Capolavori salvati. Nel bunker dell`arte
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Capolavori salvati. Nel bunker dell`arte
13 Corriere della Sera Giovedì 12 Marzo 2015 BS Cultura Tempo libero Collegio Lucchini Web e realtà virtuale istruzioni per l’uso Una sterminata rete da cui pescare, ma in cui è anche facile cadere. Potenzialità e criticità del web saranno al centro dell’incontro «La realtà è anche virtuale? Multimedialità e nuove tecnologie» organizzato dal Collegio Universitario Luigi Lucchini e rivolto agli studenti di quarta e quinta superiore. A partire dalle 9.30, nella sede del collegio in via Valotti 3/C, i temi dei nuovi media, della cittadinanza digitale e di un uso consapevole delle nuove tecnologie sarà illustrato dal giornalista Emilio Cozzi (Il sole 24ore e Wired) e l’ingegnere informatico Elisa Di Lorenzo, sviluppatrice di videogames (Untold games). Opportunità di approfondimento per gli studenti che avranno occasione di confrontarsi con due esperti del settore. Per informazioni 030.2010693. Brescia in guerra La Vittoria Alata, gli incunabuli della Queriniana, i dipinti di Moretto e Romanino: il patrimonio bresciano si salvò, nascosto in provincia. Soprattutto nelle cantine di Villa Fenaroli a Seniga di Maria Paola Pasini C apolavori sotto attacco in ogni epoca. Vittime della barbarie, dell’incuria, delle bombe. E ieri come oggi la parola d’ordine non può essere che una: salvate Venere! Anche nel 1940, per proteggere il nostro patrimonio artistico, dopo l’entrata in guerra dell’Italia, in tutte le città venne adottato dalle autorità fasciste un piano di protezione delle opere d’arte mobili e immobili. E così a Brescia. Ad agire furono per primi i funzionari del Comune, dei Musei, della Queriniana. I bombardamenti avrebbero presto minacciato da vicino gli edifici storici, le chiese, i monumenti, ma anche i quadri, le sculture, i preziosi gioielli archivistici. Non ci fu esitazione e d’accordo con l’Unpa (l’Unione nazionale protezione antiaerea) venne avviata una poderosa opera di protezione dei principali edifici storici della città. Vennero riparate, con sacchi di sabbia paraschegge e altre strutture, palazzi e chiese: Loggia, Broletto, la chiesa dei Miracoli, quella della Carità. Per difendere i Macc de le ure fu costruito un vero e proprio muro, mentre le arcate del palazzo Loggia furono puntellate con travi. Anche tele e statue dei Civici Musei vennero catalogate. Così pure i rari manoscritti della biblioteca Queriniana. Furono selezionati i pezzi più pregiati, rinchiusi in casse e trasferite in CAPOLAVORI SALVATI Nel bunker dell’arte presso i National Archives di Londra nell’ambito di un progetto dell’Archivio storico della Resistenza bresciana e dell’Età contemporanea: un rapporto della Direzione generale delle opere d’arte della Repubblica sociale italiana dell’inizio 1945 e alcune relazioni degli ufficiali anglo-americani, i famosi Monuments men, del giugno 1945. In particolare il rapporto fascista elenca i danneggiamenti riferiti all’incursione del 13 luglio 1944. Si parte dalla biblioteca Queriniana. «Ha subito gravissimi danni il materiale librario — riporta il rapporto della Rsi — quasi intatta la parte monumentale». Per il Broletto: «È crollata parte dell’ala settentrionale prospiciente Via Musei, un tratto dell’ala orientale prospiciente la Piazza della Provincia, un tratto dell’ala orientale prospiciente la Piazza Martiri di Belfiore». Ancora: «Chiesa di San Marco: sfondata la volta. Duomo nuovo: forata la cupola e incendiata. Palazzo dell’Adriatica in Piazza della Vittoria: gravissimi danni. Palazzo Martinengo Palatino: completamente distrutta l’ala destra». Più dettagliata un’altra relazione (probabilmente sempre di fonte fascista che gli angloamericani acquisiscono successivamente) relativa all’incursione del 2 marzo 1945: «Casa Calzaveglia: distrutta la parte verso oriente della facciata. Chiesa di S. Afra: è quasi tutta a terra. Perduta per intero la decorazione del Bagnadore e Il piano Tele e manoscritti vennero catalogati e portati in salvo. Brera coordinò le operazioni I danni in città Nelle relazioni dei monuments men il dettaglio di chiese e palazzi in macerie luoghi sicuri, soprattutto ville nobiliari della provincia, lontane da obiettivi strategici, fabbriche e infrastrutture e dal centro della città. La villa Fenaroli di Seniga è uno dei luoghi cui va il merito di aver protetto e salvato la nostra arte. In questa dimora austera che sorge lungo il fiume Oglio in posizione un po’ defilata rispetto al centro vengono concentrate le bellezze artistiche non solo bresciane, ma anche provenienti da altre province della Lombardia, soprattutto da Milano. Le grandi manovre sono coordinate sin dal 1940 direttamente da Brera che convoglia a Seniga camion di tele, statue, avori, incunaboli, oggetti sacri. Le casse sono tutte ordinatamente numerate e alcuni registri raccolgono segnature e indicazioni dettagliate. Oltre a Seniga, in provincia di Brescia, vi sono anche altri depositi d’arte a Erbusco, Lonato, Saiano, Montirone, Adro, Fantecolo e fuori provincia Sondalo e Trescore. Nelle casse ci sono centinaia di opere: quadri del Moretto («rullati», ossia staccati dalla cornice e arrotolati in contenitori cilindrici), Romanino, Foppa, Bellini, Tintoretto, Paolo Veronese. E poi gioielli, capitelli, avori, incunaboli, teste, bronzi, vasi giapponesi. di Girolamo Rossi. Chiesa di S. Alessandro: assai danneggiata. Chiesa di S. Francesco: sono crollate la cella superiore del campanile, la volta della cappella a destra dell’altare maggiore e alcune volte del piccolo chiostro. Chiesa dei Miracoli: le bombe l’hanno colpita in pieno facendo crollare la cupola e tutte le volte. La facciata, celebre per la ricchissima ed elegante decorazione […], è rimasta intatta. Palazzo Averoldi: rilevanti danni. Palazzo Bettoni: vari danni. Palazzo Calini: assai danneggiato. Palazzo Fe’ d’Ostiani: danneggiato. Palazzo Fenaroli: è crollata una grande ala posta tra i due cortili. Palazzo Martinengo della Fabbrica: è stato distrutto l’angolo fra via Soncin e la Contrada S. Croce. Anche la bella balaustra dello scalone è in pezzi. Palazzo Salvadego: distrutto più di metà. Integralmente conservato solo uno dei quattro lati del bellissimo cortile. La famosa saletta dipinta dal Moretto è stata duramente provata per il contraccolpo subito dalla parte dell’edificio rimasto in piedi». Insomma buona parte delle opere d’arte bresciane venne messa in salvo, ma i danni non mancarono. Eccome. [email protected] Nella cassa numero 7 è custodita la croce di Desiderio, nella cassa 38 i Raffaello, nella 13 le ali, nella 14 il busto della Vittoria alata. L’operazione viene condotta con cura e dedizione dai fun- zionari del Comune. Senza l’impegno di Ugo Baroncelli, Alessandro Scrinzi, Gaetano Panazza e altri, Brescia non sarebbe quella che è oggi. I capolavori si salvarono tutti. Lo sforzo fu enorme, ma la violenza dei bombardamenti su Brescia non risparmiò comunque alcuni dei gioielli più preziosi della nostra città. Una fotografia dei danni è fornita da documenti recuperati presso l’Archivio centrale dello Stato di Roma e Il libro di Franco Robecchi presentato oggi in Loggia Storia di Egidio Dabbeni, vita e opere di un maestro dell’architettura italiana Fu di carattere austero, eppure al suo nome è legato il Liberty bresciano. Egidio Dabbeni era un uomo di accademia permeabile alla modernità, capace di coglierne le scintille che si accendevano in Europa e declinarle in un linguaggio formale e strutturale che la città era pronta ad accogliere. Alla vasta opera di questo ingegnere-architetto che visse tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900, è dedicato il libro di Franco Robecchi, edito da Compagnia Della Stampa - Massetti Rodella Editori. Il Il volume La copertina del libro di Robecchi volume viene presentato oggi alle 18 nella Sala dei Giudici di Palazzo Loggia. Intervengono il sindaco Emilio Del Bono, il presidente Ordine Ingegneri Brescia Marco Belardi, il presidente Ordine Architetti Brescia Umberto Baratto, l’architetto Paolo Dabbeni e Franco Robecchi, autore della pubblicazione. Coordina Massimo Tedeschi. Molte le opere che portano la firma di Dabbeni in città, dallo zoo che aprì sugli spalti del castello nel 1913, a numerosi palazzi privati del centro (come Palazzo Pisa di via Solferino) e a complessi industriali (come la fabbrica della birra Wuhrer). Ma fu anche uno dei primi in Italia ad usare il cemento armato. © RIPRODUZIONE RISERVATA Interventi Le travi di rinforzo al porticato di Palazzo Loggia montate subito dopo l’entrata in guerra dell’Italia; a sinistra, il muro di protezione ai Macc de le ure © RIPRODUZIONE RISERVATA