emozioni di gusto e cultura - "Pellegrino Artusi"

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emozioni di gusto e cultura - "Pellegrino Artusi"
EMOZIONI DI GUSTO E CULTURA
Progetto multidisciplinare
realizzato dagli allievi delle classi II K e II I
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I.P.S.S.A.R. Pellegrino Artusi - Via Pizzo di Calabria, 5 - 00178 Roma
tel. 06-7129111 fax 06-71291138 - www.albartusiroma.it - [email protected]
EMOZIONI DI GUSTO E CULTURA
Progetto multidisciplinare
realizzato dagli allievi delle classi II K e II I
Allievi:
Angelini, De Lillo, Pingiori, Sermonti, Scarpa, Signoriello, Piccardi, Barucca, Martino,
Guarnera, Amantini, Pergolini
Docenti coinvolti nel progetto:
Prof.ssa Patrizia Ferreri
Prof.ssa Marina Cannata
Referente del progetto: Prof.ssa Mariarita Zerilli
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INDICE
LA CUCINA ROMANESCA…………………………………………..…………….....4
MAPPA CONCETTUALE……….….…………………………………………………..6
CODA ALLA VACCINARA………………………………………………………….…7
CORATELLA D’AGNELLO CON CARCIOFI………………………………….…..…..8
RIGATONI CON LA PAJATA …………………………………………………………9
UN PO’ DI STORIA………………..…………………………………………………....11
«PIZZACCE», «FRITTELLONI» «FREGNACCE»…..……………….……………….12
TOZZETTI DI VITERBO………….……..……………………………………….……....13
MARCHI DI DENOMINAZIONE D’ORIGINE
DOP, IGP, STG dei prodotti alimentari………………………..……………………….14
PRODOTTI AGRICOLI A MARCHIO “DOP”………………………………………… 14
DOP (DENOMINAZIONE D’ORIGINE PROTETTA)
ASPARAGO VERDE……………………………………..……………………………...15
OLIO EXTRAVERGINE DI CANINO………………………………………………….15
IGP (INDICAZIONE GEOGRAFICA PROTETTA)
PRODOTTI AGRICOLI A MARCHIO “IGP”…………………………………….……17
CARCIOFO ROMANESCO…………………………………………….…………..….17
KIWI LATINA………………..………………………………………………………..18
DENOMINAZIONI SPECIFICHE -Norme Comunitarie-…………………………..19
VINI A DENOMINAZIONE D’ORIGINE CONTROLLATA
E INDICAZIONE GEOGRAFICA TIPICA DOC e IGT………….…………………....21
CANNELLINO DI FRASCATI………………………………………………………...22
CASTELLI ROMANI ROSSO………………………………………………………….22
CASTELLI ROMANI BIANCO………………………………………………………..23
IGT DEL LAZIO ROSSO……………………………...………………………………..24
IGT DEL LAZIO BIANCO…………………………………………………………….24
SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA……………..……………………………………….25
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LA CUCINA ROMANESCA
Molto spesso, quando mangiamo un piatto della tradizione romana, lo buttiamo giù in
fretta, pensando esclusivamente a saziare lo stomaco e il palato, dimenticando come
anche in quel piatto ci sia la storia e la tradizione di un popolo, anzi una moltitudine di
popoli”
La cucina romanesca, oggi come ieri, si basa su ingredienti semplici e poveri, ma molto
spesso genuini. E’ una cucina casereccia che racchiude antichi sapori di culture diverse,
ricche di spezie ed erbe aromatiche saporitissime come chiodi di garofano, cannella,
pepe, rosmarino, sedano, salvia, alloro, menta e di condimenti tipici come lo strutto,
lardo, guanciale, olio extravergine d’oliva. I piatti tipici della capitale italiana sono per lo
più di origine popolare: una gastronomia nella quale domina ed è caratterizzante il quinto
quarto, cioè tutte le parti di scarto del manzo (o di altro animale), che rimanevano dopo
che si erano tagliati i quattro quarti, i sue del davanti e i due del dietro. Il persistere
della cucina popolare ed il diffondersi della stessa in tutte le classi sociali si può
ritenere una delle conseguenze della storia del papato con cui per molti secoli si è
identificata quella della città. Se dopo i fasti del rinascimento, che hanno raggiunto
l’apice nei primi decenni del cinquecento, la chiesa romana dovette fare i conti con la
controriforma luterana, che richiedeva rigore, spiritualità e ritorno alla dottrina dei
sacri testi, la mondanità – modello di vita imperante nella capitale – contribuendo a
conservare i grandi fasti in ogni campo della cultura e dell’arte, ha giocato un ruolo
determinante, naturalmente, anche in quella culinaria. E così i piatti si diffusero in ogni
ambiente proposti a tutti, soprattutto bettole, osterie e trattorie – da sempre assai
frequentate nella capitale – che hanno il compito di conservare le più genuine tradizioni;
nei romani è radicata, infatti, l’usanza di mangiare fuori casa. Per incontrare la vera
cucina romana bisogna dunque cercarla nelle osterie “fuori porta” – sempre più rare
purtroppo – e nelle trattorie di Trastevere non ancora contaminate dalle falsificazioni
del pittoresco- turistico e da un modo di cucinare convenzionale, approssimativo, spesso
greve, che si è diffuso nella capitale minacciando un suo antico primato.
“A Roma si mangia bene dappertutto”, si diceva una volta e con ragione, esaltando con
tale espressione non solo la qualità degli ingredienti e le particolarità della preparazione,
ma anche la simpatia e il calore dell’ospitalità.
I locali rimasti autentici offrono l’occasione ideale per conoscere e capire il carattere
della città e dei suoi abitanti e sono un’esperienza interessante sotto ogni punto di vista.
Infatti vino, cucina e umanità concorrono da sempre a fare della trattoria romana una
specie di teatro di popolo, oltre che approdo gastronomico per il pranzo e per la cena.
Fino a non molti anni fa si frequentavano le antiche osterie, oggi ridotte a poche o
trasformate in locali moderni, dove si gustava il buon vino dei Castelli Romani che veniva
servito in particolari contenitori propri della tradizione popolare romana: nei barzilai
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(doppi litri), nei tubbi (litri) e nelle fojette (mezzi litri). Questo modo di bere il vino si
può ritrovare nelle fraschette dei Castelli Romani.
La cucina romanesca ha origini antichissime: è nata dalla tradizione contadina, passata
nella ricca e sofisticata tradizione della Roma imperiale per fondersi nei secoli con la
tradizione popolare. Insomma, nella Capitale si mangia sostanzialmente con stile
“casereccio”, anche se da qualche anno non mancano i ristoranti che hanno tentato o
tentano un rinnovamento, sia aprendosi a cucine più raffinate o addirittura esotiche, sia
elaborando variazioni nelle specialità romanesche più classiche. Gli ingredienti usati sono
genuini, legati all’orto, al pascolo e alla terra.
Il Lazio è da sempre regione dedita alla pastorizia: si spiega così, intatti ancora oggi, la
passione dei romani per l’abbacchio e per il pecorino. Forse quella romana non è una
cucina molto ricca di invenzioni, ma certo è ricca di carattere fondamentalmente rimasta
fedele a se stessa nell’arco di venti secoli. Gli antipasti romani per eccellenza sono: la
bruschetta, la panzanella, il capitone servito a Natale. Le minestre hanno origine dalle
antiche zuppe contadine le poltres, cosiddette per il modo di cuocere gli ingredienti fino
a farli divenire una poltiglia che veniva ben condita. Tra le più caratteristiche il
farricello, la minestra di pasta e fagioli con le cotiche, la zuppa di arzilla con i broccoli,
la stracciatella, il pancotto con il pomodoro. Le paste asciutte hanno il loro piatto
principe nelle fettuccine ma altri piatti si sono inseriti nella tradizione come i bucatini
all’amatriciana, i rigatoni con la pajata, gli spaghetti cacio e pepe, gli spaghetti alla
carbonara fino alla semplice pasta ajo, ojo e peperoncino.
I piatti di carne sono molto vari oltre all’abbacchio che si presta a varie elaborazioni
culinarie, troviamo la coda alla vaccinara, i saltimbocca alla romana, la coratella con i
carciofi, la trippa alla romana, la porchetta.
Il pesce è presente tradizionalmente con le ciriole (piccole anguille del Tevere oggi
vietate), il baccalà e le arzille (razze).
Numerose sono le ricette con le verdure provenienti dall’Agro Romano come i carciofi
alla Giudia, la misticanza, le puntarelle.
I dolci sono molto pochi, di origine popolaresca legati alle festività religiose, tra i più
diffusi ricordiamo i maritozzi, i tozzetti, le fregnacce, i bignè di San Giuseppe, il
pangiallo.
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Mappa Concettuale
La storia della cucina di
Roma e provincia
Le più buone ricette di Roma
e provincia (classi IIK e II I)
I prodotti tipici del
Lazio a denominazione
d’origine
Le ricette più
significative della
cucina Laziale
I vini del
territorio laziale
Le tecniche di
cottura
Le tecniche per
l’abbinamento cibo-vino
Preparazione di piatti tipici in laboratorio di cucina ed
abbinamento del vino
Prodotti finali:
Ricettario
Presentazione power point
Foto gallery evento finale
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CODA ALLA VACCINARA
INGREDIENTI
Una coda di bue ben sgrassata – Lardo gr. 50 - Pomodori pelati Kg 1,5 – Sedano gr.
150– 1 Cipolla – 2 spicchi d’aglio – 2/3 chiodi di garofano – 1 bicchiere di vino bianco
(preferibilmente dei Castelli Romani) – 1 dl di Olio Extra Vergine d’oliva - Uva
sultanina gr. 20 – Pinoli gr. 20 – Sale e pepe q.b.
PROCEDIMENTO
Tagliare la coda a pezzi dopo averla lavata accuratamente e lasciarla a bagno in acqua
e sale per 24 ore. In un tegame abbastanza grande mettere dell’olio di oliva e un
battuto di lardo quindi aggiungervi la coda lasciandola rosolare in modo uniforme.
Unire poi la cipolla tritata, l’aglio, i chiodi di garofano, il sale ed il pepe. Dopo qualche
minuto bagnare con il vino bianco facendolo evaporare lentamente con il tegame
coperto.
Lasciar cuocere per un quarto d’ora e successivamente aggiungere i pomodori pelati
tagliati a cubetti, far cuocere per un altro quarto d’ora e quindi aggiungere acqua
calda fino a coprire la coda, lasciandola cuocere a tegame coperto per alcune ore
avendo cura di aggiungere, se necessario, ogni tanto dell’acqua calda o del brodo. A
cottura ultimata prendere le coste di un grosso sedano private dei filamenti e farle
sbollentare qualche minuto in acqua calda e sale, unirle poi ad un po’ di sugo di cottura
della coda passato al colino, ai pinoli e all’uvetta precedentemente messa a bagno in
acqua tiepida. Fare bollire il tutto per cinque minuti e versare la salsa ottenuta sulla
coda al momento di servirla.
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CORATELLA D’AGNELLO CON CARCIOFI
Ingredienti
Una coratella di agnello - 5 o 6 carciofi romaneschi – Mezza cipolla – 1 dl. di Olio
E.V.O. - Pepe - Sale – 1 cucchiaio di prezzemolo – 1 limone – 2 dl. di brodo di carne - 1
bicchiere di vino bianco.
PROCEDIMENTO
Prendete una coratella di agnello, lavatela per bene, separate il cuore, i polmoni ed il
fegato e tagliateli a pezzi.Tagliate la cipolla a fettine, soffriggetela appena in un
tegame con l’olio, unite il polmone e fate cuocere a fuoco lento per 15 minuti circa con
poco brodo, aggiungete il cuore e continuate la cottura. Quando sarà asciugato
bagnare con il vino bianco ed a tre quarti circa di cottura unire il fegato in precedenza
passato appena in padella. A cottura quasi ultimata insaporire con sale e pepe. In un
piccolo tegame, dopo averli puliti e tagliati a spicchi, contemporaneamente fate
cuocere i carciofi in olio di oliva, salando e pepando al punto giusto.Quando saranno
quasi cotti uniteli nel tegame con la coratella, mescolando bene e cuocendo il tutto per
qualche minuto. Versare nel piatto di portata, spolverate di prezzemolo e servite ben
caldo.
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RIGATONI CON LA PAJATA
A Roma è chiamata “pajata” quella parte dell’intestino detta propriamente duodeno e
che contiene il chimo, una sostanza molto gustosa. La pajata di manzo è più saporita di
quella del vitello da latte, ma quest’ultima ha il vantaggio di essere più tenera, ed è
solitamente riservata per la cottura alla griglia. La pajata deve essere fresca, per
accertarsi della sua buona qualità si consiglia di assaggiare il siero che ne fuoriesce
.
che deve avere un gusto dolciastro
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RIGATONI CON LA PAJATA
Ingredienti
Rigatoni gr.500 – Pajata di bovino adulto gr.800 – Grasso di prosciutto gr. 100 –
Pomodori tondi maturi Kg. 1 – 1 cipolla – 2 spicchi d’aglio – Un ciuffo di prezzemolo –
Una costa di sedano - Aceto bianco – Olio extravergine di oliva o strutto – 1 dl. di vino
bianco – 2 foglie di alloro – 1 peperoncino – Pecorino grattugiato gr. 100 – Sale e pepe
q.b. – spago da cucina q.b.
PROCEDIMENTO
Spellate la pajata con cura, lavatela bene e tagliatela a pezzi lunghi circa 20 cm,
privandola il più possibile delle parti grasse badando di non far uscire la sostanza che
essa contiene. Avvicinate le due estremità di ogni pezzo e fissatele con un filo bianco
in modo da formare dei grossi anelli. Mettetela per qualche minuto in un recipiente
con un po’ di aceto e lavatela poi bene sotto l’acqua corrente. Soffriggetela in una
casseruola dove avete fatto rosolare in un filo d’olio un battuto di grasso di
prosciutto, cipolla, prezzemolo, sedano e aglio, quest’ultimo non va battuto, ma
eliminato dopo la doratura. Bagnate poi con il vino ed unite le foglie di alloro, dopo che
il vino è evaporato aggiungete i pomodori precedentemente lavati e tagliati a dadolini
ed il peperoncino a pezzetti aggiustando di sale e pepe. Fate cuocere con un coperchio
a fuoco lento per almeno 2 ore e mezza girando spesso (se occorre aggiungere
dell’acqua calda o brodo) finché la salsa risulti ben rappresa e facendo attenzione che
gli anelli di pajata non si rompano durante la cottura. A parte cuocete al dente i
rigatoni e conditeli con parte della salsa ed il pecorino, mantecandoli fuori dal fuoco.
Versate i rigatoni su di un piatto di portata, copriteli con altra salsa e mettete sulla
sommità gli anelli di pajata privati dello spago. Servite subito.
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“UN PO’ DI STORIA”
«PIZZACCE», «FRITTELLONI» «FREGNACCE»
«PIZZACCE», «FRITTELLONI» «FREGNACCE»
Queste pizze che costituiscono uno dei piatti più caratteristici ed originali della
nostra Tuscia, legati, specialmente nella zona dei Cimini, alle tradizioni carnevalesche,
assumono nomi diversi da paese a paese. Così a Viterbo vengono chiamate «Fregnacce»
come pure ad Acquapendente dove si celebrava addirittura una sagra, a Caprarola e
Faleria sono «Pizzacce», a Orte, Civitacastellana e Carbognano «Frittelloni» e per
meglio dire «Frittellò», a Tuscania, Montefiascone e Gradoli, prendono il nome di
«Stracci» che è poi trasformato per analogia in «Sutrine» a San Martino, Canepina e
Soriano dove tale termine in senso dispregiativo viene appunto dato allo straccio con
cui si lava per terra, a Vallerano diventano «Fricciolose» a Vignanello «Bertolacce», a
Bomarzo, «Cappellacce» e così via. Una ricchezza e varietà di nomi come si vede che
dimostra l’importanza ed il saldo attaccamento di questo piatto alle tradizioni
gastronomiche e folcloristiche della Tuscia al punto che ancora oggi viene usato
frequentemente nelle merende in cantina specie nei paesi del versante orientale dei
Cimini. La sua gustosa appetibilità è infatti condensata in un detto popolare che dice:
«Le fregnacce so’ bone calle o ghiacce».
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«PIZZACCE», «FRITTELLONI» «FREGNACCE»
Ingredienti
Farina di grano - Sale - Olio di oliva - Lardo o cotiche di maiale - Formaggio pecorino (Uovo - Latte).
Procedimento
In una terrina fare una pastella omogenea di media densità sciogliendo bene della
farina in acqua fredda salandola poi al punto giusto e lasciarla riposare per alcune ore
(volendo renderla un poco più leggera ma meno originale si può aggiungere anche un
uovo intero sbattuto e del latte in piccola quantità). Prendere una padella con un
manico lungo, versarvi un cucchiaio di olio, farla riscaldare sulla fiamma e quando l’olio
sarà fumante travasarlo in una tazza per poterlo poi riutilizzare, spandere
velocemente nel fondo della padella un cucchiaio di pastella in modo da farne uno
strato il più sottile possibile, agitando continuamente per evitare che si attacchi sul
fondo, e lasciare cuocere sempre sulla fiamma, quindi (e qui sta il difficile) girare la
pizza dall’altro lato facendola roteare in aria con mossa abile e spettacolare, farla
cuocere per qualche secondo dall’altra parte e depositarla su un piatto caldo
spolverizzandovi sopra del pecorino grattugiato o dello zucchero. Continuare
l’operazione fino a formare un mucchio di pizze alto proporzionalmente al numero dei
commensali. Per ungere la padella tradizionalmente si usava anche il lardo o più,
precisamente si sfregava il fondo della padella stessa con una cotica di maiale dalla
parte del grasso o con un pezzo di lardo infilato in una forchetta senza bisogno di olio.
Il frittellone va mangiato con le mani dopo averlo arrotolato a forma di cannolo.
All’interno, al posto del pecorino, può essere farcito con altri formaggi oppure con
acciughe o con la ricotta ma tradizionalmente esistevano soltanto due varietà di
«fregnacce» quelle con il pecorino grattugiato e quelle con la marmellata usate a fine
pasto al posto del dolce.
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TOZZETTI DI VITERBO
REINTERPRETATI DAGLI ALLIEVI
della 3^ I cucina
INGREDIENTI PER 3 KG DI TOZZETTI
3 kg di farina
1 kg e ½ di zucchero a velo
1 kg e ½ di burro
24 rossi d’uovo
Chiare d’uovo q.b. per ammorbidire
1 kg di uva sultanina
1 kg di noci sgusciate
1 kg di mandorle sgusciate
1 kg di cioccolata fondente tritata
PROCEDIMENTO
Impastare burro e zucchero a velo finché il burro non assorba tutto lo zucchero;
aggiungere la farina e continuare a impastare; incorporare tutti i tuorli e, se l’impasto
risulta duro aggiungere qualche chiara d’uovo.
Infine, incorporare uva passa, mandorle, noci e cioccolata tritata.
Formare dei dischi e cuocere in forno a 180° per 25-30 minuti.
Guarnire a piacere con cioccolato bianco o fondente.
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MARCHI DI DENOMINAZIONE D’ORIGINE
DOP, IGP, STG dei prodotti alimentari
Per proteggere la tipicità di alcuni prodotti alimentari, l’Unione Europea ha varato
una precisa normativa, stabilendo due livelli di riconoscimento:
- DOP
- IGP
La sigla DOP (denominazione d’origine protetta) estende la tutela del marchio
DOC (denominazione d’origine controllata) a tutto il territorio Europeo e, con gli
accordi internazionali GATT, anche al resto del mondo. Il marchio designa un
prodotto originario di una regione e di un paese le cui qualità e caratteristiche siano
eccezionalmente, o esclusivamente, dovuta all’ambiente geografico (termine che
comprende i fattori naturali e quelli umani).
Tutta la produzione, la trasformazione e l’elaborazione del prodotto devono
avvenire nell’area delimitata.
La sigla IGP (indicazione geografica protetta) introduce un nuovo livello di tutela
qualitativa e tiene conto dello sviluppo industriale nel settore, dando più peso alle
tecniche di produzione rispetto al vicolo territoriale. Quindi la sigla identifica un
prodotto originario di una regione e di un paese le cui qualità, reputazione e
caratteristiche si possono ricondurre all’origine geografica, e di cui almeno una fase
della produzione, trasformazione ed elaborazione avvenga nell’aria delimitata.
Entrambi questi riconoscimenti comunitari costituiscono una valida garanzia per il
consumatore, che sa così di acquistare alimenti di qualità, che deve rispondere a
determinati requisiti e sono prodotti nel rispetto dei precisi disciplinari.
Costituiscono inoltre una tutela anche per gli stessi produttori, nei confronti di
eventuali imitazioni e concorrenza sleale.
DOP (DENOMINAZIONE D’ORIGINE PROTETTA)
“DOP” è il marchio di qualità che viene attribuito a quegli alimenti le cui
caratteristiche uniche e inconfondibili dipendono dal territorio in cui sono prodotti.
Gli eventuali rilevanti per l’attribuzione di una DOP sono il clima, le caratteristiche
ambientali, le tecniche di produzione tramandate nel tempo, l’artigianalità.
Per il riconoscimento della DOP tutte le fasi della lavorazione (produzione,
trasformazione, elaborazione) devono avvenire in un area geografica delimitata. Le
condizioni che permettono di beneficiare del riconoscimento comunitario figurano in
un’apposito protocollo, il disciplinare di produzione, che precisa il nome e la
descrizione del prodotto, la delimitazione della zona geografica, di metodi di
produzione, gli elementi comprovano il legame con l’ambiente geografico, gli
organismi di controllo, l’etichettatura e eventuali requisiti normativi.
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PRODOTTI AGRICOLI A MARCHIO “DOP”
ASPARAGO VERDE
Prodotto in un’area ristretta concentrata nel
comune di Canino, in pochi anni, ha
conquistato un posto di primo piano, nel pur
vasto panorama di prodotti di qualità della
Tuscia Viterbese.
Le
caratteristiche
qualitative
dell’asparago di Canino derivano dal colore
verde uniforme su tutto il gambo, dall’apice
stretto e tenero e da una commestibilità
eccelsa. Per l’assenza di scarto l’asparago di Canino viene definito “mangiatutto”.
Tra le varie proprietà che gli sono state attribuite spiccano i benefici delle
funzione diuretiche e depurative. Gli asparagi contengono sali minerali come ferro e
potassio, fosforo, magnesio e vitamine del gruppo B e C.
OLIO EXTRAVERGINE DI CANINO
Viene ottenuto dalla molinatura delle olive dalla varietà:
Caminese e cloni derivati, Leccino, Pendolino, Maurino e
Frantoio, presenti da sole o congiuntamente negli oliveti
fino a 100%. Possono, altresì, concorrere altre varietà
presenti negli oliveti in misura non superiore al 5%.
L’olivo viene coltivato nei terreni di origine
vulcanica, con presenza, lungo le valli del fiume Fiora, di
terreni calcoleri-silicei derivanti da rocce quaternarie e
terreni alluvionali, posti entro un limite altimetrico di
450 metri s.l.m. La raccolta viene eseguita sulla pianta manualmente o attraverso
mezzi agevolatori con vere e proprie macchine raccoglitrici, dalla seconda decade di
ottobre a metà gennaio.
L’estrazione delle olive in olio avviene attraverso
processi meccanici e fisici atti a garantire la
produzione di oli senza alcuna alterazione delle
caratteristiche qualitative contenute nel frutto.
Furono i Greci all’epoca di Tarquinio Prisco ad
introdurre in maniera definitiva l’olio di oliva nel
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territorio laziale anche se ormai accettato che gli Etruschi coltivavano questa pianta
e ne commerciavano il prodotto sin dal 4 sec a.C.
È soprattutto il territorio a nord della regione, in Tuscia, che gli Etruschi
diffusero la coltivazione dell’olio e l’uso dell’olio, considerato già in quel tempo
alimento pregiato. Questo è testimoniato dal ritrovamento di alcuni noccioli di olivo
in 2 tombe della prima metà del 7 sec a.C.,che forse facevano parte dell’offerte ai
defunti. Altra testimonianza storica , della mineraria tradizione locale,verso la
preziosa pianta di olivo è data dalle proprie colline ricoperte da olivi secolari.
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IGP (INDICAZIONE GEOGRAFICA PROTETTA)
E’ il marchio di qualità che viene attribuito a quei prodotti agricoli-alimentari per cui
una determinata qualità dipende dall’origine geografica e la cui produzione,
trasformazione e/o elaborazione avviene in un ‘area geografica determinata. Il
legame con il territorio è sempre fondamentale, ma, a differenza di quanto avviene
per le DOP, si ammette che parte del processo produttivo avvenga al di fuori
dell’area delimitata.
Analogamente a quanto visto per la DOP, chi prduce prodotti IGP deve
attenersi alle regole stabilite in un disciplinare la cui applicazione è garantita da un
organismo di controllo specifico.
Oggi i prodotti agro-alimentari che hanno già ottenuto il marchio di qualità
europeo sono 677, ma la situazione si evolve giorno per giorno.
PRODOTTI AGRICOLI A MARCHIO “IGP”
CARCIOFO ROMANESCO
E’ una pianta erbacea poliennale, provvista di rizoma
sotterraneo, dalle cui gemme si sviluppano fusti ramificati;
presenta un colore verde cenerino, è sferico, compatto con
un caratteristico foro all’apice. Le cultivar del carciofo
romanesco sono Castellamare e relativi cloni, Campagnano e
relativi cloni. Il carciofo detesta l’umidità, come pure le
temperature inferiori ai 4-5°, richiede un clima mite e, per
quanto riguarda i terreni, predilige quelli profondi, di medio
impasto, ben drenati e neutri. Per le notevoli cure culturali
che richiede, il carciofo è specie da rinnovo, miglioratrice e può quindi, precedere o
seguire cereali e altri ortaggi.
Il carciofo romanesco è conosciuto sin da epoca romana, già gli Etruschi
raccoglievano questo prodotto. Infatti, secondo il botanico Montellucci, è da
attribuire agli Etruschi l’opera di addomesticamento e della coltivazione di questo
ortaggio.
La sua diffusione iniziata a partire dal XV secolo, gli ha permesso di occupare
rapidamente, fin dal tardo Rinascimento, un posto di assoluto prestigio nella
gastronomia laziale.
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KIWI LATINA
Frutto della specie botanica Actinidia deliciosa,
cultivar Hayward, fornito allo stato fresco al
consumatore. Forma cilindrica-ellissoidale; buccia di
colore bruno chiaro con fondo verde chiaro; polpa
verde smeraldo chiaro.
Gli impianti sono realizzati con piante innestate
su tronco di un anno di innesto, oppure autoradicate
sempre di un anno di moltiplicazione. Le forme di
allevamento adottate sono il tendone e/o la pergola.
La raccolta del frutto avviene nel periodo compreso tra la fine di ottobre e l’inizio di
novembre.
La coltura dell’actinidia si è sviluppata intorno all’anno
1970. Nel 1978 è stato organizzato a Torino il primo
convegno sull’actinidia, nel corso del quale la zona dell’Agro
Pontino è stata menzionata come zona italiana
particolarmente vocata per la produzione del kiwi. Dal
1970, numerosi sono gli articoli pubblicati sia su giornali
quotidiani che su riviste specializzate a tiratura nazionale ed internazionale, che
testimoniano il progressivo sviluppo dell’actinidia nella provincia pontina.
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DENOMINAZIONI SPECIFICHE
Norme Comunitarie
Denominazione di origine protetta (Dop):
riconoscimento assegnato ai prodotti agricoli ed alimentari le cui fasi del processo
produttivo, vengano realizzate in un’area geografica delimitata e il cui processo
produttivo risulta essere conforme ad un disciplinare di produzione. Queste
caratteristiche sono dovute essenzialmente o
esclusivamente all’ambiente geografico, comprensivo dei fattori naturali ed umani.
(Reg. Cee 2081/92).
Indicazione geografica protetta (Igp):
il termine «Igp» è relativo al nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi
eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare
originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese e di cui una
determinata qualità, la reputazione o un’altra caratteristica possa essere attribuita
all’origine geografica e la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione
avvengano nell’area geografica determinata. (Reg. Cee
2081/92).
Prodotti locali:
per locale si intende una categoria di prodotti tipici o tradizionali che si
caratterizzano per l’esiguità della produzione, per la mancanza di ogni disciplinare o
protocollo e per l’estrema variabilità delle tecniche di produzione.
Prodotti tipici:
con questo termine - cui si attribuisce un significato a valenza trasversale - si
indicano i prodotti Dop e Igp; i vini Doc e Docg e i vini Igt; i prodotti tradizionali
agro-alimentari, i prodotti meritevoli di riconoscimento comunitario per la cui
realizzazione si usano materie prime di particolare pregio.
Specialità tradizionale garantita (Stg):
riconoscimento, ai sensi del Regolamento CE 2082/92, del carattere di specificità di
un prodotto agro-alimentare, inteso come elemento od insieme di elementi che, per
le loro caratteristiche qualitative e di tradizionalità, distinguono nettamente un
prodotto da altri simili. Ci si riferisce, quindi, a prodotti ottenuti secondo un metodo
di produzione tipico tradizionale di una particolare zona geografica, al fine di
tutelarne la specificità. Sono esclusi da questa disciplina i prodotti il cui carattere
peculiare sia legato alla provenienza o origine geografica; questo aspetto distingue le
Stg dalle Dop e dalle Igp.
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Un discorso a parte meritano le etichette dei vini, infatti la produzione vinicola ha
da sempre goduto di una particolare tutela dal punto di vista certificativo, le
etichettatura ora in vigore sono:
Denominazione di origine controllata (Doc):
riconoscimento di qualità attribuito a vini prodotti in zone limitate (di solito di
piccole/medie dimensioni), recanti il loro nome geografico. Di norma il nome del
vitigno segue quello della Doc e la disciplina di produzione è rigida.
Tali vini sono ammessi al consumo solo dopo accurate analisi chimiche e sensoriali.
(Legge 164/92).
Indicazione geografica tipica (Igt):
riconoscimento di qualità attribuita ai vini da tavola caratterizzati da aree di
produzione generalmente ampie e con disciplinare produttivo poco restrittivo.
L’indicazione può essere accompagnata da altre menzioni, quali quella del vitigno.
I vini Igt sono gli omologhi dei francesi «Vin de Pays» e dei tedeschi «Landwein».
(Legge 164/92).
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VINI A DENOMINAZIONE
D’ORIGINE CONTROLLATA
e
INDICAZIONE GEOGRAFICA TIPICA
DOC e IGT
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CANNELLINO DI FRASCATI
Ottenuto dal magistrale mix di uve Malvasia puntinata e del Lazio e
Trebbiano toscano e giallo, dal sapore dolce e aromatico, esprime
una delle migliori eccellenze dei vini del Lazio.
CERTIFICAZIONE:Vino a Denominazione d'Origine Controllata
(DOC).
ZONA DI PRODUZIONE: Colline a sud di Roma.
TERRENO: Medio impasto di origine vulcanica.
VITIGNI: Malvasia puntinata del Lazio, Malvasia di Candia,
Trebbiano giallo e Trebbiano toscano.
VINIFICAZIONE: Appassimento delle uve, vinificazione in bianco, chiarifica e
fermentazione a temperatura controllata di 18°
CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE:
Colore:giallo carico
Bouquet:fruttato intenso
Sapore: dolce, aromatico
GRADO ALCOLICO: 10,50% Vol.
BICCHIERE CONSIGLIATO: Calice a tulipano.
ABBINAMENTI GASTRONOMICI: Particolarmente indicato con salumi, formaggi piccanti e
come vino da dessert.
TEMPERATURA DI SERVIZIO:10°C
MODO DI CONSERVAZIONE:Bottiglia coricata in ambiente fresco, al riparo dalla luce.
CASTELLI ROMANI ROSSO
Ottenuto da vitigni Sangiovese e Merlot, dal colore rosso rubino e
dal sapore secco e piacevolmente vinoso.
CERTIFICAZIONE: Vino a Denominazione d'Origine Controllata
(DOC).
ZONA DI PRODUZIONE: A sud di Roma nel parco dell'Appia
Antica.
TERRENO: Medio impasto di origine vulcanica.
VITIGNI: Sangiovese, Merlot.
VINIFICAZIONE: Macerazione per 5 giorni a temperatura ambiente, svinatura e
fermentazione lenta.
CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE
Colore:rosso rubino
Bouquet:vinoso, caratteristico
Sapore: secco, sapido, medio corpo, piacevolmente vinoso
GRADO ALCOLICO: 12,50% Vol.
BICCHIERE CONSIGLIATO: Calice a stelo medio di vetro trasparente.
ABBINAMENTI GASTRONOMICI: Carni rosse, formaggi stagionati.
TEMPERATURA DI SERVIZIO: 18°C
MODO DI CONSERVAZIONE: Bottiglia coricata in ambiente fresco, al riparo dalla luce.
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CASTELLI ROMANI BIANCO
Ottenuto da vitigni di Malvasia e Trebbiano dal colore giallo paglierino e
dal sapore secco e armonico.
CERTIFICAZIONE:
Vino a Denominazione d'Origine Controllata (DOC).
ZONA DI PRODUZIONE: A sud di Roma nel parco dell'Appia Antica.
TERRENO:Medio impasto di origine vulcanica.
VITIGNI: Malvasia bianca del Lazio e puntinata, Trebbiano toscano giallo
e verde.
VINIFICAZIONE: Vinificazione in bianco, chiarificazione e fermentazione a temperatura
controllata a 18°C per 20 giorni.
CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE
Colore: giallo paglierino
Bouquet: delicato, leggermente fruttato
Sapore: secco, sapido, armonico
GRADO ALCOLICO: 12,00% Vol.
BICCHIERE CONSIGLIATO: Calice a stelo medio di vetro trasparente.
ABBINAMENTI GASTRONOMICI: Per aperitivi; si abbina ad antipasti, primi asciutti,
pesce, crostacei, formaggi a pasta fresca e carni bianche.
TEMPERATURA DI SERVIZIO: 8÷10°C
MODO DI CONSERVAZIONE: Bottiglia coricata in ambiente fresco, al riparo dalla luce.
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IGT DEL LAZIO ROSSO
Ottenuto da vitigni Merlot, Sangiovese e Montepulciano dal colore
rosso intenso, dal profumo speziato e dal sapore piacevolmente
aromatico.
CERTIFICAZIONE: Vino a Indicazione Geografica Tipica (IGT).
ZONA DI PRODUZIONE: A sud di Roma, nel parco dell'Appia Antica.
TERRENO: Medio impasto di origine vulcanica.
VITIGNI: Merlot, Cabernet Sauvignon, Montepulciano.
VINIFICAZIONE: Pressatura soffice, macerazione carbonica ed affinamento in silos
d'acciaio.
CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE
Colore: rosso intenso
Bouquet: esprime note di frutti di bosco
Sapore: piacevolmente aromatico
GRADO ALCOLICO: 12,50% Vol.
BICCHIERE CONSIGLIATO: Calice a stelo medio.
ABBINAMENTI GASTRONOMICI: Minestre, carmi rosse e formaggi di media stagionatura.
TEMPERATURA DI SERVIZIO: 18°C
MODO DI CONSERVAZIONE: Bottiglia coricata in ambiente fresco, al riparo dalla luce.
IGT DEL LAZIO BIANCO
Ottenuto da uve Malvasia, Trebbiano e Chardonnay dal profumo
fruttato di buona struttura, complessivamente un vino di
equilibrata alcolicità.
CERTIFICAZIONE: Vino a Indicazione Geografica Tipica (IGT).
ZONA DI PRODUZIONE: A sud di Roma, nel parco dell'Appia
Antica.
TERRENO: Medio impasto di origine vulcanica.
VITIGNI: Malvasia puntinata, Malvasia di Candia e Trebbiano.
VINIFICAZIONE: Pigiatura soffice e fermentazione a temperatura controllata.
CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE
Colore: giallo dorato
Bouquet: ampio con piacevoli sfumature dai toni speziati
Sapore: morbido di buon equilibrio
GRADO ALCOLICO: 12,00% Vol.
BICCHIERE CONSIGLIATO:Calice a stelo medio.
ABBINAMENTI GASTRONOMICI: Minestre, piatti a base di pesce, carni bianche.
TEMPERATURA DI SERVIZIO: 8-10°C
MODO DI CONSERVAZIONE: Bottiglia coricata in ambiente fresco, al riparo dalla luce.
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SITOGRAFIA e BIBLIOGRAFIA
Donegani G., Moribondo C., Romani R., Vaccarini G., Tecnica e pratica operativa di sala e bar, Franco
Lucidano editore, 2002
www.colosseo-roma.it
www.ricettedi.it
www.ricettepercucinare.com
www.cucinare.meglio.it
www.provincia.vt.it
www.tusciaviterbese.it
www.prodottitipici.com/prodotto/4912/Tozzetti-Di-Viterbo.htm
www.tusciainvetrina.info/tiv/dettaglio.asp?elemento=art&idEle=25&txtTitolo=I+Tozzetti+di+Viterbo
www.italy-food.net
www.tusciatour.it
www.ilcarcioforomanesco.it
www.romaincampagna.it
www.laziodiqualita.it
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