RCPquestioni 678..704

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RCPquestioni 678..704
questioni e
osservatori
sez.3 indice
| d o c . 18 SALUTE (TUTELA DELLA)
VIOLENZA PSICHICA ENDO-FAMILIARE, PLAGIO DELLA VITTIMA E RIMEDI
TERAPEUTICI – di Domenico Chindemi e Valeria Cardile P.
| d o c . 19 AMBIENTE (TUTELA DELL’)
LA TUTELA CIVILE DELL’AMBIENTE ALLA LUCE DEL TESTO UNICO AMBIENTALE – di Gabriele Salvi P.
osservatorio di diritto straniero
| d o c . 20 CONSUMATORE (TUTELA DEL)
LA TUTELA GIURIDICA DEL CONSUMATORE DI FRONTE ALLA RESPONSABILITÀ CIVILE ED AMMINISTRATIVA DELLA BANCA –
di Juan Espinoza Espinoza P.
| d o c . 21 RESPONSABILITÀ CIVILE
LA PROPOSTA DI REGOLAMENTO COMUNITARIO SULLA RESPONSABILITÀ
EXTRACONTRATTUALE – di Paolo Porreca P.
osservatorio normativo
| d o c . 22 DANNO NON PATRIMONIALE
IL DANNO NON PATRIMONIALE DA CONTRATTO: L’IPOTESI DEL DANNO
DA VACANZA ROVINATA – di Alessandra Spangaro P.
questioni
SALUTE (TUTELA DELLA)
| 18 VIOLENZA PSICHICA ENDOFAMILIARE, PLAGIO DELLA VITTIMA E
RIMEDI TERAPEUTICI
Uno dei terreni più fertili su cui la violenza psichica attecchisce è l’ambito familiare con comportamenti
del partner, solitamente l’uomo, caratterizzati da una sottile, ripetuta e perversa forma di violenza psichica
che, col tempo, tende ad annullare la personalità della vittima fino al suo annientamento.
È un mondo poco esplorato sia dalla giurisprudenza che dalla sociologia per le difficoltà di individuazione
di tali situazioni che raramente vengono denunciate e anche quando sono portate all’attenzione della giustizia i relativi procedimenti, a meno che non trattasi di violenza fisica facilmente accertabile, si concludono col proscioglimento o l’assoluzione per la difficoltà di prova e per i comportamenti manipolatori dell’uomo che tende a far apparire la vittima quale visionaria e comunque poco credibile.
È un universo poco esplorato anche dalla stessa psichiatria in quanto sovente le vittime non si rendono
conto di avere di fronte un malato psichico e questi ultimi non sono coscienti di trovarsi in uno stato patologico ed attribuiscono comportamenti devianti o violenti all’atteggiamento dell’altro su cui scaricano
tutte le responsabilità.
Tale lavoro completa il trittico costituito da « Molestie morali: tutela giuridica e rimedi terapeutici » e « Violenza coniugale e malattie psichiche: rimedi e cura », (entrambi in questa Rivista, 2007), nel tentativo di offrire un vasto panorama delle varie forme di molestie morale e sulle possibilità di rimedi terapeutici e giuridici.
Sommario 1. Violenza psichica endo-familiare. — 2. Comportamenti rilevatori della patologia psichica. — 3.
Plagio della vittima. — 4. Rimedi comportamentali e terapeutici.
di Domenico Chindemi – Magistrato e di Valeria Cardile – Farmacista
1. VIOLENZA PSICHICA ENDO-FAMILIARE
La violenza psichica endo-familiare può avere diverse cause, alcune semplicemente
caratteriali, che sfociano in litigi in cui però non vi è una situazione di sudditanza
della donna e che possono considerarsi espressioni anche fisiologiche e normali del
rapporto di coppia, altre più subdole, soprattutto di violenza psichica che possono
portare al plagio della vittima; tale ultima situazione è particolarmente pericolosa perché la donna non si rende conto di quanto le sta succedendo e si ritrova in una situazione di annullamento e umiliazione da cui non riesce a uscire non potendo contare
su alcun aiuto esterno a causa dello stesso comportamento del partner che farà di
tutto per nascondere tale situazione all’esterno, lasciando la donna dominata in uno
stato di isolamento che può portarla alla autodistruzione (1).
(1)
Per un approfondimento sulla tematica delle
molestie morali, Chindemi-Cardile, Molestie mo-
rali: tutela giuridica e rimedi terapeutici, in questa
Rivista, 2007, ... e degli stessi Aa., Violenza coniu-
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Solitamente l’uomo giustifica la violenza attribuendo la responsabilità alla moglie
accusata di vere o presunte colpe che starebbero alla base della violenza, mentre la
donna è più portata a trovare la causa delle violenze dentro di se e non all’esterno (2).
Durante la fase del condizionamento la vittima avverte difficoltà nella comunicazione, ma tende a sottovalutarle credendo di poter far fronte alla situazione anche
successivamente, accettando una situazione che va sempre più deteriorandosi, (3) tale
generosità sarà pagata a caro prezzo in quanto la donna resterà sempre più invischiata nella tela che il malato le tesse intorno fino a paralizzarla (4).
Nella prima fase le vittime non sono in grado di rendersi conto della violenza, soprattutto se ancora non si è manifestata appieno ed appaiono confuse e inebetite
dalla situazione che le sta fagocitando (5).
Difficilmente la donna, per le manipolazioni che vengono attuate nei suoi confronti
lascia il partner violento e in qualche caso si verifica il fenomeno della sindrome di
Stoccolma che crea un legame patologico tra vittima e aggressore (6).
gale e malattie psichiche: rimedi e cura, in questa
Rivista, 2007, ...
(2)
Al contrario di quanto pretenderebbe l’uomo,
non è affatto uno specifico comportamento della
compagna a provocare la sua esplosione: è l’uomo
a servirsi di tale pretesto per giustificare la sua ira,
i suoi insulti, i suoi gesti aggressivi. Tutti i racconti
delle vittime descrivono uomini che diventano irritabili senza motivo apparente. La tensione aumenta d’intensità fino alla violenza verbale e poi fisica.
Le cause esterne addotte come giustificazione
sono assai stereotipate. Può essere lo stress (è nervoso a causa di preoccupazioni finanziarie) o una
provocazione della moglie (che ha suscitato la collera) e, in tal caso, l’aggressione si assimila a una
punizione. Un’altra scusa, infine, spesso accampata
dagli uomini, ma anche dai testimoni esterni, è l’alcool. Tutti questi uomini che giustificano il proprio
comportamento con una perdita del controllo sono
però capaci di tenerlo a bada in società o sul luogo
di lavoro. La maggior parte di loro si mostra difficile in coppia, mentre non presenta né particolari
difficoltà nella vita sociale né alcun evidente problema psichiatrico.
Debbono riuscire a mantenersi onnipotenti, se
necessario anche con la manipolazione e la menzogna. Dal momento che non vogliono sentirsi responsabili, dev’essere per forza per colpa di qualcun altro; si tolgono d’impaccio rivoltando il problema e atteggiandosi a vittime. In mancanza di
scuse esterne credibili, come abbiamo visto, sanno
impietosire gli altri raccontando della loro infanzia
infelice. Questa deresponsabilizzazione è male accettata dalle donne, perché negare la loro sofferenza costituisce un’aggressione supplementare,
Hirigoyen, Sottomesse, Trento, 2005, 123.
(3)
Le vittime si sentono vuote, stanche prive di
energia. Niente le interessa più. Non riescono più
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a pensare o a concentrarsi, nemmeno su attività
molto banali. Può darsi che sopravvengano, allora
idee suicide. Il rischio è massimo nel momento in
cui prendono coscienza di essere state ingannate e
che niente consentirà loro di essere riconosciute
dalla parte della ragione. In caso di suicidio o di
tentativo di suicidio, i perversi vedono confermata
la loro convinzione che l’altro fosse debole, disturbato, pazzo e che le aggressioni cui lo si sottoponeva fossero giustificate, Hirigoyen, Molestie morali, Torino, 2000, 172.
(4)
Durante la fase di condizionamento, la vittima
del perverso narcisista, avverte che non si può trattare con l’altro, il quale non cederà, e preferisce
dei compromessi piuttosto che correre il rischio
della separazione.
Le vittime dei perversi narcisisti, in un illusorio
impulso altruista, si rassegnano a sottostare agli
abusi del partner. Pur lamentandosi dei suoi comportamenti negativi, devono continuare a idealizzarne altri aspetti (è molto intelligente, un bravissimo genitore...), Hirigoyen, Molestie morali, cit.,
.163.
(5)
Quando il condizionamento è in atto, le vittime sono confuse; non osano o non sono in grado
di lamentarsi. Sono come anestetizzate, si lamentano di avere la testa vuota e difficoltà a riflettere.
Anche se qualche volta hanno la sensazione di subire un’ingiustizia, sono confuse al punto da non
potere reagire in alcun modo. Infatti, di fronte a un
perverso narcisista, se non si è nello stesso registro
non è possibile avere l’ultima parola. L’unica via
d’uscita consiste nel sottomettersi. La confusione
genere stress. Quando il loro aggressore viene
smascherato, le vittime dicono di sentirsi sollevate,
Hirigoyen, Molestie morali, cit., .164.
(6)
Tale fenomeno è stato descritto a proposito di
ostaggi che hanno preso le difese del loro aggressore. Si viene cosı̀ a creare un legame paradossale
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Ciò che caratterizza il comportamento di un perverso è la assoluta mancanza di
sentimenti e, quindi, di senso di colpa per la violenza nei confronti della donna che
cercherà di trovare una giustificazione al comportamento dell’uomo, non potendo
pensare la vittima che trattasi di una violenza immotivata; invece l’atteggiamento del
perverso è indipendente dal comportamento della vittima e trova la propria ragione
nella patologia da cui è affetto l’uomo ma che è generalmente sconosciuta alla donna
che proverà sensi di colpa per non avere individuato la regione della violenza dell’uomo (7).
Le donne sono portate a colpevolizzarsi per la violenza del partner cercando di individuare in loro comportamenti o atteggiamenti le cause della violenza che, invece,
vanno ricercate nella particolare patologia da cui è affetto il partner (8).
Finché le donne non prenderanno coscienza della malattia del partner continueranno in questo loro atteggiamento che tende, in termini eziologici di imputazione di
responsabilità, a far ricadere su loro stesse le violenze subite (9).
fra certe vittime e i loro carnefici o fra un ostaggio
e i suoi rapitori. Quando una persona si trova in
una situazione in cui la sua vita è in pericolo e non
ha alcuna difesa di fronte all’individuo che ha potere di vita o di morte su di lei, finisce per identificarsi con lui. In questo caso, la vittima si mette in
un certo senso a vedere il mondo con gli occhi del
suo aggressore, allo scopo di dominare il pericolo.
Per una donna che vive per anni con un compagno
violento e ha rapporti intimi con lui, si può facilmente immaginare come la situazione sia più
grave.
Tale sindrome non costituisce in nessun caso
una patologia, ma è un’efficace protezione per le
vittime perché impedisce loro una reazione violenta, che le metterebbe in pericolo, Hirigoyen,
Sottomesse, cit., 99.
(7)
Le vittime e gli eventuali testimoni non riescono a credere a quello che accade sotto i loro occhi perché, se non si è a propria volta perversi,
non si può immaginare una violenza del genere,
senza traccia di compassione. Si tende ad attribuire
all’aggressore sentimenti (senso di colpa, tristezza,
rimorsi) di cui è del tutto privo. Non potendo capire, la vittima si ritrova, sbalordita, a negare che
esista ciò che non è in grado di vedere. Non è possibile che sia successo, non può essere. Di fronte a
questo rifiuto violento, avvertito ma negato a parole, le vittime cercano invano di capire e di darsi
spiegazioni. cercano le ragioni per ciò che succede
e, poiché non le trovano, perdono sicurezza, diventano irritabili o sempre aggressive e chiedono in
continuazione: « Che cosa ho fatto per essere trattata cosı̀? Ci sarà pure una ragione » Cercano spiegazioni logiche, mentre il processo è autonomo,
non ha più nulla a che vedere con loro. Dicono
spesso al loro aggressore: « Dimmi che cosa mi rimproveri, dimmi che cosa devo fare perché il nostro
rapporto migliori », e questo risponde invariabil-
mente: « Non c’è niente da dire, è cosı̀. Comunque,
tu non capisci niente! ». Spesso quanti sono vicini
alla vittima rafforzano questo senso di colpa: confusi anch’essi, sanno raramente essere d’aiuto
senza giudicare e fanno commenti o danno interpretazioni selvagge: « Dovresti essere meno cosı̀ o
più cosà!... Non pensi di soffiare sul fuoco? Se è cosı̀,
è perché l’hai preso per il verso sbagliato... ». I perversi fanno in modo che agli occhi degli osservatori
esterni, la colpa sia della vittima, Hirigoyen, Molestie morali, cit., 165.
(8)
La vittima, pur riconoscendo la propria sofferenza, non osa immaginare veramente che abbiano
avuto luogo violenza e aggressione. A volte rimane
in dubbio: « Non sarò io a inventarmi tutto, come
certi vogliono farmi credere? ». Se ha il coraggio di
lamentarsi di quanto accade, ha la sensazione di
descrivere male, e dunque di non venire capita,
Hirigoyen, Molestie morali, cit., XVII). Per ogni
profilo psicologico, è importante differenziare la
violenza impulsiva, in cui l’uomo controlla male le
proprie collere e le proprie emozioni, dalla violenza
strumentale, in cui i comportamenti aggressivi
sono eseguiti freddamente, con lo scopo di fare del
male.
Per semplificare, possiamo dire che, da un lato,
ci sono tutte le personalità narcisistiche, fra le
quali alcune sono impulsive (gli psicopatici e i borderline), altre strumentali (i perversi narcisisti).
Dall’altro lato troviamo le personalità che definirei
rigide, che comprendono essenzialmente gli ossessivi e soprattutto i paranoici, Hirigoyen, Sottomesse, cit. 136.
(9)
In tutti i casi di violenza coniugale si verifica
un’inversione della colpa. Le donne pensano che,
se il loro partner è violento, è perché non sono
state capaci di renderlo felice, o non ci hanno saputo fare, o hanno avuto un comportamento inadeguato. La donna porta su di sé la colpevolezza che
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Nel caso di violenze continuate e ripetute nel tempo, anche dopo la loro cessazione
permane nella donna uno stato di insicurezza e confusione qualificabile « stress posttraumatico »con conseguenze che si ripercuotono a volte anche per un arco temporale
considerevole, nella psiche della vittima che non riesce a sganciarsi dalla dipendenza
psicologica col coniuge (10).
A lungo termine la resistenza psichica della vittima si affievolisce e può insorgere
uno stato di esaurimento nervoso collegato allo stress subito che fa sı̀ che la donna si
senta priva di energia e, quindi, anche della capacità di reazione alla aggressione subita e che continua a subire; questa situazione genera ulteriore sottomissione della
donna incapace di reagire alla violenza psichica del partner (11).
La violenza, tuttavia, sia pure in casi statisticamente più rari, può anche essere
messa in atto dalla donna anche se trattasi quasi sempre di violenza psicologica; in
molti casi costituisce una reazione alla violenza del partner e non può essere qualificata, quindi, quale patologica; in altri casi trattasi di malattia anche se non raggiunge i
livelli patologici generalmente riscontrabili negli uomini (12).
il partner non prova. È lei che viene resa responsabile delle difficoltà di coppia. Di fatto, la colpa si inverte perché la vittima non riesce a esprimere
quello che subisce e a rimproverarlo all’uomo. Gli
errori non dichiarati sono « portati » dalle vittime,
in attesa di essere riconosciuti dai loro autori. Si
tratta di una duplice ferita, da cui le vittime non
sono protette. La colpa maschera quindi l’aggressività che queste donne non riescono a provare. Gli
uomini violenti possono usare tattiche di ritorsione.
Se le cose vanno male, è perché la moglie ha cercato di difendersi: « È a causa del tuo temperamento
che sono obbligato ad agire cosı̀! ». Succede anche
che alcuni uomini chiedano alla loro compagna di
trovare da sé la spiegazione alla loro violenza, fino
a riconoscerla e a interiorizzarla: « Tu non sai perché ti tratto cosı̀, ebbene, cerca e forse capirai! ». I
partner violenti rafforzano il processo di colpevolizzazione quando la donna minaccia di andarsene.
Allora, viene accusata di voler distruggere l’uomo,
e la manovra è accentuata dal ricatto del suicidio:
« Ho paura che i miei figli un giorno mi dicano: Hai
lasciato papà e lui si è ucciso » Hirigoyen, Sottomesse, cit.,105.
(10)
Il persistere del legame di dipendenza va
avanti anche quando la situazione di condizionamento è scomparsa. Più quest’ultima dura, e meno
la persona è in grado di sganciarsi, presa com’è tra
dipendenza e violenza; e questo sfocia a volte in
una vera e propria morte psichica. Le donne vittime di violenza matrimoniale, come ogni persona
esposta ripetutamente a traumi, possono presentare, anche molto tempo dopo la separazione, turbe
da stress post-traumatico. Le persone traumatizzate presentano un elevato livello di attività mentale e fisica. Ciò si traduce prima di tutto in turbe
ansiose. Può trattarsi di angoscia fluttuante, accompagnata da un persistente senso di insicurezza
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e da ondate d’ansia paragonabili ad « attacchi di
panico ». In queste persone, sono anche constatabili difficoltà di assopimento, il loro sonno è leggero, il minimo rumore provoca un risveglio agitato, hanno incubi che rappresentano il passato...
Questi disturbi sono legati a disfunzioni a livello di
diverse strutture cerebrali, conseguenza diretta dei
meccanismi fisiologici del plagio, Hirigoyen, Sottomesse, cit., 106.
(11)
Le vittime, indebolite nella fase di condizionamento, si sentono ora aggredite direttamente. Le
capacità di resistenza di un individuo non sono illimitate, a poco a poco si erodono e portano a un
esaurimento psichico. Oltre una certa quantità di
stress non può più esserci lavoro di adattamento,
ma solo scompenso. Si attivano disturbi più durevoli. Le vittime presentano uno stato d’ansia generalizzato, disturbi psicosomatici o uno stato di depressione. In soggetti più impulsivi lo scompenso
può manifestarsi con azioni violente che portano
all’ospedale psichiatrico. Non è raro che disturbi di
questo tipo siano, agli occhi degli aggressori, una
sorta di giustificazione della molestia. Questi stati
depressivi sono legati all’esaurimento, a un eccesso
di stress, Hirigoyen, Molestie morali, cit., 172.
(12)
La violenza non ha sesso. Anche le donne
sanno essere violente, quando possono, usano proprio come gli uomini gli strumenti del potere... Le
donne esercitano soprattutto una violenza psicologica sul partner... Se ci sono pochi studi sul tema, è
perché gli uomini si vergognano di essere vittime
di una donna e preferiscono tacere, e anche perché, quando osano parlare, in genere non vengono
creduti. Depositare un verbale o una querela di
fronte a poliziotti increduli non è la cosa più facile
del mondo... Per lo più, tuttavia, la violenza fisica
delle donne è di reazione. La maggior parte di
quelle che hanno ucciso il coniuge lo hanno fatto
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È anche importante conoscere le eventuali possibili conseguenze a livello di incolumità personale in caso di allontanamento della donna che può provocare reazioni
anche gravi e non controllate nel partner violento fino a sfociare anche, soprattutto
nei casi di grave paranoia, nell’omicidio (13).
La vittima è come la preda per un cacciatore con la differenza che non le spara, se
non in casi estremi ed a seguito, generalmente di abbandono, ma si limita a prendere
l’energia vitale della vittima prostrandola pian piano (14).
È, quindi, importante che la donna prenda coscienza di tale situazione di pericolo
e si comporti di conseguenza ponendo in essere tutti gli accorgimenti necessari per
evitare pericolo alla propria incolumità; generalmente occorre un certo periodo di
tempo prima che la donna possa elaborare la propria situazione e prendere una decisione di abbandono del partner (15)
Generalmente la vittima non pensa di avere a che fare con una persona malata e
cerca di trovare delle soluzioni al comportamento distruttivo dell’altro, anche tentando di chiarire la situazione e i presunti malintesi che l’hanno originata (16).
per proteggersi o per legittima difesa di fronte alle
violenze di cui erano vittime... Mentre gli uomini
usano spesso la violenza fisica per dominare e controllare la compagna, le donne impiegano più di
frequente la violenza perversa e la manipolazione...
Sebbene alcuni uomini subiscano violenza dalla
propria compagna, le proporzioni non sono affatto
quelle riscontrabili per le donne. Nel 98% dei casi
di violenza, l’autore è un uomo... La maggior parte
degli uomini che subiscono violenza dalla compagna non presentano particolari patologie, pur
avendo la caratteristica di non essere per niente
machos. Inoltre, al contrario degli uomini violenti,
non recriminano affatto contro le donne in genere,
accontentandosi di dire che hanno qualche difficoltà con la loro donna... Le donne violente presentano per lo più una personalità borderline (al limite)... Senza negare la realtà della violenza femminile, bisogna stare attenti che questo non getti
discredito sulle donne vittime di violenze, un fenomeno di ampiezza incommensurabile, Hirigoyen,
Sottomesse, cit. 111.
(13)
Bisogna tener conto del rischio che corre una
donna andandosene di casa: la maggior parte degli
omicidi commessi dal coniuge si verificano dopo
che le donne sono andate via, o quando hanno intenzione di farlo. Il coniuge che si sente abbandonato può avere una reazione paranoica, che a volte
conduce a un omicidio in famiglia... Di fronte a
questo pericolo, le associazioni francesi hanno diffuso certe schede pratiche, utilissime alle donne
che vogliono andare via da casa in un contesto di
violenza. È prudente essere previdenti e preparare
la propria partenza immaginando uno scenario di
protezione in caso di pericolo: identificare le persone che potrebbero venire in aiuto in caso di
emergenza; imparare a memoria i numeri di telefono importanti: polizia, associazioni...; preparare
una borsa con un duplicato delle chiavi, denaro liquido, necessario da toilette e un po’ di biancheria;
mettere al sicuro le carte importanti: elementi di
prova (certificati medici, testimonianze, ricevute di
denunce depositate), carta d’identità, documenti
importanti (tessere, diplomi, libretti degli assegni...), Hirigoyen, Sottomesse, cit. 197.
(14)
Le vittime sono trasformate in preda dalla
loro stessa energia vitale. I perversi si attaccano
alla vitalità che percepiscono e di cui cercano di
appropriarsi. Le vittime hanno bisogno di dare e i
perversi narcisisti di prendere: non si può immaginare incontro più ideale... L’uno rifiuta ogni senso
di colpa, l’altro ha una naturale propensione a colpevolizzarsi. Per i perversi, perché il gioco valga la
candela, bisogna che la vittima all’inizio sappia resistere, per finire con il cedere in seguito, Hirigoyen, Molestie morali, cit., 153.
(15)
Quando le donne prendono la decisione di
andarsene, per lo più sono seriamente prostrate
dal punto di vista fisico e morale, sono scoraggiate
di fronte ai passi che devono compiere. Qualunque
sia l’ambiente sociale cui appartengono, sono
sprovviste di denaro, non sanno dove andare, non
conoscono i propri diritti e si chiedono da che
parte girarsi, che cosa dire ai bambini, Hirigoyen,
Sottomesse, cit. 193.
(16)
Quando prendono coscienza della manipolazione, le vittime si sentono prese in giro, come chi
sia appena stato truffato. Scoprono troppo tardi di
essere vittime, che ci si è presi gioco di loro. Perdono la stima di sé e la propria dignità. Si vergognano del modo in cui hanno reagito alla manipolazione: « Avrei dovuto reagire prima », « Perché non
mi sono accorto di niente? »... Si vergognano quando
prendono coscienza della propria compiacenza patologica, che ha autorizzato l’altro ad essere violento. A volte desiderano, allora, vendicarsi, ma
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Trattasi di un modo di agire normale, tra persone normali ma poco efficace con un
perverso o paranoico che non sentirà ragioni e continuerà nella sua azione distruttrice avvantaggiato dal comportamento aperto dell’altro, rifiutando qualsiasi dialogo (17).
La sensazione più comune che le donne devono affrontare è il senso di isolamento
per la difficoltà di comunicare all’esterno una violenza non visibile che si manifesta
generalmente solo nei confronti della vittima, fatta di sguardi, di allusioni, di comportamenti celati all’esterno, che la donna trova difficoltà a far riconoscere anche dagli
amici o familiari, tanto che a volte dubitano esse stesse di avere esagerato (18)
A volte le vittime reagiscono con la dissociazione, che è uno strumento di difesa
che fa sı̀ che ci si dimentichi di ciò che la nostra mente non riesce a sopportare, ricordando il resto ma perdendo memoria delle violenze subite, ritardando il processo di
presa di coscienza, in quanto non si ha il ricordo delle angherie subite, mentre gli episodi ricordati non appaiono sufficientemente significativi ai fini del riconoscimento
della propria situazione di vittima e del comportamento patologico del partner (19).
Un’azione preventiva è difficilmente concertabile stante la generale inefficacia
delle cure nei confronti dell’uomo e non essendo facile che la donna possa preventivamente riconoscere la violenza prima che questa si manifesti in tutta la sua valenza
distruttiva (20); occorre, quindi, sensibilizzare con campagne informative le famiglie
nella maggior parte dei casi sono in cerca di una
riabilitazione, di un riconoscimento della loro identità. Aspettano delle scuse, che non riceveranno,
da parte del loro aggressore. Se riparazione c’è, la
ottengono molto più tardi, e da parte dei testimoni
o dei complici passivi che, manipolati dal perverso,
hanno partecipato all’aggressione, Hirigoyen, Molestie morali, cit., 171.
(17)
Le vittime sembrano ingenue, credulone. Poiché non sono capaci di immaginare che l’altro sia
sostanzialmente distruttivo, cercano di trovare
delle spiegazioni logiche e tentano di evitare ogni
malinteso: « Se gli spiego, capirà e si scuserà del suo
comportamento ». Convinte che parlando troveranno una soluzione, permettono ai perversi, che
rifiutano qualunque dialogo, di metterle in scacco
come vogliono. Chi non è perverso non può immaginare subito tanta manipolazione e malevolenza.
Per liberarsi del loro aggressore, le vittime si impongono di essere trasparenti e tentano di giustificarsi. Quando una persona trasparente si apre con
una che diffida, è probabile che quest’ultima
prenda il potere. Tutte le chiavi che le vittime consegnano ai loro aggressori non fanno altro che incrementare il disprezzo che essi manifestano nei
loro confronti,. Hirigoyen, Molestie morali, cit., 154.
(18)
Nell’affrontare tutto ciò le vittime si sentono
sole. Come parlare all’esterno? La distruzione sotterranea è indicibile. Come descrivere uno sguardo
carico d’odio, una violenza che si manifesta solo
con sottintesi, non detti? La violenza è evidente
soltanto agli occhi del partner perseguitato. Come
potrebbero gli amici immaginare quello che suc-
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cede? Quand’anche venissero a conoscenza della
realtà delle aggressioni, non farebbero che rimanerne turbati e inorriditi a loro volta. In genere, i
conoscenti e gli amici, anche i più stretti, si tengono a distanza: « Non vogliamo immischiarci ». Le
vittime dubitano delle proprie percezioni, non sono
sicure di non esagerare. Quando le aggressioni si
verificano di fronte a testimoni, succede che le vittime, che proteggono sempre il loro aggressore,
considerino eccessive le proprie reazioni e si trovino nella situazione paradossale di difendere chi
le aggredisce per non soffiare sul fuoco, Hirigoyen,
Molestie morali, cit., 169.
(19)
La dissociazione si può descrivere come una
disgregazione della personalità. Nel DSM-IV viene
definita come l’avvento di una crisi che tocca funzioni normalmente integrate, come la coscienza, la
memoria, l’identità o la percezione del modo circostante. È un fenomeno difensivo contro la paura, il
dolore o l’impotenza di fronte a un evento traumatico che è cosı̀ lontano da quanto si può concepire
normalmente, che lo psichismo non può far altro
che deformarlo o scacciarlo dalla coscienza. La dissociazione opera una distinzione tra quello che si
può e quello che non si può sopportare, destinando
ciò che è intollerabile all’amnesia. Filtra l’esperienza vissuta, arrecando cosı̀ sollievo e protezione
parziale. Il fenomeno dissociativo interviene a rafforzare il condizionamento e costituirà una difficoltà supplementare di cui bisognerà tenere conto
nella terapia, Hirigoyen, Molestie morali, cit., 172.
(20)
Stranamente, è raro assistere a moti di collera o di ribellione, anche dopo che le vittime
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dell’esistenza di tale fenomeno che può assumere le forme e le estrinsecazioni più
svariate e non sempre necessariamente patologiche, perché aumenti la sensibilità
della donne nel riconoscere immediatamente, già dal primo manifestarsi, la forme di
patologica violenza che spesso assume i connotati della perversione (21).
Una reazione da parte delle donne si verifica generalmente solo quando prendono
coscienza di cosa sta loro succedendo, ma non sempre la reazione è adeguata a tale
nuovo status, ma costituisce il primo passo del processo di affrancazione che si preannuncia comunque lungo e doloroso, comportando, comunque, la consapevolezza del
fallimento del rapporto di coppia (22).
Una delle tematiche non sufficientemente sviluppata anche per i pochi casi posti
all’attenzione della magistratura concerne la eventuale responsabilità del medico curante e dello psichiatra in particolare per atti auto-aggressivi (suicidio o tentato suicidio) o eteroaggressivi (omicidio o lesioni nei confronti di terzi) compiuti dal malato
psichico, sovente nei confronti del coniuge, una volta diagnosticata la malattia.
Relativamente ai secondi (atti etero-aggressivi), trattandosi, generalmente, di responsabilità per comportamento omissivo occorre accertare: 1) se il medico fosse titolare di un obbligo giuridico di impedire l’evento ex art. 40 comma 2 c.p. (cd posizione di
garanzia) (cioè se il medico può essere considerato quale garante della vita e della salute del paziente e dei terzi in rapporto con quest’ultimo).
Al riguardo occorre individuare: a) la fonte normativa di tale obbligo che può essere circoscritta all’art. 1 l. 502/1992 — che attribuisce al Servizio Sanitario Nazionale,
e quindi a tutto il personale sanitario, il compito della tutela della salute dei cittadini o
al contratto stipulato tra medico e paziente, b) la presa in carico del paziente da parte
dello psichiatra, c) la condotta doverosa che lo psichiatra non ha posto in essere (es:
prescrizione di un farmaco, ulteriori accertamenti); d) ipotizzare come compiuta la
condotta omessa e accertare se il fatto lesivo o autolesivo si sarebbe, o meno, verificato nonostante il compimento di quella condotta (23).
hanno deciso di separarsi. Eppure, la rabbia permetterebbe di liberarsi. Le vittime sanno puntare il
dito contro la propria sorte ingiusta, ma non sono
tuttavia capaci di ribellarsi. La rabbia arriverà solo
più tardi e si tratterà, nella maggior parte dei casi,
di una collera censurata e quindi inefficace. Per
provare davvero una collera liberatrice, le vittime
dovranno uscire dal condizionamento, Hirigoyen,
Molestie morali, cit., 171.
(21)
La perversione non nasce da un disturbo psichiatrico, ma da una fredda razionalità associata
alla incapacità di considerare gli altri come esseri
umani. Un certo numero di perversi commettono
atti delittuosi per i quali vengono processati, ma i
più si servono del loro fascino e delle loro capacità
di adattamento per aprirsi una strada nella società,
lasciando sul loro cammino persone ferite e vite distrutte. Psichiatri, giudici, educatori: tutti ci siamo
fatti abbindolare da persone che si facevano passare per vittime, Hirigoyen, Molestie morali, cit.,
XIII.
(22)
Lo choc si produce quando le vittime pren-
dono coscienza dell’aggressione. Fino ad allora
non diffidavano, probabilmente erano addirittura
troppo fiduciose. Anche se persone esterne avessero fatto loro notare quanto erano sottomesse e
tolleranti di fronte a una palese mancanza di rispetto, si sarebbero rifiutate di riconoscerlo. Brutalmente, capiscono ora di essere state vittime di
manipolazione. Si ritrovano disorientate, ferite.
Tutto crolla. Il traumatismo è grave a causa della
sorpresa e della loro impreparazione, conseguenza
del condizionamento. Al momento dello choc emozionale, dolore e angoscia si mescolano. È una sensazione di violenta effrazione, di sbalordimento, di
sopraffazione, di abbattimento, che alcune vittime
descrivono come un’aggressione fisica: « È come
una pugnalata », « Mi dice parole terribili e io ho
l’impressione di essere un pugile messo al tappeto
che continua a essere pestato di santa ragione », Hirigoyen, Molestie morali, cit., 171.
(23)
Sulla causalità omissiva, Fiandaca, Il reato
commissivo mediante omissione, 1979; Masera, Il
modello causale delle Sezioni Unite e la causalità
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questioni
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Una responsabilità per atti etero-aggressivi può configurarsi solamente nel caso di
malato mentale ricoverato in regime di t.s.o., nei confronti di terzi (visitatori o altri pazienti ricoverati), in quanto collegato all’obbligo di sorveglianza del malato stesso.
Nel caso in cui il malato mentale non sia, invece, ricoverato deve escludersi che lo
psichiatra o il medico curante abbino un qualche obbligo giuridico di impedire l’evento non essendo individuabile nella normativa in tema di cura delle malattie mentali alcun fine di tutela dei terzi in quanto l’art. 34 l. 833/1978 prevede il trattamento
sanitario obbligatorio nel caso di « alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici » che non possano essere attuati in ambiente extraospedaliero, con riferimento esclusivo alle necessità di cura del malato, senza alcun riferimento alla tutela della collettività, ed essendo stata abrogata dalla l. 180/1978 le uniche norme, a
cui poteva attribuirsi una funzione di tutela della incolumità di terzi e, più specificatamente, le contravvenzioni previste dagli artt. 714 ss. c.p. per l’omessa o non autorizzata custodia di alienati di mente e di omessa denuncia di malattie di mente con conseguente esclusione di tutela di terzi e, più specificamente, dei familiari del malato di
mente in regime di t.s.v. domiciliare, è, quindi, venuta meno, a seguito della interpretazione sistematica della l. 180/78, la funzione della terapia della malattia mentale
orientata al fine di impedire che il malato possa arrecare danno a sé e agli altri.
In base della legislazione vigente, non possano, essere posti a carico del personale
sanitario del centro di igiene mentale compiti di polizia nei confronti dei pazienti ricoverati e, quindi al personale medico, a amministrativo o paramedico non può essere
imputata alcuna responsabilità per non avere impedito fatti violenti, fino all’omicidio
di un familiare da parte di un malato mentale (24).
Diversa è la soluzione per gli atti auto-aggressivi, in quanto sussiste una posizione
di garanzia nei confronti del medico che ha assunto in carica il malato e, in tal caso il
compito dello psichiatra o del medico curante è finalizzato anche alla tutela fisica del
malato mentale con l’obbligo per il professionista di attuare tutti i comportamenti necessari per prevenire tali atti (25).
Occorrerà, in tale ultimo caso, ai fini della responsabilità medica, accertare l’esistenza di un obbligo giuridico omesso e la sua efficacia causale al fine del verificarsi
dell’evento, con la doverosa precisazione che il potere-dovere di custodia dei malati
in t.s.v. non può comportare la possibilità dell’uso di mezzi di coercizione fisica nei
loro confronti (26)
omissiva, in Dir. pen. proc., 2006, 500; Veneziani, Il
nesso tra omissione ed evento nel settore medico:
struttura sostanziale ed accertamento processuale, in
Studi in onore di Giorgio Marinucci, 2006, 1970 ss.
(24)
Per tale orientamento, Fiandaca, Problemi e
limiti della responsabilità penale dello psichiatra, in
Foro it., 1988, II, 108 e, in giurisprudenza, Cass.
pen., 11 maggio 1990, in Cass. pen., 1991, 68. In tale
pronuncia la S.C. ha escluso ogni responsabilità
per non avere il medico disposto un t.s.o. nei confronti del paziente, con esclusione del delitto di abbandono di persona incapace aggravato dall’evento
morte. In senso contrario, in una fattispecie simile,
Trib. Perugia, 20 ottobre 1986, in Foro it., 1988,
II, 108.
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(25)
Cass. pen., Sez. IV, 6 novembre 2003, G., in
Foro it., 2004, II, 566 con nota di Fiandaca; per la
giurisprudenza di merito, Trib. Cagliari, 16 giugno
1999, Uras, in Foro it., 2000, II, 577; Trib. Brindisi,
5 ottobre 1989, in Foro it., 1990 II, 273, con nota
Renda. Il Tribunale, nell’ultima pronuncia, ha
escluso ogni responsabilità nei confronti del personale sanitario (medici, infermieri, responsabili amministrativi e sanitari) di un dipartimento di salute
mentale per avere omesso di adottare le misure
atte ad impedire i suicidi di tre pazienti ricoverati
nella struttura.
(26)
È stato ritenuto insussistente il delitto di abbandono di persona incapace aggravato dalla
morte della medesima, nel caso in cui il medico o
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SALUTE (TUTELA DELLA) | 18
Nel caso di atti auto-lesivi del malato mentale che vanno dalle semplici lesioni al
suicidio occorre accertare se il paziente abbia o meno manifestato in passato tali tendenze e, nel caso in cui il medico abbia ritenuto più adatta alla cura dello stesso il
trattamento sanitario domiciliare, se un bravo medico nella stessa situazione avrebbe
dovuto comportarsi diversamente, disponendo, ad esempio, il ricovero ospedaliero
del paziente in regime di t.s.o e se tale ipotetico comportamento avrebbe verosimilmente evitato l’evento.
Anche nel caso in cui si ritenesse che il ricovero ospedaliero avrebbe evitato il suicidio del paziente, occorre, preliminarmente valutare anche, in base alla situazione
clinica del paziente e dei principi della psichiatria, se si sia sbagliato nel non disporre
il ricovero coatto potendo essere ragionevole e conforme ai principi dell’arte psichiatrica accettare un certo grado di rischio riponendo fiducia nel paziente che appare in
via di recupero, nessuna responsabilità potrebbe essere ascritta al medico.
2. COMPORTAMENTI RILEVATORI DELLA PATOLOGIA PSICHICA
Appare rilevante tentare di individuare dei cliché comportamentali della persona affetta da patologia psichica perché solamente tipizzando tali comportamenti sarà possibile riconoscerli quali atti « anormali », soprattutto quando siano ricorrenti le varie
fattispecie, consentendo una prima sia pure sommaria valutazione di comportamento
patologico.
Anche le violenze fisiche possono essere utilizzate, con diverse sfumature, ai fini
di sottomettere il partner; tuttavia tali forme di violenza non possono essere continue
come quelle psicologiche, che sono quotidiane e senza tregua, perché sarebbero facilmente individuabili anche sotto il profilo medico-legale e l’aggressore verrebbe individuato e punito.
Poiché l’aggressore psicologico è una persona generalmente molto intelligente non
commetterebbe ripetute violenze fisiche che lo smaschererebbero, finendo per porre
la vittima in posizione di vantaggio; l’aggressore, invece, preferisce annientare la propria vittima in modo subdolo e continuo, portandola se possibile all’autodistruzione e
la violenza fisica, in molti casi, viene posta in essere quale atto estremo di natura omicidiaria.
Più diffuse sono le violenze fisiche non evidenti, che possono dare luogo ad equivoci sulla loro natura e che si possono attuare con modalità non chiare, ad esempio
urtando la vittima in modo « involontario » sul pianerottolo in prossimità di scale, o
evitando di lasciare segni evidenti, ad esempio torcendo le braccia, tirando i capelli,
oppure, quale ulteriore opzione, lanciando oggetti di vario genere verso la vittima
senza però colpirla, con l’intenzione solo di spaventarla.
Si è preferito far riferimento, pur nella consapevolezza della incompletezza del
metodo, a comportamenti rilevati in una persona affetta da sindrome schizoide-paranoica che possono fungere da metro di valutazione per un giudizio di anormalità.
un operatore sanitario della casa di cura non abbia
impedito l’allontanamento di una paziente sottoposta a trattamento sanitario volontario, successiva-
mente deceduta per collasso cardiocircolatorio conseguente a coma diabetico, Cass. pen., Sez. V, 22
gennaio 1998, in Foro it., 1999, 471.
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Verranno evidenziati alcuni aspetti della personalità patologica di un tale malato
mentale, descritti dal racconto e dalla esperienza personale della moglie, di cui viene
mantenuto l’anonimato per esigenze di privacy, individuati in base ai comportamenti,
accertati nella loro obiettività, tenuti dallo stesso nell’ambito familiare e della cerchia
sociale e che possono fungere da cartina di tornasole per consentire al lettore l’individuazione di tali personalità patologiche.
I comportamenti significativi rilevati nella stessa persona sono i seguenti:
— Mancanza di affetto e comprensione;
— Incapacità di amare e di provare pietà verso qualcuno.
— Cinismo
— Istigazione al suicidio.
— Introversione e alone di mistero. (di lui non si sa mai nulla; ha anche una casella postale personale).
— Generalmente taciturno, mentre è molto loquace se deve difendere idee politiche, sportive, ecc.
— Eloquio solitario talvolta ad alta voce, mentre sovente costringe gli altri a tendere l’orecchio per ascoltarlo.
— Presunzione: vuole imporre la propria volontà e le proprie idee.
— Criticità su tutto: è difficile che parli bene di qualcuno o di qualcosa.
— Asocialità: quando non lavora non frequenta nessun amico.
— Bravura nel salvare le apparenze con gli estranei, avendo una doppia personalità.
— Opportunismo e sfruttamento: usa chi può essergli utile e poi non ha riconoscenza.
— Estremismo: passa facilmente da un eccesso all’altro.
— Superstizioso: spesso fa riti scaramantici.
— Diffidenza e sospetto verso tutti: attribuisce intenzioni infondate agli altri.
— Cattiveria e perfidia: non si impietosisce dinanzi a nulla, anzi sembra goderne.
— Irascibilità e litigiosità: si manifestano con un tono di voce irritato o con un silenzio ostile o un’occhiata aggressiva.
— Egoismo ed ingratitudine: riceve del bene e ricambia facendo del male.
— Avarizia con la moglie: se fa regali vistosi o concessioni è per dimostrare agli altri che la tratta bene
— Falsità: sa mentire bene e nega sempre la verità, anche se evidente.
— Furbizia e astuzia: calcola tutto minuziosamente e cerca di non commettere errori.
— Prepotenza e rispettosità: vuole avere ragione su tutto e guai a chi gli si oppone.
— Vendicativo anche con chi non lo merita perché non gli ha fatto nulla di male.
— Testardaggine: vuole sempre avere l’ultima parola.
— Credente ma a modo suo: talvolta bestemmia.
— Spericolatezza nella guida dell’auto: in alcune strade arriva ai 240 Km all’ora.
— Esibizionista: deve essere sempre il migliore.
— Udito e spirito di osservazione molto accentuati.
— Eccellente memoria e ottima cultura generale.
Verranno anche riportate alcune frasi ricorrenti abitualmente rivolte alla moglie
dallo stesso soggetto con personalità schizoide-paranoica relative ai suoi sentimenti,
alle sue ingratitudini, ai suoi sospetti, alle sue accuse e alle sue bugie.
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— « Baci, carezze... Sono solo smancerie! ». La moglie afferma di non poter contare
mai su di lui: per una buona parola, un sorriso, un tenero sguardo, un incoraggiamento,
un conforto, un qualsiasi sostegno morale e materiale. Persino durante il viaggio di
nozze invece di camminarle accanto, lui andava avanti e lei dietro, pensava a monumenti e locali notturni. Poi tornati in albergo a tarda notte, faceva l’amore o forse è corretto dire soltanto sesso, senza tenerezze. Le lacrime non lo intenerivano affatto.
— « O fai cosı̀ come ti dico io, oppure io non vengo con te dove siamo stati invitati... ».
Spesso è una forma di ricatto (soprattutto sessuale) che la moglie accettava affinché,
per salvare le apparenze con gli estranei, lui la accompagnasse a cerimonie, visite,
ecc. In seguito lei ha preso l’abitudine di andarci da sola per non cedere sempre ai
suoi ricatti.
— « Io chiudo a chiave, perché ho cose importanti... ». Cosı̀ si giustificava quando la
moglie chiedeva perché si comportasse in quel modo. Lui entra ed esce da casa molte
volte sia di giorno che di notte, e sempre apre e chiude, con chiavi di sicurezza, anche
le porte interne delle numerose stanze di cui si è riservato l’uso esclusivo. Da tali
stanze esce cattivo odore perché sono stracolmi di oggetti di vario genere e lui non
apre quasi mai gli infissi per il ricambio dell’aria, né permette ad alcuno di entrare
per fare pulizie.
— « Io non ti ho preso proprio nulla. Tu t’inventi le cose e dai la colpa a me ». Cosı̀
ha risposto all’accusa della moglie di aver fatto sparire una sua agendina personale,
perché probabilmente ha letto che aveva scritto di lui che era un mostro (in quanto
privo di sensibilità). Negli anni successivi ha avuto modo di costatare la sparizione di
tanti altri oggetti di vario genere ed anche di giochi del bambino che a lui per qualche
motivo non piacevano. Logicamente ha sempre negato di essere stato lui.
— « Sei pazza, drogata, devi andare a farti curare ». Talvolta la moglie risponde che
ha ragione e gli chiede di accompagnarla da uno psichiatra ed allora lui si tira indietro. « Gli psichiatri sono tutti pazzi, li impiccherei uno per uno! ».
— « Tu e tua sorella volevate farmi internare per prendervi tutte le mie cose ». « Io vi
denuncio tutti ».
— »« Buttati dal balcone. Io al tuo posto mi butterei dal balcone ».
— « Non c’è bisogno che perda tempo con te, non meriti una risposta », oppure
« Pensaci bene e vedrai che capirai che ho ragione io », oppure « Di cosa parli. Non capisco di cosa ti lamenti ».
— « Queste cose te le mettono in testa gli altri... non è cosa tua... Non li devi ascoltare... », per dire che la moglie non è capace di pensare e di decidere in modo autonomo.
— « Tu farnetichi, ti inventi le cose, non sai neanche cosa dici. Quali prove hai? Lo
vedi che sei pazza!... ».
— « Io non ho mai bisticciato con te, sei tu che senza motivo hai sempre inveito contro di me! ».
— « Ma tu ti sei sposata con me o con tua madre..., con me o con tua sorella..., con
me o con la tua amica... E allora devi stare qui con me, questa è la tua casa ». La moglie
ogni tanto andava dai genitori mentre il marito dai suoi andava molto spesso in
quanto abitavano sopra il loro appartamento e lui gli citofonava anche per dire
quando entravano e uscivano di casa.
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— « Non stare a sentire cosa ti dice mamma, perché lei è una cretina! ». Cosı̀ diceva
spesso della moglie al figlio quand’era bambino. Adesso che è adulto cerca di convincerlo che la mamma non vale nulla, non sa far nulla, ecc.
— « Da parte mia non ci sono pericoli! ». Cosı̀ diceva se la moglie aveva un ritardo
mestruale, visto che dopo ogni rapporto alzava e controllava in sua presenza il profilattico, perché non avesse perdite.
— « Tu l’hai persa... » « Tu l’hai buttata... » « Tu l’hai rovinata... ». Se perde o rovina
qualcosa è sempre colpa della moglie.
— « Mi è successo perché tu mi guardavi... » o « ... perché tu mi parlavi... » o « ... perché tu mi pensavi... » o « ... perché tu sei una iettatrice... » Insomma se gli cade qualcosa
dalle mani o se sbaglia qualcosa, la colpa, seppur indirettamente, è sempre della moglie.
— « Io ho detto queste cose?... Ma tu sei matta, tu farnetichi. Ti inventi le cose e dici
che le ho dette io! Io non ho mai detto niente di tutto questo! ». Niente di più falso: le
aveva dette, eccome se le aveva dette!
— « Io corro con la macchina? Io non corro! Vado un po’ più veloce perché qui la
strada me lo permette ». Se la moglie gli faceva notare che la lancetta segnava 230-240
Km l’ora, decelerava gradualmente e le diceva « Hai visto male ».
— « Non c’è bisogno che mangi tu! ». Cosı̀ ha detto una sera, togliendo alla moglie
un piatto con un toast che il figlio si era premurato di portarle; subito dopo ha spento
il televisore dicendo: « Non c’è bisogno che si consumi per te! ».
— « Vai a prenderti l’autobus ». Cosı̀ ha risposto alla domanda della moglie di ottenere in prestito una delle sue auto. Il marito possiede in media tre auto, la moglie
neanche una.
— « Insomma si può sapere che vuoi? Qui se ti piace è cosı̀ altrimenti te ne vai! ».
Quando una sera ha intuito che forse la moglie se ne stava andando veramente le ha
dato « involontariamente » una forte spinta spalla con spalla sul pianerottolo di casa,
facendola ruzzolare giù per le scale. Ha negato poi l’accaduto, dicendo « Stavo andando a denunciarti per abbandono del tetto coniugale », uscendo prima lui di casa e
conoscendo abbastanza bene la giurisprudenza in merito!
— « Sei bastarda, sei cattiva, sei stata tu a farmi ingessare il piede e mi hai rovinato... ». Questo e tanto altro le diceva durante una crisi di delirio ipocondriaco, mentre lanciava violentemente verso la moglie svariati oggetti. Comunque, probabilmente,
voleva solo intimorirla in quanto, nonostante la moglie si trovasse ferma pochi metri
di distanza, gli oggetti la sfioravano quali di lato, quali sopra, seppur di poco, andandosi ad infrangere sulla parete che aveva alle spalle. Se avesse voluto colpirla in pieno
lo avrebbe fatto senza problemi perché ha la mira buona, tant’è vero che ad una gara
sportiva di tiro con la pistola si è qualificato tra i primi a livello nazionale.
— « Io ti ammazzo, io ti uccido... ». Cosı̀ diceva infuriato, facendo il gesto di stringerle le mani attorno al collo in più di una occasione ma sempre senza testimoni, all’infuori, talvolta, del figlio minorenne. Quando ha mostrato al marito i lividi ha commentato: « Ma che dici? Non sono stato io! Chissà dove hai sbattuto. Dovresti farti una
cura di vitamina C perché hai un po’ di fragilità capillare! ».
— « Perché tu per questa valigia mi hai rotto le scatole durante tutto il viaggio... ».
Cosı̀ ha risposto alla domanda della moglie sul perché avesse distrutto a calci e pe-
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date, saltandoci sopra, una sua valigia rigida, al ritorno da un viaggio all’inizio del
quale la valigia era stata smarrita e la moglie aveva avuto disagi per reperire il vestiario, sino al rientro a Roma dove era stata ritrovata nel deposito bagagli dell’aeroporto.
— « Perché te ne devi andare da questa casa... ». Con questa frase ha giustificato la
richiesta della moglie di sapere perché avevo trovato a terra tutti i suoi vestiti che
erano appesi dentro l’armadio. Non c’era stato un motivo valido a causare un comportamento del genere.
— « Alzati e togli quel quadro dalla parete, perché quel viso brutto sembra che mi stia
guardando ».
— « Questo dice cazzate! Questo non capisce niente... ». Stava ascoltando un presentatore in tv e qualcosa non deve essergli piaciuta, perché si è alzato dalla sedia come
una furia, è andato nella libreria del figlio dove c’era l’enciclopedia della Storia a fumetti ed ha preso, aperto, sputato e buttato a terra, ad uno ad uno, tutti i volumi, con
rabbia e disprezzo.
— « Io a casa mia non voglio vedere spettacoli e se tu li fai venire lo stesso io li butto
giù dalle scale ». Riferendosi ad una amica della moglie e a suo figlio che era sulla sedia a rotelle, perché nato col problema della spina bifida.
— « Perché mi sarei dovuto alzare? Non ne vedevo il motivo! ». Cosı̀ ha risposto a
una sua nipotina che era caduta battendo la fronte sul pavimento e piangeva forte.
Fra lo stupore di tutti i presenti, lui, che era a poca distanza, non solo non si è alzato
dalla sedia per vedere cosa si fosse fatta la bambina, ma non ha neppure girato la testa per guardarla, nonostante fosse l’unico medico presente e non ci fossero in quel
momento i genitori della bambina.
— « Mia madre non ha mai sofferto di depressione, aveva solo un po’ di ansia giustificata ogni tanto. Sono cose false che ti inventi tu! ». (Per depistare gli psichiatri sulle
gravi patologie riguardanti i suoi familiari).
— « Portalo/a in ospedale » o « Chiama uno specialista ». Cosı̀ risponde, anche in
orario di lavoro, se la moglie gli riferisce che qualche suo parente sta male e avrebbe
bisogno di una sua visita medica.
— « Chi ti ha chiesto mai di assistere mia zia, mia madre... quando erano in ospedale? Lo hai fatto, perché lo hai voluto tu, ma io non ti ho mai chiesto nulla! ». Nei momenti del bisogno lui ha sempre chiesto aiuto alla moglie.
« Perché che hai tu? Non hai nulla! La tua è tutta pazzia. Sei sempre stata pazza... ».
Cosı̀ risponde alla moglie quando le dice che sta male per la febbre alta. Non passa
mai dalla stanza dove la moglie si trova per chiederle notizie della sua salute e se ha
bisogno di qualcosa.
— « Che fai, esci sola con il bambino? No! Aspetta che vengo con te ». Non ha mai
permesso alla moglie di uscire sola con il figlio e quando aveva provato a farlo durante il suo orario di lavoro, poiché era costretta a passare davanti la porta del suo
ambulatorio, lui mollava tutto e li rincorreva.
— « La carrozzella portala tu che io porto il bambino in braccio ». Ogni volta che
uscivano la moglie spingeva sempre la carrozzella o il passeggino vuoti, perché lui decideva sempre di tenere il bambino in braccio.
— « Il latte in polvere al bambino lo preparo io, perché tu non sei precisa con le dosi,
mentre io sı̀. Io passo la lama del coltello sul bordo del misurino ». « Conserva la cac-
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chetta del bambino perché la dobbiamo controllare » (anche se il bambino stava bene).
« Io so quante maglie vanno messe addosso al bambino perché io, e non tu, vedo con
quante maglie me li portano in ambulatorio ». « Quando il bambino piange deve stare
solo con me, perché io riesco a calmarlo, quindi fuori tutti dalla stanza e lasciateci soli ».
— « Tu sei una mamma snaturata, perché non hai voluto allattare il bambino ». La
moglie non aveva potuto allattare il figlio perché assumeva ansiolitici che passavano
nel latte materno.
— « Il bambino non lo devi sgridare, non lo devi toccare, non deve fare quello che dici
tu, perché tu non capisci niente... ».
— « Il bambino non può andare da nessuna parte senza di me, neppure da tua sorella e da tua madre... ».
— « Io a quella gita scolastica non ci vengo, perché non voglio venirci. Al massimo
possiamo seguire il pullman con la mia macchina ». Quando finalmente la moglie e soprattutto il bambino sono riusciti a convincerlo ad andare in pullman assieme a tutti
gli altri bambini e genitori, per una gita di un giorno, lui si è portato i tappi e se li è
messi nelle orecchie.
— « I dentisti non li curano i denti, li rovinano! Andate dai dentisti e vedete che li perdete tutti! Vi infettano anche con brutte malattie ». Cosı̀ ha convinto il figlio, ormai maggiorenne, a non curarsi la carie.
Sul lato economico e finanziario:
— « Non sono cose che ti riguardano... ». La moglie non sa e non ha mai saputo
quanto percepisce di stipendio, non è a conoscenza di dove tiene i suoi risparmi, né
di come li gestisce; anche se la moglie gli dice di avere grosse difficoltà economiche,
di essere rimasta con pochi soldi, non si offre mai di aiutarla.
— « Prova a metterti contro di me e vedrai che non ti basteranno i soldi neppure per
la carta bollata! ». Quando sospettava un possibile allontanamento da lui da parte
della moglie.
— « Che fai con tutti i soldi che ti do, te li metti in banca? ». « Io non solo non posso
darti più di quanto ti do, che già è molto, ma se continui a parlare, da ora in poi non ti
darò più nulla! ». Intendendo neppure l’attuale misera paghetta mensile di 250 euro,
che rapportata al suo stipendio (anno 2006) era irrisoria, e con la quale la moglie deve
provvedere a tutte le sue spese personali riguardanti abbigliamento e accessori vari,
calzature, cosmetici, parrucchiera, medicine, calzolaio, fotografo, merceria, cartoleria,
edicola, ricariche telefoniche, riparazioni varie, regali e tanto altro, comprese parte
delle bollette e spese varie per la propria casa, data in comodato d’uso al figlio e alla
sua ragazza.
— « Ti pago le spese del dentista, quindi non è vero che non ti regalo nulla. Ti porto
anche nei viaggi! Che vuoi di più? ». La moglie riteneva, con quanto gli aveva sempre
fatto risparmiare di colf, lavanderia, baby-sitter, doposcuola, e cosı̀ via, di meritare
qualcosa in cambio.
— « Non c’era bisogno che tu comprassi la mortadella e i pistacchi, per questo mi fai
spendere un sacco di soldi... » « I panni li devi lavare solo con il sapone a pezzi, non con
tutti questi prodotti che servono solo a farmi spendere soldi ». Al ritorno dal supermercato
trova sempre qualcosa da contestare nel controllare le varie voci dello scontrino, prima
di conservarselo e di rimborsarla, sempre dopo molti giorni, della somma anticipata.
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SALUTE (TUTELA DELLA) | 18
— « Tu spendi troppo ogni mese. Come hai fatto ad arrivare a questa cifra? » « Ora
non posso darti niente, neppure un soldo. Sono indebitato con la banca. Quando mi pagheranno se ne parla ». Cosı̀ commenta, ogni inizio mese, quando la moglie gli presenta il resoconto delle spese essenziali, spettanti a lui, da lei effettuate nel mese precedente e per il rimborso delle quali, dopo presentazione dettagliata di un elenco documentato, la fa aspettare sempre molto tempo, con la scusa di non avere mai soldi
da darle. Da notare che tale cifra lui la fa aumentare di proposito perché spesso le
dice « Visto che esci, comprami questo...che poi ti do i soldi » oppure « Anticipa tu che
poi te li do... » oppure « Adesso non ho soldi, pensaci tu ». È logico, che il conto lievita
(per una cifra comunque quasi mai superiore ai 500 euro e comprensiva del suo mensile di 250 euro), e cosı̀ lui può lamentarsene soprattutto in presenza del figlio al quale
dice o lascia intendere « Vedi quanti soldi do io alla mamma! ».
— « Quanta benzina che consumi... Per fare rifornimento da ora in poi vado io ». Facendo capire che non si fida della moglie perché, non potendoglielo documentare, potrebbe guadagnarci qualcosa. Lui azzera sempre il contachilometri parziale dopo aver
fatto rifornimento, cosı̀ può controllare quanti chilometri la moglie percorre.
— « Io per il cane spendo pochissimo, mi costi molto più tu del cane! ». Assolutamente falso. Lui per il pastore tedesco di ottima razza, compra in abbondanza carne
in macelleria di buona scelta, carne Simmenthal, latte vitaminizzato per bambini,
uova fresche, e se capita gli dà anche prosciutto S. Daniele, parmigiano e tanto altro,
mentre dell’alimentazione della moglie e del figlio non si interessa. Per non parlare
poi, di quanti giocattoli compra al cane e di tutte le spese per collari ed accessori vari
e le spese per visite veterinarie, vaccini e prodotti da toilette. Ogni tanto dice alla moglie: « L’hai preso tu, il bagnoschiuma speciale per il cane che avevo messo qui? ». Questo amore per il cane è in realtà un modo di esibire al meglio qualcosa di suo che può
comandare come vuole.
— « Io per me non spendo nulla, tutto per voi io spendo! ». Falso, almeno in parte.
Difatti, per se stesso compera tutto ciò che gli piace: automobili, cellulari costosi, orologi, computer, il necessario per i suoi hobby, e tanto altro. Anche per il figlio non
bada e non ha mai badato a spese, accontentandolo in tutto. Da quando ha il pastore
tedesco, anche per lui non bada a spese. Quindi, è molto avaro solo con la moglie. È
vero che le paga i viaggi per andare con loro in vacanza, ma lo fa sia per accontentare
il figlio, sia per dimostrare agli estranei che lui la tratta bene, che è un buon marito.
Comunque, se lui può risparmiare molto di quello che guadagna e permettersi certe
spese e certi lussi è perché ha sempre sfruttato la moglie!
— « Le collaboratrici domestiche vanno regolarmente denunciate, altrimenti si commette un reato, e se si fanno male sono guai, ecc. Io non voglio nessuno in casa anche
per questo. Non voglio fare le cose fuori legge! »
Ciò significa che la moglie è peggio di una cameriera, perché costei percepisce
paga e contributi, viene difesa dai Sindacati ed ha la libertà di andarsene, mentre lei
che lavora in casa quasi gratuitamente, non percepirà mai una pensione e se decide
di andar via rischia la vita. Inoltre, non riceve alcuna collaborazione né da parte sua
né da parte del figlio, ma intralci, rimproveri e ingratitudini: Come si fa a pulire bene
la casa se prima non la si riordina? Come può riordinare bene se poi prende sempre
rimproveri perché ha toccato le loro numerosissime cose, le quali tra l’altro non
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hanno un posto stabilito? Perché dopo aver faticato tanto deve in poco tempo vedere
vanificato il suo lavoro da un cane con le zampe bagnate e dal suo padrone che sporcano e lasciano sporchi, pavimenti e mobili, di tutto: sangue di carne, uova, latte,
fango, peli di cane, e cosı̀ via? Quale gratificazione può avere lei per incentivarsi a
svolgere bene i lavori domestici? In passato si sarebbe accontentata di avere un aiuto
in modo saltuario, anche una volta ogni due settimane, per le pulizie più pesanti, ma
lui le ha sempre proibito di chiamare qualcuno, persino nei periodi in cui non è stata
bene di salute. Ciò nonostante, se andava qualcuno a trovarli riusciva sempre a presentare la casa pulita e ordinata, adesso cerca di fare solo l’indispensabile.
— « È per il tuo bene che te lo dico. È meglio che ci sposiamo con la separazione dei
beni, cosı̀ io posso assumerti come mia segretaria e con i contributi che ti verso e che
posso scaricare dalle tasse, un domani potrai prendere la pensione. Basta un minimo di
cinque anni di contributi... ». È stato un consenso estorto con l’inganno, perché dopo
appena tre anni l’ha licenziata, dicendo che non gli conveniva più versare i contributi,
anche se in realtà uno stipendio lei non l’aveva mai percepito da lui.
— « Siete sicuri di avere scritto che abbiamo scelto il regime di separazione dei
beni? ». Cosı̀ diceva ai preti rincorrendoli sull’altare appena terminata la cerimonia religiosa del loro matrimonio, invece di pensare a baciare lei, sua sposa, e gli altri parenti ed amici.
— « Non c’è bisogno che tu studi per poi cercarti un lavoro, difficile da trovare e
chissà dove. Ci penso io a te a al bambino...Non ho problemi economici... ». Cosı̀ le diceva poco dopo la nascita del figlio, quando lei si alzava alle tre di notte per studiare
e per non sottrarre di giorno il suo tempo a lui e al bambino. Gli studi di lei erano
afrodisiaci per lui!
— « Tu non puoi pretendere nulla, perché quando ci siamo sposati hai accettato di vivere in questo appartamento, perciò quando l’ho ampliato aggiungendone un altro, per
te questa nuova porzione di casa è un di più non previsto allora e quindi non hai il diritto
di utilizzarla. Se te lo permetto, è un favore che ti faccio! ». Lungi da lui l’idea della condivisione e programmazione nella vita di coppia.
— « Morti di fame eravate ed io vi ho aiutato, te e la tua famiglia ». Completamente
falso! È dopo aver sposato lui che ha iniziato ad avere problemi anche finanziari e
che viene aiutata come sempre dai suoi, i quali vivono onestamente in una casa decorosa e non sono mai stati in miseria, per cui la bottiglia di vino o i pomodori o il caffè
o roba del genere che lui ogni tanto gli riciclava, avrebbero potuto comprarseli benissimo. Soprattutto con quanto i suoi hanno speso in tanti anni, invitandoli spesso a
pranzo e a cena e premurandosi di far loro trovare sempre la tavola riccamente imbandita di cibi freschi e prelibatezze di ogni genere che lui gradiva molto.
— « Il corredo che hai portato tu non è di buona qualità! ». Cosı̀ ha commentato seriamente alla vista di un lenzuolo che si era lacerato per usura dopo oltre 20 anni di
ripetuti lavaggi. Il corredo era stato in realtà acquistato in negozi stimati per l’ottima
qualità della merce.
— « Ho perso, forse a mare, la catenina con il crocifisso che mi hai regalato tu da fidanzati, ma non ha importanza non valeva molto. Pesava molto meno del girocollo che
io ho regalato a te! ». Qualche tempo prima di perderla l’aveva pesata, per confrontarla
col peso del girocollo! In realtà era stata pagata da lei oltre un milione di lire nel 1980,
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e soprattutto lei credeva potesse avere per lui un valore affettivo! Per dimostrarle che
lui la superava in tutto aveva confrontato anche la caratura dei brillanti che si erano
vicendevolmente regalati da fidanzati. Che Amore!
Le sue « collaborazioni » in casa:
— « Che fai tu? Niente fai! » « Quando mai io ti ho chiesto di fare qualcosa? » « Di
che ti lamenti? In questa casa faccio tutto io ». Falso! Non ha mai cucinato, lavato i
piatti, cambiato le lenzuola nei letti, lavato e steso i panni, lavato i pavimenti e i sanitari, caricato e scaricato lavastoviglie e lavatrice, acceso il forno, sparecchiato la tavola,
e cosı̀ via. Anzi, lei deve stargli dietro e buttare tutto ciò che lui lascia in giro dopo
aver mangiato e cioè bucce di banana, scatolette di tonno vuote, scorze di formaggio
che si appiccicano al pavimento, buste vuote di mozzarelle, briciole di pane ovunque,
e tanto altro. Persino quando si fa la barba lascia sempre il pennello con la schiuma e
non ripone mai il rasoio e le lamette nel cassetto, né butta la bomboletta vuota della
schiuma da barba o quella dello shampoo che lascia gocciolante e col tappo aperto
sul bordo della vasca. Se termina il rotolo di carta igienica, ne prende uno nuovo dal
mobile e poi lo lascia sempre appoggiato sul portatovagliette del bidè, invece di sistemarlo nel portarotolo. Anche all’acqua dello sciacquone deve pensarci lei dopo che
lui va in bagno. Spesso urina fuori dal vaso senza poi pulire e se accusato nega di essere stato lui. I suoi vestiti sono sempre sparsi o ammucchiati ovunque. Insomma, cos’è che fa lui di utile in casa?
— « Non c’è bisogno di chiamare operai perché faccio tutto io ». Se la moglie gli fa
notare che sono anni che tante cose in casa non funzionano, lui al massimo mi risponde: « E il tempo chi me lo dà? ». Per mettere le zanzariere in alcune finestre ci ha
impiegato 20 anni, per il primo ed unico climatizzatore di casa, posto nel corridoio, ci
sono voluti 24 anni, prima che si decidesse a chiamare l’installatore e poi si chiudeva
il telecomando a chiave. Per il cambio delle persiane vecchie neanche a parlarne. La
moglie è da anni in attesa della riparazione della cucina, del forno, ecc. Nel 2006 è da
nove mesi che l’albero di Natale è ancora lı̀ perché non è stato smontato.
— « Questa è casa mia, quindi decido io ». Lui le nega anche la possibilità di prendere qualsiasi decisione da sola, dalla più banale alla più importante: dal come disporre gli oggetti nelle vetrinette, alla scelta degli arredi, alla richiesta di far venire un
operaio o un tecnico in casa, alla possibilità di ricevere visite di amici e parenti, al
permetterle di aprire le finestre nelle calde notti estive perché entrano le zanzare, al
consentirle di effettuare la raccolta differenziata dei rifiuti, e cosı̀ via...
3. PLAGIO DELLA VITTIMA
Il controllo sulla vittima avviene attraverso il plagio attuato mediante una sorta di lavaggio del cervello, attuato sistematicamente e per un tempo indefinito, fino a pervenire alla sottomissione della vittima; tale processo ha probabilità di successo non solo
con le persone fragili e deboli ma anche con persone di forte personalità che, sottoposte al « trattamento » anche per lungo tempo, diventano anch’esse vittime. Solitamente
viene prima tentata l’azione persuasiva e suadente e solo in caso di fallimento si
passa alla fase della coercizione psicologica e fisica (27).
(27)
Il plagio corrisponde al lavaggio del cervello,
detto anche persuasione coercitiva, formula che si
usa abitualmente per descrivere le manipolazioni
esercitate su un adepto delle sette... Non bisogna
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Non è facile riconoscere fin dal suo primo manifestarsi tale tentativo in quanto gli
atteggiamenti sono realizzati con gradualità e, analizzati singolarmente, non appaiono
neppure rilevanti (28).
La donna plagiata non ha i mezzi e le forze per sottrarsi all’azione coercitiva del
suo aggressore e quindi soggiace a tale situazione senza poter trovare alcun rimedio
che, in qualche caso, può anche venire dall’esterno, dai familiari o amici che si sono
resi conto della gravità della situazione. In tal caso occorre rivolgersi ad uno psichiatra
esperto per l’esatta diagnosi e configurazione del caso e individuare i giusti rimedi, in
quanto, come già evidenziato, vi può essere una situazione di pericolo, anche omicidiario, per la donna ed i suoi figli (29).
Le tecniche adoperate sono simili a quelle usate sui prigionieri o gli adepti delle
sette e hanno quale obiettivo la colonizzazione del cervello, della sua volontà, al fine
di pervenire al controllo totale dell’altro che, però, non è consapevole di quel che gli
sta accadendo e per questo non è in grado di difendersi e di porre in essere alcuna
strategia difensiva (30).
Occorre, per tentare di arginare tale fenomeno, per lo più sommerso, ma che è più
diffuso di quanto non si ritenga, divulgare all’esterno le informazioni su tali processi
distruttivi all’interno della coppia in modo che eventuali soggetti coinvolti sappiano
distinguerne le caratteristiche, prendere coscienza e attuare gli opportuni rimedi.
Nella cerchia delle amicizie e degli affetti non sarà difficile individuare qualche
caso di violenza psichica come quello descritto, con l’avvertenza che ogni violenza fa-
credere che queste tecniche possano essere usate
solo sulle persone fragili o predisposte alla fragilità.
Secondo Virginia A. Sadock, « Tutte le persone
sono vulnerabili al lavaggio del cervello, se vi sono
esposte per un tempo sufficientemente lungo, se sono
sole e senza aiuto e se non hanno speranza di uscire
da quella situazione »... L’azione coercitiva è fisica e
psicologica insieme. Possiamo accostare le tecniche
in uso nelle sette a ciò che accade al livello di un
rapporto di coppia, Hirigoyen, Sottomesse, cit., 97.
(28)
Le aggressioni sono sottili, non esistono
tracce tangibili e i testimoni tendono ad interpretare come semplici rapporti conflittuali o passionali
tra due persone caratteriali quello che è un tentativo violento di distruzione morale e addirittura fisica dell’altro, qualche volta riuscito. Questo processo si sviluppa nell’arco di mesi o addirittura di
anni e che, man mano che il rapporto perverso si
evolve, le vittime apprendono prima di tutto a riconoscerlo, poi imparano a difendersi e accumulano
le prove, Hirigoyen, Molestie morali, cit., 7.
(29)
La persona plagiata non è più padrona dei
pensieri, è letteralmente invasa dalla psiche del
partner e non ha più alcuno spazio mentale proprio. È come paralizzata, nessun cambiamento può
verificarsi spontaneamente dall’interno; è necessario un aiuto esterno per porre fine al plagio ed è a
questo che serve il lavoro psicoterapeutico, Hirigoyen, Sottomesse, cit., 179.
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(30)
Tali dinamiche... sono state studiate in relazione alle vittime delle sette. In entrambi i casi, sono
necessarie tre tappe per raggiungere questa modifica
della coscienza.
1) Una tappa di effrazione, che consiste nel penetrare nel territorio psichico dell’altro, nel buttarne all’aria i confini e nel « colonizzare » la sua
mente. L’aggressore pensa al posto dell’altro, senza
considerarlo: « Anche se dici il contrario, io so che
questa cosa ti piace ». 2) Nella tappa successiva, si
attira l’attenzione e si guadagna la fiducia della
persona, allo scopo di privarla del suo libero arbitrio senza che se ne accorga. È il lavaggio del cervello: Si tratta di agganciarla, di arpionarla, come si
farebbe con un pesce, e di toglierle qualunque capacità di resistenza. Ciò si traduce in sguardi o in
atteggiamenti che annunciano i passaggi all’atto
(actingout) violento, seguiti a loro volta da messaggi
rassicuranti, per sminuire ciò che è appena accaduto. Infine, una fase di programmazione permette
di conservare questa nefasta influenza sull’altro,
anche quando non si è presenti. La persona plagiata ubbidisce all’ordine, senza però comprendere
del tutto l’informazione. Si tratta di condizionarla,
per dominarla in qualunque momento. In tal
modo, la persona è « programmata ». In seguito, è
sufficiente attivare in lei questo o quel comportamento perché agisca come si vuole, Hirigoyen,
Sottomesse, cit., 92.
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miliare ha le sue peculiarità che dipendono dallo stato psicologico del malato, dal tipo
di malattia, dal suo stadio, dalla condizione della stessa vittima (31).
Solitamente il malato è anche una persona molto intelligente e sa individuare le
giuste tecniche per pervenire al risultato, senza dimenticare che trattasi di un malato
che va curato.
Il plagio non nasce dal nulla o per caso ma trova il proprio terreno di coltura sia
nel bisogno di dominare dell’uomo che nel bisogno di protezione della donna che
però, nel plagio, finisce per essere totalmente sottomessa all’uomo senza poter far
nulla per porre un rimedio ad una situazione già compromessa (32).
L’uomo generalmente cerca di individuare nel partner il punto debole da cui poter
partire per l’evoluzione del processo che dovrà portare alla sottomissione della vittima
con un processo anche lungo ma continuo e incessante che si concluderà con la riuscita del piano che potrebbe sembrare machiavellico ma che altro non è che l’estrinsecazione di un processo patologico che vede attore inconsapevole o quasi il suo
autore e vittima, spesso inconsapevole, la moglie o convivente (33).
La prima fase consiste nell’isolamento della vittima dai familiari o amici e, quando
è possibile, nella dipendenza economica in modo da essere privata di una possibile
via d’uscita, per poi passare, una volta arato il terreno, alla vera e propria intimidazione e ricatto (34).
(31)
Al momento di un’aggressione perversa, chi
attacca fa in modo da apparire onnipotente, esibendo rigore morale e moderazione. La disillusione, per la vittima ingenua, ne risulta tanto maggiore. Ne deriva una sensazione di inutilità, di impotenza, di sconfitta. Più che una situazione difficile o pericolosa, l’elemento atto a scatenare un
episodio depressivo può essere l’esperienza della
sconfitta e dell’impotenza, la sensazione di essere
stati umiliati e presi in trappola, Hirigoyen, Molestie morali, cit.. 172.
(32)
Una donna che abbia un forte bisogno di aiutare, di proteggere, può scegliere un partner che
avrà bisogno di molte attenzioni, di coccole. Allo
stesso modo, un uomo che ha bisogno di dominare
saprà scegliere una giovane donna immatura che
gli sembrerà docile e dipendente... Una dipendenza dal partner può essere accettabile, se esiste
uno scambio, una reciprocità, un rispetto. ... Sia
che avvenga per motivi socioculturali legati al loro
stato femminile, sia che si tratti di ragioni familiari,
per esempio una carenza affettiva nell’infanzia,
molte donne hanno talmente poca stima di se
stesse che si collocano subito nello stato di sottomissione. È appunto cosı̀ che le donne si mostrano
poco tolleranti e non sanno porre limiti ai comportamenti abusivi del loro compagno. Non sanno dire
cosa sono disposte ad accettare e che cosa no. Per
non condannare il partner, gli cercano giustificazioni, sperano di aiutarlo a cambiare.
Altre volte, donne che non hanno fiducia in se
stesse cercano di valorizzarsi agli occhi dell’altro.
Si danno troppo da fare, preoccupandosi più degli
altri che di se stesse. A loro basta che il partner
manifesti la propria riconoscenza per tutto che si
fa per lui. Ma se si dimostra ingrato o indifferente,
la donna troppo materna rischia di sentirsi rifiutata
e di reclamare maggiore affetto. Soprattutto da
questa richiesta, l’uomo può reagire in modo violento. Hirigoyen, Sottomesse, cit., 77.
(33)
Un coniuge potenzialmente violento e, a maggior ragione, un individuo particolarmente manipolatore saranno in grado di scoprire nell’altro il
punto debole o vulnerabile che consentirà l’« aggancio », ossia l’innesco del processo di plagio. Quest’ultimo si reggerà non sulla personalità della
donna, bensı̀ sulla configurazione della relazione in
sé.
Per capire meglio fino a che punto può arrivare
la pressione psicologica, bisogna conoscere a fondo
la storia di una donna plagiata. Assorbita da questo
rapporto patologico, questa donna esausta fisicamente e psicologicamente, anche dopo del tempo
continua a non capire come ha potuto farsi manovrare a quel modo. Si vergogna e non fa che colpevolizzarsi. Non riesce ancora a credere che, ad es.,
un uomo con un alto livello di responsabilità sul
piano professionale possa essere disturbato al
punto di volerla distruggere o più esattamente di
volerla portare ad autodistruggersi, Hirigoyen, Sottomesse, cit.,. 82.
(34)
Due sono le tecniche adoperate: Le tecniche
comportamentali, che consistono nell’isolare la persona (dalla famiglia, dagli amici, dal lavoro), nel
controllare le informazioni che riceve (per esempio, sorvegliando il suo telefono), nel metterla in
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Difficilmente il plagio è immediatamente riconoscibile anche dall’esterno, in quanto
il relativo processo è lento e graduale e, come la tela del ragno, comincia con la seduzione della donna con tecniche diverse ma generalmente efficaci e si conclude con la
sottomissione della donna che resta invischiata in tale tela profumata e ammaliatrice
che ha la funzione di imprigionare la vittima impedendole di potersi liberare (35).
Il plagio può anche realizzarsi trasmettendo sensazioni ostili attraverso la diminuzione delle facoltà cognitive attuate con differenti tecniche che possono riguardare le
modalità di conversazione, l’alterazione del linguaggio, la menzogna, il disprezzo e altre forme di comunicazione alterate (36).
una situazione di dipendenza economica e infine
nel renderla fragile fisicamente e psicologicamente.
Le tecniche di tipo emozionale, che corrispondono alla manipolazione verbale e al ricatto. Vedremo più dettagliatamente in seguito che gli argomenti usati dagli uomini che compiono l’abuso
cambiano a seconda del loro profilo psicologico. In
linea generale, questi uomini riescono a influenzare la loro compagna mettendo in primo piano i
loro sentimenti (l’amore), o il loro bisogno di adeguatezza sociale, o ancora il loro potere. Per lo più
consolidano la propria autorità provocando paura
o ansia, per mezzo di un atteggiamento ostile, di
gesti intimidatori o di rappresaglie. Le minacce e i
castighi spingono la vittima a interrogarsi sulla
propria eventuale colpa e l’aggressore, alternando
clemenza e severità, getta la vittima nell’incertezza
e nella confusione, Hirigoyen, Sottomesse, cit. 98.
(35)
Il processo di plagio si svolge in due fasi: incomincia con la seduzione, poi, se la donna fa resistenza, l’uomo adotta comportamenti violenti sempre più manifesti. La fase della seduzione dà l’illusione di uno scambio affettivo. L’altro viene agganciato per mezzo di quello che parrebbe un amore
idilliaco. La seduzione mira agli istinti di protezione della donna; l’uomo si presenta come la vittima di un’infanzia infelice oppure di un divorzio
sfortunato. Non si tratta di seduzione amorosa, reciproca, ma di una seduzione narcisistica destinata
ad ammaliare l’altro e, contemporaneamente, a paralizzarlo... Questa fase è allo stesso tempo un momento di preparazione psicologica alla sottomissione e di « lavaggio del cervello ». La donna è resa
instabile e perde progressivamente la fiducia in se
stessa. Anche se la sua libertà viene erosa pezzo
per pezzo, lei continua a credere di essere libera e
che l’uomo non le imponga niente. E invece, tramite microviolenze o intimidazioni, viene un po’
per volta privata di tutto il libero arbitrio e di ogni
visione critica della propria situazione. L’uomo violento neutralizza la volontà della compagna, diminuisce o annulla la sua alterità fino a trasformarla
in oggetto. Si attacca alla mente della donna, installa il dubbio su ciò che lei dice o prova e, allo
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stesso tempo, fa in modo che la cerchia dei conoscenti avalli tale squalifica. Il plagio impedisce alla
donna di ribellarsi contro l’abuso che subisce, la
rende obbediente e la stimola a proteggere il suo
aggressore e ad assolverlo da qualunque violenza.
Con questo modo di procedere, l’uomo, all’inizio, non cerca di distruggere la compagna, ma di
sottometterla a poco a poco e di tenerla a propria
disposizione. Si tratta di dominarla e di controllarla, perché non sia altro che un oggetto e resti al
suo posto di oggetto. La distruzione avverrà soltanto dopo, attraverso strategie dolci come la persuasione, la seduzione e la manipolazione, o più dirette, come la coercizione, Hirigoyen, Sottomesse,
cit., 89.
(36)
Con tecniche cognitive si possono anche diminuire le facoltà cognitive di una persona, per gettarla nella confusione. Questo avviene essenzialmente attraverso il controllo del linguaggio e della
comunicazione. La messa in atto del plagio avviene
grazie alla comunicazione perversa. Questo particolare meccanismo, che può dare l’illusione della comunicazione, non ha la funzione di collegare, ma
al contrario quella di allontanare e di impedire lo
scambio. La vittima non deve capire cosa le sta capitando.
Le dinamiche sono assai stereotipate:
— Rifiutare la comunicazione diretta: la comunicazione si riduce a sottintesi, osservazioni apparentemente anodine ma destabilizzanti; non si dà alcuna risposta alle domande.
— Deformare il linguaggio: il messaggio è deliberatamente vago e impreciso. Mira a disorientare
l’altro, facendolo al contempo sentire in colpa. Il
tono implica rimproveri inespressi, velate minacce.
— Mentire: che può significare rispondere a
vanvera o in modo indiretto, oppure, assemblando
sottintesi, creare un malinteso al fine di deresponsabilizzarsi e mettere nei guai l’altro.
— Adoperare il sarcasmo, la derisione, il disprezzo per creare un’atmosfera sgradevole e suscitare la diffidenza. Ostentare un cinismo destinato a travolgere l’altro un po’ alla volta, senza che
l’ostilità sia troppo evidente.
— Destabilizzare l’altro con messaggi parados-
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Nelle forme più subdole l’agente riesce ad annullare completamente la volontà
della persona agendo sulla coscienza e le facoltà sensoriali e ponendo la vittima in
uno stato di soggezione. Le tecniche con cui vengono poste in essere tali manovre
sono le più svariate e dipendono dalla cultura e dalla personalità sia del malato che
della vittima (37).
In qualche caso al plagio si associa anche il fenomeno della dissociazione dei pensieri che consiste nello sdoppiamento del vissuto e nel ricordare solo ciò che è sopportabile, nascondendo o rimuovendo la psiche ciò che risulterebbe molto doloroso o
non sopportabile (38).
In alternativa alla dissociazione può svilupparsi la dipendenza della vittima dal suo
aggressore per cercare una apparente tranquillità al fine di evitare situazioni di violenza fisica o psicologiche che potrebbero essere non sopportabili dalla vittima già
provata da tale situazione e che quindi cerca tranquillità adattandosi alla situazione
che le è imposta (39).
Non è invece ben chiaro se il malato si renda conto della violenza e delle sue conseguenze nella donna, che è considerata come una preda da conquistare a tutti i costi.
sali: si tratta di installare il dubbio su faccende più
o meno normali della vita quotidiana, di controllare
i suoi sentimenti e i suoi comportamenti, nonché
di fare in modo che finisca per essere d’accordo e
per screditarsi da solo.
— Squalificare: significa negare a qualcuno
qualsiasi qualità, dirgli e ripetergli che non vale
niente, finché non arriva a pensarlo. Hirigoyen,
Sottomesse, cit. 99.
(37)
Il plagio può produrre anche modificazioni
della coscienza, una sorta di stato ipnotico imposto.
L’influenza che l’aggressore esercita sulla vittima
diminuisce la capacità critica di quest’ultima facendola entrare in una sorta di trance, che ne modifica
le percezioni, le sensazioni e la coscienza.
Il DSM-IV precisa appunto che questi stati dissociativi possono essere il risultato di prolungate
manovre di persuasione coercitiva (lavaggio del
cervello, rettifica ideologica, indottrinamento in
prigionia). Hirigoyen, Sottomesse, cit., 97.
(38)
La dissociazione è un processo inconscio attraverso il quale alcuni pensieri vengono separati
(dissociati) dal resto della personalità e funzionano
in modo indipendente. La vittima diventa quindi
un’osservatrice esterna dell’aggressione subita. È
un metodo efficace per sopravvivere, per non perdere la ragione, una strategia passiva quando si ha
la sensazione che non ci sia alcuna via d’uscita
possibile. Di fronte ad un evento traumatico inimmaginabile, la psiche non ha altra scelta che deformarlo o nasconderlo. La dissociazione opera una
separazione tra il sopportabile e l’insopportabile,
che viene cancellato. Filtra l’esperienza vissuta,
creando in tal modo un sollievo e una parziale protezione contro la paura, il dolore o l’impotenza. I
processi dissociativi possono portare la persona a
dimenticare il trauma o, più esattamente, a « dimenticare di ricordarsi » delle vicende personali
stressanti o addirittura del proprio intero passato.
Anche gli stati dissociativi possono indurre uno
stato di depersonalizzazione con anestesia sensitiva e mancanza di reazione affettiva, o anche un
senso di perdita di controllo delle proprie azioni.
Il fenomeno di dissociazione va a rafforzare il
plagio costituendo una difficoltà supplementare di
cui sarà necessario tener conto durante la terapia,
Hirigoyen, Sottomesse, cit., 99.
(39)
Si viene a creare una vera e propria dipendenza dal partner, spiegabile con meccanismi neurobiologici e psicologici, per evitare di soffrire e ottenere una certa tranquillità. Sul piano fisiologico,
la dipendenza da una persona è molto simile a
quella verso uno psicofarmaco. Nella violenza ciclica, in cui il dominio psicologico non è in primo
piano, l’alternanza delle fasi di aggressione e di
tregua o addirittura di riconciliazione crea un sistema di punizioni — ricompense. Ogni volta che
l’uomo violento si è spinto troppo in là e la donna
potrebbe avere la tentazione di andarsene, viene
« riacciuffata » da un po’ di gentilezza o di premura.
Creando confusione fra amore e sesso, l’uomo
cerca una riappacificazione sotto le lenzuola. Allo
stesso tempo, squalifica la sua compagna, che
perde fiducia in se stessa: La tratta come una bambina: « Cosa faresti senza di me? ». Ben presto lei si
convince che senza di lui non ce la farebbe. — La
dipendenza può riflettersi anche sui figli della coppia.
Lei potrebbe sostenere che lui non l’ha mai picchiata apertamente: « Mi spingeva, e io cadevo da
sola », Hirigoyen, Sottomesse, cit., 102.
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Nelle forme più gravi di malattia mentale deve escludersi una consapevolezza di
nuocere del marito violento, in quanto tali manifestazioni fanno parte della estrinsecazione della malattia, ma nelle situazioni borderline non può escludersi che il soggetto agente si renda conto, sia pure in modo distorto, del male che fa e della violenza
posta in essere nei confronti del partner.
In tali ultimi casi è possibile che l’autore si possa rendere conto del suo comportamento violento e possa recedere, ma nelle forme più gravi l’esperienza clinica insegna
che non è possibile che un paranoico prenda coscienza della violenza e la possa eliminare dal suo comportamento (40).
Solitamente un paranoico nega la violenza o ne attribuisce le cause al partner addebitandogli presunti o anche veri torti, ma amplificandone sempre la portata; l’interlocutore se a conoscenza del particolare narrato dal malato, usato quale sponda per
dare credibilità alla propria versione, sarà portato a credergli o, comunque, si ingenererà un grosso dubbio sull’effettiva situazione, in quanto la donna generalmente in
tali casi ha le idee confuse oppure è plagiata e non avrà possibilità di adeguata difesa,
finendo per essere succube di una situazione paradossale.
Il plagio cessa quando la vittima realizza che, se non cede, l’altro non ha alcun potere (41).
Finché permane lo stato di plagio la vittima non avrà la forza di rompere col partner e di andarsene, mentre quando si rende conto della situazione deve adottare
comportamenti che facciano capire all’uomo che non tollererò più la situazione precedente (42).
4. RIMEDI COMPORTAMENTALI E TERAPEUTICI
Oggetto della ricerca è il rimedio terapeutico ma anche comportamentale, a seguito
della violenza endo-familiare, conseguente ai disturbi a livello cerebrale che da parte
delle vittime e del malato, una volta riconosciuto come tale e, quindi, bisognevole di
cure (43).
Sotto il profilo della cura vi è l’alternativa tra il rimedio farmacologico e la cura tramite psicoterapia, anche se è possibile associare entrambe per un effetto multiplo più
(40)
Gli uomini che presentano un carattere paranoico fanno molta resistenza a qualunque forma di
trattamento. Nell’ambito di una terapia obbligatoria, possono recarsi a qualche seduta, ma non si fideranno e resteranno accampati sulle loro posizioni. È raro riuscire a farli cambiare, Hirigoyen,
Sottomesse, cit., 188.
(41)
Hirigoyen, Sottomesse, cit. 180.
(42)
Finché sono sotto l’effetto del plagio, le vittime hanno la sensazione che non ci sia soluzione.
Quando si « disintossicano », come si direbbe di un
drogato, e osano reagire, restano stupite nel vedere
che l’uomo che le aggrediva e faceva loro paura
era, invece, fragile. In ogni caso, che restino o se
ne vadano, bisogna che le donne imparino a dire
stop e a porre le loro condizioni. Devono rompere
il silenzio che circonda la violenza; la donna dovrà
smettere di proteggerlo, di coccolarlo, per occu-
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parsi di se stessa, Hirigoyen, Sottomesse, cit., 193.
(43)
In una situazione di molestia, dopo molti tentativi di dialogo falliti, si instaura uno stato d’ansia
permanente, « congelato », mantenuto da aggressioni continue, che spesso impone un accresciuto
consumo di farmaci.
Nel caso di altre vittime, la reazione è fisiologica:
ulcere allo stomaco, malattie cardiovascolari, malattie della pelle... Alcune dimagriscono, si indeboliscono, esprimono cosı̀ attraverso il corpo un’aggressione psichica di cui non prendono coscienza e
che può arrivare fino alla distruzione della loro
identità. I disturbi psicosomatici non sono effetto
diretto dell’aggressione, ma del fatto che il soggetto
non è in condizione di reagire. Qualunque cosa
faccia ha torto, qualunque cosa faccia è colpevole,
Hirigoyen, Molestie morali, cit.. 172.
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efficace; un bravo pscicoterapeuta deve essere in grado, una volta effettuata l’anamnesi, di individuare, in relazione alle specifiche peculiarità del soggetto, il rimedio più
adeguato in relazione alla personalità del soggetto ed al suo grado di coinvolgimento
emotivo, ed alla situazione di dipendenza cui è giunto.
A seguito della violenza psichica si possono anche verificare reazioni nel comportamento della vittima che varieranno in base allo stadio della violenza, alla sua sopportazione, al grado di coscienza della vittima, al suo attaccamento alla istituzione
della famiglia, alla presenza di figli, con una serie di variabili che non consentono di
generalizzare le risposte comportamentali delle vittime (44).
La donna generalmente ha due alternative: o subire la sottomissione o ribellarsi e
andarsene (45).
Apparentemente la seconda soluzione sembrerebbe quella preferibile e più facilmente percorribile e consigliabile, ma quasi mai è cosı̀, in quanto, quando si prende
coscienza del proprio stato si è arrivati ad un grado di frustrazione tale che viene
grandemente scemata ed indebolita la capacità di reazione della vittima che potrebbe
non avere la forza di porre in essere la separazione che, oltre che giuridica, deve essere soprattutto fisica (46).
Sovente la donna non ha neanche una autonomia economica o perché non lavora
oppure perché, pur lavorando, il partner ha trovato il modo, e ciò accade di frequente,
di privarla dei suoi redditi.
Il plagio influisce sulla psiche, influenzando i pensieri della vittima che è succube
del malato e può uscire da tale situazione non solo con la cura farmacologia ma anche
con l’aiuto di un bravo psicoterapeuta che l’aiuti ad uscire gradatamente dalla situazione di plagio attraverso la presa di coscienza della situazione e il rifiuto della stessa
da parte della vittima; l’aiuto psicoterapeutico può rivelarsi anche più efficace dei farmaci ma deve essere condotto in modo tale da non colpevolizzare e condizionare la
donna.
Sovente le vittime non hanno coscienza della spirale in cui sono cadute o rischiano
di cadere in quanto non si rendono pienamente conto della violenza psicologica attuata dal partner nei loro confronti, con modalità differenti; per poter parlare di ri(44)
A volte la reazione, di natura comportamentale, caratteriale, è diretta conseguenza della provocazione perversa. Consiste in vani tentativi di
farsi ascoltare: una crisi di nervi in pubblico, ad
esempio, oppure uno scatto violento contro l’aggressore che giustificheranno addirittura l’attacco:
« Vi avevo avvertito, è completamente pazzo/a! ». I
perversi, per provare che la loro vittima è cattiva,
sono pronti a provocare in lei violenza nei loro
confronti, Hirigoyen, Molestie morali, cit., 172.
(45)
Soggette ad un condizionamento troppo forte
o di troppa lunga durata, certe persone non sono in
grado né di fuggire né di combattere. Persone di
questo tipo preferiscono di solito un trattamento
farmacologico a una lunga psicoterapia. Tuttavia,
quando gli stati depressivi si susseguono, può verificarsi un abuso di farmaci ansiolitici o di sostanze
tossiche. Quando è in atto la molestia, infatti, è raro
che si interrompa se la vittima non se ne va, e non
sono dei farmaci che le permetteranno di salvarsi,
Hirigoyen, Molestie morali, cit., 175.
(46)
La separazione, quando può realizzarsi, riguarda le vittime, mai gli aggressori. Questo processo di liberalizzazione si compie all’insegna del
dolore e del senso di colpa, perché i perversi narcisisti si atteggiano a vittime abbandonate e trovano
in ciò un nuovo pretesto per essere violenti. Nella
separazione i perversi pensano sempre di essere
stati danneggiati e diventano cavillosi, approfittando del fatto che la loro vittima, nella fretta di
farla finita, è disposta a qualunque concessione.
Nella coppia, il ricatto e la pressione si esercitano
attraverso i bambini, quando ci sono, o in procedure che riguardano beni materiali, Hirigoyen,
Molestie morali, cit., 175.
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medi occorre infatti la consapevolezza di uno stato di disagio delle vittime e di malattia del partner e sovente non si realizza neanche una delle due condizioni in quanto
la vittima ha scarsa cognizione di conoscenze psichiatriche al riguardo e non si rende
conto di essere stata plagiata in quanto i suoi pensieri sono annullati dall’atteggiamento invasivo del partner (47).
Occorre poi decolpevolizzare la vittima per il fallimento del rapporto che non va ricercato nel suo comportamento, ma in quello del partner, anche se originato dalla
particolare situazione patologica dello stesso (48).
Un bravo terapeuta deve far prendere coscienza di tale stato, non drammatizzando
la situazione ma neanche sottovalutandola quale manifestazione isterica della
donna (49).
È importante per lo psicoperateuta che la vittima capisca anzitutto la sua particolare situazione senza per questo colpevolizzarla per quello che è successo, ma aiutandola anche a recuperare i suoi sentimenti di vergogna, ira, vendetta che risultano appiattiti durante la fase del plagio (50).
Una delle possibili cause o concause della violenza consistono in un elevato tasso
di testosterone, ormone maschile e nella presenza di serotonina, neuromediatore cerebrale, anche se il partner spesso è borderline con maggiori difficoltà di accertamento
medico ed è sovente violento solo in famiglia per essere normale all’esterno. Possono
anche influire sulla violenza fattori esterni di carattere sociale, culturale, familiare,
quale l’educazione, oppure traumi subiti nell’infanzia (51).
(47)
Diverse forme di psicoterapia possono essere
proposte a una donna maltratta nell’ambito della
coppia, ma è il caso di preferire l’ascolto attivo
realmente partecipe all’attenzione fluttuante e a
una neutralità più fredda che amichevole. Quando
una donna si presenta angosciata, incapace di parlare, spaurita, con la testa vuota, non ci si può accontentare di ascoltarla in silenzio. È meglio evitare le terapie comportamentali, perché si basano
sulle teorie dell’apprendimento, presentando il rischio di rispecchiare il condizionamento cui la
donna è soggetta. In ogni caso, a nascondersi dietro una tecnica, si corre il rischio di dimenticare la
sostanza, ossia la disponibilità nei confronti di queste persone. Bisogna aiutarle a tradurre in parole,
a capire la loro esperienza, per poi condurle a criticarla, Hirigoyen, Sottomesse, cit., 179.
(48)
È dunque necessario spiegare alla persona
che, se non ha reagito, è perché era influenzata,
farle capire che lo stato di impotenza in cui si trova
non è patologico, ma deriva da un processo di cui è
possibile capire i meccanismi sul piano tanto sociale
quanto razionale. La tappa successiva consiste, per
il paziente, nel riuscire a esprimere che il comportamento del suo aggressore non è accettabile. Deve
attribuirgli la responsabilità delle sue azioni. Una
volta spiegato questo procedimento ai pazienti, capita che trovino da soli le proprie soluzioni. Per
esempio alcune donne capiscono che non è stato il
loro comportamento a provocare la violenza del
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compagno, ma il malessere di quest’ultimo. Il processo violento si riproduce in ogni nuovo rapporto
dell’uomo, Hirigoyen, Sottomesse, cit., 179.
(49)
La prima tappa consiste nel fare ammettere
che si tratta di violenza. Alcune donne non immaginano che ciò che subiscono sia violenza psicologica. Per consentire ad una persona di liberarsi dal
plagio, è innanzitutto necessario portarla a capire
in che modo è caduta in trappola, analizzando insieme le strategie di violenza indiretta usate contro
di lei. Non è facile perché in genere le parole elaborate e argomentate dall’aggressore mascherano
le strategie di violenza. Quando l’aggressore si difende accusando la vittima, questa ha la tentazione
di giustificarsi, e questo è proprio da evitare di
fronte ad un narcisista perverso che userà qualunque cosa gli si dica per ritorcerla contro la vittima.
Come nelle sabbie mobili, più ci si dibatte, più si fa
il loro gioco, Hirigoyen, Sottomesse, cit., 179.
(50)
Lo psicoterapeuta, nel corso di una terapia di
questo tipo, si deve guardare bene dal giudicare la
situazione, anche se appare molto scioccante o
molto pericolosa, con il proprio metro: « Io, al posto
Suo, me ne sarei andata » o « Lei non si rende conto
che cosı̀ si mette in pericolo! », Hirigoyen, Sottomesse, cit., 179.
(51)
Si sa che a livello endocrino un elevato tasso
di testosterone, l’ormone maschile, può portare alla
violenza e che anche i neuromediatori cerebrali,
come la serotonina, rivestono un ruolo. Tuttavia,
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Tra i farmaci antipsicotici con sperimentata efficacia clinica e che bloccano i recettori della dopamina di tipo D2) si segnalano le fenotiazine tricicliche, tioxanteni e dibenzapine, butirrofenoni e altri composti eterociclici e benzamidi.
Tali farmaci condividono tra loro molte proprietà e sono impiegati soprattutto per
la cura della schizofrenia ed altre malattie psichiatriche di una certa gravità caratterizzate da alterazione del pensiero e stato di agitazione.
Alcuni farmaci, come la clorpromazine, hanno un prevalente effetto sedativo, soprattutto all’inizio del trattamento, mentre successivamente può insorgere una tolleranza del paziente a tale effetto, anche s possono sviluppare effetti collaterali extrapiramidali, a seguito di prolungata somministrazione, quali la discinesia tradiva.
Tra gli effetti negativi dei farmaci neurolettici si segnalano la riduzione dell’interesse nei confronti dell’ambiente circostante e delle manifestazioni affettive ed emozionali in genere, con un effetto « tranquillante », con una riduzione della velocità di
risposta a stimoli esterni anche se mantiene intatte le funzioni intellettive (52).
Occorre, preferibilmente somministrare farmaci con ridotti effetti collaterali neurologici extrapiramidali.
In particolare l’olanzapina e la quetiapina non provocano convulsioni e sono privi
di tossicità a livello ematologico, anche se la prima presenta il rischio di alterazioni
metaboliche e aumento di peso corporeo.
Ancora in via di sperimentazione è l’uso di benzamidi, i derivati dell’indolo sertindolo e ziprasidone; nuovi farmaci sono stati sperimentati per il trattamento del disturbo bipolare quali l’acido valproico e la carbamazepina, farmaci antimania che
hanno effetti anticolvulsivanti.
La lamotrigina è efficace nel disturbo bipolare e presenta un rischio basso di indurre manie; tra i prodotti naturali sono utili gli acidi grassi insaturi che si trovano negli oli di semi e di pesce e hanno effetti stabilizzanti dell’umore (53).
Spetterà al medico valutare costi-benefici del trattamento, interromperlo appena
compiono effetti indesiderati che si prolungano nel tempo, valutando tutte le situazioni concrete al fine di continuare o meno la cura o sostituirla con altra ritenuta più
adatta alle particolari condizioni del paziente.
nessuna dimostrazione biologica può spiegare perché gli uomini violenti lo siano soltanto con la compagna più intima, in maggioranza, mai al di fuori
della famiglia. In grande maggioranza, gli uomini
violenti hanno una personalità borderline e antisociale. Alcuni specialisti del resto associano la personalità borderline alla violenza coniugale. Nessun
fattore, preso in modo isolato, basta a spiegare perché un individuo è violento, Hirigoyen, Sottomesse,
cit., 119.
(52)
Sugli effetti neurologici associati all’uso di
antipsicotici, Baldasserini, R.J., Suppes, and
Tondo, L. Lithium Withdrawal in Bipolar Disorder:Implications for Clinical Practice and Experimental
Therapeutics Research, Am. J. Therapeutics, 1996,
3:492-496.
(53)
Sulla cura dei disturbi psichiatrici, Harrison,
Principi di medicina interna, Mc Graw-Hill, Milano,
cap. 385, 2002.
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