SHERLOCK HOLMES ED ALCUNI SENTIERI INESPLORATI DI

Transcript

SHERLOCK HOLMES ED ALCUNI SENTIERI INESPLORATI DI
SHERLOCK HOLMES ED ALCUNI SENTIERI INESPLORATI DI RICERCA
STORICA: IL PARADIGMA INDIZIARIO DEL MORELLI1
di Franco EUGENI, a Teramo
1.- INTRODUZIONE.
Ovvero perché Sherlock Holmes e come io vedo Sherlock Holmes .
Il personaggio Sherlock Holmes, nasce nel 1887 con il romanzo A Study in Scarlet e per la penna di
Sir Arthur Conan Doyle (1859-1930) e procede fino al suo ultimo romanzo The Valley of Fear
(1915) e al suo ultimo racconto sul personaggio His Last Bow (1917), per un totale di quattro
romanzi e cinquantasei racconti! Tutto qui? – direte - si tutto qui! È anche noto che Conan Doyle
non amava molto il suo personaggio: lui era l’odiato Sherlock Holmes, colui che gli impediva di
essere lo storico che voleva essere nel suo immaginario individuale. Sir Arthur Conan Doyle non è
passato alla storia come medico, nemmeno come storico, nemmeno come spiritista, fama e denaro
sono venuti, ma da Sherlock Holmes. In The Final Problem, racconto del 1891, Doyle fa morire
Sherlock Holmes in una lotta con il suo feroce nemico, il Prof. Moriarty. Entrambi spariscono tra i
flutti delle cascate di Reichenbach, vicino Meiringen in Svizzera. Ma Doyle è costretto a furor di
popolo ed anche da sua madre, a risuscitare il personaggio solo pochi anni dopo. Meno Doyle
scriveva di Holmes più il pubblico desiderava nuove avventure. Nacquero imitatori, parodisti,
studiosi, commentatori ed il mondo holmesiano ebbe la sua apertura con Doyle ancora in vita.
Riservando il termine pastiche ad un qualsiasi romanzo o racconto su Sherlock Holmes, scritto da
una mano diversa da quella di Conan Doyle, non è difficile un conto approssimativo.
Già nel 1944, a cura di Ellery Queen (alias il duo Manfred Lee e Frederic Dannay) usciva la prima
raccolta di pastiches dal titolo The Misadventures of Sherlock Holmes2. Opera molto rara, mai ristampata,
annoverava 33 pastiches, forse un quarto di quelli prodotti all’epoca. Da allora i ritrovamenti di
manoscritti, di memorie di Watson, di Holmes stesso o della Signora Hudson e/o di vari nipoti o
imparentati con veri personaggi si sprecano. Ogni ritrovamento sembra avere, per i cultori del
genere, lo stesso effetto che ebbe a suo tempo il ritrovamento dei rotoli del Mar Morto! Il volume
di Ronald Burt De Waal, The World Bibliography of Sherlock Holmes and Dr.Watson, fa il punto della
situazione all’anno 1974 ed annovera 6200 opere esattamente. Considerata l’impennata
esponenziale, non è scorretto presumere che dal 1974 al 2002 ve ne siano almeno altri settemila,
con un totale che, con l’aggiunta di eventuali pastiches in lingua diversa dall’inglese, può essere
valutato attorno ai 15.000 volumi! La filmografia ha avuto una proporzionale esplosione ed è
chiaro che non sarebbe cosa difficile elencare quelle tremila e più videocassette, certamente
esistenti del personaggio. Per il resto Musei, associazioni (quasi una per nazione, con nazioni che
ne hanno anche una quarantina) oggettistica, convegni, premi ed infine Internet con i suoi
curatissimi siti, non certo in numero inferiore a quello delle associazioni3.
Da qualche anno si è diffuso anche il Big Game, un Grande Gioco internazionale con ampio
spazio in Internet. La finzione, alla quale si partecipa, consiste nel ritenere che Sherlock
Holmes, il personaggio frutto della fantasia dell’inglese Sir Arthur Conan Doyle, sia una
persona realmente esistita. Così il lettore che con noi desideri partecipare al “The Game”
faccia sua la frase che spesso Holmes rivolge al suo comprimario Watson: “the game is
afoot”.
L’avvento del Big Game ha decretato che Sherlock Holmes e il Dr. Watson sono personaggi reali,
che Watson è l’autore delle storie e che un innominato ACD, è solo l’editore di Watson. Chi
partecipa al Big Game finge di credere in uno Sherlock Holmes reale, vivente a colloquio con il suo
amico Dr. Watson, ed accetta di chiamare ACD l’innominato (vero autore), di fatto virtualmente
ucciso dai suoi virtuali personaggi. Una forma patologica? un gioco perverso? Difficile da dire,
certo che alla fine è Sherlock Holmes che, sopravvivendogli, ha ucciso ACD.
Così dalla serie delle 230 avventure di un falso Sherlock Holmes tedesco del 1907, con quel coprimario Harry Taxon, di atteggiamento prussiano, serie ispiratrice dell’Harry Dickson (ex Taxon)
divenuto franco-belga, passiamo al Solar Pons di Derleth, che ci strizza l’occhio e che spera di
piacerci ugualmente, ci imbattiamo in Robert Fish e le sue superlative parodie dissacranti,
incontriamo una quindicina di pastiches degli anni ante 1930, brevi a volte assurdi o ironici altri
graffianti ad altri pastiches molto recenti, alcuni di uno dei curatori di questi volumi. Ecco, una
finestra sul mondo holmesiano, una piccola finestra su un mondo ampio, più di quanto si possa
supporre a priori.
Prima di entrare nel Big Game, vi confesso una cosa personale. La passione per Sherlock
Holmes è per me una passione di vecchia data e sono anni che ho sempre avuto il desiderio di
fare cose come questo gioco. Essendo del segno dei gemelli, malato di un pochino di
narcisismo ed amante anche di una sorta di piacere per qualche teatrale esibizione, mi sto
divertendo da matti a presentarvi questo mio amato personaggio in questo modo.
Bene, ecco se siamo … pronti …. vi racconto ancora alcune interessanti bugie!
Nei tentativi di ricostruire la vita e i periodi bui di quel grande investigatore, esistito nella
Londra Vittoriana, che fu Sherlock Holmes sono spesso tornati utili dei fortuiti ritrovamenti di
manoscritti di vario genere, di varia natura e di varia attendibilità. Della vita di Sherlock Holmes
non si conoscono vari eventi. Non si conosce la precisa data di nascita e nemmeno si ha idea di
quella di morte.
Non si conosce il luogo di nascita anche se si è sempre parlato di località nello Yorkshire. È
probabile che questa scarsa conoscenza di eventi, abbia fatto ipotizzare da taluno la non esistenza
reale di Sherlock Holmes. Vi è appunto chi afferma che l’investigatore sarebbe un frutto della
pura fantasia di un medico inglese Sir Arthur Conan Doyle, noto scrittore di avventure e mistero,
editore del Dott. Watson e quindi legato in qualche modo alla storia Holmesiana.
Spesso vi sono stati “ritrovamenti” o “pseudo-ritrovamenti” che sono stati giudicati “esagerati”
come i forzati incontri di Holmes con Freud 4, Wilde, Marx5, Einstein, Popper 6 o a Dallas a
risolvere il caso Kennedy (sic!) e ancora alle prese con Dracula o con Jack Lo Squartatore.
Ancora incontri fantascientifici nella asimoviana “ Sherlock Holmes nel tempo e nello spazio”,
o nella intelligente riscrittura di Sergio Kraisky, Sherlock Holmes e il Banchiere Italiano
Ucciso a Londra Sotto il Ponte Dei Frati Neri dove “strizzandoci l’occhio” appare una specie di
Calvi! Altre brillanti operazioni ragionate sono state compiute da Enrico Solito nei suoi libri.
Sembra non capiti a tutti di mettere le mani su un patrimonio watsoniano “originale”come è
capitato ad Enrico! ma vale anche il principio che un pastiche che non abbia “odore di
watsoniano” in genere non piace agli esperti ma ancor meno ai dilettanti!
zolfo
Personalmente raccolgo fin dagli anni ’60 tutto quanto mi capiti su Sherlock Holmes e posseggo
molto materiale del nostro e conosco, almeno di fama, tutto quello che non ho!
Nel giorno della distruzione delle Torri di New York da quella città partì la mia copia del
mitico "The Misadventures of SH" del 1944, che un collezionista americano ebbe a spedirmi,
volume che avevo ricercato da anni, ora nella mia biblioteca accanto al sacro testo di Baring
Gould, al testo di Ronald B. De Wall con l’elenco cronologico fino al 1954 di tutto l'esistente
americano7. Il libro di De Wall potrebbe essere il punto di partenza per un nuovo elenco
sull’attuale, operazione questa che si prevede lunga ed incompleta ed eseguibile solo con una
collaborazione cooperativa su Internet. Ancora vicino a questi libri posseggo una raccolta
completa delle opere scritte su Solar Pons, molti libri su Harry Dickson, specialmente nelle
bellissime edizioni francesi di una decina di anni fa, molti volumi di antologie di apocrifi in
lingua inglese, francese ed olandese del tutto inedite ed anche poco conosciute. Non ultimi tra
i films che posseggo a centinaia, la bella raccolta di Murder Rooms della BBC, con le
avventure del dott. Bell (novello SH) del suo assistente Arthur Conan Doyle (imitatore di W),
nella interpretazione magistrale di Ian Richardson.
Spesso ci si chiede quale sia la vera importanza del personaggio Sherlock Holmes, quale sia il
motivo di questo suo successo che ci conduce dal Canone (4 romanzi e 56 racconti, veramente
pochi!) ad un ammontare di oltre 15.000 volumi di apocrifi! E’ parere di chi scrive che la
metafora, se si vuole il modello sherlockiano (forse doyleiano) è un invito a raccogliere indizi, a
dare le impensabili interpretazioni, a scartare gli eventi tra loro contraddittori, insomma è un
invito ad operare con quel paradigma indiziario che al tempo di Doyle era patrimonio solo del
patologo e che doveva divenire strumento dello storico dell’arte, del criminologo, del biologo,
del matematico, dello storico e quant’altro. Il segno dei quattro è uno dei 4 romanzi di Conan
Doyle, Il segno dei tre è un volume di Umberto Eco sul paradigma indiziario … dal romanzo alla
speculazione filosofica in circa 100 anni. Con Doyle in vita vennero scritti numerosi apocrifi o
pastiches, che altri autori hanno scritto inventando nuove avventure di Sherlock Holmes. Solo in
Germania come vedremo più di 300 entro il 1911. Oggi oltre che più di 15.000 apocrifi, si
contano 1000 film e centinaia di commedie teatrali. Già nel 1944, immediato dopoguerra, a cura
di Ellery Queen (ovvero il duo Manfred Lee e Frederic Dannay) usciva la prima raccolta di
pastiches, tra cui l’introvabile The misadventures di Sherlock Holmes di cui ho detto sopra. Da
allora il processo non ha avuto mai termine. Andate su Internet e troverete titoli a stancarvi. Il
fenomeno è pauroso. Su Internet i circa sei-settecento club sparsi in tutto il mondo ritengono
Holmes e Watson personaggi realmente esistiti, è il big game, si sa che non è vero ma si fa finta
che è vero, in un gioco tipicamente pirandelliano ma anche in contrasto con il freddo
investigatore logico che non scherza mai.
E’ questo un gioco di verità. E’ la verità quella che cerchiamo? Spesso si dice di si, si dice che
cerchiamo la luce. In realtà la luce è un desiderio interpretativo di comprendere una realtà che
non sempre è unica, non sempre è raggiungibile. Diceva Menone a Socrate: … venni da te a
cercare una verità e ne trovai tante … Come filosofi non possiamo che ammettere che la verità
assoluta non è raggiungibile. In realtà, colui che scrive, ritiene che noi siamo osservatori di
eventi, che ci scorrono avanti agli occhi e lungo l’asse del tempo (che sappiamo misurare senza
sapere cosa sia)! Usualmente noi interpretiamo gli eventi osservati in ragione del nostro sapere,
della nostra storia personale, del nostro intuito, della nostra irrazionalità e delle informazioni che
possediamo. Ne cogliamo una sfaccettatura ovvero ne diamo una interpretazione! Noi siamo
inermi osservatori, a volte attori, degli eventi e la coppia evento-sfaccetatura è una verità. Una
delle possibile! Guai a cogliere una sola sfaccettatura, la si potrebbe scambiare per la verità!
Nel seguito di questa nota vi presentiamo uno strumento notevole in questo tipo di ricerca: il
metodo storico-indiziario, del quale diamo una descrizione sommaria. Nei successivi numeri di
questa rivista seguiranno ricerche concrete con l’uso di questo importante paradigma. Noi
riteniamo che l’uso del detto paradigma sia di enorme utilità seguendo il principio, nel quale
crediamo, che tali roghi pur avendo distrutto la gran mole di documenti propriamente massonici,
non ha distrutto la vasta rete di documentazione, che pur non facendo sempre esplicito
riferimento a notizie dirette, è atta a fornire tutta una serie di indicazioni incrociate che possono
essere di supporto a chi desidera tentare di dedurre notizie dirette ed indirette in questo vasto,
occulto, misterioso mondo apparentemente parallelo a fatti di storia ufficiale.
Tipico mondo nel quale applicare il metodo indiziario è la ricerca storica in massoneria. E’ un
aspetto che potrebbe corredare di nuove sfaccettature le nostre osservazioni degli eventi
massonici, è la rilettura in chiave semiotica di tutti i simboli nei quali si è sviluppato e cresciuto
il pensiero dei massoni. Anche ACD era massone e su ACD massone è stato scritto abbastanza.
Il complesso simbolico massonico costituisce una dottrina che necessita di nuove riletture alla
luce delle attuali conoscenze e capacità di interpretazioni. Il punto di partenza non può che essere
il cosiddetto sogno di Leibnitz, ovvero la ricerca di un codice simbolico che sia guida nell’essere.
Di questo tipo di ricerca per ora non daremo che un cenno, nella speranza che guizzi d’ingegno
di ricercatori originali, espressioni di quello stato grazia creativa da taluni chiamata serendipity
ne dia nuove ed avveniristiche interpretazioni.
2.- DAL SOGNO DI LEIBNITZ ALLA SERENDIPITY
L’esempio della ricerca storica in ambito massonico, specie in Italia, è il nostro punto di
partenza. La difficoltà è spesso prodotta in carenza di documenti, così che più che metodi
deduttivi occorrono maggiormente metodi di tipo abduttivo. Nella Storia della Massoneria di
fine Settecento e dell’Ottocento ma anche del primo ventennio, si presenta infatti una
caratteristica che la distingue da altri tipi di ricerca storica, caratteristica che si rilega ai vari
periodici dei “roghi di documenti” che hanno travagliato la sua annosa esistenza. Primo tra tutti
il rogo dei documenti massonici del 1925 quando il Fascismo imperante decretò la distruzione
delle Logge. Va inoltre compreso che il carattere spesso riservato di una Istituzione che tenne
segrete le sue determinazioni in molti momenti storici, anche recenti, come nel periodo che va
dal 1925 al 1945, periodo in cui operò in modo essenzialmente clandestino. Come afferma il
Ferroni8:
“la storia della Massoneria si presenta quasi sempre come un vero e
proprio rompicapo, un puzzle da risolvere avendo a disposizione pochi
pezzi, che vanno collocati l’uno accanto all’altro attraverso congetture,
valutazioni di tipo probabilistico ed indiziario.” La Storia della
Massoneria seguendo Marc Bloch9 è “un classico esempio di storia senza
o con pochi documenti, un’inchiesta condotta dallo storico, giudice su
limitate prove, esili indizi, tante ipotesi”
Ancora nel dopoguerra, periodo nel quale la massoneria, ben lungi da essere unica e unita, si
presenta come un labirinto di Istituzioni con finalità e motivazioni differenziate nei dettagli
anche se globalmente interessate ad una rinascita delle idee del libero pensiero. In questa giungla
emergevano solo sedicenti desideri di proclamarsi eredi, in qualche modo, delle defunte
obbedienze chiuse irrimediabilmente, dal Fascismo, nel 1925. Ancora oggi continua una ampio e
vario proliferare di Obbedienze, ben distinte nei particolari dei suoi statuti, più o meno attente a
far interagire la tradizione con una attenta revisione legata alle reali esigenze di una società che
cambia. Tuttavia ci sembra che globalmente in quasi tutte le Obbedienze emerge ancora
prepotentemente come luogo comune uno sviluppo equilibrato e adulto del pensiero dell’uomo
che centralizza il suo pensiero, e che nella sua qualità di Libero Pensatore si erge a rifiutare i
luoghi comuni e le induzioni.
Agire con la propria testa e ricercare le origini storiche del libero pensiero! Questo atteggiamento
è di notevole importanza oggi più che mai. Molti modelli sicuri dell’Ottocento ed oltre sono in
totale crisi. Non ultimo e per fortuna anche il modello economico. Il modello economico che ha
finora dominato è quello che si deve al pensiero di Vilfredo Pareto (1848-1923) e di Max Weber
(1864-1920), modello ove sono centrali i termini di utilità economica, valore d’uso, valore di
scambio, capitalismo e nel quale domina come valutazione la sola massimizzazione del profitto!
Oggi si affacciano nel modello economico nuovi valori e si desiderano aggiungere nuovi profitti,
anche meno quantizzabili e talora impalpabili quali quei profitti connessi all’etica, al benessere,
agli ideali.
Il simbolismo introdotto da Leibnitz (1646-1717) a proposito del calcolo differenziale, da lui
costruito e scoperto in contemporanea ad Isaac Newton (1642-1727), influenzò fortemente il suo
pensiero così da indurlo a concepire la “characteristica universalis” , uno dei motivi ispiratori
della sua filosofia. Leibnitz aspirava a risolvere problemi complessi riducendoli alla esprimibilità
degli stessi, attraverso pochi simboli caratteristici, dai quali, con opportune regole sintattiche e
logiche, avrebbero dovuto ottenersi sia verità note che verità nuove! Scrive Leibnitz:
“ai simboli è da richiedere che essi si prestino alla ricerca; ciò succede
principalmente quando essi esprimono in modo conciso e quasi dipingono l’intima
natura della cosa, perché essi allora risparmiano mirabilmente lo sforzo del
pensiero”.
Da notare, inoltre, che in Leibnitz sembrano acquistare grande importanza le cosiddette “petit
percetions”, le piccole differenze, che si presentano nell’analisi infinitesimale, ma anche in
natura, quasi preludendo alle idee future del Morelli e della sua analisi “quasi infinitesimale”
delle opere d’arte. Il Carruccio10 commenta un passo di Leibnitz, riportato dal Couturat, nel
quale si afferma:
“De iudice controversiarum humanorum, seu Metodo infallitatis et quomodo effici
possit, ut omnes nostri errores sint tantum errores calculi, et per esamina
quadeam facile possint justificari.”
ed ancora la frase descrittiva del cosiddetto sogno di Leibnitz:
“ Quo facto, quando orientur controversiae, non magis disputae opus erit inter
duos philosofos, quam inter duos computistas. Sufficiet enim calamos in manus su
mere sedereque ad abbacos et sibi mutuo dicere, calculemos.”
In sintesi : il sogno di Leibnitz fu questa immagine di un simposio di studiosi in disaccordo e in
contrapposizione e dell’utilizzo della characteristica per dirimere i contrasti. La characteristica
sarebbe divenuta il giudice delle controversie ridotte a puri errori di calcolo. Inoltre nelle
controversie tra filosofi, al momento del dirimere il contrasto sarebbe bastato dire: ebbene,
senz’altro indugio, calcoliamo! Sembra così risorgere in Leibnitz quel sogno, che in forma più
vaga, da molti autori viene ritrovato nelle idee del logico medioevale Raimondo Lullo (12341315) ed alla sua affannosa ricerca di un elisir di lunga vita, ma anche, come afferma il
Carruccio, alla sua aspirazione ad un procedimento meccanico capace di fornire tutte le
deduzioni a partire da dati principi.
I1 sogno di Leibniz di trovare gli elementi semplici della conoscenza furono riprese dal Lambert.
L'idea di sostituire il linguaggio ordinario con un più perfetto linguaggio formale è presente in
logici matematici inglesi del secolo XIX quali A. De Morgan (1806-1876), G. Boole (18151864), C.S. Peirce (1839- 1914).
Taluni autori, tra i quali Eco e Gisburg11, ad esempio, hanno evidenziato una connessione tra
Peirce, figura mitica, reale e di misteriosa grandezza con l'indecifrabile essere virtuale che
risponde al nome di Sherlock Holmes, creazione letteraria di Sir Artur Conan Doyle, ma che ha
assunto un ruolo di personaggio virtuale reale, personaggio diventato per antonomasia il simbolo
dell’uomo con forti caratteristiche abduttive. E cosi un personaggio dotato di "forte emergenza"
addirittura uccide sia pure virtualmente il suo creatore, sia pure emergente ma in dose minore,
creatore che a sua volta aveva tentato – senza riuscirci- s fsar motrire il personaggio risuscitato a
furor di popolo!
La "esperable uberty" (o auspicabile valore di produzione) di peirciana11 memoria deriva dai tre
tipi canonici di ragionamento, per la precisione: deduzione, induzione e abduzione. E l'ubertà,
cioè la produttività, di quest'ultimo tipo di ragionamento che, afferma Peirce, si accresce. La
deduzione, secondo Peirce dipende dalla fiducia che abbiamo nella nostra abilità di analisi del
significato dei segni. L'induzione, invece, dipende dalla fiducia che 1'esperienza non verrà
mutata. L'abduzione, ancora dipende dalla nostra speranza di indovinare, ovvero di raccogliere
adeguate informazioni che lo permettono. I diversi elementi di un'ipotesi sono nella nostra mente
ancor prima che noi stessi ne diventiamo coscienti. L'idea di mettere insieme quello che prima non
avremmo mai sognato di mettere insieme e la luce che fa da faro alla nuova suggestione. Peirce
descrive la formazione di un'ipotesi come "un atto di insight", di interiorizzazione per indicare
quella "suggestione abduttiva" che viene a noi "come un lampo di luce", lampo di luce da taluni
battezzato serendipity! La sola differenza tra un giudizio percettivo e un'inferenza abduttiva e
che il primo, a differenza della seconda, non è soggetto ad una analisi logica. Utilizziamo quella
che noi abbiamo chiamato la metafora dei matematici : due matematici sono al lavoro, stanno
lavorando su una nuova idea. Cosa fanno? In primo luogo costruiscono esempi - devono farsi
una idea di ciò che succede - raccolgono indizi. Poi il processo abduttivo prende corpo, si fa una
ipotesi, si tenta una dimostrazione, la prova riesce, il gioco e fatto. La prova non riesce, si fa una
nuova ipotesi oppure si tenta di trovare un controesempio, se va bene nuove informazioni si
ottengono e si fa luce su ciò che è ovvero su ciò che non è. Come afferma anche Pierce, nel
metodo scientifico l’abduzione è propedeutica sia all'induzione, intesa come prova sperimentale
della ipotesi, che alla deduzione. L' abduzione si presenta come un istinto che utilizza percezioni
inconsce e connessioni tra aspetti diversi delle informazioni possedute; sembra essere l'unico tipo
di argomento che generi nuove idee. II giudizio percettivo sarebbe invece un caso limite di abduzione con "poche informazioni".
Con il termine "paradigma" 12 si indica, per solito, una conquista di tipo scientifico,
universalmente accettata net settore cui si riferisca, la quale, per un periodo di tempo
apprezzabile, fornisca un modello di natura qualsiasi (epistemologico nel caso in esame) atto ad
inquadrare alcuni problemi ottenendone relative soluzioni, accettabili per quelli che si occupano
di quel campo di ricerca.
II modello epistemologico ben utilizzato fin dalla fine dell'Ottocento, anche se non perfettamente teorizzato, permette in molti casi di uscire dalla contrapposizione tra razionalismo
e irrazionalismo. II modello abduttivo, che siamo oramai soliti chiamare paradigma indiziario,
è sostanzialmente una metodologia scientifica universalmente riconosciuta per un certo periodo
storico, le cui conclusioni sono state accettate da gruppi operanti in determinati settori di ricerca.
3.- LA RICERCA STORICA IN MANCANZA DI DOCUMENTI: DALLA SERENDIPITY AL
METODO DI MORELLI.
Riguardo a questo interessante paradigma indiziario è parere di molti che una sua origine e
rintracciabile nelle pieghe delle fiabe e precisamente in una novella orientale, che apparve forse
per la prima volta, in Occidente, in una raccolta di Sercambi, in cui si parla... di tre fratelli che
interpretando/comprendendo una vasta serie di indizi riescono a fornire una descrizione di un
animale che essi non hanno visto. Successivamente, sulla metà del Cinquecento, riapparve a
Venezia in una raccolta di novelle, piuttosto ampia, con il titolo Peregrinaggio. L'opera era
presentata come una traduzione dal persiano, traduzione curata da tale Cristoforo Armeno. Si
narra dei tre giovani figliuoli del re Serendippo. Il libro ebbe molte ristampe e venne tradotto non
solo in tedesco ma anche nelle principali lingue europee. Il successo anche popolare della storia
dei tre fratelli/figli di Seredippo fu tanto e tale che venne coniato it neologismo "serendipity" ad
indicare it paradigma delle "scoperte impreviste, fatte grazie al caso e alla intelligenza" – cioe di
fatto le emergenze."
Anche Voltaire, pochi anni prima, nel terzo capitolo di Zadig 13, aveva scritto una riscrittura
della novella del Peregrinaggio, Nella riscrittura di Voltaire il cammello originale si era
sdoppiato in una cagna e un cavallo. II saggio Zadig, "specialista in abduzioni ante litteram"
descriveva minutamente gli animali decifrandone le tracce sul terreno. La sua capacità abduttiva
lo rese sospetto, venne condotto dinanzi ai giudici e accusato. Si discolpò raccontando ad alta
voce il processo mentale che lo aveva portato ad "abdurre" il ritratto degli animali che mai aveva
visto. Qusta è la storia che riporta Voltaire.
"All'epoca di Re Moabdar c'era in Babilonia un giovane di nome Zadig, di buona
indole nativa rafforzata dall'educazione". Non stiamo ad entrare nei dettagli del
suo carattere generoso "...quando mangi da mangiare ai cani, anche se dovessero
morderti..." non parleremo delle sue ricchezze, della sua scienza, del suo amore
per Semira, delle sue nozze con la leggera Azura, ripudiata dopo un mese, ma
dell'episodio del cane e del cavallo. Un giorno passeggiando vide corrergli
incontro 1'eunuco della Regina che con vari ufficiali cercavano it cane della
Regina e il Cavallo del Re."Giovanotto, non avete visto il cane della Regine –
chiese 1'eunuco – E’ una cagna, non un cane. E’ una cagnetta spagnola
minuscola che ha fatto da poco i cuccioli, zoppica dal piede anteriore sinistro e ha
le orecchie assai lunghe –, rispose Zadig – l'avete allora vista? – disse 1'eunuco –
No – rispose Zadig – non ho mai saputo che la Regina avesse un cane".
Anche il capocaccia gli chiese se avesse visto il cavallo, "E’ il cavallo che galoppa meglio, è alto cinque piedi, ha zoccoli piccolissimi, ha la coda lunga tre metri
e mezzo, le borchie del morso sono d'oro a 23 carati, i ferri sono d'argento di
undici denari – disse Zadig – quale strada ha preso chiese il capocaccia – non 1'
ho visto – rispose ancora Zadig".
Fini davanti al Gran Desterham (Giudice-tesoriere) che lo condannò allo knut, uno staffile di nerbi
di bue, con punte di metallo e alla deportazione in Siberia. Ma il cavallo e la cagna furono
ritrovati e gli fecero pagare quattrocnto once di ammenda per aver detto di non aver visto ciò
che aveva, secondo i giudici visto, anche allora che Zadig ebbe a fornire le seguenti spiegazioni.
"Vidi sulla sabbia le impronte di un animale – racconto Zadig – e capii facilmen
che erano le orme d'un piccolo cane. Dai solchi lunghi e leggeri rimasti impressi
minimi rilevi della sabbia proprio tra le tracce lasciate dalle zampe compresi che
trattava d'una cagna con le mammelle penzoloni, quindi doveva aver figliato da
pochi giorni. Riguardo at cavallo, ho scorto le tracce dei ferri sui viottoli tutte ad
eguale distanza: un cavallo che galoppa in modo perfetto... it morso deve essere
d'oro, striscio infatti contro una pietra ...osservando i segni sui ciottoli di altra
specie ho ritenuto che i fern erano d' argento..." I giudici ammirarono la profondita
del discernimento, tutti parlarono bene di Zadig, anche i1 Re, ma i giudici
trattennero trecentonovantotto once per le spese e gli uscieri chiesero la mancia.”
Ecco in queste storie, in queste favole, l'origine dell' abduzione e dell' emergenza, l'embrione della
serendipity. Non vi è dubbio che nella serendipity, si rintraccino in embrione i germi delle idee che
si intrecciano nella patologia medica, i metodi di riconoscimento di opere d' arte alla Morelli, i
paradigmi indiziari per le ricostruzioni storiche alla Ginsburg ovvero le brillanti indicazioni che da
Peirce a Umberto Eco ci lasciano pensare per “abdurre”! Il metodo è nello stesso tempo
antichissimo e moderno. Dalla sua essere antico, quasi senza memoria si è detto. Per la sua
modernità, citeremo quanto segue:
oggi basta vedere l'impronta di un piede forcuto per concludere che 1'animale che
ha lasciato impronta era un ruminante, e questa conclusione e altrettanto certa di
qualunque conclusione della fisica o della morale. Basta quest'orma per dare
all'osservatore la forma dei denti, la forma delle mascelle, la forma delle vertebre,
la for-ma di tutte le ossa delle gambe, delle cosce,'delle spalle e del bacino
dell'animale che e appena passato: si tratta di un segno più sicuro di tutti quelli
di Zadig.
(Elogio di Cuvier della scienza paleontologica).
Fin dalla fine dell' Ottocento si ebbe conoscenza di questi processi. Si pensi che perfino il grande
Thomas Huxley in un famoso ciclo di Conferenze inneggianti alla dottrina Darwiniana ebbe a parlare
del cosiddetto "metodo di Zadig" per indicare il processo indiziario, quale metodo di indagine
comune a vari campi quali l'archeologia, l'arte, l'astronomia, la criminologia, la fisica, la geologia,
la matematica, la medicina, la paleontologia, la patologia, e infine la storia.
Per andare nei meandri del cosiddetto “metodo del paradigma indiziario” ricordiamo che risalgono
al periodo 1874 -75 una serie di articoli, sulla nota rivista tedesca Zeitschrift fur bidendeKunst,
proponenti un metodo per datare quadri antichi. L'articolo era firmato da un ignoto autore russo,
tale Ivan Lermolieff 14 , tradotto da un ancora tedesco Johannes Schwarze, essendo questi nomi
semplici pseudonimi dell’italiano Giovanni Morelli (1816-1891), illustre storico dell’arte che
rivoluzionò il metodo di smascheramento dei quadri falsi, che fu professore a Basilea e
successivamente Senatore del Regno. Il metodo di Morelli rivoluzionò anche le attribuzioni di
celebri quadri in svariati grandi Musei d’Europa.
Morelli insisteva sul fatto che per riconoscere il vero autore di un quadro occorreva basarsi su
dettagli secondari, tali da influenzare ben poco gli imitatori e gli allievi, quali ad esempio i lobi
degli orecchi, le unghie, le aureole ed altro. II metodo di Morelli è stato paragonato da molti autori
all’uso di tecniche psicoanalitiche. Lo stesso Freud conosceva ed apprezzava i lavori di Morelli,
specie per quella caratteristica penetrazione nelle cose segrete e nascoste, in base ad elementi
poco apprezzati a prima vista, quasi rifiuti o detriti delle nostre osservazioni. Sono parole più o
meno dello stesso Freud contenute nella parte iniziale del secondo, paragrafo del suo saggio: “II
Mosè di Michelangelo”(1914). Sembra chiaro che il punto di contatto tra Morelli e Freud sia
questo desiderio di riconoscimento di una individualità artistica attraverso elementi scaturenti
dalla coscienza in modo non controllato. II falsario, nell’esecuzione di forme secondarie, si
lascerebbe condurre più dall’inconscio che non dalle sue capacità di imitazione15.
Non è escluso, come accennato sopra, che il Morelli fosse stato influenzato da quello che alcuni
chiamano il modello della semeiotica medica, che è appunto una disciplina mediante la quale si
fanno le diagnosi, a parti del corpo inaccessibili all'osservazione diretta, mediante i sintomi, sia
pure minimi, sia pure secondari, che si rivelano solo ad un osservatore attento e principalmente
esercitato ad osservare dotato quasi di quel “ terzo occhio” che taluno chiama occhio clinico, e che
appunto si sviluppa nel tempo alimentato da intelligenza ed esperienza. Tale occhio, oggi, ha un
potente ausilio sia nel vasto mare delle analisi alle quali possiamo sottoporre il paziente sia
all’aumento delle osservazioni dirette che possono essere eseguite attraverso l’ausilio delle
complesse apparecchiature che il medico-macchina, nuovo attore nel paradigma cooperativo della
equipe medica, o come siamo portati a dire agenzia-medica multiagente16.
L'altro aspetto che desideriamo evidenziare è il parallelo naturale tra i metodi di Morelli, la
ricerche storica di tipo indiziario e le sorprendenti tecniche di tipo investigativo, che
nell’immaginario collettivo, sono indicati come “i metodi alla Sherlock Holmes”.
Ci occorre ancora un parallelo importante: una disciplina in cui il metodo del paradigma
indiziario è strumento principe d’indagine è la Crittoanalisi, ramo importante di quella
disciplina, antica come il mondo, che è la Crittografia. Fin dai tempi in cui l’uomo iniziò a
riunirsi in gruppi sociali e ad occuparsi, nei fatti, di Politica e di comunicazioni quindi tra
gruppi sociali, ebbe la necessità di trasmettere segreti ovvero di scoprire segrete scritture di
altri gruppi.Con il passare dei tempi inoltre nacque anche il problema di tornare a scoprire
antiche scritture di cui si era perso del tutto il significato. Così da un lato antiche scritture
vennero rinvenute, da un altro lato nuove scritture segrete iniziarono a circolare, messaggi
questi cifrati, mediante codici sempre più complessi e misteriosi. Nacque una importante
casta: i decrittatori o crittoanalisti, abili individui che di fronte ad un messaggio cifrato da un
codice segreto, senza conoscerne il segreto, da piccoli indizi, labili tracce, frammenti di
testo, da ardite ipotesi, dall’esame di ripetizioni e periodi, dal confronto di messaggi diversi,
formulando statistiche di simboli, di doppie e di triple, e mediante intuiti che a volte
sembravano rasentare poteri parapsicologici, pervenivano alla comprensione del testo chiaro
dietro il cifrato ovvero riscoprivano il senso e l’origine di un linguaggio scomparso. E’
interessante pensare alla loro opera, li vediamo davanti ad un ammasso di simboli
incomprensibili, abilmente nascosti dal crittografo, tranquillo progettista di nuovi metodi per
cifrare il testo, loro i crittoanalisti, schizofrenici ed irrequieti come il un Lewis Carroll
(Charles Dodgson) che fu uno di loro, nel loro caos di ipotesi e tentativi, ricchi del ricordo
storico di altre tecniche, con la loro esperienza, utilizzando notizie ottenute dallo spionaggio,
tra tecniche ed improvvisazione, ecco che dalla loro opera i brani sparsi di informazione si
completano e quasi d'incanto, di colpo, si fa ordine in quei simboli e appare il messaggio
segreto nascosto: tutto ora è chiaro, il messaggio e stato decrittato! Decrittare non è
applicare un codice per decifrare ma è forzare un segreto, rompere un codice, come suole
dirsi, parafrasando quel “to break a code” del così espressivo inglese.
L'opera
dell'investigatore è la medesima : leggere il colpevole sulle tracce che egli stesso ha lasciato.
Compito del medico è scovare il male dalle tracce che il male stesso ha manifestato. Così lo
psichiatra può risalire, e se riesce risale, al trauma d’origine, attraverso i disturbi che esso
stesso ha provocato. Ma anche lo storico può a volte, da indizi vari, notizie incrociate, brani
di storia anche parallela risalire o convincersi di quanto è nelle pieghe della storia17.
Nell'ambito di una qualsiasi ricerca di tipo storico spesso va a prevalere quella tendenza
richiedente le "prove documentarie" ad ogni più piccolo passo della ricerca. Dunque sembrerebbe
ovvio, anzi legittimo, il richiedere che ogni affermazione vada suffragata da una “prova
documentata”. Quando questo è possibile, si ottengono “ricostruzioni” della passata realtà, fuori
dubbio molto attendibili, nessuno si sognerebbe di criticare un metodo siffatto. Altre volte le
documentazioni sono “leggermente incomplete” ma tali che, da esse sia possibile dedurre una
“realtà coerente” con la documentazione a disposizione. In tali casi si usano metodi deduttivi. II
problema naturalmente si esaspera allora che le prove documentate siano in quantità e/o qualità
nettamente inferiori ai fini della ricostruzione. Le deduzioni da un lato non costituiscono prove
documentali ma d'altro canto non si può negare che, a partire da innegabili dati documentali, non si
può non tenere conto, anche di una eventuale insieme di frammenti d’informazione ottenuti per
varie vie, non necessariamente documentali. Per intenderci tali frammenti, vanno ripartiti in varie
classi, quali ad esempio le seguenti: allusioni in testimonianze scritte, raccolta di testimonianze
orali, di voci popolari, di tradizioni di vario genere, procedimenti per analogia quali ad esempio,
ricavare da altre opere più o meno riguardanti episodi dei medesimi tempi, lo spirito, la morale, i
costumi, in altre parole i dettami d'epoca più probabili, se non addirittura certi.
Con questi dati poi, si può tentare di “effettuare cuciture di frammenti di informazione in modo
coerente.'' La separazione tra i dati certi e le relative conseguenze e l’esame delle alternative
parallele possibili conduce a costruire il grafo delle realtà possibili. Del resto se la ricostruzione
storica che si sta operando è relativamente povera di documenti può accadere che da essi non sia
possibile dedurre alcun evento, ma solo intuire le realtà possibili. L'intuito tuttavia non sempre può
essere messo a fondamento, almeno a fondamento scientifico di una ricostruzione storica. Siamo
pronti a dare una introduzione alle tecniche morelliane di abduzione. Lo spirito in esse operante può
sintetizzarsi nel modo seguente: raccogliere i dati e i frammenti di informazione di ogni genere e
quando ciò sia possibile assumere il seguente:
POSTULATO DI ELIMINAZIONE (CONAN DOYLE) : Se si è eliminato tutto quello che è
impossibile, quello che rimane, per quanto assurdo, non può che essere la verità (come
sfaccettatura osservabile, ma non osservata, dell’evento in esame).
Date per scontate le analogie tra indagine storica ed indagine investigativa, vale la pena ricordare
che può accadere talvolta, anzi accade. che in una prima fase si possano ricostruire più realtà o
anche delle parti dedotte di realtà con delle alternative di vario genere. Allora il Ricercatore si
sentirà spronato a ricercare altri indizi, che avvalorino una delle tante alternative in parallele. In
ogni grande congettura di questo tipo18, per usare un linguaggio proprio nella "Teoria dei Grafi” vi
è quello che si chiama "un albero delle realtà possibili". Si tratta, all'interno del Grafo, delle
possibilità di trovare il “cammino della certezza” o almeno pochi e significativi cammini
alternativi.
1
Questo articolo eccettuata l’introduzione ed una parte del paragrafo 1, riproduce quasi integralmente l’articolo
F.Eugeni, Alcuni sentieri inesplorati di ricerca storica: il paradigma indiziario del Morelli, academia, 1 (2006),
rivista il cui direttore responsabile F.Eugeni.
2
Da non confondere con l’omonima raccolta edita da Sebastian Wolfe nel 1991, che contiene 14 racconti apocrifi di altri
autori tra cui P. Anderson, A.Boucher, J. Dickson Carr, Mark Reynolds, R. Fish, P. Jose Farmer, S.Leacock, P.G.
Woodehouse.
3
Questo intero capoverso è ripreso dall’introduzione dei volumi: F.Eugeni-L.Marchetti (a cura di), Sherlock Holmes “il
grande detective internazionale”, vol. I,II – Panfilus ed., Iasi (Romania), 2002. L’opera è esaurita ma è reperibile in
www.apav.it ed è scaricabile.
4
M. Sheppard, Sherlock Holmes e il caso del dottor Freud, avverbi ed, Roma, 2002.
5
A.Lecaye, Marx e Sherlock Holmes, Lucarini Ed., Roma, 1987.
6
M.Baldini, Karl Popper & Sherlock Holmes, Armando Ed, Roma, 1998.
7
Le grandi opere che citiamo sono: W.Baring Gould, The annotated Sherlock Holmes, C.N. Potter Inc., N.Y. 1967 (2 voll
per un totale di 1500 pagine di grande formato ed edizione pregiata), R.B.De Wall, The world Bibliography of Sherlock
Holmes and Dr. Watson, Bramhall House, N.Y.1974, J. Van Herp, Harry Dickson, Le Sherlock Holmes american (étude
de J.Van Herp, vol. 32-33, RectoVerso Ed, Bruxelles, 1983.
8
V. Ferroni, La massoneria settecentesca in Piemonte e nel Regno di Napoli, Il Viesseux (4) 11,(1991), 103-130.
9
M. Bloch, Apologia della storia o mestiere dello storico, Torino 1975.
10
E.Carruccio, Matematica e Logica nella storia e nel pensiero contemporaneo, Gheroni, Torino, 1958
11
T.A.Sebeok, One, Two, Three … Uberty, in Il segno dei tre (a cura di Eco e Sebeok), Bompiani, 1983.
12
T.S.Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Torino (1969), p.10.
Voltaire, Zadig ed altri racconti filosofici, Feltrinelli, Milano, 1994.
14
G. Morelli (Ivan Lermolieff), Della pittura italiana. Le gallerie Borghese e Doria Pamphili in Roma, Studi
storico critici. Milano, 1897. (5) G. Morelli (Ivan Lermolieff), Della pittura italiana. Le gallerie Borghese e
Doria Pamphili in Roma, Studi storico critici. Milano, 1897.
15
La voce enciclopedica di E.Castelnuovo: Attribution in Enciclopedia Universalis (vol. II pg.782),1968. ove
appare l’interessante paragone. In A.Hauser, . Lae Teoria dell’arte,Torino, 1969,. appare un paragone tra i
metodi di un detec-tive, i metodi alla Freud e i metodi alla Morelli.
16
E. Cortellini-F.Eugeni-G.Eugeni-R.Mascella, Epistemologia e fondamenti dell’Informatica nella Società delle
Comuni -ca zioni. L’uomo-macchina e il paradigma cooperativo, Quaderni di Ratio Math. 2, Teramo, 2000 in
www.apav.it voce Ratio Mathematica.
17
Si veda: Carlo Ginsburg, Spie.Radici di un paradigma indiziario, in Crisi della ragione (a cura di
C.Gargani), Einaudi1979. Vedi anche in: Il segno dei tre (a cura di Eco e Sebeok), Bompiani, 1983.
18
Si veda come applicazione: F.Eugeni, Lavori preparatori per il processo Cagliostro, Edimai 1995 e l’appendice
al volume: F.Eugeni-Edoardo Ruscio, Carlo Forti, ingegnere sul campo, Edilgrafital Teramo, 2005.
13