L`IMPRENDITORE DEL LA SPERANZA

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L`IMPRENDITORE DEL LA SPERANZA
[LE FRONTIERE DELLA FEDE]
DI GIUSEPPE CAFFULLI
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i confido il mio sogno… Vorrei diventare milionario». Non appena
pronunciata la frase, don Raed si allontana. Due passi appena, per gustarsi meglio lo sconcerto sul tuo volto. «Che c’è di strano?», dice con un sorriso beffardo: «C’è gente che i soldi li usa per fare la guerra o mettere
bombe. Io e i miei parrocchiani di Taybeh li
useremmo per la comunità, per rendere finalmente autosufficienti i nostri cristiani di Terra
Santa. In una parola, per renderli liberi».
Taybeh, Samaria, tre quarti d’ora d’auto
da Gerusalemme (check-point permettendo), mille metri d’altitudine, l’unico (l’ultimo?) villaggio interamente cristiano della Terra Santa. Don Raed Abushalia precisa di
non avere alle spalle studi di economia. E neppure un particolare pallino per gli affari. «So씮
don Raed
LA COLOMBA VOLA
ANCHE IN ITALIA
씰 Anche in Italia è
possibile reperire le
Colombe della pace. Oltre
alla rete di Pax Christi,
tra i primi ad aderire
al progetto di Taybeh
(segreteria nazionale:
055.20.20.375;
[email protected]), le
lampade possono essere
richieste al Commissariato di Terra Santa di Firenze (Convento
Monte alle Croci, tel. 055.20.01.882) e al Centro di Terra Santa
di Milano (02.34.59.26.79; [email protected]). Il sito della
parrocchia di Taybeh (wwww.taybeh.info) permette l’acquisto
diretto di una vasta gamma di prodotti realizzati dai cristiani
di Terra Santa: presepi, candele, oggetti in legno d’ulivo,
saponi e shampoo all’olio d’oliva, cosmetici a base di acqua e
fanghi del Mar Morto.
L’IMPRENDITORE DEL LA SPERANZA
Un villaggio cristiano in Palestina, le mille idee di un
sacerdote contro paura e povertà
In questa foto: il villaggio palestinese di Taybeh. Sopra:
don Raed con la Colomba della pace. Qui sopra:
la lavorazione delle lampade
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In queste foto: la casa
di riposo per anziani
costruita da don Raed.
A destra: i bambini
e la chiesa di Taybeh
l’agricoltura. Dagli scarti della lavorazione dell’olio alla ceramica.
Il nesso, a prima vista, è difficile
da cogliere. «Lo scarto dell’olio
di oliva è da sempre utilizzato come combustibile per le lampade.
È il lampante, appunto. Da qui
l’idea di realizzare lampade». Il
colpo d’ala, è il caso di dirlo, arriva da alcuni artisti che disegnano per Taybeh
una lampada a forma di colomba. Nasce la
Colomba della pace, che dalla Samaria vola
ormai in molte parti del mondo.
Un vecchio frantoio in disuso viene riadattato a laboratorio di ceramica. Don Raed fa venire dei maestri d’arte per la formazione dei
giovani locali che lavorano la terracotta. Le
donne imparano a dipingere e a rifinire le lampade, vendute in una confezione contenente
appunto anche l’olio per ardere. Nel laboratorio (che dà lavoro a 15 persone), i cristiani di
Taybeh producono anche candele artistiche
in cera, croci in legno d’ulivo, rosari… «Ci
«Il mio sogno? Diventare milionario. A Taybeh i soldi
“
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La seconda Intifada
ha dato il colpo
di grazia alla nostra
economia
e ha lasciato i giovani
senza prospettive
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no solo un prete», dice, «un parroco di montagna. Il mio compito è testimoniare il Vangelo
e accompagnare pastoralmente i miei fedeli».
Eppure, qui nell’antica Efraim, don Raed è
riuscito a mettere in moto uno straordinario
meccanismo di autosviluppo. «La seconda Intifada ha dato il colpo di grazia alla nostra economia e ha lasciato i giovani senza prospettive. Quale altra strada, se non l’emigrazione?
Mi sono detto: devo fare qualcosa».
La storia di don Raed merita di essere raccontata. Originario di un piccolo villaggio del
Nord dei Territori occupati, dopo gli studi ecclesiastici e l’ordinazione viene mandato come parroco in Giordania, e poi chiamato a insegnare presso il seminario patriarcale di Gerusalemme. Per volere dei superiori, viene
mandato a Roma, (dove si laurea in Filosofia
alla Lateranense con una tesi su islam e nonviolenza) e diviene in seguito, per tre anni, segretario personale del patriarca di Gerusalemme, monsignor Michel Sabbah. «Gli anni
al fianco di monsignor Sabbah sono stati importantissimi. Allora avevo l’ambizione di scrivere libri, diventare giornalista… toccare con
mano la miseria e la disperazione mi ha convertito. In quel periodo ho avviato uno dei
primi progetti: la mucca del povero. Grazie
all’aiuto di tanti benefattori, in qualche anno
abbiamo regalato a decine di famiglie una
mucca e abbiamo avviato una piccola rete per
la vendita di latte, yogurt e formaggio».
Nel frattempo Taybeh resta senza parroco
e monsignor Sabbah pensa a don Raed. «La
prima cosa che mi colpì arrivando qui fu questa: gli abitanti di Taybeh erano 3.400 negli
anni Sessanta, appena 1.300 nel 2003. Molti
erano emigrati verso Usa, Guatemala, Argentina. In Giordania ci sono 400 famiglie di Taybeh. La seconda cosa: la disoccupazione. Terzo problema: la scuola. La scuola parrocchiale è insostituibile per formare cristianamente i
giovani. Ma le famiglie, causa la povertà, non
potevano pagare la retta. Da molti mesi non
riuscivamo a pagare gli insegnanti».
Don Raed, allora, ha un’idea che lì per lì rischia di rivelarsi una catastrofe. Chiede alle famiglie di pagare in natura. E siccome il prodotto tipico della zona è l’olio, si ritrova la canonica invasa dalle taniche. «Attorno al vil-
li useremmo per la comunità, non per mettere bombe»
laggio ci sono 30 mila ulivi ma per quell’olio non c’era mercato. Grazie all’aiuto di
amici in Francia avremmo potuto vendere l’intero quantitativo nel settore dell’equo e solidale. Ma veniva richiesto un extravergine a bassissima acidità e i nostri vecchi frantoi non potevano garantire questa qualità».
A dare la risposta è ancora una volta la
Provvidenza. Un agronomo di Firenze, a Natale, capita a Taybeh; don Raed gli sottopone
il problema e nasce così l’idea d’impiantare
un moderno oleificio. Viene presentato un
progetto alla Conferenza episcopale italiana,
che lo approva. «In settembre abbiamo ricevuto il frantoio, a novembre l’abbiamo inaugurato. Così abbiamo incoraggiato la gente
a tornare alla terra, a occuparsi delle olive,
a fare la spremitura il giorno stesso rispettando rigorosi criteri di qualità. Oggi l’olio
di Taybeh si vende molto bene nel commercio equo e solidale. Siamo anche riusciti a ottenere dalla Ue un regime d’esenzione per
l’esportazione in area euro».
Ma a Taybeh una cosa tira l’altra. Dalla “catastrofe” dell’olio acido, l’impulso dato al-
auguriamo che le Colombe della pace trovino posto in molte case e in tutte le chiese del
mondo, specie in vista del Natale. Con l’idea
della lampada tentiamo di trasformare un
prodotto in un messaggio di pace. Vogliamo che chi la acquista si impegni a pregare
per la Terra Santa: abbiamo composto una
preghiera che inseriamo in ogni scatola. Chiediamo un secondo impegno: utilizzare l’olio
della Terra Santa per illuminare la lampada.
Così lampada, olio e luce diventano messaggi
di pace e segni di solidarietà».
Nell’arco di 5 anni don Raed ha trovato anche il tempo di realizzare un ambulatorio dotato di sala-parto («Non potevo più sopportare che le nostre mamme patissero l’angoscia
del check-point israeliano per recarsi all’ospedale»), una casa di riposo, una cooperativa
femminile che realizza cous-cous per il circuito del commercio equo e solidale. «Il
mio sogno è raggiungere l’autosufficienza in
un paio d’anni. E poi diventare milionario.
Chissà, il “metodo Taybeh” potrebbe poi essere esportato anche in altre comunità cristiane della Terra Santa e del Medio Oriente». 왎
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Vogliamo che
chi acquista la
lampada della pace
si impegni anche
a pregare per
la Terra Santa
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