Siena il Palio nel Cuore

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Siena il Palio nel Cuore
2 luglio
16 agosto
“Ma soprattutto vorrei rifare a piedi, sacco in spalla, la strada da Monte
San Savino a Siena, costeggiare quella campagna d’uva e d’olive,
di cui risento l’odore, attraverso quelle colline di tufo azzurrognolo
che si estendono fino all’orizzonte, veder allora sorgere Siena nel tramonto
con i suoi minareti, come una Costantinopoli di perfezione, arrivarci
di notte, senza denaro e solo, dormire a una fontana ed essere il primo
sulla piazza del Campo in forma di palma, come una mano che offre
ciò che l’uomo, dopo la Grecia, ha fatto di più grande”.
(Albert Camus)
nel cuore
il Palio
Siena
COMUNE DI SIENA
L’araldica
delle Contrade
Aquila
Bruco
Chiocciola
Civetta
Drago
Giraffa
Istrice
Leocorno
Lupa
Nicchio
Oca
Onda
Pantera
Selva
Tartuca
Torre
Valdimontone
Il Centro Storico di Siena è Patrimonio UNESCO
dal 1995. Aiutaci a mantenerlo pulito, rispettalo
come fosse un grande “salotto”. Non sederti a
terra per riposare o mangiare, ma cerca le valli e
gli spazi verdi o utilizza la struttura appositamente
destinata in Piazza del Mercato (Tartarugone), a un passo da Piazza del
Campo. Tutti noi, cittadini di Siena, te ne saremo grati. Buona visita in città.
Assessorato al Turismo – Comune di Siena
info
Emergenza medica tel. 118
Carabinieri tel. 112
Polizia di Stato tel. 113
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Musei Comunali (Torre del Mangia, Museo Civico, S. Maria della Scala)
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Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica - Santa Maria della Scala
Piazza Duomo 1 - tel. 0577 280551
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Progetto ideato dall’Assessorato al Turismo del Comune di Siena, in collaborazione con il Consorzio
per la Tutela del Palio, e realizzato con i proventi dell’imposta di soggiorno.
Testo: Roberta Ferri, ufficio stampa Comune di Siena
Foto: Consorzio per la Tutela del Palio (immagini di: Mauro Agnesoni, Giulia Brogi, Alessia Bruchi,
Roberto Carli, Mauro Guerrini, Elisa Lovati)
Stampa: Il Torchio
© Tutti i diritti riservati
Prima edizione fuori commercio giugno 2016
Magistrato delle Contrade
Il
nome di Siena è abbinato in maniera
inscindibile al Palio che si corre il
2 luglio e il 16 agosto di ogni anno,
ma il Palio da solo non basta per
iniziare a raccontare una città ricca di monumenti
e opere artistiche di inestimabile valore.
La sua storia e l'atmosfera tipicamente medioevale
che vi si respira sono visibili ovunque. Percorrendo
gli stretti vicoli, entrando nelle numerose chiese,
ammirando i tanti monumenti, i nobili palazzi, i musei,
le sedi storiche delle Contrade, l'antico Ospedale
Santa Maria della Scala, il Duomo con il suo meraviglioso pavimento che racconta episodi dell’antico
testamento, il pulpito di Nicola Pisano e le statue del
figlio Giovanni, le acquasantiere di Antonio Federighi, le opere di Domenico Beccafumi, Donatello
e Michelangelo, gli affreschi del Pinturicchio nella
Libreria Piccolomini; le sale del Museo Civico con le
allegorie del “Buono e del Cattivo Governo” di
Ambrogio Lorenzetti, la "Maestà" di Simone Martini,
gli affreschi di Domenico Beccafumi; il Santuario di
Santa Caterina, patrona d’Italia e d’Europa; il visitatore, anche quello più distaccato, si sentirà partecipe
di un'emozione assoluta, che avrà il suo culmine
entrando nella Piazza Il Campo.
Uno spazio che, per la sua forma a conchiglia e la
scenografia creata dagli antichi palazzi che la circondano, risulta di una perfezione urbanistica da lasciare quasi attoniti, suscitando percezioni che vanno
oltre il vedere. Una magia, questa, subita da innumerevoli personaggi illustri tra i quali José Saramago,
Charles Dickens, Richard Wagner, Henry James,
Gabriel García Márquez, Eugenio Montale e Mario
Luzi, che hanno dedicato a Siena memorabili pagine.
La città ha mantenuto l’amore per la bellezza. Le
usanze non si sono mai dileguate, così come i mutamenti hanno trovato modalità di inserimento discrete.
Siena però non è una città museo, è un centro vivo
e palpitante dove la cultura rappresenta un’eredità
e una prospettiva preziosa, l'investimento economico dell'oggi e del domani.
La sua ricchezza sta nel fatto che, da sempre,
è riuscita a coniugare il passato con il presente,
rispettando non solo l'originario impianto urbanistico caratterizzato dalla presenza di meravigliose valli verdi, ma, soprattutto, il senso di una
grande civiltà, capace di catalizzare interesse a
livello mondiale. A Siena i turisti riescono ancora
a stupirsi. Questo gotico elegante mirabilmente
alternato da un primo Rinascimento, con i suoi cromatismi caldi e scorci vertiginosi, si fonde mirabilmente
con la campagna di viti e olivi che lambisce la
cinta muraria. Ma Siena non è una fortezza. L'austerità e la freddezza delle strutture difensive sono
sempre state mitigate dal gusto per il bello, tipico
del popolo senese. Non fa caso, dunque, che già
nel 1262 la città si fosse dotata di uno statuto
sull’urbanistica che, tra le tante norme, imponeva
finestre a trifora o bifora per i palazzi che si affacciavano sulla Piazza Il Campo, esempio unico di
arte urbana collettiva. Tanto era il senso di percezione estetica fin dall'antichità.
Il Palio, dunque, non è che uno dei motivi per visitare Siena. L’intera città è una galleria di dipinti.
Conoscere il Museo Civico, le opere del Sodoma,
di Lippo Vanni, del Vecchietta, di Sano di Pietro,
Domenico di Niccolò, Spinello Aretino, Duccio di
Buoninsegna, Rutilio Manetti e tantissimi altri grandi
artisti rappresenta un’esperienza di vita. Visitare i
numerosi luoghi di culto, vedere i tesori d’arte
conservati nella Pinacoteca Nazionale, nel museo
dell’Opera del Duomo, e all’interno del Complesso museale Santa Maria della Scala (uno dei primi
esempi europei di ospedale, citato per la prima
volta in un atto di donazione del 1090) rappresenta un percorso culturale, un viaggio ideale in
una realtà facilmente definibile scrigno d'arte tra i
più importanti a livello nazionale.
Insieme all’arte altre eccellenze, perché il benessere qui si traduce, anche, in buona enogastronomia, shopping, relax e natura, per una vacanza
dove sapori, colori, odori e sensazioni rappresentano una pausa dal frastornante “rumore” delle
grandi città, dove l’uomo rischia di perdersi nel
fragore dell‘umanità. Complici quell’abbraccio
ideale, da parte dell’assetto urbanistico, che
connota Siena: l’ampio respiro del Campo e delle
valli verdi che, salvate dalla cementificazione
- sfregio ripetuto in più parti del Paese - continua
a insinuarsi in questo centro storico; l’intimità
protetta data dalle vie anguste e la sonorità delle
fonti, capaci di abbattere le barriere temporali per
trasportare il visitatore in un viaggio dentro la storia.
Nella città della Vergine ecco il Palio
Il gioco secolare che Siena è riuscita a preservare
per continuare a vivere questa disputa come metafora della vita. Un’avventura vera e vissuta. Tuttora
immutato nei sentimenti di amore e passione, gioia
e dolore. Un’avventura del cuore e della mente,
difficile a tradursi in parole se nel tuo DNA non è
radicata l’araldica di una Contrada. Nel Palio,
come nella vita, si spera, si prega e si inveisce, si
lotta, si vince o si perde, e si ha sempre una nuova
opportunità. E, come nella vita, devi avere fortuna
perché il fato, tra le sue carte, ha sempre il jolly.
Contro di lui le strategie messe in atto dall’uomo
possono anche risultare perdenti. L’appuntamento
del 2 luglio (dedicato alla Madonna di Provenzano) e del 16 agosto (in onore della Madonna
Assunta in Cielo) rappresentano solo il culmine di
una corsa alla quale i senesi partecipano durante
tutto l’anno con una serie di momenti intimi e collettivi, celebrazioni, ricorrenze e attività che evidenziano l’unicità di questa Festa.
Sono 17 le Contrade che dividono la città.
Ognuna con un proprio territorio, un proprio
popolo e un seggio di persone eletto periodicamente per curarne l’amministrazione, così come le
varie iniziative da svolgere durante l’anno. Una
sede museale per custodire i Palii vinti: drappi di
seta dipinti anche da molti artisti di fama internazionale tra i quali Renato Guttuso, Ernesto Treccani, Leonardo Cremonini, Salvatore Fiume, Gerard
Fromanger, Jim Dine, Fernando Botero, Igor Mitoraj; e i Masgalani, preziosi doni che vanno in
premio alla comparsa che ha meglio sfilato
durante il Corteo storico. Insieme al museo una
sede socio-ricreativa dove ritrovarsi e dove,
a differenza di un qualsiasi club, ognuno si sente
a casa propria. E una fontanina: il diminutivo
è d’obbligo per i senesi dediti a usare stili linguistici atti a caricare, con sentimenti di affetto,
i luoghi più cari. Qui il priore della Contrada
battezza, con rito pagano, i bambini donando
loro il fazzoletto con l’araldica della Contrada
alla quale, da quel momento in poi, saranno
legati a vita. È nella Chiesa, invece, che viene
benedetto il cavallo prima della corsa. Appartenenza e identificazione. Marchi connotativi della
collettività senese capace, a differenza di molte
altre realtà, di esprimere un’identità non artefatta,
e neppure mistificata da quella modernità che,
troppo spesso, spoglia le persone dalle proprie
origini.
Nel Palio riemerge tutto il fasto del passato che
rivive nel presente attraverso i monturati che
animano il Corteo storico. Nelle insegne, nelle
posture dei figuranti, nell’abilità degli alfieri e dei
tamburini, la storia di Siena diventa palpabile. La
vita che ruota intorno al Palio viene vissuta in una
terra di mezzo. Sospesa e, al tempo stesso, incardinata nella realtà quotidiana.
Solo 10 delle 17 Contrade prendono parte, per
sorteggio, a ciascun Palio (7 Contrade corrono
d’obbligo a un Palio perché non hanno partecipato
al rispettivo dell’anno precedente, mentre 3 vengono sorteggiate fra le restanti 10). Sempre per
sorteggio, viene effettuato l’abbinamento dei cavalli.
Inizia il tempo di mezzo. Il momento supremo
durante il quale si svolgono i quattro giorni di
Palio. Ed è proprio nel tempo, in quell’incessante
fluire di istanti che si dilatano le ore.
Ritmi che sembrano senza fine, come quelli cadenzati e solenni del Corteo storico che, come un
flashback, concretizza la memoria rendendola
tangibile. Nella sua lentezza il preludio della concitazione della corsa, quando i cavalli vengono
lanciati lungo l’anello di tufo per conquistare quel
premio agognato e desiderato come un figlio. Non
a caso i senesi lo chiamano “cittino” (bambino).
Una corsa incredibile, capace di catalizzare gli
occhi, fermare il respiro, e chiudere la mente al
mondo intero. Appena ricevuto il cavallo, i contradaioli lo portano nella stalla (molti umani ambirebbero averla come casa), situata all’interno del
proprio rione. Qui sarà sorvegliato giorno e notte
dal barbaresco e dai suoi collaboratori, tutti uomini
di fiducia del Capitano. Sì perché il Palio è guerra
e ciascuna Contrada ha una figura che assume un
ruolo decisionale per le varie strategie da adottare.
A vincere è una sola Contrada. Nessun secondo
o terzo posto. Non siamo alle Olimpiadi. Anzi, chi
arriva secondo sarà sbeffeggiato senza remore
dalla rivale. Il cavallo è accudito con estremo amore
e attenzione, perché, a differenza dell’elemento
ta. Cantano il Maria Mater Gratiae piangendo di
gioia. Si abbracciano. Giovani, vecchi, bambini.
Centinaia di persone, ancora incredule, si ritrovano in una preghiera che coinvolge tutti. Indistintamente. È la misteriosa alchimia del Palio. Sociologi
e antropologi, negli anni, si sono sforzati a descriverlo, ma l’unico modo per capirne, almeno una
piccola parte, è viverlo. Cor magis tibi Sena pandit
(Siena più che la porta ti apre il suo cuore). Questa
la scritta sull’arco di Porta Camollia. Siena, infatti,
è da sempre una città che accoglie. Stimolo, forse,
la Via Francigena che, attraversando il suo
impianto urbanistico, ha fatto trovare ai pellegrini
del medioevo un pasto, un ricovero e cure
Quel tufo giallo oro sul quale poggia la città e sul
quale si corre il Palio. Quando corre la propria
Contrada chi non abita più la città cerca di tornare, perché è insopportabile perdersi un’ipotetica
vittoria. Per il Palio è facile, infatti, ritrovare nei
rioni amici e conoscenti che la vita ha sradicato da
Siena, talvolta dall’Italia. Ritornano rispondendo
a un richiamo del cuore.
Nei giorni che precedono la corsa la città sfodera
abiti da festa. Drappi alle finestre dei palazzi
e bandiere nelle vie. Il giorno del 2 luglio e del 16
agosto, quando riecheggiano ancora i canti delle
cene propiziatorie, tenutesi la sera prima nei vari
territori contradaioli, dove hanno trovato posto
giochi di bandiera, al ritmo
del rullio di tamburi, riecheggiano “voci” di guerra che
saturano l’aria. Siena non ha
riesumato tornei o giostre inghiottite dal tempo per far bella mostra di sé con
i turisti. Questo è il Palio.
È la corsa dei senesi. Nessuna artificiosa ricostruzione per creare una mera cartolina commerciale.
Qui è tutto vero. Nessun fondale di cartapesta.
La scenografia è naturale. Gli abiti che indossano
i figuranti non sono posticci, bensì preziosi broccati, sete, rasi e velluti intessuti con fili d’oro e d’argento
disegnati nel 2000 anche da Gabriella Pescucci
società
di Contrada,
nelle proprie
abitazioni o negli alberghi incollati al televisore.
I cavalli sono nervosi. È difficile tenerli immobili
all’allineamento.
La gente è carica dopo l’estenuante attesa.
È stata lunga. Incredibilmente lunga. Ma è proprio
in questo dilatamento temporale che viene sublimato il momento conclusivo.
che si alza forte. Incontenibile. Squarcia l’aria. La
corsa è finita. “Un orgasmo da un minuto e mezzo
che dura ed è preparato da una vita. Un sentir – per
la giornalista Emanuela Audisio – troppo caldo sotto
le coperte”. Del resto il Palio è puro amore. Vincitori
e vinti hanno il volto solcato da lacrime. Gioia e
dolore. Magica Siena.
Diciassette città nella città. Divise e antagoniste, ma
unite sotto lo stesso scudo bianco nero. Due colori
non colori che, meglio di ogni altro stemma, riescono
a indicare l’indole di un popolo così speciale. Il positivo e il negativo. Due antipodi che qui si incontrano in
una simbiosi perfetta. La festa per i vincitori è appena
cominciata. Durerà giorni, mesi, con cene e canti che
umano, il fantino, non potrà essere sostituito.
Rappresenta il vero vincitore del Palio.
Può tagliare il traguardo anche scosso (senza il
fantino), un’eventualità che testimonia, ancora una
volta, il peso del fato capace di sbaragliare qualsiasi previsione o tattica studiata a tavolino dai
Capitani e dagli stessi fantini. Destino e fede si
intrecciano.
I senesi pregano affinché la loro Contrada venga
estratta a sorte per correre il Palio, per avere un
buon cavallo, e per vincere. Ma pregano anche
dopo la vittoria. Non appena ricevuto il drappellone dalle mani del loro Capitano corrono a
ringraziare la Madonna (il 2 luglio nella
Chiesa di Provenzano, il 16 agosto in
Duomo), come per una grazia ricevu-
all’interno dello Spedale Santa Maria della Scala.
Oggi, con lo stesso spirito, i senesi abbandonano
quell’altero riserbo, ereditato da pagine di grande
storia, per far entrare lo straniero (così viene definito anche chi proviene da poche decine di chilometri dalla città) nelle loro Contrade e nelle loro case,
per spiegargli cosa significa nascere e morire sotto
una bandiera. <<Il fazzoletto – come ha scritto
l’antropologo Lèvi Strauss – è la bandiera personale dei senesi>>. Per questo a Siena quando interagisci con un bambino, dopo la prima domanda
canonica: “come ti chiami?”, segue: “di che Contrada sei?”. In questa città la prima appartenenza
è quella contradaiola, alla quale segue quella
territoriale.
I senesi non resistono al richiamo della loro terra.
anche oltre mille commensali, i senesi aspettano
con ansia snervante la corsa. I figuranti iniziano la
vestizione per sfilare nel Corteo storico che a metà
pomeriggio farà il suo ingresso in Piazza Il
Campo. Come ha scritto Eugenio Montale “(…)
Dalla Torre cade un suono di bronzo: la sfilata
prosegue fra tamburi che ribattono a gloria di Contrade… e lo stupore che invade la conchiglia del
Campo (…)”. Il tempo reale è iniziato, di nuovo,
a scorrere. Il procedere dei figuranti sull’anello di
tufo che racchiude la Piazza è così elegante da
richiedere rispetto. Cavalieri, vessilliferi di Città,
Terre, Castelli e Potesterie sembrano rinnovare il
loro tributo di fedeltà a Siena. In una ricchezza di
riferimenti storici, dove l’abilità degli alfieri e dei
tamburini incanta gli spettatori con abili e virtuosi
(premio Oscar nel 1994 come costume-designer
per il film L’età dell’innocenza).
Le armature e le armi non sono di latta. E dopo che
il Corteo ha raccontato, senza l’uso di parole
e testi, la storia secolare di Siena, ecco entrare i
cavalli, montati senza sella dai fantini. È solo
forza. Di braccia, di gambe. È sfida pura. Umana
e animale. Corrono a pelo. Coraggio e adrenalina. Un mix incredibile. È il momento dove si svela
l’ultimo sorteggio, quello che sancirà l’allineamento
per la partenza. La Piazza si ammutolisce. Un silenzio tangibile avvolge la terra di mezzo. Come
racchiusa dentro una cupola di vetro la Piazza
attende l’ordine di allineamento delle Contrade fra
i canapi. Intorno il rumore è cessato. La città è
“sospesa”. Chi non è in Piazza si trova nelle
Il silenzio innaturale di migliaia di persone viene
squarciato da un boato appena i barberi partono.
<<(…) Geme il palco, al passaggio dei brocchi
salutati, da un urlo solo. È un volo! E tu dimentica! Dimentica la morte (…)>>.
Nei versi di Montale la sintesi di questa corsa.
L’unica inesattezza è che, a differenza di alcune
decine di anni fa, adesso i cavalli del Palio non
sono “brocchi”, bensì animali che, grazie a un
attento e meticoloso progetto comunale, devono
rispondere a particolari caratteristiche fisiche di
resistenza, robustezza e addestramento, così da
salvaguardare, al massimo, la loro incolumità.
L’araldica si decompone in schizzi di colore che
riempiono il tufo in una manciata di secondi.
Brucia la pista scatenando un urlo liberatorio
avvolgeranno vie e palazzi e sfottò per i perdenti.
Seguirà il banchetto della vittoria, dove l’ospite
d’onore è il cavallo. Amato e venerato. Rappresenta
la natura, l’elemento puro, scevro da qualsiasi corruzione umana. Neppure gli accordi fra i fantini mercenari possono “comprarlo”.
La festa continuerà, insieme ai ricordi di chi l’ha vissuta. Insieme a quelle sensazioni uniche, che solo i
senesi riescono a vivere, fino a inverno inoltrato. Fino
al prossimo Palio che non è racchiuso in quei quattro
giorni, ma che dura tutto l’anno. Perché il Palio è il
Palio.
Come ha scritto Mario Luzi “nessuna interpretazione
sociologica, storica, antropologica, potrebbe
spiegarlo”. Forse l’unica possibilità è farlo scorrere
nelle vene e interpretarlo con il cuore.