atti del convegno

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atti del convegno
TWIN TOWNS CONFERENCE
CONFERENZA CITTÀ GEMELLAT
GEMELLATE
ELLATE
ESSLINGEN AM
NECKAR
GERMANY
PEACE
PARTICIPATION AND
EUROPEAN INTEGRATION
NEATH PORT
TALBOT
WALES
PACE
PARTECIPAZIONE E
INTEGRAZIONE EUROPEA
PIOTRKOW
TRYBUNALSKI
POLAND
2222-25 OTTOBRE 2009
UDINE
ITALIA
VELENJE
SLOVENIA
ATTI DEL CONVEGNO
VIENNE
FRANCE
VILLACH
Relazioni Internazionali e Gemellaggi
c/o Agenzia Giovani
V.le Duodo, 77 - 33100 Udine - ITALIA
Tel. +39-0432-271364
Fax +39-0432-271236
www.comune.udine.it
AUSTRIA
con il contributo della
UDINE
ITALY
Udine, 23 Ottobre 2009
CONVEGNO
PACE, PARTECIPAZIONE ED INTEGRAZIONE EUROPEA
Con la partecipazione di rappresentanti delle città gemellate di
Esslingen am Neckar (Germania)
Neath Port Talbot (Galles)
Piotrkow Trybunalski (Polonia)
Velenje (Slovenja)
Vienne (Francia)
Villach (Austria)
Questo Convegno ha ricevuto il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia,
Presidenza della Regione, Servizio Affari Istituzionali e Generali (L.R. n. 23/1965).
Comune di Udine
Dipartimento Politiche Sociali
Agenzia Giovani
Responsabile del Dipartimento
Filippo Toscano
Coordinamento progetto
Di Bernardo Sonia
Baldin Rosanna
Collaborazioni
Ce.V.I Centro Volontariato Internazionale di
Udine
IRENE Centro Interdipartimentale
Interdipartimentale di Ricerca
sulla Pace, Università degli Studi di Udine
Intervento introduttivo del moderatore del Convegno
Sig. Luigi Reitani
Assessore alla Cultura, Turismo, Pace e Relazioni Internazionali del Comune di
Udine
Sig. Luigi
Luigi Reitani
Perché organizzare una conferenza dei comuni gemellati intorno al tema della pace?
In che modo questo tema è rilevante per la nostra politica quotidiana, per le decisioni che ogni
giorno prendiamo nella vita amministrativa?
Grazie al cielo le nostre città sono fuori dagli scenari di guerra che divampano nel mondo. Non
dobbiamo preoccuparci di tutelare la sicurezza di chi va a un pozzo per fare provvista d’acqua,
sapendo che quel pozzo è controllato da bande armate.
Nelle nostre città non ci sono cecchini che sparano dai tetti ai pedoni come bersagli in
movimento e neppure, per fortuna, accade che una macchina riempita di esplosivo deflagri nel
centro di un nostro mercato.
Se intendiamo la pace come assenza di conflitti armati, allora possiamo affermare che la pace
è per noi una condizione stabile da due o tre generazioni, e augurarci che questa condizione
persista nel tempo grazie al buon senso dei nostri governi nazionali.
D’altra parte, se ci interroghiamo sui conflitti che in questo momento dilagano nel mondo, sulle
guerre che ora, in questo preciso momento, provocano morte e distruzione, ci possiamo
chiedere che cosa le nostre amministrazioni locali possono realisticamente fare per portare la
pace a chi vive a migliaia di chilometri di distanza da noi. E in fondo non appare illegittimo
rispondere che certo non può essere questa la priorità della nostra azione politica comunale.
Eppure anche le guerre lontane ci raggiungono. E non solo nella forma di notizie e di immagini
televisive.
Nell’epoca della globalizzazione non esistono più conflitti locali, circoscritti nello spazio, perché
ogni conflitto innesca dinamiche a catena, che investono il mondo intero.
La grande migrazione che cinge oggi d’assedio l’Unione Europea ha tra le sue cause la guerra.
Chi cerca oggi ospitalità da noi lo fa soprattutto per raggiungere condizioni di vita più dignitose
e migliori condizioni economiche. Lo fa per sottrarsi alla povertà e alla scarsezza di risorse nel
proprio paese. Ma lo fa anche per sfuggire alla violenza delle armi o alla brutale violazione dei
diritti civili.
Non so quanto sia vivo nelle vostre città il problema di un’accoglienza dei profughi politici o di
chi proviene da zone di guerra.
Domani visiteremo insieme un Centro nei pressi di Udine nato per offrire accoglienza agli
immigrati, dove hanno trovato asilo uomini e donne sfuggiti alle devastazioni della guerra. Ma
dobbiamo renderci conto che anche la miseria diffusa, anche la negazione dei diritti elementari
dell’uomo sono forme di violenza. Chi cerca ospitalità in Europa cerca la pace, nel senso più
vasto del termine, ovvero non solo assenza di conflitti, ma anche benessere e riconoscimento
dei propri diritti.
Sono in grado le nostre Municipalità di rispondere a questi bisogni?
Se è vero che le politiche sull’immigrazione sono frutto di decisioni nazionali o regionali, è
anche vero che sono i Comuni a farsi concretamente carico dei problemi che l’immigrazione
comporta. E non possiamo nasconderci che la crescente immigrazione in Europa ci pone di
fronte a problemi di non facile soluzione.
Le città sono comunità tendenzialmente aperte, in continua evoluzione sociale.
Per Udine e la nostra regione, il Friuli Venezia Giulia, l’immigrazione da altri Paesi, e in
particolare da Paesi extra-europei, è un fenomeno recente, degli ultimi vent’anni. Il Friuli è
stato fino al 1976, l’anno del grande terremoto che lo ha duramente colpito, una zona di
emigrazione, da cui si partiva per trovare lavoro in altre regioni del mondo più ricche. Ora la
situazione è radicalmente mutata. Quasi il 13% della popolazione ufficialmente residente a
Udine ha la cittadinanza straniera, ovvero, secondo gli ultimi dati a disposizione, 12.869
persone. Di questi oltre 1.500 sono nati in Italia e circa 2.600 sono al di sotto dei 18 anni. Tra i
bambini residenti a Udine tra i 5 e i 9 anni la percentuale degli stranieri è del 18%. Nella fascia
d’età compresa tra i 20 e i 24 anni gli stranieri rappresentano il 39%.
La maggiore comunità di immigrati proviene dalla Romania; seguono per consistenza le
comunità dell’Albania, del Ghana, dell’Ucraina, della Serbia e della Croazia. Complessivamente
l’immigrazione è in costante aumento, nell’ultimo anno di circa il 10%.
Come dicevo, si tratta per noi di un’esperienza relativamente nuova, rispetto alla quale non ci
sono ancora strategie politiche definite con precisione.
Risulta quindi per Udine molto utile confrontarsi con le esperienze di città come Vienne o
Esslingen, dove la fascia di popolazione straniera residente raggiunge il 30 o il 40%.
Come dunque dare ospitalità e pace a chi emigra per sottrarsi alla fame, al disagio materiale e
alla violenza?
E come evitare che l’immigrazione diventi una possibile fonte di conflitto all’interno delle
nostre città?
Perché non possiamo nasconderci che la crescente presenza di comunità con usi, abitudini, riti
e religioni diversi da quelli locali rappresenta un fattore di rischio per la stabilità dell’intero
sistema sociale.
Il problema è complesso e concerne più ambiti dell’intervento pubblico. Naturalmente non
penso, in questo mio breve intervento introduttivo, di poterli trattare tutti. Vorrei però prendere
in considerazione con voi alcune questioni che mi sembrano oggi decisive per la politica
comunale in Europa.
Io ritengo che parlare di pace significa per noi – città europee – parlare in primo luogo di
integrazione.
Occorre evitare la ghettizzazione urbana, scolastica e culturale delle comunità dei migranti.
Occorre evitare il pericolo della loro esclusione dai centri della vita pubblica e sociale. Ma
ugualmente occorre contrastare la logica di un’assimilazione forzata, che cancelli le diverse
identità culturali, o al contrario, la logica del relativismo, per cui tutto è uguale. Perché
l’integrazione non è assimilazione, ma non è neppure indifferenza reciproca.
Spesso si afferma che il multiculturalismo rappresenta una risorsa importante per le città.
Questo però è vero solo se le differenti identità entrano in dialogo tra loro.
Quando si ha la possibilità di conoscere altre esperienze culturali, e di capirne a fondo le
ragioni, ciò costituisce sicuramente un arricchimento del proprio orizzonte di vita.
Comprendendo altre culture conosciamo meglio la nostra. Se però manca la possibilità di un
confronto, se le diverse culture convivono l’una accanto all’altra separate da muri e pregiudizi,
la pluralità delle esperienze finisce soltanto per aumentare la reciproca diffidenza e paura.
Vorrei ribadire questo concetto, perché paura e insicurezza sono oggi due fattori emotivi di
grande rilievo nell’orientare i comportamenti di massa, fattori di cui la politica deve
necessariamente tenere conto se vuole governare le città.
Ma contrastare la paura sociale significa sviluppare autentiche strategie di integrazione tra le
diverse comunità che costituiscono e che sempre più costituiranno la nostra popolazione
residente.
Quali interventi le nostre amministrazioni locali devono dunque attuare per favorire il confronto
interculturale? Non c’è dubbio che istruzione e cultura siano qui i settori maggiormente
interessati. Alla scuola primaria e secondaria spetta il compito di creare le premesse per
l’integrazione delle nuove generazioni di cittadini stranieri. Ciò implica forme di insegnamento
non discriminanti, educazione linguistica, interesse verso le tradizioni culturali dei paesi di
provenienza dei bambini stranieri. Anche la formazione permanente degli adulti deve essere in
condizione di offrire l’acquisizione di conoscenze linguistiche e storiche basilari per il dialogo
interculturale.
Ma è importante sottolineare che questo processo non può avvenire a senso unico. Non si
tratta solo di insegnare agli immigrati la lingua, la civiltà e la storia del paese ospite, ma anche
di far conoscere a chi già vive in quel paese la lingua, la civiltà e la storia delle comunità
ospitate.
In senso vasto la cultura può avere un ruolo determinante nel favorire i processi di integrazione
nelle città. Come nel caso dell’istruzione pubblica e della formazione permanente degli adulti, i
Comuni sono qui chiamati a svolgere un’azione importante di integrazione e sostegno alle
politiche nazionali e regionali. Penso ad esempio al ruolo delle biblioteche pubbliche, che
possono diventare significativi centri di aggregazione, dove trovare non solo quotidiani, libri e
dvd in più lingue, ma anche la possibilità di connettersi gratuitamente a internet. Anche nel
sostegno allo spettacolo dal vivo (teatro e musica) dovrebbe essere fondamentale la
considerazione di vivere ormai in una realtà multiculturale.
Ma insieme alla cultura, un ruolo importante assume la progettazione urbanistica. Costruire
città della pace significa costruire città in cui le relazioni umane non sono gerarchizzate e in cui
non ci sono ghetti.
E infine non c’è dubbio che gli stessi meccanismi di partecipazione democratica alla vita
comunale vadano riformulati tenendo conto della legittima esigenza di dare voce e
rappresentatività a tutti i residenti, a prescindere dal loro passaporto.
Ripensare le nostre politiche comunali mettendo al primo posto il valore supremo della pace in
un momento di crisi economica, quando le nostre finanze sono messe a dura prova, può
sembrare un progetto ambizioso ma in fondo velleitario.
Ma permettetemi di esprimere la convinzione che si possa rispondere a questa crisi solo con
una scala di valori e di priorità precise, e che le nostre scelte per affrontare la quotidianità
debbano necessariamente guardare a un orizzonte più ampio.
Relatore:
Sig. Jürgen Zieger
Sindaco di Esslingen am Neckar (Germania)
Presentazione:
La Pace Sociale
Sociale –Partecipazione Civica Attiva – Integrazione
Sig. Jürgen Zieger
La Pace Sociale –Partecipazione Civica Attiva – Integrazione
GENERALITÀ
La Pace Sociale
… è essenziale per il funzionamento della società
@ Promozione della cultura della responsabilità reciproca
@ Rafforzamento dell’identificazione con la propria città
Coinvolgimento ad Esslingen
@ Il concetto di partecipazione è forte ad Esslingen
@ Coinvolgimento dei cittadini a vari livelli
“Non chiedetevi che cosa la città può fare per voi,
ma che cosa potete fare voi per la città.”
Processo di Strategia per la Città
La preparazione reciproca di obiettivi strategici per la Città di Esslingen con rappresentanti
della politica, della cittadinanza e dell’amministrazione. Neutralità attraverso il coinvolgimento
di moderazione esterna.
Obiettivo
La comprensione reciproca per le sfide del futuro.
Temi per il futuro
1. Istruzione
2. Isolamento
3. Identificazione locale
4. Economia
5. Ecologia
6. Urbanità
7. Partecipazione
8. Integrazione
9 .Sviluppo demografico
Primo Elemento: Sondaggio Telefonico tra 760 persone
Risultati esemplificativi
(traduzione:
Soddisfazione dei residenti
“Come si vive a Esslingen?”
1= molto bene
2= bene
3= così così
4= non tanto bene
5= male
Il 94% della popolazione
vive ad Esslingen da molto
bene a bene)
Risultati esemplificativi
(traduzione:
Voti per Esslingen – “Che voto assegni ad Esslingen come città nel suo insieme?
Da 1= molto bene a 5= insufficiente ”
I cittadini di Esslingen valutano la loro città mediamente oltre il voto 2 )
Risultati esemplificativi
(traduzione:
Associazioni spontanee per Esslingen
“Che cosa vi viene in mente quando sentite il nome di Esslingen?”
Cittadini del centro città “contro” Cittadini dei dintorni
da sin. :
Bel centro città/città
vecchia
Castello + Torre
Posizione/dintorni/pa
esaggio/vigneti
Città
medioevale/vecchie
case a graticcio
Città sul fiume Neckar
Bella città nel suo insieme
Terra natìa/la mia patria/città natale
Secondo Elemento: 3 Team di Workshop
9 workshop ciascuno con 25 rappresentanti del mondo politico, della cittadinanza e
dell’amministrazione della città.
Insieme, si concretizzano 49 obiettivi ….
Istruzione: “Ad Esslingen sono presenti offerte adeguate in materia di istruzione/formazione
per ogni età e necessità.”
Partecipazione: “Esslingen formula visioni, orizzonti e mete e li rende trasparenti al fine dei
processi di partecipazione.”
Urbanità:
“Esslingen si dichiara la città modello per il ruolo di Città europea”.
Terzo elemento: Inizio pubblico, bilancio intermedio e conclusioni
Con la presentazione formale dei risultati ai membri del Consiglio
Quali sono i passi successivi?
@ La documentazione finale costituisce la base per un ulteriore dibattito politico e per la
maturazione di decisioni
@ Nella fase successiva avverrà la concretizzazione del nuovo Consiglio che è stato eletto nel
Giugno 2009
PARTECIPAZIONE CIVICA ATTIVA
Obiettivi relativi al settore politico di partecipazione:
“Esslingen possiede un vivace cultura della partecipazione.”
“Esslingen formula visioni, orizzonti e mete e li rende trasparenti quale base dei processi di
partecipazione”
“I cittadini di Esslingen utilizzano la propria iniziativa per le esigenze della loro città.”
Ore di Consultazione del Sindaco per i Cittadini di Esslingen
@ Possibilità di incontri individuali relativi alle idee e ai fabbisogni dei cittadini
@ Ogni sei settimane in quartieri diversi della città
@ Fino ad ora quasi cento ore di consultazione
@ Viene data risposta ad ogni richiesta
Comitati Cittadini
@ 10 Comitati Cittadini dal 1948
@ Elezione da parte della cittadinanza
@Rappresentanti per le questioni relative
dell'amministrazione comunale e del Consiglio
Ufficio Partecipanti Attivi di Esslingen
@ Punto di contatto per la partecipazione civica
@ Sostegno organizzativo per i partecipanti attivi
ai
quartieri
della
città
nell’ambito
Rivista ESaktiv
@ Mezzo di comunicazione per i volontari
@ Viene diffuso due volte all'anno per il Saluto al Nuovo Anno e lo “Schwörtag” (Giorno del
Giuramento )
@ Esposto in aree pubbliche
POPOLAZIONE E VITA
Obiettivi relativi al settore politico dell’Urbanità:
“Esslingen si dichiara la città modello per il ruolo di Città europea.”
“Esslingen garantisce innovazione attraverso la cooperazione regionale.”
“I cittadini di Esslingen si sentono legati alla loro città e sono contenti di esserne parte.”
Città Sociale “Pliensauvorstadt”
Nel 2002 il quartiere “Pliensauvorstadt” è stato incluso nel Programma Federale “Quartieri
della Città Sociale con Particolari Necessità di Sviluppo”
Introduciamo parte del progetto “Centro del Quartiere”, esemplare per molti progetti, che è
portato avanti con successo grazie alla partecipazione attiva degli abitanti del quartiere.
Il Centro del Quartiere è stato creato da una ex zona industriale e, dopo il completamento di
ampiamenti e ristrutturazioni, è attualmente in uso con le seguenti finalità:
1. Casa dei Cittadini – considerata come “Casa Multi-generazionale”
2. Centro Integrato per l’Accoglienza Diurna dei Bambini
3. Casa di cura con bar pubblico e pasto di mezzogiorno
4. Cortile pubblico interno
5. Edificio residenziale e commerciale con alloggi per cittadini anziani
6. Edificio residenziale con alloggi in affitto
Casa dei Cittadini e Casa Multi-generazionale
@ Luogo di ritrovo e di comunicazione
@ Sede di partecipazione civica
@ Partecipazione alla vita pubblica
@ Servizi ai cittadini
@ Effetto sinergico attraverso la rete
Offerte dai Volontari
@ Tat & Rat (Aiuto e Consulenza)
@ “Balance“ (Bilancio)
@ Discussioni sull’Energia ad Esslingen
@ Per ultra cinquantenni e molto altro
Costruire nel BREITE – cortile verde
Nuovo complesso abitativo a Pliensauvorstadt con uno spazio libero di 2,4 ettari di proprietà
della Città di Esslingen.
Progetto Totale
@ Pianificazione complessiva dell’intera area
@ Integrazione con gli edifici presenti, nessun soluzione “isola”
Obiettivi di pianificazione
@ Quartieri vivaci e urbani
@ Creazione di proprietà con formule abitative distinte
Workshop di Pianificazione
@ Apertura del processo di pianificazione
@ Risultati come base della bozza di sviluppo urbano
Cooperazione di tutti gli interessati
@ Comitato dei Cittadini
@ Consiglio
@ Amministrazione
@ Gruppo di Controllo della Città Sociale
@ Cittadini di Esslingen
INTEGRAZIONE DI TUTTI I GRUPPI SOCIALI
Obiettivi relativi al settore politico dell’Integrazione:
“Esslingen possiede strutture sociali bilanciate nei quartieri.”
“Esslingen è una città che integra tutti i propri abitanti.”
“Esslingen è una città tollerante.”
Gli abitanti di Esslingen con provenienze immigratorie
@
il 36,6% di tutti gli abitanti di Esslingen hanno provenienza immigratoria.
Il
19,4
%
detiene
nazionalità
straniera.
La tendenza è in diminuzione, vale a dire che sempre più persone vengono naturalizzate.
@
Del 36,6% di cui sopra Il 75% ha vissuto in Germania, Esslingen per almeno otto anni
Il 41 % ha vissuto in Germania, Esslingen per almeno vent' anni
Il 27% ha vissuto in Germania, Esslingen per più di trent' anni (o vi sono nati)
@
La diversità di Esslingen deriva anche dal fatto che tra gli abitanti sono comprese 125
nazionalità.
Consiglio Speciale per la Migrazione e l’Integrazione - FMI
1. Dieci membri fondatori specializzati e competenti
2. Un consigliere è inviato al FMI da ogni partito del consiglio. Essi garantiscono il collegamento
diretto al consiglio e la rappresentanza dei partiti e delle liste.
3. Nel consiglio decisionale dei Comitati per l'Istruzione, la Formazione e i Temi sociali, la
Cultura e lo Sport è presente un membro specializzato e competente dell’FMI.
4. I membri agiscono quali rappresentanti degli interessi di tutti gli abitanti di Esslingen,
indipendentemente dalla loro provenienza.
Compiti dell’FMI
@ Accompagnamento specializzato del lavoro dell'amministrazione comunale e del Consiglio
@ Consolidamento e collegamento della migrazione e dell’attività di integrazione
@ Promozione del dialogo interculturale
@ Promozione delle pari opportunità nonché lotta contro la xenofobia e la discriminazione
BUNTES
Associazione Inter-generazionale ed Inter-culturale di Esslingen
1. Coinvolgimento civico nella rete di volontario della Città
2. Quattro generazioni, 27 nazioni e 25 club, iniziative, persone
3. Multi-confessionale, parte-politicamente e ideologicamente indipendente
4. L’unica Associazione Inter-generazionale e Inter-culturale a Esslingen – “bunt” = mescolati
insieme in una tavolozza di colori!
Obiettivi e Contenuti…
Elaborare una nuova forma di “spirito di solidarietà” per Esslingen, caratterizzata dalla parità e
dall'accettazione, al di là dei confini di nazionalità, credo, età e professione.
Creare una migliore comprensione reciproca, nonché una più stretta collaborazione tra i vari
gruppi.
Un forum per diffondere informazioni e per giungere reciprocamente “a conoscere gli altri”.
Offerte formative costanti.
Team di interpreti a Esslingen
Composto da circa 60 volontari di Esslingen di diverse nazionalità
- supporta persone con scarsa conoscenza del tedesco per una migliore comprensione
- vuole aiutare a prevenire il “mutismo” e i malintesi ed impedirne l’occorrenza
- traduce gratuitamente, fedelmente e in modo neutrale in 24 lingue
COMMENTO FINALE
Partenariati tra Città e Contatti Internazionali
@ Partenariati tra Città quali reti di pacificazione e di mantenimento della pace per
incoraggiare le competenze interculturali
@ Mantenimento dei contatti con 10 Città Gemellate nell’Europa occidentale e orientale e negli
Stati Uniti.
@ Le città interculturali detengono il più alto potenziale di sviluppo
@ Conservazione della libertà e della qualità interculturale quale fattore positivo di
determinazione di un comune
Relatrice:
Sig.ra Pam Thomas
Sindaco di Neath Port Talbot (Galles)
Presentazione:
“Lavorare insieme per comunità migliori”
5-2015
Sig.ra Pam Thomas
PIANO COMUNITARIO 2005-2015 A NEATH PORT TALBOT LAVORARE INSIEME PER COMUNITA’ MIGLIORI
Location, Location, Location
•Rurale – valli e territori
•Costiera – lungomare di Aberavon
•Urbana – città industriali e borghi
•Riconosciuta a livello internazionale per: cascate, cultura, silvicoltura, industria, mountain
biking (uno dei dieci migliori luoghi al mondo per andare in bicicletta)
•Patrimonio culturale e storico
Demografia
•Comunità valligiane compatte
•Vecchie comunità minerarie
•Elevati livelli di disabilità dovuti al contesto industriale
•Aumento della popolazione anziana
•Aree valligiane quale roccaforte della lingua gallese
•Popolazione
134.468
di cui:
•Bambini e Giovani
20%
•Popolazione che Invecchia
37%
•Malattie Invalidanti a Lungo Termine 29%
•Di lingua Gallese
17%
•Etnicità:
Bianca - 98,9%
Asiatica - 0,4%
Mista - 0,4%
Nera
- 0,1%
Cinese - 0,1%
Altro
- 0,06%
Piano Comunitario
•Principi Guida
–Pari Opportunità
–Sviluppo Sostenibile
–Inclusione Sociale
Comunità Sicure
Il tema riflette l'importanza di partner che lavorano con le comunità locali.
•Per migliorare la comunicazione, il dialogo e l'interazione tra le comunità locali e i partner
•Per contribuire alla creazione di comunità che sono:
•attive nel soddisfare i propri bisogni,
•attive nella democrazia locale e nella cittadinanza
•attive in qualità di partner nelle rigenerazione della comunità
Lavorare in Partenariato
•Il Piano Comunitario - piano di partenariato chiave per Neath Port Talbot
•L’obiettivo di tutti i partner è quello di migliorare la qualità di vita per le persone e le comunità
di Neath Talbot.
•Storia di lavoro e relazioni di partenariato con gruppi costituiti.
Gruppi
•Forum sui Neri e sulle Minoranze Etniche (BME)
•Consiglio sull‘Uguaglianza Razziale di Swansea Bay
•Rete di Minoranze Etniche Femminili
•Menter Iaith
•Rete per le Disabilità
•Forum sulle Disabilità
•Consiglio delle Persone Anziane
•Consiglio dei Giovani
Come Viviamo e Lavoriamo Insieme
Comunità Nera e delle Minoranze Etniche
•Costituzione del Forum BME
•Influenza sulle politiche del Consiglio e dei Partner e fornitura di servizi
•Maggiore sicurezza e fiducia
•Port Talbot Tigers, Consiglio sull‘Uguaglianza Razziale di Swansea Bay, MEWN
Consiglio delle Persone Anziane (OPC)
•Incontri “Dite la Vostra”
•Prospettiva per le ‘Persone Anziane’ nei gruppi di parternariato
•Rappresentanza a livello governativo sia locale sia nazionale
•Aumento della consapevolezza – directory informativa ‘Vivere Appieno la Vita’
La Lingua Gallese
•Menter Iaith – opera con enti pubblici, privati e di volontariato
•Schema della Lingua Gallese – parità tra Inglese e Gallese
•Settimana Gallese – far pratica con il gallese, incrementare la sicurezza e contribuire a
sostenere l'uso del Gallese sul posto di lavoro
Disabilità
•Rete per le Disabilità
•Forum sulle Disabilità
•La voce efficace e forte dei disabili e i relativi servizi di volontariato
•Incontri “Dite la Vostra
Consiglio dei Giovani
•Partecipazione al coinvolgimento comunitario
•Lavorare in partenariato con diverse organizzazioni in Galles
•Lavorare affinché ‘Le Voci dei Giovani Siano Ascoltate’
•Promuove opportunità per i giovani per partecipare al coinvolgimento della scuola e della
comunità.
Relatore:
Sig. Krzysztof Chojniak
Sindaco di Piotrkow Trybunalski (Polonia)
Presentazione:
“L’esperienza di Piotrkow Trybunalsky”
Sig. Krzysztof Chojniak
Il tema di interesse principale per la città polacca di Piotrkow Trybunalski é il processo di
integrazione europea e di integrazione tra le diverse generazioni. Si cerca infatti di sostenere
attivamente la collaborazione tra giovani ed anziani.
Il Comune enfatizza le diverse attività di politiche giovanili come strumento per la prevenzione
del disagio giovanile e la promozione di una mentalità aperta, responsabile e in grado di
affrontare sfide future di integrazione sociale.
In particolare a Piotrokow Trybunalski opera una Associazione che lavora con i giovani nel
settore dell’arte, intesa in ogni sua forma di espressività. I ragazzi iniziano a svolgere tali
attività sin da bambini, quindi dall’asilo, e continuano fino alla maturità.
Questo tipo di attività è stata avviata anche per contrastare l’aggressività che è stata notata
nei ragazzi e per favorire maggiori aperture ad altri gruppi.
Si sono creati gruppi artistici in movimento, in concomitanza di un festival cittadino, ma anche
per altri eventi.
Il 50% (40 mil. di Euro) del budget di Piotrkow Trybunalski viene speso nel settore dello sport
(vengono dati assegni/stipendio per i giovani più bravi), dell’associazionismo e dell’arte (che è
uno degli strumenti di attività formativa per i giovani).
A Piotrkow Trybunalski è molto sentito il problema dell’alcool; in particolare il denaro raccolto
dalle licenze per la somministrazione degli alcolici vene usato per combattere la povertà ed
assistere i giovani indigenti.
Altro problemi che assillano la città di Piotrkow sono la disoccupazione e la povertà.
Per combattere queste difficoltà è stata creata un’Associazione caritatevole che distribuisce
aiuti alimentari e sostiene i giovani in cerca di occupazione.
Nella città di Piotrkow Trybuinalski l’immigrazione non è un problema molto sentito ed è solo
residuale.
Relatore:
Sig. Mihael Letonje
Vice Sindaco di Velenje (Slovenja)
Presentazione:
Quale contributo può dare il Comune alla pacifica convivenza fra culture diverse?
Sig. Mihael Letonje
Grazie cari partner e amici.
E’ un onore per me rivedere molti volti a questa Conferenza.
La città di Velenje sta affrontando questo aspetto di multi-etnicità da vicino e per non rischiare
che venga perso con la traduzione abbiamo portato anche dei materiali scritti (ndr. che si
allegano).
Come contribuiscono i Comuni alla convivenza tra diverse culture ed etnie?
Per comprendere il futuro dobbiamo conoscere il nostro passato.
La città di Velenje viene menzionata ancora dai tempi romani; la prima parola scritta sul
centro urbano risale al 1146, ma comunque si tratta di un centro piuttosto piccolo.
Lo sviluppo della città inizia dopo il 1950, nel secondo dopo guerra quando la richiesta di
risorse energetiche raggiungono l’apice ed è in quell’epoca che la città comincia a svilupparsi
sul serio e con questo intendo soprattutto le attività minerarie con il carbone e la produzione di
energie elettrica e termica.
Le forze al potere in quell’epoca hanno deciso di costruire il nuovo centro urbano di concezione
moderna che potesse essere da esempio per tutte le ulteriori costruzioni di centri urbani
dell’intera Jugoslavia.
Una ripresa del 1920, la cosiddetta nostra Piccola Valle, con pochi centri abitati e qui invece
vediamo (nel power point) lo sviluppo della città ed una nuova città dal concetto urbanistico
moderno e noi affrontiamo diverse culture oggigiorno all’interno della nostra città.
Dopo il 1950 la richiesta della manodopera è stata molto forte e siccome non esisteva una
grande città, venivano a Velenje gli abitanti di tutta la Slovenja e anche da altre ex-Repubbliche
jugoslave.
Oggi c’è molta emigrazione proveniente dai Balcani; nei tempi precedenti si trattava delle exrepubbliche jugoslave. Alcuni sono arrivati con l’avvento della guerra nei Balcani negli anni ’90.
Velenje non vede questa multi-etnicità come un problema ma piuttosto come una benedizione.
Come il Comune contribuisce alla convivenza tra le varie culture?
Abbiamo alcune proposte o buone prassi che ci piacerebbe presentare in questa sede.
Ogni anno il Sindaco di Velenje convoca una riunione o meglio organizza il ricevimento per i
rappresentanti delle Comunità Religiose. Nella città di Velenje abbiamo presenti i fedeli di fede
cristiana, cattolica, ortodossa, anche musulmani, alcuni ebrei per cui l’aspetto multi- religioso è
molto forte. Ogni anno si incontrano a questo ricevimento e vengono discussi i vari problemi e
si cerca di’impostare un dialogo civile e di intravedere una soluzione pacifica delle varie
problematiche.
Il Comune di Velenje organizza vari eventi ai quali vengono invitati i membri delle associazioni
di volontariato, vengono presentati i programmi, la cultura, le tradizioni e i costumi e in questo
modo cerchiamo di arricchire la tradizione di questa città e renderla più vicina al cittadino.
Si è dimostrata una buona prassi anche la collaborazione con le città gemellate. Infatti
Esslingen e Velenje celebreranno i quarant’anni di collaborazione l’anno prossimo, ed è stato
proprio attraverso questa collaborazione che si è instaurato questo stretto contatto; lo scambio
delle buone prassi in questo campo ha portato del bene e molte opportunità a tutti noi.
Grazie a questa collaborazione con Esslingen abbiamo potuto trovare delle ottime soluzioni;
questo legame ha poi fatto nascere i contatti con le altre città europee.
Ci avete spesso aiutato, cari amici di Esslingen e delle altre città; anche voi avete contribuito
allo sviluppo della nostra città grazie alle buone prassi e allo scambio che abbiamo avuto modo
di sfruttare nella pianificazione del futuro della nostra città.
Ci stiamo collegando con le città dell’ex-Repubblica di Jugoslavia e delle altre realtà con i
Paesi d’origine dell’emigrazione di Velenje per poter integrare meglio le correnti di migrazione.
La nostra città ed anche il nostro programma pluriennale prevede la collaborazione, per
esempio, con la città di Valjevo in Serbia. Gli alunni di Valjevo sono stati invitati a Velenje e il
sig. Darko, che è qui seduto, ha organizzato la maggior parte di questo progetto; i ragazzi
dell’Istituto tecnico di Valjevo sono arrivati a Velenje per un corso di formazione di due mesi e
una volta finito il corso tornano a casa; questa formazione viene riconosciuta da entrambi i
Ministeri dell’Istruzione quello Sloveno e quello Serbo. Nella fattispecie abbiamo visto l’ottima
accoglienza di questo progetto e gli studenti si sentono benissimo da noi a Velenje; per questo
motivo abbiamo deciso di continuare con il programma oltre che agli altri programmi. Poi
abbiamo coinvolto anche studenti del Montenegro e dalla Russia e nonché dalla Cina.
Vengono organizzati anche altri programmi di formazione e tutti i cittadini hanno lo stesso
diritto a partecipare ai corsi della scuola dell’obbligo e questo vale anche per i bambini degli
immigrati a Velenje.
56 su cento sono i bambini stranieri nelle scuole di Velenje e cerchiamo di approcciare questi
ragazzi con dei programmi pomeridiani e con delle modalità particolari per permettere loro
d’imparare la lingua e di conoscere le tradizioni e i costumi della città in cui sono venuti a
vivere. Ci piacerebbe inoltre sottolineare che occorre realizzare anche numerosi progetti
internazionali oltre a taluni progetti particolari e locali che Velenje sta sviluppando.
C’è una gara di decorazioni fatte da fiori recisi, tipica di Velenje, che sta andando avanti da
anni.
Poco tempo fa abbiamo organizzato un altro Festival di arti tessili; con questo stiamo cercando
di avvicinare la tradizione proveniente da altri paesi e da altre realtà ampliando gli orizzonti
della nostra popolazione.
I problemi che si creano in queste nostre attività: il Sindaco di Velenje, sig. Schrecko Meh, ha
esposto un problema, ossia l’internet. Oggi le persone passano moltissimo tempo “on-line” e
quindi queste persone si chiudono nei loro micro-mondi e l’interazione quotidiana tra le
persone umane viene quasi a spegnersi e questo sicuramente non porta al benessere della
nostra comunità.
Vi ringrazio per la vostra attenzione e per avermi dato la parola.
(Si allega di seguito la traduzione del Power Point presentato durante la relazione)
“Che tipo di contributo può dare il Comune alla pacifica convivenza tra culture diverse?”
Comune di Velenje
Velenje è una città a composizione multinazionale.
“Per comprendere il futuro, dobbiamo conoscere il nostro passato ”
L’insediamento di Velenje è stato menzionato per la prima volta nel 1270, ma nessun
cambiamento drastico fu effettuato fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando la
necessità di energia raggiunse i massimi valori.
Dopo il 1950, rispecchiando l'aumento della domanda di carbone e di energia termonucleare,
divenne evidente la necessità di una città moderna.
Il governo decise allora di costruire una nuova e moderna città, che fosse un esempio per tutti i
paesi socialisti e per il resto del mondo. Con l’aumento della domanda di lavoratori per le
fabbriche e l’industria mineraria, giunsero qui lavoratori con le loro famiglie provenienti da
tutte le parti della Slovenia e – cosa più importante - da tutte le parti dell'ex Jugoslavia.
Dal 1950 ci fu una significativa ondata di migrazione urbana verso la Slovenia dalle
repubbliche di Jugoslavia (7.000 all’anno). La maggior parte delle persone che sono migrate a
Velenje negli anni tra il 1950 e il 1980, furono impiegate a Premogovnik Velenje (miniera di
carbone), a Gorenje (fabbrica di elettrodomestici) e Vegrad (impresa di costruzioni). Una
migrazione successiva avvenne nel 1990 quando iniziò la guerra in Jugoslavia.
Oggi ci troviamo di fronte alla migrazione di lavoratori dai Balcani.
Considerati questi presupposti, la città di Velenje è ricca di diversità nazionali e culturali, che il
comune ritiene una benedizione piuttosto che un problema.
Come fa il Comune di Velenje a contribuire alla pacifica convivenza tra culture diverse?
Accettare e riconoscere culture diverse
Ricevimento per i rappresentanti delle confessioni religiose
Ogni anno il Sindaco del Comune di Velenje invita i rappresentanti delle confessioni religiose a
un ricevimento, durante il quale si confronteranno su questioni e problemi diversi, cercando di
trovare un modo civile e rispettabile per superare qualsiasi disaccordo.
Accettare e riconoscere culture diverse
Vari eventi comunali con diverse associazioni folkloristiche.
Riconoscendo e introducendo diverse associazioni folk nell’ambito di eventi comunali,
presentiamo ai cittadini la bellezza e la ricchezza di culture diverse. In questo modo si
abbattono i tabù e si ampliano gli orizzonti e la tolleranza.
Esempi di buona pratica nel gemellaggio tra città
Quarant' anni fa il Comune di Velenje firmò un accordo con la città di Esslingen am Neckar.
La condivisione di diverse esperienze e soluzioni a questioni comuni portarono a una amicizia
duratura di inestimabile valore nelle questioni ufficiali e civili.
In quegli anni molti dei nostri cittadini visitarono Esslingen e viceversa. Gli scambi positivi
portarono a una migliore conoscenza e comprensione tra le due nazioni, fatto raro all’inizio
degli anni Sessanta.
Seguendo quell’esempio siamo riusciti a firmare numerosi accordi di amicizia con i paesi del
“blocco Orientale e Occidentale”; oggi stiamo facendo la stessa cosa con i paesi dei Balcani.
Programmi internazionali di istruzione
Programma pilota di formazione per gli studenti dall’Istituto Tecnico di Valjevo - Serbia
Il Comune di Velenje, in cooperazione con il Centro scolastico di Velenje e il centro educativo
imprenditoriale, ha avviato un programma pilota con 16 studenti di Valjevo che frequentano un
particolare programma di formazione con l’aggiunta di attività pratiche in laboratorio e presso
l’azienda Gorenje, che sostiene in parte questo progetto. Il programma è stato accettato da
entrambi i Ministeri dell'Istruzione.
Programmi didattici nazionali
I bambini che sono cittadini stranieri e le persone senza cittadinanza che vivono nella
Repubblica Slovena, hanno diritto all'istruzione elementare alle stesse condizioni dei cittadini
della Repubblica Slovena.
Il Comune di Velenje ha 7 scuole elementari con 2.679 allievi (di cui 56 stranieri).
Dopo la scuola sono disponibili lezioni supplementari per bambini stranieri, al fine di facilitare
l’apprendimento e l’assimilazione.
Grazie per il vostro tempo e la vostra attenzione
Relatore:
Sig. Patrick Curtaud
Vice Sindaco di Vienne (Francia)
Presentazione:
"Lavorare su un modo di vivere insieme, in pace, qui e nei paesi esteri: perché
Vienne é molto coinvolta nella cooperazione internazionale"
Sig. Patrick
Patrick Curtaud
Grazie tutti.
Vorrei innanzitutto situare l’ambito in cui si colloca la nostra città che, per quanto concerne la
partecipazione e l’integrazione delle comunità, si trova nella stessa situazione di Esslingen.
Abbiamo iniziato ad accogliere le comunità di origine straniera nella prima metà del 20°
secolo; quindi è una storia indubbiamente non recente ed abbiamo raccolto una certa
esperienza in quest’ambito. Siamo consapevoli della situazione che vivono gli stranieri quando
arrivano nel nostro Paese e questo risale agli anno ’60 e ’70. Come è già stato citato, il tema
di questa Conferenza, abbiamo cercato di dare un ritratto di Vienne con riguardo alla
partecipazione dei cittadini.
Abbiamo cercato di rendervi partecipi di ciò che facciamo a livello locale e anche di farvi capire
quali sono le azioni che portiamo avanti assieme agli abitanti della nostra città che derivano da
comunità di origine diversa. Abbiamo scelto un simbolo per rappresentare la nostra città , un
simbolo di intesa, di costruzione della pace e quindi a nome di questo simbolo abbiamo
chiesto a diverse persone di accompagnarci. La prima persona che interverrà dopo di me è la
persona che rappresenta la comunità di origine armena a Vienne e il segretario in
rappresentanza della comunità di origine turca a Vienne.
Circa 10 anni fa è stato firmato un accordo internazionale importante di cooperazione di
apertura dei confini tra l’Armenia e la Turchia; questo accordo è stato firmato in Svizzera.
Vorrei ricordare brevemente e fare un cenno storico di quello che è stato il mosaico di Vienne
ormai da un secolo.
La città di Vienne è sempre stata al centro e, l’ho già detto in tono ironico, la prima comunità
che abbiamo accolto sono stati i romani e quindi nel nostro Paese è una comunità molto
antica. Ma per giungere ad un periodo più recente la prima comunità che è stata accolta a
Vienne è stata la comunità armena all’inizio del 20° secolo che è passata per la regione del
Rodano; eppoi negli anni ‘20 e ‘30 abbiamo conosciuto una comunità di origine italiana che si
è insediata a Vienne e nella regione di Grenoble soprattutto. Eppoi negli anni ’30 abbiamo
avuto due ondate migratorie degli spagnoli. La prima ondata è stata un’ondata migratoria di
carattere economico e quindi persone che abbandonavano il loro Paese per ragioni
economiche e che non avevano un’occupazione. La seconda ondata invece è seguita alla
guerra civile in Spagna; abbiamo accolto un quell’occasione a Vienne centinaia di emigrati da
questo Paese.
Dopo la seconda guerra mondiale, negli anni ’60, abbiamo avuto un arrivo importante di
immigrati dell’Africa del Nord, soprattutto algerini e marocchini, ed è forse in questo momento
che abbiamo preso coscienza dell’importanza della portata del fenomeno migratorio che
riguardava tutto il Paese in verità, e non solo la nostra città; nello stesso periodo abbiamo
avuto poi un’ondata più ridotta ma che ha pesato molto sulla comunità economica locale è
stata la comunità portoghese.
L’ultima ondata migratoria che è giunta nel nostro Paese, che però prosegue al giorno d’oggi
ancora, sono stati i residenti della comunità turca che arrivavano nel nostro Paese passando
per la Germania.
Abbiamo visto nella presentazione di Esslingen che la città ha una grande percentuale di
immigrati. In Francia non siamo autorizzati ad avere una statistica chiara con dati e cifre
ufficiali sul tasso migratorio; ci sono delle comunità turche, italiane, spagnole e algerine, la
legge però non ci permette di definire delle cifre e a livello comunale non possiamo disporre di
tali statistiche.
Quindi oggi possiamo dire quali sono le origini di coloro che abitano nella nostra città, lo sa il
Consiglio municipale; tutti questi abitanti però per noi sono degli abitanti di Vienne, non sono
turchi, italiani, armeni, sono innanzitutto degli abitanti di Vienne.
E’ per questo che parallelamente abbiamo portato avanti delle azioni di cooperazione
decentrata innanzitutto con tre Paesi: l’Armenia, la Tunisia e l’Algeria. Quindi la cooperazione
decentrata differisce dai gemellaggi tradizionali che abbiamo attuato con gli altri Paesi europei
e la cooperazione decentrata si basa sull’appoggio allo sviluppo per favorire progetti di
promozione della lingua francese anche all’estero e per noi questo è un aspetto molto
importante e soprattutto in Paesi come la Tunisia e l’Algeria che hanno legami relativamente
forti con noi.
La Francia all’inizio è stata un Paese colonizzatore, ora vogliamo portare avanti queste azioni
anche in un quarto Paese: la Turchia.
Due settimane fa sono stato in una città turca non distante da Ankara (circa 100 km) e sono
entrato in contatto con diversi membri della comunità turca ed abbiamo portato avanti un
discorso di cooperazione futura per sviluppare la cultura e la lingua francese.
La testimonianza dei nostri due rappresentanti delle comunità armena e turca sarà la
presentazione del loro vissuto, del loro passato, di circa 1 secolo, per la comunità armena.
Lascio ora la parola al rappresentante della comunità armena.
Relatore:
Sig. Robert Fassouladjan
Fassouladjan
Membro della Comunità Armena di Vienne (Francia)
Presentazione:
"Cooperare in Armenia da Vienne; essere al servizio della solidarietà tra le
comunità in Francia e in Armenia"
Sig. Robert Fassouladjan
Grazie Signor Sindaco di Udine, Signore e Signori rappresentanti delle città Gemellate, Signore
e Signori politici e delegati.
La mia presentazione è un po’ personale.
L’integrazione è possibile solo se c’è una volontà di riuscire nei valori del Paese di
accoglienza, i cui diritti e doveri sono indivisibili.
Sono nato a Vienne come anche i fratelli, le sorelle, figli e nipoti; mia madre invece è nata a
Palou nell’Armenia storica e abita e Vienne, anche mio padre è morto a Vienne. Ciò significa
un’integrazione nella città di Vienne da più di 70 anni.
Mio padre è arrivato a Marsiglia all’inizio degli anni ’20 in seguito al genocidio armeno; mi ha
raccontato quello che gli è successo in un bar di questa città. Era seduto ad un tavolo vicino ad
un marsigliese molto ben vestito con il cappello, la cravatta, i guanti; non come mio padre
all’epoca che, dopo diversi giorni passati su una barca che veniva da Costantinopoli, l’attuale
Istambul, vestito in un modo molto modesto. Il cameriere ha servito con classe il marsigliese
mentre ha lanciato il bicchiere di mio padre fino al bordo del tavolo; in quel momento mio
padre si è detto: se io non cambio per tutta la mia vita qualcuno mi lancerà il bicchiere
sgarbatamente. Piuttosto che dare la colpa al cameriere mio padre aveva capito che per
integrarsi doveva cambiare lui invece di voler cambiare gli altri. E questa lezione magnifica mi
ha accompagnato per tutta la vita.
I miei genitori sono arrivati in Francia separatamente all’inizio degli anni ’20 dopo aver
abbandonato tutti i loro beni a Palou e a Costantinopoli; dopo diverse peripezie, si sono
incontrati e sposati vicino a Vienne nel ’34. Attraverso il loro lavoro, l’apprendimento della
lingua e della cultura francese e con grande educazione morale hanno preparato l’avvenire dei
loro figli curando la loro salute ed incoraggiandoli negli studi.
Il loro caso è uguale a quello di tanti altri armeni sradicati, con tutte le ferite del loro passato, a
volte ghettizzati e il cui futuro dipendeva talvolta dalla speranza di integrazione in questo
bellissimo Paese che è la Francia e dall’accoglienza della città di Vienne e dei suoi abitanti.
Non è sempre stato facile perché la popolazione di Vienne ha scoperto una civiltà della quale si
conosceva pochissimo a quell’epoca, ma la cultura cristiana degli armeni (ricordiamo che
l’Armenia è stato il primo Paese al mondo in cui il cristianesimo è diventato religione di Stato
nell’anno 301) ha permesso di risolvere, attraverso il cristianesimo, diverse difficoltà con i
vicini, sia a scuola che sul luogo di lavoro.
Nel contesto dell’epoca, gli armeni, che sono arrivati in Francia, rappresentavano tutto un
mosaico della loro civiltà, con i loro operai, i filosofi, gli ingegneri, i medici, i politici, tutti gli
strati della società.
Malgrado il loro passato doloroso di cui parlano solo con un certo pudore, i miei genitori non mi
hanno mai cresciuto nell’odio verso gli altri ed avevano un’enorme volontà di integrarsi, per
una vita nuova e i loro sguardi erano rivolti al futuro, non c’era altra scelta del resto.
Eppoi arriva il tempo in cui si vuole costruire una via e delle vite; Vienne era una città in cui non
mancava il lavoro e i miei genitori come tutti gli armeni hanno lavorato molto, soprattutto nel
mondo delle calzature del tessile e del commercio in generale. Malgrado l’impossibilità di
aiutare i figli negli studi a causa della loro scarsa formazione scolastica.
L’integrazione della mia generazione si è conclusa sempre con la stessa educazione e la
moralità con la trasmissione dei valori della famiglia, dei costumi e anche della cucina armena.
Per esprimere il mio pensiero sull’integrazione degli armeni sarò obbligato a parlarvi del mio
percorso , quello di rappresentante della 1^ generazione nata in Francia.
A causa delle scarse possibilità economiche dei miei genitori ho finito i miei studi d’ingegneria
mentre già lavoravo.
La mia integrazione si è realizzata grazie allo sport a Vienne, grazie al rugby, durante diversi
anni. Per la cronaca infatti io ho giocato a rugby proprio con il Sindaco di Vienne, Jacques
Remillier, eravamo più giovani tutt’e due. Eppoi il dovere verso la patria; mio fratello ed io
abbiamo la tessera di combattenti come militari durante la guerra di Algeria e anche mio padre
ha vestito l’uniforme francese durante la guerra ’39 – ’45.
L’integrazione quindi è anche passata attraverso la mia elezione alle attuali funzioni di giudice
delegato al Tribunale Commerciale di Vienne.
Eppoi, per finire, l’ingresso al Club di Vienne del Lions International, prima ONG del mondo con
1.400.000 membri; sono stato eletto per l’anno 2000 –2001 a Governatore del Distretto della
regione Rhône-Alpes Auvergne e come vice presidente del Consiglio dei Governatori di Francia.
Vorrei quindi salutare e ringraziare anche i rappresentanti del Club Lions di Udine che sono qui.
Sul piano Europeo ho creato le Assisi franco-italiane tra la Regione Piemonte e la Regione
Rhône-Alpes Auvergne nel 2000, e dopo aver creato il primo Club dei Lions in Armenia nel
2001 ho avuto la carica a livello internazionale di coordinatore responsabile dei Lions in
Armenia che possiede attualmente cinque Club Lions. Fin dalla creazione del primo Club
armeno ho avuto il desiderio di far incontrare i Lions del Club armeno con i Lions del Club
turco. Questo incontro si è tenuto in Turchia eppoi è stato seguito da un invito per ricambiare.
Attualmente c’è un progetto, un percorso comune con i Lions armeni e turchi, così come con i
Lions di altri Paesi, sul monte Ararat, un monte simbolico, un tempo sito in Armenia ed adesso
sul territorio turco, vicino alla comune frontiera.
Noi Lions sappiamo e vogliamo fare quello che la politica a volte ha difficoltà a realizzare e
sono convinto che sia necessario che i popoli si incontrino e si parlino per capirsi; con la
tolleranza e con il credo che si possa costruire l’avvenire e la pace. Non ci sono nei nostri Club
Lions dibattiti sulla religione settaria e sulla politica fine sa se stessa.
Lions vuol dire “Liberty Intelligence our Nations Safety”, cioè “libertà e comprensione per la
salvaguardia delle nostre Nazioni.
In conclusione permettetemi di citare innanzitutto Saint d’Exupéry che ha detto “… se sei
diverso da me non mi fai del male, piuttosto mi arricchisci “ eppoi questo pensiero di
Sant’Agostino “… il passato, il presente ed il futuro da soli non esistono, ma il presente del
passato è la nostra memoria, il presente del presente è la nostra azione, e il presente del
futuro è la nostra immaginazione”.
Grazie .
Relatore:
Sig. Ohran Akil
Segretario dell’associazione culturale turca a Vienne (Francia)
Presentazione:
"Sviluppare partnerships per costruire un futuro comune: l’esempio di Vienne e
Emirdag"
Sig. Orhan AKIL
Buon giorno a tutti.
Vorrei ringraziare gli organizzatori di questa Conferenza per l’accoglienza riservataci e grazie
anche alle altre delegazioni che sono qui e che trasferiscono le loro idee e la loro
testimonianza.
Vorrei anche ringraziare Patrick Curtaud, Assessore al Comune di Vienne per aver avuto l’idea
di partecipare a questa conferenza e per avermi proposto come rappresentante della comunità
turca e il mio collega come rappresentante per la comunità armena.
Per noi infatti è importante testimoniare qui davanti a voi che le diverse comunità sono
presenti, che possono dialogare fra loro e avere l’occasione di esprimere il loro punto di vista.
E’ quindi un grande onore esser qui oggi fra voi per ascoltarvi certo, ma anche per esprimervi il
nostro punto di vista.
Sono segretario dell’Associazione culturale turca a Vienne, in Francia, e vorrei riassumere il
ruolo della comunità turca di Vienne attraverso la sua integrazione ed il percorso storico,
economico e culturale.
Voglio darvi qualche notizia sulla mia storia personale. Sono arrivato nel 1979 ed ho acquisito
la nazionalità francese nel 1999; risiedo a Vienne dal 2001 con la mia famiglia e lavoro nella
società ST Microelettronica, società franco-italiana e faccio parte della 2^ generazione, aspetto
di cui vi parlerò più avanti.
La 1^ Generazione: i primi arrivati a Vienne nel 1963 erano circa 50 immigrati; non sapevano
una parola di francese ma si sono stabiliti nella Valle della Gère, che é una zona molto ricca e
rinomata per i settori della tintura dei tessuti e delle calzature. È anche una valle conosciuta
per l’accoglienza verso gli immigrati italiani, portoghesi, spagnoli, turchi ed armeni.
Questi ultimi sapevano il turco e quindi gli armeni stessi ci hanno teso la mano e ci hanno fatto
da interpreti per aiutarci negli iter amministrativi. All’inizio il nostro obiettivo era di guadagnare
soldi eppoi di ritornare nel nostro paese; eravamo tutti raggruppati negli stessi quartieri ed un
po’ tagliati fuori dalla società. Poi sono passati gli anni, i nostri figli sono cresciuti, sono andati
a scuola ed erano sempre più integrati nella società e quindi a partire dalla 2^ generazione,
della quale io stesso faccio parte, non c’è più stato alcun problema di lingua che è
indispensabile per l’integrazione, dato che l’integrazione avviene attraverso la lingua parlata.
Perché l’integrazione riesca ci vuole l’apprendimento della lingua.
I giovani praticavano gli sport e condividevano il loro modus vivendi con le comunità di
accoglienza.
Le donne sono sempre più attive grazie alla creazione di diverse associazioni come quella dei
genitori degli alunni o l’associazione di quartiere che si svolge nel centro sociale.
Esse esprimevano il loro interesse sociale, partecipavano ai diversi eventi e contribuivano a
mantenere la nostra cultura d’origine, la nostra istruzione, la nostra lingua ed anche la nostra
cucina.
Con l’integrazione si osservano sempre più matrimoni misti fra persone di comunità diverse,
come quello che ha legato un turco ad una armena nel 1980 o una turca a un francese in
seguito, eppoi gli esempi sono numerosi. Infatti si tratta di un’integrazione lenta, per tappe,
come è successo con la comunità italiana o la comunità armena prima di noi.
Nel 1992 abbiamo aperto la nostra prima associazione nella valle di Gère in un edificio che un
tempo era una fabbrica e che oggi è luogo di culto per tutta la comunità turca ed anche luogo
di formazione per i giovani.
L’obiettivo della nostra associazione è di insegnare ai giovani la nostra cultura, la nostra
religione ed il rispetto affinché si possa vivere in armonia con le altre comunità della città.
Prima, nel discorso precedente, ho sentito dire che la pace sociale si fa anche con la
progettazione urbanistica; la municipalità di Vienne sta proprio lavorando su questo punto
perché c’è una grossa percentuale di popolazione turca ed effettivamente la progettazione
urbanistica vuole migliorare l’integrazione fra i turchi e gli altri abitanti della città.
Arriviamo quindi alla terza generazione, momento in cui, come sapete, i nostri figli, vivono un
cambiamento radicale; i turchi infatti passano dallo status di lavoratori immigrati a quello di
imprenditori e di commercianti con un peso importante nell’economia della città.
Ci siamo interessati qui a Vienne, nella nostra città, al suo sviluppo economico, alla sua cultura
e al suo patrimonio.
I giovani franco-turchi e soprattutto le ragazze compiono sempre più studi superiori ed oggi
contiamo circa una ventina di studentesse universitarie; è un punto di partenza ma è
comunque un buon passo per iniziare; abbiamo inoltre tecnici, ingegneri, notai e commercianti.
La maggioranza dei giovani ha acquisito la nazionalità francese per partecipare alla vita
politica ed essere riconosciuta come cittadinanza a tutti gli effetti.
Oggi per rafforzare questa integrazione, come ha detto il nostro Assessore, stiamo parlando
con il Comune di Vienne per arrivare ad una cooperazione decentrata tra Vienne e la città di
Tourun e una città turca Emirdag in vista di attuare un gemellaggio. Come ha detto il nostro
Assessore perché Emirdag, perché questa città? Innanzitutto perché la maggior parte degli
abitanti di Vienne vengono da questa città turca ed anche perché ci sono delle analogie a
livello culturale, soprattutto archeologico tra le due città. Del resto, poiché è l’epoca della
Turchia in Francia abbiamo anche organizzato l’estate scorsa, grazie al sostegno del Comune,
una mostra di foto sulla Turchia e prevediamo di fare altre attività nei prossimi mesi su questo
tema. Grazie a questi eventi partecipiamo pienamente alla vita culturale ed economica della
città.
In conclusione, oggi siamo riusciti ad integrarci nella società, forse non pienamente come gli
italiani o gli armeni, ma abbiamo aperto la strada ai nostri giovani che, siamo sicuri, non
avranno alcun problema di integrazione. Siamo alla 3^ generazione, ma con la 4^ e 5^
generazione non parleremo neanche più di integrazione e potremmo dire che si tratta di
cittadini francesi a tutti gli effetti.
Anche oggi siamo cittadini a tutti gli effetti, formalmente, con azioni comuni, con l’impegno dei
Comuni e dei politici per riconoscerci questo status. Ora una piccola parentesi: prima il vice
sindaco Patrick Curdaud ci ha detto che effettivamente non abbiamo una percentuale esatta
delle persone straniere che vivono nel nostro paese però io posso dirvi che la comunità turca a
Vienne è costituita da circa 4.000 persone su una popolazione di 31.000 abitanti e si tratta di
un’integrazione veramente di successo.
Con l’integrazione e il rispetto verso le altre comunità e il riconoscimento del nostro status di
cittadini, si arriva in questo modo a una vita in comune agevole; si può certo agire anche a
livello regionale e a contribuire per la pace nel mondo, ed è questo l’argomento della
conferenza di oggi.
Il cammino è lungo per la gioventù di domani, ma come diceva il presidente Obama, recente
premio Nobel , “Yes we can!”.
Grazie per la vostra attenzione.
Relatrice:
Sig.ra Amandine Leopold
Rappresentante dell’Associazione culturale A.V.E.C. (Francia)
Presentazione:
"Presentazione dell’Associazione A.V.E.C., Associazione Città Europee della
Cultura“
Breve introduzione del Sig. Patrick Curtaud
L’Associazione A.V.E.C. non é una associazione di Vienne, è l’Ass. delle Città Europee della
Cultura che ha sede giuridica in Francia ma che ha quali associate città che si trovano in
diversi Paesi Europei . Amandine Leopold è la rappresentante che lavora all’interno di questa
associazione e quindi se lei è d’accordo possiamo darle la parola.
Sig.ra Amandine Leopold
Buon giorno a tutti, sono la rappresentante dell’A.V.E.C., Associazione delle Città Europee della
Cultura e desidero ringraziare il Comune di Udine per averci invitato quest’oggi a questa
conferenza che ci propone un tema che per noi è molto importante.
Grazie anche al Comune di Vienne che ha proposto ad AVEC ed a me, in particolare, di
partecipare a questa conferenza e condividere con voi il lavoro che svolgiamo all’interno di
questa associazione.
L’Associazione è nata circa 10 anni fa a partire da un progetto europeo, un progetto di città
come le vostre che si riunivano regolarmente sulla base dei gemellaggi; c’erano le città di Pec
ad es. , una città francese del centro della Francia vicino a Tour, una città spagnola, Toledo,
una città italiana della Calabria, Cosenza, etc…
Queste città abituate a lavorare insieme hanno deciso, nell’ambito di questo progetto europeo,
di creare una base, una piattaforma comune per gli scambi. Si tratta di città che avevano
l’obiettivo principale di valorizzare il patrimonio e le forze culturali per sviluppare il loro
territorio sia sotto il profilo sociale che culturale ed ambientale . Si trattava di città che avevano
un’economia solida e che hanno sofferto molto della delocalizzazione, della globalizzazione e
che puntano quest’oggi alla valorizzazione del loro patrimonio storico e culturale per riprendere
uno sviluppo territoriale diverso rispetto a quello che si è verificato fino ad oggi.
L’Associazione nel frattempo si è sviluppata ulteriormente ed oggi, nel giro di 10 anni,
possiamo contare circa 40 città di 11 Paesi europei che continuano a lavorare su questo asse
fondamentale basato sul patrimonio.
Posso spiegarvi meglio come funziona: i membri dell’Associazione, che versano dei contributi
annuali all’Associazione, si riuniscono due volte all’anno almeno durante una assemblea
generale ed un consiglio di amministrazione.
Queste riunioni sono organizzate nelle città membro dell’associazione anche per permettere ai
partecipanti di scoprire che cosa succede nelle singole città e come queste sono gestite.
Durante le riunioni vengono prese le decisioni sui programmi d’azione annuali.
Il programma annuale d’azione è basato su una serie di commissioni regionali e quindi gruppi
di lavoro tematici.
L’asse principale è il patrimonio e la cultura ma con approcci diversi; si parla anche di
Commissione Giovani e quindi come coinvolgere i giovani delle nostre città in questo lavoro di
valorizzazione e di comprensione del patrimonio e della cultura locale.
Si parla poi di Commissione Patrimonio e Economia che opera sul concetto di come utilizzare il
patrimonio e la cultura per garantire uno sviluppo economico e sociale delle nostre comunità.
Abbiamo poi una Commissione delle Città che è stata poi sviluppata ulteriormente da un
progetto Europeo.
Nella nostra associazione lavoriamo anche sulla base di progetti co-finanziati dall’Unione
Europea, ma anche su base volontaria e applichiamo questi progetti nei Comitati interregionali;
quindi, sulla base di uno specifico argomento, partiamo da un progetto europeo co-finanziato
da programmi specifici.
L’ultimo progetto che è stato sviluppato è un progetto per favorire lo sviluppo sostenibile; un
marchio di qualità per lo sviluppo sostenibile a cui Vienne ha partecipato da due anni e che
viene conferito ogni tre anni alle città e si tratta di uno strumento molto valido per gli Enti
Locali che permette loro di attuare una politica e una valutazione delle politiche di sviluppo
basato sugli assi culturali e sociali.
Siamo un’Associazione che è sempre in fase di sviluppo e che è aperta ad ogni forma di
collaborazione; attualmente stiamo lavorando a dei progetti culturali di scambio tra varie
culture.
Abbiamo anche un progetto che considera gli impatti degli investimenti sul piano linguistico
delle diverse comunità e dei progetti che portiamo avanti assieme alle città.
Quindi siamo pronti a prestare ascolto alle iniziative di altre città, di altri Comuni che non
conosciamo ancora, per portare avanti e per sviluppare le idee che ruotano attorno al concetto
di patrimonio e cultura in un’Europa che si fonda su idee comuni con un patrimonio sempre
crescente.
Vi posso distribuire, se siete interessati, un piccolo depliant che riassume la nostra attività per
farvi capire un po’ meglio di cosa si tratta.
Io sarò qui durante tutta la durata della conferenza e quindi non esitate a rivolgervi a me se
avete qualche domanda su questo argomento o se avete qualche domanda in particolare sul
tema odierno dello sviluppo della pace, integrazione dei cittadini, partecipazione cittadina.
La nostra Commissione Giovani si occupa appunto di questo tema ed anche le Commissioni
Partecipazione; vi sono varie città che si occupano di questo argomento; una delle città molto
attive è il Comune di Anderlech in Belgio che ha una popolazione con background migratorio di
più dell’80% e quindi svolge un’opera molto importante e determinante per la partecipazione e
per l’integrazione delle popolazioni con background migratorio.
Vi ringrazio molto per l’attenzione e sono a disposizione per qualsiasi domanda durante tutta la
conferenza.
Relatore:
Sig. Helmut Manzenreiter
Sindaco di Villach (Austria)
Presentazione:
"L’esperienza di Villach“
Villach“
Sig. Helmut Manzenreiter
Non sono soltanto un ospite ben voluto in questa città, io qui in questa bellissima città ci vengo
privatamente ed anche approfittando del fatto che è soltanto a un’ora di distanza da Villach.
Questa città ha un’enorme offerta culturale e, posso dirlo a tutti voi, noi qui ci sentiamo proprio
a casa nostra.
Villach è una città che ha circa 60.000 abitanti e anche noi abbiamo un’economia che si basa
sull’internazionalità e proprio per questo che ci sono circa 45 nazionalità che vivono a Villach e
di conseguenza abbiamo anche noi la nostra percentuale di immigrati che si colloca al 10%
circa.
Siamo riusciti in tutti questi anni a raccogliere un’esperienza di un certo livello; certo il nostro
10% non può essere paragonato al 36% di Esslingen, eppure questa tematica è una
problematica quotidiana perché in realtà abbiamo un governo regionale piuttosto nazionalista
che da un certo punto di vista ne ha fatto una sorta di arena politica quotidiana, se mi
permettete il termine.
Le nostre esperienze invece ci hanno mostrato come, in realtà, una stretta collaborazione, in
particolare con organizzazioni non governative, può portare dei frutti molto preziosi ed è
proprio della collaborazione tra la città e queste organizzazioni e i loro progetti che vorrei
parlare oggi.
Questi progetti sono estremamente vantaggiosi e nascono dal fatto che ci sono gruppi motivati
e che, ovviamente anche con il nostro supporto economico, sono in grado di sostenere gli
immigrati e in qualche maniera ad estrapolarli dal contrasto dell’arena quotidiana,
dimostrando che non si tratta solo di un problema.
Abbiamo tutta una serie di organizzazioni che lavorano molto bene e qui presente c’è la
dott.ssa Tortschanoff che vi presenterà adesso il progetto dell’Associazione P.I.V.A., un gruppoprogetto per l’integrazione degli stranieri.
All’interno delle nostre collaborazioni, quella con il progetto P.I.V.A. è uno dei più importanti
anche perché collaboriamo con questo gruppo da 10 anni e conosciamo la dott.ssa
Tortschanoff da 20 anni, il che naturalmente ha fatto sì che fossimo veramente al corrente
delle problematiche. Conosciamo quindi intimamente la situazione e le problematiche che si
creano.
Il grande vantaggio di queste Associazioni private è che esse ci aiutano a fare da intermediari
in qualche maniera per permettere alla politica ufficiale di superare i propri pregiudizi e di
fornire un aiuto concreto ed immediato alle persone che ne hanno bisogno.
Prego dott.ssa Tortschanoff.
Relatrice:
Sig.ra Hedwig Tortschanoff
Presidente dell’Associazione culturale P.I.V.A. di Villach (Austria)
Presentazione:
"Presentazione dell’Associazione P.I.V.A., gruppogruppo-progetto di integrazione degli
stranieri”
Sig.ra Hedwig Tortschanoff
Ringrazio anch’io per l’invito e ringrazio il Sindaco per la gentile presentazione e sono
lietissima di aver la possibilità di presentare qui il progetto dell’Associazione P.I.V.A. (gruppoprogetto di integrazione degli stranieri) di cui io sono la presidente.
P.I.V.A. è un’Associazione politicamente e funzionalmente indipendente che si basa
sull’iniziativa di alcune donne, quattro di Villach, che già nel 1992 hanno cercato di aiutare i
profughi che quella volta venivano numerosi in Austria con provenienza dalle zone di guerra
dell’Ex-Jugoslavia, sostenendoli nella vita e nei problemi quotidiani, in particolare tenendo
conto del fatto che si trattava di profughi di guerra.
Obiettivo di questa associazione era, ed è ancora oggi, quello di sostenere gli immigrati ed i
richiedenti asilo nell’integrazione sociale e culturale, promuovere l’incontro di cittadini austriaci
e di stranieri, contribuendo a smantellare, nei limiti del possibile, le ansie di contatto ed i
pregiudizi possibili, sostenendo e presentando i problemi specifici degli stranieri nella vita
pubblica.
Per raggiungere questi risultati, 15 anni fa abbiamo istituito nella Casa parrocchiale evangelica
di Villach il cosiddetto “Club dell’Incontro” nel quale avevano luogo incontri regolari tra cittadini
e cittadine austriache e stranieri per imparare a conoscersi, per scambiare esperienze, per
organizzare manifestazioni informative ed anche per festeggiare assieme. Inoltre, avevamo già
cominciato subito ad istituire corsi di tedesco che erano assolutamente indispensabili; questi
incontri settimanali continuano ad esistere ancora oggi e se quella volta abbiamo cominciato
con circa 10 partecipanti cittadini austriaci e cittadini della Bosnia, l’anno scorso abbiamo
avuto contatto con 400 persone provenienti da 40 nazioni.
La sede ed il campo di attività dell’associazione è Villach, ma siccome in Carinzia nel suo
complesso non ci sono tante attività, và detto che Villach è anche il punto di incontro di altre
persone che provengono da altre zone della Carinzia per cercare aiuto.
Nel 2001 il progetto ha compiuto degli ampi rilevamenti nell’ambito di un progetto sul lavoro di
formazione interculturale anti-razzista in Carinzia attuando delle ricerche sulla situazione dei
bambini e dei giovani nelle scuole, tutto ciò grazie al sostegno e promozione della Regione del
Land Carinzia e del Fondo Sociale Europeo.
Da allora queste attività sono diventate un’attività essenziale della nostra associazione;
naturalmente abbiamo sempre cominciato in piccolo, per esempio utilizzando un artista
nigeriano per sviluppare il logo della nostra associazione oppure organizzando una
trasmissione radiofonica di un’ora, oppure parlando con i giovani immigrati che frequentavano
già le scuole superiori.
Va anche ricordato un rilevamento tramite un questionario svolto tra ragazzi della 1^ media
superiore, che abbiamo fatto a suo tempo per cercare di comprendere quali erano i problemi
dell’integrazione, le idee del futuro e le esigenze dei giovani e i risultati di questi rilevamenti li
abbiamo poi presentati in una scuola partner italiana, a Staranzano non lontano da qui, ed è
stata una grande esperienza anche per le classi di studenti italiani.
Nell’anno scolastico passato in tre scuole elementari di Villach che hanno una elevata
partecipazione di bambini immigrati, abbiamo svolto un progetto sovra-generazionale nel quale
genitori di diverse culture hanno avuto l’occasione di parlare ai bambini sulle loro esperienze
nei paesi di origine, di come erano vissuti nei paesi dai quali essi provenivano; poi gli
insegnanti insieme ai bambini hanno sviluppato creativamente e graficamente le esperienze
qui raccolte; alla fine questo progetto è stato presentato pubblicamente anche con piccoli
filmati.
Per rendere l’integrazione extra-scolastica dei bambini il più rapida possibile, abbiamo anche
sviluppato un gruppo teatrale di bambini con la partecipazione di 25 scolari di scuole
elementari di diversa provenienza culturale (circa la metà di loro erano austriaci) che per alcuni
anni sono riusciti grazie anche ad una direzione artistica e scenografica qualificata a
sviluppare opere teatrali, musica ed addirittura attività scenografiche, presentando musica
scritta apposta per loro. E’ stata un’esperienza meravigliosa che però purtroppo non si è potuto
portare avanti per motivi finanziari ma che ci ha reso consapevoli dell’importanza che le attività
di configurazione del tempo libero possano avere per i bambini, ed in particolare per i giovani.
Siamo consapevoli che l’integrazione dei giovani avviene non soltanto nelle scuole ma anche al
di fuori della scuola, soprattutto in Carinzia dove c’è troppo poca attività e semplicemente non
ci sono possibilità di portare via questi ragazzi dalla strada ed integrarli con altri ragazzi.
Comunque uno dei nostri compiti più importanti continua ad essere quello dell’insegnamento
della lingua tedesca ed in particolare per le donne, le cui condizioni di vita si distinguono molto
da quelle degli uomini per vari motivi che qui non dettaglierò; ma soprattutto, a causa dei
bambini e della necessità di stare a casa, la loro mobilità è limitata.
Bisogna quindi venire incontro alle donne in maniera diversa da come lo si fa con gli uomini e
per poterle raggiungere ci siamo rivolti al Comune di Villach il quale ci ha messo a disposizione
le strutture pubbliche, i giardini d’infanzia, gli asili nido, le scuole elementari per organizzarvi
corsi di tedesco. In questa maniera noi diffondiamo capillarmente sul territorio queste attività e
naturalmente sviluppiamo i corsi di lingua su tematiche specifiche di queste persone, per es.:
salute, acquisti, iscrizione dei bambini alla scuola, in modo da mettere queste donne in
condizione di gestire questi problemi da sole .
Il materiale d’insegnamento e quindi la grammatica, il vocabolario, e così via, vengono
elaborati anche congiuntamente con le persone interessate.
Oltre all’acquisizione della lingua c’è stata anche la possibilità per queste donne di scambiare
esperienze sugli specifici eventi che avevano vissuto, per es. uno scambio d’informazioni tra
persone venute molti anni prima, persone nuove; tra l’altro tra le nuove arrivate ci sono state
persone molto impegnate che hanno portato amiche da fuori; persone che si sono poi
sviluppate come dei veri e propri moltiplicatori.
Avevo già accennato ai problemi dei bambini: in tutte le nostre manifestazioni e naturalmente
anche e in particolare nei nostri corsi di tedesco, i bambini vengono portati. L’integrazione dei
bambini copre l’intera famiglia; i bambini vengono assistiti da pedagoghi durante il corso di
tedesco quindi mentre le mamme imparano il tedesco, i bambini giocando imparano loro stessi
la lingua però in maniera giocosa e hanno la sicurezza che la mamma è sempre lì a loro
disposizione.
Con i ragazzi più adulti abbiamo poi cercato di fare dei lavori e delle attività più consone alla
loro età, legate con l’apprendimento per esempio, oppure assistendoli in caso di problemi.
Su richiesta dei genitori poi abbiamo sempre preso contatti con gli insegnanti di questi ragazzi
nel caso che ci fossero problemi.
L’importante è che questi corsi siano integrati nelle scuole e nei giardini d’infanzia; in questa
maniera noi siamo sempre in stretto contatto con i pedagoghi che hanno la possibilità anche
d’intervenire in caso di famiglie con problemi.
Questa idea dei corsi integrativi di tedesco con contemporaneo accompagnamento dei bambini
è stato molto impegnativo però ha avuto un grande successo e io credo che si tratti di un
lavoro unico in Carinzia che potrebbe essere esteso a tutta l’Austria anche perché nel 2006
abbiamo avuto un premio specifico per questo.
Interessante per gli immigrati è anche che la nostra Associazione è certificata per lo
svolgimento di esami d’integrazione che vengono poi riconosciuti come diploma di sufficiente
conoscenza della lingua tedesca, cosa prevista dalla legge per la concessione della
cittadinanza.
In tutte le nostre attività, nei corsi di tedesco, nei corsi scolastici, ci siamo sempre confrontati
con i problemi quotidiani di queste persone: la gente viene da noi con dei documenti e ci
chiede cosa deve fare; sarebbero problemi anche risolvibili ma quando vi trovate all’estero e
non conoscete la lingua ovviamente si tratta di problemi quasi insuperabili; si aggiunge anche
poi il fatto che ci sono problemi specifici che riguardano la particolare situazione di immigranti,
per esempio il riconoscimento del titolo di studio ottenuto all’estero, o il permesso di
soggiorno.
Il fatto è che il diritto relativo agli stranieri in Austria è molto complicato e spesso poco chiaro
addirittura per i tecnici; cambiamenti e modiche ce ne sono spesso, addirittura l’ultima è
avvenuta due giorni fa e, come dicevo, tante volte lo stesso esperto non è in grado di seguire la
problematica.
Per molti anni né a Villach né in Carinzia c’è stato un consultorio generale per gli immigrati per
quanto ci fosse una fortissima esigenza di questo tipo di strutture.
Grazie al supporto iniziale del Comune di Villach e poi a quello del Land Carinzia , ma anche
dello Stato e del Fondo di Integrazione dell’Unione Europea, finalmente due anni fa siamo
riusciti a strutturare un centro di informazione centralizzato. Ogni giorno due collaboratori
sono a disposizione e vengono consultati non soltanto dai richiedenti asilo e dagli immigrati ma
anche da cittadini austriaci oppure da istituzioni ed enti pubblici per problematiche correlate
all’immigrazione.
Le informazioni che noi offriamo sono consulenze sulla materia del diritto del lavoro, della
formazione professionale, la presa di contatto con le autorità, l’accompagnamento in uffici,
l’accompagnamento dal medico e molte altre attività.
Importante è anche il fatto che noi mettiamo a disposizione un gruppo di interpreti e mediatori
culturali che parlano numerose lingue e inoltre organizziamo anche delle manifestazioni
d’informazione destinate alla popolazione austriaca. Tra due settimane ne avremo una sulle
strutture culturali e sociali ed ovviamente a queste manifestazioni invitiamo anche le
associazioni culturali e non degli stranieri .
Nel lavoro del consultorio veniamo anche sostenuti dal fatto che sono oramai quasi vent’anni
che lavoriamo a Villach e di conseguenza abbiamo degli eccellenti rapporti con gli enti ed
istituzioni pubbliche, ma anche a livello nazionale abbiamo un network molto efficace.
Attraverso queste numerose attività dell’associazione siamo riusciti, in tutti questi anni, a
raccogliere numerose esperienze e a creare buoni contatti con gli immigrati i quali diventano
poi dei moltiplicatori che parlano di noi. Naturalmente potremmo fare molto di più se solo
avessimo le risorse, ma abbiamo due lavoratori a tempo parziale nel consultorio, poi 6 persone
che fanno assistenza ai bambini o corsi di tedesco, ma nonostante l’aiuto di tirocinanti
dell’Università della Carinzia e un grande impegno da parte del volontariato non riusciamo ad
andare oltre un certo limite e, nell’ultimo periodo, non siamo neanche più in grado di dire se
potremmo continuare con questo livello di attività perché se da una parte il Comune ci aiuta
molto non così fa l’amministrazione regionale.
Ma tuttavia continuiamo a guardare con speranza ed ottimismo al futuro; proprio in questi
ultimi mesi qualcosa si è mosso a Villach dato che alcune associazioni e singole persone
impegnate si sono costituite in una cosiddetta “piattaforma dell’immigrazione” e di questa è
entrata a far parte anche la nostra associazione. Da parte della città sappiamo che si sta
lavorando ad una linea guida che ci permetterà di far funzionare bene questa piattaforma.
Noi pensiamo che in questa maniera si creerà una collaborazione su base molto allargata non
soltanto nell’interesse degli immigrati ma anche nell’interesse di una convivenza armonica e
priva di pregiudizi di tutta la popolazione di Villach.
Grazie.
Relatrice:
Sig.ra Mariagrazia Santoro
Assessore all’Urbanistica e Agenda 21 Locale
"Presentazione di progetti di Agenda 21 Locale”
Sig. Luigi Reitani
Assessore alla Cultura, Turismo, Pace e Relazioni Internazionali del Comune di
Udine
"Presentazione dei laboratori di discussione di sabato 23 ottobre e breve storia
della città di Udine”
Sig.ra Mariagrazia Santoro
Vi porgo il mio benvenuto.
Ho ascoltato con molto interesse le presentazioni delle varie città questa mattina e credo che
alcune parole hanno attraversato i discorsi di tutti, in particolare due parole: “Pace come
integrazione” ed “Integrazione da raggiungere attraverso una modalità: la Partecipazione”.
In questo governo del Comune di Udine io ho due assessorati: il primo alla Pianificazione e il
secondo ad Agenda 21 Locale.
In questo periodo il Comune di Udine sta redigendo il nuovo Master Plan e quello che stiamo
attuando viene fatto attraverso le procedure di Agenda 21 Locale, non solo come metodo per i
nostri contenuti, ma soprattutto come necessità di stabilire nuove relazioni all’interno della
città, relazioni basate su una equi-responsabilità dei differenti soggetti.
Questo, portato sul tavolo del tema che affrontiamo oggi, diventa una domanda: “può la città,
per come è fatta, condizionare la convivenza pacifica delle persone, dei gruppi sociali, delle
età ?”
Alcune città, anche in Italia, sono invece diventate simboli reali di conflitto: pensiamo a Gorizia,
Nova Goriza, a Berlino, a Gerusalemme.
Fortunatamente in Europa questo appartiene al passato, però forse non abbiamo ancora
capito.
Tutti, questa mattina, hanno in qualche modo evidenziato che il tema dell’integrazione è un
tema che stiamo affrontando da relativamente pochi anni; come la città possa diventare
l’opposto, il luogo cioè delle relazioni. E quindi se pace vuol dire integrazione come possiamo
nel disegno dei luoghi della nostra città raggiungere questo obiettivo? E quali siano le modalità
da attuare attraverso la partecipazione, di cui tutti in qualche modo abbiamo parlato stamani.
Mi permetto quindi di sintetizzare il lavoro che affronteremo domani con due titoli:
- il disegno della città quale disegno per costruire relazioni, e
- la partecipazione come modalità per attivare queste relazioni,
sempre nell’ottica che la pace è anche un obiettivo da perseguire nelle città.
Grazie.
Sig. Luigi Reitani
Grazie a Mariagrazia Santoro per questo intervento.
Invito quindi tutti a scegliere un gruppo di lavoro al quale partecipare domani.
Ripeto i temi da individuare:
- Politiche giovanili
- Integrazione sociale
- Qualità della vita nelle città e pianificazione urbanistica
Io penso che da questi gruppi di lavoro dovrebbero nascere anche delle relazioni e l’ipotesi di
possibili reti per trattare progettualità comuni, dato che si prospettano possibilità di presentare
progetti europei comuni in ambiti specifici.
Io penso che una delle cose importanti nella nostra rete di comuni gemellati sia quella di poter
costituire una base naturale per una progettualità comune per i finanziamenti europei.
Continuiamo allora oggi la nostra discussione e nel pomeriggio presenteremo alcuni progetti
specifici del Comune di Udine.
Prima di dare la parola al sig. Giorgio Peressotti del Ce.VI. vorrei dire ancora qualcosa sulla
storia di questa città.
Udine è stata, durante il 1° conflitto mondiale, la guerra del 1914-18, la sede dello Stato
maggiore dell’esercito italiano e fu definita allora la “capitale della guerra”.
A Udine era presente tutto lo stato maggiore dell’esercito italiano, il re d’Italia seguiva dal
Castello di Udine, in alto, i combattimenti sul Carso e quindi Udine aveva una economia di
guerra.
La città fui poi occupata, dopo la sconfitta italiana a Caporetto, dall’esercito austro-tedesco;
divenne quindi una città occupata da altre truppe, da un altro esercito e questa caratteristica
di una città di guerra è rimasta per tutto il novecento. Udine come città di frontiera vicina al
confine sloveno è stata una città con comandi militari importanti e con molte caserme.
Fino a quando in Italia c’è stata una leva obbligatoria, quindi la chiamata al servizio militare di
tutti i cittadini, un terzo dell’esercito italiano era dislocato nel territorio di questa regione e del
vicino Veneto.
Udine è una città in cui ci sono ancora moltissime caserme, molti luoghi attrezzati per ospitare
soldati, così si può dire che una parte dell’economia di questa città è stata caratterizzata dalla
presenza militare. Pensate che cosa significava avere 20 mila militari in una città di 100 mila
abitanti; significava ovviamente una ristorazione per loro ed un giro di affari che ruotava
intorno a questa presenza. Da quando i soldati hanno lasciato questa città, la città si è
trasformata notevolmente, ma i segni della presenza militare ci sono ancora, ci sono ancora le
caserme.
Uno dei problemi della nostra amministrazione è anche urbanisticamente la presenza di grandi
caserme che non sono più utilizzate e che sono adesso vuote in attesa di un’altra destinazione.
Questa è per noi una sfida molto importante da raccogliere: come trasformare la topografia di
guerra di una città in un’altra città con caratteristiche diverse, in una città di pace; passare da
una città “capitale della guerra” a una città “capitale della pace”.
Abbiamo messo in campo molti progetti, anche di memoria storica, in particolare sulla 1^
Guerra mondiale, di cui l’anno scorso si è ricordato il 90° anniversario.
Quasi ogni anno abbiamo organizzato un momento di ricordo di quello che era accaduto 90
anni prima. Quest’anno, adesso alla fine di ottobre, parleremo del 1° anno di pace, il 1919 e
anche dei progetti di ricostruzione dopo la guerra. E’ uno dei tanti aspetti della nostra politica
culturale sulla memoria che cerca di richiamare l’importanza di questi avvenimenti.
Un altro progetto della nostra amministrazione relativo alla cultura di pace è stato quest’anno
un Festival di cultura dedicato alla Pace; inoltre sentirete parlare di altri progetti nel campo
della cooperazione decentrata e anche di un “Tavolo della Pace” cioè di un progetto che unisce
varie organizzazioni di solidarietà del territorio, un progetto anche in collaborazione con
l’Università degli Studi di Udine.
Adesso passo la parola al sig. Giorgio Peressotti, che coordina il Ce.VI., Centro di Volontariato
Internazionale di Udine, che parlerà del progetto “Tavolo della Pace”.
Relatore:
Sig. Giorgio Peressotti
Rappresentante del Ce.V.I , Centro Volontariato Internazionale di Udine
Presentazione:
"L’esperienza delle realtà associative locali e il Tavolo della Pace a Udine”
Sig. Giorgio Peressotti
Ringrazio l'Amministrazione della mia città per avermi invitato a rappresentare alla "Conferenza
sulla Pace e Partecipazione” con le città gemellate, le nostre realtà associative, cioè i
movimenti e le nostre iniziative che si occupano di pace.
A Udine, che ha circa 100.000 abitanti, queste realtà, formali e informali, sono oltre 150 e
impegnano almeno 10.000 persone in diversi campi: dall'educazione alla sanità, dal disagio
sociale alle dipendenze, dalle emergenze alla cooperazione internazionale, allo sport,
all'ambiente e alla formazione del volontariato.
Dobbiamo poi pensare che oltre a queste 10 mila persone sono coinvolte le famiglie e ancora
quelli che beneficiano degli impegni del volontariato e dunque una gran parte di città è
interessata da questo impegno.
Ringrazio particolarmente voi che siete venuti da tutta Europa per riflettere insieme sul tema
"Pace e Partecipazione".
E' davvero interessante che un incontro fra città gemellate si svolga proprio con questo titolo.
In effetti la prima preoccupazione di ogni Amministrazione, così come di ogni cittadino, è che la
vita sia serena, che ci sia la pace sociale; che ci sia quindi un'attenzione primaria alla pace e
che questa attenzione sia condivisa, partecipata.
Potremmo, giocando con la lingua italiana correggere leggermente il nostro titolo "Pace e
Partecipazione" e dire che "Pace è Partecipazione" ; dunque vedete solo l’accento sulla lettera
“e” sottolinea il significato della pace e della partecipazione insieme.
La partecipazione in fondo, anche dai vostri resoconti, determina il grado di civiltà di una
comunità.
Anche questo nostro incontro di oggi è in fondo partecipazione, anzi una partecipazione
importante.
E' inoltre un'occasione straordinaria per uno scambio di valori, che poi è la migliore delle
cooperazioni.
Pertanto, mentre cercherò di descrivere brevemente come operano alcune nostre realtà
associative e di come esse collaborano con il Comune, vi assicuro che siamo e restiamo molto
interessati a conoscere cosa succede in casa vostra, per capire che cosa possiamo imparare
dalle vostre esperienze e come possiamo eventualmente costruire insieme nuove
collaborazioni.
Parto da una premessa.
Abbiamo in parte una storia comune e comuni riferimenti: è appena stata ricordata la 1^
guerra mondiale ma anche la 2^ guerra mondiale può essere un riferimento comune; anche la
conoscenza di alcuni grandi maestri come Gandhi; anche l’attraversamento di alcuni periodi
come ad esempio il ’68. Ma ciascuno dei nostri Paesi ha avuto anche un suo percorso e sue
importanti figure di riferimento che sarebbe bello, magari in un’altra occasione poter
confrontare.
Quanto all'Italia, vorrei ricordare una sola persona, una persona a cui si deve la definizione di
"Politica come arte di uscire insieme dai problemi".
Mi riferisco qui a don Lorenzo Milani, un grande pedagogista italiano, maestro di non violenza e
inclusione sociale, cioè di pace e partecipazione. Era un prete cattolico proveniente da una
famiglia ebrea di Firenze, una delle capitali della cultura italiana. Molto impegnato ovviamente
nella chiesa ma anche nella società civile, è stato spesso scomodo per entrambe; succede a
essere segni di pace. E’ stato scomodo fino ad essere processato per aver sostenuto il diritto
all'obiezione di coscienza al servizio militare, che allora era obbligatorio; fino ad essere
mandato a svolgere il suo ministero religioso in un piccolo borgo di montagna, lontano dalla
città di Firenze.
Lì però ha avviato un nuovo modello educativo, che è stato scuola in Italia, fondato da un lato
sull'attenzione alla realtà quotidiana, soprattutto attraverso la lettura dei giornali, e dall'altro
sulla partecipazione, richiamata dalla scritta "I CARE" che era affissa su una parete dell'aula.
"I CARE" = mi interessa, mi sta a cuore, voglio coinvolgermi. Questa era l’indicazione di fondo
per i ragazzi.
Vediamo adesso come operano alcune nostre realtà, tenendo presente che se è vero che tutto
ciò che funziona in una comunità è fondato su pace e partecipazione, ci sono però alcuni
percorsi, alcune riflessioni e pratiche che più specificamente si propongono di fare della città
una “comunità educante”, perché così possa svolgere al meglio i suoi compiti.
Comincio indicando alcune delle Associazioni:
Parto dal CE.V.I (Centro di Volontariato Internazionale) che è una ONG, che intende pace e
partecipazione attraverso il suo impegno per la solidarietà internazionale e per i diritti.
Il CE.V.I realizza progetti di cooperazione a supporto di iniziative locali di sviluppo nei Paesi del
Sud del mondo e inoltre progetti sul tema dei diritti.
Qui vediamo un depliant per sostenere che l'acqua è un bene comune e non una merce;
questa è una campagna molto impegnativa. In questo progetto, sostenuto dall'Unione Europea,
il CE.V.I è capofila di diverse ONG della Spagna, Francia, Belgio, Slovenia, Grecia, Olanda e
Italia (tutto il materiale è stampato nelle lingue dei singoli Paesi).
Qui si presenta l'iniziativa AMECE (Assemblea mondiale degli eletti e dei cittadini sull'acqua)
realizzata al Parlamento UE a Bruxelles e inoltre il manifesto della conferenza “PACE CON
L'ACQUA" sempre organizzato al Parlamento Europeo.
Il CE.V.I, che sul tema dell'acqua organizza le sessioni dei forum mondiali, è stato anche
invitato a partecipare come relatore alla prossima conferenza sul clima di Copenhagen.
Il secondo soggetto che presento è la CARITAS che è un'organizzazione della chiesa cattolica
per la quale pace e partecipazione è inclusione sociale, accoglienza, educazione e promozione.
Essa svolge progetti quali ad esempio: i percorsi di libertà, attività e convegni che riguardano la
“tratta”, oppure la “Casetta a Colori” un asilo per l’infanzia che fornisce un servizio molto
flessibile di accoglienza a bambini provenienti da famiglie immigrate che si stanno inserendo e
quindi hanno delle particolari difficoltà.
Oppure ancora lo ”studentato internazionale” che è un’esperienza di convivenza di studenti
universitari che provengono da aree in conflitto; attualmente abbiamo studenti provenienti da
Israele e Palestina, Cisgiordania e Gaza, Turchia e Kurdistan.
E inoltre: il “Centro di ascolto” per famiglie e persone in difficoltà; l' “Asilo notturno” per i
senza dimora; le “Case-famiglia” per persone con problemi mentali e dipendenze, e poi ancora
l’attenzione per le emergenze nazionali e internazionali.
Un’altra associazione di riferimento è l'UCAI (Unione delle Comunità e Associazioni degli
Immigrati) che realizza pace e partecipazione promuovendo l'integrazione.
Come leggiamo nella loro presentazione, fanno parte di questa entità oltre 40 associazioni
rappresentanti di 33 nazioni, e principalmente si occupa delle necessità degli immigrati e della
loro valorizzazione, cioè di intercultura.
Domani visiteremo il CENTRO BALDUCCI e quindi conosceremo meglio questa realtà che
interpreta pace e partecipazione come riflessione e accoglienza.
Ecco alcune immagini di una delle case di accoglienza e dei partecipanti a varie conferenze e
convegni che si susseguono tutto l’anno presso il Centro stesso.
Infine “IRENE”, il Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Pace dell'Università di Udine, che
svolge un ruolo di promozione delle conoscenze e nel campo dell’educazione, del quale parlerà
poi più approfonditamente il suo presidente, prof. Fulvio Salimbeni.
Qui per IRENE abbiamo raffigurato il manifesto dell'Università Estiva della Pace Alpe-Adria del
2009, che ha coinvolto Austria, Slovenia e Italia.
Con questi e altri soggetti, insieme al supporto del Comune di Udine sono quindi nati:
- il “Tavolo della Pace“ per la promozione di iniziative di pace;
- il “Centro di Documentazione su Pace e Mondialità” per la diffusione gratuita di
documentazione multimediale e per la realizzazione di proposte didattiche agli ambiti
educativi;
- l'esperienza di “Terre Lontane, Mondi Vicini” che è un percorso annuale di presentazione
delle attività di solidarietà internazionale e anche di quelle di integrazione che sono presenti in
città. Un’esperienza che ha visto la partecipazione, da quattro anni a questa parte, di circa un
centinaio di soggetti.
Di queste 3 iniziative partecipate dalla Amministrazione cittadina parlerà poi più diffusamente
il rappresentante del Comune.
A conclusione del mio intervento, vorrei ricordare che se a livello delle Nazioni Unite è stato
riconosciuto che negli ultimi decenni i maggiori cambiamenti riguardanti i diritti e l'ambiente,
cioè i concetti di giustizia e democrazia, sono merito delle reti della società civile; se è così,
questo significa che alle reti di società civile spetta un compito davvero importante, una grande
responsabilità.
Credo che oggi si possa dire che alle reti della società civile deve spettare una funzione di
controllo della politica, perché al dire segua il fare e questo si può realizzare solo:
- richiamando l'attenzione ai beni comuni, e
- partecipando attivamente alla realizzazione dei programmi delle Amministrazioni locali.
E' quanto anche a Udine abbiamo cercato di fare.
E' quanto ci auguriamo di poter fare meglio anche insieme a voi in futuro.
Grazie per l'attenzione.
Relatore:
Sig. Renzo Roi
Centro Servizi Stranieri del Comune di Udine
Presentazione:
“I progetti del Comune di Udine sul tema della pace”
Sig. Renzo Roi
Il Comune di Udine da 5 anni ha creato un servizio di riferimento per i temi della pace e della
cooperazione: lentamente ma con costanza, questo servizio è riuscito a ritagliare all’interno
dell’Amministrazione uno spazio sempre più importante grazie anche alla preziosa
collaborazione delle associazioni con le quali si sono programmate insieme delle azioni che
sono riuscite, a giudicare dalla partecipazione e dai commenti, a diffondere una cultura di
pace, ospitalità rispetto dei diritti umani e dell’ambiente sul territorio.
I progetti più importanti che l’amministrazione ha voluto e sostenuto con forza sono:
- “Terre Lontane, Mondi Vicini”: un percorso-evento per far conoscere la realtà della
cooperazione con i paesi in via di sviluppo che opera in città.
- Il “Festival della Pace”: una rassegna di manifestazione e spettacoli per dare voce alle
iniziative di pace
- il progetto “Educare alla Pace” rivolto alle scuole che coinvolge ora tutti gli istituti di
scuola media superiori della città.
Brevemente provo ad illustrarvi ciascun progetto nei suoi punti essenziali.
TERRE LONTANE MONDI VICINI
E’ un percorso annuale che si conclude con un evento finale organizzato e condiviso dalle
associazioni che si occupano di cooperazione decentrata con i paesi in via di sviluppo assieme
all’amministrazione comunale.
La Manifestazione
“Terre Lontane, Mondi Vicini” è una kermesse, una manifestazione-vetrina di tutte le realtà
cittadine e “metropolitane” che operano nella cooperazione internazionale, delle associazioni
di volontariato e di stranieri immigrati che lavorano nel mondo dell’integrazione.
Nata nel 2006 da una felice intuizione del Comune di Udine, attraverso il Centro Servizi per
Stranieri, e di alcune associazioni impegnate nel mondo della cooperazione internazionale, la
manifestazione arriva quest’anno alla sua quarta edizione, forte delle esperienze positive e
delle riflessioni delle precedenti edizioni, e delle importanti adesioni avvenute nel tempo.
Terre Lontane e Mondi Vicini sono due realtà apparentemente diverse, ma che sotto la
differenza geografica rivelano realtà fortemente ed inscindibilmente collegate e vincolate tra
loro. Infatti, le “terre lontane”, che un tempo si sognavano spesso con una vena esotica, oggi
vivono in città, nel bel mezzo della nostra Comunità. Vivono nell’impegno di centinaia di realtà,
tra associazioni, enti, fondazioni, e gruppi informali, che nel nostro mezzo si fanno portavoce e
testimoni di quelle realtà del Mondo nel quale viviamo, spesso nascoste e fraintese, attraverso
atti di solidarietà e vicinanza con quanti vivono difficoltà e miserie troppo spesso ignorate dai
mass media, e lo fanno creando collegamenti di pace, solidarietà e condivisione laddove
invece fanno molto più “tendenza” la ghettizzazione e la discriminazione. Vivono nei volti di
centinaia di immigranti che passano nelle vie della nostra città che ormai è diventata anche la
loro città.
Edizione Pilota 2006: Diritti Umani e Cooperazione Internazionale
L’edizione pilota del 2006, compresa in una fitta settimana di incontri, seminari, dibattiti e
mostre, è stata un momento di prima aggregazione e di conoscenza tra le associazioni
impegnate nel mondo della cooperazione internazionale. La manifestazione è stata un “terreno
fertile” per iniziare una riflessione sui temi della cooperazione e dell’integrazione, attraverso il
caleidoscopio dei temi dei diritti dell’uomo.
L’edizione proponeva attraverso convegni e seminari, domande importanti quali: “medicina o
salute globale?”, “gli immigrati fanno parte del nostro mondo?”, “come possono gli enti locali
essere attori di cooperazione?”, “possiamo far valere i diritti e la dignità del lavoro in un
mercato globale senza sfruttamento?”, “qual’è lo spazio del sostegno a distanza?”, “come
tutelare l’ambiente nell’era della globalizzazione?”
Il convegno finale, portava in primo piano la necessità di creare percorsi comuni di
cooperazione per la città che partissero da una riflessione sentita sui temi dei diritti dell’uomo
in ogni luogo ed in ogni tempo.
La manifestazione ha inoltre portato i colori, i suoni e le danze vivaci delle comunità di stranieri
della città in un pomeriggio di festa e di condivisione nel “Festival delle Culture”.
Durante l’intera durata della manifestazione sono state aperte varie mostre fotografiche che
attraverso un “diario di bordo” dislocato in varie parti della città, riflettevano sui temi dei diritti
dell’uomo: il diritto all’ambiente sostenibile, il diritto alla salute, il diritto all’istruzione, i diritti
delle donne e dell’infanzia, i diritti della persona e i diritti per l’accoglienza .
Edizione 2007: Beni Comuni. La Riflessione si allarga
La seconda edizione della manifestazione nel 2007 non solo ha ripetuto l’esperienza dell’anno
precedente, ma l’ha voluta potenziare, arricchendola ed estendendola. Un gruppo numeroso di
associazioni hanno voluto aderire alla manifestazione, apportando nuova vitalità e punti di
vista alla riflessione sui temi della cooperazione internazionale.
Ogni conferenza, mostra, suono, voce e colore è stata l’occasione per riflettere e chiedersi
come fare cooperazione internazionale e come tutelare l’integrazione degli stranieri nella
comunità cittadina, partendo dalla tutela dei beni comuni.
La manifestazione centrale ha riproposto varie mostre fotografiche ed infine la terza edizione
del Festival delle Culture.
Come l’anno precedente le associazioni hanno avuto la possibilità di “farsi vedere” gestendo
una bancarella nelle vie del centro della città, dove hanno potuto incontrare la gente e
presentare le proprie iniziative e progetti.
Il calendario ha previsto anche spettacoli musicali e teatrali.
Infine il convegno ha focalizzato sul tema centrale dell’edizione 2007, ovvero il tema dei “Beni
Comuni” in rapporto con la Cooperazione per la costruzione di società più giuste.
Dalla settimana di appuntamenti prevista l’anno precedente, nell’edizione del 2006 si è
passati a un calendario che si estendeva su ben tre mesi di attività e proposte.
Il numero delle associazioni aderenti alla manifestazione infatti passa da 40 a 66, ed alcuni
enti pubblici iniziano ad interessarsi alla manifestazione, esprimendo il loro desiderio di farne
parte.
Edizione 2008: Distanza e Misura. Diritti Umani e Obiettivi del Millennio
Arrivata alla terza edizione, “Terre lontane, Mondi vicini” mantiene i propositi originari di
fungere da vetrina di tutte le realtà cittadine e “metropolitane” che operano nell’ambito della
cooperazione internazionale e delle associazioni di volontariato e di stranieri immigrati che
lavorano nel mondo dell'integrazione. Allo stesso tempo la manifestazione diventa “terreno
fertile” di riflessione ed eventualmente di azione per tutte queste realtà.
La terza edizione non può trascurare il fatto che il 2008 è l’anno in cui si è celebrato il 60°
Anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani: la manifestazione vuole riprendere le
discussioni e riflessioni raggruppate sotto il cappello dei cosiddetti “obiettivi del millennio”.
Questi due temi vengono trattati con il taglio di riflessione proprio della manifestazione, ovvero
in rispetto alla cooperazione internazionale e al processo di integrazione.
La manifestazione oramai raccoglie un centinaio tra associazioni, fondazioni, enti e gruppi
informali. Allo stesso modo, anche il suo calendario si è esteso nel tempo, toccando un periodo
che va da febbraio ad ottobre 2008, diventando così un percorso annuale. Le iniziative e gli
eventi infatti spaziano su vari fronti, ma diventano “percorso” se letti nell’ottica unitaria del
senso dato dal titolo del “calendario”.
La manifestazione ha maturato la convinzione che l’esigenza di costruire un ponte tra le
culture e sviluppare una cultura della reciprocità, base fondamentale per una vera
cooperazione, riguarda tutti. Per questo la manifestazione del 2008 con il titolo “La distanza e
la misura” porta in primo piano quei mondi che non si misurano con linee e regole, ma quei
mondi misurabili solo con il cuore e l’immaginazione.
Il nutrito calendario/percorso prevede incontri, convegni e seminari di sensibilizzazione e di
riflessione, nonché rassegne di Cinema, spettacoli teatrali, e concerti.
Edizione 2009: Il Mercato, l’Aria, l’Acqua e i Beni Pubblici
Quest’anno il percorso di Terre Lontane , Mondi Vicini ha avuto dei cambiamenti sostanziali:
nel mese di marzo è stato firmato il protocollo d’intesa che formalizza e dà sostanza alle azioni
proposte dall’assemblea delle associazioni; sono stati definiti gli organi e la struttura
amministrativa con il compito di gestire le iniziative e il percorso condiviso. Si sono posti dei
requisiti per poter aderire: hanno sottoscritto il protocollo 29 associazioni e lo stesso è aperto
ad altre realtà interessate a partecipare.
L’evento finale, che si svolgeva ogni anno a fine maggio, quest’anno è stato inglobato nel 1°
“Festival della Pace” che l’Amministrazione ha voluto realizzare: una giornata è stata dedicata
interamente alla cooperazione; il tema della giornata è, come già detto nel titolo, una
riflessione globale sul Mercato, l’Aria, l’Acqua e i Beni pubblici e la manifestazione si è svolta
con le stesse modalità degli anni precedenti con un buon successo di pubblico e di critica.
Importante è stato poi l’avvio del progetto di cooperazione unico e condiviso che vede insieme
Amministrazione comunale, associazioni e università , uniti nella sfida di elaborare un progetto
di cooperazione decentrata comune dove ogni soggetto collabora alla sua riuscita con le
risorse e competenze proprie e peculiari; prima della stesura del progetto stesso è previsto un
percorso per individuare l’area di intervento, il tema e i ruoli di ciascun componente.
E’ stata inoltre organizzata una segreteria tecnico-amministrativa e il gruppo di coordinamento
che hanno il compito di programmare ed elaborare le proposte che nascono dalle associazioni
e che coinvolgono il più possibile, oltre i firmatari del protocollo, tutto il territorio.
EDUCARE ALLA PACE
Altro importante progetto che vede coinvolti il Comune e le associazioni, attivo da quattro anni,
è il progetto “Educare alla Pace” rivolto alle scuole e istituti superiori della città.
Finalità del progetto
Il presente progetto, giunto ormai alla sua quarta edizione, nasce dalla positiva e consolidata
collaborazione tra il Comune di Udine (Ufficio Politiche Giovanili del Comune e Centro Servizi
per Stranieri), il Ce.V.I, il Centro Balducci, l’Associazione Nuovi Cittadini ONLUS e la Caritas di
Udine. Si pone l’obiettivo principale di sensibilizzare gli studenti degli Istituti Superiori di Udine
sulle tematiche della pace intesa come accoglienza della diversità, sostenibilità e parità di
accesso alle risorse tra Nord e Sud del mondo al fine di costruire una società basata sulla
pacifica convivenza, inserendo inoltre, una riflessione sul fenomeno delle migrazioni causate
dai conflitti nei paesi di provenienza.
Azioni
• promozione del progetto negli Istituti Superiori di Udine e consegna del video “Scuole di
pace” che documenta le attività realizzate dalle scuole durante l’evento finale dell’anno
precedente;
• programmazione con gli insegnanti per definire contenuti, attività e tempi di
realizzazione degli interventi da svolgere in classe;
• percorsi in classe curati dagli operatori del Ce.V.I sulle tematiche dell’educazione alla
pace, con la possibilità di scelta tra un focus sulla pace intesa come accoglienza
dell’altro e superamento dei conflitti, e pace intesa come necessità di garantire un pari
accesso alle risorse tra Nord e Sud del mondo;
•
pace e conflitti: testimonianza sul conflitto nei Balcani, sul contesto Afgano, sulla
situazione in Eritrea, a cura del Centro Balducci e dell’Associazione Nuovi Cittadini
ONLUS;
• incontro assembleare conclusivo;
• evento finale “ Scuole di Pace” curato dalle scuole e realizzato in collaborazione con il
Servizio di Politiche Giovanili del Comune, come momento in cui i ragazzi presentano le
proprie riflessioni rispetto al percorso svolto. Si privilegiano a tal fine la produzione o la
realizzazione di: poesie, letture, musica, ballo, canto, teatro e brevi video.
Il Progetto, inoltre, è integrato dalle seguenti attività:
• visione di film
• mostre fotografiche
• video a tema
Promotori
• Comune di Udine (Agenzia Giovani, Officine Giovani, Centro Servizi per Stranieri)
• Ce.V.I Centro di Volontariato Internazionale
• Centro Balducci
• Associazione Nuovi Cittadini ONLUS
• Caritas di Udine
Soggetti coinvolti
• Istituto Tecnico Zanon
• Liceo Scientifico Marinelli
• Istituto Tecnico Industriale Malignani
• Istituto Professionale Statale per i Servizi Commerciali e Alberghieri Stringher
• IPSIA Ceconi
• Liceo Scientifico Copernico
• Le classi interessate nell’anno scolastico 2008-2009 sono 38 e sono coinvolti circa 800
studenti
Cronogramma attività
• settembre: promozione del progetto ;
• settembre - ottobre: programmazione con gli insegnanti e distribuzione del video “Scuole di
Pace”;
• ottobre – novembre - dicembre: 4 ore di interventi per ogni classe curati dagli esperti del
CeVI;
• gennaio: 1 ora di testimonianza per ogni classe e 2 ore di incontro assembleare rivolte ad
ogni istituto
• aprile: Teatro Palamostre, evento finale del progetto “Educare alla Pace”, con l’inserimento
di alcuni brevi estratti di rappresentazioni teatrali proposti dagli Istituti Udinesi sul tema
della pace, come anteprima del Palio Studentesco.
FESTIVAL DELLA PACE
Infine il più recente, ma forse anche il più importante progetto che l’amministrazione ha messo
in cantiere è il Festival della Pace di cui quest’anno si è svolta la prima edizione.
Una manifestazione che, per la prima volta a Udine, raccoglie in modo unitario la fitta rete di
soggetti impegnati a promuovere concretamente una politica della pace. Un’opportunità per
discutere, grazie ai contributi dei tanti ospiti invitati, sulle tematiche della pace, della
cooperazione internazionale e sul rifiuto di ogni forma di guerra o violenza. Un’occasione di
scambio, di dialogo e conoscenza reciproca. Il tutto condito da spettacoli, mostre e concerti.
“Fare Pace”, è la rassegna promossa dal Comune di Udine, in collaborazione e grazie al
coordinamento de “Il Tavolo della Pace”, che dal 19 al 23 agosto di quest’anno, per UdinEstate
ha raccolto nel centro cittadino le associazioni da sempre impegnate nel campo della
solidarietà, della cooperazione, dell’immigrazione e dell’integrazione. La cinque giorni udinese
si é articolata con tre appuntamenti al giorno: un momento di approfondimento, con la
partecipazione di esperti nelle varie tematiche; uno di riflessione sulle diverse modalità
artistiche nel ritrarre ed esprimere la guerra e la pace e, infine, un altro dedicato
all’intrattenimento con concerti e spettacoli serali. “Le guerre – ha commentato lo stesso
sindaco di Udine, Furio Honsell – sono sempre scaturite da chi non ha voluto ragionare
realmente fino in fondo. Ecco perché è importante riflettere e discutere su queste tematiche,
esattamente come abbiamo fatto qui a Udine, città che ha vissuto in passato grandi conflitti,
ma che è ora un vivo centro nel quale le generazioni future possano trovare un esempio e una
voglia di fratellanza”.
Il capoluogo friulano è diventato laboratorio di idee attraverso il confronto e la discussione
della pace nelle sue diverse declinazioni. Integrazione, solidarietà e cooperazione, ambiente,
non violenza e, infine, religione si sono accompagnate, nelle diverse serate, ai temi legati alla
pace. “Udine – per dirla con le parole dell’assessore alla Cultura, Luigi Reitani – si conferma
città interessata al dialogo, alla comprensione, alla costruzione di percorsi di pace in una
dimensione internazionale che esalta la sua vocazione geopolitica”.
Come luogo d’appuntamento per tutta la serie di incontri con il pubblico è stata scelta una
corte della città, ideale agorà dove sono confluiti sociologi, giornalisti, storici, politici, critici e
molte altre personalità di spicco del panorama della cooperazione internazionale. Sempre la
stessa corte è stato il luogo degli incontri dedicati alle diverse modalità artistiche utilizzate per
ritrarre ed esprimere la guerra e la pace. La piazza ed il teatro, infine, sono stati il
palcoscenico in cui si sono presentati concerti o spettacoli teatrali con gruppi provenienti da
ogni parte del mondo.
Durante il Festival della Pace inoltre è stata inaugurata la nuova sede del “Centro di
documentazione su pace e mondialità”.
Il Centro nasce all’interno del Tavolo della Pace e intende offrire opportunità di incontro e
confronto tra associazioni e singoli che si interessano di temi quali la pace e la mondialità. La
nuova struttura sarà luogo dove trovare testi, riviste e un database con tutte le associazioni
che lavorano nel settore, così come tutte le iniziative e appuntamenti collegati e rappresenterà
un punto d’incontro “virtuale” con tutti i centri di documentazione delle realtà coinvolte
(Mission Onlus, Cevi, Balducci, Missionari Saveriani, Centro Irene) messi in rete tra loro.
Uno strumento didattico che potrà essere utile soprattutto alle scuole che intendono
affrontare, durante le loro lezioni, i percorsi di pace; allo stesso modo potrà essere utile a tutti
quei ricercatori o studenti impegnati nella elaborazione di tesi su questo tema.
Questo in breve l’impegno dell’Amministrazione Comunale sul tema della pace: rafforzare il
“Tavolo della Pace” come organo di discussione e di confronto permanente e dare vita e
sostenere le idee e azioni che nascono in esso e far radicare i tre progetti che ho appena
descritto perché possano nel tempo sensibilizzare l’opinione pubblica cittadina su questo tema
che sarà prioritario per il nostro futuro.
Grazie per l’attenzione.
Relatore:
Sig. Fulvio Salimbeni
Direttore di “IRENE”,
Centro interdipartimentale di Ricerca sulla Pace
dell'Università degli Studi di Udine
Lectio magistralis.
“La storia e la Pace”
“Il Centro di Ricerca sulla Pace IRENE”
Sig. Fulvio Salimbeni
Questo pomeriggio introducendo la seduta l’Assessore Reitani ricordava che Udine durante la
grande guerra ne era considerata la capitale, ebbene, per una singolare e fortuita circostanza
noi ci troviamo a parlare qui oggi esattamente a 72 anni da quando l’armata austro-tedesca
dell’Isonzo ha sferrato l’offensiva che avrebbe portato alla rotta italiana di Caporetto. Quindi
guerra e pace che si intrecciano indissolubilmente.
E proprio questa mattina, mentre parlavano i rappresentanti della varie città ospiti, pensavo
come un’iniziativa del genere sarebbe stata inimagginabile ancora pochi decenni fa. Se nella
prima guerra mondiale il Regno d’Italia era alleato con inglesi e francesi contro gli austriaci e
gli sloveni quella volta facevano parte della duplice monarchia e difendevano l’Isonzo contro
quello che per loro era l’aggressore italiano, 20 anni dopo invece noi italiani combattevamo
contro inglesi e francesi insieme con gli austriaci incorporati nel grande Reich presuntamente
millenario di Hitler. Oggi, invece, ci troviamo tutti insieme, in questa splendida sala a ragionare
e discutere di pace, di cooperazione, di educazione alla pace e di partecipazione.
Questo nasce non a caso qui a Udine, nel capoluogo friulano, in una regione che sintetizza in
sé un po’ tutta la tragedia della storia del ‘900. Un secolo sul quale stranamente tutti gli storici
si trovano d’accordo; potranno discutere sull’inizio o la fine, per qualcuno come Erich Osbaum
sarà un secolo breve che incomincia nel 1914 e finisce nel 1989 e proprio tra pochi giorni il 9
novembre si celebrerà il 20° anniversario della caduta del Muro di Berlino e delle fine della
spaccatura dell’Europa in due blocchi ideologici e politico-militari contrapposti; ma altri storici
possono invece far incominciare il ‘900 da ben prima, dal 1870 circa, però tutti sono d’accordo
nella definizione del ‘900: secolo criminale, secolo assassino, secolo dei genocidi; è l’unico
secolo nella storia che ha una connotazione così negativa; pensiamo al Rinascimento, al
secolo dei lumi, al Risorgimento, tutti termini con connotazioni fortemente positive sul piano
culturale e ideale. Ebbene se tutta l’Europa è stata segnata dalle tragedie del 20° secolo,
questa nostra regione Friuli Venezia Giulia, posta al punto di intersezione tra mondo latino,
romanzo, mondo slavo e mondo tedesco, è stata per così dire una sintesi di micro-storia della
grande e tragica storia europea del secolo che ci siamo lasciati alle spalle.
E’ una regione che nel giro di 20 anni ha avuto la disgrazia di provare tutti i tre grandi regimi
totalitari del ‘900; prima il fascismo dal 1922 al 1943, poi dopo l’8 settembre del 1943
l’annessione di fatto al Reich tedesco e quindi l’oppressione del regime nazional- socialista;
infine la sua parte orientale, la Venezia Giulia, l’occupazione da parte delle truppe yugoslave
del maresciallo Tito, regime comunista, persecuzioni di carattere non solo ideologico ma anche
etnico. Questo è stato il periodo più breve, 40 giorni, almeno per Gorizia e Trieste, ma c’è stato
anche questo. Inoltre, nella 1^ guerra mondiale, come è stato già ricordato, qui è passato uno
dei fronti principali, quello isontino, 12 grandi battaglie, le 11 offensive italiane, risoltesi in una
spaventosa carneficina e mattanza, con centinaia di migliaia di morti, e poi la dodicesima
quella che ricordavo prima, di Caporetto. Una battaglia che ha portato non solo l’arretramento
del fronte italiano sulla linea del Piave ma anche all’esodo di centinaia di migliaia di civili. Ecco
allora che studiando la storia di questa regione entriamo in contatto con un’altra delle grandi
tragedie europee del ‘900: il coinvolgimento dei civili, gli esodi delle popolazioni civili, le
violenze degli eserciti occupanti e le deportazioni delle popolazioni locali; questo accade qui
ma accade anche in Belgio, accade sul fronte orientale ed accadrà in dimensioni ben più
spaventose nella 2^ guerra mondiale. Ma se è vero che oggi la grande storia e i grandi
problemi generali si studiano attraverso i casi specifici locali, allora, certamente, questa
disgraziata regione è un caso emblematico dell’intreccio di tragedie, di follie provocate dai
fanatismi ideologici e dalle esasperazioni nazionalistiche che hanno imperversato lungo tutto il
secolo o almeno per quello che riguarda l’Europa, almeno fino al 1945-50.
E dopo la 2^ guerra mondiale gli spostamenti di popolazioni che hanno caratterizzato tutta
l’Europa centro-orientale hanno trovato un’emblematica vicenda anche qui in questa regione,
l’abbandono della Dalmazia, di Fiume, dell’Istria da parte della maggior parte della
componente italiana, quello che noi conosciamo come l’esodo che è un caso che in piccolo,
perché riguarda forse 300.000 persone, ripete quello di milioni di tedeschi che vennero
cacciati dai sudeti, dai polacchi cacciati dalle province orientali dovute cedere all’URSS, degli
ungheresi cacciati dalla Transilvania, e così via.
Quindi a studiare in maniera aperta, intelligente, non municipalistica la storia di questa regione
possiamo ricostruire tutti gli orrori e le tragedie del 20° secolo ed è quindi anche questo che
spiega come qui Udine sia potuta diventare da capitale della guerra a capitale della pace
come risposta e reazione a queste insensatezze e follie.
Del resto uno dei più grandi storici italiani, morto non molti anni fa, originario di queste terre di
confine, Ernesto Sestan, in un grande libro del 1947 intitolato “Venezia Giulia i lineamenti di
una storia etnica e culturale” aveva saputo cogliere molto bene il nesso tra le piccole tragedie
e locali adriatiche e le grandi tragedie dell’Europa del ‘900, ricordando che l’esodo degli
italiani della sponda orientale dell’Adriatico ripeteva in piccolo la grande tragedia che aveva
travolto una bi-millenaria comunità greca sulle sponde dell’Anatolia al tempo della guerra
greco-turca del 1921-22 quando era passata l’idea che per risolvere i problemi delle
minoranze bisognasse risolverli con il pugno di ferro e a fil di spada, quindi quelle minoranze
greche che non vengono sterminate dall’esercito turco guidato da Kemal, diventato poi
Ataturk, vengono espulse, cacciate in Grecia dove accade altrettanto alle minoranze turche
spedite, quelle che sopravvivono, in Turchia. E da lì una politica che in tutta Europa almeno
fino a tutta la 2^ guerra mondiale, vede le minoranze non come una ricchezza, non come un
ponte, non come un elemento di mediazione come le vediamo noi oggi ma come una 5^
colonna potenzialmente ostile e nemica che va cancellata o snazionalizzandola, assimilandola
a forza o comunque con tutti gli strumenti disponibili o eliminandola, espellendola o
scambiandola con le minoranze reciproche.
Un grande storico inglese, Arnold Toimby, all’inizio degli ani ’50 in una serie di conversazioni
radiofoniche alla BBC, poi tradotte anche in italiano con il titolo “Il mondo e l’occidente”,
parlando dei Balcani ricordava che la loro tragedia è stata l’affermarsi del principio dello stato
nazionale; realtà multietniche convissute pacificamente per secoli improvvisamente, quando
viene esportato dall’Europa occidentale il modello di Stato nazionale, questo scatena massacri,
violenze, perché quella era una realtà plurietnica, pluriconfessionale, pluri-tutto ma certamente
non mono-nazionale, non mono-etnica né mono-confessionale.
E questo porterà alla scomparsa dei grandi imperi multinazionali come quello asburgico che
era riuscito per secoli a far convivere 16 popoli e 6-7 fedi religiose all’interno dei suoi confini.
Io pur insegnando storia contemporanea all’Università di Udine sono nato e vivo a Trieste e la
mia città è un simbolo di questa involuzione della storia; le fortune d’essa sono incominciate
nel ‘700 quando Carlo VI prima e Maria Teresa, sua figlia, poi hanno dato tutta una serie di
privilegi e di positive legislazioni a questa città facendola diventare il porto dell’Impero e
facendola decollare, garantendo con patenti e privilegi la venuta di chi voleva fare fortuna;
ebbene, Trieste da città di 4.000 abitanti nel giro di pochi decenni è arrivata a 20.000 e
all’inizio del ‘900 a 200.000 abitanti che erano greci, levantini, turchi, slavi, svizzeri, tedeschi,
ungheresi, ebrei e tutti costoro per due secoli sono convissuti pacificamente, ognuno con i suoi
luoghi di culto, con i suoi centri di cultura; se qualcuno di voi conosce la mia città o ci è venuto,
saprà che nel giro di 4 kmq. ci sono non solo le chiese cattoliche ma anche la chiesa grecoortodossa, quella serbo-ortodossa, la sinagoga, la chiesa luterana, la chiesa anglicana, quella
valdese e metodista ed esiste perfino un cimitero islamico. Ebbene queste popolazioni e
queste fedi diverse sono convissute pacificamente per quasi due secoli, poi si è affermata
l’idea appunto dello stato nazionale e chi per decenni era vissuto pacificamente a fianco ha
scoperto improvvisamente di essere nemico all’altro e i nazionalismi scatenandosi hanno
portato alla rovina l’impero multinazionale ed hanno portato alla rovina anche la mia città
come tante altre città multietniche dell’Europa centrale lacerata e distrutta dagli scontri
nazionalistici. Per cui sotto il fascismo si è cercato di snazionalizzare e sradicare la
componente slava, altrettanto in qualche misura è accaduto poi dopo la 2^ guerra mondiale
nei territori passati alla Jugoslavia che potrebbero moltiplicare tutti gli esempi all’Europa
centro-orientale.
Allora è chiaro che da una regione che aveva sofferto tanto dalla storia non poteva non
nascere anche il desiderio di rimediare, di cercare di capire come queste cose erano potute
accadere e di superare le divisioni e le fratture ideologiche e non solo politiche che avevano
spaccato l’Europa ed anche la regione.
Se pensate che il nuovo confine di stato italiano e stato stabilito con il Trattato di Pace di Parigi
del 10 febbraio 1947, tagliava in due la città di Gorizia, per cui i suoi sobborghi orientali, il suo
santuario della Castagnevizza , il grande cimitero ebraico di Valdirose, si trovavano a far parte
della repubblica di Slovenia che faceva parte della Repubblica Federativa socialista di
Jugoslavia, mentre solo il centro e la parte occidentale rimaneva all’Italia; Trieste veniva
addirittura staccata dall’Italia e per 9 anni fino al 1954 affidata all’amministrazione militare
anglo-americana e solo in seguito agli accordi di Londra del 1954 poteva tornare a Trieste e
appena nel 1975, con gli accordi di Osimo, veniva definito una volta per tutte il nostro confine
con l’allora Jugoslavia.
E di fronte a questa situazione si spiega come ai primi timidi segnali di disgelo nella guerra
fredda tra gli anni ‘50 e ’60, a Gorizia un gruppo di giovani intellettuali promuovesse un
istituto, che ormai ha 40 anni di attività alle sue spalle, l’”Istituto per gli Incontri Culturali
Mitteleuropei” per andare oltre le barriere di carattere ideologico e politico e riannodare le fila
del discorso con l’Austria, con l’Ungheria, con la Cecoslovacchia, con la Jugoslavia, con tutto
quel mondo che aveva costituito la comune grande civiltà che noi chiamiamo e definiamo
mitteleuropea.
E quindi attraverso la cultura un primo tentativo coraggioso di avviare un dialogo, di recuperare
non ciò che divide ma ciò che unisce. E cito quest’espressione perché è un’espressione molto
bella che a suo tempo quando l’ho letta mi ha colpito moltissimo, di un grande intellettuale
austriaco considerato uno dei padri nobili della cultura europea del ‘900, Stephan Zweig, che
in una serie di articoli e discorsi tenuti negli anni ‘20 e ’30 in Austria, in Europa e poi nell’esilio
americano, proprio per far fronte alla follia dei nazionalismi e degli odi che avevano portato
l’Europa al suicidio della grande guerra, aveva sostenuto che bisognava affrontare alla radice il
problema, non tanto con accordi internazionali diplomatici tra i vari governi, ma andando alla
radice del problema, cioè quello dell’educazione dei giovani, cioè delle classi che avrebbero
costruito il futuro.
Quindi bisognava ripensare radicalmente e totalmente i problemi dell’educazione, il modo di
insegnare certe discipline ideologicamente più forti vale a dire in primo luogo la storia; la storia
e non solo a tempi di Zweig ma un bel po’ dopo la 2^ guerra mondiale è stata insegnata
essenzialmente come storia di guerre, di paci, di alleanze e di trattati internazionali di quello
cioè che divideva e contrapponeva gli Stati. Zweig chiedeva ovviamente non di cancellare
questa storia perché c’è stata ed è stupido ignorarla, ma di sottolineare e valorizzare quello
che univa i fattori che accomunavano, in cui tutti si potevano riconoscere, i fattori di cultura, di
circolazione delle idee, dei più alti valori dello spirito, ricordando il Rinascimento italiano, il
Gran Siècle francese, la stagione dei lumi e della tolleranza con Lessing di Natan der Weise o i
filosofi come Kant, per un progetto di pace perpetua o di una federazione mondiale o la grande
filosofia inglese, per non parlare dei risorgimenti dell’800 quando l’idea era che i popoli, una
volta liberatisi dalle dominazioni straniere, si sarebbero affratellati in una grande comunità e
federazione europea. E allora ripensare i programmi di storia, il modo di scrivere i manuali e di
insegnare la storia ed è proprio da questi spunti e queste sollecitazioni, da queste idee che ho
sinteticamente ricordato, che è nata l’idea di costituire IRENE, il Centro Interdipartimentale di
Ricerca sulla Pace dell’Università di Udine. Uscendo nella anti-sala, troverete un certo numero
di depliant che illustrano quelle che sono le finalità e gli scopi di questo Centro che
formalmente è stato inaugurato il 2 ottobre del 2007 con la presentazione di un libro,
partecipandovi l’autore Giuliano Pontara, intitolato “L’anti-barbarie, ovvero il pensiero di
Gandhi e il 21° secolo”, uno splendido testo della cultura della pace; lo vedete esposto
nell’anti-sala con una serie di altri libri dedicati ai temi della pace o opera di premi Nobel per la
Pace. Però se formalmente abbiamo cominciato l’attività due anni fa, l’avevamo di fatto
cominciata anni prima e di questo bisogna darne atto grazie all’amico Luigi Reitani, docente
presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Udine, che, insieme
all’amico Francesco Pisolato, a me e alcuni altri, aveva deciso di promuovere una serie di
iniziative per diffondere i valori della pace e della cultura della pace. Da qui l’idea di partire con
un convegno che doveva essere una sorta di occasione per discutere di come concretamente
si può promuovere la cultura della pace; nell’aprile del 2005 qui a Udine avevamo organizzato
un convegno intitolato “Per un’idea di Pace” i cui atti sono stai poi pubblicati due anni dopo ed
è questo volume che voi vedete, diviso un varie parti, alcune di carattere teorico, altre
operativo, alcune dedicate a problemi specifici, altre a questioni di didattica e a come si può
insegnare la pace attraverso un rinnovamento dei programmi di storia nelle scuole.
Da quella volta il nostro percorso è stato un percorso che non si è fermato per fortuna mai
abbiamo avuto la fortuna di avere il riconoscimento e l’appoggio dell’Università ma anche di
qualche Ente privato, eppoi dei Comuni come ad es. il Comune di Tarcento che ci ha ospitato e
ci ha consentito di organizzare incontri, seminari e convegni. Ed abbiamo avviato tutta una
serie di iniziative sia di carattere pubblico sia interno di formazione perché il nostro Centro era
sì universitario ma aperto a quella che si usa definire la società civile non solo gli accademici e
i ricercatori ma anche giovani studenti e laureati o comunque insegnanti delle scuole
secondarie o primarie, accenni sono già stati fatti nella due relazioni che mi hanno preceduto,
o comunque a chiunque è interessato e condivide l’impegno per la causa della pace.
E allora da un lato, convegni come quello che vi ho appena ricordato o cicli di conferenze come
quella che si è svolta nella primavera appena trascorsa: “Oltre il neo-liberismo”, uno studio
della questione economica di oggi e della cause dell’attuale crisi economica finanziaria
mondiale perché parlare di pace non vuol dire solo parlare di assenza di guerra guerreggiata e
combattuta, ma vuol dire parlare di tutti i problemi e le questioni che possono creare situazioni
di conflitto o di tensione che possono sfociare nella violenza e nell’ingiustizia; certamente gli
squilibri economici e le folli politiche appunto di un mercato scatenato e senza regole sono il
pretesto ideale per creare conflittualità, situazioni di sfruttamento e quindi di tensione e di
lotta; e allora una riflessione sui classici del pensiero economico del ‘900, su Keins e su tanti
altri discussi pubblicamente.
Quindi l’allargamento della storia all’economia e a fianco a questo il tentativo anche di
recuperare figure e personaggi dimenticati; quando noi parliamo di Nobel, in Italia tutti più o
meno sanno i nomi dei nostri Nobel per la letteratura. Nel 2007 cadeva il centenario sì della
morte e anche del premio Nobel per la letteratura a Giosué Carducci, ma cadeva anche un
altro centenario di un premio Nobel italiano di cui quasi nessuno praticamente si è ricordato,
vale a dire Ernesto Teodoro Moneta, singolare figura di patriota e in gioventù cospiratore
mazziniano, garibaldino, che poi si era convertito alla causa e agli ideali della pace e
cooperazione internazionale; aveva fondato una rivista “Vita Internazionale” fautrice della
causa del pacifismo e quindi nel 1907 ottiene il premio Nobel per la pace.
Posso dire che in Italia, a parte l’Università di Udine, sono state rarissime le occasioni in cui si
è ricordato un personaggio come Moneta che pure dovrebbe essere onore e vanto di una
nazione che nella sua Costituzione ha dichiarato di rinunciare alla guerra e di usare l’esercito
solo a scopi difensivi, anche se ci sarebbe molto da discutere sull’uso degli eserciti delle nostre
truppe fuori dell’Italia in questi ultimi anni, anche perché quando abbiamo utilizzato l’aviazione
nella guerra del ’99 abbiamo detto che i nostri bombardieri sui cieli di Serbia facevano difesa
attiva per non dire che facevano la guerra. La parola guerra è scomparsa, oggi si parla di
operazioni di pace, esportazione di democrazia, ma di guerra mai, quindi le coscienze dei
nostri politici sono a posto. Dico questo anche perché all’interno di IRENE uno dei progetti è
proprio quello di fare un lessico della pace e di tutta la terminologia ad esso connessa e a
fianco di queste iniziative si deve mirare al mondo della scuola, rapporti sempre più stretti con
il Laboratorio dell’Università per la ricerca e la didattica della storia e con tante scuole di Udine
e della regione; percorsi di aggiornamento con gli insegnanti, per iniziative rivolte ai giovani
stessi, attraverso anche la proiezione di film e presentazioni di libri per far conoscere i classici
del pensiero pacifista o per metterli a confronto con i grandi problemi della pace così come,
mantenendoci rigorosamente su un piano di cultura, insieme con il Comune di Udine abbiamo
organizzato dibattiti anche sui problemi della sicurezza, quindi dell’accoglienza,
dell’integrazione; è certo triste che mentre la nostra attuale amministrazione regionale trova
milioni di Euro per le ronde e per la privatizzazione della sicurezza in una realtà che è tra le
meno criminali d’Italia, i soldi per finanziare e promuovere la cultura e la cultura della pace
stranamente non si trovano, ma anzi vengono ridotti. Quindi tanto più gratitudine al Comune di
Udine che con i suoi mezzi ha cercato sempre di sostenere ed aiutare IRENE che, per
concludere, appunto cerca di promuovere e sviluppare iniziative nella prospettiva che ho
delineato. In questo momento siamo i capofila di un progetto che speriamo venga accolto e
finanziato dalla regione di Interreg Italia-Slovenia per un manuale di storia condivisa. Il progetto
si spera che poi possa diventare un progetto europeo capace di coinvolgere anche l’Austria e la
Croazia e più in là l’Ungheria per fare una storia condivisa, la storia dell’altro, conoscere anche
gli altri e cercare di rielaborare una storia comune. Pochi anni fa 1993-2000 si era costituita
una commissione mista storico-culturale Italo-Slovena che era riuscita ad elaborare un
documento finale in cui veniva ricostruita in maniera condivisa la travagliata e tragica storia dei
rapporti tra italiani e sloveni dalla fine dell’800 fino a dopo la 2^ guerra mondiale. Quel
documento dava fastidio è stato chiuso in un cassetto del Ministero degli esteri di Roma, ma
c’è ed era la prova che con la buona volontà e con l’impegno si poteva anche andare oltre le
tragedie e le violenze e i fanatismi nazionalistici ed ideologici. Non dico che la storia
correttamente studiata ed insegnata sia il toccasana, ma certo è una via per educare i giovani
ad una nuova e diversa prospettiva di cooperazione e di collaborazione; ed è su questa linea
che appunto IRENE cerca e cercherà, si spera, di continuare anche nei prossimi anni.
Grazie.
Relatore:
Sig. Jürgen Zieger
Sindaco di Esslingen am Neckar (Germania)
Contributo finale
Sig. Jürgen Zieger
Care Colleghe e cari Colleghi, se vogliamo fare un riassunto di quello che abbiamo sentito devo
dire che non possiamo andarcene senza un feed-back.
Prima di tutto penso che bisogna dire che l’elemento che unisce tutte le città della nostra
partnership è il fatto che dalle rovine della 2^ guerra mondiale abbiamo voluto elaborare e far
costruire un’Europea pacifica.
Io parlo da rappresentante di una città della Germania e quindi lo faccio nella piena
consapevolezza che questa disastrosa e criminale 2^ guerra mondiale è dovuta a
un’aggressione tedesca. Consapevole delle disumanità che sono state compiute in quel
periodo, io penso che l’elemento centrale che unisce le nostre città e tutte le città d’Europa, é
la convinzione che ciò non deve più succedere.
Quindi, secondo me, uno dei principali obiettivi di ciascuno di noi in qualità di rappresentante
di una città, come Sindaco, come membro di un consiglio comunale non possa essere altro se
non quello di contribuire all’educazione alla pace, di dare il proprio personale contributo al
mantenimento della pace.
Le uniche bombe atomiche che sono cadute su questa terra sono cadute su città e c’è un
elemento che ci lega anche qui e che invita tutti i Sindaci di tutte le città del mondo ad unirsi
perché mai più una bomba atomica possa cadere su una città.
Perché nelle città vivono gli uomini, anzi dall’anno scorso c’è stato un cambiamento: ci sono
più persone che vivono nelle città che non fuori dalle città; questo anche unisce le città e non
soltanto le città del nostro gemellaggio, ma le città di tutto il mondo.
La guerra non deve mai più interessare le città.
Noi tedeschi sappiamo quali sono le nostre responsabilità su questo tema. Noi stessi abbiamo
saputo e vissuto sulla nostra pelle cosa vuol dire vedere una città distrutta perché moltissime
città tedesche alla fine della 2^ guerra mondiale erano ridotte ad un mucchio di rovine.
Io ho avuto la felicità di rappresentare una città che non è stata distrutta dalla guerra ed é
proprio sulla base di quello che ho sentito che sono ancor di più spinto a sostenere la
necessità di promuovere la pace in tutto ciò che noi facciamo; è per questo che ringrazio il
relatore prof. Salimbeni per la sua relazione storica.
Un secondo elemento lo trovo in quella bozza di lettera che vi abbiamo presentato prima e che
riguarda la città di Schiedam, città gemellata che oramai già da diversi anni non partecipa più
alle nostre conferenze e si è un po’ ritirata anche dallo scambio bilaterale. Probabilmente ciò è
dovuto anche al cambiamento delle persone alla guida della politica di Schiedam; forse ciò è
dovuto anche ai cambiamenti politici che si sono visti in Olanda. La mia proposta, che vi avevo
sottoposto prima, è che noi prepariamo una lettera comune per invitare Schiedam a ritornare
nel nostro gruppo, nel senso che sottolineiamo che è nostro compito, tutti quanti insieme, di
assicurare la pace e che il migliore presupposto per garantire la pace in Europa è quello di
parlare fra noi. Anche questo è un insegnamento che siamo riusciti a trarre in Germania.
In Germania i gemellaggi sono un’esperienza oramai antica; il primo l’abbiamo portato avanti
proprio con Vienne, eppoi questo strumento del gemellaggio noi stessi tedeschi l’abbiamo
diffuso in Europa.
Non bisogna lasciarci, non bisogna perdersi d’occhio, bisogna rimanere in contatto ed è per
questo che secondo me è estremamente importante che riattiviamo la partecipazione della
città di Schiedam nel nostro gruppo, pregando la città di Udine di voler preparare una lettera
sulla sua carta intestata, naturalmente sarò io stesso, se volete, a provvedere direttamente a
riprendere i contatti personali.
Grazie per la vostra attenzione.
Intervento conclusivo del moderatore del Convegno
Sig. Luigi Reitani
Assessore
Assessore alla Cultura, Turismo, Pace e Relazioni Internazionali del Comune di
Udine
Sig. Luigi Reitani
Grazie al dott. Jürgen Zieger per queste parole così toccanti.
Credo di parlare a nome di tutti dicendo che sono sentimenti condivisi quelli di cui si è fatto
portavoce.
Per quanto riguarda la proposta della lettera, la giudico una proposta sicuramente condivisibile
e sensata e chiedo se ci sono obiezioni da parte delle altre città o se siete d’accordo
nell’inviarla nella forma che è stata proposta o se ci sono delle integrazioni.
Mi sembra di no e quindi io penso che si possa spedire nella forma con cui la lettera è stata
redatta e ringrazio i colleghi di Esslingen anche per questo impegno.
Ci sono altre proposte, altri interventi? Io penso che così come è accaduto l’anno scorso ad
Esslingen anche domani dovremo concludere il nostro incontro con la sottoscrizione di un
documento condiviso sul tema della pace e dell’integrazione e quindi domani, a margine degli
incontri e ai gruppi di lavoro che si svolgeranno presso il Centro di Accoglienza “E. Balducci” a
Rugliano, vi proporremo un documento e spero già stasera di fornire una bozza a tutti da
sottoscrivere.
Infine, vorrei ringraziare tutte le e gli interpreti che sono stati messi oggi a dura prova anche
per la lezione del dott. Salimbeni.
Vorrei ringraziare tutti voi ancora per la pazienza, per l’attenzione e per l’impegno con cui avete
onorato questa conferenza.