atti del convegno
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atti del convegno
TWIN TOWNS CONFERENCE CONFERENZA CITTÀ GEMELLAT GEMELLATE ELLATE ESSLINGEN AM NECKAR GERMANY PEACE PARTICIPATION AND EUROPEAN INTEGRATION NEATH PORT TALBOT WALES PACE PARTECIPAZIONE E INTEGRAZIONE EUROPEA PIOTRKOW TRYBUNALSKI POLAND 2222-25 OTTOBRE 2009 UDINE ITALIA VELENJE SLOVENIA ATTI DEL CONVEGNO VIENNE FRANCE VILLACH Relazioni Internazionali e Gemellaggi c/o Agenzia Giovani V.le Duodo, 77 - 33100 Udine - ITALIA Tel. +39-0432-271364 Fax +39-0432-271236 www.comune.udine.it AUSTRIA con il contributo della UDINE ITALY Udine, 23 Ottobre 2009 CONVEGNO PACE, PARTECIPAZIONE ED INTEGRAZIONE EUROPEA Con la partecipazione di rappresentanti delle città gemellate di Esslingen am Neckar (Germania) Neath Port Talbot (Galles) Piotrkow Trybunalski (Polonia) Velenje (Slovenja) Vienne (Francia) Villach (Austria) Questo Convegno ha ricevuto il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Presidenza della Regione, Servizio Affari Istituzionali e Generali (L.R. n. 23/1965). Comune di Udine Dipartimento Politiche Sociali Agenzia Giovani Responsabile del Dipartimento Filippo Toscano Coordinamento progetto Di Bernardo Sonia Baldin Rosanna Collaborazioni Ce.V.I Centro Volontariato Internazionale di Udine IRENE Centro Interdipartimentale Interdipartimentale di Ricerca sulla Pace, Università degli Studi di Udine Intervento introduttivo del moderatore del Convegno Sig. Luigi Reitani Assessore alla Cultura, Turismo, Pace e Relazioni Internazionali del Comune di Udine Sig. Luigi Luigi Reitani Perché organizzare una conferenza dei comuni gemellati intorno al tema della pace? In che modo questo tema è rilevante per la nostra politica quotidiana, per le decisioni che ogni giorno prendiamo nella vita amministrativa? Grazie al cielo le nostre città sono fuori dagli scenari di guerra che divampano nel mondo. Non dobbiamo preoccuparci di tutelare la sicurezza di chi va a un pozzo per fare provvista d’acqua, sapendo che quel pozzo è controllato da bande armate. Nelle nostre città non ci sono cecchini che sparano dai tetti ai pedoni come bersagli in movimento e neppure, per fortuna, accade che una macchina riempita di esplosivo deflagri nel centro di un nostro mercato. Se intendiamo la pace come assenza di conflitti armati, allora possiamo affermare che la pace è per noi una condizione stabile da due o tre generazioni, e augurarci che questa condizione persista nel tempo grazie al buon senso dei nostri governi nazionali. D’altra parte, se ci interroghiamo sui conflitti che in questo momento dilagano nel mondo, sulle guerre che ora, in questo preciso momento, provocano morte e distruzione, ci possiamo chiedere che cosa le nostre amministrazioni locali possono realisticamente fare per portare la pace a chi vive a migliaia di chilometri di distanza da noi. E in fondo non appare illegittimo rispondere che certo non può essere questa la priorità della nostra azione politica comunale. Eppure anche le guerre lontane ci raggiungono. E non solo nella forma di notizie e di immagini televisive. Nell’epoca della globalizzazione non esistono più conflitti locali, circoscritti nello spazio, perché ogni conflitto innesca dinamiche a catena, che investono il mondo intero. La grande migrazione che cinge oggi d’assedio l’Unione Europea ha tra le sue cause la guerra. Chi cerca oggi ospitalità da noi lo fa soprattutto per raggiungere condizioni di vita più dignitose e migliori condizioni economiche. Lo fa per sottrarsi alla povertà e alla scarsezza di risorse nel proprio paese. Ma lo fa anche per sfuggire alla violenza delle armi o alla brutale violazione dei diritti civili. Non so quanto sia vivo nelle vostre città il problema di un’accoglienza dei profughi politici o di chi proviene da zone di guerra. Domani visiteremo insieme un Centro nei pressi di Udine nato per offrire accoglienza agli immigrati, dove hanno trovato asilo uomini e donne sfuggiti alle devastazioni della guerra. Ma dobbiamo renderci conto che anche la miseria diffusa, anche la negazione dei diritti elementari dell’uomo sono forme di violenza. Chi cerca ospitalità in Europa cerca la pace, nel senso più vasto del termine, ovvero non solo assenza di conflitti, ma anche benessere e riconoscimento dei propri diritti. Sono in grado le nostre Municipalità di rispondere a questi bisogni? Se è vero che le politiche sull’immigrazione sono frutto di decisioni nazionali o regionali, è anche vero che sono i Comuni a farsi concretamente carico dei problemi che l’immigrazione comporta. E non possiamo nasconderci che la crescente immigrazione in Europa ci pone di fronte a problemi di non facile soluzione. Le città sono comunità tendenzialmente aperte, in continua evoluzione sociale. Per Udine e la nostra regione, il Friuli Venezia Giulia, l’immigrazione da altri Paesi, e in particolare da Paesi extra-europei, è un fenomeno recente, degli ultimi vent’anni. Il Friuli è stato fino al 1976, l’anno del grande terremoto che lo ha duramente colpito, una zona di emigrazione, da cui si partiva per trovare lavoro in altre regioni del mondo più ricche. Ora la situazione è radicalmente mutata. Quasi il 13% della popolazione ufficialmente residente a Udine ha la cittadinanza straniera, ovvero, secondo gli ultimi dati a disposizione, 12.869 persone. Di questi oltre 1.500 sono nati in Italia e circa 2.600 sono al di sotto dei 18 anni. Tra i bambini residenti a Udine tra i 5 e i 9 anni la percentuale degli stranieri è del 18%. Nella fascia d’età compresa tra i 20 e i 24 anni gli stranieri rappresentano il 39%. La maggiore comunità di immigrati proviene dalla Romania; seguono per consistenza le comunità dell’Albania, del Ghana, dell’Ucraina, della Serbia e della Croazia. Complessivamente l’immigrazione è in costante aumento, nell’ultimo anno di circa il 10%. Come dicevo, si tratta per noi di un’esperienza relativamente nuova, rispetto alla quale non ci sono ancora strategie politiche definite con precisione. Risulta quindi per Udine molto utile confrontarsi con le esperienze di città come Vienne o Esslingen, dove la fascia di popolazione straniera residente raggiunge il 30 o il 40%. Come dunque dare ospitalità e pace a chi emigra per sottrarsi alla fame, al disagio materiale e alla violenza? E come evitare che l’immigrazione diventi una possibile fonte di conflitto all’interno delle nostre città? Perché non possiamo nasconderci che la crescente presenza di comunità con usi, abitudini, riti e religioni diversi da quelli locali rappresenta un fattore di rischio per la stabilità dell’intero sistema sociale. Il problema è complesso e concerne più ambiti dell’intervento pubblico. Naturalmente non penso, in questo mio breve intervento introduttivo, di poterli trattare tutti. Vorrei però prendere in considerazione con voi alcune questioni che mi sembrano oggi decisive per la politica comunale in Europa. Io ritengo che parlare di pace significa per noi – città europee – parlare in primo luogo di integrazione. Occorre evitare la ghettizzazione urbana, scolastica e culturale delle comunità dei migranti. Occorre evitare il pericolo della loro esclusione dai centri della vita pubblica e sociale. Ma ugualmente occorre contrastare la logica di un’assimilazione forzata, che cancelli le diverse identità culturali, o al contrario, la logica del relativismo, per cui tutto è uguale. Perché l’integrazione non è assimilazione, ma non è neppure indifferenza reciproca. Spesso si afferma che il multiculturalismo rappresenta una risorsa importante per le città. Questo però è vero solo se le differenti identità entrano in dialogo tra loro. Quando si ha la possibilità di conoscere altre esperienze culturali, e di capirne a fondo le ragioni, ciò costituisce sicuramente un arricchimento del proprio orizzonte di vita. Comprendendo altre culture conosciamo meglio la nostra. Se però manca la possibilità di un confronto, se le diverse culture convivono l’una accanto all’altra separate da muri e pregiudizi, la pluralità delle esperienze finisce soltanto per aumentare la reciproca diffidenza e paura. Vorrei ribadire questo concetto, perché paura e insicurezza sono oggi due fattori emotivi di grande rilievo nell’orientare i comportamenti di massa, fattori di cui la politica deve necessariamente tenere conto se vuole governare le città. Ma contrastare la paura sociale significa sviluppare autentiche strategie di integrazione tra le diverse comunità che costituiscono e che sempre più costituiranno la nostra popolazione residente. Quali interventi le nostre amministrazioni locali devono dunque attuare per favorire il confronto interculturale? Non c’è dubbio che istruzione e cultura siano qui i settori maggiormente interessati. Alla scuola primaria e secondaria spetta il compito di creare le premesse per l’integrazione delle nuove generazioni di cittadini stranieri. Ciò implica forme di insegnamento non discriminanti, educazione linguistica, interesse verso le tradizioni culturali dei paesi di provenienza dei bambini stranieri. Anche la formazione permanente degli adulti deve essere in condizione di offrire l’acquisizione di conoscenze linguistiche e storiche basilari per il dialogo interculturale. Ma è importante sottolineare che questo processo non può avvenire a senso unico. Non si tratta solo di insegnare agli immigrati la lingua, la civiltà e la storia del paese ospite, ma anche di far conoscere a chi già vive in quel paese la lingua, la civiltà e la storia delle comunità ospitate. In senso vasto la cultura può avere un ruolo determinante nel favorire i processi di integrazione nelle città. Come nel caso dell’istruzione pubblica e della formazione permanente degli adulti, i Comuni sono qui chiamati a svolgere un’azione importante di integrazione e sostegno alle politiche nazionali e regionali. Penso ad esempio al ruolo delle biblioteche pubbliche, che possono diventare significativi centri di aggregazione, dove trovare non solo quotidiani, libri e dvd in più lingue, ma anche la possibilità di connettersi gratuitamente a internet. Anche nel sostegno allo spettacolo dal vivo (teatro e musica) dovrebbe essere fondamentale la considerazione di vivere ormai in una realtà multiculturale. Ma insieme alla cultura, un ruolo importante assume la progettazione urbanistica. Costruire città della pace significa costruire città in cui le relazioni umane non sono gerarchizzate e in cui non ci sono ghetti. E infine non c’è dubbio che gli stessi meccanismi di partecipazione democratica alla vita comunale vadano riformulati tenendo conto della legittima esigenza di dare voce e rappresentatività a tutti i residenti, a prescindere dal loro passaporto. Ripensare le nostre politiche comunali mettendo al primo posto il valore supremo della pace in un momento di crisi economica, quando le nostre finanze sono messe a dura prova, può sembrare un progetto ambizioso ma in fondo velleitario. Ma permettetemi di esprimere la convinzione che si possa rispondere a questa crisi solo con una scala di valori e di priorità precise, e che le nostre scelte per affrontare la quotidianità debbano necessariamente guardare a un orizzonte più ampio. Relatore: Sig. Jürgen Zieger Sindaco di Esslingen am Neckar (Germania) Presentazione: La Pace Sociale Sociale –Partecipazione Civica Attiva – Integrazione Sig. Jürgen Zieger La Pace Sociale –Partecipazione Civica Attiva – Integrazione GENERALITÀ La Pace Sociale … è essenziale per il funzionamento della società @ Promozione della cultura della responsabilità reciproca @ Rafforzamento dell’identificazione con la propria città Coinvolgimento ad Esslingen @ Il concetto di partecipazione è forte ad Esslingen @ Coinvolgimento dei cittadini a vari livelli “Non chiedetevi che cosa la città può fare per voi, ma che cosa potete fare voi per la città.” Processo di Strategia per la Città La preparazione reciproca di obiettivi strategici per la Città di Esslingen con rappresentanti della politica, della cittadinanza e dell’amministrazione. Neutralità attraverso il coinvolgimento di moderazione esterna. Obiettivo La comprensione reciproca per le sfide del futuro. Temi per il futuro 1. Istruzione 2. Isolamento 3. Identificazione locale 4. Economia 5. Ecologia 6. Urbanità 7. Partecipazione 8. Integrazione 9 .Sviluppo demografico Primo Elemento: Sondaggio Telefonico tra 760 persone Risultati esemplificativi (traduzione: Soddisfazione dei residenti “Come si vive a Esslingen?” 1= molto bene 2= bene 3= così così 4= non tanto bene 5= male Il 94% della popolazione vive ad Esslingen da molto bene a bene) Risultati esemplificativi (traduzione: Voti per Esslingen – “Che voto assegni ad Esslingen come città nel suo insieme? Da 1= molto bene a 5= insufficiente ” I cittadini di Esslingen valutano la loro città mediamente oltre il voto 2 ) Risultati esemplificativi (traduzione: Associazioni spontanee per Esslingen “Che cosa vi viene in mente quando sentite il nome di Esslingen?” Cittadini del centro città “contro” Cittadini dei dintorni da sin. : Bel centro città/città vecchia Castello + Torre Posizione/dintorni/pa esaggio/vigneti Città medioevale/vecchie case a graticcio Città sul fiume Neckar Bella città nel suo insieme Terra natìa/la mia patria/città natale Secondo Elemento: 3 Team di Workshop 9 workshop ciascuno con 25 rappresentanti del mondo politico, della cittadinanza e dell’amministrazione della città. Insieme, si concretizzano 49 obiettivi …. Istruzione: “Ad Esslingen sono presenti offerte adeguate in materia di istruzione/formazione per ogni età e necessità.” Partecipazione: “Esslingen formula visioni, orizzonti e mete e li rende trasparenti al fine dei processi di partecipazione.” Urbanità: “Esslingen si dichiara la città modello per il ruolo di Città europea”. Terzo elemento: Inizio pubblico, bilancio intermedio e conclusioni Con la presentazione formale dei risultati ai membri del Consiglio Quali sono i passi successivi? @ La documentazione finale costituisce la base per un ulteriore dibattito politico e per la maturazione di decisioni @ Nella fase successiva avverrà la concretizzazione del nuovo Consiglio che è stato eletto nel Giugno 2009 PARTECIPAZIONE CIVICA ATTIVA Obiettivi relativi al settore politico di partecipazione: “Esslingen possiede un vivace cultura della partecipazione.” “Esslingen formula visioni, orizzonti e mete e li rende trasparenti quale base dei processi di partecipazione” “I cittadini di Esslingen utilizzano la propria iniziativa per le esigenze della loro città.” Ore di Consultazione del Sindaco per i Cittadini di Esslingen @ Possibilità di incontri individuali relativi alle idee e ai fabbisogni dei cittadini @ Ogni sei settimane in quartieri diversi della città @ Fino ad ora quasi cento ore di consultazione @ Viene data risposta ad ogni richiesta Comitati Cittadini @ 10 Comitati Cittadini dal 1948 @ Elezione da parte della cittadinanza @Rappresentanti per le questioni relative dell'amministrazione comunale e del Consiglio Ufficio Partecipanti Attivi di Esslingen @ Punto di contatto per la partecipazione civica @ Sostegno organizzativo per i partecipanti attivi ai quartieri della città nell’ambito Rivista ESaktiv @ Mezzo di comunicazione per i volontari @ Viene diffuso due volte all'anno per il Saluto al Nuovo Anno e lo “Schwörtag” (Giorno del Giuramento ) @ Esposto in aree pubbliche POPOLAZIONE E VITA Obiettivi relativi al settore politico dell’Urbanità: “Esslingen si dichiara la città modello per il ruolo di Città europea.” “Esslingen garantisce innovazione attraverso la cooperazione regionale.” “I cittadini di Esslingen si sentono legati alla loro città e sono contenti di esserne parte.” Città Sociale “Pliensauvorstadt” Nel 2002 il quartiere “Pliensauvorstadt” è stato incluso nel Programma Federale “Quartieri della Città Sociale con Particolari Necessità di Sviluppo” Introduciamo parte del progetto “Centro del Quartiere”, esemplare per molti progetti, che è portato avanti con successo grazie alla partecipazione attiva degli abitanti del quartiere. Il Centro del Quartiere è stato creato da una ex zona industriale e, dopo il completamento di ampiamenti e ristrutturazioni, è attualmente in uso con le seguenti finalità: 1. Casa dei Cittadini – considerata come “Casa Multi-generazionale” 2. Centro Integrato per l’Accoglienza Diurna dei Bambini 3. Casa di cura con bar pubblico e pasto di mezzogiorno 4. Cortile pubblico interno 5. Edificio residenziale e commerciale con alloggi per cittadini anziani 6. Edificio residenziale con alloggi in affitto Casa dei Cittadini e Casa Multi-generazionale @ Luogo di ritrovo e di comunicazione @ Sede di partecipazione civica @ Partecipazione alla vita pubblica @ Servizi ai cittadini @ Effetto sinergico attraverso la rete Offerte dai Volontari @ Tat & Rat (Aiuto e Consulenza) @ “Balance“ (Bilancio) @ Discussioni sull’Energia ad Esslingen @ Per ultra cinquantenni e molto altro Costruire nel BREITE – cortile verde Nuovo complesso abitativo a Pliensauvorstadt con uno spazio libero di 2,4 ettari di proprietà della Città di Esslingen. Progetto Totale @ Pianificazione complessiva dell’intera area @ Integrazione con gli edifici presenti, nessun soluzione “isola” Obiettivi di pianificazione @ Quartieri vivaci e urbani @ Creazione di proprietà con formule abitative distinte Workshop di Pianificazione @ Apertura del processo di pianificazione @ Risultati come base della bozza di sviluppo urbano Cooperazione di tutti gli interessati @ Comitato dei Cittadini @ Consiglio @ Amministrazione @ Gruppo di Controllo della Città Sociale @ Cittadini di Esslingen INTEGRAZIONE DI TUTTI I GRUPPI SOCIALI Obiettivi relativi al settore politico dell’Integrazione: “Esslingen possiede strutture sociali bilanciate nei quartieri.” “Esslingen è una città che integra tutti i propri abitanti.” “Esslingen è una città tollerante.” Gli abitanti di Esslingen con provenienze immigratorie @ il 36,6% di tutti gli abitanti di Esslingen hanno provenienza immigratoria. Il 19,4 % detiene nazionalità straniera. La tendenza è in diminuzione, vale a dire che sempre più persone vengono naturalizzate. @ Del 36,6% di cui sopra Il 75% ha vissuto in Germania, Esslingen per almeno otto anni Il 41 % ha vissuto in Germania, Esslingen per almeno vent' anni Il 27% ha vissuto in Germania, Esslingen per più di trent' anni (o vi sono nati) @ La diversità di Esslingen deriva anche dal fatto che tra gli abitanti sono comprese 125 nazionalità. Consiglio Speciale per la Migrazione e l’Integrazione - FMI 1. Dieci membri fondatori specializzati e competenti 2. Un consigliere è inviato al FMI da ogni partito del consiglio. Essi garantiscono il collegamento diretto al consiglio e la rappresentanza dei partiti e delle liste. 3. Nel consiglio decisionale dei Comitati per l'Istruzione, la Formazione e i Temi sociali, la Cultura e lo Sport è presente un membro specializzato e competente dell’FMI. 4. I membri agiscono quali rappresentanti degli interessi di tutti gli abitanti di Esslingen, indipendentemente dalla loro provenienza. Compiti dell’FMI @ Accompagnamento specializzato del lavoro dell'amministrazione comunale e del Consiglio @ Consolidamento e collegamento della migrazione e dell’attività di integrazione @ Promozione del dialogo interculturale @ Promozione delle pari opportunità nonché lotta contro la xenofobia e la discriminazione BUNTES Associazione Inter-generazionale ed Inter-culturale di Esslingen 1. Coinvolgimento civico nella rete di volontario della Città 2. Quattro generazioni, 27 nazioni e 25 club, iniziative, persone 3. Multi-confessionale, parte-politicamente e ideologicamente indipendente 4. L’unica Associazione Inter-generazionale e Inter-culturale a Esslingen – “bunt” = mescolati insieme in una tavolozza di colori! Obiettivi e Contenuti… Elaborare una nuova forma di “spirito di solidarietà” per Esslingen, caratterizzata dalla parità e dall'accettazione, al di là dei confini di nazionalità, credo, età e professione. Creare una migliore comprensione reciproca, nonché una più stretta collaborazione tra i vari gruppi. Un forum per diffondere informazioni e per giungere reciprocamente “a conoscere gli altri”. Offerte formative costanti. Team di interpreti a Esslingen Composto da circa 60 volontari di Esslingen di diverse nazionalità - supporta persone con scarsa conoscenza del tedesco per una migliore comprensione - vuole aiutare a prevenire il “mutismo” e i malintesi ed impedirne l’occorrenza - traduce gratuitamente, fedelmente e in modo neutrale in 24 lingue COMMENTO FINALE Partenariati tra Città e Contatti Internazionali @ Partenariati tra Città quali reti di pacificazione e di mantenimento della pace per incoraggiare le competenze interculturali @ Mantenimento dei contatti con 10 Città Gemellate nell’Europa occidentale e orientale e negli Stati Uniti. @ Le città interculturali detengono il più alto potenziale di sviluppo @ Conservazione della libertà e della qualità interculturale quale fattore positivo di determinazione di un comune Relatrice: Sig.ra Pam Thomas Sindaco di Neath Port Talbot (Galles) Presentazione: “Lavorare insieme per comunità migliori” 5-2015 Sig.ra Pam Thomas PIANO COMUNITARIO 2005-2015 A NEATH PORT TALBOT LAVORARE INSIEME PER COMUNITA’ MIGLIORI Location, Location, Location •Rurale – valli e territori •Costiera – lungomare di Aberavon •Urbana – città industriali e borghi •Riconosciuta a livello internazionale per: cascate, cultura, silvicoltura, industria, mountain biking (uno dei dieci migliori luoghi al mondo per andare in bicicletta) •Patrimonio culturale e storico Demografia •Comunità valligiane compatte •Vecchie comunità minerarie •Elevati livelli di disabilità dovuti al contesto industriale •Aumento della popolazione anziana •Aree valligiane quale roccaforte della lingua gallese •Popolazione 134.468 di cui: •Bambini e Giovani 20% •Popolazione che Invecchia 37% •Malattie Invalidanti a Lungo Termine 29% •Di lingua Gallese 17% •Etnicità: Bianca - 98,9% Asiatica - 0,4% Mista - 0,4% Nera - 0,1% Cinese - 0,1% Altro - 0,06% Piano Comunitario •Principi Guida –Pari Opportunità –Sviluppo Sostenibile –Inclusione Sociale Comunità Sicure Il tema riflette l'importanza di partner che lavorano con le comunità locali. •Per migliorare la comunicazione, il dialogo e l'interazione tra le comunità locali e i partner •Per contribuire alla creazione di comunità che sono: •attive nel soddisfare i propri bisogni, •attive nella democrazia locale e nella cittadinanza •attive in qualità di partner nelle rigenerazione della comunità Lavorare in Partenariato •Il Piano Comunitario - piano di partenariato chiave per Neath Port Talbot •L’obiettivo di tutti i partner è quello di migliorare la qualità di vita per le persone e le comunità di Neath Talbot. •Storia di lavoro e relazioni di partenariato con gruppi costituiti. Gruppi •Forum sui Neri e sulle Minoranze Etniche (BME) •Consiglio sull‘Uguaglianza Razziale di Swansea Bay •Rete di Minoranze Etniche Femminili •Menter Iaith •Rete per le Disabilità •Forum sulle Disabilità •Consiglio delle Persone Anziane •Consiglio dei Giovani Come Viviamo e Lavoriamo Insieme Comunità Nera e delle Minoranze Etniche •Costituzione del Forum BME •Influenza sulle politiche del Consiglio e dei Partner e fornitura di servizi •Maggiore sicurezza e fiducia •Port Talbot Tigers, Consiglio sull‘Uguaglianza Razziale di Swansea Bay, MEWN Consiglio delle Persone Anziane (OPC) •Incontri “Dite la Vostra” •Prospettiva per le ‘Persone Anziane’ nei gruppi di parternariato •Rappresentanza a livello governativo sia locale sia nazionale •Aumento della consapevolezza – directory informativa ‘Vivere Appieno la Vita’ La Lingua Gallese •Menter Iaith – opera con enti pubblici, privati e di volontariato •Schema della Lingua Gallese – parità tra Inglese e Gallese •Settimana Gallese – far pratica con il gallese, incrementare la sicurezza e contribuire a sostenere l'uso del Gallese sul posto di lavoro Disabilità •Rete per le Disabilità •Forum sulle Disabilità •La voce efficace e forte dei disabili e i relativi servizi di volontariato •Incontri “Dite la Vostra Consiglio dei Giovani •Partecipazione al coinvolgimento comunitario •Lavorare in partenariato con diverse organizzazioni in Galles •Lavorare affinché ‘Le Voci dei Giovani Siano Ascoltate’ •Promuove opportunità per i giovani per partecipare al coinvolgimento della scuola e della comunità. Relatore: Sig. Krzysztof Chojniak Sindaco di Piotrkow Trybunalski (Polonia) Presentazione: “L’esperienza di Piotrkow Trybunalsky” Sig. Krzysztof Chojniak Il tema di interesse principale per la città polacca di Piotrkow Trybunalski é il processo di integrazione europea e di integrazione tra le diverse generazioni. Si cerca infatti di sostenere attivamente la collaborazione tra giovani ed anziani. Il Comune enfatizza le diverse attività di politiche giovanili come strumento per la prevenzione del disagio giovanile e la promozione di una mentalità aperta, responsabile e in grado di affrontare sfide future di integrazione sociale. In particolare a Piotrokow Trybunalski opera una Associazione che lavora con i giovani nel settore dell’arte, intesa in ogni sua forma di espressività. I ragazzi iniziano a svolgere tali attività sin da bambini, quindi dall’asilo, e continuano fino alla maturità. Questo tipo di attività è stata avviata anche per contrastare l’aggressività che è stata notata nei ragazzi e per favorire maggiori aperture ad altri gruppi. Si sono creati gruppi artistici in movimento, in concomitanza di un festival cittadino, ma anche per altri eventi. Il 50% (40 mil. di Euro) del budget di Piotrkow Trybunalski viene speso nel settore dello sport (vengono dati assegni/stipendio per i giovani più bravi), dell’associazionismo e dell’arte (che è uno degli strumenti di attività formativa per i giovani). A Piotrkow Trybunalski è molto sentito il problema dell’alcool; in particolare il denaro raccolto dalle licenze per la somministrazione degli alcolici vene usato per combattere la povertà ed assistere i giovani indigenti. Altro problemi che assillano la città di Piotrkow sono la disoccupazione e la povertà. Per combattere queste difficoltà è stata creata un’Associazione caritatevole che distribuisce aiuti alimentari e sostiene i giovani in cerca di occupazione. Nella città di Piotrkow Trybuinalski l’immigrazione non è un problema molto sentito ed è solo residuale. Relatore: Sig. Mihael Letonje Vice Sindaco di Velenje (Slovenja) Presentazione: Quale contributo può dare il Comune alla pacifica convivenza fra culture diverse? Sig. Mihael Letonje Grazie cari partner e amici. E’ un onore per me rivedere molti volti a questa Conferenza. La città di Velenje sta affrontando questo aspetto di multi-etnicità da vicino e per non rischiare che venga perso con la traduzione abbiamo portato anche dei materiali scritti (ndr. che si allegano). Come contribuiscono i Comuni alla convivenza tra diverse culture ed etnie? Per comprendere il futuro dobbiamo conoscere il nostro passato. La città di Velenje viene menzionata ancora dai tempi romani; la prima parola scritta sul centro urbano risale al 1146, ma comunque si tratta di un centro piuttosto piccolo. Lo sviluppo della città inizia dopo il 1950, nel secondo dopo guerra quando la richiesta di risorse energetiche raggiungono l’apice ed è in quell’epoca che la città comincia a svilupparsi sul serio e con questo intendo soprattutto le attività minerarie con il carbone e la produzione di energie elettrica e termica. Le forze al potere in quell’epoca hanno deciso di costruire il nuovo centro urbano di concezione moderna che potesse essere da esempio per tutte le ulteriori costruzioni di centri urbani dell’intera Jugoslavia. Una ripresa del 1920, la cosiddetta nostra Piccola Valle, con pochi centri abitati e qui invece vediamo (nel power point) lo sviluppo della città ed una nuova città dal concetto urbanistico moderno e noi affrontiamo diverse culture oggigiorno all’interno della nostra città. Dopo il 1950 la richiesta della manodopera è stata molto forte e siccome non esisteva una grande città, venivano a Velenje gli abitanti di tutta la Slovenja e anche da altre ex-Repubbliche jugoslave. Oggi c’è molta emigrazione proveniente dai Balcani; nei tempi precedenti si trattava delle exrepubbliche jugoslave. Alcuni sono arrivati con l’avvento della guerra nei Balcani negli anni ’90. Velenje non vede questa multi-etnicità come un problema ma piuttosto come una benedizione. Come il Comune contribuisce alla convivenza tra le varie culture? Abbiamo alcune proposte o buone prassi che ci piacerebbe presentare in questa sede. Ogni anno il Sindaco di Velenje convoca una riunione o meglio organizza il ricevimento per i rappresentanti delle Comunità Religiose. Nella città di Velenje abbiamo presenti i fedeli di fede cristiana, cattolica, ortodossa, anche musulmani, alcuni ebrei per cui l’aspetto multi- religioso è molto forte. Ogni anno si incontrano a questo ricevimento e vengono discussi i vari problemi e si cerca di’impostare un dialogo civile e di intravedere una soluzione pacifica delle varie problematiche. Il Comune di Velenje organizza vari eventi ai quali vengono invitati i membri delle associazioni di volontariato, vengono presentati i programmi, la cultura, le tradizioni e i costumi e in questo modo cerchiamo di arricchire la tradizione di questa città e renderla più vicina al cittadino. Si è dimostrata una buona prassi anche la collaborazione con le città gemellate. Infatti Esslingen e Velenje celebreranno i quarant’anni di collaborazione l’anno prossimo, ed è stato proprio attraverso questa collaborazione che si è instaurato questo stretto contatto; lo scambio delle buone prassi in questo campo ha portato del bene e molte opportunità a tutti noi. Grazie a questa collaborazione con Esslingen abbiamo potuto trovare delle ottime soluzioni; questo legame ha poi fatto nascere i contatti con le altre città europee. Ci avete spesso aiutato, cari amici di Esslingen e delle altre città; anche voi avete contribuito allo sviluppo della nostra città grazie alle buone prassi e allo scambio che abbiamo avuto modo di sfruttare nella pianificazione del futuro della nostra città. Ci stiamo collegando con le città dell’ex-Repubblica di Jugoslavia e delle altre realtà con i Paesi d’origine dell’emigrazione di Velenje per poter integrare meglio le correnti di migrazione. La nostra città ed anche il nostro programma pluriennale prevede la collaborazione, per esempio, con la città di Valjevo in Serbia. Gli alunni di Valjevo sono stati invitati a Velenje e il sig. Darko, che è qui seduto, ha organizzato la maggior parte di questo progetto; i ragazzi dell’Istituto tecnico di Valjevo sono arrivati a Velenje per un corso di formazione di due mesi e una volta finito il corso tornano a casa; questa formazione viene riconosciuta da entrambi i Ministeri dell’Istruzione quello Sloveno e quello Serbo. Nella fattispecie abbiamo visto l’ottima accoglienza di questo progetto e gli studenti si sentono benissimo da noi a Velenje; per questo motivo abbiamo deciso di continuare con il programma oltre che agli altri programmi. Poi abbiamo coinvolto anche studenti del Montenegro e dalla Russia e nonché dalla Cina. Vengono organizzati anche altri programmi di formazione e tutti i cittadini hanno lo stesso diritto a partecipare ai corsi della scuola dell’obbligo e questo vale anche per i bambini degli immigrati a Velenje. 56 su cento sono i bambini stranieri nelle scuole di Velenje e cerchiamo di approcciare questi ragazzi con dei programmi pomeridiani e con delle modalità particolari per permettere loro d’imparare la lingua e di conoscere le tradizioni e i costumi della città in cui sono venuti a vivere. Ci piacerebbe inoltre sottolineare che occorre realizzare anche numerosi progetti internazionali oltre a taluni progetti particolari e locali che Velenje sta sviluppando. C’è una gara di decorazioni fatte da fiori recisi, tipica di Velenje, che sta andando avanti da anni. Poco tempo fa abbiamo organizzato un altro Festival di arti tessili; con questo stiamo cercando di avvicinare la tradizione proveniente da altri paesi e da altre realtà ampliando gli orizzonti della nostra popolazione. I problemi che si creano in queste nostre attività: il Sindaco di Velenje, sig. Schrecko Meh, ha esposto un problema, ossia l’internet. Oggi le persone passano moltissimo tempo “on-line” e quindi queste persone si chiudono nei loro micro-mondi e l’interazione quotidiana tra le persone umane viene quasi a spegnersi e questo sicuramente non porta al benessere della nostra comunità. Vi ringrazio per la vostra attenzione e per avermi dato la parola. (Si allega di seguito la traduzione del Power Point presentato durante la relazione) “Che tipo di contributo può dare il Comune alla pacifica convivenza tra culture diverse?” Comune di Velenje Velenje è una città a composizione multinazionale. “Per comprendere il futuro, dobbiamo conoscere il nostro passato ” L’insediamento di Velenje è stato menzionato per la prima volta nel 1270, ma nessun cambiamento drastico fu effettuato fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando la necessità di energia raggiunse i massimi valori. Dopo il 1950, rispecchiando l'aumento della domanda di carbone e di energia termonucleare, divenne evidente la necessità di una città moderna. Il governo decise allora di costruire una nuova e moderna città, che fosse un esempio per tutti i paesi socialisti e per il resto del mondo. Con l’aumento della domanda di lavoratori per le fabbriche e l’industria mineraria, giunsero qui lavoratori con le loro famiglie provenienti da tutte le parti della Slovenia e – cosa più importante - da tutte le parti dell'ex Jugoslavia. Dal 1950 ci fu una significativa ondata di migrazione urbana verso la Slovenia dalle repubbliche di Jugoslavia (7.000 all’anno). La maggior parte delle persone che sono migrate a Velenje negli anni tra il 1950 e il 1980, furono impiegate a Premogovnik Velenje (miniera di carbone), a Gorenje (fabbrica di elettrodomestici) e Vegrad (impresa di costruzioni). Una migrazione successiva avvenne nel 1990 quando iniziò la guerra in Jugoslavia. Oggi ci troviamo di fronte alla migrazione di lavoratori dai Balcani. Considerati questi presupposti, la città di Velenje è ricca di diversità nazionali e culturali, che il comune ritiene una benedizione piuttosto che un problema. Come fa il Comune di Velenje a contribuire alla pacifica convivenza tra culture diverse? Accettare e riconoscere culture diverse Ricevimento per i rappresentanti delle confessioni religiose Ogni anno il Sindaco del Comune di Velenje invita i rappresentanti delle confessioni religiose a un ricevimento, durante il quale si confronteranno su questioni e problemi diversi, cercando di trovare un modo civile e rispettabile per superare qualsiasi disaccordo. Accettare e riconoscere culture diverse Vari eventi comunali con diverse associazioni folkloristiche. Riconoscendo e introducendo diverse associazioni folk nell’ambito di eventi comunali, presentiamo ai cittadini la bellezza e la ricchezza di culture diverse. In questo modo si abbattono i tabù e si ampliano gli orizzonti e la tolleranza. Esempi di buona pratica nel gemellaggio tra città Quarant' anni fa il Comune di Velenje firmò un accordo con la città di Esslingen am Neckar. La condivisione di diverse esperienze e soluzioni a questioni comuni portarono a una amicizia duratura di inestimabile valore nelle questioni ufficiali e civili. In quegli anni molti dei nostri cittadini visitarono Esslingen e viceversa. Gli scambi positivi portarono a una migliore conoscenza e comprensione tra le due nazioni, fatto raro all’inizio degli anni Sessanta. Seguendo quell’esempio siamo riusciti a firmare numerosi accordi di amicizia con i paesi del “blocco Orientale e Occidentale”; oggi stiamo facendo la stessa cosa con i paesi dei Balcani. Programmi internazionali di istruzione Programma pilota di formazione per gli studenti dall’Istituto Tecnico di Valjevo - Serbia Il Comune di Velenje, in cooperazione con il Centro scolastico di Velenje e il centro educativo imprenditoriale, ha avviato un programma pilota con 16 studenti di Valjevo che frequentano un particolare programma di formazione con l’aggiunta di attività pratiche in laboratorio e presso l’azienda Gorenje, che sostiene in parte questo progetto. Il programma è stato accettato da entrambi i Ministeri dell'Istruzione. Programmi didattici nazionali I bambini che sono cittadini stranieri e le persone senza cittadinanza che vivono nella Repubblica Slovena, hanno diritto all'istruzione elementare alle stesse condizioni dei cittadini della Repubblica Slovena. Il Comune di Velenje ha 7 scuole elementari con 2.679 allievi (di cui 56 stranieri). Dopo la scuola sono disponibili lezioni supplementari per bambini stranieri, al fine di facilitare l’apprendimento e l’assimilazione. Grazie per il vostro tempo e la vostra attenzione Relatore: Sig. Patrick Curtaud Vice Sindaco di Vienne (Francia) Presentazione: "Lavorare su un modo di vivere insieme, in pace, qui e nei paesi esteri: perché Vienne é molto coinvolta nella cooperazione internazionale" Sig. Patrick Patrick Curtaud Grazie tutti. Vorrei innanzitutto situare l’ambito in cui si colloca la nostra città che, per quanto concerne la partecipazione e l’integrazione delle comunità, si trova nella stessa situazione di Esslingen. Abbiamo iniziato ad accogliere le comunità di origine straniera nella prima metà del 20° secolo; quindi è una storia indubbiamente non recente ed abbiamo raccolto una certa esperienza in quest’ambito. Siamo consapevoli della situazione che vivono gli stranieri quando arrivano nel nostro Paese e questo risale agli anno ’60 e ’70. Come è già stato citato, il tema di questa Conferenza, abbiamo cercato di dare un ritratto di Vienne con riguardo alla partecipazione dei cittadini. Abbiamo cercato di rendervi partecipi di ciò che facciamo a livello locale e anche di farvi capire quali sono le azioni che portiamo avanti assieme agli abitanti della nostra città che derivano da comunità di origine diversa. Abbiamo scelto un simbolo per rappresentare la nostra città , un simbolo di intesa, di costruzione della pace e quindi a nome di questo simbolo abbiamo chiesto a diverse persone di accompagnarci. La prima persona che interverrà dopo di me è la persona che rappresenta la comunità di origine armena a Vienne e il segretario in rappresentanza della comunità di origine turca a Vienne. Circa 10 anni fa è stato firmato un accordo internazionale importante di cooperazione di apertura dei confini tra l’Armenia e la Turchia; questo accordo è stato firmato in Svizzera. Vorrei ricordare brevemente e fare un cenno storico di quello che è stato il mosaico di Vienne ormai da un secolo. La città di Vienne è sempre stata al centro e, l’ho già detto in tono ironico, la prima comunità che abbiamo accolto sono stati i romani e quindi nel nostro Paese è una comunità molto antica. Ma per giungere ad un periodo più recente la prima comunità che è stata accolta a Vienne è stata la comunità armena all’inizio del 20° secolo che è passata per la regione del Rodano; eppoi negli anni ‘20 e ‘30 abbiamo conosciuto una comunità di origine italiana che si è insediata a Vienne e nella regione di Grenoble soprattutto. Eppoi negli anni ’30 abbiamo avuto due ondate migratorie degli spagnoli. La prima ondata è stata un’ondata migratoria di carattere economico e quindi persone che abbandonavano il loro Paese per ragioni economiche e che non avevano un’occupazione. La seconda ondata invece è seguita alla guerra civile in Spagna; abbiamo accolto un quell’occasione a Vienne centinaia di emigrati da questo Paese. Dopo la seconda guerra mondiale, negli anni ’60, abbiamo avuto un arrivo importante di immigrati dell’Africa del Nord, soprattutto algerini e marocchini, ed è forse in questo momento che abbiamo preso coscienza dell’importanza della portata del fenomeno migratorio che riguardava tutto il Paese in verità, e non solo la nostra città; nello stesso periodo abbiamo avuto poi un’ondata più ridotta ma che ha pesato molto sulla comunità economica locale è stata la comunità portoghese. L’ultima ondata migratoria che è giunta nel nostro Paese, che però prosegue al giorno d’oggi ancora, sono stati i residenti della comunità turca che arrivavano nel nostro Paese passando per la Germania. Abbiamo visto nella presentazione di Esslingen che la città ha una grande percentuale di immigrati. In Francia non siamo autorizzati ad avere una statistica chiara con dati e cifre ufficiali sul tasso migratorio; ci sono delle comunità turche, italiane, spagnole e algerine, la legge però non ci permette di definire delle cifre e a livello comunale non possiamo disporre di tali statistiche. Quindi oggi possiamo dire quali sono le origini di coloro che abitano nella nostra città, lo sa il Consiglio municipale; tutti questi abitanti però per noi sono degli abitanti di Vienne, non sono turchi, italiani, armeni, sono innanzitutto degli abitanti di Vienne. E’ per questo che parallelamente abbiamo portato avanti delle azioni di cooperazione decentrata innanzitutto con tre Paesi: l’Armenia, la Tunisia e l’Algeria. Quindi la cooperazione decentrata differisce dai gemellaggi tradizionali che abbiamo attuato con gli altri Paesi europei e la cooperazione decentrata si basa sull’appoggio allo sviluppo per favorire progetti di promozione della lingua francese anche all’estero e per noi questo è un aspetto molto importante e soprattutto in Paesi come la Tunisia e l’Algeria che hanno legami relativamente forti con noi. La Francia all’inizio è stata un Paese colonizzatore, ora vogliamo portare avanti queste azioni anche in un quarto Paese: la Turchia. Due settimane fa sono stato in una città turca non distante da Ankara (circa 100 km) e sono entrato in contatto con diversi membri della comunità turca ed abbiamo portato avanti un discorso di cooperazione futura per sviluppare la cultura e la lingua francese. La testimonianza dei nostri due rappresentanti delle comunità armena e turca sarà la presentazione del loro vissuto, del loro passato, di circa 1 secolo, per la comunità armena. Lascio ora la parola al rappresentante della comunità armena. Relatore: Sig. Robert Fassouladjan Fassouladjan Membro della Comunità Armena di Vienne (Francia) Presentazione: "Cooperare in Armenia da Vienne; essere al servizio della solidarietà tra le comunità in Francia e in Armenia" Sig. Robert Fassouladjan Grazie Signor Sindaco di Udine, Signore e Signori rappresentanti delle città Gemellate, Signore e Signori politici e delegati. La mia presentazione è un po’ personale. L’integrazione è possibile solo se c’è una volontà di riuscire nei valori del Paese di accoglienza, i cui diritti e doveri sono indivisibili. Sono nato a Vienne come anche i fratelli, le sorelle, figli e nipoti; mia madre invece è nata a Palou nell’Armenia storica e abita e Vienne, anche mio padre è morto a Vienne. Ciò significa un’integrazione nella città di Vienne da più di 70 anni. Mio padre è arrivato a Marsiglia all’inizio degli anni ’20 in seguito al genocidio armeno; mi ha raccontato quello che gli è successo in un bar di questa città. Era seduto ad un tavolo vicino ad un marsigliese molto ben vestito con il cappello, la cravatta, i guanti; non come mio padre all’epoca che, dopo diversi giorni passati su una barca che veniva da Costantinopoli, l’attuale Istambul, vestito in un modo molto modesto. Il cameriere ha servito con classe il marsigliese mentre ha lanciato il bicchiere di mio padre fino al bordo del tavolo; in quel momento mio padre si è detto: se io non cambio per tutta la mia vita qualcuno mi lancerà il bicchiere sgarbatamente. Piuttosto che dare la colpa al cameriere mio padre aveva capito che per integrarsi doveva cambiare lui invece di voler cambiare gli altri. E questa lezione magnifica mi ha accompagnato per tutta la vita. I miei genitori sono arrivati in Francia separatamente all’inizio degli anni ’20 dopo aver abbandonato tutti i loro beni a Palou e a Costantinopoli; dopo diverse peripezie, si sono incontrati e sposati vicino a Vienne nel ’34. Attraverso il loro lavoro, l’apprendimento della lingua e della cultura francese e con grande educazione morale hanno preparato l’avvenire dei loro figli curando la loro salute ed incoraggiandoli negli studi. Il loro caso è uguale a quello di tanti altri armeni sradicati, con tutte le ferite del loro passato, a volte ghettizzati e il cui futuro dipendeva talvolta dalla speranza di integrazione in questo bellissimo Paese che è la Francia e dall’accoglienza della città di Vienne e dei suoi abitanti. Non è sempre stato facile perché la popolazione di Vienne ha scoperto una civiltà della quale si conosceva pochissimo a quell’epoca, ma la cultura cristiana degli armeni (ricordiamo che l’Armenia è stato il primo Paese al mondo in cui il cristianesimo è diventato religione di Stato nell’anno 301) ha permesso di risolvere, attraverso il cristianesimo, diverse difficoltà con i vicini, sia a scuola che sul luogo di lavoro. Nel contesto dell’epoca, gli armeni, che sono arrivati in Francia, rappresentavano tutto un mosaico della loro civiltà, con i loro operai, i filosofi, gli ingegneri, i medici, i politici, tutti gli strati della società. Malgrado il loro passato doloroso di cui parlano solo con un certo pudore, i miei genitori non mi hanno mai cresciuto nell’odio verso gli altri ed avevano un’enorme volontà di integrarsi, per una vita nuova e i loro sguardi erano rivolti al futuro, non c’era altra scelta del resto. Eppoi arriva il tempo in cui si vuole costruire una via e delle vite; Vienne era una città in cui non mancava il lavoro e i miei genitori come tutti gli armeni hanno lavorato molto, soprattutto nel mondo delle calzature del tessile e del commercio in generale. Malgrado l’impossibilità di aiutare i figli negli studi a causa della loro scarsa formazione scolastica. L’integrazione della mia generazione si è conclusa sempre con la stessa educazione e la moralità con la trasmissione dei valori della famiglia, dei costumi e anche della cucina armena. Per esprimere il mio pensiero sull’integrazione degli armeni sarò obbligato a parlarvi del mio percorso , quello di rappresentante della 1^ generazione nata in Francia. A causa delle scarse possibilità economiche dei miei genitori ho finito i miei studi d’ingegneria mentre già lavoravo. La mia integrazione si è realizzata grazie allo sport a Vienne, grazie al rugby, durante diversi anni. Per la cronaca infatti io ho giocato a rugby proprio con il Sindaco di Vienne, Jacques Remillier, eravamo più giovani tutt’e due. Eppoi il dovere verso la patria; mio fratello ed io abbiamo la tessera di combattenti come militari durante la guerra di Algeria e anche mio padre ha vestito l’uniforme francese durante la guerra ’39 – ’45. L’integrazione quindi è anche passata attraverso la mia elezione alle attuali funzioni di giudice delegato al Tribunale Commerciale di Vienne. Eppoi, per finire, l’ingresso al Club di Vienne del Lions International, prima ONG del mondo con 1.400.000 membri; sono stato eletto per l’anno 2000 –2001 a Governatore del Distretto della regione Rhône-Alpes Auvergne e come vice presidente del Consiglio dei Governatori di Francia. Vorrei quindi salutare e ringraziare anche i rappresentanti del Club Lions di Udine che sono qui. Sul piano Europeo ho creato le Assisi franco-italiane tra la Regione Piemonte e la Regione Rhône-Alpes Auvergne nel 2000, e dopo aver creato il primo Club dei Lions in Armenia nel 2001 ho avuto la carica a livello internazionale di coordinatore responsabile dei Lions in Armenia che possiede attualmente cinque Club Lions. Fin dalla creazione del primo Club armeno ho avuto il desiderio di far incontrare i Lions del Club armeno con i Lions del Club turco. Questo incontro si è tenuto in Turchia eppoi è stato seguito da un invito per ricambiare. Attualmente c’è un progetto, un percorso comune con i Lions armeni e turchi, così come con i Lions di altri Paesi, sul monte Ararat, un monte simbolico, un tempo sito in Armenia ed adesso sul territorio turco, vicino alla comune frontiera. Noi Lions sappiamo e vogliamo fare quello che la politica a volte ha difficoltà a realizzare e sono convinto che sia necessario che i popoli si incontrino e si parlino per capirsi; con la tolleranza e con il credo che si possa costruire l’avvenire e la pace. Non ci sono nei nostri Club Lions dibattiti sulla religione settaria e sulla politica fine sa se stessa. Lions vuol dire “Liberty Intelligence our Nations Safety”, cioè “libertà e comprensione per la salvaguardia delle nostre Nazioni. In conclusione permettetemi di citare innanzitutto Saint d’Exupéry che ha detto “… se sei diverso da me non mi fai del male, piuttosto mi arricchisci “ eppoi questo pensiero di Sant’Agostino “… il passato, il presente ed il futuro da soli non esistono, ma il presente del passato è la nostra memoria, il presente del presente è la nostra azione, e il presente del futuro è la nostra immaginazione”. Grazie . Relatore: Sig. Ohran Akil Segretario dell’associazione culturale turca a Vienne (Francia) Presentazione: "Sviluppare partnerships per costruire un futuro comune: l’esempio di Vienne e Emirdag" Sig. Orhan AKIL Buon giorno a tutti. Vorrei ringraziare gli organizzatori di questa Conferenza per l’accoglienza riservataci e grazie anche alle altre delegazioni che sono qui e che trasferiscono le loro idee e la loro testimonianza. Vorrei anche ringraziare Patrick Curtaud, Assessore al Comune di Vienne per aver avuto l’idea di partecipare a questa conferenza e per avermi proposto come rappresentante della comunità turca e il mio collega come rappresentante per la comunità armena. Per noi infatti è importante testimoniare qui davanti a voi che le diverse comunità sono presenti, che possono dialogare fra loro e avere l’occasione di esprimere il loro punto di vista. E’ quindi un grande onore esser qui oggi fra voi per ascoltarvi certo, ma anche per esprimervi il nostro punto di vista. Sono segretario dell’Associazione culturale turca a Vienne, in Francia, e vorrei riassumere il ruolo della comunità turca di Vienne attraverso la sua integrazione ed il percorso storico, economico e culturale. Voglio darvi qualche notizia sulla mia storia personale. Sono arrivato nel 1979 ed ho acquisito la nazionalità francese nel 1999; risiedo a Vienne dal 2001 con la mia famiglia e lavoro nella società ST Microelettronica, società franco-italiana e faccio parte della 2^ generazione, aspetto di cui vi parlerò più avanti. La 1^ Generazione: i primi arrivati a Vienne nel 1963 erano circa 50 immigrati; non sapevano una parola di francese ma si sono stabiliti nella Valle della Gère, che é una zona molto ricca e rinomata per i settori della tintura dei tessuti e delle calzature. È anche una valle conosciuta per l’accoglienza verso gli immigrati italiani, portoghesi, spagnoli, turchi ed armeni. Questi ultimi sapevano il turco e quindi gli armeni stessi ci hanno teso la mano e ci hanno fatto da interpreti per aiutarci negli iter amministrativi. All’inizio il nostro obiettivo era di guadagnare soldi eppoi di ritornare nel nostro paese; eravamo tutti raggruppati negli stessi quartieri ed un po’ tagliati fuori dalla società. Poi sono passati gli anni, i nostri figli sono cresciuti, sono andati a scuola ed erano sempre più integrati nella società e quindi a partire dalla 2^ generazione, della quale io stesso faccio parte, non c’è più stato alcun problema di lingua che è indispensabile per l’integrazione, dato che l’integrazione avviene attraverso la lingua parlata. Perché l’integrazione riesca ci vuole l’apprendimento della lingua. I giovani praticavano gli sport e condividevano il loro modus vivendi con le comunità di accoglienza. Le donne sono sempre più attive grazie alla creazione di diverse associazioni come quella dei genitori degli alunni o l’associazione di quartiere che si svolge nel centro sociale. Esse esprimevano il loro interesse sociale, partecipavano ai diversi eventi e contribuivano a mantenere la nostra cultura d’origine, la nostra istruzione, la nostra lingua ed anche la nostra cucina. Con l’integrazione si osservano sempre più matrimoni misti fra persone di comunità diverse, come quello che ha legato un turco ad una armena nel 1980 o una turca a un francese in seguito, eppoi gli esempi sono numerosi. Infatti si tratta di un’integrazione lenta, per tappe, come è successo con la comunità italiana o la comunità armena prima di noi. Nel 1992 abbiamo aperto la nostra prima associazione nella valle di Gère in un edificio che un tempo era una fabbrica e che oggi è luogo di culto per tutta la comunità turca ed anche luogo di formazione per i giovani. L’obiettivo della nostra associazione è di insegnare ai giovani la nostra cultura, la nostra religione ed il rispetto affinché si possa vivere in armonia con le altre comunità della città. Prima, nel discorso precedente, ho sentito dire che la pace sociale si fa anche con la progettazione urbanistica; la municipalità di Vienne sta proprio lavorando su questo punto perché c’è una grossa percentuale di popolazione turca ed effettivamente la progettazione urbanistica vuole migliorare l’integrazione fra i turchi e gli altri abitanti della città. Arriviamo quindi alla terza generazione, momento in cui, come sapete, i nostri figli, vivono un cambiamento radicale; i turchi infatti passano dallo status di lavoratori immigrati a quello di imprenditori e di commercianti con un peso importante nell’economia della città. Ci siamo interessati qui a Vienne, nella nostra città, al suo sviluppo economico, alla sua cultura e al suo patrimonio. I giovani franco-turchi e soprattutto le ragazze compiono sempre più studi superiori ed oggi contiamo circa una ventina di studentesse universitarie; è un punto di partenza ma è comunque un buon passo per iniziare; abbiamo inoltre tecnici, ingegneri, notai e commercianti. La maggioranza dei giovani ha acquisito la nazionalità francese per partecipare alla vita politica ed essere riconosciuta come cittadinanza a tutti gli effetti. Oggi per rafforzare questa integrazione, come ha detto il nostro Assessore, stiamo parlando con il Comune di Vienne per arrivare ad una cooperazione decentrata tra Vienne e la città di Tourun e una città turca Emirdag in vista di attuare un gemellaggio. Come ha detto il nostro Assessore perché Emirdag, perché questa città? Innanzitutto perché la maggior parte degli abitanti di Vienne vengono da questa città turca ed anche perché ci sono delle analogie a livello culturale, soprattutto archeologico tra le due città. Del resto, poiché è l’epoca della Turchia in Francia abbiamo anche organizzato l’estate scorsa, grazie al sostegno del Comune, una mostra di foto sulla Turchia e prevediamo di fare altre attività nei prossimi mesi su questo tema. Grazie a questi eventi partecipiamo pienamente alla vita culturale ed economica della città. In conclusione, oggi siamo riusciti ad integrarci nella società, forse non pienamente come gli italiani o gli armeni, ma abbiamo aperto la strada ai nostri giovani che, siamo sicuri, non avranno alcun problema di integrazione. Siamo alla 3^ generazione, ma con la 4^ e 5^ generazione non parleremo neanche più di integrazione e potremmo dire che si tratta di cittadini francesi a tutti gli effetti. Anche oggi siamo cittadini a tutti gli effetti, formalmente, con azioni comuni, con l’impegno dei Comuni e dei politici per riconoscerci questo status. Ora una piccola parentesi: prima il vice sindaco Patrick Curdaud ci ha detto che effettivamente non abbiamo una percentuale esatta delle persone straniere che vivono nel nostro paese però io posso dirvi che la comunità turca a Vienne è costituita da circa 4.000 persone su una popolazione di 31.000 abitanti e si tratta di un’integrazione veramente di successo. Con l’integrazione e il rispetto verso le altre comunità e il riconoscimento del nostro status di cittadini, si arriva in questo modo a una vita in comune agevole; si può certo agire anche a livello regionale e a contribuire per la pace nel mondo, ed è questo l’argomento della conferenza di oggi. Il cammino è lungo per la gioventù di domani, ma come diceva il presidente Obama, recente premio Nobel , “Yes we can!”. Grazie per la vostra attenzione. Relatrice: Sig.ra Amandine Leopold Rappresentante dell’Associazione culturale A.V.E.C. (Francia) Presentazione: "Presentazione dell’Associazione A.V.E.C., Associazione Città Europee della Cultura“ Breve introduzione del Sig. Patrick Curtaud L’Associazione A.V.E.C. non é una associazione di Vienne, è l’Ass. delle Città Europee della Cultura che ha sede giuridica in Francia ma che ha quali associate città che si trovano in diversi Paesi Europei . Amandine Leopold è la rappresentante che lavora all’interno di questa associazione e quindi se lei è d’accordo possiamo darle la parola. Sig.ra Amandine Leopold Buon giorno a tutti, sono la rappresentante dell’A.V.E.C., Associazione delle Città Europee della Cultura e desidero ringraziare il Comune di Udine per averci invitato quest’oggi a questa conferenza che ci propone un tema che per noi è molto importante. Grazie anche al Comune di Vienne che ha proposto ad AVEC ed a me, in particolare, di partecipare a questa conferenza e condividere con voi il lavoro che svolgiamo all’interno di questa associazione. L’Associazione è nata circa 10 anni fa a partire da un progetto europeo, un progetto di città come le vostre che si riunivano regolarmente sulla base dei gemellaggi; c’erano le città di Pec ad es. , una città francese del centro della Francia vicino a Tour, una città spagnola, Toledo, una città italiana della Calabria, Cosenza, etc… Queste città abituate a lavorare insieme hanno deciso, nell’ambito di questo progetto europeo, di creare una base, una piattaforma comune per gli scambi. Si tratta di città che avevano l’obiettivo principale di valorizzare il patrimonio e le forze culturali per sviluppare il loro territorio sia sotto il profilo sociale che culturale ed ambientale . Si trattava di città che avevano un’economia solida e che hanno sofferto molto della delocalizzazione, della globalizzazione e che puntano quest’oggi alla valorizzazione del loro patrimonio storico e culturale per riprendere uno sviluppo territoriale diverso rispetto a quello che si è verificato fino ad oggi. L’Associazione nel frattempo si è sviluppata ulteriormente ed oggi, nel giro di 10 anni, possiamo contare circa 40 città di 11 Paesi europei che continuano a lavorare su questo asse fondamentale basato sul patrimonio. Posso spiegarvi meglio come funziona: i membri dell’Associazione, che versano dei contributi annuali all’Associazione, si riuniscono due volte all’anno almeno durante una assemblea generale ed un consiglio di amministrazione. Queste riunioni sono organizzate nelle città membro dell’associazione anche per permettere ai partecipanti di scoprire che cosa succede nelle singole città e come queste sono gestite. Durante le riunioni vengono prese le decisioni sui programmi d’azione annuali. Il programma annuale d’azione è basato su una serie di commissioni regionali e quindi gruppi di lavoro tematici. L’asse principale è il patrimonio e la cultura ma con approcci diversi; si parla anche di Commissione Giovani e quindi come coinvolgere i giovani delle nostre città in questo lavoro di valorizzazione e di comprensione del patrimonio e della cultura locale. Si parla poi di Commissione Patrimonio e Economia che opera sul concetto di come utilizzare il patrimonio e la cultura per garantire uno sviluppo economico e sociale delle nostre comunità. Abbiamo poi una Commissione delle Città che è stata poi sviluppata ulteriormente da un progetto Europeo. Nella nostra associazione lavoriamo anche sulla base di progetti co-finanziati dall’Unione Europea, ma anche su base volontaria e applichiamo questi progetti nei Comitati interregionali; quindi, sulla base di uno specifico argomento, partiamo da un progetto europeo co-finanziato da programmi specifici. L’ultimo progetto che è stato sviluppato è un progetto per favorire lo sviluppo sostenibile; un marchio di qualità per lo sviluppo sostenibile a cui Vienne ha partecipato da due anni e che viene conferito ogni tre anni alle città e si tratta di uno strumento molto valido per gli Enti Locali che permette loro di attuare una politica e una valutazione delle politiche di sviluppo basato sugli assi culturali e sociali. Siamo un’Associazione che è sempre in fase di sviluppo e che è aperta ad ogni forma di collaborazione; attualmente stiamo lavorando a dei progetti culturali di scambio tra varie culture. Abbiamo anche un progetto che considera gli impatti degli investimenti sul piano linguistico delle diverse comunità e dei progetti che portiamo avanti assieme alle città. Quindi siamo pronti a prestare ascolto alle iniziative di altre città, di altri Comuni che non conosciamo ancora, per portare avanti e per sviluppare le idee che ruotano attorno al concetto di patrimonio e cultura in un’Europa che si fonda su idee comuni con un patrimonio sempre crescente. Vi posso distribuire, se siete interessati, un piccolo depliant che riassume la nostra attività per farvi capire un po’ meglio di cosa si tratta. Io sarò qui durante tutta la durata della conferenza e quindi non esitate a rivolgervi a me se avete qualche domanda su questo argomento o se avete qualche domanda in particolare sul tema odierno dello sviluppo della pace, integrazione dei cittadini, partecipazione cittadina. La nostra Commissione Giovani si occupa appunto di questo tema ed anche le Commissioni Partecipazione; vi sono varie città che si occupano di questo argomento; una delle città molto attive è il Comune di Anderlech in Belgio che ha una popolazione con background migratorio di più dell’80% e quindi svolge un’opera molto importante e determinante per la partecipazione e per l’integrazione delle popolazioni con background migratorio. Vi ringrazio molto per l’attenzione e sono a disposizione per qualsiasi domanda durante tutta la conferenza. Relatore: Sig. Helmut Manzenreiter Sindaco di Villach (Austria) Presentazione: "L’esperienza di Villach“ Villach“ Sig. Helmut Manzenreiter Non sono soltanto un ospite ben voluto in questa città, io qui in questa bellissima città ci vengo privatamente ed anche approfittando del fatto che è soltanto a un’ora di distanza da Villach. Questa città ha un’enorme offerta culturale e, posso dirlo a tutti voi, noi qui ci sentiamo proprio a casa nostra. Villach è una città che ha circa 60.000 abitanti e anche noi abbiamo un’economia che si basa sull’internazionalità e proprio per questo che ci sono circa 45 nazionalità che vivono a Villach e di conseguenza abbiamo anche noi la nostra percentuale di immigrati che si colloca al 10% circa. Siamo riusciti in tutti questi anni a raccogliere un’esperienza di un certo livello; certo il nostro 10% non può essere paragonato al 36% di Esslingen, eppure questa tematica è una problematica quotidiana perché in realtà abbiamo un governo regionale piuttosto nazionalista che da un certo punto di vista ne ha fatto una sorta di arena politica quotidiana, se mi permettete il termine. Le nostre esperienze invece ci hanno mostrato come, in realtà, una stretta collaborazione, in particolare con organizzazioni non governative, può portare dei frutti molto preziosi ed è proprio della collaborazione tra la città e queste organizzazioni e i loro progetti che vorrei parlare oggi. Questi progetti sono estremamente vantaggiosi e nascono dal fatto che ci sono gruppi motivati e che, ovviamente anche con il nostro supporto economico, sono in grado di sostenere gli immigrati e in qualche maniera ad estrapolarli dal contrasto dell’arena quotidiana, dimostrando che non si tratta solo di un problema. Abbiamo tutta una serie di organizzazioni che lavorano molto bene e qui presente c’è la dott.ssa Tortschanoff che vi presenterà adesso il progetto dell’Associazione P.I.V.A., un gruppoprogetto per l’integrazione degli stranieri. All’interno delle nostre collaborazioni, quella con il progetto P.I.V.A. è uno dei più importanti anche perché collaboriamo con questo gruppo da 10 anni e conosciamo la dott.ssa Tortschanoff da 20 anni, il che naturalmente ha fatto sì che fossimo veramente al corrente delle problematiche. Conosciamo quindi intimamente la situazione e le problematiche che si creano. Il grande vantaggio di queste Associazioni private è che esse ci aiutano a fare da intermediari in qualche maniera per permettere alla politica ufficiale di superare i propri pregiudizi e di fornire un aiuto concreto ed immediato alle persone che ne hanno bisogno. Prego dott.ssa Tortschanoff. Relatrice: Sig.ra Hedwig Tortschanoff Presidente dell’Associazione culturale P.I.V.A. di Villach (Austria) Presentazione: "Presentazione dell’Associazione P.I.V.A., gruppogruppo-progetto di integrazione degli stranieri” Sig.ra Hedwig Tortschanoff Ringrazio anch’io per l’invito e ringrazio il Sindaco per la gentile presentazione e sono lietissima di aver la possibilità di presentare qui il progetto dell’Associazione P.I.V.A. (gruppoprogetto di integrazione degli stranieri) di cui io sono la presidente. P.I.V.A. è un’Associazione politicamente e funzionalmente indipendente che si basa sull’iniziativa di alcune donne, quattro di Villach, che già nel 1992 hanno cercato di aiutare i profughi che quella volta venivano numerosi in Austria con provenienza dalle zone di guerra dell’Ex-Jugoslavia, sostenendoli nella vita e nei problemi quotidiani, in particolare tenendo conto del fatto che si trattava di profughi di guerra. Obiettivo di questa associazione era, ed è ancora oggi, quello di sostenere gli immigrati ed i richiedenti asilo nell’integrazione sociale e culturale, promuovere l’incontro di cittadini austriaci e di stranieri, contribuendo a smantellare, nei limiti del possibile, le ansie di contatto ed i pregiudizi possibili, sostenendo e presentando i problemi specifici degli stranieri nella vita pubblica. Per raggiungere questi risultati, 15 anni fa abbiamo istituito nella Casa parrocchiale evangelica di Villach il cosiddetto “Club dell’Incontro” nel quale avevano luogo incontri regolari tra cittadini e cittadine austriache e stranieri per imparare a conoscersi, per scambiare esperienze, per organizzare manifestazioni informative ed anche per festeggiare assieme. Inoltre, avevamo già cominciato subito ad istituire corsi di tedesco che erano assolutamente indispensabili; questi incontri settimanali continuano ad esistere ancora oggi e se quella volta abbiamo cominciato con circa 10 partecipanti cittadini austriaci e cittadini della Bosnia, l’anno scorso abbiamo avuto contatto con 400 persone provenienti da 40 nazioni. La sede ed il campo di attività dell’associazione è Villach, ma siccome in Carinzia nel suo complesso non ci sono tante attività, và detto che Villach è anche il punto di incontro di altre persone che provengono da altre zone della Carinzia per cercare aiuto. Nel 2001 il progetto ha compiuto degli ampi rilevamenti nell’ambito di un progetto sul lavoro di formazione interculturale anti-razzista in Carinzia attuando delle ricerche sulla situazione dei bambini e dei giovani nelle scuole, tutto ciò grazie al sostegno e promozione della Regione del Land Carinzia e del Fondo Sociale Europeo. Da allora queste attività sono diventate un’attività essenziale della nostra associazione; naturalmente abbiamo sempre cominciato in piccolo, per esempio utilizzando un artista nigeriano per sviluppare il logo della nostra associazione oppure organizzando una trasmissione radiofonica di un’ora, oppure parlando con i giovani immigrati che frequentavano già le scuole superiori. Va anche ricordato un rilevamento tramite un questionario svolto tra ragazzi della 1^ media superiore, che abbiamo fatto a suo tempo per cercare di comprendere quali erano i problemi dell’integrazione, le idee del futuro e le esigenze dei giovani e i risultati di questi rilevamenti li abbiamo poi presentati in una scuola partner italiana, a Staranzano non lontano da qui, ed è stata una grande esperienza anche per le classi di studenti italiani. Nell’anno scolastico passato in tre scuole elementari di Villach che hanno una elevata partecipazione di bambini immigrati, abbiamo svolto un progetto sovra-generazionale nel quale genitori di diverse culture hanno avuto l’occasione di parlare ai bambini sulle loro esperienze nei paesi di origine, di come erano vissuti nei paesi dai quali essi provenivano; poi gli insegnanti insieme ai bambini hanno sviluppato creativamente e graficamente le esperienze qui raccolte; alla fine questo progetto è stato presentato pubblicamente anche con piccoli filmati. Per rendere l’integrazione extra-scolastica dei bambini il più rapida possibile, abbiamo anche sviluppato un gruppo teatrale di bambini con la partecipazione di 25 scolari di scuole elementari di diversa provenienza culturale (circa la metà di loro erano austriaci) che per alcuni anni sono riusciti grazie anche ad una direzione artistica e scenografica qualificata a sviluppare opere teatrali, musica ed addirittura attività scenografiche, presentando musica scritta apposta per loro. E’ stata un’esperienza meravigliosa che però purtroppo non si è potuto portare avanti per motivi finanziari ma che ci ha reso consapevoli dell’importanza che le attività di configurazione del tempo libero possano avere per i bambini, ed in particolare per i giovani. Siamo consapevoli che l’integrazione dei giovani avviene non soltanto nelle scuole ma anche al di fuori della scuola, soprattutto in Carinzia dove c’è troppo poca attività e semplicemente non ci sono possibilità di portare via questi ragazzi dalla strada ed integrarli con altri ragazzi. Comunque uno dei nostri compiti più importanti continua ad essere quello dell’insegnamento della lingua tedesca ed in particolare per le donne, le cui condizioni di vita si distinguono molto da quelle degli uomini per vari motivi che qui non dettaglierò; ma soprattutto, a causa dei bambini e della necessità di stare a casa, la loro mobilità è limitata. Bisogna quindi venire incontro alle donne in maniera diversa da come lo si fa con gli uomini e per poterle raggiungere ci siamo rivolti al Comune di Villach il quale ci ha messo a disposizione le strutture pubbliche, i giardini d’infanzia, gli asili nido, le scuole elementari per organizzarvi corsi di tedesco. In questa maniera noi diffondiamo capillarmente sul territorio queste attività e naturalmente sviluppiamo i corsi di lingua su tematiche specifiche di queste persone, per es.: salute, acquisti, iscrizione dei bambini alla scuola, in modo da mettere queste donne in condizione di gestire questi problemi da sole . Il materiale d’insegnamento e quindi la grammatica, il vocabolario, e così via, vengono elaborati anche congiuntamente con le persone interessate. Oltre all’acquisizione della lingua c’è stata anche la possibilità per queste donne di scambiare esperienze sugli specifici eventi che avevano vissuto, per es. uno scambio d’informazioni tra persone venute molti anni prima, persone nuove; tra l’altro tra le nuove arrivate ci sono state persone molto impegnate che hanno portato amiche da fuori; persone che si sono poi sviluppate come dei veri e propri moltiplicatori. Avevo già accennato ai problemi dei bambini: in tutte le nostre manifestazioni e naturalmente anche e in particolare nei nostri corsi di tedesco, i bambini vengono portati. L’integrazione dei bambini copre l’intera famiglia; i bambini vengono assistiti da pedagoghi durante il corso di tedesco quindi mentre le mamme imparano il tedesco, i bambini giocando imparano loro stessi la lingua però in maniera giocosa e hanno la sicurezza che la mamma è sempre lì a loro disposizione. Con i ragazzi più adulti abbiamo poi cercato di fare dei lavori e delle attività più consone alla loro età, legate con l’apprendimento per esempio, oppure assistendoli in caso di problemi. Su richiesta dei genitori poi abbiamo sempre preso contatti con gli insegnanti di questi ragazzi nel caso che ci fossero problemi. L’importante è che questi corsi siano integrati nelle scuole e nei giardini d’infanzia; in questa maniera noi siamo sempre in stretto contatto con i pedagoghi che hanno la possibilità anche d’intervenire in caso di famiglie con problemi. Questa idea dei corsi integrativi di tedesco con contemporaneo accompagnamento dei bambini è stato molto impegnativo però ha avuto un grande successo e io credo che si tratti di un lavoro unico in Carinzia che potrebbe essere esteso a tutta l’Austria anche perché nel 2006 abbiamo avuto un premio specifico per questo. Interessante per gli immigrati è anche che la nostra Associazione è certificata per lo svolgimento di esami d’integrazione che vengono poi riconosciuti come diploma di sufficiente conoscenza della lingua tedesca, cosa prevista dalla legge per la concessione della cittadinanza. In tutte le nostre attività, nei corsi di tedesco, nei corsi scolastici, ci siamo sempre confrontati con i problemi quotidiani di queste persone: la gente viene da noi con dei documenti e ci chiede cosa deve fare; sarebbero problemi anche risolvibili ma quando vi trovate all’estero e non conoscete la lingua ovviamente si tratta di problemi quasi insuperabili; si aggiunge anche poi il fatto che ci sono problemi specifici che riguardano la particolare situazione di immigranti, per esempio il riconoscimento del titolo di studio ottenuto all’estero, o il permesso di soggiorno. Il fatto è che il diritto relativo agli stranieri in Austria è molto complicato e spesso poco chiaro addirittura per i tecnici; cambiamenti e modiche ce ne sono spesso, addirittura l’ultima è avvenuta due giorni fa e, come dicevo, tante volte lo stesso esperto non è in grado di seguire la problematica. Per molti anni né a Villach né in Carinzia c’è stato un consultorio generale per gli immigrati per quanto ci fosse una fortissima esigenza di questo tipo di strutture. Grazie al supporto iniziale del Comune di Villach e poi a quello del Land Carinzia , ma anche dello Stato e del Fondo di Integrazione dell’Unione Europea, finalmente due anni fa siamo riusciti a strutturare un centro di informazione centralizzato. Ogni giorno due collaboratori sono a disposizione e vengono consultati non soltanto dai richiedenti asilo e dagli immigrati ma anche da cittadini austriaci oppure da istituzioni ed enti pubblici per problematiche correlate all’immigrazione. Le informazioni che noi offriamo sono consulenze sulla materia del diritto del lavoro, della formazione professionale, la presa di contatto con le autorità, l’accompagnamento in uffici, l’accompagnamento dal medico e molte altre attività. Importante è anche il fatto che noi mettiamo a disposizione un gruppo di interpreti e mediatori culturali che parlano numerose lingue e inoltre organizziamo anche delle manifestazioni d’informazione destinate alla popolazione austriaca. Tra due settimane ne avremo una sulle strutture culturali e sociali ed ovviamente a queste manifestazioni invitiamo anche le associazioni culturali e non degli stranieri . Nel lavoro del consultorio veniamo anche sostenuti dal fatto che sono oramai quasi vent’anni che lavoriamo a Villach e di conseguenza abbiamo degli eccellenti rapporti con gli enti ed istituzioni pubbliche, ma anche a livello nazionale abbiamo un network molto efficace. Attraverso queste numerose attività dell’associazione siamo riusciti, in tutti questi anni, a raccogliere numerose esperienze e a creare buoni contatti con gli immigrati i quali diventano poi dei moltiplicatori che parlano di noi. Naturalmente potremmo fare molto di più se solo avessimo le risorse, ma abbiamo due lavoratori a tempo parziale nel consultorio, poi 6 persone che fanno assistenza ai bambini o corsi di tedesco, ma nonostante l’aiuto di tirocinanti dell’Università della Carinzia e un grande impegno da parte del volontariato non riusciamo ad andare oltre un certo limite e, nell’ultimo periodo, non siamo neanche più in grado di dire se potremmo continuare con questo livello di attività perché se da una parte il Comune ci aiuta molto non così fa l’amministrazione regionale. Ma tuttavia continuiamo a guardare con speranza ed ottimismo al futuro; proprio in questi ultimi mesi qualcosa si è mosso a Villach dato che alcune associazioni e singole persone impegnate si sono costituite in una cosiddetta “piattaforma dell’immigrazione” e di questa è entrata a far parte anche la nostra associazione. Da parte della città sappiamo che si sta lavorando ad una linea guida che ci permetterà di far funzionare bene questa piattaforma. Noi pensiamo che in questa maniera si creerà una collaborazione su base molto allargata non soltanto nell’interesse degli immigrati ma anche nell’interesse di una convivenza armonica e priva di pregiudizi di tutta la popolazione di Villach. Grazie. Relatrice: Sig.ra Mariagrazia Santoro Assessore all’Urbanistica e Agenda 21 Locale "Presentazione di progetti di Agenda 21 Locale” Sig. Luigi Reitani Assessore alla Cultura, Turismo, Pace e Relazioni Internazionali del Comune di Udine "Presentazione dei laboratori di discussione di sabato 23 ottobre e breve storia della città di Udine” Sig.ra Mariagrazia Santoro Vi porgo il mio benvenuto. Ho ascoltato con molto interesse le presentazioni delle varie città questa mattina e credo che alcune parole hanno attraversato i discorsi di tutti, in particolare due parole: “Pace come integrazione” ed “Integrazione da raggiungere attraverso una modalità: la Partecipazione”. In questo governo del Comune di Udine io ho due assessorati: il primo alla Pianificazione e il secondo ad Agenda 21 Locale. In questo periodo il Comune di Udine sta redigendo il nuovo Master Plan e quello che stiamo attuando viene fatto attraverso le procedure di Agenda 21 Locale, non solo come metodo per i nostri contenuti, ma soprattutto come necessità di stabilire nuove relazioni all’interno della città, relazioni basate su una equi-responsabilità dei differenti soggetti. Questo, portato sul tavolo del tema che affrontiamo oggi, diventa una domanda: “può la città, per come è fatta, condizionare la convivenza pacifica delle persone, dei gruppi sociali, delle età ?” Alcune città, anche in Italia, sono invece diventate simboli reali di conflitto: pensiamo a Gorizia, Nova Goriza, a Berlino, a Gerusalemme. Fortunatamente in Europa questo appartiene al passato, però forse non abbiamo ancora capito. Tutti, questa mattina, hanno in qualche modo evidenziato che il tema dell’integrazione è un tema che stiamo affrontando da relativamente pochi anni; come la città possa diventare l’opposto, il luogo cioè delle relazioni. E quindi se pace vuol dire integrazione come possiamo nel disegno dei luoghi della nostra città raggiungere questo obiettivo? E quali siano le modalità da attuare attraverso la partecipazione, di cui tutti in qualche modo abbiamo parlato stamani. Mi permetto quindi di sintetizzare il lavoro che affronteremo domani con due titoli: - il disegno della città quale disegno per costruire relazioni, e - la partecipazione come modalità per attivare queste relazioni, sempre nell’ottica che la pace è anche un obiettivo da perseguire nelle città. Grazie. Sig. Luigi Reitani Grazie a Mariagrazia Santoro per questo intervento. Invito quindi tutti a scegliere un gruppo di lavoro al quale partecipare domani. Ripeto i temi da individuare: - Politiche giovanili - Integrazione sociale - Qualità della vita nelle città e pianificazione urbanistica Io penso che da questi gruppi di lavoro dovrebbero nascere anche delle relazioni e l’ipotesi di possibili reti per trattare progettualità comuni, dato che si prospettano possibilità di presentare progetti europei comuni in ambiti specifici. Io penso che una delle cose importanti nella nostra rete di comuni gemellati sia quella di poter costituire una base naturale per una progettualità comune per i finanziamenti europei. Continuiamo allora oggi la nostra discussione e nel pomeriggio presenteremo alcuni progetti specifici del Comune di Udine. Prima di dare la parola al sig. Giorgio Peressotti del Ce.VI. vorrei dire ancora qualcosa sulla storia di questa città. Udine è stata, durante il 1° conflitto mondiale, la guerra del 1914-18, la sede dello Stato maggiore dell’esercito italiano e fu definita allora la “capitale della guerra”. A Udine era presente tutto lo stato maggiore dell’esercito italiano, il re d’Italia seguiva dal Castello di Udine, in alto, i combattimenti sul Carso e quindi Udine aveva una economia di guerra. La città fui poi occupata, dopo la sconfitta italiana a Caporetto, dall’esercito austro-tedesco; divenne quindi una città occupata da altre truppe, da un altro esercito e questa caratteristica di una città di guerra è rimasta per tutto il novecento. Udine come città di frontiera vicina al confine sloveno è stata una città con comandi militari importanti e con molte caserme. Fino a quando in Italia c’è stata una leva obbligatoria, quindi la chiamata al servizio militare di tutti i cittadini, un terzo dell’esercito italiano era dislocato nel territorio di questa regione e del vicino Veneto. Udine è una città in cui ci sono ancora moltissime caserme, molti luoghi attrezzati per ospitare soldati, così si può dire che una parte dell’economia di questa città è stata caratterizzata dalla presenza militare. Pensate che cosa significava avere 20 mila militari in una città di 100 mila abitanti; significava ovviamente una ristorazione per loro ed un giro di affari che ruotava intorno a questa presenza. Da quando i soldati hanno lasciato questa città, la città si è trasformata notevolmente, ma i segni della presenza militare ci sono ancora, ci sono ancora le caserme. Uno dei problemi della nostra amministrazione è anche urbanisticamente la presenza di grandi caserme che non sono più utilizzate e che sono adesso vuote in attesa di un’altra destinazione. Questa è per noi una sfida molto importante da raccogliere: come trasformare la topografia di guerra di una città in un’altra città con caratteristiche diverse, in una città di pace; passare da una città “capitale della guerra” a una città “capitale della pace”. Abbiamo messo in campo molti progetti, anche di memoria storica, in particolare sulla 1^ Guerra mondiale, di cui l’anno scorso si è ricordato il 90° anniversario. Quasi ogni anno abbiamo organizzato un momento di ricordo di quello che era accaduto 90 anni prima. Quest’anno, adesso alla fine di ottobre, parleremo del 1° anno di pace, il 1919 e anche dei progetti di ricostruzione dopo la guerra. E’ uno dei tanti aspetti della nostra politica culturale sulla memoria che cerca di richiamare l’importanza di questi avvenimenti. Un altro progetto della nostra amministrazione relativo alla cultura di pace è stato quest’anno un Festival di cultura dedicato alla Pace; inoltre sentirete parlare di altri progetti nel campo della cooperazione decentrata e anche di un “Tavolo della Pace” cioè di un progetto che unisce varie organizzazioni di solidarietà del territorio, un progetto anche in collaborazione con l’Università degli Studi di Udine. Adesso passo la parola al sig. Giorgio Peressotti, che coordina il Ce.VI., Centro di Volontariato Internazionale di Udine, che parlerà del progetto “Tavolo della Pace”. Relatore: Sig. Giorgio Peressotti Rappresentante del Ce.V.I , Centro Volontariato Internazionale di Udine Presentazione: "L’esperienza delle realtà associative locali e il Tavolo della Pace a Udine” Sig. Giorgio Peressotti Ringrazio l'Amministrazione della mia città per avermi invitato a rappresentare alla "Conferenza sulla Pace e Partecipazione” con le città gemellate, le nostre realtà associative, cioè i movimenti e le nostre iniziative che si occupano di pace. A Udine, che ha circa 100.000 abitanti, queste realtà, formali e informali, sono oltre 150 e impegnano almeno 10.000 persone in diversi campi: dall'educazione alla sanità, dal disagio sociale alle dipendenze, dalle emergenze alla cooperazione internazionale, allo sport, all'ambiente e alla formazione del volontariato. Dobbiamo poi pensare che oltre a queste 10 mila persone sono coinvolte le famiglie e ancora quelli che beneficiano degli impegni del volontariato e dunque una gran parte di città è interessata da questo impegno. Ringrazio particolarmente voi che siete venuti da tutta Europa per riflettere insieme sul tema "Pace e Partecipazione". E' davvero interessante che un incontro fra città gemellate si svolga proprio con questo titolo. In effetti la prima preoccupazione di ogni Amministrazione, così come di ogni cittadino, è che la vita sia serena, che ci sia la pace sociale; che ci sia quindi un'attenzione primaria alla pace e che questa attenzione sia condivisa, partecipata. Potremmo, giocando con la lingua italiana correggere leggermente il nostro titolo "Pace e Partecipazione" e dire che "Pace è Partecipazione" ; dunque vedete solo l’accento sulla lettera “e” sottolinea il significato della pace e della partecipazione insieme. La partecipazione in fondo, anche dai vostri resoconti, determina il grado di civiltà di una comunità. Anche questo nostro incontro di oggi è in fondo partecipazione, anzi una partecipazione importante. E' inoltre un'occasione straordinaria per uno scambio di valori, che poi è la migliore delle cooperazioni. Pertanto, mentre cercherò di descrivere brevemente come operano alcune nostre realtà associative e di come esse collaborano con il Comune, vi assicuro che siamo e restiamo molto interessati a conoscere cosa succede in casa vostra, per capire che cosa possiamo imparare dalle vostre esperienze e come possiamo eventualmente costruire insieme nuove collaborazioni. Parto da una premessa. Abbiamo in parte una storia comune e comuni riferimenti: è appena stata ricordata la 1^ guerra mondiale ma anche la 2^ guerra mondiale può essere un riferimento comune; anche la conoscenza di alcuni grandi maestri come Gandhi; anche l’attraversamento di alcuni periodi come ad esempio il ’68. Ma ciascuno dei nostri Paesi ha avuto anche un suo percorso e sue importanti figure di riferimento che sarebbe bello, magari in un’altra occasione poter confrontare. Quanto all'Italia, vorrei ricordare una sola persona, una persona a cui si deve la definizione di "Politica come arte di uscire insieme dai problemi". Mi riferisco qui a don Lorenzo Milani, un grande pedagogista italiano, maestro di non violenza e inclusione sociale, cioè di pace e partecipazione. Era un prete cattolico proveniente da una famiglia ebrea di Firenze, una delle capitali della cultura italiana. Molto impegnato ovviamente nella chiesa ma anche nella società civile, è stato spesso scomodo per entrambe; succede a essere segni di pace. E’ stato scomodo fino ad essere processato per aver sostenuto il diritto all'obiezione di coscienza al servizio militare, che allora era obbligatorio; fino ad essere mandato a svolgere il suo ministero religioso in un piccolo borgo di montagna, lontano dalla città di Firenze. Lì però ha avviato un nuovo modello educativo, che è stato scuola in Italia, fondato da un lato sull'attenzione alla realtà quotidiana, soprattutto attraverso la lettura dei giornali, e dall'altro sulla partecipazione, richiamata dalla scritta "I CARE" che era affissa su una parete dell'aula. "I CARE" = mi interessa, mi sta a cuore, voglio coinvolgermi. Questa era l’indicazione di fondo per i ragazzi. Vediamo adesso come operano alcune nostre realtà, tenendo presente che se è vero che tutto ciò che funziona in una comunità è fondato su pace e partecipazione, ci sono però alcuni percorsi, alcune riflessioni e pratiche che più specificamente si propongono di fare della città una “comunità educante”, perché così possa svolgere al meglio i suoi compiti. Comincio indicando alcune delle Associazioni: Parto dal CE.V.I (Centro di Volontariato Internazionale) che è una ONG, che intende pace e partecipazione attraverso il suo impegno per la solidarietà internazionale e per i diritti. Il CE.V.I realizza progetti di cooperazione a supporto di iniziative locali di sviluppo nei Paesi del Sud del mondo e inoltre progetti sul tema dei diritti. Qui vediamo un depliant per sostenere che l'acqua è un bene comune e non una merce; questa è una campagna molto impegnativa. In questo progetto, sostenuto dall'Unione Europea, il CE.V.I è capofila di diverse ONG della Spagna, Francia, Belgio, Slovenia, Grecia, Olanda e Italia (tutto il materiale è stampato nelle lingue dei singoli Paesi). Qui si presenta l'iniziativa AMECE (Assemblea mondiale degli eletti e dei cittadini sull'acqua) realizzata al Parlamento UE a Bruxelles e inoltre il manifesto della conferenza “PACE CON L'ACQUA" sempre organizzato al Parlamento Europeo. Il CE.V.I, che sul tema dell'acqua organizza le sessioni dei forum mondiali, è stato anche invitato a partecipare come relatore alla prossima conferenza sul clima di Copenhagen. Il secondo soggetto che presento è la CARITAS che è un'organizzazione della chiesa cattolica per la quale pace e partecipazione è inclusione sociale, accoglienza, educazione e promozione. Essa svolge progetti quali ad esempio: i percorsi di libertà, attività e convegni che riguardano la “tratta”, oppure la “Casetta a Colori” un asilo per l’infanzia che fornisce un servizio molto flessibile di accoglienza a bambini provenienti da famiglie immigrate che si stanno inserendo e quindi hanno delle particolari difficoltà. Oppure ancora lo ”studentato internazionale” che è un’esperienza di convivenza di studenti universitari che provengono da aree in conflitto; attualmente abbiamo studenti provenienti da Israele e Palestina, Cisgiordania e Gaza, Turchia e Kurdistan. E inoltre: il “Centro di ascolto” per famiglie e persone in difficoltà; l' “Asilo notturno” per i senza dimora; le “Case-famiglia” per persone con problemi mentali e dipendenze, e poi ancora l’attenzione per le emergenze nazionali e internazionali. Un’altra associazione di riferimento è l'UCAI (Unione delle Comunità e Associazioni degli Immigrati) che realizza pace e partecipazione promuovendo l'integrazione. Come leggiamo nella loro presentazione, fanno parte di questa entità oltre 40 associazioni rappresentanti di 33 nazioni, e principalmente si occupa delle necessità degli immigrati e della loro valorizzazione, cioè di intercultura. Domani visiteremo il CENTRO BALDUCCI e quindi conosceremo meglio questa realtà che interpreta pace e partecipazione come riflessione e accoglienza. Ecco alcune immagini di una delle case di accoglienza e dei partecipanti a varie conferenze e convegni che si susseguono tutto l’anno presso il Centro stesso. Infine “IRENE”, il Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Pace dell'Università di Udine, che svolge un ruolo di promozione delle conoscenze e nel campo dell’educazione, del quale parlerà poi più approfonditamente il suo presidente, prof. Fulvio Salimbeni. Qui per IRENE abbiamo raffigurato il manifesto dell'Università Estiva della Pace Alpe-Adria del 2009, che ha coinvolto Austria, Slovenia e Italia. Con questi e altri soggetti, insieme al supporto del Comune di Udine sono quindi nati: - il “Tavolo della Pace“ per la promozione di iniziative di pace; - il “Centro di Documentazione su Pace e Mondialità” per la diffusione gratuita di documentazione multimediale e per la realizzazione di proposte didattiche agli ambiti educativi; - l'esperienza di “Terre Lontane, Mondi Vicini” che è un percorso annuale di presentazione delle attività di solidarietà internazionale e anche di quelle di integrazione che sono presenti in città. Un’esperienza che ha visto la partecipazione, da quattro anni a questa parte, di circa un centinaio di soggetti. Di queste 3 iniziative partecipate dalla Amministrazione cittadina parlerà poi più diffusamente il rappresentante del Comune. A conclusione del mio intervento, vorrei ricordare che se a livello delle Nazioni Unite è stato riconosciuto che negli ultimi decenni i maggiori cambiamenti riguardanti i diritti e l'ambiente, cioè i concetti di giustizia e democrazia, sono merito delle reti della società civile; se è così, questo significa che alle reti di società civile spetta un compito davvero importante, una grande responsabilità. Credo che oggi si possa dire che alle reti della società civile deve spettare una funzione di controllo della politica, perché al dire segua il fare e questo si può realizzare solo: - richiamando l'attenzione ai beni comuni, e - partecipando attivamente alla realizzazione dei programmi delle Amministrazioni locali. E' quanto anche a Udine abbiamo cercato di fare. E' quanto ci auguriamo di poter fare meglio anche insieme a voi in futuro. Grazie per l'attenzione. Relatore: Sig. Renzo Roi Centro Servizi Stranieri del Comune di Udine Presentazione: “I progetti del Comune di Udine sul tema della pace” Sig. Renzo Roi Il Comune di Udine da 5 anni ha creato un servizio di riferimento per i temi della pace e della cooperazione: lentamente ma con costanza, questo servizio è riuscito a ritagliare all’interno dell’Amministrazione uno spazio sempre più importante grazie anche alla preziosa collaborazione delle associazioni con le quali si sono programmate insieme delle azioni che sono riuscite, a giudicare dalla partecipazione e dai commenti, a diffondere una cultura di pace, ospitalità rispetto dei diritti umani e dell’ambiente sul territorio. I progetti più importanti che l’amministrazione ha voluto e sostenuto con forza sono: - “Terre Lontane, Mondi Vicini”: un percorso-evento per far conoscere la realtà della cooperazione con i paesi in via di sviluppo che opera in città. - Il “Festival della Pace”: una rassegna di manifestazione e spettacoli per dare voce alle iniziative di pace - il progetto “Educare alla Pace” rivolto alle scuole che coinvolge ora tutti gli istituti di scuola media superiori della città. Brevemente provo ad illustrarvi ciascun progetto nei suoi punti essenziali. TERRE LONTANE MONDI VICINI E’ un percorso annuale che si conclude con un evento finale organizzato e condiviso dalle associazioni che si occupano di cooperazione decentrata con i paesi in via di sviluppo assieme all’amministrazione comunale. La Manifestazione “Terre Lontane, Mondi Vicini” è una kermesse, una manifestazione-vetrina di tutte le realtà cittadine e “metropolitane” che operano nella cooperazione internazionale, delle associazioni di volontariato e di stranieri immigrati che lavorano nel mondo dell’integrazione. Nata nel 2006 da una felice intuizione del Comune di Udine, attraverso il Centro Servizi per Stranieri, e di alcune associazioni impegnate nel mondo della cooperazione internazionale, la manifestazione arriva quest’anno alla sua quarta edizione, forte delle esperienze positive e delle riflessioni delle precedenti edizioni, e delle importanti adesioni avvenute nel tempo. Terre Lontane e Mondi Vicini sono due realtà apparentemente diverse, ma che sotto la differenza geografica rivelano realtà fortemente ed inscindibilmente collegate e vincolate tra loro. Infatti, le “terre lontane”, che un tempo si sognavano spesso con una vena esotica, oggi vivono in città, nel bel mezzo della nostra Comunità. Vivono nell’impegno di centinaia di realtà, tra associazioni, enti, fondazioni, e gruppi informali, che nel nostro mezzo si fanno portavoce e testimoni di quelle realtà del Mondo nel quale viviamo, spesso nascoste e fraintese, attraverso atti di solidarietà e vicinanza con quanti vivono difficoltà e miserie troppo spesso ignorate dai mass media, e lo fanno creando collegamenti di pace, solidarietà e condivisione laddove invece fanno molto più “tendenza” la ghettizzazione e la discriminazione. Vivono nei volti di centinaia di immigranti che passano nelle vie della nostra città che ormai è diventata anche la loro città. Edizione Pilota 2006: Diritti Umani e Cooperazione Internazionale L’edizione pilota del 2006, compresa in una fitta settimana di incontri, seminari, dibattiti e mostre, è stata un momento di prima aggregazione e di conoscenza tra le associazioni impegnate nel mondo della cooperazione internazionale. La manifestazione è stata un “terreno fertile” per iniziare una riflessione sui temi della cooperazione e dell’integrazione, attraverso il caleidoscopio dei temi dei diritti dell’uomo. L’edizione proponeva attraverso convegni e seminari, domande importanti quali: “medicina o salute globale?”, “gli immigrati fanno parte del nostro mondo?”, “come possono gli enti locali essere attori di cooperazione?”, “possiamo far valere i diritti e la dignità del lavoro in un mercato globale senza sfruttamento?”, “qual’è lo spazio del sostegno a distanza?”, “come tutelare l’ambiente nell’era della globalizzazione?” Il convegno finale, portava in primo piano la necessità di creare percorsi comuni di cooperazione per la città che partissero da una riflessione sentita sui temi dei diritti dell’uomo in ogni luogo ed in ogni tempo. La manifestazione ha inoltre portato i colori, i suoni e le danze vivaci delle comunità di stranieri della città in un pomeriggio di festa e di condivisione nel “Festival delle Culture”. Durante l’intera durata della manifestazione sono state aperte varie mostre fotografiche che attraverso un “diario di bordo” dislocato in varie parti della città, riflettevano sui temi dei diritti dell’uomo: il diritto all’ambiente sostenibile, il diritto alla salute, il diritto all’istruzione, i diritti delle donne e dell’infanzia, i diritti della persona e i diritti per l’accoglienza . Edizione 2007: Beni Comuni. La Riflessione si allarga La seconda edizione della manifestazione nel 2007 non solo ha ripetuto l’esperienza dell’anno precedente, ma l’ha voluta potenziare, arricchendola ed estendendola. Un gruppo numeroso di associazioni hanno voluto aderire alla manifestazione, apportando nuova vitalità e punti di vista alla riflessione sui temi della cooperazione internazionale. Ogni conferenza, mostra, suono, voce e colore è stata l’occasione per riflettere e chiedersi come fare cooperazione internazionale e come tutelare l’integrazione degli stranieri nella comunità cittadina, partendo dalla tutela dei beni comuni. La manifestazione centrale ha riproposto varie mostre fotografiche ed infine la terza edizione del Festival delle Culture. Come l’anno precedente le associazioni hanno avuto la possibilità di “farsi vedere” gestendo una bancarella nelle vie del centro della città, dove hanno potuto incontrare la gente e presentare le proprie iniziative e progetti. Il calendario ha previsto anche spettacoli musicali e teatrali. Infine il convegno ha focalizzato sul tema centrale dell’edizione 2007, ovvero il tema dei “Beni Comuni” in rapporto con la Cooperazione per la costruzione di società più giuste. Dalla settimana di appuntamenti prevista l’anno precedente, nell’edizione del 2006 si è passati a un calendario che si estendeva su ben tre mesi di attività e proposte. Il numero delle associazioni aderenti alla manifestazione infatti passa da 40 a 66, ed alcuni enti pubblici iniziano ad interessarsi alla manifestazione, esprimendo il loro desiderio di farne parte. Edizione 2008: Distanza e Misura. Diritti Umani e Obiettivi del Millennio Arrivata alla terza edizione, “Terre lontane, Mondi vicini” mantiene i propositi originari di fungere da vetrina di tutte le realtà cittadine e “metropolitane” che operano nell’ambito della cooperazione internazionale e delle associazioni di volontariato e di stranieri immigrati che lavorano nel mondo dell'integrazione. Allo stesso tempo la manifestazione diventa “terreno fertile” di riflessione ed eventualmente di azione per tutte queste realtà. La terza edizione non può trascurare il fatto che il 2008 è l’anno in cui si è celebrato il 60° Anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani: la manifestazione vuole riprendere le discussioni e riflessioni raggruppate sotto il cappello dei cosiddetti “obiettivi del millennio”. Questi due temi vengono trattati con il taglio di riflessione proprio della manifestazione, ovvero in rispetto alla cooperazione internazionale e al processo di integrazione. La manifestazione oramai raccoglie un centinaio tra associazioni, fondazioni, enti e gruppi informali. Allo stesso modo, anche il suo calendario si è esteso nel tempo, toccando un periodo che va da febbraio ad ottobre 2008, diventando così un percorso annuale. Le iniziative e gli eventi infatti spaziano su vari fronti, ma diventano “percorso” se letti nell’ottica unitaria del senso dato dal titolo del “calendario”. La manifestazione ha maturato la convinzione che l’esigenza di costruire un ponte tra le culture e sviluppare una cultura della reciprocità, base fondamentale per una vera cooperazione, riguarda tutti. Per questo la manifestazione del 2008 con il titolo “La distanza e la misura” porta in primo piano quei mondi che non si misurano con linee e regole, ma quei mondi misurabili solo con il cuore e l’immaginazione. Il nutrito calendario/percorso prevede incontri, convegni e seminari di sensibilizzazione e di riflessione, nonché rassegne di Cinema, spettacoli teatrali, e concerti. Edizione 2009: Il Mercato, l’Aria, l’Acqua e i Beni Pubblici Quest’anno il percorso di Terre Lontane , Mondi Vicini ha avuto dei cambiamenti sostanziali: nel mese di marzo è stato firmato il protocollo d’intesa che formalizza e dà sostanza alle azioni proposte dall’assemblea delle associazioni; sono stati definiti gli organi e la struttura amministrativa con il compito di gestire le iniziative e il percorso condiviso. Si sono posti dei requisiti per poter aderire: hanno sottoscritto il protocollo 29 associazioni e lo stesso è aperto ad altre realtà interessate a partecipare. L’evento finale, che si svolgeva ogni anno a fine maggio, quest’anno è stato inglobato nel 1° “Festival della Pace” che l’Amministrazione ha voluto realizzare: una giornata è stata dedicata interamente alla cooperazione; il tema della giornata è, come già detto nel titolo, una riflessione globale sul Mercato, l’Aria, l’Acqua e i Beni pubblici e la manifestazione si è svolta con le stesse modalità degli anni precedenti con un buon successo di pubblico e di critica. Importante è stato poi l’avvio del progetto di cooperazione unico e condiviso che vede insieme Amministrazione comunale, associazioni e università , uniti nella sfida di elaborare un progetto di cooperazione decentrata comune dove ogni soggetto collabora alla sua riuscita con le risorse e competenze proprie e peculiari; prima della stesura del progetto stesso è previsto un percorso per individuare l’area di intervento, il tema e i ruoli di ciascun componente. E’ stata inoltre organizzata una segreteria tecnico-amministrativa e il gruppo di coordinamento che hanno il compito di programmare ed elaborare le proposte che nascono dalle associazioni e che coinvolgono il più possibile, oltre i firmatari del protocollo, tutto il territorio. EDUCARE ALLA PACE Altro importante progetto che vede coinvolti il Comune e le associazioni, attivo da quattro anni, è il progetto “Educare alla Pace” rivolto alle scuole e istituti superiori della città. Finalità del progetto Il presente progetto, giunto ormai alla sua quarta edizione, nasce dalla positiva e consolidata collaborazione tra il Comune di Udine (Ufficio Politiche Giovanili del Comune e Centro Servizi per Stranieri), il Ce.V.I, il Centro Balducci, l’Associazione Nuovi Cittadini ONLUS e la Caritas di Udine. Si pone l’obiettivo principale di sensibilizzare gli studenti degli Istituti Superiori di Udine sulle tematiche della pace intesa come accoglienza della diversità, sostenibilità e parità di accesso alle risorse tra Nord e Sud del mondo al fine di costruire una società basata sulla pacifica convivenza, inserendo inoltre, una riflessione sul fenomeno delle migrazioni causate dai conflitti nei paesi di provenienza. Azioni • promozione del progetto negli Istituti Superiori di Udine e consegna del video “Scuole di pace” che documenta le attività realizzate dalle scuole durante l’evento finale dell’anno precedente; • programmazione con gli insegnanti per definire contenuti, attività e tempi di realizzazione degli interventi da svolgere in classe; • percorsi in classe curati dagli operatori del Ce.V.I sulle tematiche dell’educazione alla pace, con la possibilità di scelta tra un focus sulla pace intesa come accoglienza dell’altro e superamento dei conflitti, e pace intesa come necessità di garantire un pari accesso alle risorse tra Nord e Sud del mondo; • pace e conflitti: testimonianza sul conflitto nei Balcani, sul contesto Afgano, sulla situazione in Eritrea, a cura del Centro Balducci e dell’Associazione Nuovi Cittadini ONLUS; • incontro assembleare conclusivo; • evento finale “ Scuole di Pace” curato dalle scuole e realizzato in collaborazione con il Servizio di Politiche Giovanili del Comune, come momento in cui i ragazzi presentano le proprie riflessioni rispetto al percorso svolto. Si privilegiano a tal fine la produzione o la realizzazione di: poesie, letture, musica, ballo, canto, teatro e brevi video. Il Progetto, inoltre, è integrato dalle seguenti attività: • visione di film • mostre fotografiche • video a tema Promotori • Comune di Udine (Agenzia Giovani, Officine Giovani, Centro Servizi per Stranieri) • Ce.V.I Centro di Volontariato Internazionale • Centro Balducci • Associazione Nuovi Cittadini ONLUS • Caritas di Udine Soggetti coinvolti • Istituto Tecnico Zanon • Liceo Scientifico Marinelli • Istituto Tecnico Industriale Malignani • Istituto Professionale Statale per i Servizi Commerciali e Alberghieri Stringher • IPSIA Ceconi • Liceo Scientifico Copernico • Le classi interessate nell’anno scolastico 2008-2009 sono 38 e sono coinvolti circa 800 studenti Cronogramma attività • settembre: promozione del progetto ; • settembre - ottobre: programmazione con gli insegnanti e distribuzione del video “Scuole di Pace”; • ottobre – novembre - dicembre: 4 ore di interventi per ogni classe curati dagli esperti del CeVI; • gennaio: 1 ora di testimonianza per ogni classe e 2 ore di incontro assembleare rivolte ad ogni istituto • aprile: Teatro Palamostre, evento finale del progetto “Educare alla Pace”, con l’inserimento di alcuni brevi estratti di rappresentazioni teatrali proposti dagli Istituti Udinesi sul tema della pace, come anteprima del Palio Studentesco. FESTIVAL DELLA PACE Infine il più recente, ma forse anche il più importante progetto che l’amministrazione ha messo in cantiere è il Festival della Pace di cui quest’anno si è svolta la prima edizione. Una manifestazione che, per la prima volta a Udine, raccoglie in modo unitario la fitta rete di soggetti impegnati a promuovere concretamente una politica della pace. Un’opportunità per discutere, grazie ai contributi dei tanti ospiti invitati, sulle tematiche della pace, della cooperazione internazionale e sul rifiuto di ogni forma di guerra o violenza. Un’occasione di scambio, di dialogo e conoscenza reciproca. Il tutto condito da spettacoli, mostre e concerti. “Fare Pace”, è la rassegna promossa dal Comune di Udine, in collaborazione e grazie al coordinamento de “Il Tavolo della Pace”, che dal 19 al 23 agosto di quest’anno, per UdinEstate ha raccolto nel centro cittadino le associazioni da sempre impegnate nel campo della solidarietà, della cooperazione, dell’immigrazione e dell’integrazione. La cinque giorni udinese si é articolata con tre appuntamenti al giorno: un momento di approfondimento, con la partecipazione di esperti nelle varie tematiche; uno di riflessione sulle diverse modalità artistiche nel ritrarre ed esprimere la guerra e la pace e, infine, un altro dedicato all’intrattenimento con concerti e spettacoli serali. “Le guerre – ha commentato lo stesso sindaco di Udine, Furio Honsell – sono sempre scaturite da chi non ha voluto ragionare realmente fino in fondo. Ecco perché è importante riflettere e discutere su queste tematiche, esattamente come abbiamo fatto qui a Udine, città che ha vissuto in passato grandi conflitti, ma che è ora un vivo centro nel quale le generazioni future possano trovare un esempio e una voglia di fratellanza”. Il capoluogo friulano è diventato laboratorio di idee attraverso il confronto e la discussione della pace nelle sue diverse declinazioni. Integrazione, solidarietà e cooperazione, ambiente, non violenza e, infine, religione si sono accompagnate, nelle diverse serate, ai temi legati alla pace. “Udine – per dirla con le parole dell’assessore alla Cultura, Luigi Reitani – si conferma città interessata al dialogo, alla comprensione, alla costruzione di percorsi di pace in una dimensione internazionale che esalta la sua vocazione geopolitica”. Come luogo d’appuntamento per tutta la serie di incontri con il pubblico è stata scelta una corte della città, ideale agorà dove sono confluiti sociologi, giornalisti, storici, politici, critici e molte altre personalità di spicco del panorama della cooperazione internazionale. Sempre la stessa corte è stato il luogo degli incontri dedicati alle diverse modalità artistiche utilizzate per ritrarre ed esprimere la guerra e la pace. La piazza ed il teatro, infine, sono stati il palcoscenico in cui si sono presentati concerti o spettacoli teatrali con gruppi provenienti da ogni parte del mondo. Durante il Festival della Pace inoltre è stata inaugurata la nuova sede del “Centro di documentazione su pace e mondialità”. Il Centro nasce all’interno del Tavolo della Pace e intende offrire opportunità di incontro e confronto tra associazioni e singoli che si interessano di temi quali la pace e la mondialità. La nuova struttura sarà luogo dove trovare testi, riviste e un database con tutte le associazioni che lavorano nel settore, così come tutte le iniziative e appuntamenti collegati e rappresenterà un punto d’incontro “virtuale” con tutti i centri di documentazione delle realtà coinvolte (Mission Onlus, Cevi, Balducci, Missionari Saveriani, Centro Irene) messi in rete tra loro. Uno strumento didattico che potrà essere utile soprattutto alle scuole che intendono affrontare, durante le loro lezioni, i percorsi di pace; allo stesso modo potrà essere utile a tutti quei ricercatori o studenti impegnati nella elaborazione di tesi su questo tema. Questo in breve l’impegno dell’Amministrazione Comunale sul tema della pace: rafforzare il “Tavolo della Pace” come organo di discussione e di confronto permanente e dare vita e sostenere le idee e azioni che nascono in esso e far radicare i tre progetti che ho appena descritto perché possano nel tempo sensibilizzare l’opinione pubblica cittadina su questo tema che sarà prioritario per il nostro futuro. Grazie per l’attenzione. Relatore: Sig. Fulvio Salimbeni Direttore di “IRENE”, Centro interdipartimentale di Ricerca sulla Pace dell'Università degli Studi di Udine Lectio magistralis. “La storia e la Pace” “Il Centro di Ricerca sulla Pace IRENE” Sig. Fulvio Salimbeni Questo pomeriggio introducendo la seduta l’Assessore Reitani ricordava che Udine durante la grande guerra ne era considerata la capitale, ebbene, per una singolare e fortuita circostanza noi ci troviamo a parlare qui oggi esattamente a 72 anni da quando l’armata austro-tedesca dell’Isonzo ha sferrato l’offensiva che avrebbe portato alla rotta italiana di Caporetto. Quindi guerra e pace che si intrecciano indissolubilmente. E proprio questa mattina, mentre parlavano i rappresentanti della varie città ospiti, pensavo come un’iniziativa del genere sarebbe stata inimagginabile ancora pochi decenni fa. Se nella prima guerra mondiale il Regno d’Italia era alleato con inglesi e francesi contro gli austriaci e gli sloveni quella volta facevano parte della duplice monarchia e difendevano l’Isonzo contro quello che per loro era l’aggressore italiano, 20 anni dopo invece noi italiani combattevamo contro inglesi e francesi insieme con gli austriaci incorporati nel grande Reich presuntamente millenario di Hitler. Oggi, invece, ci troviamo tutti insieme, in questa splendida sala a ragionare e discutere di pace, di cooperazione, di educazione alla pace e di partecipazione. Questo nasce non a caso qui a Udine, nel capoluogo friulano, in una regione che sintetizza in sé un po’ tutta la tragedia della storia del ‘900. Un secolo sul quale stranamente tutti gli storici si trovano d’accordo; potranno discutere sull’inizio o la fine, per qualcuno come Erich Osbaum sarà un secolo breve che incomincia nel 1914 e finisce nel 1989 e proprio tra pochi giorni il 9 novembre si celebrerà il 20° anniversario della caduta del Muro di Berlino e delle fine della spaccatura dell’Europa in due blocchi ideologici e politico-militari contrapposti; ma altri storici possono invece far incominciare il ‘900 da ben prima, dal 1870 circa, però tutti sono d’accordo nella definizione del ‘900: secolo criminale, secolo assassino, secolo dei genocidi; è l’unico secolo nella storia che ha una connotazione così negativa; pensiamo al Rinascimento, al secolo dei lumi, al Risorgimento, tutti termini con connotazioni fortemente positive sul piano culturale e ideale. Ebbene se tutta l’Europa è stata segnata dalle tragedie del 20° secolo, questa nostra regione Friuli Venezia Giulia, posta al punto di intersezione tra mondo latino, romanzo, mondo slavo e mondo tedesco, è stata per così dire una sintesi di micro-storia della grande e tragica storia europea del secolo che ci siamo lasciati alle spalle. E’ una regione che nel giro di 20 anni ha avuto la disgrazia di provare tutti i tre grandi regimi totalitari del ‘900; prima il fascismo dal 1922 al 1943, poi dopo l’8 settembre del 1943 l’annessione di fatto al Reich tedesco e quindi l’oppressione del regime nazional- socialista; infine la sua parte orientale, la Venezia Giulia, l’occupazione da parte delle truppe yugoslave del maresciallo Tito, regime comunista, persecuzioni di carattere non solo ideologico ma anche etnico. Questo è stato il periodo più breve, 40 giorni, almeno per Gorizia e Trieste, ma c’è stato anche questo. Inoltre, nella 1^ guerra mondiale, come è stato già ricordato, qui è passato uno dei fronti principali, quello isontino, 12 grandi battaglie, le 11 offensive italiane, risoltesi in una spaventosa carneficina e mattanza, con centinaia di migliaia di morti, e poi la dodicesima quella che ricordavo prima, di Caporetto. Una battaglia che ha portato non solo l’arretramento del fronte italiano sulla linea del Piave ma anche all’esodo di centinaia di migliaia di civili. Ecco allora che studiando la storia di questa regione entriamo in contatto con un’altra delle grandi tragedie europee del ‘900: il coinvolgimento dei civili, gli esodi delle popolazioni civili, le violenze degli eserciti occupanti e le deportazioni delle popolazioni locali; questo accade qui ma accade anche in Belgio, accade sul fronte orientale ed accadrà in dimensioni ben più spaventose nella 2^ guerra mondiale. Ma se è vero che oggi la grande storia e i grandi problemi generali si studiano attraverso i casi specifici locali, allora, certamente, questa disgraziata regione è un caso emblematico dell’intreccio di tragedie, di follie provocate dai fanatismi ideologici e dalle esasperazioni nazionalistiche che hanno imperversato lungo tutto il secolo o almeno per quello che riguarda l’Europa, almeno fino al 1945-50. E dopo la 2^ guerra mondiale gli spostamenti di popolazioni che hanno caratterizzato tutta l’Europa centro-orientale hanno trovato un’emblematica vicenda anche qui in questa regione, l’abbandono della Dalmazia, di Fiume, dell’Istria da parte della maggior parte della componente italiana, quello che noi conosciamo come l’esodo che è un caso che in piccolo, perché riguarda forse 300.000 persone, ripete quello di milioni di tedeschi che vennero cacciati dai sudeti, dai polacchi cacciati dalle province orientali dovute cedere all’URSS, degli ungheresi cacciati dalla Transilvania, e così via. Quindi a studiare in maniera aperta, intelligente, non municipalistica la storia di questa regione possiamo ricostruire tutti gli orrori e le tragedie del 20° secolo ed è quindi anche questo che spiega come qui Udine sia potuta diventare da capitale della guerra a capitale della pace come risposta e reazione a queste insensatezze e follie. Del resto uno dei più grandi storici italiani, morto non molti anni fa, originario di queste terre di confine, Ernesto Sestan, in un grande libro del 1947 intitolato “Venezia Giulia i lineamenti di una storia etnica e culturale” aveva saputo cogliere molto bene il nesso tra le piccole tragedie e locali adriatiche e le grandi tragedie dell’Europa del ‘900, ricordando che l’esodo degli italiani della sponda orientale dell’Adriatico ripeteva in piccolo la grande tragedia che aveva travolto una bi-millenaria comunità greca sulle sponde dell’Anatolia al tempo della guerra greco-turca del 1921-22 quando era passata l’idea che per risolvere i problemi delle minoranze bisognasse risolverli con il pugno di ferro e a fil di spada, quindi quelle minoranze greche che non vengono sterminate dall’esercito turco guidato da Kemal, diventato poi Ataturk, vengono espulse, cacciate in Grecia dove accade altrettanto alle minoranze turche spedite, quelle che sopravvivono, in Turchia. E da lì una politica che in tutta Europa almeno fino a tutta la 2^ guerra mondiale, vede le minoranze non come una ricchezza, non come un ponte, non come un elemento di mediazione come le vediamo noi oggi ma come una 5^ colonna potenzialmente ostile e nemica che va cancellata o snazionalizzandola, assimilandola a forza o comunque con tutti gli strumenti disponibili o eliminandola, espellendola o scambiandola con le minoranze reciproche. Un grande storico inglese, Arnold Toimby, all’inizio degli ani ’50 in una serie di conversazioni radiofoniche alla BBC, poi tradotte anche in italiano con il titolo “Il mondo e l’occidente”, parlando dei Balcani ricordava che la loro tragedia è stata l’affermarsi del principio dello stato nazionale; realtà multietniche convissute pacificamente per secoli improvvisamente, quando viene esportato dall’Europa occidentale il modello di Stato nazionale, questo scatena massacri, violenze, perché quella era una realtà plurietnica, pluriconfessionale, pluri-tutto ma certamente non mono-nazionale, non mono-etnica né mono-confessionale. E questo porterà alla scomparsa dei grandi imperi multinazionali come quello asburgico che era riuscito per secoli a far convivere 16 popoli e 6-7 fedi religiose all’interno dei suoi confini. Io pur insegnando storia contemporanea all’Università di Udine sono nato e vivo a Trieste e la mia città è un simbolo di questa involuzione della storia; le fortune d’essa sono incominciate nel ‘700 quando Carlo VI prima e Maria Teresa, sua figlia, poi hanno dato tutta una serie di privilegi e di positive legislazioni a questa città facendola diventare il porto dell’Impero e facendola decollare, garantendo con patenti e privilegi la venuta di chi voleva fare fortuna; ebbene, Trieste da città di 4.000 abitanti nel giro di pochi decenni è arrivata a 20.000 e all’inizio del ‘900 a 200.000 abitanti che erano greci, levantini, turchi, slavi, svizzeri, tedeschi, ungheresi, ebrei e tutti costoro per due secoli sono convissuti pacificamente, ognuno con i suoi luoghi di culto, con i suoi centri di cultura; se qualcuno di voi conosce la mia città o ci è venuto, saprà che nel giro di 4 kmq. ci sono non solo le chiese cattoliche ma anche la chiesa grecoortodossa, quella serbo-ortodossa, la sinagoga, la chiesa luterana, la chiesa anglicana, quella valdese e metodista ed esiste perfino un cimitero islamico. Ebbene queste popolazioni e queste fedi diverse sono convissute pacificamente per quasi due secoli, poi si è affermata l’idea appunto dello stato nazionale e chi per decenni era vissuto pacificamente a fianco ha scoperto improvvisamente di essere nemico all’altro e i nazionalismi scatenandosi hanno portato alla rovina l’impero multinazionale ed hanno portato alla rovina anche la mia città come tante altre città multietniche dell’Europa centrale lacerata e distrutta dagli scontri nazionalistici. Per cui sotto il fascismo si è cercato di snazionalizzare e sradicare la componente slava, altrettanto in qualche misura è accaduto poi dopo la 2^ guerra mondiale nei territori passati alla Jugoslavia che potrebbero moltiplicare tutti gli esempi all’Europa centro-orientale. Allora è chiaro che da una regione che aveva sofferto tanto dalla storia non poteva non nascere anche il desiderio di rimediare, di cercare di capire come queste cose erano potute accadere e di superare le divisioni e le fratture ideologiche e non solo politiche che avevano spaccato l’Europa ed anche la regione. Se pensate che il nuovo confine di stato italiano e stato stabilito con il Trattato di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947, tagliava in due la città di Gorizia, per cui i suoi sobborghi orientali, il suo santuario della Castagnevizza , il grande cimitero ebraico di Valdirose, si trovavano a far parte della repubblica di Slovenia che faceva parte della Repubblica Federativa socialista di Jugoslavia, mentre solo il centro e la parte occidentale rimaneva all’Italia; Trieste veniva addirittura staccata dall’Italia e per 9 anni fino al 1954 affidata all’amministrazione militare anglo-americana e solo in seguito agli accordi di Londra del 1954 poteva tornare a Trieste e appena nel 1975, con gli accordi di Osimo, veniva definito una volta per tutte il nostro confine con l’allora Jugoslavia. E di fronte a questa situazione si spiega come ai primi timidi segnali di disgelo nella guerra fredda tra gli anni ‘50 e ’60, a Gorizia un gruppo di giovani intellettuali promuovesse un istituto, che ormai ha 40 anni di attività alle sue spalle, l’”Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei” per andare oltre le barriere di carattere ideologico e politico e riannodare le fila del discorso con l’Austria, con l’Ungheria, con la Cecoslovacchia, con la Jugoslavia, con tutto quel mondo che aveva costituito la comune grande civiltà che noi chiamiamo e definiamo mitteleuropea. E quindi attraverso la cultura un primo tentativo coraggioso di avviare un dialogo, di recuperare non ciò che divide ma ciò che unisce. E cito quest’espressione perché è un’espressione molto bella che a suo tempo quando l’ho letta mi ha colpito moltissimo, di un grande intellettuale austriaco considerato uno dei padri nobili della cultura europea del ‘900, Stephan Zweig, che in una serie di articoli e discorsi tenuti negli anni ‘20 e ’30 in Austria, in Europa e poi nell’esilio americano, proprio per far fronte alla follia dei nazionalismi e degli odi che avevano portato l’Europa al suicidio della grande guerra, aveva sostenuto che bisognava affrontare alla radice il problema, non tanto con accordi internazionali diplomatici tra i vari governi, ma andando alla radice del problema, cioè quello dell’educazione dei giovani, cioè delle classi che avrebbero costruito il futuro. Quindi bisognava ripensare radicalmente e totalmente i problemi dell’educazione, il modo di insegnare certe discipline ideologicamente più forti vale a dire in primo luogo la storia; la storia e non solo a tempi di Zweig ma un bel po’ dopo la 2^ guerra mondiale è stata insegnata essenzialmente come storia di guerre, di paci, di alleanze e di trattati internazionali di quello cioè che divideva e contrapponeva gli Stati. Zweig chiedeva ovviamente non di cancellare questa storia perché c’è stata ed è stupido ignorarla, ma di sottolineare e valorizzare quello che univa i fattori che accomunavano, in cui tutti si potevano riconoscere, i fattori di cultura, di circolazione delle idee, dei più alti valori dello spirito, ricordando il Rinascimento italiano, il Gran Siècle francese, la stagione dei lumi e della tolleranza con Lessing di Natan der Weise o i filosofi come Kant, per un progetto di pace perpetua o di una federazione mondiale o la grande filosofia inglese, per non parlare dei risorgimenti dell’800 quando l’idea era che i popoli, una volta liberatisi dalle dominazioni straniere, si sarebbero affratellati in una grande comunità e federazione europea. E allora ripensare i programmi di storia, il modo di scrivere i manuali e di insegnare la storia ed è proprio da questi spunti e queste sollecitazioni, da queste idee che ho sinteticamente ricordato, che è nata l’idea di costituire IRENE, il Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Pace dell’Università di Udine. Uscendo nella anti-sala, troverete un certo numero di depliant che illustrano quelle che sono le finalità e gli scopi di questo Centro che formalmente è stato inaugurato il 2 ottobre del 2007 con la presentazione di un libro, partecipandovi l’autore Giuliano Pontara, intitolato “L’anti-barbarie, ovvero il pensiero di Gandhi e il 21° secolo”, uno splendido testo della cultura della pace; lo vedete esposto nell’anti-sala con una serie di altri libri dedicati ai temi della pace o opera di premi Nobel per la Pace. Però se formalmente abbiamo cominciato l’attività due anni fa, l’avevamo di fatto cominciata anni prima e di questo bisogna darne atto grazie all’amico Luigi Reitani, docente presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Udine, che, insieme all’amico Francesco Pisolato, a me e alcuni altri, aveva deciso di promuovere una serie di iniziative per diffondere i valori della pace e della cultura della pace. Da qui l’idea di partire con un convegno che doveva essere una sorta di occasione per discutere di come concretamente si può promuovere la cultura della pace; nell’aprile del 2005 qui a Udine avevamo organizzato un convegno intitolato “Per un’idea di Pace” i cui atti sono stai poi pubblicati due anni dopo ed è questo volume che voi vedete, diviso un varie parti, alcune di carattere teorico, altre operativo, alcune dedicate a problemi specifici, altre a questioni di didattica e a come si può insegnare la pace attraverso un rinnovamento dei programmi di storia nelle scuole. Da quella volta il nostro percorso è stato un percorso che non si è fermato per fortuna mai abbiamo avuto la fortuna di avere il riconoscimento e l’appoggio dell’Università ma anche di qualche Ente privato, eppoi dei Comuni come ad es. il Comune di Tarcento che ci ha ospitato e ci ha consentito di organizzare incontri, seminari e convegni. Ed abbiamo avviato tutta una serie di iniziative sia di carattere pubblico sia interno di formazione perché il nostro Centro era sì universitario ma aperto a quella che si usa definire la società civile non solo gli accademici e i ricercatori ma anche giovani studenti e laureati o comunque insegnanti delle scuole secondarie o primarie, accenni sono già stati fatti nella due relazioni che mi hanno preceduto, o comunque a chiunque è interessato e condivide l’impegno per la causa della pace. E allora da un lato, convegni come quello che vi ho appena ricordato o cicli di conferenze come quella che si è svolta nella primavera appena trascorsa: “Oltre il neo-liberismo”, uno studio della questione economica di oggi e della cause dell’attuale crisi economica finanziaria mondiale perché parlare di pace non vuol dire solo parlare di assenza di guerra guerreggiata e combattuta, ma vuol dire parlare di tutti i problemi e le questioni che possono creare situazioni di conflitto o di tensione che possono sfociare nella violenza e nell’ingiustizia; certamente gli squilibri economici e le folli politiche appunto di un mercato scatenato e senza regole sono il pretesto ideale per creare conflittualità, situazioni di sfruttamento e quindi di tensione e di lotta; e allora una riflessione sui classici del pensiero economico del ‘900, su Keins e su tanti altri discussi pubblicamente. Quindi l’allargamento della storia all’economia e a fianco a questo il tentativo anche di recuperare figure e personaggi dimenticati; quando noi parliamo di Nobel, in Italia tutti più o meno sanno i nomi dei nostri Nobel per la letteratura. Nel 2007 cadeva il centenario sì della morte e anche del premio Nobel per la letteratura a Giosué Carducci, ma cadeva anche un altro centenario di un premio Nobel italiano di cui quasi nessuno praticamente si è ricordato, vale a dire Ernesto Teodoro Moneta, singolare figura di patriota e in gioventù cospiratore mazziniano, garibaldino, che poi si era convertito alla causa e agli ideali della pace e cooperazione internazionale; aveva fondato una rivista “Vita Internazionale” fautrice della causa del pacifismo e quindi nel 1907 ottiene il premio Nobel per la pace. Posso dire che in Italia, a parte l’Università di Udine, sono state rarissime le occasioni in cui si è ricordato un personaggio come Moneta che pure dovrebbe essere onore e vanto di una nazione che nella sua Costituzione ha dichiarato di rinunciare alla guerra e di usare l’esercito solo a scopi difensivi, anche se ci sarebbe molto da discutere sull’uso degli eserciti delle nostre truppe fuori dell’Italia in questi ultimi anni, anche perché quando abbiamo utilizzato l’aviazione nella guerra del ’99 abbiamo detto che i nostri bombardieri sui cieli di Serbia facevano difesa attiva per non dire che facevano la guerra. La parola guerra è scomparsa, oggi si parla di operazioni di pace, esportazione di democrazia, ma di guerra mai, quindi le coscienze dei nostri politici sono a posto. Dico questo anche perché all’interno di IRENE uno dei progetti è proprio quello di fare un lessico della pace e di tutta la terminologia ad esso connessa e a fianco di queste iniziative si deve mirare al mondo della scuola, rapporti sempre più stretti con il Laboratorio dell’Università per la ricerca e la didattica della storia e con tante scuole di Udine e della regione; percorsi di aggiornamento con gli insegnanti, per iniziative rivolte ai giovani stessi, attraverso anche la proiezione di film e presentazioni di libri per far conoscere i classici del pensiero pacifista o per metterli a confronto con i grandi problemi della pace così come, mantenendoci rigorosamente su un piano di cultura, insieme con il Comune di Udine abbiamo organizzato dibattiti anche sui problemi della sicurezza, quindi dell’accoglienza, dell’integrazione; è certo triste che mentre la nostra attuale amministrazione regionale trova milioni di Euro per le ronde e per la privatizzazione della sicurezza in una realtà che è tra le meno criminali d’Italia, i soldi per finanziare e promuovere la cultura e la cultura della pace stranamente non si trovano, ma anzi vengono ridotti. Quindi tanto più gratitudine al Comune di Udine che con i suoi mezzi ha cercato sempre di sostenere ed aiutare IRENE che, per concludere, appunto cerca di promuovere e sviluppare iniziative nella prospettiva che ho delineato. In questo momento siamo i capofila di un progetto che speriamo venga accolto e finanziato dalla regione di Interreg Italia-Slovenia per un manuale di storia condivisa. Il progetto si spera che poi possa diventare un progetto europeo capace di coinvolgere anche l’Austria e la Croazia e più in là l’Ungheria per fare una storia condivisa, la storia dell’altro, conoscere anche gli altri e cercare di rielaborare una storia comune. Pochi anni fa 1993-2000 si era costituita una commissione mista storico-culturale Italo-Slovena che era riuscita ad elaborare un documento finale in cui veniva ricostruita in maniera condivisa la travagliata e tragica storia dei rapporti tra italiani e sloveni dalla fine dell’800 fino a dopo la 2^ guerra mondiale. Quel documento dava fastidio è stato chiuso in un cassetto del Ministero degli esteri di Roma, ma c’è ed era la prova che con la buona volontà e con l’impegno si poteva anche andare oltre le tragedie e le violenze e i fanatismi nazionalistici ed ideologici. Non dico che la storia correttamente studiata ed insegnata sia il toccasana, ma certo è una via per educare i giovani ad una nuova e diversa prospettiva di cooperazione e di collaborazione; ed è su questa linea che appunto IRENE cerca e cercherà, si spera, di continuare anche nei prossimi anni. Grazie. Relatore: Sig. Jürgen Zieger Sindaco di Esslingen am Neckar (Germania) Contributo finale Sig. Jürgen Zieger Care Colleghe e cari Colleghi, se vogliamo fare un riassunto di quello che abbiamo sentito devo dire che non possiamo andarcene senza un feed-back. Prima di tutto penso che bisogna dire che l’elemento che unisce tutte le città della nostra partnership è il fatto che dalle rovine della 2^ guerra mondiale abbiamo voluto elaborare e far costruire un’Europea pacifica. Io parlo da rappresentante di una città della Germania e quindi lo faccio nella piena consapevolezza che questa disastrosa e criminale 2^ guerra mondiale è dovuta a un’aggressione tedesca. Consapevole delle disumanità che sono state compiute in quel periodo, io penso che l’elemento centrale che unisce le nostre città e tutte le città d’Europa, é la convinzione che ciò non deve più succedere. Quindi, secondo me, uno dei principali obiettivi di ciascuno di noi in qualità di rappresentante di una città, come Sindaco, come membro di un consiglio comunale non possa essere altro se non quello di contribuire all’educazione alla pace, di dare il proprio personale contributo al mantenimento della pace. Le uniche bombe atomiche che sono cadute su questa terra sono cadute su città e c’è un elemento che ci lega anche qui e che invita tutti i Sindaci di tutte le città del mondo ad unirsi perché mai più una bomba atomica possa cadere su una città. Perché nelle città vivono gli uomini, anzi dall’anno scorso c’è stato un cambiamento: ci sono più persone che vivono nelle città che non fuori dalle città; questo anche unisce le città e non soltanto le città del nostro gemellaggio, ma le città di tutto il mondo. La guerra non deve mai più interessare le città. Noi tedeschi sappiamo quali sono le nostre responsabilità su questo tema. Noi stessi abbiamo saputo e vissuto sulla nostra pelle cosa vuol dire vedere una città distrutta perché moltissime città tedesche alla fine della 2^ guerra mondiale erano ridotte ad un mucchio di rovine. Io ho avuto la felicità di rappresentare una città che non è stata distrutta dalla guerra ed é proprio sulla base di quello che ho sentito che sono ancor di più spinto a sostenere la necessità di promuovere la pace in tutto ciò che noi facciamo; è per questo che ringrazio il relatore prof. Salimbeni per la sua relazione storica. Un secondo elemento lo trovo in quella bozza di lettera che vi abbiamo presentato prima e che riguarda la città di Schiedam, città gemellata che oramai già da diversi anni non partecipa più alle nostre conferenze e si è un po’ ritirata anche dallo scambio bilaterale. Probabilmente ciò è dovuto anche al cambiamento delle persone alla guida della politica di Schiedam; forse ciò è dovuto anche ai cambiamenti politici che si sono visti in Olanda. La mia proposta, che vi avevo sottoposto prima, è che noi prepariamo una lettera comune per invitare Schiedam a ritornare nel nostro gruppo, nel senso che sottolineiamo che è nostro compito, tutti quanti insieme, di assicurare la pace e che il migliore presupposto per garantire la pace in Europa è quello di parlare fra noi. Anche questo è un insegnamento che siamo riusciti a trarre in Germania. In Germania i gemellaggi sono un’esperienza oramai antica; il primo l’abbiamo portato avanti proprio con Vienne, eppoi questo strumento del gemellaggio noi stessi tedeschi l’abbiamo diffuso in Europa. Non bisogna lasciarci, non bisogna perdersi d’occhio, bisogna rimanere in contatto ed è per questo che secondo me è estremamente importante che riattiviamo la partecipazione della città di Schiedam nel nostro gruppo, pregando la città di Udine di voler preparare una lettera sulla sua carta intestata, naturalmente sarò io stesso, se volete, a provvedere direttamente a riprendere i contatti personali. Grazie per la vostra attenzione. Intervento conclusivo del moderatore del Convegno Sig. Luigi Reitani Assessore Assessore alla Cultura, Turismo, Pace e Relazioni Internazionali del Comune di Udine Sig. Luigi Reitani Grazie al dott. Jürgen Zieger per queste parole così toccanti. Credo di parlare a nome di tutti dicendo che sono sentimenti condivisi quelli di cui si è fatto portavoce. Per quanto riguarda la proposta della lettera, la giudico una proposta sicuramente condivisibile e sensata e chiedo se ci sono obiezioni da parte delle altre città o se siete d’accordo nell’inviarla nella forma che è stata proposta o se ci sono delle integrazioni. Mi sembra di no e quindi io penso che si possa spedire nella forma con cui la lettera è stata redatta e ringrazio i colleghi di Esslingen anche per questo impegno. Ci sono altre proposte, altri interventi? Io penso che così come è accaduto l’anno scorso ad Esslingen anche domani dovremo concludere il nostro incontro con la sottoscrizione di un documento condiviso sul tema della pace e dell’integrazione e quindi domani, a margine degli incontri e ai gruppi di lavoro che si svolgeranno presso il Centro di Accoglienza “E. Balducci” a Rugliano, vi proporremo un documento e spero già stasera di fornire una bozza a tutti da sottoscrivere. Infine, vorrei ringraziare tutte le e gli interpreti che sono stati messi oggi a dura prova anche per la lezione del dott. Salimbeni. Vorrei ringraziare tutti voi ancora per la pazienza, per l’attenzione e per l’impegno con cui avete onorato questa conferenza.