Storia urbanistica di Parma

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Storia urbanistica di Parma
BREVE STORIA URBANISTICA DI PARMA
Parma nasce nel 183 a.C. fondata dal generale romano Emilio Lepido. Insieme a Modena e Reggio, è una nuova città a
difesa della Via Emilia, la strada romana che dà il nome a tutta la regione: “Parma” infatti significa “scudo”.
Parma romana era strutturata secondo il tipico “schema quadrato” : il decumano massimo era la stessa via Emilia (via
Mazzini – via Repubblica) , mentre il cardo massimo percorreva le attuali via Cavour - via Farini (oggi disallineate per
interventi medioevali). Il Foro coincideva con piazza Garibaldi, e gli edifici di grandi dimensioni erano ai margini :
l’anfiteatro ( completamente perduto) era nella zona del Collegio Maria Luigia; il teatro ( di cui ci sono resti) a metà di
via Farini, largo Sant’Uldarico. La città era piccola , circa tremila abitanti, e limitata ad ovest dal torrente Parma, che
scorreva dove ora c’è la Ghiaia; del ponte (oggi visibile sotto via Mazzini) si conservano nove arcate.
Dopo la caduta dell’Impero romano, le invasioni di Goti, Bizantini, Longobardi, Franchi, che si contendono la città,
causano un periodo di decadenza. Da una relazione di Sant’Ambrogio (prefetto romano e poi primo vescovo di Milano)
che nel 406 d.C. percorse la via Emilia , apprendiamo che “… da Piacenza fino a Rimini non ci sono altro che cadaveri di
città distrutte …”
Solo dopo l’anno Mile Parma torna ad essere una città ricca ed importante. Nell’area a nord delle mura romane si
costituisce il nuovo polo del potere: il palazzo vescovile, la nuova grande cattedrale, il Battistero; si fonda
l’Università, e nel 1140 Parma si dichiara “Libero Comune” (il primo Podestà è Torello da Strada, da cui viene il
primo stemma parmigiano, un toro bianco rampante).
Il palazzo comunale viene costruito sul luogo del Foro romano, in quella che viene detta “piazza Grande”, e
costituisce il nuovo polo urbanistico civile, contrapposto a quello religioso di Piazza del Duomo. Degli edifici medioevali
circostanti la piazza è rimasto riconoscibile solo quello all’imbocco di via Farini; la chiesa di S. Pietro e quella di S. Vitale
sono state pesantemente rimaneggiate in epoca settecentesca, ma l’attuale Municipio (edificato nel Seicento) copre
esattamente l’area del palazzo comunale duecentesco.
Il nucleo principale della città è ancora situato in sponda est, e lì ci sono tutti gli edifici significativi: di là del fiume
vediamo solo case sparse, e a una notevole distanza la chiesa di S. Croce sulla via Emilia.
Il Comune di Parma ha vita breve, anche per le rivalità interne, e tra Trecento e Quattrocento Parma viene contesa in
continuazione dagli stati vicini; il terribile duca di Milano Luchino Visconti fa fortificare in modo massiccio la città
conquistata, compresa la piazza grande (circondandola con un muro detto “Stà in Pace” e addirittura murando le finestre
dei palazzi prospicienti). Di queste fortificazioni viscontee rimangono due torri capo-ponte (una a lato del ponte
Verdi, e l’altra inclusa nell’attuale Pilotta).
Finalmente, per evitare queste continue “guerre di frontiera” il Papa Paolo III e l’imperatore Carlo V decidono di
creare uno stato-cuscinetto, intermedio tra i loro territori (lo Stato della Chiesa e i territori spagnoli in Lombardia).
Il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, viene così ideato “a tavolino”, e nel 1545 al convegno di Busseto
assegnato a Pier Luigi Farnese, figlio del papa. Se il primo duca non dura molto a lungo (definito da un contemporaneo
“cattivo uomo e pessimo principe”, venne ucciso in una congiura dopo due anni dall’insediamento) la famiglia Farnese si
riscatta con i discendenti (Alessandro, Ranuccio, Ottavio….) e governa ottimamente Parma per circa due secoli, facendo
costruire importanti monumenti nello stile del Rinascimento.
Oltre alla fortezza della Cittadella (progettata personalmente dal duca Alessandro, grande condottiero e architetto
militare dilettante), l’intervento farnesiano più significativo è quello che riguarda i palazzi residenziali.
Trasferendosi da Roma, i Farnese avevano acquistato numerosi edifici nell’area ovest della città (attuale
Pace), ristrutturandoli per formare un unico palazzo , oggi distrutto. Ma dopo meno di un ventennio
costruire, nell’area libera dell’Oltretorrente, una nuova grande residenza : il Palazzo del Giardino,
nucleo una vecchia fortezza viscontea, ma si allarga a vera residenza rinascimentale, ornata di affreschi e
un grande parco.
Piazza della
cominciano a
che ha come
circondata da
Sulla sponda opposta, a breve distanza (bisogna ricordare che non esistevano gli argini sopraelevati e i viali lungo la
Parma) si costruisce un altro palazzo, che , da uno dei cortili dove si praticava il gioco della “pelota” , prenderà il nome
di Pilotta. Questo secondo palazzo era destinato ai “servizi” come ricordano numerosi toponimi circostanti: borgo
Cucine, borgo delle Scuderie, il Guazzatoio ovvero Lavatoio…
Altri interessanti interventi farnesiani si collocano in Oltretorrente, e sono le chiese dell’Annunziata (via D’Azeglio) e Del
Quartiere (piazzale Picelli), entrambe affidate ai francescani, e costruite per accattivarsi il consenso del popolo da
contrapporre all’ostile aristocrazia parmigiana.
La città inoltre acquista la sua definitiva cerchia di mura (dopo almeno tre cerchie di mura medioevali, distrutte e spostate
quando c’era bisogno di allargarsi). Le mura farnesiane sono moderne, adatte alla guerra con armi da fuoco: quindi
non molto alte ma larghe, con spalti e bastioni su cui piazzare i cannoni; le porte sono fortificate, ma disallineate rispetto
agli assi viari, per non facilitare l’ingresso ad eventuali invasori. Le uniche porte oggi visibili sono quella di S. Croce (nella
piazza omonima, lato parco ducale) e di S. Francesco (fuori barriera Bixio).
La famiglia Farnese si estingue nel 1731 con il duca Antonio, che non ha figli maschi. Parma viene assegnata alla
famiglia spagnola dei Borbone (imparentati ai Farnese per matrimoni) un ramo dei quali unisce al loro nome di famiglia
quello della città. I Borbone-Parma continuano ad arricchire la città di edifici monumentali; in particolare si ricorda la
moglie del duca Filippo , la duchessa Louise Elizabeth, detta “Babette” figlia del re di Francia Luigi XIV (il Re
Sole) che vuole trasformare Parma in una “petite Paris”, avvicinando la corte alla cultura francese. Si apre con lei la
precoce stagione del Neoclassicismo parmense che, prolungandosi fino ai primi del Novecento, darà alla città una
nuova immagine. E’ Babette a far venire nella sua nuova città artigiani e artisti parigini, che portano a Parma le nuove
idee illuministe; sotto la guida del primo ministro Du Tillot, la città, oltre a rifiorire economicamente, si propone di
inserirsi nel dibattito culturale ed artistico, a livello europeo, avendo come referente privilegiato Parigi.
Nascono in questo periodo (1752-1768) le istituzioni culturali “illuministe”, come il Collegio Lalatta (nato per
sottrarre ai Gesuiti il monopolio dell’istruzione dei giovani aristocratici), la Biblioteca Palatina, il Museo di Antichità
(stimolato dalle scoperte archeologiche del sito di Velleia, presso Piacenza), la Stamperia Ducale (animata dai Bodoni),
l’Orto Botanico, e l”Accademia di Belle Arti”, i cui concorsi richiamavano artisti da tutta Europa ( tra gli altri Francisco
Goya, che però non fu apprezzato dalla giuria); molti di queste istituzioni hanno sede, tuttora, al Palazzo della Pilotta,
che si trasforma così nel centro culturale più attivo e vivace della città.
Parallelamente, si avvia un programma di risanamento urbanistico e arricchimento monumentale, per fare
di Parma una capitale all’altezza dei tempi moderni; autore ed esecutore di questo rinnovamento, è l’architetto francese
Alexandre Ennemond Petitot, chiamato a corte nel 1753.
Dopo la sistemazione del palazzo di Parma (e del parco circostante) e di quello di Colorno, e la progettazione del
“palazzo dei boschi”, la residenza estiva di Sala Baganza, egli, constatato che la città appare urbanisticamente
disgregata , priva di “punti significativi”, individua alcuni luoghi, nel tessuto urbano, che dovranno assumere una nuova
connotazione, attraverso opportuni interventi.
In piazza Grande (piazza Garibaldi), unifica le facciate dei palazzi, “gira” la medievale chiesa di S.Pietro,
sostituendone l’abside con una facciata monumentale, e colloca al centro l’Ara dell’amicizia, monumento simbolico
sostituito poi, al principio del Novecento, con la statua di Garibaldi; al margine della città, sul tracciato delle mura
spostate due secoli prima durante la costruzione della Cittadella, crea lo “Stradone”, scenografico viale alberato
destinato al rituale “passeggio”, che a piedi, a cavallo o in carrozza, vede puntualmente coinvolti i cittadini aristocratici e
borghesi: il viale termina, con un bell’effetto visivo, nel “Casino”, piccolo edificio che ospita un caffè, luogo di riposo
e conversazione, secondo le più recenti mode europee.
Petitot inoltre istituisce un corpo speciale di addetti ai lavori, la Congregazione degli Edili, che segue specifiche
indicazioni e regolamenti, in modo da armonizzare il più possibile gli interventi sulla città: fa parte di quest’ottica, per
esempio, l’adozione del “giallo Parma”, il colore che unifica tutti i nuovi edifici.
Dopo la intensa attività di questo periodo, e lo sconvolgente periodo dell’occupazione napoleonica (1796) con
la requisizione dei beni ecclesiastici e la trasformazione d’uso di molti edifici antichi (è adesso che la trecentesca chiesa di
S.Francesco al Prato diventa carcere), Parma conosce un nuovo periodo di arricchimento artistico tra il 1815 e il 1847,
sotto Maria Luigia, figlia dell’Imperatore d’Austria e seconda moglie di Napoleone.
Il piccolo ducato le viene assegnato, dopo Waterloo e la definitiva sconfitta del consorte , come “compenso” di un
matrimonio impostole dalla diplomazia, e certamente non ben accettato; ma la nuova duchessa prende molto sul serio il
suo compito, decisa a farsi amare dagli inaspettati sudditi.
I suoi interventi infatti, oltre a proseguire il programma di abbellimento del Petitot, mirano a risanare la città, con
interventi moderni, e anche a creare nuovi posti di lavoro, con la commissione di grandi opere; tra le opere
pubbliche di carattere “utilitario” possiamo ricordare il Cimitero della Villetta, il ponte sul Taro, le Beccherie
(macelli pubblici, nell’area del mercato della Ghiaia, demoliti nel Novecento); tra gli interventi più “intellettuali”,
l’istituzione della Galleria
dell’Accademia, della Biblioteca Ducale, del Collegio Maria Luigia, e
soprattutto la costruzione del Teatro Regio (1821-1829), il maggiore monumento neoclassico di Parma, ad
opera dell’architetto Nicola Bettoli.
La sistemazione acquisita da Parma in questo scorcio di secolo segna definitivamente il carattere della
città, cristallizzando quell’immagine di piccola capitale neoclassica, elegante, intellettuale, ordinata e funzionale;
quella che è tuttora nell’immaginario collettivo.
Alla morte di Maria Luigia, il Ducato di Parma torna ai Borbone.
Ma il duca Carlo III è poco interessato a governare; viene ucciso nel 1854, davanti alla chiesa di S. Lucia in
via Cavour: più che un attentato politico, sembra sia stato un delitto passionale, per motivi di gelosia. La
vedova, Marie de Berry, rinuncia al potere.
Dopo un periodo di rivolte e tumulti, nel 1860 i cittadini di Parma, attraverso un plebiscito,
decidono di unire il loro stato al nascente Regno d’Italia.