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Italian Journal of
Geriatrics and Gerontology
2015; 3(1): 21-24
Caso Clinico
UTILITà DELL’ANAMNESI ROIPNOLOGICA IN PAZIENTI CON FATTORI DI RISCHIO
CARDIOVASCOLARI INCONTROLLABILI PER EVENTI ISCHEMICI: CASO CLINICO
THE IMPORTANCE OF ANAMNESIS OF QUALITY SLEEP IN PATIENTS WITH
CARDIOVASCULAR RISK FACTORS: A CASE REPORT
N. Silvestri, G. Castellano, A. Di Palma, M. Scognamiglio, F. Caserta
A.S.L. Napoli 1, Centro - Dipartimento delle Fragilità
RIASSUNTO
Riportiamo il caso clinico di una paziente con sindrome delle apnee notturne e con importanti fattori di rischio cardiovascolari evidenziando l’importanza della diagnosi e trattamento dei disturbi associati al sonno.
PAROLE CHIAVE: rischio cardiovascolare, OSAS, anamnesi roipnologica
ABSTRACT
We report the case of a patient presenting Obstructive Sleep Apnea Syndrome and cardiovascular risk factors.
KEY WORDS: cardiovascular risk, Obstructive Sleep Apnea Syndrome, anamnesis of quality sleep
Nel settembre 2009 giunse per la prima volta
alla nostra osservazione presso l’ambulatorio
di geriatria una donna L.G. di 77 anni che presentava scarso controllo dei valori di pressione
arteriosa. La paziente aveva un alto grado di scolarità (18 anni) e svolgeva regolarmente l’attività
di farmacista. Alla raccolta dell’anamnesi patologica remota ci riferì di essere affetta da circa 10
anni da ipertensione arteriosa soprattutto diastolica in terapia con Atenololo, diabete mellito
di tipo 2 in terapia con Metformina e Glibenclamide, broncopneumopatia cronica ostruttiva in
trattamento con Tiotropo bromuro, ernia iatale
con esofagite da reflusso in trattamento con
Esomeprazolo, ipotiroidismo sub-clinico post
tiroidite che fino ad allora non aveva richiesto
alcun trattamento sostitutivo, ed osteoporosi
senile con pregressi crolli vertebrali multipli in
sede dorsale. La paziente era obesa (peso 82 kg,
altezza 165 cm, BMI 30.14 kg/m2) e non fuma-
trice. All’esame fisico mostrò aortomiocardiosclerosi con insufficienza mitralica di grado lieve,
ipoacusia bilaterale da otosclerosi, limitazione
funzionale del rachide dorsale per i pregressi
crolli vertebrali, insufficienza respiratoria con
riduzione della saturazione dell’ossigeno in aria
ambiente (96%) e valori di pressione arteriosa
ai limiti alti della norma (130/90 mmHg) sia
al braccio destro che al braccio sinistro. L’elettrocardiogramma era nella norma. Gli esami
di laboratorio erano tutti nella norma eccetto
l’emoglobina glicata (7.8%).
Ritenemmo pertanto di apportare delle modifiche alla terapia: sostituimmo Atenololo con
Nebivololo per i minori effetti collaterali a livello
respiratorio, aggiungemmo Olmesartan 20 mg/
die per un miglior controllo pressorio, aumentammo il dosaggio dei farmaci antidiabetici orali
ed introducemmo Neridronato e Colecalciferolo
per il trattamento dell’osteoporosi e la prevenzione di ulteriori fratture ossee.
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Nei mesi successivi fu necessario apportare
ulteriori modifiche alla terapia poichè la pressione arteriosa continuava ad essere non ben
controllata, il diabete mellito era scompensato
a causa anche di una mancata aderenza della
paziente alla dieta ipoglucidica ed i valori degli
ormoni tiroidei erano alterati. Pertanto usammo
l’associazione Olmesartan 20 mg/Idroclorotiazide 25 mg/die, aumentammo ulteriormente i
dosaggi dei farmaci antidiabetici orali (Metformina 1000 mg/die e Glibenclamide 10 mg/die)
ed aggiungemmo Levotiroxina 25 mcg/die. Ai
controlli successivi la paziente lamentò una sintomatologia dolorosa dovuta a gonartrosi bilaterale e sindrome vertiginosa da artrosi cervicale
con evidenza alla radiografia di riduzione degli
spazi intersomatici C3-C4, C4-C5, C5-C6, C6-C7.
Inoltre nel 2010 fu sottoposta ad asportazione
di melanoma localizzato allo zigomo sinistro.
Nel di gennaio 2011 per il presentarsi di cardiopalmo la paziente si recò a controllo ambulatoriale. All’ascultazione cardiaca l’attività era
aritmica confermata dall’elettrocardiogramma
che mostrò un ritmo da fibrillazione atriale ad
alta risposta ventricolare. Praticammo il protocollo di cardioversione a ritmo sinusale, essendo
la fibrillazione insorta da meno di 48 ore, con
Propafenone per os (2 compresse da 300 mg
subito, una compressa da 300 mg dopo 6 ore,
una compressa da 300 mg cp dopo 8 ore e dopo
altre 8 ore). Aggiungemmo in fine alla terapia in
atto fino ad allora Propafenone 300 mg x 2/die
ed Acido Acetilsalicilico 100 mg/die visto la non
volontà della paziente a sottoporsi a periodici
controlli laboratoristici in caso di prescrizione
di Warfarin. La valutazione dello stato del tono
dell’umore attaverso la Geriatric Depression
Scale (GDS) mostrò la presenza di sindrome ansioso-depressiva (21/30) che iniziammo a trattare con Sertralina 50 mg/die. Sottoponemmo
la paziente a controlli ravvicinati per valutare
l’efficacia e la tollerabilità della terapia antiaritmica e notammmo una notevole instabilità del
ritmo cardiaco.
A fine febbraio la paziente si recò in pronto soccorso per transitorio obnubilamento del
sensorio e successiva caduta al suolo. Presentava ipostenia degli arti di sinistra e praticò in
urgenza una TC del cranio senza mdc che risultava negativa. Venne ricoverata in neurologia,
all’esame neurologico si presentava soporosa,
ma risvegliabile, con emiplegia facio-brachiocrurale sinistra e con segno di Babinski positivo
a sinistra. La TC del cranio senza mdc praticata
due giorni dopo il ricovero mostrava “in sede
frontale destra, a sede cortico-sottocorticale,
un’area rotondeggiante a spontanea densità
ematica circondata da edema perilesionale; a
carico della corticale adiacente, a sede più mediale, un’area di iperdensità della corticale e della porzione anteriore della falce cerebrale della
stessa natura; omolateralmente in sede nucleocapsulare presenza di un’area di ipodensità da
riferire a lesione ischemica; ampliamento degli
spazi subaracoidei della volta”. I successivi controlli TC e RM praticati durante il ricovero documentarono la riduzione volumetrica dell’area di
iperdensità ematica in sede fronto-polare destra
e la regressione dell’emorragia subaracoidea
fronto-polare bilaterale.
Da subito dopo la dimissione la paziente
iniziò una dieta ipocalorica e la riabilitazione
neurologica praticando cicli pentasettimanali di
FKT per il recupero della funzionalità degli arti
di sinistra.
A distanza di pochi mesi dalla dimissione la
paziente praticò un nuovo esame RM del cranio
che mostrò “ulteriore regressione della componente emorragica localizzata in sede cortico-sottocorticale destra, stabilizzazione della lesione
ischemica in sede nucleo-capsulare destra, modica atrofia corticale e presenza nella sostanza
bianca del centro semiovale di sinistra di alcune
areole di tenue sofferenza parenchimale su base
vascolare”.
Al successivo controllo geriatrico la paziente
risultò dimagrita (peso 75 kg, altezza 165 cm,
BMI 27.6 kg/m2), con lieve deficit di lato sinistro,
con persistente instabilità dei valori di pressione
arteriosa. Sottoponemmo la paziente ai test
psicometrici: il Mini Mental Status Examination
(MMSE) score era nella norma (30/30), il test
delle 15 parole di Rey era deficitario (punteggio
rievocazione immediata 36/75, punteggio rievocazione differita 9/15), il test del cubo era nella
norma e il clock drawing test era alterato. La
paziente riferiva inoltre stanchezza e sonnolenza
diurna. A questo punto interrogammo il marito
della paziente per la valutazione dell’anamnesi
roipnologica. Venimmo così a conoscenza del
fatto che la paziente era una russatrice e che
probabilmente più volte durante la notte aveva
degli episodi di apnea. La sottoponemmo pertanto ad esame polisonnografico che evidenziò
la presenza di una grave sindrome delle apnee
notturne (AHI 38.0, apnee ostruttive 202, apnee
OSAS e rischio cardiovascolare
centrali 86, apnee miste 2). Praticò così la titolazione ed iniziò il trattamento con BPAP.
Da quando ha iniziato la terapia delle sindrome delle apnee notturne con ventilazione meccanica a pressione positiva la paziente non ha
avuto più episodi di fibrillazione atriale e quindi
non è più ad elevato rischio tromboembolico,
non presenta più labilità dei valori di pressione
arteriosa ed ha ridotto la terapia anti-ipertensiva, il diabete mellito è ben compensato (Hb A1C
5.4%) oltre a non avere più sonnolenza diurna e
stanchezza mattutina.
All’ultimo controllo di agosto c.a. la situazione clinica si presenta stabile, la pressione
arteriosa e la frequenza cardiaca sono nella
norma (130/80 mmHg, 64 battiti al minuto), il
ritmo è sinusale, la situazione emodinamica è in
equilibrio, la glicemia è ben controllata, il BMI
è 31.25 Kg/m2 (peso 85 kg ). Il MMSE score è
30/30, GDS score è 18/30, il test delle 15 parole
di Rey è migliorato (punteggio rievocazione immediata 46/75, punteggio rievocazione differita
12/15), il test del cubo è nella norma e il clock
drawing test è ancora alterato. L’ultima RM cranio è sovrapponibile a quella precedentemente
praticata. Attualmente la terapia praticata dalla
paziente è: Flecainide 100 mg x 2/die, Acido
Acetilsalicilico 100 mg/die in associazione con
Clopidogrel 75 mg/die, Perindopril 5 mg/die
in associazione con Indapamide 1.25 mg/die,
Nimodipina 30 mg x 2/die, Pantoprazolo 40 mg/
die, Levosulpiride 25 mg x 2/die, Levotiroxina
25 mcg/die, Sertralina 50 mg/die, Neridronato
e Colecalciferolo, Metformina 500 mg x 2/die
associato con Glibenclamide 5 mg x2 /die, Lovastatina 40 mg/die.
Discussione
La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno
(OSAS) è una patologia molto frequente con una
prevalenza del 4% nel sesso maschile e del 2% in
quello femminile con una incidenza che tende
ad aumentare con l’età fino alla sesta decade
di vita, tendendo poi a ridursi con l’invecchiamento. Circa il 42% dei pazienti anziani è affetto
da OSAS. In Italia ne soffrono circa 2 milioni di
pazienti, ma la diagnosi non viene fatta nel 93%
delle donne e nell’82% degli uomini.
La OSAS è significativamente associata a
patologie cardiovascolari. In particolare ne sono
affetti il 25% dei pazienti con insufficienza car-
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diaca, il 30% dei soggetti con sindrome coronarica acuta, il 50% dei pazienti con ipertensione
arteriosa ed il 60% dei pazienti con stroke. Il
meccanismo patogenetico di questa associazione è complesso. Durante gli episodi di apnea
avvengono importanti alterazioni emodinamiche caratterizzate dall’aumento del tono simpatico con conseguente vasocostrizione periferica, dall’aumento della pressione polmonare
secondaria ad ipossiemia e dall’aumento della
negativizzazione della pressione intratoracica
durante gli sforzi respiratori che a sua volta causa aumento del ritorno venoso, congestione del
cuore destro, riduzione del riempimento ventricolare sinistro e quindi della gittata sistolica.
Tutto questo spiega l’instaurarsi di ipertensione
arteriosa, ipertensione polmonare, variazioni
repentine della frequenza cardiaca.
L’ipossiemia intermittente conseguente agli
episodi di apnea è in grado di promuovere uno
stato infiammatorio attraverso l’attivazione di
fattori di crescita e citochine che insieme all’attivazione simpatica contribuiscono alla disfunzione endoteliale e all’aterosclerosi dei vasi. Il
processo di aterosclerosi è marcato ed accelerato nei pazienti con OSAS indipendentemente da
altri fattori di rischio coesistenti ed il danno vascolare risulta tanto più importante quanto più
severa è la patologia respiratoria notturna (1).
L’ipossiemia sembra avere un effetto anche
su diversi processi metabolici. Infatti l’ipossia
intermittente e gli arausal inducono un susseguirsi di picchi di cortisolemia ed una cascata
di reazioni che portano all’attivazione a livello
del tessuto adiposo di alcune adipocitochine
coinvolte nel metabolismo del glucosio e nei
meccanismi dell’insulino-resistenza (2).
L’ipossia e l’ipercapnia intermittente insieme alla frammentazione del sonno sono responsabili anche di deficit cognitivi soprattutto
delle funzioni esecutive, dell’attenzione e della
memoria. Tali deficit si associano a delle reali
alterazioni strutturali (riduzione di volume della
sostanza grigia) a carico dei corpi mammillari,
della corteccia parietale posteriore sinistra e del
giro frontale superiore di destra. Un precoce ed
efficace trattamento delle apnee comporta il
miglioramento della sintomatologia cognitiva,
ma anche un aumento della sostanza grigia nelle
strutture ippocampali e frontali (3,4). Inoltre è
stato osservato che i pazienti con OSAS hanno
dei cambiamenti metabolici cerebrali rilevati
dalla spettroscopia a risonanza magnetica, indi-
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cativi di ridotta capacità di sopravvivenza neuronale nel lobo frontale ed una diminuzione del
metabolismo ippocampale, che regrediscono
dopo il trattamento con CPAP per 6 mesi (5).
Conclusioni
In conclusione questo caso clinico ci dimostra come l’anamnesi del paziente non può
non tenere in considerazione la valutazione del
sonno. Infatti un disturbo del sonno può essere
la causa di numerose patologie resistenti alla terapia farmacologica e che espongono il paziente
a rischi quoad vitam e quoad valetudinem.
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Corrispondenza:
Dott. Francescosaverio Caserta
ASL Napoli 1 Centro – Dipartimento delle Fragilità
[email protected]