Revue de presse - sandrine dole

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Revue de presse - sandrine dole
Sandrine DOLE
DESIGN in situ
Revue de Presse
Informations générales
• p.2, La Tribune de Marrakech : Artisane partisane du design, Journal trimestriel, Rubrique Déco-Visions
d'intérieur, Maroc, 2e trimestre 2009, C. HUON de PENANSTER.
• p.3-5, Wikipédia, en italien
Contrast city I, Les Tissés, accessoires textile
• p.6, Design indaba : Rubber recycling, Site web, Afrique du Sud, 04/04/2011.
• p.7, Indépendance : Caoutchouc ethnique, Magazine trimestriel, Rubrique Shopping Choisir, France, 1er
trimestre 2010.
Design au choix !, conférence
• p.8-9, Le Quotidien : Journée de réflexion : l'avenir du design africain menacé, Quotidien, Sénégal, 13/05/10, C.
THIAM.
• p.10, Dak'art actu : Journée du design, Quotidien événementiel, Sénégal, 11/05/10, Y.A.NDIAYE.
Bon appétit !, appui à la création
• p.11-12, Safem : Les artisanes de Babiadey racontent leur bonheur, Site web, Niger, 24/12/2010, P.A. MENYE.
• p.13-14, Media Niger : La vannerie en région Djerma : un genre artistique, une façon de s’exprimer, Site web,
Niger, 05/19/2010, A. SEYDOU.
L'Arche, signalétique urbaine
• p.15, Suites architecturales - Kinshasa, Douala, Dakar, Ouvrage, Editions VAA, France, 2010, D. DIWOUTA & S.
DOLE.
• p.16, Le Méridien : Les Arches de la Mémoire, Lettre d'information N°1, Douala-Cameroun, 4e trimestre 2008.
• p.17, Le Moniteur B.T.P. : Signalétique urbaine sur mesure, Hebdomadaire, Rubrique Aménagement &
urbanisme, France, 16/11/07, C. VERAN.
• p.18, Mutations : Douala : Un patrimoine culturel riche, une ville d'art et d'histoire, Quotidien, Cameroun,
05/05/07, M. OBAM, repris dans le site web Peuple sawa.
• p.19, Cameroon Tribune : Des Portes vers l'histoire de Douala, Quotidien , Cameroun, 21/03/07, S. TCHAKAM.
• p.20, Mutations : Il faut restituer aux populations l'histoire de leur ville, Quotidien, Cameroun, 18/01/07, D.
KAYESSE.
• p.21, Cameroon Tribune : Douala et les Allemands, l'histoire continue, Quotidien, Cameroun, 30/11/06, M.
ONANA MEBENGA.
Resto-rue, mobilier collectif
• p.22, Familia cristiana : C’è un’altra Africa, Revue, Rubrique Culture/ Art, Italie, n°36, 2006, L. SANDRONE.
• p.23, Amina : Pourquoi pas des ustensiles en céramique ? Magazine féminin, Rubrique Réussir, Cameroun,
n°394, 2003, Y. MONKAM.
• p.24-25, Missionnaires d'Afrique : Pentole d’Africa - Virtù e curiosità di un oggetto povero ma vitale, Site web,
Italie, 2000, I. PENSA.
Pidgin, gamme de vaisselle
• p.26, La Tribune de Marrakech : A chacun sa cuisine, Journal trimestriel, Rubrique Déco-Visions d'intérieur,
Maroc, 2e trimestre 2009, C. HUON de PENANSTER.
• p.27, Déco actuelle : Spécial Asie, Magazine, Maroc, janvier-février 2008.
• p.28, Art de vivre (ADV) : Terre noble, Magazine, hors série, Rubrique Déco design, Maroc, 2008.
• La Poterie africaine, les techniques céramiques en Afrique noire, Ouvrage, éditions Argile, collection Granit,
France, 2005, Camille VIROT.
• p.29-30, Design made in Africa, Catalogue d'exposition, Co-édition Jean-Michel Place/Afaa, France, 2004.
Fil conducteur, exposition
• p.31, Mutations : Identité : le tabouret, entre tradition et modernité, Quotidien, Cameroun, 15/11/2005, M.
OBAM, repris dans le portail web Cameroun Link.
Pat'a mambo, ligne de mobilier et aménagement
• p.32, Dak'art 2000 - Biennale de l'Art africain contemporain, Catalogue d'exposition, éditions Eric Koehler,
France, 2000, pour le compte de l’architecte Danièle Diwouta-Kotto.
Sandrine Dole – Design in situ – http://sandrinedole.free.fr – [email protected] – Tél.: +212 6 13 16 43 13 - Marrakech-Maroc, 2011
Sandrine Dole - Wikipedia
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http://it.wikipedia.org/wiki/Sandrine_Dole
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Sandrine Dole (1976) è una designer francese.
Indice
1 Biografia e carriera
2 Attività
2.1 Design e allestimenti
2.2 Attività didattica
3 Note
4 Collegamenti esterni
Sandrine Dole nasce in Francia nel 1976. Dopo una formazione nel 1996 in
design grafico, si laurea nel 2001 in creazione industriale a Parigi con una tesi
in design interculturale dal titolo Celui qui tisse les liens. La sua tesi si focalizza sulle tecniche di cucina in
Camerun, la produzione di pentole e sulla creazione di un progetto di strumentazione da cucina per
ristoratrici di strada camerunesi. Lavora in Camerun tra il 1999 e il 2007. Nel 2006 si trasferisce a
Marrakech in Marocco dove attualmente vive. Il suo lavoro è esposto all'interno del Salon du design della
Biennale di Dakar del 2000, in Design made in Africa (2004-2007)[1] e in New Africa (2007-2009). Nel
2007 contribuisce ad una conferenza all'ENA Ecole national d'architecture del Marocco. Nel 2010 è relatrice
nella conferenza Design au choix! durante la Biennale di Dakar[2] e nello stesso anno espone a Dakar
durante la terza edizione del Festival Mondial des Arts Nègres.
L'attività di Sandrine Dole si concentra sul design producendo prodotti, ricerche, design di
interni, allestimenti, grafica (siti, loghi, design grafico di pubblicazioni, video, fotografie) e corsi
di formazione[3]. Nel 2003 collabora alla realizzazione del workshop Bessengue City e all'avviamento di
ArtBakery promossi a Douala dall'artista Goddy Leye. Dal 2003 al 2011 Sandrine Dole collabora con
l'architetto Danièle Diwouta-Kotto alla realizzazione della pubblicazione Suites architecturales: Kinshasa,
Douala, Dakar producendo le fotografie nelle tre città e l'impaginazione[4].
Design e allestimentiL'approccio al design di Sandrine Dole si concentra sull'analisi dei processi di
produzione artigianali e semi-industriali locali e sui modi per potenziare queste
produzioni creando nuovi prodotti o rinforzando i prodotti esistenti. I suoi progetti partono da un'accurata
analisi sul campo e dalla conoscenza in prima persona di materiali e di tecniche di produzione (legno,
metallo, ceramica, cuoio, cotone, rafia…). Lavorando in particolare in Camerun e Marocco, i progetti di
Sandrine Dole sono realizzati per diversi tipi di committenti: privati, aziende, associazioni, centri culturali e
d'arte, artisti, architetti, organizzazioni di cooperazione allo sviluppo ed enti internazionali. Un caso
particolare è il progetto Resto-rue concepito specificatamente per ristoratrici di strada. La collaborazione
con committenti diversi produce progetti trasversali che hanno punti di contatto con l'artigianato, le arti
visive, l'architettura, il commercio equo-solidale, il riciclaggio e il recupero di materiali di scarto, la
valorizzazione di tecniche e materiali tradizionali e la professionalizzazione del settore del design in Africa e
Nord Africa.
Pat'a mambo, 1999. Design di interni e linea di mobili per Alliance française di Bangui, realizzata in
Camerun per il Cabinet d'Architetture Diwouta di Danièle Diwouta-Kotto. Il progetto è stato
presentato alla Biennale di Dakar del 2000[5].
Resto-rue, 2001-2002. Strumentazione da cucina realizzata per potenziare e professionalizzare i
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Sandrine Dole - Wikipedia
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http://it.wikipedia.org/wiki/Sandrine_Dole
restaurante de rue (ristoranti di strada), attività del settore informare in Camerun. Il progetto è stato
realizzato con una borsa di Queslen-Cnam e FIPC-Unesco[6].
2004. Design di interni e linea di mobili per Création + in Camerun.
Allestimento dell'esposizione di design Fil conducteur, 2005. Progetto realizzato per il Centro
culturale francese di Douala[7].
Pidgin, 2004-2007. Collezione di ceramiche realizzata per Akkal in Camerun e Marocco[8]. La
collezione è stata esposta all'interno dell'esposizione internazionale itinerante Made in Africa[9].
Croisée, 2005-2007. Collezione di mobili realizzata in Camerun.
L'Ombre verte, Collezione di mobili in edizione limitata per Akkal realizzati in Camerun e Marocco.
Questa serie di mobili nascono per creare ambienti vegetali.
L'Arche, 2006-2007. Segnaletica urbana per siti storici realizzata a Douala all'interno del progetto
Douala ville d'art et d'histoire promosso da doual'art[10].
Brique de vert, 2008. Collezione di vasi da giardino impilabili e realizzati in Marocco.
Dar Maalma II, 2009. Allestimento della fiera di artigianato promossa dall'associazione Bouregreg in
Marocco.
Trait d'union, 2009. Collezione di prodotti per la casa e di moda realizzati in Madagascar all'interno
del programma Madacraft d'Ethnik.org et Planetfinance.
Allestimento di due stand del SIAO Salone dell'artigianato di Ouagadougou in Burkina Faso, 2010. Gli
allestiment sono stati realizzati per il programma RC-Tec di Safem-APCM-Guilde-Ethnik.org.
Contrast city, 2011. Collezione di prodotti per la casa realizzati in caucciù di recupero e creati
attraverso una filiera di commercio equo in Marocco.
Attività didatticaLe attività didattiche di Sandrine Dole sono orientate alla professionalizzazione di
artigiani e al potenziamento delle loro produzioni. Sandrine Dole ha tenuto corsi e
realizzato strumenti di formazione in Camerun, Marocco e Niger su commissione di Unesco, Association
Bouregreg, ADS, Artisancoonect, Fondazione Zakoura, ITC-ONU, RC-Tec du Safem-GuildeAPCM-Ethnik.org.
1. ^ Design made in Africa, Catalogue
d'exposition, Co-édition Jean-Michel
Place/Afaa, France, 2004.
2. ^ C. Thiam, Journée de réflexion : l'avenir du
design africain menacé, Le Quotidien,
Sénégal, 13/05/10; Y.A. Ndiaye, Journée du
design, Quotidien événementiel, Dak'art actu,
Sénégal, 11/05/10.
3. ^ C. Huon de Penanster, Artisane partisane du
design in La Tribune de Marrakech" Journal
trimestriel, Rubrique Déco-Visions d'intérieur,
Maroc, 2e trimestre 2009.
4. ^ Danièle Diwouta-Kotto (photo-graphisme
Sandrine Dole), Suites architecturales:
Kinshasa, Douala, Dakar , Edition VAA,
2010. L'opera è concepita come la prima
pubblicazione della collana D'architetures &
d'Afrique.
5. ^ Dak'art 2000 - Biennale de l'Art africain
contemporain, Catalogue d'exposition, éditions
Eric Koehler, France, 2000.
6. ^ Luisa Sandrone, C'è un’altra Africa in
"Famiglia Cristina", n°36, 2006; Y. Monkam,
Pourquoi pas des ustensiles en céramique ? in
7.
8.
9.
10.
"Amina", Rubrique Réussir, Cameroun, n°394,
2003; Iolanda Pensa, Pentole d’Africa - Virtù e
curiosità di un oggetto povero ma vitale, in
"Africa" 2000.
^ M. Obam, Identité : le tabouret, entre
tradition et modernité, Mutations Quotidien,
Cameroun, 15/11/2005.
^ C. Huon de Penanster, A chacun sa cuisine
in "La Tribune de Marrakech", Rubrique
Déco-Visions d'intérieur, Maroc, 2e trimestre
2009; Spécial Asie, Magazine, Maroc in "Déco
actuelle", janvier-février 2008; Terre noble in
"Art de vivre (ADV)", hors série, Rubrique
Déco design, Maroc, 2008; Camielle Virot, La
Poterie africaine, les techniques céramiques
en Afrique noire, éditions Argile, collection
Granit, France, 2005.
^ Design made in Africa, Catalogue
d'exposition, Co-édition Jean-Michel
Place/Afaa, France, 2004.
^ Danièle Diwouta-Kotto (photo-graphisme
Sandrine Dole), Suites architecturales:
Kinshasa, Douala, Dakar , Edition VAA,
2010, p. 58.
Sito di Sandrine Dole (http://sandrinedole.free.fr/)
05/04/2011 17:05
Sandrine Dole - Wikipedia
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Portale Design
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Portale Biografie
Categorie: Designer francesi | Nati nel 1976 | Designer marocchini | Designer camerunesi | [altre]
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Rubber recycling | Design Indaba
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Posted on April 4th 2011
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A tyre rubber recycling programme in Marrakesh sees this material being turned
into beautiful and useful objects.
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Contrast City is a sustainable development initiative in Marrakesh,
Morocco, aimed at finding a viable, productive use for tyre rubber
waste.
Initiated by a French fair trade importer, the project is managed by
Sandrine Dole (http://sandrinedole.free.fr/), a designer specialising in
handcraft. She manages the entire process, from organising the
supply of the recycled raw materials to standardising production.
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The production process came to involve local natural raw materials like wool that
worked to create a strong visual and tactile contrast with the rubber.
The result has been a range of interesting products like waste paper baskets and
scatter cushions that is set to be sold in fair trade shops in France. There are also
plans to extend the range to include furniture designs.
NEWS AND ARTICLES
(/news-snippet/africa-remix-design) Africa Remix for design
(/news-snippet/africa-remixdesign)
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The world’s first major exhibition on
cutting-edge African design,
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Africa opened at the 2007 INDEX...
05/04/2011 11:42
Lequotidien.sn - Quotidien national sénégalais - JOURNEE DE REFL...
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http://www.lequotidien.sn/index2.php?option=com_content&task=vie...
13-05-2010
Une Journée de réflexions sur le design en Afrique a été organisée, lundi, dans
le cadre de la Biennale des arts africains contemporains. Pour combler le Salon
du design qui n’a pas eu lieu cette année, il a été question pour les différents
participants de discuter et d’échanger sur les rétrospectives et l’avenir du
design en Afrique et particulièrement dans la Biennale. Par Coumba THIAM
A la place du Salon du design, cette année la Biennale des arts
contemporains a accueilli une Journée de réflexions sur le
design. Cette rencontre s’est déroulée, lundi dernier, au musée
de l’Ifan. Entre designers et architectes, différents acteurs
intéressés par ce domaine se sont regroupés pour discuter et
échanger sur le design et son avenir au Sénégal. Le fait qu’il
n’y ait pas eu de Salon du design cette année est pour Annie
Jouga, architecte et designer autodidacte, une chose
regrettable mais non négative. Pour elle, «cette année aurait été pire que les
précédentes et c’est pour ça qu’on a organisé une Journée de réflexions».
L’architecte ajoute qu’elle est «triste mais en même temps heureuse qu’il n’y
ait pas de salon. Parce que je sens qu’on a eu plusieurs salons et c’était
l’occasion de montrer que le design existe. Mais j’ai vu le Salon du design ces
deux dernières éditions s’appauvrir et je me suis dit qu’il fallait recentrer les
choses pour pouvoir relancer la problématique sur le design». Cette journée
était riche en échanges et explications sur le métier de design qui reste encore
un domaine à l’état de balbutiement en Afrique. Beaucoup de gens ne
comprennent pas ou ne savent pas réellement à quoi il sert et quel est son
intérêt. C’était donc une manière pour les spécialistes de redonner de l’élan au
design, ce en supprimant le Salon pour mieux faire comprendre le concept du
design en Afrique et particulièrement au Sénégal.
Cet appauvrissement du Salon du design, Annie Jouga l’explique par une vision
assez «personnelle», elle estime qu’il y a «de brillants designers mais il y a
beaucoup d’individualités. Après avoir exposé plusieurs fois au niveau du Salon
du design de Dakar ils se sont tous propagés comme des satellites afin de faire
leur voie. Et au fur et à mesure, on a senti qu’il y avait une moins bonne
qualité à la Biennale alors qu’il y a de bons designers qui exposaient à
l’étranger». C’est ce manque d’engouement envers le design qui a valu la
14/05/2010 19:01
Lequotidien.sn - Quotidien national sénégalais - JOURNEE DE REFL...
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suppression du Salon cette année et à la place, une Journée de réflexions qui
n’a regroupé que trois designers alors qu’«on a essayé il y a deux mois de
coordonner avec les designers et il n’y a que trois qui ont répondu et avec ce
nombre on ne peut pas faire une rétrospective sur le design», souligne
l’architecte. Ainsi pour la pérennité de ce métier encore en retard en Afrique les
designers appellent à l’unité pour qu’il y ait un salon du design à la Biennale
prochaine.
Aussi, beaucoup de thèmes ont été abordés comme l’application, production,
diffusion et utilisation du design ou encore les questions fréquemment posées
sur le design ici et ailleurs. Le premier thème, présenté par Sandrine Dole,
designer française, à fait l’objet d’une exposition sur une sélection de projets
réalisés ou en cours de réalisation dans plusieurs pays africains. Dans les
projets présentés, on remarque surtout que le design se préoccupe du bien
être des populations. Tous les projets visent à une amélioration du style de vie
des gens et ce, en s’appuyant souvent sur des objets purement traditionnels.
Sandrine Dole souligne que «ce sont des projets de créations pour susciter
l’intérêt des utilisateurs et aussi des institutions. Par exemple au Maroc les
produits cosmétiques sont de très bonne qualité et grâce aux emballages
qu’on a développés là-bas, ils ont pu bien vendre leurs produits au-delà du
Maroc».
Le designer n’est pas un artiste mais se sert de l’art comme outil ou pour la
représentation d’un objet. Pour Maurille Lariviere, designer industriel français,
le designer est un altruiste, il y a dans le design un retour sur la fonction et
non sur l’esthétique de l’objet. Pour être designer il faut au minimum cinq
années d’études. Au Sénégal, jusqu’à nos jours, il n’y a pas d’écoles de design
alors que c’est un métier qu’on ne peut pas vraiment appliquer sans une
formation adéquate. Confirmation de Bibi Seck, designer sénégalais qui
explique : «Tout le monde dit qu’il n’y a pas de designer en Afrique mais le
problème c’est qu’il n’y a pas d’école de design au Sénégal alors que pour
développer le design il faut des écoles.» Et ajoute d’un air désolé, «si on ne
forme pas de designers d’autres viendront le pratiquer à notre place». Une
seule école de design existe au Mali, qui est nommée Balla Fasséké Kouyaté.
Son directeur Abdoulaye Konaté espère «créer un réseau avec toutes les
écoles de design d’Afrique pour ensuite rejoindre le réseau européen». Mais
pour cela il faudrait que les pays africains s’investissent davantage dans ce
secteur qui est de plus en plus en avance dans les pays développés et qui
intéresse beaucoup de jeunes africains souvent obligés d’aller faire des études
ailleurs. A défaut, ils deviennent des designers autodidactes, ce qui est très
difficile.
[email protected]
14/05/2010 19:01
Les artisanes de Babiadey racontent leur bonheur
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Les artisanes de Babiadey racontent leur bonheur
Écrit par Paul Armand MENYE
Vendredi, 24 Décembre 2010 09:11
Une équipe constituée des responsables de la Guilde,
du SAFEM et de l'assistance formatrice de Dosso s'est
rendu à Babiadey afin d'y rencontrer les femmes
bénéficiaires de la mission d'appui technique réalisée
en avril 2010 dans le cadre du projet RC-TEC et
d'évaluer avec elles l'apport concret de cet appui.
Après avoir été reçue par le chef de village qui s'est
montrée
particulièrement
satisfait
des premiers
résultats du projet RC-TEC, c'est à l'école que s'est tenue la séance de travail avec les
femmes. C'est dans cette même école que s'était déroulé la mission de Sandrine Dole,
Designer professionnelle envoyée par l'APCM pour une mission de compagnonnage avec
les femmes de Babiadey et Guiladje, deux localités de la région de Dosso.
En face des femmes, Olivier Mouzay, coordonnateur des projets de la Guilde (France),
Paul Armand MENYE, coordonnateur de la Guilde au Niger, Yacouba Mohamadou,
chargé de projet au SAFEM et Gountou Soumana, présidente régionale des femmes
artisanes de la région de Dosso et Assistante formatrice pour les misions d'appui à
Dosso.
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07/01/2011 16:18
Les artisanes de Babiadey racontent leur bonheur
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Rapidement et après de chaleureux mots de bienvenus, l'ensemble des participants a
passé en revue la dernière mission et ses résultats au stade actuel. Les femmes de
Babidey ont exprimé une grande satisfaction quant à l'appui reçu en avril 2010 avec
Sandrine Dole. Elles ont expliqué cet appui avait permis d'améliorer la qualité de leur
travail. Aujourd'hui, leur chiffre d'affaire a considérablement augmenté du fait que les
clients préfèrent désormais leurs produits )à ceux de leurs concurrentes. Les prix des
produits n'ont pas augmenté, mais les quantités vendues ont beaucoup augmenté. La
mission d'appui a donc permis de se positionner sur certains marchés comme Torodi où
désormais elles réussissent à vendre en quantités très importantes les produits
traditionnels qui sont nettement mieux finis aujourd'hui.
Pour ce qui est des nouveaux produits, les femmes avouent ne les reproduire que pour
les commandes. Et dans ce cas aussi, les affaires vont bien puisqu'elles ont commencé
à recevoir des commandes et à vendre. Sur ces produits, les marges sont plus
importantes, la clientèle plus exigeante et aussi plus internationale. Mais elles ont
maitrisé les techniques et sont capables de répondre aux interlocuteurs les plus
rigoureux.
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07/01/2011 16:18
La vannerie en région Djerma : Un genre artistique, une
façon de s’exprimer
Posté par Assane Seydou le 5/19/10 • Dans la catégorie Tout ce que vous avez toujours voulu savoir sur le Niger La natte, l'un des principaux articles de la vannerie nigérienne Dans le temps, et jusqu’à récemment, la vie des sociétés nigériennes était modulée par les produits artisanaux. Ainsi, tous les ustensiles portaient d’une manière ou d’une autre la marque des vannières – la vannerie étant l’œuvre des femmes. Dans certaines régions, les régions Djerma notamment, en plus d’être utilitaire, les produits de la vannerie constituent un langage. Les matières premières les plus utilisées par les Djerma sont les feuilles du palmier doum (kongou) utilisées seules pour fabriquer des nattes, des chapeaux (bonfandou), ou avec de la paille pour obtenir certains ustensiles comme les vans (qui servent à vanner). Souvent, c’est cette paille ou encore certaines tiges de mil qui, liés ensembles, forment une natte spéciale utilisée, soit pour construire des cases ou confectionner des rideaux devant les cases. On les utilise également pour tapisser les murs, pour créer des ustensiles de conservation (degara) que l’on accroche au pilier de la case. Bref, la palette des objets et produit de la vannerie est très large. Cependant, les produits les plus connus sont certainement les nattes utilisées partout. Un mode d’expression Dans les régions Djerma, les créations de la vannerie sont plus que de simples créations artistiques. Elles constituent une véritable façon de s’exprimer. La principale création en la matière c’est bien la natte que les femmes utilisent pour exprimer leurs sentiments. Ainsi, explique Yolley, une septuagénaire vivant à Niamey et qui a eu à utiliser ce genre de natte et qui garde toujours une natte en réserve, « lorsque dans une famille vous recevez un invité, il est de coutume, non pas de lui donner une chaise, mais une natte. C’est généralement l’une de ces fameuses nattes blanche dite Sayi tangara (la natte de Say) qui est toujours mise de coté pour de telles occasions ». Puis vient les nattes genres ni ké bio ni ké kuara (ton pied noir, ton pied blanc), une natte blanche également qui sera cependant tissé en son milieu avec une bande noire, de manière à lui donner une forme de pointillés noirs. Ce genre de natte, explique toujours la vieille Yolley, « était essentiellement utilisé dans le temps par les jeunes filles promises, pour signifier à leurs prétendant qu’elles ne les aiment pas ». Si la personne est vraiment Djerma, poursuit cette dernière, « il comprendra vite le message et ne s’avisera plus de revenir ». Dans le cadre des réalisations sentimentales, Aïssa Alzouma une artisane vannière de Guilladgé une localité situé dans la région de Dosso et réputée pour ses vannerie, amène une autre natte à messages. Il s’agit du fameux kurgne si kani tarey (mon mari ne dors jamais dehors) qui se distingue par sa beauté et sa finesse, et qui est généralement accroché bien en vue sur un pan du mur de la chambre ou de la case. Pour ce genre de natte, le message est clair : « C’est pour que tous les visiteurs constatent l’harmonie qui règne dans le couple. » Et celle‐ci de poursuivre d’un air malicieux, « pensez vous qu’un mari comblé voudrait dormir dehors, pendant que sa femmes est dans la chambre… ? » Un art de plus en plus fantaisiste Cependant, de plus en plus l’on constate que la vannerie Djerma tend à céder à la fantaisie. Ce que confirme Aïssa Alzouma qui explique que : « de plus en plus les gens ont tendance à imprimer des motifs divers sur les nattes. Généralement des motifs d’animaux comme l’âne, le bœuf ou encore des motifs autres comme des avions ». Peu être là encore faudrait‐il y voir la manifestation d’un souhait, c’est‐à‐dire, des rêves et désirs de tout un chacun. Le désir de devenir riche et de posséder du bétail pour certain ou encore celui de voyager dans le cas précis. Toujours est‐il que Aïssa et se congénères, l’essentiel c’est la satisfaction du client car, « nous, nous ne sommes que des exécutantes, nous ne faisons que ce que les clients demandent ». C’est justement pour corriger cette façon de faire et pour professionnaliser le secteur, que les vannières se regroupent un peu partout en coopérative ou en association afin de mieux s’organiser, mais également pour bénéficier de l’expertise de certains coopérants étrangers afin de rehausser la qualité de leurs produits. C’est le cas notamment de Sandrine Dole une désigner professionnelle qui a séjournée récemment, pendant une vingtaine de jours à Babiadey (Dosso) afin d’inculquer son savoir aux femmes de cette localité et de Guiladjé. De nouvelles techniques pour améliorer la qualité du produit En fait, explique Sandrine, « notre objectif c’était d’aider ces femmes à améliorer la qualité de leurs produits, notamment des finitions, en créant des objets divers, créatifs et innovants tout en augmentant leur taux de vente auprès d’une clientèle nationale, voire internationale ». En effet, poursuit‐elle, « ces femmes sont d’habiles artisanes, mais elles semblent ne pas avoir conscience des potentialités qui s’offrent à elles. Je me souviens, lorsqu’il s’est agit de donner de nouvelles formes aux paniers, elles savaient faire des paniers ronds, mais qu’elles ne savaient pas les faire ovales. Cela a été une belle expérience lorsqu’elles se sont rendu compte qu’elles pouvaient sortir du carcan traditionnel et faire de belles choses. » Ce qui est certain, la vannerie nigérienne a de beaux jours devant‐elle et les artisanes vannières y trouveront plus qu’un simple passe‐temps ou une activité de subsistance, mais bien une activité lucrative, vu le regain d’intérêt dont le secteur est l’objet. Assane Seydou http://www.medianiger.info/2010/05/la-vannerie-en-region-djermaun-genre-artistique-une-facon-de-s%E2%80%99exprimer
- Plans techniques de la designer
- Consultation studieuse
- Le tribunal à travers son arche
de présentation
Les Arches du temps
Dans un environnement quelque peu abandonné par
les pouvoirs publics, seules les initiatives privées inventent
le quotidien collectif. "Douala, ville d'art et d'histoire", initiée
par l'association Doual'art, est une de ces interventions.
L'objectif est de faire découvrir le passé de la ville par
la signalisation des sites historiques. Le mobilier urbain
proposé est implanté, vu et approché, sans perturber
davantage l'improbable équilibre de la ville. La proposition
joue sur un code traditionnel toujours présent : l'arche
végétale, éphémère, formée de deux branches de palmier
tressées, qui signale un évènement ou un lieu, et qu'on
traverse. En accentuant le rapport à l'espace, en augmentant
la visibilité et en recourant à des matériaux durables,
l'arche s'est ainsi faite sculpture urbaine. Six cents écoliers
traversent les arches de la mémoire lors de visites guidées.
Fierté de s'assumer et de s'accepter tel qu'on est.
SIGNALÉTIQUE URBAINE
Localisation : 30 sites dans les quartiers historiques
(Bonanjo et Akwa principalement)
Designer : Sandrine Dole
Maître d'ouvrage : Doual'art
Entreprise : Cométal
Financement : Ambassade d'Allemagne, EED
Période de réalisation : 2006-2010
58
http://www.peuplesawa.com/
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05.05.2007
Douala : Un patrimoine culturel riche, ville d´art et d´histoire
Marion Obam
Mutations
Régions/Peuples
Historique
La capitale économique du Cameroun, Douala,
accueillera le Salon urbain de Douala (Sud), du
9 au 16 décembre 2007. Organisé par l´espace
d´art contemporain Doual´art, la
programmation du Sud n´a été possible que
grâce à la tenue effective de deux symposiums
Arts & Urbis à Douala en 2005 et en mars
2007. Le Sud va projeter dans l´espace urbain
des oeuvres d´art, des animations et offrir des
espaces d´échange et de réflexion. Un
événement dont la particularité réside non
seulement dans le fait innovateur qu´il
imbrique dans l´espace urbain un certain
nombre de réalisations artistiques, mais
également parce qu´il se situe au bout d´un
parcours commencé depuis 2005, quand fut
lancé le premier symposium Arts & Urbis. Mais
l´action se déclenche par le lancement officiel
par le ministère de la Culture, en 2001, de
l´inventaire du patrimoine culturel
camerounais.
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Le Ngondo
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"L´opération avait commencé en 2002 par la
province de l´Ouest, mais nous nous sommes rendus compte que faire l´inventaire du
mobilier (objet d´art) était un travail fastidieux et complexe. Il a été réorienté vers
l´immobilier. La phase pré-inventaire a commencé dans le Littoral en 2004", explique
Joseph Mayi Ongla, chef de service provincial du Patrimoine culturel pour le Littoral.
Une opération qui avait deux objectifs, faire découvrir au camerounais quel est leur
patrimoine culturel, mais aussi de faire une sélection des biens culturels susceptible de
figurer sur la liste du patrimoine mondial de l´Unesco. Ce travail a permis de faire une
classification d´une cinquantaine de monuments historiques de la province répartie en
sept catégories : monuments et stèles, sites naturels, architectures coloniales,
funéraires, palatales comme le palais Dicka Akwa, la pagode et religieuses ; enfin les
structures de génie civil comme les ponts sur le Wouri et sur la Sanaga.
Difficultés
Ce document, qui a d´ailleurs donné lieu à une carte permettant de localiser le
patrimoine immobilier à valoriser et à protéger, n´est pas encore validé. Joseph Mayi
Ongla apporte des éclaircissements. "Il y a enlisement dans la procédure à cause de
plusieurs paramètres. Le premier c´est que beaucoup d´objets et de sites
appartiennent à des particuliers ou à des communautés. Ce qui demande des aspects
juridiques importants si le gouvernement veut s´en approprier. Dans nos us et
coutumes, il y a des objets qui ne peuvent pas être touchés ou transportés de peur de
les désacraliser et de briser un mythe qui a longtemps entretenu la paix", explique-t-il.
Il y a eu des propositions. Notamment, confier ces objets à l´Etat ou alors permettre
aux détenteurs de ce patrimoine d´aménager un espace pour rendre le site ou l´objet
visible et recevoir un appui technique et financier du gouvernement. Mais, jusqu´ici,
elles n´ont pas encore été validées.
Doual´art a décidé d´apporter sa pierre à l´édifice en mettant sur pied le projet
Douala, ville d´art et d´histoire. Il s´agissait, d´après Didier Schaub, directeur
artistique de Doual´art "de faire un monument devant chaque trace ancienne de la
colonisation, d´un évènement heureux ou malheureux qui a marqué la vie de la cité.
De saisir chaque occasion de parler d´un pan de l´histoire". Le designer Sandrine Dole
a conçu les œuvres, Blaise Njoya et Lionel Manga ont rédigé les textes. Au finish, des
grandes arches en fer avec une planche en plastique incrustée au milieu, qui relate les
résistances et les revendications des Camerounais, et aussi le sang qui a coulé, les
assassinats, les fusillades et les pendaisons. "Ce travail vise également à redonner une
dignité à ces Camerounais qui ont été des acteurs méconnus ou peu connus de
l´évolution de la vie de ce pays", explique Marilyn Douala-Bell Schaub, directrice,
responsable des activités de développement urbain de Doual´art.
La ville est un espace de vie mais aussi un lieu de passage, qui semble prôner la
mobilité des individus et des flux. Certains s´arrêtent un instant, tandis que d´autres
investissent plus longuement un banc, un parc ou un carrefour. D´autres encore ne
font que défiler sans prêter attention à leur environnement immédiat. "Nous voulions
réaliser des visuels avec ce qui existait pour fixer la mémoire de chaque Camerounais
mais aussi des étrangers de passage ici", livre Didier Schaub. C´est pour cela que dans
la ville de Douala, une vingtaine d´arches ont été déposées devant les bâtiments
comme la villa Mandessi Bell, la Pagode, la Communauté urbaine de Douala, le Palais de
Justice…
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Ouverture
Artistes, architectes, promoteurs culturels, journalistes spécialisés, critiques d´art, et
autres professionnels, qui ont observés la ville en mars dernier, ont effectué des
recherches en vue de produire une base de données historiques, géographiques,
démographiques et socioculturelles, qui vont elles même permettre de créer une vision
inexplorée de la ville. Vision qui va porter des initiatives artistiques inédites pendant le
Sud. Leurs travaux vont aborder des thèmes aussi divers que la mobilité ou la
circulation urbaine, les sites historiques, les lieux dits, et les supports utilisés, vont de
la vidéo à la peinture en passant par la photo, le son et l´écriture. Mais il est surtout
question de démontrer comment l´art peut participer au développement de la
communauté. Une initiative qui permettra de faire vivre et connaître le patrimoine
culturel à Douala. Du moins, l´essentiel de ce qui est déjà recensé et classifié…
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12/12/2008 22:10
Africa On-Line - dal 1922 Rivista dei Missionari d'Africa
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AFRICA
SETTEMBRE-OTTOBRE 2008
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Pentole d’Africa
Virtù e curiosità di un oggetto povero ma vitale
di Iolanda Pensa
Intorno ad ogni pentola c’è una famiglia e una storia da raccontare…
Storie di mercanti e di massaie, di artigiani e di profughi… ma anche di
aerei trasformati in padelle. Leggere per credere.
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Rivista dei
PADRI BIANCHI
Periodico bimestrale.
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SETTEMBRE-OTTOBRE 2008
LUGLIO-AGOSTO 2008
Siamo a Dakar, in Senegal. La signora Germaine Gueye deve comprare un paio
di pentoloni nuovi e qualche attrezzo da cucina: mi chiede di accompagnarla. In
pochi minuti siamo fuori dalla città, davanti ad una piccola casetta di legno sulla
quale sono appese casseruole, padelle, scolapasta, cucchiai e forchettoni. Sotto
la guida del proprietario dell’azienda, visitiamo il laboratorio e magazzino.
La signora Gueye indica con la mano i prodotti che le interessano: tocca,
esamina e seleziona più di trenta oggetti. Un po’ perplessa la seguo,
immaginando che abbia cambiato idea e che abbia deciso di rinnovare
completamente il contenuto della sua cucina. Finita l’escursione ci sediamo.
I conti di madame Gueye
Sono in mezzo: la signora Gueye ed il venditore discutono animatamente in
dialetto wolof ed il venditore sta annotando alcuni prezzi usando i numeri arabi
(che hanno una grafica ben diversa dalla nostra). La signora Gueye è piuttosto
perplessa, non si fida di quei numeri lì ed in pochi minuti mi ritrovo con carta e
penna in mano, investita dal ruolo di contabile. “Scrivi!” – annuncia solenne –
“due padelle piccole 3.000 franchi, quattro pentole…”. Ora le persone perplesse
sono tre: la signora Gueye sa leggere i numeri ma non le parole, il venditore ha
qualche problema a decifrare la mia grafia ed io non so fare a mente tutte le
moltiplicazioni e le addizioni che mi chiedono. Con l’approvazione generale giro il
foglio e ricomincio: disegno i diversi prodotti, indico il numero di esemplari
richiesti, il loro prezzo ed il prezzo totale… Soddisfatta annoto la somma.
Ricominciano le contrattazioni. Per mezz’ora sottraggo, moltiplico, divido,
aggiungo e ubbidisco. Altre contrattazioni e raggiungiamo finalmente il verdetto:
la signora Gueye comprerà due pentoloni, come previsto. Mi accorgo di essere
stata coinvolta in uno dei più classici tranelli del commercio: si comincia con un
ordine enorme per abbassare il prezzo (più compri, più puoi chiedere sconto) e
poi, una volta stabilito il totale, si acquista solo il numero di oggetti realmente
necessari.
La signora Gueye cammina soddisfatta verso casa. Ha comprato due pentoloni
con coperchio ed una specie di scolapasta, che si può posizionare sopra le
casseruole per cuocere i cibi al vapore o far sgocciolare il pesce fritto; ora il
tutto andrà lavato e raschiato con cura, ed il tempo e l’uso liscerà le superfici. Ci
cucinerà il tié-bou-dienne (l’immancabile e quotidiano riso con pesce
senegalese), il pollo yassa (marinato al limone), un super nutriente cous-cous
con crema d’arachidi o qualche ricetta messicana che le ha suggerito la sorella
emigrata in Francia.
L’aereo trasformato in pentole
Le pentole in alluminio fabbricate artigianalmente sono le più diffuse in Africa e
hanno le stesse forme di quelle marmitte che le nostre nonne usano ancora.
Oggi in Italia si comprano sempre di più dei contenitori in acciaio o delle padelle
antiaderenti ricoperte di teflon, ma il processo di produzione è complesso ed il
prezzo è molto alto. Una pentola in alluminio è altrettanto valida: è leggera,
resistente (più di una in terra cotta), può essere riparata e permette di cucinare
tutte le ricette locali. Le piccole fonderie dell’Africa occidentale risalgono agli
anni Sessanta e Settanta e sono debitrici degli insegnamenti degli emigrati e
dell’opera degli artigiani del Mali, famosi per la loro abilità tecnica. Come
racconta Sandrine Dole – designer francese e specialista nello studio negli
utensili da cucina africani – la produzione di pentole in alluminio si è sviluppata
contemporaneamente alla reperibilità della materia prima. Gli scarti delle
industrie e la pattumiera metallica (come le lattine e i pezzi delle automobili)
hanno permesso la nascita delle fonderie e, quando qualche anno fa un Boing
della Cameroun Airline si è schiantato a Douala, in Camerun, il suo grande corpo
si è trasformato in pentole!
Ecco come nascono…
La tecnica della colata nella sabbia è il processo di fabbricazione più diffuso.
Prima di tutto l’alluminio viene sciolto ad una temperatura di 660 gradi
centigradi: in pratica basta un contenitore di acciaio o di ghisa, un focolare e
molta aria (con un soffietto o un ventilatore la temperatura aumenta
rapidamente). Una volta sciolto il metallo lo si versa in una forma creata nella
12/12/2008 23:11
Africa On-Line - dal 1922 Rivista dei Missionari d'Africa
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NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
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sabbia o nella terra argillosa. I prodotti possono essere creati liberamente, ma
di solito si usa uno stampo. Per esempio, si prende una pentola, la si riempie di
sabbia bagnata e la si svuota rovesciandola sul pavimento (come quando si fa
un castello sulla spiaggia); si prende di nuovo la pentola e la si mette in una
cassetta di legno: con la terra bagnata si riempiono bene tutti gli spazi liberi, e
poi si toglie nuovamente la pentola. La forma è pronta, basta rovesciare la
cassetta sopra il nostro primo cilindro – quando la terra sarà secca e dura – ed
avremo lo stampo completo; l’alluminio sciolto verrà fatto colare dall’alto, in un
buco creato semplicemente con un cucchiaio. Una volta che il metallo è
diventato freddo e la terra intorno è stata ben battuta con un bastone, la
pentola verrà liberata dallo stampo e limata.
Il business delle pentole
In Africa sono soprattutto le donne a cucinare con le pentole. Gli uomini
preparano il tè o arrostiscono la carne sulla griglia o sulle pietre. Il pane può
essere cotto anche sotto la sabbia rovente, ma per tutto il resto, e soprattutto
per scaldare e bollire l’acqua, serve un contenitore da mettere sul fuoco.
Possedere una pentola permette di cucinare per tutta la famiglia e permette
anche di avviare un business. La maggior parte delle attività economiche
africane sono informali: nascono liberamente dall’iniziativa dei singoli, sono poco
strutturate e richiedono piccoli investimenti. Con una pentola una donna può
trasformarsi in una ristoratrice. A casa prepara delle pietanze e poi nel suo
“ristorante di strada” propone ai passanti degli spuntini o dei pasti completi. Si
può anche cucinare direttamente sul posto di vendita: le piccole aziende più
organizzate espongono i loro prodotti su un tavolo ed offrono sgabelli ai clienti;
il servizio take away consiste nell’imballare il tutto in carta di giornale o foglie.
La grande urbanizzazione dell’Africa è alla base dell’alimentazione di strada: ha
creato un nuovo mercato e l’esigenza di ristoranti poco costosi per i lavoratori e
soprattutto per gli uomini che sono partiti dai villaggi senza la famiglia (e quindi
senza le mogli capaci di cucinare). In città gli ingredienti sono più numerosi e
l’offerta dei ristornati è varia; qualcuno possiede un frigorifero e chi non ce l’ha
può usare o affittare uno spazio nell’elettrodomestico del vicino di casa o
arrendersi a comprare quotidianamente le sue scorte di cibo.
Il futuro ? Una pentola sulla testa
Le pentole sono un bene prezioso e l’unico e vero oggetto nel quale tutte le
famiglie del mondo cercano di investire o hanno investito. Per capire che cosa
significa possiamo soltanto provare a fare una prova con la fantasia.
Immaginiamo che ci dicano che dobbiamo lasciare la nostra casa per sempre; ci
dicono che dobbiamo partire subito e metterci a camminare. Non sappiamo
dove stiamo andando, non sappiamo cosa ci succederà e non sappiamo se
qualcuno potrà darci il suo aiuto. Se abbiamo senso pratico, prenderemo una
coperta, un materasso e forse penseremo a come riusciremo a bere e a
mangiare. Dove scalderemo l’acqua? Dovremo sterilizzarla? Dovremo procurarci
del cibo? Forse gli aiuti umanitari ci manderanno del riso o dei cereali? Come
potremo cucinarli? Ora sediamoci nel nostro comodo salotto e guardiamo un po’
di televisione. Al telegiornale sfilano le immagini dei profughi: uomini, donne,
bambini in marcia che scappano e che hanno lasciato, fuggendo, la loro casa.
Cosa hanno con loro? Una pentola. Non è poi un’idea così strana, se il campo di
concentramento di Auschwitz ha una stanza piena di marmitte trasportate dalle
vittime dell’olocausto: fa venire i brividi, perché non c’è oggetto che ricordi di più
la sopravvivenza e la famiglia, non solo in Africa.
L’arte in cucina
Quando il design incontra le pentole
Ci si può accomodare sul pentolone di Saliou Traoré del Burkina Faso
(trasformato in poltroncina) o sedersi su uno scolapasta di Pape Youssou
Ndiaye del Senegal (a forma di sgabello): i designer dell’Africa portano le
casseruole in salotto ed altre idee in cucina. Cheick Diallo del Mali e Mohamed
Yahyaoui dell’Algeria hanno disegnato servizi di posate combinando il gusto
tradizionale con le tecniche più moderne, mentre il senegalese Baltazar Faye si
occupa dell’arredo della sala da pranzo con stile minimalista e legni africani. La
francese Sandrine Dole si è spinta oltre, inventando addirittura un prototipo di
ristorante di strada, innovativo e riccamente equipaggiato con fornelli per
realizzare più ricette alla volta, piani d’appoggio, contenitori per l’acqua ed un
sistema di cisterna e scarico. “Spesso le aziende artigianali imitano i prodotti
occidentali anche se avrebbero le potenzialità per creare nuove linee e
assecondare le necessità locali” – racconta Sandrine Dole, che ha lavorato in
cooperazione con associazioni camerunesi e con le donne di Douala – “Ho
cercato di costruire qualcosa di nuovo insieme a chi conosce le risorse e le
esigenze: il design si arricchisce nel confronto e nello scambio”. Così come
l’arte e le ricette che finiranno in pentola!
SETTEMBRE-OTTOBRE 2007
12/12/2008 23:11
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L´afrique : Riche mais les africains Pauvres. POURQUOI ?
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ACTUALITE
15.11.2005
Identité : Le tabouret, entre tradition et
modernité
Richard Bona fait exploser Dormund
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[02.05.2007][1250 hits]
[2 Réactions]
La communication
interne et externe des
entreprises : Séminaire
de perfectionnement.
[20.06.2007]
Les designers camerounais révèlent le côté utilitaire de l’objet
sans couper avec le fil de la coutume.
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cameroun
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LA-KOLA
Cameroun-onli
Sites partenaires
Sur le papier, le projet de Sandrine Dole et de Jules Wokam
était clair, précis et même révolutionnaire: travailler autour
d’un objet témoin appartenant à la mémoire collective des
Camerounais et à la pratique collective des concepteurs
locaux. Sortir cet objet de son état premier, la tradition, pour
le faire évoluer vers la modernité. Sans pour autant le
déposséder de toute sa dimension culturelle. Seul le tabouret
réunissait toutes ces conditions. C’est pourquoi il a été choisi
pour être le point focal du travail de l’atelier résidence, qui
rentre dans le cadre de l’exposition internationale de Design
made in africa (Dmia), qui séjourne au Cameroun depuis le 5
novembre 2005 et ce jusqu’au 20 novembre à la galerie Mam.
45 objets de 35 designers originaires de 14 pays africains y
sont exposés.
Trois semaines précédant le vernissage de Dmia, un atelier de
création animé à Douala par Jules Wokam a réuni designers,
artisans et plasticiens. Il leur a permis d’amorcer de nouvelles
recherches sur le thème du tabouret. Au finish, Sandrine Dole
a proposé une exposition baptisée «Fil conducteur»
regroupant une variété de tabourets produits au Cameroun
avec la particularité de mettre côte à côte une série de pièces
traditionnelles et contemporaines issues des travaux de
l’atelier. La salle de lecture du Centre culturel Français Blaise
Cendras de Douala a été transformée pour accueillir «Fil
conducteur».
Quand on y entre, on sent tout de suite qu’on est dans un
univers crée, tissé et aménagé pour célébrer le tabouret. Sur
un tapis de petits cailloux, quatre rangées parallèles portent
délicatement ces objets. La première ligne présente des
tabourets bas utilisés dans les cuisines venus de Batié, de
Mbalmayo, de Douala, de Maroua, de Kribi, de Buéa et
Bipindi. Ici, le bambou de raphia côtoie le rotin clouté, la
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pailletressée et la
sculpture sur bois.
Puis, le fil conduit le visiteur à une forme de message qui
évolue et véhicule croyances, type d’organisation et tribus.
Les objets prennent du volume et gagnent en hauteur. C’est le
cas des chaises des rois et notables. Sculptés dans le bois ou
dans l’os, habillés avec des cauris, des perles de verres ou
plastiques ou tout simplement moulés dans la cire perdue ou
dans le bronze comme ceux venus de Baham, Bandjoun et
Foumban.
Pour créer une rupture entre l’identité culturelle qui s’exprime
à travers la représentation de ces tabourets chargés d’histoire,
les designers ont travaillé à l’opposé de ces objets figés par le
temps. S’affranchissant de la tradition, ils ont proposé des
pièces qui répondent aux besoins précis de la société. Une
démarche de création contemporaine qui brise le mythe de
l’objet image pour l’objet usage.
C’est ainsi que Michelle Ngangué et Stéphanie Henry ont crée
le «call box». Une pièce pliable qui devient à la fois table et
petits tabourets pour les clients avec une nappe en
caoutchouc pour recouvrir le tout. Mélanie Luisseault à travers
«la cuisine de Mélanie» a fabriqué un banc de cuisine dans
lequel est incrusté une pierre pour écraser des ingrédients
culinaires.
Au vu des autres pièces présentées, on comprend que le parti
a été pris dés le début des travaux pour dévoiler la finalité du
design, qui est d’apporter des solutions utilitaires en
respectant l’environnement dans lequel ce tabouret va vivre.
Cependant, ce qui est important c’est que ces 50 prototypes
vont être de nouveau travailler par leurs créateurs pour être
reproductible en série et vendus localement mais aussi sur un
marché international. L’objectif de «Fil conducteur» était aussi
de faire créer des objets vendables et économiquement
viables. Et d’amener les designers camerounais à comprendre
qu’ils peuvent aller au-delà de la création et vivre décemment
de leur travail.
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NTONE
FRITZ
Dans une discussion
à bâton rompu de trente minutes
avec camerounlink.com, le premier
magistrat de la ville de Douala a
exposé les axes majeurs de son
action depuis sa prise de fonction, il
y a de cela 04 mois environ !
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CHOMAGE
Jean-Jacques Goldman
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23/11/2007 10:24