Prevenzione della contaminazione microbica dell`acqua usata nei
Transcript
Prevenzione della contaminazione microbica dell`acqua usata nei
www.acqua-dentisti.com Prevenzione della contaminazione microbica dell’acqua usata nei riuniti. * Prof. Giuliano Agolini - Dip. Scienze Biomediche Università di Trieste. Per affrontare il problema della disinfezione dell’acqua usata nei combinati va premesso che l’acqua fornita dall’acquedotto municipale non è mai sterile. Specie nella rete di distribuzione idrica ospedaliera, poi, l’acqua, ritenuta “potabile” si può arricchire dei più pericolosi agenti patogeni. I CDC di Atlanta, nella seconda edizione (2003) delle loro linee guida suggerite per la riduzione delle infezioni in odontoiatria, hanno pertanto aggiunto una sezione relativa alla qualità dell’acqua usata nei riuniti (1). Nelle linee idriche degli stessi le conte microbiche non dovrebbero superare le 500 unità formanti colonia (CFU) per ml. Poiché però, pochi giorni dopo l’installazione di nuove unità dentarie, se non si cura la disinfezione idrica, il totale dei batteri può superare anche di 1000 volte detto livello, si evidenzia l’assoluta necessità di interventi efficaci di riduzione preventiva. Per i riuniti esiste la possibilità di usare acqua sterile in flaconi di plastica di grande volume oppure acqua addizionata con sostanze biocide in grado di eliminare i patogeni più pericolosi ed anche la formazione di biofilm, ma non sempre i risultati rimangono soddisfacenti nel tempo. I nuovi combinati possono presentare, in tempi brevi, difficoltà di tipo meccanico, per l’impiego di tubi troppo lunghi e sottili, per gli arresti del flusso dovuto a valvole, per l’esistenza di veri e propri tratti morti, per distacchi di perni o di altre parti, per il posizionamento “fisico” dei riuniti alteratosi durante l’uso e per tante altre ragioni che possono aggravare i ristagni di liquido (in aggiunta a quelli “fisiologici”, ad es., dei week-end) ecc. Si possono così favorire notevoli crescite microbiche, formazioni di biofilm, sviluppo di corrosioni e di vie anomale ecc. Spesso non risulta sufficiente fare scorrere l’acqua rimasta nei tubi dei riuniti per non meno di 2 minuti all’inizio della giornata e per almeno 15 secondi tra un paziente e l’altro. Per migliorare la qualità dell’acqua circolante nei combinati è stata suggerita la sua disinfezione mediante l’aggiunta dei più diversi biocidi, il trattamento con i raggi UV ecc. (2-3-4). Ma il problema, per le cause multiple sopra citate, può permanere. Come nella potabilizzazione dell’acqua negli impianti municipali oggi si preferiscono “sistemi ibridi”, cioè disinfezioni diverse associate, così è stato recentemente proposto lo stesso trattamento per l’acqua dei riuniti. Infatti per trattare l’acqua dei fiumi o delle sorgenti sotterranee non ottimali si ricorre a filiere di potabilizzazione, basate: 1) sulla filtrazione iniziale, tramite river bank o grigliatura o altri filtri grossolani, cui seguono 2) la preossidazione con ozono o cloroderivati, nonché, 3) la chiariflocculazione e 4) la disinfezione intermedia, per lo più con detti biocidi. Una volta completata quest’ultima operazione, si aggiungono 5) il trattamento con carbone attivato, GAC, ed infine 6) la biostabilizzazione, per lo più con cloroderivati, per poter distribuire tramite la rete periferica, acqua per usi alimentari a carica batterica “sanitizzata” (5-6-7). Così, per garantire la prevenzione migliore della contaminazione microbiologica dell’acqua presente nei tubicini dei riuniti, recentemente, in Italia, come accennato, è stato proposto l’impiego di un sistema antimicrobico “multiplo” che inizia con: 1. un trattamento “cautelativo” dell’acqua di origine municipale (oppure distribuita nell’ospedale), tramite un filtro a pori di 5 micron di diametro, 2. seguita, prima dal passaggio dell’acqua attraverso uno strato di carbone attivato, e poi (ad opera di una pressione additiva fornita da una pompa, regolata in base alla quantità d’acqua necessaria), 3. dal superamento di una membrana per l’osmosi inversa, in grado di eliminare il 99,9% delle sostanze organiche (compresi i microrganismi) ed oltre il 90% delle sostanze inorganiche; con, infine, 4. A) un’aggiuntiva disinfezione idrica assicurata da una lampada a raggi UV, a bassa pressione, per ottenere un definitivo effetto biocida sull’acqua pronta per essere usata nel riunito. 1 www.acqua-dentisti.com Questa è la “filiera di base” suggerita per i combinati nuovi ed anche per quelli che non hanno dato in precedenza problemi microbiologici. Se invece si sono avute contaminazioni batteriche dell’acqua introdotta nel riunito o dell’acqua di ritorno dalla bocca del paziente, oppure si sono verificati difetti di manutenzione (per le citate ragioni fisiche, meccaniche o biologiche) in questi casi, effettuate le necessarie correzioni, si sta sperimentando la sostituzione del trattamento 4 A) della “filiera” (che utilizza anche un disinfettante “topico”, i raggi UV) con il trattamento 4 B) che adopera un disinfettante “sistemico”, il biossido di cloro, in grado di assicurare un effetto biocida prolungato nell’acqua utilizzata nel riunito sia “in andata” per i vari impieghi che “nel ritorno” dalla cavità orale. Poiché il biossido di cloro, in soluzione, ha una stabilità ridotta nel tempo (8), per cui nella potabilizzazione dell’acqua viene prodotto estemporaneamente (per lo più per mescolanza del clorito di sodio con mescolanza con un acido adatto), questa stessa necessità si presenta quando viene utilizzato per i riuniti, con alcune differenze di ordine pratico. Come accennato, il biocida viene ottenuto al momento dell’uso mescolando il clorito di sodio all’acido scelto; da detta miscela, dopo qualche ora, si ottiene il biossido di cloro, in concentrazione sufficiente ed anche di relativa stabilità (se conservato al di fuori della luce, in recipiente opaco ben chiuso); si può così addizionarlo, in piccole dosi per alcune settimane, all’acqua che serve al riunito. Poiché il biossido di cloro non produce alometani (presunti cancerogeni) ed, in questo impiego, non è nemmeno pericoloso per la possibile formazione di D.B.P., disinfection by products (cloriti e clorati) per la concentrazione ridotta richiesta dall’acqua ospedaliera trattata nel modo descritto e per le dosi idriche minime utilizzate per singolo paziente, si spera che, negli anni a venire, si possa confermare la validità di questa nuova proposta italiana. Bibliografia: 1. CDC: Guide lines in dentistry. II Ed, 2003 Atlanta. 2. Silla M., Dorigo E., Visintin G.: Disinfezione, sterilizzazione, sanificazione. Min. Stomatol. 1988; 37: 670-87. 3. Falcioni S., Peirono C.: Manuale Atlante di disinfezione e sterilizzazione in odontoiatria. Edizioni Martina, Bologna 2003. 4. Montebugnoli L. Chersoni S. Prati C., Dolci G.: A between patient disinfection method to control water line contamination and biofilm inside dental units. J. Hosp Infect 2004; 56: 297-304. 5. Biondi M.: L’ozono nella disinfezione. Tesi di Laurea Anno Accademico 2002-2003. Università degli Studi “G. D’Annunzio” Chieti-Pescara. 6. Agolini G., Elice I. et al: L’ozono nella disinfezione dell’acqua e dell’aria. L’Igiene Moderna 2001; 115: 213-81. 7. Agolini G., Licciardello M. Melissari G. et al: Legionella ed altri contaminanti dell’acqua. La Ingegneria Ambientale 2005; 34/9: 435-47 e 34/10: 479-94. 8. Block SS.: Disinfection, sterilization, and preservation. IV Ed, Lea & Febiger, Philadelphia 1991; V Ed. Lippincott, Williams & Wilkins, Philadelphia 2001. * tratto da “ Alcuni problemi correlati all’impiego di antisettici e disinfettanti in odontoiatria”, in stampa su “L’Igiene Moderna” – Giugno 2006 -Roma Si segnala la recente pubblicazione dei seguenti volumi: Raitano A, Curti C, Agolini G: Igiene e disinfezione clinica nelle strutture ospedaliere. II Ed., Edizioni Kappadue, Milano, 2004 Agolini G, Raitano A, Viotti PL, Vitali M: Prevenzione di contaminazioni biologiche e chimiche in ospedali e comunità. Ed. Kappadue, Milano, Maggio 2006. 2