Capolavori salvati. Nel bunker dell`arte

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Capolavori salvati. Nel bunker dell`arte
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Corriere della Sera Giovedì 12 Marzo 2015
BS
Cultura
 Tempo libero
Collegio Lucchini
Web e realtà virtuale
istruzioni per l’uso
Una sterminata rete da cui
pescare, ma in cui è anche facile
cadere. Potenzialità e criticità del
web saranno al centro
dell’incontro «La realtà è anche
virtuale? Multimedialità e nuove
tecnologie» organizzato dal
Collegio Universitario Luigi
Lucchini e rivolto agli studenti di
quarta e quinta superiore. A partire
dalle 9.30, nella sede del collegio in
via Valotti 3/C, i temi dei nuovi
media, della cittadinanza digitale e
di un uso consapevole delle nuove
tecnologie sarà illustrato dal
giornalista Emilio Cozzi (Il sole
24ore e Wired) e l’ingegnere
informatico Elisa Di Lorenzo,
sviluppatrice di videogames
(Untold games). Opportunità di
approfondimento per gli studenti
che avranno occasione di
confrontarsi con due esperti del
settore. Per informazioni
030.2010693.
Brescia in guerra La Vittoria Alata, gli incunabuli della Queriniana,
i dipinti di Moretto e Romanino: il patrimonio bresciano si salvò, nascosto
in provincia. Soprattutto nelle cantine di Villa Fenaroli a Seniga
di Maria Paola Pasini
C
apolavori sotto attacco
in ogni epoca. Vittime
della barbarie, dell’incuria, delle bombe. E ieri come oggi la parola d’ordine
non può essere che una: salvate
Venere! Anche nel 1940, per
proteggere il nostro patrimonio artistico, dopo l’entrata in
guerra dell’Italia, in tutte le città venne adottato dalle autorità
fasciste un piano di protezione
delle opere d’arte mobili e immobili. E così a Brescia.
Ad agire furono per primi i
funzionari del Comune, dei
Musei, della Queriniana. I
bombardamenti avrebbero
presto minacciato da vicino gli
edifici storici, le chiese, i monumenti, ma anche i quadri, le
sculture, i preziosi gioielli archivistici. Non ci fu esitazione e
d’accordo con l’Unpa (l’Unione
nazionale protezione antiaerea) venne avviata una poderosa opera di protezione dei principali edifici storici della città.
Vennero riparate, con sacchi di
sabbia paraschegge e altre
strutture, palazzi e chiese: Loggia, Broletto, la chiesa dei Miracoli, quella della Carità. Per difendere i Macc de le ure fu costruito un vero e proprio muro,
mentre le arcate del palazzo
Loggia furono puntellate con
travi.
Anche tele e statue dei Civici
Musei vennero catalogate. Così
pure i rari manoscritti della biblioteca Queriniana. Furono
selezionati i pezzi più pregiati,
rinchiusi in casse e trasferite in
CAPOLAVORI SALVATI
Nel bunker dell’arte
presso i National Archives di
Londra nell’ambito di un progetto dell’Archivio storico della
Resistenza bresciana e dell’Età
contemporanea: un rapporto
della Direzione generale delle
opere d’arte della Repubblica
sociale italiana dell’inizio 1945
e alcune relazioni degli ufficiali
anglo-americani, i famosi Monuments men, del giugno
1945.
In particolare il rapporto fascista elenca i danneggiamenti
riferiti all’incursione del 13 luglio 1944. Si parte dalla biblioteca Queriniana. «Ha subito
gravissimi danni il materiale librario — riporta il rapporto
della Rsi — quasi intatta la parte monumentale». Per il Broletto: «È crollata parte dell’ala
settentrionale prospiciente Via
Musei, un tratto dell’ala orientale prospiciente la Piazza della
Provincia, un tratto dell’ala
orientale prospiciente la Piazza
Martiri di Belfiore». Ancora:
«Chiesa di San Marco: sfondata
la volta. Duomo nuovo: forata
la cupola e incendiata. Palazzo
dell’Adriatica in Piazza della
Vittoria: gravissimi danni. Palazzo Martinengo Palatino:
completamente distrutta l’ala
destra».
Più dettagliata un’altra relazione (probabilmente sempre
di fonte fascista che gli angloamericani acquisiscono successivamente) relativa all’incursione del 2 marzo 1945:
«Casa Calzaveglia: distrutta la
parte verso oriente della facciata. Chiesa di S. Afra: è quasi
tutta a terra. Perduta per intero
la decorazione del Bagnadore e
Il piano
Tele e manoscritti
vennero catalogati
e portati in salvo. Brera
coordinò le operazioni
I danni in città
Nelle relazioni dei
monuments men
il dettaglio di chiese
e palazzi in macerie
luoghi sicuri, soprattutto ville
nobiliari della provincia, lontane da obiettivi strategici, fabbriche e infrastrutture e dal
centro della città. La villa Fenaroli di Seniga è uno dei luoghi
cui va il merito di aver protetto
e salvato la nostra arte. In questa dimora austera che sorge
lungo il fiume Oglio in posizione un po’ defilata rispetto al
centro vengono concentrate le
bellezze artistiche non solo
bresciane, ma anche provenienti da altre province della
Lombardia, soprattutto da Milano.
Le grandi manovre sono coordinate sin dal 1940 direttamente da Brera che convoglia a
Seniga camion di tele, statue,
avori, incunaboli, oggetti sacri.
Le casse sono tutte ordinatamente numerate e alcuni registri raccolgono segnature e indicazioni dettagliate. Oltre a
Seniga, in provincia di Brescia,
vi sono anche altri depositi
d’arte a Erbusco, Lonato, Saiano, Montirone, Adro, Fantecolo e fuori provincia Sondalo e
Trescore. Nelle casse ci sono
centinaia di opere: quadri del
Moretto («rullati», ossia staccati dalla cornice e arrotolati in
contenitori cilindrici), Romanino, Foppa, Bellini, Tintoretto, Paolo Veronese. E poi gioielli, capitelli, avori, incunaboli,
teste, bronzi, vasi giapponesi.
di Girolamo Rossi. Chiesa di S.
Alessandro: assai danneggiata.
Chiesa di S. Francesco: sono
crollate la cella superiore del
campanile, la volta della cappella a destra dell’altare maggiore e alcune volte del piccolo
chiostro. Chiesa dei Miracoli:
le bombe l’hanno colpita in
pieno facendo crollare la cupola e tutte le volte. La facciata,
celebre per la ricchissima ed
elegante decorazione […], è rimasta intatta. Palazzo Averoldi:
rilevanti danni. Palazzo Bettoni: vari danni. Palazzo Calini:
assai danneggiato. Palazzo Fe’
d’Ostiani: danneggiato. Palazzo Fenaroli: è crollata una
grande ala posta tra i due cortili. Palazzo Martinengo della
Fabbrica: è stato distrutto l’angolo fra via Soncin e la Contrada S. Croce. Anche la bella balaustra dello scalone è in pezzi.
Palazzo Salvadego: distrutto
più di metà. Integralmente
conservato solo uno dei quattro lati del bellissimo cortile.
La famosa saletta dipinta dal
Moretto è stata duramente
provata per il contraccolpo subito dalla parte dell’edificio rimasto in piedi». Insomma
buona parte delle opere d’arte
bresciane venne messa in salvo, ma i danni non mancarono.
Eccome.
[email protected]
Nella cassa numero 7 è custodita la croce di Desiderio, nella
cassa 38 i Raffaello, nella 13 le
ali, nella 14 il busto della Vittoria alata.
L’operazione viene condotta
con cura e dedizione dai fun-
zionari del Comune. Senza
l’impegno di Ugo Baroncelli,
Alessandro Scrinzi, Gaetano
Panazza e altri, Brescia non sarebbe quella che è oggi. I capolavori si salvarono tutti. Lo sforzo fu enorme, ma la violenza
dei bombardamenti su Brescia
non risparmiò comunque alcuni dei gioielli più preziosi della
nostra città. Una fotografia dei
danni è fornita da documenti
recuperati presso l’Archivio
centrale dello Stato di Roma e
Il libro di Franco Robecchi presentato oggi in Loggia
Storia di Egidio Dabbeni, vita e opere
di un maestro dell’architettura italiana
Fu di carattere austero, eppure al suo nome è
legato il Liberty bresciano. Egidio Dabbeni era
un uomo di accademia permeabile alla
modernità, capace di coglierne le scintille che si
accendevano in Europa e declinarle in un
linguaggio formale e strutturale che la città era
pronta ad accogliere. Alla vasta opera di questo
ingegnere-architetto che visse tra la fine
dell’800 e la prima metà del ‘900, è dedicato il
libro di Franco Robecchi, edito da Compagnia
Della Stampa - Massetti Rodella Editori. Il
Il volume
La copertina del
libro di Robecchi
volume viene presentato oggi alle 18 nella Sala
dei Giudici di Palazzo Loggia. Intervengono il
sindaco Emilio Del Bono, il presidente Ordine
Ingegneri Brescia Marco Belardi, il presidente
Ordine Architetti Brescia Umberto Baratto,
l’architetto Paolo Dabbeni e Franco Robecchi,
autore della pubblicazione. Coordina Massimo
Tedeschi. Molte le opere che portano la firma di
Dabbeni in città, dallo zoo che aprì sugli spalti
del castello nel 1913, a numerosi palazzi privati
del centro (come Palazzo Pisa di via Solferino) e
a complessi industriali (come la fabbrica della
birra Wuhrer). Ma fu anche uno dei primi in
Italia ad usare il cemento armato.
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Interventi
Le travi di
rinforzo al
porticato di
Palazzo Loggia
montate subito
dopo l’entrata
in guerra
dell’Italia; a
sinistra, il muro
di protezione ai
Macc de le ure
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