L`equazione di Laplace - Dipartimento di Matematica
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L`equazione di Laplace - Dipartimento di Matematica
L’equazione di Laplace Corso di Fisica Matematica 2, a.a. 2012-2013 Dipartimento di Matematica, Università di Milano 16/12/2012 La tecnica delle caratteristiche, ossia il metodo di D’Alambert per la soluzione dell’equazione delle onde, si estende facilmente (ma con una differenza di segno importante) al caso dell’equazione di Laplace, che descrive il potenziale elettromagnetico in una regione dello spazio vuoto. In questo caso, non descriveremo la derivazione dell’equazione, che in realtà un caso particolare delle equazioni di Maxwell e dovrebbe essere ben nota dai corsi di Fisica Generale. Ci limiteremo inoltre a discutere l’equazione nel piano. In altre parole, considereremo l’equazione (definita in R2 ) 4Φ := ∂2Φ ∂2Φ + = 0. ∂x2 ∂y 2 (1) Qui ∆ è l’operatore di Laplace o Laplaciano; in dimensione arbitraria n l’equazione di Laplace si scrive sempre come 4Φ = 0, con 4 = (∂ 2 /∂x21 ) + ... + (∂ 2 /∂x2n ). Le soluzioni (continue) dell’equazione di Laplace (in dimensione arbitraria) sono anche dette funzioni armoniche1 . La linearitd̀ell’equazione di Laplace e dell’operatore 4 implica che la somma (o la differenza) di funzioni armoniche sia armonica. In questa dispensa ci limiteremo a considerare l’equazione di Laplace in dimensione due. 1 Separazione di variabili e soluzione generale In questo caso, possiamo riscrivere l’equazione in termini dell’operatore lineare L := ∂2 ∂2 + = ∂x2 + ∂y2 ; ∂x2 ∂y 2 (2) naturalmente la determinazione delle soluzioni della (1) è equivalente alla determinazione del nucleo Ker(L) dell’operatore (2). L’operatore L è anche detto operatore di Laplace, o semplicemente Laplaciano. 1 Notiamo che se una funzione f (x , ..., x ) è armonica in Rn , lo è anche in Rn+k , cioé se n 1 vista come funzione in Rn+k (non dipendente da xn+1 , ..., xn+k ). 1 L’operatore L può essere scritto come il prodotto di due operatori (commutanti) L± = ∂x ± i ∂y ; (3) in effetti, si vede immediatamente che L = L+ L− = L− L+ , [L+ , L− ] = 0 . (4) Procedendo come nella soluzione dell’equazione delle onde, determiniamo i nuclei degli operatori L± . Si tratta di un semplice esercizio, che lasciamo allo studente; il risultato è che Ker(L± ) = {f (x ± iy)} . (5) Tanto basta a concludere che u(x, y) = f (x + iy) + g(x − iy) , (6) con f e g arbitrarie funzioni (derivabili due volte) dei loro argomenti, è soluzione dell’equazione di Laplace. Per convincerci che si tratta della soluzione più generale, passiamo alle variabili ξ = x + iy , η = x − iy ; (7) lo Jacobiano di questa trasformazione è 1 i J = , det(J) = 2i 6= 0 1 −i e dunque si tratta di una trasformazione non singolare. Abbiamo ora ∂x = (∂ξ/∂x) ∂ξ + (∂η/∂x) ∂η = ∂ξ + ∂η , ∂y = (∂ξ/∂y) ∂ξ + (∂η/∂y) ∂η = i (∂ξ − ∂η ) . (8) Ne segue che L+ = 2 ∂η , L− = 2 ∂ξ ; L = 4 ∂ξ ∂η (9) ed è dunque del tutto evidente che Ker(L) = {f (ξ)} ∪ {g(η)} = Ker(L+ ) ∪ Ker(L− ) . (10) Questo mostra in particolare che (6) è la più generale funzione nel nucleo di (2) e dunque la più generale soluzione della (1). E’ evidente il parallelo con l’equazione delle onde; ora però la “velocità” è immaginaria, e questo porta ad alcune differenze rimarchevoli nel comportamento delle soluzioni, che discuteremo nel seguito. Notiamo subito che è conveniente, come suggerito dalla discussione precedente, passare alle variabili ξ ed η; è però ancor più conveniente usare una 2 notazione che ci ricordi che stiamo trattando con quantità complesse, ed anzi complesse coniugate. Scriveremo quindi z = ξ = x + iy ; z := z ∗ = η = x − iy . In questo modo, la soluzione generale (6) dell’equazione di Laplace si scrive come (11) u(z, z) = f (z) + g(z) . Naturalmente abbiamo identificato l’insieme di definizione R2 (o più in generale U ⊆ R2 ) dell’equazione di Laplace con il piano complesso C (o più in generale con un suo dominio U ⊆ C). Una funzione f (z) della sola variabile z che sia derivabile con continuità in un dominio U ⊆ C è detta olomorfa (in U ); una funzione g(z) della sola variabile z che sia derivabile con continuità in un dominio U ⊆ C è detta anti-olomorfa (in U ). La formula (11) esprime dunque il fatto che la soluzione generale della equazione di Laplace si scrive come somma di una funzione olomorfa e di una funzione anti-olomorfa. Esercizio 1. Si scriva l’operatore di Laplace L = 4, e quindi anche l’equazione di Laplace L[u] = 0, nelle variabili r = p x2 + y 2 , ϑ = arctan(y/x) ; e poi nelle variabili ρ = 1/r , ϕ = ϑ . 2 Condizioni iniziali L’equazione di Laplace non descrive una evoluzione temporale, ma una configurazione (del campo) nello spazio – o meglio nel piano. La condizione iniziale appropriata (anche se qui sarebbe forse più appropriato parlare di condizione ausiliaria) descrive la configurazione del campo su una sottovarietà unidimensionale U0 del dominio di definizione U ; ad esempio, sul cerchio unitario C0 o su una retta.2 Naturalmente, trattandosi di un’equazione del secondo ordine, sarà necessario assegnare su U0 non solo il valore di u, ma anche la sua derivata nella direzione ortogonale, o comunque trasversa3 , ad U0 . 2 In realtà, non su una retta qualsiasi: lo studente è invitato a riflettere su qual è la condizione di ammissibilità per una tale retta. Il parallelo con l’equazione delle onde (a cui ci si riduce con un cambio di variabili b x = x, b y = iy) è sufficiente a risolvere il problema proposto. 3 Assegnando la derivata in una direzione trasversa ma non ortogonale, ci si riduce sempre a considerare la derivata in direzione ortogonale, dato che la componente della derivata nella direzione tangente ad U0 è determinata dall’assegnazione di u su U0 . 3 Consideriamo per semplicità il caso U0 = C0 , ossia condizioni ausiliarie assegnate sul cerchio unitario. In questo caso è conveniente passare a coordinate polari, z = ρ eiθ , z = ρ e−iθ ; il cerchio unitario corrisponde ovviamente a ρ = 1, e la direzione ortogonale è proprio la direzione della coordinata ρ. Notiamo anche che ∂ ∂ρ ∂ ∂θ ∂ ∂ + e−iθ , ∂z ∂z ∂ ∂ = iz − iz . ∂z ∂z = eiθ Dunque, su C0 abbiamo delle condizioni del tipo [u(ρ, θ)]ρ=1 = ϕ(θ) ; [∂ρ u(ρ, θ)]ρ=1 = ψ(θ) . Dalla (11), possiamo scrivere [u(z, z)]C0 = f (eiθ ) + g(e−iθ ) , e dunque le condizioni su C0 forniscono4 [f (z) + g(z)]ρ=1 = ϕ(θ) , iθ 0 e f (z) + e−iθ g 0 (z) ρ=1 = ψ(θ) . (12) (13) Derivando la (12) rispetto a θ otteniamo i [eiθ f 0 (eiθ ) − e−iθ g 0 (e−iθ )] = ϕ0 (θ) ; sommando e sottraendo la (13) abbiamo quindi ϕ0 + i ψ = 2i eiθ f 0 (eiθ ) , ϕ0 − i ψ = −2i e−iθ g 0 (e−iθ ) ; (14) queste relazioni permettono di determinare f e g (come per l’equazione delle onde, a meno di una costante che può sempre essere sommata ad una delle funzioni e sottratta dall’altra) a partire dai dati ϕ(θ), ψ(θ) assegnati su C0 . In particolare, otteniamo f 0 (eiθ ) = g 0 (e−iθ ) = 1 (ϕ0 + i ψ) , 2i 1 − eiθ (ϕ0 − i ψ) . 2i e−iθ Può essere più conveniente (anche per ricordare le formule) scrivere queste usando la notazione ξ := eiθ , η := e−iθ . noti che su C0 abbiamo z = eiθ , z = e−iθ , cosicché potremmo ad esempio scrivere la (12) come fb(θ) + b g (θ) = ϕ(θ), dove naturalmente fb(θ) = f (eiθ ), b g (θ) = g(e−iθ ). 4 Si 4 In questo modo abbiamo f 0 (ξ) = 1 1 (ϕ0 + iψ) , g 0 (η) = − (ϕ0 − iψ) ; 2i ξ 2i η (15) naturalmente nell’applicare queste formule bisogna ricordare che ϕ = ϕ(θ), ψ = ψ(θ), e θ = −i log(ξ) = i log(η). Esempio Consideriamo il caso ϕ(θ) = cos(θ) , ψ(θ) = 1 . Da ϕ0 = − sin(θ) e dalle formule ottenute in precedenza segue 1 ξ − ξ −1 1 + i = 1 + 2 ξ −1 − ξ −2 , − f 0 (ξ) = 2iξ 2i 4 −1 1 1 η − η g 0 (η) = − i = 1 + 2 η −1 − η −2 . − 2iη 2i 4 Adesso integriamo le due relazioni, ottenendo f (ξ) = g(η) = 1 ξ + 2 log(ξ) + ξ −1 + κ , 4 1 η + 2 log(η) + η −1 − κ . 4 La soluzione cercata è quindi u(z, z) = f (z) + g(z) = 1 (z + z) + 2[log(z) + log(z)] + (z + −1 + z −1 ) . 4 Passando alla notazione in coordinate (ρ, θ), abbiamo u = = 1 ρ (eiθ + e−iθ ) + log(ρ4 ) + ρ−1 (eiθ + e−iθ ) 4 1 (ρ + ρ−1 ) cos(θ) + log(ρ2 ) ; 2 è immediato verificare che questa verifica le condizioni iniziali richieste; non è necessario verificare che soddisfi anche l’equazione di Laplace in quanto si tratta di una funzione della forma u = f (z) + g(z). Si noti che la soluzione diviene singolare per ρ = 0 e per ρ → ∞. Esercizio 2. Lo studente è invitato a determinare la soluzione dell’equazione di Laplace che verifica (su C0 ) le condizioni ausiliarie ϕ = 0, ψ = cos(θ). 5 3 Soluzioni olomorfe Se si richiede che la soluzione corrisponda alla sola parte olomorfa5 (od antiolomorfa), è sufficiente fornire il dato iniziale corrispondente ad [u(z, z)]γ = ϕ, senza fornire quello relativo alla derivata normale. Infatti, in questo caso (qui e nel seguito prendiamo per concretezza il caso in cui si richiede che u sia olomorfa) deve essere g(z) = 0, e dalle (15) otteniamo in particolare ψ = − i ϕ0 . (16) Possiamo ora procedere con le formule generali fornite in precedenza, e quindi ancora dalla (15) segue che 1 0 ϕ f 0 (ξ) = iξ ed integrando otteniamo Z f (ξ) = − i 1 0 ϕ [−i log(ξ)] dξ . ξ Esempio Consideriamo il dato iniziale su C0 u|C0 = ϕ(θ) = sin θ . Per quanto detto sopra, poniamo quindi ψ = −i ϕ0 = −i cos θ ; notiamo comunque che la f si esprime semplicemente in funzione di ϕ, ossia nel calcolo concreto non è necessario esprimere la ψ in maniera esplicita. Ora le (15) forniscono Z 1 f (ξ) = − i cos(θ) dξ ξ Z 1 eiθ + e−iθ = −i dξ ξ 2 Z i 1 = − ξ + ξ −1 dξ 2 ξ Z i 1 + ξ −2 dξ = − 2 i ξ − ξ −1 = − ξ − ξ −1 = . 2 2i 5 Il che è concettualmente analogo a richiedere che una soluzione dell’equazione delle onde abbia la sola componente di onda prograssiva (o regressiva). 6 La soluzione cercata è quindi (come era lecito attendersi anche senza calcoli) u(z) = 1 2i z − z −1 . Notiamo che anche in questo caso si ha una soluzione singolare in z = 0, e che diverge per |z| → ∞ Esercizio 3. Implementare la stessa procedura nel caso dell’equazione delle onde, ossia ricavare le formule di soluzione quandi si richieda che la soluzione sia nella forma di una onda progressiva a partire dal dato iniziale u(x, 0). 3.1 Parte reale ed immaginaria di una funzione olomorfa Scriviamo f (z) = u(z) + i v(z) , u ∈ R, v ∈ R , (17) e naturalmente z = x + iy. E’ interessante notare che cosı̀ come una funzione olomorfa f (z), z = x + iy, è soluzione dell’equazione di Laplace, anche le sue parti reale ed immaginaria soddisfano la stessa equazione.6 Infatti, segue dalle (8) che, per ∂f /∂z = 0, si ha fxx = f 00 (z) , fyy = − f 00 (z) . Naturalmente queste implicano che fxx +fyy = 0, che è l’equazione da cui siamo partiti. Segue dalla (17) e da ∂x = ∂z + ∂z , ∂y = i (∂z − ∂z ) che inoltre (uxx + i vxx ) + (uyy + i vyy ) = 0 . Ricordando che u e v sono reali, questa implica immediatamente uxx + uyy = 0 , vxx + vyy = 0 . (18) Esercizio 4. Determinare le equazioni a cui obbediscono la parte reale e la parte immaginaria di una funzione anti-olomorfa. 3.2 Funzioni armoniche e funzioni olomorfe La nostra discussione generale mostra che (almeno in dimensione due) la discussione delle soluzioni generali dell’equazione di Laplace, ossia delle funzioni armoniche, si riduce alla discussione delle funzioni olomorfe (ed antiolomorfe). 6 In altre parole, in dimensione (reale) due ogni funzione armonica è somma di una funzione olomorfa ed una anti-olomorfa, e una funzione olomorfa è anche armonica; inoltre le sue parti reale ed immaginaria sono anch’esse funzioni armoniche. L’esercizio proposto tra poco permetterà allo studente di completare queste considerazioni. 7 In effetti, le funzioni olomorfe (dette anche analitiche7 ) risultano di grande importanza in diversi campi della Fisica Matematica e dell’Analisi, e sono senz’altro meritevoli di attenzione. Tuttavia, anziché passare subito alla discussione delle loro proprietà (che verrà invece svolta in una dispensa successiva), qui nel seguito discuteremo alcune proprietà delle funzioni armoniche – proprietà che ritroveremo poi sotto una veste leggermente diversa quando discuteremo le funzioni olomorfe. 4 Problemi ai limiti Abbiamo visto in precedenza come determinare la soluzione dell’equazione di Laplace che soddisfa condizioni assegnate su una curva γ, ad esempio sul cerchio unitario C0 ; queste condizioni risultavano “naturali” in termini del parallelo con l’equazione delle onde. D’altra parte, negli esempi che abbiamo considerato le soluzioni risultavano avere delle singolarità, pur in presenza di dati iniziali regolari. In effetti, questo non è il tipo di comportamento fisicamente interessante.8 Saremo quindi interessati a determinare delle soluzioni regolari dell’equazione di Laplace. I problemi ai limiti che considereremo sono quindi di tipo diverso da quello considerato sopra; indicheremo qui con B0 l’interno del dominio B ⊆ C, con γ = ∂B il bordo di B, e la curva γ sarà sempre liscia e senza auto-intersezioni. • Problema interno di Dirichlet: Sia B il dominio all’interno di γ; determinare una funzione f (z) che sia armonica in B0 , continua in B, e che coincida con una funzione assegnata ϕ(z) su γ. • Problema esterno di Dirichlet: Sia B il dominio all’esterno di γ; determinare una funzione f (z) che sia armonica e limitata in B0 (dunque all’esterno di γ), continua in B, e che coincida con una funzione assegnata ϕ(z) su γ. • Problema interno di Neumann: Sia B il dominio all’interno di γ; determinare una funzione f (z) che sia armonica in B0 , continua in B, e la cui derivata normale a γ coincida con una funzione assegnata ψ(z) su γ. • Problema esterno di Neumann: Sia B il dominio all’esterno di γ; determinare una funzione f (z) che sia armonica e limitata in B0 (dunque all’esterno di γ), continua in B, e la cui derivata normale a γ coincida con una funzione assegnata ψ(z) su γ. 7 La differenziabilità in senso complesso implica che la funzione sia differenziabile un numero infinito di volte. 8 Per capire questa affermazione, consideriamo l’equazione di diffusione isotropa in due dimensioni spaziali, ut = (uxx + uyy ), e supponiamo che siano assegnate le condizioni sul contorno C0 del dominio di interesse (che sarà la regione |r| ≤ 1). Ovviamente se cerchiamo le soluzioni stazionarie di questa equazione, ci riduciamo all’equazione di Laplace. D’altra parte, sappiamo che una evoluzione governata dalla equazione di diffusione tenderà a regolarizzare qualsiasi singolarità della funzione. 8 Mentre è evidente che i problemi esterni siano problemi ai limiti, questa denominazione può apparire bizzarra per i problemi interni; si consideri comunque che una trasformazione conforme (che lascia invariante il Laplaciano) trasforma un problema interno nel corrispondente problema esterno. 5 Principio del massimo per funzioni armoniche e sue conseguenze Una funzione armonica in un dominio limitato ha necessariamente il suo massimo (e minimo) sulla frontiera di detto dominio. Usualmente questo teorema si dimostra basandosi sulle formule di Gauss-Green-Ostrogradski (che legano integrali sul dominio a quelli sulla frontiera), ma qui daremo invece una dimostrazione (tratta dal bellissimo testo di I.G. Petrovsky, e da lui attribuita a Privalov) che non usa queste formule. Teorema del massimo. Sia B una regione limitata del piano, e indichiamo con γ = ∂B ⊂ B la sua frontiera. Se f (x, y) è una funzione armonica nell’interno di B e continua su γ = ∂B, allora il massimo di f in B non è superiore al massimo di f su γ. Dimostrazione. Procediamo per assurdo. Indichiamo con m il massimo di f su γ, e supponiamo che il massimo di f in B sia raggiunto in un punto (x0 , y0 ) ∈ B0 per cui f (x0 , y0 ) = M > m. Indichiamo con r il raggio del più piccolo cerchio centrato in (x0 , y0 ) che comprenda tutto B. Consideriamo ora la funzione (x − x0 )2 + (y − y0 )2 . g(x, y) = f (x, y) + (M − m) 2r2 Segue dalla definizione di r che [(x − x0 )2 + (y − y0 )2 ] ≤ r2 per tutti i punti di B, l’eguaglianza essendo possibile solo su γ = ∂B. D’altra parte, è chiaro che g(x0 , y0 ) = f (x0 , y0 ) = M ; inoltre, sui punti (x, y) ∈ γ abbiamo f (x, y) ≤ m e quindi g(x, y) ≤ m + (M − m)/2 = (M + m)/2 < M . Dunque g raggiungebbe anch’essa (come f ) il suo massimo all’interno di B. Però, per tutti i punti (x, y) ∈ B0 abbiamo gxx + gyy = (fxx + fyy ) + M −m M −m = > 0; r2 r2 ma in un punto di massimo le derivate seconde non possono essere positive, e quindi abbiamo una contraddizione. 9 Corollario. Sia B una regione limitata del piano, e γ = ∂B ⊂ B la sua frontiera. Se f (x, y) è una funzione armonica nell’interno di B e continua in ∂B, allora il minimo di f in B non è inferiore al minimo di f su γ.9 Corollario. Se una funzione f (x, y), armonica in B0 e continua in B, non è identicamente costante in B, il suo massimo ed il suo minimo in B si trovano in γ = ∂B. Esercizio 5. Dimostrare il teorema del massimo attraverso le formule di Gauss-GreenOstrogradskii. 5.1 Unicità della soluzione del problema ai limiti Consideriamo ora un problema di tipo Dirichlet per un dominio B con bordo ∂B = γ. E’ naturale chiedersi se la soluzione di tale problema sia unica; la risposta è fornita da una semplice applicazione del principio del massimo. Lemma. La soluzione del problema di Dirichlet per un dominio B limitato è unica. Dimostrazione. Infatti, siano f e g due funzioni armoniche su B 10 e ambedue coincidenti con ϕ (e quindi uguali tra loro) su γ. Allora, consideriamo la funzione δ(x, y) := f (x, y) − g(x, y) . Questa è evidentemente armonica, essendo la differenza di due funzioni armoniche, e dunque il suo massimo ed il suo minimo si raggiungono su γ; d’altra parte, δ si annulla su γ, e quindi il suo massimo ed il suo minimo valgono ambedue zero. In conclusione, δ(x, y) ≡ 0 su tutto B, e quindi la soluzione del problema di Dirichlet è unica. 5.2 Dipendenza continua della soluzione del problema ai limiti dal dato al contorno Allo stesso modo si dimostra che la soluzione del problema di Dirichlet con condizione al bordo f (x, y) = ϕ(x, y) dipende in modo continuo dalla funzione ϕ(x, y) (assegnata su una curva chiusa γ fissata). Siano ora ϕi (i = 1, 2) due diverse condizioni al bordo su γ, e fi (x, y) le corrispondenti funzioni armoniche soluzione del problema di Dirichlet. La funzione F (x, y) := f1 (x, y) − f2 (x, y) è chiaramente armonica, e su γ soddisfa la condizione [F (x, y)]γ = Φ(x, y) := ϕ1 (x, y) − ϕ2 (x, y) . 9 Per dimostrare questo, è sufficiente applicare il principio del massimo alla funzione F (x, y) = −f (x, y). 10 D’ora in poi, per semplicità di scrittura, intendiamo con ciò che siano armoniche sull’interno di B e continue su B = B ∪ ∂B. 10 Allora, se su γ abbiamo |Φ| < ε, segue immediatamente che |F | = |f1 −f2 | < ε su tutto B. In altre parole, f dipende in modo continuo da ϕ. Esercizio 6. Dimostrare che se abbiamo una sequenza di funzioni armoniche fk su B, con [fk (x, y)]γ = ϕk (x, y), e la sequenza ϕk converge uniformemente su γ, allora la sequenza fk converge uniformemente su tutto B. 6 Soluzione del problema di Dirichlet Veniamo ora a discutere come risolvere il problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace. Risolveremo il problema nel caso in cui γ sia un cerchio.11 Lavorando su un dominio circolare, è conveniente passare a coordinate polari (r, θ); in queste coordinate l’equazione di Laplace per u = u(r, θ) si scrive12 nella forma 1 1 urr + ur + 2 uθθ = 0 . (19) r r Naturalmente, ora la restrizione a γ consiste nel fissare r = r0 , e dunque avremo come condizione al bordo u(r0 , θ) = ϕ(θ) . (20) Assumeremo che la funzione ϕ sia continua e differenziabile (o almeno differenziabile a tratti). Procediamo a sviluppare u in serie di Fourier rispetto alla variabile angolare θ ∈ [0, 2π]; possiamo lavorare a scelta sia con la base di seni e coseni, sia con la base di esponenziali. Per una volta risulterà in parte più comodo, in vista delle considerazioni successive, lavorare con seni e coseni. 6.1 Base esponenziale Con la base di esponenziali, avremo X u(r, θ) = uk (r) eikθ , (21) u(r, θ) e−ikθ dθ . (22) k dove i coefficienti uk soddisfano 1 uk (r) = 2π 2π Z 0 Per r = r0 , la (21) si scrive come u(r0 , θ) = X uk (r0 ) eikθ , (23) k 11 Nel caso generale possiamo sempre ricondurci a questo caso (purché γ sia una curva semplice, ovvero B sia semplicemente connesso) attraverso una opportuna trasformazione conforme; queste lasciano invariato il Laplaciano e quindi l’equazione di Laplace. 12 Verificarlo con un calcolo esplicito per esercizio! 11 e la (20) implica che debba essere uk (r0 ) = ϕ bk , (24) dove naturalmente ϕ bk sono i coefficienti di Fourier per ϕ(θ) nello sviluppo X ϕ(θ) = ϕ bk eikθ , (25) k forniti dalla formula generale ϕ bk = 1 2π Z 2π ϕ(θ) e−ikθ dθ . (26) 0 D’altra parte, usando la rappresentazione (23) per u(r, θ), l’equazione di Laplace – in particolare nella sua forma polare (19) – si riscrive come X d2 uk k dr2 X 1 X 1 duk eikθ − k 2 uk eikθ = 0 . r dr r2 eikθ + (27) k k Raccogliendo, otteniamo X d2 uk 1 duk 1 2 + − 2 k uk eikθ = 0 . dr2 r dr r (28) k Dunque, grazie alle proprietà di ortogonalità della base di Fourier, otteniamo una sequenza infinita di equazioni ordinarie (non accoppiate) per le uk , r2 duk d2 uk = k 2 uk ; + r dr2 dr (29) in altre parole, le uk (r) sono autofunzioni dell’operatore L = r2 d2 d + r dr2 dr (30) con autovalore k 2 , dove k ∈ Z. Ovviamente queste autofunzioni sono definite a meno di una costante moltiplicativa, che può essere usata per soddisfare le condizioni ausiliarie uk (r0 ) = ϕ bk . E’ evidente dalla forma della (29) che la soluzione va cercata in serie di potenze, cioé come X uk (r) = Ckm rm ; m sostituendo nell’equazione, otteniamo facilmente che Ckm = 0 per m 6= ±k, mentre è indeterminato (quindi arbitrario) per m = ±k. In alternativa, per risolvere la (29) passiamo innanzitutto alla variabile ρ = log(r), dunque con r = eρ . Ora d dρ d d = = e−ρ , dr dr dρ dρ 12 e quindi d2 . dρ2 L = (31) L’equazione da risolvere (per Uk (ρ) = uk (eρ ) ) è dunque semplicemente d2 Uk = k 2 Uk , dρ2 (32) con soluzione (niente somma su k) Uk (ρ) = ak ekρ + bk e−kρ (k 6= 0) , mentre per k = 0 abbiamo U0 (ρ) = a0 ρ + b0 . Tornando alla variabile r abbiamo quindi uk (r) = ak rk + bk r−k (k 6= 0) , (33) e per k = 0 u0 (r) = a0 log(r) + b0 . Notiamo che per k > 0, i termini rk diventano infiniti per r → ∞, quelli r−k per r → 0; per k < 0 invece i termini r−k diventano infiniti per r → ∞, quelli rk per r → 0. Quanto al termine log(r), questo diverge sia per r → 0 che per r → ∞. Se ora stiamo lavorando sul dominio all’interno di γ (problema di Dirichlet interno) dobbiamo porre bk = 0 per k > 0 e ak = 0 per k < 0, per evitare la singolarità in r = 0; se invece stiamo lavorando all’esterno di γ (problema di Dirichlet esterno) dobbiamo porre ak = 0 per k > 0 e bk = 0 per k < 0, per evitare la singolarità in r = ∞.13 In ambedue i casi, dobbiamo inoltre scegliere u0 = b0 , cioé a0 = 0. 6.2 Base trigonometrica Può essere utile considerare anche la soluzione con la base di seni e coseni. Avremo ora X u(r, θ) = A0 (r) + [Ak (r) cos(kθ) + Bk (r) sin(kθ)] (34) k>0 e l’equazione di Laplace fornisce r2 A0 00 (r) + r A0 0 (r) = 0; 2 00 0 = k 2 Ak (r) , 2 00 0 = k 2 Bk (r) . r Ak (r) + r Ak (r) r Bk (r) + r Bk (r) 13 Questo spiega perché la richiesta di avere soluzioni limitate abbassa il numero di funzioni che assegnano i dati al contorno da due ad una, sia per il problema interno che per quello esterno. 13 Le soluzioni di questo sistema sono ottenute come in precedenza, ed abbiamo A0 (r) = a0 + b0 log(r) ; Ak (r) = k −k a+ + a− , k r k r Bk (r) = k −k b+ + b− . k r k r In questo caso la restrizione a termini che restino limitati per r → 0 o per r → ∞ è lievemente più semplice, in quanto k ha sempre segno positivo. Dunque, per il problema interno sceglieremo + k k A0 (r) = a0 , Ak (r) = a+ k r , Bk (r) = bk r ; per il problema esterno sceglieremo −k −k A0 (r) = a0 , Ak (r) = a− , Bk (r) = b− . kr kr Resta vero che su r = r0 la u(r0 , θ) deve coincidere con ϕ(θ); quest’ultima va ora sviluppata in serie di Fourier di seni e coseni, con X ϕ(θ) = ϕ0 + αk cos(kθ) + βk sin(kθ) k>0 dove naturalmente ϕ0 αk βk 6.3 1 2π = = = Z 2π ϕ(θ) dθ , 1 π Z 1 π Z 0 2π ϕ(θ) cos(kθ) dθ , (35) 0 2π ϕ(θ) sin(kθ) dθ . 0 Problema di Dirichlet interno Dunque, per il problema di Dirichlet interno, porremo uk = ak rk , e le condizioni su r = r0 forzano la scelta delle costanti arbitrarie ak , cosicché abbiamo a0 = ϕ0 ed inoltre Ak (r) = αk (r/r0 )k , Bk (r) = βk (r/r0 )k , (36) e la soluzione cercata si scrive come u(r, θ) = ϕ0 + X [αk cos(kθ) + βk sin(kθ)] k 14 r r0 k . (37) Esempio. Consideriamo r0 6= 0 e ϕ(θ) = cos(θ); dunque ϕ0 = 0, αk = δk,1 , βk = 0. Applicando la (37) otteniamo u(r, θ) = (r/r0 ) cos(θ) . Esercizio 7. Dimostrare la convergenza in r ≤ r0 della P serie di Fourier (37). [Suggerimento: per r ≤ r0 la serie è maggiorata da |α0 | + (|ak | + |bk |), e questa converge avendo assunto che ϕ sia continua e differenziabile.] 6.4 Problema di Dirichlet esterno Allo stesso modo, per il problema di Dirichlet esterno porremo uk = ak r−k , e le condizioni su r = r0 forzano la scelta delle costanti arbitrarie ak , cosicché abbiamo a0 = ϕ0 ed inoltre Ak (r) = αk (r0 /r)k , Bk (r) = βk (r0 /r)k ; la soluzione cercata si scrive come r k X 0 u(r, θ) = ϕ0 + [αk cos(kθ) + βk sin(kθ)] . r (38) (39) k Esempio. Consideriamo nuovamente r0 6= 0 e ϕ(θ) = cos(θ); dunque ancora ϕ0 = 0, αk = δk,1 , βk = 0. Applicando la (39) otteniamo u(r, θ) = (r0 /r) cos(θ) . Esercizio 8. Mostrare che, con L l’operatore di Laplace L = ∂2 ∂2 ∂2 1 ∂ 1 ∂2 + = + + 2 , 2 2 2 ∂x ∂y ∂r r ∂r r ∂θ2 si ha (per ogni k ∈ Z e per r0 6= 0) L[(r/r0 )k cos(kθ)] = 0 , L[(r/r0 )k sin(kθ)] = 0 ; k = 0 , L[(r0 /r)k sin(kθ)] = 0 . L[(r0 /r) cos(kθ)] 7 Integrale di Poisson Nella sezione precedente abbiamo ottenuto delle espressioni complete per la serie di Fourier di u(r, θ), in cui i coefficienti sono determinati dai coefficienti di Fourier per il dato al contorno ϕ(θ). Potremmo essere tentati dall’inserire l’espressione esplicita di questi coefficienti (in termini di integrali della ϕ) nella nostra formula. Questa tentazione trova la sua motivazione non solo nel desiderio di avere una formula sintetica, 15 ma anche nel fatto che (come abbiamo già ricordato) l’equazione di Laplace può anche essere vista come l’equazione che descrive le soluzioni stazionarie dell’equazione di diffusione (o del calore) e che per quest’ultima esiste una formula che ci permette di esprimere in forma chiusa la soluzione a partire dal dato iniziale.14 Consideriamo per concretezza il problema di Dirichlet interno. Inseriamo allora le espressioni (35) dei coefficienti ϕ0 , αk , βk nella formula (37) per u; otteniamo X u(r, θ) = ϕ0 + (r/r0 )k [αk cos(kθ) + βk sin(kθ)] k = 1 2π = 1 2π 2π Z 2π 1 X (r/r0 )k cos(kθ) ϕ(η) cos(kη)dη π 0 0 k Z 2π + sin(kθ) ϕ(η) sin(kη) dη Z ϕ(η) dη + 0 = Z 2π 1 X k (r/r0 ) ϕ(η) dη + ϕ(η) cos[k(η − θ)]dη π 0 0 k " # Z 2π X 1 k ϕ(η) 1 + 2 (r/r0 ) cos[k(η − θ)] dη . 2π 0 Z 2π k Passiamo ora alle variabili ξ := η − θ , z = (r/r0 ) eiξ . Con queste, abbiamo dθ = dξ ed inoltre 1+2 ∞ X (r/r0 )k cos[k(η − θ)] = −1 + 2 k=1 ∞ X (r/r0 )k cos[k(η − θ)] k=0 " = −1 + 2 Re " = −1 + 2 Re = −1 + 2 Re ∞ X # (r/r0 )k exp[ik(η − θ)] k=0 ∞ X # k (r/r0 ) exp[ikξ] k=0 "∞ X # z k k=0 1 = −1 + 2 Re 1−z . Scrivendo (r/r0 ) = ρ, otteniamo 1 1 1 − ρ cos ξ 1 − ρe−iξ Re = Re = . = Re 1−z 1 − ρeiξ 1 + ρ2 − 2ρ cos(ξ) 1 + ρ2 − 2ρ cos(ξ) 14 Naturalmente in questi termini si tratta di una suggestione più che di un argomento. 16 Ne segue che 1 −1 + 2 Re 1−z = 1 − ρ2 . 1 + ρ2 − 2ρ cos(ξ) Abbiamo quindi mostrato che Z 2π 1 − (r/r0 )2 1 ϕ(η) u(r, θ) = dη . 2 2π 0 1 + (r/r0 ) − 2 (r/r0 ) cos(η − θ) (40) L’integrale a membro di destra della (40) è detto integrale di Poisson. Possiamo semplificarne la scrittura definendo K[r, θ; r0 , η] := 1 − (r/r0 )2 1 , 2π 1 + (r/r0 )2 − 2 (r/r0 ) cos(η − θ) (41) col che naturalmente la (40) si riscrive come15 Z u(r, θ) = 2π K[r, θ; r0 , η] ϕ(η) dη . (42) 0 Vogliamo ora verificare che effettivamente la (40) definisce una funzione armonica all’interno del cerchio di raggio r0 , continua sulla circonferenza di raggio r0 , e coincidente su questa con ϕ(θ). Per verificare che si tratta di una funzione armonica in B = {r < r0 }, è sufficente verificare che K[r, θ; r0 , η] è soluzione dell’equazione di Laplace (rispetto alle variabili (r, θ)), ossia che si ha r2 ∂K ∂2K ∂2K + r + = 0. ∂r2 ∂r ∂θ2 Questo può essere facilmente verificato con un calcolo esplicito, che lo studente è invitato a svolgere. In effetti, per concludere che L[K] = 0 implica anche che u definita dalla (40), (42) sia una funzione armonica, bisognerebbe anche verificare la legittimità del portare le derivazioni all’interno dell’integrale; ma questo segue facilmente da 1 + (r/r0 )2 − 2 (r/r0 ) cos(η − θ) ≤ 1 + (r/r0 )2 − 2 (r/r0 ) = [1 − (r/r0 )]2 ; dunque K e le sue derivate sono funzioni continue in r e θ per 0 ≤ r < 1. Resta da mostrare che il comportamento sulla circonferenza γ di raggio r0 è quello desiderato. Questa dimostrazione è meno banale, e per essa rimandiamo (in attesa del completamento di questa dispensa) alla sezione [206] del testo di Smirnov. Osservazione. E’ possibile mostrare che la (40) è valida sotto la sola condizione che ϕ sia continua, cioé senza condizioni ulteriori di regolarità. 15 Questa formula rappresenta l’equivalente della formula che fornisce la soluzione dell’equazione del calore attraverso il propagatore. 17 Osservazione. La possibilità di esprimere la soluzione del problema di Dirichlet nella forma dell’integrale di Poisson (40) non è peculiare del lavorare in dimensione due; vale a dire, in dimensione n arbitraria si ottiene una formula dello stesso tipo della (40). Ad esempio, per n = 3 risulta Z 2π Z 2π r02 − r2 1 0 0 f (θ , ϕ ) dσ , u(r, θ, ϕ) = 4πr02 0 (r02 + r2 − 2rr0 cos γ)3/2 0 dove dσ è l’elemento di volume sulla sfera S 2 (su cui si estende l’integrale) e γ è l’angolo tra i raggi che congiungono l’origine ai punti di coordinate (r, θ, ϕ) e (r0 , θ0 , ϕ0 ). 8 Soluzione del problema di Neumann Passiamo a considerare il problema di Neumann, nuovamente su un cerchio (che possiamo sempre pensare centrato nell’origine, dato che traslare l’origine del sistema di coordinate non cambia l’equazione di Laplace). In questo caso il valore della derivata normale al cerchio – dunque della derivata rispetto ad r – è assegnato su un cerchio di raggio R, e corrisponde ad una funzione assegnata ψ(θ), che assumeremo continua. Procedendo come nel caso del problema di Dirichlet, scriveremo u(r, θ) = A0 (r) + ∞ X [Ak (r) cos(kθ) + Bk (r) sin(kθ)] , k=1 e la richiesta che u sia soluzione dell’equazione di Laplace, dunque che sia r2 urr + r ur + uθθ = 0 , ci assicura che (+) (−) (+) (−) A0 (r) = a0 + b0 log(r) , Ak (r) = ak rk + ak r−k , Bk (r) = bk rk + bk r−k . Porremo sempre b0 = 0 e, a seconda che si tratti del problema di Neumann (−) (−) (+) (+) interno od esterno, ak = bk = 0 ovverossia ak = bk = 0. Quanto alla derivata (∂u/∂r) abbiamo in generale (ma avendo già posto b0 = 0) h X (+) (−) ur (r, θ) = k (ak rk−1 − ak r−k−1 ) cos(kθ) k i (+) (−) + (bk rk−1 − bk r−k−1 ) sin(kθ) . La condizione di Neumann imporrà ur (R, θ) = ψ(θ) e dunque una relazione (±) (±) tra i coefficienti di Fourier della u (le ak , bk ) ed i coefficienti di Fourier della ψ, che scriveremo come X ψ(θ) = ψ0 + [αk cos(kθ) + βk sin(kθ)] . (43) k 18 8.1 Problema di Neumann interno Iniziamo dal considerare il problema interno, cosicché le formule precedenti (+) (+) divengono (omettendo l’indice “+” in ak , bk ) X u(r, θ) = a0 + ak rk cos(kθ) + bk rk sin(kθ) , k ur (r, θ) = X k ak rk−1 cos(kθ) + bk rk−1 sin(kθ) . k In particolare, sulla circonferenza di raggio r = R abbiamo X ur (R, θ) = k ak Rk−1 cos(kθ) + bk Rk−1 sin(kθ) ; k imponendo che questa funzione sia uguale a ψ(θ), si veda la (43), e concentrandoci dapprima sull’equazione per k = 0, otteniamo che la soluzione esiste solo a condizione di avere Z 2π 1 ψ(θ) dθ = 0 , ψ0 := 2π 0 il che naturalmente significa Z 2π ψ(θ) dθ = 0 . (44) 0 Assumendo che la condizione (44) sia soddisfatta, le equazioni per k 6= 0 forniscono k ak Rk−1 = αk , k bk Rk−1 = βk ; dunque la soluzione – purché la (44) sia soddisfatta – è fornita da ak = βk αk , bk = . k−1 kR kRk−1 sostituendo nell’espressione per u otteniamo in conclusione u(r, θ) = a0 + ∞ k−1 X r r [αk cos(kθ) + βk sin(kθ)] . R k (45) k=1 Notiamo che il coefficiente a0 resta indeterminato, come del resto è giusto che sia: aggiungere una costante ad u non altera né il suo essere soluzione dell’equazione di Laplace, né i valori delle sue derivate. 8.2 Problema di Neumann esterno Passiamo ora a considerare il problema esterno, che naturalmente sarà analizzato seguendo lo stesso metodo. Bisogna fare attenzione ad un punto: nel definire 19 la funzione ψ come derivata di u in direzione normale esterna al dominio su cui si considera l’equazione, dato che questo è la regione esterna alla circonferenza di raggio R, si avrà un segno meno, ossia ψ(θ) = − ur (R, θ) . Scriveremo ancora lo sviluppo di Fourier della ψ nella forma (43). (−) (−) Ora le formule per u ed ur divengono (omettendo l’indice “-” in ak , bk ) X u(r, θ) = a0 + ak r−k cos(kθ) + bk r−k sin(kθ) , k ur (r, θ) = − X k ak r−k−1 cos(kθ) + bk r−k−1 sin(kθ) . k Sulla circonferenza di raggio r = R abbiamo X ur (R, θ) = − k ak R−k−1 cos(kθ) + bk R−k−1 sin(kθ) . k Richiediamo nuovamente che questa funzione sia uguale a ψ(θ), si veda la (43), ed ancora dall’equazione per k = 0 si ha che la soluzione esiste solo sotto la condizione (44). Assumendo che questa sia soddisfatta, le equazioni per k 6= 0 forniscono ora −k ak R−k−1 = αk , −k bk R−k−1 = βk ; dunque la soluzione – purché la (44) sia soddisfatta – è fornita da ak = − βk k+1 αk k+1 R , bk = − R . k k sostituendo nell’espressione per u otteniamo in conclusione ∞ k X R R u(r, θ) = a0 − [αk cos(kθ) + βk sin(kθ)] . r k (46) k=1 Anche in questo caso, come ovvio, il coefficiente a0 resta indeterminato. 9 Espressione integrale della soluzione per il problema di Neumann Vorremmo ora ottenere per quanto possibile una formula per esprimere u(r, θ) soluzione del problema di Neumann in termini di un integrale del tipo di quello di Poisson; naturalmente la costante additiva arbitraria u0 non potrà entrare in questa formula. L’espressione desiderata sarà dunque del tipo Z 2π u(r, θ) = a0 + H[r, θ; R, η] ψ(η) dη := a0 + v(r, θ) . 0 20 Consideriamo per concretezza il problema di Neumann interno, cosicché si applica la (45), che riscriviamo come ∞ k−1 X 1 r + r [αk cos(kθ) + βk sin(kθ)] , R k u(r, θ) = a0 k=1 da cui naturalmente v(r, θ) = r ∞ k−1 X 1 r [αk cos(kθ) + βk sin(kθ)] . R k (47) k=1 Usando la definizione dei coefficienti di Fourier αk , βk , si veda la (43), la (47) si riscrive come Z 2π ∞ R X r k 1 v(r, θ) = cos(kθ) ψ(η) cos(kη) dη π R k 0 k=1 Z 2π + sin(kθ) ψ(η) sin(kη) dη 0 Z 2π ∞ R X r k 1 ψ(η) cos(kθ) cos(kη) dη π R k 0 k=1 Z 2π + ψ(η) sin(kθ) sin(kη) dη = 0 Z 2π ∞ R X r k 1 ψ(η) cos[k(θ − η)] dη . π R k 0 = k=1 Definendo ora ρ = (r/R) , z = ei(θ−η) , questa si riscrive come Z 2π ∞ R X ρk v(r, θ) = ψ(η) Re[ζ k ] dη . π k 0 (48) k=1 Possiamo procedere come nella derivazione dell’integrale di Poisson, ed in questo modo otteniamo facilmente # Z 2π "X ∞ ρk z k R Re ψ(η) dη . (49) v(r, θ) = π 0 k k=1 Ricordando ora che ∞ X pk k=1 k = − log(1 − p) = log 21 1 1−p , la (49) si riscrive come v(r, θ) = R π 2π Z Re log 0 1 1 − ρζ ψ(η) dη, ovvero, dato che l’unica quantità complessa nell’integrale è proprio z, Z 2π R log(1 − ρζ) ψ(η) dη , v(r, θ) = − Re π 0 (50) (51) Tornando ora alle variabili angolari originarie, l’argomento del logaritmo si scrive come γ = 1 − ρζ = 1 − ρ ei(θ−η) = 1 − ρ[cos(θ − η) + i sin(θ − η)] . Dunque |γ|2 = (1 − cos(θ − η))2 + sin(θ − η)2 = 1 + cos2 (θ − η) − 2 cos(θ − η) + sin2 (θ − η) = 2 [1 − cos(θ − η)] ; e d’altra parte l’argomento di γ risulta sin(θ − η) 1 − cos(θ − η) θ−η = arctan cot 2 π θ−η ± . = − 2 2 ξ = Arg(γ) = arctan La (51) si riscrive quindi come Z 2π R iξ Re log(|γ| e ) ψ(η) dη v(r, θ) = − π 0 Z 2π R = − Re log(|γ| eiξ ) ψ(η) dη . π 0 (52) Il logaritmo di una quantità complessa non è univocamente definito, ma la sua parte reale lo è; dunque infine, ricordando anche l’espressione di |γ|, v(r, θ) R = − π Z R π Z = − 2π log(|γ|) ψ(η) dη 0 2π log[2 (1 − cos(θ − η))] ψ(η) dη . 0 22 (53) 10 Proprietà delle funzioni armoniche Vogliamo ora menzionare alcune delle proprietà fondamentali delle funzioni armoniche. Queste si dimostrano tutte a partire dall’integrale di Poisson (40). Proprietà 1 (media). Sia f (x, y) armonica sul cerchio B. Allora il valore di f nel centro b0 di B è pari alla media aritmetica di f sulla circonferencza γ = ∂B. Dimostrazione. In effetti, è sufficiente usare la rappresentazione (40) per f ; scegliendo r = 0 abbiamo Z 2πρ Z 2πρ 1 1 ϕ(s) ds = f (ρ, s/ρ) ds , f (0, θ) = 2πρ 0 2πρ 0 che è proprio la media di f sulla circonferenza di raggio ρ. Proprietà 2 (massimo). Sia f (x, y) armonica nel dominio B; se esiste un punto p0 ∈ B0 nell’interno di B, tale che u(p0 ) è uguale al minimo limite superiore (al massimo limite inferiore) per u su γ = ∂B, allora u è costante.16 Dimostrazione. In effetti, assumiamo che esista un punto p0 con le dette proprietà; allora, essendo questo un punto nell’interno di B, esiste un cerchio C0 con centro p0 ed interamente contenuto in B. Dato che i valori della funzione sulla circonferenza ∂C0 non possono eccedere u(p0 ), per il teorema della media (v. proprietà 1 qui sopra) deve necessariamente essere u(p) = u(p0 ) per tutti i punti p ∈ ∂C0 ; ma questo implica che u sia costante (ed uguale a u(p0 )) anche per tutti i punti nell’interno di C0 . Scegliamo ora un punto p1 ∈ C0 ; questo avrà un cerchio C1 con centro p1 ed interamente contenuto in B, e possiamo ripetere indefinitamente la procedura fino a ricoprire interamente l’interno di B. Proprietà 3 (teorema di Liouville). Una funzione armonica sull’intero piano e non costante non è limitata né inferiormente né superiormente. Dimostrazione. Consideriamo il caso di limite inferiore, dunque assumiamo che esista m tale che u(x, y) ≥ m; possiamo sempre assumere m > 0, eventualmente aggiungendo una costante alla funzione u. Scegliamo ora un punto (r, θ) e confrontiamo u(r, θ) con il valore u0 di u nell’origine. Scegliamo un R > r, e definiamo ϕ(θ) = u(R, θ). Usando l’integrale di Poisson, possiamo scrivere Z 2π 1 R2 − r 2 u(r, θ) = ϕ(θ) 2 dη . 2 2π 0 R + r − 2Rr cos(θ − η) Segue da questa che (come mostreremo tra poco) R−r R+r u0 ≤ u(r, θ) ≤ u0 . R+r R−r (54) 16 Se B è limitato, il minimo limite superiore diviene il massimo, ed il massimo limite inferiore diviene il minimo. 23 Nel limite R → ∞, questa fornisce u(r, θ) = u0 ; data l’arbitrarietà di (r, θ), segue che u è costante. Bisogna ancora mostrare la validità della (54). Scegliamo allora un cerchio C0 di centro p0 e raggio R; la funzione u(r, θ) può essere rappresentata entro C0 attraverso l’integrale di Poisson usando questo cerchio (scegliamo per comodità un sistema di coordinate polari con origine in p0 ). Per far ciò, porremo ϕ(θ) = u(R, θ) . (55) Scriviamo allora u(r, θ) = 1 2π Z 2π ϕ(θ) 0 R2 + r2 R2 − r 2 dη ; − 2Rr cos(θ − η) (56) d’altra parte, | cos(θ − η)| ≤ 1 e quindi R−r R2 − r 2 R+r ≤ 2 ≤ . 2 R+r R + r − 2Rr cos(θ − η) R−r (57) Inoltre, se u ≥ 0 segue dalla (55) che nella (56) si ha ϕ(θ) ≥ 0 e dalle (56), (57) segue che Z 2π Z 2π 1 R−r 1 R+r ϕ(η) dη ≤ u(r, θ) ≤ ϕ(η) dη . (58) 2π R + r 0 2π R − r 0 Ma per la proprietà 1 qui sopra (media aritmetica) sappiamo che Z 2π 1 u(R, η) dη = u(p0 ) ; 2π 0 quindi la (58) si riscrive come 1 R−r 1 R+r u(p0 ) ≤ u(r, θ) ≤ u(p0 ) . 2π R + r 2π R − r (59) Questa è proprio la (54) (in cui il valore della funzione nel centro del cerchio considerato, u(p0 ), veniva indicato con u0 ). Proprietà 4 (analiticità). Sia f (x, y) armonica nel dominio B. Allora f è una funzione analitica in x ed y, cioé è rappresentabile in termini di una serie di potenze. Dimostrazione. Percorrendo a ritroso i passaggi svolti per ottenere l’integrale di Poisson (40), notiamo che R2 − r 2 1 R dη = 2Re − + dη R2 + r2 − 2Rr cos(θ − η) 2 R − r exp[i(θ − η)] iReiη dη = −dη + 2Re i(Reiη − reiθ ) dζ = − dη + 2Re , i(ζ − z) 24 dove abbiamo scritto z = r eiθ , ζ = R eiη . Dunque, tornando a considerare l’integrale di Poisson ed indicando con ψ(ζ) = u(R, η) = ϕ(η) il valore della funzione sul cerchio di raggio R, otteniamo 1 u(r, θ) = − 2π Z 0 2π 1 ϕ(η) dη + Re iπ Z 0 2π ψ(ζ) dζ ζ −z . La teoria delle funzioni di variabile complessa (trattata in un’altra dispensa) ci assicura che l’integrale in dζ rappresenta una funzione analitica di ζ (che può essere sviluppata in serie di ζ), e dunque anche la u è una funzione analitica di x ed y. Enunciamo infine due altre proprietà senza dimostrazione (sebbene l’unico punto delicato di queste dimostrazioni sia stabilire la diseguaglianza (54), e dunque sia stato già affrontato); lo studente interessato può trovarne la dimostrazione ad esempio nella sezione [III-30] del testo di Petrovsky (o attendere di seguire il corso di equazioni a derivate parziali). Proprietà 5 (primo teorema di Harnack). Sia uk (x, y) una successione di funzioni armoniche in B e continue in γ = ∂B. Se la successione converge uniformemente su γ, allora essa converge uniformemente in B e la funzione limite è armonica in B. Proprietà 6 (secondo teorema di Harnack). Sia uk (x, y) una successione di funzioni armoniche e non negative in B, e questa converga per qualche punto p0 ∈ B0 nell’interno di B. Allora la successione converge ad una funzione armonica in tutto B, e la convergenza è uniforme in ogni regione limitata in B. G. Gaeta, 16/12/2012 25