a buon mercato
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a buon mercato
haiti Lucia Capuzzi Port-au-Prince M arie fissa intimorita la tavola. Nei suoi sette anni non ha mai visto tante portate per colazione: frutta, pane caldo, latte, burro e marmellata. Alza la mano color ebano per afferrare qualcosa, ma subito ci ripensa e la riappoggia sulla gonna celeste. Accanto a lei una donna bionda e pallida le mostra con pazienza come stendere il tovagliolo sulle ginocchia e imburrare una fetta di pane. Alla fine, la bambina si arrende e le sorride, prima di bere la sua scodella di latte. A Petionville - zona «residenziale» della dissestata capitale haitiana Port-au-Prince - abbiamo visto questa scena decine di volte in poche settimane. Anche se, mattina dopo mattina, i protagonisti cambiavano e il ristorante dell’hotel si riempiva di nuovi neo-genitori alle prese per la prima volta con i figli adottivi. Coppie, ma anche single, venuti da Europa, Canada e Usa per fare la conoscenza preliminare del bambino che entro pochi mesi sarebbe stato affidato loro. genitori in attesa Aspiranti mamme e futuri papà sono tra i pochi frequentatori degli alberghi dell’isola. Il turismo è morto. «L’hanno assassinato trent’anni di lotte politiche e sociali», racconta Napoleon, anziano ma combattivo venditore di cianfrusaglie. La sua bancarella è mezza vuota - qualche braccialetto in legno, orecchini e amuleti vodou -, riempirla sarebbe inutile: i pochi stranieri che passano non si fermano a comprare souvenir. Nelle strutture, ormai cadenti, che ospitarono il boom turistico degli anni Cinquanta e Sessanta, i vacanzieri sono stati rimpiazzati dai «genitori in attesa di adozione». Perché - come riferisce una fonte Unicef - nel mercato globale degli esseri umani, Haiti è il produttore emergente di figli a buon mercato per l’Occidente. Più di 1.800 bambini haitiani vengono adottati legalmente ogni anno: quasi un terzo di questi finisce in Francia. L’esodo 22 Popoli dicembre 2009 Figli a buon mercato Nel Paese più povero delle Americhe anche un gesto di amore come l’adozione si trasforma in un business, tra controlli inesistenti, istituzioni allo sbando e sete di guadagno. Ma ora, forse, qualcosa sta cambiando di minori è cresciuto esponenzialmente tie dilagano: con un medico ogni 5mila negli ultimi tempi. Nel 2005 il Paese abitanti, curarle è impossibile. caraibico era il secondo al mondo per «I bambini sono i più colpiti dalla numero di adozioni in rapporto alla miseria», spiega Anna Maria Laurini, popolazione, preceduto dal Guatemala. responsabile Unicef a Port-au-Prince. Il Dopo che quest’ultimo nel 2008 ha tasso ufficiale di malnutrizione infanfissato nuovi limiti, Haiti ha probabil- tile è del 4%. Ma nelle bidonville - semente raggiunto la vetta più alta, anche condo le stime dell’Ong italiana Avsi se mancano statistiche aggiornate. Fin supera il 17%. Oltre 400mila piccoli tra qui i dati ufficiali. Ma secondo diversi i 6 e gli 11 anni non sono mai entrati osservatori, ad esempio l’Ong Terres des in un’aula scolastica, almeno 120mila hommes, i bambini dati in adozione lasciano i libri dopo qualche anno per sono molti di più: 10-15 al giorno. I mo- ingrossare le file dei disoccupati o delle tivi sono crudelmente banali. La nazione gang criminali. è la più povera dell’emisfero occidentale. Così, per molte famiglie, dare il figlio E il 150° Paese su 175 nelin adozione è l’unica spela classifica mondiale dello Nessuno vigila ranza di sottrarlo a un sviluppo umano. Due terzi sul rispetto destino di sfruttamento. della popolazione soprav- delle regole. Speranza su cui mediatori vivono con meno di due L’istituto che senza scrupoli hanno codollari al giorno. Solo una dovrebbe farlo struito un business. Haiti casa su cinque dispone di ha interesse è il paradiso di ogni genere acqua corrente. Le malat- a incrementare di traffico: l’autorità statale le adozioni: dal loro numero dipende il bilancio dell’ente Chiudere gli occhi di fronte alle irregolarità è allora questione di sopravvivenza. E così gli abusi si moltiplicano, insieme agli orfanotrofi «specializzati» in adozioni internazionali. Ci sono 120 crèches registrate: sono le strutture che accolgono i bambini fino a 3 anni, i più richiesti. Altre 500 sono clandestine, per un totale di 50mila piccoli ospiti. La maggior parte di queste ultime è stata scoperta poco più di un anno fa, quando quattro uragani hanno straziato l’isola e i soccorsi hanno ricevuto centinaia di chiamate da strutture «inesistenti». è debole, e sono infinite le occasioni per aggirare i controlli. Soprattutto nelle adozioni. Il procedimento è regolato da una fumosa legge del 1974: i genitori naturali devono portare «di loro volontà» i bambini nelle strutture e firmare il consenso di fronte a un giudice di pace. In orfanotrofio, i piccoli attendono un candidato adatto, che abbia cioè una differenza di età di almeno 35 anni e sia senza discendenti (salvo dispensa del presidente della Repubblica). Nessuno vigila, però, sul rispetto delle regole. Perché chi dovrebbe farlo - l’Institut du Bien Etre Social et de Recherche (Ibesr) ha interesse a incrementare le adozioni, da cui dipende il bilancio dell’ente. L’Ibesr non ha fondi propri, riceve una quota fissa dal ministero degli Affari sociali, il più malmesso dei frugali dicasteri haitiani. Il 70% del personale viene pagato in base alle entrate. E questi scarseggiano. Gli unici certi provengono dalle tasse matrimoniali - 10 dollari - e, appunto, dalle pratiche di adozione. Ben più allettanti: solo per aprire il fascicolo ci vogliono 125 dollari. Per gli addetti lasciarsi sfuggire tale somma equivarrebbe a giocarsi lo stipendio. bambini fantasma Con gli orfanotrofi fantasma sono venuti allo scoperto anche gli abusi perpetrati in quegli istituti spesso fatiscenti. «Camerate sudice, senza letti, dove bambini denutriti e nudi trascorrevano i giorni accucciati sul pavimento», racconta Maria Vittoria Ballotta, che si occupa della protezione dell’infanzia ad Haiti per Unicef. Che aggiunge: «Il consenso, in teoria spontaneo, spesso viene estorto alle famiglie naturali con ogni genere di espedienti: promesse, minacce, vere e proprie truffe». Molto facili, dato che solo il 40% dei bambini viene registrato all’anagrafe. Naturalmente più minori si hanno da «offrire» e più il guadagno decolla: per un’adozione gli stranieri pagano tra i 1.500 e i 15mila dollari. Al giro d’affari vanno poi aggiunte le bustarelle per convincere i funzionari «più zelanti» ad accettare candidati inadatti: anziani o personaggi ambigui in cerca di uno schiavo da sfruttare nel parallelo e fiorente mercato della pedofilia. Le crèches clandestine più spregiudicate offrono anche brevi vacanze a luci rosse, «ideali» per pedofili. La scorsa estate sono stati colti in flagrante due canadesi. Una goccia nel mare dell’impunità Le strutture di cui godono gli ufficiali che stranieri ricchi ad accolgono Haiti. Altre crèches, i bambini fino invece, si specializ- a 3 anni, i più zano nel traffico di richiesti, organi. Impossibile sono 120. trovare dati. Secon- Ma si stima do l’Unicef, però, ve ne siano ogni anno 3mila altre 500 bambini vengono clandestine trasportati nella limitrofa Repubblica Dominicana dai «mercanti di esseri umani». E spariscono nel nulla. Qualcosa, lentamente, sta cambiando. L’Unicef da un anno porta avanti la ristrutturazione dell’Ibesr. Negli uffici chiave dell’ente sono stati fatti entrare nuovi assistenti sociali. L’obiettivo è creare una squadra di vigilanza sui vecchi - e spesso inefficienti - funzionari, sulle crèches, sulle famiglie vulnerabili. Il passo successivo sarà formare un’équipe incaricata di effettuare blitz a sorpresa negli orfanotrofi. «Con la riforma si dovrà poi trovare un budget autonomo per l’Ibesr - spiega Maria Vittoria Ballotta - e rinnovare il personale». Ma sarà un’operazione lunga. Nel frattempo il business continua. E IN ITALIA? «N egli ultimi cinque anni abbiamo fatto adottare una decina di bambini haitiani. Poi, a malincuore, da oltre un anno abbiamo dovuto sospendere o meglio siamo rimasti bloccati». Giuseppe Amato si occupa, con l’associazione Nova (Nuovi orizzonti per l’adozione), di trovare una famiglia ai troppi piccoli abbandonati sparsi per il mondo. La sua è una delle pochissime organizzazioni in Italia che accetta anche minori provenienti da Haiti. O meglio accettava. «È difficilissimo mandare avanti una pratica - spiega Amato -. Per fare un esempio, circa tre anni fa una coppia ha chiesto di adottare due fratellini. La procedura è stata sospesa in attesa che ai piccoli fosse consegnato il passaporto. Stiamo ancora aspettando…». Amato è stato anche nell’isola caraibica per sbloccare la situazione. Le sue rimostranze si sono perse nei meandri della burocrazia haitiana. Ottenere un documento di identità, nell’isola, è un’impresa titanica. L’anagrafe quasi non funziona. Nelle campagne i neonati spesso non vengono registrati, dunque non esistono. Queste difficoltà spiegano perché in Italia vengano realizzate così poche adozioni dal Paese caraibico: solo 39 dal 2002, nessuna negli ultimi due anni. E la beffa è che le pastoie burocratiche - che ostacolano le pratiche legali - non riescono a impedire il traffico di bambini, anzi in qualche modo lo alimentano.