la totale consacrazione a gesù dei laici nel sacramento dell`amicizia
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la totale consacrazione a gesù dei laici nel sacramento dell`amicizia
“LA TOTALE CONSACRAZIONE A GESÙ DEI LAICI NEL SACRAMENTO DELL’AMICIZIA” Incipit L’Amicizia, un legame empatico fra diversi, elemento essenziale dell'amore. Per gli antichi, l'amicizia era il più felice degli affetti umani, coronamento della vita e scuola di virtù. L'amicizia è il meno naturale degli affetti, il meno istintivo, organico, biologico, gregario e al tempo stesso indispensabile. L'amicizia è il meno geloso degli affetti. E' un sentimento difficile non capibile da chi non l’ha sperimentato. L'amicizia è un sentimento d'impronta ascetica. Unica tra tutti gli affetti, essa sembra innalzare l'uomo al livello degli dei, o degli angeli. Con l'amicizia Dio ci apre gli occhi sui fratelli e ci dona di apprezzarli in tutte le loro qualità . 1 .Amicizia: icone bibliche Grande rilievo ha quindi l’amicizia nella Bibbia . «L'amico fedele non ha prezzo» (Eccli 6,15 s.; 7,18), perché « ama in ogni tempo» (Prov 17,17), rendendo la vita deliziosa (Sal 133; Prov 15,17). Come dimenticare la meravigliosa amicizia che, scaturita spontaneamente, unì David e Gionata (1 Sam 18,14), perdurò nella prova (1 Sam 19 - 20), fino alla morte (2 Sam 1,25 s), e sopravvisse nella memoria del cuore (2 Sam 9,1; 2l,7)? Ora, se esistono simili amicizie, ce ne sono pure delle illusorie. Perché i ricchi hanno tanti amici, e così pochi i poveri, gli ammalati, i perseguitati (Prov 14,20; cfr. Sal 38,12; 55,13 s; 88,19; 109,4 s; Giob 19, 19)? Perché «colui che divide il mio pane alza il calcagno contro di me» (Sal 41, IO)? Queste dolorose esperienze insegnano ad essere prudenti nella scelta degli amici, tanto che talvolta conviene diffidare (Eccli 6,5-13; 12,8- 13,23; 37, 1-5). Anche se sincera (Giob 2,12 s), l'amicizia non può essere forse deludente (Giob 6,15-30), ed anche trascinare al male (Deut 13,7; Eccli 12,14; cfr. 2 Sam 13,3-15)? Anche l'amicizia guadagna invecchiando: « Vino nuovo, amico nuovo; se è invecchiato, lo berrai con gioia» Eccli. 9, l0); apprezza il rimprovero aperto (Prov 27,5 s); soprattutto si alimenta con il timore di Dio: «Chi teme il Signore si fa dei veri amici, perché quale si è, tale è l'amico che si ha » (Ecdi 6,16s). Di fatto il modello e la sorgente della vera amicizia è l'amicizia che Dio stringe con l'uomo, con un Abramo (Is 41,8; Gen 18,17 ss), un Mosè (Es 33,11), con i profeti (Am 3,7) Inviando il Figlio suo in mezzo a noi, Dio s'è mostrato « amico degli uomini» (Tito 3, 4); e Gesù lo ha descritto come colui che si lascia incomodare dall'amico importuno (Lc 11,5-8). 1 Soprattutto, "Gesù ha dato a questa amicizia un volto di carne: ha amato il giovane ricco (Me 10,21), ha amato teneramente Lazzaro e, attraverso di lui, tutti colore che per mezzo della fede dovevano risorgere dalla tomba (Gv 11,3. 11. 35 s). Ebbe dei «compagni» che condivisero la sua esistenza (Mc 3,14), ma non tutti divennero suoi « amici» (gr. fìlos); così Giuda è ancora chiamato« compagno» (Mt 26,50; cfr. 20,13; 22,12), mentre agli altri discepoli Gesù dichiara: « Non vi chiamo più "servi, ma amici » (Gv 15, 15): essi hanno condiviso le sue prove, sono pronti ad affrontare la notte della passione (Le 22,28 s); Gesù quindi comunica loro i segreti del Padre suo (Gv 15,15), come tra amici. Il tipo dell'amico di Gesù, fedele fino alla croce, è «il discepolo che Gesù amava» (cfr. Gv 13,23; 21,7.20) e che affida alla propria madre (19,26). Coloro che il Signore ha scelto come amici non possono mancare di sentirsi legati tra loro da amicizia. Certo, non senza tempeste: così Paolo, unito ai fratelli da tanti solidi legami (cfr. Rom 16,1-16) e così preoccupato in ogni occasione di tutto quanto li riguarda (cfr, 1 Tess 2,712; 2Cor.11,28s), incontra serie difficoltà con Barnaba (Atti 15,36-39); addirittura con Pietro stesso (Gal 2, 11-14); al tramonto della vita, si sentirà quasi solo, privo di ogni amicizia (2 Tim 4,9-14). Ma al di là di queste crisi, permane la certezza che la volontà del Signore è l"'amore fraterno tra i suoi (Gv 15,12 ss); l'immagine dell'amicizia che regnava nella comunità primitiva (Atti 2,44 ss - 4, 32) resta per tutti i cristiani un ideale e una forza. L'amico dello sposo. Le usanze del "matrimonio in Israele comportano la presenza di un «amico dello sposo », incaricato di preparare l'incontro nuziale e di servire da intermediario tra i fidanzati fino al momento delle nozze, quando presenta allo sposo la sua giovane moglie. Si ritrovano allusioni a questa usanza nei testi in cui il Signore viene descritto come lo sposo di Israele. Essere suo amico, è compito del profeta, che canta nel dolore l'infedeltà della sposa (1s 5, 1-7). È inoltre la parte che spetta a Giovanni Battista, che prepara gli uomini all'incontro con il Signore, poi si ritira, pago della loro gioia reciproca (Gv 3,28 ss). È infine la funzione di Paolo che « fidanza» la comunità di Corinto con Cristo (2 Cor. 11,2); ma più tardi, riprendendo l'immagine, l'apostolo si renderà conto che in effetti è lo Sposo ad avere tutta l'iniziativa egli «presenta a se stesso» la sposa, che può piacergli solo a condizione che lui stesso prima la colmi di tutti i suoi doni (Ef 5,27): lo Sposo svolge quindi personalmente le funzioni che un tempo spettavano all'«amico». 2. Una sacramentalità diffusa L’amicizia diventa il modo scelto da Dio per comunicare la verità, il mistero. IL CRISTO SACRAMENTO PRIMORDIALE, segno e strumento dell’amicizia fra Dio egli uomini. L'incontro col Cristo terrestre come sacramento dell'incontro con Dio La definizione dogmatica di Calcedonia, secondo la quale il Cristo è «una persona in due nature », implica che una sola e medesima persona, il Figlio di Dio, ha assunto anche una forma concreta umana. 2 Il Cristo è Figlio di Dio anche nella sua umanità. La seconda Persona della Santissima Trinità è personalmente uomo; e quest'uomo è personalmente Dio Il Cristo è Dio in maniera umana. In quanto uomo, egli vive la sua vita divina nell'umanità e secondo l'umanità. Tutto ciò che egli fa come uomo è atto del Figlio di Dio, atto di Dio in manifestazione umana, traduzione e transposizione di attività divina in attività umana. Il suo amore è la forma umana dell'amore redentore di Dio. Questa umanità di Gesù è voluta concretamente da Dio come l'adempimento delle sue promesse di salvezza, è una realtà messianica. Questa intenzione redentrice, messianica, dell'incarnazione implica che l'incontro tra Gesù e i suoi contemporanei fosse sempre, da parte sua, proposta di grazia sotto una forma umana. L'amore dell'uomo Gesù è, in effetti, l'incarnazione umana dell'amore redentore di Dio, una venuta dell'amore di Dio in forma visibile. E poiché questi atti umani di Gesù sono atti di Dio - cioè atti personali del Figlio di Dio in una forma umana - essi posseggono una forma divina di salvezza, sono salutari, «causa di grazia ». Benché ciò sia vero per ogni atto specificamente umano del Cristo, è vero soprattutto per quegli atti che, sebbene operati in una forma umana, sono tuttavia per loro natura esclusivamente atti di Dio: i miracoli e la redenzione. Ed è quindi particolarmente vero, sullo sfondo di tutta la vita umana di Gesù, dei suoi grandi misteri: la passione, la morte, la resurrezione, l'elevazione presso il Padre. Vi è di più. Gli atti di salvezza dell'uomo Gesù, essendo posti da una persona divina, hanno una forza divina di salvezza; ma, poiché questa forza divina ci appare sotto una forma terrena, visibile, gli atti salutari di Gesù sono sacramentali. Sacramento» significa infatti dono divino di salvezza in e attraverso una forma esteriormente tangibile, costatabile, che concreta il dono: un dono di salvezza in forma storica visibile. Il Figlio di Dio è divenuto realmente uomo, cioè uno spirito umano che abita in forma visibile nel nostro mondo per mezzo di una corporeità che gli è propria. L'incarnazione della vita divina implica dunque aspetti corporali. Qui dobbiamo notare che ogni rapporto interumano, ogni contatto degli uomini tra loro si compie per mezzo della corporeità. Ogni influenza spirituale di un uomo su un altro implica per sua natura un incontro per mezzo del corpo. La vita interiore dell'uomo si manifesta come una realtà che è in questo mondo per mezzo della corporeità e in essa. Per mezzo del corpo e nel corpo un uomo si apre verso l'esterno, si rende presente al suo simile. L'incontro umano si compie dunque per mezzo della presenza visibile del corpo, che è un segno che al tempo stesso nasconde e svela l'interiorità umana. Se dunque l'amore umano e tutti gli atti umani di Gesù possiedono una forza divina redentrice, la manifestazione umana di questa forza comporta un aspetto di visibilità concreta di questa salvezza: in altri termini, la sacramentalità. L'uomo Gesù, manifestazione terrestre personale della grazia redentiva divina, è il sacramento, il sacramento primordiale, perché quest'uomo, Figlio di Dio, è voluto dal Padre come l'unica via d'accesso alla realtà della salvezza. 3 «Perché vi è un solo Dio, ed anche un solo mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo». Per i contemporanei di Gesù l'incontro con lui era un invito all'incontro personale col Dio vivificante, poiché quell'uomo era personalmente il Figlio di Dio. L'incontro umano con Gesù è il sacramento dell'incontro con Dio, o della vita religiosa come rapporto esistenziale teologale con Dio. Gli atti salutari umani di Gesù sono « segno e causa di grazia». « Segno » e « causa» di salvezza non sono qui giustapposti come due elementi estranei l'uno all'altro e riuniti per caso. Antropologicamente - in una identità inadeguata - la corporeità umana è l'interiorità umana stessa in una manifestazione visibile. Poiché la forza interiore della volontà salvifica e dell'amore umano di Gesù sono la forza salvifica di Dio stesso in una forma umana, gli atti salutari di Gesù sono il dono divino in una manifestazione umana, visibile, cioè producono quello che significano. Sono sacramenti . 3. Il Corpo di Cristo, la Chiesa, i cristiani, chiamati ad essere segno tangibile ed efficace di questa amicizia salvifica fra Dio e gli uomini . Affermava doN Piero "Ritengo l'amicizia uno speciale sacramento, istituito da Gesù con le parole: "Amatevi l'un l'altro come io ho amato voi. In questa formula vi è l'abisso, nel quale gettare il nostro sguardo attento e impegnato". Se i vincoli giuridici dell'Associazione garantiscono l'unità delle persone davanti alla legge, la vera vitalità della Comunità "sta nel reciproco amore dei suoi membri: un amore attinto alla Caritas Dei " Ed ancora diceva: Dove ho appreso l'amicizia? Gettandomi a perdita di cuore negli abissi del mistero dei Tre. "Tutto è partito dal mio innamoramento verso la Santissima Trinità". Don Piero invita ancora oggi gli amici a far crescere quotidianamente l'amicizia, guardando al sommo Modello della SS. Trinità: "I tre Personaggi, che Abramo accolse mentre erano di passaggio accanto alla sua tenda, gli offrirono il segreto dell'amicizia". La Trinità è quindi Fonte di ogni energia che alimenta e dà forma all’impegno personale di edificazione del legame amicale, perché "L'amicizia è da un lato dono di Dio, dall'altro è conquista da parte delle persone che intendono realizzarla". Nella misura in cui gli amici avvincono lo sguardo alla Trinità, si realizza l'armonico comporsi di "unità nella diversità", senza creare "confusione di personalità" in quell'amore che sa "unire senza sciupare l'originalità". Infatti “Somigliare alla Santissima Trinità è il nostro quotidiano impegno, perché le Tre Divine Persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, sono causa e modello dell’unità di natura e di pluralità delle espressioni personali”. L’uomo non è solo conoscenza concettuale ma ancora prima e insieme è conoscenza simbolica. Affermano, sempre più concordemente le scienze umane dopo le prime intuizioni di R. W. Sperry, che l’uomo recepisce i messaggi che gli provengono dall’esterno attraverso il proprio cervello che funge da terreno ove grazie all’intelligenza germinano quelli che poi saranno vere e proprie conoscenze. 4 Questo terreno, che capta e assorbe, i messaggi che lo raggiungo ha per così dire una struttura stereofonica, ovvero recepisce attraverso due emisferi: l’emisfero destro per i messaggi simbolici-qualitativi, il sinistro per le informazioni concettuali-quantitative. Essi insieme permettono all’uomo grazie alla sua intelligenza, di decifrare i vari messaggi che gli giungono e a sua volta, se necessario, di rispondere, di comunicare. L’uomo è quindi simbolo e concetto. L’emisfero destro del cervello (quello della via simbolica per intenderci) aiuta la persona a decifrare le immagini, la musica, gli effetti sonori, la spazialità, le emozioni, l’immaginazione, l’inconscio, i segni, i legami analogici. L’emisfero sinistro del cervello (quello della via concettuale per intenderci) permette all’uomo la recezione di concetti, di astrazioni, di universali, di sequenze lineari, di relazioni parole-logica e quindi grazie alla parola, della scrittura e delle nozioni. L’uomo quindi conosce e elabora il suo pensiero in modo articolato e complesso e grazie a ciò decifra i molti messaggi che riceve attraverso una molteplicità di linguaggi. I LINGUAGGI DELLA COMUNICAZIONE La comunicazione di modulazione Nella comunicazione di modulazione: 1. Ascoltare viene prima del parlare. Attenzione e recettività sono inerenti all’espressione. 2. Essere insieme prevale sulle differenze e sui punti di vista. Comunicare non significa parlare, ma partecipare. 3. Si comunicano in primo luogo il nostro essere, il nostro corpo, la nostra vitalità, la nostra storia, la nostra percezione del mondo e delle cose del mondo ovvero il ground (ciò che dà alle realtà il loro posto e il loro valore): insomma si comunica la musica più che le parole. È questa la modulazione. 4. Il il ritorno, la risposta è una reazione globale da persona a persona, o da persona a gruppo: adesione, indifferenza o rigetto. Più in generale verrà manifestato con rispetto e simpatia, allo scopo di mantenere i buoni rapporti e l’unità d’insieme. Ciò che unisce è più importante di ciò che distingue e separa. La comunicazione di modulazione è quindi un complesso di vibrazioni dotate di intensità e di altezze diverse, di ritmi e di armoniche particolari. È la comunicazione della mamma al bambino ancora incapace di esprimersi con parole, ma non per questo incapace di comprendere: prova ne è il fatto che questa prima comunicazione ricevuta resterà impressa nel suo cuore per tutta la vita. È in altre parole, la comunicazione che viene dal “calore” che si percepisce in una famiglia unita; è il messaggio che si riceve da comunità aventi legami ben stretti fra loro. Di questa forma particolare di comunicazione era ben ricco l’antico “catecumenato sociale” ove gli adulti trasmettevano alle nuove generazioni un naturale senso di appartenenza alla Chiesa. È questa la forma di comunicazione privilegiata dai grandi raduni giovanili, sia dai concerti rock che dagli incontri mondiali dei giovani promossi dal Santo Padre. La comunicazione alfabetica Nella comunicazione alfabetica: 1. Parlare è più importante che ascoltare. 5 2. Il linguaggio predominante è quello dei vocaboli che finiscono in un discorso orale o scritto. Tale discorso, determinato dal codice alfabetico fenicio, contraddistingue la comunicazione mediante il rigore, il ragionamento, l’astrazione, la scelta di punti di vista particolari. 3. Ciò che viene anzitutto comunicato sono idee e dottrine sistematiche, leggi e formule, codici ed emblemi. L’aspetto separatore e astratto dell’alfabeto fenicio rende necessario un moltiplicarsi di ideologie, con ambiti nettamente differenziati, con definizioni di scopi e di gruppi di interesse. 4. Il ritorno (feed-back ) consiste anzitutto in uno scambio di vocaboli e di idee su punti precisi. Il bisogno di reagire e di distinguersi prevale sul bisogno di unirsi. Difesa e combattività, presa di parola e concorrenza sono le parole-maestre che caratterizzano il feed-back della comunicazione alfabetica. Pertanto per comunicazione alfabetica si intende una comunicazione contraddistinta da astrazione, rigore, logica razionale determinata dal modello sotteso all’alfabeto fenicio. Visti i due principali schemi di linguaggio (quello alfabetico e quello di modulazione), soffermiamo ora la nostra attenzione su altri due modelli di comunicazione profonda, che per una comunicazione spirituale sono ancora più importanti. La comunicazione di amicizia Nella comunicazione di amicizia: 1. Il movimento della comunicazione nasce da un’inclinazione personale, che in ultima analisi sfugge a ogni necessità, ma si fonda su complementarietà e interessi comuni. 2. Lo scambio avviene fra partners uguali, anche se generalmente uno è più attivo dell’altro. I ruoli di emittenti, riceventi e feed-back si confondono, immersi in un clima di interesse e di reciproca benevolenza. 3. Essenzialmente ci si comunica qualcosa che stimola a esistere e a vivere, in forza di uno scambio di qualità che interessano l’essere o l’avere. I linguaggi sono diversi, dalle parole agli atti e ai doni. Generalmente hanno un carattere affettivo, magari sentimentale. 4. Quanto più l’inclinazione è profonda, tanto più relativizza il possesso di beni individuali e di ambiti definiti, sino alla condivisione dei corpi. È la forma di comunicazione che fa da contrappeso alla civiltà dei computer. Afferma Megatrends: “Ogni volta che una nuova tecnica viene introdotta nella società, dev’essere controbilanciata da una risposta umana, altrimenti la tecnologia finisce coll’essere rifiutata. Più alta è la tecnologia e più intensa dev’essere la risposta umana” 1. Per questo motivo oggi, in una società sempre più tecnologica e mass-mediale, il bisogno di amicizia si fa sempre più forte, al punto che si può dire che i piccoli gruppi ove la comunicazione di amicizia può più fattivamente avvenire, hanno sicuramente più futuro delle grandi aggregazioni massificanti o comunque impersonali. La comunicazione di spirito Nella comunicazione di spirito: 1. Il punto di partenza è una rivelazione dell’essere profondo di ciascuna persona. Esse hanno l’intuizione di capirsi e di condividere nell’identico modo le stesse ragioni di vivere e le stesse opzioni fondamentali. 1 Cf Naisbitt John, Megatrends, Warner Books, 1984, pp. 35-52. 6 2. Generalmente la comunicazione di spirito si radica nelle affinità, cioè nelle complementarietà fra uomo e donna, fra padre e figlio, fra persona e persona ma insieme le supera. 3. Ciò che si comunica non è anzitutto un insieme di informazioni o di aiuti psicologici, ma fondamentalmente la visione che uno ha di sé, le sue domande e i suoi problemi insolubili, le sue paure e prese di posizione, le sue speranze e motivazioni essenziali. In quanto comunicazione da essere a essere, suppone da parte di chi la vive l’accettazione delle profonde povertà dell’altro. 4. In termini di reazioni quantificabili, la risposta è spesso minima e può prevalere il silenzio. In compenso, è massimo in termini di intesa interiore, di percezione di essere capiti profondamente e stimati per quello che si è. Questa comunicazione porta la persona a sentirsi valorizzata e a divenire sempre più ricca di interessi e di azione. 5. Si constata l’apparizione di organismi particolari o famiglie di spirito ( movimenti , gruppi ) che agiscono come fermento della società. Con la sua novità e libertà, questa comunicazione determina vivaci reazioni di attrattiva o di ripulsa. È la comunicazione più alta. Non è facile distinguere fra comunicazione di amicizia e comunicazione di spirito tanto le due sono generalmente intrecciate . E’ però vero che la comunicazione di spirito non nasce se non è preceduta e accompagnata da una comunicazione di amicizia. È una forma di comunicazione essenziale per dire la fede. 4. IN UNA SOCIETÀ DALLA CULTURA SENSITIVA L’ESPERIENZA DELL’AMICIZIA DI DIO E DEI FRATELLI Oliver Clement, teologo ortodosso , ha affermato: “Oggi ai giovani bisognerebbe cambiare l’ordine tradizionale delle tre tappe della vita spirituale, bisognerebbe cominciare con la via illuminativa. Aiutarli a lungo a scoprire le meraviglie della presenza di Dio nelle realtà della terra... Rendere sensibile la bellezza, la vita, il senso delle cose...” 1 . Rendere sensibile la bellezza, educare a cogliere la bellezza, è educare a partecipare alla gioia di ciò che è orientato alla pienezza. Afferma a questo proposito P. Babin: “Come definire allora la bellezza senza parlare in qualche modo di Dio? Sorgente irraggiungibile. Itinerario e patria di tutto ciò che sussiste e progredisce. Di conseguenza, rivelare la bellezza vuol dire rivelare il substrato degli esseri e delle cose, i legami essenziali che li uniscono. Vuol dire rivelare che tutte le cose sussistono nella fecondità e in un’unità dinamica in forza della presenza misteriosa del Dio Creatore e Salvatore. I Padri orientali dicevano: in ogni cosa, in ogni essere, in ogni situazione, vi è un “logos di Dio”, cioè una parola, una ragione, un atto di sapienza che Dio ci rivela. Scoprire la Bellezza vuol dire decifrare questa Parola di Dio che è già presente e vuol giungere alla realizzazione (...).Scoprire la bellezza degli esseri vuol dire cogliere il rapporto fra tali esseri e l’immagine di Dio iscritta misteriosamente in loro 2. “ Si tratterà quindi di illuminare tramite l’esperienza mistica la razionalità occidentale, questo sforzo di illuminazione trova la sua segreta origine nella tradizione esicasta che 1 2 Cf O. Clement, Cassette Novacom, 1984. Cf Pierre Babin “La catechesi nell’era della comunicazione”, LDC, pagg. 99-100. 7 predicava l’unificazione dell’intelligenza e del cuore quale centro più centrale in cui l’uomo allo stesso tempo si raccoglie e si supera. “1 “Tutte le facoltà ( il pensiero, il sentimento, la visione estetica, l’amore del cuore, la coscienza e il desiderio disinteressato di trovare la verità ) devono unirsi per trovare ciò che è degno di essere chiamato verità. E’ chiaro che la capacità logica astratta non è l’unico strumento di scoperta di tale verità. Si deve cercare costantemente nel fondo della propria anima la radice interiore della comprensione, dove tutte le facoltà separate si riuniscono nella totalità viva di una visione spirituale (...) . La visione spirituale è dunque il termine che indica la conoscenza perfetta. E’ la capacità di intuizione e di contemplazione, la visione vivente e totale dello spirito che rappresenta il vero luogo di riconciliazione o di unione non solo della ragione e della fede, ma di tutte le facoltà dell’uomo.2 Leggiamo nella autobiografia di Sant’Ignazio di Lojola che, in una sola visione lungo le rive del Cardoner, egli ha ricevuto più grazie e conoscenze che in tutto il resto della sua vita e dei suoi studi, egli ha imparato più sul mistero di Dio in un solo istante di quanto non gli abbia insegnato tutta la teologia .3 E questa medesima esperienza la ritroviamo in una delle più belle pagine del filosofo russo Soleov’ev: “Divenne cieca l’anima mia alle mondane cose...Compresi tutto d’uno sguardo solo immoto quel che fu, che è e che sarà.. io vidi tutto, il tutto era un’unica persona di femminile bellezza..”.4 Afferma inoltre Chomjakov che “ al di fuori dell’amore la conoscenza è impossibile, perché solo l’amore unisce il soggetto che conosce con l’oggetto conosciuto” ed ancora, è “l’amore la prova dell’esistenza dell’uomo non il pensiero“5. “La vera conoscenza nasce nella sfera del sentimento, è riscaldata, nutrita dal sentimento.” 6bellissimo Come allora far conoscere il Signore se non attraverso la via dell’amore ? Solo persone che avranno imparato a conoscere con il cuore e con la testa, con l’intelligenza e il sentimento potranno riuscire a vivere esperienze di Dio significative e irrinunciabili. Solo persone che hanno iniziato a gustare quanto è buono il Signore saranno suoi instancabili e fedeli ricercatori. Solo persone che hanno visto anche solo per un attimo la Bellezza, porteranno nel cuore il desiderio di rincontrarla ed avranno dentro di loro la pietra focale per valutare tutte le esperienze che vivono. Questi uomini e donne necessitano di educatori ricercatori della bellezza. Infatti come potrebbe educare alla bellezza colui che non è un’amante della bellezza. Se non è anzi egli stesso bello? “Solamente colui che è bello e si conserva bello può aprire alla bellezza” 7 Occorrono quindi educatori tesi alla ricerca e al possesso del bello. Educatori che hanno imparato a riconoscere la bellezza possono educare gli altri a sentirla e a vederla. Educatori, che hanno fatto esperienza della bellezza possono aiutare a decifrare la Parola di Dio già presente in ogni essere e che vuol giungere alla realizzazione. Educatori ricchi dell’esperienza di Dio possono aiutare i ragazzi a scoprire il rapporto esistente tra ogni essere e l’immagine di Dio inscritta misteriosamente in ogni persona, in ogni creatura . 1 cf.Oliver Clément in op.cit. pg 14 cf. N.Losski, Histoire de la philosophie russe, cit. pp.7,17 e 20 3 Cf. Ignazio di Lojola, Autobiografia , 30 4 cf. T.Spidlik, Solov’ev .cit pg.651 5 cf. N.Berdiaev L’idea russa. Problemi essenziali del pensiero russo . Parigi 1969 p.169. 6 cf. T.Spidlìk, in Dizionario di Spiritualità XIII, “ Parigi 19888, col.1179. 7 Cf Pierre Babin “La catechesi nell’era della comunicazione”, LDC, pagg. 99-100. 2 8 La bellezza, è lo splendore del vero, è ciò che conferisce pienezza alla persona. Nella misura in cui gli uomini saranno realizzati in pienezza nell’età che vivono, potranno discernere il bello dal brutto e orientarsi in questa cultura estetica. Solo giovani che hanno fatto esperienza della bellezza di Dio potranno orientarsi nel mondo e riconoscere il Signore fra mille volti e mille voci e radicarsi nella fede. Dove risiede oggi la possibilità di un radicamento della fede cristiana nelle nuove generazioni, se non in belle esperienze di incontro personali con il Signore e in belle esperienze di appartenenza e di condivisione ecclesiale? Afferma Pàvel Nikolàjevîc Evdokìmov: “Si dimostra l’esistenza di Dio con l’adorazione, non con le prove” 1. Certo questa tesi può apparire alquanto radicale e svilente l’intelligenza dell’uomo a cui è dato, per grazia di Dio, di poter, dalla creazione in poi, contemplare con l’intelletto le sue perfezioni invisibili nelle opere da lui compiute 2, ma nella sua unilateralità ci richiama con forza alla via del cuore, alla via della preghiera, alla via della carita’ . È data certamente all’uomo la possibilità di una conoscenza di Dio grazie all’intelletto, ma ugualmente è donata ad ogni persona la grazia di conoscerlo attraverso i sentieri del cuore. Prova ne è che la Chiesa annovera fra i suoi dottori teologi sommi come san Tommaso d’Aquino e illetterati come santa Caterina da Siena. In un tempo in cui la ragione, la verità, sembrano smarrite e l’intelligenza dell’uomo non arriva neppure più a riconoscere al proprio figlio il diritto alla vita, occorre, contemporaneamente agli itinerari catechistici, far vivere esperienze prettamente orientate all’educazione alla vita interiore e alla vita di carita . La razionalità occidentale oggi ha estremo bisogno di essere illuminata tramite l’esperienza mistica anche e soprattutto quella dei ragazzi. E’ questa la direzione indicata da Giovanni Paolo II quando ha affermato “non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quello della santità (...) sarebbe un controsenso accontentarsi di una vita mediocre , vissuta all’insegna di un’etica minimalistica(...) E’ ora di riproporre a tutti con convinzione questa misura alta della vita cristiana ordinaria : tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione. (...) I percorsi della santità esigono una vera e propria pedagogia della santità. Per questa pedagogia della santità c’è bisogno di un cristianesimo che si distingua innanzitutto nell’arte della preghiera.(...) . La grande tradizione mistica della Chiesa , sia in oriente che in occidente, può dire molto a tal proposito. Essa mostra come la preghiera possa progredire , quale vero e proprio dialogo d’amore, fino a rendere la persona totalmente posseduta dall’Amore divino, vibrante tocco dello Spirito. Si fa allora l'esperienza viva della promessa di Cristo: «Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e riti manifesterò a lui»(Gv 14,21) . Si tratta di un cammino interamente sostenuto dalla grazia, che chiede tuttavia forte impegno spirituale e conosce anche dolorose purificazioni (la «notte oscura») ma approda in diverse forme possibili, all'indicibile gioia vissuta dai mistici come «unione sponsale». “ Chi è innamorato non incontra fiumi senza guado. Chi ti deve incontrare, Cristo, con amore ti deve cercare” Cf.Bernardino di Laredo da “ Subida del monte Sion “ III, 40, B.A.C. Madrid 1948 1 2 Cf Teologia della bellezza, EdP. Cf Rom 1,18-20. 9 E’ questa la storia di Benedetto e i suoi amici, di Francesco, Chiara e i loro amici divenuti fra di essi fratelli e sorelle. E’ la vicenda di Don Bosco e dei legami di amicizia con i carcerati e i ragazzi orfani o sparsi. E’ il miracolo del Beato Gottolengo e dei suoi amici diversamente abili. E ai giorni nostri è la storia di Chiara Lubic e, il focolare e le mariapoli. E’ credo proprio da quanto ho letto e saputo, la vostra storia con don Pierino . 5. DUC IN ALTUM : AMICI DI DIO, AMICI DI TUTTI La bellezza nella natura e la forza dell’amore sono come due ali Nel sentimento dell’amore che dissolve il mio egoismo, avverto in modo intenso in me stesso, la stessa forza divina che si esprime (..) nella creazione, nella bellezza della natura, e che dissolve il caos materiale, che è della stessa essenza che l’egoismo che agisce in me . La bellezza nella natura e la forza dell’amore sono come due ali che ci elevano al di sopra della terra . Solev’ev Lo splendore dell’amicizia Lo splendore dell'amicizia non è la mano tesa né il sorriso gentile né la gioia della compagnia: è l'ispirazione spirituale quando scopriamo che qualcuno crede in noi ed è disposto a fidarsi di noi. Ralph W Emerson Don Pierino amava ripetere: "quando l'amicizia è nata veramente, non muore più", certamente don Piero anche oggi ripete: "saremo amici per sempre!" Al termine di questo "lavoro" che si compie "attraverso tocchi e ritocchi, come suole fare l'artista con le sue opere " l'amicizia si staglia nella storia come "la massima espressione dell'arte divina e umana". Allora l'esperienza amicale, secondo un'altra ardita intuizione di don Piero, si fa strada per la santità. Dal momento che l'uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, Comunità d'Amore, dove "Unità e Pluralità sono perfettamente armonizzate" egli, dunque, si realizza compiutamente se riproduce nell'amicizia, come in una piccola vivente icona, la vita di comunione dei Tre: "l'amicizia è e rimane il miglior modo di somigliare a Dio sulla terra". Infatti, "se l'amore è il massimo grado dell'espressione del singolo, la somiglianza autentica con Dio Trinità si realizza nell'amicizia, ossia l'essere "uno" nella carità ". 10