte attuato) quelle
leve.Inevitabilecheilrichiamoalla revisione del sistema di remunerazione delle prestazioni faccia
parte delle riforme in itinere. Anche i pagamenti agli ospedali (i
Drg), sui quali ci sarà una sperimentazione fino al 2016, per arrivare a un modello più equo e tarato sulla realtà italiana.
A dare sostanza ai risparmi inevitabiliperitagliimpostidallamanovra 2015, sarà intanto a breve
l'accordo Governo-regioni, con
lo show down a oggi prevedibile
per giovedì 16 aprile. Il menu è
pronto e indica risparmi su beni e
servizi e dispositivi medici da 1,39
miliardi tra rinegoziazione dei
contratti, riduzione del tetto di
spesa al 4%, possibile pay back in
parte a carico delle imprese. Poi
altri 195 mln di risparmi contro le
cure inappropriate, intervenendo su specialistica (106 mln) e ricoveri di riabilitazione (89 mln).
Altri risparmi (78 mln, ma per difetto) dovranno arrivare dalla cura dimagrante per i piccoli ospedali, il taglio dei reparti inutili ma
anche gli effetti per la riduzione
della spesa per il personale, esplicitamente richiamata.Sui farmaci
l'effettodiinterventosulProntuario, raggruppando i farmaci terapeuticamente «assimilabili», saràquest'annodi200mln(400l'anno prossimo) e altri 35 arriveranno dai prezzi dei prodotti biotech
scaduti di brevetto.
Sin qui la manovra sui conti. Ma
ce n’è anche una che vorrebbe il
ministerodellaSalute:il«ripensamento» del sistema di governance e di produttività di asl e ospedali: saranno tutti valutati e confrontati per i risultati. E chi sfora, paga.
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