Due mamme e tre figli: vi presento la mia famiglia. Ma per lo Stato

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Due mamme e tre figli: vi presento la mia famiglia. Ma per lo Stato
donne coraggiose
Moglie e madre, Federica
ha una vita normale.
Finché si innamora di
Cecilia. E, sfidando
i giudizi di amici
e parenti, ricostruisce la
sua esistenza con lei.
Orgogliosa di fronte al
mondo, ma invisibile per
la legge. Che non le
conferisce nessun diritto
verso i loro gemellini
Due mamme e tre figli: vi
presento la mia famiglia.
Ma per lo Stato non esiste
di Arianna Lattisi - foto di Stephanie Gengotti per
«S
ignora mi dispiace, lei
non è una parente, non
posso farla entrare».
L’infermiera è
irremovibile. Vorrei
mangiarmela anche se è una collega: i miei
gemelli hanno aperto gli occhietti due mesi
prima della fine della gravidanza e io non
posso vederli, non posso correre ad
abbracciare Cecilia, la donna che amo.
«La prego, mi dica almeno come stanno»,
le chiedo. «Stia tranquilla, sono bellissimi e
stanno bene», mi risponde con un sorriso.
«Mi spiace davvero sa, non poterglieli
mostrare», si giustifica comprensiva. «Ma la
legge non me lo consente».
Già, la legge. Quell’insieme di norme che
certificano la mia estraneità da questi due
esserini che amo già con tutta me stessa.
Li ho voluti esattamente quanto Arianna, la
mia primogenita che oggi ha dieci anni. Mi
sono commossa guardando la loro
ecografia. Li ho sentiti scalciare. Ho
comunicato con loro per sette mesi nel
pancione. Anche se il pancione che li ha
protetti e nutriti non era il mio. Era quello
di Cecilia, la mia compagna, che li ha
partoriti da pochi minuti mentre io
aspettavo nella stanza dei papà. Vi pare
strano? Non mi sorprendo. Fino a qualche
anno fa, l’avrei pensato anch’io.
Federica Bruni, 38 anni, e la compagna Cecilia, 32, con i
loro gemellini: Valerio ed Emma, 2. Della famiglia fa parte
anche Arianna, 11, figlia di Federica e del suo ex marito.
M’innamoro di Cecilia e vengo
presa dal panico: che fare?
Ho 32 anni, un marito, una figlia, un lavoro.
Una vita normale, insomma. Poi faccio
amicizia con Cecilia, infermiera come me.
All’inizio condividiamo solo i turni di
lavoro, poi qualche uscita al centro
commerciale, al cinema, al parco con mia
figlia. Una bella amicizia, nulla di cui
stupirsi. Per lo meno fino a quando inizio a
provare per lei qualcosa di più forte, di
diverso. Continuo a ripetermi che non
poteva essere ciò che sembrava, perché sono
una moglie, una mamma, una donna adulta
e non una ragazzina volubile che perde la
testa in maniera del tutto irrazionale.
Eppure, dentro di me, so perfettamente che
ciò che sento è semplicemente amore.
Potevo cercare di reprimerlo, di nasconderlo
a me stessa e agli altri, ma il mio cuore
continua a dirmi che mi sono innamorata
di Cecilia. E lei di me. In un mondo
perfetto, un amore corrisposto sarebbe
condizione sufficiente per la felicità. Invece
io passo dalla curiosità alla confusione, fino
a ritrovarmi in preda al panico.
Così scappo. Guido tenendo la radio
accesa, per non pensare. Mia figlia Arianna
canticchia allegra abbracciando la sua
bambola: quella che per lei è una gita dai
nonni, per me è la fuga da una situazione
che mi spaventa. Vedo attraverso il
finestrino i luoghi della mia infanzia,
ripenso al mio passato mentre cerco un
modo per conciliare il presente con quello
che sarebbe diventato il mio futuro.
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donne coraggiose
Mia madre si preoccupa di
quello che dirà la gente
«Non ci pensi alla bambina? Come
crescerà? E che dirà la gente?». Mia madre,
a cui chiedo ospitalità, è visibilmente
turbata. Un attimo prima sua figlia è una
mamma sposata che vive una vita
“normale”, e subito dopo è una separata
lesbica piena di turbamenti.
«Fidati di me», rispondo, ma le sue
domande sono anche le mie.
Mi rendo conto di amare quella donna, la
desidero, voglio stare con lei, ma tutto
questo mi sembra incompatibile col mio
ruolo di madre e moglie. Cosa c’è di
sbagliato in me? Perché, dopo aver amato e
sposato il padre di mia figlia, ora il mio
cuore batte per una donna? Sono stata
travolta da un uragano di emozioni vere,
sincere, forti. Mi chiedo che cosa mi sia
successo per avere una forza tale da
stravolgere in questo modo la mia vita. E la
risposta era una soltanto: mi sono
innamorata. Al telefono con Cecilia, le dico
che non si può fare, che non c’è modo di
vivere questa “cosa”, come ancora chiamavo
l’amore sbocciato fra noi. «Se non c’è, lo
inventeremo noi. Insieme», suggerisce lei.
La ragione mi dice di tornare a casa da mio
marito. Io, però, scelgo di dar retta al cuore.
I commenti degli amici non si fanno
attendere. «Ma che cos’hai nella testa? Butti
via tutto?», mi dice qualcuno. Altri lo
pensano. Eppure trovo il coraggio di seguire
l’unica strada che mi permette di non
buttar via me stessa. E dimostrare a me e
agli altri che io non voglio distruggere, ma
costruire. Costruire una nuova famiglia.
Forse atipica, ma gonfia di amore.
Per lo Stato Cecilia
è una ragazza madre
E ora sono qui, divorata dalla frustrazione:
un muro mi separa da Emma e Valerio, i
figli che considero miei anche se lo Stato
preferisce etichettarli come figli di una
ragazza madre, una single costretta a fare
tutto da sola. Non è stato facile coronare il
nostro sogno di maternità, abbiamo dovuto
varcare un confine. In un giorno di inizio
primavera l’atterraggio a Barcellona: dopo
settimane di ricerche, informazioni, esami e
stimolazioni ormonali, ecco giunto il
momento di provare a dare un fratellino a
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Federica e Cecilia
si sono conosciute
sul lavoro: sono
entrambe
infermiere.
Stanno insieme da
sei anni e vivono
insieme ai tre figli
a Roma.
Quali sono i diritti dei
figli di coppie gay?
Ne parliamo con Giuseppina Ladelfa,
presidente dell’associazione Famiglie
Arcobaleno (famigliearcobaleno.org).
• Quanti sono i figli di famiglie
omogenitoriali in Italia? «Non esistono
stime ufficiali, ma ci aggiriamo intorno ai
10mila. Se si parla di ragazzi con un solo
genitore omosessuale, siamo sui 100mila».
• Che diritti ha il figlio di una coppia
gay? «Ha diritti solo rispetto al genitore
biologico. Col genitore di fatto non ha
legami: non può ereditare, non può essere
affidato a lui in caso di decesso del
genitore biologico, non può ricevere le sue
visite in ospedale. E se la coppia si separa
male, il genitore legale può impedire che
l’ex veda i figli».
• Che cosa bisogna fare per garantire
diritti alle famiglie omogenitoriali?
«Una legge che riconosca questo genere
di legami. Ottenendo così la parità di diritti
tra figli di coppie etero
e omosessuali».
• Per approfondire il
tema, si può leggere
Amori senza diritti
(Zona, 15 euro) di
Mimma Scigliano.
Valentina Valota
mia figlia. Una vacanza speciale, due giorni
nella clinica specializzata in fecondazione
assistita e il resto a spasso per le strade
spagnole e per i musei. Siamo fortunate,
dal punto di vista biologico, perché Cecilia
resta incinta al primo tentativo. La nostra
fortuna, però, si esaurisce qui, poiché in
Italia non è facile essere una famiglia
diversa: tanti pregiudizi e troppi limiti.
Mentre aspetto che arrivi un dirigente
dell’ospedale da implorare perché mi
conceda di vedere Emma e Valerio, penso
che questo senso di frustrazione lo proverò
molte volte, in futuro. So, che non potrò
andare a prendere i nostri figli a scuola,
senza un’autorizzazione scritta e firmata
dalla loro unica madre legale. Ci saranno
difficoltà anche per andare in vacanza: i
gemelli non potranno viaggiare con me
senza un documento rilasciato dalla
questura. E se, per disgrazia, dovesse
capitare qualcosa a Cecilia, so che
verrebbero affidati a una “famiglia normale”
e non a me. A una mamma e un papà
estranei, piuttosto che alla donna che ora
freme per poter vedere i loro visi, per
stringere le loro manine e che, come l’altra
loro mamma, li amerà per tutta la vita.
Vedo i miei bimbi solo perché
un dirigente chiude un occhio
Stringo tra le mani i primi calzini che
abbiamo comperato, subito dopo fatto il
test di gravidanza. Immagino quei quattro
piedini che si agitano nelle incubatrici:
mantengo la calma a fatica, vorrei abbattere
la porta della terapia intensiva a calci e
pugni per dimostrare il male che mi stanno
facendo le assurde regole italiane. Chissà se,
alla fine, il dirigente che mi concede il
permesso di entrare ha trovato una norma
eccezionale addentrandosi nel regolamento,
o si è lasciato guidare dal buon senso e dal
buon cuore. «Entri pure, mamma Federica,
i suoi figli la aspettano», mi dice,
assumendosi una responsabilità più grande
di lui sotto il dolce sguardo di approvazione
delle infermiere. Loro hanno capito che
siamo una famiglia come tutte le altre e che
i nostri figli saranno amati proprio come i
bimbi di una coppia eterosessuale.
Nonostante ciò domani, quando partorirà
un’altra mamma lesbica, la inviteranno a
pazientare nella sala d’aspetto perché così
vuole la legge. E tutto ricomincerà daccapo.