Aprendo il calendario - Missionari Saveriani Brescia

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Aprendo il calendario - Missionari Saveriani Brescia
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2012 GENNAIO n. 1
Aprendo il calendario
All’inizio dell’anno vorremmo sapere...
L
o scorso
novembre
Missionari Saveriani ha offerto,
a tutti i lettori e
lettrici, il nostro
calendario, portatore dei nostri
auguri per l’anno
nuovo. è un utile strumento che
permette di contare i giorni che
Dio ci dona per
farci “giungere
alla sapienza del
cuore”.
Il tempo sembra
accorciarsi sempre
Padre Tonino Melis, in Camerun, si augura che il suo
piccolo amico possa avere un
futuro di giustizia e pace.
più con il suo passare. Non vi
sembra, infatti, ieri il capodanno
del 2011? Come erano interminabili le stagioni, soprattutto gli
anni scolastici, quando eravamo
ragazzi; e come invece scivolano
via in fretta oggi le settimane!
Vorrei scrutare, sapere...
Sfogliando il calendario, è
spontaneo chiederci che cosa ci
porterà il nuovo anno; vorremmo sapere che cosa ci riserva,
e magari determinarne il corso.
Ogni cultura e ogni epoca per
scrutare il futuro ha me­todi propri, basati di solito su credenze
religiose o magiche, forme di
divinazione o di interpretazione
dei sogni. Con l’affermarsi della scienza, questi metodi si sono
perfezionati, grazie anche alla
fisica e alla matematica.
Oggi cresce la fiducia di riu-
p. GABRIELE FERRARI, sx
scire a calcolare non solo la durata dell’universo - cosa per sé
accessibile -, ma anche a prevedere la fine del mondo e a prolungare la vita umana. Qualche
mese fa in un giornale nazionale
- che si crede serio - è apparso
un articolo che apriva con questa frase: “I primi esseri umani
destinati a vivere fino alla soglia
dei mille anni sono quasi certamente già nati”. Sarà vero?
Le pretese della scienza sembrano senza limiti. E non da
oggi. Scriveva Pierre-Simon
de Laplace (morto nel 1827):
“Un’intelligen­za che, in un dato
istante, potesse conoscere con
precisione lo stato dell’universo
e che fosse ab­bastanza grande da
sottoporre questi dati all’a­nalisi,
potrebbe ricavarne l’evoluzione
dei più grandi corpi e dell’atomo
più leggero: nulla ne risultereb-
“NON SO PIù COSA FARE!”
Come educarci alla giustizia e alla pace
p. MARCELLO STORGATO, sx
e un messagU ngiotitolo
didattico, quello di
Benedetto XVI per la giornata
mondiale della pace 2012:
«Educare i giovani alla giustizia e alla pace». «Si tratta
di comunicare ai giovani l’apprezzamento per il valore positivo della vita, suscitando in
essi il desiderio di spenderla al
servizio del bene», scrive giustamente il Papa. Non è cosa da
poco; più facile dirlo che farlo.
Ancor più se sono le nuove generazioni a dover essere «educate».
Ma tutti ne percepiamo
l’importanza e l’urgenza. È un
compito che ci coinvolge tutti
e a tutti i livelli, in modo globale. Per questo motivo, mi
sono permesso di portare una
piccola modifica al titolo con:
«educarci con i giovani alla
giustizia e alla pace». Anche
la prospettiva è modificata:
dobbiamo prima educare noi
stessi, per educare i giovani
alla giustizia e alla pace. E qui
è proprio il caso di dirlo, di cantarlo in tutti i toni con il super
«Molleggiato»:
«Non so più cosa fare...». Cosa facciamo, appunto? Un corso accelerato, con poche lezio-
ni ben fatte? O un master con
tanto di diploma da appendere
alla parete? Occorre ben altro.
Non è tanto questione di imparare teorie, di studiare libri
o fare ricerche su internet...
Vale la pena citare la famosa
convinzione di Paolo VI: “L’uomo contemporaneo ascolta
più volentieri i testimoni che i
maestri; o se ascolta i maestri,
lo fa perché sono testimoni”.
Era vero trenta anni fa. Oggi
forse, anche i testimoni hanno
i tempi duri!
I gran maestri, infatti - quelli
che danno lezioni a tutti, su
tutto - li sentiamo gridare che
«non accettano lezioni da nessuno». Come potranno essere
testimoni, se loro stessi non vogliono ascoltare? Parafrasando
l’apostolo Giovanni, possiamo
dire che solo «ciò che noi ascoltiamo e vediamo, che tocchiamo e facciamo nella pratica»
ha valore di testimonianza, da
poter essere annunciato agli
altri, e soprattutto ai giovani.
«Manca la forza motivante,
capace di indurre (condurre) i
singoli e i gruppi sociali a fare
rinunce e sacrifici», semplicemente perché «fare il bene
è bello, esserci per gli altri è
bello», ha detto Benedetto XVI
agli amici della Curia romana,
appena prima di Natale.
Eppure, la posta in gioco è
talmente importante per noi,
per i giovani e per le generazioni future - in Italia e nel
mondo intero - che non possiamo star lì a litigare: a chi tocca
per primo...; chi ha il dovere
di...; di chi è la colpa...; e altre
simili scuse infantili.
Non ci resta che prenderci
ognuno il nostro residuo di
buona volontà e metterci insieme alla scuola gli uni degli
altri, per praticare un po’ di
più la giustizia e la pace, a cominciare dalla nostra vita quotidiana, per estendere il nostro
impegno alle altre sfere della
vita: famigliare, sociale, politica, economica, generazionale.
Con la pazienza tipica di Dio
e con la testardaggine di chi
crede che - in queste cose soprattutto - la fretta non paga.
Si tratta, infatti, di porre rimedio alla superficialità, di non
arrendersi alla rassegnazione,
di non dare per scontato che
ormai il mondo va a rotoli, e
noi con lui. Perché davvero «fare il bene è bello»; e farlo insie■
me è meglio ancora.
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be incerto; l’avvenire come il
passato sarebbe presente ai suoi
occhi”.
L’illusione del successo
Ma pensare di prevedere l’avvenire, e magari anche il comportamento umano, è un’illusione. Perché l’uomo, dotato dal
Creatore di una scintilla della
sua libertà sovrana, rimane pur
sempre una persona libera che
annulla ogni previsione esatta
sul suo comportamento. E anche perché la fisica dei quanti
ha scoperto che nella materia si annida “un’eliminabile
indetermina­zione” che manda in
tilt il mondo delle scienze esatte;
figuriamoci il mondo etico, politico o sociale!
Eppure anche oggi persiste
la voglia di conoscere, spiegare e determinare il futuro delle
persone e della società. Questo
spiega il successo degli oroscopi
- quotidiani, mensili e annuali -,
ricercati come un oracolo sicuro,
per la gioia e il lucro dei ciarlatani che li pubblicano. Spiega il
successo anche delle previsioni
finanziarie ed economiche, sti­
late con intelligente tempismo e
sicumera da consulenti finanziari
dell’economia (le agenzie di rating), a cui poco interessa l’esattezza delle previsioni, e meno
ancora i rischi cui sottopongono
il sistema economico con grave
danno di tutti coloro che vogliono vivere con serietà.
i­nestirpabile della natura umana,
refratta­ria anche alle controprove
più evidenti, ha però un altro effetto negativo: quello di paralizzare la necessaria reazione e l’impegno a costruire il futuro. È un
fatto evidente: meno si crede in
Dio, relegandolo ai margini della
vita, e più ci si affida agli oroscopi e alle chiacchiere umane.
Non sono solo i nostri fratelli
più poveri in Africa, Asia e America Latina, vittime dell’ignoranza, a credere agli stregoni e agli
sciamani. Anche nel nostro mondo moderno, illuminato e razionale, impera la creduloneria.
La fede invece, all’inizio
dell’anno nuovo, ci insegna a invocare lo Spirito Santo perché ci
illumini per vedere dove si deve
andare, ci sostenga nell’affrontare giorno per giorno la vita e
infine ci aiuti a immettere nella
storia quella carica di carità e di
verità, di fraternità e di solidarietà che la renda umana.
Dio nel nostro cuore
La Parola ci assicura che i nostri giorni “sono nelle mani di
Dio” (salmo 31) e ci richiama
un’affermazione risuonata molti
secoli fa e sempre vera: “Uomo,
ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore
da te: praticare la giustizia, amare
con tenerezza e camminare umilmente con il tuo Dio” (Michea
6,8). A questa, fa eco una parola di Gesù nel vangelo di Luca
(12,30-32) che possiamo tradurre così: “Non state in ansia per
il vostro futuro. Il Padre vostro
conosce i vostri bisogni. Al cuore
della vostra vita mettete Dio, e il
resto vi sarà dato in aggiunta. E
non abbiate paura”.
■
Le chiacchiere e la fede
La creduloneria, componente
Buon anno,
carissimi lettori!
2012 gennaio n.
ANNO 65°
1
2
Riparatori di brecce
3
Evangelizzare giustizia e pace
4/5
Sapere per capire...
6
I nostri primi giorni di missione
Padre Uccelli, amico di san Giuseppe
Due diaconi e primo saveriano “santal”
I missionari cercano di fare la loro parte
Tre belle inziative a cui aderire
2012 GENNAIO
m is sion e e spirito
missione FAMIGLIA
I nostri primi giorni in missione
Il viaggio, l’amicizia, la casetta e... il calendario
C
iao a tutti! Siamo sopravvissuti al lungo viaggio in aereo, da Roma a San Paolo di Brasile e poi fino a Curitiba. Siamo stati
fortunati, perché ci hanno sistemato in una postazione per chi viaggia con bambini piccoli. All’aeroporto ci hanno dato la precedenza.
Che soddisfazione passare davanti a tutti, con una figlia che sbraita nel passeggino e un figlio che
spinge i carrelli come se fosse su
una pista di go-kart!
La bella città del sud
Alessandro - Arrivati a Curitiba dopo due giorni di viaggio,
eravamo stanchi. Abbiamo solo telefonato ai genitori per dire
che era andato tutto bene. È venuto a prenderci p. Sante, che ci
ha scattato la prima foto in terra brasiliana. Per tre giorni siamo stati ospiti degli studenti saveriani di filosofia. Ci hanno accolto con molto affetto e ci siamo sentiti subito a casa, anche se
lontani dalle nostre famiglie. È
una grande grazia vedere come
l’amicizia si rinnova e allarga.
Abbiamo fatto un giro per la
città: un parco pulito, con giochi,
laghetto e percorso ginnico; e i
grattacieli sullo sfondo. Qui non
ci sono favelas, con le fogne a
cielo aperto... In effetti, Curitiba
è una città ricca. Ci hanno spiegato che in Brasile è il contrario
dell’Italia: più scendi al sud più
aumenta la ricchezza.
Alessandra - Cerchiamo di inculturarci: bere solo l’acqua filtrata, non avere il bidet e, soprattutto, ricordarci di non gettare la
carta igienica nel water, ma nel
cestino (proprio così!). E i bimbi? Miriam mangia quantità di
riso, fagioli e tutto il resto; Francesco, dopo due giorni di riso (la
base di ogni pasto), ha assaggiato il mango (buono!), e ha chiesto... quando andremo dai nonni? Ce lo aspettavamo!
La nostra nuova casetta
Alessandro - Sabato matti-
MISSIONE BAMBINI
PADRE PIETRO UCCELLI
Il saveriano amico di san Giuseppe
POF, sx
F
ong-Shenfu: così lo chiamavano i cinesi, cioè “Uccelli padre
spirituale”. Era partito da Barco, sulle colline Reggiane per
arrivare fin là, inseguendo il sogno di san Francesco Saverio e di
san Guido Conforti.
Fa un sacco di fatica per imparare
il cinese, una lingua difficile! Ma il
suo amore per i bambini, i poveri e
i malati lo aiuta a superare le difficoltà. Dall’amico cinese Lo Pa-hong
aveva scoperto che san Giuseppe
faceva tante belle cose.
Un giorno san Guido gli scrive di
tornare dalla Cina; vuole mandarlo
a Vicenza per formare nuovi missionari. Anche qui egli trova san
Giuseppe e con lui riesce a fare un
sacco di cose, soprattutto a non far
patire la fame ai ragazzi che studiavano. Per esempio, se c’era bisogno di patate, padre Pietro scriveva
“patate” su un pezzo di carta e lo
metteva ai piedi della statuetta di
san Giuseppe. Dopo un po’, arrivaPadre Pietro Uccelli, il saveriano
vano le patate e il cuoco le faceva
reggiano amico di san Giuseppe
bollire per i ragazzi.
I ragazzi spesso sentivano da lui queste parole: ”Fate a modo.
Mi raccomando, da bravi, fate a modo. A far bene è meno fatica
che a far male, ve lo dico io”. Quando i ragazzi sbagliavano, lui
non si arrabbiava, perché ricordava il proverbio cinese: ”Quando
si ha fretta, il cavallo s’impenna”. Se li vedeva distratti, si tirava la
barbetta e li riempiva di racconti sulla vita missionaria.
Ma padre Pietro faceva anche altre cose... strane. Vi racconto una
storia. Nel 1953 nasce un bambino di nome Angelo. Dopo pochi
mesi, i genitori si accorgono che sta male e lo portano all’ospedale.
I medici fanno tutto il possibile, ma alla fine dicono alla mamma:
”Signora, noi non sappiamo cosa abbia il suo bambino. Più di così
non sappiamo fare”.
Un giorno il papà, che lavorava nei campi, prende alcuni vestitini
del bambino e va via, non si sa dove. Al ritorno, la mamma dà da
mangiare al bambino, che comincia a sentirsi meglio e si riprende.
Allora la mamma, curiosa, chiede al marito: dove sei andato? Il
papà risponde che era stato a Vicenza da padre Uccelli, che gli
aveva detto: ”Io lo benedico il tuo Angelo, ma abbi fede anche tu,
giovanotto. Perché se hai fede, acquisti; ma se non hai fede, hai
fatto la strada per niente!”.
2
Un’altra cosa curiosa: padre Pietro è ora sepolto nella chiesetta
dei saveriani, in Viale Trento a Vicenza. Lì vicino c’è il convento dove - qualche centinaio di anni prima - era passato il giovane Francesco Saverio. I santi si danno sempre appuntamento nella storia! ■
ALE & ALE ANDREOLI
na siamo partiti da Curitiba alla volta di Laranjeiras, a bordo
della jeep di p. Diego. Il viaggio
- 500 chilometri - non è andato male, ma pioveva a secchiate
e non vedevamo niente! La nostra nuova casa è vicina a quella
dove abitano i due saveriani, responsabili della missione.
C’è un parco, dove p. Diego
alleva ogni sorta di animali: pecore, galline, tacchini, conigli…;
c’è anche la cavalla “Gina”. Tutti
al pascolo, liberi nel parco. Una
volta che hai preso confidenza
con le varie “cacche” disseminate dappertutto, è molto suggestivo! Chi si diverte di più sono
Miriam e Francesco, che possono stare allo “stato brado”. Hanno già iniziato a dar da mangiare
agli animali, insieme a p. Diego.
Alessandra - La nostra casa è
piccolina: un soggiorno e due camerette; ma per noi vanno bene.
In una stiamo io e Ale; nell’altra
Franci e Miriam. Abbiamo anche
due piccoli bagni, con la doccia
appiccicata al water; ma abbiamo scoperto che c’è un tubicino attaccato alla doccia, che può
essere usato in alternativa al bidet: che soddisfazione! Abbiamo
Dopo l’anno dedicato al Conforti, riprendiamo l’impostazione
di prima, dividendo la pagina in tre parti, destinate alla famiglia,
ai giovani, ai bambini.
Alessandro e Alessandra sono giovani sposi: lui marchigiano;
lei friulana. Si sono conosciuti agli incontri del “laicato saveriano”: quei laici che cercano di vivere seguendo la spiritualità missionaria di san Guido Conforti. Hanno due figli: Francesco di 5 e
Miriam di 2 anni. Il 25 ottobre, dopo aver partecipato alla canonizzazione di san Guido, sono partiti per il Brasile: passeranno
un anno con i saveriani di Laranjeiras.
Ogni mese ci racconteranno un pezzo della loro vita missionaria, a puntate. Li ringraziamo per questo impegno e li accompagniamo con la preghiera e l’affetto.
comprato un letto matrimoniale
in legno, che è costato un quarto
del materasso. Abbiamo spostato
qualche armadio e tavolo, e praticamente siamo a posto.
Siamo andati anche al supermercato popolare: un posto inte-
La famiglia Andreoli al completo,
in terra brasiliana
ressante, con i prezzi bassi. Il proprietario ha comprato un pezzo di
terra adiacente il mercato, dove
vengono coltivati frutta e ortaggi
venduti a “km 0”: una bella idea!
La nostra vita insieme
La nostra squadra è al completo: p. Diego Pelizzari e p. Gabriele Guarnieri, saveriani, uno bergamasco e l’altro cremonese; noi
due e i nostri due figli. Abbiamo
subito iniziato a pregare insieme
la sera, dopo cena, cercando di
condividere il vissuto della giornata e coinvolgendo i bambini.
Abbiamo anche cominciato a
organizzarci per le attività future, ma il primo passo sarà appendere un calendario in cucina, su
cui scrivere le cose in programma, perché qui ognuno è abituato a muoversi in autonomia!
Un bacione a tutti. Alla prossima!
■
missione GIOVANI
Se rovesciamo le domande...
C
ari amici, dopo un anno di
pausa per lasciar spazio a
san Guido Conforti, torna la rubrica “Missione Giovani”, che
per tutto il 2012 avrò il piacere
di seguire. In realtà, protagonista
di questi racconti non sono io,
ma voi, che sento come compagni di viaggio.
Quest’anno ancora di più, perché abbiamo deciso di cambiare
un po’ le modalità di questa rubrica, interpretando alcune richieste
che ci sono arrivate: vogliamo
puntare sulle vostre domande,
per rendere la rubrica più… interattiva, dialogante, interessante.
Cosa c’è di meglio, infatti, dei
pensieri, delle preoccupazioni,
delle speranze dei giovani, come
spunto per parlare di ciò che accade intorno a noi, delle difficoltà
di una vita di fede, dell’urgenza
di essere missionari oggi?
Perciò attendiamo i vostri
contributi, per creare un piccolo
blog tra noi giovani sulle colonne di “Missionari Saveriani”.
Non abbiamo i mezzi per creare forum rapidi e continui, ma
non è detto che un argomento si
esaurisca in una puntata, anzi. Se
il dibattito è interessante, è giusto riprenderlo e approfondirlo,
senza del resto pretendere di
avere in mano la verità.
Intanto, iniziamo l’anno con
due domande impegnative, che
ho raccolto durante un bel confronto, in occasione della canonizzazione di san Guido Conforti, a Roma. Le ho sentite rivolgere a un missionario, durante una
DIEGO PIOVANI - [email protected]
pausa di quelle intense giornate.
Un cristiano vero deve essere gioioso! E chi è triste?
Il dialogo era privato. Non ho
potuto ascoltare la risposta: avrei
fatto la figura dello spione. Ma
avrei voluto essere una mosca
per girare attorno a quei due e
ascoltare il dialogo. Poi, ho rivolto a me stesso la domanda, e
ho pensato che anche un credente senza la… tonaca dovrebbe
essere in grado di rispondere,
magari ribaltando la domanda.
Spesso, sbagliando, viviamo
la fede come un codice della
strada; come un elenco di cose
che non possiamo fare, che limitano il nostro campo d’azione e
che ci danno brivido solo se le
trasgrediamo. Che brutta immagine! Essere cristiani significherebbe vivere da mortificati, da
persone tristi. Ma chi l’ha detto,
chi l’ha scritto?
Ve lo immaginate un missionario incavolato nero, mai sorridente, sempre pronto a sottolineare i problemi, a rassegnarsi alle
prime difficoltà? E noi giovani,
se non vivessimo con gioia il nostro essere cristiani, la preghiera,
INTENZIONE MISSIONARIA
E PREGHIERA DEL MESE
L’impegno dei cristiani per
la pace sia occasione per testimoniare il vangelo di Cristo a tutti gli uomini.
Le vittime dei disastri naturali ricevano il conforto e il
sostegno necessario per ricostruire la loro vita.
Uccelli: “Fate a modo! A far
bene è meno fatica che
a far male”.
la Messa, l’incontro con gli altri,
saremmo davvero dei frustrati!
Entrare in chiesa senza il broncio, fermarsi a parlare con chi
ha bisogno di conforto, superare la tristezza stando un po’ con
Dio: è un buon inizio per essere
cristiani giovani e belli. Che ne
dite? Come fate a vivere e dispensare la gioia?
Come faccio a riconoscere
Gesù nella sofferenza?
Qui bisognerebbe avere la
possibilità di usare le… intercettazioni telefoniche. Non sono
in grado di rispondere, perché la
sofferenza e il dolore sono davvero un mistero inspiegabile. Però,
anche in questo caso, ribalterei
la questione. Perché dovrei riconoscere Gesù nelle situazioni di
successo o di gioia? Solo perché
mi va bene? È come se io avessi
in mano il telecomando su Dio:
se s’inceppa sono dolori.
Io credo che Gesù ci sia vicino sia quando ci gira bene, sia
quando sembra non ci siano vie
d’uscita. M’immagino che Lui
stesso mi metta sulle spalle uno
zaino, che a me può sembrare
pesante, insopportabile. Ma se
penso che là dentro c’è anche
Lui, il mio cammino sarà meno
faticoso e forse riuscirò a mettere le ali ai piedi.
Sono proprio i missionari a insegnarcelo: sofferenze, dolori e
guerre sono vincitori apparenti.
Là dove sembra sia tutto perduto, c’è ancora un motivo per con■
tinuare a vivere la fede.
2012 GENNAIO
V ITA S AV ERIA NA
Riparatori di brecce
p. DANIELE SARZI SARTORI, sx
“Ho visto il grido; ho visto l’uomo”
Dal “Quaderno” 2011/3 del
Centro Studi Asiatico, pubblichiamo uno stralcio del lungo
articolo di p. Daniele, saveriano Mantovano in Giappone.
Intravvediamo la com-passione
del missionario.
sopravvissuto al terreU nmoto
e allo tsunami che
hanno devastato le regioni nord
orientali del Giappone lo scorso
11 marzo 2011, mi disse: “Non
si sa da che parte andare e non
si sa se ha ancora senso andare.
Un grido scuote l’abisso del mio
cuore. Non può più essere come
prima”. Queste parole descrivono il dolore che ha attraversato
un intero popolo, come se la vita avesse subito un’improvvisa
accelerazione o un vertiginoso
salto all’indietro, che ridisegna
un nuovo atlante nella terra e nel
cuore di ciascuno.
Anche se i mezzi di comu-
mare, dove si trovavano moglie
e figlio. Gli occhi ancora fissi su
pareti che non esistevano più, le
braccia avvinte a volti e vite che
il mare non ha più restituito. L’ho
visto vagare sulle rive del mare
alla ricerca dei suoi cari, accarezzando ogni piccola sporgenza
che affiorava, come se allungasse
la mano ai resti della sua vita.
L’ho visto in una mamma che,
allo stremo di forze, mi ha donato la foto del figlio, dopo averla
riportata alla luce dal fango, come a generarlo di nuovo, dicendomi: “Te lo affido”. Non erano
rimaste che increspature di colo-
La grande sfida per noi
Mi accorgo così che la comprensione di questo tempo passa per la com-passione con cui
avvicino l’orecchio e il cuore
all’uomo, per cercare di capire
la sete che lo alimenta, i desideri nascosti, le ansie di libertà. È
l’uomo la strada maestra della
chiesa, sempre. Un uomo che
Dio è ancora intento a fare e a
rifare nuovo. Sta proprio qui la
grande sfida per noi!
Ho visto questo uomo nuovo
nelle mani tese di tanti volontari,
giovani, anziani, stranieri, rifugiati, venire da tutto il Paese a svuotare e ripulire intere abitazioni o
asciugare foto o riavvolgere un
bimbo con una coperta. Oppure
scavare con le mani il terreno per
risanarlo da quel sale velenoso
che per tanti anni ancora impedirà alla terra di portare frutto.
L’ho visto in un giovane hikikomori (“isolato”) che ha trascorso anni a costruire modellini
di automobili cestinandoli subito dopo, trascinato fuori dal suo
isolamento dall’urto dell’onda,
molto più forte della sua paura
di uscirne. “Voglio guarire. Aiutami!” - mi disse, confidandomi
come si sentisse sperduto, come
se si fossero spezzati i ponti verso gli altri. L’ho invitato a essere
DUE NUOVI DIACONI
SUPERIORE IN BANGLADESH
Il 3 dicembre scorso a Yaoundé (Camerun) è stato ordinato diacono il giovane parmense Carlo Salvadori. Con lui,
anche il giovane indonesiano
Hieronimus Harum Rony. Tra
i partecipanti, due persone
speciali: i genitori venuti da
Parma. “Ringrazio il Signore,
perché in tutti i momenti cruciali della mia vita ho avuto
accanto mamma e papà”, ha
scritto il figlio commosso.
Al termine della Messa domenicale in parrocchia, una
lunga coda di gente danzante
si è snodata attorno al diacono e ai suo genitori, per dare
loro il “benvenuto” ufficiale.
La scena più bella: un bambino
paffuto che dormiva in braccio
al papà che danzava a tutto
ritmo!
Il 7 dicembre, invece, è stato ordinato diacono Andrea
Facchetti, giovane di Viadana
(MN), nel santuario “San Guido Conforti” a Parma. Ha presieduto il vescovo mons. Solmi,
successore del Conforti. Dopo
la laurea in scienze della comunicazione, Andrea ha deciso di dedicare la vita alla missione con i saveriani.
Alla Messa e al ricevimento erano presenti anche amici delle carceri, dove presta
servizio con la Caritas, e amici musulmani, che egli segue
nel dialogo interculturale, oltre ai tanti giovani amici della sua parrocchia di origine a
Viadana.
■
I saveriani del Bangladesh, riuniti in capitolo a metà settembre 2011, hanno eletto la nuova “direzione”. Superiore eletto è p. Giacomo Gobbi, saveriano marchigiano in Bangladesh dal 1980; vice superiore è
il bergamasco p. Lorenzo Valoti; consiglieri sono il cagliaritano p. Alfio Coni, il messicano p.
Melecio Cuevas e il bresciano p.
Sergio Targa. Auguriamo loro
e ai confratelli un “buon servizio” per l’impegnativa missione di evangelizzazione, dialogo e promozione umana.
■
nicazione hanno ormai spento
i riflettori, si comprende che
lo tsunami ha fatto breccia nei
cuori e sta avanzando ben oltre i
confini già violati, aprendo ferite
e feritoie di grazia. Non possiamo non interrogarci su cosa quel
grido intenda dirci e chiederci, a
quale condivisione e conversione ci chiami.
Vorrei raccontare il grido
Vorrei provare a raccontare
quel grido attraverso le parole
e gli sguardi di coloro che ho
incontrato nei giorni trascorsi
insieme ad altri volontari nelle regioni colpite, subito dopo
l’evento, cercando di comprendere se e come esso possa aiutarci a rispondere alle sfide della
missione. Un grido che mi sembra davvero di vedere.
L’ho visto in un anziano medico che dalla sua clinica è fuggito verso casa, in prossimità del
LAICATO SAVERIANO
“Verso la tenda di Dio”
In ricordo dell’amico Gigi Tapparo
p. MODESTO TODESCHI, sx
Gigi Tapparo, classe 1935, era grande amico di p. Bruno
Ghiotto a Vicenza, entrambi cresciuti e formati nello scoutismo negli anni della loro giovinezza. Avevano sempre mantenuto i contatti, anche quando l’amico Bruno aveva deciso
di consacrarsi alla missione. Nel 2002, Gigi rimase vedovo, con
grande sofferenza perché, come ci confidava, “ci volevamo
un bene immenso, dell’immensità di Dio”.
Poi, pian piano, Gigi trovò una soluzione che lo fece rivivere:
pensò di colmare la sua solitudine venendo periodicamente in
Burundi ad aiutare l’amico p. Bruno, nelle missioni di Gisanze
e di Bugwana, trascorrendovi due-tre mesi l’anno. Viaggiava e
lavorava con p. Bruno; guidava il camion Toyota; pregava e viveva con la comunità; era come uno di noi. Godeva della vita
missionaria; non tralasciava di darci qualche saggio consiglio
pratico o farci qualche osservazione da fratello maggiore.
Essendo fotografo di professione, documentava i momenti importanti della vita di missione. Nel 2003, il compianto p.
Luigi Arnoldi gli aveva affidato l’incarico di visitare e fotografare tutte le missioni, per preparare un video sui 40 anni di
attività dei missionari saveriani in Burundi.
In viaggio sulle strade del Burundi, Gigi mi diceva: “Vi debbo moltissimo: non finirò mai di ringraziare Dio per l’amicizia che ho avuto con p. Bruno e con voi”. Anche l’anno scorso, prima di ripartire per l’Italia, mi aveva detto: “Godo molto
questi mesi con voi, vi ammiro e vi incoraggio! Permettetemi
di tornare ancora!”. Era facile rispondergli che noi eravamo
altrettanto riconoscenti e orgogliosi di lui.
Ai primi di luglio del 2011 abbiamo ricevuto la dolorosa notizia che i medici gli avevano diagnosticato un tumore avanzato
e il 24 luglio Gigi era già partito per il cielo. Troppo in fretta... E
dire che ci felicitavamo con lui per come portava i suoi 76 anni.
Aggiungo qualche pensiero che Gigi Tapparo ci ha scritto
nei suoi ultimi giorni di vita.
“Ho bisogno di tanta speranza. Sento il fisico diventare debole. Mi sento incapace di fare quello che vorrei. Non so se è
questo l’inizio di un percorso nuovo di sofferenza, ma so che
non voglio perdere la speranza e la fiducia. Il Signore me le
ha date per tanto tempo! Non mi possono abbandonare, ora
che mi trovo nel mezzo della discarica dei poveri, dai quali ho ricevuto speranza
e fede e ai quali devo tanto della mia vita. Non so come sarà domani; so solo, Signore, che sono
nelle tue mani!”.
“La malattia mi rende vivo e sincero fra le braccia
del Signore… Ieri andavo
con lo zaino in spalla, ne
ero fiero. Lo zaino è rassicurante, dà pace e tranquillità. Oggi il mio zaino è la fatica a fare pochi passi, a respirare come vorrei. Ma sto andando verso la tenda di Dio”.
Grazie Gigi: prega per noi e continua a farci visita!
Gigi Tapparo
re su un volto appena abbozzato,
che sembrava invitarmi a ricomporre l’immagine perduta della
bellezza di Cristo.
lui stesso ponte con tanti fratelli
sofferenti... E ha iniziato a creare modellini di auto per bambini.
Era come se nessuno gli avesse
mai chiesto di fare qualcosa per
qualcun altro prima di allora.
Essere missionari di prua
Si tratta di cominciare: ora, qui,
fra queste rovine, con il rischio
di restarne prigionieri. Ed essere
come la Veronica per Gesù. A lei
mi ha fatto pensare quella mamma che mi donò la foto del figlio.
L’ho vista piangere di gioia dopo
aver scoperto sotto il fango un
fiore, come se per la prima volta
vedesse il sole e gli occhi di suo
figlio. Sempre lei, poco dopo, mi
consegnò un piccolo origami di
due gru legate da un’ala comune,
dicendomi: “Sii un prete forte e
sensibile. Allunga la mano a chi
chiede di sollevare le speranze
spente, che ancora ci aspettano”.
E non aggiunse altro.
Questo e tanti altri appelli e
sfide siano la nuova primavera
del Giappone e della missione.
Essere missionari di prua, cercando l’orizzonte futuro, e non
di poppa, volti all’indietro. Non
evadere; stare in mezzo al mondo e alle sue piaghe, e prendersene cura. Essere “riparatori di
brecce”, come voleva il profeta Isaia (58,12): non per caso né
occasionalmente; ma come progetto, con la perseveranza e l’impazienza di “colui che attende la
■
fine della notte”.
Padre Marandi, primo saveriano santal
Padre Giacomo Gobbi, superiore in
Bangladesh, presiede la Messa
a conclusione del capitolo saveriano
PRIMO SAVERIANO “santal”
Paharpur (villaggio sul colle)
è un piccolo villaggio a nord del
Bangladesh, abitato dall’antica
etnia “santal”, proveniente dal
Bihar indiano. Qui è nato Lucas
Marandi nel 1975, uno dei pochi ragazzi che ha frequentato
regolarmente la scuola. Terminati gli studi superiori, Lucas ha
espresso il desiderio di diventare missionario. Padre Meli, missionario del Pime, gli ha consigliato di rivolgersi ai saveriani.
Dopo aver studiato teologia a
Manila, Lucas è stato ordinato
sacerdote per il mondo il 9 settembre 2011. La chiesa del villaggio era troppo piccola per
contenere i cristiani in festa;
si è dovuto allestire un grande
tendone all’aperto. Padre Lucas, primo “santal” saveriano,
è già in Brasile: lo studio della lingua e cultura brasiliana è
l’ultima tappa di preparazione
alla missione. Il Signore lo benedica!
■
3
2012 GENNAIO
PER EVANGELIZZARE LA GIUSTIZIA E LA PACE
TERRASANTA
SE HAI DIO NEL CUORE...
Le tante cose che turbano la pace
p. LUIGI ANZALONE, sx
Padre Luigi ha accompagnato i missionari che hanno partecipato al corso di aggiornamento di tre mesi a Tavernerio
(CO) nel loro pellegrinaggio in “terra santa”. Dalla terra
di Gesù la sua mente spazia sul mondo intero. La missione
infatti inizia proprio dalla Palestina, dove Gesù ha annunciato il suo vangelo, allargandosi fino ai confini della terra. Le
evocazioni sono tante e ci lasciano inquieti...
S
ono sul monte Carmelo, nel bel monastero dei carmelitani. Stiamo facendo gli “esercizi spirituali”. In questo
privilegiato silenzio sto pregando per tutti gli amici e i fratelli
sparsi nel mondo.
Il mantra che mi sta martellato in testa in questi giorni è proprio della più illustre carmelitana, santa Teresa d’Avila: “Nada
te turbe, nada te espante; todo se pasa, Dios no se muda. La
paciencia todo lo alcanza. Quien a Dios tiene nada le falta,
solo Dios basta”. Traduco liberamente: “Nulla ti turbi, nulla ti
rattristi; tutto passa, solo Dio non muta. La pazienza tutto conquista. Se hai Dio nel cuore nulla ti manca, solo Dio basta”.
Nada te turbe?… E invece ci sono delle cose che anche in
questo santo pellegrinaggio mi turbano e come! Addirittura
mi indignano; e tuttavia mi fanno crescere in umanità e in
solidarietà.
Primo: saper piangere
Al Kibbuz Lavi, abbiamo conosciuto la signora Eva, anziana. Ci ha raccontato la storia e la vita del primo gruppo di
ebrei arrivato in quel pezzo di terra nell’immediato dopo-guerra. Alla mia domanda del perché avesse lasciato la Svizzera
per venire in Israele, lei ha risposto nel suo stentato italiano:
“I genitori nostri erano molto religiosi e ci parlavano spesso
della terra promessa… Quando poi ho visto che non sono più
tornati da Auschwitz, allora ho deciso di venire qui!”.
Così dicendo, le lacrime le sono venute agli occhi. Al museo dell’olocausto di Gerusalemme, poi, da piangere è venuto
anche a me! Nada te turbe?
Secondo: il vero amor di patria
Al ritorno da Gerico, prima di arrivare al checkpoint, la
nostra guida p. Gabriele Ferrari ci consiglia di non dire che
veniamo da Gerico, ma semplicemente dal Mar Morto. Questo consiglio è per non urtare la sensibilità dei giovani soldati
israeliani! Gerico infatti fa parte dei territori palestinesi. Perfino dire una semplice verità può urtare gli animi di chi deve
sentirsi “nemico”.
In questi giorni ho letto che sono aumentati i suicidi tra le
giovani soldatesse e i giovani soldati israeliani, che devono
fare tre anni di leva: per la patria! Nada te turbe?
Terzo: speriamo sempre nella pace
A Qumran - vicino agli scavi e alle grotte che in questi ultimi 60 anni hanno dato alla luce tanti testi dell’Antico Testamento e della comunità ascetica che vi risiedeva ai tempi di
Cristo -, mentre cercavo qualcosa nel supermercato annesso
al ristorante, mi si avvicina un giovane commesso al quale
chiedo se parla spagnolo… “Sì, parlo spagnolo”, risponde. Ci
scambiamo quattro battute.
Vengo a sapere che Zari - così si chiama il giovane - è un
venezuelano (subito mi si drizzano le orecchie, perché la mia
famiglia vive in Venezuela da oltre 50 anni!). Ha perso il lavoro quando il presidente Ugo Chávez ha chiuso l’ambasciata di
Venezuela in Israele… Mi dice: “Come sai, in Venezuela non
potrò fare carriera diplomatica; è meglio che resti qui…”. A
fare? Il commesso in un supermercato!
Mi permetto di fargli un’altra domanda: “Di che religione
sei?”. “Sono musulmano”, mi dice. “E come sono i rapporti
tra ebrei e musulmani?”. “I rapporti sono tesi, ma speriamo
sempre nella pace; che non si arrivi mai alla guerra”. Nada
te turbe?
Quarto: i muri ostacolano la pace
Per andare a Betania abbiamo dovuto fare un lungo giro costeggiando il “muro della vergogna” per chilometri. Anche se
Betania è vicinissima a Gerusalemme, ci vuole tanto tempo per
arrivarci, proprio per questo maledetto muro, alto nove metri,
costruito in questi ultimi anni per evitare ogni contagio.
Uscendo poi dalla chiesa di Betania, già con un piede sul pullman, alcuni di noi hanno salutato i giovani palestinesi con la parola “shalom” (in ebraico); e loro per tutta risposta: “No shalom,
no shalom!… Salam, salam! (in arabo)…”. Nada te turbe?
Quinto: imparare le lingue degli altri
L’ultima tappa del nostro cammino in terra santa, prima di
affrontare la lunga fila e l’interrogatorio e le perquisizioni dei
poliziotti israeliani in aeroporto, è un piccolo villaggio che si
Padre Anzalone al muro del pianto durante il pellegrinaggio
chiama: Nevé Shalom (in ebraico) - Wat as-Salam (in arabo)
nella Terra Santa ancora in attesa della pace
- Oasi di pace (in italiano). Un posto
politicamente non corretto, sia per gli
israeliani sia per i palestinesi, perché
lì non solo la parola “pace” si declina
ANONIMO
contemporaneamente nelle due lingue,
All’aeroporto echeggia l’annuncio di un lungo ritardo del volo, per motivi atmosferima i bambini a scuola imparano a parci. La giovane in attesa decide di comprare un libro per ammazzare il tempo, e anche un
lare ognuno nella lingua dell’altro.
pacchetto di biscotti, e va a sedersi nella sala dei vip per stare più tranquilla. Accanto a
Le 60 famiglie che vivono nel villei, la sedia con i biscotti, e più in là un distinto signore che legge il giornale.
laggio sono metà ebree e metà arabe; e
Quando lei prende il primo biscotto, anche l’uomo ne prende uno. La giovane si sente
tra le famiglie arabe ci sono islamici e
indignata, ma non dice nulla e continua a leggere il suo libro. Tra sé pensa: “Ma guarda
cristiani. Vivono insieme da ormai 50
che tipo! Se avessi un po’ più di coraggio, gli avrei già dato un pugno...”. Così ogni volta
anni, per dimostrare che la pace è posche lei prende un biscotto, l’uomo accanto, senza scomporsi, ne prende uno anche lui. I
sibile: senza muri e senza armi, abbatdue continuano fino a che rimane un solo biscotto, e la giovane donna pensa: “Voglio
tendo tutti i pregiudizi e apprezzando
proprio vedere cosa mi dice quando sono finiti tutti!”.
ognuno i valori, la cultura e la religioL’uomo prende l’ultimo biscotto e lo divide a metà! “Ah, questo è troppo!”, pensa la
ne dell’altro… Nada te turbe?
giovane indignata, che prende le sue cose - libro e borsa - e s’incammina verso l’uscita
IL PACCHETTO DEI BISCOTTI
della sala d’attesa. Quando si sente un po’ meglio e la rabbia è passata, si adagia su una
sedia in corridoio per non attirare l’attenzione
ed evitare altri dispiaceri.
Fa per infilare il libro nella borsa, ma nell’aprirla, vede il pacchetto dei biscotti ancora intatto
nel suo interno. Solo allora capisce che il pacchetto dei biscotti uguale al suo era del distinto signore seduto accanto: aveva diviso i suoi biscotti con lei, senza sentirsi indignato. Al contrario di lei, che si era sentita ferita nell’orgoglio.
Quante volte mangiamo i biscotti di un altro,
senza saperlo? Prima di arrivare a una conclusione affrettata e prima di pensar male degli altri,
non è meglio pensarci su e guardare le cose con
attenzione e simpatia? Spesso le cose - e le persone - non sono come ci sembrano!
Grazie per tutte le volte che hai diviso i tuoi biscotti con me...
4
2012 GENNAIO
Cosa ci manca di più?
Sì, cara la mia santa Teresa d’Avila, comincio a capire cosa vuoi dire
quando canti che “la paciencia todo
lo alcanza! - la pazienza tutto conquista!”. Perciò, carissimi, i miei auguri di
quest’anno - anche se politicamente e
religiosamente non corretti - vanno sul
ritmo del “nada te turbe - nulla ti turbi” … Non nel senso che ognuno vada
per la propria strada senza badare agli
altri, ma che si armi di santa pazienza, affinché la gioia e la pace che Dio
vuole donare agli uomini che egli ama,
corrisponda alla verità e alla coerenza delle nostre scelte. “Se hai Dio nel
cuore, nulla ti manca!”.
■
I MISSIONARI CERCANO DI FARE LA LORO PARTE
p. MARCELLO STORGATO, sx
Padre Giuseppe Sartori
con i bambini di strada
di Medellin, in Colombia, ospiti del centro
d’accoglienza “L’albero”
AMAZZONIA
“TI VOGLIO BENE!”
p. DOMENICO MENEGUZZI, sx
Il modo migliore per vivere in pace
due pagine centrali si ispirano al messaggio di
Q ueste
Benedetto XVI per la giornata mondiale della pace
F
2012: “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”. Giustizia e pace sono due temi profondamente biblici ed evangelici; sono due “beni” del regno di Dio; sono due pilastri
dell’evangelizzazione.
orse questa storiella l’avrete già letta o sentita, ma vale
la pena ripresentarla per gustare di più il grande mistero
del Figlio di Dio che è venuto sul nostro pianeta terra ed è entrato nella nostra vita, dandovi un significato tutto speciale.
Noi missionari ne sentiamo l’urgenza sulla nostra pelle e
possiamo affermare - con tutta modestia - che cerchiamo
di fare la nostra parte, sia pur piccola, di fronte all’immensità delle situazioni umane in cui giustizia e pace sono negate e ingiuriate. La potenza delle forze contrarie, infatti,
è praticamente senza limiti e senza ritegni. Mentre le uniche “armi” dei missionari - come affermava san Conforti
- sono il Crocifisso, il vangelo, e poco più. Ma Dio ha scelto
i deboli per manifestare la sua grazia.
Il regalo più bello dell’uomo
Dopo aver terminato l’opera della creazione, Dio dichiarò
il settimo giorno “giorno di festa”. Tutte le creature nuove
si dettero da fare per trovare un regalo e si misero in fila per
donarlo al Creatore. Gli scoiattoli portarono le noci; i conigli
carote e radici dolci; le pecore offrirono lana e le mucche latte integrale appena munto. Milioni di angeli cominciarono a
cantare una musica celestiale.
L’uomo, aspettando pazientemente in fila il suo momento
per dire “grazie” al Signore, pensava tra sé: “Cosa posso dare
al buon Dio? I fiori hanno il loro profumo; le api il miele;
gli elefanti offrono l’acqua perché il Signore si lavi e rinfreschi… E io?”.
La fila stava ormai terminando e arrivò il momento dell’uomo. Fece ciò che nessun animale aveva fatto (e neppure era in
condizioni di farlo!). Si mise a correre e si gettò tra le braccia
del Signore Dio, si strinse al suo collo, lo baciò e gli disse:
“Ti voglio bene!”.
Il volto del Signore s’illuminò e tutta la creazione capì che
l’uomo aveva offerto al Padre Celeste il regalo più prezioso. E
l’universo intero esplose in un “Alleluia” cosmico!
Come sarebbe bello e gustoso (certamente “originale!”) se,
dopo aver rivolto ai nostri cari i soliti convenevoli auguri e
saluti, potessimo aggiungere anche un “Ti voglio bene!”. In
fondo si tratta di una realtà che sta dentro al nostro cuore, ma
che abbiamo imbarazzo a manifestare. Come mai?...
Proponiamo perciò alcune esperienze missionarie, che
rivelano come agiscono gli operatori di pace e di giustizia
in varie parti del mondo; cosa passa nella loro mente e di
cosa è pieno il loro cuore, a contatto con i popoli che anelano ai “beni promessi”. Sono piccoli segni che cercano di
arginare le valanghe che trascinano nel fango tanta parte
di umanità.
Alla luce del mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio
Salvatore: “Gli infelici incontrano un fratello, gli oppressi
un liberatore, i bambini un amico, i saggi un maestro, i capi un modello, la stessa morte un vincitore.
Rallegriamoci dunque nel Signore, come la terra si allegra ogni giorno allo spuntare del sole che viene a liberarla
dalle tenebre” (Guido Conforti, 1927).
■
foto archivio MS / O. Ferro - Camerun
La luce che si è accesa p. ANTONIO GERMANO, sx
BANGLADESH
NATALE, OGNI GIORNO
p. GABRIELE SPIGA, sx
Il mio Gesù Bambino disabile
C
ome scappa il tempo! Abbiamo già passato il Natale e
siamo entrati nel nuovo anno! Sapete, il mio Gesù Bambino quest’anno... ha i piedi storti! Mi spiego.
Bissojit è un bambino hindu di appena nove anni. Ha i piedi terribilmente storti e contorti. Da circa un anno sta con me,
nella “Casa della speranza” a Bagaciara, un paesino del Bangladesh. La sua e la mia speranza era che prima di Natale, con
l’arrivo dei dottori italiani, potesse essere operato. Ma purtroppo non è stato così.
Bissojit ha anche altre gravi malformazioni: la gobba, il torace incassato, un polmone atrofizzato, il cuore schiacciato, la
spina bifida. Per cui gli anestesisti italiani dell’équipe medica - che ogni anno viene in Bangladesh per operare miracoli con loro grande dispiacere e per paura che ci scappi il morto,
hanno deciso di rinunciare all’operazione.
Così il piccolo Bissojit, non potendo camminare in avanti, ché gli si incespicano i piedi, continuerà a camminare di
traverso, come i gamberi, poverino. Quando corre, velocissimo così di traverso - a volte anche a quattro zampe - è proprio impressionante.
Ma è allegro, intelligente, e pur con le sue deformità, non
rinuncia a giocare come tutti i bambinidel mondo. Insieme a
qualche altro disabile musulmano e hindu, continuerò a tenerlo con me... nel mio “presepio”, fin che Dio vorrà.
In un villaggio vicino, dove la domenica mi reco
per celebrare la Messa con la comunità cristiana, si
è soliti inventare qualcosa di visivamente significativo in attesa del Natale. Quest’anno quattro bambù intorno al tabernacolo danno l’idea della capanna di Betlemme. A fianco, una grande scritta con
le parole di Giovanni Battista: “In mezzo a voi c’è
uno che non conoscete” (Gv.1,26).
Dio voglia che ogni giorno del nuovo anno possiamo riconoscerlo e accoglierlo, in qualunque modo egli si presenti a noi. “Natale ogni giorno”, è stato il tema della mia breve predica la notte di Natale.
Mi affido anche alle vostre preghiere, perché tutto
non si risolva in “pie inutili parole”. Dal mio “piccolo presepio”..., cioè dalla mia “piccola missione”,
con tanto affetto, vostro, [email protected] ■
Bambini, giovani e adulti riuniti per un incontro formativo
a Chuknagar, in Bangladesh (foto A. Germano)
C
ari amici, il 2011 è stato carico di benedizioni qui a
Chuknagar, nel sud del Bangladesh. A settembre, dopo
un percorso di sei anni, 70 catecumeni hanno ricevuto il battesimo; a fine ottobre è stato inaugurato il centro dedicato a
“San Guido Conforti”, coronando un sogno che durava da anni. Abbiamo celebrato il Natale nella nuova chiesa, dedicata a
“Maria Regina dei poveri”.
Sul piano dell’educazione e della promozione umana, 60
studenti hanno sostenuto gli esami per il diploma. Nel 1980,
quando iniziava la nostra presenza tra i fuori-casta, nessuno
avrebbe mai scommesso su una tale fioritura. Abbiamo quindi tanti motivi per ringraziare il Signore.
Dentro, però, ci portiamo anche qualche ferita. Una larga zona, dove ci sono le nostre piccole scuole, è andata sott’acqua, rimanendovi per alcuni mesi. Quasi tutti sono stati costretti a lasciare le loro abitazioni e accamparsi in tendopoli di fortuna.
C’è anche un’altra ferita, ancor più lacerante per la nostra
gente. Ogni giorno, infatti, si verificano episodi di violenza
e discriminazione nei loro confronti. In questa vicenda noi
missionari non possiamo rimanere asettici; dobbiamo seguire
l’esempio di Gesù, “mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per rimettere in libertà gli oppressi”.
Proprio a Chuknagar, lo scorso 15 novembre migliaia di fuori-casta sono convenuti in una pacifica manifestazione di protesta contro i soprusi nei loro confronti. Sono sicuro che nessuno potrà spegnere la luce che si è accesa dentro di loro, perché
è la luce salvifica di Gesù Cristo. Un felice anno a voi.
■
[email protected]
Con le mamme, a servizio della vita
In tutte le diocesi del Brasile funziona la “Pastoral da
criança”, ossia persone che si occupano dei bambini fino
all’età di sei anni. Le storie che meritano di essere raccontate
sono numerose. Ne scelgo una, pur sapendo che ce ne sono
tante altre interessanti.
“Mi chiamo Teresinha Gomes Oliveira. Partecipo alla scuola
parrocchiale che da anni prepara le persone perché siano in
grado di accompagnare i bambini nella loro crescita. Mi sento molto felice, e sono ancora più felice nell’accompagnare
le gestanti e i loro piccoli, specialmente quando incontro una
mamma povera, che a volte ha la tentazione di abortire, perché
ha già altri figli e sia lei che il marito sono senza lavoro.
Per molte donne la gravidanza e la nascita di un figlio non è
una festa, ma una preoccupazione. Grazie però al nostro lavoro e alle nostre visite, molte vite sono salvate. Tante mamme
hanno potuto vivere la bella esperienza di confidare in Dio e
generare la vita!”.
L’amore rasserena la vita
Di donne come Teresinha qui ad Abaetetuba e in tutto il Brasile se ne trovano tante, sempre generose nell’aiutare le mamme
a crescere i loro piccoli bene e sani. Ringraziamo il Signore!
Vivere la nostra fede cristiana significa scoprire il volto di
Gesù nei volti che incontriamo in ogni momento lungo il nostro cammino. Significa essere presenza di amore sincero, di
speranza e di pace nella vita di ogni persona, specialmente dei
fratelli e delle sorelle che sono in difficoltà. Così la nostra vita si rasserena, nonostante le tante nubi che avvolgono questo
nostro mondo.
■
COLOMBIA
L’ALBERO DOVE RIFUGIARSI
Un posto caldo per i bambini di strada
p. GIUSEPPE SARTORI, sx
celebrato il Natale, accogliendo il “Dio-con-noi”,
A bbiamo
Emanuele: Dio è solidale e non ci lascia soli. Per noi non
si tratta di essere solo più buoni, ma più solidali, come Lui. Quasi ci spaventa questo mistero, e lo facciamo diventare il Natale del sentimento. Così possiamo “controllarlo” meglio, “inquadrarlo” nello schema delle cose possibili quotidiane, e non lasciarci cambiare in profondità, come il mistero invece richiede.
Sono davvero felice!
Sono felice, soprattutto perché in questo Natale si è realizzato un sogno che avevo da molti anni: abbiamo aperto una
casa per accogliere i bambini “en situación de calle”: bambi-
ni che passano tutto il giorno per strada, in un quartiere povero della città di Medellin, in Colombia.
Sono bambini che rischiano di entrare nelle bande violente
o essere manovali dei narco trafficanti. Molte volte non hanno
famiglia; a volte vivono con la nonna, che non può stare con
loro perché deve lavorare...
Molti di questi bambini hanno visto ammazzare i genitori o
vengono da famiglie sfollate dalla violenza. A uno dei ragazzi
- ha solo 9 anni - hanno sparato in faccia: per fortuna la pallottola ha fatto danni solo alla bocca e ai denti. Sono cose “brutte”, ma come missionario non posso ignorarle.
Nella casa ospitiamo venti bambini, dai 4 ai 10 anni: diamo loro cibo, vestiti, medicine, protezione, accompagnamento psicologico. Speriamo che diventi la loro casa. L’abbiamo
chiamata “L’albero”; vogliamo essere l’albero di cui parla Gesù nel vangelo: “il regno di Dio è come un albero dove gli uccelli trovano rifugio”.
Il vero presepio di Medellin
L’anno scorso, quando sono venuto in Italia, ho conosciuto
a Parma l’associazione Ger Onlus, che ci sta aiutando con le
spese logistiche e il cibo per i bambini. Altre persone generose aiutano con l’adozione a distanza. Prendo l’occasione per
ringraziare tutti. Quello che ci viene dato per i bambini lo stiamo usando tutto per loro.
La nostra casa sembra proprio un presepe, o meglio “il” presepe! Non ci sono l’asino e il bue, non c’è la grotta, non c’è
la mangiatoia, non c’è la neve... Ma ci sono Maria e Giuseppe che, nonostante i loro limiti, vogliono accogliere i bambini e dar loro un posto “caldo” dove riposare… Soprattutto c’è
Lui, il Bambino: piccolo e povero, ma vera presenza di Dio in
mezzo agli uomini.
■
RD CONGO
IL MIO INNO ALL’ AFRICA
p. MARCO CAMPAGNOLO, sx
Natale 2001. Ero nella missione di Kampene, nella repubblica democratica del Congo, tra due guerre, due prigionie e due liberazioni. Avevo allora inviato agli amici
una composizione, sgorgata dai sentimenti del momento: tristezza per la situazione e speranza per l’avvenire.
Gli stessi sentimenti m’invadono e condivido, dieci anni dopo, Natale 2011 a Roma, con occhi e cuore rivolti al
Congo, ai luoghi dove ho vissuto, e agli amici con cui ho
condiviso cammini entusiasti di vita, di sofferenza e di
speranza. E ai quali con gioia auguro: Felice Anno 2012.
Le povertà dell’Africa
Africa, dalla tua sagoma scolpita dai millenni, appare un volto umano: evoluzione di un continente verso
una nuova umanità. Africa, guardo di notte il tuo cielo: poche stelle brillanti raggruppate in poche costellazioni. Africa povera di stelle.
Africa, non vedo che il verde della foresta, I’ocra della terra e dell’acqua dei fiumi, il bianco del cielo e il
nero degli uomini. Africa povera di colori. Africa, sento suoni di armi, grida di gente, paura dell’avvenire:
ovunque guerre, saccheggi, massacri.
Africa povera di pace. Africa, continente in pericolo,
epidemie, fame, profughi: un libro di statistiche a rischio. Africa povera di speranza.
L’Africa della speranza
L’arcobaleno appare: sono i colori di un’Africa nuova, dove intinge la freschezza della sua gioventù, la vitalità delle sue culture e dei suoi popoli. Africa tavolozza di colori. Nella penombra, una miriade di stelle,
brillanti, grandi, gioiose: sono gli occhi dei bambini.
Africa, firmamento di stelle.
Si annunciano dialoghi, trattative, mediazioni; si
avverte la stanchezza dell’odio e la monotonia della
guerra. Africa continente di pace.
Si parla di soccorsi, di vaccini e d’istruzione; si sveglia
la volontà di lottare, di vincere, di uscire dalla fossa.
Africa, vuol dire speranza.
“L’Africa è il polmone spirituale dell’umanità, il continente della speranza” (Benedetto XVI, Benin 2011).
5
2012 GENNAIO
il m on do in casa
SUD/NORD NOTIZIE
Nell'incertezza!
Egitto: il futuro? La protesta
di piazza Tahrir si è focalizzata
sui metodi brutali della polizia e
dell’esercito. Ma una parte della
popolazione giustifica questo atteggiamento in nome del ritorno
all’ordine.
“È sempre più difficile - racconta p. Verdoscia, missionario comboniano a Il Cairo
- interpretare l’evoluzione politica e sociale egiziana. Da una
parte vi sono le forze intellettuali progressiste, dall’altra la maggior parte degli elettori ha votato
per i fratelli musulmani o i salafiti. E all’interno dei fratelli musulmani non si capisce che tipo
di orientamento prevarrà. Saranno loro a guidare il Paese, mentre si parla sempre più spesso di
un’intesa raggiunta prima delle
elezioni con l’esercito”.
Intanto, c’è sempre meno sicurezza per i cristiani copti, che
desiderano partecipare attivamente alla vita della nazione.
●
Congo RD: c’è tensione. La
presenza militare a Kinshasa è
massiccia. Non si placa il confronto tra il presidente Kabila e
il leader dell’opposizione Tshisekedi che si considera il “presidente eletto”, nonostante la Corte Suprema abbia confermato la
vittoria di Kabila alle elezioni
●
Sapere per capire...
pagina a cura di DIEGO PIOVANI
del 28 novembre scorso.
In questa delicata fase, p. Loris Cattani, portavoce di “Rete
Pace per il Congo”, lancia l’allarme sul futuro del Paese. “Proteste dell’opposizione, la mano
pesante delle forze militari, morti fra i civili, tensioni tra province sostenitrici dell’uno o dell’altro candidato, dichiarazioni riguardo alle modalità del voto e
del conteggio, prese di posizioni di singoli... Il tempo scorre,
mentre l’animo della popolazione è inquieto. È importante tenere gli occhi aperti sul Congo.
Dobbiamo portare questo popolo nell’ambito del nostro interesse e della nostra solidarietà”. ■
Promesse
da marinaio?
● Gas serra: stop dal 2020! Per
un accordo sulle emissioni di
gas serra vincolante per tutti bisognerà aspettare il 2020: lo prevede un piano adottato all’ultima ora del vertice Onu sui cambiamenti climatici che si è tenuto a Durban. Il compromesso tra
gli oltre 190 paesi partecipanti al
vertice sostituirà il Protocollo di
Kyoto con la differenza che avrà
“forza di legge” per tutti i maggiori inquinatori del pianeta.
Non mancano le critiche di numerose organizzazioni, secondo
le quali il rinvio dell’entrata in
vigore di un trattato vincolante
è un crimine di proporzioni globali: “Una crescita delle temperature di quattro gradi, consentita da questa piattaforma, è una
condanna a morte per l’Africa,
i piccoli Stati insulari, i poveri e
vulnerabili di tutto il mondo”.
● Amazzonia: foresta in pericolo. Il Senato brasiliano ha approvato una nuova normativa ambientale che alleggerisce le restrizioni
alla deforestazione dell’Amazzonia. Dati recenti dicono che la distruzione del polmone del pianeta
è scesa al suo minimo storico. Per
il governo, è frutto di una rigida
applicazione della legge esistente; per gli ambientalisti è dovuta
alla diminuzione temporanea della domanda di prodotti come soia,
legname e carne bovina.
La legge passerà ora alla Camera, dove i promotori, espressione
politica delle federazioni dei grandi agricoltori, non vogliono modifiche. Secondo uno studio britannico, il Brasile è attualmente
il sesto paese emissore di gas nocivi del pianeta: il 75% di queste
emissioni sono generate dalla devastazione delle sue foreste.
MISSIONI NOTIZIE
Premi e premiati
Cuore Amico. È stato consegnato a Brescia il 21° premio missionario “Cuore Amico”. Per il 2011 la scelta è andata sui comboniani Alberto e Renato Modonesi, due fratelli missionari rispettivamente in Sudan
e in RD Congo. Tra le religiose è
stata premiata suor Maria Lucia
Bianchi, delle benedettine della
Provvidenza di Genova, missionaria in Burundi; per i laici Ernestina Cornacchia che lavora in
Brasile come assistente sanitaria.
Inoltre, è stata proposta una menzione speciale in memoria della
dottoressa Maria Grazia Buggiani, medico in Zimbabwe.
●
Premio per la pace. Un premio per la Pace è stato assegnato, postumo, a p. Fausto Tentorio, missionario del Pime assassinato il 17 ottobre scorso ad
Akaran, nelle Filippine. Il riconoscimento a p. Tentorio è motivato dalla sua attività a favore dei tribali, per i quali ha dato la vita.
Padre Tentorio aveva 59 anni e
da oltre 32 si trovava nelle Filippine; è stato ucciso all’uscita dalla casa parrocchiale di Akaran da
un uomo che gli ha sparato. Le
indagini per scoprire i responsabili sono ancora in alto mare.
●
● Il
volontario dell’anno. L’associazione Focsiv-Volontari nel
Mondo ha consegnato il pre-
6
mio del volontariato internazionale 2011 a Riccardo Giavarini,
impegnato con ProgettoMondo
Mlal, a La Paz in Bolivia. Riccardo ha 56 anni e da 35 vive in
America latina dove il tema dei
diritti umani è stato sempre il filo conduttore di ogni sua scelta.
Dal 2005 ha promosso la costruzione del primo Centro rieducativo per minori della Bolivia,
che prevede percorsi di riabilitazione e formazione per favorire
il reintegro nella società dei giovani detenuti.
■
Tre belle iniziative
● Giornata dei malati di lebbra. Si celebra domenica 29
gennaio la 59ª Giornata mondiale dei malati di lebbra, istituita da Raoul Follerau nel 1954.
Migliaia di volontari AIFO offriranno nelle piazze italiane il
“miele della solidarietà” per sostenere le iniziative di cura e recupero delle persone colpite da
lebbra. I sacchetti di iuta che
contengono i vasetti sono confezionati dagli ex malati di lebbra del progetto Sumana Halli, a
Bangalore in India.
Complessivamente, i progetti sostenuti dall’associazione
nel 2010 hanno raggiunto quasi
mezzo milione di persone. I nuovi casi di lebbra diagnosticati nei
progetti sono stati circa 18mila.
● Segnidipace. L’istituto Fantoni di Clusone (BG) organizza an-
Invitiamo i lettori, dotati di computer e internet, a consultare la MISNA (Agenzia missionaria di informazione) per allargare la mente al mondo intero: www.misna.org
Visitate anche il nostro sito www.saverianibrescia.com per leggere tutte
le notizie, le testimonianze e le proposte del nostro mensile, comprese le
edizioni locali e la versione in formato pdf.
Infine, segnaliamo il rinnovato sito della Direzione generale dei saveriani: www.saveriani.com
che quest’anno l’iniziativa “Segnidipace”, un’idea dell’artista
e insegnante Umberto Gamba.
Si tratta di una raccolta di disegni e vignette per tornare a ri-dire la pace. Protagonisti dell’iniziativa sono la matita, l’ironia…
e la creatività. Il titolo suggerito per l’edizione 2011-2012 è:
“Pace, tra rassegn-azione e rivol-azione”.
La partecipazione è aperta a
tutti i giovani tra i 14 e i 23 anni; può essere individuale o di
gruppo. I lavori dovranno essere
inviati o consegnati entro e non
oltre il 18 febbraio 2012. Quelli
più meritevoli verranno esposti
in una grande mostra. Per iscrizioni e modalità di partecipazione: www.istitutofantoni.it
Le fiamme della rivolta di piazza Tahrir, a Il Cairo, raggiungono l’Accademia:
il tesoro di libri e manoscritti ora conta migliaia di pagine della storia andate in fumo
● Mine antiuomo: luci e ombre.
Ci sono luci e ombre nel rapporto annuale sull’uso delle mine
anti-persona. A fronte di una superficie di 200 chilometri quadrati di territori bonificati (dato record!), nel 2010 tre governi
hanno fatto uso di mine. A utilizzare questi ordigni sono stati in
particolare Israele, il Myanmar
MESSAGGIO ALLE CHIESE
EDUCARE I GIOVANI A GIUSTIZIA E PACE
BENEDETTO XVI
Dal Messaggio del Papa per la 45ª Giornata mondiale della pace
(1° gennaio).
Oggi sono molti gli aspetti che i giovani vivono con apprensione: il
desiderio di ricevere una formazione, la difficoltà a formare una famiglia e a trovare un posto stabile di lavoro, l’effettiva capacità di contribuire alla costruzione di una società dal volto più umano e solidale. È
importante che questi fermenti trovino la dovuta attenzione in tutte le
componenti della società.
L’educazione è l’avventura più affascinante e difficile della vita. Per
questo sono più che mai necessari autentici testimoni, e non tanto semplici dispensatori di regole e informazioni. Il testimone è colui che vive
per primo il cammino che propone. Ogni ambiente educativo possa
essere luogo di apertura al trascendente e agli altri; luogo di dialogo,
coesione e ascolto, in cui il giovane si senta valorizzato.
La pace è frutto della giustizia ed effetto della carità. La pace è anzitutto dono di Dio. Noi cristiani crediamo che Cristo è la nostra vera
pace. Ma la pace non è soltanto dono da ricevere, bensì opera da costruire. Per essere veramente operatori di pace, dobbiamo educarci alla
compassione, alla solidarietà, alla collaborazione, alla fraternità, essere
attivi all’interno della comunità...
Cari giovani, voi siete un dono prezioso per la società. Non lasciatevi
prendere dallo scoraggiamento di fronte alle difficoltà e non abbandonatevi a false soluzioni. Non abbiate paura di affrontare la fatica e
il sacrificio, di scegliere le vie che richiedono fedeltà e costanza, umiltà
e dedizione. Vivete con fiducia la vostra giovinezza e quei profondi
desideri che provate di felicità, verità, bellezza e amore vero!
Non siete mai soli. La chiesa ha fiducia in voi, vi segue, vi incoraggia
e desidera offrirvi quanto ha di più prezioso: la possibilità di alzare gli
occhi a Dio, di incontrare Gesù, Colui che è la giustizia e la pace.
Una storia speciale
Il candidato in bici. Di mestiere è “tolekista”, tassista in
bicicletta, ed è in sella che ha
condotto la sua campagna per
farsi eleggere deputato all’Assemblea nazionale. Alphonse Awenze ha goduto di un inaspettato sostegno e delle simpatie di tutta Kisangani, grande città dell’est congolese. Tutti i ‘tolekisti’ lo hanno sponsorizzato e
hanno organizzato raccolte fondi
per finanziare la sua campagna,
ad esempio vendendo le sue foto
nelle strade e nei mercati.
Fare il “tolekista” è un lavoro
diffuso e in molti si riconoscono nella figura di Awenze. Rappresenta il candidato dei poveri
e un’alternativa a una classe dirigente che ha deluso molte aspettative. Ma è anche una persona
preparata: ha studiato scienze
politiche ed è stato rappresentante sindacale per un’azienda locale. Dopo essere stato licenziato
insieme ad altri dipendenti, è diventato ‘tolekista’.
■
●
● Giovani a convegno! Il settore
giovani della Fondazione Missio
organizza a Frascati (Roma), dal
28 aprile al 1 maggio 2012, il
Co.Mi.Gi. (Convegno missionario giovanile). Il tema è: “Da
discepoli a testimoni. La Parabola di Pietro”.
Per l’occasione è stata creata
una nuova pagina web, www.comigi.missioitalia.it, interamente
dedicata al CoMiGi 2012. Da qui
e la Libia; in più, diversi gruppi
armati ne hanno fatto uso in Afghanistan, Colombia, Pakistan e
ancora Myanmar. Anche in Siria, l’esercito ha disposto mine
lungo il confine con il Libano.
Un altro dato negativo riguarda
l’aumento del numero delle vittime: il 5% in più rispetto all’anno precedente.
■
è possibile reperire tutte le informazioni e iscriversi direttamente on-line. Calorosamente invitiamo i nostri giovani a visitare
il sito, a iscriversi e a partecipare
con i loro amici: ne saranno en■
tusiasti.
2012 GENNAIO
D I A L O G O E SO LID A RIETÀ
lettere al direttore
p. Marcello Storgato
MISSIONARI SAVERIANI
Via Piamarta 9 - 25121 Brescia
E-Mail: [email protected]
Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale
BUONA STAMPA
E BUONE COMPAGNIE
Caro direttore,
prendo... il maus (mouse) al volo e mi metto a scriverti, perché ho
sotto gli occhi il brillantissimo calendario 2012 di “Missionari Saveriani”. Grazie di cuore! È molto bello e molto denso... Puoi mandarmene ancora alcune copie? Mi piacerebbe darne uno a ogni comunità
sparsa nel Congo. E io ne vorrei una copia per me, in camera!
Leggendo la tua schietta, simpatica e compassionevole risposta, che
condivido al 101 per cento, al sacerdote sardo don Gino (nov. 2011, Lettere al direttore), mi è venuto da pensare a quante esistenze cristiane sono rifiorite per essere state ossigenate proprio dallo spirito missionario,
e a quante vocazioni missionarie sono nate proprio grazie alla stampa
missionaria! Sarebbe bello documentarle. Cito solo il caso di p. Piero
Sartorio che, non conoscendo direttamente un missionario, grazie solo
alla stampa missionaria ha trovato l’indirizzo e la strada della missione. E anche io, dalla “rossa” Toscana, ho trovato la strada dei saveriani proprio grazie all’indirizzo trovato su un numero di “Voci d’Oltremare”, lasciato nella scuola della campagna senese che frequentavo, dal
compianto p. Domenico Milani, in un suo rapido passaggio.
Basta così, altrimenti il maus mi scappa via. Anche perché c’è ben
altro nell’aria, in attesa dei risultati elettorali e soprattutto del dopo!
Pregate anche per il nostro incredibile Congo!
p. Antonio - Bukavu, Congo RD
Ho ricevuto lo splendido calendario 2012 di “Missionari Saveriani” e desidero ringraziarvi e complimentarmi con voi. È un’idea originale; le immagini sono belle e significative; l’avete realizzato in tempo
record e siete riusciti a far rivivere l’atmosfera di “santità” di quei tre
giorni splendidi a Roma. Grazie anche a nome della mia famiglia. P.S. - Ma che tristezza leggere del parroco che cestina la stampa
missionaria... Perché almeno non passa il giornale a chi lo leggerebbe volentieri; forse il parroco non si rende conto del valore della stampa missionaria.
Paola - Pizzighettone (CR)
Cari amici e amiche,
mi fa piacere che sia piaciuto il calendario 2012 e che desideriate averlo a portata di vista. L’abbiamo fatto apposta per questo: per essere un
aiuto a vivere la “santità quotidiana” insieme a Guido Conforti, un santo vescovo e missionario davvero simpatico a tutti!
Grazie anche per aver espresso la convinzione di quanto importante
e misteriosamente efficace sia la “stampa missionaria”, fino a suscitare vocazioni tra i giovani. Non solo, ma anche “internet” - basta digitare “saveriani” sul motore di ricerca - è sempre più importante per la
nostra comunicazione. Sono tanti coloro che entrano sui nostri siti e ci
scrivono, commentano articoli e foto, chiedono notizie e contatti. Sono
giovani e adulti laici, e anche vari sacerdoti, convinti di avere un ruolo
ben diverso da quello di... “cestinare”. La “buona stampa” è
come le “buone compagnie”: ci incoraggiano nel bene. Saluti fraterni a tutti e tutte,
p. Marcello, sx
STRUMENTI D'ANIMAZIONE
è questione di stile, di vita
Le fiabe nei barattoli è un libro per
ragazzi. L’autore Marco Aime fa parlare
le cose della vita quotidiana: i barattoli
del supermercato, il tappeto, la vecchia
bicicletta... per rivelare ai bambini, uomini del domani, i segreti di un mondo
che anche loro possono capire e cominciare a cambiare: in meglio! Le illustrazioni sono di Valentina Gottardi.
Emi, 80 pagine, € 11
Guida al consumo critico (sesta edizione) ci informa su cosa e come acquistiamo. Se compriamo alla cieca, rischiamo di
renderci complici di misfatti. Perciò è importante il consumo critico, scegliendo i
prodotti non solo in base al prezzo e alla
qualità, ma anche alla loro storia e al comportamento delle imprese.
Un consumatore informato è un consumatore sovrano.
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I MISSIONARI SCRIVONO
Da Belém: “Ho consegnato le chiavi a p. Matteo”
Cari amici, il Natale ci ha riuniti attorno a un Bimbo, volto umano di Dio e volto divino dell’uomo. Chi ci chiama, uno ad uno, per
donarcelo è una giovane donna: Maria. Lo pone nelle nostre braccia e ci dice: portatelo nel mondo intero, perché sia il Salvatore
dei bambini, dei giovani, degli adulti, e porti pace e fratellanza fra
gli uomini di ogni cultura e nazione, senza distinzione di razza o
colore, appartenenti tutti alla stessa umanità. San Guido Conforti, fondatore dei saveriani, diceva ai suoi missionari che partivano
per la Cina: “andate e fate del mondo una sola famiglia”. è questo
il nostro impegno di oggi e di sempre!
Tutte le parrocchie della diocesi hanno risposto all’invito del
vescovo per un “Natale senza fame”. La nostra comunità è riuscita a raccogliere 372 pacchi natalizi, per i 372 bimbi poveri iscritti
nell’elenco parrocchiale e siamo riusciti a dare qualcosa a tutte le
famiglie che ne hanno richiesto. Siamo andati di casa in casa per
rallegrare il cuore dei bambini poveri e delle loro famiglie. È stata una felicità per tutti.
Ho consegnato le chiavi della parrocchia a p. Matteo Antonello.
Era entrato tra i saveriani quando io ero rettore della casa di VicenP. Zurlo passa a p. Antonello le consegne
della parrocchia saveriana di Belém
za. È giovane e pieno di zelo; guiderà la parrocchia con saggezza.
Ne sono contento. Ho approfittato della sua disponibilità per ritirarmi con dignità, per il bene della gente e anche mio! Io rimango qui con i miei soliti impegni, ma libero da
responsabilità. Ci sono ancora tante opere da portare a termine in questa grande comunità cristiana. Voi continuate ad aiutarmi con la preghiera; anch’io lo farò per voi, con il mio grazie quotidiano nell’Eucaristia.
p. Marcello Zurlo, sx - Belém, Brasile
Anche a Salerno il cenone tra fratelli
La cena di fine anno con i fratelli e le sorelle che vengono da tante parti del mondo e che sono sbarcati nella nostra città, è un appuntamento importante. Spesso li incontriamo per strada, cerchiamo di
conoscerli e di fare amicizia. Alcuni vengono accolti nel nostro dormitorio nel periodo invernale.
Ma il 31 dicembre è qualcosa di speciale. I volontari, giovani dal cuore d’oro e di tanta pazienza,
li vanno a recuperare un po’ dappertutto e li portano qui, nella nostra casa saveriana di Salerno,
per farli sentire a casa loro.
Condividiamo con loro il pasto e tanto affetto, per non far sentire troppo la lontananza dalla
loro terra e dagli affetti. Sono tante storie che si intrecciano. Non si può fare molto, ma continuiamo a fare qualcosa: alla piccola goccia nell’oceano, se ognuno aggiunge la sua, molti
potranno dissetarsi.
p. Oliviero Ferro, sx - Salerno, Italia
Il piacere d’incontrarsi nel Sol Levante
Anche nel 2011, 24.mo anno di vita della nostra casa di preghiera e centro di dialogo interreligioso “Shinmeizan”, le attività sono state molte e interessanti; non solo quelle svolte in casa, ma anche i vari incontri
svolti insieme a tante persone e comunità in Giappone e all’estero. Quasi ogni giorno giungono al nostro
centro individui e gruppi per pregare, per ritiri spirituali, per incontri sul dialogo tra le religioni.
Abbiamo avuto anche il grande piacere di ospitare per alcuni giorni un bel gruppo di vescovi, sacerdoti, seminaristi e suore, venuti dall’Italia e guidati dal saveriano p. Stefano Berton; con loro, anche mons.
Gianni Cesena, direttore dell’ufficio nazionale per la cooperazione tra le chiese. Sono venuti anche alcuni
monaci, guidati da fr. Matteo N. Zani della comunità di Bose, per incontrare i monaci buddhisti giapponesi, per un dialogo interreligioso monastico.
Siamo riconoscenti a Dio e a voi tutti, che condividete il nostro cammino missionario, e auguriamo un felice anno 2012.
p. Franco Sottocornola, sx - Shinmeizan, Giappone
solidarietÀ
CAMERUN: CENTRO PER DISABILI A BAMENDA
Nel momento del bisogno mi rivolgo alla generosità
dei lettori di “Missionari Saveriani” per un aiuto al lavoro missionario in Camerun. La missione “San Paolo”,
nella diocesi di Bamenda, è in una zona sotto sviluppata. Soprattutto nei villaggi lontani, il sistema di vita è ancora molto povero e primitivo. Come missionari, ci siamo adoperati molto nell’ambito sociale con le scuole e
gli ambulatori, l’acqua potabile e l’elettricità, la preparazione professionale al lavoro.
Ma esiste una categoria di persone per le quali non c’è
alcuna assistenza: i disabili fisici o mentali. Sono lasciati
soli per mancanza di cure, e vivono ai margini della società. In molti casi, basterebbe un minimo di assistenza
qualificata per curarli e ridare loro una vita normale.
Il centro per disabili a Bamenda è a buon punto, ma
abbiamo dovuto interrompere i lavori: il pavimento e
l’intonaco, la cucina e i servizi igienici, l’acqua e l’elettricità, gli strumenti adatti all’assistenza medica. Per rendere operativo il centro abbiamo bisogno di 20.000 euro.
Ogni aiuto sarà per noi e per i disabili un dono della Divina Provvidenza, di cui vi ringraziamo di cuore.
p. Italo Lovat, sx - Camerun
piccoli progetti
1/2012 - CAMERUN
Centro per disabili
Per completare e rendere operativo il “Centro disabili” nella missione di Bamenda, in
Camerun, occorrono 20.000 euro: pavimento,
cucina, servizi igienici e strumenti di cura e
riabilitazione. Ogni aiuto sarà un dono della
Provvidenza per questi fratelli disabili.
• Responsabile del progetto è il saveriano
trevigiano p. Italo Lovat.
6/2011 - CAMERUN
Scuola a Nefa
Un sogno: dare una scuola a tutti i villaggi
della grande missione di Bafoussam, in Camerun. La più urgente è quella di Nefa, per mille
alunni. Occorrono almeno 12 aule, a 4.000
euro per aula, per un totale di 48.000 euro. I
missionari chiedono una mano.
• Responsabile del progetto è il saveriano
bresciano p. Gianni Abeni.
Chi desidera partecipare alla realizzazione di questi progetti, può utilizzare l’accluso Conto corrente
postale, oppure può inviare l’offerta direttamente
al C/c.p. 00204438, intestato a:
Procura delle Missioni Saveriane,
Viale S. Martino 8 - 43100 PARMA
oppure bonifico bancario su C/c 000072443526
CARIPR&PC - Ag. 6, via Farini 71, 43100 Parma
IBAN  IT86 P062 3012 7060 0007 2443 526
Si prega di specificare l’intenzione
e il numero di Progetto sul C/c.p. Grazie.
2012 GENNAIO
ALZANO
24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4
Tel. 035 513343 - Fax 035 511210
E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247
Con gli occhi dell’anima
A Roma per san Guido, nonostante tutto...
Padre Mario ci aveva chiesto di scrivere le nostre impressioni sul pellegrinaggio a Roma
per la canonizzazione di mons.
Conforti. Noi abbiamo preferito
lasciar parlare altri due pellegrini: i coniugi Oriana e Fabio
Pasinetti, entrambi non-vedenti
e nostri insostituibili amici. Ecco il loro racconto.
Elisabetta Gotti Viganò
A
marzo dell’anno scorso
i nostri amici Angelo ed
Elisabetta ci hanno proposto di
condividere con loro un viaggio
a Roma dal 22 al 24 ottobre.
Istintivamente ho risposto subito sì, senza chiedermi il motivo
del viaggio, tanto ero contenta;
e rivolgendomi a Fabio, mio
marito, ho detto: “Vero che andiamo?”. Un viaggio in compagnia dei nostri amici è per me
un grande regalo, e Fabio non
mi delude mai sapendo quanto
sono importanti per me certe
scelte; perciò è stato un sì definitivo da subito.
Quando poi Elisabetta mi ha
spiegato che si trattava di un
pellegrinaggio per la canonizza-
zione di Guido Conforti, fondatore dei saveriani, congregazione a cui apparteneva suo fratello
compianto p. Renato Gotti, sono
stata felicissima. Ero anche un
po’ perplessa per Fabio, che non
è particolarmente interessato a
questo tipo di esperienze; ma lui
mi ha rassicurata e ha tranquillizzato anche i nostri amici.
Aria festosa, in attesa di…
Finalmente arriva il giorno
della partenza. Che meraviglia!
Tre giorni a Roma con i nostri
amici e condividere con loro la
gioia e l’emozione di un pellegrinaggio così importante! Salita sul pullman, ho subito avuto
la sensazione che per qualche
giorno avrei accantonato le preoccupazioni e i problemi del
quotidiano per poter interiorizzare e gustare questo cammino
di santità.
Giunti a Roma, a San Giovanni in Laterano, ho avuto
esperienze indimenticabili: oltre
alla minuziosa descrizione della
basilica fattaci da Angelo, che
ci ha permesso di vedere senza
l’ausilio degli occhi, mi ha felicemente stupito sentire voci gio-
ORIANA PASINETTI
iose e strette di mano calorose.
Tante persone erano lì da tutto
il mondo, per la stessa ragione:
fare festa per il nuovo santo Guido Conforti - e condividere
la propria gioia! L’aria era davvero festosa, serena e gioiosa:
tutti aspettavamo l’indomani, il
grande giorno.
Quella serenità interiore…
Alla veglia di preghiera del
sabato pomeriggio, sentivo crescere dentro di me un’immensa
pace e serenità. I nostri amici ci
descrivevano i minimi particolari di ciò che accadeva sul palco e
intorno a noi. Ma mi bastavano
le voci, le musiche, le parole dette, per capire quanto siano importanti gli occhi dell’anima…
Domenica 23 ottobre è il grande giorno. In piazza San Pietro
il freddo ci infastidiva, ma il rito
della canonizzazione era così solenne e commovente che ciò che
mi circondava non aveva importanza. Mons. Conforti, fino a ieri
a me poco noto, nell’essere proclamato santo mi ha donato una
serenità interiore che anche ora,
giorno dopo giorno, mi accompagna nel quotidiano.
In Amazzonia da 37 anni
è bello stare tra la gente semplice
C
ari amici, sto completando
il 37° anno di presenza in
Amazzonia, ma a me sembra di
aver lasciato la Bergamasca ieri.
Tra l’altro, se parlo con me stesso, uso sempre la nostra
bella lingua per non dimenticare e restare… allenato.
8
Una chiesa vicina
al popolo
Qui si vive il clima delle
comunità, anzi delle comunità ecclesiali di base.
Qualcuno dice che la “teologia della liberazione” sia
passata di moda. Ma non è
così. Non c’è più quell’euforia di trent’anni fa, ma
la sostanza c’è ancora. Soprattutto non manca lo spirito nuovo che ha portato
quella teologia. Abbiamo
messo il popolo povero al
centro dei nostri interessi,
stimolando il processo di
liberazione dalla povertà e
dalla sudditanza.
L’abbiamo fatto, cercando di costruire una
chiesa di Cristo più vicina al popolo, più povera e
con il minimo di strutture.
Andando nelle nostre comunità della foresta, noi missionari
avvertiamo quanto profonda sia
stata la conversione e il rinnovamento, pur tra numerose dif-
p. ILARIO TRAPLETTI, sx
ficoltà e contraddizioni. È bello
stare tra il popolo semplice, povero e umile che frequentiamo,
e condividere la vita semplice
della gente.
Padre Ilario Trapletti, veterano della missione
in Amazzonia, con i tuberi di manioca, il cibo dei poveri
rappresentavano
il mondo intero!
È stata una celebrazione corale e
coreografica, ma
soprattutto ricca di sentimenti
di fratellanza e
d’amore.
“Così vogliamo
i missionari”
Veramente il regno di
Dio è dei poveri! Qui non
abbiamo molte strutture
all’infuori di modeste cappelle. Il popolo ci vuole
bene così. Se dormiamo
nell’amaca come loro, se
mangiamo la manioca come loro, sono contenti e
ci dicono “così vogliamo i
nostri missionari!”.
È una pena che il vento della modernità tenti di soffiare anche dentro
la nostra foresta, stravolgendo millenarie abitudini. Noi siamo qui con loro e per loro; e ci riteniamo fortunati di stare lontani dalle tante diavolerie
del mondo d’oggi, con cui
non riusciamo più a identificarci. Ricordiamoci nelle
preghiere e restiamo uniti.
■
Grazie.
Guida, luce
e conforto
In questi tre
stupendi giorni
ognuno di noi
ha fatto tesoro
di tante cose e
di sentimenti
che diverranno
per noi guida nel
quotidiano, luce
e conforto nei
momenti di scoraggiamento…
Ringrazio i
miei amici che
hanno voluto
condividere con
noi questi giorni
santi. Ringrazio
Fabio di questo
San Guido Conforti si mostra anche a chi non ha occhi
per vederlo, ma tanto cuore per accoglierlo
regalo condiviso, perché anche
Il lunedì 24 ottobre, in San
lui è tornato con una grande ricPaolo fuori le Mura, abbiamo
chezza nel cuore. Ringrazio tutti
partecipato alla meravigliosa
coloro che ho conosciuto.
Messa di ringraziamento. In
Ringrazio te Signore, Luce e
quella chiesa, così enorme che
Guida a ogni mio passo: rendimi
per me era davvero faticoso percapace di condividere con gli alcepire la sua reale grandezza,
tri la gioia di questa canonizzaerano presenti tante persone che
■
zione.
MAMMA MARIA
HA RAGGIUNTO IL PARADISO
I FIGLI
A Sarnico, il 28 novembre si è spenta la signora Maria Rolli, 97 anni,
sorella del saveriano p. Romano.
Esempio di fede e di carità per tutti coloro che l’hanno conosciuta,
mamma Maria ha sempre trovato tempo da dedicare agli altri e al
Signore, nonostante la numerosa famiglia.
Fin dall’ordinazione del fratello padre Romano, si è interessata alla
vita delle missioni e non ha mai fatto mancare il suo sostegno ai saveriani e agli altri missionari. Ogni anno ci teneva a partecipare all’incontro dei famigliari dei saveriani ad Alzano. Ed era molto contenta
quando incontrava qualche missionario che era stato in missione con
suo fratello.
Per lei la preghiera aveva grande importanza; e altrettanto importante era il lavoro. Entrando in casa, la trovavi sempre indaffarata a
fare qualcosa. Mai una volta stava con le mani in mano. Un giorno
smistava gli indumenti che le
avevano portato per le missioni, un altro cuciva pantaloncini
e casacche per i bambini poveri,
un altro ancora scriveva a qualche missionario…
“Famosi” erano i suoi pacchi: tutti ordinati, sigillati, rivestiti di stoffa per evitare che
si rompessero durante il viaggio. E dentro, c’erano doni per
i bambini e un pensiero per i
missionari. Mamma Maria ha
raggiunto così terre lontane in
Africa, Nord Europa, Asia, America. Anche dal paradiso continuerà a vegliare sui missionari.
Maria Rolli, sorella del saveriano
p. Romano e amica delle missioni,
è salita al cielo il 28 novembre 2011
2012 GENNAIO
BRESCIA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781
E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259
Don Ciotti: il coraggio e la speranza
Incontro dopo incontro
La festa di Saverio con mons. Monari
I
saveriani di Brescia
quest’anno hanno giocato
d’anticipo e giovedì 1° dicembre hanno celebrato la festa di
san Francesco Saverio, patrono
delle missioni, ospitando i sacerdoti della diocesi per la tradizionale mattinata di riflessione, guidata da mons. Luciano
Monari. Il vescovo ha condotto
un parallelo tra mons. Conforti e il Saverio, a cui il fondatore
dei saveriani ha intitolato la sua
famiglia di missionari.
L’anima vale l’eternità
Conforti ammira la vocazione
missionaria di san Francesco Saverio: “Ha compreso il nulla delle cose della terra e la preziosità dell’anima umana, perché immortale, fatta a immagine di Dio
e redenta dal sangue di Cristo,
salvata la quale tutto è salvato, e
perduta la quale tutto è perduto
e per sempre. Questa verità l’ha
Mons. Monari durante l’incontro
con i sacerdoti per la festa di S. Francesco
Saverio; accanto a lui un ascoltatore
d’eccezione: san Guido Conforti
2 dicembre, don
V enerdì
Luigi Ciotti, presidente di
a cura di p. MARCELLO STORGATO, sx
reso uomo tutto celeste”.
“È l’immagine che Conforti
ha di Saverio - ricorda il vescovo; ma è anche il suo auto ritratto, quello che l’ha spinto a essere vescovo missionario. L’anima
è tutto, vale l’eternità. Il resto
passa, non appare, è nulla. Dirlo è la cosa più semplice, ma interiorizzare questo modo di valutare le cose, richiede una conversione profonda del pensiero
e una correzione dei sentimenti, perché il mondo con tutte le
sue realtà s’impone alla nostra
vita, ai sensi, all’immaginazione, per cui condiziona desideri
e decisioni.
Com’è possibile fare ciò? La
risposta sta nella meditazione.
Nella spiritualità del Conforti, la
meditazione è stata una dimensione decisiva della sua vita, perché il modo in cui vive scaturisce da quello che lui medita, legge nella Parola di Dio e assimila
■
progressivamente”.
“Libera”, è stato ospite dei saveriani di Brescia dove ha aperto le
iniziative della “Tenda della solidarietà 2011”. L’incontro, seguito da un folto pubblico, aveva come tema “Tratta degli esseri umani: le nuove mafie”.
Alla serata hanno partecipato anche Franco Valenti, che ha
tratteggiato un quadro sull’immigrazione bresciana e lombarda, e il procuratore aggiunto Fabio Salamone, che ha spiegato
come nella magistratura si osservi un’attenzione positiva e culturalmente corretta al fenomeno dell’immigrazione: “la gente, ancor più dei provvedimenti giuridici, capisce che è importante confrontarsi, cogliendo gli
aspetti positivi che una cultura
diversa può darci”.
Lo sfruttamento culturale
Don Ciotti ha fotografato la
realtà che incontra con “Libera”,
associazione impegnata a solle-
Una sera d’inverno a S. Cristo
Seconda edizione di “Caro autore ti chiedo”
quest’anno la LibreA nche
ria dei popoli dei saveriani
di Brescia ripropone l’iniziativa
“Caro autore ti chiedo… Una
sera d’inverno a S. Cristo”.
Dopo la prima edizione del
2010-2011, che ha riscosso un
buon interesse sia nella versione
invernale che in quella primaverile, nella sala del Romanino
sono ripresi gli incontri del terzo
ciclo.
Una bella sinergia!
La prima novità, rispetto allo
scorso anno, è la preziosa collaborazione della libreria Paoline
di Brescia, che ha deciso di sostenere l’iniziativa. Due realtà
ben radicate e conosciute in città
hanno deciso di unire le forze. È
un segnale importante di lavoro
comune per offrire proposte interessanti ai cittadini.
La rassegna mette al centro
la presentazione di alcuni libri
8
di diverso tema, con la presenza dell’autore, che è chiamato a
interagire con rappresentanti del
mondo universitario e giornalistico, ma anche con il pubblico.
La parola, infatti, viene data a
chiunque desideri intervenire per
esprimere un’opinione sul libro
e l’argomento trattato.
Il primo appuntamento si è
tenuto il 6 dicembre. Marino
Ruzzenenti, collaboratore di
“Missione Oggi”, ha proposto il
suo libro “Shoah - Le colpe degli
italiani” (Manifestolibri), dialogando con Bruno Segre, direttore della rivista ebraica Keshet, e
con i partecipanti che hanno assistito a un vivace dibattito su un
tema scottante. Il volume, infatti,
offre un contributo sulle responsabilità italiane (e bresciane) per
lo sterminio degli ebrei.
Tematiche importanti
I prossimi incontri si svolge-
Brunetto Salvarani, al centro, tra Bruno Segre e Marino Ruzzenenti (a destra)
al primo incontro di “Caro autore ti chiedo...” 2011-2012
DIEGO PIOVANI
ranno tra gennaio e febbraio,
sempre di martedì alle ore 18.
Martedì 24 gennaio: Brunetto Salvarani illustra la sua ultima fatica “Il dialogo è finito?”
(Emi), dialogando con Mauro
Castagnaro, giornalista esperto
di ecumenismo, e Annachiara
Valle, direttrice di “Madre”. Il
libro cerca la ragione nella crisi
del dialogo, interrogandosi su
quanto accaduto.
Martedì 14 febbraio: Enzo
Pace parlerà di “Vecchi e nuovi
dei - La geografia religiosa che
cambia” (Paoline); è chiamato
a confrontarsi con Marco Dal
Corso, docente di teologia delle
religioni, e Paolo Naso, docente
di scienza politica. In un’Italia
che sta cambiando anche dal
punto di vista religioso, è fondamentale avere una bussola per
orientarsi.
Martedì 28 febbraio: Antonio Nanni e Antonella Fucecchi
presentano “Come nasce un italiano”; come interlocutori hanno
Marino Ruzzenenti e Lucrezia
Pedrali, condirettrice di “Cem
Mondialità”. Gli autori ipotizzano una nuova legge sulla cittadinanza e una più forte integrazione dell’Italia nell’Ue, quale parte
essenziale dell’unità nel mosaico
dei popoli.
Vi aspettiamo numerosi, alle
■
ore 18 in punto!
Don Luigi Ciotti
a San Cristo
citare nella società la lotta alle
mafie e a promuovere legalità
e giustizia. È partito dal traffico
di organi nel nostro Paese e da
“quell’intuizione che il procuratore Pace ebbe per primo, osservando una moto che trasportava
disabili dall’estero e che tornava
indietro senza passeggeri”. Poi
ha raccontato del traffico di neonati, per superare i tempi lunghi delle adozioni internazionali
e della tratta a fini sessuali, i cui
veri numeri restano incerti.
Don Ciotti racconta brevi,
atroci storie di cui “Libera” è testimone: dalla ragazzina albanese scappata dal circuito della
prostituzione, a cui per vendetta
gli sfruttatori hanno sgozzato la
sorella quindicenne, alle donne
italiane espulse dal mercato del
lavoro e costrette a prostituirsi.
“Non si può generalizzare e
non si deve semplificare - dice
don Ciotti - ma c’è una domanda sulle nostre strade che va indagata. Il problema sono anche i
signori clienti…”. Racconta poi
dello sfruttamento nel lavoro e si
chiede: “Chi conosce il patrimonio culturale dei giovani stranieri
giunti qui da tutto il mondo e diventati vittime di sfruttamento?
La maggior parte ha un diploma di
scuola media, il 29% una laurea.
Abbiamo bisogno di pensiero profondo per renderci più responsabili. Ci deve essere una
rivolta dentro le nostre coscienze. Il mio invito è a rafforzare la
giustizia sociale e la legalità, veri presupposti per la pace, e ad
avere il coraggio del dubbio.
Perché la speranza non è in ven■
dita!”.
troppe armi nellA POVERA africA
don MARIO NEVA
Pubblichiamo parte di una riflessione scritta da don Mario, “fidei
donum” in Benin, dopo i tragici eventi di Kiremba.
È un dolore grande quello che si prova e per tanti motivi. Il furto,
purtroppo, è diventato una delle prime cause di uccisione dei missionari e volontari; qualche volta è l’odio ideologico a provocare la morte; in altre zone dell’Africa i cooperatori internazionali sono adoperati come strumenti di baratto.
Chi ha esperienza di missione sa che qui non c’è niente da rubare:
qui la giornata inizia quando ancora è buio, inghiottiti in una natura
non piegata dall’uomo. La ricchezza delle missioni è l’accoglienza continua e incessante di persone, la realizzazione di progetti umanitari, il
tentativo di valorizzare gli abitanti del luogo, il servizio per gli ultimi.
Il denaro che arriva dagli amici svanisce presto in mille rivoli di solidarietà, certamente insufficiente al reale bisogno. La sobrietà è una regola di testimonianza e di condivisione e la jeep una necessità.
Un altro pensiero va ai giovani, alle armi
che essi impugnano. Troppe armi in Africa!
Troppi commercianti! Troppi profittatori dei
mali altrui, troppi inutili costruttori e venditori di morte! Qui in Africa la fusione dei
metalli si è fermata alla costruzione di spade
rudimentali. Tutto il resto, viene da fuori.
Il nobile sacrificio di fratelli e sorelle, però, non ci deve fermare; anzi, diventa il seme fecondo per nuove straordinarie imprese, soprattutto per i più giovani ai quali non
possiamo continuamente rubare il futuro,
la speranza, l’ottimismo e la bellezza della
vita. Raccogliamo insieme le energie che ci
Suor Carla Brienza,
restano per sperare in un mondo migliore.
ferita a Kiremba
2012 GENNAIO
CAGLIARI
08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9
Tel. 340 0840200
E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084
Il fotoreporter Mariano Casti, a sinistra, con p. Tonino Melis
e la volontaria laica Maria Pia Guerra in Ciad
Una micro università agricola
In Ciad si realizza una vera missione ecclesiale
chiesa di San NicoN ella
lò di Guspini, il vescovo
mons. Giovanni Dettori ha dato
il mandato missionario ai partenti volontari per la missione
lavorativa in Ciad, fra cui Maria Pia Guerra, infermiera in
pensione, sorella del saveriano
p. Mario. Alcuni parrocchiani e
amici di don Angelo Pittau sono
partiti volontari per completare
la ristrutturazione dell’edificio
parrocchiale di Siekè, per farne
il primo nucleo della libera Università agro-zootecnica.
L’operosità di don Angelo
La vecchia missione di Siekè
è stata donata nel 2009 dal vescovo di Pala Jean-Claude Bouchard, perché diventasse sede
della facoltà con aule, laboratori e il soggiorno per i docenti.
Il villaggio è poco distante da
Bongor, sul fiume Logone. La
missione è stata chiusa perché la
strada nazionale non passa più
da Siekè. Il governo del Ciad
ha donato alla facoltà agro-zootecnica cento ettari di terreno,
perché è stata riconosciuta opera di utilità pubblica. Si tratta di
un vero esempio di solidarietà
e collaborazione internazionale
per lo sviluppo della regione del
Majo Kebbi, dove in gran parte
la popolazione appartiene all’etnia dei masa.
Don Angelo Pittau, parroco
di San Nicolò a Guspini, si è
impegnato con alcuni organismi
della diocesi di Ales a seguire
la ristrutturazione dell’università, cercando muratori, idraulici,
elettricisti e falegnami sardi,
alla spedizione di due container
p. DINO MARCONI, sx
pieni di finestre, porte, materiale
elettrico e idraulico, arredo scolastico (banchi, cattedre, armadi,
computer, lampade) e attrezzature varie.
Una solidarietà universale
La Caritas diocesana, l’ufficio
missionario e il gruppo diocesano della mondialità hanno sostenuto il progetto, che veramente
si può definire “ecclesiale”. Il
vescovo di Ales Terralba, mons.
Giovanni Dettori, aveva già inviato due seminaristi teologi per
apprendere lo spirito missionario sul campo di lavoro, con un
insegnante d’eccezione: il saveriano p. Tonino Melis, originario
di Tuili.
Don Angelo, sul bollettino
della parrocchia, ha scritto: “In
Africa, nel Ciad, la popolazio-
Il mio saluto a tutti gli amici
La missione è dura, bella e gratificante
canzone “Qualcosa
N ella
di ben più grande”, che
si rifà alla lettera del Conforti
scritta ai giovani, c’è una frase
significativa: “È una vocazione
tanto dura e bella, vale la pena
seguirla”. In questi ultimi giorni
sto sperimentando proprio questi due aspetti della missione: la
difficoltà e la sofferenza, e allo
stesso tempo, la bellezza e la
grandezza di poter continuare la
missione iniziata da Cristo.
Perché la missione è “dura”
Sei anni fa, quando ancora
mi trovavo in Africa, mi è stato chiesto di mettermi a servizio della famiglia missionaria
e di stare alcuni anni in Italia,
a Salerno. Ora vado in Asia, in
Thailandia, e questo mi fa paura,
mi mette un po’ in crisi, tanto da
chiedermi se sarò all’altezza. Ho
8
accettato di andare in Thailandia,
ma sono consapevole che per me
non sarà una passeggiata, perché
dovrò studiare più lingue e perché devo andare in un posto che
sento molto distante da me.
La missione è “dura” per me
oggi anche per un altro motivo.
Sono chiamato a trasmettere un
messaggio - quello di Dio - che
spesso contrasta con il mio essere. Limiti ed errori rendono più
difficile la missione che Dio mi
affida ogni giorno.
Perché la missione è “bella”
La missione riempie la vita.
Tante volte in questi anni mi è
capitato di confrontarmi con
i giovani sul senso della vita,
sull’importanza di fare delle
scelte che ci diano pienezza.
Questa pienezza io l’ho trovata
nella missione, nella partenza,
Padre Alessandro Brai, saveriano di Palmas Arborea (OR), destinato alla missione in
Thailandia, ha trovato il tempo per visitare la mostra interculturale 2011,
allestita dai saveriani a Macomer, e di interagire con i bambini delle scuole
p. ALEX BRAI, sx
nell’accogliere la chiamata di
Dio non come un peso, ma come
un dono, una grazia, una sfida.
La missione è “bella” perché
ci fa scoprire di più la gioia di
essere cristiani. Fin da piccolo
mi chiedevo: come fa una persona a desiderare di andare in un
posto pieno di mille difficoltà,
così diverso dal suo? Stare in
Africa è stato per me un motivo
di grande gioia, ma lo è stata anche l’esperienza a Salerno.
Un “grazie” che si moltiplica
Ho avuto tanto da tutti. Il mio
primo grazie va alla comunità
saveriana di Salerno. La diversità di età e di pensiero non ci
hanno impedito di vivere serenamente. Ringrazio le saveriane,
perché in ogni famiglia ci vuole
un tocco femminile. Ringrazio i
laici saveriani: siete stati per me
una grande scoperta. Ammiro il
vostro impegno nelle parrocchie
e nelle vostre famiglie, dove
cercate di comunicare lo spirito
missionario. Grazie a sacerdoti,
religiosi e religiose: ho avuto
modo di confrontarmi, di condividere, di arricchirmi con voi.
Il grazie più grande va a giovani e giovanissimi. Grazie per
esservi fidati di me. Avete aperto
il vostro cuore e mi avete comunicato umanità e affetto. Continuate il cammino di fede nelle
parrocchie, continuate ad arricchirvi con il cammino missionario in compagnia dei saveriani. E
credete sempre di più in voi stes■
si e a Gesù.
ne ha tante aspettative e noi
facciamo quello che possiamo,
considerando che anche in Italia si stanno passando momenti
difficili. Però, in tutto questo c’è
una ricaduta del lavoro anche a
Guspini, perché buona parte del
materiale della costruzione è stato comprato e costruito a Guspini. Abbiamo dato lavoro in Ciad
e a Guspini esaltando la generosità e il volontariato per una
concreta sinergia di solidarietà
universale, quindi missionaria
nel vero senso della parola”.
Tuttus in paris!
In Ciad, nella regione sud
occidentale del Mayo Kebby,
lavorano due saveriani sardi: p.
Tonino Melis e p. Marco Bertoni. Entrambi hanno scritto libri e fatto ricerche etnologiche
e linguistiche sulle etnie masa
e musey. Dal 2000 si portano
avanti progetti di educazione e
assistenza che vanno dai bambini delle scuole rurali dei villaggi
ai giovani con la creazione della prima facoltà universitaria di
studi agrari della zona.
Tre giovani insegnanti ciadiani sono stati aiutati a studiare
agraria a Villacidro e Sassari.
La libera università “Lulez”
per studi agro-zootecnici ha lo
scopo di garantire il rendimento
dell’agricoltura di sussistenza,
alimentare e ambientale, migliorare l’organizzazione del lavoro
e ridurre la povertà, per costruire
una prospettiva di sviluppo endogeno autonomo e sostenibile
nel tempo. Come dicono i sardi:
“tuttus in paris”.
Questa volta si è aggiunto ai
volontari il fotoreporter Mariano Casti, che ci ha raccontato il
viaggio attraverso sms, fotografie ed e-mail. Ecco la sua testi■
monianza.
(continua nel riquadro)
L’ AFRICA TI RIPAGA... SEMPRE
MARIANO CASTI
La prima settimana a Siekè, in Ciad, ti sembra di morire; tutto quello che vedi è lontano anni luce da ciò che hai anche solo immaginato:
una città, che di città non ha nulla, un popolo che dal mattino presto
si riversa in strada per il mercato, che di “mercato” non ha nulla! La
regina è la polvere, la strada asfaltata è una sola; il resto è sabbia, sabbia e polvere. Hanno il cellulare, la birra e la coca cola, ma non hanno
ancora il concetto di igiene. Il veicolo principale di molte malattie è
l’acqua! Le fogne sono in strada… Assurdo! Però sono felici! Non ho
visto un bambino triste; sorridono sempre. La vita è questa per loro.
Dopo dieci giorni inizi a sopportare il caldo e si va al mercato a comprare la carne… La tocchi per scegliere quale pezzo di filetto comprare, senza pensare al fatto che è piena di mosche e che altre persone
come te l’hanno toccata. Perchè qui si tocca tutto con le mani e ci si
deve adeguare. Certo i primi giorni devi chiudere occhi, bocca e naso
quando vai a comprare, visto che al mercato di Bongor, vicino al “settore carni”, c’è la fogna a cielo aperto. Cose assurde per noi, abituati al marchio Cee...
Poi però arriva il tramonto che è qualcosa di paurosamente bello! Una
luce calda invade tutto ciò che ti circonda; filtrano i raggi tra la polvere e
rendono l’atmosfera surreale e tu, con calma, te lo devi gustare...
In Africa nessuno ha fretta. Il nostro concetto di tempo qui non funziona; tutto è sfasato e diverso, ma una cosa è certa: se dai il tuo tempo all’Africa, lei ti ripagherà con qualcosa che non hai mai nemmeno
osato immaginare!
Un tramonto a Bongor, in Ciad,
secondo Mariano Casti
2012 GENNAIO
CREMONA
26100 CREMONA CR - Via Bonomelli, 81
Tel. 0372 456267 - Fax 0372 39699
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00272260
Missionario, chimico dello spirito
Il saveriano viadanese p. Piero Sartorio
C
on p. Piero Sartorio ho
viaggiato nel 1981 da Kitutu a Shabunda, quando i ponti,
che separano le due parrocchie,
erano ancora in piedi. Siamo
partiti in Landrover alle quattro
del mattino per arrivare a destinazione con la pioggia, alle 23.
Il viaggio era di circa 300 chilometri.
I giovani lo ammiravano
Lo scopo era visitare la comunità saveriana della parrocchia
più lontana e più estesa della
regione. L’occasione era unica
per un viaggio in compagnia di
p. Piero, allora nostro superiore.
Non avevo mai avuto la possibilità di incontrarlo prima. Nelle
numerose ore di strada abbiamo
parlato, raccontato, scambiato
opinioni e pregato. È nata così
una stima reciproca.
Dietro le lenti dei suoi occhiali, p. Piero guardava la persona
che incontrava con simpatia,
voleva bene, entrava in relazione, faceva domande, ascoltava
e commentava, proponeva prospettive di fede. Aveva contatti
con tante persone, soprattutto
con i giovani. Li ospitava e li
introduceva al vero senso della
vita, della vocazione, delle cose.
I giovani lo ammiravano, erano
attirati dal suo esempio e lo seguivano negli incontri di formazione.
L’amore per i detenuti
Era laureato in chimica e amava la natura. Era contemplativo,
ammirava gli alberi e i fiori, il
cielo e gli uccelli, la musica e i
cori, l’arte e la pittura… Gustava
p. GIUSEPPE DOVIGO, sx
la frutta e il cibo saporito. Sapeva condividere e affascinare. Le
persone sensibili e sincere si affezionavano a lui.
Non sopportava, invece, la
durezza del cuore umano. Padre Piero aveva grande sensibilità e profondo amore per i detenuti. Li visitava nelle pessime
condizioni delle carceri congolesi. Andavo con lui, qualche volta, nel mio soggiorno a Goma;
entravo in quei luoghi disumani, dove l’aria era puzzolente e
irrespirabile, e dove il caldo era
insopportabile. Con coraggio, p.
Piero intraprendeva iniziative
per denunciare le gravi violazioni dei diritti umani nelle prigioni. Le sue richieste non sempre
erano accolte volentieri e, il più
delle volte, ricevevano solo pro■
messe vaghe.
Viadana, terra di missionari
Andrea Facchetti ordinato diacono
7 dicembre, AnM ercoledì
drea Facchetti, giovane
viadanese che lo scorso 24 ottobre ha emesso la professione
perpetua tra i missionari saveriani, è stato ordinato diacono.
La celebrazione si è svolta nel
santuario “San Guido Conforti”,
presso la casa madre dei saveriani, a Parma.
Cresciuto all’oratorio Castello e formatosi nel gruppo scout,
Andrea ha frequentato il liceo
scientifico cittadino e si è laureato in scienze della comunicazione a Reggio Emilia. Nel settembre 2004, conclusa l’università, ha deciso di diventare missionario: un cammino formativo
di otto anni, iniziato a Milano
con il biennio teologico, e continuato ad Ancona con due anni
di noviziato; a Parma terminerà
gli studi in primavera e sarà ordinato sacerdote.
Oltre allo studio, il giovane
viadanese è impegnato in diverse attività pastorali. Da tre anni è catechista e volontario Caritas presso il carcere di Parma.
“Accompagno i detenuti - spiega Facchetti - anche all’esterno,
nell’aiuto a cercare il lavoro o la
casa, o semplicemente nel dialogo e nell’ascolto... All’amico Mustafà che capisce poco
l’italiano, quando l’altro giorno mi chiedeva chi è il diacono,
ho risposto senza pensarci più di
tanto, che «è quasi prete». In re-
don CLAUDIO RASOLI
altà, la parola diacono in greco
significa servo e indica un cammino verso il basso, seguendo i
passi di Gesù che prima di essere ucciso lascia alle persone che
ama l’insegnamento di lavare i
■
piedi agli altri”.
“La vita è bella e da vivere con gioia”
p. SANDRO PARMIGGIANI, sx
C
osì mi scriveva dal Congo, il grande amico e confratello p. Piero Sartorio, nato a
Carrobio di Viadana il 23 giugno
1929. Suo papà si chiamava Defendente e sua mamma Ida Scaglioni, donna molto religiosa e
piena di carità; ha saputo donare ai suoi due figli un’educazione cristiana profondamente radicata nella vita concreta di ogni
giorno.
Missionario a 26 anni
Piero era stato uno studente
brillante. Subito dopo la laurea
in chimica, aveva iniziato il lavoro in azienda per poter aiutare la sua famiglia ed era fidanzato con una brava ragazza. Ma
Dio aveva altri piani per lui! Gli
aveva fatto incontrare i saveriani all’università di Parma. Così
aveva deciso di dedicare la sua
vita a Cristo e alle missioni, entrando nel noviziato di S. Pietro
in Vincoli (Ravenna) l’8 ottobre
1955. Tre anni dopo aveva fatto
la professione perpetua tra i saveriani.
Era stato ordinato sacerdote il 16 ottobre 1960, insieme
ad altri 25 saveriani, nella chie-
sa dell’istituto a Parma. In quegli anni c’ero anch’io, con altri
quattro cremonesi e 98 giovani
teologi provenienti da molte regioni d’Italia. Il suo sogno era
l’Africa, dove ha vissuto e lavorato dal 1961, eccetto un periodo di sette anni trascorsi in Italia
(dal 1971 al 1978).
Gli occhi pieni di luce
Il 15 ottobre 2011, sono stato
invitato a Parma per festeggiare
il 50° anniversario della mia ordinazione sacerdotale con tutti i
saveriani presenti in comunità.
Tra loro c’era anche p. Piero, da
poco tornato dal Congo. Mi sono
avvicinato a lui poco prima della
Comunione per l’abbraccio della pace; mi aveva accolto senza
dire una parola, ma con un sorriso silenzioso e con gli occhi pieni di luce.
È stato il saluto più bello e più
eloquente di tutti. Padre Piero
è morto all’alba del 21 novembre 2011. Due giorni dopo, ho
festeggiato il mio compleanno
partecipando al suo funerale. Per
lui un giorno di festa, per me di
rimpianto. Ciao, p. Piero: “Jam■
bo Sana”.
Padre Sartorio con
p. Olvera e il vescovo
di Bukavu, mons.
Rusengo, durante le
celebrazioni per il 50°
di indipendenza
del Congo nel 2010
SAVERIO CHIAMA, CONFORTI RISPONDE
Celebrazione con il vescovo e i sacerdoti
don CLAUDIO RASOLI
Padre Borelli e i segni di speranza
RICCARDO NEGRI
saveriano di ViadaU nnaaltro
è p. Emanuele Borelli,
8
che in occasione del suo rientro
in Italia per un periodo di riposo, ha incontrato numerosi fedeli
viadanesi, cui ha offerto una preziosa testimonianza sul significato della carità cristiana.
Padre Emanuele lavora a Marikina, una parrocchia di 100mila abitanti nell’immensa periferia
di Manila. Gran parte della popolazione è formata da famiglie
che vivono in baracche lungo il
fiume, nella precarietà estrema.
La situazione igienica è indescrivibile; alcolismo e violenza fanno da padroni. “Noi missionari
cerchiamo di essere tra la gente,
di portare un conforto spirituale
e materiale a tutti, anche ai non
cattolici; di promuovere educazione, pace e giustizia. È un piccolo segno di speranza per questa gente che altrimenti sarebbe esclusa e dimenticata da tutti.
Ai giovani viadanesi dico di non
accontentarsi di comunicare solo su internet, ma di incontrare
le persone e ascoltarle, darsi da
fare in oratorio e nei gruppi. Ai
pensionati consiglio di non sedersi davanti alla tv o ai tavolini
di un bar, ma di rendersi ancora utili nelle associazioni o nelle
scuole”.
■
Andrea Facchetti, ordinato diacono il 7
dicembre a Parma, e p. Emanuele Borelli, missionario nelle Filippine: sono
di Viadana, così come p. Parmiggiani
e il compianto p. Sartorio
La serata di sabato 3 dicembre, presso la casa dei saveriani, il vescovo Lafranconi ha celebrato l’Eucaristia in memoria di san Francesco Saverio, patrono della famiglia missionaria fondata da san Guido
Conforti nel 1895. Durante la Messa, i cinque saveriani della comunità cremonese hanno rinnovato i voti religiosi.
Ogni anno, in occasione della memoria liturgica del Saverio, la casa
dei saveriani in via Bonomelli accoglie sacerdoti, autorità, benefattori e amici dell’istituto missionario. In prima fila c’erano il vicesindaco
Malvezzi, il consigliere provinciale Torchio e altre persone amiche. La
liturgia è stata animata dalla corale di Corte de’ Frati.
Nell’omelia, mons. Lafranconi ha preso lo spunto dalle letture bibliche della seconda domenica d’Avvento. Isaia invita a gridare la liberazione di Dio, cosa che fece Francesco Saverio nella sua infaticabile
opera missionaria tra India, Giappone e Malesia. “Questo grido - ha
spiegato il vescovo - risuonò nel cuore di mons. Conforti e lo spinse
non solo a diventare missionario, ma anche a creare una congregazione missionaria che si spende per il vangelo”.
In una meditazione, il Conforti fece un confronto tra il Saverio e
Gesù: “Il cristiano - spiegò il santo vescovo di Parma - è un altro Cristo e questo noi lo vediamo luminosamente anche nel nostro protettore san Francesco Saverio. Fu copia fedele di Cristo. Cercò una cosa
sola: la gloria di Dio, facendolo conoscere a coloro che giacciono nelle tenebre”.
Terminata la Messa, vescovo, sacerdoti e benefattori si sono intrattenuti a cena con i saveriani.
2012 GENNAIO
DESIO
20033 DESIO MB - Via Don Milani, 2
Tel. 0362 625035 - Fax 0362 624274
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200
I relatori della “tavola rotonda” su san Guido
Conforti che si è tenuta dai saveriani di Desio;
da destra: p. Lino Maggioni, p. Giuliano Perozzi,
p. Rosario e mons. Ennio Apeciti
San Guido... a una tavola rotonda
“Vedere, cercare, amare Dio in tutto e in tutti!”
è
il pensiero che mi sta accompagnando da diverso
tempo, conoscendo giorno dopo giorno san Guido. Lo stesso
pensiero ho ritrovato durante la
“tavola rotonda”, a cui ho partecipato il 13 ottobre 2011 nella
casa saveriana di Desio.
Con questo sguardo, desidero riassumere gli interventi dei relatori
di quella sera, nella speranza che
chi non ha potuto parteciparvi possa sentire il cuore che si riscalda,
come io l’ho sentito attraverso le
parole e le esperienze di mons. Ennio Apeciti e dei saveriani p. Lino
Maggioni e p. Giuliano Perozzi.
Coraggiosi e innamorati
Vedere Dio in tutto, ma con
quali occhi? Direi gli occhi di un
innamorato di Cristo, come san
Guido. Un innamorato, che non
era il solo ad avere questo sguardo! Mons. Ennio ha paragonato,
infatti, la vita di san Guido a
quella del suo maestro, il beato
card. Andrea Ferrari.
Cosa significhi vedere Dio per
noi oggi, stimolati dall’esempio
di questi due grandi uomini,
è stato ben descritto da mons.
Ennio. Si tratta di fare sul serio
e dare sempre il massimo, fino
in fondo. È il coraggio di essere
sempre ottimisti, sapendo che
“l’avvenire sarà della scienza
cristiana, della fratellanza evangelica, della luce religiosa”.
È il coraggio di pensare alla
grande. Il coraggio di prendere il
largo, come Pietro, uscendo dal
nostro quieto mare: “se la gente
non viene più in chiesa, siamo noi
a dover andare a cercarla”. Il coraggio alla santità: meno che santi
non si può essere fecondi! Vedere
Dio in tutto è essere innamorati di
un Cristo che ci rende veri uomini
e vere donne: allora sì che il mondo riesce a cambiare!
La forza dell’obbedienza
Cercare Dio in tutto, in che
modo? Una strada percorsa da
san Guido ce l’ha offerta, con
la sua narrazione, padre Lino: il
cammino dell’obbedienza!
NORMA CANIZZARO
San Guido obbedì al cercare
Dio, non se stesso, non la propria gloria, non la propria storia:
forte dell’aver visto Dio, scelse
di percorrere il cammino che
porta alla conferma di questa
continua e tenace, instancabile
ricerca. Infatti, quando mons.
Angelo Roncalli chiese a mons.
Guido Conforti di ritirarsi e lasciare l’Unione missionaria del
clero (di cui era presidente), per
seguire un modello di missione
fatta dalla comunione di tutte
le forze (sostenuta dal giovane
Roncalli a nome del Papa), il
Conforti si fermò e obbedì.
Questo ci insegna che saper
mettere da parte i propri progetti
e obbedire, non è sinonimo di
sconfitta; pur forti di argomentazioni e motivazioni, ciò che
ci rende santi è fare spazio alla
volontà di Dio, abbracciando i
progetti di pienezza che Dio riserva a ciascuno di noi.
La capacità di amare
Amare Dio in tutto, forti di
Partiamo insieme verso la vita!
L’animazione missionaria nei nostri oratori
è nata nove anL’ iniziativa
ni fa con l’intento di far
tuffare le comunità parrocchiali della zona di Desio nel mare
della missionarietà. Un pomeriggio di giochi, preghiera e laboratori vuole aiutare le ragazze e
i ragazzi, gli animatori e gli educatori, tutta la comunità a capire
che ci sono missioni che tutti noi
siamo chiamati a vivere da protagonisti, sul nostro territorio e
nella vita di tutti i giorni.
Sì, ne vale la pena!
Una sera di novembre nella
casa saveriana di Desio, i giovani e gli animatori si sono ritrovati per rispondere a una domanda: “Ha senso oggi presentare
8
ancora questa iniziativa?”. Sarà stata la recente santificazione
del Conforti, sarà perché dentro
ciascuno di noi non riesce a spegnersi la fiamma dell’animazione, ma quella sera abbiamo detto: “Sì, vale la pena!”.
L’impegno missionario ci appartiene. In un mondo di tanti cambiamenti, diventa sempre più importante “essere trasmettitori di fede”, ed esserlo
con esperienze di vita, con scelte personali e comunitarie: “Sì,
vale la pena!”, dicevano i nostri
volti con entusiasmo.
“Fare del mondo una sola famiglia”: questo è stato il titolo
di quest’anno. Riconoscerci come appartenenti alla stessa fami-
I bambini sono pronti a suonare i tamburi alla giornata di festa degli oratori, per
dire: “Usiamo il cuore, perché noi crediamo nell’amore”
ELISABETTA GRIMOLDI
glia, pur nella diversità, in ogni
angolo della terra, è la missione
che ci siamo affidati.
Andiamo contro corrente…
I bambini sanno essere grandi
missionari e riescono sempre a
provocare molte riflessioni (oltre
al fatto che tutti non sopportano
il “grande fratello” in tv!). Ecco
alcune riflessioni che mi sono rimaste dentro l’anima.
“Fermati e riconosci che esiste
un’altra umanità, fatta da tanti fratelli e sorelle che abitano in tutto il
mondo”. Com’è facile per le nuove generazioni pensare al mondo
come se fosse il posto in cui vivo.
Le nuove tecnologie aiutano ad
abbattere barriere geografiche.
“Condividi ciò che hai, compresa la tua fede, la tua vita. Non
pensare a chi ha bisogno, solo
come a una persona da aiutare,
ma a una persona con cui condividere”. La condivisione parte
dall’accorgersi che vicino a me
ci sono persone che hanno bisogno di qualcosa che io ho, a volte anche della mia povertà.
“Usiamo il cuore e non le armi,
perché noi crediamo nell’amore”.
Sfidiamoci a vivere con il necessario; andiamo controcorrente. E
allora partiamo insieme verso la
vita, il mondo, la gioia!
■
averlo visto, di averlo continuato
a cercare, siamo chiamati al più
alto compito: l’amore, lasciandoci
innanzitutto amare e capaci di generare amore! Dalla testimonianza di padre Giuliano, mi sembra
di cogliere alcuni elementi che caratterizzano la capacità di amare.
Oggi in Cina la presenza dei
cristiani è molto modesta. I saveriani s’impegnano, per motivi
politici e sociali, solo in due ambiti: l’insegnamento e la promozione umana. Molti potrebbero
criticare tale presenza, ma questo
è l’amore; questo è amare Dio in
tutto, come emerge nelle parole
di padre Giuliano: “la missione è
seminare, testimoniare il vangelo con la vita, suscitare domande
e interesse nelle persone che ci
avvicinano. Una cosa molto dimessa e che non appare; anzi,
scompare nella società”.
L’amore c’è pur non vedendosi; la presenza di Dio c’è pur nel
silenzio operoso dei missionari
e fa risplendere il messaggio
evangelico attraverso la testimonianza. Dice p. Giuliano: “Come
l’acqua, il vero bene cerca i posti
più bassi e più umili, quelli che
gli altri evitano”. Questo è amare Dio in tutto e in tutti!
■
Notizie e appuntamenti
Gennaio è il mese della pace. Il tema scelto per quest’anno è:
“Educare i giovani alla giustizia e alla pace”. Il Papa ci invita ad
“ascoltare e valorizzare le nuove generazioni nella realizzazione
del bene comune e nell’affermazione di un ordine sociale giusto
e pacifico, dove possano essere pienamente espressi e realizzati
i diritti e le libertà fondamentali dell’uomo”.
Non dimentichiamo la Settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani, dal 18 al 25 gennaio. Quest’anno il titolo è: “Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore”
(cfr. 1 Cor 15,51-58). Quando i cristiani comprendono il valore e
l’efficacia della preghiera in comune, essi cominciano ad essere
trasformati in ciò per cui stanno pregando.
OGNI PREGHIERA FA LA DIFFERENZA
p. PAOLO ANDREOLLI, sx
Cari amici Desio, dopo tre bei mesi di riposo in Italia, sono di nuovo in Amazzonica. Le attività sono riprese a pieno ritmo: festa del patrono San Félix, Avvento,
Natale... Ma porto ancora nel cuore le numerose emozioni vissute; prima tra tutte,
la canonizzazione di san Guido Conforti,
a Roma.
È indescrivibile l’esperienza vissuta in quei
giorni: vedere il nostro padre Guido, proposto come modello di santità per la chiesa
universale; respirare mondialità nella chiesa
di San Paolo fuori le Mura durante la professione perpetua e il mandato missionario
a giovani coraggiosi, tra cui una giovane famiglia partente per il Brasile... Tutto mi ri- P. Andreolli durante le sue vacanze
in Italia è passato anche a Desio
suona nel cuore e lo riscalda.
Nei mesi di riposo, ho incontrato tanti giovani e adulti; ho anche raccolto i frutti della vostra generosità,
da portare nella missione di San Félix. Ringrazio le tante persone che
hanno offerto il frutto del loro sacrificio, in questo tempo di crisi economica mondiale: il Signore vi ricompensi con larghezza infinita.
Vi chiedo di continuare a pregare con tutto il cuore il Signore, perché mandi operai nella sua messe. Coraggio giovani: non abbiate timore! Abbiamo tutti una sola vita, e credetemi, donarla a Dio per la
missione ne vale proprio la pena!
Il Signore vi benedica per il molto che state facendo per la missione. Non smettete di pregare per noi missionari. Vi posso confermare che ogni vostra preghiera fa la differenza nel cuore dei missionari.
San Guido Conforti benedica la sua famiglia missionaria e tutti coloro
che la sostengono con la loro generosità.
2012 GENNAIO
FRIULI
33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70
Tel. 0432 471818 - E-mail: [email protected]
- C/c. postale 210336
La festa di san Guido Conforti
Tre vescovi, tanti sacerdoti e la missione
P
osticipando di tre giorni
la festa del nostro santo fondatore, per permettere la
partecipazione di vescovi e sacerdoti della diocesi di Udine,
l’8 novembre 2011 abbiamo celebrato la solennità di san Guido
Conforti.
La partecipazione di sacerdoti,
religiosi e religiose è stata numerosa; ma quello che ha sottolineato ancora di più la solennità
dell’evento è stata la partecipazione dell’arcivescovo di Udine
mons. Andrea Bruno Mazzocato e dei due arcivescovi emeriti
mons. Alfredo Battisti e mons.
Pietro Brollo.
p. CARMELO BOESSO, sx
Pensieri e opere,
secondo don Manfredi
Dopo una calorosa accoglienza, si è svolto l’incontro. Don
Angelo Manfredi, sacerdote di
Lodi con laurea in storia della
chiesa e autore di una biografia
bella e ben documentata sul nostro fondatore, ha presentato il
Saveriani e sacerdoti di Udine hanno partecipato numerosi alla festa in onore di san Guido Conforti;
ha presieduto mons. Andrea Mazzocato, arcivescovo della diocesi
Pellegrini friulani s’incontrano
Racconti, testimonianze e... prodotti tipici
I
l 20 novembre scorso,
presso la casa dei saveriani
di Udine, c’è stata una bella festa
in onore di san Guido Conforti.
È stato un ritrovo di tanti parenti
dei missionari insieme a chi si
era recato a Roma in occasione
della canonizzazione del fondatore. La festa prevedeva la santa
Messa celebrata da p. Carmelo
Boesso e p. Giuseppe Marano;
poi il pranzo, per il quale ognuno ha contribuito con prodotti
tipici friulani da condividere, accompagnando il tutto con ottime
bevande, solo ed esclusivamente
friulane.
8
Un’altra bella giornata!
Dopo pranzo non poteva mancare il racconto - allegro al punto
giusto - del viaggio a Roma, realizzato con belle fotografie arricchite da commenti divertenti.
Al termine, ci siamo salutati con
l’intenzione di rivederci ancora
per non perdere il collegamento
tra noi e con i missionari, nonché con l’amato Guido Conforti,
nostro apprezzato compagno di
viaggio.
Il clima della festa è stato
davvero gioioso e arricchente.
Abbiamo trascorso una di quelle
giornate che “ti riconciliano con
la vita e con il mondo”! Non poteva che andare così, visto che
anche il pellegrinaggio a Roma
ha funzionato alla perfezione. È
stato un viaggio ricco di allegria,
serenità, gioia di stare insieme,
voglia di conoscere di più mons.
Conforti, desiderio di pregarlo e
invocarlo: emozioni, ricordi, impegno per la missione.
Amicizia, preghiera e gioia
Cento friulani, guidati da p.
Carmelo e p. Giuseppe, sono
partiti dal Friuli per raggiungere
Loreto, cittadella mariana in cui
siamo stati accolti e in cui abbiamo affidato alla Madonna la nostra vita. Poi l’arrivo all’albergo
di Fiano Romano, dove ci siamo
sentiti a casa, grazie alla calorosa accoglienza degli albergatori.
I tre giorni romani, con pieno
respiro missionario e Confortiano, sono stati davvero un evento
di quelli che segnano la vita, per-
p. GIUSEPPE MARANO, sx
ché non capita ogni anno di poter
assistere a un evento così bello,
così grande e così straordinario.
Quando abbiamo visto, seppur
da lontano, il bambino miracolato da san Guido, l’emozione è
stata tanta! Per non parlare poi
della splendida Messa nella basilica di San Paolo, che ci ha dato energia e ci ha accompagnato
anche nel viaggio di ritorno.
Grazie, Signore, per averci donato san Guido, lo zelo missionario, l’amicizia vera e sincera,
e tanta voglia di gioire insieme.
L’appuntamento è per la prossima occasione! Abbiamo voglia
di incontrarci ancora e scambiarci energie, in vista della missione
da compiere ogni giorno, ognuno
nel luogo in cui vive.
■
Padre Marano, tra p. Boesso e p. Codutti, ha celebrato la Messa con i parenti
dei saveriani e i pellegrini, reduci dal pellegrinaggio a Roma per san Conforti
profilo del santo.
Ha cominciato con alcuni
cenni biografici, per inquadrare
la figura del Conforti nella storia
civile e religiosa del suo tempo.
Si è poi soffermato più dettagliatamente sulla sua azione pastorale come arcivescovo di Ravenna
e vescovo di Parma, ma con la
mente e il cuore sempre tesi verso il mondo.
Questo anelito missionario,
che lui non ha potuto realizzare personalmente per problemi
di salute e che comunque lo ha
accompagnato sempre nella sua
vita, si è andato concretizzando
nella fondazione dell’istituto saveriano, nell’apertura della missione in Cina, nella fondazione
della Unione missionaria del
clero, di cui fu primo presidente,
nel suo viaggio faticoso in Cina
per visitare i suoi missionari, ma
soprattutto nella sua dedizione
amorevole alla crescita dell’istituto stesso e alla formazione dei
suoi missionari.
La santità del quotidiano
Ovviamente non sono mancati cenni alla sua spiritualità,
vissuta con semplicità nella vita di ogni giorno. La santità del
Conforti si potrebbe definire una
santità del quotidiano, vissuto in
maniera straordinaria: “fede viva
che faccia vedere Dio, cercare
Dio, amare Dio in tutto”; Cristo
crocifisso come manifestazione
massima dell’amore di Dio; Cristo come modello di santità per
tutti, ma soprattutto per chi occupa ruoli di responsabilità nella
chiesa e nella società: vescovi,
sacerdoti, missionari, maestri,
genitori…
La conferenza è stata molto
apprezzata non solo per i contenuti, ma anche per la vivacità
dell’esposizione e per il linguaggio sempre brillante del sacerdote relatore.
Una ricorrenza speciale
Dopo un breve intervallo, è
iniziata la celebrazione Eucaristica, presieduta dall’arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato con la partecipazione degli
arcivescovi emeriti e dei sacerdoti presenti.
Nell’omelia, dopo un breve
pensiero su san Guido, il vescovo ha sottolineato l’apporto del
nostro istituto saveriano nella
diocesi di Udine, non solo per
una crescita nello spirito missionario, ma anche per la generosa
e aperta collaborazione nella vita
pastorale.
In particolare, l’arcivescovo
ha ricordato che quest’anno ricorre il 65.mo anniversario della
presenza dei missionari saveriani in Friuli. La fondazione risale
all’8 settembre 1946, con il consenso dell’arcivescovo mons.
Giuseppe Nogara, che si era dichiarato “ben felice di accogliere
nella sua diocesi i figli di mons.
Conforti”. Da allora sono stati
65 i missionari friulani che sono
entrati a far parte della famiglia
saveriana. Un “grazie” reciproco, quindi, è doveroso.
Il bel tutto si è concluso nella gioia con l’agape fraterna, che
ha suggellato questo giorno speciale di fraternità sacerdotale. ■
LA SANTITà ACCESSIBILE A TUTTI
san GUIDO CONFORTI
Il Signore vi ha fatto comprendere che la santità che egli esige da
voi consiste non già nel compiere opere grandi, ma nel compimento
dei doveri che giorno per giorno, momento per momento c’incombono: adempiteli dunque questi doveri con fedeltà e costanza.
Alcuni si santificarono fra lo splendore del trono e gli agi delle ricchezze, e non pochi all’ombra delle pareti domestiche e fra le angustie della povertà. Altri raggiunsero l’apice della perfezione cristiana
in età avanzata, ed altri invece in pochi anni di vita percorsero il gran
cammino e diedero al mondo l’esempio delle più sublimi virtù. Furono ottimi genitori che educarono i propri figli al culto d’ogni più bella
virtù religiosa e civile. Furono spose esemplari che fra i muri domestici
tennero accesa la lampada della fede, da cui attinsero la forza, l’energia per sopportare pazientemente i maltrattamenti e le infedeltà.
Furono angeliche creature che, o per prestare pietoso aiuto ai genitori resi impotenti dall’età o dalla malferma salute, ovvero per allevare i fratellini rimasti orfani, rinunciarono generosamente alle pure gioie della famiglia… Furono giovanetti e donzelle
che, nonostante le occasioni pericolose
di fronte alle quali si trovarono, seppero mantenersi puri, guardandosi dalla
contaminazione del peccato.
Furono ricchi che vissero distaccati
con il cuore dai beni della terra; poveri che non imprecarono alla loro sorte, ma la santificarono con la rassegnazione cristiana; operai onesti che con il
sudore della fronte camparono la vita
onorata; afflitti, perseguitati, oppressi
dalle infermità, che con invitta fortezza tollerarono le avversità della vita,
fisso lo sguardo al premio eterno.
2012 GENNAIO
MACOMER
08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9
Tel. 0785 70120 - Fax 0785 70706
E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084
Ti racconto una storia, c’era un volto
Una bella esposizione interculturale e dinamica p. DINO MARCONI, sx
L
a frase del sottotitolo si
può leggere sulle vetrate dell’ingresso. Nel salone al
piano terra, tre poster con scritte e foto spiegano “chi siamo”:
l’identità, la spiritualità e il carisma dei saveriani.
Il primo poster richiama l’articolo 7 delle nostre Costitituzioni saveriane: “La nostra missione ci chiede di proclamare il regno di Dio là dove non è riconosciuto”. Il vangelo di Gesù è il
bel dono che possiamo condividere con l’umanità.
Il secondo poster chiarisce il
fondamento della nostra spiritualità: Cristo al centro di tutto. Lo zelo apostolico si esprime nello spirito di fede e di obbedienza, nell’amore per la famiglia saveriana e nell’apertura a tutta l’umanità e a tutte le
culture. La missione ci invita a
lasciarci interpellare dai valori
delle altre religioni, dalle tradizioni di altri popoli.
Il terzo poster chiarisce il nostro carisma di annunciare il
vangelo ai non cristiani: “Guai
a me se non predicassi il vangelo”. L’annuncio del vangelo di
Gesù costituisce la forma prima
e preferenziale per l’attuazione
del nostro carisma saveriano.
La ricerca e le gru di Sadako
Il percorso della mostra si
svolge in quattro sale e inizia
con la visione della proiezione
del video della mostra. Il gioco dei volti sui quattro sassolini delle età della vita, difficili da
tenere insieme per le difficoltà
di unire le quattro generazioni una dopo l’altra - e contempora-
neamente con le altre.
Nella prima sala al piano superiore vediamo bambini sorridenti. Si può vedere il grande
quadro incorniciato di un volto
sconosciuto e serio di un ragazzo
che ci pone domande sui diritti
dei bambini nel mondo: famiglia,
gioco, studio, salute, cibo, bambini soldati, bambini sposi, bambini lavoratori, bambini vittime.
Si può svolgere anche la ricerca
di un bambino dei cinque continenti, su una foto da identificare
e rintracciare con una scheda.
La piccola foto della statua di
Sadako Sasaki mostra una gru
d’oro verso il cielo nel centro
della sala e invita alla speranza.
Sadako aveva due anni quando
scoppiò la bomba atomica a Hiroshima, ma solo a 11 si manifestarono i sintomi della leuce-
Il mio saluto a tutti gli amici
La missione è dura, bella e gratificante
canzone “Qualcosa di
N ella
ben più grande”, che si rifà
alla lettera del Conforti scritta ai
giovani, c’è una frase significativa:
“È una vocazione tanto dura e bella, vale la pena seguirla”. In questi
giorni sto sperimentando proprio
questi due aspetti della missione:
la difficoltà e la sofferenza, e allo stesso tempo, la bellezza e la
grandezza di poter continuare la
missione iniziata da Cristo.
Perché la missione è “dura”
Sei anni fa, quando ancora
mi trovavo in Africa, mi è stato chiesto di mettermi a servizio della famiglia missionaria
e di stare alcuni anni in Italia,
a Salerno. Ora vado in Asia, in
Thailandia, e questo mi fa paura,
mi mette un po’ in crisi, tanto da
chiedermi se sarò all’altezza. Ho
accettato di andare in Thailandia,
8
ma sono consapevole che per me
non sarà una passeggiata, perché
dovrò studiare più lingue e perché devo andare in un posto che
sento molto distante da me.
La missione è “dura” per me
oggi anche per un altro motivo.
Sono chiamato a trasmettere un
messaggio - quello di Dio - che
spesso contrasta con il mio essere. Limiti ed errori rendono più
difficile la missione che Dio mi
affida ogni giorno.
Perché la missione è “bella”
La missione riempie la vita.
Tante volte in questi anni mi è
capitato di confrontarmi con
i giovani sul senso della vita,
sull’importanza di fare delle
scelte che ci diano pienezza.
Questa pienezza io l’ho trovata
nella missione, nella partenza,
nell’accogliere la chiamata di
Padre Alessandro Brai, saveriano di Palmas Arborea (OR), destinato alla missione in
Thailandia, ha trovato il tempo per visitare la mostra interculturale 2011,
allestita dai saveriani a Macomer, e di interagire con i bambini delle scuole
p. ALEX BRAI, sx
Dio non come un peso, ma come
un dono, una grazia, una sfida.
La missione è “bella” perché
ci fa scoprire di più la gioia di
essere cristiani. Fin da piccolo
mi chiedevo: come fa una persona a desiderare di andare in un
posto pieno di mille difficoltà,
così diverso dal suo? Stare in
Africa è stato per me un motivo
di grande gioia, ma lo è stata anche l’esperienza a Salerno.
Un “grazie” che si moltiplica
Ho avuto tanto da tutti. Il mio
primo grazie va alla comunità
saveriana di Salerno. La diversità di età e di pensiero non ci
hanno impedito di vivere serenamente. Ringrazio le saveriane,
perché in ogni famiglia ci vuole
un tocco femminile. Ringrazio i
laici saveriani: siete stati per me
una grande scoperta. Ammiro il
vostro impegno nelle parrocchie
e nelle vostre famiglie, dove
cercate di comunicare lo spirito
missionario. Grazie a sacerdoti,
religiosi e religiose: ho avuto
modo di confrontarmi, di condividere, di arricchirmi con voi.
Il grazie più grande va a giovani e giovanissimi. Grazie per
esservi fidati di me. Avete aperto
il vostro cuore e mi avete comunicato umanità e affetto. Continuate il cammino di fede nelle
parrocchie, continuate ad arricchirvi con il cammino missionario in compagnia dei saveriani. E
credete sempre di più in voi stes■
si e a Gesù.
I bambini della scuola “Abbasanta” alla mostra interculturale
“Ti racconto una storia, c’era un volto”, allestita dai saveriani di Macomer
mia. Un’antica leggenda giapponese racconta che chi riuscisse a creare mille gru, simbolo di
lunga vita, potrebbe realizzare
un desiderio. Sadako lavorò fino
al 1955 per porre fine alle sofferenze, curare tutte le vittime
accanto a lei, e portare la pace
“costruendo gru” con la tecnica
dell’origami.
Giovani nel futuro
e gli anziani
La seconda sala mostra i volti degli adulti, accompagnati dallo slogan, “Ci metto la faccia”.
Sono il simbolo della denuncia
per la giustizia, il volontariato, la
missione, la solidarietà. Spiccano il grande quadro con la cornice dorata della birmana Aung
San Suu Kyi, il poster di Martin
King e i lavoratori anonimi con
il casco. Ci sono volti noti da ricercare, volti dei premiati Nobel
e di persone importanti.
Qui si può fare il gioco di mettere la propria faccia nel quadrato preferito dei cinque motivi
della vita, rappresentati da un
personaggio simbolo. I bambini si specchiano nel futuro della propria vita immaginandosi adulti e rispondono su un foglio alla domanda: “cosa farò da
grande e perché?”.
La terza sala è divisa in due,
per l’età di giovani e di anziani, separati da un muro, simbolo
di comunicazione e di divisione
nella vita. C’è l’anziano saggio
capo-villaggio africano, che racconta la sua storia. La sedia a rotelle ricorda gli infermi, mentre
la poltrona con il giornale è simbolo del riposo dei nostri anziani. Domande provocatorie sono
scritte sui biglietti da appendere al muro: Quale colpa hanno i
vecchi? Perché i bambini servono e i vecchi no?”...
■
(continua nel riquadro)
ANCHE QUESTA è MISSIONE !
p. D. MARCONI, sx
La sala del volto giovane incorniciato, anonimo senza storia, è il
simbolo dei giovani nelle diverse culture del mondo. Ci sono immagini di giovani motivati da sport, musica, tradizioni, mezzi tecnologici,
impegno nel volontariato, violenza e tenerezza. Ci sono le sedie girevoli del dialogo fra amici.
Il muro è uno spazio da decorare attraverso murales, messaggi amorosi, volgari, enigmatici... -, in modo da trasformarlo “da muro
che separa a un muro che comunica”. Nel corridoio, ci sono i mattoni
girevoli su cui scrivere un motivo di speranza.
Nelle quattro sale oggetti vari riassumono i mille volti di tutte le età
della nostra vita nelle culture e tradizioni dei popoli, con i loro problemi.
È un cammino di riflessione fatto di immagini e di domande, di giochi a
cui rispondere, per imparare a vivere bene e fare le nostre scelte.
Una versione della storia di Sadako racconta che sia riuscita a completare 1.300 gru prima di morire; secondo un’altra, ne avrebbe completate solo 644, mentre le restanti 356 sarebbero state aggiunte dai
suoi amici. Ciò significa che anche a noi tocca il compito di collaborare per comporre le gru di origami, l’arte di piegare la carta: la carta della nostra vita per realizzare
un desiderio.
Ringraziamo le guide, giovani e
laici saveriani volontari di Salerno
e di Macomer, che per mezzo di
dinamiche interattive hanno reso
più stimolante e profondo il percorso della mostra. Attraverso volti e storie, raccontano, sognano e
si impegnano per un mondo più
giusto, più fraterno, più bello per
tutti! Anche questa è missione!
Una mostra così bella,
che è impossibile non fotografarla!
2012 GENNAIO
MARCHE
60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40
Tel. 071 895368 - Fax 071 2812639
E-mail: [email protected] - C/c. postale 330605
DIARIO DELLA COMUNITà
I cinque colori della missione
Con i sacerdoti e il vescovo di Ancona
dicembre, il primo
O gni
giovedì del mese, abbia-
mo la gioia di celebrare la festa
di san Francesco Saverio con i
sacerdoti della diocesi di Ancona - Osimo e gli incaricati degli
uffici missionari delle Marche.
Anche quest’anno abbiamo celebrato insieme.
All’inizio dell’incontro, noi
saveriani abbiamo presentato ai
sacerdoti i temi dell’animazione
missionaria e vocazionale che
stiamo realizzando con alcuni
gruppi giovanili. Evidentemente,
offriamo alle parrocchie anche
l’aiuto per celebrare le Messe e
per le confessioni.
Volto umano e famiglia
Memori della canonizzazione
del nostro fondatore mons. Guido Conforti, avvenuta a Roma lo
scorso 23 ottobre, abbiamo fatto
risaltare le cinque caratteristiche
del missionario, proposte dalla
p. ENZO TONINI, sx
sua spiritualità. Lo stesso fondatore afferma che il missionario è
“la personificazione più bella e
sublime della vita ideale”. Ecco dunque i cinque colori che
formano l’arcobaleno di questa
“vita bella”.
Il primo colore è il “volto
umano”. Questo mondo ha bisogno di volti umani. Troppo
abbruttito ormai dal volto della
“bestia”, che a volte viene osannato, il mondo vuole vedere vol-
Padre Enzo Tonini durante
l’incontro con i sacerdoti per
la festa di san Francesco Saverio, a cui ha partecipato anche
mons. Menichelli
SPAZIO GIOVANI
Corre chi avvista la preda
L’animazione missionaria con i ragazzi
antico narra di
U nunracconto
giovane monaco che
domanda al padre priore: “Come mai tanti abbandonano la vita consacrata?”. Il priore rispose
raccontando una storia.
Un branco di cani da caccia
stava sonnecchiando al sole del
pomeriggio. Uno dei cani avvista una lepre; si alza e comincia
a correre. Gli altri cani, al vedere il compagno, si alzano e lo seguono con gran confusione. Ma
poi, uno ad uno i cani si ritirano,
non sapendo dove andare. Continua la corsa solo il cane che aveva avvistato la lepre.
8
L’entusiasmo e la costanza
Qualcosa di simile può succedere anche ai nostri giovani e ragazzi, quando organizziamo gli
incontri di animazione e formazione missionaria nelle parrocchie. Porto un esempio. Al campo estivo di Cingoli, hanno partecipato una cinquantina di ragazzi e animatori di quattro parrocchie. L’esperienza era stata
molto gradita e i ragazzi ne erano entusiasti. Perciò abbiamo organizzato un secondo incontro,
per rivederci e iniziare un cammino di crescita insieme. Ma alla riunione sono venuti solo un
quarto dei ragazzi. Come mai?
Ricordando il racconto del
priore, non rimaniamo sorpresi. Nel campo estivo, ci si era incontrati e conosciuti, avevamo
assaporato nuove amicizie, ci
eravamo entusiasmati, giocando
e pregando insieme. Poi, gli impegni per la scuola, per lo sport,
per il gruppo di amichetti..., hanno distolto l’attenzione da quella
bella esperienza estiva. Forse, è
mancata... la lepre!
Dobbiamo avvistare Gesù
La lepre è Cristo. Chi riesce
Una giovane con in testa... il
mondo ai campi estivi 2011
ti umani, assetati di amore e non
più di odio.
Il secondo colore è la famiglia. Il volto umano comincia
a formarsi proprio in famiglia,
non nell’individualismo che
imbruttisce e ci rende freddi. Il
missionario non vive solo; vuole
e desidera sempre costruire una
famiglia. La vita comune aiuta a
creare lo spirito di famiglia, necessario a tutti noi.
Cristo, impegno e partenza
Come tutti gli artisti abbiamo
bisogno di un modello, che ispiri
e dia dinamicità. Ecco allora il
terzo colore: Cristo, volto umano
per eccellenza, costruttore sicuro
e unico di famiglia. Cristo è la
ragione iniziale della missione;
è anche l’unico centro del nostro
pensare e del nostro agire.
Il quarto colore è la consacrazione religiosa. La missione, infatti, non è solo un sogno di gioventù, né un modo per occupare
il tempo libero, ma impegno totale di tutta la vita. Il missionario
non dà una parte del suo tempo;
è missionario a tempo pieno.
Questo progetto non è limitato a
uno spazio geografico, a un’isola felice (che non c’è, come dice
la canzone).
Il progetto si realizza con la
partenza: uscendo dalla propria
terra e dalla propria cultura, dal
proprio mondo, per calpestare
una nuova terra e costruire, con
la forza dello Spirito e la parola
del vangelo, la nuova umanità
del regno di Dio. Questo è il
quinto colore: la partenza per la
missione.
Una bella sinergia
Il nostro vescovo ha coronato l’incontro con la celebrazione dell’Eucaristia. Durante
l’omelia, ha messo in risalto gli
aspetti che rendono san Francesco Saverio ancora attuale;
non solo per i missionari, ma
anche per i sacerdoti. Saverio
si è speso completamente per la
missione, senza alcuna riserva.
Non era guidato dall’attivismo,
ma da un’intimità profonda con
Cristo. Nell’insegnamento del
cristianesimo andava alle cose
essenziali. Infine, esortava i giovani a diventare missionari per
annunciare Cristo nel mondo.
Perché tutti hanno bisogno del
vangelo di Cristo, ma coloro che
lo annunciano sono sempre troppo pochi.
Abbiamo concluso la giornata
con il pranzo in fraterna amicizia.
I sacerdoti ci hanno ringraziato.
Ma siamo noi a ringraziare loro,
che ci chiamano ad animare le loro comunità, per avere uno sguardo che superi i confini del piccolo
■
spazio parrocchiale.
SPAZIO GIOVANI
p. SERGE TCHATCHé, sx
ad avvistarlo, a gustarne il sapore, lo insegue più facilmente e si
lascia affascinare da lui. Ne era
convinto san Paolo, che correva
per poter afferrare il Cristo che
amava. Gli altri sembrano correre, ma senza una meta precisa
si stancano e piantano lì: “correre dietro a chi?”, si domandano.
Dobbiamo avvistare Gesù per
avere il motivo di correre.
Ecco, Gesù si presenta adesso
a noi come un Bambino, un Neonato. E sembra che abbia bisogno di noi. Ci sono troppi Erodi che lo vogliono eliminare. A
noi il compito di difendere questo Pargolo. Difenderlo vuol dire
“perdere il tempo” per stare con
lui. E non si tratta di fare lunghe
conversazioni, ma di guardarlo, di contemplarlo. Allora quel
Neonato crescerà in noi, diventerà grande: tanto grande che saremo noi a essere guardati e difesi da lui.
In quel secondo incontro,
c’erano vari ragazzi “nuovi”,
che partecipavano per la prima
volta. Nel pomeriggio sono arrivati anche i genitori. Abbiamo
concluso con la santa Messa. Ci
auguriamo che tutti - o almeno
qualcuno di loro - abbia avvista■
to la preda!
FACEGOD, UNA VITA “TAGGATA” DA DIO
p. S. TCHATCHé, sx
Questo è il titolo di un libro, che è stato usato come tema conduttore della “due giorni” che alcuni giovani di Ancona hanno trascorso nella casa dei saveriani, un sabato e domenica di dicembre. Erano
23 ragazzi di 16 - 17 anni, conosciuti durante l’ultimo campo estivo
dell’AC diocesana. Desiderosi di incontrarsi ancora, erano accompagnati dai loro animatori Marcello, Enrica, Camilla, Annamaria e Matteo. Hanno trascorso questi giorni approfondendo il tema della “Chiamata”.
Una vita “taggata” da Dio, è l’invito a prendere consapevolezza
di quale sia la nostra origine e soprattutto quale sia la nostra identità: persone (chi)amate, desiderate, volute dal Signore, anche grazie
ai nostri genitori. Attraverso filmati e spot, partendo da un’indagine sulle varie immagini di Dio, abbiamo cercato di capire quale sia il
senso del nostro essere al mondo. Abbiamo cercato di renderci conto dei condizionamenti a cui siamo esposti nella vita quotidiana e come la società voglia far passare un’immagine distorta di Dio e della
fede cristiana.
Abbiamo scoperto che una vita “taggata” da Dio è una vita da persone libere, non schiave; è una vita dove Dio non è un rivale ma il Padre che ci conosce e valorizza; una vita che non esalta le proprie imperfezioni o quelle degli altri, ma che sa di essere una “meraviglia stupenda” e di portare in sé una scintilla di bellezza, riflesso della bellezza di Dio.
Ragazzi e animatori dell’Azione cattolica si sono trovati dai saveriani di Ancona
per due giorni di ritiro spirituale
2012 GENNAIO
PARMA
43123 PARMA PR - Viale S. Martino, 8
Tel. 0521 920511 - Fax 0521 920502
E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437
Nuovi volti e nuove storie...
I nuovi teologi saveriani si presentano
a Cristo è anzitutL’ adesione
to un’adesione individua-
le, come risposta alla chiamata
di Dio, ma si concretizza meglio
nel contesto di una comunità,
“luogo di gratuità e amicizia, di
perdono e crescita nella santità”,
come afferma san Guido.
Dopo la partenza di Bernard,
Petrus e Thiago, ormai presbiteri saveriani, la comunità dello
studentato internazionale di Parma ha accolto sei nuovi confratelli. È una comunità composta
attualmente da 17 studenti e 4
formatori.
Gli studenti vengono dall’Africa (quattro dal Congo, due dal
Burundi, uno dalla Sierra Leone), dalle Americhe (quattro
dal Brasile, due dal Messico),
dall’Asia (due dall’Indonesia)
e dall’Europa (due dall’Italia).
I formatori vengono dall’Italia e
dal Messico.
a cura di JACQUES e FRANCISCO
Queste sette nazionalità rappresentano il carattere multiculturale e internazionale della
nostra comunità. Presentiamo i
nuovi arrivati.
Da Lissone, Alessio Crippa
Ho 30 anni e sono originario
di Lissone, provincia di Monza Brianza. Il mio cammino di
formazione con i saveriani è
cominciato cinque anni fa, trascorsi a Desio e ad Ancona. Ho
conosciuto i saveriani nel 2000,
partecipando all’ordinazione
sacerdotale di p. Sante Gatto,
originario della mia parrocchia
e ora missionario in Brasile.
Da quel momento la comunità
dei saveriani di Desio è stata per
me testimone di un modo diverso di essere cristiano: uno stile
capace di scelte radicali, aperto
all’incontro con gli altri - musulmani o buddisti, marocchini o
Alessio Crippa, da Lissone (MB)
zingari - alla ricerca di momenti
di condivisione e di festa, camminando sulle strade della gente
alla luce della Parola, provando
a correre il rischio di vivere il
vangelo.
Tutto ciò mi ha fatto innamo-
Altri volti e altre storie...
I nuovi teologi si presentano / 2
C
ontinuiamo a scoprire chi
sono i nuovi arrivati nella
comunità degli studenti di teologia a Parma.
Dal Messico, Francisco
Il mio nome competo è Francisco Valadez Ledesma. Ho 24
anni e sono del Messico. Ho
conosciuto i saveriani quando ero da mio zio nella città di
Salamanca. Con lui ero andato
a parlare con il promotore vocazionale di quella comunità:
mi ha invitato a partecipare ad
alcuni incontri di ragazzi. Così
ho fatto per circa due anni; poi,
durante le scuole superiori, ho
conosciuto diversi saveriani che
rientravano dalle loro esperien-
8
Francisco Valadez Ledesma dal Messico
za di missione. Attirato dalle
loro testimonianze, sono entrato
in seminario per completare gli
studi. Con la professione dei voti
religiosi, nel 2007 sono diventato saveriano.
Ho studiato filosofia a Guadalajara; sono stati tre anni d’intensa attività, apostolato e servizio.
Ho svolto l’animazione missionaria e vocazionale in un quartiere della periferia. Nel luglio
2010 sono stato destinato alla
comunità di San Juan del Rio,
per collaborare come prefetto
degli aspiranti missionari nel
nostro seminario. Ora continuo
la mia formazione nella teologia
internazionale di Parma, dove
sto imparando la lingua italiana,
importante per studiare bene.
Dall’Indonesia, Hotman
Mi chiamo Hotman Parluhutan Sitanggang e vengo da Sumatra, una delle isole dell’arcipelago Indonesiano. Ho 29
anni e sono il secondo di nove
figli. Quando ero piccolo, volevo diventare insegnante; ma poi
ho scoperto che Dio aveva altri
piani su di me. Dopo la scuola
superiore, ho deciso di entrare in
seminario; ma il mio parroco mi
ha indicato i saveriani. Così, nel
2003 sono entrato nella casa di
formazione saveriana a Yogyakarta. Tre anni dopo, ho emesso la prima professione dei voti
religiosi e dal 2006 al 2010 ho
a cura di JACQUES e FRANCISCO
rare di Cristo e mi ha portato a
quel “sì” pronunciato il 10 luglio
ad Ancona, in occasione della
mia prima professione religiosa.
Grato a tutti i saveriani che ho
conosciuto e che hanno “segnato” la mia vita, sono contento
oggi di poter vivere qui, in una
comunità dove posso crescere
con un respiro pienamente “internazionale”, assieme ai miei
fratelli.
Dall’Indonesia,
Juang Romualdus
Sono nato 27 anni fa in un
piccolo villaggio dell’isola di
Flores, quinto di otto figli. Sono
cresciuto in una famiglia cattolica fervente. Mia madre partecipa alle attività spirituali della
comunità e anch’io sono stato
abituato a seguire questi impegni, specialmente la Messa e il
catechismo domenicale.
Il nostro parroco era un verbita tedesco. Le sue omelie erano
piene di entusiasmo e il suo spirito di dedizione era straordinario. Così è sorto nel mio cuore il
desiderio di diventare come lui.
Finito il liceo, ho fatto domanda di entrare tra i saveriani che
avevo conosciuto attraverso un
libretto che raccontava la vita di
san Francesco Saverio. Quei racconti mi avevano molto impressionato, tanto da voler imitare lo
spirito missionario.
L’indonesiano Juang Romualdus
Ho letto la storia della congregazione saveriana e ho chiesto
informazioni. Sapendo che i saveriani si dedicavano all’annuncio del vangelo ai non cristiani,
il mio desiderio di diventare
missionario come il mio parroco
si è rafforzato. Ho seguito la trafila della formazione e ora sono
pronto per l’anno di studio della
lingua italiana, per frequentare
gli studi teologici a Parma.
Dei saveriani mi piace lo spirito missionario, lo spirito di preghiera costante, la fraternità e il
senso di famiglia, l’entusiasmo
nello studio, l’amore per le altre
culture. Considero tutto ciò come un grande dono del Signore e
un bagaglio di ricchezza nel mio
cammino vocazionale come sa■
veriano.
ULTIMI VOLTI, ULTIME STORIE
I nuovi teologi si presentano / 3
a cura di JACQUES e FRANCISCO
Dal Burundi, Jean-Baptiste
Hotman Sitanggang,
giovane saveriano dell’Indonesia
studiato filosofia a Jakarta.
In questi anni, ho ricevuto
l’incarico di seguire varie attività apostoliche vicino a Jakarta:
la pastorale sociale tra i bambini
dei pescatori, l’insegnamento
religioso nella scuola superiore,
l’accompagnamento dei catecumeni in parrocchia e all’università Cattolica, l’assistenza dei
lavoratori e il dialogo interreligioso. Completati gli studi, ho
vissuto un anno di esperienza
missionaria nella parrocchia
Santa Maria Assunta a Siberut,
nelle isole Mentawai.
Dopo tutto questo cammino,
ora sono a Parma e sto imparando l’italiano per continuare bene
gli studi in teologia.
■
Il mio cognome è Congera; sono burundese della diocesi di Gitega.
Fin dall’infanzia ho visto i missionari italiani “fidei donum” nella mia
parrocchia. Stando con loro, mi domandavo
come avrei potuto diventare anch’io missionario. Così, a metà dei miei studi, sono
entrato nel seminario minore di Bugenyuzi.
Qui ho conosciuto per la prima volta i saveriani e dal 2004 ho partecipato a diversi
incontri organizzati durante le vacanze. Nel
2007, ho cominciato la formazione saveriana nella comunità di Bujumbura, sentendo
in me il desiderio di propagare il regno di
Dio ovunque.
Il noviziato è stato per me un’opportunità per approfondire il carisma saveriano e
conoscere meglio san Guido Conforti. Ora
la Provvidenza mi ha mandato in Italia per
continuare il mio cammino nella comunità
dello studentato di Parma, in cui sto ima
parando la lingua italiana. Ne sono felice e
Jean Baptiste Conger
dal Burundi
ringrazio il Signore per tutto.
Dal Messico, padre Ernesto
Sono p. Ernesto Moriel Guerrero e sono
messicano. Sono l’ultimo di otto fratelli e
in famiglia siamo tre sacerdoti: due diocesani e io saveriano. Sono stato ordinato
nel 1989. Dopo sette anni in Messico come animatore vocazionale, formatore ed
economo degli aspiranti missionari, per
dieci anni sono stato missionario in Giappone. Sono stato chiamato a servire la comunità della teologia internazionale di
Parma, dove mi trovo molto bene.
Padre Ernesto Guerrero, messicano,
vicerettore della teologia saveriana di Parma
2012 GENNAIO
PIACENZA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781
E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259
Don Ciotti: il coraggio e la speranza
Incontro dopo incontro
La festa di Saverio con mons. Monari
I
saveriani di Brescia
quest’anno hanno giocato
d’anticipo e giovedì 1° dicembre hanno celebrato la festa di
san Francesco Saverio, patrono
delle missioni, ospitando i sacerdoti della diocesi per la tradizionale mattinata di riflessione, guidata da mons. Luciano
Monari.
Il vescovo ha condotto un parallelo tra mons. Conforti e il
Saverio, a cui il fondatore dei
saveriani ha intitolato la sua famiglia di missionari.
L’anima vale l’eternità
Conforti ammira la vocazione missionaria di san Francesco
Saverio:
“Ha compreso il nulla delle cose della terra e la preziosità dell’anima umana, perché immortale, fatta a immagine di Dio
e redenta dal sangue di Cristo,
salvata la quale tutto è salvato, e
Mons. Monari durante l’incontro con i sacerdoti per la
festa di S. Francesco Saverio; accanto a lui un ascoltatore
d’eccezione: san Guido Conforti
2 dicembre, don
V enerdì
Luigi Ciotti, presidente di
a cura di p. MARCELLO STORGATO, sx
perduta la quale tutto è perduto
e per sempre. Questa verità l’ha
reso uomo tutto celeste”.
“È l’immagine che Conforti
ha di Saverio - ricorda il vescovo; ma è anche il suo auto ritratto, quello che l’ha spinto a essere vescovo missionario. L’anima
è tutto, vale l’eternità. Il resto
passa, non appare, è nulla. Dirlo è la cosa più semplice, ma interiorizzare questo modo di valutare le cose, richiede una conversione profonda del pensiero
e una correzione dei sentimenti, perché il mondo con tutte le
sue realtà s’impone alla nostra
vita, ai sensi, all’immaginazione, per cui condiziona desideri
e decisioni.
Com’è possibile fare ciò? La
risposta sta nella meditazione.
Nella spiritualità del Conforti, la
meditazione è stata una dimensione decisiva della sua vita, perché il modo in cui vive scaturisce da quello che lui medita, legge nella Parola di Dio e assimila
■
progressivamente”.
“Libera”, è stato ospite dei saveriani di Brescia dove ha aperto le
iniziative della “Tenda della solidarietà 2011”. L’incontro, seguito da un folto pubblico, aveva come tema “Tratta degli esseri umani: le nuove mafie”.
Alla serata hanno partecipato
anche Franco Valenti, che ha tratteggiato un quadro sull’immigrazione bresciana e lombarda, e il
procuratore aggiunto Fabio Salamone, che ha spiegato come nella magistratura si osservi un’attenzione positiva e culturalmente corretta al fenomeno dell’immigrazione: “la gente, ancor più
dei provvedimenti giuridici, capisce che è importante confrontarsi,
cogliendo gli aspetti positivi che
una cultura diversa può darci”.
Lo sfruttamento culturale
Don Ciotti ha fotografato la
realtà che incontra con “Libera”,
associazione impegnata a sollecitare nella società la lotta alle
mafie e a promuovere legalità
La bambina e il fratellino
Ciò che conta è salvare la vita umana
A
Tavernerio, Clementine,
ci ha commosso con il
racconto dell’assalto subito dalle saveriane, qualche tempo fa a
Luvungi, in Congo. Un terribile
mattino si trovarono costrette ad
abbandonare la missione, perché
i militari, scesi dalle montagne
che fanno da corona al popoloso
villaggio, stavano incendiando
le capanne della gente e saccheggiando anche l’ambulatorio
della missione.
8
Un guizzo… felino
In quei momenti le saveriane
capirono una cosa sola: dovevano unirsi alle gente che scappava, per evitare gesti inconsulti
che, in quella situazione, avrebbero trasformato le violenze in
tragedia. Fra paura e tensione,
capitò qualcosa di imprevisto
che cambiò il senso delle cose.
Nel cortile della missione era
entrata una bambina che portava sulla schiena il fratellino più
piccolo di lei. Aveva camminato tutta notte per sentieri di
montagna, sospinta da un’idea
che le martellava in testa: “Devo raggiungere l’ambulatorio
delle suore perché mio fratellino ha una pallottola dentro il
piedino”.
Il mattino precedente, infatti,
i soldati avevano portato scompiglio nei villaggi a monte. A un
certo punto avevano fatto irruzione nella capanna dove quella
bambina aveva trovato riparo insieme a sua madre, che portava il
fratellino sulla schiena. In un attimo, con un guizzo di quelli che
riescono solo ai bambini, si era
nascosta dietro la porta; da qui
La saveriana Clementine ha raccontato
la storia vera della bambina che ha
salvato il suo fratellino
p. LINO MAGGIONI, sx
aveva sentito sparare due colpi.
E, mentre i soldati continuavano
a vociare in modo concitato, lei
era riuscita a raggiungere il vicino bananeto.
Una lezione importante
Là aveva trascorso la notte in
un’attesa interminabile. Al calare del sole si azzardò a rientrare
nella capanna. Sua madre era
supina, per terra, in una pozza
di sangue. Il fratellino era ancora vivo, tutto rannicchiato sulla
schiena della madre. La bambina
si rese conto di esser rimasta sola, senza più nessuno al mondo.
Aveva capito che toccava a lei
salvare la vita al fratellino.
Al vedere quella bambina, suor
Clementine abbandonò la fila dei
profughi e prese la strada verso
un ospedale distante 60 chilometri. Là il fratellino della bambina
fu curato. Tutti e due furono accolti in una delle tante famiglie
che, anche quando fuggono dalla
guerra, non dimenticano di salvare la vita degli altri.
Suor Clementine ha concluso
la sua testimonianza ricordando
che, quella mattina, una bambina congolese senza nome, le ha
insegnato che la cosa più importante è salvare la vita umana. ■
Don Luigi Ciotti
a San Cristo
e giustizia. È partito dal traffico
di organi nel nostro Paese e da
“quell’intuizione che il procuratore Pace ebbe per primo, osservando una moto che trasportava
disabili dall’estero e che tornava
indietro senza passeggeri”. Poi
ha raccontato del traffico di neonati, per superare i tempi lunghi delle adozioni internazionali
e della tratta a fini sessuali, i cui
veri numeri restano incerti.
Don Ciotti racconta brevi,
atroci storie di cui “Libera” è testimone: dalla ragazzina albanese scappata dal circuito della
prostituzione, a cui per vendetta
gli sfruttatori hanno sgozzato la
sorella quindicenne, alle donne
italiane espulse dal mercato del
lavoro e costrette a prostituirsi.
“Non si può generalizzare e
non si deve semplificare - dice
don Ciotti - ma c’è una domanda sulle nostre strade che va indagata. Il problema sono anche i
signori clienti…”. Racconta poi
dello sfruttamento nel lavoro e si
chiede: “Chi conosce il patrimonio culturale dei giovani stranieri
giunti qui da tutto il mondo e diventati vittime di sfruttamento?
La maggior parte ha un diploma di
scuola media, il 29% una laurea.
Abbiamo bisogno di pensiero profondo per renderci più responsabili. Ci deve essere una
rivolta dentro le nostre coscienze. Il mio invito è a rafforzare la
giustizia sociale e la legalità, veri presupposti per la pace, e ad
avere il coraggio del dubbio.
Perché la speranza non è in ven■
dita!”.
UN GRANO DI SALE
p. LINO MAGGIONI, sx
Ricordo il primo incontro con alcuni anziani della tribù dei bashi,
in Africa. “Padre, tu sei ancora giovane, ma è bene che sappia come è iniziata l’evangelizzazione qui in Congo. Verso la fine del 1800,
giunsero nella nostra regione due uomini di Dio. Provenivano dalla
Tanzania. Avevano camminato a piedi per 2.500 chilometri.
I due bianchi non diedero importanza al fuggi-fuggi generale che
aveva suscitato la loro comparsa. I due stesero le mani in avanti. Nel
palmo tenevano alcuni grani di sale. Seguirono momenti di disagio.
Poi, le capre si mossero per prime. Andarono a leccare le mani dei
due uomini di Dio. Dopo le capre, arrivarono i bambini, anche loro a
leccare i grani di sale. I bambini andarono a chiamare i genitori.
Padre, è grazie a un grano di sale che la gente oggi popola le nostre
chiese. È grazie a quel grano di sale che la chiesa in Congo ha religiose, preti e vescovi. Quel grano di sale è il seme dei numerosi martiri
della nostra chiesa. Voi, giovani missionari, non dovete dimenticare
che la nostra fede è come un grano di sale…”.
Queste parole mi sono tornate in mente vedendo il Papa in Africa per la
visita in Benin, dove ha chiesto agli africani di insegnare anche a noi europei che la fede, quando è grande come un grano di sale, basta e avanza.
Papa Benedetto XVI stringe mani
durante la sua visita in Africa
2012 GENNAIO
PIEMONTE
e liguria
20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2
Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200
è Natale anche in Africa
Ognuno con il proprio ruolo e con un dono
nasce un bambiQ uando
no, vuole far sentire che
è arrivato e piange. La mamma
lo prende tra le sue braccia e lo
coccola con amore. La medesima
cosa succede in Africa. I bambini, sulla schiena della mamma, quasi fossero un fagotto, ti
guardano con i loro occhioni:
vogliono sapere chi sei. Quando
ti avvicini, si nascondono per un
momento. Poi rifanno capolino
e si aprono al sorriso. Sono tutti
uguali i bambini del mondo. Tutti vogliono sentirsi amati.
Tutta la comunità
in fermento
Anche il Bambin Gesù, prima
di nascere, stava al sicuro nel
grembo di Maria, mentre Giuseppe cercava un posto dove
farlo nascere. Poi, in mezzo alla
paglia, riscaldato dall’asino e dal
bue e cullato dagli angeli, è venuto a stare in mezzo a noi.
La sua nascita ha fatto compagnia a tanti altri bambini nel
mondo. Laggiù in Africa, Natale
è un giorno bellissimo. Certo,
non c’è la neve, ma c’è l’atmosfera giusta. Le famiglie sono
abituate ad accogliere i bambini.
Sono la loro ricchezza e cercano
di dare loro amore (anche se a
volte qualcuno si dimentica). E
con l’amore, celebrare il Natale
diventa più semplice.
Tutta la comunità si prepara.
Chi pensa ai canti - e le corali
danno il meglio di loro stesse. Si
pulisce la chiesa, la si riempie di
fiori e addobbi. Tutto intorno si
lavora per togliere le erbacce, in
modo che chi verrà, si senta bene accolto. Le mamme pensano
a cosa faranno da mangiare per
la grande festa. I soldi, anche
lì, sono sempre troppo pochi,
ma per Natale si farà qualcosa
di buono: un bel pollo arrostito, erbe e patatine fritte, e l’in-
p. OLIVIERO FERRO, sx
variabile risotto (riso con erbe
e spezie). L’importante è stare
insieme e far festa.
È bello sognare cose buone
C’è l’attesa della Messa della
notte, dove tutti si ritrovano per
accogliere il Bambino Gesù (e
tutti i bambini del mondo). La
corale comincia “a scaldarsi”
con canti dolci che invitano alla
riflessione. La processione comincia e il canto e la danza l’accompagnano. È festa, giorno di
festa, e non si può stare fermi.
All’omelia, il sacerdote raccoglie quello che sta nascosto nel
cuore di ognuno e lo mescola con
la Parola di Dio appena ascoltata. È sicuro che gli angeli, che
hanno appena cantato il “Gloria
a Dio…”, porteranno alla capanna i desideri e i progetti di questi
fratelli e sorelle dell’Africa. Non
possono dimenticarli, anche perché all’offertorio ognuno di loro
MISSIONE E PREGHIERA / 21
Pellegrini di pace tutto l’anno
Sulla via indicata da san Benedetto
S
i apre davanti a noi il cammino di un nuovo anno,
dono di Dio. Inoltriamoci dunque in esso con il cuore pieno di
speranza. All’inizio del nostro
pellegrinaggio troviamo ad accoglierci Colei che il concilio di
Efeso ha riconosciuto “Madre di
Dio”. Maria regge sulle ginocchia il Re della Pace, Colui che
è la nostra pace.
Felicemente perciò la chiesa
ha scelto di celebrare proprio il
1° gennaio anche la “giornata
della pace”, che quest’anno ha
un tema bello e impegnativo:
“Educare i giovani alla giustizia
e alla pace”. Ecco un campo di
lavoro per tutti!
8
Una proposta di pace
Nella concezione biblica, la
pace è il compendio di tutti i
beni della salvezza, il frutto che
matura sull’albero della giustizia
e dell’amore; è la palma della
vittoria riportata sul peccato e
sulla morte. Proprio in questa
prospettiva san Benedetto traccia la sua Regola, che è sostanzialmente una proposta per un
cammino di pace: proposta valida non solo per i monaci, ma per
ogni cristiano, per ogni uomo di
buona volontà e in particolare
per i giovani.
San Benedetto, infatti, era
appena ventenne, quando lasciò
Roma, rinunziando radicalmente al miraggio dei falsi valori
da molti perseguiti con astuzia
e forza. Ritiratosi in orante solitudine, sostenne nel suo cuore
una dura lotta per vincere le inclinazioni al male iscritte nella
natura. E si formò così alla pace,
ossia si conformò a Cristo, mite
e umile di cuore.
Come uomo di pace egli –
dietro insistente richiesta – uscì
dalla solitudine per diventare
sapiente guida nel cammino spirituale. Nel prologo alla Regola,
si rivolge al discepolo indicandogli la via della pace come la
San Benedetto, maestro spirituale
della vera pace
M. ANNA MARIA CàNOPI, osb
[email protected]
via della vita: “Se vuoi avere la
vera ed eterna vita, …sta’ lontano dal male e fa’ il bene, cerca la
pace e perseguila”.
Gli strumenti della pace
Condizione indispensabile per
perseguire la pace è la rinuncia a
ogni forma di orgoglio e di auto
affermazione, in cui è nascosto
il germe della violenza e della
discordia. Tra i numerosi “strumenti per le buone opere”, che
san Benedetto mette in mano al
discepolo per dissodare la dura
terra del proprio cuore, ricorrono insistentemente quelli riguardanti la carità e la pace. Eccone
alcuni:
“Non portare ad effetto i moti
dell’ira; non riservarti un tempo
per sfogare la collera; non tenere
inganno nel cuore; ama i nemici;
non avere spirito di contestazione; torna in pace con chi è in
discordia, prima che tramonti il
sole…”.
Vissuto così, l’anno cronologico diventerà un tempo di grazia,
un tempo riscattato dalla schiavitù del male e dilatato nella dimensione trascendente della perenne giovinezza, in cui l’uomo,
anziché invecchiare e morire, diventa sempre più giovane, perché
partecipe della vita di Dio e cittadino del suo regno di giustizia
■
e di pace.
Gesù Bambino è nato ancora una volta anche in Africa (foto G. Dovigo)
porta il suo dono.
E la Messa continua... Al canto
finale, la gioia si scatena. Ormai
è buio, ma le stelle brillano luminose nel cielo. Si torna insieme,
cantando, nelle proprie case. I
bambini verranno il giorno dopo
a far festa al loro amico Gesù.
Ora stanno dormendo e sognando tante belle cose. Forse anche
il bel pranzo di domani. Non fa
male sognare le cose buone.
Dove batte un cuore…
Il giorno dopo è tutto per loro,
i bambini. Si alzano allegri per
esprimere la loro gioia a Gesù.
Sperano che il sacerdote “non
la tiri troppo in lungo”, perché
vorrebbero tornare a casa presto.
Ma sanno che non è possibile. La
mamma sta ancora lavorando per
tutta la famiglia e allora: è meglio
fermarsi a cantare e danzare tutti
insieme. Poi, pian piano, tra risate e scherzi, se ne tornano a casa.
Chissà cosa li aspetta? Già
sentono un qualcosa in fondo
in fondo che dice loro: “Buona
festa!”. È la vita semplice, fatta
di condivisione e accoglienza,
senza dimenticare i problemi di
ogni giorno. Gesù non viene per
cambiare da solo la nostra vita;
vuole farlo insieme a noi.
I missionari gli danno una mano volentieri; anche loro sono
stati bambini tanti anni fa. Ora
sono lontani dai propri paesi, ma
si sentono bene insieme a questi
nuovi amici, perché “dove batte
un cuore, là c’è sempre un po’
dell’amore di Gesù”.
E allora, anche quest’anno,
anche se fisicamente lontano
dall’Africa, mi vien da dire: “Joyeux Noel à tout le monde” - Felice Natale a tutti!
■
UN GRANO DI SALE
p. LINO MAGGIONI, sx
Ricordo il primo incontro con alcuni anziani della tribù dei bashi,
in Africa. “Padre, tu sei ancora giovane, ma è bene che sappia come è iniziata l’evangelizzazione qui in Congo. Verso la fine del 1800,
giunsero nella nostra regione due uomini di Dio. Provenivano dalla
Tanzania. Avevano camminato a piedi per 2.500 chilometri.
I due bianchi non diedero importanza al fuggi-fuggi generale che
aveva suscitato la loro comparsa. I due stesero le mani in avanti. Nel
palmo tenevano alcuni grani di sale. Seguirono momenti di disagio.
Poi, le capre si mossero per prime. Andarono a leccare le mani dei
due uomini di Dio. Dopo le capre, arrivarono i bambini, anche loro a
leccare i grani di sale. I bambini andarono a chiamare i genitori.
Padre, è grazie a un grano di sale che la gente oggi popola le nostre
chiese. È grazie a quel grano di sale che la chiesa in Congo ha religiose, preti e vescovi. Quel grano di sale è il seme dei numerosi martiri
della nostra chiesa. Voi, giovani missionari, non dovete dimenticare
che la nostra fede è come un grano di sale…”.
Queste parole mi sono tornate in mente vedendo il Papa in Africa per la visita in Benin, dove ha chiesto agli africani di insegnare anche a noi europei che la fede, quando è grande come un grano di sale, basta e avanza.
Papa Benedetto XVI stringe mani
durante la sua visita in Africa
2012 GENNAIO
PUGLIA
74122 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15
Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558
E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747
Il pugliese p. Gianvito Nitti con una suora clarissa in
Bangladesh, di cui è assistente spirituale; sullo sfondo, il
bel campo di riso che le clarisse coltivano
I miei 25 anni in Bangladesh
Saveriano pugliese di Castellana Grotte
Nato nel 1950, all’età di 27
anni, padre Gianvito iniziava la
sua avventura con i missionari saveriani, come egli stesso ci
racconta.
S
ono stato ordinato sacerdote a Parma nel 1983 a settembre. Un anno dopo sono andato a Londra per studiare l’inglese. In seguito i superiori mi
hanno chiesto di partire per il
Bangladesh dove, grazie alla visita di Giovanni Paolo II nel marzo del 1987, ho avuto il visto per
entrare. Ero felice: finalmente
si realizzava il sogno che avevo
coltivato fin da bambino: andare
in missione! Il prossimo marzo
celebrerò 25 anni di missione.
Con i poveri contadini
Appena arrivato in Bangladesh, mi sono buttato nello studio della lingua e della cultura
bengalese. Ma nel gennaio 1988,
ero nuovamente in Italia a causa
di un’emorragia all’occhio destro. Ho vissuto la prima sconfitta: la vergogna di abbandonare la missione dopo neanche un
anno, per motivi di salute.
Fortunatamente, dopo un mese di cure, tornavo in Bangladesh, destinato nella missione
di Baradal, insieme a p. Antonio Germano e in mezzo a gente veramente povera. Qui sono
stato viceparroco e preside della scuola della missione con circa 500 alunni, dalla prima classe fino all’ottava. Erano ragazzi e ragazze di diversa estrazione
culturale e religiosa: musulmani,
hindu e cristiani.
Nel dicembre dello stesso anno la nostra zona è stata colpita
da un forte ciclone che ha provocato la morte di 20mila persone. Anche nella nostra missione
p. GIANVITO NITTI, sx
ci sono state vittime e rovine ingenti. E la gente è diventata ancora più povera. In questo contesto, il mio cammino di fede si è
approfondito sempre più.
Tra i non cristiani fuori-casta
Nel 1991, sono stato inviato nella missione di Chuknagar,
dove gli unici cristiani eravamo
noi quattro saveriani inviati per
un progetto di dopo-scuola tra i
fuori-casta hindu e i musulmani
poveri. Al mattino bambini, ragazzi e giovani andavano in classe; nel pomeriggio venivano alla
missione per il dopo-scuola.
Seguivamo anche una dozzina
di villaggi, dove veniva portato
avanti un programma di alfabetizzazione, coinvolgendo i giovani più grandi che, oltre a frequentare la scuola e a studiare,
dovevano a loro volta insegnare
ai loro fratelli e sorelle più pic-
Ritiri e catechesi biblica
Con le clarisse e altre suore del Bangladesh
2000 sono stato inviato
N elcome
parroco nella missio-
ne di Jamalkhan in Chittagong,
la seconda città più importante
del paese per la presenza del
porto sul golfo del Bengala. La
parrocchia era piccola; c’erano
circa 700 cristiani cattolici su
una popolazione di quasi 20mila
persone.
“Cappellano del mare”
Oltre alla parrocchia, che non
assorbiva tutto il mio tempo, ho
svolto il servizio di cappellano
del mare: il ministero tra i marinai delle navi che arrivavano nel
porto da varie parti del mondo,
soprattutto dai Paesi asiatici. Ho
anche continuato la catechesi
biblica nel noviziato di suore
missionarie francesi, le figlie di
nostra Signora delle missioni.
Sono stato in questa missione
per sei anni. Qui mi sembra di
aver appreso in modo più pro-
fondo la solidarietà con la gente
e la responsabilità di essere inseriti, per opera e grazia di Dio,
nel mistero più grande della salvezza. In questi anni ho approfondito la vocazione di essere
pastore e discepolo: sempre alla
scuola del Maestro Gesù, con la
consapevolezza di essere inviato, affinché il Signore continui a
compiere il suo progetto di liberazione e di salvezza dell’uomo.
Ritorno alla formazione
Nel 2006 sono stato nuovamente richiamato nella capitale
Dhaka, come rettore della casa
di formazione. Questa casa è il
piccolo seminario saveriano in
cui i giovani bengalesi cercano
di conoscere la volontà di Dio su
di loro attraverso la preghiera, lo
studio dell’inglese e frequentando i corsi di filosofia nel seminario maggiore del Bangladesh.
Verso la fine del 2008, ho
Padre Gianvito con le novizie
delle suore “Shanti Rani”
(Regina della pace) a Dinajpur,
davanti alla cappellina
dedicata a san Giuseppe
8
p. G. NITTI, sx
chiesto e ottenuto di fare un
“anno sabbatico” a Roma dove,
sempre come uditore, ho frequentato per un anno l’istituto
Biblico. La scuola, lo studio e
l’attività pastorale mi hanno permesso di entrare sempre di più
nella conoscenza del mistero di
Dio e dell’uomo. Un anno dopo,
a febbraio 2010, sono tornato in
Bangladesh.
Una fede da approfondire
Ora mi trovo ancora nella casa
saveriana a Dhaka. Conduco la
catechesi biblica e i ritiri spirituali. Sono impegnato con quattro
comunità al nord del paese: tre
a Dinajpur e una a Mymensigh.
A Dinajpur ci sono due comunità
di suore “Shanti Rani” (Regina
della Pace) con le novizie, le
aspiranti e le studentesse universitarie. Questa congregazione ha
come carisma la catechesi soprattutto nei villaggi tra i poveri; è una famiglia di missionarie
locali fondata dai missionari del
Pime. Approfondisco con loro la
fede nella persona di Gesù.
Inoltre, accompagno con il
ministero della Parola e i ritiri
spirituali le suore clarisse. Esse, con il classico impegno del
lavoro e della preghiera, vivono
la missione nella clausura intercedendo per la gente, soprattutto
per i poveri, gli oppressi e quanti sono nella difficoltà, sapendo
che essi sono preziosi agli occhi
■
di Cristo.
coli. Così i bambini, i ragazzi e
i giovani erano tutti impegnati
nell’apprendimento e nell’insegnamento, non solo accademico
ma nell’educazione più ampia ai
valori umani.
Cercavamo anche di promuovere il dialogo con i musulmani e
gli hindu attraverso il dopo-scuola e la sanità, grazie a un piccolo
ambulatorio, mentre mandavamo
i malati più gravi nel nostro ospedale di Jessore, portato avanti dai
medici saveriani Remo Bucari e
Gildo Coperchio.
L’insegnamento biblico
Nell’agosto del 1992 i miei
problemi alla vista si sono aggravati; ho avuto un’emorragia
all’occhio sinistro, l’unico buono, e così sono rientrato una se-
conda volta in Italia per cure mediche. Mentre ero sotto osservazione, ho frequentato per un anno
come uditore all’istituto Biblico
di Roma, seguendo i corsi in Sacra Scrittura ed esegesi dell’Antico e Nuovo Testamento.
Tornato in Bangladesh nel novembre del 1993, sono stato impegnato principalmente nel ministero pastorale e nella catechesi
biblica nelle varie comunità religiose di formazione. Risiedevo a
Dhaka, la capitale, nella casa dei
saveriani. In questo contesto, potevo offrire la catechesi biblica
anche al noviziato delle suore di
Maria Bambina e altrove, senza
trascurare la disponibilità e l’aiuto alla vicina parrocchia di Tej■
gaon.
(continua a lato)
La visita di padre Menin
Padre Mario Menin, direttore
della rivista saveriana “Missione
Oggi” (nella foto con p. Angelo
Berton), è stato ospite della nostra comunità a metà novembre
per guidare il ritiro mensile del
clero della diocesi di Taranto. Il
ritiro era dedicato alla figura e
spiritualità di Guido Conforti,
canonizzato da Papa Benedetto XVI il 23 ottobre 2011. Titolo della riflessione: “San Guido
Conforti, tutto per amore”.
GIORNATA MISSIONARIA SACERDOTALE
p. PIERO PIEROBON, sx
Giovedì primo dicembre, presso la comunità dei saveriani di Taranto, abbiamo celebrato la festa (anticipata) di san Francesco Saverio,
patrono delle missioni e dei saveriani. Ci siamo ritrovati con i sacerdoti della zona e il nostro arcivescovo, mons. Benigno Papa. Come
ogni anno, è stata un’occasione per crescere nell’amicizia, nella fraternità e per rinnovare l’impegno comune al servizio della missione
della chiesa.
Abbiamo colto questa felice opportunità per ringraziare e salutare
il vescovo Benigno che lascia la guida della diocesi, mentre allo stesso
tempo diamo il benvenuto al suo successore mons. Filippo Santoro.
Saveriani e sacerdoti della diocesi riuniti con il vescovo mons. Papa
per la giornata missionaria sacerdotale, a Taranto
2012 GENNAIO
REGGIO
CALABRIA
89135 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze
Santuario Madonna della Grazia
Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891
è Natale anche in Africa
Ognuno con il proprio ruolo e con un dono
nasce un bambiQ uando
no, vuole far sentire che
è arrivato e piange. La mamma
lo prende tra le sue braccia e lo
coccola con amore. La medesima
cosa succede in Africa. I bambini, sulla schiena della mamma, quasi fossero un fagotto, ti
guardano con i loro occhioni:
vogliono sapere chi sei. Quando
ti avvicini, si nascondono per un
momento. Poi rifanno capolino e
si aprono al sorriso.
Sono tutti uguali i bambini del
mondo. Tutti vogliono sentirsi
amati.
Tutta la comunità
in fermento
Anche il Bambin Gesù, prima
di nascere, stava al sicuro nel
grembo di Maria, mentre Giuseppe cercava un posto dove
farlo nascere. Poi, in mezzo alla
paglia, riscaldato dall’asino e dal
bue e cullato dagli angeli, è venuto a stare in mezzo a noi.
La sua nascita ha fatto compagnia a tanti altri bambini nel
mondo. Laggiù in Africa, Natale
è un giorno bellissimo. Certo,
non c’è la neve, ma c’è l’atmosfera giusta. Le famiglie sono
abituate ad accogliere i bambini.
Sono la loro ricchezza e cercano
di dare loro amore (anche se a
volte qualcuno si dimentica). E
con l’amore, celebrare il Natale
diventa più semplice.
Tutta la comunità si prepara.
Chi pensa ai canti - e le corali
danno il meglio di loro stesse. Si
pulisce la chiesa, la si riempie di
fiori e addobbi. Tutto intorno si
lavora per togliere le erbacce, in
modo che chi verrà, si senta bene accolto. Le mamme pensano
a cosa faranno da mangiare per
la grande festa. I soldi, anche
lì, sono sempre troppo pochi,
ma per Natale si farà qualcosa
di buono: un bel pollo arrostito, erbe e patatine fritte, e l’invariabile risotto (riso con erbe
e spezie). L’importante è stare
insieme e far festa.
È bello sognare cose buone
C’è l’attesa della Messa della
notte, dove tutti si ritrovano per
accogliere il Bambino Gesù (e
tutti i bambini del mondo). La
corale comincia “a scaldarsi”
con canti dolci che invitano alla
riflessione. La processione comincia e il canto e la danza l’accompagnano. È festa, giorno di
festa, e non si può stare fermi.
All’omelia, il sacerdote raccoglie quello che sta nascosto nel
p. OLIVIERO FERRO, sx
cuore di ognuno e lo mescola con
la Parola di Dio appena ascoltata. È sicuro che gli angeli, che
hanno appena cantato il “Gloria
a Dio…”, porteranno alla capanna i desideri e i progetti di questi
fratelli e sorelle dell’Africa. Non
possono dimenticarli, anche perché all’offertorio ognuno di loro
porta il suo dono.
E la Messa continua... Al
canto finale, la gioia si scatena.
Ormai è buio, ma le stelle brillano luminose nel cielo. Si torna
insieme, cantando, nelle proprie
case. I bambini verranno il giorno dopo a far festa al loro amico
Gesù. Ora stanno dormendo e
sognando tante belle cose. Forse anche il bel pranzo di domani. Non fa male sognare le cose
buone.
Dove batte un cuore…
Il giorno dopo è tutto per loro,
i bambini. Si alzano allegri per
esprimere la loro gioia a Gesù.
Sperano che il sacerdote “non
la tiri troppo in lungo”, perché
vorrebbero tornare a casa presto.
Ma sanno che non è possibile.
La mamma sta ancora lavorando per tutta la famiglia e allora:
è meglio fermarsi a cantare e
danzare tutti insieme. Poi, pian
Franchina Romano è una
persona geniale, tutta cuore:
pittrice, scultrice, poetessa. È
appassionata soprattutto per
ogni forma di bene. Dirige da
vera mamma una scuola per
l’infanzia. Ha conosciuto p.
Aurelio Cannizzaro e ne è rimasta ammirata. Ha poi riversato il suo affetto su tutti
i missionari che ha incontrato. Dedica questa poesia
proprio a padre Aurelio; per
esigenze grafiche, la pubblichiamo a linea continua.
zando la mano, con dolcezza e
coraggio, il Crocifisso veder facevi e dicevi: “Questa è l’arma
dell’amore, che tutti salvi a voi
vuole!”.
di non avere. Ma i tuoi occhi
sono pronti a lacrimare e col
pensiero dietro vuoi tornare
al villaggio che dovesti lasciare.
8
Specie i bambini, del tuo
amore han voluto privare.
Ti domandarono perché eri
lì: “Sei venuto a combattere
con noi? Avanti! Dicci... Rispondi... Quale arma vuoi?”.
L’arma in cuore avevi e al-
FRANCHINA ROMANO
E in quel terreno arido e incolto, ti mettesti a lavorare e senza
mai stancare, vecchi, giovani,
bambini e ammalati ti mettesti a
curare. Dalle tenebre alla luce li
facesti passare, che nessuno
li seppe mai accettare.
In una cella ti han portato,
ti calunniarono, ti bastonarono, e il rosario dalle mani via
ti buttarono. In piedi, notte e
giorno, in una cella ti lasciarono. Dentro la cella il rosario ti mettesti a recitare e per
corona le sbarre della cella ti
mettesti a contare, per ogni
“Ave” che calavi una sbarra
tu toccavi.
un lungo cammino ti
D aritiri,
stanchezza dici
Il mai dimenticato p. Aurelio Cannizzarro
piano, tra risate e scherzi, se ne
tornano a casa.
Chissà cosa li aspetta? Già
sentono un qualcosa in fondo
in fondo che dice loro: “Buona
festa!”. È la vita semplice, fatta
di condivisione e accoglienza,
senza dimenticare i problemi di
ogni giorno. Gesù non viene per
cambiare da solo la nostra vita;
vuole farlo insieme a noi.
I missionari gli danno una ma-
no volentieri; anche loro sono
stati bambini tanti anni fa. Ora
sono lontani dai propri paesi, ma
si sentono bene insieme a questi
nuovi amici, perché “dove batte
un cuore, là c’è sempre un po’
dell’amore di Gesù”.
E allora, anche quest’anno,
anche se fisicamente lontano
dall’Africa, mi vien da dire: “Joyeux Noel à tout le monde” - Fe■
lice Natale a tutti!
UN GRANO DI SALE
PER IL NUOVO ANNO
p. LINO MAGGIONI, sx
Dedicata a padre Aurelio
Un ricordo affettuoso del missionario Gesù Bambino è nato ancora una volta anche in Africa (foto G. Dovigo)
A tutti i costi ti vollero cacciare, espulso ti han voluto
mandare. Mogio mogio al tuo
paese sei tornato, la corona in
capo non hai portato. Davanti a Dio vittorioso sei stato e
noi tutti con amore ti abbiamo ammirato e ancor oggi ti
ricordiamo e ti vediamo, nelle belle opere che ci hai la■
sciato.
Ricordo il primo incontro con alcuni anziani della tribù dei bashi,
in Africa. “Padre, tu sei ancora giovane, ma è bene che sappia come è iniziata l’evangelizzazione qui in Congo. Verso la fine del 1800,
giunsero nella nostra regione due uomini di Dio. Provenivano dalla
Tanzania. Avevano camminato a piedi per 2.500 chilometri.
I due bianchi non diedero importanza al fuggi-fuggi generale che
aveva suscitato la loro comparsa. I due stesero le mani in avanti. Nel
palmo tenevano alcuni grani di sale. Seguirono momenti di disagio.
Poi, le capre si mossero per prime. Andarono a leccare le mani dei
due uomini di Dio. Dopo le capre, arrivarono i bambini, anche loro a
leccare i grani di sale. I bambini andarono a chiamare i genitori.
Padre, è grazie a un grano di sale che la gente oggi popola le nostre
chiese. È grazie a quel grano di sale che la chiesa in Congo ha religiose, preti e vescovi. Quel grano di sale è il seme dei numerosi martiri
della nostra chiesa. Voi, giovani missionari, non dovete dimenticare
che la nostra fede è come un grano di sale…”.
Queste parole mi sono tornate in mente vedendo il Papa in Africa per la visita in Benin, dove ha chiesto agli africani di insegnare anche a noi europei che la fede, quando è grande come un grano di sale, basta e avanza.
Papa Benedetto XVI stringe mani
durante la sua visita in Africa
2012 GENNAIO
ROMA
00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287
Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925
E-mail: [email protected] - C/c. postale 45206000
Due incontri per due comunità
Conforti e Saverio con i saveriani di Roma
ultimi mesi dell’anno,
N egli
le comunità saveriane “ro-
mane” - la comunità della Direzione generale in viale Vaticano
e la comunità “Collegio Conforti” in via Aurelia - si sono incontrate in due momenti molto
significativi: il 5 novembre, festa
liturgica di san Guido Conforti,
e il 3 di dicembre, festa liturgica
di san Francesco Saverio.
San Guido,
conosciuto e amato
In entrambe le occasioni ci
siamo preparati con un ritiro
spirituale seguito, il giorno do-
po, dalla celebrazione dell’Eucaristia e da un momento di fraternità insieme. Sono venuti anche
vari amici e conoscenti e le saveriane, che hanno una comunità
a Roma, in via Trionfale.
Il 5 novembre, nella casa di
viale Vaticano, p. Luigi Zucchinelli ci ha regalato una stimolante riflessione sulla vita e la
spiritualità di san Guido Conforti. Per lui tutto è nato dalla
contemplazione del Crocifisso,
il libro che ancora oggi ispira la
missione e la vita dei suoi figli.
I suoi missionari sono chiamati
a rapportarsi tra loro con genti-
La Messa per la festa di san Guido Conforti, il 5 novembre,
è stata celebrata presso la casa generalizia dei saveriani di Roma
p. FILIPPO ROTA MARTIR, sx
lezza, come principi, ma anche
come fratelli, vivendo concretamente la fraternità nella propria
famiglia religiosa e mettendosi
a totale servizio della missione
nella chiesa locale.
Dopo il ritiro, abbiamo celebrato l’Eucaristia, presieduta
da p. Romero Jesùs, consigliere generale messicano. Durante
l’omelia, varie persone hanno
parlato della recente canonizzazione del fondatore. Siamo felici di notare che san Guido viene
sempre più scoperto e valorizzato, non solo dai saveriani, ma
anche dai laici, dai sacerdoti e
dalle comunità cristiane. La sua
vita rappresenta un segno forte
e un grande dono fatto a tutta la
chiesa, affinché diventi sempre
più missionaria, aperta al mondo
e alle sue sfide.
Saverio,
innamorato di Cristo
Il 3 dicembre abbiamo celebrato san Francesco Saverio con
un altro ritiro spirituale, al quale
hanno partecipato vari saveriani,
questa volta ospiti della comunità in via Aurelia. Il rettore p. Ivano Marchesin ci ha proposto una
bella riflessione ispirata alla vita
Lo spirito pacifico di Assisi
“Senza Dio non c’è pace per il mondo”
P
apa Benedetto ad Assisi ci
ha stupiti di nuovo, e noi
missionari vogliamo sottolineare con piacere il significato straordinario e universale di quel gesto coraggioso. Egli ha condotto 300 leader religiosi sulle orme
ecumeniche di Francesco d’Assisi, seguendo l’esempio dei predecessori papa Roncalli e papa
Wojtyla.
La religione non è
per la guerra
Nella capitale del pacifismo,
tra campane a festa e pellegrini, papa Benedetto ha ascoltato
tutti. In piazza ha accompagnato
con il sorriso i canti rock e i co-
8
ri. Tutto intorno, i rappresentanti
di musulmani, hindu, buddhisti,
jainisti. Il pontefice smentisce
gli stereotipi, i pregiudizi, i sospetti, e rilancia lo spirito di Assisi contro il conflitto di civiltà.
La religione vera non può
metterci gli uni contro gli altri,
nonostante la diversità che ci
caratterizza. La violenza è contro Dio, che è amore. La violenza non manifesta il vero volto di
Dio, ma un uso sbagliato del nome di Dio, trasversale a tutte le
religioni. Con grande coraggio e
umiltà il Papa fa il “mea culpa”
e ammette che purtroppo “anche
in nome della fede cristiana si è
fatto ricorso alla violenza”.
Benedetto XVI con i rappresentanti delle religioni, ad Assisi, ottobre 2011
p. FILIPPO R. MARTIR, sx
Il rischio di avidità e potere
Però violenza e il terrore
hanno spesso una seconda causa. La violenza viene anche da
una società nella quale Dio è
assente. È il grande tema del
pontificato di papa Ratzinger.
Se Dio scompare dal cuore della società, rimane solo il vuoto
e non c’è più futuro di pace per
l’umanità. Gli orrori dei lager
lo dimostrano.
Ma c’è un altro pericolo che
costituisce una contro-religione, da cui dobbiamo guardarci: “l’adorazione di mammona,
dell’avere e del potere, in cui
non conta più l’uomo, ma solo il
vantaggio personale”. Benedetto XVI unisce le religioni su ciò
che più le accomuna: lo sforzo
per la pace e per la giustizia.
“Restiamo uniti contro la
guerra e l’ingiustizia - ha detto.
Mai più violenza, mai più guerra, mai più terrorismo. In nome
di Dio, ogni religione porti sulla
terra giustizia e pace, perdono e
vita, amore”. Vogliamo accogliere questo grande appello e darci
da fare per realizzarlo nella vita,
■
in noi e attorno a noi.
Alla giornata missionaria sacerdotale in onore di san Francesco Saverio, il 3 dicembre, hanno partecipato tante persone, tra cui le saveriane e numerosi amici laici;
la Messa è stata celebrata da p. Katindi
del Saverio.
All’inizio del suo cammino
spirituale, quando ancora studiava a Parigi, Saverio era una
persona “dura e difficoltosa”.
Ma ha saputo cambiare le sue
asprezze e inclinazioni, giorno
dopo giorno. La sua è stata una
vita breve, giacché è morto a
soli 46 anni, mentre si trovava
alle porte della Cina, che voleva
evangelizzare.
Ci siamo chiesti come sia stato possibile per lui convertire in
così poco tempo - appena dieci
anni di attività - migliaia di persone in diversi paesi dell’Asia.
Tra l’altro, Francesco conosceva pochissimo le difficili lingue
locali. C’è una sola risposta che
può spiegare questo enorme
“successo”: il suo grande amore
per Cristo, da cui è stato conquistato fin dagli anni della giovi-
nezza. Francesco trasmetteva a
chi incontrava sul suo cammino
una luce intensa, al punto che
poi molti di loro, una volta diventati cristiani, erano disposti
a morire piuttosto che tradire la
fede ricevuta.
Ciò che accomuna i due santi
- Saverio e Conforti, così diversi
per tanti aspetti - è la loro profonda comunione e fiducia illimitata
in Dio, che li ha spinti a mettersi
totalmente nelle sue mani.
Dopo il ritiro spirituale, abbiamo celebrato l’Eucaristia,
presieduta da p. Katindi, consigliere generale congolese, seguita dalla cena insieme. Gli invitati
- amici, conoscenti e saveriane
- sono tornati alle proprie case
soddisfatti del bel clima di famiglia e di fraternità missionaria che hanno trovato in casa no■
stra.
NOTIZIE SAVERIANE DA ROMA
p. FILIPPO R. MARTIR, sx
Mercoledì 30 novembre ho partecipato, insieme a p. Vitus, saveriano indonesiano che studia
Sacra Scrittura, a una
manifestazione contro la pena di morte
al Colosseo, organizzata dalla comunità
di Sant’Egidio. Hanno dato le loro testimonianze persone
che lottano contro la
pena di morte e sono
passate per esperienze molto dolorose.
Il 6 novembre p. Fabien
Kalehezo, saveriano congolese, ha terminato i suoi
studi in Sacra Scrittura. È
tornato al suo paese per rivedere la famiglia; poi andrà a Londra per studiare
l’inglese e prepararsi alla
missione in Giappone.
Dal Giappone, invece, è
arrivato a Roma p. Gianpaolo Succu, saveriano sardo, per continuare gli studi di “dottorato” in Sacra
Scrittura.
2012 GENNAIO
ROMAGNA
48125 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7
Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811
E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482
Ringraziamento e gioia fraterna
Il 3 dicembre con i vescovi e i sacerdoti
L
a festa del nostro santo
patrono, il grande missionario che san Guido Conforti ha
dato ai saveriani come esempio
da seguire, è stato un giorno di
ringraziamento e di gioia nella
comunità saveriana di San Pietro
in Vincoli. Anche se cadeva di
sabato, giorno in cui gli impegni
pastorali sono maggiori, molti
sacerdoti si sono dati appuntamento nella nostra casa per la
consueta festa del 3 dicembre.
Erano presenti una quarantina di sacerdoti, appartenenti
alle diocesi romagnole nelle
quali aiutiamo con il ministero
pastorale. Il vescovo di Faenza,
mons. Claudio, ha presieduto la
celebrazione, in cui noi saveriani
p. LINO SGARBOSSA, sx
abbiamo rinnovato i voti religiosi. Il nostro vescovo mons. Lino
Pizzi ha concelebrato, assieme a
tanti altri sacerdoti.
“Copie fedeli di Cristo”
Prima della celebrazione Eucaristica, p. Luigi Zucchinelli,
che ha coordinato gli eventi della canonizzazione di san Guido a
Vescovi e sacerdoti di Forlì, Ravenna e Faenza riuniti dai saveriani di San Pietro in Vincoli
per celebrare la giornata sacerdotale missionaria, il 3 dicembre scorso, in onore di san Francesco Saverio
Ravenna, “la Cina d’Italia”
Veglia missionaria con san Guido Conforti
La chiesa di Ravenna si
è riunita con il suo vescovo
mons. Giuseppe Verucchi per
pregare, con lo sguardo e il cuore rivolti alla missione.
L
a veglia missionaria di
venerdì 14 ottobre è stata
centrata su mons. Guido Conforti, arcivescovo di Ravenna e fondatore dei saveriani, proclamato
“santo” il 23 ottobre scorso. Le
parole dei canti, intonati dal coro
degli studenti saveriani di Parma, sono state accolte nei cuori
dei partecipanti con particolare
intensità, scandite dai ritmi di
chitarre e tamburi.
La missione dovunque
In tutta l’assemblea è sorto
il desiderio di conformare la
propria vita all’ideale di mons.
Conforti, secondo le sue parole:
8
“fare del mondo una sola famiglia; vedere, cercare e amare Dio
in tutto e in tutti”. In questo modo, non ha più importanza dove
siamo - in Cina o Giappone, in
Brasile o Congo, a Ravenna o a
Palermo... Dovunque siamo, lì
noi amiamo e viviamo la missione.
Era presente il mondo missionario rappresentato da voci,
suoni, ritmi di terre lontane, da
persone che hanno scelto di seguire l’esempio e il carisma di
Conforti, testimoniando lo spirito universale della chiesa. A
san Guido si è ispirata anche la
testimonianza di p. Guglielmo
Camera, che ha messo l’accento
sulla santità nella vita quotidiana
di Conforti: “fare cose ordinarie
con dedizione e accuratezza”,
avendo nel cuore l’amore per
l’annuncio del vangelo ai non
Tamburi, chitarre e canti del mondo: così gli studenti saveriani di Parma
hanno animato la veglia missionaria a Ravenna, in onore di san Guido Conforti
STUDENTI SAVERIANI
cristiani, e allo stesso tempo
prendendosi cura del gregge di
Ravenna e Parma.
Un bel clima di fraternità
Anche il vescovo, nella sua riflessione, ha richiamato la figura del suo santo predecessore e
l’amore che aveva per il popolo,
raccontandoci l’ingresso di Conforti nella diocesi Ravennate. Tale evento fu infatti caratterizzato
da un modesto benvenuto di un
piccolo gruppo di giovani, mentre un altro gruppo aveva organizzato una protesta in stazione.
Conforti, avvisato del pericolo,
scese alla stazione prima e raggiunse il vescovado in carrozza,
quasi di nascosto… Erano anni
difficili, tali da chiamare Ravenna “la Cina d’Italia”!
Constatando la partecipazione
attiva dei ravennati alla veglia, si
può affermare che “Conforti ha
tirato fuori casa molte persone;
ha radunato nuovamente il suo
gregge”: così ha detto il vescovo. Nella cattedrale di Ravenna
abbiamo percepito un calore
particolare per Guido Conforti e
i suoi missionari; una comunione che ha raggiunto i popoli per
i quali abbiamo pregato.
Gli studenti saveriani di Parma, che hanno animato la celebrazione, sono tornati a casa contenti di aver respirato un clima di
fraternità e di grande attenzione
■
alla missione e al mondo.
Roma, ha parlato della spiritualità missionaria che deve animare il sacerdote diocesano. Padre
Luigi ha preso lo spunto dalla
vita di san Francesco Saverio e
di san Guido Conforti per sottolineare che anche il sacerdote
diocesano deve essere missionario, animato cioè da un forte
desiderio di essere “uomo di
Dio” e di fare la sua volontà per
il bene dei fratelli, specialmente
coloro che sono lontani.
San Guido Conforti non ha
fatto altro che vivere come sacerdote diocesano e come vescovo questo stesso spirito.
Fondatore di una congregazione
missionaria, il suo grande desiderio era quello di diventare lui
stesso “copia fedele di Cristo” e
ha desiderato che anche i suoi
missionari fossero così. Raccomandava loro di tenere sempre
Cristo innanzi agli occhi della
mente, per essere accompagnati
da lui ovunque. Per il Conforti, la santità consiste nel saper
“vedere, cercare e amare Dio in
tutto e in tutti” e nel fare la sua
santa volontà.
Valori attuali e necessari
Il Conforti visse in un periodo
storico difficile. Furono anni di
repressione, di soppressione dei
beni ecclesiastici, di violenza
statale alle libertà personali e
religiose, di odio anti clericale...
Basti pensare al suo ingresso
come arcivescovo di Ravenna,
avvenuta di notte, per evitare
possibili dimostrazioni anti clericali...
Conforti ci indica la strada per
una nuova visione nella nostra
pastorale, oggi. In che cosa consiste questa strada? Padre Luigi
ha presentato ai sacerdoti alcuni
valori molto attuali, di cui tutti
abbiamo bisogno, e che il Conforti ha vissuto integralmente: il
primato di Dio nella sua vita e il
suo donarsi totalmente al prossimo; l’amore per la chiesa; la
promozione della pace; lo spirito
missionario.
“Cristo in tutti e in tutto!”
Conforti, pur essendo vescovo
di una diocesi, si è aperto ai bisogni di tutta la chiesa, fondando
un istituto missionario, divenendo animatore missionario della
chiesa, specialmente attraverso
la sua azione di primo presidente
dell’Unione missionaria del clero. Era convinto che continuare
la missione di Cristo fino agli
estremi confini del mondo, non
era una cosa opzionale, ma uno
stretto dovere dei vescovi, dei
sacerdoti, dei religiosi e dei laici.
Ecco come si esprime il primo
giorno come arcivescovo di Ravenna: “La mia parola d’ordine
sarà sempre quella che ho voluto
incisa nel mio stemma episcopale: «In omnibus Christus!»”.
L’incontro si è concluso con
l’agape fraterna: un pranzo tipico
romagnolo in cui abbiamo avuto
l’occasione di condividere con i
sacerdoti le nostre esperienze ed
esprimere loro il nostro “grazie”,
perché ci permettono di diffondere il nostro carisma missionario nelle parrocchie, sempre disposti a servire con lo stesso Spirito che ci ha lasciato il nostro
■
santo fondatore.
UN BERGAMASCO IN ROMAGNA
Padre Guglielmo è nella nostra comunità
p. LINO SGARBOSSA, sx
Nato ad Ardesio (Bergamo), è entrato come primo aspirante missionario nella nuova casa saveriana di Cremona. Subito dopo l’ordinazione è stato insegnante e formatore degli aspiranti saveriani ad Alzano,
Cagliari e Cremona, continuando allo stesso tempo gli studi in campo
teologico, pedagogico e letterario.
Destinato alla Sierra Leone, anche là ha continuato il lavoro di formatore e insegnante del clero locale in diversi seminari. La guerra civile che ha devastato la Sierra Leone e la Liberia, l’ha costretto a diversi rientri in Italia. Infine è stato rettore della nostra teologia internazionale a Parma.
Ha passato gli ultimi dieci anni a Roma come visitatore dei seminari maggiori in Italia a nome della Pontificia unione missionaria, e soprattutto come postulatore di diverse “cause” di canonizzazione, due delle quali hanno raggiunto il
traguardo previsto: madre Adorni, beatificata a Parma il 3 ottobre 2010, e mons. Conforti, canonizzato da Benedetto XVI a
San Pietro il 23 ottobre 2011.
Ora è parte della nostra
comunità saveriana a S. Pietro in Vincoli. Si dedicherà
all’animazione missionaria
nelle parrocchie e allo stesso
tempo terrà viva la memoria
di san Guido Conforti nel Ravennate, di cui è stato eccellente pastore. Siamo felici di
P. Guglielmo Camera a figliale colloquio con
averlo con noi e gli facciamo i
il Papa, dopo la proclamazione di san Guido
migliori auguri!
Conforti, il 23 ottobre scorso
2012 GENNAIO
SALERNO
84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4
Tel. 089 792051 - Fax 089 796284
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00205849
Il mio cordiale saluto a Salerno
La missione è dura, ma anche bella e gratificante p. ALEX BRAI, sx
N
ella canzone “Qualcosa
di ben più grande”, che si
ispira alla lettera del Conforti ai
giovani, c’è una frase significativa: “È una vocazione tanto dura
e bella, vale la pena seguirla”. In
questi ultimi giorni a Salerno,
sto sperimentando proprio questi due aspetti della missione: la
difficoltà e la sofferenza e, allo
stesso tempo, la bellezza e la
grandezza di poter continuare la
missione iniziata da Cristo.
Perché la missione è dura
Sei anni fa, quando ero ancora
in Africa, mi è stato chiesto di
mettermi a servizio della famiglia missionaria e di stare alcuni
anni in Italia, a Salerno. In questo tempo, vi ho tormentato con
il desiderio di tornare in una ter-
ra che sento come “casa mia”.
Ora andrò in Asia, in Thailandia, e questo mi fa paura, mi
mette un po’ in crisi, tanto da
chiedermi se sarò all’altezza.
Ho accettato di andare in Thailandia, ma sono consapevole che
per me non sarà una passeggiata:
dovrò studiare più lingue e vivere in un luogo che sento molto
distante da me.
Padre Alex Brai in mezzo ad alcuni dei “suoi” ragazzi; dopo sei anni a Salerno come animatore giovanile,
ora lo attende la missione in Thailandia
Saluti, abbracci e commozione
Con padre Alex, casa e chiesa piene di giovani
S
abato 12 novembre: il sagrato della parrocchia San
Paolo del Rione Petrosino a Salerno è stracolmo di gente. Sono
tutti lì per salutare p. Alex Brai,
missionario saveriano in partenza per la Thailandia. La visione
delle strade si presenta insolita:
una marea di auto parcheggiate alla meglio per non perdere
l’importante cerimonia di “arrivederci”.
La chiesa stracolma
Dopo le 21, i giovani cantori
in chiesa intonano qualche canto
per preparare i fedeli e gli amici
alla preghiera. Finalmente, dopo
8
un po’ di trepidazione, una piccola processione parte dal fondo
della chiesa. A guidarla ci sono
alcuni giovani, due dei quali
portano due grossi ceri accesi e
un Crocifisso; al seguito ci sono
p. Benigno, superiore della comunità saveriana, p. Simone e
naturalmente p. Alex.
La scenografia è bellissima. In
chiesa molti sono in piedi. Non
c’è più posto. Tanti amici e studenti dell’università di Salerno
sono presenti. Padre Alex inizia il
suo appassionato e sincero discorso, subito interrotto da un’evidente e comprensibile emozione che
coinvolge tanti dei presenti. Parte
Padre Alex Brai, vestito alla “thailandese” durante il saluto agli amici di Salerno;
accanto a lui, p. Benigno Franceschetti lo osserva incuriosito
PAOLO CIBELLI
un grande applauso come segno
di affetto e d’incoraggiamento a
continuare. Le sue parole sono
di ringraziamento a tanti e a tutti,
in particolare verso i giovani che
hanno confidato in lui.
La casa piena di giovani
Quando un saveriano va via
dalla casa di Salerno, è consuetudine che lasci in eredità un bel
ricordo che lo caratterizza in
modo speciale. Padre Alex non
si è sottratto a questa tradizione,
perché da quando lui è arrivato
a Salerno la casa è sempre stata
piena di giovani.
Le iniziative in casa si sono
susseguite numerose, comprese
le belle mostre allestite che hanno coinvolto tanti istituti scolastici. Inoltre, in tutti questi anni
padre Alex ha lavorato come
cappellano all’università di Salerno. Ora il suo posto l’ha preso
p. Simone Piccolo.
Ad Alex diciamo: “Grazie,
perché sei venuto tra noi; da te
abbiamo imparato tante cose di
Dio. Per la tua nuova missione
in Thailandia, ti accompagniamo
con la nostra preghiera, sicuri
che il resto lo farà il Signore. Ricordarti di noi nelle tue preghie■
re. Buona missione!”.
La missione è dura per me
oggi anche per un altro motivo.
Sono chiamato a trasmettere un
messaggio, un annuncio - quello di Dio - che spesso contrasta con il mio essere. Limiti ed
errori rendono più difficile la
missione che Dio mi affida ogni
giorno. Pensando anche a questi
anni vissuti a Salerno, chiedo
scusa di non essere sempre stato
coerente con ciò che ho annunciato.
Perché la missione è bella
La missione riempie la vita.
Tante volte, in questi anni, mi
è capitato di confrontarmi con
i giovani sul senso della vita,
sull’importanza di fare delle
scelte che ci diano pienezza.
Questa pienezza io l’ho trovata
nella missione, nella partenza,
nell’accogliere la chiamata di
Dio non come un peso, ma come
un dono, una grazia, una sfida.
La missione è bella perché ci
fa scoprire di più la gioia di essere cristiani. Fin da piccolo mi
chiedevo: come fa una persona a
desiderare di andare in un posto
pieno di mille difficoltà, così diverso dal suo? Stare in Africa è
stato per me un motivo di grande
gioia; ma lo è stata anche l’esperienza qui a Salerno. Penso alla
vostra accoglienza, alla vostra
vitalità e alla condivisione di
tante esperienze. Il nostro stare
insieme, la realizzazione di tante
iniziative, lo spirito di famiglia,
dove piccoli e grandi, belli e
brutti, simpatici e meno simpatici stanno bene insieme, dove
c’è lo sforzo di non escludere
nessuno. “Fare del mondo una
sola famiglia” è un sogno che
qui, grazie alla presenza di tutti,
è diventato realtà.
Il “grazie” che si moltiplica
Ognuno di voi mi ha dato tanto; ognuno di voi a modo suo
mi ha accompagnato durante
l’avventura salernitana. Il mio
primo grazie va alla famiglia saveriana, di cui faccio parte. La
diversità di età e di pensiero non
ci ha impedito di fare comunità
e di vivere serenamente.
Ringrazio le saveriane, perché
in ogni famiglia ci vuole un tocco femminile. La presenza a Cava de’ Tirreni e la loro vicinanza,
rappresentano tanto per noi saveriani. Ringrazio gli ultimi arrivati della famiglia saveriana: i
laici. Siete stati per me una grande scoperta. Ammiro il vostro
impegno nelle parrocchie e nelle
vostre famiglie, dove cercate di
comunicare lo spirito missionario. Grazie a tutti i sacerdoti, ai
religiosi e alle religiose. In diversi ambiti, ho avuto modo di
confrontarmi, di condividere, di
arricchirmi con voi.
Il grazie più grande va ai giovani e giovanissimi. Grazie per esservi fidati di me. Avete aperto il
vostro cuore e mi avete comunicato umanità e affetto. È il tesoro
più grande che porto con me: le
vostre vite, le vostre sfide, i vostri
sogni e la vostra energia. Continuate il cammino di fede nelle
parrocchie, continuate ad arricchirvi con il cammino missionario in compagnia dei saveriani, e
credete sempre di più in voi. ■
UNA NEW ENTRY
E LA NUOVA MOSTRA
p. OLIVIERO FERRO, sx
Alla notizia della partenza di p. Alex,
c’è quella del nuovo arrivato nella comunità saveriana di Salerno: p. François Noah, proveniente dal Camerun. Il suo italiano è ancora un po’ incerto, ma la sua
simpatia è già immediata. Ecco le sue prime parole:
“Mi chiamo padre François. Vengo dal
Camerun, dove ho studiato filosofia. Poi
ho vissuto l’anno di noviziato a Kinshasa, in Congo. Ho studiato teologia negli
Stati Uniti e sono stato ordinato sacerdote in luglio. Sono stato inviato a Salerno per lavorare nell’animazione missionaria e vocazionale. Adesso sto studiando l’italiano. Sono contento di essere qui
e di lavorare a Salerno con i ragazzi e i
giovani”.
Padre François Noah, nuovo
volto dei saveriani di Salerno
Una seconda novità importante è l’allestimento della settima mostra interculturale, organizzata dal Centro di documentazione sulla
mondialità, in collaborazione con i missionari e i laici saveriani. La mostra, chiamata “Oi Dialogoi - Segni, Suoni e Parole”, è ospitata presso
i saveriani di Salerno, dal 1 marzo al 22 aprile 2012.
Il progetto prevede un ampio percorso interattivo, dedicato al tema delle lingue del mondo nelle sue dimensioni antropologiche, sociali, culturali, etiche e religiose. Durante il periodo di apertura si svolgeranno, inoltre, varie manifestazioni artistiche, culturali e ricreative,
legate al tema principale. La mostra sarà aperta alle scolaresche dal
lunedì al sabato dalle ore 9 alle 13.
Per informazioni, si può scrivere un messaggio al seguente indirizzo e-mail: [email protected]
2012 GENNAIO
22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15
Tel. 031 426007 - Fax 031 360304
E-mail: [email protected]
C/c. postale 267229; Banca Raiffeisen, Chiasso C/c.p. 69-452-6
TAVERNERIO
I ragionamenti dei missionari
Il corso di tre mesi nell’anno di san Guido
I
l corso di formazione e aggiornamento di tre mesi si è
appena concluso. Vi hanno partecipato missionari di otto nazionalità differenti che lavorano in undici
Paesi di missione. Ricorderemo
questo corso, perché si è svolto
nell’anno della canonizzazione
di san Guido Conforti. Lo ricorderemo anche perché è stato un
ulteriore “scampolo” di quella famiglia di Dio che abbraccia tutto il
mondo, auspicata da san Guido.
Il giorno della canonizzazione,
uno dei corsisti mi ha confidato:
“Partecipando a questa celebrazione mi sono reso conto che
Conforti è diventato santo perché
ha saputo ricominciare sempre
da capo, anche dopo le sorprese
non sempre lieti della vita”.
Neusarina e il dono di sé
Neusarina è una saveriana
p. LINO MAGGIONI, sx
nata e cresciuta a Barcarena, in
Amazzonia. È un piccolo villaggio, lontano da tante cose: dalla
città, dal supermercato, da una
chiesa. “Nel mio villaggio - dice - si celebrava una sola Messa
l’anno, nel giorno di san Francesco Saverio. Così voleva una tradizione antica di trecento anni,
inaugurata dai padri gesuiti”.
Neusarina aveva 16 anni quando altri missionari erano giunti
I partecipanti al corso di aggiornamento e formazione missionaria di “tre mesi”, edizione 2011, nella casa saveriana di Tavernerio
La bambina e il fratellino
Ciò che conta è salvare la vita umana
A
Tavernerio, Clementine,
ci ha commosso con il
racconto dell’assalto subito dalle saveriane, qualche tempo fa a
Luvungi, in Congo. Un terribile
mattino si trovarono costrette ad
abbandonare la missione, perché
i militari, scesi dalle montagne
che fanno da corona al popoloso
villaggio, stavano incendiando
le capanne della gente e saccheggiando anche l’ambulatorio
della missione.
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Un guizzo… felino
In quei momenti le saveriane
capirono una cosa sola: dovevano unirsi alle gente che scappava, per evitare gesti inconsulti
che, in quella situazione, avrebbero trasformato le violenze in
tragedia. Fra paura e tensione,
capitò qualcosa di imprevisto
che cambiò il senso delle cose.
Nel cortile della missione era
entrata una bambina che portava sulla schiena il fratellino più
piccolo di lei. Aveva camminato
tutta notte per sentieri di montagna, sospinta da un’idea che
le martellava in testa: “Devo
raggiungere l’ambulatorio delle
suore perché mio fratellino ha
una pallottola dentro il piedino”.
Il mattino precedente, infatti,
i soldati avevano portato scompiglio nei villaggi a monte. A un
certo punto avevano fatto irruzione nella capanna dove quella
bambina aveva trovato riparo insieme a sua madre, che portava il
fratellino sulla schiena. In un attimo, con un guizzo di quelli che
riescono solo ai bambini, si era
nascosta dietro la porta; da qui
La saveriana Clementine ha raccontato
la storia vera della bambina che ha
salvato il suo fratellino
a Barcarena, con l’intenzione di
fondarvi una missione. Fecero
delle riunioni di preghiera nelle
case della gente: “I miei genitori
furono tra i primi ad aprire loro
la porta di casa. Ma, più ancora,
decisero di donare una parte del
campo di famiglia per costruirvi
la chiesa. Il loro gesto mi colpì
al punto da pensare che se io non
avevo un terreno da regalare al
Signore, potevo però donare me
stessa.
Uscii di casa a ventidue anni e
bussai alla porta delle saveriane,
che conoscevo dalla mia prima
Comunione. Non avevo idea
di cosa volesse dire diventare
missionaria. Dopo tre anni sono
uscita dal mio paese per venire
in Italia. E ho appreso che andare in missione significa anche
dedicare tempo per imparare lingue che non si conoscono.
Purtroppo svanì la possibilità di
andare in Sierra Leone, dove alcune saveriane erano state sequestrate per 56 giorni, e in Congo, a
causa della guerra scoppiata nella
regione dove le missionarie lavoravano. Alla fine, ho capito che il
Signore mi aspettava nel deserto
del Ciad, dove mi hanno affidato
l’incarico di seguire le mamme,
catechiste dei loro bambini. Erano mamme buone, ma analfabete.
Potevano solo imparare a memoria il vangelo e il catechismo, e io
con loro. Mi sono sentita come
una bambina; e ho compreso che
Dio sta veramente in mezzo a noi
con la sua misericordia”.
Yakobus, fratello di tutti
Padre Yakobus Sriyatmoko è
nato nell’isola di Java, in Indonesia, il paese musulmano più
grande del mondo. Era professore di chimica e frequentava
la comunità cristiana. Una sera,
durante la novena a santa Teresa
del Bambin Gesù, il Signore gli
ha incendiato il cuore. Rivolgendosi alla santa ha detto: “Io sarò
tuo fratello”. Lei gli ha fatto incontrare i saveriani, l’ha aiutato
a lasciare lavoro e affetti; divenuto prete, l’ha accompagnato
nella missione in Camerun.
“Al primo impatto con gli
africani ho avuto l’impressione che la gente soffra per tanti
problemi, ma ha un grande desiderio di vivere. Ho deciso di
restare per donare speranza, non
attraverso il denaro, ma vivendo con la gente, condividendone gioie e sofferenze. Ma questo
non basta; devo condividere anche la fede, la speranza, l’amore
e tutto quello che anch’io ho ricevuto in dono.
Per me la missione è diventata
visitare le famiglie e i sofferenti.
Non potrò trovare le soluzioni a
tutti i loro problemi, ma quando
la gente si sente ascoltata, torna
a casa sollevata, ancor più incoraggiando tutti ad avere fiducia
nel Signore, che non ci abbandona mai.
Quando si è sparsa la voce che
avrei lasciato il Camerun, tanti
sono venuti a dirmi che per loro
■
io ero come un fratello”.
p. LINO MAGGIONI, sx
aveva sentito sparare due colpi.
E, mentre i soldati continuavano
a vociare in modo concitato, lei
era riuscita a raggiungere il vicino bananeto.
Una lezione importante
Là aveva trascorso la notte in
un’attesa interminabile. Al calare del sole si azzardò a rientrare
nella capanna. Sua madre era
supina, per terra, in una pozza
di sangue. Il fratellino era ancora vivo, tutto rannicchiato sulla
schiena della madre. La bambina
si rese conto di esser rimasta sola, senza più nessuno al mondo.
Aveva capito che toccava a lei
salvare la vita al fratellino.
Al vedere quella bambina, suor
Clementine abbandonò la fila dei
profughi e prese la strada verso
un ospedale distante 60 chilometri. Là il fratellino della bambina
fu curato. Tutti e due furono accolti in una delle tante famiglie
che, anche quando fuggono dalla
guerra, non dimenticano di salvare la vita degli altri.
Suor Clementine ha concluso
la sua testimonianza ricordando
che, quella mattina, una bambina congolese senza nome, le ha
insegnato che la cosa più importante è salvare la vita umana. ■
UN GRANO DI SALE
PER IL NUOVO ANNO
p. LINO MAGGIONI, sx
Ricordo il primo incontro con alcuni anziani della tribù dei bashi,
in Africa. “Padre, tu sei ancora giovane, ma è bene che sappia come è iniziata l’evangelizzazione qui in Congo. Verso la fine del 1800,
giunsero nella nostra regione due uomini di Dio. Provenivano dalla
Tanzania. Avevano camminato a piedi per 2.500 chilometri.
I due bianchi non diedero importanza al fuggi-fuggi generale che
aveva suscitato la loro comparsa. I due stesero le mani in avanti. Nel
palmo tenevano alcuni grani di sale. Seguirono momenti di disagio.
Poi, le capre si mossero per prime. Andarono a leccare le mani dei
due uomini di Dio. Dopo le capre, arrivarono i bambini, anche loro a
leccare i grani di sale. I bambini andarono a chiamare i genitori.
Padre, è grazie a un grano di sale che la gente oggi popola le nostre
chiese. È grazie a quel grano di sale che la chiesa in Congo ha religiose, preti e vescovi. Quel grano di sale è il seme dei numerosi martiri
della nostra chiesa. Voi, giovani missionari, non dovete dimenticare
che la nostra fede è come un grano di sale…”.
Queste parole mi sono tornate in mente vedendo il Papa in Africa per la visita in Benin, dove ha chiesto agli africani di insegnare anche a noi europei che la fede, quando è grande come un grano di sale, basta e avanza.
Papa Benedetto XVI stringe mani
durante la sua visita in Africa
2012 GENNAIO
VICENZA
36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119
Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376
E-mail: [email protected] - C/c. postale 13616362
Mi presento “ufficialmente”
A Vicenza, con la Madonna e padre Uccelli
C
on vero piacere approfitto
di questa opportunità per
salutare tutti voi, lettori e amici
di “Missionari Saveriani”. Molti
già mi conoscono, perché abbiamo avuto l’opportunità di farlo,
specialmente durante il pellegrinaggio a Roma per la canonizzazione del nostro grande santo
Guido Conforti. Ma mi hanno
detto che devo farlo anche “ufficialmente”, come “superiore”
della comunità saveriana a Vicenza. Ed eccomi a voi.
La Colombia, primo amore!
Il mio nome completo è Elio
Cosma, cittadellese. Ho una
buona età, giacché sono stato ordinato sacerdote nel 1963, a Parma, dal primo cardinale africano
Rugambwa, assieme ad altri 27
saveriani. Compiuto il tempo
della formazione, si sono aperte
davanti a me le porte del mondo
saveriano. Le prime esperienze
sacerdotali sono state in Spagna,
dove ho lavorato per 11 anni.
Sono stati tempi difficili e molto
attivi, ma belli, molto belli!
Nel gennaio del 1975 ho fatto
il grande balzo dell’oceano Atlantico, per iniziare l’esperienza saveriana nella nostra nuova
missione in Colombia. Sono
stati i primi passi con afro americani nel sud del Paese, nella
città di Buenaventura. Vi assicuro - giacché Gesù dice che non
conviene giurare - che è stata per
me un’esperienza molto bella: è
stato proprio quel “primo amore” che mi ha incantato!
Una matematica... elastica
Un giorno passò da quelle parti un nostro superiore in visita:
“cerco un saveriano come te”,
p. ELIO COSMA, sx
mi diceva. “In Messico i saveriani stanno iniziando l’animazione vocazionale con i giovani
e c’è bisogno di uno che possa
dare una mano, che conosca già
la lingua spagnola...”.
A dire la verità, non ci credevo
molto. Ma tra fratelli, fa sempre
bene darsi una mano. L’unico inconveniente è stato il seguente:
l’esperienza in terra messicana
avrebbe dovuto durare tre, al
massimo quattro anni. Invece è
durata ben 31 anni! Nel regno
di Dio i progetti e la matematica
contano, e come! Ma sono sempre piuttosto elastici...
Da un anno e mezzo mi trovo
in Italia e da pochi mesi sono
qui a Vicenza, sotto lo sguardo
della Madonna di Monte Berico e all’ombra dei resti mortali del “servo di Dio” p. Pietro
Uccelli: per me è davvero una
Dal Saverio al santo Natale
Immagini di un dicembre “super”!
p. LUCIANO BICEGO, sx
Padre Elio Cosma, “nuovo” superiore dei saveriani di Vicenza, incantato dai presepi
cosa straordinaria!
Tante belle attività
Vi dico questo perché, quando
il nostro superiore in Italia mi ha
proposto di venire a Vicenza, la
Madonna e padre Uccelli sono
state le prime cose a occupare la
mia mente e a rallegrare il mio
cuore. Nel lontano 1949, infatti,
iniziai la mia avventura saveriana proprio qui a Vicenza, dove
viveva l’anima bella di padre
Uccelli, che godeva di quell’impressionante alone di simpatia e
di venerazione.
E ora? Qui ho trovato l’ambiente della mia terra natale, una
comunità di confratelli piuttosto
anziani, ricchi di esperienza e
simpatia. Certo, la casa ha perso
la vivacità di un tempo: le risate,
gli schiamazzi, le corse. Sono
subentrati gli acciacchi, ma c’è
movimento: ci sono tanti gruppi di giovani e anche di persone
con “gioventù accumulata”, tutti
con interessi missionari. E quindi non mancano le riunioni, gli
incontri, le assemblee, anche se
sento che tutto ciò non sembra
più essere “pane per i miei denti”, come lo era una volta.
La cosa straordinaria che più
mi meraviglia è la mostra dei
presepi, che abbiamo vissuto
dal 20 novembre: non avrei mai
immaginato uno spettacolo così
singolare e unico per originalità,
provenienza e splendore: tanti
modelli, veramente belli, per
non dire splendidi!
Da tutto questo, pur non avendolo ancora detto, avrete capito
che io qui a Vicenza mi trovo bene: sono contento e spero di poter essere utile, finché il cerchio
■
non si chiude.
FESTA DEI BAMBINI VICENTINI
Attorno al presepio missionario
Per la giornata missionaria sacerdotale abbiamo avuto ospiti il vescovo mons. Pizziol e alcuni
sacerdoti della diocesi; insieme abbiamo riflettuto sulla missione, ispirati anche dal bell’esempio
del nostro fondatore san Guido Conforti.
Natale ha sempre qualcosa di
magico; ancor di più i presepi
in mostra dai saveriani
di Vicenza che piacciono
sempre a grandi e piccini.
p. LUCIANO BICEGO, sx
Molte scolaresche sono venute nella casa dei missionari saveriani
a Vicenza per visitare la mostra dei presepi. In tanti si sono portati
a casa il “pozzo magico”, in cui collocare i propri risparmi, fatti nel
periodo di Avvento e Natale per aiutare i bambini del Messico.
Domenica 15 gennaio, è prevista la festa dei bimbi attorno a Gesù
Bambino. Nel pomeriggio, iniziando alle ore 15, assieme ai re magi
e agli zampognari, i bambini porteranno il loro piccolo presepio con
i doni alla culla di Gesù. Poi, vivremo un pomeriggio missionario con
un’estrazione a premi adatta ai bambini e una rappresentazione di
burattini, oltre a canti e filmati con immagini della vita della gente
in Messico.
Concluderemo così la nostra mostra del “presepio missionario”, che
anche quest’anno ha avuto numerosissimi visitatori.
I presepi sono così belli che c’è da
rimanere… a bocca aperta!
8
Bambini di una scuola elementare vicentina con il presepio-salvadanaio
2012 GENNAIO
ZELARINO
30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16
Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410
E-mail: [email protected] - C/c. postale 228304
Zelo missionario a tutto campo
La festa del Saverio con le parole di san Guido
C
on la partecipazione di una
trentina di sacerdoti della
diocesi di Venezia e parrocchie
limitrofe, martedì 6 dicembre
abbiamo celebrato la festa di san
Francesco Saverio. Erano presenti anche alcuni membri del
Gams (Gruppo amici missionari
saveriani). Ha presieduto la celebrazione Eucaristica don Danilo
Barlese, moderatore di curia del
patriarcato, l’autorità maggiore
in attesa del nuovo patriarca di
Venezia.
Un atteggiamento profetico
Don Danilo ha ricordato che
veniva dai saveriani fin dalle elementari, per una partita a pallone
o per un ritiro spirituale. Quando
la struttura principale passò alla
curia, fu il primo a portarvi l’ufficio della pastorale giovanile, di
cui era responsabile. Ha ringraziato i saveriani per il ministero
che svolgono in diocesi, in aiuto
ai parroci, e si è augurato che la
collaborazione continui per tanti
anni ancora.
Nell’omelia ha voluto commemorare il nuovo santo Guido
Maria Conforti, che leggendo la
vita di san Francesco Saverio ha
tratto ispirazione per la sua vocazione missionaria e poi per la
fondazione dell’istituto “Saveriano”. Nel breve accenno agli
avvenimenti più importanti della
vita di san Guido, don Danilo ha
sottolineato la sua attività come
primo presidente dell’Unione
missionaria del clero, fondata
dal beato p. Paolo Manna, per
attivare lo zelo missionario nei
sacerdoti. Profetico è stato anche il suo atteggiamento per cui
p. FRANCO LIZZIT, sx
si sentiva pastore non solo della
propria diocesi, ma del mondo
intero: un atteggiamento che deve essere vissuto da ogni sacerdote, anzi da ogni cristiano.
“Cristo in tutti e tutto”
Citando poi gli scritti di san
Guido, don Danilo ha sottolineato alcuni aspetti della sua spiritualità e del suo insegnamento.
In omnibus Christus, è il motto
del suo episcopato: amore di
Cristo per noi e il nostro amore
per lui. Ecco le citazioni tratte
dalla lettera pastorale sul Sacro
Cuore: “Il suo Cuore dolcissimo
ha voluto provare tutti gli affetti
e i sentimenti del cuore umano,
ha voluto sperimentare tutte le
nostre miserie e tutti i nostri bisogni... Nella sua vita, nei suoi
atti, nelle sue parole, tutto spira
La cerimonia di “adesione”
Azione cattolica per evangelizzare il mondo
cattolica italiana è
L’ Azione
la più antica, ampia e dif-
fusa tra le associazioni laiche
in Italia. Si suddivide in varie
branchie, per età, lavoro, qualifica… Attualmente conta circa 400mila soci e, secondo i dati emersi da alcune ricerche della Conferenza episcopale italiana, alle sue attività partecipano
complessivamente ogni anno oltre un milione di cattolici italiani, donne e uomini.
Il Signore chiama anche te
Nella festa dell’Immacolata Concezione i membri rinnovano la loro adesione: un “sì”
al Signore che “chiama anche
te”, come suona il tema dell’anno 2012. È bello ed emozionante
assistere alla cerimonia: vedere
la serietà e l’impegno con cui ragazzi delle elementari, mamme e
papà di famiglia, ma anche nonni e nonne, recitano la formula e
firmano la tessera.
Se chi vi assiste, poi, è un
missionario, vede tanti collaboratori e collaboratrici alla mis-
sione dell’evangelizzazione del
mondo.
Difatti l’Azione cattolica è nata per evangelizzare: l’annuncio
di Cristo come l’unico Salvatore del mondo è il “pensiero fisso” che anima la sua preghiera,
motiva la sua azione, qualifica la
sua formazione. E come un tempo si è fatta carico della cura della fede di quanti avevano compiuto una scelta di vita cristiana, oggi essa intende farsi carico della non fede o della fede incerta di tanti.
Tre importanti consegne
Risuonano poi le chiare parole
che il beato papa Giovanni Paolo
II aveva detto a Loreto il 5 settembre del 2004: “Carissimi, vi
invito a rinnovare il vostro “sì” e
vi affido tre consegne. La prima
è “contemplazione”: impegnatevi a camminare sulla strada della
santità, tenendo fisso lo sguardo
su Gesù, unico Maestro e Salvatore di tutti.
La seconda consegna è “comunione”: cercate di promuo-
p. FRANCO LIZZIT, sx
vere la spiritualità dell’unità con
i pastori della chiesa, con tutti i
fratelli di fede e con le altre aggregazioni ecclesiali. Siate fermento di dialogo con tutti gli uomini di buona volontà.
La terza consegna è “missione”: portate da laici il fermento del vangelo nelle case e nelle scuole, nei luoghi del lavoro
e del tempo libero. Il vangelo è
parola di speranza e di salvezza
per il mondo”.
San Guido Conforti istituì
e promosse l’Azione cattolica
nella diocesi di Parma e ne difese con forza e determinazione
i membri aderenti, angariati dalla gioventù fascista, solo perché
portavano il distintivo dell’AC,
denunciando alle alte autorità
i responsabili di tali “abusi” di
identità cristiana.
Dal mio cuore missionario sale una preghiera: l’adesione di
tante persone - donne e uomini diventi un “sì” totale e per sempre a servizio dell’evangelizza■
zione nel mondo.
Ragazzi e giovani dell’Azione cattolica di San Liberale
di Marcon (VE) dopo la loro “adesione”
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Don Danilo Barlese, rappresentante del patriarcato di Venezia, ha celebrato la giornata
missionaria sacerdotale con i saveriani
di Zelarino e i sacerdoti della diocesi
dolcezza e bontà. Le sue preferenze sono per i poveri, perché
soffrono; le sue delizie sono
stare in mezzo ai fanciulli, che
accarezza e benedice perché puri
ed innocenti”.
Ed ecco quale deve essere la
risposta a questo amore: “Non
basta che l’immagine del Cuore
adorabile di Gesù campeggi sulle pareti delle nostre abitazioni,
aleggi nelle nostre famiglie e
domini, in tutti i membri che le
compongono, il suo spirito vivificante, che è spirito di amore,
purezza, operosità, sacrificio,
giustizia, concordia e pace. E
tutto questo perché il regno di
Dio deve trovarsi innanzi tutto
dentro di noi”.
Per una vita di fede
Parlando della fede, il santo
vescovo così scriveva in una lettera pastorale: “Una fede, perché
sia degna di questo nome, deve
informare i pensieri, gli affetti e
le opere di chi la professa. Non
basta credere, ma bisogna vivere
in conformità della propria fede,
interrogarla in tutti gli incontri,
in tutte le contingenze della vita
e regolarsi, non secondo l’andazzo del tempo, ma secondo i suoi
insegnamenti, con la persuasione
di seguire la verità e di praticare
la giustizia”.
E infine l’esortazione all’imitazione di Gesù, valida non solo
per i saveriani, ma anche per i
sacerdoti e per tutti i fedeli: “Vivremo di questa vita di fede se in
tutte le contingenze terremo Cristo innanzi agli occhi della nostra
mente, ed egli ci accompagnerà
dovunque... E in tutto prenderemo da lui ispirazione, in modo che le nostre azioni esteriori
siano la manifestazione della vita
interiore di Cristo in noi”.
La concelebrazione della santa Mensa ha contribuito ad approfondire i legami di amicizia e stima
con i sacerdoti e con tutta la diocesi, per una migliore collaborazione
■
nel campo missionario.
UN GRANO DI SALE
p. LINO MAGGIONI, sx
Ricordo il primo incontro con alcuni anziani della tribù dei bashi,
in Africa. “Padre, tu sei ancora giovane, ma è bene che sappia come è iniziata l’evangelizzazione qui in Congo. Verso la fine del 1800,
giunsero nella nostra regione due uomini di Dio. Provenivano dalla
Tanzania. Avevano camminato a piedi per 2.500 chilometri.
I due bianchi non diedero importanza al fuggi-fuggi generale che
aveva suscitato la loro comparsa. I due stesero le mani in avanti. Nel
palmo tenevano alcuni grani di sale. Seguirono momenti di disagio.
Poi, le capre si mossero per prime. Andarono a leccare le mani dei
due uomini di Dio. Dopo le capre, arrivarono i bambini, anche loro a
leccare i grani di sale. I bambini andarono a chiamare i genitori.
Padre, è grazie a un grano di sale che la gente oggi popola le nostre
chiese. È grazie a quel grano di sale che la chiesa in Congo ha religiose, preti e vescovi. Quel grano di sale è il seme dei numerosi martiri
della nostra chiesa. Voi, giovani missionari, non dovete dimenticare
che la nostra fede è come un grano di sale…”.
Queste parole mi sono tornate in mente vedendo il Papa in Africa per la visita in Benin, dove ha chiesto agli africani di insegnare anche a noi europei che la fede, quando è grande come un grano di sale, basta e avanza.
Papa Benedetto XVI stringe mani
durante la sua visita in Africa