le industrie culturali e creative in italia

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le industrie culturali e creative in italia
 FORMEZ PA
STUDIO
LE INDUSTRIE CULTURALI E CREATIVE
IN ITALIA
Ottobre 2013
A cura: Ufficio Studi Federculture
1
INDICE
LE INDUSTRIE CULTURALI E CREATIVE PER LO SVILUPPO LOCALE ..............................................3
1.
2.
DALL’INDUSTRIA CULTURALI ALL’INDUSTRIA CREATIVA. IL CONTESTO ...........................................3
1.1
Le politiche di indirizzo: dalla “Strategia di Lisbona” alla programmazione 2014 - 2020 ................5
1.2
Il libro Verde della Commissione Europea ................................................................................9
1.3
Europa Creativa .................................................................................................................. 14
LA DEFINIZIONE DI INDUSTRIA CREATIVA ................................................................................... 16
2.1
3.
LE INDUSTRIE CULTURALI IN ITALIA ........................................................................................... 24
3.1
4.
I confini del settore ............................................................................................................. 18
L’Italia e l’Europa. I dati di settore ........................................................................................ 32
CASI STUDIO.............................................................................................................................. 36
Creative Factory .............................................................................................................................. 36
Provincia Creativa ........................................................................................................................... 38
IncrediBol ........................................................................................................................................ 40
Agenzia Campania Innovazione ..................................................................................................... 41
2
LE INDUSTRIE CULTURALI E CREATIVE PER LO SVILUPPO LOCALE
1. DALL’INDUSTRIA CULTURALE ALL’INDUSTRIA CREATIVA. IL CONTESTO
Nel Marzo del 2000, nell’incontro Europeo di Lisbona, i capi di Stato e di Governo
dell’Unione Europea, si sono accordati per un obiettivo molto ambizioso: “fare
dell’Unione Europea, al termine del 2010, la società della conoscenza più competitiva
e più dinamica del mondo, generando nel contempo una crescita economica
sostenibile, maggiore coesione sociale, migliori livelli di occupazione”.
Quella che viene definita come “Strategia di Lisbona”, si basa principalmente su
politiche tese a favorire “investimenti nel settore delle NTIC (Nuove Tecnologie
dell’Informazione e della Comunicazione) considerato come l’industria centrale e
trainante dell’Economia Digitale, favorendo in tal modo, l’innovazione in tutti i settori
ed in particolare lo sviluppo e la crescita dell’Economia della Conoscenza”.
Nel contesto di Lisbona il ruolo del settore “Cultura e Creatività” rimane, però, del
tutto ignorato.
Per molti, infatti, la funzione della cultura rimane ancora quella di educare o divertire
ed il suo contributo economico è considerato come marginale, quasi sempre confinato
nel dominio dell’intervento pubblico.
Ciò spiega, ad esempio, la carenza di strumenti statistici utili (se messi a confronto
con quelli esistenti per gli altri settori economici) a misurare il contributo economico e
sociale del settore cultura e creatività sia a livello nazionale sia a livello internazionale.
Negli ultimi anni però, molti sistemi socio economici hanno sperimentato una svolta
culturale che ha influenzato tanto il sistema economico quanto quello politico. Questa
svolta culturale deriva da due grandi rivoluzioni tecnologiche della modernità: la
rivoluzione industriale prima e quella informatica poi.
La prima rivoluzione industriale ha reso tecnicamente possibile la riproducibilità
tecnica delle opere d’arte, favorendo così sia il cambiamento dei modi di elaborazione
3
e rappresentazione delle opere, sia modificando ed accrescendo la percezione del
consumatore attraverso l’introduzione di nuove espressioni artistiche, sia ampliandone
il pubblico di riferimento. Il pubblico inizia da questo momento ad essere una variabile
fondamentale per i sistemi culturali, relativa dapprima alla giustificazione del sostegno
pubblico alla cultura e poi all’interesse per quest’ultima da parte dell’economia. Frutti
di questa prima rivoluzione sono cinema, radio, tv, stampa, fotografia e tutte le forme
di riproduzione (dall’arte alla musica).
La seconda rivoluzione che ha condizionato fortemente l’impostazione classica con cui
si guarda al mondo della cultura, è quella informatica.
Con l’introduzione e lo sviluppo delle ICT (Information and Communication
Technologies) il mondo dell’arte (visiva e performativa) si sostanzia di nuove forme
espressive modificando ulteriormente le forme di riproduzione e comunicazione e
estendendo ancora di più i confini del settore culturale che comprende ora anche le
attività legate al design e alla comunicazione.
Ed è proprio a partire dalle grandi trasformazioni derivanti dall’uso delle nuove
tecnologie che si fa strada nel dibattito internazionale sulle industrie culturali, il
concetto di creatività.
4
1.1
Le
politiche
di
indirizzo:
dalla
“Strategia
di
Lisbona”
alla
programmazione 2014 - 2020
All’inizio del nuovo millennio, di fronte alle sfide della globalizzazione e della
rivoluzione tecnologica, i Leader politici dell’Unione Europea si sono riuniti a Lisbona,
lanciando l’obiettivo di fare dell’Unione “l'economia basata sulla conoscenza più
competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica
sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale” entro
il 2010.
Da allora si parla della Strategia di Lisbona, ovvero una serie di misure trasversali a
più settori, che compongono un vero e proprio piano d’azione per aumentare la
competitività dell’UE nei confronti degli altri grandi protagonisti mondiali. Nell’ambito
della Strategia di Lisbona sono state lanciate una serie di riforme strutturali nel campo
dell’occupazione, dell’innovazione, delle riforme economiche, della coesione sociale e
dell’ambiente, attraverso azioni dirette a promuovere la ricerca scientifica, l’istruzione,
la formazione professionale, l’accesso ad Internet, la modernizzazione dei sistemi
previdenziali, l’innalzamento del tasso di occupazione e la sostenibilità ambientale.
Nel 2005, i Capi di Stato e di Governo dell'Unione Europea hanno deciso di rilanciare
la Strategia di Lisbona centrandola su due obiettivi cruciali: la crescita economica e
l'occupazione, ovvero realizzare una crescita più stabile e duratura e creare nuovi e
migliori posti di lavoro. Questi due obiettivi rappresentano la chiave per liberare le
risorse necessarie a realizzare le ambizioni dell’UE nel campo economico, sociale ed
ambientale e dunque per la riuscita dell’intera Strategia di Lisbona.
La rinnovata Strategia di Lisbona prevede un programma di azione ad hoc (Lisbon
Action Plan) fondato su tre priorità che a loro volta si concretizzano in dieci campi di
azione:
1) Rendere l'Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro
• ampliare e rafforzare il mercato interno;
5
• migliorare la normativa comunitaria e nazionale;
• garantire mercati aperti e competitivi all'interno e all'esterno dell'Unione europea;
• ampliare e migliorare le infrastrutture europee.
2) Porre la conoscenza e l'innovazione al servizio della crescita
• aumentare e migliorare gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo;
• promuovere l'innovazione, l'adozione delle nuove tecnologie dell'informazione e della
comunicazione e l'uso sostenibile delle risorse;
• contribuire alla creazione di una solida base industriale europea.
3) Creare nuovi e migliori posti di lavoro
• attrarre un maggior numero di persone nel mondo del lavoro e modernizzare i
sistemi di protezione sociale;
• accrescere la capacità di adeguamento dei lavoratori e delle imprese e la flessibilità
dei mercati del lavoro;
• aumentare gli investimenti in capitale umano migliorando l'istruzione e le qualifiche.
Nel maggio 2007, la Commissione Europea, tenendo conto che la cultura svolge un
ruolo essenziale nel processo di integrazione europea, ha proposto un'agenda europea
per la Cultura che si prefigge, tra le altre cose, di sostenere la cultura come
catalizzatore per la creatività.
L'agenda culturale europea si basa su tre obiettivi correlati:
•
La promozione della diversità culturale e del dialogo interculturale.
•
La promozione della cultura quale catalizzatore della creatività nel quadro della
strategia di Lisbona per crescita e l'occupazione.
•
La
promozione
della
cultura
quale
elemento
essenziale
delle
relazioni
internazionali dell'Unione.
6
Numerose iniziative sono state avviate per promuovere la cultura come catalizzatore
della creatività, ad esempio:
•
l’Anno europeo della creatività e dell’innovazione (2009), che ha esaminato le
modalità in cui la cultura genera innovazione economica e sociale;
•
studi sull’impatto della cultura sulla creatività, l’imprenditoria nell’industria
culturale e creativa, e sul contributo della cultura allo sviluppo locale e regionale;
•
il Libro verde del 2010 sullo sfruttamento del potenziale delle industrie culturali e
creative.
All’interno della programmazione 2007 – 2013, il programma Cultura, per esempio, si
prefigge di sostenere il settore culturale e le organizzazioni nella creazione e
nell'attuazione di progetti di cooperazione culturale e artistica, di migliorare la
conoscenza e la diffusione del patrimonio culturale europeo, la promozione di scambi
culturali, la mobilità degli artisti, il dialogo interculturale, la creazione artistica e
letteraria, e la traduzione letteraria.
Altri programmi, come L'Europa per i cittadini, Lifelong Learning, Gioventù in azione,
promuovono invece la cittadinanza europea attiva, l'uso e la conoscenza delle lingue
straniere e sostengono lo scambio di esperienze tra giovani e altre persone. Nel
settore cinematografico e audiovisivo, il programma MEDIA, in vigore dal 1991,
sostiene la formazione, lo sviluppo e la distribuzione di film europei al di fuori del loro
paese d'origine; esso ha permesso a film europei non nazionali di raggiungere una
quota di mercato dell'8% in media all’interno del mercato cinematografico locale.
Nel marzo del 2010, la Strategia di Lisbona viene ridefinita dalle istituzioni europee
nella nuova veste di "Europa 2020", che ne sottolineano la continuità, proseguendo e
rafforzando gli obiettivi dopo gli eventi legati alla "crisi mondiale e in risposta alle sfide
crescenti della questione ambientale". Europa 2020 diventa così uno degli strumenti
per risanare l'economia europea, afflitta da storiche asimmetrie economiche e
istituzionali, ulteriormente acuite dalla crisi. Il nuovo quadro strategico europeo ha
bisogno di ulteriori obiettivi comuni, di più efficaci strumenti regolatori e di rinnovati
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indicatori strutturali per il coordinamento delle politiche statali. Il 3 marzo 2010 la
Commissione formalizza la proposta di Europa 2020: la crescita si promuove mediante
la conoscenza, l'innovazione, l'istruzione e la società digitale (c.d. crescita intelligente),
rendendo la produzione più efficiente e competitiva ma attenta all'ambiente (c.d.
crescita sostenibile), e incentivando la partecipazione al mercato del lavoro,
l'acquisizione di competenze e la lotta alla povertà (c.d.crescita inclusiva).
Nelle strategie di coesione 2014-2020, non si trova però lo stesso livello di dettaglio
proposto nella precedente programmazione 2007-2013. Le priorità di investimento che
derivano direttamente dagli obiettivi della strategia UE 2020 restano molto più
generali.
Il documento adottato dalla Commissione il 14 marzo 2012 “Elementi per un quadro
strategico comune 2014-2020” illustra alcune delle opportunità per la cultura nel
contesto delle strategie europee.
Le linee guida alle strategie di innovazione regionale consistono nell’indirizzare le
priorità di investimento verso i “centri di promozione di competenze” (attraverso le
indagini cluster ), verso lo sviluppo di prodotti e servizi TIC, la promozione di nuove
imprenditorialità che pongano al centro delle loro strategie la cultura e la creatività, lo
sviluppo
di
nuovi
modelli
di
business
per
le
PMI,
in
particolare
per
l'internazionalizzazione, il miglioramento dell'ambiente urbano, lo sviluppo di
incubatori di imprese, il sostegno e la rigenerazione fisica ed economica delle aree
urbane e rurali e delle comunità.
Lo scopo è quello di creare un 'Europa che stimoli e incoraggi la creatività e fornisca a
privati, società, enti pubblici e le imprese
incentivi per costruire sulla cultura il
rinnovamento sociale ed economico.
Gli obiettivi sono:
•
Incoraggiare l'immaginazione e il talento nella scuola, nelle aziende e nelle
istituzioni pubbliche.
8
•
Sostenere lo sviluppo di un'economia creativa integrando la creatività nelle
politiche di innovazione dell'Unione europea.
•
Promuovere l'innovazione sociale attraverso la cultura.
•
Favorire la fertilizzazione incrociata tra le identità regionali e quelle di clustering a
livello europeo per promuovere lo sviluppo locale e il multilinguismo.
•
Brand Europa come luogo adatto alla creazione.
•
Passare da un clima di competizione culturale tra gli Stati membri ad uno di
collaborazione culturale al fine di rendere visibile la creatività dell'Europa a livello
internazionale.
A partire dal vertice di Lisbona, il ruolo dell'Unione Europea è, dunque, quello di
sostenere e completare le azioni degli Stati membri con lo stimolo del cambiamento, il
dialogo e la reciproca comprensione e attraverso il finanziamento da parte dei fondi
strutturali di alcuni settori chiave necessari allo sviluppo.
1.2
Il libro Verde della Commissione Europea
Negli ultimi decenni, la globalizzazione, le nuove tecnologie e lo sviluppo di nuovi
modelli di consumo, ha imposto un profondo cambiamento nelle forme tradizionali di
produzione industriale; la produzione ora è orientata verso l’innovazione di prodotto e
di contenuto; le fabbriche sono state progressivamente sostituite da reti creative e i
consumatori ricercano “esperienze” più che oggetti.
“La capacità di creare esperienze e reti sociali è ora un fattore di competitività”
Gli aspetti esaminati, dall'ambiente delle imprese alla necessità di creare uno spazio
europeo comune della cultura, dalla creazione di capacità allo sviluppo delle
competenze e alla promozione dei creatori europei sulla scena mondiale, non
esauriscono tutti i livelli in cui le ICC possono esprimersi ma rappresentano gli
elementi chiave, i principia, su cui l’Europa fonda le proprie strategie di sviluppo.
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Diversità culturale, digitalizzazione e mondializzazione, sono i principali motori dello
sviluppo futuro non solo delle industrie culturali e creative ma anche delle società
europee.
Nel marzo del 2010, una nuova Comunicazione della Commissione introduce ‘Europa
2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva’
che presenta tre priorità che si rafforzano insieme:
•
crescita intelligente: per sviluppare un’economia basata sulla conoscenza e
sull’innovazione;
•
crescita sostenibile: promuovere un’economia più efficiente sotto il profilo delle
risorse, più verde e più competitiva;
•
crescita inclusiva: promuovere un’economia con un alto tasso di occupazione che
favorisca la coesione sociale e territoriale.
L’azione della Commissione Europea, all’interno delle sette iniziative della strategia
"Europa 2020”, si articolerà secondo tre direttrici:
•
All’interno dell’iniziativa "Un'agenda europea per il digitale" , la UE si propone di
costruire un mercato unico dei contenuti e dei servizi online (ossia mercati dei
contenuti digitali e dei servizi web sicuri e senza frontiere che offrano un alto
livello di affidabilità, un quadro normativo equilibrato per la gestione dei diritti di
proprietà intellettuale, misure per facilitare i servizi transfrontalieri di contenuti
online, la promozione delle licenze multiterritoriali, la protezione e la retribuzione
adeguate dei titolari dei diritti e il sostegno attivo alla digitalizzazione del
patrimonio culturale europeo).
•
All’interno
dell’iniziativa
"L'Unione
dell'innovazione",
azioni
specifiche
per
rafforzare il ruolo delle industrie culturali e creative come catalizzatori
dell'innovazione e del cambiamento strutturale. In particolare promuovere
l'imprenditorialità e l'accesso al finanziamento, migliorare le condizioni quadro e
la previsione, stabilire i fabbisogni di ricerca e competenze, definire nuovi
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concetti di "cluster" e meccanismi di sostegno più efficienti per le imprese e
l'innovazione.
•
All’interno della strategia dell'Unione in materia di proprietà intellettuale, di
stabilire l'uso e la gestione dei diritti al fine di raggiungere un equilibrio tra la
necessità di proteggere e sostenere la creazione e la necessità di promuovere lo
sviluppo di nuovi servizi e modelli d'attività.
Grazie
all’aumentata
consapevolezza
sul
peso
crescente
dell’economia
della
conoscenza per la competitività dei territori, il 27 aprile 2010, la Commissione Europea
pubblica il “Libro Verde - Le industrie culturali e creative, un potenziale da
sfruttare” in cui vengono esplicitate le strategie di policy e le migliori pratiche, a
partire dai dati contenuti in numerosi studi e rapporti indipendenti e sulla base delle
indicazioni di due gruppi di lavoro distinti, composti da esperti nazionali e piattaforme
della società civile costituiti nel quadro dell'attuazione dell'agenda europea della
cultura. Il Libro Verde si propone, dopo aver chiarito l’ambito di analisi, di suscitare
un dibattito sulle condizioni che possono stimolare lo sviluppo delle industrie culturali
e creative dell'Unione europea, concepite come fattore chiave di sviluppo in una
dimensione glocal.
Nel documento, inoltre, vengono presi in considerazione due importanti aspetti che
attualmente limitano lo sviluppo delle ICC: l’accesso ai finanziamenti e il libero ed
equo accesso al mercato.
“Contrariamente a quanto avviene per le imprese che operano in settori tecnologici, le
industrie culturali e creative non vedono riconosciuto il valore dei loro attivi
immateriali nei bilanci patrimoniali e i loro investimenti nello sviluppo di nuovi talenti e
di idee creative non corrispondono al concetto abituale di "ricerca e sviluppo” e
proprio in questo senso, “la Commissione Europea sta studiando nuovi modelli
finanziari, mirati in modo più specifico alle industrie culturali e creative, emersi a livello
nazionale e regionale. Alcuni di essi agevolano l'accesso al credito mettendo in
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comune le competenze intersettoriali per la valutazione delle imprese e dei loro
progetti. Altri mettono in contatto investitori e imprese che necessitano di capitale di
rischio per espandersi, anche per mezzo di forme di finanziamento collettivo
(crowdfunding). La Commissione studia anche la possibilità di creare un fondo di
garanzia per la produzione nel settore audiovisivo nel contesto dell'attuazione del
programma MEDIA”.
Riguardo al problema del libero accesso al mercato, il Libro Verde, riconosce nella
“interoperabilità” tra le piattaforme e le strutture un importante strumento.
“L'interoperabilità è importante non soltanto per i produttori (in particolare le PMI),
ma anche per gli utenti; amplia la scelta degli utenti, in particolare la scelta di prodotti
e di servizi offerti dalle industrie culturali e creative le cui attività si basano sulle
tecnologie dell'informazione e della comunicazione”.
Altro elemento chiave dell'Agenda europea della cultura e del programma ‘Cultura’
dell'UE (2007-2013) ripreso nel Libro Verde, riguarda la mobilità e la circolazione delle
opere culturali e creative e degli artisti, utile non solo a favorire lo sviluppo locale, il
mercato del lavoro e i processi di innovazione ma anche a diffondere i valori della
diversità culturale. Poiché la creatività e l'innovazione hanno una forte e distintiva
dimensione regionale, la promozione della mobilità degli artisti e degli operatori della
cultura contribuisce in misura significativa a migliorare le condizioni di vita dei territori.
In particolare il mercato del lavoro (partecipazione a residenze, festival, tournée di
spettacoli, esposizioni internazionali o manifestazioni letterarie), l’aggiornamento
professionale, lo sviluppo artistico. “Inoltre, la circolazione delle opere è benefica per il
pubblico europeo, perché apre nuove prospettive, stimola individui e collettività a
comprendere e a vivere nella complessità (un insieme di competenze, compresa la
comunicazione interculturale, che è di importanza vitale nel mondo d'oggi) e dà
accesso a un paesaggio culturale più diversificato”.
E proprio questo orientamento allo scambio culturale, si legge nel testo, “riflette i
valori comuni che sono al centro del progetto europeo, valori che sono i pilastri
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fondamentali sui quali può fondarsi un’"immagine dell'Europa" distintiva e dinamica,
un'immagine di un'Europa attraente e creativa, che trae forza dal suo ricco patrimonio
e dalla sua apertura alle culture del mondo intero”.
Il Libro Verde dunque, è il documento in cui si raccolgono i contributi e le indicazioni
provenienti dai numerosi studi prodotti fino al 2010 sul settore delle ICC, in cui si
delimita il contesto, gli strumenti e i campi di applicazione del settore e allo stesso
tempo, si propongono strategie e interrogativi relativi alla strada da seguire per
potenziare gli effetti benefici delle ICC sugli altri comparti industriali e sulle società,
nell’ottica dello sviluppo sostenibile, della società della conoscenza e della Creative
Economy.
Inoltre, dal Libro Verde emergono le definizioni di industria culturale e industria
creativa, fino a questo momento ancora mai precisate.
“Le "industrie culturali" sono le industrie che producono e distribuiscono beni o servizi
che, quando vengono concepiti, sono considerati possedere un carattere, un uso o
uno scopo specifici che incorporano o trasmettono espressioni culturali, quale che sia
il loro valore commerciale. Oltre ai settori tradizionali delle arti (arti dello spettacolo,
arti visive, patrimonio culturale - compreso il settore pubblico), questi beni e servizi
comprendono anche i film, i Dvd e i video, la televisione e la radio, i videogiochi, i
nuovi media, la musica, i libri e la stampa”.
Questo concetto è definito in relazione alle espressioni culturali nel contesto della
convenzione UNESCO sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni
culturali “(2005).
“Le "industrie creative", sono le industrie che utilizzano la cultura come input e hanno
una dimensione culturale, anche se i loro output hanno un carattere principalmente
funzionale. Comprendono l'architettura e il design, che integrano elementi creativi in
processi più ampi, e sottosettori come il design grafico, il design di moda o la
pubblicità”.
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1.3
Europa Creativa
Lo scorso dicembre, la Commissione Cultura ha approvato a larghissima maggioranza
il programma denominato Europa Creativa, riconoscendo ancora una volta
l’importanza strategica del settore culturale e riservando un ruolo più centrale alla
cultura, alla creatività e all'audiovisivo all’interno del negoziato generale sui
programmi multi annuali.
Il programma Europa Creativa viene istituito come programma quadro, composto da
due programmi indipendenti, ovvero un programma Cultura e un programma MEDIA,
nonché una sezione transettoriale, dato che ciascun programma possiede priorità,
obiettivi e criteri di valutazione specifici.
Gli obiettivi generali riguardano il sostegno all'espressione artistica e creativa
attraverso la mobilità, la circolazione e la collaborazione, la promozione degli operatori
culturali e creativi, con particolare riferimento alle donne, nonché un accesso migliore
alla cultura per i cittadini.
Una risposta concreta e importante per il settore, che contribuisce al PIL dell’Unione
per il 5%, e dà lavoro al 3,8% dei cittadini europei: la dura congiuntura economica, le
difficoltà di accesso al credito e la contrazione degli investimenti operata da molti Stati
membri rendono infatti la decisione europea ancora più urgente, indice di
un’attenzione che, pur limitata negli importi destinati (1,8 miliardi di euro per il
settennio 2014-2020), segnala un significativo incremento nel budget provvisorio
(+37%).
Molte le novità del programma, innanzitutto una selezione dei progetti più equilibrata,
una più precisa definizione e la maggiore autonomia e specificità del settore
creativo/culturale e di quello audiovisivo, l’individuazione di intermediari finanziari
nazionali adeguatamente formati che interloquiscano con gli operatori non solo sul
piano dell’accesso al credito ma anche dell’accompagnamento verso dimensioni
aziendali più mature.
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Viene, inoltre, ripristinato il sostegno ai festival, migliorate le misure a supporto della
mobilità degli artisti e delle opere e valorizzato il ruolo della formazione delle
competenze e dell'alfabetizzazione mediatica e digitale anche al fine di ampliare il
pubblico e migliorare la competitività del comparto.
Viene dato un risalto maggiore ai molteplici effetti positivi di una migliore circolazione
delle opere culturali e creative, così come agli operatori affinché beneficino di un
pubblico più vasto, con particolare riferimento ai bambini, ai giovani, ai disabili e ai
gruppi sottorappresentati.
Il relatore Silvia Costa, affronta inoltre altre questioni, quali i partenariati creativi e la
partecipazione attiva, le piattaforme digitali per gli scambi culturali e la circolazione
delle opere culturali e creative la promozione della mobilità e della formazione degli
artisti nonché il sostegno alla traduzione, in particolare della documentazione, dei
sottotitoli e della descrizione audio delle opere culturali e creative durante gli
spettacoli dal vivo e le esibizioni.
Particolare attenzione è stata dedicata alla cultura, nella sua dimensione di inclusione
sociale, di prodotto destinati a giovani. Novità anche sul fronte delle regole per la
gestione del programma, che prevede un ruolo di indirizzo e valutazione più forte del
Parlamento Europeo e degli stakeholders, con il ricorso agli Atti delegati contenenti la
definizione del Piano di lavoro annuale, e l’introduzione dei rapporti di medio termine
e finale.
"Pur valorizzando la novità di un approccio più integrato e trasversale del programma
quadro Europa Creativa – ha spiegato Silvia Costa - abbiamo voluto mantenere e
consolidare il marchio MEDIA conosciuto e apprezzato dagli operatori negli ultimi 20
anni e sottolineare meglio le specificità degli obiettivi e delle misure dei due
programmi valorizzando anche progetti intersettoriali e interdisciplinari. In particolare
abbiamo previsto che il budget di 1.8 miliardi sia suddiviso per il 55% per MEDIA, il
30% e almeno il 15% con garanzia di sostegno finanziario adeguato e rafforzamento
del ruolo dei Desk MEDIA e dei punti di contatti nazionali. Con questa relazione -
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conclude la relatrice - abbiamo reso più coerente il programma Europa Creativa con i
suoi obiettivi strategici: più offerta, più diversità, più cultura per tutti i cittadini europei
e più ampio partenariato con Paesi terzi nel rispetto della doppia natura della cultura
come valore intrinseco e come sfida per lo sviluppo".
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LA DEFINIZIONE DI INDUSTRIA CREATIVA
Il documento in cui viene “inventata” la nuova categoria è “A New cultural
framework”, elaborato dal Department of Culture, Media and Sport del Regno Unito,
nel 1998 .
Nel documento non si parla già più di industrie culturali, ma di industrie creative,
identificate come: “those industries which have their origin in individual creativity, skill
and talent and which have a potential for wealth and job creation through the
generation and exploitation of intellectual property”. In questo documento il governo
inglese stabilisce per la prima volta un cambio di ottica fondamentale: il passaggio
dallo Stato al mercato di tutta una serie di servizi pubblici.
Viene, insomma, stabilito il principio per cui anche i servizi pubblici possono e
“devono” essere basati su meccanismi di mercato e la spesa pubblica non viene più
concepita come un atto dovuto ma come un investimento.
Con l’introduzione del concetto di “investimento” si modifica l’intera organizzazione
delle istituzioni culturali: l’analisi economica costi/benefici, l’uso di modelli manageriali
e il test di mercato a certificazione della qualità del prodotto, entrano (concretamente
solo nei paesi di stampo anglosassone) a far parte del settore delle attività culturali.
Con l’avvento della società della conoscenza, la discriminante diventa, dunque,
l’accessibilità: prodotti ed esperienze di alta qualità devono essere accessibili ad un
pubblico più ampio possibile. Saranno cioè le preferenze dei consumatori a stabilire la
bontà delle scelte compiute dallo Stato.
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In sostanza, viene riconosciuto il valore economico che la cultura, intesa appunto in
termini dapprima di tipo industriale e successivamente creativo, può produrre e
quanto può contribuire allo sviluppo delle società e delle economie dei Paesi.
Una delle interazioni di maggior rilevanza infatti, è quella che lega la cultura alla
sostenibilità. Tramite un processo definito capability building, la cultura crea modelli di
consumo legati al valore esperienziale, simbolico e partecipativo permettendo la
costruzione di ambienti favorevoli allo sviluppo istituzionale, delle risorse umane e al
rafforzamento dei sistemi di gestione.
La logica di base a cui aspira il nuovo modello di sistema economico, risiede non tanto
nella
specializzazione
mono
filiera,
tipica
dell’organizzazione
industriale
ma
nell’integrazione creativa di molte filiere differenti, in cui la cultura non produce valore
in quanto capace di produrre profitto ma perché inserita in un nuovo modello
produttivo che si regge su una serie di tematiche d’interazione e scambio di
conoscenze.
A partire dallo studio KEA del 2006 “L’economia della cultura in Europa” in poi, una
lunga serie di rapporti e studi pubblicati in vari paesi europei, indicano che le industrie
culturali e creative svolgono nei sistemi di innovazione nazionali e regionali un ruolo
molto importante; in primo luogo, perché forniscono contenuti per alimentare i
dispositivi e le reti digitali, contribuendo così all'accettazione e allo sviluppo ulteriore
dello tecnologie dell'informazione e della comunicazione (diffusione della banda larga la domanda di questi forti utilizzatori di tecnologia, stimolando l'innovazione, è spesso
anche all'origine di adattamenti e di nuovi sviluppi della tecnologia).
In secondo luogo, perché danno un contributo importante alla creazione di un clima
favorevole all'innovazione, svolgendo un ruolo specifico e fondamentale nel passaggio
al digitale e nell'evoluzione verso una "economia dell'esperienza", grazie alla loro
capacità di orientare o amplificare le tendenze sociali e culturali e dunque, la domanda
dei consumatori.
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In terzo luogo, perché le imprese che, proporzionalmente, ricorrono in maggiore
misura ai servizi delle industrie culturali e creative, ottengono risultati assai migliori in
fatto di innovazione.
Anche se non è ancora ben chiaro come questo accada, sembra che i servizi di
innovazione creativa forniti dalle ICC contribuiscano alle attività innovative di altre
imprese e organizzazioni nei vari settori dell’economia e permettano di ovviare a
carenze comportamentali come l'avversione per il rischio e l'immobilismo. Anche qui, il
design rappresenta un buon esempio di processo creativo che può tradursi in
innovazione centrata sull'utente.
2.1
I confini del settore
L’Unione Europea definisce nella Nota Metodologica contenuta nella pubblicazione che
illustra le statistiche culturali europee, il settore culturale e creativo come “un driver
importante di crescita e di posti di lavoro in Europa, una risorsa chiave per la
creatività e l’innovazione, che contribuisce, inoltre, in modo significativo alla coesione
sociale e al benessere”.
La definizione non soddisfa pienamente neanche la Commissione. A livello
internazionale, infatti, non si è raggiunto ancora un accordo intersoggettivo che
delimiti il settore riguardo alla definizione concettuale delle ICC anche se con il Libro
Verde si raggiune un primo accordo riguardo alle caratteristiche dei due tipi di
industria: beni culturali, arti visive e performative, radio, editoria, stampa, fotografia,
design, architettura, web, pubblicità, pubbliche relazioni e per alcuni anche turismo,
sport e produzione di merci strumentali alle
ICC, vengono tutti classificati come
facenti parte del settore. La Commissione, evidenzia, inoltre, la mancanza di
statistiche affidabili e comparabili a livello europeo in grado di fornire la prova del
valore effettivo del settore allo sviluppo economico e sociale.
18
Il modo in cui si definiscono i confini del settore culturale e creativo, è stato oggetto di
un ampio dibattito, specialmente nel mondo anglosassone, in quanto dalla definizione
assunta si hanno rilevanti conseguenze su:
•
i contenuti delle politiche settoriali
•
la funzione del mercato e dello stato
•
il ruolo del settore per lo sviluppo locale sia su scala urbana che nazionale.
In letteratura infatti, si registra una forte interscambiabilità nelle definizioni anche se
sempre più la categoria di industria creativa viene considerata come quella che
comprende tutte le altre.
Un primo criterio che la letteratura economica ha utilizzato per identificare le attività
considerate “culturali” si è basato sulle modalità di finanziamento delle loro
produzioni. A partire dall’atteggiamento del pensiero economico verso il settore
culturale – dapprima inesistente e poi sempre più connesso – e dalla razionalità delle
linee di policy è possibile ricostruire l’evoluzione delle concettualizzazioni sul ruolo e
sul potenziale della cultura nelle traiettorie di sviluppo.
Dapprima, le analisi economiche sono orientate all’efficienza allocativa delle risorse
primarie, alla crescita e all’affrancamento dalla scarsità di risorse materiali. In questo
scenario, il settore culturale costituisce un’eccezione al mercato, anche se in esso
vengono prodotti e consumati una serie di beni. Le uniche riflessioni presenti
riguardano la giustificazione teorica del finanziamento pubblico del settore, senza
interesse per i funzionamenti dei mercati nei quali si manifestano le attività di
scambio. La cultura rappresenta solo uno dei tanti modi che esistono per impegnare
una ricchezza prodotta con altre modalità
A cavallo tra il XIX e XX secolo nascono invece, le cosiddette industrie culturali e la
produzione e il consumo di beni culturali diventa “funzionale” all’economia. Con
grande rapidità una serie di innovazioni tecnologiche permettono a molte forme di
espressione
culturale
di
diventare
accessibili
ad
un
numero
di
persone
straordinariamente maggiore e il settore assume una dimensione industriale.
La
19
produzione di studi sul comportamento dei consumatori, la crescita dell’occupazione, il
valore aggiunto e le interazioni con altri settori di attività ad esso collegati come, ad
esempio, il turismo, diventano parte del dibattito economico sulle ipotesi di crescita e
sviluppo e nel tentativo di estrarre valore economico dal valore culturale, le politiche
sono rivolte alla promozione del settore delle ICC, sostenendo in maniera crescente le
attività che si esplicano al suo interno, abbattendo sempre più la tradizionale
gerarchia tra cultura “alta” e cultura “bassa” o popolare.
Con il processo di de-industrializzazione economica, lo sviluppo delle nuove tecnologie
e il conseguente allargamento del pubblico di riferimento e dunque del mercato, le
economie mature ed i grandi centri produttivi cominciano a vedere nel capitale umano
e non più nel capitale fisico la forza trainante dello sviluppo capitalistico.
Nella fase attuale, sono le idee, la creatività, nella forma della conoscenza scientifica e
con il supporto delle ICT, l’origine di una quota crescente di valore aggiunto prodotto
a livello nazionale.
Il questa fase, lo sviluppo economico si basa sull’inserimento di beni immateriali e
culturali nel processo di produzione e su un rovesciamento dell’attenzione del
mercato, dall’offerta alla domanda.
L’imperativo per l'industria è ora, quello di incontrarsi e creare nuovi tipi di domanda,
non più basata unicamente sulla funzionalità di un prodotto, ma su un modello di
quality of life, socialmente condiviso.
In questo nuovo paradigma, marketing e servizi sono importanti quanto i processi di
produzione e i “creativi” sono fondamentali poiché, sullo sfondo di un processo di
apprendimento socializzato e interattivo, riescono a sviluppare idee, metafore e
messaggi che aiutano a guidare il social networking e le esperienze alla base delle
preferenze dei consumatori, in cui il vantaggio competitivo delle industrie è
rappresentato dalla prossimità geografica e dalle relazioni tra gli attori più che da
meccanismi di tipo finanziario.
20
In questo nuovo contesto, il ruolo della cultura prima e della creatività poi, è quello di
operare come agente sinergico che fornisce agli altri settori del sistema produttivo
contenuti, strumenti, pratiche creative, valore simbolico ed identitario, e quindi in
ultima analisi, costituisce un canale diretto e importante di creazione di valore
aggiunto.
In ‘The Impact of Culture on Creativity’, il primo studio di settore commissionato dalla
Commissione Europea e realizzato da KEA nel 2009, viene analizzato l’impatto della
cultura nello sviluppo di nuovi prodotti e servizi (inclusi i servizi pubblici) e si afferma
che la creatività basata si processi culturali è una parte essenziale dell’economia post
industriale.
“A firm needs more than an efficient manufacturing process, cost-control and a good
technological base to remain competitive. It also requires a strong brand, motivated
staff and a management that respects creativity and understands its process. It also
needs the development of products and services that meet citizens’ expectations or
that create these expectations. Culture-based creativity can be very helpful in this
respect” , nel guidare l’innovazione tecnologica, stimolare la ricerca, ottimizzare le
risorse umane ei valori comunicativi, favorire l’apprendimento e la creazione delle reti.
Quello delle industrie culturali e creative è oggi un tema centrale nel dibattito sui
fattori in grado di guidare una nuova fase di sviluppo dei sistemi produttivi e
dell’occupazione, che rende indispensabile una seria valutazione circa il nuovo ruolo
delle industrie culturali nell’attuale transizione da un’economia di tipo industriale ad
una postindustriale, anche in materia di finanziamento pubblico e di nuovi modelli
legislativi e aziendali, legati al partenariato pubblico-privato.
La riconsiderazione dei contenuti e degli impatti dell’industria culturale si lega dunque
ai cambiamenti che seguono la rivoluzione informatica, la quale allarga lo spazio della
produzione e ne innova i prodotti e i processi.
Riproducibilità tecnica delle opere (in questo caso non più dell’opera d’arte ma del
prodotto o del contenuto culturale), evoluzione del pubblico a cui si riferiscono,
21
diffusione delle nuove tecnologie, creatività individuale, valori d’uso, tecniche di
produzione, diritto d’autore sono le componenti principali che delimitano i confini del
settore.
L’industria culturale e creativa dunque, viene vista come l’espressione della nuova
“società dell’informazione” e della “economia della conoscenza” con effetto
sull’organizzazione spaziale delle città, sulle relazioni interpersonali, sulle forme della
democrazia. Pur non esistendo una definizione universalmente acquisita e un accordo
internazionale su quali criteri usare e quale peso attribuire a ciascuno di essi, è
possibile riassumere le attività e i prodotti culturali nel seguente modo:
Arti sovvenzionate, distinte in Beni Culturali e Arti visive. Nel primo gruppo (Beni
Culturali, rientrano le attività di biblioteche e archivi, musei e la gestione di luoghi e
monumenti storici; nel secondo (Arti visive), le rappresentazioni artistiche e le attività
destinate al loro supporto, la gestione delle strutture artistiche, le creazioni artistiche e
letterarie. I criteri di definizione dei gruppi sono legati, nel primo caso, alla
conservazione e diffusione di valori simbolici, ad una scarsa redditività (not for profit),
al consumo finale, alle tecniche artigianali di produzione. Nel secondo caso invece,
anche alla produzione di valori simbolici e alla proprietà intellettuale.
Industrie culturali, di cui fanno parte principalmente Editoria, TV e Cinema.
Rientrano tra le attività, la produzione cinematografica, di video e programmi
televisivi, le attività di post-produzione, di distribuzione e proiezione, le trasmissioni
radiofoniche e televisive, l’edizione di videogiochi, le attività di registrazione sonora e
di editoria musicale, l’edizione di libri, quotidiani, riviste e periodici, le attività delle
agenzie di stampa e le attività fotografiche. I criteri di definizione riguardano anche
qui la produzione di valori simbolici, il consumo finale e la proprietà intellettuale ma le
tecniche di produzione diventano industriali e la redditività positiva (for profit.
Industrie creative, design, web, pubblicità e pubbliche relazioni. Le attività cui si
riferiscono sono quelle degli studi di architettura, dei portali web, le pubbliche
relazioni e la comunicazione, le attività delle agenzie di pubblicità e quelle legate al
22
design specializzato. Anche qui i criteri di definizione si riferiscono alla produzione di
valori simbolici, alla commistione di tecniche di produzione artigianali e industriali, alla
redditività positiva e alla proprietà intellettuale, l’unica differenza con gli altri gruppi è
che i beni prodotti sono destinati al consumo intermedio, cioè funzionale ad altre
produzioni.
Interazione tra cultura e sistema economico sociale
Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere e Istituto Tagliacarne
A seconda dei criteri di definizione utilizzati e del peso economico affidato al campo
della cultura in termini di attività produttive e numero di addetti è possibile ricorrere
ad una classificazione dei principali modelli entro cui analizzare il fenomeno delle
Industrie Culturali e Creative. Il modello più diffuso è quello definito “modello dei
cerchi concentrici, ripreso anche in alcuni studi recenti (The Work Foundation, 2007;
KEA European Affairs, 2006) come base comune su cui fondare la definizione ed i dati
di settore.
Il modello elaborato da Throsby nel 2008, si basa sull’assunto che più forte è il
contenuto culturale di un particolare bene o servizio e più forte è la richiesta di una
23
sua inclusione nel settore. Il modello individua, sulla base del livello di contenuto
culturale, quattro cerchi di attività omogenee. Il primo cerchio rappresenta il core
delle arti creative (arti dello spettacolo e visive, letteratura e musica); il secondo
rappresenta le imprese culturali che presentano un contenuto culturale meno elevato:
biblioteche, film e musei. Il terzo comprende le attività culturali in senso lato: editoria,
registrazione sonora, servizi di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale
(heritage), televisione e radio, videogiochi per computer. Il quarto comprende tutte
quelle attività che sono correlate in modo più o meno forte e che sono culturali in un
ottica “funzionale”: archietettura, design, moda e pubblicità
Le idee creative nascono nei due cerchi centrali e come onde concentriche si
diffondono verso l’esterno. Man mano che ci si sposta dal centro il contenuto di
cultura di ogni cerchio si affievolisce mentre cresce quello commerciale.
3
LE INDUSTRIE CULTURALI IN ITALIA
Come dimostra il rapporto di Unioncamere e Symbola, l’industria culturale
rappresenta,
già
oggi,
parte
significativa
della
produzione
di
ricchezza
e
dell’occupazione in Italia.
I dati parlano di 400.000 imprese coinvolte, 1.400.000 occupati e d una apporto al PIL
del 4,9%.
La quantificazione del macrosettore culturale dà finalmente un peso al contributo che
le imprese private direttamente legate alla cultura (il core produttivo culturale),
offrono in termini di valore aggiunto ed occupazione, determinando così la dimensione
industriale del fenomeno della produzione culturale in Italia.
Nel 2010 questo contributo ha superato i 68 miliardi di euro, corrispondenti al 4,9%
del valore aggiunto complessivamente prodotto dalla nostra economia (nel 2007
24
l’incidenza era pari al 4,8%), contro i circa 3,5% della meccanica ed i mezzi di
trasporto, o contro lo stesso valore (4,9%) dell’intermediazione monetaria.
E tutto ciò senza considerare le potenzialità nell’attivazione di tanti altri settori del
nostro sistema economico, quali il turismo, il commercio di beni culturali, l’impegno
della PA o del non profit.
Valore aggiunto e occupati del sistema produttivo culturale in Italia per
settore
Anno 2010 (valori assoluti e incidenze percentuali)
Settori
Settori
Valori assoluti
Incidenze
%
su
totale economia
Valore
aggiunto
(migliaia
di
Occupati
Valore
(migliaia)
aggiunto
Occupati
euro)
Industrie creative
33.591.532
751,8
2,4
3,0
Industrie culturali
30.379.638
569,9
2,2
2,3
851.076
17,3
0,1
0,1
3.291.907
73,5
0,2
0,3
Patrimonio
storico-
artistico
Performing arts e arti
visive
25
TOTALE CULTURA
68.114.153
1.412,4
4,9
5,7
Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere e Istituto Tagliacarne% su totale
economia
Come si può facilmente vedere dai dati in tabella, le Industrie Culturali e Creative
dimostrano un buon andamento complessivo; il loro valore aggiunto è cresciuto, tra il
2007 ed il 2010, rispettivamente, di 2,9 e di 2,5 punti percentuali e anche in termini di
occupazione si evidenziano dinamiche positive (ordinatamente +1,0 e +0,7%) che
sottolineano, ancora una volta, il potenziale anticiclico dell’occupazione nel settore
culturale in Italia.
Bisogna però dire che la crescita economica delle industrie creative è stata trainata
principalmente dal segmento del Design e produzione di stile (+8,2% di valore
aggiunto e +3,1% di occupazione), costituito da quel complesso di attività che
operano direttamente nel campo del design o che internamente all’impresa
soprintendono alla design orientation dei prodotti.
Il settore delle Performing Arts è quello che mostra risultati migliori, sia in termini di
valore aggiunto (+9,3%) che di occupazione (+4,3%) mentre per le attività legate
alla valorizzazione dei beni culturali in senso stretto ed in termini di imprese private (il
settore del Patrimonio storico-artistico), si evidenzia una certa sofferenza (-0,6% di
valore aggiunto e -8,7% di occupati). Ciò è da attribuire soprattutto al grado
particolarmente elevato di dipendenza dalle risorse pubbliche che caratterizza questo
settore, nonché dalla molteplicità dei vincoli e delle complessità amministrative che in
Italia caratterizzano la gestione del patrimonio culturale.
Riguardo alle industrie culturali, i dati del comparto Film, video e radio-tv mostrano
una crescita economica nel triennio 2007-2010 del +12,0%, seguita dalla vivacità
26
esibita dal settore musicale (+8,9%); mentre il contributo dell’editoria (Libri e stampa)
è stato decisamente inferiore (+1,9%).
I dati positivi qui segnalati, sono ancora più rilevanti alla luce dell’attuale fase
congiunturale, in considerazione della drastica riduzione del sostegno pubblico alle
produzioni culturali e degli effetti del decreto Salva Italia che per esempio, non
permettono di creare nuovi enti di gestione delle imprese culturali.
Occupati
nel
sistema
produttivo
culturale
in
Italia
per
settore
e
macroripartizione territoriale
Anno 2010 (valori assoluti, composizioni e incidenze percentuali sul totale economia)
Patrim
Indus
Indus
onio
Macroriparti
trie
trie
Storico
zioni
creati
cultur
-
ve
ali
artistic
o
Perfor
TOTAL
ming
arts
arti
visive
e
E
CULTU
RA
Valori assoluti (migliaia)
Nord-Ovest
209,6
219,4
4,2
21,7
454,9
Nord-Est
203,1
111,7
3,4
17,7
336,0
Centro
175,7
152,8
4,2
16,5
349,2
Mezzogiorno
153,6
95,7
5,5
17,5
272,3
ITALIA
751,8
569,9
17,3
73,5
1.412,4
27
Composizioni percentuali
Nord-Ovest
29,2
36,8
24,2
29,6
32,2
Nord-Est
27,0
19,6
19,5
24,2
23,8
Centro
23,4
26,8
24,5
22,5
24,7
Mezzogiorno
20,4
16,8
31,8
23,8
19,3
ITALIA
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Incidenze percentuali sul totale economia
Nord-Ovest
3,0
2,9
0,1
0,3
6,2
Nord-Est
3,7
2,0
0,1
0,3
6,1
Centro
3,3
2,9
0,1
0,3
6,6
Mezzogiorno
2,4
1,5
0,1
0,3
4,2
ITALIA
3,0
2,3
0,1
0,3
5,7
Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere e Istituto Tagliacarne
A livello territoriale, il Nord-Ovest, per effetto anche del maggior peso che riveste
nell’economia in termini complessivi, si afferma come la macroripartizione che
maggiormente contribuisce alla creazione di valore economico culturale. Anche il
Nord-Est (23,8%) ed il Centro (26,2%) concorrono considerevolmente alla produzione
di ricchezza del sistema, pur se in un’ottica diametralmente opposta. Nel Nord-Est,
sono soprattutto le industrie creative (in cui ricade l’artigianato manifatturiero e le
principali attività collegate al made in Italy) a sostenere il contributo territoriale al
sistema produttivo culturale del territorio, rappresentando, peraltro, oltre un quarto
28
del totale nazionale; nel caso delle regioni del Centro, invece, sono le industrie
culturali (ovvero le attività più strettamente connesse alla produzione di contenuti
espressivi) a trainare maggiormente il sistema culturale. Il Mezzogiorno, infine, alla
luce dello scarso contributo esercitato da tutti e quattro i comparti culturali, incide per
appena il 15,9% della produzione di ricchezza nazionale del settore, con un
ammontare complessivo che, al 2010, risulta pari ad appena 10,8 miliardi di euro.
Il Nord-Est ed il Centro si affermano come le macroripartizioni a maggior capacità di
crescita. Ciò vale sia per il valore aggiunto (+4,5 e +4,1%) che per gli occupati
(+2,7% e +2,5). Anche in questo caso, tuttavia, ad una maggiore spinta esercitata
dalle industrie creative nel Nord-Est, si associa quella delle industrie culturali nel
Centro.
Le regioni che mostrano una maggior specializzazione culturale risultano il Lazio, le
Marche ed il Veneto.
Sono queste tre, le uniche realtà che presentano un’incidenza del valore aggiunto del
sistema produttivo culturale sul totale dell’economia pari o superiore al 6%. Tuttavia,
anche in questo caso, mentre per il Lazio sono le industrie culturali a fare la parte del
leone, nel caso di Marche e Veneto sono le attività più tipiche del made in Italy (che
costituiscono quasi la totalità delle industrie creative) a fornire un contributo
fondamentale alla produzione di valore aggiunto del sistema culturale.
Ciò suggerisce come sia in atto, anche alla luce della struttura che caratterizza il
sistema produttivo culturale nelle quattro aree del Paese, un processo di
focalizzazione territoriale delle attività culturali che, con ogni probabilità, è orientata
dalla presenza di skills professionali e fattori di vantaggio competitivo a livello
territoriale.
Sempre per ciò che riguarda il contributo della cultura alla creazione di valore
economico, scendendo ulteriormente di livello territoriale fino a quello provinciale, la
variabilità delle performance si accentua ulteriormente. La prima realtà per contributo
del sistema produttivo culturale alla formazione complessiva del valore aggiunto
29
provinciale è Arezzo (8,5%), a seguire Pordenone (8,0%) e Vicenza (7,8%). Le grandi
aree metropolitane si collocano in posizioni di avanguardia che variano dalla settima di
Milano (con una quota percentuale pari al 7,0%) fino alla ventinovesima di Bologna
(4,7%). Ovviamente, in linea con quanto osservato in precedenza, le province
meridionali mostrano quote percentuali quasi ovunque inferiori alla media nazionale:
le eccezioni sono rappresentate da Teramo (5,3%) ed Avellino (4,9%), uniche realtà
meridionali a registrare valori superiori alla media nazionale.
30
Contributo fornito dal sistema produttivo culturale alla formazione del
valore aggiunto complessivo, per provincia
Anno 2010 (classi di incidenze % su totale economia)
Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere e Istituto Tagliacarne
Al 2010, nel sistema produttivo culturale risultano impiegati oltre 1,4 milioni di
occupati: di questi, quasi un terzo sono localizzati al Nord‐Ovest e poco meno di un
quarto al Nord‐Est ed al Centro. In questo caso, tuttavia, ad un ruolo significativo
della componente più prettamente creativa (artigianato e made in Italy in generale)
per ciò che riguarda le macroripartizioni settentrionali, fa riscontro una maggiore
concentrazione dell’occupazione nelle industrie culturali nelle regioni centrali. A
31
dispetto di quanto comunemente si pensi, la maggiore specializzazione culturale che
emerge al Centro rispetto alle altre realtà della Penisola non è da attribuire alla
presenza di attività (sempre di natura privata come oggetto della ricerca) collegate al
patrimonio storico‐artistico, per quanto rilevante, quanto al contributo fondamentale
esercitato dalla produzione culturale nel senso più stretto, in particolare dalla
produzione organizzata industrialmente (musica, editoria, televisione, cinematografia,
ecc.) che,
specialmente nell’economia capitolina, raggiunge livelli comparabili con i grandi cluster
produttivi continentali. Del resto, non a caso, le industrie culturali contribuiscono alla
produzione complessiva di ricchezza a livello territoriale in misura maggiore al Centro
rispetto alle altre macroripartizioni della Penisola e comunque ben superiore alla
media
nazionale (2,9% rispetto al 2,2%).
3.1
L’Italia e l’Europa. I dati di settore
Nell’economia europea, il settore delle industrie creative e culturali presenta una forte
crescita. Tra il 2001 e il 2006, infatti, le industrie creative e culturali sono cresciute
ogni anno ad un tasso medio del 2,21%, se comparate con le medie annuali del 2,1%
sul totale dell’occupazione.
Consiglio per la creazione artistica finalizzato ad una riflessione sulla creazione di una
policy adeguata per la creatività.
Nel 2010 l’Osservatorio Europeo dei Cluster ha elaborato un report utilizzando una
metrica regionale per descrivere la concentrazione territoriale di un mercato che
misura 6,5 milioni di occupati nei 30 paesi considerati e che, in 24 delle 25 regioni al
top della graduatoria, sta crescendo a ritmi più sostenuti degli altri settori economici.
Alla stessa stregua degli altri settori industriali, anche quello culturale e creativo sono
distribuiti in maniera differente tra le regioni, segnalando dei differenziali di
32
prestazione nei pattern territoriali. I livelli di occupazione e competitività non risultano
direttamente correlati alla dimensione del mercato del lavoro e della numerosità degli
abitanti,
ma
significativamente
correlati
al
grado
di
specializzazione
e
di
clusterizzazione presenti nelle differenti regioni.
Dall’analisi svolta risulta, inoltre, che nelle regioni dove c’è maggiore concentrazione di
industrie culturali e creative si registrano anche i più alti tassi di prosperità economica.
Le industrie creative e culturali hanno registrato tassi medi di crescita annui di quasi il
doppio di quelli riferibili all’economia in generale e come si può vedere dalla mappa
sottostante, la crescita non è diffusa uniformemente in Europa ma è sostanzialmente
concentrata nelle aree dell'Europa centrale, nel sud della Francia e la Spagna, e nei
paesi baltici. In Germania e in Scandinavia, industrie creative e culturali hanno
sofferto del declino dell'occupazione nel periodo.
Crescita media annuale ICC anni 2001-2006
33
Le maggiori concentrazioni di occupati del settore creativo e culturale in Europa si
ritrovano nelle aree urbane. Ciò conferma i risultati di numerose ricerche accademiche
che suggeriscono che l’industrializzazione delle attività creative e culturali e di
innovazione avvenga appunto, nelle grandi aree urbane maggiormente soggette a
fenomeni di contaminazione sociale e culturale.
La forza lavoro nelle ICC, 2006
Tra le 10 regioni con la più alta concentrazione di ICC, la maggior parte si situano
vicino a grandi centri urbani. Uniche eccezioni nel confronto concentrazione ICC/forza
lavoro sono la Germania e l’Italia.
34
In Germania, Monaco di Baviera è il più grande centro di occupazione mentre
Amburgo è la città con più presenza di ICC. In Italia, Milano ha un grosso potere in
termini occupazionali mentre a Roma sui concentrano la maggior parte delle ICC. I
dati Eurostat, aggiornati al 2009, affermano che per il settore delle ICC, il numero
delle imprese operanti in Italia, è inferiore solo a quello della Germania (177.849 in
Italia contro le 187.321 della Germania. Invece, in rapporto al totale delle imprese
private operanti nei singoli paesi , la situazione si ribalta. Le imprese dell’ICC sono pari
al 4,4%, valore più basso di almeno un punto percentuale rispetto agli altri paesi
(Germania, Francia, Regno Unito) ma rispetto a questi in Italia è presente una
maggiore concentrazione di imprese nel settore manifatturiero (11,3%in Italia, 10,1 in
Germania e 7,3 nel Regno Unito). La differenza maggiore è sempre con la Germania
in cui le imprese operanti sono il 6,2% del totale.
In termini di occupazione invece, la Germania fa da capo fila con l’85,4% di occupati,
seguita dal Regno Unito (80,0%), Francia (53,2%) e Spagna (12,0%). L’Italia è ultima
con 60,1 addetti ogni 10.000 abitanti.
Per quanto riguarda l’organizzazione invece, un aspetto importante è quello delle
dimensioni dell’impresa. Anche qui l’Italia fa da fanalino di coda con una media di 2
addetti, in confronto alla Germania che ne ha 3,6 e al Regno Unito che arriva a 5,3.
I dati sembrano confermare che l’ICC in Italia ha un ruolo economico meno
impattante rispetto ad altri Pae4si e ad altri settori, sia in termini di occupazione
generata che di dimensioni industriali.
La strategia “Europa 2020” raccomanda agli Stati Membri di incrementare lo sforzo e
l’innovazione delle industrie culturali e creative come impronta del futuro sviluppo
dell’Europa tutta e dei singoli Paesi.
Le ICC sono fonte di innovazione, creano posti di lavoro e fungono da interfaccia tra i
diversi comparti di settore, sono una fonte di vantaggio competitivo non riproducibile
al di fuori del tessuto in cui vivono, chiave e, allo stesso tempo, motivazione dello
sviluppo e dell’innovazione tecnologica e della trasformazione industriale.
35
4 CASI STUDIO
Creative Factory
La Creative Factory nasce nel 2008 in un vecchio magazzino di grano chiamato
Maassilo nella zona sud di Rotterdam, a vocazione industriale, in seguito alla volontà
da parte del governo cittadino di rivitalizzare e stimolare la crescita dell’area, in cui la
maggioranza dei quartieri vivono una situazione difficile di svantaggio e difficoltà.
Al momento sono presenti circa 74 aziende, impegnate in cinque discipline diverse:
Media, Design, Musica & eventi, Moda e Business. I settori Media e il Design formano i
gruppi più grandi.
L’obiettivo della Creative Factory è quello di sostenere i giovani imprenditori ed i
creativi, creando una rete tra i vari partner in cui circolino, in forma, intersettoriale, le
conoscenze al fine di accelerare la crescita delle varie aziende presenti all’interno della
struttura. E proprio come in una fabbrica, ogni azienda collabora, tramite il proprio
valore aggiunto, a far crescere le altre e la Creative Factory nel suo insieme.
La visione che sta dietro allo sviluppo della Creative Factory è che i giovani
imprenditori facenti parte delle industrie creative siano essenziali al fiorire di quartieri,
città, paesi e continenti. Non a caso la mission esplicitata nel business plan della
Creative Factory è proprio quella di essere il motore, non solo nei Paesi Bassi ma in
tutta Europa per lo sviluppo del potenziale creativo e commerciale di giovani
promettenti, imprenditori e creativi e del territorio circostante.
La Creative Factory è costituita da una serie di uffici open-space con 3-12 imprese
suddivise in cluster.
36
Il raggruppamento avviene in modo tale che le aziende che desiderano avviare una
cooperazione
sostenibile,
hanno
priorità
su
aziende
che
invece
attuano
un’organizzazione verticistica, le quali a loro volta hanno priorità sulle imprese che
appartengono allo stesso cluster o che si ispirano a vicenda.
Dal 2008 ad oggi, sono state realizzate varie forme di cooperazione come, ad
esempio, il Koelstof impresa al sesto piano a sinistra, costituita da un certo numero di
aziende che hanno deciso di riunirsi sotto uno stesso nome in modo da crescere tutte
insieme. O ancora sette aziende provenienti da quattro cluster diversi che senza
conoscersi prima, condividono l’affitto del settimo silos.
I nuovi imprenditori che vogliono stabilirsi nella Creative Factory, sono valutati sulla
base di cinque criteri:
1. Tasso di crescita (indicatore: fatturato e raggiungimento degli obiettivi strategici);
al crescita può essere realizzata in due modi: attraverso la cooperazione e la capacità
di gestire gli ordini più ampi e complessi oppure, puntando sulla crescita della propria
organizzazione e del numero dei dipendenti.
2. Intensità di cooperazione nell'ambito della Creative Factory (indicatore: numero di
ordini distribuiti all’interno della struttura);
3. Complementarità (indicatore: numero di concorrenti nella Creative Factory);
4. Rafforzamento del brand "Creative Factory" (indicatore: la reputazione del brand
nella zona di Rotterdam-Rijnmond);
5. Età dell'imprenditore.
Questi criteri sono utilizzati anche nel colloquio di valutazione che la Creative Factory
ha almeno una volta all'anno con ogni azienda e in cui viene presa la decisione in
merito al prolungamento del contratto di locazione.
Le aziende possono affittare una o più postazioni di lavoro fisse e le imprese che non
sono presenti durante la settimana all’interno della Creative Factory, hanno la
possibilità di subaffittare il proprio posto di lavoro.
37
La Creative Factory, inoltre, offre, tra gli altri servizi, una reception centrale, sale
riunioni e sale per eventi e un ristorante. La struttura offre poi, sostegno alle imprese,
ad esempio facilitando la conoscenza tra un’impresa e l’altra, ai partner e ai clienti
esterni. Per esempio, se un potenziale cliente si avvicina alla Creative Factory, o se
questa ha acquisito un ordine, l'ordine viene trasmesso direttamente alle imprese
interessate. Le imprese possono inoltre usufruire di coaching, o affidandosi ad un
coach interno, o ad uno esterno, proveniente da altre organizzazioni (Syntens,
YourNavigator, ecc.). Contemporaneamente i partner, offrono molte possibilità a
sostegno delle aziende. Per esempio, la Rabobank offre supporto strutturale, Vesta,
società immobiliare, offre soluzioni vantaggiose per chi si vuole stabilire nella zona e la
KPMG consiglia le aziende in rapida crescita su temi quali iniziative e business
internazionali e su come gestire al meglio i propri processi finanziari.
In sostanza, la Creative Factory, nata dall’esigenza di valorizzare una ex area
industriale, sta producendo nuovi modelli di organizzazione del lavoro, nuove forme di
accesso alle risorse finanziarie, in partenariato con aree profit/ no profit, la possibilità,
per le PMI e per micro-imprese, di accedere a vari tipi di sostegno nella fase di startup, una formazione permanente, nuove collaborazioni a progetti transnazionali e di
cooperazione anche attraverso le nuove reti che si vanno formando nel tessuto
creativo locale, partenariati pubblico-privati tra imprese, sistema dell’istruzione e il
governo.
Provincia Creativa
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Il progetto RomaProvinciaCreativa nasce nel 2008, dal Dipartimento Innovazione e
Impresa, in seguito ad alcune analisi economiche che hanno dimostrato come le
“industrie creative”dell’area metropolitana romana siano linfa vitale per il sistema
produttivo locale.
Il Progetto consta di obiettivi: da un lato punta al sostegno e alla creazione di nuove
attività imprenditoriali e di nuovi prodotti; dall’altro, alla nascita di percorsi di
apprendimento e formazione, indirizzati allo sviluppo del potenziale creativo. Il
sostegno a tali aree prioritarie viene indirizzato principalmente verso progetti finalizzati
allo sviluppo imprenditoriale e culturale di zone della provincia di Roma che risultano
poco sviluppate, oppure alla creazione di progetti che coordinino e mettano in rete
esperienze già esistenti, sia attraverso l’istituzione, a partirte dal 2009, di un Fondo
per la Creatività, attraverso la piattaforma web che mette in mostra e testimoniano la
ricchezza e il valore dei talenti di questa area metropolitana, sia attraverso al
creazione di infrastrutture come il Palazzo della Creatività di viale Manzoni e lo spazio
di co-working di via Monte delle Capre, al Trullo.
Le varie iniziative del progetto Romaprovinciacreativa trovano un momento di sintesi
nella Giornata della Creatività, che con cadenza annuale contiene analisi, dibattiti,
premiazioni, workshop e che anno dopo anno si arricchisce. Nell’edizione 2012, con la
collaborazione di Innovaction Lab, sono stati selezionati 300 studenti delle università
romane (quest'anno anche dell'Università di Trento), i quali hanno seguito un corso
sull'innovazione e, divisi in gruppi, si sono poi impegnati ad elaborare un progetto di
business innovativo. I progetti più innovativi hanno permesso ai loro ideatori di
vincere un viaggio di studio a Silicon Valley e negli hub tecnologici di Israele.
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IncrediBol
Il Comune di Bologna promuove Incredibol! - l'Innovazione Creativa di Bologna,
progetto volto a favorire la crescita e la sostenibilità del settore creativo a Bologna e
in Emilia-Romagna.
Incredibol offre un kit di opportunità a supporto dei progetti imprenditoriali innovativi:
uno sportello di orientamento, consulenze, formazione, spazi gratuiti, contributi e altri
strumenti per la crescita e lo sviluppo del settore.
Incredibol si fonda su una rete di partner formata da enti pubblici e privati, già attivi
sul territorio cittadino e regionale con servizi di diverso tipo a favore dei giovani
creativi, che vogliono fare delle proprie idee una professione. Incredibol ha
selezionato nel 2010 i primi dodici progetti vincitori. A novembre 2011 ha aperto una
nuova call che ha portato nell’aprile 2012 alla selezione di 20 nuovi progetti d’impresa
creativa. Incredibol ha vinto il premio speciale per le politiche giovanili nell’ambito
della VI edizione del Premio “Cultura di Gestione”, promosso e coordinato
da Federculture.
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Agenzia Campania Innovazione
Campania Innovazione s.p.a. - Agenzia regionale per la promozione della Ricerca e
dell'Innovazione, promuove e coordina il Sistema Regionale per la Ricerca e
l’Innovazione per l’attuazione delle politiche regionali, sostenendo la competitività del
territorio campano. Campania Innovazione mira ad alimentare processi di sviluppo
economico, basati sul trasferimento tecnologico alle PMI, creando sul territorio un
ecosistema stabile a sostegno dell'innovazione, della ricerca e della competitività
regionale.
Campania Innovazione offre a imprenditori e ricercatori l'accesso ad una vasta rete di
competenze in termini di valorizzazione delle tecnologie presenti in Campania, e
servizi di informazione e orientamento, per supportare la creazione, lo sviluppo ed il
consolidamento di start-up innovative, spin-off e PMI tradizionali.
L'Agenzia inoltre, ha anche funzioni di tecnostruttura operativa, per la gestione
programmi di intervento straordinario attuati dall'Ente Regione. L'Agenzia Campania
Innovazione promuove, organizza e coordina in forma associata una Rete di strutture,
infrastrutture, laboratori o centri dedicati alla ricerca di interesse industriale, al
trasferimento tecnologico per l'innovazione, alla tutela della proprietà intellettuale,
fatta di 7 Università, 40 istituti di ricerca avanzata, 10 centri di competenza, ed 1
distretto tecnologico e di un tessuto imprenditoriale, con oltre 38.000 piccole e medie
imprese manifatturiere non artigiane, di cui 7.000 con propensione all'esportazione.
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I programmi e i servizi di Campania Innovazione sono attivati attraverso Campania
In.Hub Rete Regionale Ricerca e Innovazione che opera a sostegno della competitività
del sistema ricerca e impresa, favorendo le relazioni tra scienza e industria,
valorizzando nuove idee di business e diffondendo la cultura dell'innovazione.
Campania In.Hub ha la finalità di favorire il trasferimento tecnologico e alimentare
processi di sviluppo della ricerca e della competitività regionale a beneficio di PMI e
ricercatori.
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