glomerulonefrite lg sin 2007

Transcript

glomerulonefrite lg sin 2007
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007
Numero speciale dedicato a:
III EDIZIONE LINEE GUIDA
DELLA SOCIETÀ ITALIANA
DI NEFROLOGIA
a cura di
Bruno Cianciaruso, Carlo Manno e Giovanni Strippoli
Steering Commitee
Bruno Cianciaruso, Leonardo Cagnoli, Giovanni Cancarini,
Piergiorgio Messa, Giuseppe Paolo Segoloni, Piero Stratta, Giorgio Triolo,
Giovanni Strippoli, Carlo Manno, Francesco Paolo Schena
© Società Italiana di Nefrologia
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / p. S1
PREFAZIONE
La preparazione delle Linee Guida per la diagnosi e terapia di malattie è compito delle Società Scientifiche. Esse
hanno lo scopo di integrare l’attività professionale con l’efficacia clinica e la buona pratica medica. Due anni fa la
Società Italiana di Nefrologia affidò ad un Gruppo di Lavoro in collaborazione con il Gruppo di Studio di Evidence
Based Nephrology la preparazione della III edizione delle Linee Guida.
Il Comitato, guidato da B. Cianciaruso e composto da L. Cagnoli, G. Cancarini, P.G. Messa, G. Segoloni, P. Stratta,
G. Triolo con il supporto tecnico di C. Manno, Coordinatore del Gruppo di Studio, e G.F.M. Strippoli, Coordinatore
Europeo del Cochrane Renal Group, effettuò nella fase iniziale alcune riunioni al fine di cooptare altri ricercatori e di
individuare una comune terminologia e metodologia ed un’impostazione redazionale degli argomenti trattati. Un articolo, che riguarda questi aspetti, è stato pubblicato sul no. 2 del GIN 2006. Nella discussione sulla metodologia comune fu
stabilito di prendere in considerazione solo i dati della letteratura provenienti da revisioni sistematiche di studi randomizzati (livello 1) e dagli studi clinici randomizzati controllati (livello 2). È la prima volta che la Società Italiana di
Nefrologia pubblica linee guida che considerano solo questi due livelli di evidenza. Ogni Linea Guida relativa all’argomento trattato raccoglie le seguenti sezioni: premesse, strategie adottate per la ricerca bibliografica, evidenze disponibili, risultati, sintesi delle evidenze, implicazioni per la pratica clinica e per la ricerca ed infine sono elencate nelle tabelle le Linee Guida prodotte da altre società o gruppi di lavoro. Le Linee Guida devono essere considerate solo come “raccomandazioni” di comportamento clinico (diagnostico e terapeutico) al fine di decidere le modalità di assistenza più
appropriata.
Le Linee Guida rappresentano un elemento importante della “clinical governance” che è costituito da un sistema di
obiettivi, strategie, responsabilità e strumenti atti ad implementare la sicurezza, la qualità e l’appropriatezza dell’offerta
clinico-assistenziale
Credo che sia dovere della Società ringraziare tutti i ricercatori che hanno partecipato alla stesura di queste Linee
Guida, sintesi di un enorme lavoro effettuato per giungere a conclusioni molto pratiche. Esse saranno pubblicate anche
in lingua inglese al fine di dare una maggiore diffusione a livello internazionale.
F. Paolo Schena
Past-President SIN
© Società Italiana di Nefrologia
S1
STEERING COMMITTEE
Bruno Cianciaruso
Coordinatore, Cattedra di Nefrologia, Università "Federico II" di Napoli, Napoli
Leonardo Cagnoli
Unità Operativa Nefrologia e Dialisi, Ospedale Infermi, Rimini
Giovanni Cancarini
Cattedra e Divisione di Nefrologia, Università e Spedali Civili di Brescia, Brescia
Piergiorgio Messa
Unità Operativa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto, Ospedale Maggiore - Policlinico IRCCS, Milano
Giuseppe Paolo Segoloni
SCDU Nefrologia, Dialisi e Trapianto, ASO S. Giovanni, Torino
Piero Stratta
SCDU Nefrologia e Trapianto, Cattedra di Nefrologia, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità di Novara,
Università del Piemonte Orientale, Novara
Giorgio Triolo
SCDO Nefrologia e Dialisi, Azienda Ospedaliera CTO/CRF/M. Adelaide, Torino
Giovanni F.M. Strippoli
Centre for Kidney Research, Cochrane Renal Group, NHMRC Centre for Clinical Research Excellence in Renal Medicine,
The Children's Hospital at Westmead, University of Sydney, Australia
Carlo Manno
Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti d’Organo (DETO), Sezione di Nefrologia,
Università degli Studi di Bari, Bari
Francesco Paolo Schena
Past President SIN, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti d’Organo (DETO), Sezione di Nefrologia,
Università degli Studi di Bari, Bari
UFFICIO LINEE GUIDA SIN
Carlo Manno
Coordinatore del Gruppo di Studio di Evidence Based Nephrology
Giovanni F.M. Strippoli
Coordinatore Europeo Cochrane Renal Group
Sede
Sezione di Nefrologia, Dipartimento Emergenza e Trapianti d’Organo
Università degli Studi di Bari
Piazza G. Cesare, 11
70124 Bari
Tel. + 39.080.5478878
Fax: +39.080.5575710
e-mail: [email protected]; [email protected]
© Società Italiana di Nefrologia
GRUPPI DI LAVORO
TERAPIA DELLE G LOMERULONEFRITI
Leonardo Cagnoli, Coordinatore, Unità Operativa Nefrologia e Dialisi, Ospedale Infermi, Rimini
Piero Stratta, Coordinatore, SCDU Nefrologia e Trapianto, Cattedra di Nefrologia, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità di Novara,
Università del Piemonte Orientale, Novara
Caterina Canavese, SCDU Nefrologia e Trapianto, Cattedra di Nefrologia, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità di Novara,
Università del Piemonte Orientale, Novara
Antonio Lupo, Divisione Clinicizzata di Nefrologia, Azienda Ospedaliera Istituti Ospitalieri di Verona, Verona
Carlo Manno, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti d’Organo (DETO), Sezione di Nefrologia, Università degli Studi di Bari, Bari
Patrizia Passerini, Unità Operativa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto, Ospedale Maggiore-Policlinico IRCCS, Milano, Milano
Claudio Pozzi, Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale A. Manzoni, Lecco
Giovanni F.M. Strippoli, Centre for Kidney Research, Cochrane Renal Group, NHMRC Centre for Clinical Research Excellence in Renal
Medicine, The Children's Hospital at Westmead, University of Sydney, Australia
PREVENZIONE DELLA PROGRESSIONE DEL DANNO RENALE
Bruno Cianciaruso, Coordinatore, Cattedra di Nefrologia, Università "Federico II" di Napoli, Napoli
Lucia Del Vecchio, Unità d’Ipertensione e Nefrologia Preventiva, IRCCS Multimedica, Sesto San Giovanni (MI)
Luca De Nicola, Cattedra di Nefrologia, Seconda Università di Napoli, Napoli
Carlo Manno, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti d’Organo (DETO), Sezione di Nefrologia, Università degli Studi di Bari, Bari
Pietro Ravani, Divisione di Nefrologia e Dialisi, Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona, Cremona
Giovanni F.M. Strippoli, Centre for Kidney Research, Cochrane Renal Group, NHMRC Centre for Clinical Research Excellence in Renal
Medicine, The Children's Hospital at Westmead, University of Sydney, Australia
ANEMIA NELLE NEFROPATIE CRONICHE
Giorgio Triolo, Coordinatore, SCDO Nefrologia e Dialisi, Azienda Ospedaliera CTO/CRF/M. Adelaide, Torino
Mario Bonomini, Cattedra di Nefrologia, Università "G. D’Annunzio", Chieti-Pescara
Caterina Canavese, SCDU Nefrologia e Trapianto, Cattedra di Nefrologia, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità di Novara,
Università del Piemonte Orientale, Novara
Giovanni F.M. Strippoli, Centre for Kidney Research, Cochrane Renal Group, NHMRC Centre for Clinical Research Excellence in Renal
Medicine, The Children's Hospital at Westmead, University of Sydney, Australia
TERAPIA DELLA PATOLOGIA O SSEA NELLE NEFROPATIE CRONICHE
Piergiorgio Messa, Coordinatore, Unità Operativa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto, Ospedale Maggiore- Policlinico IRCCS, Milano
Mario Cozzolino, Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, AO San Paolo, Università di Milano
Martino Marangella, Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi, ASO Ordine Mauriziano, Torino
Sandro Mazzaferro, Dipartimento di Scienze Cliniche, Nefrologia, Policlinico Umberto I, Roma
Giovanni F.M. Strippoli, Centre for Kidney Research, Cochrane Renal Group, NHMRC Centre for Clinical Research Excellence in Renal
Medicine, The Children's Hospital at Westmead, University of Sydney, Australia
PERITONITI IN DIALISI PERITONEALE
Giovanni Cancarini, Coordinatore, Cattedra e Divisione di Nefrologia, Università e Spedali Civili di Brescia, Brescia
Gianpaolo Amici, Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale S. Maria dei Battuti, Treviso
Roberto Corciulo, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti d’Organo (DETO), Sezione di Nefrologia, Università degli Studi di Bari, Bari
Marco D’Amico, Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale S. Anna, Como
Amedeo F. de Vecchi, Unità Operativa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto, Ospedale Maggiore- Policlinico IRCCS, Milano
Mariano Feriani, Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale Umberto 1°, Mestre-Venezia
Vincenzo La Milia, Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale A. Manzoni, Lecco
Roberto Russo, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti d’Organo (DETO), Sezione di Nefrologia, Università degli Studi di Bari, Bari
Mario Salomone, Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale Maggiore ASL 8, Chieri (TO)
Giovambattista Virga, Servizio di Nefrologia e Dialisi, Camposampiero (PD)
INFEZIONE DA CITOMEGALOVIRUS NEL TRAPIANTO
RENALE
Giuseppe Paolo Segoloni, Coordinatore, SCDU Nefrologia, Dialisi e Trapianto, ASO S. Giovanni, Torino
Cristina Cornella, SCDU Nefrologia e Trapianto, Cattedra di Nefrologia, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità di Novara,
Università del Piemonte Orientale, Novara
Maria Cristina Torazza, SCDO Nefrologia e Dialisi, Azienda Ospedaliera CTO/CRF/M. Adelaide, Torino
Giovanni F.M. Strippoli, Centre for Kidney Research, Cochrane Renal Group, NHMRC Centre for Clinical Research Excellence
in Renal Medicine, The Children’s Hospital at Westmead, University of Sydney, Australia
© Società Italiana di Nefrologia
Terapia delle glomerulonefriti
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S3-S12
Terapia corticosteroidea del primo episodio
di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel
bambino: Linea Guida
A. Lupo, C. Pozzi, P. Passerini, L. Cagnoli, P. Stratta, C. Manno
Divisione e Cattedra di Nefrologia, Spedali Civili ed Università di Brescia, Brescia
Corticosteroid treatment for a first episode of steroid-sensitive nephrotic syndrome
(SSNS) in children: guideline from the Italian Society of Nephrology
Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In
the present guideline, evidence of the use of corticosteroid treatment for a first episode of steroid-sensitive nephrotic syndrome (SSNS) in children is presented.
Methods. SR of RCT and RCT on SSNS therapeutic interventions were identified referring to a Cochrane Library and Renal
Health Library search (2005 update).
Results. One SR including 15 RCT was available on this topic. Methodological quality of available RCT was suboptimal
according to current methodological standards.
Results. In children with a first episode of SSNS, corticosteroids administered for 3 months or more compared with 2 months’
administration are associated with a significant reduction in the risk of relapse at 6, 12 and 24 months, and in frequent relapsing rates, even though complications did not seem significantly increased (psychological, ocular, gastrointestinal disorders,
hypertension, growth delay, Cushingoid syndrome, infection and osteoporosis) (evidence from SR). 6-month compared to 3month treatment regimens are associated with a significant reduction in the risk of relapse at 12-24 months (evidence from
SR). Increasing steroids cumulative doses are associated with increasing improvements in the risk of relapse (evidence from
RCT). The risk of relapse at 12-24 months correlates inversely with duration of treatment (evidence from SR).
Conclusion. In SSNS children, current available evidence supports the hypothesis that primary intervention should be a
high dose of corticosteroids administered for 3 months or more. Further studies are necessary to test this hypothesis in adult
patients. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S3-12)
KEY WORDS: Steroid sensitive nephrotic syndrome, Corticosteroids, Relapse
PAROLE CHIAVE: Sindrome nefrosica steroidea-sensitiva, Corticosteroidi, Recidiva
LINEA GUIDA
Nei bambini al primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva lo schema terapeutico di corticosteroidi somministrati per la durata di 3 o più mesi riduce il rischio di recidiva sia a 6 mesi che a 12-24 mesi, il numero di bambini
che diventano “frequent relapsers”, ma non aumenta il rischio di effetti collaterali (disordini psicologici, oculari e
gastroenterici, ipertensione, ritardo di crescita, sindrome cushingoide, infezioni ed osteoporosi) rispetto allo schema classico di due mesi (livello di evidenza 1).
Lo schema terapeutico prolungato fino a 6 mesi, confrontato allo schema della durata di 3 mesi, determina una ulteriore riduzione del rischio di recidiva sia a 6 mesi che a 12-24 mesi, il numero di “frequent relapsers”, ma non gli effetti collaterali (livello 1).
Una dose cumulativa maggiore di steroide riduce, a parità di durata del trattamento, il rischio di recidive rispetto ad
una dose minore (livello 2).
Il rischio di recidiva a 12-24 mesi è inversamente correlato alla durata della terapia (livello 1).
© Società Italiana di Nefrologia
S3
Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino
Premesse
Strategie di ricerca bibliografica
Nei bambini l’incidenza di sindrome nefrosica da “glomerulopatia a lesioni minime” o da “glomerulosclerosi focale
e segmentaria”, in Europa e Nord-America è di circa 2
casi/100000 bambini (1, 2). A differenza degli adulti, la
maggior parte dei bambini presenta un quadro di glomerulopatia a lesioni minime e, pertanto, il quadro istologico non
è necessario per impostare il trattamento iniziale; resta
importante sul piano prognostico la risposta alla terapia steroidea. Quest’ultima si è dimostrata efficace nell’indurre
una remissione della sindrome nefrosica nel 90-95% dei
bambini (3). Grazie a tale evidenza, rimane indiscussa la sua
indicazione come trattamento di prima scelta della sindrome
nefrosica steroido-sensitiva e non esistono, pertanto, studi
controllati che lo paragonino al placebo. Lo schema terapeutico originale, stabilito dall’International Study of Kidney
Disease in Children (ISKDC), prevedeva la somministrazione di prednisone alla dose di 60 mg/m2/die per 4 settimane
e successivamente 40 mg/m2 per tre giorni consecutivi/settimana per altre 4 settimane per un totale di 2 mesi di terapia
(4). Questo schema è stato successivamente modificato grazie ai risultati di uno studio che ha dimostrato una maggiore efficacia della somministrazione a giorni alterni nel
secondo mese di terapia rispetto a quella intermittente di soli
3 giorni a settimana (5). La risposta al trattamento iniziale
viene valutata generalmente al termine del periodo di dosaggio steroideo pieno. Il limite di questo schema terapeutico è
tuttavia rappresentato dal fatto che circa il 75-80% dei bambini che risponde con una remissione completa o parziale al
primo trattamento va in seguito incontro a recidive; di questi, circa il 40-50% diventa “frequent relapser” (2 o più recidive entro sei mesi dalla remissione o 4 recidive entro l’anno). In questi bambini i prolungati e ripetuti cicli terapeutici con corticosteroidi possono indurre severe complicanze:
sindrome cushingoide, ipertensione, cataratta, ritardo della
crescita, osteoporosi. Allo scopo di ridurre la frequenza
delle recidive sono stati successivamente proposti altri schemi terapeutici differenti da quello “classico”, nei quali la
durata della somministrazione di corticosteroidi nel trattamento del primo episodio viene prolungata oltre i due mesi;
non è ancora stabilito quale sia il primo schema terapeutico
più efficace per ridurre il successivo rischio di recidive.
Lo scopo di questa Linea Guida è stato pertanto quello di
fornire delle raccomandazioni cliniche basate sulla evidenza che deriva da revisioni sistematiche (livello 1) o da trials
randomizzati controllati [(RCT) (livello 2)], che abbiano
esaminato l’efficacia della somministrazione di corticosteroidi con schemi terapeutici differenti da quello “classico”
della durata di due mesi. Gli outcomes di interesse considerati sono stati: a) il numero di pazienti che presentavano
recidive della sindrome nefrosica a 6 mesi o tra i 12 e 24
mesi dalla fine della terapia steroidea; b) il numero di
pazienti che divenivano “frequent relapsers”; c) gli effetti
collaterali della terapia.
La ricerca è stata fatta utilizzando la stringa Nephrotic
Syndrome, Children mediante le banche dati Medline e con
il ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal
Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT prodotti in Nefrologia, Dialisi e Trapianto. Questo elenco deriva
da ricerche bibliografiche condotte in Medline, Embase,
numerosi altri database di studi clinici e la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di interesse
nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli RCT inclusi
in revisioni sistematiche di tipo Cochrane. Infine la ricerca
bibliografica è stata completata manualmente, facendo uso
di Riviste Scientifiche, Atti Congressuali ed altre Linee
Guida. I limiti temporali della ricerca sono stati da gennaio
1968 a dicembre 2005. Nella totalità degli studi considerati
non era richiesto l’obbligo di una diagnosi istologica mediante biopsia renale di “glomerulopatia a lesioni minime”.
S4
Evidenze disponibili
Descrizione degli studi
Questa strategia di ricerca bibliografica ha permesso di
individuare una revisione Cochrane (6) che conteneva 15
RCT effettuati in bambini e ritenuti idonei a rispondere ai
quesiti posti e una revisione non-Cochrane (7), che conteneva sette dei quindici RCT valutati nella revisione
Cochrane. Non sono stati individuati revisioni sistematiche, studi di meta-analisi o RCT adeguati per rispondere ai
quesiti posti nella popolazione adulta.
Revisione Cochrane
La revisione Cochrane aveva il duplice obiettivo di analizzare differenti schemi di terapia corticosteroidea nei bambini al primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva e nei bambini che presentavano recidive. Su un totale di
19 RCT analizzati, sono stati individuati 15 RCT ritenuti
idonei per rispondere al quesito posto sulla terapia del primo
episodio di sindrome nefrosica (8-22). Le caratteristiche dei
15 RCT che hanno valutato complessivamente 1292 bambini al primo episodio di sindrome nefrosica sono riportate
nella Tabella I. In due di questi studi un gruppo di controllo
era paragonato con due gruppi sperimentali (11, 13). Sei
RCT hanno paragonato con una metanalisi lo schema classico di due mesi (prednisone 60 mg/m2/die per 4 settimane
seguito da 40 mg/m2 a giorni alterni o per 3/7 giorni consecutivi per altre 4 settimane) con schemi terapeutici della
durata di 3 o più mesi, comprendenti uno o due mesi di somministrazione giornaliera di prednisone e da 1.5 a 6 mesi di
somministrazione a giorni alterni (9, 13-17). Uno di questi
RCT ha considerato i dati del gruppo di controllo e di uno
Setting e
N. pazienti
Prednisone 60 mg/m2/die x 4 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 4 settimane
(totale 2 mesi)
Prednisone 60 mg/m2/die x 4 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 4 settimane
(totale 2 mesi)
Prednisone 1-2mg/kg/die x 4 settimane;
1 mg/kg a giorni alterni x 4 settimane
(totale 2 mesi)
Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 4 settimane
(totale 2 mesi)
Prednisolone 2 mg/kg/die x 4 settimane;
1.5 mg/kg a giorni alterni x 4 settimane
(totale 2 mesi)
Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 8 settimane
(totale 3 mesi)
Prednisone 60 mg/m2/die fino a remissione;
40 mg/m2 a giorni alterni fino albuminemia
> 35 g/L (totale 1 mese circa)
Prednisone 60 mg/m2/die x 6 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane
(totale 3 mesi)
Mesi 1 e 2 terapia uguale a controlli, poi
a) riduzione dello steroide 25%/settimana
(totale 3 mesi)
b) riduzione dello steroide 25%/mese
(totale 6 mesi)
Prednisolone 60 mg/m2/die x 6 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane
(totale 3 mesi)
Prednisolone 2 mg/kg/die x 4 settimane;
2 mg/kg a giorni alterni x 8 settimane;
1.5 mg/kg a giorni alterni x 2 settimane;
1 mg/kg a giorni alterni x 2 settimane;
0.5 mg/kg a giorni alterni x 2 settimane
(totale 4.5 mesi)
Prednisolone 2 mg/kg/die x 4 settimane;
1.5 mg/kg/die x 4 settimane;
1.5 mg/kg a giorni alterni x 4 settimane;
1 mg/kg a giorni alterni x 4 settimane
(totale 4 mesi)
Prednisolone 50 mg/m2/die x 6 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane
+ Ciclosporina 150 mg/m2/die x
8 settimane (totale 3 mesi)
Multicentrico
Europa
61
Multicentrico
Europa
71
Monocentrico
Europa
184
Multicentrico
America
56
Multicentrico
Asia
196
Monocentrico
Asia
45
Multicentrico
Europa
104
APN, 1988 (22)
Ehrich JH, 1993 (14)
Ksiazek J, 1995 (13)
Norero C, 1996 (16)
Yoshikawa N, 1998 (21)
Bagga A, 1999 (15)
Hoyer PF, 1999 (8)
Prednisolone 2 mg/kg/die x 4 settimane;
1.3 mg/kg a giorni alterni x 4 settimane
(totale 2 mesi)
Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane;
40 mg/m2/3 giorni/settimana x 4 settimane
(totale 2 mesi)
Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane;
60 mg/ m2 a giorni alterni x 4 settimane,
successiva riduzione di 10 mg/m2/mese
(totale 7 mesi)
Monocentrico
Asia
46
Prednisone 2 mg/kg/die x 4 settimane;
progressiva riduzione a giorni alterni x 5 mesi
(totale 6 mesi)
Intervento di controllo
Prednisone 2 mg/kg/die x 4 settimane,
dose progressivamente a scalare a giorni
alterni per 12 mesi (totale 13 mesi)
Intervento sperimentale
Ueda N, 1988 (17)
Kleinknecht C, 1982 (10) Multicentrico
Europa
58
Autore ed anno
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI
24
16
24
22
24
15
13
12
15
Follow-up
(Mesi)
segue
Inizialmente 153
pazienti. In
seguito 49 pazienti
esclusi per vari motivi
Entrambi i gruppi
assumevano per
2 anni erbe
cinesi (Sairei-To)
2 gruppi
sperimentali (a, b)
Commenti
Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino
S5
S6
Prednisolone 40 mg/m2/die x 6 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane
(totale 3 mesi)
Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 4 settimane
(totale 2 mesi)
Prednisolone 60 mg/m2/die x 6 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane
(totale 3 mesi)
Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 4 settimane
(totale 2 mesi)
Prednisolone 60 mg/m2/die x 6 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane
(totale 3 mesi)
Prednisolone 60 mg/m2/die x 6 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane
(totale 3 mesi)
Prednisolone 40 mg/m2/die x 6 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane
(totale 3 mesi)
Prednisolone 60 mg/m2/die x 6 settimane;
40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane;
poi riduzione di 10 mg/m2/mese x 3 mesi
(totale 6 mesi)
Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane;
60 mg/m2 a giorni alterni e riduzione dose
giornalmente di 10 mg/m2 ogni 4 settimane
(totale 7 mesi)
Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane;
60 mg/m2 a giorni alterni x 4 settimane;
riduzione dose di 10 mg/m2/4 settimane
(totale 7 mesi)
a) Prednisone 2 mg/kg/die x 6 settimane, poi
2 mg/kg a giorni alterni x 6 settimane;
poi riduzione 0.25 mg/2 settimane
(totale 6.5mesi)
b) Metilprednisolone e.v. 20 mg/kg/die
per 3 giorni;
1 mg/kg/die x 6 settimane;
1 mg/kg a giorni alterni x 6 settimane,
poi riduzione
0.25 mg ogni 2-4 settimane
(totale 6.5 mesi)
Multicentrico
Asia
60
Multicentrico
Asia
73
Monocentrico
Asia
140
Monocentrico
Asia
122
Multicentrico
Asia
70
Monocentrico
Europa
48
Hiraoka M, 2000 (20)
Satomura K, 2001 (12)
Sharma RK, 2002 (19)
Jayantha UK, 2002 (9)
Hiraoka M, 2003 (18)
Pecoraro C, 2003 (11)
Prednisone 2 mg/kg/die x 4 settimane;
2 mg/kg a giorni alterni x 4 settimane
(totale 2 mesi)
Intervento di controllo
Intervento sperimentale
Setting e
N. pazienti
Autore ed anno
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI (segue)
24
24
24
18
15
18
Follow-up
(Mesi)
2 gruppi
sperimentali (a, b)
Commenti
Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
Inadeguata
Adeguata
Adeguata
Inadeguata
Inadeguata
Adeguata
Adeguata
Non chiara
Non chiara
Non chiara
Adeguata
Adeguata
Adeguata
Inadeguata
Ueda N, 1988 (17)
APN, 1988 (22)
Ehrich JH, 1993 (14)
Ksiazek J, 1995 (13)
Norero C, 1996 (16)
Yoshikawa N, 1998 (21)
Bagga A, 1999 (15)
Hoyer PF, 1999 (8)
Hiraoka M, 2000 (20)
Satomura K, 2001 (12)
Sharma RK, 2002 (19)
Jayantha UK, 2002 (9)
Hiraoka M, 2003 (18)
Pecoraro C, 2003 (11)
Pazienti
Adeguata
Segretezza della
Randomizzazione
(Allocation Concealment)
Kleinknecht C, 1982 (10)
Autore ed anno
TABELLA II - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI RCT INCLUSI
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
Ricercatori
Utilizzo del Cieco
(blinding)
Non riportato
Non riportato
No
Non riportato
Non riportato
No
Non riportato
Non riportato
Non riportato
Non riportato
Non riportato
Non riportato
Non riportato
Non riportato
No
Medici che hanno
valutato l’outcome
No
Sì
No
No
No
Sì
No
No
Non chiara
No
Sì
No
No
Non chiara
Non chiara
Analisi per
intenzione al
trattamento
(Intention-to-treat analysis)
Non definite
3
11
4
Non riportate
1.6
0
0
7.7
0
0
0
1.6
0
0
Perdite al
Follow-up (%)
Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino
S7
Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino
dei due gruppi sperimentali trattato per 6 mesi (13). Quattro
RCT hanno paragonato con una metanalisi uno schema terapeutico della durata di sei mesi con uno schema della durata di tre mesi (11, 13, 18, 19); in uno di questi RCT, già analizzato nella prima metanalisi, sono stati confrontati tra di
loro i dati dei due gruppi sperimentali (13). Un altro RCT ha
paragonato uno schema della durata di 5 verso uno di 12
mesi di terapia (10). Un solo RCT ha paragonato lo schema
classico con uno della durata più breve di un mese (22). In
altri due RCT sono stati paragonati differenti dosaggi cumulativi di steroide somministrati nello stesso intervallo di
tempo o lo stesso dosaggio somministrato in due intervalli
di tempo diversi (12, 20). Infine negli ultimi due RCT sono
state associate altre terapie; in un RCT, che confrontava lo
schema classico di due mesi con uno della durata di 4.5
mesi, era associata la somministrazione di erbe cinesi
(Sairei-To) in entrambi i gruppi (21); nell’altro RCT è stata
valutata l’associazione di 12 settimane di terapia steroidea
con 8 settimane di ciclosporina confrontata con 12 settimane di sola terapia steroidea (8). La durata del follow-up e il
tempo fino alla prima recidiva erano calcolati in maniera
discordante nei vari RCT o talora non erano ben specificati.
Qualità degli studi
La qualità degli studi è stata effettuata in base alla metodologia utilizzata dalla Cochrane, che prevede una valutazione
del metodo di segretezza della randomizzazione (“allocation
concealment”), dell’utilizzo del cieco (“blinding”), dell’analisi per intenzione al trattamento (“intention-to-treat analysis”) e delle perdite al follow (“lost to follow-up”). Il metodo
di segretezza della randomizzazione era adeguato in 8 RCT,
inadeguato in 4, non chiaro in 3 (Tab. II). In nessun RCT
veniva utilizzato il cieco. Soltanto 3 RCT utilizzavano l’analisi per intenzione al trattamento; in 5 RCT una percentuale
variabile di bambini è stata esclusa dopo la randomizzazione. Le perdite al follow-up sono state assenti o trascurabili
nella maggior parte degli studi.
Analisi statistica
I risultati dell’analisi statistica per gli outcomes dicotomici (presenza o assenza di recidiva; numero di pazienti con
frequenti recidive; presenza o assenza di effetti collaterali)
sono stati riportati come rischio relativo [(“relative risk”)
(RR)] e intervalli di confidenza (IC) al 95%.
(9, 13-17) lo schema terapeutico di 3 o più mesi confrontato allo schema classico di due, riduceva il rischio di recidiva sia a 6 mesi (RR 0.28; IC 95% 0.28-0.75) che a 12-24
mesi (RR 0.70; IC 95% 0.58-0.84), il numero di “frequent
relapsers” (RR 0.63; IC 95% 0.46-0.84), ma non aumentava il rischio di effetti collaterali (disordini psicologici, oculari e gastroenterici, ipertensione, ritardo di crescita, sindrome cushingoide, infezioni ed osteoporosi);
2) in un RCT (22) una durata di terapia di un mese determinava un maggior numero di recidive (RR 1.48; IC 95%
1.01-2.12) rispetto a quella classica di 2 mesi;
3) nella metanalisi di 4 RCT in un totale di 382 bambini
(11, 13, 18, 19) lo schema terapeutico prolungato fino a 6
mesi confrontato allo schema della durata di 3 mesi, determinava una ulteriore riduzione del rischio di recidiva sia a
6 mesi (RR 0.48; IC 95% 0.35-0.64) che a 12-24 mesi (RR
0.57; IC 95% 0.45-0.71), il numero di “frequent relapsers”
(RR 0.55; IC 95% 0.39-0.80), ma non gli effetti collaterali;
4) in 2 RCT (11, 20) una dose cumulativa maggiore di
steroide riduceva, a parità di durata del trattamento, il
rischio di recidive (RR 0.59; IC 95% 0.42-0.84) rispetto ad
una dose minore;
5) in un RCT (12) non si rilevava alcuna differenza significativa nel rischio di recidive (RR 1.24; IC 95% 0.84-1.85)
tra dosi cumulative simili somministrate in schemi della
durata differente (2240 mg/m2 in 12 settimane rispetto a
2520 mg/m2 in 8 settimane);
6) l’analisi di metaregressione mostrava che il rischio di
recidiva a 12-24 mesi era inversamente correlato alla durata della terapia (RR = 1.26-0.112 durata; r2 0.56; p=0.03) e
alla dose cumulativa di steroide (RR = 1.65-0.00025 dose;
r2 0.70; p=0.01);
7) i risultati degli altri studi erano statisticamente poco
importanti.
In conclusione gli Autori della revisione sistematica
Cochrane suggerivano che nei bambini il primo episodio di
sindrome nefrosica deve essere trattato con steroidi per
almeno tre mesi; una terapia della durata di sei mesi comporta una ulteriore riduzione del rischio di recidiva senza
aumentare gli effetti collaterali.
Revisione non Cochrane
La revisione non-Cochrane (7) concludeva che il primo
episodio di sindrome nefrosica nei bambini deve essere
trattato con prednisone al dosaggio di 60 mg/m2/die per sei
settimane seguito da 40 mg/m2 a giorni alterni per almeno
altre sei settimane.
Risultati
Revisione Cochrane
I risultati principali di questa revisione (6) possono essere così sintetizzati (Tabb. III-IV):
1) nella metanalisi di 6 RCT in un totale di 422 bambini
S8
Sintesi della evidenza
Le evidenze fino ad ora disponibili indicano che:
a) i bambini al loro primo episodio di sindrome nefrosica
devono essere trattati con corticosteroidi per almeno
16/29 (55%)
5/17 (29%)
3/17 (17%)
25/31 (80%)
18/32 (56%)
13/34 (38%)
6/34 (18%)
36/72 (50%)
25/72 (35%)
15/29 (52%)
3/29 (10%)
54/83 (65%)
20/83 (24%)
16/22 (73%)
7/22 (32%)
18/49 (37%)
15/30 (50%)
9/30 (30%)
23/36 (64%)
18/70 (26%)
8/70 (11%)
16/35 (46%)
8/48 (17%)
15/36 (42%)
10/36 (28%)
6/16 (37%)
N. con recidive a 12-15 mesi
N. con recidive a 12 mesi
N. con frequenti recidive
N. con recidive a 12 mesi
N. con frequenti recidive
N. con recidive a 12 mesi
N. con frequenti recidive
N. con recidive a 12 mesi
N. con frequenti recidive
N. con recidive a 12 mesi
N. con frequenti recidive
N. con recidive a 24 mesi
N. con frequenti recidive
N. con recidive a 12 mesi
N. con frequenti recidive
N. con recidive a 12 mesi
N. con recidive a 12 mesi
N. con frequenti recidive
N. con recidive a 12 mesi
N. con recidive a 12 mesi
N. con frequenti recidive
N. con recidive a 12-24 mesi
N. con frequenti recidive
N. con recidive a 12-24 mesi
N. con frequenti recidive
N. con recidive a 12-24 mesi
Kleinknecht C, 1982 (10)
Ueda N, 1988 (22)
APN, 1988 (17)
Ehrich JH, 1993 (14)
Ksiazek J, 1995 (13)
Norero C, 1996 (16)
Yoshikawa N, 1998 (21)
Bagga A, 1999 (15)
Hoyer PF, 1999 (8)
Hiraoka M, 2000 (20)
Satomura K, 2001 (16)
Sharma RK, 2002 (19)
Jayantha UK, 2002 (9)
Hiraoka M, 2003 (18)
Pecoraro C, 2003 (11)
Gruppo Intervento
(N. Pz con evento/N. Pz Gruppo)
Outcome
Autore ed anno
TABELLA III - RISULTATI DEGLI RCT INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE)
12/16 (75%)
21/34 (62%)
15/34 (44%)
43/53 (81%)
26/70 (37%)
44/70 (63%)
24/70 (34%)
19/37 (51%)
23/29 (79%)
13/30 (43%)
28/55 (51%)
21/23 (91%)
8/23 (35%)
62/88 (70%)
19/88 (22%)
13/27 (48%)
4/27 (15%)
32/44 (73%)
21/44 (48%)
24/37 (65%)
12/37 (32%)
16/29 (55%)
11/29 (38%)
18/29 (62%)
15/29 (51%)
21/29 (72%)
Gruppo Controllo
(N. Pz con evento/N. Pz Gruppo)
0.50 (0.25-0.63)
0.67 (0.42-1.08)
0.63 (0.33-1.20)
0.56 (0.38-0.83)
0.45 (0.22-0.91)
0.41 (0.26-0.63)
0.33 (0.16-0.69)
1.24 (0.84-1.85)
0.63 (0.42-0.94)
0.69 (0.35-1.37)
0.72 (0.46-1.13)
0.80 (0.60-1.06)
0.91 (0.40-2.10)
0.92 (0.75-1.14)
1.12 (0.64-1.94)
1.07 (0.63-1.82)
0.70 (0.17-2.84)
0.69 (0.51-0.92)
0.73 (0.47-1.13)
0.59 (0.36-0.96)
0.54 (0.23-1.29)
1.46 (1.01-2.12)
1.48 (0.85-2.59)
0.47 (0.22-1.04)
0.34 (0.12-1.01)
0.76 (0.51-1.13)
Rischio Relativo
(Intervallo di
Confidenza 95%)
- 38
- 20
- 16
- 35
- 20
- 37
- 23
+ 13
- 29
- 13
- 14
- 18
-3
-5
+2
+4
-5
- 23
- 13
- 27
-14
+ 25
+ 18
- 33
- 34
- 17
Differenza di
Rischio (%)
Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino
S9
- 20
- 30
- 13
- 24
Differenza di Rischio (%)
Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino
tre mesi;
b) un trattamento per sei mesi sembra portare ad una ulteriore riduzione del rischio di recidiva;
c) la riduzione del rischio di recidive è associata sia con
l’aumento cumulativo della dose di steroide sia con
l’aumento della durata di terapia;
d) nei bambini trattati per tre o sei mesi non si osserva
una maggiore incidenza di effetti collaterali; a questo
proposito bisogna però sottolineare che gli studi non
sono stati disegnati specificatamente per valutare gli
effetti collaterali per cui questi potrebbero essere sottostimati.
S10
86/230 (37%)
Steroide 3 mesi
119/172 (69%)
76/172 (44%)
55/222 (25%)
Steroide 6 mesi
69/178 (39%)
43/178 (24%)
0.54 (0.33-0.80)
163/229 (71%)
107/225 (47%)
0.56 (0.45-0.83)
0.63 (0.46-0.84)
Steroide 2 mesi
Steroide 3 ≥ mesi
0.66 (0.57-0.85)
Gruppo Controllo
(N. eventi/N. pazienti)
Gruppo Intervento
(N. eventi/N. pazienti)
Il primo episodio di sindrome nefrosica nel bambino
dovrebbe essere trattato con prednisone per almeno tre
mesi. Se si conoscesse il tasso di recidive medio nella propria popolazione o nella propria area, si potrebbe valutare
di quanto eventualmente prolungare la terapia di mantenimento a giorni alterni allo scopo di ottenere i migliori
risultati, bilanciando d’altra parte i rischi di una terapia
prolungata. Nella revisione Cochrane è stata dimostrata
una riduzione progressiva del rischio con l’allungamento
della terapia oltre i due mesi e proporzionale fino a sette
mesi (circa 10% per ogni mese addizionale). Trattamenti
più lunghi potrebbero essere pertanto utilizzati da quei
nefrologi nella cui area o nella cui esperienza (anche
eventualmente per fascia di età) i classici due mesi di terapia si accompagnano a tassi di recidive particolarmente
elevati. In questi casi i possibili effetti collaterali di una
terapia iniziale prolungata sarebbero bilanciati dalla
necessità di dover ripetere cicli di terapia steroidea in
occasione delle recidive della sindrome nefrosica. Queste
evidenze non possono naturalmente essere applicate
anche agli adulti, sebbene alcune casistiche non controllate (23-25) riportino una risposta più lenta negli adulti
rispetto ai bambini e una massima incidenza di remissione (80-85%) dopo 4 mesi di terapia; il 25% di essi entra
in remissione proprio al quarto mese. È ipotizzabile pertanto che anche gli adulti debbano ricevere un trattamento prolungato (almeno 4 mesi) con dosaggi di corticosteroidi inferiori a quelli utilizzati nei bambini.
N. “frequent relapsers”
N. con recidive a 12-24 mesi
N. “frequent relapsers”
N. con recidive a 12-24 mesi
Applicabilità
Outcome
TABELLA IV - SINTESI DEGLI OUTCOME CON I DIVERSI SCHEMI DI TRATTAMENTO
Rischio Relativo
(Intervallo di
Confidenza 95%)
Implicazioni per la pratica clinica
Non vi è motivo per ritenere che i dati ottenuti dall’esame degli RCT internazionali meritino una particolare rivalutazione per una loro applicazione ai pazienti italiani con
sindrome nefrosica steroido-sensitiva e, pertanto, le evidenze sopra riportate sono ovviamente applicabili ed utilizzabili nella nostra popolazione.
Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino
TABELLA V - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA
Linea Guida
Nazione
Anno
Canadian Society of Nephrology (26)
Canada
1999
Raccomandazione
I bambini con primo episodio di sindrome nefrosica da lesioni
glomerulari minime dovrebbero essere trattati con Prednisone 60
mg/m2/die per 4-6 settimane e in seguito con 40 mg/m2 a giorni
alterni per altre 4-6 settimane
Società Italiana di Nefrologia (27)
Italia
2003
I bambini con primo episodio da sindrome nefrosica da lesioni
glomerulari minime dovrebbero essere trattati con Prednisone 60
mg/m2/die per 4 settimane, in seguito con 40 mg/m2 a giorni alterni per 4-8 settimane e quindi riduzione scalare delle dosi fino a
3-6 mesi di trattamento complessivo
Implicazioni per la ricerca
A parte la necessità di RCT nella popolazione adulta
sarebbero necessari ulteriori RCT nei bambini allo scopo di
confermare l’efficacia di una terapia steroidea della durata
di sei mesi verso una della durata di tre mesi, con una corretta valutazione anche degli effetti collaterali.
Altre Linee Guida
La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di
opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impres-
sioni personali. Le Linee Guida basate sulle evidenze purtroppo non sono molte, in quanto vi sono pochi RCT adeguatamente dimensionati. In Tabella V si accludono le raccomandazioni di due Linee Guida (26, 27).
Indirizzo degli Autori:
Prof. Antonio Lupo
Divisione Clinicizzata di Nefrologia
Azienda Ospedaliera, Istituti Ospitalieri di Verona
Piazzale Stefani, 1
37126 Verona
e-mail: [email protected]
Bibliografia
1. Arneil GC. 164 children with nephrosis. Lancet 1961; ii: 110310.
2. Schlesinger ER, Sultz HA, Mosher WE, Feldman JG. The nephrotic syndrome. Its incidence and implications for the community. Am J Dis Child 1968; 116: 623-32.
3. Koskimies O, Vilska J, Rapola J, Halman N. Long-term outcome
of primary nephrotic syndrome. Arch Dis Child 1982; 57: 544-8.
4. Abramowicz M, Barnett HL, Edelmann CM Jr, et al. Controlled
trial of azathioprine in children with nephrotic syndrome. A
report for the International Study of Kidney Disease in Children.
Lancet 1970; i: 959-61.
5. APN 1981 (Arbeitsgemeinschaft fur Padiatrische Nephrologie).
Alternate-day prednisone is more effective than intermittent
prednisone in frequently relapsing nephrotic syndrome. A report
of Arbeitsgemeinschaft fur Padiatrische Nephrologie. Eur J
Pediatr 1981; 135: 229-37.
6. Hodson EM, Knight JF, Willis NS, Craig JC. Corticosteroid therapy for nephrotic syndrome in children (Review). Cochrane
Database of Systematic Reviews 2005, Issue 1. Art. No.:
CD001533. DOI: 10.1002/14651858. CD001533.pub3.
7. Filler G. Treatment of nephrotic syndrome in children and controlled trials. Nephrol Dial Transplant 2003; 18 (Suppl. 6): 75-8.
8. Hoyer PF. Results of the nephrotic syndrome study VIII of the
APN: New standard treatment versus new standard treatment
plus 8 weeks cyclosporin A. J Am Soc Nephrol 1999; 10: 104A.
9. Jayantha UK. Comparison of ISKDC regime with a six month
steroid regime in the treatment of steroid sensitive nephrotic
syndrome. 7th Asian Congress of Pediatric Nephrology; 2000
Nov 1-4; Singapore. 2000.
10. Kleinknecht C, Broyer M, Parchoux B, et al. Comparison of short
and long treatment at onset of steroid sensitive nephrosis (SNN).
Preliminary results of a multicenter controlled trial for the French
Society of Pediatric Nephrology. Int J Pediatr Nephrol 1982; 3: 45.
11. Pecoraro C, Caropreso MR, Passaro G, Ferretti AVS, Malgieri G.
Therapy of first episode of steroid responsive nephrotic syndrome: a randomized controlled trial. Nephrol Dial Transplant 2003;
18 (Suppl. 4): S63.
12. Satomura K, Yamaoka K, Shima M, et al. Standard vs. low initial
dose of prednisolone therapy for first episode of nephrotic
syndrome in children. Pediatr Nephrol 2001; 16: C117.
S11
Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino
13. Ksiazek J, Wyszynska T. Short versus long initial prednisolone
treatment in steroid-sensitive nephrotic syndrome in children.
Acta Paediatr 1995; 84: 889-93.
14. Ehrich JH, Brodhel J. Long versus standard prednisone therapy
for initial treatment of idiopathic nephrotic syndrome in children. Arbeitgemeinschaft fur Padiatrische Nephrologie. Eur J
Pediatr 1993; 152: 357-61.
15. Bagga A, Hari P, Srivastava RN. Prolonged versus standard prednisolone therapy for initial episode of nephrotic syndrome.
Pediatr Nephrol 1999; 13: 824-7.
16. Norero C, Delucchi A, Lagos E, Rosati P. Initial therapy of primary nephrotic syndrome in children: evaluation in a period of
18 months of two prednisolone treatment schedules. Chilean
Cooperative Group of Study of Nephrotic Syndrome in Children.
Rev Med Chil 1996; 124: 567-72.
17. Ueda N, Chihara M, Kawaguchi S, et al. Intermittent versus longterm tapering prednisolone for initial therapy in children with
idiopathic nephrotic syndrome. J Pediatr 1988; 112: 122-6.
18. Hiraoka M, Tsukahara H, Matsubara K, et al. A randomized
study of two long-course prednisolone regimens for nephrotic
syndrome in children. Am J Kidney Dis 2003; 41: 1155-62.
19. Sharma RK, Ahmed M, Gupta A, Gulati S, Sharma AP.
Comparison of abrupt withdrawal versus slow tapering regimen
of prednisolone therapy in the management of first episode of
steroid responsive childhood idiopathic nephrotic syndrome. J
Am Soc Nephrol 2000; 11: 97A.
20. Hiraoka M, Tsukahara H, Haruki S, et al. Older boys benefit
S12
21.
22.
23.
24.
25.
26.
27.
from higher initial prednisolone therapy for nephrotic syndrome.
The West Japan Cooperative Study of Kidney Disease in
Children. Kidney Int 2000; 58: 1247-52.
Yoshikawa N, Ito H, Takehoshi Y, et al. Standard versus longterm prednisolone with Sairei-to in childhood steroid-responsive
nephrotic syndrome: a prospective controlled study. Nippon
Jinzo Gakkai Shi. Japanese J Nephrol 1998; 40: 587-90.
APN 1988. Short versus standard prednisone therapy for initial
treatment of idiopathic nephrotic syndrome. Arbeitgemeinschaft
fur Padiatrische Nephrologie. Lancet 1988; i: 380-3.
Nolasco F, Cameron JS, Heywood EF, Hicks J, Ogg C, Williams
DG. Adult-onset minimal change nephrotic syndrome: a longterm follow-up. Kidney Int 1986; 29: 1215-23.
Nakayama M, Katafuchi R, Yanase T, Ikeda K, Tanaka M, Fujimi
S. Steroid responsiveness and frequency of relapse in adult-onset
minimal-change nephrotic syndrome. Am J Kidney Dis 2002; 39:
503-12.
Tse KC, Lam MF, Yip PS, Li FK, Chan TM. Idiopathic minimal
change nephrotic syndrome in older adults: steroid responsiveness and pattern of relapse. Nephrol Dial Transplant 2003; 18:
1316-20.
Bargman JM. Management of minimal lesion glomerulonephritis: evidence-based recommendations. Kidney Int 1999; 55
(Suppl. 70): S3-16.
Cagnoli L, Fuiano G, Imbasciati E, et al. Linee Guida sulla terapia delle nefropatie glomerulari. G Ital Nefrol 2003; 20 (Suppl.
24): S16-23.
Terapia delle glomerulonefriti
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S13-S29
Terapia della nefropatia membranosa
idiopatica: Linea Guida
P. Passerini, A. Lupo, C. Pozzi, C. Manno, G.F.M. Strippoli, L. Cagnoli, P. Stratta
Divisione e Cattedra di Nefrologia, Spedali Civili ed Università di Brescia, Brescia
Therapeutic strategies for membranous nephropathy: guideline from the Italian
Society of Nephrology
Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In
the present guideline, evidence of interventions for idiopathic membranous nephropathy (MN) is presented.
Methods. SR of RCT and RCT on interventions for MN were identified referring to a Cochrane Library and Renal Health
Library search (2005 update).
Results. Three SR and 18 RCT were available to address this issue. Methodological quality of available RCT was suboptimal according to current methodological standards. In patients with MN, nephrotic syndrome and normal renal function,
methylprednisolone and chlorambucil or cyclophosphamide for 6 months alternately increase the probability of nephrotic
syndrome remission (evidence from SR) and long-term renal protection (evidence from RCT). Other drugs (ACTH and
cyclosporine) are associated with nephrotic syndrome remission, but there is no evidence of significant effects on renal
function (evidence from RCT). In patients with impaired renal function, association of corticosteroids and cytotoxic agents
is proven to cause a short-term delay of renal damage progression, even though benefits are counterbalanced by complications (evidence from RCT).
Conclusion. In patients with MN, nephrotic syndrome and normal renal function, current available evidence supports the
hypothesis that primary intervention should be the association of corticosteroids and cytotoxic agents. Secondary therapeutic choices include ACTH and cyclosporine. Further studies are necessary to test new immunosuppressive agents such as
mycophenolate mofetil. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S13-29)
KEY WORDS: Membranous nephropathy, Corticosteroid, Cytotoxic drugs
PAROLE CHIAVE: Nefropatia membranosa, Corticosteroidi, Farmaci citotossici
LINEA GUIDA
Il trattamento di prima scelta nella Nefropatia Membranosa (NM) idiopatica con Sindrome Nefrosica (SN) e normale
funzione renale è rappresentato dal metilprednisolone ad alte dosi alternato al clorambucil o alla ciclofosfamide per 6
mesi in quanto è in grado di determinare la remissione della SN nel 75% dei casi (livello di evidenza 1) e di garantire la
protezione della funzione renale nel lungo termine (livello 2). La ciclofosfamide da sola può determinare una riduzione
significativa della proteinuria e remissione della SN, sebbene i risultati siano sicuramente più consistenti quando viene
associata al metilprednisolone (livello 1).
Come seconda scelta terapeutica trovano indicazione l’ACTH e la ciclosporina, in quanto sono in grado di indurre
remissione della SN in elevata percentuale di pazienti (livello 2); attualmente mancano le evidenze di un effetto di protezione della funzione renale.
Nei pazienti con riduzione della funzione renale l’associazione metilprednisolone più citotossici per 6 mesi è l’unico
schema in grado di rallentare, nel breve termine, la progressione del danno funzionale (livello 2). Tuttavia in presenza di
disfunzione renale la terapia immunosoppressiva è gravata da numerosi e severi effetti collaterali e, pertanto, necessita
di una attenta valutazione del bilancio rischio/beneficio.
© Società Italiana di Nefrologia
S13
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
Premesse
La Nefropatia Membranosa (NM) è la causa più frequente di sindrome nefrosica (SN) nell’adulto. I dati del
Registro Italiano delle Biopsie Renali mostrano che essa
rappresenta il 25% delle glomerulonefriti primitive. I
Registri di Dialisi e Trapianto mostrano che essa è al 2°- 4°
posto tra le glomerulonefriti primitive come causa di uremia terminale o “end stage renal disease” (ESRD). In una
minoranza di pazienti la NM è secondaria a neoplasie, farmaci, malattie infettive e autoimmuni, mentre nei 2/3 dei
casi non è possibile identificare alcun agente eziologico e,
pertanto, la malattia è considerata idiopatica.
La storia naturale della NM è variabile: il 20% circa dei
pazienti sviluppa remissione completa della SN (1-4), mentre il 50% è esposto al rischio di evoluzione progressiva (5).
La remissione della SN, spontanea o indotta dalla terapia, è
l’unico fattore prognostico renale favorevole nel lungo termine (6, 7). Al contrario la persistenza e la gravità della
proteinuria sono fattori correlati con un decorso sfavorevole; Pei e Cattran hanno dimostrato che una proteinuria superiore a 8 g/die che dura da oltre 6 mesi comporta un rischio
di insufficienza renale pari al 66% (8). Anche la presenza
di un danno funzionale renale al momento della diagnosi e
la severità delle lesioni tubulointerstiziali alla biopsia renale si correlano significativamente con una prognosi sfavorevole (9).
Il trattamento della NM è tuttora oggetto di dibattito fra i
nefrologi di tutto il mondo; non vi è ancora un accordo sul
costo da pagare per bilanciare i benefici della terapia immunosoppressiva rispetto alla terapia sintomatica. Alcuni
nefrologi ritengono inutile e rischioso il trattamento con
immunosoppressori, altri invece ne raccomandano l’uso. Di
conseguenza la sorte di un paziente che si rivolge agli esperti in Italia o all’estero è di sentirsi consigliare l’una o l’altra
opzione terapeutica con la stessa convinzione.
Allo scopo di uniformare le scelte terapeutiche, l’obiettivo di questa Linea Guida è quello di verificare, sulla base
delle evidenze che derivano dalle revisioni sistematiche e
dagli studi randomizzati controllati (RCT), se la terapia
immunosoppressiva è in grado di migliorare la prognosi
della NM rispetto alla terapia sintomatica, qual è il regime
immunosoppressivo ottimale e, infine, quali sono i rischi e
gli effetti collaterali rispetto ai benefici della terapia
immunosoppressiva.
prodotti in Nefrologia, Dialisi e Trapianto. Questo elenco
deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline,
Embase, numerosi altri database di studi clinici e la
ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali
Congressi di interesse nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo
Cochrane. Infine la ricerca bibliografica è stata completata manualmente, facendo uso di riviste Scientifiche, Atti
Congressuali ed altre Linee-Guida.
Evidenza disponibile
Descrizione degli studi
Le fonti di ricerca utilizzate hanno individuato 36 RCT
(10-45) e 3 studi di metanalisi (46-48). Sono stati successivamente selezionati gli RCT condotti su pazienti adulti, con
diagnosi istologica di NM e con proteinuria ≥ 3.5 g/die. Nel
caso di inclusione di una minoranza di pazienti con proteinuria < 3.5 g/die sono stati considerati solo i lavori che fornivano informazioni sufficienti per identificare questi
pazienti ed escluderli dalla nostra analisi. Questi criteri di
inclusione sono stati soddisfatti da 34 RCT (10-12, 14, 15,
17-45). Fra questi, 12 RCT sono stati successivamente
esclusi per i seguenti motivi: a) mancanza di informazioni
sul disegno dello studio (18, 44), sulle caratteristiche cliniche dei pazienti e/o sul decorso della malattia (10, 11, 40,
42, 43); b) inclusione di pazienti già arruolati in altri studi
(33, 35, 41); c) discordanza dei risultati dello stesso studio
pubblicato in tempi differenti (30, 31). Sono state escluse,
a favore degli studi con periodo di osservazione più prolungato, altre 4 pubblicazioni di dati preliminari (17, 19, 21,
36), con successivo aggiornamento dei risultati.
I 18 RCT selezionati e considerati per la stesura di questa
Linee Guida (12, 14, 15, 20, 22-29, 32, 34, 37-39, 45) sono
stati condotti su un totale di 1036 pazienti (Tab. I), seguiti
per un periodo compreso fra 12 e 120 mesi (media 35 ± 26
mesi); 14 RCT hanno considerato pazienti con NM idiopatica e funzione renale normale (12, 14, 15, 20, 22, 23, 25-27,
29, 34, 38, 39, 45), 4 hanno considerato pazienti con progressiva perdita di funzione (24, 28, 32, 37). Undici studi
hanno confrontato la terapia immunosoppressiva con la
terapia sintomatica o con placebo (12, 14, 15, 20, 22, 25, 29,
32, 37-39), 7 hanno confrontato fra loro 2 diversi regimi
immunosoppressivi (23, 24, 26- 28, 34, 45).
Strategie di ricerca bibliografica
Qualità degli studi
La ricerca bibliografica degli studi controllati sul trattamento della NM è stata condotta utilizzando la stringa randomized controlled trials, membranous nephropathy, con il
ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal
Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT
La qualità degli studi è stata definita in base alla metodologia utilizzata dalla Cochrane (Tab. II), che prevede una
valutazione del metodo di segretezza della randomizzazione
(“allocation concealment”), dell’utilizzo del cieco (“blinding”), dell’analisi per intenzione al trattamento (“intentionto-treat analysis”) e delle perdite al follow (“lost to follow-
S14
N. pazienti
Disegno
dello studio
RCT
RCT
22
40
Donadio JV, 1974 (12)
(Review Cochrane)
Murphy BF, 1992 (25)
(Review Cochrane)
Ciclofosfamide versus terapia sintomatica
Silverberg DS, 1976 (14)
(Review Cochrane)
RCT
RCT
103
Cameron JS, 1990 (22)
(Review Cochrane)
9
RCT
158
Cattran DC, 1989 (20)
(Review Cochrane)
Azatioprina versus placebo
RCT
72
Coggins CH, 1979 (15)
(Review Cochrane)
Corticosteroidi versus terapia sintomatica/placebo
Autore ed anno
Multicentrico
(Australia)
Monocentrico
(America)
Multicentrico
(Canada)
Multicentrico
(Inghilterra)
Multicentrico
(Nord America)
Multicentrico
(America)
Setting
Adulti,
età media 44 anni
Proteinuria
> 0.5 g/die
Creatininemia
50-280 μmol/L
Adulti
(età 26-66 anni)
Proteinuria
> 2 g/die
FG 33-117 mL/min
Adulti
(età media 43 anni)
SN
Funzione renale normale
Adulti, età
media 44 anni
SN
Funzione renale normale
Adulti
(età media 45 anni)
Proteinuria
≥ 0.3 g/die
FG ≥ 0.25 mL/sec
Adulti
(età media 39 anni)
SN
Funzione renale
normale
Caratteristiche
partecipanti
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI
Ciclof. 1.5 mg/kg/die
per 6 mesi, più
dipiridamolo
200-400 mg/die
e warfarin
per 2 anni
19 pazienti
Ciclofosfamide
1.5-2.5 mg/kg/die
per 1 anno
11 pazienti
Azatioprina
2.5 mg/kg/die
per 1 anno
5 pazienti
Prednisone
125-150 mg/kg/48
ore per 8 settimane
52 pazienti
Prednisone
45 mg/m2/48 ore
per 6 mesi
81 pazienti
Prednisone
100-150 mg/48 ore
per 8 settimane
34 pazienti
Intervento
sperimentale
Terapia sintomatica
21 pazienti
Terapia
sintomatica
11 pazienti
Placebo
4 pazienti
Placebo
51 pazienti
Terapia
sintomatica
77 pazienti
Placebo
38 pazienti
Intervento
di controllo
24
12
12
49
48 ± 32
23
Follow-up
(mesi)
segue
Basso numero di
pazienti arruolati e
breve follow-up
Basso numero di
pazienti arruolati e
breve follow-up
Troppo breve la
durata del
trattamento
Differenze basali
significative nei
valori medi di
proteinuria e
creatinina fra i due
gruppi di studio
Troppo breve
durata del
trattamento
Commenti
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
S15
S16
N. pazienti
Disegno
dello studio
Setting
Caratteristiche
partecipanti
Cattran DC, 2001 (39)
(Review Cochrane)
51
RCT
RCT
89
Jha V, 2001 (38)
Ciclosporina versus placebo
RCT
81
Ponticelli C, 1995 (29)
(Review Cochrane)
Multicentrico
(Nord America)
Multicentrico
(India)
Multicentrico
(Italia)
Adulti
(età media 48 anni)
SN
corticoresistente
FG > 42 mL/min
Adulti
SN
Funzione renale
normale
Adulti
(età mediana 43 anni)
SN
Funzione renale
normale
Clorambucil o ciclofosfamide associati ai corticosteroidi versus terapia sintomatica
Autore ed anno
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue)
Ciclosporina
3.5 mg/kg/die più
Prednisone
0.15 mg/kg/die
per 26 settimane
28 pazienti
MESI 1, 3, 5:
Metilprednisolone
1 g ev per 3 giorni
seguiti da 0.4
mg/kg/die os
per 27 giorni.
MESI 2, 4, 6:
Ciclof. 2 mg/kg/die os
47 pazienti
MESI 1, 3, 5:
Metilprednisolone 1 g
ev per 3 giorni
seguiti da 0.4
mg/kg/die os
per 27 giorni.
MESI 2, 4, 6:
Clorambucil
0.2 mg/kg/die os
42 pazienti
Intervento
sperimentale
Placebo
23 pazienti
Terapia sintomatica
42 pazienti
Terapia sintomatica
39 pazienti
Intervento
di controllo
19
54
120
Follow-up
(mesi)
segue
Breve follow-up
Risultati presentati
solo in forma di
abstract
Commenti
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
N. pazienti
Disegno
dello studio
RCT
RCT
RCT
92
90
20
Ponticelli C, 1992 (23)
(Review Cochrane)
Pahari DK, 1993 (26)
(Review Cochrane)
Ahmed S, 1994 (27)
(Review Cochrane)
Confronto fra 2 schemi di Immunosoppressione
Autore ed anno
India
Indiano
Multicentrico
(Italia)
Setting
Adulti
(età media 35 anni)
SN
Funzione renale
normale
Adulti
Proteinuria ≥ 2
mg/24 ore
Creat ) 2 mg/dL
Adulti
(età mediana
47 anni)
SN
Funzione renale normale
Caratteristiche
partecipanti
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue)
MESI 1, 3, 5:
Metilprednisolone 1
g ev per 3 giorni
seguiti da 0.4
mg/kg/die os
per 27 giorni.
MESI 2, 4, 6:
Clorambucil 0.2
mg/kg/die os
10 pazienti
CICLO A:
Prednisone
4 mg/kg/die per 3
giorni, poi 0.5
mg/kg/die per
27 giorni
CICLO B:
Ciclofosfamide 2
mg/kg/die per 1 mese.
Il CICLO A e B
vengono alternati
per 1 anno
42 pazienti
MESI 1, 3, 5:
Metilprednisolone 1 g
ev per 3 giorni
seguiti da 0.4
mg/kg/die os
per 27 giorni.
MESI 2, 4, 6:
Clorambucil 0.2
mg/kg/die os
45 pazienti
Intervento
sperimentale
Prednisone
1-1.5 mg/kg/die
per 8 settimane
10 pazienti
Prednisone
60 mg/die per 3 mesi
48 pazienti
MESI 1, 3, 5:
Metilprednisolone 1 g
ev per 3 giorni
seguiti da 0.4
mg/kg/48 ore os
per 27 giorni.
MESI 2, 4, 6:
Prednisolone 0.4
mg/kg/48 ore os
per 30 giorni
47 pazienti
Intervento
di controllo
15
46
54±17
Follow-up
(mesi)
segue
Basso numero di
pazienti arruolati
e breve follow-up
Commenti
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
S17
S18
RCT
RCT
95
32
Ponticelli C, 1998 (34)
(Review Cochrane)
Ponticelli C, 2006 (45)
Reichert LJ, 1994 (28)
(Review Cochrane)
18
RCT
Trattamento dei pazienti con perdita di funzione renale
Disegno
dello studio
N. pazienti
Autore ed anno
Monocentrico
(Olanda)
Multicentrico
(Italia)
Multicentrico
(Italia)
Setting
Adulti
(età mediana 47 anni)
SN
Creatininemia
> 150 μmol/L
Adulti
(età media 49 anni)
SN
Funzione renale
normale
Adulti
(età mediana
49 anni)
SN
Funzione renale
normale
Caratteristiche
partecipanti
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue)
MESI 1, 3, 5:
Metilprednisolone 1
g ev per 3 giorni
seguiti da 0.4
mg/kg/die os
per 27 giorni.
MESI 2, 4, 6:
Clorambucil
0.15 mg/kg/die os
9 pazienti
ACTH 1 mg due
volte la settimana
per 1 anno
16 pazienti
MESI 1, 3, 5:
Metilprednisolone 1
g ev per 3 giorni
seguiti da 0.4
mg/kg/die os
per 27 giorni.
MESI 2, 4, 6:
Clorambucil
0.2 mg/kg/die os
50 pazienti
Intervento
sperimentale
Ciclofosfamide
750 mg/m2 mensili
per 6 mesi più
Metilprednisolone
1 g ev per 3 giorni
a mesi alterni
9 pazienti
MESI 1, 3, 5:
Metilprednisolone 1
g ev per 3 giorni
seguiti da 0.4
mg/kg/die os
per 27 giorni.
MESI 2, 4, 6:
Clorambucil 0.2
mg/kg/die os
o Ciclofosfamide
2.5 mg/kg/die per os
16 pazienti
MESI 1, 3, 5:
Metilprednisolone 1
g ev per 3 giorni
seguiti da 0.4
mg/kg/die os
per 27 giorni.
MESI 2, 4, 6:
Ciclofosfamide
2.5 mg/kg/die os
45 pazienti
Intervento
di controllo
19.6±11.2
21.8±7.5
39
Follow-up
(mesi)
segue
Nessuna
informazioni
sul quadro
istologico alla
biopsia renale
Breve follow-up
Commenti
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
RCT
RCT
RCT
26
17
21
Falk RJ, 1992 (24)
(Review Cochrane)
Cattran DC, 1995 (32)
(Review Cochrane)
Pisoni R, 2000 (37)
(Review Cochrane)
Legenda: FG = filtrato glomerulare, SN = sindrome nefrosica
Disegno
dello studio
N. pazienti
Autore ed anno
Multicentrico
Multicentrico
Nord America
Multicentrico
(America)
Setting
Adulti
(età media
49 anni)
SN
Perdita di
funzione renale
Adulti
(età media
42 anni)
SN
Perdita di FG >
8 mL/min in
1 anno
Adulti
(età media
45 anni)
SN
Raddoppio della
creatininemia in 2 anni
o riduzione
del 50% del FG
Caratteristiche
partecipanti
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue)
Ciclosporina
5 mg/kg/die
per 6 mesi
10 pazienti
Ciclosporina
3.5 mg/kg/die
per 1 anno
9 pazienti
Boli mensili di
Ciclofosfamide ev
0.5 g /m2 per
6 mesi più
Metilprednisolone ev
7 mg/kg per
3 giorni seguiti
da 1 mg/kg/48
ore per 2 mesi
13 pazienti
Intervento
sperimentale
Terapia
sintomatica
11 pazienti
Placebo
8 pazienti
Prednisone 2
mg/kg/48
ore per 8
settimane
13 pazienti
Intervento
di controllo
12
21
29.2± 17.1
Follow-up
(mesi)
Risultati
presentati solo
in forma di
abstract
Basso numero
di pazienti
arruolati e
breve follow-up
Nessuna
informazione sul
quadro istologico
alla biopsia renale
Commenti
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
S19
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
up”). Il metodo di randomizzazione è risultato adeguato in
12 RCT (12, 14, 20, 22-24, 29, 32, 34, 37, 39, 45). L’utilizzo
dell’analisi per intenzione al trattamento era specificato da
7 Autori (14, 20, 22, 23, 29, 37, 45). Sei studi sono stati condotti in doppio cieco (12, 14, 15, 22, 32, 39). La percentuale di pazienti persi al follow-up, specificata o prevedibile in
tutti i casi, era compresa fra lo zero e il 23% (mediamente
7.4%; 77/1036 pazienti cumulativamente).
Analisi statistica
I risultati dell’analisi statistica sono riportati come differenza pesata tra le medie [“weighted mean difference”
(WMD)] con intervalli di confidenza (IC) al 95% per gli
outcomes continui, quali proteinuria, creatininemia e filtrato glomerulare (Tab. III), come rischio relativo [“relative
risk” (RR)] con IC al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici, quali ESRD, raddoppio o aumento del
50% della creatininemia basale (Tab. IV). Alcuni outcomes
dicotomici sono stati analizzati con il test del Chi-quadro.
Risultati
Trattamento dei pazienti con normale funzione
renale
Corticosteroidi versus terapia sintomatica/placebo. Tre
RCT multicentrici (15, 20, 22), hanno impiegato il prednisone alla dose di 125 mg a giorni alterni per 8 settimane o
di 45 mg/m2 a giorni alterni per 6 mesi. Non vi erano differenze nell’incidenza di remissione della SN (36/150 vs
30/145, p=0.587), di ESRD (12/167 vs 15/166, p=0.676) e
di morte (4/167 vs 7/166, p=0.533) tra il gruppo trattato e
il gruppo di controllo. Gravi effetti collaterali riguardavano
8/167 pazienti. L’inefficacia deriva probabilmente dalla
somministrazione di schemi terapeutici inadeguati, in
quanto in uno studio Italiano sperimentale sull’associazione metilprednisolone più clorambucil, che ha utilizzato nel
gruppo di controllo i boli endovenosi di metilprednisolone
seguiti dal prednisolone orale per 6 mesi, si otteneva una
probabilità di remissione della SN pari al 55% (23).
Azatioprina versus placebo. Un RCT effettuato su un
campione di soltanto 9 pazienti ha utilizzato azatioprina per
1 anno (14). Il trattamento, rispetto al placebo, non modificava la severità della proteinuria (5.2 g/die vs 4.1 g/die) né
i valori di creatininemia (159 μmol/L vs 212 μmol/L). Non
erano segnalati effetti collaterali severi.
Ciclofosfamide versus terapia sintomatica. Due RCT
hanno utilizzato ciclofosfamide, somministrata da sola per
1 anno nel primo e in associazione a dipiridamolo e warfarin per 6 mesi nel secondo (12, 25). Il trattamento otteneva
in 13/22 casi la remissione della SN, contro 6/22 remissioni nei pazienti assegnati alla terapia sintomatica (p=0.067).
Effetti collaterali severi si sviluppavano in 4/30 pazienti.
S20
Clorambucil o ciclofosfamide associati ai corticosteroidi
versus terapia sintomatica. Due RCT condotti in Italia e in
India (29, 38), hanno riportato 58/89 casi di remissione
della SN nei pazienti in terapia di associazione contro
22/81 nei pazienti in terapia sintomatica (p<0.0001). Lo
studio Italiano ha inoltre dimostrato che il trattamento con
metilprednisolone alternato a clorambucil otteneva una
funzione renale significativamente migliore nel lungo termine (p=0.035), e una sopravvivenza a 10 anni del 92%,
contro il 60% nel gruppo di controllo (p=0.0038). Effetti
collaterali severi erano riportati in 9/89 pazienti.
Ciclosporina versus placebo. Un solo RCT condotto in
Canada (39) ha dimostrato che nei pazienti corticoresistenti il trattamento per 6 mesi con ciclosporina e basse dosi di
prednisone, otteneva una incidenza maggiore di remissioni
della SN rispetto al placebo (p<0.001); la differenza si confermava anche dopo la sospensione della terapia, nonostante l’elevato numero di recidive di SN (p=0.007). Non vi
erano segnalazioni di casi di nefrotossicità o di effetti collaterali severi.
Confronto fra 2 schemi di immunosoppressione. Tre RCT
hanno confrontato la terapia di associazione con steroidi
più citotossici per 6 mesi versus i corticosteroidi somministrati da soli per 6 mesi (23, 26, 27). La remissione della SN
si verificava in 69/91 pazienti in terapia di associazione e in
46/92 pazienti in terapia steroidea (p=0.0005). Nel gruppo
assegnato alla terapia di associazione vi erano 7 casi di disfunzione renale, 1 caso di ESRD e 1 decesso, contro 15 casi
di disfunzione renale, 4 casi di ESRD e 1 decesso nel gruppo assegnato ai corticosteroidi. Effetti collaterali severi
erano riportati in 10 pazienti in terapia di associazione e 6
pazienti in terapia steroidea. Un altro RCT ha invece confrontato la terapia di associazione prednisolone più clorambucil con uno schema analogo nel quale il clorambucil
veniva sostituito da dosi equivalenti di ciclofosfamide (34).
I due schemi ottenevano una incidenza sovrapponibile di
remissione della SN come primo evento (82% vs 93%;
p=0.116) e un miglioramento significativo del reciproco
medio della creatininemia. L’incidenza di effetti collaterali
severi era rispettivamente del 12% e del 4% dei casi.
Recentemente sono stati pubblicati i risultati di un RCT
che ha confrontato un anno di terapia con ormone adrenocorticotropo in forma sintetica (ACTH), somministrato alla
dose di 1 mg intramuscolo per 2 volte alla settimana, con la
terapia di associazione metilprednisolone più clorambucil o
ciclofosfamide per 6 mesi (45). I due schemi terapeutici
ottenevano una significativa riduzione della proteinuria
(p=0.049 e p=0.004 rispettivamente) e dei valori medi di
colesterolo plasmatico (p<0.0001 e p=0.003 rispettivamente). All’ultimo controllo 14/16 pazienti assegnati all’ACTH
(87.5%), e 12/16 pazienti in terapia di associazione
(75.0%) mostravano una remissione della SN (p=0.650).
Un paziente trattato con ACTH sviluppava un quadro di
ESRD. Effetti collaterali severi riguardavano il 12% dei
pazienti in entrambi i gruppi di studio.
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
TABELLA II - QUALITÀ DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI
Autore ed anno
Metodo di
segretezza della
randomizzazione
(allocation
concealment)
Utilizzo del cieco (blinding)
Pazienti
Coggins CH, 1979 (15) Non Specificato
Utilizzo analisi
per intenzione al
trattamento
(Intention-totreat analysis)
Ricercatori
Medici che
hanno valutato
l’outcome
Perdite al
follow-up (%)
Sì
Sì
Non Specificato
Non Specificato
2/72 (2.7%)
Cattran DC, 1989 (20)
Adeguato
No
No
No
Sì
27/158 (17%)
Cameron JS, 1990 (22)
Adeguato
Sì
Sì
Sì
Sì
7/103 (6.8%)
Silverberg DS, 1976 (14)
Adeguato
Sì
Sì
Sì
Sì
0/9
Donadio JV, 1974 (12)
Adeguato
No
Sì
No
Non Specificato
2/22 (9%)
Murphy BF, 1992 (25)
Non Chiaro
No
No
No
Non Specificato
0/40
Ponticelli C, 1995 (29)
Jha V, 2001 (38)
Adeguato
No
No
No
Sì
19/81 (23%)
Non Specificato
Non Specificato
Non Specificato
Non Specificato
Non Specificato
0/89
Ponticelli C, 1992 (23)
Adeguato
No
No
No
Sì
1/92 (1%)
Pahari DK, 1993 (26)
Non Specificato
Non Specificato
Non Specificato
Non Specificato
No
10/90 (11%)
Ahmed S, 1994 (27)
Non Specificato
Non Specificato
Non Specificato
Non Specificato
Non Specificato
0/20
Ponticelli C, 1998 (34)
Adeguato
No
No
No
Non Specificato
5/95 (5%)
Ponticelli C, 2006 (45)
Adeguato
No
No
No
Sì
0/32
Cattran DC, 2001 (39)
Adeguato
Sì
No
Sì
Non Specificato
3/51
Adeguato
No
No
No
Non Specificato
1/26 (3.8%)
Reichert LJ, 1994 (28)
Non Specificato
No
No
No
Non Specificato
0/18
Cattran DC, 1995 (32)
Adeguato
Sì
No
No
Non Specificato
0/17
Pisoni R, 2000 (37)
Adeguato
No
No
No
Sì
0/21
Falk RJ, 1992 (24)
Trattamento dei pazienti con perdita di funzione
renale
In un RCT la terapia di associazione con steroidi più clorambucil rispetto ai boli mensili di ciclofosfamide associati
ai boli di metilprednisolone è risultata in grado di migliorare, nel breve termine, la funzione renale di 8/9 pazienti con
NM e progressivo deterioramento funzionale renale (28). Un
altro RCT non ha trovato differenze tra i boli endovenosi di
ciclofosfamide associati ai boli di metilprednisolone rispetto
ai corticosteroidi per via orale per 6 mesi (24). Entrambi gli
studi sono stati effettuati su un piccolo numero di pazienti
(18 e 26 rispettivamente) ed hanno riportato una bassa percentuale di successi nei due gruppi di trattamento; inoltre
l’incidenza di effetti collaterali severi, in particolare rappresentati da complicanze infettive, era superiore rispetto a
quanto riportato nei pazienti con normale funzione renale.
I risultati cumulativi di 2 RCT che hanno valutato la
risposta alla ciclosporina (32, 37), mostravano che l’inci-
denza di progressione del danno funzionale fino all’ESRD
non differiva fra i pazienti del gruppo sperimentale e quelli assegnati a ricevere sola terapia sintomatica (4/19 vs
5/19, p=1.0000). Entrambi gli studi sono stati effettuati su
un piccolo numero di pazienti (17 e 21, rispettivamente);
uno studio riportava una significativa riduzione della proteinuria (32).
Studi di metanalisi e Revisioni sistematiche
Due studi di metanalisi e una revisione sistematica
Cochrane hanno valutato l’efficacia della terapia immunosoppressiva nei pazienti con NM idiopatica (46-48).
Nella prima metanalisi, Imperiale et al. hanno considerato i risultati di 5 RCT condotti su 228 pazienti trattati con
corticosteroidi e/o citotossici, corticosteroidi da soli o terapia sintomatica (46). La metanalisi ha dimostrato che solo
il trattamento con clorambucil o con ciclofosfamide
aumentava in maniera significativa la probabilità di ottene-
S21
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI INCLUSI (VARIABILI CONTINUE)
Autore ed anno
Outcomes
Gruppo di intervento
(pazienti, media,
deviazione standard)
Gruppo di controllo
(pazienti, media,
deviazione standard)
Differenza
tra le medie
(intervallo di
confidenza 95%)
Cameron JS, 1990 (22)
Proteinuria
43 pazienti, 5.6 (0.7) g/24 ore
43 pazienti, 5.6 (0.7)
0.0 (da -0.30 a 0.30)
Creatininemia
48 pazienti, 317 (38) μmol/L
46 pazienti, 297 (25) μmol/L
20 (da 7.05 a 32.95)
Proteinuria
5 pazienti, 5.2 (2.9) g/24 ore
4 pazienti, 4.1 (3) g/24 ore
1.10 (da -2.79 a 4.99)
Creatininemia
5 pazienti, 159 (106) μmol/L
4 pazienti, 212 (141) μmol/L
-53 (da -219.51 a 113.51)
Donadio JV, 1974 (12)
Proteinuria
11 pazienti, 4.2 (3.1) g/24 ore
11 pazienti, 5.1 (3.7) g/24 ore
-0.90 (da -3.77 a 1.97)
Murphy BF, 1992 (25)
Creatininemia
13 pazienti, 139 (108) μmol/L
13 pazienti, 108 (41) μmol/L
31 (da -31.80 a 93.80)
Ponticelli C, 1995 (29)
Creatininemia
42 pazienti, 105.1 μmol/L
39 pazienti, 146.7 μmol/L
NE
Ponticelli C, 1992 (23)
Proteinuria
23 pazienti, 1.3 (1.6) g/24 ore
24 pazienti, 1.9 (1.9) g/24 ore
-0.60 (da -1.60 a -0.40)
Creatininemia
26 pazienti, 106 (59) μmol/L
24 pazienti, 155 (198) μmol/L
-49 (da -131.40 a 33.40)
Silverberg DS, 1976 (14)
Ahmed S, 1994 (27)
Ponticelli C, 1998 (34)
Proteinuria
10 pazienti, 1.85 (3.1) g/24 ore
10 pazienti, 2.6 (2.2) g/24 ore
-0.75 (da -3.13 a 1.63)
Creatininemia
10 pazienti, 128.1 (30.9) μmol/L
10 pazienti, 210.4 (247.5) μmol/L
-82.30 (da -236.89 a 72.29)
Proteinuria
44 pazienti, 2.11 (2.89) g/24 ore
43 pazienti, 1.69 (2.36) g/24 ore
0.42 (da -0.69 a 1.53)
Creatininemia
44 pazienti, 110 (121) μmol/L
43 pazienti, 117 (152) μmol/L
-7 (da -64.81 a 50.81)
Proteinuria
16 pazienti, 2.1 g/24 ore
16 pazienti, 0.3 g/24 ore
NE
Creatininemia
16 pazienti, 88.4 μmol/L
16 pazienti, 88.4 μmol/L
NE
Proteinuria
13 pazienti, 8.9 (6.8) g/24 ore
13 pazienti, 6.8 (4.3) g/24 ore
2.10 (da -2.27 a 6.47)
Creatininemia
13 pazienti, 424 (327) μmol/L
13 pazienti, 495 (628) μmol/L
-71 (da -455.88 a 313.88)
Reichert LJ, 1994 (28)
Creatininemia
9 pazienti, 381 (310) μmol/L
9 pazienti, 558 (422) μmol/L
-177 (da -519.0 a 165.10)
Cattran DC, 1995 (32)
Proteinuria
9 pazienti, 4.5 (4) g/24 ore
8 pazienti, 9.2 (5) g/24 ore
-4.70 (da -9.04 a -0.36)
Proteinuria
10 pazienti, 7.5 (7.6) g/24 ore
11 pazienti, 2.8 (2.5) g/24 ore
4.70 (da -0.24 a 9.64)
Creatininemia
10 pazienti, 189 (65) μmol/L
11 pazienti, 178 (79) μmol/L
11.0 (-50.66 a 72.66)
Ponticelli C, 2006 (45)
Falk RJ, 1992 (24)
Pisoni R, 2000 (37)
NE = non eseguibile
re la remissione della SN (RR 4.6; IC 95% da 3.2 a 8.4).
In un’altra metanalisi, Hogan et al. hanno considerato 7
RCT condotti su 493 pazienti assegnati a ricevere citotossici, corticosteroidi, o terapia sintomatica (47). La metanalisi ha confermato che solo i citotossici aumentavano significativamente la probabilità di remissione della SN (RR
4.8; IC 95% da 1.44 a 15.96, p<0.05).
In una revisione sistematica Cochrane, Perna et al. hanno
analizzato i risultati di 18 RCT condotti su un totale di 1025
pazienti, assegnati a ricevere regimi terapeutici a base di
immunosoppressori o di sintomatici/placebo (48). Sono
state considerate quattro classi di terapia immunosoppressiva: 1) corticosteroidi da soli; 2) agenti citossici da soli o
in associazione agli steroidi; 3) inibitori delle calcineurine
S22
(ciclosporina) da sola o in associazione agli steroidi; 4)
agenti antiproliferativi. La metanalisi ha dimostrato che fra
i diversi schemi immunosoppressivi impiegati, nessuna
terapia determinava una riduzione del rischio dell’endpoint
combinato di ESRD o morte. Per quanto concerne gli altri
outcome considerati, soltanto l’utilizzo di citotossici permetteva un aumento significativo dell’incidenza di remissione completa della SN, sia nei confronti del non trattamento (RR 2.37; IC 95% da 1.32 a 4.25; p=0.004) che degli
steroidi (RR 1.89; IC 95% da 1.34 a 2.67; p=0.0003) e una
riduzione significativa della proteinuria (WMD -2.36 g/die;
IC 95% da -4.27 a -0.46; p=0.02). Non vi era nessuna differenza di remissioni complete tra due agenti citossici,
quali clorambucil verso ciclofosfamide (RR 0.46; IC 95%
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
TABELLA IV - RISULTATI DEGLI STUDI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE)
Autore ed anno
Outcomes
Gruppo di intervento
(numero di pazienti
con evento/numero
totale di pazienti
in quel gruppo)
Gruppo di controllo
(numero di pazienti
evento/numero
totale di pazienti
in quel gruppo)
Rischio relativo
(intervallo di
confidenza 95%)
Differenza
di rischio
(%)
Coggins CH,
RC
4/34 (11.7%)
4/38 (10.5%)
1.12 (da 0.30 a 4.13)
1.2
1979 (15)
RP
8/34 (23.5%)
3/38 (7.9%)
2.98 (da 0.86 a 10.34)
15.6
RC + RP
12/34 (35.3%)
7/38 (18.4%)
1.92 (da 0.85 a 4.30)
16.9
ESRD
1/34 (2.9%)
5/38 (13.1%)
0.22 (da 0.03 a 1.82)
- 10.2
Morte
0/34
2/38 (5.2%)
0.22 (da 0.01 a 4.48)
-5.2
Morte + ESRD
1/34 (2.9%)
7/38 (18.4%)
0.16 (da 0.02 a 1.23)
-15.5
EAG
1/34 (2.9%)
1/38 (2.6%)
1.12 (da 0.07 a 17.19)
0.3
RC
14/64 (21.9%)
16/56 (28.6%)
0.77 (da 0.41 a 1.42)
-6.7
ESRD
3/81 (3.7%)
4/77 (5.2%)
0.71 (da 0.16 a 3.08)
-1.5
Morte
3/81 (3.7%)
1/77 (1.3%)
2.85 (da 0.30 a 26.83)
2.4
Morte + ESRD
6/81 (7.4%)
5/77 (6.5%)
1.14 (da 0.36 a 3.59)
0.9
EAG
5/81 (6.2%)
0/77
10.46 (da 0.59 a 186.1)
6.2
Remissione
10/52 (19.2%)
7/51 (13.7%)
1.40 (da 0.58 a 3.40)
5.5
ESRD
8/52 (15.4%)
6/51 (11.8%)
1.31 (da 0.49 a 3.50)
3.6
Morte
1/52 (1.9%)
4/51 (7.8%)
0.25 (da 0.03 a 2.12)
-5.9
Morte + ESRD
9/52 (17.3%)
10/51 (19.6%)
0.88 (da 0.39 a 1.99)
-2.3
EAG
2/52 (3.8%)
1/51 (1.9%)
1.96 (da 0.18 a 20.97)
1.9
Silverberg DS,
RC
0/5
0/4
NE
0
1976 (14)
RP
0/5
1/4 (25.0%)
0.28 (da 0.01 a 5.43)
-25.0
ESRD
0/5
0/4
NE
0
Morte
0/5
0/4
NE
0
Cattran DC,
1989 (20)
Cameron JS,
1990 (22)
Donadio JV,
RC
0/9
0/9
NE
0
1974 (12)
RP
4/9 (44.4%)
2/9 (22.2%)
2.0 (da 0.48 a 8.31)
22.2
ESRD
0/11
0/11
NE
0
Morte
0/11
0/11
NE
0
EAG
3/11 (27.3%)
0/11
7.00 (da 0.40 a 121.39)
27.3
Murphy BF,
RC
2/13 (15.4%)
1/13 (7.7%)
2.0 (da 0.21 a 19.44)
7.7
1992 (25)
RP
7/13 (53.8%)
3/13 (23.1)
2.33 (da 0.77 a 7.10)
30.7
RC + RP
9/13 (69.2%)
4/13 (30.8%)
2.25 (da 0.92 a 5.49)
38.4
ESRD
0/19
0/21
NE
0
Morte
1/19 (5.3%)
0/21
3.30 (da 0.14 a 76.46)
5.3
EAG
1/19 (5.3%)
0/21
3.30 (da 0.14 a 76.46)
5.3
Ponticelli C,
RC
17/42 (40.5%)
2/39 (5.1%)
7.89 (da 1.95 a 31.97)
35.3
1995 (29)
RP
9/42 (21.4%)
11/39 (28.2%)
0.76 (da 0.35 a 1.63)
-6.8
RC + RP
26/42 (61.9%)
13/39 (23.3%)
1.86 (da 1.12 a 3.07)
28.6
ESRD
2/42 (4.8%)
9/39 (23.1%)
0.21 (da 0.05 a 0.90)
18.3
Morte
1/42 (2.4%)
3/39 (7.7%)
0.31 (da 0.03 a 2.85)
-5.3
Morte + ESRD
3/42 (7.1%)
12/39 (30.8%)
0.23 (da 0.07 a 0.76)
-23.7
EAG
4/42 (9.5%)
0/39
8.37 (da 0.47 a 150.62)
-9.5
segue
S23
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
TABELLA IV - RISULTATI DEGLI STUDI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE) (segue)
Autore ed anno
Outcomes
Gruppo di intervento
(numero di pazienti
con evento/numero
totale di pazienti
in quel gruppo)
Gruppo di controllo
(numero di pazienti
evento/numero
totale di pazienti
in quel gruppo)
Rischio relativo
(intervallo di
confidenza 95%)
Differenza
di rischio
(%)
RC
12/47 (25.5%)
4/42 (9.5%)
2.68 (da 0.94 a 7.68)
16
RP
20/47 (42.5%)
5/42 (11.9%)
3.57 (da 1.47 a 8.68)
30.6
RC + RP
32/47 (68.1%)
9/42 (21.4%)
3.18 (da 1.72 a 5.86)
46.7
EAG
5/47 (10.6%)
3/42 (7.1%)
1.49 (da 0.38 a 5.86)
3.5
Ponticelli C,
RC
14/45 (31.8%)
10/47 (21.3%)
1.46 (da 0.73 a 2.95)
9.8
1992 (23)
RP
14/45 (31.1%)
8/47 (17.0%)
1.83 (da 0.85 a 3.93)
14.1
RC + RP
28/45 (62.2%)
18/47 (38.3%)
1.62 (da 1.06 a 2.49)
23.9
ESRD
0/45
2/47 (4.2%)
0.21 (da 0.01 a 4.23)
-4,2
Morte
1/45 (2.2%)
1/47 (2.1%)
1.04 (da 0.07 a 16.20)
0,1
Morte + ESRD
1/45 (2.2%)
3/47 (6.4%)
0.35 (da 0.04 a 3.22)
-4.2
EAG
4/45 (8.8%)
1/47 (2.1%)
4.18 (da 0.49 a 35.97)
6.7
RC
33/36 (91.7%)
15/35 (42.8%)
2.14 (da 1.44 a 3.18)
48.9
Jha V, 2001 (38)
Pahari DK,
1993 (26)
Ahmed S, 1994 (27)
RP
0/36
7/35 (20.0%)
0.06 (da 0.0 a 1.09)
-20
RC + RP
33/36 (91.7%)
22/35 (62.8%)
1.46 (da 1.11 a 1.92)
28.9
ESRD
1/36 (2.8%)
2/35 (5.7%)
0.49 (da 0.05 a 5.12)
- 2.9
Morte
0/36
0/35
NE
0
EAG
6/42 (14.3%)
5/48 (10.4%)
1.37 (da 0.45 a 4.17)
3.9
RC
5/10 (50%)
3/10 (30%)
1.67 (da 0.54 a 5.17)
20
RP
3/10 (30%)
3/10 (30%)
1.00 (da 0.26 a 3.81)
0
RC + RP
8/10 (80%)
6/10 (60%)
1.33 (da 0.74 a 2.41)
20
ESRD
0/10
0/10
NE
0
Morte
0/10
0/10
NE
0
Ponticelli C,
RC
12/44 (27.3%)
16/43 (37.2%)
0.73 (da 0.39 a 1.36)
- 9.9
1998 (34)
RP
24/44 (54.5%)
24/43 (55.8%)
0.0 (da 0.67 a 1.43)
- 1.3
RC + RP
36/44 (81.8%)
40/43 (93%)
0.88 (da 0.75 a 1.03)
- 11.2
ESRD
1/50 (2%)
1/45 (2.2%)
0.90 (da 0.06 a 13.97)
- 0.2
Morte
0/50
0/45
NE
0
EAG
0/50
0/45
NE
0
RC
8/16 (50%)
4/16 (25%)
2.00 (da 0.75 a 5.33)
25
RP
6/16 (37.5%)
8/16 (50%)
0.75 (da 0.34 a 1.67)
-12.5
RC + RP
14/16 (87.5%)
12/16 (75%)
1.17 (da 0.83 a 1.64)
12.5
ESRD
1/16 (6.2%)
0/16
3.00 (da 0.13 a 68.57)
6.2
Morte
0/16
0/16
NE
0
EAG
2/16 (12.5%)
2/16 (12.5%)
1.00 (da 0.16 a 6.25)
0
Ponticelli, 2006 (45)
Cattran DC,
RC
2/28 (7.1%)
1/23 (4.3%)
1.64 (da 0.16 a 16.99)
2.8
2001 (39)
RP
9/28 (32.1%)
2/23 (8.6%)
3.70 (da 0.89 a 15.44)
23.5
RC + RP
11/28 (39.3%)
3/23 (13%)
3.01 (da 0.95 a 9.52)
26.3
EAG
0/28
0/23
NE
0
segue
S24
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
TABELLA IV - RISULTATI DEGLI STUDI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE) (segue)
Autore ed anno
Falk FJ, 1992 (24)
Outcomes
Gruppo di intervento
(numero di pazienti
con evento/numero
totale di pazienti
in quel gruppo)
Gruppo di controllo
(numero di pazienti
evento/numero
totale di pazienti
in quel gruppo)
Rischio relativo
(intervallo di
confidenza 95%)
Differenza
di rischio
(%)
ESRD
4/13 (30.8%)
4/13 (30.8%)
1.0 (da 0.32 a 3.17)
0
Morte
0/13
0/13
NE
0
EAG
1/13 (7.7%)
1/13 (7.7%)
1.0 (da 0.07 a 14.34)
0
Reichert LJ,
RC
0/9
2/9 (22.2%)
0.20 (da 0.01 a 3.66)
-22.2
1994 (28)
RP
1/9 (11.1%)
1/9 (11.1%)
1.0 (da 0.07 a 13.64)
0
RC + RP
1/9 (11.1%)
3/9 (33.3%)
0.33 (da 0.04 a 2.63)
-22.2
ESRD
1/9 (11.1%)
4/9 (44.4%)
0.25 (da 0.03 a 1.82)
-33.3
Morte
0/9
1/9 (11.1%)
0.33 (da 0.02 a 7.24)
-11.1
Morte + ESRD
1/9 (11.1%)
5/9 (55.5%)
0.20 (da 0.03 a 1.39)
-44.4
EAG
5/9 (55.5%)
0/9
11 (da 0.70 a 173.66)
55.5
Cattran DC,
ESRD
1/9 (11.1%)
4/8 (50%)
0.22 (da 0.03 a 1.60)
-38.9
1995 (32)
Morte
1/9 (11.1%)
0/8
2.70 (da 0.13 a 58.24)
11.1
Morte + ESRD
2/9 (22.2%)
4/8 (50%)
0.44 (da 0.11 a 1.81)
-27.8
EAG
0/9
0/8
NE
0
Pisoni R, 2000 (37)
RC
0/10
1/11 (9.1%)
0.36 (da 0.02 a 8.03)
-9.1
RP
2/10 (20%)
3/11 (27.3%)
0.73 (da 0.15 a 3.53)
-7.3
RC + RP
2/10 (20%)
4/11 (36.4%)
0.55 (da 0.13 a 2.38)
-16.3
ESRD
3/10 (30%)
1/11 (9.1%)
3.30 (da 0.41 a 26.81)
20.9
Morte
0/10
0/11
NE
0
EAG
2/10 (20%)
0/11
5.45 (da 0.29 a 101.55)
20
Legenda: RC = remissione completa, RP = remissione parziale, ESRD = end stage renal disease, EAG = eventi avversi gravi, NE = non eseguibile.
da 0.14 a 1.49; p=0.20); il clorambucil tuttavia determinava una maggior numero di sospensioni temporanee o definitive del trattamento rispetto alla ciclofosfamide (RR 2.34;
IC 95 % da 1.25 a 4.39; p=0.008) per la comparsa di gravi
effetti collaterali (soprattutto leucopenia). Gli Autori concludono che la riduzione della proteinuria e la remissione
completa sono da considerare “surrogate endpoints”, in
quanto nessuna terapia immunosoppressiva dimostra un’efficacia sulla sopravvivenza del paziente o del rene.
Commenti. Nonostante le precedenti conclusioni, occorre considerare che, di fatto, la remissione della SN costituisce uno degli obiettivi del trattamento; infatti, da un lato
rappresenta l’unico marker di buona prognosi renale nel
lungo termine, dall’altro annulla il rischio di complicanze
cardiovascolari e trombotiche, che hanno un’incidenza particolarmente elevata nei pazienti con NM e SN severa (49,
50). A causa del breve follow-up degli studi considerati, le
metanalisi disponibili in letteratura non forniscono eviden-
ze di un effetto renoprotettivo dei diversi regimi terapeutici
impiegati.
Sintesi dell’evidenza
Le evidenze della letteratura mostrano che nei pazienti
con NM idiopatica la terapia immunosoppressiva aumenta
l’incidenza di remissione della SN (livello 1) e migliora la
sopravvivenza renale (livello 2). I risultati più favorevoli
sono stati ottenuti con lo schema metilprednisolone più
citotossici (clorambucil o ciclofosfamide) per 6 mesi (livello 1). L’efficacia di questa terapia di associazione, che rappresenta il trattamento di prima scelta in quanto determina
una remissione duratura della SN nel 75% circa dei pazienti, ed è attualmente l’unico regime terapeutico in grado di
garantire una funzione renale ed una sopravvivenza eccellenti nel lungo termine, è stata confermata dagli RCT e
S25
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
TABELLA V - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA
Linea Guida
Nazione
International Society of Nephrology (56)
Anno
1999
Raccomandazione
I corticosteroidi e l’azatioprina non sono efficaci (grado A, grado C)
Gli alchilanti ottengono buoni risultati soprattutto quando associati ai corticosteroidi, ma hanno una potenziale tossicità (grado A)
La ciclosporina può essere utile nei pazienti a rischio di progressione (grado B)
Società Italiana di Nefrologia (57)
Italia
2003
Astenersi dal trattamento immunosoppressivo nei pazienti senza SN
Schema terapeutico di associazione metilprednisolone più clorambucil o ciclofosfamide per 6 mesi nei pazienti con SN grave
Adeguamento delle dosi dello schema di associazione nel paziente di oltre 65 anni
Provvedimenti sintomatici o ciclosporina a basse dosi nei non responders
dagli studi di metanalisi; anche i farmaci citossici (clorambucil o ciclofosfamide) da soli aumentano la probabilità di
remissione della SN. Al contrario le esperienze con l’utilizzo dell’azatioprina e dei corticosteroidi da soli sono risultate negative. Nel caso dei corticosteroidi, però, l’inefficacia
riportata in letteratura deriva probabilmente dalla somministrazione di schemi terapeutici inadeguati. In definitiva, la
associazione dei citotossici con il metilprednisolone comporta il vantaggio di una minore durata del trattamento e
garantisce, allo stesso tempo, risultati più favorevoli.
Anche la ciclosporina è provvista di un potente effetto
antiproteinurico. Il 75% dei pazienti trattati sviluppa remissione della SN e, nonostante l’elevato numero di recidive,
il 40% circa dei responders mantiene la remissione anche
dopo sospensione della terapia.
Risultati promettenti sono stati riportati recentemente
con l’utilizzo dell’ACTH. In uno studio randomizzato controllato multicentrico Italiano, il gruppo che riceveva
ACTH otteneva una riduzione significativa della proteinuria e della colesterolemia e una elevata incidenza di remissione della SN (45). Il trattamento con ACTH ottiene, nel
breve termine, gli stessi risultati dello schema di associazione metilprednisolone più clorambucil o ciclofosfamide
per 6 mesi e risultava complessivamente ben tollerato. Per
l’ACTH e per la ciclosporina mancano tuttavia le evidenze
di un miglioramento della sopravvivenza renale nel lungo
termine, ma poiché la remissione della SN rappresenta uno
degli obiettivi del trattamento, questi due agenti assumono
il ruolo di farmaci alternativi allo schema di prima scelta,
sia per i pazienti non responders che per quelli con controindicazioni ai farmaci citotossici.
Implicazioni per la pratica clinica
Una scelta terapeutica razionale, basata sulla valutazione del bilancio rischio/beneficio della terapia immuno-
S26
soppressiva, deve tener conto dei fattori più strettamente
correlati con la prognosi della malattia, che sono stati
identificati nella severità e durata della proteinuria, nei
valori iniziali di creatinina plasmatica, e nella severità del
danno tubulointerstiziale e della sclerosi glomerulare alla
biopsia renale. Sulla base di questi presupposti la terapia
immunosoppressiva è controindicata nei pazienti senza
SN in quanto essi sviluppano eccezionalmente un deterioramento della funzione renale e non sono esposti al
rischio di complicanze della SN stessa. In questi casi è
sufficiente l’uso di farmaci provvisti di effetto antiproteinurico come gli ACE-inibitori e gli antagonisti recettoriali dell’angiotensina. Al contrario, in presenza di SN vi è
indicazione alla somministrazione di farmaci immunosoppressori. È ancora indefinito se un intervento terapeutico precoce è preferibile ad uno più tardivo; nei pazienti
asintomatici la decisione terapeutica può esser supportata
dalla osservazione di una proteinuria elevata persistente
per oltre 6 mesi, mentre in presenza di SN severa e sintomatica la terapia va istituita precocemente. La tempestività dell’intervento ha lo scopo di prevenire sia l’insorgenza di complicanze della SN, che lo sviluppo di un deterioramento della funzione renale o di un severo danno tubulointerstiziale, condizioni che riducono le probabilità di
risposta al trattamento e ne aumentano la tossicità.
Il principale e più temuto limite con l’uso dei citotossici
è il rischio oncogeno, che però è stato descritto con dosi
cumulative medie di 7 g per il clorambucil e di 80 g per la
ciclofosfamide, quindi decisamente superiori a quelle
impiegate nello schema terapeutico di associazione. Di
fatto, negli studi Italiani, la morbidità riportata con la terapia di associazione era inferiore al 10%, tuttora non sono
stati riferiti casi di morte attribuibili all’immunosoppressione e non è stata segnalata un’aumentata incidenza di neoplasie (34). Il trattamento di 3 mesi con 0.2 mg/kg/die di
clorambucil o con 2.0 mg/kg/die di ciclofosfamide può
però esitare in azoospermia, per cui nel paziente giovane è
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
indicata la raccolta e conservazione del liquido seminale
prima di iniziare la terapia.
La considerazione del rapporto rischio/beneficio del trattamento assume importanza particolarmente rilevante in
presenza di età avanzata e di insufficienza renale. Nel
paziente di età superiore ai 65 anni, la terapia di associazione ottiene gli stessi risultati favorevoli descritti nei più giovani, ma comporta una incidenza decisamente superiore di
tossicità iatrogena (51). Nell’anziano, pertanto, possono
valere gli stessi orientamenti terapeutici del paziente di età
inferiore, riducendo però il dosaggio del clorambucil e
della ciclofosfamide, e praticando un accurato monitoraggio durante il trattamento. La presenza di insufficienza
renale è un’altra condizione che aumenta sensibilmente
l’incidenza e la severità degli effetti collaterali, che in alcuni studi della letteratura arrivano ad interessare il 100% dei
pazienti. In aggiunta, l’efficacia della terapia diminuisce
con l’aggravarsi del danno renale. Pertanto, la reale utilità
del trattamento deve esser valutata sulla base dei valori di
creatininemia, dell’aspetto ecografico dei reni e della severità delle lesioni istologiche in termini di alterazioni tubulointerstiziali e di sclerosi glomerulare (52). Anche in questo caso nei pazienti destinati al trattamento è richiesta una
riduzione delle dosi dei farmaci impiegati.
In presenza di controindicazioni allo schema di associazione, la somministrazione di ACTH 2 volte a settimana
per un anno costituisce un trattamento alternativo, in quanto ottiene remissione della SN in elevata percentuale di
pazienti ed è ben tollerato. La ciclosporina costituisce una
ulteriore alternativa terapeutica, con particolare indicazione
per i pazienti con SN severa, persistente dopo sospensione
della terapia di associazione. La risposta ottimale alla ciclosporina richiede un trattamento di almeno un anno (53), al
termine del quale la sospensione deve avvenire gradualmente (0.5 mg/kg/die al mese) per prevenire la comparsa di
recidive della SN. Il principale limite del trattamento con
ciclosporina è rappresentato dalla sua nefrotossicità, che
tuttavia è un evento raro con somministrazioni giornaliere
di circa 4 mg/kg/die, ed è insolito nei pazienti con funzione renale normale e in assenza di fibrosi interstiziale o sclerosi glomerulare estese.
Infine, per quanto riguarda le proposte terapeutiche alternative a questi schemi più consolidati, rappresentate da
micofenolato mofetile, tacrolimus e rituximab, non esistono ancora in letteratura dati sufficienti per stabilire un effettivo ruolo di questi agenti nel trattamento della NM.
Applicabilità
Non vi è motivo per ritenere che i dati ottenuti dall’esame degli RCT internazionali meritino una particolare rivalutazione per una loro applicazione ai pazienti Italiani con
nefropatia membranosa idiopatica. D’altra parte gli studi
principali sono costituiti da RCT multicentrici effettuati in
Italia e, pertanto, le evidenze sopra riportate sono ovviamente applicabili ed utilizzabili nella nostra popolazione.
Implicazioni per la ricerca
Lo studio multicentrico Italiano del 1995 ha dimostrato
che nei pazienti con NM e SN, la somministrazione di
metilprednisolone alternato ai citotossici per 6 mesi, ottiene ottimi risultati, che si confermano anche nel lungo termine (29). L’utilizzo dei citotossici ha, tuttavia, suscitato
pareri controversi, e ha stimolato la ricerca di nuovi schemi
di trattamento. L’ACTH rappresenta una delle più recenti
proposte terapeutiche alternative. La prima segnalazione
dell’efficacia di questo agente nei pazienti con NM e SN
risale ad uno studio non controllato del 1999 (54), che
dimostrava che il trattamento con ACTH otteneva un significativo miglioramento del profilo lipoproteico, della proteinuria e della funzione renale. Questi primi risultati favorevoli sono stati successivamente confermati da un piccolo
studio non controllato pubblicato nel 2004 (55), e da un
RCT multicentrico Italiano del 2006 (45). Tali risultati, se
confermati su casistiche più ampie e con periodi di osservazione più prolungati, potrebbero identificare in questo
agente una valida alternativa terapeutica allo schema di
associazione. Per tale motivo è stata proposta, a numerosi
centri Nefrologici Italiani, la partecipazione alla estensione
di questo studio, e appare questa la giusta occasione per rinnovare l’invito.
Altre Linee Guida
La letteratura Scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di
opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali. Le Linee Guida basate sulle evidenze purtroppo non sono molte, in quanto vi sono pochi RCT adeguatamente dimensionati. In Tabella V si accludono le raccomandazioni di due Linee Guida (56, 57).
Indirizzo degli Autori:
Dr.ssa Patrizia Passerini
Fondazione Ospedale Maggiore
Policlinico Mangiagalli e Regina Elena
U.O. di Nefrologia e Dialisi-Pad. Croff
Via della Commenda, 15
20122 Milano
e-mail: [email protected]
S27
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
Bibliografia
1. Row PG, Cameron JS, Turner DR, et al. Membranous
Nephropathy. Long-term follow-up and association with neoplasia. Q J Med 1975; 174: 207-39.
2. Honkanen E. Survival in idiopathic membranous glomerulonephritis. Clin Nephrol 1986; 25: 122-8.
3. MacTier R, Boulton-Jones JM, Payton CD, McLay A. The natu
ral history of membranous nephropathy in the West of Scotland.
Q J Med 1986; 60: 793-802.
4. Schieppati A, Mosconi L, Perna A, et al. Prognosis of untreated
patients with idiopathic membranous nephropathy. N Engl J Med
1993; 329: 85-9.
5. du Buf-Vereijken PW, Branten AJ, Wetzels JF. Idiopathic membranous nephropathy: outline and rationale of a treatment strategy. Am J Kidney Dis 2005; 46: 1012-29.
6. Passerini P, Pasquali S, Cesana B, Zucchelli P, Ponticelli C.
Long-term outcome of patients with membranous nephropathy
after complete remission of proteinuria. Nephrol Dial Transplant
1989; 4: 525-9.
7. Troyanov S, Wall CA, Miller JA, Scholey JW, Cattran DC.
Toronto Glomerulonephritis Registry Group. Idiopathic membranous nephropathy: definition and relevance of a partial remission. Kidney Int 2004; 66: 1199-205.
8. Cattran DC, Pei Y, Greenwood CM, Ponticelli C, Passerini P,
Honkanen E. Validation of a predictive model of idiopathic membranous nephropathy: its clinical and research implication.
Kidney Int 1997; 51: 901-7.
9. Ponticelli C, Passerini P. Membranous nephropathy. In: Ponticelli
C, Glassock RJ, eds. Treatment of primary glomerulonephritis.
New York: Oxford University Press, 1997; p. 147-85.
10. Black DAK, Rose G, Brewer DB. Controlled trial of prednisone
in adult patients with the nephrotic syndrome. Br Med J 1970; 3:
421-6.
11. Medical Research Council Working Party. Controlled trial of
azathioprine and prednisone in chronic renal disease. BMJ 1971;
2: 239-41.
12. Donadio JV, Holley KE, Anderson CF, Taylor WE. Controlled
trial of cyclophosphamide in idiopathic membranous nephropathy. Kidney Int 1974; 6: 431-9.
13. Lagrue G, Bernard D, Bariety J, Druet P, Guenel J. Traitement par
le chlorambucil et l'azathioprine dans les glomerulonephrites primitives: resultats d'une ètude controlèe. J Urol Nephrol 1975; 9:
655-72.
14. Silverberg DS, for the Western Canadian Glomerulonephritis
Study Group. Controlled trial of azathioprine in the nephrotic
syndrome secondary to idiopathic membranous glomerulonephritis. Can Med Assoc J 1976; 115: 1209-13.
15. Coggins CH, for the Collaborative Study of the Adult Idiopathic
Nephrotic Syndrome. A controlled study of short-term prednisone treatment in adults with membranous nephropathy.
Collaborative Study of the Adult Idiopathic Nephrotic
Syndrome. N Engl J Med 1979; 301: 1301-6.
16. Tiller DJ. A prospective randomized trial in the use of cyclophosphamide, dipyridamole and warfarin in membranous and
mesangiocapillary glomerulonephritis. In: Zurukzoglu W,
Papadimitriou M, Pyrpasopoulos M, Sion M, Zamboulis C, eds
Proc 8th Int Cong Nephrol, University Studio and Karger,
Tessaloniki and Basel 1981; p. 345-54.
17. Ponticelli C, Zucchelli P, Imbasciati E, et al. Controlled trial of
methylprednisolone and chlorambucil in idiopathic membranous
nephropathy. N Eng J Med 1984; 310: 946-50.
18. West ML, Jindal KK, Bear RA, Goldstein MB. A controlled trial
of cyclophosphamide in patients with membranous nephropathy.
Kidney Int 1987; 32: 579-84.
19. Cameron JS. The MRC Trial of Prednisolone in Membranous
Nephropathy. The Working Party of the UK MRC
Glomerulonephritis Registry. Nephrol Dial Transplant 1988; 3:
A507. (abs)
20. Cattran DC, Delmore T, Roscoe J, et al. A randomized controlled
S28
21.
22.
23.
24.
25.
26.
27.
28
29
30
31.
32.
33.
34.
35.
36.
37.
trial of prednisone in patients with idiopathic membranous nephropathy. N Engl J Med 1989; 320: 210-5.
Ponticelli C, Zucchelli P, Passerini P, et al. A randomized trial of
methylprednisolone and chlorambucil in idiopathic membranous
nephropathy. N Eng J Med 1989; 320: 8-13.
Cameron JS, Healy MJR, Adu D. The Medical Research Council
Trial of short-term high-dose alternate day prednisolone in idiopathic membranous nephropathy with nephrotic syndrome in
adults. Q J Med 1990; 74: 1313-56.
Ponticelli C, Zucchelli P, Passerini P, Cesana B, and the Italian
Idiopathic Membranous Nephropathy Treatment Study Group.
Methylprednisolone plus chlorambucil as compared with methylprednisolone alone for the treatment of idiopathic membranous
nephropathy. New Engl J Med 1992; 327: 599-603.
Falk RJ, Hogan SL, Muller KE, Jennette JC, and the Glomerular
Disease Collaborative Network. Treatment of progressive membranous glomerulopathy. A randomized trial comparing cyclophosphamide and corticosteroids with corticosteroids alone. Ann
Intern Med 1992; 116: 438-45.
Murphy BF, McDonald I, Fairley KF, Kincaid-Smith PS.
Randomized controlled trial of cyclophosphamide, warfarin and
dipyridamole in idiopathic membranous glomerulonephritis.
Clin Nephrol 1992; 37: 229-32.
Pahari DK, Das S, Dutta BN, Banerjee D. Prognosis and management of membranous nephropathy. J Assoc Physicians India
1993; 41: 350-1.
Ahmed S, Rahman M, Alam MR, et al. Methylprednisolone plus
chlorambucil as compared with prednisolone alone for the treatment of idiopathic membranous nephropathy - A preliminary
study. Bangladesh Ren J 1994: 13: 51-4.
Reichert LJ, Huysmans FT, Assmann K, Koene RA, Wetzels JF.
Preserving renal function in patients with membranous nephropathy: daily oral chlorambucil compared with intermittent
monthly pulses of cyclophosphamide. Ann Intern Med 1994;
121: 328-33.
Ponticelli C, Zucchelli P, Passerini P, et al. A 10-year follow-up
of a randomized study with methylprednisolone and chlorambucil in membranous nephropathy. Kidney Int 1995; 48: 1600-4.
Braun N, Erley C, Benda N, et al. Therapy of membranous glomerulopathy with nephrotic syndrome. 5 years follow-up of a
prospective, randomized multi-center study. Nephrol Dial
Transplant 1995; 10: A967.
Braun N, Erley C, Benda N, et al. Therapy of membranous glomerulopathy with nephrotic syndrome. 5 years follow-up of a
prospective, randomized multi-center study. Clin Nephrol 1995;
44: A413.
Cattran DC, Greenwood C, Ritchie S, et al. Controlled trial of
cyclosporin in patients with progressive membranous nephropathy. Kidney Int 1995; 7: 1130-5.
Branten JW, Reichert LJ, Koene AP, Wetzels JF.
Cyclophosphamide is superior to chlorambucil in the treatment
of patients with membranous nephropathy and renal insufficiency (abstract). J Am Soc Nephrol 1997; 8: A82.
Ponticelli C, Altieri P, Scolari F, et al. A randomized study comparing methylprednisolone plus chlorambucil versus methylprednisolone plus cyclophosphamide in idiopathic membranous
nephropathy. J Am Soc Nephrol 1998; 9: 444-50.
Branten AJ, Reichert LJ, Koene AP, Wetzels JF. Oral cyclophosphamide versus chlorambucil in the treatment of patients with
membranous nephropathy and renal insufficiency. Q J Med 1998;
91: 359-62.
Cattran DC, Pohl M, Maxwell D, et al. Randomized controlled
trial of cyclosporine vs placebo in steroid resistant, nephrotic
patients with membranous nephropathy. J Am Soc Nephrol 1998;
9: A85.
Pisoni R, Grinyo JM, Salvadori M, et al. Cyclosporine versus
conservative therapy in patients with idiopathic membranous
nephropathy (IMN) and deteriorating renal function: results of
Terapia della nefropatia membranosa idiopatica
the CYCLOMEN trial. J Am Soc Nephrol 2000; 11: A95.
38. Jha V, Kohli HS, Sud K, et al. Randomized controlled trial of steroids and cyclophosphamide in adults with idiopathic membranous nephropathy. J Am Soc Nephrol 2001; 12: A213.
39. Cattran DC, Appel GB, Hebert LA, et al. Cyclosporine in
patients with steroid-resistant membranous nephropathy: a randomized trial. Kidney Int 2001; 59: 1484-90.
40. Dyadyk AL, Bagriy AE, Yarovaya NF, Dyadyk LA. Results of
long-term randomised study of immunosuppressive treatment of
patients with idiopathic membranous glomerulonephritis.
Nephrol Dial Transplant 2001; 16: A64
41. Branten AJW, du Buf-Vereijken PW, Wetzels JF. Defining the
optimal time of treatment start in patients with membranous
nephropathy: a randomized study. J Am Soc Nephrol 2002; 13:
A668
42. Sahay M, Anuradha, Narayen G. Ponticelli regimen for membranous nephropathy - do indians respond differently? Indian J
Nephrol 2002; 12: A180.
43. Gopal KA, Sahay M, Raman A, Narayen G. Ponticelli regime for
membranous nephropathy - do Indians respond differently?
Nephrol Dial Transplant 2003; 18: A615.
44. Michail S, Filiopoulos V, Kosmadakis G, et al. Comparison of three
regimens in patients with idiopathic membranous nephropathy
(IMN) associated with nephrotic syndrome (NS). ERA - EDTA
Congress, May 15 - 18, 2004, Lisbon, Portugal 2004; p. 34.
45. Ponticelli C, Passerini P, Salvadori M, et al. A randomized pilot
trial comparing methylprednisolone plus a cytotoxic agent versus
synthetic adrenocorticotropic hormone in idiopathic membranous nephropathy. Am J Kidney Dis 2006; 47: 233-40.
46. Imperiale TF, Goldfarb S, Berns JS. Are cytotoxic agents beneficial in idiopathic membranous nephropathy? A meta-analysis of
the controlled trials. J Am Soc Nephrol 1995; 5: 1533-58.
47. Hogan SL, Muller KE, Jenette C, Falk RJ. A review of therapeutic studies of idiopathic membranous glomerulopathy. Am J
Kidney Dis 1995; 25: 862-75.
48. Perna A, Schieppati A, Zamora J, Giuliano GA, Braun N,
Remuzzi G. Immunosuppressive treatment for idiopathic membranous nephropathy: a systematic review. Am J Kidney Dis
2004; 44: 385-401.
49. Ordonez JD, Hiatt RA, Killebrew EJ, Fireman BH. The increased
risk of coronary heart disease associated with nephrotic syndrome. Kidney Int 1993; 44: 638-42.
50. Sarasin FP, Schifferli JA. Prophylactic oral anticoagulation in
nephrotic patients with idiopathic membranous nephropathy.
Kidney Int 1994; 45: 169-74.
51. Passerini P, Como G, Viganò E, et al. Idiopathic membranous
nephropathy in the elderly. Nephrol Dial Transplant 1993; 8:
1321-5.
52. Brunkhorst R, Wrenger E, Koch KM. Low-dose prednisolone/
chlorambucil therapy in patients with severe membranous glomerulonephritis. Clin Invest 1994; 72: 277-82.
53. Fritsche L, Budde K, Faber L, et al. Treatment of membranous
glomerulopathy with cyclosporin A: how much patience is required? Nephrol Dial Transplant 1999; 14: 1036-8.
54. Berg AL, Nilsson-Ehle P, Arnadottir R. Beneficial effects of
ACTH on the serum lipoprotein profile and glomerular function
in patients with membranous nephropathy. Kidney Int 1999; 56:
1534-43.
55. Picardi L, Villa G, Galli F, et al. ACTH therapy in nephrotic
syndrome induced by idiopathic membranous nephropathy. Clin
Nephrol 2004; 62: 403-4. (letter)
56. Muirhead N. Management of idiopathic membranous nephropathy: Evidence-based recommendations. Kidney Int 1999; 55
(Suppl.): S47-55.
57. Cagnoli L, Fuiano G, Imbasciati E, et al., per la Società Italiana
di Nefrologia. Linee Guida sulle indicazioni ed esecuzione della
biopsia renale percutanea e sulla terapia delle nefropatie glomerulari. G Ital Nefrol 2003; (Suppl. 24): S3-47.
S29
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S30-S49
Terapia delle glomerulonefriti
Terapia immunosoppressiva e non
immunosoppressiva della glomerulonefrite a
depositi mesangiali di IgA: Linea Guida
C. Pozzi, C. Manno, P. Passerini, G.F.M. Strippoli, A. Lupo, P. Stratta, L. CagnoliBrescia, Brescia
Immunosuppressive and non-immunosuppressive agents for patients with IgA
nephropathy: guideline from the Italian Society of Nephrology
Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In
the present guideline, evidence of the use of immunosuppressive and non-immunosuppressive treatments in IgA nephropathy (IgAN) is presented.
Methods. SR of RCT and RCT on treatment in patients with IgAN were identified referring to a Cochrane Library and Renal
Health Library search (2005 update). Quality of SR and RCT was assessed according to current methodological standards.
Results. Two SR of RCT (13 and 3 RCT, respectively), and 18 further RCT were available to address this issue.
Methodological quality of available trials was suboptimal. In patients with IgAN and normal or mildly impaired renal function, steroids significantly delay the progression to end stage kidney disease (evidence from SR) and improve proteinuria.
Associating steroids and cytotoxic agents (cyclophosphamide followed by oral azathioprine) proves effective in patients with
rapidly progressive renal disease (evidence from RCT). Angiotensin converting enzyme inhibitors and angiotensin II receptor blockers significantly improve proteinuria (evidence from RCT), but there are no conclusive data on efficacy on hard
patient level endpoints. There are no conclusive data available on the use of a therapy combining these agents.
Conclusion. In IgAN patients current evidence supports the hypothesis that immunosuppressive agents delay the progression to end stage renal disease. Further studies are necessary to test this hypothesis in selected patient populations. (G Ital
Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S30-49)
KEY WORDS: Immunosuppressive agent, Non-immunosuppressive agents, IgA nephropathy
PAROLE CHIAVE: Farmaci immunosoppressori, Farmaci non-immunosoppressori, Nefropatia da IgA
LINEA GUIDA
Nei pazienti affetti da glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA con funzione renale normale o lievemente ridotta
vi è evidenza che la terapia con corticosteroidi (rispetto al non trattamento) è in grado di rallentare la progressione verso
l’uremia terminale o “end stage renal disease” (ESRD) e il relativo trattamento sostitutivo con dialisi o trapianto renale e
di ridurre stabilmente la proteinuria (livello di evidenza 1). Non è documentata l’efficacia degli steroidi nei pazienti con
insufficienza renale avanzata. L’associazione ai corticosteroidi di agenti citotossici, quali la ciclofosfamide seguita dall’azatioprina per via orale, si è dimostrata efficace nei pazienti con rapida progressione del danno renale (livello 2). Non è
stata ancora documentata l’efficacia di altri immunosoppressori, quali micofenolato mofetile e ciclosporina.
La terapia con ACE-inibitori e antagonisti recettoriali dell’angiotensina è in grado di ridurre significativamente la
proteinuria (livello 2), ma non vi sono dati conclusivi a lungo termine sulla progressione della malattia renale. Non è
possibile formulare una raccomandazione sull’associazione tra queste due classi farmacologiche, in quanto mancano
evidenze conclusive.
La fluvastatina sembrerebbe in grado di rallentare la proteinuria (livello 2), mentre non vi sono dati sulla sua utilità nel rallentare la progressione del danno renale. Non vi sono evidenze sull’efficacia di altre terapie, quali acidi grassi omega 3, vitamina E e tonsillectomia.
S30
© Società Italiana di Nefrologia
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
Premesse
La glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA è la
forma più comune di glomerulonefrite al mondo. La sua
frequenza è più elevata in Asia (29%), rispetto ad altre aree
geografiche (Australia 12%; Europa 10.7%, Nord America
5%). In Italia essa rappresenta circa il 20% delle diagnosi
istologiche renali, con una incidenza di circa 11 nuovi casi
per milione di abitanti (550 nuovi casi/anno).
L’aspetto più caratteristico di questa glomerulonefrite è
la deposizione a livello mesangiale della immunoglobulina A. Sembra dimostrato che l’esposizione a diversi antigeni possa indurre una produzione abnorme di IgA a
livello delle mucose e del midollo. La presenza di alcune
anomalie delle IgA prodotte, soprattutto una ridotta glicosilazione, favorisce la formazione di IgA polimeriche e di
anticorpi anti-IgA, con successiva deposizione di questi
immunocomplessi a livello mesangiale. La conseguente
produzione di citochine, chemochine e fattori di crescita
porta all’instaurarsi delle lesioni renali e della loro progressione verso l’insufficienza renale cronica. La storia
naturale di questa glomerulonefrite è molto variabile:
circa il 23% dei pazienti va in remissione (1), mentre il
60% presenta un quadro di insufficienza renale cronica
(in trattamento dialitico nella metà dei casi) dopo 20 anni
(2-5). Tra i fattori prognostici sfavorevoli presenti al
momento della diagnosi i più importanti sono costituiti
da: funzione renale ridotta, valori pressori elevati, proteinuria > 1 g/die e quadro istologico caratterizzato da
importante sclerosi glomerulare e/o fibrosi interstiziale. I
lavori della letteratura, pertanto, mostrano sopravvivenze
renali a 10 anni molto diverse, comprese fra il 67 ed il
94%, a seconda del peso di questi fattori prognostici nelle
singole casistiche (2, 6-10).
Il registro dell’EDTA documenta che la glomerulonefrite
a depositi di IgA rappresenta in Europa l’1.5% di tutte le
cause che conducono all’uremia terminale o “end stage
renal disease” (ESRD); in Italia l’incidenza di nuovi
pazienti in un programma di trattamento sostitutivo è stata
stimata attorno a 1.8 casi per milione di abitanti all’anno, e
quindi circa 90/100 persone inizierebbero la dialisi ogni
anno in Italia per questa nefropatia.
I trattamenti messi in atto nel corso degli anni sono
stati molteplici. Probabilmente nessuna glomerulonefrite ha registrato un maggior numero di tentativi terapeutici con risultati spesso discordanti. Negli ultimi anni
sono state pubblicate diverse raccomandazioni (1, 11,
12); l’attenzione si è indirizzata soprattutto sulla terapia
immunosoppressiva con corticosteroidi, agenti citotossici (ciclofosfamide, azatioprina, micofenolato mofetile) e
ciclosporina, farmaci ad azione sul sistema reninaangiotensina (ACE-inibitori e antagonisti recettoriali
dell’angiotensina II), acidi grassi omega 3, vitamina E,
fluvastatina e tonsillectomia. Lo scopo di questa Linea
Guida è quello di fornire delle raccomandazioni basate
sulle evidenze di livello 1 e 2 circa la terapia dei pazienti affetti da glomerulonefrite a depositi di IgA.
Strategie di ricerca bibliografica
La ricerca è stata fatta utilizzando la stringa “Randomized
controlled trials” (IgA Nephropathy, Glomerulonephritis
IgA, Berger) in Medline, “International IgA Nephropathy
Network”, e con il ricorso alla “Renal Health Library”
(http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più
aggiornato elenco degli studi randomizzati e controllati
prodotti in Nefrologia, Dialisi e Trapianto. Questo elenco
deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline,
Embase, da numerosi database di studi clinici e dalla ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi
di interesse nefrologico e nelle pagine di bibliografia di
revisioni sistematiche di tipo Cochrane. Infine, la ricerca
bibliografica è stata completata manualmente, facendo uso
di riviste Scientifiche, Atti Congressuali ed altre Linee
Guida.
Evidenza disponibile
Descrizione degli studi
Grazie alla strategia di ricerca bibliografica sono state
individuate e valutate una revisione sistematica Cochrane
(13), comprendente 13 trials randomizzati e controllati
(RCT) con quesito specifico sulla terapia immunosoppressiva con corticosteroidi e agenti citotossici/ciclosporina e
una meta-analisi non Cochrane (14), comprendente 3 RCT
e 2 non RCT con quesito sulla terapia con acidi grassi
omega 3 (fish oil). Inoltre sono stati individuati altri 18
RCT non inclusi nella revisione Cochrane e nella metaanalisi non-Cochrane; tali studi valutavano altre terapie
immunosoppressive (micofenolato mofetile), la terapia con
farmaci inibenti il sistema renina-angiotensina (ACE-inibitori e antagonisti recettoriali dell’angiotensina) e altri farmaci, quali acidi grassi omega 3, fluvastatina, vitamina E,
con un numero complessivo di 1623 pazienti (Tab. I).
Revisione Cochrane. I corticosteroidi sono stati impiegati in 7 RCT (15-22), per un totale di 345 pazienti; 5 studi
includevano anche pazienti con iniziale insufficienza renale
ed uno studio solo pazienti con sindrome nefrosica; il disegno dello studio in una casistica pediatrica era di tipo crossover. Gli agenti citotossici (ciclofosfamide o azatioprina),
in associazione ai corticosteroidi, sono stati impiegati in 5
RCT (23-27), per un totale di 259 pazienti; uno studio comprendeva pazienti con insufficienza renale progressiva. La
ciclosporina è stata utilizzata in uno studio (28) comprendente 19 pazienti con funzione renale normale.
Altre terapie immunosoppressive. Il micofenolato è
S31
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
stato impiegato in 4 RCT (29-32), per un totale di 168
pazienti; uno studio includeva pazienti con riduzione della
funzione renale.
Farmaci inibenti il sistema renina-angiotensina. Gli
ACE-inibitori e gli antagonisti recettoriali dell’angiotensina sono stati impiegati in 8 RCT (33-40), per un totale di
374 pazienti; in 5 studi i pazienti arruolati avevano tutti una
funzione renale normale, mentre in 3 erano inclusi anche
pazienti con riduzione della funzione renale; il disegno era
di tipo crossover in 2 studi.
Altre terapie. Gli acidi grassi omega 3 sono stati utilizzati in 7 studi (41-47), per un totale di 373 pazienti; 3 studi
comprendevano pazienti con funzione renale ridotta. Tre di
questi studi (41, 44, 46) erano inclusi in una meta-analisi
non-Cochrane (14). La vitamina E è stata impiegata in uno
studio (48) comprendente 55 pazienti. La fluvastatina è
stata utilizzata in uno studio (49) comprendente 30 pazienti pediatrici con funzione renale normale e lesioni istologiche modeste.
Qualità degli studi. La qualità degli studi è stata definita in 32 RCT in base alla metodologia utilizzata dalla
Cochrane (Tab. II), che prevede una valutazione del metodo di segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”), dell’utilizzo del cieco (“blinding”), dell’analisi
per intenzione al trattamento (“intention-to-treat analysis”)
e delle perdite al follow-up (“lost to follow-up”). Il metodo
di randomizzazione è risultato adeguato soltanto in 4 RCT
(32, 37, 38, 40). Sette studi sono stati condotti in doppio
cieco (16, 32, 33, 37, 40, 44, 48). L’utilizzo dell’analisi per
intenzione al trattamento era specificato da 10 Autori (21,
24, 26, 28, 32, 35, 37, 38, 46, 48). La percentuale di pazienti persi al follow-up era compresa fra 0 e 49%.
Analisi statistica. I risultati dell’analisi statistica sono
riportati come differenza pesata fra le medie [“weighted
mean difference” (WMD)] con intervalli di confidenza (IC)
al 95% per gli outcomes continui, quali proteinuria, creatininemia e filtrato glomerulare (Tab. III), come rischio relativo [“relative risk” (RR)] con IC al 95% e differenza di
rischio per gli outcomes dicotomici, quali ESRD, raddoppio o aumento del 50% della creatininemia di base (Tab.
IV).
Risultati
Terapia immunosoppressiva (corticosteroidi da
soli o in associazione con agenti citotossici/ciclosporina)
La revisione sistematica Cochrane, pubblicata nel 2005
(13) ha valutato l’efficacia di tali farmaci in 13 RCT, che
includevano un totale di 623 pazienti. I gruppi sperimentali usavano steroidi (7 RCT), agenti citotossici o ciclosporina (3 RCT) o associazione tra steroidi e agenti citotossici (3
RCT). Il confronto era effettuato con il placebo, con il non
S32
trattamento o con warfarin/dipiridamolo. Non vi erano
RCT che confrontavano direttamente gli steroidi con gli
agenti citotossici. Gli Autori di questa revisione concludono che la terapia ottimale è incerta, in quanto gli RCT identificati erano piccoli, di qualità metodologica in genere non
ottimale per quanto riguarda “allocation concealment”,
“blinding”, “intention-to-treat analysis” e “lost to followup”. Nonostante queste limitazioni, i risultati ottenuti sembrano indicare l’utilità della terapia immunosoppressiva, e
in particolare degli steroidi, per tutti gli outcomes considerati. Il trattamento con steroidi era associato ad una riduzione del rischio di progressione sia verso l’ESRD (RR 0.44;
IC 95% da 0.25 a 0.80), che verso il raddoppio della creatininemia (RR 0.45; IC 95% da 0.29 a 0.69); inoltre era
associato ad una riduzione della proteinuria (WMD -0.49
g/die; IC 95% da -0.72 a -0.25). L’associazione steroidi e
citotossici non dimostrava effetti evidenti sul rischio di progressione verso l’ESRD (RR 0.59; IC 95% da 0.06 a 6.03);
soltanto un RCT (26) mostrava una riduzione del rischio in
pazienti selezionati sulla base di una rapida progressione
del danno renale (RR 0.27; IC 95% da 0.11 a 0.66). La
riduzione della proteinuria era invece evidente nel trattamento con citotossici o ciclosporina senza steroidi (WMD
-0.94 g/die; IC 95% da -1.43 a -0.46). In definitiva, l’elevata mortalità renale (ESRD e raddoppio della creatininemia)
dei pazienti non trattati sembra suggerire l’utilità di questa
terapia nei pazienti ad alto rischio di progressione. Non è,
invece, chiaro se vi siano benefici nel lungo termine (sono
pochi gli studi con un follow-up adeguato), quando la terapia venga impiegata nelle fasi precoci della malattia.
Inoltre, non è chiaro se il trattamento possa essere indicato
nei pazienti a basso rischio di progressione.
Terapia immunosoppressiva con micofenolato
mofetile
Il micofenolato mofetile è stato impiegato in 4 RCT pubblicati dal 2002 al 2005 (29-32), per un totale di 168
pazienti; uno studio includeva pazienti con riduzione della
funzione renale. Gli studi disponibili non hanno ancora
chiarito se il micofenolato sia in grado di ridurre significativamente la proteinuria; sembra, invece, documentata la
sua inefficacia nel rallentare la progressione verso l’ESRD
(livello 2).
Terapia con ACE-inibitori e antagonisti recettoriali
dell’angiotensina
Sono stati pubblicati 8 RCT dal 1994 al 2005 sulla terapia con ACE-inibitori e antagonisti recettoriali dell’angiotensina (33-40). Gli studi dimostrano che questi farmaci
sono in grado di ridurre significativamente la proteinuria;
questo effetto è potenziato quando le due classi farmacologiche vengono impiegate in associazione e sembra permanere anche in presenza di una riduzione funzionale renale
N. pazienti
(età)
Disegno
dello studio
RCT crossover
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
20
bambini
35)
(15-62 anni)
Katafuchi R, 2003 (9)
103
(Review Cochrane)
(20-45 anni)
86
(15-69 anni)
Julian BA, 1993 (17)
(Review Cochrane)
Kobayashi Y, 1996 (18)
46
(Review Cochrane)
(23-43 anni)
21
(15-55 anni)
Welch TR, 1992 (16)
(Review Cochrane)
Pozzi C, 1999 (21)
(Review Cochrane)
Shoji T, 2000 (19)
(Review Cochrane)
RCT
34
(14-42 anni)
Lai KN, 1986 (15)
(Review Cochrane)
Terapia immunosoppressiva: Corticosteroidi
Autore ed anno
Policentrico
(Italia)
Monocentrico,
Fukuoka (Giappone)
Monocentrico,
Osaka (Giappone)
Monocentrico,
Kanagawa
(Giappone)
Policentrico
(USA)
Monocentrico,
Cincinnati
(USA)
Policentrico
(2 Centri),
Hong Kong (Cina)
Sede
Proteinuria
1.0-3.5 g/die,
creatininemia
< 1.6 mg/dL
Creatininemia
< 1.6 mg/dL
Proteinuria
< 1.5 g/die,
creatininemia
< 1.5 mg/dL,
proliferazione mesangiale
> 50% dei glomeruli
Proteinuria
1.0-2.0 g/,
GFR > 70 mL/min,
score istologico > 7
GFR > 25 mL/
min/1.73 m2
Creatininemia
< 1.6 mg/dL,
assenza di
ipertensione
Sindrome
nefrosica
Caratteristiche
dei partecipanti
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI
Metilprednisolone 3 boli
ev ogni 2 mesi
e prednisone 0.5
mg/kg/dì alterni
per 6 mesi
43 pazienti
Prednisolone
20-5 mg/die +
Dipiridamolo 150-300
mg/die per 24 mesi
45 pazienti
Prednisolone
0.8-0.4 mg/kg/die
per 1 mese, poi
10 mg/dì alterni
per 11 mesi
11 pazienti
Prednisolone 40 mg/die
per 4 mesi
20 pazienti
Prednisone 60 mg/dì
alterni per 3 mesi
17 pazienti
Prednisone
2.0 mg/kg/die
per 2 settimane,
poi a dì alterni per
11 settimane
Prednisolone
40-60 mg/die per
2 mesi, poi metà
dose per 2 mesi
17 pazienti
Intervento
sperimentale
43 pazienti
Nessuna terapia
48 pazienti
Dipiridamolo 150-300
mg/die per 24 mesi
10 pazienti
Dipiridamolo
300 mg/die
per 12 mesi
Nessun
trattamento
26 pazienti
Nessun
trattamento
18 pazienti
Placebo
17 pazienti
Nessun
trattamento
Intervento
di controllo
60
60
12
120
12
3
38
Follow-up
(mesi)
Commenti
segue
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
S33
S34
Disegno
dello studio
RCT
N. pazienti
(età)
86
(15-69 anni)
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
52
adulti
78
bambini
38
adulti
43
(13-63 anni)
Walker RG, 1990 (23)
(Review Cochrane)
Yoshikawa N, 1999 (25)
(Review Cochrane)
Ballardie FW, 2002 (26)
(Review Cochrane)
Harmankaya O,
2002 (27)
(Review Cochrane)
Woo KT, 1987 (24)
(Review Cochrane)
48
(15-35 anni)
Terapia immunosoppressiva: Citotossici
Pozzi C, 2004 (22)
(Review Cochrane)
Autore ed anno
Monocentrico,
Manchester (UK)
Policentrico
(Giappone)
Policentrico
(Italia)
Sede
Funzione renale
normale
Creatininemia
> 1.5 mg/dL
Proliferazione
mesangiale in più
dell’80% dei glomeruli
Proteinuria
1.0-3.5 gr/die,
creatininemia
< 1.6 mg/dL
Caratteristiche
dei partecipanti
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue)
27 pazienti
Nessun
trattamento
Nessuna terapia
43 pazienti
Nessuna terapia
Intervento
di controllo
Prednisolone
40 mg/die +
Azatioprina
100 mg/die per 4 mesi
21 pazienti
Prednisolone
40-10 mg/die
per 6 anni +
Ciclofosfamide
1.5 mg/kg/die per
3 mesi, poi Azatioprina
1.5 mg/kg/die per 2-6 anni
19 pazienti
22 pazienti
Nessun
trattamento
19 pazienti
Nessun
trattamento
Prednisone
Eparina, warfarin,
2 mg/kg/die per 4
dipiridamolo 5
settimane poi a
mg/kg/die (per 2 anni)
scalare, Azatioprina
2 mg/kg/die,
eparina, warfarin,
dipiridamolo
5 mg/kg/die (per 2 anni)
40 pazienti
38 pazienti
Ciclofosfamide
1-2 mg/kg/die per
6 mesi + dipiridamolo
e warfarin per 24 mesi
25 pazienti
Ciclofosfamide
1.5 mg/kg/die
per 6 mesi + dipiridamolo
300 mg/die per 36 mesi
Metilprednisolone
3 boli ev ogni
2 mesi e prednisone
0.5 mg/kg/dì alterni
per 6 mesi
43 pazienti
Intervento
sperimentale
60
24-72
24
24
120
Follow-up
(mesi)
segue
Prosecuzione dello
studio precedente
(1999)
Commenti
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
N. pazienti
(età)
19
(24-58 anni)
RCT (2:1
-MMF:
placebo)
RCT
RCT
34
(Adulti)
40
(Adulti)
32
(Adulti)
Maes BD, 2004 (30)
Tang S, 2005 (31)
Frisch G, 2005 (32)
Maschio G, 1994 (33)
44
RCT
crossover
Sede
Policentrico
(Italia)
Monocentrico,
New York (USA)
Policentrico
(2 Centri),
Hong Kong (Cina)
Monocentrico,
Leuven
(Belgio)
Monocentrico,
Beijing (Cina)
Monocentrico,
Hong Kong (Cina)
ACE-Inibitori e Antagonisti Recettoriali dell’Angiotensina
RCT
62
(Adulti)
Chen X, 2002 (29)
(abstract)
Terapia immunosoppressiva: Micofenolato Mofetile
Lai KN, 1987 (28)
(Review Cochran)
RCT
Disegno
dello studio
Terapia immunosoppressiva: Ciclosporina
Autore ed anno
Proteinuria
1.0-2.5 g/die,
funzione renale
normale e
ipertensione assente
Proteinuria
≥ 1.0 g/die
in terapia con ACE-I
o ARB,
sesso maschile o
ipertensione
Proteinuria
> 1.0 g/die dopo
blocco completo
del sistema reninaangitensina
(ACE-I o ARB)
Inulina clearance
20-70 mL/min,
e/o proteinuria
> 1.0 g/die
e/o ipertensione
arteriosa (PA ≥
140/90 mmHg)
Proteinuria
> 2.0 g/die
Creatininemia
< 355 μmol/L
Proteinuria
> 1.5 g/die
Caratteristiche
dei partecipanti
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue)
Fosinopril
20 mg/die
per 4 mesi,
poi placebo
per 4 mesi
Micofenolato
mofetile 1 g/die
per 52 settimane
17 pazienti
Micofenolato
mofetile 1.5-2.0
g/die per 24
settimane (20 pazienti)
più ACE-I o ARB
20 pazienti
Micofenolato
mofetile 2 g/die
per 36 mesi
+ ACE-I
21 pazienti
Micofenolato
0.5-1.5 g/die per
18 mesi
31 pazienti
Ciclosporina
5 mg/kg/die
per 3 mesi
9 pazienti
Intervento
sperimentale
Placebo
per 4 mesi,
poi fosinopril 20
mg/die per 4 mesi
15 pazienti
Placebo
per 52 settimane
20 pazienti
Solo ACE-I
o ARB
13 pazienti
Placebo
+ ACE-I
per 36 mesi
Prednisone
0.8 mg/kg/die
per 18 mesi
31 pazienti
10 pazienti
Placebo
Intervento
di controllo
4
16
18
36
18
6
Follow-up
(mesi)
segue
Valutazione degli
effetti sulla
proteinuria in
corso dello studio
Studio
presentato solo
come abstract
Commenti
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
S35
S36
Disegno
dello studio
RCT
RCT
RCT
crossover
RCT
RCT
RCT
N. pazienti
(età)
20
41
10
(Adulti)
263
(Adulti)
44
(Adulti)
31
(Adulti)
Remuzzi A, 1999 (34)
Woo KT, 2000 (35)
Russo D, 2001 (36)
Nakao N, 2003 (37)
Praga M, 2003 (38)
Horita Y, 2004 (39)
Autore ed anno
Pressione arteriosa
normale,
Proteinuria
1-3 g/die,
GFR > 90 mL/min
Proteinuria >
1 g/die e/o
funzione renale
ridotta
(creatininemia
> 1.4 mg/dL)
Proteinuria
0.5-4.0 g/die,
creatininemia
0.9-2.4 mg/dL
Caratteristiche
dei partecipanti
Monocentrico,
Nagasaki (Giappone)
Monocentrico,
Madrid (Spagna)
Proteinuria
0.35-0.76 g/die,
GFR > 50 mL/min,
pressione arteriosa
normale
Creatininemia
)1.5 mg/dL,
Proteinuria
≤ 0.5 g/die
Monocentrico, Varie nefropatie croniche
Showa (Giappone)
(Glomerulonefrite
a depositi di IgA
131 pazienti),
creatininemia
1.5-4.5 mg/dL,
proteinuria > 0.3 g/die
Monocentrico,
Napoli
(Italia)
Monocentrico,
(Singapore)
Policentrico (Italia)
Sede
Enalapril
20 mg/die
per 28 giorni
11 pazienti
Intervento
sperimentale
Irbesartan
100 mg/die
per 28 giorni
9 pazienti
Intervento
di controllo
Temocapril 1
mg/die + losartan
12.5 mg/die
(11 pazienti)
(Terapia di
associazione)
23 pazienti
Enalapril
5-40 mg/die
Losartan
25-100 mg/die
più trandolapril
1-3 mg/die
(88 pazienti)
(Terapia di
associazione)
Temocapril 1
mg/die (10 pazienti)
o losartan
12.5 mg/die
(10 pazienti)
(Monoterapia)
No ACE-I, (altri
antipertensivi,
se necessari)
21 pazienti
Losartan
25-100 mg/die
più placebo (89 pazienti),
oppure trandolapril
1-3 mg/die più
placebo (86 pazienti)
(Monoterapia)
Terapia combinata:
Terapia singola:
enalapril 10-20 mg
losartan 50-100 mg
più losartan 50-100 mg
(4 settimane
(4 settimane +
+ 4 settimane),
4 settimane)
poi enalapril 10-20 mg
(4 settimane + 4 settimane)
Enalapril 5-10 mg
Solo farmaci
(8 pazienti)
antiipertensivi
Losartan 50-100 mg
se necessari
(8 pazienti),
(non ACE-I/ATRA)
Enalapril +
(20 pazienti)
Losartan (5 pazienti)
per 13±5 mesi (21 pazienti)
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue)
6
76
36
2
13
1
Follow-up
(mesi)
segue
Sono incluse
varie nefropatie;
la glomerulonefrite
a depositi di IgA
rappresenta il 50%
dei pazienti
arruolati
Valutazione
degli effetti della
terapia sulla
proteinuria
in corso dello
studio
Valutazione
degli effetti sulla
proteinuria nel
breve termine
Commenti
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
RCT
57
(< 35 anni)
Coppo R, 2005 (40)
(abstract)
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
37
32
29
106
106
73
(Adulti)
Bennet WM, 1989 (41)
(Metanalisi Dillon)
Pettersson EE, 1994 (42)
(Metanalisi Dillon)
Alexopoulos E, 2001 (43)
(abstract)
Donadio JV, 1994 (44)
(Metanalisi Dillon)
Donadio JV, 1999 (45)
Donadio JV, 2001 (46)
Acidi Grassi Omega 3 (Fish Oil)
Disegno
dello studio
N. pazienti
(età)
Autore ed anno
Policentrico
(USA)
Policentrico
(USA)
Policentrico
(USA)
Monocentrico,
Thessaloniki
(Grecia)
Monocentrico,
Stoccolma
(Svezia)
Monocentrico,
Melbourne
(Australia)
Policentrico
(Europa)
Sede
Strati per valori di
creatininemia
(1.5-2.9 e 3.0-4.5 mg/dL),
per pregressa terapia
con omega3 e con steroidi
Proteinuria
* 1.0 g/die,
creatininemia
) 3.0 mg/dL
Proteinuria
* 1.0 g/die,
creatininemia
) 3.0 mg/dL
Non specificato
Proteinuria
> 0.5 g/die
Creatininemia
0.12-0.40 mmol/L
(gruppo A) o
< 0.12 mmol/L
(gruppo B)
Proteinuria
1.0 -3.5 g/die,
GFR > 50 mL/min
Caratteristiche
dei partecipanti
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue)
Omega-3”
6.7 g/die per
almeno 24 mesi
36 pazienti
“Omega-3”
3 g/die per 24 mesi
55 pazienti
Omega-3”
3 g/die per 24 mesi
55 pazienti
Fish oil (Maxepa)
6-8 g/die
14 pazienti
Omega-3”
5.5 g/die per 6 mesi
15 pazienti
Acidi grassi
“Omega-3”
3 g/die in ciascun
gruppo per 24 mesi
17 pazienti (8 A e 9 B)
Benazepril
0.2 mg/kg/die
23 pazienti
Intervento
sperimentale
“Omega-3”
3.35 g/die per
almeno 24 mesi
37 pazienti
Placebo
(olio d’oliva)
51 pazienti
Placebo
(olio d’oliva)
51 pazienti
Terapia
sintomatica
15 pazienti
Placebo (corn oil)
per 6 mesi
17 pazienti
20 pazienti
(11 A e 9 B)
Nessun
trattamento
34 pazienti
Placebo
Intervento
di controllo
40
72
24
58
6
24
44
Follow-up
(mesi)
segue
Prosecuzione dello
studio precedente
(1994), con un
certo
“mescolamento”
dei pazienti
Pazienti stratificati
in base a:
proteinuria (1.03.5 g/die o > 3.0
g/die), creatininemia (< 1.2 o > 1.2
mg/dL), ipertensione arteriosa (sì/no)
Risultati
presentati solo
come abstract
Risultati
presentati solo
come abstract
Commenti
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
S37
S38
Kano K, 2003 (49)
30
(Bambini)
Altre terapie: Fluvastatina
Chan JCM, 2003 (48)
RCT
RCT
RCT
96
55
(Bambini)
Disegno
dello studio
N. pazienti
(età)
Altre terapie: Vitamina E
Hogg RJ, 2003 (47)
(abstract)
Autore ed anno
Monocentrico,
Tokigi
(Giappone)
Policentrico
(USA)
Policentrico
(USA)
Sede
Proteinuria
0.5-2.0 g/die,
lesioni istologiche
modeste e
colesterolemia normale
Microematuria,
GFR 20-100% dei
valori normali
per l’età (< 21 anni)
GFR > 50 mL/min
proteinuria
(UP/Cr) > 0.5
Caratteristiche
dei partecipanti
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue)
Fluvastatina
20 mg/die e
dipiridamolo
5 mg/die
per 12 mesi
15 pazienti
Vitamina E
400-800 IU
per 24 mesi
27 pazienti
A: prednisone 30-60
mg/m2/dì alterni
B: Fish-oil 4.0 g/die per
24 mesi
65 pazienti
Intervento
sperimentale
15 pazienti
Dipiridamolo
5 mg/die
per 12 mesi
28 pazienti
Placebo per
24 mesi
31 pazienti
C: placebo
per 24 mesi
Intervento
di controllo
12
24
24
Follow-up
(mesi)
I risultati
(presentati solo
come abstract)
riguardano i 70
pazienti (73%),
che hanno
terminato lo studio
Commenti
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
Metodo di segretezza
della
randomizzazione
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Inadeguato
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Adeguato
Kano K, 2003 (49)
Altre terapie: Fluvastatina
Chan JCM, 2003 (48)
Altre terapie: Vitamina E
Bennet WM, 1989 (41)
Pettersson EE, 1994 (42)
Alexopoulos E, 2001 (43)
Donadio JV, 1994 e 1999 (44, 45)
Donadio JV, 2001 (46)
Acidi Grassi Omega 3 (Fish oil)
Maschio G, 1994 (33)
Remuzzi A, 1999 (34)
Woo KT, 2000 (35)
Russo D, 2001 (36)
Nakao N, 2003 (37)
Praga M, 2003 (38)
Horita Y, 2004 (39)
Coppo R, 2005 (40)
Non riportato
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Adeguato
Adeguato
Non chiaro
Adeguato
ACE Inibitori e Antagonisti Recettoriali dell’Angiotensina
Chen X, 2002 (29)
Maes BD, 2004 (30)
Tang S, 2005 (31)
Frisch G, 2005 (32)
Terapia immunosoppressiva: Micofenolato Mofetile
Lai KN, 1987 (28)
Terapia immunosoppressiva: Ciclosporina
Woo KT, 1987 (24)
Walker RG, 1990 (23)
Yoshikawa N, 1999 (25)
Ballardie FW, 2002 (26)
Harmankaya O, 2002 (27)
Terapia immunosoppressiva: Citotossici
Lai KN, 1986 (15)
Welch TR, 1992 (16)
Julian BA, 1993 (17)
Kobayashi Y, 1996 (18)
Shoji T, 2000 (19)
Katafuchi R, 2003 (20)
Pozzi C, 1999 e 2004 (21, 22)
Terapia immunosoppressiva: Corticosteroidi
Autore ed anno
Non riportato
Sì
No
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
Non riportato
No
Sì
No
No
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
No
No
No
No
No
No
Sì
No
No
No
No
No
Pazienti
TABELLA II - QUALITÀ DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI
Non riportato
Sì
No
Non chiaro
No
Sì
No
Sì
Non chiaro
Non riportato
No
Sì
No
No
Sì
No
No
No
Sì
No
No
No
No
No
No
No
Sì
No
No
No
No
No
Blinding
Ricercatori
Non riportato
Sì
No
Non chiaro
No
Sì
No
Non chiaro
Non chiaro
Non riportato
No
Sì
No
No
Sì
No
No
No
Sì
No
No
No
No
Sì
No
No
No
No
No
No
No
No
Valutatori degli
outcomes
Non riportato
Non riportato
Non riportato
Non riportato
Non riportato
Non riportato
Sì
Non riportato
Non riportato
Non riportato
No
Sì
Sì
Non riportato
Non riportato
Non riportato
Non riportato
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Non chiaro
Sì
No
No
Non chiaro
No
No
No
No
Sì
Utilizzo analisi
per intenzione
al trattamento
0
0
0
0
0
Non riportate
3
11
0
0
0
3
11
0
0
0
0
0
0
0
0
1.9
5.1
0
0
0
15
5.7
49
9
14.4
3.5
Perdite al follow-up (%)
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
S39
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
(livello 2). Nel breve termine questi farmaci sembrano rallentare la progressione verso l’ESRD; non vi sono dati a
lungo termine.
Terapia con omega 3
La meta-analisi di Dillon, pubblicata nel 1997 (14), ha
valutato l’efficacia degli acidi grassi omega 3 in 5 studi, 3
dei quali RCT. L’Autore di questa revisione conclude che
l’efficacia degli omega 3 è dubbia, dal momento che 3 dei
5 lavori non mostrano nessun beneficio. L’efficacia maggiore sulla sopravvivenza renale sembra osservarsi nei
pazienti con proteinuria più elevata. Per giungere a conclusioni più sicure, l’Autore indica la necessità di ulteriori
studi randomizzati, con casistiche più numerose e comprendenti pazienti con proteinuria più severa e terapia protratta per almeno 2 anni.
Altre terapie
Vitamina E: è stato pubblicato nel 2003 un RCT (48); la
vitamina E non sembra in grado di ridurre significativamente la proteinuria; non vi sono dati circa la sua utilità nel
rallentare la progressione verso l’ESRD.
Fluvastatina: è stato pubblicato nel 2000 un RCT (49); la
fluvastatina potrebbe ridurre la proteinuria nel breve termine; non vi sono dati circa la sua utilità nel rallentare la progressione verso l’ESRD.
Tonsillectomia: non vi sono RCT che ne documentino
l’utilità.
Commenti
Per quanto riguarda i singoli outcome valutati, si possono
avanzare le seguenti osservazioni:
1. Outcome primario
End stage renal disease. Essendo la glomerulonefrite a
depositi di IgA una malattia renale a lenta progressione
questo outcome può essere valutato solo se le casistiche
hanno un follow-up lungo. Le casistiche della letteratura
che mostrano la storia “naturale” di questa glomerulonefrite presentano valutazioni con follow-up di almeno 10 anni.
Casistiche con un periodo di osservazione troppo breve non
consentono di esprimere una valutazione certa.
Dei lavori considerati, 16 hanno valutato questo outcome,
ma solo 2 hanno il follow-up di 10 anni (18, 22) ed uno il
follow-up di 5 anni (20); tutti gli altri studi hanno il followup di 12-36 mesi, e pertanto non forniscono indicazioni
utili. L’evidenza disponibile dimostra che soprattutto la
terapia con dosi medio/alte di steroidi è efficace su questo
outcome.
2. Outcome secondari
a) Raddoppio della creatininemia. Questo outcome consente di valutare l’efficacia di una terapia sul peggioramen-
S40
to della funzione renale in un tempo inferiore verso
l’ESRD; in ogni caso, la lenta progressione di malattia
impedisce considerazioni valide in un periodo inferiore a 5
anni. Dei lavori considerati, 6 (tutti con corticosteroidi)
hanno valutato questo outcome, ma solo 2 hanno il followup di 10 anni (18, 22), ed uno il follow-up di 5 anni (20);
dei 3 restanti (15, 17, 19) due non sono valutabili per mancanza di endpoints. L’evidenza disponibile dimostra l’efficacia degli steroidi su questo outcome.
b) Aumento del 50% della creatininemia. Questo outcome viene impiegato per valutare l’efficacia di un trattamento sperimentale in tempi relativamente brevi,
soprattutto quando vengono confrontati due trattamenti
farmacologici differenti, con un’attesa di variazioni funzionali renali modeste nel breve periodo. Tuttavia, la
possibilità di una certa variabilità della creatininemia,
rende debole ed incerto il significato di questo outcome,
soprattutto se la numerosità del campione è scarsa. Dei
lavori considerati, solo 5 hanno valutato questo outcome
in un follow-up di 16/76 mesi (22, 30, 32, 38, 44).
L’evidenza disponibile su questo outcome è scarsa e,
quindi, di difficile valutazione.
c) Differenza nei valori di creatininemia a fine trattamento. Questo outcome non dicotomico viene impiegato per
valutare variazioni della funzione renale al termine di un
trattamento. È un dato di rilevanza modesta, perché non si
sa se quanto osservato a fine trattamento sia predittivo di un
comportamento analogo nel lungo termine. Talvolta, infatti, l’efficacia di una terapia può rendersi più evidente dopo
la sospensione del trattamento. Dei lavori considerati, 14
hanno valutato questo outcome (15, 19, 20, 22-24, 28, 30,
32, 39, 42-44, 49). L’evidenza disponibile è scarsa.
d) Differenza fra i valori di proteinuria nei due gruppi a
fine trattamento. Lo scopo è simile a quello del punto precedente. Dei lavori considerati, 21 hanno valutato questo
outcome (17, 19-26, 28, 30-33, 36, 38, 39, 42, 43, 48, 49).
L’evidenza disponibile dimostra che quasi tutti i provvedimenti terapeutici, ad eccezione del micofenolato, sembrano
efficaci nel ridurre la proteinuria.
e) Variazioni della proteinuria all’interno di ognuno dei
due gruppi. Questo outcome serve a valutare l’efficacia
immediata di un trattamento sperimentale rispetto ad altre
strategie di confronto. L’ipotesi è che la riduzione della proteinuria possa rappresentare un rischio diminuito di progressione verso l’ESRD. Dei lavori considerati, 15 hanno
valutato questo outcome (16, 17, 21, 23-26, 34, 36, 37, 41,
43, 44, 48, 49). L’evidenza disponibile dimostra che la terapia immunosoppressiva (corticosteroidi e citotossici) e gli
ACE-inibitori/antagonisti recettoriali dell’angiotensina
risultano efficaci nel ridurre la proteinuria. In particolare,
l’associazione ACE-inibitori + antagonisti recettoriali dell’angiotensina appare più efficace dell’impiego di una sola
classe farmacologia; in uno studio l’efficacia di questi farmaci sembra venir meno in presenza di riduzione funzionale renale (24).
Outcomes
Proteinuria a 12 mesi
(variazione)
Proteinuria a fine trattamento
GFR a fine trattamento
Proteinuria a fine trattamento
Creatininemia a fine trattamento
GFR a fine trattamento
Proteinuria a fine trattamento
Creatininemia a fine trattamento
Proteinuria a fine trattamento
(variazione)
Creatininemia a fine trattamento
GFR a fine trattamento
Proteinuria mediana
nel FU (10 anni)
Julian BA, 1993 (17)
Kobayashi Y, 1996 (18)
(Kobayashi, 1996)
Shoji T, 2000 (19)
(Shoji, 2000)
(Shoji, 2000)
Katafuchi R, 2003 (20)
(Katafuchi C, 2003)
Pozzi C, 1999 (21)
Ballardie FW, 2002 (26)
Proteinuria a 36 mesi (variazione)
GFR a fine trattamento
Proteinuria a fine trattamento
(e variazione)
Yoshikawa N, 1999 (25)
(Yoshikawa, 1999)
Proteinuria a fine trattamento
(e variazione)
Creatininemia a fine trattamento
(Walker, 1990)
Walker RG, 1990 (23)
Terapia immunosoppressiva: Citotossici
(Pozzi, 1999)
(Pozzi, 1999)
Pozzi C, 2004 (22)
Creatininemia a fine trattamento
GFR a fine trattamento
Proteinuria a fine trattamento
(variazione)
Proteinuria a fine trattamento
(Lai, 1986)
(Lai, 1986)
Welch TR, 1992 (16)
Lai KN, 1986 (15)
Terapia immunosoppressiva: Corticosteroidi
Autore ed anno
25 pazienti
0.12 (0.1) mmol/L
25 pazienti
1.15 (0.31) g/die
(-0.53 g/die)
40 pazienti
0.22 (0.31) g/die
(-1.13 g/die)
40 pazienti
147 (33) mL/min
19 pazienti
1.85 (0.31) g/die
(-2.05 g/die)
17 pazienti
2.30 (2.20)
1.4 (0.87)
74.1 (24.1) mL/min
20 pazienti (crossover)
0.60 mg/ora
(-0.07)
17 pazienti
1.3 ± 0.3 g/die
(-2.2 g/die)
0.80 (0.50) g/die
54 (35) mL/min
11 pazienti
0.29 (0.23)
0.76 (0.16) mg/dL
110 (26) mL/min
43 pazienti
1.13 (1.35) g/die
0.98 (0.65) mg/dL
43 pazienti
1.0 g/die (-1.0)
1.2 (0.51) mg/dL
95 (28) mL/min
43 pazienti
0.80 (0.6-1.3) g/die
Gruppo di intervento
(numero di pazienti, media,
deviazione standard)
27 pazienti
0.13 (0.1) mmol/L
27 pazienti
1.89 (0.45) g/die
(+0.13 g/die)
38 pazienti
0.88 (0.99) g/die
(-0.1 g/die)
38 pazienti
145 (44) mL/min
19 pazienti
4.17 ( 2.8) g/die
(-0.4 g/die)
17 pazienti
3.30 (2.10)
1.47 (0.62)
64.6 (20.9) mL/min
20 pazienti (crossover)
0.52 mg/ora
(+ 0.17)
18 pazienti
1.8 ± 0.7 g/die
(-1.4 g/die)
1.50 (1.30) g/die
20 (29) mL/min
10 pazienti
0.71 (0.39)
0.76 (0.24) mg/dL
107 (22) mL/min
47 pazienti
1.39 (1.99) g/die
1.00 (0.39) mg/dL
43 pazienti
1.5 g/die (-0.3)
1.74 (0.62) mg/dL
71 (21) mL/min
43 pazienti
1.70 (1.1 - 3.0) g/die
Gruppo di controllo
(numero di pazienti, media,
deviazione standard)
TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (VARIABILI CONTINUE)
-2.32 (da -3.59 a -1.05)
2.0 (da -15.3 a 19.3)
-0.66 (da -0.99 a -0.33)
-0.74 (da -0.95 a -0.53)
-0.01 (da -0.06 a 0.04)
-0.9
-0.50 (da -0.81 a -0.19)
-0.54 (da -0.78 a -0.30)
24 (da 8 a 39)
-0.08 (da -0.78 a 0.62)
-0.02 (da -0.25 a 0.21)
3 (da -19 a 24)
-0.42 (da -0.72 a -0.12)
-0.70 (da -1.25 a -0.15)
34 (da 15 a 52)
-0.50 (da -0.85 a -0.15)
0.08
-1.0 (da -2.45 a 0.45)
-0.07 (da -0.58 a 0.44)
9.5 (da -5.7 a 24.7)
Differenza pesata tra le medie
(intervallo di confidenza 95%)
segue
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
S41
S42
9 pazienti
1.1 g/die
(2.7 g/die dopo 24 settimane)
9 pazienti
0.7 mg/dL
Creatininemia a fine trattamento
(12 settimane)
Gruppo di intervento
(numero di pazienti, media,
deviazione standard)
Proteinuria a fine trattamento
(12 settimane)
Outcomes
(Woo, 2000)
Woo KT, 2000 (35)
Remuzzi A, 1999 (34)
Maschio G, 1994 (33)
Creatininemia a fine trattamento
(e variazione)
Proteinuria a fine trattamento
(e variazione)
Proteinuria nel corso dello studio
(studio crossover)
Proteinuria a fine trattamento
(e variazione)
ACE-Inibitori e Antagonisti Recettoriali dell’angiotensina
(Frisch, 2005)
Frisch G, 2005 (32)
Tang S, 2005 (31)
(Maes, 2004)
44 pazienti (crossover)
1.37 (0.98) g/die
11 pazienti
0.72 (0.39) g/die
(-0.72 g/die)
1.7 (1.1) g/die
(-0.5)
Responders: 0.7 (0.5) g/die
Non Responders: 2.8 (1.7) g/die
2.0 (0.8) mg/dL
(0)
Responders: 1.5 (0.6) mg/dL
Non Responders: 2.5 (1.6) mg/dL
21 pazienti
60 (7) mL/min
21 pazienti
1.72 (0.35) mg/dL
21 pazienti
1.6 (0.6) g/die
20 pazienti
1.14 (0.23) g/die
17 pazienti
4.0 (2.9) mg/dL
17 pazienti
2.7 (2.3) g/die
Inulina clearance
a 3 anni
Creatininemia
a 3 anni
Proteinuria
3 anni
Proteinuria
nel follow-up di 18 mesi
Creatininemia
a 16 mesi
Proteinuria
a 16 mesi
Maes BD, 2004 (30)
(Maes, 2004)
31 pazienti
Dati non riportati
Proteinuria nel follow-up
Chen X, 2002 (29)
Terapia immunosoppressiva: Micofenolato Mofetile
(Lai, 1987)
Lai KN, 1987 (28)
Terapia immunosoppressiva: Ciclosporina
Autore ed anno
2.3 (1.1) mg/dL
(+0.5)
44 pazienti (crossover)
1.79 (1.20) g/die
9 pazienti
1.54 (1.46) g/die
(-0.94 g/die)
2.9 (1.8) g/die
(+0.8)
13 pazienti
67 (7) mL/min
13 pazienti
1.48 (0.16) mg/dL
13 pazienti
1.0 (0.6) g/die
20 pazienti
2.40 (0.40) g/die
15 pazienti
3.0 (1.8) mg/dL
15 pazienti
2.5 (0.4 - 5.9) g/die
31 pazienti
Dati non riportati
10 pazienti
0.6 mg/dL
10 pazienti
2.2 g/die
(2.5 g/die dopo 24 settimane)
Gruppo di controllo
(numero di pazienti, media,
deviazione standard)
TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (VARIABILI CONTINUE) (segue)
(segue)
-0.3 (da -0.89 a 0.29)
Risposta assente nei
pazienti con ridotta funzione renale
-1.2 (da -2.12 a -0.20)
Risposta assente nei pazienti
con ridotta funzione renale
-0.82 (da -1.80 1 0.16)
-0.42 (da -0.88 a 0.01)
0.2
1.00 (da -0.6 a 2.6)
-1.26 (da -1.40 a -1.06)
0.60 (da 0.18 a 1.02)
0.24 (da 0.07 a 0.41)
-7.0 ( da -11.84 a -2.16)
Viene riportato un calo
della proteinuria maggiore
nel gruppo con MMF (p<0.01)
-1.1
Rebound della proteinuria
dopo la sospensione
della ciclosporina
Trattati a 24 mesi: 2.3 g/die
Controlli a 24 mesi: 2.2 g/die
0.1
Differenza pesata tra le medie
(intervallo di confidenza 95%)
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
10 pazienti
E + L dose bassa: -0.84 g/die
E + L dose doppia: -0.99 g/die
L + T 88 pazienti
-75.6%
23 pazienti
(FU 78 mesi)
0.9 (1.0) g/die
Temocapril + Losartan:
11 pazienti
0.28 (0.20) g/die
Variazione della proteinuria
nel corso dello studio
Variazione della proteinuria
a 3 anni
Proteinuria
a 7 anni
Proteinuria a fine trattamento
(Russo, 2001)
Nakao N, 2003 (37)
Horita Y, 2004 (39)
(Petterson, 1994)
(Petterson, 1994)
Proteinuria a fine trattamento
Creatininemia
a fine trattamento
GFR a fine trattamento
GFR a fine terapia
(e variazione)
(Bennet, 1989)
Pettersson EE, 1994 (42)
Variazione della proteinuria
a fine terapia
(Bennet, 1989)
Bennet WM, 1989 (41)
Variazione della creatininemia
a fine terapia
GFR a fine trattamento
(Horita, 2004)
Acidi Grassi Omega 3 (Fish oil)
Creatininemia a fine trattamento
(Horita, 2004)
Praga M, 2003 (38)
Strato A (8 pazienti):
0.19 (0.05) mmol/L
Strato B (9 pazienti):
0.01 (0.01) mmol/L
StratoA (8 pazienti):
-1.1 (0.8) g/die
Strato B (9 pazienti):
0.02 (0.3) g/die
17 pazienti
57 (17) mL/min
(-23 mL/min)
15 pazienti
1.57 (0.4) mg/dL
15 pazienti
79 (25) mL/min
15 pazienti
1.7 (0.9) g/die
11 pazienti
0.91 (0.23) mg/dL
11 pazienti
85.7 (29) mL/mini
10 pazienti (crossover)
E + L dose bassa: 0.72 (0.14) g/die
E + L dose doppia: 0.57 (0.12) g/die
Proteinuria nel corso dello studio
(studio crossover)
Russo D, 2001 (36)
Gruppo di intervento
(numero di pazienti, media,
deviazione standard)
Outcomes
Autore ed anno
Strato B (9 pazienti):
0.07 (0.06) mmol/L
Strato A (11 pazienti):
0.22 (0.03) mmol/L
Strato A (11 pazienti):
-1.2 (0.6) g/die
Gruppo B (9 pazienti):
0.23 (0.3) g/die
20 pazienti
55 (14) mL/min
(-21 mL/min)
7 pazienti
1.36 (0.4) mg/dL
17 pazienti
99 (37) mL/min
17 pazienti
1.8 (1.2) g/die
T 0.89 (0.22) mg/dL: 10 pazienti
L 0.2 (0.23) mg/dL: 10 pazienti
T 87.5 (18) mL/min: 10 pazienti
L 85.8 (21) mL/min: 10 pazienti
10 pazienti
Enalapril: -0.58 g/die
Losartan: -0.55 g/die
L 89 pazienti: -42.1%
T 86 pazienti: -44.3%
21 pazienti
(FU 74 mesi)
1.7 (0.8) g/die
T 0.44 (0.31) g/die: 10 pazienti
L 0.55 (0.38) g/die: 10 pazienti
10 pazienti (crossover)
Enalapri: 0.98 (0.14) g/die
Losartan: 1.01 (0.14) g/die
Gruppo di controllo
(numero di pazienti, media,
deviazione standard)
TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (VARIABILI CONTINUE) (segue)
-0.1 (da -0.8 a 0.6)
-20.0 (da -41.7 a 1.7)
0.21 (da -0.15 a 0.57)
2.0 (da -8.1 a 12.1)
Strato A -0.1
Strato B -0.21
Strato A -0.3
Strato B 0.06
-0.8 (da -1.33 a -0.27)
T + L vs T:
-0.16 (da -0.39 a 0.07)
T + L vs L:
-0.27 (da -0.53 a -0.01)
T + L vs T: 0.02 (da -0.17 a 0.21)
T + L vs L: -0.01 (da -0.21 a 0.19)
T + L vs T: -1.8 (da -22.3 a 18.6)
T + L vs L: -0.1 (da -21.6 a 21.4)
Maggior variazione col
trattamento sperimentale
Maggior variazione col
trattamento sperimentale
E + L (dose bassa) vs E:
-0.26 (da -0.38 a .-0.14)
E + L (dose bassa) vs L:
-0.29 (da -0.41 a -0.17)
E + L (dose doppia) vs E:
-0.41 (da -0.52 a -0.30)
E + L (dose doppia) vs L:
-0.44 (da -0.55 a -0.33)
Differenza pesata tra le medie
(intervallo di confidenza 95%)
segue
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
S43
S44
(Kano, 2003)
(Kano, 2003)
Kano K, 2003 (49)
Altre Terapie: Fluvastatina
(Chan, 2003)
Chan JCM, 2003 (48)
Altre Terapie: Vitamina E
(Donadio, 2001)
Creatininemia a fine trattamento
(e variazione)
GFR a fine studio (e variazione)
Proteinuria a fine studio
(e variazione)
GFR a fine studio (e variazione)
Proteinuria a fine trattamento
(e variazione)
Slope annuo del reciproco
della creatininemia
Proteinuria
Donadio JV, 2001 (46)
(Donadio, 1994)
Variazione annua
della creatininemia
Variazione annua della proteinuria
15 pazienti
0.5 (0.4) g/die
(-0.8)
0.47 (0.14) mg/dL
(-0.06)
133.1 (14.9) mL/min
(25.2)
28 pazienti
Pr/Cr 0.24 (0.38) mg/mg
(-0.07)
28 pazienti
127 (50) mL/min
(+11 mL/min)
37 pazienti
-0.10 mg/dL per anno
14 pazienti
2.3 (0.2) mg/dL
14 pazienti
0.6 (-1.5) g/die
55 pazienti
0.03 mg/dL
55 pazienti
-0.23 g/die (15%)
FU 12 mesi: 32 pazienti
1.38 g/die
FU 24 mesi: 26 pazienti
1.69 g/die
Creatininemia
Proteinuria
Gruppo di intervento
(numero di pazienti, media,
deviazione standard)
Outcomes
Donadio JV, 1994 (44)
(Alexopoulos)
Alexopoulos E, 2002 (43)
Autore ed anno
15 pazienti
0.8 (0.6) g/die
(-0.4)
0.55 (0.12) mg/dL
0.04)
110.5 (15.2) mL/min
(-2.7)
27 pazienti
Pr/Cr 0.61 (1.37) mg/mg
(+0.09)
27 pazienti
112 (31) mL/min
(+6 mL/min)
36 pazienti
-0.08 mg/dL per anno
15 pazienti
6.2 (3.4) mg/dL
15 pazienti
0.9 (0.8) g/die
51 pazienti
0.14 mg/dL
51 pazienti
-0.10 g/die (7%)
FU 12 mesi: 32 pazienti
1.32 g/die
FU 24 mesi: 28 pazienti
1.16 g/die
Gruppo di controllo
(numero di pazienti, media,
deviazione standard)
TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (VARIABILI CONTINUE) (segue)
15.0
-0.8 (da -0.17 a 0.01)
-0.3 (da -0.66 a 0.06)
15 (da -6.90 a 36.90)
-0.37 (da -0.91 a 0.17)
+0.02
0.53 (24 mesi)
0.06 (12 mesi)
0.13
-0.11
-0.3 (da -1.18 a 0.58)
-3.9 (da -5.6 a -2.2)
Differenza pesata tra le medie
(intervallo di confidenza 95%)
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
Outcomes
Frisch G, 2005 (32)
(Frisch, 2005)
(Frisch, 2005)
(Frisch, 2005)
Tang S, 2005 (31)
(Maes, 2004)
(Maes, 2004)
Maes BD, 2004 (30)
Mortalità renale a 3 anni
(inulina clearance -25%)
Sopravvivenza
dall’ESRD a 3 anni
Creatininemia
+50% a 3 anni
Remissione Completa
(< 0.3 gr/die) o Parziale
(-50%) della proteinuria
a 18 mesi
Creatininemia +50% a 16 mesi
Creatininemia +0.5 mg/dL
ESRD a 16 mesi
Proteinuria -50% a 16 mesi
Terapia immunosoppressiva: Micofenolato Mofetile
Walker RG, 1990 (23) Mortalità renale (ESRD) a 5 anni
Yoshikawa N, 1999 (25)
Comparsa di IRC
(Yoshikawa, 1999)
Glomeruli con sclerosi
a fine trattamento
(e variazione)
Ballardie FW, 2002 (26)
Sopravvivenza renale
(senza ESRD) a 3 anni
Harmankaya O, 2002 (27)
Mortalità renale
(ESRD)
Terapia immunosoppressiva: Citotossici
Lai KN, 1986 (15)
Mortalità renale (ESRD)
(Lai, 1986)
Raddoppio della creatininemia
Julian BA, 1993 (17)
Mortalità renale (ESRD)
Kobayashi Y, 1996 (18)
Mortalità renale (ESRD)
(Kobayashi, 1996)
Raddoppio della creatininemia
Shoji T, 2000 (19)
Mortalità renale (ESRD)
(Shoji, 2000)
Raddoppio della creatininemia
Katafuchi R, 2003 (20)
Mortalità renale (ESRD)
(Katafuchi, 2003)
Raddoppio della creatininemia
Pozzi C, 1999 (21)
Mortalità renale (ESRD) a 5 anni
(Pozzi, 1999)
Aumento 50% della creatininemia (5 a)
Pozzi C, 2004 (22)
Mortalità renale a 10 anni
(Pozzi, 2004)
Raddoppio della creatininemia (10 a)
Terapia immunosoppressiva: Corticosteroidi
Autore ed anno
12/13 (92%)
0/13
RC: 1/20 (5%)
RP: 5/20 (25%)
2/15 (13%)
7/15 (47%)
2/15 (13%)
2/15 (13%)
19/21 (89%)
3/21 (14%)
RC: 4/20 (20%)
RP: 12/20 (60%)
5/17 (29%)
10/17 (59%)
5/17 (29%)
3/17 (18%)
Controlli: 22 pazienti
0/22
St + Aza: 21 pazienti
1/20 (5%)
2/13 (15%)
47%
82%
7/21 (33%)
2/27 (7%)
1/38 (3%)
16.5%
(+12.5%)
0/17
0/17
2/17 (12%)
17/26 (66%)
31/49 (63%)
0/8
0/8
3/47 (6%)
3/47 (6%)
3/43 (17%)
23/43 (53%)
5/43 (12%)
13/43 (30%)
Gruppo di controllo
(numero di pazienti
con evento/numero
totale di pazienti in quel gruppo)
1/25 (4%)
0/40
5.2%
(-0.2%)
0/17
0/17
1/18 (5%)
4/20 (20%)
7/28 (25%)
0/11
0/11
3/43 (7%)
3/43 (7%)
0/43
10/43 (39%)
1/43 (2%)
1/43 (2%)
Gruppo di intervento
(numero di pazienti
con evento/numero
totale di pazienti in quel gruppo)
TABELLA IV - RISULTATI DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE)
2.2 (da 0.44 a 11.9)
1.2 (da 0.71 a 5.40)
2.2 (da 0.48 a 12.8)
1.3 (da 0.20 a 7.2)
4.0 (da 0.49 a 32.72)
2.4 (da 1.04 a 5.55)
4.45 (da 0.25 a 79.87)
0.98 (da 0.79 a 1.21)
2.17 (da 0.53 a 8.88)
3.29 (da 0.14 a 76.33)
0.54 (da 0.05 a 5.59)
0.32 (da 0.01 a 7.55)
Non stimabile
Non stimabile
0.47 (da 0.05 a 4.74)
0.31 (da 0.12 a 0.77)
0.40 (da 0.20 a 0.78)
Non stimabile
Non stimabile
1.09 (da 0.23 a 5.13)
1.09 (da 0.23 a 5.13)
0.14 (da 0.01 a 2.68)
0.43 (da 0.24 a 0.80)
0.20 (da 0.02 a 1.64)
0.08 (da 0.01 a 0.56)
Rischio relativo
(intervallo di
confidenza 95%)
16
12
16
5
15
35
14
-3
18
-5
-3
-3
-11.3
1
1
-7
-14
-10
-28
-7
-46
-38
segue
Differenza di rischio
(%)
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
S45
S46
Outcomes
Chan JCM, 2003 (48)
Altre terapie: Vitamina E
Hogg RJ, 2003 (47)
(Donadio, 1994)
Donadio JV, 1999 (45)
Donadio JV, 2001 (46)
ESRD a 24 mesi
Progressione della
insufficienza renale
Mortalità renale
(ESRD)
Creatininemia +50%
a 2 anni
Mortalità renale (ESRD) a 8 anni
Creatininemia +50% a 8 anni
Sopravvivenza renale dall’ESRD
Alexopoulos E, 2001 (43)
Donadio JV, 1994 (44)
Mortalità renale (ESRD)
Bennet WM, 1989 (41)
Acidi Grassi Omega 3 (Fish oil)
0/28
0/27
C: 4/31 (13%)
19/51 (37%)
29/51 (56%)
a 2 anni: 32/37 (86%)
a 3 anni: 27/37 (73%)
8/55 (14%)
17/55 (31%)
a 2 anni: 29/36 (80%)
a 3 anni: 27/36 (76%)
A: 2/33 (6%)
B: 8/32 (25%)
14/44 (27%)
3/51 (5%)
82.1%
(Coppo, 2005)
2/20
(10%)
7/15 (47%)
13.0%
3/21 (13%)
1/23 (4.8%)
0
19.2%
2/17
(12%)
1/14 (7%)
11/21 (52%)
5/34 (33%)
22.7%
0
3/23 (13%)
Mortalità renale a 7 anni
(creatininemia +50%)
Creatininemia > 1.5 mg/dL
Riduzione del GFR di almeno il 30%
Sviluppo di sindrome nefrosica
Remissione completa
(proteinuria < 160 mg/die)
Remissione parziale
(proteinuria < 0.5 gr/die)
Praga M, 2003 (38)
(Praga, 2003)
Coppo R, 2005 (40)
(Coppo, 2005)
(Coppo, 2005)
12/21 (57%)
10/85 (11%)
20/86 (23%) (losartan)
20/85 (23%) (trandolapril)
0.18 (da 0.05 a 0.63)
0.15 (da 0.02 a 1.09)
1.1 (da 0.18 a 7.48)
0.27 (da 0.09 a 0.84)
0.30 (da 0.04 a 2.37)
L + T vs L:
0.40 (da 0.17 a 0.69)
L + T vs T:
0.38 (da 0.18 a 0.63)
0.23 (da 0.07 a 0.70)
Rischio relativo
(intervallo di
confidenza 95%)
Non stimabile
-19
-7
12
-23
-25
-6
-3
-22
-40
2
-69.1
-39
-28.2
-22.7
-19.2
-12
-44
-12
Differenza di rischio
(%)
0.39 (da 0.19 a 0.81)
0.54 (da 0.34 a 0.86)
0.93 (da 0.76 a 1.14)
1.04 (da 0.78 a 1.35)
I pazienti con creatininemia
1.5-2.9 mg/dL hanno avuto meno
endpoints di quelli con
creatininemia 3.0-4.5 mg/dL
(ESRD 13% versus 85%),
con entrambi i dosaggi di Omega 3
A vs B: 0.24 (da 0.06 a 1.06)
A vs C: 0.47 (da 0.09 a 2.39)
B vs C: 1.9 (da 0.65 a 5.79)
Gruppo di controllo
(numero di pazienti
con evento/numero
totale di pazienti in quel gruppo)
Mortalità renale (ESRD)
a 3 anni
Gruppo di intervento
(numero di pazienti
con evento/numero
totale di pazienti in quel gruppo)
Nakao N, 2003 (37)
ACE Inibitori e Antagonisti Recettoriali dell’Angiotensina
Autore ed anno
TABELLA IV - RISULTATI DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE)
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
TABELLA V - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA
Linea Guida
Nazione
International Society
Anno
1999
Raccomandazione
I pazienti con lesioni istologiche lievi, proteinuria > 3 g/die e normale funzione renale
devono essere trattati con corticosteroidi (grado B, C).
of Nephrology (1)
Gli agenti citossici (ciclofosfamide, azatioprina), la ciclosporina, il warfarin e il dipiradamolo non devono essere usati (grado B).
Nei pazienti con lenta progressione del danno renale devono essere somministrati gli acidi
grassi omega 3 (Fish oil) (grado B).
Società Italiana
Italia
2003
di Nefrologia (52)
Nei pazienti con proteinuria > 1 g/die e funzione renale normale o modicamente ridotta
si possono utilizzare ACE-inibitori e/o steroidi ad alto dosaggio (grado A).
Nei pazienti non responders o andamento progressivo del danno renale, si possono utilizzare la ciclofosfamide seguita dall’azatioprina (grado A).
La terapia con gli acidi grassi omega 3 (Fish oil) può essere utilizzata nei pazienti non
responders o con controindicazioni ad altre terapia (grado C).
Sintesi dell’evidenza
Le revisioni sistematiche dimostrano che la terapia
immunosoppressiva rappresentata dai corticosteroidi, usati
da soli o in associazione con farmaci citotossici (ciclofosfamide o azatioprina), costituisce il provvedimento terapeutico più utile per arrestare o rallentare la progressione verso
l’ESRD e per ridurre la proteinuria. Una meta-analisi non
dimostra alcuna utilità degli acidi grassi omega 3.
Alcuni RCT dimostrano che gli ACE-inibitori, da soli o
associati agli antagonisti recettoriali dell’angiotensina,
sono utili nel ridurre la proteinuria.
Implicazioni per la pratica clinica
Sebbene questa Linea Guida riporti la migliore evidenza
disponibile, la terapia ottimale della glomerulonefrite a
depositi di IgA rimane incerta, in quanto i pochi RCT
arruolano un piccolo numero di pazienti, sovente non ben
definiti, seguiti per poco tempo, e valutano outcomes surrogati. Nonostante la qualità subottimale di diversi studi, la
terapia con steroidi sembra attualmente la più efficace.
Inoltre, l’elevato numero di eventi suggerisce che alcuni
RCT, soprattutto quelli con associazione di steroidi con
citotossici, sono stati effettuati nei pazienti ad alto rischio e,
quindi, non vi sono dati certi sui pazienti con lesioni più
lievi o in stadi più precoci di malattia.
beneficio dalle terapie utilizzate, sia immunosoppressive che con farmaci ad azione sul sistema renina-angiotensina. Il disegno di questi RCT deve prevedere un’adeguata dimensione del campione, nonché outcomes semplici e clinicamente rilevanti. Inoltre, i risultati devono
essere raccolti dopo un adeguato follow-up. Un accenno
va fatto per quanto riguarda la tonsillectomia. I lavori
che hanno valutato questo intervento sono solo retrospettivi o non controllati. Nello studio retrospettivo più
interessante, eseguito su un follow-up di 20 anni, la tonsillectomia è associata con una migliore sopravvivenza
renale, soprattutto nei pazienti con un danno renale iniziale modesto (50, 51). Attualmente è in corso in
Giappone un protocollo prospettico randomizzato, coordinato da Tetsuya Kawamura, le cui conclusioni potranno fornire più certe indicazioni.
Applicabilità
Non vi è motivo per ritenere che i dati ottenuti dall’esame di RCT internazionali meritino una particolare rivalutazione per una loro applicazione ai pazienti Italiani con glomerulonefrite a depositi di IgA. Pertanto, le evidenze sopra
riportate sono applicabili ed utilizzabili nella popolazione
Italiana.
Altre Linee Guida
Implicazioni per la ricerca
Ulteriori RCT sono necessari per identificare quale
gruppo di pazienti (alto o basso rischio) possa trarre
La letteratura scientifica sull’argomento contiene
numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze
ed impressioni personali. Le Linee Guida basate sulle
S47
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
evidenze purtroppo non sono molte, in quanto vi sono
pochi RCT adeguatamente dimensionati. In Tabella V
si accludono le raccomandazioni di due Linee Guida
(1, 52).
Indirizzo degli Autori:
Dr. Claudio Pozzi
Unità Operativa Nefrologia e Dialisi
Ospedale “A. Manzoni”
Via dell’Eremo, 9
23900 Lecco
e-mail: [email protected]
Bibliografia
1. Nolin L, Courteau M. Management on IgA nephropathy: evidence-based recommendations. Kidney Int 1999; 55 (Suppl. 70):
S56-S62.
2. D’Amico G. Natural history of idiopathic IgA nephropathy and
factors predictive of disease outcome. Semin Nephrol 2004; 24:
179-96.
3. Rekola S, Bergstrand A, Bucht H. Deterioration of GFR in IgA
nephropathy as measured by 51 Cr-EDTA clearance. Kidney
Intern 1991; 40: 1050-4.
4. Rostoker G, Desvaux-Belghiti D, Pilatte Y, et al. Immunomodulation with low-dose immunoglobulins for moderate IgA
nephropathy and Henoch-Schöenlein purpura. Preliminary
results of a prospective uncontrolled trial. Nephron 1995; 69:
327-34.
5. Schena FP. Immunoglobulin A nephropathy with mild renal
lesions: a call in the forest for physicians and nephrologists. Am
J Med 2001; 110: 499-500.
6. Alamartine E, Sabatier JC, Guerin C, Berliet JM, Bertoux F.
Prognostic factors in mesangial IgA glomerulonephritis: an
extensive study with univariate analyses. Am J Kidney Dis 1991;
18: 12-9.
7. Boghenschultz O, Bohle A, Batz C, et al. IgA nephritis: on the
importance of morphological and clinical parameters in the longterm prognosis of 239 patients. Am J Nephrol 1990; 10: 137-47.
8. Ibels LS, Gyory AZ. IgA nephropathy: analysis of the natural
history, important factors in the progression of renal disease, and
a review of the literature. Medicine (Baltimore) 1994; 73: 79102.
9. Katafuchi R, Oh Y, Hori K, et al. An important role of glomerular segmental lesions on progression of IgA nephropathy: a multivariate analysis. Clin Nephrol 1994; 41: 191-8.
10. Radford MG, Donadio JV, Bergstralh EJ, Grande JP. Predicting
renal outcome in IgA Nephropathy. J Am Soc Nephrol 1997; 8:
199-207.
11. Floege J. Evidence-based recommendations for immunosuppression in IgA nephropathy: handle with caution. Nephrol Dial
Transplant 2003; 18: 241-5.
12. Goumenos DS, Brown CB. Therapeutic approach of patients with
IgA nephropathy. Ren Fail 2004; 26: 171-7.
13. Samuels JA, Strippoli GFM, Craig JC, Schena FP, Molony DA.
Immunosuppressive agents for treating IgA nephropathy
(Review). Cochrane Collaboration. John Wiley & Sons, Ltd,
2005; 1-33.
14. Dillon J. Fish oil therapy for IgA nephropathy: Efficacy and
interstudy variability. J Am Soc Nephrol 1997; 8: 1739-44.
15. Lai KN, Lai FM, Ho CP, Chan KW. Corticosteroid therapy in IgA
with nephrotic syndrome: a long-term controlled trial. Clin
Nephrol 1986; 26: 174-80.
16. Welch TR, Fryer C, Shely E, Witte D, Quinian M. Double-blind,
controlled trial of short-term prednisone therapy in immunoglobulin A glomerulonephritis. J Ped 1992; 121: 471-7.
S48
17. Julian BA, Baker C. Alternate-day prednisone therapy in IgA
nephropathy. Preliminary analysis of a prospective, randomized,
controlled trial. Contrib Nephrol 1993; 104: 198-206.
18. Kobayashi Y, Hiki Y, Kokubo T, Horii A, Tateno S. Steroid therapy during the early stage of progressive IgA nephropathy.
Nephron 1996; 72: 237-42.
19. Shoji T, Nakanishi I, Suzuki A, et al. Early treatment with corticosteroids ameliorates proteinuria, proliferative lesions, and
mesangial phenotypic modulation in adult diffuse proliferative
IgA nephropathy. Am J Kidney Dis 2000; 35: 194-201.
20. Katafuchi R, Ikeda K, Mizumasa T, et al. Controlled, prospective
trial of steroid treatment in IgA nephropathy: A limitation of
low-dose prednisolone therapy. Am J Kidney Dis 2003; 41: 97283.
21. Pozzi C, Bolasco PG, Fogazzi GB, et al. Corticosteroids in IgA
nephropathy: a randomised controlled trial. Lancet 1999; 353:
883-7.
22. Pozzi C, Andrulli S, Del Vecchio L, et al. Corticosteroid effectiveness in IgA nephropathy: long-term results of a randomized,
controlled trial. J Am Soc Nephrol 2004; 15: 157-63.
23. Walker RG, Hu SH, Owen JE, Kincaid-Smith P. The treatment of
mesangial IgA nephropathy with cyclophosphamide, dipiridamole and warfarin: a two-year prospective trial. Clin Nephrol 1990;
34: 103-7.
24. Woo KT, Edmondson RP, Yap HK, et al. Effects of triple therapy
on the progression of mesangial proliferative glomerulonephritis. Clin Nephrol 1987; 27: 56-64.
25. Yoshikawa N, for the Japanese Pediatric IgA Nephropathy Study
Group. A controlled trial of combined therapy for newsly diagnosed severe childhood IgA nephropathy. J Am Soc Nephrol 1999;
10: 101-9.
26. Ballardie FW, Roberts IS. Controlled prospective trial of prednisolone and cytotoxic in progressive IgA nephropathy. J Am Soc
Nephrol 2002; 13: 142-8.
27. Harmankaya O, Ozturk Y, Turk T, Obek A, Kilicarslan I. Efficacy
of immunosuppressive therapy in IgA nephropathy presenting
with isolated hematuria. Int Urol Nephrol 2002; 33: 167-71.
28. Lai KN, Lai FM, Li PKT, Vallance-Owen J. Cyclosporin treatment of IgA nephropathy: a short term controlled trial. Br Med J
1987; 295: 1165-8.
29. Chen X, Chen P, Cai G, et al. A randomized control trial of mycophenolate mofetil treatment in severe IgA nephropathy. J Am
Soc Nephrol 2002; 13: A14 (F-FC065).
30. Maes BD, Oyen R, Claes K, et al. Mycophenolate mofetil in IgA
nephropathy: Results of a 3-year prospective placebo-controlled
randomised study. Kidney Int 2004; 65: 1842-9.
31. Tang S, Leung JCK, Chan LYY, et al. Mycophenolate mofetil
alleviates persistent proteinuria in IgA nephropathy. Kidney Int
2005; 68: 802-12.
32. Frisch G, Lin J, Rosenstock J, et al. Mycophenolate mofetil
(MMF) vs placebo in patients with moderately advanced IgA
Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA
33.
34.
35.
36.
37.
38.
39.
40.
41.
42.
nephropathy: a double-blind randomised controlled trial.
Nephrol Dial Transplant 2005; 20: 2139-45.
Maschio G, Cagnoli L, Claroni F, et al. ACE-inhibition reduces
proteinuria in normotensive patients with IgA nephropathy: a
multicentre, randomized, placebo-controlled study. Nephrol Dial
Transplant 1994; 9: 265-9.
Remuzzi A, Perico N, Sangalli F, et al. ACE-inhibition and ANG
II receptor blockade improbe glomerular size-selectivity in IgA
nephropathy. Am J Physiol 1999; 276: 457-66.
Woo KT, Lau YK, Wong KS, Chiang GSC. ACE-I/ATRA therapy
decreases proteinuria by improving glomerular permselectivity
in IgA nephritis. Kidney Int 2000; 58: 2485-91.
Russo D, Minutolo R, Pisani A, et al. Coadministration of
Losartan and Enalapril exerts additive antiproteinuric effect in
IgA nephropathy. Am J Kidney Dis 2001; 38: 18-25.
Nakao N, Yoshimura A, Morita H, Takada M, Kayano T, Ideura T.
Combination treatment of angiotensin-II receptor blocker and
angiotensin-converting-enzyme inhibitor in non-diabetic renal
disease (COOPERATE): a randomised controlled trial. Lancet
2003; 361: 117-24.
Praga M, Gutierrez E, Gonzales E, Morales E, Hernandez E.
Treatment of IgA nephropathy with ACE-inhibitors: A randomized and controlled trial. J Am Soc Nephrol 2003; 14: 1578-83.
Horita Y, Tadokoro M, Taura K, et al. Low-dose combination
therapy with Temocapril and Losartan reduces proteinuria in normotensive patients with immunoglobulin A nephropathy.
Hypertens Res 2004; 27: 963-70.
Coppo R, for the EEC Biomed Project BMH4-97-2487 IgACE
European Collaborative Study. IgACE: first prospective double-blind
randomised placebo-controlled multicenter trial of ACE-inhibitors
(ACE-I) in moderately proteinuric IgA nephropathy (IgAN) in the
young. J Am Soc Nephrol 2005; 16: A553 (F-P0995).
Bennet WM, Walker RG, Kincaid-Smith P. Treatment of IgA
nephropathy with eicosapentanoic acid (EPA): a two-year prospective trial. Clin Nephrol 1989; 31: 128-31.
Pettersson EE, Rekola S, Berglund L, et al. Treatment of IgA
nephropathy with omega-3-polyunsaturated fatty acids; a prospective, double-blind, randomised study. Clin Nephrol 1994; 41:
183-90.
43. Alexopoulos E, Stangou M, Kyrmizis D. The effect of fish-oil in
patients with IgA nephropathy and renal function impairment: A
prospective study. J Am Soc Nephrol 2001 (abstract); 12: A89
(A0468).
44. Donadio JV, for the Mayo Nephrology Collaborative Group. A
controlled trial of fish oil in IgA nephropathy. N Engl J Med
1994; 331: 1194-9.
45. Donadio JV, for the Mayo Nephrology Collaborative Group. The
long-term outcome of patients with IgA nephropathy treated with
fish oil in a controlled trial. Mayo Nephrology Collaborative
Group. J Am Soc Nephrol 1999; 10: 1772-7.
46. Donadio JV, for the Mayo Nephrology Collaborative Group. A
Randomized Trial of High-Dose Compared with Low-Dose
Omega-3 Fatty Acids in Severe IgA Nephropathy. J Am Soc
Nephrol 2001; 12: 791-9.
47. Hogg RJ, Lee J, Nardelli NA, Cattran D, Hirschman G, Julian
BA. Multicenter, placebo-controlled trial of alternate-day prednisone (QOD_PRED) or daily omega-3 fatty acids (OM-3 FA) in
children and young adults with IgA nephropathy (IgAN). Report
from the Southwest Pediatric Nephrology Study Group. J Am
Soc Nephrol (abstract) 2003; 14: A751 (SU-P0979).
48. Chan JCM, Mahan JD, Trachtman H, et al. Vitamin E therapy in
IgA nephropathy: a double-blind, placebo-controlled study.
Pediatr Nephrol 2003; 18: 1015-9.
49. Kano K, Nishikura K, Yamada Y, Arisaka O. Effect of fluvastatin
and dipyridamole on proteinuria and renal function in childhood
IgA nephropathy with mild histological findings and moderate
proteinuria. Clin Nephrol 2003; 60: 85-9.
50. Xie Y, Nishi S, Ueno M, et al. The efficacy of tonsillectomy on
long-term renal survival in patienys with IgA nephropathy.
Kidney Intern 2003; 63: 1861-7.
51. Xie Y, Chen X, Nishi S, Narita I, Gejyo F. Relationship between
tonsils and IgA nephropathy as well as indications of tonsillectomy. Kidney Int 2004; 65: 1135-44.
52. Cagnoli L, Fuiano G, Imbasciati E, et al., per la Società Italiana
di Nefrologia. Linee Guida sulle indicazioni ed esecuzione della
biopsia renale percutanea e sulla terapia delle nefropatie glomerulari. G Ital Nefrol 2003; 20 (Suppl. 24): S3-47.
S49
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S50-S63
Terapia delle glomerulonefriti
Terapia delle nefriti proliferative lupiche;
confronto degli schemi di associazione di
farmaci citotossici più steroide rispetto al solo
steroide: Linea Guida
P. Stratta, C. Canavese, A. Lupo, C. Pozzi, P. Passerini, L. Cagnoli, C. Manno, G.F.M. Strippoli
Treating lupus nephritis: guideline from the Italian Society of Nephrology
Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In
the present guideline, evidence of lupus nephritis (LN) treatment is presented.
Methods. SR of RCT and RCT on different therapeutic options for LN were identified referring to a Cochrane Library and
Renal Health Library search (2005 update).
Results. One SR of 25 RCT and 6 further RCT were available to address this issue. Methodological quality of available
RCT was suboptimal according to current methodological standards. In LN patients, combining cyclophosphamide (CyA)
and steroids as induction therapy results in a reduced risk of serum creatinine doubling compared to steroids alone,
although there is no evidence of significant survival advantage and risk of ovarian failure was demonstrated (evidence from
SR). The association of azathioprine (Aza) and steroids significantly reduces the risk of all-cause mortality compared to
steroids alone (evidence from SR). No significant survival advantages from the association of plasma exchange and CyA or
Aza are proven (evidence from SR). No significant differences on renal and survival endpoints are demonstrated with different dosing of CyA (evidence from RCT).
Conclusion. In LN patients available evidence supports the hypothesis that immunosuppressive agents reduce the risk of
all-cause mortality and the risk of progressive renal disease. Further studies are necessary to test new immunosuppressive
agents such as mycophenolate mofetil in severe LN patients (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl 37): S50-63)
KEY WORDS: Lupus nephritis, Cyclophosphamide, Azathioprine, Systematic reviews, Randomized trials
PAROLE CHIAVE: Nefrite lupica, Ciclofosfamide, Azatioprina, Revisioni sistematiche, Trials randomizzati controllati
LINEA GUIDA
L’associazione Ciclofosfamide (CICLO) + steroide nella fase di induzione è in grado di ridurre il rischio di raddoppio
della creatininemia rispetto al solo steroide, ma non ha alcun impatto sulla mortalità (livello di evidenza 1). Tuttavia il
rischio di insufficienza ovarica è significativamente aumentato (livello 1).
L’associazione Azatioprina (AZA) + steroide determina una riduzione del rischio di tutte le cause di morte rispetto al
solo steroide (livello 1).
Non sono emersi ulteriori benefici con l’associazione del plasma exchange (PE) a CICLO o AZA per quanto riguarda la mortalità (livello 1).
Nel confronto tra dosi e diversi schemi di CICLO in fase di induzione, una paragonabile efficacia in termini di prognosi renale è stata dimostrata con le dosi minori (3 g endovena in tre mesi rispetto ad un massimo di 8 g endovena in 1
anno) (livello 2).
Una risposta precoce (riduzione della creatininemia e della proteinuria al 3° e 6° mese) è risultata un fattore prognostico favorevole per l’outcome renale (livello 2).
S50
© Società Italiana di Nefrologia
Terapia delle nefriti proliferative lupiche
Premesse
Il Lupus Erithematodes Sistemicus (LES) è una malattia sistemica autoimmune in cui il rene è coinvolto attraverso almeno tre meccanismi patogenetici di danno: deposito
tissutale di immunocomplessi costituiti da autoanticorpi
contro antigeni endogeni (specialmente anti-DNA), formazione di immunocomplessi in situ o deposito di autoanticorpi rivolti verso specifici costituenti cellulari (1-3).
L’incidenza annuale del LES varia tra 5 e 120 nuovi casi
ogni 100000 abitanti in rapporto alle diverse condizioni di
rischio; nell’Europa Occidentale è indicata tra 6 e 40. È
documentata una forte differenza di distribuzione sessuale,
con una netta prevalenza femminile (rapporto 2:1 nell’infanzia, 10:1 nell’età adulta e nuovamente 2:1 in età senile), distribuzione razziale (maggiore nella razza nera, minore in
quella caucasica e orientale), distribuzione geografica
(3/100000 abitanti in India, 12.5/100000 in Inghilterra,
39/100000 in Finlandia, 129/100000 negli Stati Uniti). La
prevalenza della condizione nella popolazione globale negli
Stati Uniti recentemente è stata valutata intorno a 15000002000000 persone, con una frequenza nettamente più elevata
nelle donne americane di razza nera (1 caso ogni 200 donne).
Per quanto attiene la situazione italiana, stime attendibili
indicano una prevalenza di 20/100000 abitanti (1, 2).
La manifestazione renale, presente nel 30-50% dei casi
all’inizio della malattia, interviene in oltre il 70% dei
pazienti entro 10 anni e peggiora la prognosi di malattia;
con la biopsia il coinvolgimento del rene è presente anche
nei pazienti senza anomalie urinarie evidenti.
L’interessamento renale si manifesta con tutte le modalità
di presentazione delle glomerulonefriti (GN): anomalie urinarie isolate, sindrome nefrosica, sindrome nefritica o
insufficienza renale cronica (IRC); è rara l’insufficienza
renale acuta (IRA) oligoanurica o il danno tubulo-interstiziale predominante (2-4). Il quadro istopatologico comprende, secondo la World Health Organization (WHO): a)
classe I (rene normale); b) classe II (depositi mesangiali
senza (II-A) o con (II-B) proliferazione mesangiale); c)
classe III e IV (proliferative focali e diffuse); d) classe V
(membranosa); e) classe VI (glomerulosclerosi cronica)
(5). Il National Institute of Health (NIH) ha sviluppato criteri di attività e cronicità predittivi della risposta alla terapia, sulla cui riproducibilità, tuttavia, il consenso non è unanime (6, 7). Recentemente la classificazione WHO delle
nefrite lupica è stata rivisitata, mantenendo la semplicità di
quella iniziale, ma incorporando riferimenti selettivi agli
indici di attività e di cronicità ed introducendo importanti
modificazioni in relazione alle differenze quantitative e
qualitative tra le lesioni di classe III e IV (8). Esiste un corrispettivo tra reperto anatomo-patologico e decorso clinico,
anche se l’evoluzione può variare nell’ambito della stessa
classe e non sono infrequenti le dissociazioni anatomo-cliniche. Dal punto di vista della gravità clinica, le classi III e
IV, espressione di maggiore gravità del coinvolgimento
sistemico della malattia, sono sempre state accompagnate
alla peggiore prognosi quoad vitam, con sopravvivenza a 5
anni senza trattamento del 17% negli anni 1953-69. Uno
straordinario miglioramento si è osservato progressivamente nel corso degli anni, tanto che già agli inizi degli anni
‘90, la percentuale di sopravvivenza è salita all’82% e continua a migliorare. Per quanto attiene la sopravvivenza del
rene, le forme proliferative si associano ad una più frequente progressione del danno, ad una maggiore attività sistemica con più elevata incidenza di riacutizzazioni e, se non
trattate, possono sviluppare IRC entro 2 anni. La proporzione di pazienti che raggiunge entro 10 anni l’uremia terminale o “end stage renal disease” (ESRD) era particolarmente elevata negli anni ’50-‘60, risultava del 20% circa
nei decenni ‘70-’80 ed era ancora valutabile intorno al 15%
a metà degli anni ‘90, anche nei pazienti trattati con le associazioni farmacologiche (9).
Opzioni terapeutiche. L’affinamento diagnostico e l’adozione della terapia steroidea ad alte dosi hanno capovolto
la prognosi del LES; nel tempo, sono state valutate le
seguenti opzioni terapeutiche: a) i corticosteroidi (prednisone e metilprednisolone) per os a dosi di 1-2 mg/kg per 4-8
settimane nei quadri medio-gravi di GN proliferative (10).
Queste dosi per periodi prolungati espongono al rischio di
complicanze e non evitano il peggioramento della funzione
renale nel 20-30% dei pazienti (11, 12); b) i boli endovenosi di metilprednisolone (0.5-1.0 g/die per 3 giorni consecutivi) nei quadri severi di GN lupica e di sintomi extrarenali
in uno studio non controllato (13) e in uno controllato (14);
vi è un forte razionale a favore di una più efficace azione
immunosoppressiva, di una minore tossicità e di un effetto
più rapido rispetto alle alte dosi di steroide per os (15, 16);
raramente sono stati riportati effetti collaterali severi del
bolo endovenoso, minimizzati dall’infusione lenta e per via
periferica (17); c) i farmaci citotossici, ciclofosfamide
(CICLO) ed azatioprina (AZA) in associazione agli steroidi; la maggiore efficacia dell’associazione nei confronti
dello steroide da solo nel migliorare la prognosi renale, nel
controllo della malattia e nel risparmio di cortisone, controversa negli studi controllati precedenti gli anni ‘80 (18-20),
era invece affermata dagli studi dell’ NIH (21-24) e da due
meta-analisi (25, 26); d) il micofenolato mofetile (MMF),
dopo l’esperienza positiva nei trapianti, è stato utilizzato
nella nefrite lupica resistente alla terapia convenzionale (27,
28); e) il plasma-exchange (PE), dapprima utilizzato con
successo nel LES con severa aggressività renale e sistemica
(29, 30), non è risultato successivamente più efficace della
terapia convenzionale nelle forme di media gravità (31, 32)
e proliferative diffuse (33, 34) e, pertanto, secondo alcuni
Autori, andrebbe riservata alle severe forme sistemiche,
soprattutto neurologiche, e in quelle con microangiopatia
trombotica o associate ad anticorpi antifosfolipidi (35, 36).
Allo scopo di uniformare le scelte terapeutiche, l’obiettivo di questa Linea Guida è quello di verificare, sulla base
delle evidenze che derivano dalle revisioni sistematiche e
S51
Terapia delle nefriti proliferative lupiche
dagli studi randomizzati controllati (RCT), se la terapia
immunosoppressiva a base di steroidi e farmaci citotossici è
in grado di migliorare la prognosi della nefrite lupica, qual
è il regime immunosoppressivo ottimale e, infine, quali
sono i rischi e gli effetti collaterali rispetto ai benefici.
Strategie di ricerca bibliografica
La ricerca bibliografica degli studi di revisione sistematica e RCT sul trattamento della nefrite lupica è stato
condotto utilizzando la Renal Health Library 2005
(http://www.update-software.com/Publications/renal/) con
il ricorso alle seguenti parole chiave: “Lupus nephropathy”.
La Renal Health Library comprende il più aggiornato elenco delle revisioni sistematiche e degli RCT condotti in
nefrologia, dialisi e trapianto di rene. Questi studi vengono
individuati e schedati dai “trial search coordinators” del
Cochrane Renal Group (http://www.cochrane-renal.org)
attraverso la ricerca bibliografica costantemente aggiornata
di Medline ed Embase e la ricerca bibliografica manuale
degli Atti dei Congressi di interesse nefrologico internazionale, ed altre fonti.
Evidenza disponibile
Descrizione degli studi
Dall’analisi sopraindicata è stato possibile reperire una
revisione sistematica Cochrane pubblicata nel 2003 da
Flanc RS, et al. (37). Successivamente al termine cronologico della raccolta dei lavori analizzati nella revisione, sono
stati reperiti 569 lavori scientifici, di cui 19 prevalentemente dedicati alla terapia; tra questi 6 RCT (38-43) sono stati
analizzati, mentre gli altri 13 (44-56) sono stati scartati in
quanto costituiti da revisioni, studi di coorte, studi pilota,
case reports e citazioni della revisione Cochrane.
Qualità degli studi
La qualità degli studi è stata definita in base alla metodologia utilizzata dalla Cochrane, che prevede una valutazione del metodo di segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”), dell’utilizzo del cieco (“blinding”),
dell’analisi per intenzione al trattamento (“intention-totreat analysis”) e delle perdite al follow-up (“lost to
follow-up”).
Analisi statistica
L’analisi statistica ha valutato il rischio relativo [“relative
risk” (RR)] con intervalli di confidenza (IC) al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici e la differenza pesata tra le medie [“weighted mean difference”
(WMD)] con IC al 95% per gli outcomes continui.
S52
Risultati
Revisione Cochrane
Le fonti di ricerca utilizzate hanno individuato 920 pubblicazioni sulla terapia immunosoppressiva e PE nella
nefrite lupica proliferativa diffusa; 887 sono state escluse in
quanto non studi controllati o studi controllati relativi ad
altri interventi terapeutici, studi di base o studi sperimentali sugli animali, revisioni, o infine assenza di valutazione
della biopsia renale o dell’andamento della funzione renale
a lungo temine. In ultima analisi sono state valutate 33 pubblicazioni relative a 25 RCT per un totale di 909 pazienti.
Nella maggior parte degli studi è stato effettuato un confronto tra CICLO o AZA + steroidi verso gli steroidi da
soli. L’analisi della qualità degli RCT mostrava che la
segretezza della randomizzazione era adeguata nel 12%,
non chiara nel 76% e inadeguata nel 12%; il cieco era utilizzato soltanto nell’8% degli RCT; il 56% era analizzato
sulla base dell’intention-to-treat analysis; le perdite al follow-up variavano dallo 0 al 13.3%.
La meta-analisi ha mostrato i seguenti risultati: a) l’associazione steroidi + CICLO riduce il rischio di raddoppio
della creatininemia basale (4 RCT, 228 pazienti; RR 0.59;
IC 95% da 0.40 a 0.88) rispetto agli steroidi da soli (15
eventi evitati ogni 100 pazienti trattati con l’associazione),
ma non ha alcun impatto sulla mortalità totale (5 RCT, 226
pazienti; RR 0.98; IC 95% da 0.53 a 1.82); inoltre il rischio
di insufficienza ovarica è significativamente aumentato (3
RCT, 147 pazienti; RR 2.18; IC 95% da 1.10 a 4.34); b)
l’associazione steroidi + AZA riduce il rischio di tutte le
cause di morte (3 RCT, 78 pazienti; RR 0.60; IC 95% da
0.36 a 0.99) rispetto allo steroide da solo (27 morti evitate
ogni 100 pazienti trattati con l’associazione), ma non modifica il rischio di ESRD (2 RCT, 54 pazienti; RR 0.66; IC
95% da 0.17 a 2.55); c) non sono dimostrati benefici
aggiuntivi con l’uso del PE in aggiunta all’associazione steroidi + agenti citotossici sia sulla mortalità (2 RCT, 125
pazienti; RR 1.62; IC 95% da 0.64 a 4.09) che sul raddoppio della creatininemia (2 RCT, 51 pazienti; RR 0.17; IC
95% da 0.02 a 1.26) o sull’ ESRD (3 RCT, 143 pazienti; RR
1.24; IC 95% da 0.60 a 2.57); d) nessuna terapia era inoltre
associata ad un aumentato rischio di infezioni maggiori.
Tali risultati risultano senz’altro affidabili, in quanto la
struttura dell’indagine meta-analitica appare corretta e rigorosa dal punto di vista metodologico. Gli stessi Autori tuttavia avanzano alcune riserve sulla qualità metodologica degli
RCT, sul piccolo numero di pazienti in alcuni RCT, sulla disomogeneità delle classi istologiche nei diversi RCT (percentuali variabili di classe IV) e sulla notevole variabilità di
durata del follow-up. Inoltre, la dissociazione tra la maggiore efficacia della associazione tra steroidi + AZA sulla
sopravvivenza del paziente e quella dell’associazione steroidi + CICLO nel preservare la funzione renale, deve costituire un elemento di riflessione. Il confronto tra i due farmaci
Terapia delle nefriti proliferative lupiche
citotossici è sempre indiretto, mentre nell’unico confronto
diretto, non risulta una differenza sulla mortalità tra i due
agenti (22). Ulteriori riserve sono da sottolineare per quanto
riguarda la disomogeneità della fase terapeutica in cui i due
farmaci citotossici sono stati impiegati nei diversi RCT. Gli
stessi revisori affermano che l’associazione steroidi +
CICLO va utilizzata nella fase di induzione, essendo più
numerosi gli RCT che l’hanno studiata in questa fase clinica.
Analisi degli RCT successivi al termine cronologico
della revisione Cochrane
Le caratteristiche dei 6 RCT analizzati sono riportati in
Tabella I; 4 RCT effettuano un confronto tra il MMF e la
terapia sequenziale CICLO/AZA, mentre 2 RCT analizzano due diversi schemi e posologie terapeutiche della
CICLO. La qualità degli studi, riportata in Tabella II, ha
mostrato che il metodo di randomizzazione è risultato adeguato soltanto in 2 RCT e che nessuno studio è stato condotto in doppio cieco. L’utilizzo dell’analisi per intenzione
al trattamento era effettuato soltanto in un RCT. La percentuale di pazienti persi al follow-up era compresa fra lo zero
e il 21.7%. I risultati dell’analisi statistica sono riportati
come WMD con IC 95% per gli outcomes continui, quali
proteinuria, creatininemia, fattori del complemento e
antidsDNA (Tab. III), come RR con IC 95% e differenza di
rischio per gli outcomes dicotomici, quali mortalità, effetti
collaterali, ESRD, raddoppio o aumento del 50% della
creatininemia basale (Tab. IV).
1. Contreras G, et al.: Sequential therapies for proliferative lupus nephritis. N Engl J Med 2004. Contreras G, et
al. (38) hanno effettuato un RCT open label su 59 pazienti
adulti con nefrite proliferativa lupica, randomizzati in 3
bracci per un periodo di osservazione di 36 mesi (nella fase
di mantenimento dopo una fase di induzione comune di steroide + CICLO endovena): 1) steroide + AZA; 2) steroide +
CICLO endovena; 3) steroide + MMF. I risultati dell’analisi univariata (curve di sopravvivenza di Kaplan e Meier e
log-rank test) hanno mostrato che, a differenza dell’AZA, il
MMF non era più efficace della CICLO sulla mortalità. La
sopravvivenza renale era simile nei tre gruppi, mentre, utilizzando l’end-point combinato di morte del paziente e
morte del rene, sia l’AZA sia il MMF erano più efficaci
rispetto alla CICLO. Il MMF era più efficace della CICLO
nel prevenire le recidive; infine sia l’AZA che il MMF erano
migliori della CICLO per quanto riguarda le complicanze,
quali amenorrea e infezioni. In conclusione, sebbene il calcolo del rischio relativo non raggiungesse la significatività
statistica, lo studio suggerisce che il MMF e l’AZA sono più
efficaci e più sicuri nella fase di mantenimento della terapia
della nefrite lupica rispetto alla CICLO.
Commento
I risultati sono stati ottenuti con uno studio monocentrico
(USA) rigoroso dal punto di vista metodologico (numero di
pazienti accettabile e follow-up sufficientemente lungo).
Inoltre, i valori medi elevati di creatininemia all’inizio del
periodo di osservazione (prima della terapia di induzione)
dimostrano la severità e la grave compromissione funzionale renale dei casi trattati.
2. Yee CS, et al. EULAR randomised controlled trial of
pulse cyclophosphamide and methylprednisolone versus
continuous cyclophosphamide and prednisolone followed
by azathioprine and prednisolone in lupus nephritis. Ann
Rheum Dis 2004. Yee CS, et al. (39) hanno condotto un
RCT multicentrico (Centro-Nord Europa) open label su 32
pazienti adulti con nefrite proliferativa lupica randomizzati
in 2 bracci: 1) terapia intermittente con steroide + CICLO
a boli endovenosi e successivamente orali; 2) terapia continua con steroide + CICLO per os per 3 mesi seguita da
AZA per os. Il totale del follow-up aveva una durata di 2
anni. I risultati non hanno mostrato differenze sia per la
sopravvivenza renale sia per gli altri end-points di abbandono, complicanze o morte del paziente.
Commento
Il lavoro è stato condotto con scadente metodologia. Non
è chiaro se lo studio è stato effettuato nella fase di induzione o di mantenimento; è inoltre fonte di sospetti metodologici l’esclusione tardiva di 3 pazienti dal gruppo trattato
con boli endovenosi per revisione dell’esame istologico
della biopsia renale (attribuzione alla seconda classe).
L’analisi statistica è infine incompleta.
3. Houssiau FA, et al. Early response to immunosuppressive therapy predicts good renal outcome in lupus
nephritis: lessons from long-term follow-up of patients in
the Euro-Lupus Nephritis Trial. Arthritis Rheum 2004.
Houssiau FA, et al. (40) hanno effettuato una prosecuzione
di un RCT già pubblicato nel 2002 (follow-up di circa 40
mesi), ed ora aggiornato ad un follow-up di circa 70 mesi.
Lo studio multicentrico (19 centri Europei) ha raccolto 90
pazienti prevalentemente di razza caucasica con classi istologiche III, IV e V, randomizzati in 2 gruppi con dosaggi
diversi di CICLO nella fase di induzione associati a steroide (3 boli di metilprednisolone 750 mg endovena, seguiti
da 0.5 mg/kg/die per 4 settimane e poi a scalare): 1) 45
pazienti nel gruppo ad alte dosi (CICLO da 0.5 fino a 1.0
g/m2 con cadenza mensile per 6 mesi e poi quadrimestrale);
2) 45 pazienti nel gruppo a basse dosi (CICLO 0.5 g/m2
ogni 2 settimane per 3 mesi). In entrambi i gruppi la prosecuzione della terapia, è stata effettuata con AZA 2.0 mg/kg.
L’outcome nefrologico, valutato come numero di pazienti
che hanno sviluppato l’endpoint combinato dell’IRC (definita come aumento della creatininemia o raddoppio della
creatininemia o ESRD) è risultato non significativamente
diverso nei due gruppi. La risposta precoce (riduzione della
creatininemia o della proteinuria entro 3 o 6 mesi) si configura come fattore significativamente predittivo di un buon
outcome renale a lungo termine. I decessi sono stati in tutto
3 nel gruppo a basso dosaggio.
Commento
Il lavoro è metodologicamente rigoroso; una riserva è
S53
S54
Disegno
dello studio
RCT
RCT
RCT
N. pazienti
59 (55 F)
32 (26 F)
90
Autore
ed anno
Contreras G, 2004
(38)
Yee CS, 2004
(39)
Houssiau FA, 2004
(40)
Terapia di induzione
con steroidi + CICLO ev
0.5-1.0 g/ m2
al mese per 7 mesi
Adulti con nefrite lupica
accertata con biopsia
renale e lieve
insufficienza renale:
classe III: n. 12
classe IV: n. 46
classe Vb n. 1
Caratteristiche
partecipanti
Adulti con nefrite lupica
accertata con biopsia
renale: classe III, IV,
Razza caucasica Vc e Vd, proteinuria
> 500 mg/die,
insufficienza renale
nel 22% dei casi
Multicentrico
(Europa)
Adulti con nefrite
lupica accertata
con biopsia renale
Razza caucasica (classe IV)
lieve insufficienza
renale
Multicentrico
(Europa)
Monocentrico
(Miami, USA)
Setting
Intervento di
controllo
Follow-up
45 pazienti
Terapia di mantenimento: Terapia di mantenimento:
AZA 2.0 mg/kg/die
AZA 2.0 mg/kg/die
45 pazienti
24 mesi
Terapia di induzione:
73 mesi
CICLO 6 boli entro 1 anno
0. 5 g/m2, ogni 2 settimane
+3 boli metilprednisolone
750 mg seguiti da 0.5
mg/kg per 4 settimane
(1.0 mg/kg in caso di
maggiore gravità renale
o extrarenale) e
successiva riduzione
16 pazienti
16 pazienti
Terapia di induzione:
CICLO 8 boli entro 1
anno (6 mensili e 2 ogni
4 mesi) 0.5-1.0 g/m2, +
3 boli metilprednisolone
750 mg seguiti da 0.5
mg/kg (1.0 mg/kg in caso
di maggiore gravità renale
o extrarenale) e successiva
riduzione
Terapia continua
CICLO 2.0 mg/kg/die
per 3 mesi seguita da
AZA 1.5 mg/kg
per 24 mesi
+ prednisolone 0.85
mg/kg a scalare fino
a 0.11 mg/kg
20 pazienti
Terapia intermittente:
CICLO ev 10 mg/kg
ogni 3 settimane per
4 volte seguita dalla
stessa dose per os una
volta al mese per 2 anni
+ steroide
6.6 mg/kg ev o per os
(boli ogni 3 settimane o
mensili contemporanei
ai boli di CICLO)
20 pazienti
oppure
2) steroidi + CICLO ev
0.5-1.0 g/m2
trimestralmente
Terapia di mantenimento: Terapia di mantenimento: 1-3 anni
steroidi + MMF
1) steroidi + AZA
(500-3000 mg/die)
(1-3 mg/kg/die)
19 pazienti
Intervento
sperimentale
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT SUCCESSIVI ALLA REVISIONE COCHRANE
segue
Lavoro metodologicamente corretto;
non viene effettuata
tuttavia una intentionto-treat analysis
(esclusione di 5
pazienti persi al followup: 1 e 4 per gruppo,
rispettivamente)
Scadente metolodogia
statistica e confuso
disegno dello studio
(non è chiaro se
l’intervento è fatto
nella fase di induzione
o di mantenimento).
Non corretta
l’esclusione tardiva di
3 pazienti per biopsia
renale e attribuzione
alla classe II
La dose di MMF
viene
progressivamente
ridotta fino a
essere quasi
dimezzata
ogni anno
Commenti
Terapia delle nefriti proliferative lupiche
Disegno
dello studio
RCT
RCT
RCT
N. pazienti
64 (52 F)
44
140 (126 F)
Autore
ed anno
Chan TM, 2005
(41)
Ong L, 2005
(42)
Ginzler EM, 2005
(43)
Multietnico
Multicentrico
(USA)
Razza Asiatica
Multicentrico
(Asia)
Razza asiatica
Monocentrico
(Hong-Kong,
Asia)
Setting
140 pazienti adulti con
nefrite lupica accertata
con biopsia renale:
classe III: n. 22
classe IV: n. 76
classe V: n. 27
classe mista: n. 15
Attività clinica:
proteinuria > 0.5 g/die o
creatininemia > 1 mg/dL
Adulti con nefrite lupica
accertata con biopsia
renale: classe III e IV
Adulti con nefrite lupica
accertata con biopsia
renale (classe IV)
lieve insufficienza renale
Caratteristiche
partecipanti
Intervento di
controllo
Follow-up
69 pazienti
71 pazienti
6 mesi
Terapia di induzione:
6 mesi
CICLO 0. 5-1.0 g/m2
al mese per 6 mesi
+ prednisone 1.0 mg/kg
con progressiva riduzione
Terapia di induzione:
CICLO ev
0. 75-1.0 g/m2 al mese
per 6 mesi + steroide
25 pazienti
Terapia di induzione:
MMF 1.0-3.0 g/die
per 6 mesi
+ prednisone 1.0 mg/kg
con progressiva riduzione
19 pazienti
Terapia di induzione:
MMF 2.0 g/die per
6 mesi + steroide
1) Terapia di induzione: 1) Terapia di induzione:
57.8 ± 18.7
MMF 2.0 g/die per 6
CICLO per os 2.5
mesi
mesi + prednisolone
mg/kg per 6 mesi
0.8 mg/kg e successiva + prednisolone
riduzione a 10 mg/die
0.8 mg/kg e successiva
(3 boli di metilriduzione a 10 mg/die
prednisolone 500 mg
(3 boli di
se semilune > 50%)
metilprednisolone 500
2) Terapia di
mg se semilune > 50%)
mantenimento:
2) Terapia di mantenimento:
MMF 1.0 g/die per 6
AZA 1. 5-2. 0 mg/kg e
mesi sostituito con
riduzione a 1.0-1.5
AZA 1.0-1.5 mg/kg
mg/kg al 12 mese
per 12 mesi
33 pazienti
31 pazienti
Intervento
sperimentale
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT SUCCESSIVI ALLA REVISIONE COCHRANE (segue)
Notevole
disomogeneità
istologica (inclusione
della classe V, seppure
in maniera bilanciata).
Periodo osservazione
troppo breve.
Troppi pazienti persi
al follow-up.
Troppi decessi
Non chiaro il dosaggio
dello steroide
Periodo di osservazione troppo breve.
Lavoro metodologicamente corretto; non
viene tuttavia effettuata
un intention-to-treat
analysis (esclusione di
un paziente per gruppo
per effetti collaterali
precoci)
Commenti
Terapia delle nefriti proliferative lupiche
S55
S56
No
No
No
No
No
Non chiaro
Inadeguato
Adeguato
Non chiaro
Adeguato
Yee CS, 2004 (39)
Houssiau FA, 2004 (40)
Chan TM, 2005 (41)
Ong LM, 2005 (42)
Ginzler EM, 2005 (43)
No
No
No
No
No
No
Ricercatori
No
No
No
No
No
No
Medici che hanno
valutato l’outcome
Utilizzo del cieco (blinding)
No
No
No
Chan TM, 2005 (41)
Ong LM, 2005 (42)
C3
C4
Anti-dsDNA (score)
Creatininemia
Proteinuria
No
Houssiau FA, 2004 (40)
Ginzler EM, 2005 (43)
No
Yee CS, 2004 (39)
Outcomes
Contreras G, 2004 (38)
Autore ed anno
71 pazienti
96.84 (29.93) mg/dL
21.08 (10.84) mg/dL
0. 93 (1. 03)
0.91 (0.25) mg/dL
2.03 (2.79) g/die
Gruppo di intervento
(numero pazienti, media,
deviazione standard)
69 pazienti
91.87 (29.52) mg/dL
17.30 (9.02) mg/dL
0. 88 (0.86)
0.85 (0.28) mg/dL
1.46 (1.27) g/die
Gruppo di controllo
(numero pazienti, media,
deviazione standard)
Sì
No
No
No
No
No
7/71 (9.9%)
15/69 (21.7%)
2/64 (3.1%)
5/90 (5.5%)
3/32 (9.3%)
0/59
Perdite al follow-up (%)
4.97 (da -4.88 a 14.82)
3.87 (da 0.48 a 7.08)
0.05 (da -0.26 a 0.36)
0.06 (da -0.03 a 0.15)
0.57 (da -0.14 a 1.28)
Differenza tra le medie
(intervallo di
confidenza 95%)
Utilizzo analisi per
intenzione al
trattamento
(intention-to-treat analysis)
TABELLA III - RISULTATI DEGLI RCT SUCCESSIVI ALLA REVISIONE COCHRANE (VARIABILI CONTINUE)
No
Pazienti
Non chiaro
Metodo di segretezza
della randomizzazione
(allocation concealment)
Contreras G, 2004 (38)
Autore ed anno
TABELLA II - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI RCT SUCCESSIVI ALLA REVISIONE COCHRANE
Terapia delle nefriti proliferative lupiche
Terapia delle nefriti proliferative lupiche
nella presenza di pazienti con classe V e nell’assenza di
un’analisi degli effetti collaterali.
4. Chan TM, et al. Long-term study of mycophenolate
mofetil as continuous induction and maintenance treatment for diffuse proliferative lupus nephritis. J Am Soc
Nephrol 2005. Chan TM, et al. (41) hanno effettuato un
RCT monocentrico (Hong Kong), open label su 64 pazienti adulti con nefrite proliferativa lupica, randomizzati in 2
bracci di terapia di induzione: 1) steroide + MMF (33
pazienti); 2) steroide + CICLO per os seguiti da AZA (31
pazienti). Dopo un follow-up di circa 58 mesi, si osservava
una remissione completa nel 72.7% (24/32) di pazienti del
gruppo sperimentale trattato con MMF e nel 74.2% (23/30)
nel gruppo di controllo. Inoltre non vi erano differenze
significative per la comparsa di recidive e per la progressione verso l’insufficienza renale. Si osservava invece un
miglior outcome nel gruppo MMF, sia per quanto concerne
l’end-point combinato morte + ESRD (sebbene statisticamente non significativo), che per le infezioni totali e le
infezioni maggiori (tali da richiedere una ospedalizzazione). I dati suggeriscono una equivalenza di efficacia per il
MMF rispetto alla terapia sequenziale steroide +
CICLO/AZA, ma con minore tossicità.
Commento
Il lavoro è metodologicamente corretto; sono da considerare alcune riserve principali: a) i risultati sono applicabili
a razza non caucasica; b) i valori medi di creatininemia
all’inizio della osservazione sono bassi e quindi il livello di
compromissione funzionale moderata o assente; c) i dosaggi di CICLO per os sono elevati (2.5 mg/kg/die).
5. Ong LM, et al. Randomized controlled trial of pulse
intravenous cyclophosphamide versus mycophenolate
mofetil in the induction therapy of proliferative lupus
nephritis. Nephrology 2005. Ong LM, et al. (42) hanno
effettuato un RCT multicentrico in Malesia, open label, su
44 pazienti adulti con nefrite proliferativa lupica, randomizzati in 2 bracci di terapia di induzione: 1) steroide +
MMF; 2) steroide + CICLO endovena. Dopo un follow-up
di 6 mesi si osservava una remissione di malattia in un
numero paragonabile di pazienti [11/19 (58%) versus 13/25
(52%)], e una remissione della nefrite lupica (26% versus
12%). Lo score di attività in 24 biopsie ripetute si riduceva
in entrambi i gruppi.
Commento
Il campione è poco numeroso e il tempo di osservazione
troppo breve; inoltre gli end-points sono deboli e quindi lo
studio è statisticamente insoddisfacente.
6. Ginzler EM, et al. Mycophenolate mofetil or intravenous cyclophosphamide for lupus nephritis. N Engl J
Med 2005. Ginzler EM, et al. (43) hanno effettuato un
RCT multicentrico negli USA, open label, su 140 pazienti
adulti con nefrite proliferativa lupica, randomizzati in 2
bracci di terapia di induzione per 6 mesi: 1) steroide +
MMF (71 pazienti); 2) steroide + CICLO endovena (69
pazienti). Il confronto dei risultati mostrava una percentua-
le di remissione totali di malattia significativamente maggiore nel gruppo MMF [22.5% (16/71) versus 5.0%
(4/69)], equivalenza di remissioni parziali e percentuale
maggiore della sommatoria di remissioni totali e parziali
(52.1% versus 30.4%) e di remissioni della nefrite lupica
(26% versus 12%). La comparsa di recidive era paragonabile nei due gruppi, come pure la percentuale di mortalità
dei pazienti.
Commento
Lo studio include anche pazienti con GN membranosa.
Inoltre il periodo di osservazione è troppo breve, vi sono
molte perdite al follow-up e la mortalità nel periodo d’osservazione successivo a 24 mesi è elevata.
Sintesi conclusiva dell’evidenza
1) Non ci sono più dubbi sulla minore efficacia dello steroide da solo rispetto alla associazione di citotossici + steroide sugli end-points forti quali la morte del paziente o
l’ESRD. La revisione sistematica Cochrane, che analizza
tutti i lavori pubblicati entro i primi mesi del 2003, conferma questa evidenza consolidata.
2) In particolare, la CICLO associata allo steroide nella
fase di induzione riduce significativamente la perdita funzionale del rene ed offre un vantaggio superiore all’associazione di AZA e steroide in questa fase.
3) Il prezzo da pagare è costituito da un maggiore rischio
di alterazioni della funzione ovarica nei pazienti trattati con
lo schema CICLO + steroide.
4) L’associazione AZA + steroide determina una riduzione di tutte le cause di morte, al contrario dell’associazione
CICLO + steroide; tuttavia l’unico confronto diretto (AZA
versus CICLO) non dimostra differenze significative. Non
esistono pertanto ragioni sufficienti per proporre, nella
terapia di induzione, l’AZA in un ordine gerarchico superiore alla CICLO.
5) I punti meno chiari rimangono comunque i confronti
degli schemi terapeutici suddivisi in rapporto alle diverse
fasi di induzione e remissione, ed il confronto tra l’uso
della CICLO per via endovenosa o per via orale.
6) Dopo le conclusioni raggiunte dalla revisione sistematica Cochrane, sarebbe inutile e non più etico proporre
RCT di confronto del solo steroide verso associazioni di
steroidi più citotossici. A rigore di logica, il compito della
presente Linea Guida, finalizzata a rispondere alla domanda sul confronto tra steroide solo e steroide + citotossici nel
trattamento della nefrite lupica proliferativa, potrebbe limitarsi all’analisi della revisione Cochrane. A scopo di completezza sono stati tuttavia analizzati anche 6 RCT successivi al 2003, che propongono il confronto tra associazioni di steroide con diversi tipi o dosaggi di farmaci
citotossici. Due RCT confrontano diverse dosi di
CICLO in fase di induzione (39, 40). Gli altri 4 RCT
sono relativi al confronto di MMF associato a steroide
S57
S58
Chan TM, 2005 (41)
Houssiau FA, 2004 (40)
Yee CS, 2004 (39)
Remissione totale
(proteinuria < 0. 3 g/die, sedimento normale
e funzione renale stabile o migliorata).
Remissione parziale (funzione renale stabile
o migliorata con riduzione di proteinuria
> 50% rispetto al basale)
Mortalità totale
Insufficienza renale cronica
(aumento stabile della creatininemia o
raddoppio della creatinina o ESRD)
Abbandono, infezioni e morte
Sopravvivenza del rene
(raddoppio della creatininemia o ESRD)
Remissione completa
23/30 (77%)
Remissione parziale
22.6%
Remissione parziale
24. 2%
3/41 (7%)
8/41 (19%)
Abbandono 7/16 (44%)
Infezioni 4/13 (31%)
Morte 1/16 (6%)
3/16 (19%)
AZA: 29%
CICLO: 77%
AZA: 8%
CICLO: 32%
AZA: 6/19 (32%)
CICLO: 8/20 (40%)
AZA: 1/19 (5%)
CICLO: 3/20 (15%)
AZA: 0/19
CICLO: 4/20 (20%)
Gruppo controllo
(n. pazienti con evento/
n. totale di pazienti in
quel gruppo)
Remissione completa
24/32 (75%)
0 /44
10/44 (23%)
Abbandono 7/13 (54%)
Infezioni 5/13 (38%)
Morte 2/13 (15%)
0/13
MMF: 32%
Infezioni
MMF: 3/20 (15%)
Recidiva renale
(raddoppio del rapporto
proteinuria/creatininuria o aumento
del 50% della creatininemia)
MMF: 6%
MMF: 1/20 (5%)
Insufficienza renale cronica
(aumento stabile della creatininemia o
raddoppio della creatininemia o ESRD
con necessità di dialisi o trapianto)
Amenorrea
MMF: 1/20 (5%)
Mortalità totale
Contreras G, 2004 (38)
Gruppo di intervento
(n. pazienti con evento/
n. totale di pazienti in
quel gruppo)
Outcomes
Autore ed anno
TABELLA IV - RISULTATI DEGLI RCT SUCCESSIVI ALLA REVISIONE COCHRANE (VARIABILI DICOTOMICHE)
0.98 (da 0.74 a 1.30)
0.13 (da 0.01 a 2. 51)
1.16 (da 0.51 a 2.66)
1.23 (da 0.58 a 2.60)
1.25 (da 0.43 a 3.63)
0.92 (da 0.10 a 8.31)
0. 17 (da 0. 01 a 3. 08)
0.48 (da 0.14 a 1.63)
0.38 (da 0.12 a 1.21)
0.95 (da 0.06 a 14.13)
0.33 (da 0.04 a 2.94)
2.86 (da 0.12 a 66.11)
0.25 (da 0.03 a 2.05)
Rischio relativo
(intervallo di
confidenza 95%)
1.6
-2
-7
4
10
7
9
-19
3
-45
-2
-26
-17
-25
0
-10
5
-15
segue
Differenza di
rischio (%)
Terapia delle nefriti proliferative lupiche
Ginzler EM, 2005 (43)
Ong LM, 2005 (42)
Autore ed anno
4/32 (12%)
Insufficienza renale (aumento della
creatininemia o raddoppio della creatininemia
basale o ESRD)
16/71 (22%)
21/71 (30%)
37/71 (52%)
Remissione completa (normalizzazione
della creatininemia, proteinuria e sedimento)
Remissione parziale (miglioramento del 50%
di tutte le alterazioni renali senza
peggioramento entro il 10% di ogni parametro)
Remissione totale più parziale
1/71 (1%)
8/71 (11%)
4/71 (6%)
4/71 (6%)
Infezioni maggiori
Follow-up a distanza di 24 mesi
(Terapia di mantenimento)
Recidiva
Morte
Insufficienza renale cronica
0/71
56/71 (79%)
Risposta precoce a 12 settimane
(miglioramento del 30% di almeno 1 di 2
parametri renali alterati, o in 2 su 3)
Mortalità totale
26%
11/19 (58%)
Remissione di malattia
Remissione completa della nefrite lupica
4/32 (12%)
2/32 (6%)
Infezioni
Infezioni che richiedono ospedalizzazione
0/32
0/32
11/32 (34%)
Recidive
Morte
Morte + ESRD
Gruppo di intervento
(n. pazienti con evento/
n. totale di pazienti in
quel gruppo)
Outcomes
8/69 (12%)
8/69 (12%)
7/69 (10%)
6/71 (8%)
3/71 (4%)
21/69 (30%)
17/69 (25%)
4/69 (6%)
42/69 (61%)
12%
13/25 (52%)
12/30 (40%)
9/30 (30%)
2/30 (7%)
4/30 (13%)
3/30 (10%)
9/30 (30%)
Gruppo controllo
(n. pazienti con evento/
n. totale di pazienti in
quel gruppo)
0.97 (da 0.39 a 2.44)
0.49 (da 0.15 a 1.54)
0.56 (da 0.17 a 1.81)
0.17 (da 0.02 a 1.35)
0.14 (da 0.01 2.72)
1.71 (da 1.12 a 2.61)
1.20 (da 0.69 a 2.07)
3. 89 (da 1.37 a 11.05)
1.30 (da 1.04 a 1.62)
1. 11 (da 0. 65 a 1. 91)
0.31 (da 0.11 a 0.86)
0.21 (da 0.05 a 0.89)
0.19 (da 0.01 a 3.76)
0.10 (da 0.01 a 1.86)
1. 25 (da 0. 30 a 5. 13)
1. 15 (da 0. 55 a 2. 37)
Rischio relativo
(intervallo di
confidenza 95%)
TABELLA IV - RISULTATI DEGLI RCT SUCCESSIVI ALLA REVISIONE COCHRANE (VARIABILI DICOTOMICHE) (segue)
-1
-6
-4
-7
-4
22
5
16
18
14
6
-28
-24
-7
-13
2
4
segue
Differenza di
rischio (%)
Terapia delle nefriti proliferative lupiche
S59
S60
Nazione
USA
India
Finlandia
Linea Guida
American College
of Rheumatology
(66)
Indian Society of
Rheumatology (67)
National Glearinghouse
Guidelines (68)
2004
2002
1999
Anno
TABELLA V - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA
la terapia immunosoppressiva non è indicata
la terapia immunosoppressiva non è indicata
Prednisolone 20 mg/die per 6-12 settimane e successivo tapering se:
proteinuria > 1 g/die, C3 ridotto e alti titoli di anti-DNA
Prednisolone 40-60 mg/die e boli ev mensili di CICLO per 6 mesi e
successivamente ogni 3 mesi per 2 anni ; in alternativa, boli di corticosteroidi e
CICLO o AZA per os (2 mg/kg/die)
Prednisolone 1 mg/kg/die fino ad un massimo di 6 settimane; non indicazioni per
farmaci citossici
- induzione: corticosteroidi (alte dosi) da soli o con AZA
- mantenimento: riduzione graduale delle dosi
- induzione: boli ev di CICLO o ciclosporina o corticosteroidi con MMF
- mantenimento: corticosteroidi a basse dosi da soli o con AZA
- induzione: corticosteroidi (alte dosi) da soli o con AZA
- mantenimento: riduzione graduale delle dosi
- induzione: corticosteroidi (alte dosi) con MMF o AZA o boli ev mensili di CICLO
- mantenimento: riduzione graduale delle dosi o boli ev trimestrali di CICLO
- induzione: boli ev mensili di CICLO; nei non responsivi MMF o rituximab
- mantenimento: boli ev trimestrali di CICLO o AZA o MMF
Il trattamento deve essere sempre individualizzato e non basato solo sui dati immunologici.
In presenza di grave glomerulonefrite, trombocitopenia e anemia emolitica, devono essere utilizzati
corticosteroidi ad alte dosi e altri farmaci immunosoppressivi (grado A)
Classe V:
Classe III e IV:
Classe I:
Classe II a:
Classe II b:
b) mod.-grave
Membranosa:
a) lieve
c) gravi
b) moderate
Forme proliferative:
a) lievi
Raccomandazione
Terapia delle nefriti proliferative lupiche
Terapia delle nefriti proliferative lupiche
rispetto all’associazione di steroide con citotossici convenzionali somministrati in sequenza (CICLO/AZA):
due RCT in fase di induzione (42, 43), uno sia in fase di
induzione che mantenimento (41) e, infine l’ultimo in
fase di mantenimento (38).
7) Per quanto concerne la CICLO i risultati orientano
verso la minore dose cumulativa utilizzando schemi più
aggressivi in fase di induzione e più leggeri in fase di mantenimento (39, 40). Infine, la presenza in questi studi di
pazienti quasi tutti di razza caucasica selezionati in 27
Centri Europei rende verosimile l’applicabilità al contesto
italiano per omogeneità di razza ed area geografica.
8) Per quanto riguarda invece gli RCT sul MMF, il risultato meno convincente è quello della maggiore efficacia del
MMF rispetto alla CICLO nella fase di induzione (42, 43).
Gli altri due RCT, più corretti metodologicamente, dimostrano la pari efficacia di MMF e CICLO per os (fase di
induzione) e AZA (fase di mantenimento); gli effetti collaterali sono sovrapponibili all’AZA, ma inferiori rispetto
alla CICLO (38, 41).
9) Non sono state prodotte, al momento, evidenze sufficienti relativamente all’impiego di altri farmaci (57-65).
Implicazioni per la pratica clinica
1) L’insieme delle evidenze disponibili conferma la validità, per la nefrite proliferativa lupica, di uno schema terapeutico sequenziale, diviso nelle fasi di induzione, di remissione e mantenimento e consolidamento di remissione, con
l’obiettivo di utilizzare protocolli più aggressivi nella prima
fase e più leggeri nella seconda, in quanto l’entità di una
risposta precoce condiziona un buon esito a distanza.
2) Lo schema di induzione prevede boli endovenosi di
metilprednisolone (500-1000 mg) per 3 giorni consecutivi in
rapporto alla gravità dei sintomi renali ed extrarenali ed al
peso delle controindicazioni, quali età, diabete, ipertensione,
vasculopatia. La prosecuzione prevede una dose variabile di
prednisone per via orale (0.5-1.0 mg/kg/die per 4-8 settimane in dose unica mattutina per favorire il ritmo circadiano) e
successiva riduzione di 5-10 mg ogni due settimane fino ad
un dosaggio di 0.2-0.4 mg/kg/die al sesto mese.
3) Al momento attuale l’uso della CICLO associata allo
steroide nella fase di induzione del trattamento rimane la
migliore opzione per preservare la funzione renale nella
nefrite lupica proliferativa diffusa. La dose utilizzata
dovrebbe essere quella minima efficace e per il minor
tempo possibile ai fini di contenere la tossicità gonadica.
Ci si può orientare per uno di 12 settimane per una dose
cumulativa totale di 3 g (sia nella formulazione endovenosa sia nella somministrazione per os), con eventuale
estensione del trattamento fino a 6 mesi nelle forme più
gravi e meno responsive. Non ci sono, al momento, evidenze che privilegino la somministrazione endovenosa
rispetto a quella orale.
4) Lo schema della terapia di mantenimento comprende
l’AZA a dosi di 1-2 mg/kg/die per 6-12 mesi o, in alternativa, il MMF (1-2 g/die); sono state prodotte le prime evidenze di equivalenza di efficacia tra MMF e AZA.
5) Uno degli obiettivi attuali cui tendere è la sospensione
completa dello steroide che può essere proposta con attenta monitorizzazione dopo almeno due anni di completa
quiescenza clinica e laboratoristica.
Applicabilità
Sulla base delle considerazioni sopra esposte, non emergono ostacoli maggiori all’applicabilità delle conclusioni
sovraesposte nella realtà italiana. L’applicabilità prevede
naturalmente la diffusione tramite pubblicazione delle
Linee Guida di indirizzo e la loro implementazione con
strumenti quali audit, riunioni scientifiche e convegni di
formazione promossi dalla Società Italiana di Nefrologia.
Implicazioni per la ricerca
I problemi del trattamento della nefrite lupica proliferativa nascono oggi fondamentalmente dalla terapia della fase
di mantenimento ove sono necessari ulteriori RCT a lungo
termine in relazione all’evoluzione della funzione renale.
Altre implicazioni per la ricerca sono: a) una valutazione
comparativa sull’andamento a lungo termine della nefrite
lupica tra schemi di CICLO per via endovenosa o per via
orale a dosaggi sovrapponibili; b) ulteriori RCT che valutino la sospensione o meno dello steroide sulla prognosi a
lungo termine.
Altre Linee Guida
La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni, di
opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali. Le Linee Guida basate sulle evidenze non
sono molte, e soprattutto non prodotte da Società
Nefrologiche. Si accludono 3 Linee Guida basate sulle evidenze (Tab. V): a) la prima prodotta dall’American College
of Rheumatology nel 1999 (66); b) la seconda dalla Società
Reumatologica Indiana nel 2002 (67); c) la terza dalla
Società Reumatologica Finnica nel 2004 (68).
Indirizzo degli Autori:
Prof. Piero Stratta
S.C.D.U. Nefrologia e Trapianto
Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità
Università del Piemonte Orientale
Via Solaroli, 17
28100 Novara
e-mail: [email protected]
S61
Terapia delle nefriti proliferative lupiche
Bibliografia
1. Cameron JS. Systemic Lupus Erythematosus. In: Immunologic
renal disease, edited by Nielson EG, Couser WG. Philadelphia,
Lippincott Raven 2001; 1057-104.
2. Cockwell P. Systemic Lupus Erythematosus. BMJ 1997; 314:
292-5.
3. Berden JH. Lupus nephritis. Kidney Int 1997; 52: 538-58.
4. Wallace DJ. The clinical presentation of systemic lupus erythemathosus. In: Dubois’ Lupus Erythematosus, edited by Wallace
DJ, Hahn BH, Baltimore, Williams and Wilkins, 1996, 627.
5. Churg J, Bernstein J, Glassock RJ. Lupus nephritis. In: Renal
Diseases classification and Atlas of glomerular diseases, edited
by Churg J, Bernstein J, Glassock RJ, New York, Igaku-Shoin
1995, 151.
6. Balow JE, Austin HA, Muenz LR. Effect of treatment on the evolution of renal abnormalities in lupus nephritis. N Engl J Med
1984; 311: 491-5.
7. Wernick RM, Smith DL, Houghton DC, et al. Reliability of
histologic scoring for lupus nephritis: a community-based evaluation. Ann Intern Med 1993; 119: 805-11.
8. Weening JJ, D’Agati V, Schwartz MM, et al. on behalf of the
International Society of Nephrology and Renal Pathology
Society Working Group on the classification of nephritis. The
classification of glomerulonephritis in Systemic Lupus
Erithematosus Revisited. J Am Soc Nephrol 2004; 15: 241-50.
9. Austin HA, Boumpas DT, Vaughan EM, Balow JE. Predicting
renal outcomes in severe lupus nephritis: contributions of clinical and historical data. Kidney Int 1994; 45: 544-50.
10. Pollak VE, Pirani CL, Schwartz FD. The natural history of the
renal manifestations of systemic lupus erythematosus. J Lab Clin
Med 1964; 63: 537-50.
11. Rubin IA, Urowitz MB, Gladman DD. Mortality in systemic
lupus erythemathosus: the bimodal pattern revisited. Q J Med
1985; 216: 87-98.
12. Pollak VE, Kant KS, Hariharan S. Diffuse and focal proliferative
lupus nephritis: treatment approaches and results. Nephron 1991;
59: 177-93.
13. Ponticelli C, Zucchelli P, Banfi G, et al. Treatment of diffuse proliferative lupus nephritis by intravenous high-dose methylprednisolone. Q J Med 1982; 31: 16-24.
14. Kimberly RP. Pulse methylprednisolone in SLE. Clin Rheum Dis
1982; 8: 267-78.
15. Ponticelli C, Zucchelli P, Moroni G, Cagnoli L, Banfi G,
Pasquali S. Long-Term prognosis of diffuse lupus nephritis. Clin
Nephrol 1987; 28: 263-71.
16. Austin HA, Boumpas DT. Treatment of lupus nephritis. Semin
Nephrol 1996; 16: 527-35.
17. Ponticelli C. Current treatment recommendations for lupus nephritis. Drugs 1990; 40: 19-30.
18. Hahn BH, Kantor OS, Osterland CK. Azathioprine plus prednisone compared with prednisone alone in the treatment of systemic lupus erythematosus: report of a prospective controlled trial
in 24 patients. Ann Intern Med 1975; 83: 597-605.
19. Donadio JV, Holley VE, Ferguson RH, Ilstrup DM. Progressive
lupus glomerulonephritis: treatment with prednisone and cyclophosphamide. Mayo Clin Proc 1976; 51: 484-94.
20. Stejnbock M, Steward A, Diamond H, Kaplan D. Azathioprine in
the treatment of systemic lupus erythematosus: a controlled trial.
Arthritis Rheum 1971; 14: 639-45.
21. Dinant HJ, Decker JL, Klippel JH, Balow JE, Plotz PH, Steinberg
AD. Alternative mode of cyclophosphamide and azathioprine
therapy in lupus nephritis. Ann Intern Med 1982; 96: 728-36.
22. Austin HA, Klippel JH, Balow JE, et al. Therapy of lupus nephritis: controlled trial of prednisone and cytotoxic drugs. N Engl J
Med 1986; 314: 614-9.
23. Steinberg AD, Steinberg SC. Long-Term preservation of renal
function in patients with lupus nephritis receiving treatment that
includes cyclophosphamide versus those treated with prednisone
alone. Arthritis Rheum 1991; 34: 945-50.
S62
24. Boumpas DT, Austin HA, Vaughan EM, et al. Controlled trial of
pulse methylprednisolone with two regimens of pulse cyclophosphamide in severe lupus nephritis. Lancet 1992; 2: 741-5.
25. Felson T, Anderson J. Evidence for the superiority of immunosuppressive drugs and prednisone over prednisone alone in lupus
nephritis. N Engl J Med 1984; 311: 1528-33.
26. Bansal VK, Beto JA. Treatment of lupus nephritis: a meta-analysis of clinical trials. Am J Kidney Dis 1997; 29: 193-9.
27. Glicklich D, Acharya A. Mycophenolate mofetil therapy for
lupus nephritis refractory to intravenous cyclophosphamide. Am
J Kidney Dis 1998; 32: 318-22.
28. Chan TM, Li FK, Tang CS, et al. Efficacy of mycophenolate
mofetil in patients with diffuse proliferative lupus nephritis. N
Engl J Med 2000; 343: 1156-62.
29. Clark WF, Lindsay RM, Cattran DC, Chodirker WB, Barnes CC,
Linton AL. Monthly plasmapheresis for systemic lupus erythematosus with diffuse proliferative glomerulonephritis: a pilot
study. Can Med Assoc J 1981; 125: 171-4.
30. Jones JV, Robinson MF, Parciany RK, Layter LF, McLeod B.
Therapeutic plasmapheresis in systemic lupus erythematosus:
effects on immune complexes and antibodies to DNA. Arthritis
Rheum 1984; 24: 1113-20.
31. Euler HH, Schroeder JO. Plasmapheresis for lupus nephritis. N
Engl J Med 1992; 327: 1028.
32. Wei N, Huston DP, Lawley TJ, et al. Randomised trial of plasma
exchange in mild systemic lupus erythematosus. Lancet 1983;
1/8: 17-21.
33. Lewis E, Lachin JM, for The Lupus Nephritis Collaborative
Study Group. Primary outcomes in the controlled trial of plasmapheresis in severe lupus nephritis. Kidney Int 1987; 31: 208-12.
34. Lewis E, Hunsicker LG, Shy-Pihg I, Rohde R, Lachin JM, for
The Lupus Nephritis Collaborative Study Group. A controlled
trial of plasmapheresis in severe lupus nephritis. N Engl J Med
1992; 326: 1373-9.
35. Kincaid-Smith P, Fairley KF, Kloss M. Lupus anticoagulant associated with renal thrombotic microangiopathy and pregnancyrelated renal failure. QJM 1988; 69: 795-815.
36. Furlan M, Robles R, Morselli B, Sandoz P, Lammle B. Recovery
and half-life of von Willebrand factor-cleaving protease after
plasma therapy in patients with thrombotic thrombocytopenic
purpura. Thromb Haemost 1999; 81: 8-13.
37. Flanc RS, Roberts MA, Strippoli GF, Chadban SJ, Kerr PG,
Atkins RC. Treatment of diffuse proliferative lupus nephritis: a
meta-analysis of randomized controlled trials. Am J Kidney Dis
2004; 43: 197-208.
38. Contreras G, Pardo V, Leclercq B, et al. Sequential therapies for
proliferative lupus nephritis. N Engl J Med 2004; 350: 971-80.
39. Yee CS, Gordon C, Dostal C, et al. EULAR randomised controlled trial of pulse cyclophosphamide and methylprednisolone versus continuous cyclophosphamide and prednisolone followed by
azathioprine and prednisolone in lupus nephritis. Ann Rheum
Dis 2004; 63: 525-9.
40. Houssiau FA, Vasconcelos C, D’Cruz D, et al. Early response to
immunosuppressive therapy predicts good renal outcome in lupus
nephritis: lessons from long-term follow up of patients in the
Euro-Lupus Nephritis Trial. Arthritis Rheum 2004; 50: 3934-40.
41. Chan TM, Tse KC, Tang CS, Mok MY, Lif K, for The Hong Kong
Nephrology Study Group. Long-term study of mycophenolate
mofetil as continuous induction and maintenance treatment for
diffuse proliferative lupus nephritis. J Am Soc Nephrol 2005; 16:
1076-84.
42. Ong LM, Hooi LS, Lim TO, et al. Randomized controlled trial of
pulse intravenous cyclophosphamide versus mycophenolate
mofetil in the induction therapy of proliferative lupus nephritis.
Nephrology 2005; 10: 504-10.
43. Ginzler EM, Dooley MA, Aranow C, et al. Mycophenolate mofetil or intravenous cyclophosphamide for lupus nephritis. N Engl
J Med 2005; 353: 2219-28.
Terapia delle nefriti proliferative lupiche
44. Mok CC, Wong RW, Lai KN. Treatment of severe proliferative
lupus nephritis: the current state. Ann Rheum Dis 2003; 62: 799804.
45. Mok CC, Ying KY, Lau CS, et al. Treatment of pure membranous
lupus nephropathy with prednisone and azathioprine: an openlabel trial. Am J Kidney Dis 2004; 43: 269-76.
46. Lehman TJ, Edelheit BS, Onel KB. Combined intravenous
methotrexate and cyclophosphamide for refractory childhood
lupus nephritis. Ann Rheum Dis 2004; 63: 321-3.
47. Balow JE, Austin HA. Maintenance therapy for lupus nephritis something old, something new. N Engl J Med 2004; 350: 1044-6.
48. Spetie DN, Tang Y, Rovin BH, et al. Mycophenolate therapy of
SLE membranous nephropathy. Kidney Int 2004; 66: 2411-5.
49. Chan TM, Tse KC, Tang CS, Lai KN, Li FK. Long-term outcome of patients with diffuse proliferative lupus nephritis treated
with prednisolone and oral cyclophosphamide followed by azathioprine. Lupus 2005; 14: 265-72.
50. Cross J, for Renal Association Clinical Trials Subcommittee. Mycophenolate mofetil for remission induction in
severe lupus nephritis. Nephron Clin Pract 2005; 10: 92-100.
51. Contreras G, Tozman E, Nahar N, Metz D. Maintenance therapies
for proliferative lupus nephritis: mycophenolate mofetil, azathioprine and intravenous cyclophosphamide. Lupus 2005; 14
(Suppl. 1): 33-8.
52. Gonzalez B, Hernandez P, Olguin H, et al. Changes in the survival of patients with systemic lupus erythematosus in childhood:
30 years experience in Chile. Lupus 2005; 14: 918-23.
53. Contreras G, Pardo V, Cely C, et al. Factors associated with poor
outcomes in patients with lupus nephritis. Lupus 2005; 14: 890-5.
54. Pisoni CN, Sanchez FJ, Karim Y, et al. Mycophenolate mofetil in
systemic lupus erythematosus: efficacy and tolerability in 86
patients. J Rheumatol 2005; 32: 1047-52.
55. Flores-Suarez LF. Remission of severe relapsing or persistent
lupus nephritis using mycophenolate mofetil. Arch Med Res
2006; 37: 68-73.
56. Renal Disease Subcommittee of the American College of
Rheumatology. Ad Hoc Committee on Systemic Lupus
Erythematosus Response Criteria. The American College of
Rheumatology response criteria for proliferative and membra-
57.
58.
59.
60.
61.
62.
63.
64.
65.
66.
67.
68.
nous renal disease in systemic lupus erythematosus clinical
trials. Arthritis Rheum 2006; 54: 421-32.
Tanaka H, Suzuki K, Nakahata T, Tsugawa K, Ito E, Waga S.
Mizoribine oral pulse therapy for patients with disease flare of
lupus nephritis. Clin Nephrol 2003; 60: 390-4.
Hu W, Liu Z, Shen S, et al. Cyclosporine A in treatment of membranous lupus nephropathy. Chin Med J 2003; 116: 1827-30.
Lambotte O, Durbach A, Kotb R, Ferlicot S, Delfraissy JF,
Goujard C. Failure of rituximab to treat a lupus flare-up with
nephritis. Clin Nephrol 2005; 64: 73-7.
Yumura W, Suganuma S, Uchida K, et al. Effects of long-term
treatment with mizoribine in patients with proliferative lupus
nephritis. Clin Nephrol 2005; 64: 28-34.
Coelho A, Souto MI, Cardoso CR, et al. Long-term thalidomide
use in refractory cutaneous lesions of lupus erythematosus: a 65
series of Brazilian patients. Lupus 2005; 14: 434-9.
Fujinaga S, Kaneko K, Ohtomo Y, et al. Induction therapy with
low-dose intravenous cyclophosphamide, oral mizoribine, and
steroids for severe lupus nephritis in children. Pediatr Nephrol
2005; 20: 1500-3.
Mok CC, Tong KH, To CH, Siu YP, Au TC. Tacrolimus for induction therapy of diffuse proliferative lupus nephritis: an openlabeled pilot study. Kidney Int 2005; 68: 813-7.
Toubi E, Kessel A, Shoenfeld Y. High-dose intravenous immunoglobulins: an option in the treatment of systemic lupus erythematosus. Hum Immunol 2005; 66: 395-402.
Marmont AM, Gualandi F, van Lint MT, Guastoni C, Bacigalupo
A. Long term complete remission of severe nephrotic syndrome
secondary to diffuse global (IV-G) lupus nephritis following
autologous, haematopoietic peripheral stem (CD34+) cell transplantation. Lupus 2006; 15: 44-6.
American College of Rheumatology: Guidelines recommended
for Lupus Nephritis. Arthritis Rheum 1999; 42: 1785.
Kumar A. Indian Guidelines on the Management of SLE. J
Indian Rheumatol Assoc 2002; 10: 80-96.
Glearinghouse Guidelines: Gripenbrg-Gahmberg M. Systemic
lupus erythematosus. In: EBM Guidelines Evidence-Based
Medicine. Helsinky, Finland: Duodecim Medical Pubblications
Ltd; 2004 Aug 12.
S63
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S64-S82
Prevenzione della progressione del danno renale
Farmaci antipertensivi per la prevenzione
della progressione delle nefropatie croniche:
Linea Guida
L. Del Vecchio, C. Manno, P. Ravani, L. De Nicola, B. CianciarusoUniversità di Brescia, Brescia
Antihypertensive agents for the prevention of chronic kidney disease progression:
guideline from the Italian Society of Nephrology
Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In
the present guideline, evidence of the use of antihypertensive agents to prevent chronic kidney disease progression (CKD)
is presented.
Methods. SR of RCT and RCT on antihypertensive agents used to prevent CKD progression were identified referring to a
Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update).
Results. Seven SR and 26 further RCT were found addressing this intervention issue. Methodological quality of available
RCT was suboptimal according to current methodological standards. Angiotensin converting enzyme inhibitors (ACE-I) are
associated with significant effects on the prevention of CKD progression in non-diabetic and diabetic patients (evidence
from SR). Angiotensin receptor blockers (ARB) are as effective as ACE-I in delaying CKD progression in diabetic and nondiabetic patients (evidence from SR). Dihydropyridine and non-dihydropyridine calcium antagonists have not been found
to significantly affect proteinuria and CKD progression (evidence from SR). Combination therapy with ACE-I and ARB is
associated with a significant reduction in the risk of CKD progression and proteinuria, but long term data are only available in patients with non-diabetic nephropathy (evidence from RCT).
Conclusion. Available evidence of renal protection suggest that ACE-I and ARB should be recommended in CKD patients
(diabetic and non-diabetic nephropathy). Further studies are necessary to test the effectiveness of other antihypertensive
agents or combination therapy. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S64-82)
KEY WORDS: Antihypertensive agents, Chronic kidney disease, Diabetic kidney disease
PAROLE CHIAVE: Farmaci antipertensivi, Nefropatie croniche, Nefropatia diabetica
LINEA GUIDA
Terapia con ACE inibitori (ACE-I)
Nefropatie non diabetiche. La terapia con ACE-I rallenta in modo significativo la progressione delle nefropatie croniche verso l’uremia terminale o “end stage renal disease” (ESRD) e riduce significativamente la proteinuria, anche in
assenza d’ipertensione arteriosa (livello di evidenza 2).
Nefropatia diabetica
a) Progressione del danno renale. La terapia con ACE-I riduce il rischio di progressione della nefropatia, definita come
raddoppio della creatininemia o ESRD (livello 1). Tale effetto sembra essere di modesta entità.
b) Progressione da micro- a macroalbuminuria. La terapia con ACE-I riduce significativamente il rischio di progressione da micro- a macroalbuminuria (livello 1).
c) Regressione da micro- a normoalbuminuria. La terapia con ACE-I aumenta significativamente la probabilità di
regressione da micro- a normoalbuminuria (livello 1).
La mancanza di un’analisi separata per tipo di diabete non consente di effettuare raccomandazioni specifiche al diabete di tipo 1 o 2.
S64
© Società Italiana di Nefrologia
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
Terapia con sartani
Nefropatie non diabetiche
La terapia con sartani sembra avere un’efficacia analoga all’ACE-I nel rallentare la progressione delle nefropatie croniche non diabetiche verso l’ESRD e nel ridurre la proteinuria (livello 2).
Nefropatia diabetica
a) Progressione del danno renale. La terapia con sartani riduce significativamente il rischio di progressione della
nefropatia, definita come raddoppio della creatininemia o ESRD (livello 1).
b) Progressione da micro- a macroalbuminuria. La terapia con sartani riduce significativamente il rischio di progressione da micro- a macroalbuminuria (livello 1).
c) Regressione da micro- a normoalbuminuria. La terapia con sartani aumenta significativamente la probabilità di
regressione da micro- a normoalbuminuria (livello 1).
Gli effetti tra ACE-I e sartani sembrano sovrapponibili. La Linea Guida è stata ottenuta da studi sul diabete di tipo 2.
Terapia con calcio-antagonisti
I calcio-antagonisti non diidropiridinici sembrano ridurre significativamente la proteinuria [(analisi non aggiustata)
(livello 1)]; non ci sono dati attendibili sulla progressione del danno renale.
I calcio-antagonisti diidropiridinici non hanno effetto significativo sulla proteinuria né sulla progressione delle nefropatie (livello 1).
Terapie di associazione
L’associazione ACE-I e sartani riducono significativamente la progressione delle nefropatie croniche e la proteinuria
[(dati a lungo termine solo nelle nefropatie non diabetiche) (livello 2)]. L’associazione ACE-I e calcio-antagonisti rispetto ai farmaci in monoterapia non sembra avere effetto aggiuntivo sulla proteinuria, né sulla progressione nelle nefropatie non diabetiche; è possibile un effetto sulla proteinuria nella nefropatia diabetica (livello 2).
Premesse
L’ipertensione arteriosa è una condizione ad elevata prevalenza nei pazienti con nefropatia cronica. Rispetto alla
popolazione generale, questi soggetti si caratterizzano per
una maggiore difficoltà nell’ottenere un adeguato controllo
dei valori pressori e per la necessità di utilizzare per tale
scopo un numero maggiore di farmaci antipertensivi. In
Italia non esistono stime precise sulla prevalenza dell’insufficienza renale cronica (IRC) in fase conservativa e di conseguenza sulla prevalenza d’ipertensione arteriosa in questa
popolazione. Il controllo dell’ipertensione arteriosa e/o l’utilizzo di farmaci antipertensivi rappresenta uno dei principali interventi terapeutici nei pazienti con nefropatie croniche, in quanto, come nella popolazione generale, importante per prevenire gli eventi cardiovascolari, ed inoltre in
grado di rallentare la progressione delle nefropatie stesse.
Tale effetto è in parte dipendente dalla riduzione della proteinuria secondaria alla riduzione dei valori pressori, in
parte da uno specifico effetto antiproteinurico proprio di
alcune classi di farmaci antipertensivi e parzialmente indipendente dall’azione sulla pressione arteriosa.
Lo scopo di questa Linea Guida è stato quello di esaminare i dati oggi disponibili sull’efficacia dei diversi farmaci antipertensivi e della loro associazione sulla progressio-
ne del danno renale nei pazienti con nefropatia cronica sia
diabetica che non diabetica, sulla base dell’evidenza che
deriva dalle revisioni sistematiche (livello di evidenza 1) e
dagli studi randomizzati controllati [(RCT) (livello 2)];
sono stati selezionati gli studi che valutavano sia “hard endpoints”, quali morte, uremia terminale o “end stage renal
disease” (ESRD), sia “surrogate endpoints”, quali raddoppio della creatinina sierica rispetto al basale, riduzione del
filtrato glomerulare (GFR), variazioni della creatininemia,
proteinuria ed escrezione urinaria di albumina/proteine. La
popolazione d’interesse di questa Linea Guida è rappresentata dai pazienti con nefropatia cronica di stadio I-IV
secondo la classificazione proposta dalle Linee Guida KDOQI della “National Kidney Foundation” ed i pazienti
con nefropatia diabetica (diabete di tipo 1 e 2) in fase
microalbuminurica (microalbuminuria tra 20 e 200 μg/min
o tra 30 e 300 mg/die) o conclamata (albuminuria > 300
mg/die o proteinuria > 500 mg/die).
Strategia di ricerca bibliografica
La ricerca è stata effettuata utilizzando una stringa
generica contenente i termini “antihypertensive OR blood
pressure” mediante le banche dati Medline e con il ricor-
S65
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
so alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal
Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT
prodotti in Nefrologia, Dialisi e Trapianto. Questo elenco
deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline,
Embase, numerosi altri database di studi clinici e la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali
Congressi di interesse Nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo
Cochrane. Infine la ricerca bibliografica è stata completata
manualmente, facendo uso di Riviste Scientifiche, Atti
Congressuali ed altre Linee Guida. I limiti temporali della
ricerca sono stati dal gennaio 1977 al novembre 2005.
Evidenza disponibile
La ricerca bibliografica ha permesso di individuare 1093
RCT, 41 revisioni Cochrane nella Renal Health Library e
19 Meta-Analisi non-Cochrane. Sono stati esclusi gli studi
con un follow-up inferiore a 6 mesi. L’analisi dei singoli
lavori ha portato alla selezione di 6 studi di meta-analisi,
una revisione sistematica Cochrane e 26 RCT pubblicati
dopo le meta-analisi considerate o che si riferiscono a quesiti non presi in considerazione da queste. Le caratteristiche
di tutti gli studi analizzati in questa Linea Guida sono riportate nelle rispettive Tabelle.
Descrizione degli studi
Questa Linea Guida ha utilizzato la classica metodologia
e strategia di ricerca generata dal gruppo Cochrane per
individuare revisioni sistematiche, studi di metanalisi e
RCT nei diversi databases elettronici. Il quesito di ricerca
è stato: “Qual è l’efficacia di diverse classi di farmaci antipertensivi nel ridurre la proteinuria e la velocità di progressione dell’IRC?” I pazienti identificati sono stati i soggetti
con nefropatie croniche (stadi I-IV secondo la classificazione K-DOQI) e/o soggetti con nefropatia (sia conclamata che in fase microalbuminurica) secondaria a diabete di
tipo 1 e 2. I gruppi d’intervento e controllo hanno ricevuto la terapia con il farmaco sperimentale (o con combinazione di più farmaci sperimentali) da soli o con altri farmaci antipertensivi (intervento) rispetto alla terapia con placebo e/o altri farmaci antipertensivi (controllo). Gli outcomes
considerati sono stati le modificazioni del GFR e della
creatininemia, raddoppio della creatininemia rispetto ai
valori basali, entità della riduzione della proteinuria rispetto al valore basale, raggiungimento di ESRD o morte.
Sono stati individuati 4 studi di metanalisi (1-4) e 14
RCT (5-18) che rispondevano al quesito sull’efficacia degli
ACE-I nelle nefropatie croniche non diabetiche, una revisione Cochrane (19), una metanalisi (4) e 4 RCT pubblicati successivamente (20-23) nella nefropatia diabetica. Sono
stati individuati 4 RCT (13, 15, 16, 24) pubblicati dal 1998
S66
al 2003 in merito all’efficacia dei sartani nelle nefropatie
croniche non diabetiche, mentre nella nefropatia diabetica
è stata individuata la revisione Cochrane già citata (19) ed
un RCT (23) pubblicato successivamente. L’efficacia dei
calcio-antagonisti nelle nefropatie croniche è stata valutata
da una meta-analisi (25) e da 6 RCT pubblicati successivamente (14, 17, 22, 26-28). Per quanto concerne le terapie di
associazione nelle nefropatie croniche, la terapia combinata con ACE-I e sartani è stata analizzata in una meta-analisi (29) pubblicata solo in forma di abstract e in 3 RCT (13,
16, 30), mentre quella con ACE-I e calcio antagonista in 6
RCT (6, 11, 31-34) pubblicati tra il 1998 e il 2005.
Qualità degli studi. La valutazione metodologica assume che ogni bias sia minimizzato in un RCT in presenza
dei seguenti criteri: a) corretta segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”) dei pazienti prima dell’ingresso formale nello studio; b) adeguato mascheramento dei pazienti, dei clinici e degli outcome assessors (blinding); c) descrizione delle ragioni e del numero dei “withdrawals” e dei “dropouts” [perdite al follow-up (“lost to follow-up”)]; d) analisi statistica condotta per intenzione al
trattamento (“intention-to-treat analysis”). La qualità di
tutti gli studi analizzati in questa Linea Guida è riportata
nelle rispettive Tabelle.
Analisi statistica. L’analisi statistica ha valutato il rischio
relativo [“relative risk” (RR)] con intervalli di confidenza
(IC) al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici e la differenza pesata tra le medie [“weighted mean
difference” (WMD)] con IC al 95% per gli outcomes continui. Alcuni outcomes dicotomici sono stati analizzati con il
test del Chi-quadro.
Risultati
ACE inibitori nelle nefropatie non diabetiche (Tab. I)
L’evidenza più importante proviene dal gruppo “AIPRD
Study”, che ha raccolto in uno studio di metanalisi 1860
pazienti con nefropatie non-diabetiche, provenienti da 11
RCT (1). Dopo un follow-up medio di 2.2 anni, una percentuale significativamente inferiore di pazienti trattati con
ACE-I rispetto ai controlli ha raggiunto l’uremia terminale,
l’endpoint combinato di raddoppio della creatininemia o
uremia terminale, e quello combinato di uremia terminale
o morte. L’ACE-I determinava anche una maggiore riduzione della proteinuria. Recentemente è stata pubblicata una
sottoanalisi dei pazienti con malattia renale policistica proveniente da questo pool di pazienti (35). Durante un followup medio di 2.3 anni si è avuta la progressione dell’IRC in
50/142 pazienti: 20 (29%) trattati con ACE-I e 30 (41%) del
gruppo di controllo; tale differenza non era statisticamente
significativa, forse a causa della scarsa numerosità.
In precedenza sono state pubblicate 3 meta-analisi. La
prima è quella di Giatras et al. (2), che contiene i dati rela-
16 RCT; 9 RCT in 642 pz
diabetici con
microalbuminuria;
7 RCT in 1389 pazienti
proteinurici con IRC (30%
diabetici)
10 RCT, 1594 pz con
nefropatie non diabetiche,
ipertensione arteriosa (dato
non disponibile), creatininemia
1.0-4.4 mg/dL.
Withdrawals: 313 pz (20.9% in
ACE-I, 18.2% nei controlli)
Metanalisi (studi con almeno
un anno di follow-up)
Metanalisi (studi con almeno
un anno di follow-up)
Kshirsagar AV, 2000 (4)
Giatras I, 1997 (2)
Partecipanti
11 RCT; 1860 pz con nefropatie non diabetiche, ipertensione
arteriosa (92%), creatininemia
2.0 ± 1.2 mg/dL
Withdrawals: 387 pz (22% in
ACE-I, 19.6% nei controlli)
Metodi
Metanalisi (dati dei singoli
pazienti con almeno un anno
di follow-up)
Jafar
TH, 2001 (1)
Autore ed anno
Terapia antipertensiva
contenente ACE-I (806 pz) vs
terapia antipertensiva senza
ACE-I (788 pz)
Terapia antipertensiva
contenente ACE-I vs terapia
antipertensiva senza ACE-I o
placebo
Terapia antipertensiva con
ACE-I (983 pz) vs terapia antipertensiva senza ACE-I (963
pz)
Interventi
Morte: 17/806 (2.1%) in ACE-I
vs 12/788 (1.5%) nei controlli;
RR 1.24; IC 95% 0.55-2.83
ESRD: 52/806 (6.4%) in
ACE-I vs 72/788 (2.1%) nei
controlli; RR 0.70; IC 95%
0.51-0.97
Raddoppio creatininemia o
ESRD: 115/700 (16%) in
ACE-I vs 193/689 (28%) nei
controlli; RR 0.60; IC 95%
0.49-0.73
Progressione a
macroalbuminuria: 24/326
(7.4%) in ACE-I vs 75/316
(23.7%) nel gruppo placebo;
RR 0.35; IC 95% 0.24-0.53
ESRD + raddoppio creatininemia: 89/983 (9.5%) in ACE-I
vs 134/983 (14.7%) nei controlli (p=0.001); RR non
aggiustato 0.64; IC 95%
0.51-0.80
ESRD: 70/983 (7,4%) in
ACE-I vs 106/983 (11.6%) nei
controlli (p=0.002); RR non
aggiustato 0.63; IC 95% 0.47
- 0.85
Outcomes e Risultati
Studi eterogenei
segue
Nel gruppo ACE-I riduzione
maggiore della PAS media di
4.5 mmHg (IC 95% 3.0-6.1) e
della PAD media di 2.3 mmHg
(IC 95% 1.4-3.2)
Note
TABELLA I - CARATTERISTICHE DI 4 METANALISI, 1 REVISIONE COCHRANE E 20 RCT SULL’UTILIZZO DI ACE-I, SARTANI E LORO ASSOCIAZIONE
NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
S67
S68
Partecipanti
41 RCT, 1124 pazienti (558
con nefropatia non diabetica)
40 pz con nefropatie croniche
(5 con nefropatia diabetica),
PA > 135/85 mmHg,
GFR mediano 17 (6-35)
mL/min/1.73 m2
PA > 135/85
136 pz con nefropatie croniche
non diabetiche; Crcl 20-60
mL/min e/o creatininemia
1.5-3.0 mg/dL
52 pz con nefropatie croniche
non diabetiche, ipertensione,
proteinuria 0.3 g/die; Clcr >
30 mL/min
Metodi
Metanalisi
RCT;
Ac: non chiaro; B: no
W: menzionati; Analisi ITT: no
RCT;
Ac: non chiaro; B: sì ma non
spiegato
W: menzionati; Analisi ITT: sì
RCT;
Ac: non chiaro; B: no
W: non menzionati; Analisi
ITT: non chiara
Autore ed anno
Gansevoort RT,
1995 (31)
Elung-Jensen T,
2005 (18)
Del Vecchio L,
2004 (17)
Matsuda H, 2003 (15)
ACE-I (Trandolapril 1 mg/die
o Perindopril 2 mg/die) (27 pz)
vs Losartan 25 mg/die o
candesartan 4 mg/die (25 pz)
Follow-up: 6 mesi
Enalapril (69 pz) 10-20 mg/die
vs Manidipina (67 pz) 10-20
mg/die
Durata dello studio: 6 mesi
Alte vs basse concentrazioni
plasmatiche di Enalaprilat
rispetto a dosaggi equivalenti
di Enalapril
Terapia antipertensiva
contenente ACE-I vs terapia
antipertensiva senza ACE-I
Interventi
Note
Popolazione eterogenea
Durata dello studio: 12 mesi
Variazioni Clcr: nessuna
differenza
Proteinuria: non modificazioni
proteinuria se lieve. Nei pazienti
con proteinuria moderata: ACE-I
riduzione 54 ± 7%; Sartanici
riduzione 41 ± 6%.
Pressione arteriosa: analoga
riduzione
segue
I due sartanici sono sottodosati; disegno poco chiaro
Riduzione proteinuria:
Endpoint primario: variazione
Enalapril (da 1.37 ± 1.45 g/die PA. Riduzione maggiore nel
a 1.00 ± 1.55 g/die).
gruppo Enalapril
Manidipina (da 1.60 ± 1.59 a
1.62 ± 1.79 g/die)
Funzionalità renale: nessuna
differenza
clearance del 51Cr-EDTA,
slope del GFR nel tempo,
proteinuria
Dati solo per Enalaprilat
Riduzione proteinuria:
Analoga riduzione PA nei due
significativamente maggiore
gruppi
con ACE-I (-39.9%; IC 95%
da -42.8 a -36.8%) rispetto a 17.0% (IC 95% da -19.0 a 15.1%) nei controlli
Outcomes e Risultati
TABELLA I - CARATTERISTICHE DI 4 METANALISI, 1 REVISIONE COCHRANE E 20 RCT SULL’UTILIZZO DI ACE-I, SARTANI E LORO ASSOCIAZIONE
NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE (segue)
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
Partecipanti
68 pz con nefropatie croniche
non diabetiche, creatininemia
1.5-3.0 mg/dL e PA > 140/90
mmHg
36 pz con nefropatie croniche,
PA > 140/90, proteinuria
> 1.5 g/die, GFR 11-80
mL/min/1.73 m2
89 pz con malattia renale
policistica autosomica
dominante, creatininemia
< 225 μmol/L
125 pz con nefropatie croniche
non diabetiche,
Clcr ≥ 50 mL/min, proteinuria
> 1.0 g/die, PA > 130/85
mmHg
Metodi
RCT;
Ac: non chiaro; B: no;
W: menzionati;
Analisi ITT: no
RCT;
Ac: non chiaro; B: no;
W: menzionati;
Analisi ITT: no
RCT;
Ac: non chiaro; B: sì, solo per
i normotesi;
W: menzionati;
Analisi ITT: no
RCT;
Ac: non chiaro; B: sì;
W: menzionati; Analisi ITT: sì
RCT (disegno 3 x 2 fattoriale); 1094 pz con nefropatia
Ac: non chiaro; B: sì;
ipertensiva,
W: menzionati; Analisi ITT: sì GFR 20-65 mL/min/1.73 m2
Autore ed anno
Hayashi K, 2003 (14)
Segura J, 2003 (13)
van Dijk M, 2003 (12)
PROCOPA Study Group,
2002 (11)
Wright JT, 2002 (10)
Ramipril 2.5 - 10 mg/die (463
pz) vs Metoprololo 50-200
mg/die (441 pz) vs Amlodipina
5-10 mg/die (217 pz)
Follow-up: da 3 a 6.4 anni
Trandolapril 2 mg/die (30 pz),
Atenololo 50 mg/die (31 pz),
Verapamil 240 mg/die (29 pz),
Verapamil + Trandolapril (29
pz)
Follow-up: 6 mesi
Enalapril 5-10 mg/die (32 pz)
vs placebo nei normotesi (29
pz); Enalapril 20 mg/die (13
pz) vs Atenololo 100 mg/die
(29 pz)
Follow-up: 3 anni
Benazapril
(12 pz) vs Valsartan (12 pz) vs
associazione dei due (12 pz)
Follow-up: 6 mesi
ACE-I (Enalapril 2.5 mg/die o
Lisinopril 5 mg/die o
Imidapril, 5 mg/die) (30 pz) vs
Efonidipine (20 mg/die) (38 pz)
Follow-up: 12 mesi
Interventi
Pochi pazienti per singolo
gruppo, riduzione pressoria
inferiore nel gruppo Verapamil
Scarsa numerosità del
campione
Riduzione analoga della
pressione arteriosa.
Gruppo eterogeneo di farmaci
per gli ACE-I
Note
segue
Variazione slope GFR: nessuna Popolazione di Afrodifferenza tra i tre gruppi.
Americani, scarsa applicabilità
alla popolazione italiana
End-point composito di
riduzione del GFR basale
≥50% (o ≥25 %) mL/min/1.73
m2, ESRD o morte: Ramipril
riduzione RR 22% (IC 95% 138; p = 0.04) e 38% (IC 95%,
14-56; P = 0.004) rispetto a
Metoprololo e Amlodipina
Variazioni proteinuria:
riduzione con Trandolapril
(40.2%; IC 95% 24.3-56.2) e
associazione Verapamil +
Trandolapril (48.5%; IC 95%
31.7-64.3).
Variazioni clearance inulina:
nei normotesi riduzione
anologa nei due gruppi (-7 ± 3
vs -9 ± 1 mL/min); negli
ipertesi riduzione analoga nei
due gruppi
Variazioni proteinuria:
riduzione di 0.5±1.7 con
benazapril 1.2±2.0 con
valsartan, 2.5±1.8 g/die (p<
0.05) con l’associazione
Proteinuria: Riduzione se
basale >1 g/die (ACE-I, da 3.0
± 0.4 a 2.0 ± 0.5 g/die;
Efonidipine, da 2.7 ± 0.3 a 2.1
± 0.3 g/die)
Variazione Clcr: nessuna
differenza.
Outcomes e Risultati
TABELLA I - CARATTERISTICHE DI 4 METANALISI, 1 REVISIONE COCHRANE E 20 RCT SULL’UTILIZZO DI ACE-I, SARTANI E LORO ASSOCIAZIONE
NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE (segue)
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
S69
S70
Partecipanti
30 pz con GN
membranoproliferativa,
ipertensione,
Clcr 30-80 mL/min,
creatininemia 1.2 -3.0 mg/dL
165 pz con nefropatie croniche
non diabetiche, PAD ≥ 95 mm
Hg, GFR medio ≈ 40
mL/min/1.73m2
241 pz con nefropatie non
diabetiche, PAD ≥ 95. GFR
37± 20 mL/min/1.73m2
Metodi
RCT;
Ac: non chiaro; B: no;
W: menzionati;
Analisi ITT: no
RCT;
Ac: sì;
B: no
W: menzionati; Analisi ITT: si
RCT;
Ac: non chiaro; B: no;
W: menzionati;
Analisi ITT: sì
Autore ed anno
Giri S, 2002 (9)
Herlitz H, 2001 (8)
Marin R, 2001 (7)
Fosinopril 10-30 mg/die (129
pz) vs Nifedipina GITS 30-60
mg/die (112 pz)
Follow-up minimo: 3 anni
Ramipril 2.5 - 20 mg/die (54
pz) vs Felodipina 2.5 -20
mg/die (54 pz) vs associazione
dei due (2.5-10 mg/die) (51 pz)
Follow-up: ≈ 2 anni
Enalapril 10 mg/die (10 pz) vs
Nifedipina 30 mg/die (10 pz)
vs controlli (10 pz)
Follow-up: 9 mesi
Interventi
Variazione proteinuria:
riduzione media del 57% con
Fosinopril, aumento del 7%
con Nifedipina
Raddoppio della creatininemia
o ESRD: Fosinopril: 27/127
(21%) vs Nifedipina GITS
40/112 (36%);
RR 0.47; IC 95% 0.26-0.84;
p=0.01
Progressione più lenta con la
terapia di associazione rispetto
a Felodipina ma non Ramipril;
tendenza all’aumento della
proteinuria in Felodipina e alla
riduzione in Ramipril e in
associazione
Variazioni clearance iohexole
e proteinuria
Variazioni proteinuria:
Enalapril riduzione da da 3.3 ±
1.0 a 1.6 ± 1.1 g/die;
Nifedipina aumento da 3.0 ±
1.3 a 3.9 ± 0.4 g/die (p < 0.01)
Variazioni creatininemia:
Enalapril riduzione da 1.72 ±
0.45 a 1.24 ± 0.58 mg/dL;
Nifedipina: non significative
Outcomes e Risultati
segue
Scarsa numerosità dei pazienti
nei singoli gruppi
Popolazione selezionata, scarsa
numerosità
Note
TABELLA I - CARATTERISTICHE DI 4 METANALISI, 1 REVISIONE COCHRANE E 20 RCT SULL’UTILIZZO DI ACE-I, SARTANI E LORO ASSOCIAZIONE
NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE (segue)
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
Partecipanti
60 pz con nefropatie non
diabetiche; Clcr ≈ 30 mL/min
72 pz con nefropatie non
diabetiche, PA > 140/90 mm
Hg;
creatininemia 1.5-4.0 mg/dL
Metodi
RCT;
Ac: non chiaro; B: sì;
W: non menzionati;
Analisi ITT: non chiara
RCT;
Ac: non chiaro; B: no;
W: menzionati;
Analisi ITT: no
Revisione Cochrane (studi con 43 RCT nella Nefropatia
almeno 6 mesi di follow-up)
diabetica a qualsiasi stadio;
ACE-I vs placebo (36 RCT,
4008 pz),
Sartani vs placebo (4 RCT,
3331 pz),
ACE-I vs Sartani (3 RCT, 206
pz)
Autore ed anno
Petersen LJ, 2001 (6)
Kumagai H, 2000 (5)
Strippoli GF, 2004 (19)
Terapia antipertensiva
contenente
ACE-I o Sartani rispetto a
terapia antipertensiva senza
ACE-I e Sartani e placebo o
non trattamento
ACE-I (Enalapril 5-10 mg/die
o Captopril 37.5 mg/die) (27
pz) vs Amlodipina 2.5- 5.0
mg/die (22 pz)
Follow-up: 1 anno
Spirapril 6 mg/die (20 pz) vs
Isradipina 5 mg/die (20 pz) vs
Spirapril 3 mg + Isradipina 2.5
mg/die (20 pz)
Follow-up: 21 mesi
Interventi
16 RCT, 2010 pz
8 RCT, 1868 pz
9 RCT, 1907 pz
Regressione microalbuminuria: 2 RCT, 670 pz
RR 1.42; IC 95% 1.05-1.93
3 RCT, 761 pz
3 RCT, 761 pz
Raddoppio creatininemia: RR
0.79; IC 95% 0.67-0.93;
Progressione a
macroalbuminuria: RR 0.49;
IC 95% 0.32-0.75
3 RCT, 3251 pz
Sartani vs placebo o non trattamento
ESRD: RR 0.78; IC 95%
0.67-0.91;
segue
Analisi effettuata solo su 16
pazienti in Amlodipina e 12 in
ACE-I, usati ACE-I diversi
Scarsa numerosità del
campione, non analizzata la
proteinuria
Note
Regressione microalbuminuria: 15 RCT, 1888 pz
RR 3.42; IC 95% 1.95-0.99;
Progressione a
macroalbuminuria: RR 0.45;
IC 95% 0.28-0.71;
Raddoppio creatininemia: RR
0.60; IC 95% - 0.34-1.05;
ACE-I vs placebo o non
trattamento
ESRD: RR 0.64; IC 95% 0.40 - 1.03;
GFR (clearance 51Cr-EDTA):
nessuna differenza tra i due
gruppi
GFR (clearance 51Cr-EDTA):
riduzione media di -0.32
mL/min/mese/1.73 m2 con
Spirapril, -0.58
mL/min/mese/1.73 m2 con
Isradipina e -0.14
mL/min/mese/1.73 m2 nel
gruppo di associazione
(p = 0.38)
Outcomes e Risultati
TABELLA I - CARATTERISTICHE DI 4 METANALISI, 1 REVISIONE COCHRANE E 20 RCT SULL’UTILIZZO DI ACE-I, SARTANI E LORO ASSOCIAZIONE
NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE (segue)
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
S71
S72
Partecipanti
4912 pz con diabete tipo 2,
Albuminuria ≥ 20 mg/L;
creatininemia ≤ 150 μmol/L
570 pz con diabete tipo 2, PAS
140-180 mmHg, PAD < 110
mmHg, microalbuminuria
(20-200 μg/min )
creatininemia ≤ 150 μmol/L.
77 pz con diabete tipo 2, PA <
140/90, microalbuminuria
(20-200 μg/min) creatininemia
< 200 μmol/L.
250 pz con diabete tipo 2,
ipertensione lieve-moderata,
Albuminuria 11 - 999 μg/min,
Clcr > 70 mL/min/1.73 m2
9 pz con nefropatie non
diabetiche, creatininemia
346 ± 61 μmol/L, proteinuria
>1 g/die,
ipertensione lieve-moderata
Metodi
RCT;
Ac: non chiaro; B: sì;
W: menzionati;
Analisi ITT: si
RCT;
Ac: non chiaro; B: sì
W: menzionati;
Analisi ITT: sì
RCT;
Ac: non chiaro; B: sì
W: menzionati;
Analisi ITT: sì
RCT;
Ac: non chiaro; B: sì
W: menzionati;
Analisi ITT: sì
RCT;
Ac: non chiaro;
B: sì
W: menzionati;
Analisi ITT: sì
Autore ed anno
Marre M, 2004 (20)
Marre M, 2004 (21)
Jerums G, 2004 (22)
Barnett AH, 2004 (23)
Plum J, 1998 (24)
Valsartan 80 mg/die (5 pz) vs
placebo (4 pz)
Follow-up: 6 mesi
Telmisartan 80 mg/die
(120 pz) vs Enalapril 20
mg/die (130 pz)
Follow-up: 5 anni
Perindopril 2-8 mg/die (23 pz)
vs Nifedipina (10-40 mg/die)
(27 pz) vs Placebo (27 pz)
Follow-up mediano: 6 anni
Enalapril 10 mg/die (286 pz)
vs Indapamide SR 1.5 mg/die
(284 pz)
Follow-up: 1 anno
Ramipril 2.5 mg/die (2442 pz)
vs placebo (2469 pz)
Follow-up mediano: 4 anni
Interventi
Note
Proteinuria: Valsartan
riduzione di 396 ± 323 mg/die
(26 ± 18%) (P < 0.05)
GFR: sostanzialmente
invariato
Variazioni PA media:
Valsartan riduzione di 13 ± 7
mmHg
Variazione GFR (clearance
iohexole):
Telmisartan -17.9 mL/min/
1.73 m2;
Enalapril -14.9 mL/min/1.73 m2
Variazione Albuminuria:
riduzione solo nel gruppo
Perindopril (Nifedipina +17%,
Placebo -10%, p = 0.04)
Variazione rapporto
albuminuria/creatininuria:
riduzione del 39% con
Enalapril e del 35% con
Indapamide SR
segue
Nel follow-up valori pressori
non ottimali nel 70% dei
pazienti in placebo, scarsa
numerosità per gruppo
Farmaco sottodosato
Endpoint combinato di morte
cardiovascolare, IMA non
fatale, icuts, ospedalizzazione
per scompenso, ESRD:
Ramipril (n. pz che hanno
terminato lo studio = 1868)
regressione da micro- a
normoalbuminuria e da macroa microalbuminuria ai limiti
della significatività (P < 0.07).
ESRD: nessuna differenza tra i
due gruppi
Outcomes e Risultati
TABELLA I - CARATTERISTICHE DI 4 METANALISI, 1 REVISIONE COCHRANE E 20 RCT SULL’UTILIZZO DI ACE-I, SARTANI E LORO ASSOCIAZIONE
NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE (segue)
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
45 pz con nefropatie croniche,
Clcr 95 ± 33 mL/min,
proteinuria > 2 g/die, rapporto
proteinuria/creatininuria
3.8 ± 2.4 g/g
263 pz con nefropatia non
diabetica, proteinuria > 0.3
g/die; GFR calcolato 20-70
mL/min/1.73m2
RCT;
Ac: non chiaro;
B: no;
W: menzionati;
Analisi ITT: sì
RCT;
Ac: non chiaro; B: sì
W: menzionati;
Analisi ITT: sì
Luno J, 2002 (30)
Nakao N, 2003 (16)
Ac: allocation concealment; B: blinding; W: whitdrawals; ITT: intention-to-treat
Partecipanti
Metodi
Autore ed anno
Trandolapril 3 mg/die (86 pz)
vs Losartan 100 mg/die
(89 pz) vs associazione
Trandolapril 3 mg/die +
Losartan 100 mg/die (88 pz)
Follow-up mediano: 2.9 anni
Lisinopril fino a 40 mg/die (14
pz) vs Candesartan fino a 32
mg/die (15 pz) vs associazione
Lisinopril (fino a 20 mg/die) +
Candesartan (fino a 16 mg/die)
(16 pz)
Follow-up: 6 mesi
Interventi
Note
Variazioni proteinuria:
Trandolapril (mediana
- 44.3%; Losartan (mediana
- 42.1%); associazione
Trandolapril + Losartan
- 75.6%
Raddoppio della creatininemia
o ESRD: Trandolapril 20/85
(23%); Losartan 20/86 (23%);
associazione Trandolapril +
Losartan 10/85 (11%)
Ottimo disegno sperimentale
Scarsa numerosità, dosi doppie
Variazioni
nella terapia di combinazione,
proteinuria/creatininuria:
Lisinopril -50% (IC 95% da -9 PA uguale nei 3 gruppi
a -90, p = 0.013), Candesartan
- 48% (IC 95% da -32 a - 63,
p < 0.001), associazione -70%
(IC 95% da -57 a -83,
p < 0.001)
Outcomes e Risultati
TABELLA I - CARATTERISTICHE DI 4 METANALISI, 1 REVISIONE COCHRANE E 20 RCT SULL’UTILIZZO DI ACE-I, SARTANI E LORO ASSOCIAZIONE
NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE (segue)
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
S73
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
tivi a 1590 soggetti. Anche in questo caso una percentuale
significativamente inferiore di soggetti trattati con ACE-I
ha raggiunto l’uremia terminale rispetto ai controlli.
L’andamento della proteinuria non è stato considerato.
La meta-analisi di Gansevoort et al. (3) ha preso in considerazione solo l’andamento della proteinuria. Gli ACE-I
riducevano in media la proteinuria del 39.9% rispetto al
17.0% nei gruppi di controllo. Infine Kshirsagar et al. (4)
hanno effettuato una meta-analisi su 16 RCT; 7 degli RCT
considerati includevano pazienti con IRC e proteinuria da
cause diverse (30% dei soggetti erano diabetici). L’analisi
di questi studi ha mostrato una riduzione del rischio relativo per il raddoppio della creatininemia o per l’ESRD del
40% per i soggetti trattati con ACE-I rispetto al placebo.
Oltre agli studi di metanalisi sono stati selezionati 14
RCT pubblicati dopo il 1999, le cui caratteristiche principali sono descritte in dettaglio nella Tabella I. Solo 5 RCT
rispondevano ai requisiti di qualità metodologica, quali corretto “allocation concealment”, “blinding”, descrizione
“withdrawals” e “dropouts”, analisi “intention-to-treat”.
Nella maggior parte di questi RCT la terapia con ACE-I
risulta efficace nel rallentare la progressione delle nefropatie croniche non diabetiche verso l’ESRD e nel ridurre
significativamente la proteinuria.
ACE inibitori nella nefropatia diabetica (Tab. I)
L’evidenza principale per questa Linea Guida deriva dalla
revisione Cochrane di Strippoli et al. (19), comprendente
39 RCT per un totale di 4008 pazienti. L’analisi combinata
dei dati provenienti da 9 RCT (1907 pazienti) ha mostrato
una modesta riduzione del rischio di raggiungere l’ESRD
nei pazienti trattati con ACE-I rispetto al placebo (RR 0.64;
IC 95% 0.40-1.03); debole l’evidenza anche per il rischio
di raggiungere il raddoppio della creatininemia rispetto al
basale (8 RCT, 1868 pazienti; RR 0.60; IC 95% 0.34-1.05).
È importante sottolineare che queste due analisi hanno
incluso non solo pazienti con nefropatia conclamata, ma
anche pazienti con sola microalbuminuria, che hanno un
basso rischio di progredire nel breve verso l’insufficienza
renale. L’analisi di 16 RCT (2010 pazienti) ha mostrato una
riduzione significativa del rischio di progressione dalla
microalbuminuria alla macroalbuminuria (RR 0.45; IC
95% 0.28-0.71), mentre quella di 15 RCT (1888 pazienti)
ha mostrato un aumento significativo della probabilità di
regressione dalla microalbuminuria a normoalbuminuria
(RR 3.42; IC 95% 1.95-5.99) mediante ACE-I. Il confronto indiretto tra ACE-I e sartani non ha mostrato differenze
significative sul rischio di progressione (ESRD o raddoppio della creatininemia), né sul passaggio da microalbuminuria a macroalbuminuria. Tuttavia quest’analisi è fortemente limitata dal fatto che gli RCT con maggior peso e
terapia con sartani hanno incluso pazienti con nefropatia
conclamata, mentre il peso maggiore nell’analisi sugli
ACE-I è dato dallo studio MICRO-HOPE (36), che ha inve-
S74
ce arruolato pazienti normo o microalbuminurici.
Anche la meta-analisi di Kshirsagar et al. (4), già menzionata precedentemente, ha mostrato risultati analoghi.
Successivamente alla revisione Cochrane di Strippoli et al.
(19) sono stati pubblicati 4 RCT (20-23); 3 di questi hanno
analizzato pazienti con microalbuminuria, mentre uno ha
considerato soggetti sia micro- che macroalbuminurici. Lo
studio DIABHYCAR (20) non ha evidenziato un effetto
significativo, probabilmente a causa dei bassi dosaggi utilizzati. Lo studio DETAIL (23) e NESTOR (21) hanno evidenziato un effetto simile tra ACE-I e, rispettivamente, sartani e calcio-antagonista diidropiridinico sull’albuminuria.
Jerums et al. (22) hanno studiato 77 pazienti normotesi con
diabete di tipo 2 e microalbuminuria, randomizzati a ricevere perindopril, nifedipina o placebo. Nel primo anno si
osservava una riduzione significativa dell’albuminuria solo
nel gruppo perindopril; da segnalare la scarsa numerosità
dei singoli gruppi.
Sartani nelle nefropatie non diabetiche (Tab. I)
Sono disponibili 4 RCT (13, 15, 16, 24); solo 2 RCT
rispondono ai requisiti di qualità metodologica (corretto
“allocation concealment”, “blinding”, descrizione “withdrawals” e “dropouts”, “analisi intention-to-treat”).
L’evidenza principale arriva dallo studio di Nakao et al.
(16), che hanno effettuato un RCT su 263 pazienti con
nefropatie croniche proteinuriche, randomizzati a ricevere
trandolapril, losartan o la combinazione dei due. Il followup mediano è stato di 2.9 anni. Una percentuale analoga di
pazienti ha raggiunto l’endpoint combinato di raddoppio
della creatininemia o di ESRD nel gruppo trattato con trandolapril e losartan; l’entità di riduzione della proteinuria era
anch’essa simile nei due gruppi.
Sartani nella nefropatia diabetica (Tab. I)
L’evidenza principale per questa Linea Guida deriva dalla
già descritta revisione Cochrane (19). Tra i 39 RCT inclusi
nella meta-analisi, solo 4 RCT hanno paragonato i sartani al
placebo ed eventualmente altra terapia antipertensiva, per un
totale di 3331 pazienti con diabete di tipo 2 (Tab. I). Due di
questi studi, RENAAL (37) e IDNT (38), hanno arruolato
soggetti con IRC e macroalbuminuria, mentre gli altri tre
hanno considerato soggetti microalbuminurici (39-41).
L’analisi su 3251 pazienti, provenienti da 3 RCT, ha evidenziato una riduzione significativa sia del rischio di
ESRD (RR 0.78; IC 95% 0.67-0.91) che di raddoppio della
creatininemia (RR 0.79; IC 95% 0.67-0.93). Da segnalare
che nello studio di Parving et al. (41), comprendente solo
pazienti microalbuminurici ed inclusi in questa analisi, nessun paziente in entrambi i gruppi ha avuto il raddoppio
della creatininemia o raggiunto l’ESRD. I sartani si sono
dimostrati efficaci nel ridurre il rischio di progressione
dalla microalbuminuria a macroalbuminuria (3 RCT, 761
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
pazienti; RR 0.49; IC 95% 0.32-0.75); tra i tre studi considerati per quest’analisi, lo studio di Parving et al. (41)
aveva un peso preponderante (81.78%). Infine l’analisi
combinata di 2 RCT (40, 41), per un totale di 670 pazienti,
ha mostrato un effetto significativo dei sartani nell’aumentare la probabilità della regressione dalla microalbuminuria
a normoalbuminuria (RR 1.42; IC 95% 1.05-1.93). Anche
in questa analisi lo studio di Parving et al. (41) ha avuto un
peso preponderante (96.28%). Globalmente, il livello di
evidenza dato da questa revisione sullo specifico quesito è
limitato dallo scarso numero di studi disponibili (pur in presenza di un elevato numero di pazienti) e dal fatto che singoli studi hanno un peso preponderante sull’analisi. Non ci
sono dati a disposizione riguardo ai soggetti con diabete di
tipo 1.
Dopo il settembre 2003 è stato pubblicato un solo RCT
(23) che ha paragonato la terapia con ACE-I a quella con
sartani in una popolazione di soggetti con diabete di tipo 2
e albuminuria, circa l’80% con microalbuminuria, gli altri
con macroalbuminuria. Dopo 5 anni di follow-up il telmisartan è risultato equivalente all’ACE-I sulla velocità di
declino del GFR. Non ci sono differenze tra i due gruppi
per quanto riguarda le variazioni dell’albuminuria. Nessun
paziente ha raggiunto l’uremia terminale nei due gruppi.
Calcioantagonisti nelle nefropatie croniche (Tab. II)
L’evidenza principale per questo quesito proviene principalmente dalla meta-analisi di Bakris et al. (25), che ha raccolto dati provenienti da 28 RCT con almeno 6 mesi di follow-up. Di questi, 21 RCT hanno utilizzato calcio-antagonisti diidropiridinici (CAD), 6 hanno utilizzato calcio-antagonisti non-diidropiridinici (CAND) e uno ha utilizzato
entrambe le classi di farmaci. Dall’analisi di 23 RCT con
dati di proteinuria (510 pazienti), a parità di riduzione della
pressione arteriosa, è emersa una riduzione media della
proteinuria significativa solo dopo trattamento con CAND
(-30%), mentre i CAD non sembrano modificarla. Dopo
aggiustamento per dimensione del campione, durata dello
studio e variazione della pressione sistolica, la differenza di
effetto antiproteinurico medio tra le due classi non è risultata statisticamente significativa. Dato il piccolo numero di
studi che hanno utilizzato CAND, questa meta-analisi non
riesce a fornire risultati sull’effetto dei CAND nel rallentare la progressione delle nefropatie.
Dopo questa meta-analisi (25) sono stati pubblicati 6
RCT (14, 17, 22, 26-28), riportati in Tabella II. Risponde ai
requisiti della nostra Linea Guida solo uno (17) dei 6 RCT,
che ha paragonato enalapril e manidipina. Quest’ultima
non determinava una variazione significativa dei livelli di
proteinuria dopo 6 mesi di follow-up (da 1.6 ± 1.59 a 1.62
± 1.79 g/die); non ci sono state differenze significative tra i
due gruppi per quanto riguarda la funzionalità renale.
Terapie di associazione
Associazione ACE-I e sartani nelle nefropatie
croniche (Tab. I)
È stata effettuata una meta-analisi sull’argomento, pubblicata solo in forma di abstract (29). Essa ha considerato
11 RCT, che includevano 466 pazienti con nefropatie prevalentemente non diabetiche. L’analisi combinata delle
variazioni della proteinuria ha evidenziato una riduzione
media del 64.6 ± 12.1% con la terapia di combinazione
rispetto al 37.7 ± 12.8% con l’ACE-I da solo. Non è stata
effettuata un’analisi sul rallentamento della progressione
della nefropatia. Degli altri 3 RCT riportati in Tabella IV,
solo lo studio COOPERATE (16), già citato, soddisfa i criteri di “allocation concealment”, “blinding”, segnalazione
dei pazienti persi al “follow-up” e analisi statistica “intention-to-treat”. Dopo un follow-up mediano di 2.8 anni, i
pazienti trattati con la terapia di associazione raggiungevano l’endpoint combinato di raddoppio della creatininemia o
ESRD in una percentuale significativamente inferiore
rispetto ai pazienti trattati con losartan o trandolapril in
monoterapia. Analogo il controllo dei valori pressori nei tre
gruppi. La terapia di associazione determinava una riduzione significativamente maggiore della proteinuria mediana
rispetto ai due farmaci in monoterapia.
Associazione ACE-I e calcio antagonisti nelle
nefropatie croniche (Tab. II)
L’evidenza principale proviene da 6 RCT (6, 11, 31-34)
pubblicati tra il 1998 e il 2005. Di questi, due hanno studiato pazienti con diabete di tipo 2. In 3 RCT (11, 31, 32) l’associazione prevedeva un CAND, negli altri 3 RCT era presente un CAD (6, 33, 34). Lo studio REIN-2 ha confrontato la terapia con ramipril rispetto alla sua associazione con
felodipina in 338 pazienti affetti da nefropatie croniche
(34). Nel corso di un follow-up mediano di 19 mesi un’analoga percentuale nei due gruppi ha raggiunto l’ESRD.
Scopo primario dello studio era paragonare due target pressori e non i diversi farmaci antipertensivi. Nello studio
PROCOPA (11) 119 pazienti con nefropatie primitive sono
stati randomizzati a ricevere trandolapril, atenololo, verapamil o l’associazione verapamil + trandolapril allo stesso
dosaggio per 6 mesi. La proteinuria si è ridotta significativamente, ma in modo analogo, nel gruppo trattato con trandolapril o con l’associazione verapamil + trandolapril. In
un RCT in aperto, Herlitz et al. (33) hanno paragonato la
terapia di associazione ramipril-felodipina alle due monoterapie (a dosaggio maggiore rispetto all’associazione) in
165 pazienti con nefropatie non diabetiche. Nel gruppo
trattato con l’associazione, la velocità di progressione
dell’IRC (clearance dell’iohexolo) e la variazione della
proteinuria è stata analoga a quanto riscontrato nel gruppo
trattato con il solo ACE-I. I 2 RCT che hanno preso in con-
S75
S76
Partecipanti
28 RCT, 1338 pz con
nefropatie croniche diabetiche
e non (1081 esclusi per valori
mancanti)
21 pz. con sindrome nefrosica
steroido-resistente
28 pz con nefropatie croniche
diabetiche e non
117 pz con nefropatie
croniche diabetiche e non,
creatininemia < 3 mg/dL,
Proteinuria ≥ 0.5 g/die,
Ipertensione
30 pz con nefropatia diabetica
tipo 2
Metodi
Meta-analisi
RCT
RCT;
Ac: non chiaro;
B: no;
W: non menzionati;
Analisi ITT: no
RCT;
Ac: non chiaro;
B: no;
W: menzionati;
Analisi ITT: no
RCT
Autore ed anno
Bakris GL, 2004 (25)
Kumar NS, 2004 (26)
Kojima S, 2004 (27)
Iino Y, 2004 (28)
Bakris GL, 1992 (31)
Proteinuria: Ramipril:
da 6.3 ± 1.9 a 1.8 ± 1.8 g/die,
Verapamil: da 5.3 ± 1.9 a 2.7
± 1.9 g/die
Proteinuria: CAND riduzione
del 30% (IC 95% 10-54, p =
0.01), CAD nessun effetto
(+2%)
Outcomes e Risultati
Lisinopril 10-49 mg vs
Verapamil SR 240-480 mg/die
vs Lisinopril (10-25 mg/die) +
Verapamil SR (187 mg/die) vs
Idroclorotiazide (12.5-25
mg/die) + guanfacina 1-3
mg/die)
Follow up: 12 mesi
Durata: 12 mesi
Losartan 25-100 mg/die (58
pz) vs Amlodipina 2.5-5
mg/die (59 pz)
Durata: 12 mesi
Albuminuria: riduzione
maggiore dell’associazione
Lisinopril + Verapamil (78 ±
7%) rispetto Lisinopril (59 ±
4%; p < 0.05)
GFR: riduzione inferiore
dell’associazione (0.28 ± 0.07
mL/min) rispetto a Lisinopril
(0.69 ± 0.12 mL/min; p <0.05);
Variazione proteinuria:
riduzione significativa con
Losartan (a 3, 6, e 12 mesi del
20.7, 35.2 e 35.8%)
Variazione PA: analoga
riduzione.
Cilnidipina 10 mg/die (14 pz)
Variazione proteinuria:
vs Amlodipina 5 mg/die (14 pz) aumento con Amlodipina
Ramipril (11 pz) vs Verapamil
(10 pz)
Durata: 12 mesi
Durata: almeno 6 mesi
21 RCT con CAD, 6 con
CAND, 1 entrambi
Interventi
Popolazione eterogenea
Alcuni pazienti erano in
trattamento con ACE-I
segue
Maggiore riduzione PA con
Ramipril
Note
TABELLA II - CARATTERISTICHE DI UNA METANALISI E 6 RCT* SULL’USO DEI CALCIO ANTAGONISTI (CAD/CAND) NELLE NEFROPATIE CRONICHE
DIABETICHE E NON DIABETICHE
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
* Altri 6 RCT sono riportati in Tab. I: Herlitz H, 2001 (8), Petersen LJ, 2001 (6), PROCOPA Study Group 2002 (11), Hayashi K, 2003 (14), Del Vecchio L, 2004 (17), Jerums G, 2004 (22). CAD:
calcio-antagonisti diidropiridinici; CAND: calcio-antagonisti non diidropiridinici
Ac: allocation concealment; B: blinding; W: whitdrawals; ITT: intention-to-treat
ESRD: Ramipril (basso target Scopo primario confronto due
PA) 38/167 (23%); Ramipril + target PA diversi in pazienti in
Felodipina (target PA
ACE-I
convenzionale) 34/168 (20%, p
= 0.99)
338 pz con nefropatie non
diabetiche, Clcr 38 mL/min,
proteinuria 2.9 g/die
RCT
Ruggenenti P, 2005 (34)
Ramipril 2.5-5 mg/die vs
Ramipril 2.5-5 mg/die +
Felodipina 5-10 mg/die
Follow-up: 19 mesi
Variazione proteinuria:
Dose media dell’associazione
riduzione maggiore nel gruppo significativamente inferiore
Trandolapril +Verapamil (-62 rispetto ai singoli farmaci
± 10%) rispetto a Trandolapril
(-33 ± 8%; p < 0.001) e
Verapamil (-27 ± 8%; p <
0.001)
37 pz con nefropatia diabetica
tipo 2, creatininemia 1.4 ± 0.3
mg/dL, proteinuria 1.3 ±
0.3g/dL
RCT
Bakris GL, 1998 (32)
Verapamil 180-360 mg/die vs
Trandolapril 2-8 mg/die vs
Verapamil (180-240 mg/die+
Trandolapril (2-4 mg/die)
Follow-Up
Note
Outcomes e Risultati
Interventi
Partecipanti
Metodi
Autore ed anno
TABELLA II - CARATTERISTICHE DI UNA METANALISI E 6 RCT* SULL’USO DEI CALCIO ANTAGONISTI (CAD/CAND) NELLE NEFROPATIE CRONICHE
DIABETICHE E NON DIABETICHE (segue)
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
siderazione soggetti diabetici (tipo 2) sono del gruppo di
Bakris, entrambi su un esiguo numero di pazienti (31, 32).
Sintesi conclusiva dell’evidenza
1) La terapia con ACE-I risulta efficace nel rallentare
la progressione delle nefropatie croniche non diabetiche
verso l’ESRD e nel ridurre significativamente la proteinuria (livello 1). L’interpretazione dei risultati della maggior parte degli studi è limitata dal fatto che il gruppo
sperimentale ha ottenuto valori pressori più bassi rispetto al gruppo di controllo. Analisi secondarie suggeriscono che, anche dopo aggiustamento per i valori pressori,
gli ACE-I mantengono un’efficacia renoprotettiva superiore rispetto agli altri antipertensivi e che, maggiore è la
proteinuria, maggiore è l’efficacia degli ACE-I nel rallentare la progressione.
2) Gli ACE-I riducono, anche se moderatamente, il
rischio di progressione della nefropatia diabetica verso
l’endpoint combinato del raddoppio della creatininemia o
dell’ESRD (livello 1). L’inclusione nella revisione sistematica (19) di pazienti con sola microalbuminuria, e quindi
con basso numero di eventi, può avere ridotto l’entità dell’effetto della terapia con ACE-I in questa popolazione. La
mancanza di un’analisi separata per tipo di diabete non
consente di effettuare raccomandazioni specifiche al diabete di tipo 1 o 2. La terapia con ACE-I ha un effetto significativo nel ridurre il rischio di progressione da microalbuminuria a macroalbuminuria e di aumentare la probabilità di
regressione da microalbuminuria a normoalbuminuria
(livello 1).
3) La terapia con sartani sembra avere un’efficacia analoga agli ACE-I nel rallentare la progressione delle nefropatie croniche non diabetiche verso l’ESRD e nel ridurre la
proteinuria (livello 2). Va sottolineato che i risultati si riferiscono ad una popolazione selezionata (50% con glomerulonefrite cronica).
4) La terapia con sartani riduce significativamente il
rischio di raggiungere l’endpoint combinato del raddoppio
della creatininemia o dell’ESRD nella nefropatia diabetica
(livello 1). I sartani sono efficaci anche nel ridurre il rischio
di progressione da microalbuminuria a macroalbuminuria e
nell’aumentare la probabilità di regressione da microalbuminuria a normoalbuminuria (livello 1). Non ci sono dati in
merito al diabete di tipo 1. È stata evidenziata un’efficacia
analoga dei sartani rispetto agli ACE-I nell’influenzare la
velocità di riduzione del GFR e la microalbuminuria (livello 2).
4) I CAND sembrano avere un effetto antiproteinurico
significativo (livello 1); tuttavia tale significatività si perde
dopo aggiustamento dell’analisi per dimensione del campione, durata dello studio e variazione della pressione arteriosa sistolica. Non ci sono dati disponibili in merito all’effetto dei CAND nel rallentare la progressione delle nefro-
S77
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
patie. I CAD non hanno effetto antiproteinurico significativo (livello 1) e non rallentano la progressione delle nefropatie (livello 2).
5) La terapia combinata ACE-I e sartani riduce significativamente la proteinuria e la progressione delle nefropatie
croniche non diabetiche rispetto agli stessi farmaci in
monoterapia (livello 2). La forza di tale evidenza è limitata
dal fatto che proviene da un solo RCT (16) e che l’unica
meta-analisi effettuata sull’argomento è stata pubblicata
sotto forma di abstract (29). Nella nefropatia diabetica non
sono stati effettuati per ora studi con più di 6 mesi di
follow-up.
6) Non esistono studi di meta-analisi che abbiano analizzato l’associazione ACE-I e calcio-antagonisti. Gli RCT
effettuati hanno tutti una numerosità limitata e frazionata
ulteriormente nei 3 o 4 gruppi di randomizzazione. I dati
sono discordanti e quindi non è possibile fare alcuna raccomandazione basata sull’evidenza.
Implicazioni per la pratica clinica
Il trattamento dell’ipertensione arteriosa e la riduzione
della proteinuria sono ad oggi i soli interventi terapeutici
(oltre alla terapia mirata della nefropatia di base) in grado
di rallentare con certezza la progressione dell’IRC. Nelle
nefropatie non diabetiche la terapia con ACE-I risulta efficace nel rallentare la progressione verso l’ESRD e ridurre
significativamente la proteinuria, ad eccezione dei pazienti
affetti da malattia renale policistica. Gli ACE-I si sono
dimostrati relativamente sicuri nei pazienti affetti da IRC di
grado lieve e moderato; la maggior parte di essi presenta
un’iniziale compromissione della funzione renale, seguita
poi da un rallentamento del declino della funzione renale.
Quando l’aumento della creatininemia è > del 20-30% è
utile sospendere il farmaco e deve essere sospettata la presenza di stenosi dell’arteria renale. Utile il controllo periodico anche della potassiemia. L’aggiunta di un diuretico tiazidico o dell’ansa riduce il rischio d’iperkaliemia. Un
recente lavoro, pubblicato dopo la stesura di queste Linee
Guida, indica che gli ACE-I sono relativamente sicuri ed
efficaci anche nelle fasi più avanzate dell’IRC (42).
La terapia con sartani sembra avere un’efficacia analoga
agli ACE-I nel rallentare la progressione delle nefropatie
croniche non diabetiche verso l’ESRD e nel ridurre la proteinuria. I sartani sono da considerare una valida alternativa agli ACE-I, soprattutto quando gli ACE-I non sono tollerati. Analogamente agli ACE-I, presentano il rischio di un
peggioramento dell’IRC e d’iperkaliemia. La terapia combinata ACE-I e sartani riduce significativamente la progressione delle nefropatie croniche non diabetiche e la proteinuria rispetto alla monoterapia.
Gli ACE-I e i sartani riducono il rischio di progressione
della nefropatia diabetica verso l’ESRD e da microalbuminuria a macroalbuminuria, aumentando la probabilità di
S78
regressione da microalbuminuria a normoalbuminuria,
principalmente nel diabete di tipo 2. Il confronto tra ACE-I
e sartani in pazienti con diabete di tipo 2 e microalbuminuria ha mostrato analoga efficacia dei due farmaci; mancano
dati nella nefropatia conclamata. L’associazione delle due
classi è probabilmente efficace.
I CAND sembrano avere un effetto antiproteinurico clinicamente significativo, ma non ci sono evidenze che questo
comporti un rallentamento della progressione verso
l’ESRD. Non è quindi possibile una raccomandazione nella
pratica clinica. I CAD non riducono la proteinuria né la
velocità di progressione delle nefropatie.
L’utilizzo di determinate classi di farmaci antipertensivi a
scopo renoprotettivo non può prescindere dal raggiungimento di un target pressorio adeguato. Dati provenienti da
diverse analisi secondarie hanno evidenziato come più alti
sono i valori pressori (in particolare la pressione sistolica e
la pressione pulsatoria), maggiore è la velocità di progressione delle nefropatie (35, 43); all’opposto, il raggiungimento di un target pressorio adeguato, soprattutto in presenza di proteinuria, riduce la velocità di progressione delle
nefropatie (44). La maggior parte delle Linee Guida internazionali consigliano di raggiungere una pressione <
130/80 mmHg, rimanendo però cauti nel ridurre la sistolica al di sotto di 110 mmHg (45).
La mortalità cardio-vascolare rende conto di più del 50%
della mortalità dei pazienti in trattamento emodialitico
sostitutivo, con un’incidenza di morte secondaria a patologia cardiaca 5-10 volte superiore rispetto alla popolazione
generale. Anche per questo motivo, il controllo dei valori
pressori durante il trattamento conservativo dell’insufficienza renale è particolarmente importante. Sono in genere
necessari diversi farmaci per ottenere un adeguato controllo dei valori pressori, soprattutto nei pazienti con IRC. I farmaci antipertensivi delle varie classi vanno aggiunti progressivamente, a seconda del giudizio del curante, per ottenere un adeguato controllo dei valori pressori. I pazienti
con IRC presentano spesso un’ipertensione arteriosa volume dipendente. Per tale motivo è utile spesso associare la
terapia diuretica. I diuretici tiazidici non sono efficaci con
valori di filtrato glomerulare inferiore a 30 mL/min, mentre i diuretici risparmiatori di potassio vanno evitati per il
rischio d’iperpotassiemia. Da preferire quindi i diuretici
dell’ansa.
Applicabilità
In Italia non esistono stime precise sulla prevalenza
d’IRC in fase conservativa e d’ipertensione arteriosa in
questa popolazione e, pertanto, non è possibile stimare
l’effetto dei farmaci antipertensivi a scopo renoprotettivo.
La maggior parte dei dati ottenuti nei singoli studi considerati in queste Linee Guida sembrano comunque applicabili
alla realtà italiana, in quanto 2 RCT multicentrici Italiani,
USA
USA
Europa
Inghilterra
USA
Internazionale
Italia
Europa
K-DOQI: Kidney Disease Outcomes
Quality Initiative (45)
JNC 7: The Seventh Report of the Joint
National Committee on Prevention,
Detection, Evaluation, and Treatment of
High Blood Pressure (51)
European Society of Hypertension (52)
British Hypertension Society (53)
American Diabetes Association (54)
International Diabetes Federation (55)
Società Italiana di Nefrologia (56, 57)
European Best Practice Guidelines
-
2003
2005
2005
2004
2003
2003
2004
Anno
CAD: calcio-antagonisti diidropiridinici; CAND: calcio-antagonisti non diidropiridinici
Nazione
Linea Guida
TABELLA III - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA
Non diabetiche: Nessuna Linea Guida
Diabetiche: Nessuna Linea Guida
Non diabetiche: ACE-I prima scelta
Diabetiche: ACE-I nel diabete tipo 1, Sartani nel diabete tipo 2
Diabetiche: ACE-I o Sartani indifferentemente
Diabetiche: ACE-I nel tipo 1, ACE-I o Sartani nel tipo 2 per prevenire progressione a macroalbuminuria,
Sartani nel tipo 2 per prevenire progressione
Non diabetiche: ACE-I, vago. Forse non efficaci i Sartani
Diabetiche: ACE-I (o Sartani) nel tipo 1, Sartani nel tipo 2
Non diabetiche: ACE-I prima scelta
Diabetiche: ACE-I nel tipo 1, Sartani nel tipo 2
Non diabetiche: ACE-I e Sartani, vago
Diabetiche: ACE-I e Sartani, vago
Diabetiche: Diabete tipo 1 con macroalbuminuria: ACE-I (forte), Sartani (debole); diabete tipo 2 con
macroalbuminuria: Sartanici (forte), ACE-I (debole). I diuretici possono potenziare l’effetto di ACE-I e
Sartani (mediamente forte). CAND con effetto antiproteinurico analogo a ACE-I e Sartani (forte)
Non diabetiche: ACE-I più efficaci rispetto agli altri antipertensivi (forte), specialmente se proteinuria.
Sartani forse più efficaci rispetto agli altri antipertensivi (debole). I diuretici possono potenziare l’effetto di
ACE-I e Sartani (mediamente forte). Combinazione ACE-I e Sartani forse più efficace rispetto alla
monoterapia (debole). CAND con effetto antiproteinurico analogo a ACE-I e Sartani (forte)
Raccomandazioni su antipertensivi e nefropatie croniche
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
S79
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
l’AIPRI (46) ed il REIN (47, 48) hanno contribuito in modo
significativo alla dimostrazione dell’efficacia degli ACE-I
nelle nefropatie non diabetiche; anche i 2 RCT che hanno
studiato il ruolo dei sartani nella nefropatia diabetica conclamata di tipo 2, RENAAL e IDNT (37, 38), condotti a
livello internazionale, hanno incluso una certa percentuale
di pazienti italiani. I dati disponibili sulla terapia d’associazione ACE-I e sartani sono stati invece ottenuti principalmente in soggetti giapponesi, prevalentemente affetti da
glomerulonefrite cronica e, quindi, non sono necessariamente applicabili alla popolazione italiana e a soggetti con
altre nefropatie (in particolare nefropatia diabetica).
Implicazioni per la ricerca
Molto è già stato fatto in merito all’utilizzo dei farmaci
antipertensivi a scopo renoprotettivo. Rimangono tuttavia
ancora alcuni quesiti irrisolti o non ancora completamente
chiariti, che potranno essere aree di ricerca futura. Non è
chiaro se gli ACE-I siano efficaci nella malattia renale policistica; sarebbe quindi utile testare meglio gli ACE-I o i sartani in questa patologia. Attualmente è in corso uno studio
multicentrico Italiano, volto a chiarire se gli ACE-I e i sartani sono efficaci nei pazienti con nefropatia ad IgA e proteinuria < 1 g/die (49). Manca inoltre un chiaro confronto
su larga scala, sia “testa a testa” tra ACE-I e sartani, sia sull’associazione delle due classi nelle nefropatie diabetiche
(separando il tipo 1 dal tipo 2) e non diabetiche. Eventuali
studi sull’argomento dovranno ottenere un controllo dei
valori pressori equivalente nei diversi gruppi e utilizzare lo
stesso dosaggio del farmaco, sia in monoterapia sia durante l’associazione. Rimane ancora da definire se dosaggi
sovramassimali di ACE-I o sartani possono avere un effet-
to maggiore rispetto ai dosaggi tradizionali. Infine, poiché
recenti segnalazioni indicano un possibile ruolo della terapia con antagonisti dell’aldosterone nel ridurre la proteinuria e la progressione delle nefropatie (50), occorrerà testare
tali farmaci, sia da soli, che in associazione agli ACE-I o
sartani, tenendo presente il rischio d’iperkaliemia connesso
al loro utilizzo.
Altre Linee Guida
La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di
opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali, sebbene le Linee Guida basate sulle evidenze
siano poche. Nella Tabella III è schematizzato il contenuto
delle Linee Guida di altre Società Scientifiche (45, 51-57).
Ringraziamenti
Si ringraziano la Dr.ssa S. Tedoldi (U.F. Ipertensione e
Nefrologia Preventiva, IRCCS Policlinico Multimedica,
Sesto San Giovanni, (MI) e la Dr.ssa C. Bonifati (Bari) per il
prezioso aiuto nella ricerca bibliografica, nell’analisi statistica e nella stesura delle Tabelle.
Indirizzo degli Autori:
Dr.ssa Lucia Del Vecchio
Unità d’Ipertensione e Nefrologia Preventiva
IRCCS Multimedica
Via Milanese, 300
20099 Sesto San Giovanni (MI)
e-mail: [email protected]
Bibliografia
1. Jafar TH, Schmid CH, Landa M, et al. Angiotensin-Converting
Enzyme inhibitors and progression of nondiabetic renal disease.
A Meta-Analysis of patient-level data. Ann Intern Med 2001;
135: 73-87.
2. Giatras I, Lau J, Levey AS. Effect of angiotensin-converting
enzyme inhibitors on the progression of nondiabetic renal
disease: a meta-analysis of randomized trials. AngiotensinConverting-Enzyme Inhibition and Progressive Renal Disease
Study Group. Ann Int Med 1997; 127: 337-45.
3. Gansevoort RT, Sluiter WJ, Hemmelder MH, de Zeeuw D, de
Jong PE. Antiproteinuric effect of blood-pressure-lowering
agents: a meta-analysis of comparative trials. Nephrol Dial
Transplant 1995; 10: 1963-74.
4. Kshirsagar AV, Hogan SL, Falk RJ, Colindres R. E Effect of ACE
inhibitors in diabetic and nondiabetic chronic renal disease: a
systematic overview of randomized placebo-controlled trials.
Am J Kidney Dis 2000; 35: 695-707.
S80
5. Kumagai H, Hayashi K, Kumamaru H, Saruta T. Amlodipine is
comparable to angiotensin-converting enzyme inhibitor for longterm renoprotection in hypertensive patients with renal dysfunction: a one-year, prospective, randomized study. Am J Hypertens
2000; 13: 980-98.
6. Petersen LJ, Petersen JR, Talleruphuus U, et al. A randomized
and double-blind comparison of isradipine and spirapril as
monotherapy and in combination on the decline in renal function
in patients with chronic renal failure and hypertension. Clin
Nephrol 2001; 55: 375-83.
7. Marin R, and Investigators of the ESPIRAL Study. A random
comparison of fosinopril and nifedipine GITS in patients with
primary renal disease. J Hypertens 2001; 19: 1871-6.
8. Herlitz H, Harris K, Risler T, et al. The effects of an ACE inhibitor and a calcium antagonist on the progression of renal disease: the Nephros Study. Nephrol Dial Transplant 2001; 16:
2158-65.
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
9. Giri S, Mahajan SK, Sen R, Sharma A. Effects of angiotensin
converting enzyme inhibitor on renal function in patients of membranoproliferative glomerulonephritis with mild to moderate
renal insufficiency. J Assoc Physicians India 2002; 50: 1245-9.
10. Wright JT, Bakris G, Greene T, et al. Effect of blood pressure
lowering and antihypertensive drug class on progression of
hypertensive kidney disease: results from the AASK trial. JAMA
2002; 288: 2421-31.
11. The PROCOPA Study Group. Dissociation between blood pressure reduction and fall in proteinuria in primary renal disease: a
randomized double-blind trial. J Hypertens 2002; 20: 729-37.
12. van Dijk MA, Breuning MH, Duiser R, van Es LA, Westendorp
RG. No effect of enalapril on progression in autosomal dominant
polycystic kidney disease. Nephrol Dial Transplant 2003; 18:
2314-20.
13. Segura J, Praga M, Campo C, Rodicio JL, Ruilope LM.
Combination is better than monotherapy with ACE inhibitor or
angiotensin receptor antagonist at recommended doses. J Renin
Angiotensin Aldosterone Syst 2003; 4: 43-7.
14. Hayashi K, Kumagai H, Saruta T. Effect of efonidipine and ACE
inhibitors on proteinuria in human hypertension with renal
impairment. Am J Hypertens 2003; 16: 116-22.
15. Matsuda H, Hayashi K, Saruta T. Distinct time courses of renal
protective action of angiotensin receptor antagonists and ACE
inhibitors in chronic renal disease. J Hum Hypertens 2003; 17:
271-6.
16. Nakao N, Yoshimura A, Morita H, Takada M, Kayano T, Ideura T.
Combination treatment of angiotensin-II receptor blocker and
angiotensin-converting-enzyme inhibitor in non-diabetic renal
disease (COOPERATE): a randomised controlled trial. Lancet
2003; 361; 117-24.
17. Del Vecchio L, Pozzi M, Salvetti A, et al. Efficacy and tolerability of manidipine in the treatment of hypertension in patients
with non-diabetic chronic kidney disease without glomerular disease. Prospective, randomized, double-blind study of parallel
groups in comparison with enalapril. J Nephrol 2004; 17: 261-9.
18. Elung-Jensen T, Heisterberg J, Sonne J, Strandgaard S, Kamper
AL. Enalapril dosage in progressive chronic nephropathy: a randomised, controlled trial. Eur J Clin Pharmacol 2005; 61: 87-96.
19. Strippoli GF, Craig M, Deeks JJ, Schena FP, Craig JC. Effects of
angiotensin converting enzyme inhibitors and angiotensin II
receptor antagonists on mortality and renal outcomes in diabetic
nephropathy: systematic review. BMJ 2004; 329: 828.
20. Marre M, Lievre M, Chatellier G, Mann JF, Passa P, Menard J.
Effects of low dose ramipril on cardiovascular and renal outcomes in patients with type 2 diabetes and raised excretion of urinary albumin: randomised, double blind, placebo controlled trial
(the DIABHYCAR study). BMJ 2004; 328: 495.
21. Marre M, Puig JG, Kokot F, et al. Equivalence of indapamide SR
and enalapril on microalbuminuria reduction in hypertensive
patients with type 2 diabetes: the NESTOR Study. J Hypertens
2004; 22: 1613-22.
22. Jerums G, Allen TJ, Campbell DJ, et al. Long-term renoprotection by perindopril or nifedipine in non-hypertensive patients
with type 2 diabetes and microalbuminuria. Diab Med 2004; 11:
1192-9.
23. Barnett AH, Bain SC, Bouter P, et al. Angiotensin-receptor blockade versus converting-enzyme inhibition in type 2 diabetes and
nephropathy. N Engl J Med 2004; 351; 1952-61.
24. Plum J, Bunten B, Nemeth R, Grabensee B. Effects of the angiotensin II antagonist valsartan on blood pressure, proteinuria, and
renal hemodynamics in patients with chronic renal failure and
hypertension. J Am Soc Nephrol 1998; 9: 2223-34.
25. Bakris GL, Weir MR, Secic M, Campbell B, Weis-McNulty A.
Differential effects of calcium antagonist subclasses on markers
of nephropathy progression. Kidney Int 2004; 65: 1991-2002.
26. Kumar NS, Singh AK, Mishra RN, Prakash J. Comparative study
of angiotensin converting enzyme inhibitor and calcium channel
blocker in the treatment of steroid-resistant idiopathic nephrotic
syndrome. J Assoc Physicians India 2004; 52: 454-8.
27. Kojima S, Shida M, Yokoyama H. Comparison between cilnidipi-
28.
29.
30.
31.
32.
33.
34.
35.
36.
37.
38.
39.
40.
41.
42.
43.
44.
45.
46.
ne and amlodipine besilate with respect to proteinuria in hypertensive patients with renal diseases. Hypertens Res Clin Exp
2004; 6: 379-85.
Iino Y, Hayashi M, Kawamura T, et al. Renoprotective effect of
losartan in comparison to amlodipine in patients with chronic
kidney disease and hypertension-a report of the Japanese
Losartan Therapy Intended for the Global Renal Protection in
Hypertensive Patients (JLIGHT) study. Hypertens Res 2004; 27:
21-30.
Owda AK, Kimball S, Alam MG. The antiproteinuric effect of
combination of angiotensin converting enzyme inhibitor (ACE-I)
and Angiotensin receptor Blocker (ARB) in non-diabetic renal
disease: a meta-analysis of randomized trials. J Am Soc Nephrol
2004; 15: 119A.
Luno J, Barrio V, Goicoechea MA, et al. Effects of dual blockade of the renin-angiotensin system in primary proteinuric nephropathies. Kidney Int 2002; 62 (Suppl.): S47-52.
Bakris GL, Barnhill BW, Sadler R. Treatment of arterial hypertension in diabetic humans: importance of therapeutic selection.
Kidney Int 1992; 41: 912-9.
Bakris GL, Weir MR, DeQuattro V, McMahon FG. Effects of an
ACE inhibitor/calcium antagonist combination on proteinuria in
diabetic nephropathy. Kidney Int 1998; 54: 1283-9.
Herlitz H, Harris K, Risler T, et al. The effects of an ACE inhibitor and a calcium antagonist on the progression of renal disease:
the Nephros Study. Nephrol Dial Transplant 2001; 16: 2158-65.
Ruggenenti P, and REIN-2 Study Group. Blood-pressure control
for renoprotection in patients with non-diabetic chronic renal
disease (REIN-2): multicentre, randomised controlled trial.
Lancet 2005; 365: 939-46.
Jafar TH, Stark PC, Schmid CH, et al. The effect of angiotensinconverting-enzyme inhibitors on progression of advanced
polycystic kidney disease. Kidney Int 2005; 67: 265-71.
Effects of ramipril on cardiovascular and microvascular outcomes in people with diabetes mellitus: results of the HOPE study
and MICRO-HOPE substudy. Heart Outcomes Prevention
Evaluation Study Investigators. Lancet 2000; 355: 253-9.
Brenner BM, Cooper ME, de Zeeuw D, et al. Effects of losartan
on renal and cardiovascular outcomes in patients with type 2 diabetes and nephropathy. N Engl J Med 2001; 345: 861-9.
Lewis EJ, Hunsicker LG, Clarke WR, et al. Renoprotective effect
of the angiotensin-receptor antagonist irbesartan in patients with
nephropathy due to type 2 diabetes. N Engl J Med 2001; 345:
851-60.
Cheung R, Lewanczuk RZ, Rodger NW, et al. The effect of valsartan and captopril on lipid parameters in patients with type II
diabetes mellitus and nephropathy. Int J Clin Pract 1999; 53:
584-92.
Tan KC, Chow WS, Ai VH, Lam KS. Effects of angiotensin II
receptor antagonist on endothelial vasomotor function and urinary albumin excretion in type 2 diabetic patients with microalbuminuria. Diabetes Metab Res Rev 2002; 18: 71-6.
Parving HH, and Irbesartan in Patients with Type 2 Diabetes and
Microalbuminuria Study Group. The effect of irbesartan on the
development of diabetic nephropathy in patients with type 2 diabetes. N Engl J Med 2001; 345: 870-8.
Hou FF, Zhang X, Zhang GH, et al. Efficacy and safety of benazepril for advanced chronic renal insufficiency. N Engl J Med
2006; 354: 131-40.
Bakris GL, and RENAAL Study Group. Effects of blood pressure level on progression of diabetic nephropathy: results from the
RENAAL study. Arch Intern Med 2003; 163: 1555-65.
Klahr S, Levey AS, Beck GJ, et al. The effects of dietary protein
restriction and blood-pressure control on the progression of chronic renal disease. Modification of Diet in Renal Disease Study
Group. N Engl J Med 1994; 330: 877-84.
Kidney Disease Outcomes Quality Initiative (K/DOQI). K/DOQI
clinical practice guidelines on hypertension and antihypertensive
agents in chronic kidney disease. Am J Kidney Dis 2004; 43
(Suppl. 1): S1-290.
Maschio G, Alberti D, Janin G, et al. Effect of the angiotensin-
S81
Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche
47.
48.
49.
50.
51.
converting-enzyme inhibitor benazepril on the progression of
chronic renal insufficiency. The Angiotensin-ConvertingEnzyme Inhibition in Progressive Renal Insufficiency Study
Group. N Engl J Med 1996; 334: 939-45.
The GISEN Group (Gruppo Italiano di Studi Epidemiologici in
Nefrologia). Randomised placebo-controlled trial of effect of
ramipril on decline in glomerular filtration rate and risk of terminal renal failure in proteinuric, non-diabetic nephropathy. Lancet
1997; 349: 1857-63.
Ruggenenti P, Perna A, Gherardi G, et al. Renoprotective properties of ACE-inhibition in non-diabetic nephropathies with nonnephrotic proteinuria. Lancet 1999; 354: 359-64.
Pozzi C, Del Vecchio L, Casartelli D, et al. ACE inhibitors and
angiotensin II receptor blockers in IgA nephropathy with mild
proteinuria: the ACEARB study. J Nephrol 2006 19 (4): 508-14.
Aldigier JC, Kanjanbuch T, Ma LJ, Brown NJ, Fogo AB.
Regression of existing glomerulosclerosis by inhibition of aldosterone. J Am Soc Nephrol 2005; 16: 3306-14.
Chobanian AV, and Blood Institute Joint National Committee on
Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood
Pressure; National High Blood Pressure Education Program
Coordinating Committee. The Seventh Report of the Joint
National Committee on Prevention, Detection, Evaluation, and
S82
52.
53.
54.
55.
56.
57.
Treatment of High Blood Pressure: the JNC 7 report. JAMA
2003; 289: 2560-72.
European Society of Hypertension-European Society of
Cardiology Guidelines Committee. 2003 European Society of
Hypertension-European Society of Cardiology guidelines for the
management of arterial hypertension. J Hypertens 2003; 21:
1011-53.
Williams B, and BHS guidelines working party, for the British
Hypertension Society. British Hypertension Society guidelines
for hypertension management 2004 (BHS-IV): summary. BMJ
2004; 328: 634-40.
American Diabetes Recommendations. Diab Care 2005; 28
(Suppl. 1).
Website International Diabetes Federation: http://www.idf.org/
home/index.cfm?unode=B7462CCB-3A4C-472C-80E4710074D74AD3.
Cianciaruso B, and Italian Society of Nephrology. Conservative
therapy guidelines for chronic renal failure. G Ital Nefrol 2003;
20 (Suppl. 24): S48-60.
De Ferrari G, and Italian Society of Nephrology. Guidelines for
diagnosis and therapy of diabetic nephropathy. G Ital Nefrol
2003; 20 (Suppl. 24): S96-108.
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S83-S90
Prevenzione della progressione del danno renale
Statine per la prevenzione della progressione
del danno renale: Linea Guida
L. De Nicola, G.F.M. Strippoli, P. Ravani, L. Del Vecchio, B. CianciarusoDivisione e Cattedra di
Nefrologia, Spedali Civili ed Università di Brescia, Brescia
Use of statins for preventing cardiovascular and renal outcomes in patients with
chronic kidney disease excluding dialysis: guideline from the Italian Society of
Nephrology
Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence
of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In the present
guideline, evidence of the efficacy of statins in chronic kidney disease patients (CKD, non-dialysis patients) is presented.
Methods. SR of RCT and RCT on statins in CKD (non-dialysis) patients were identified referring to a Cochrane Library
and Renal Health Library search (2005 update). Quality of SR and RCT was assessed according to current methodological standards.
Results. Three SR and 36 RCT were found addressing this intervention issue. Methodological quality of the relevant RCT
was suboptimal. There is no enough evidence to suggest that statins are associated with a significant reduction in the risk
of serum creatinine doubling or of end-stage renal disease in CKD patients (evidence from SR and RCT). Statins compared
to placebo or no treatment are associated with significant improvements in proteinuria (evidence from SR). Statins are also
associated with significant reduction in the risk of cardiovascular events and mortality in CKD patients (evidence from SR
and RCT) and in renal transplant recipients (evidence from RCT), and no significant increases in the risk of rhabdomyolysis and hepatotoxicity in CKD patients.
Conclusion. Available evidence supports the hypothesis that statins should be recommended in CKD patients (non-dialysis
patients) on the basis of significant evidence of cardiac and renal protection and no evidence of significant harms. Further
studies are necessary to test this hypothesis in selected patient populations. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S83-90)
KEY WORDS: Statins, Chronic kidney disease, Lipid lowering agents
PAROLE CHIAVE: Statine, Nefropatie croniche, Farmaci ipolipemizzanti
LINEA GUIDA
Non è possibile formulare una raccomandazione definitiva sull’uso delle statine finalizzato al rallentamento della progressione dell’insufficienza renale nelle nefropatie croniche o “chronic kidney disease” (CKD), intesa come raddoppio
della creatininemia o raggiungimento dell’uremia terminale o “end stage renal disease” (ESRD).
Le statine si associano ad una significativa riduzione dei valori di proteinuria nei pazienti con CKD, in confronto col
placebo o nessun trattamento (livello di evidenza 1).
Le statine riducono il rischio di eventi cardiovascolari e della mortalità cardiovascolare e totale in soggetti nefropatici
cronici (non in dialisi) in confronto col placebo o nessun trattamento (livello 1).
Le statine riducono il rischio di eventi cardiovascolari e della mortalità cardiovascolare nei riceventi di trapianto di rene
in confronto col placebo o nessun trattamento (livello 2).
Non vi sono rilievi derivanti da studi randomizzati relativi ad un significativo aumento del rischio di rabdomiolisi ed
epatotossicità nella popolazione nefropatica in trattamento con statine rispetto a placebo o nessun trattamento (livello 1).
L’utilizzo delle statine è consigliabile in nefrologia e trapianto sulla base di significativa evidenza di cardio e nefroprotezione e dell’assenza di un documentato incremento significativo dei rischi di tossicità.
© Società Italiana di Nefrologia
S83
Statine per la prevenzione della progressione del danno renale
Premesse
Strategia di ricerca bibliografica
La dislipidemia è di comune riscontro nei pazienti con
malattia renale cronica o “chronic kidney disease” (CKD).
Rispetto alla popolazione generale, nella CKD non-dialitica (stadio 1-4: filtrato glomerulare, GFR > 90
mL/min/1.73 m2 con albuminuria o GFR tra 90 e 15
mL/min/1.73 m2) risulta aumentata la frequenza delle
principali anomalie del profilo lipidico (incremento dei
livelli di lipoproteine a bassa -LDL- e bassissima densità
-VLDL-, di trigliceridi e colesterolo totale e ridotti livelli
di lipoproteine ad alta densità -HDL-). L’entità di tali alterazioni è maggiore nei pazienti proteinurici, ed in particolare in quelli con sindrome nefrosica (1, 2). In Italia, l’unico dato epidemiologico disponibile su un’ampia popolazione di pazienti con CKD non-dialitica ha evidenziato
che in 1058 pazienti con GFR < 60 mL/min/1.73 m2,
seguiti da almeno 12 mesi in 26 ambulatori di Nefrologia,
la prevalenza di ipercolesterolemia (LDL > 100 mg/dL o
colesterolo totale > 190 mg/dL) era pari al 60% e che solo
il 20% di tali pazienti era in trattamento con statine (3).
L’interesse sul potenziale nefroprotettivo delle statine
nasce non solo dal dato epidemiologico, ma, soprattutto,
dall’osservazione che l’ipercolesterolemia è un fattore
predittivo della perdita progressiva di funzione renale in
pazienti diabetici e non-diabetici, con e senza nefropatia
pregressa (4-9). Inoltre, in modelli animali di malattia
renale sono stati evidenziati effetti antiproliferativi ed
antinfiammatori delle statine a livello sia del glomerulo
che del distretto tubulo-interstiziale (10-13).
In questa Linea Guida abbiamo esaminato i dati attualmente disponibili sull’efficacia delle statine sulla progressione del danno renale, intesa come raddoppio della creatininemia o raggiungimento dell’uremia terminale o “end
stage renal disease” (ESRD). Sono stati inclusi i risultati
delle revisioni sistematiche (livello di evidenza 1) e degli
studi randomizzati controllati [(RCT) (livello 2)] condotti
in pazienti nefropatici cronici in terapia conservativa o
riceventi trapianto di rene, in cui fosse valutato l’effetto
delle statine in confronto a placebo/nessun trattamento su
GFR, escrezione urinaria di albumina/proteine, altri eventi renali. Sono stati inoltre considerati gli effetti su altri
eventi “hard” quali la mortalità totale e/o cardiovascolare,
gli eventi cardiovascolari non fatali, la tossicità (epatotossicità, rabdomiolisi). Sono stati esclusi da questa analisi
gli studi condotti in soggetti affetti da ESRD in trattamento sostitutivo emodialitico o peritoneodialitico e gli studi
con follow-up inferiore a 6 mesi in cui la probabilità che
si verifichino eventi maggiori (es. mortalità, ESRD, altri)
è ridotta.
La ricerca bibliografica è stata eseguita con il ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal
Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT
prodotti in nefrologia, dialisi e trapianto. Questo elenco
deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline,
Embase, numerosi altri database di studi clinici e la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali
Congressi di interesse Nefrologico e nelle pagine di
bibliografica degli RCT inclusi in revisioni sistematiche
di tipo Cochrane.
S84
Evidenza disponibile
Descrizione degli studi
La ricerca bibliografica ha permesso di individuare tre
studi di meta-analisi (14-16) e 36 RCT (17-48) sull’utilizzo
di farmaci ipolipemizzanti rispetto ad un placebo o non trattamento condotti in soggetti nefropatici cronici in terapia
conservativa (CKD non-dialitica) o riceventi trapianto di
rene. Le principali caratteristiche di questi studi sono riportate in Tabella I.
Nel 2001, è stata pubblicata una meta-analisi di Fried et
al. (14) che comprendeva 12 RCT (384 pazienti) pubblicati sull’argomento sino al 01/07/1999. Tutti i pazienti
erano seguiti per almeno 3 mesi, ma solo in 5 studi la
durata del follow-up era di almeno 1 anno. Il trattamento
ipolipemizzante era rappresentato dalle statine in 10 RCT,
gemfibrozil in uno studio e probucol in un altro. Nel
2004, è stata pubblicata come Atto di Congressi (ed
attualmente in revisione per pubblicazione in “full-text”)
una revisione Cochrane (15) che comprende 36 RCT di
statine verso placebo o nessun trattamento in soggetti
nefropatici cronici in terapia conservativa (19 RCT) o
riceventi trapianto di rene (17). Nel giugno 2006 è stato
pubblicato uno studio di Sandhu et al. (16) di meta-analisi di RCT condotti in soggetti nefropatici cronici in terapia conservativa.
Qualità degli studi. La valutazione metodologica assume
che ogni bias sia minimizzato in un RCT in presenza dei
seguenti criteri: a) corretta segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”) dei pazienti prima dell’ingresso formale nello studio; b) adeguato mascheramento dei
pazienti, dei clinici e degli outcome assessors (blinding); c)
descrizione delle ragioni e del numero dei “withdrawals” e
dei “dropouts” [perdite al follow-up (“lost to follow-up”)]; d)
analisi statistica condotta per intenzione al trattamento
(“intention-to-treat analysis”). La qualità di tutti gli studi
analizzati in questa Linea Guida è riportata in Tabella II.
Analisi statistica. L’analisi statistica ha valutato il rischio
20
20
20
40
40-80
40
20
Pravastatina
Pravastatina
Pravastatina
Fluvastatina
Fluvastatina
Fluvastatina
Lovastatina
Trapianto di rene
Cofan F, 2002 (46)
Katznelson S, 1996 (33)
Tuncer M, 2000 (34)
Holdaas H, 2001 (36)
Holdaas H, 2003 (40)
Kosch M, 2003 (44)
Gonzalez, 1996
Dose
(mg/die)
20
20
10
40
20
80
40
20
10
10
10-20
10-40
20
20
40
10
40
0.2
10
Intervento
(statina)
Nefropatia cronica in terapia conservativa
Yutaka, 1999
Pravastatina
Zhang A, 1995 (32)
Pravastatina
Lee, 2002
Pravastatina
PPP, 2004
Pravastatina
Gheith OA, 2002 (19)
Fluvastatina
Lemos, 2005
Fluvastatina
Buemi, 2000
Fluvastatina
Lam KS, 1995 (21)
Lovastatina
Hommel E, 1992 (20)
Simvastatina
Thomas ME, 1993 (26)
Simvastatina
Nielsen S, 1993 (23)
Simvastatina
Rayner BL, 1996 (24)
Simvastatina
Tonolo G, 1997* (28)
Simvastatina
Baigent C, 2005 (30)
Simvastatina
Van dijk, 2001 (31)
Simvastatina
Stegmayr, 2005 (25)
Atorvastatina
Bianchi S, 2003 (18)
Atorvastatina
Nakamura T, 2002 (22)
Cerivastatina
Verma, 2005
Rosuvastatina
Autore ed anno
12
4
12
3
60
36
32
6
3
6
60
12
36-48
6
24
3
6
9
24
12
12
2
24
12
6
5
Durata
dello
studio
(mesi)
47
48
57
364
2102
26
6
57
20
63
16824
43
310
21
34
26
30
18
17
19
241
20
14
56
40
91
N.
pazienti
TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI
ND
181.9 ± 8.1
ND
158.0 ± 4.2
216.6 ± 36.6
277.0 ± 6.0
263.5 ± 30.3
247.5 ± 5.3
ND
210 ± 23
ND
ND
200.0 ± 33.0
ND
210.0 ± 3.3
226.6 ± 33.3
315.3 ± 79.0
223.3 ± 10.0
ND
223.3 ± 10.0
ND
ND
ND
306.0 ± 3.0
276.0 ± 58.0
224 ± 61
Livelli basali
di colesterolo
mg/dL
(media ± DS)
ND
ND
ND
ND
ND
ND
ND
64.4 ± 5.4
ND
85 ± 16
30.0 ± 89.9
98.8 ± 37
47.0 ± 7.0
ND
83.1 ± 9.5
64.0 ± 30.0
76.5 ± 36.5
96.6 ± 8.0
84.3 ± 10.5
97.0 ± 7.0
62.0 ± 55.4
> 50.0
< 30.0
56.0 ± 1.9
104 ± 10
42.3 ± 11.1
Livello basale
del GFR
ml/min /1.73 m2
(media ± DS)
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Assetto
lipidico
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Mortalità
ed eventi
cardiaci
Outcomes
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Eventi
renali
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
segue
Tossicità
Statine per la prevenzione della progressione del danno renale
S85
S86
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Tossicità
Eventi
renali
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
240.0 ± 30.0
161.8 ± 9.1
ND
165.0 ± 32.6
245.0 ± 37.0
5
10
5-10
10
10
20
10
Simvastatina
Simvastatina
Simvastatina
Simvastatina
Simvastatina
Simvastatina
Atorvastatina
ND: non disponibile
10-20
20
10
Lovastatina
Lovastatina
Simvastatina
Paczek L, 1997 (45)
Sharma K, 2001 (37)
Arnadottir M, 1994 (42)
Martinez Hernandez BE
1993 (43)
Kasiske BL, 2001 (35)
Lepre F, 1999 (41)
Santos AF, 2001 (39)
Tuncer 2000 (34)
Baigent C, 2005 (30)
Renders L, 2001 (38)
2
3
3
6
12
12
3
22
105
49
62
57
133
20
253.0 ± 50.0
ND
ND
ND
63.4 ± 17.6
ND
36.0 ± 32.1
1.2 ± 0.6
•
•
•
•
•
•
•
33
65
40
ND
161.8 ± 9.1
270.0 ± 46.6
ND
ND
ND
Mortalità
ed eventi
cardiaci
Assetto
lipidico
6
3
4
N.
pazienti
Dose
(mg/die)
Intervento
(statina)
Durata
dello
studio
(mesi)
relativo [“relative risk” (RR)] con intervalli di confidenza
(IC) al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici e la differenza pesata tra le medie [“weighted mean difference” (WMD)] con IC al 95% per gli outcomes continui.
Risultati
Autore ed anno
TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (segue)
Livelli basali
di colesterolo
mg/dL
(media + DS)
Livello basale
del GFR
ml/min /1.73 m2
(media ± DS)
Outcomes
Statine per la prevenzione della progressione del danno renale
Meta-analisi di Fried. Questa metanalisi comprende 12
RCT (14). Il trattamento ipolipemizzante è rappresentato
dalle statine in 10 RCT, gemfibrozil in uno studio e probucol in un altro. L’intervento ipolipemizzante è associato con
un minore declino del GFR rispetto ai controlli (WMD:
0.156 mL/min/mese; IC 95% 0.026-0.285 mL/min/mese,
p= 0.008); si evidenzia inoltre una tendenza alla riduzione
dell’escrezione urinaria di albumina o proteine dopo trattamento ipolipemizzante (p= 0.077). Il principale limite di
questa meta-analisi consiste nella scarsità e nell’inadeguatezza metodologica di molti studi inclusi, sia per qualità
generale che per la ridotta durata di follow-up ed esiguità
del campione.
Revisione Cochrane. Questa revisione sistematica (15)
comprende 36 RCT di statine verso placebo o nessun trattamento in soggetti nefropatici cronici in terapia conservativa (19 RCT) o riceventi trapianto di rene (17 RCT). I
risultati della meta-analisi mostrano una riduzione statisticamente significativa dei valori di proteinuria delle 24 ore
in soggetti nefropatici cronici in trattamento con statine
rispetto al placebo, evidenziando tuttavia una significativa
eterogeneità presente tra gli studi inclusi nella meta-analisi.
Inoltre la revisione documenta un miglioramento significativo dei valori di clearance della creatinina in soggetti trattati con statine rispetto al placebo, benché il rilievo non sia
particolarmente forte; infatti i risultati sono in favore delle
statine negli studi in cui i valori di clearance sono espressi
in mL/min, ma non negli studi in cui questi valori sono
riportati come mL/min/1.73 m2. Le statine rispetto al placebo si associano inoltre in maniera invariabile in tutti gli
studi ad una significativa riduzione dei livelli a fine trattamento di colesterolo totale e colesterolo LDL e ad un incremento dei valori di colesterolo HDL.
Un rilievo interessante è costituito dal fatto che le statine
rispetto al placebo si associano ad una significativa riduzione della mortalità totale (16 RCT, 17695 pazienti, RR 0.81;
IC 95% 0.73-0.89) e cardiovascolare (RR 0.80; IC 95%
0.70-0.90) nei soggetti nefropatici cronici. Nei riceventi di
trapianto di rene non vi è una riduzione significativa del
rischio di mortalità totale o cardiovascolare benché gli studi
documentino un effetto favorevole delle statine. Per quanto
attiene agli effetti su eventi cardiovascolari non fatali, le
statine rispetto al placebo si associano ad una riduzione di
rischio di circa il 20% tanto nei nefropatici cronici in terapia conservativa quanto nei riceventi trapianto di rene.
Infine, non è stato individuato un incremento del rischio di
epatotossicità o rabdomiolisi.
Statine per la prevenzione della progressione del danno renale
Meta-analisi di Sandhu. Questo studio di meta-analisi
conclude che la terapia con statine riduce la proteinuria in
maniera modesta e determina una lieve riduzione della progressione del danno renale, in particolare in soggetti cardiopatici (16).
Commento. In genere i risultati degli RCT disponibili
nelle nefropatie croniche e nel trapianto (17-48) ed i rilievi
delle meta-analisi vanno interpretati con la giusta cautela a
causa dei limiti metodologici; in particolare il numero di
pazienti con CKD di grado medio-avanzato inclusi negli
RCT disponibili è relativamente basso, le tecniche di randomizzazione ed “allocation concealment” sono non chiare nell’80% degli studi, l’uso del “blinding” e dell’analisi
“intention-to-treat” è scarso, il follow-up breve (Tab. II).
Infine, la maggior parte di questi studi sono basati su endpoints surrogati, quali assetto lipidico, valori di proteinuria
e clearance della creatinina.
TABELLA II - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI
INDIVIDUATI
Parametro di qualità
RCT
%
Allocation concealment
Adeguato
22
Non chiaro
51
Inadeguato
23
Blinding-Cieco
Partecipanti
22
Ricercatori
22
Valutazione outcomes
22
Analisi “intention-to-treat”
Sì
25
No
70
Non chiara
5
Perdite al follow-up (%)
Sintesi dell’evidenza
Sulla base delle evidenze disponibili, derivanti dalle revisioni sistematiche e dagli RCT, è possibile concludere che le
statine rispetto al placebo si associano ad una significativa
riduzione dei livelli di proteinuria delle 24 ore a fine trattamento, ad un possibile incremento dei valori di clearance
della creatinina ed una significativa riduzione della mortalità totale e cardiovascolare nei nefropatici cronici in terapia
conservativa e degli eventi cardiaci non fatali tanto nei
nefropatici cronici quanto nei soggetti riceventi trapianto
d’organo. Non appare evidente un incremento del rischio di
tossicità epatica e/o muscolare. Tenendo presente che in
ogni caso la riduzione dei livelli di proteinuria ed i valori
della clearance della creatinina rappresentano endpoints
surrogati dell’efficacia nefroprotettiva di qualsiasi intervento terapeutico in CKD, sarebbe utile avere a disposizione
studi ad hoc sull’argomento basati sulla valutazione di endpoints quali l’ESRD per una valutazione definitiva sull’efficacia renoprotettiva. Resta il dato che l’efficacia cardioprotettiva di questi farmaci è stata comprovata anche in studi di
interesse nefrologico e che questo effetto permette di supportarne l’adozione.
Implicazioni per la pratica clinica
Oggi si considera la dislipidemia (in particolare, livelli
elevati di LDL) quale importante fattore di rischio per
malattia cardiovascolare nella popolazione generale (49,
50). Molti pazienti dislipidemici non raggiungono il goal
terapeutico con la sola modifica dello stile di vita (riduzione dell’introito di grassi saturi e colesterolo, aumento
dell’attività fisica e riduzione del peso corporeo), rendendo pertanto necessario l’intervento farmacologico nella
maggioranza dei casi (49, 50). Nei pazienti affetti da CKD
0< 10%
85
10< 20%
7
20< 40%
5
≥ 40%
3
non-dialitica, il rischio cardiovascolare è sensibilmente
maggiore rispetto alla popolazione generale (51, 52), ed
in genere superiore al rischio di progressione del danno
renale nelle nefropatie sia diabetiche che non-diabetiche
(53, 54). Pertanto, oltre agli effetti nefroprotettivi, in
accordo con le maggiori Linee Guida esistenti (Tab. III),
la prescrizione di statine è indicata nelle nefropatie croniche quando i livelli di LDL risultino > 100 mg/dL dopo
modifica dello stile di vita per tre mesi, avendo come target terapeutico un valore di LDL < 100 mg/dL (colesterolemia totale ≤ 200 mg/dL).
Applicabilità
I dati ottenuti negli studi sinora effettuati sono applicabili
alla realtà Italiana, specialmente con l’introduzione da parte
dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), nella Nota 13,
dell’insufficienza renale cronica come fattore di rischio cardiovascolare.
Implicazioni per la ricerca
In base a quanto descritto, resta confermata la necessità
di programmare ulteriori studi clinici, adeguati per dimensione del campione e durata di follow-up, mirati alla valutazione in pazienti con diversi gradi di disfunzione renale
dell’effetto delle statine sulla progressione del danno
S87
Statine per la prevenzione della progressione del danno renale
TABELLA III - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA
Linea Guida
Nazione
Anno
Kidney Disease Outcomes
Quality Initiative (K-DOQI)
USA
2003
Nessuna raccomandazione per assenza di dati conclusivi
(statine indicate per la prevenzione primaria e secondaria della
malattia cardiovascolare)
British Renal Association
Inghilterra
2005
Nessuna raccomandazione per assenza di dati conclusivi
(statine indicate per la prevenzione primaria e secondaria della
malattia cardiovascolare)
Canadian Society of Nephrology
Canada
2003
Nessuna Linea Guida
European Best Practice Guidelines
Europa
2003
Nessuna Linea Guida
Caring for Australians with
Renal Impairment (CARI)
Australia
2004
Gli studi sull’argomento suggeriscono che la terapia
ipolipemizzante esercita un’azione benefica sulla progressione delle
nefropatie; tuttavia, la maggioranza di questi studi presenta rilevanti
limiti metodologici. I risultati sono pertanto da considerarsi
preliminari
Società Italiana di Nefrologia
Italia
2003
Nessuna Linea Guida
renale (endpoints: variazione di GFR e micro/macro albuminuria). È auspicabile che nuove informazioni su tale
argomento vengano nel frattempo ottenute da analisi dello
studio SHARP (Study of Heart and Renal Protection)
attualmente in corso. Questo studio prospettico randomizzato e controllato arruolerà 6000 pazienti con CKD nondialitica. Scopo primario di questo studio, iniziato nel
2003 e con 4 anni previsti di follow-up, è la valutazione
dell’efficacia di terapia ipocolesterolemizzante (ezetimibe e simvastatina vs placebo) sull’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori (55).
Ringraziamenti
Gli Autori ringraziano il Dr. S. Navaneethan (Rochester,
NY), la Dr.ssa F. Pansini (Bari) e il Dr. F. Pesce (Bari) per la
Raccomandazioni su antipertensivi e nefropatie croniche
condivisione di dati relativi a studi di meta-analisi in corso e
la collaborazione nell’analisi statistica e realizzazione delle
Tabelle.
Indirizzo degli Autori:
Prof. Luca De Nicola
Cattedra di Nefrologia
II Università di Napoli
Via M. Longo, 50
80138 Napoli
e-mail: [email protected]
Bibliografia
1. Kasiske BL. Hyperlipidemia in patients with chronic renal disease. Am J Kidney Dis 1998; 32 (Suppl. 3): S142-56.
2. Weiner DE, Sarnak MJ. Managing dyslipidemia in chronic kidney disease. J Gen Intern Med 2004; 19: 1045-52.
3. De Nicola L, Minutolo R, Chiodini P, et al. Global approach to
cardiovascular risk in chronic kidney disease: reality and opportunities for intervention. Kidney Int 2006; 69: 538-45.
4. Krolewski AS, Warram JH, Christlieb AR. Hypercholesterolemia: a determinant of renal function loss and deaths in
S88
IDDM patients with nephropathy. Kidney Int 1994; (Suppl. 45):
S125-31.
5. Manttari M, Tiula E, Alikoski T, Manninen V. Effects of hypertension and dyslipidemia on the decline in renal function.
Hypertension 1995; 26: 670-5.
6. Ravid M, Brosh D, Ravid-Safran D, Levy Z, Rachmani R. Main
risk factors for nephropathy in type 2 diabetes mellitus are plasma cholesterol levels, mean blood pressure, and hyperglycemia.
Arch Intern Med 1998; 158: 998-1004.
Statine per la prevenzione della progressione del danno renale
7. Yang WQ, Song NG, Ying SS, et al. Serum lipid concentrations
correlate with the progression of chronic renal failure. Clin Lab
Sci 1999; 12: 104-8.
8. Schaeffner ES, Kurth T, Curhan GC, et al. Cholesterol and the
risk of renal dysfunction in apparently healthy men. J Am Soc
Nephrol 2003; 14: 2084-91.
9. Athyros VG, Mikhailidis DP, Papageorgiou AA, et al. Effect of
statins versus untreated dyslipidemia on renal function in
patients with coronary heart disease: A subgroup analysis of the
Greek Atorvastatin and Coronary-heart-disease Evaluation
(GREACE) study. J Clin Pathol 2004; 57: 728-34.
10. Kasiske BL, O’Donnell MP, Cleary MP, Keane WF.
Pharmacological treatment of hyperlipidaemia reduced glomerular in jury in rat 5/6 nephrectomy model of chronic renal failure.
Circ Res 1988; 62: 367-74.
11. Park YS, Guijarro C, Kim Y, et al. Lovastatin reduces glomerular
macrophage influx and expression of monocyte chemoattractant protein-1 mRNA in nephrotic rats. Am J Kidney Dis 1998; 31: 190-4.
12. Yamashita T, Kawashima S, Miwa Y, et al. A 3-hydroxy-3methylglutaryl co-enzyme A reductase inhibitor reduces hypertensive nephrosclerosis in stroke-prone spontaneously hypertensive rats. J Hypertens 2002; 20: 2465-73.
13. Li C, Yang CW, Park JH, et al. Pravastatin treatment attenuates
interstitial inflammation and fibrosis in a rat model of chronic
cyclosporine-induced nephropathy. Am J Renal Physiol 2004;
286: F46-57.
14. Fried LF, Orchard TJ, Kasiske BL. Effect of lipid reduction on
the progression of renal disease: a meta-analysis. Kidney Int
2001; 59: 260-9.
15. Navaneethan S, Shrivastava R, Pansini F, Strippoli G. Statins for
Chronic Kidney Disease: Extrapolation versus proven evidence
of benefit. J Am Soc Nephrol 2005; 16: A765.
16. Sandhu S, Wiebe N, Fried LF, Tonelli M. Statins for improving
renal outcomes: a meta-analysis. J Am Soc Nephrol 2006; 17:
2006-16.
17. Del Castillo D, Cruzado JM, Manel Diaz J. The effects of hyperlipidaemia on graft and patient outcome in renal transplantation.
Nephrol Dial Transplant 2004; 19: 67-71.
18. Bianchi S, Bigazzi R, Caiazza A, Campese VM. A controlled
prospective study of the effects of Atorvastatin on proteinuria
and progression of kidney disease. Am J Kidney Dis 2003; 41:
565-70.
19. Gheith OA, Sobh M, Mohamed K, et al. Impact of treatment of
dyslipidemia on renal function, fat deposits and scarring in
patients with persistent nephrotic syndrome. Nephron 2002; 91:
612-9.
20. Hommel E, Andersen P, Gall M, et al. Plasma lipoproteins and
renal function during Simvastatin treatment in diabetic nephropathy. Diabetologia 1992; 35: 447-51.
21. Lam KS, Cheng I, Janus E, Pang R. Cholesterol lowering therapy
may retard the progression of diabetic nephropathy. Diabetologia
1995; 38: 604-9.
22. Nakamura T, Ushiyama C, Hirokawa K, et al. Effect of
Cerivastatin on proteinuria and urinary podocytes in patients
with chronic glomerulonephritis. Nephrol Dial Transplant 2002;
17: 798-802.
23. Nielsen S, Schmitz O, Moller N, et al. Renal function and insulin sensitivity during Simvastatin treatment in type 2 (non-insulin dependent) diabetic patients with microalbuminuria.
Diabetologia 1993; 36: 1079-86.
24. Rayner BL, Byrne MJ, Van Zyl Smit R. A prospective clinical
trial comparing the treatment of idiopathic membranous nephropathy and nephrotic syndrome with Simvastatin and diet, versus
diet alone. Clin Nephrol 1996; 46: 219-24.
25. Stegmayr BG, Brannstrom M, Bucht S. Safety and efficacy of
Atorvastatin in patients with impaired renal function. World
Congress of Nephrology 2003.
26. Thomas ME, Harris KP, Ramaswamy C. Simvastatin therapy for
hypercholesterolemic patients with nephrotic syndrome or significant proteinuria. Kidney Int 1993; 44: 1124-9.
27. Tonelli M, Moye L, Sacks F, Kiberd B, Curhan G. Pravastatin for
28.
29.
30.
31.
32.
33.
34.
35.
36.
37.
38.
39.
40.
41.
42.
43.
44.
45.
46.
secondary prevention of cardiovascular events in persons with
mild chronic renal insufficiency. Ann Intern Med 2003; 138: 98104.
Tonolo G, Ciccarese M, Brizzi P. Reduction of albumin excretion
rate in normotensive patients during long-term Simvastatin treatment. Diabetes Care 1997; 20: 1891-95.
Imai Y, Suzuki H, Saito T, Tsuji I, Abe K, Saruta T. The effects of
Pravastatin on renal function and lipid metabolism in patients
with renal dysfunction with hypertension and hyperlipidemia.
Clin Exp Hypertens 1999; 21: 1345-55.
Baigent C, and First United Kingdom Heart and Renal Protection
(UK-HARP-1) Study: Biochemical efficacy and safety of
Simvastatin and safety of low dose aspirin in chronic kidney disease. Am J Kidney Dis 2005; 45: 473-84.
Van Dijk M, Kamper A, Van Veen S, Souverijn J, Blaum G.
Effect of Simvastatin on renal function in autosomal dominant
polycystic kidney disease. Nephrol Dial Transplant 2001; 16:
2152-7.
Zhang A, Vertrommen J, Gaal V, Leeuw D. Effects of Pravastatin
on lipid levels, in vitro oxidability of non-HDL lipoproteins and
microalbuminuria in IDDM patients. Diabetes Res Clin Pract
1995; 29: 189-94.
Katznelson S, Wilkinson AH, Kobashigawa JA, et al. The effect
of pravastatin on acute rejection after kidney transplantation - a
pilot study. Transplantation 1996; 61: 1469-74.
Tuncer M, Suleymanlar G, Ersoy FF, Yakupoglu G. Comparison
of the effects of simvastatin and pravastatin on acute rejection
episodes in renal transplant patients. Transplant Proc 2000; 32:
622-5.
Kasiske BL, Heim-Duthoy KL, Singer GG, Watschinger B,
Germain MJ, Bastani B. The effects of lipid-lowering agents on
acute renal allograft rejection. Transplantation 2001; 72: 223-7.
Holdaas H, Jardine AG, Wheeler DC. Effect of fluvastatin on
acute renal allograft rejection: a randomized multicenter trial.
Kidney Int 2001; 60: 1990-7.
Sahu K, Sharma R, Gupta A. Effect of lovastatin, an HMG CoA
reductase inhibitor, on acute renal allograft rejection. Clin
Transplant 2001; 15: 173-5.
Renders L, Mayer-Kadner I, Koch C. Efficacy and drug interactions of the new HMG-CoA reductase inhibitors cerivastatin and
atorvastatin in CsA-treated renal transplant recipients. Nephrol
Dial Transplant 2001; 16: 141-6.
Santos AF, Keitel E, Bittar AE, et al. Safety and efficacy of simvastatin for hyperlipidemia in renal transplant recipients: a double-blind, randomized, placebo-controlled study. Transplant Proc
2001; 33: 1194-5.
Holdaas H, Fellstrom B, Jardine AG, et al. Effect of fluvastatin
on cardiac outcomes in renal transplant recipients: a multicentre,
randomised, placebo-controlled trial. Lancet 2003; 361: 2024-31.
Lepre F, Rigby R, Hawley C, Saltissi D, Brown A, Walsh Z. A
double-blind placebo controlled trial of simvastatin for the treatment of dyslipidaemia in renal allograft recipients. Clin
Transplant 1999; 13: 520-5.
Arnadottir M, Eriksson LO, Germershausen JI, Thysell H. Lowdose simvastatin is a well-tolerated and efficacious cholesterollowering agent in ciclosporin-treated kidney transplant recipients. Double-blind, randomized, placebo-controlled study in 40
patients. Nephron 1994; 68: 57-62.
Martinez Hernandez BE, Persaud JW, Varghese Z, Moorhead JF.
Low-dose simvastatin is safe in hyperlipidaemic renal transplant
patients. Nephrol Dial Transplant 1993; 8: 637-41.
Kosch M, Barenbrock M, Suwelack B, Schaefer RM, Rahn KH,
Hausberg M. Effect of a 3-year therapy with the 3-hydroxy-3methylglutaryl coenzyme a reductase-inhibitor fluvastatin on
endothelial function and distensibility of large arteries in hypercholesterolemic renal transplant recipient. Am J Kidney Dis
2003; 41: 1088-96.
Paczek L, Bill M, Wyzgal J, et al. Influence of hypolipaemia
treatment on cadaver kidney transplant. Pol Arch Med Wewn
1997; 97: 144-56.
Cofan F, Zambon D, Laguna JC, et al. Pravastatin improves low-
S89
Statine per la prevenzione della progressione del danno renale
47.
48.
49.
50.
density lipoprotein oxidation in renal transplantation. Transplant
Proc 2002; 34: 389-91.
Lal SM, Hewett JE, Petroski GF, Van Stone JC, Ross G Jr. Effects
of nicotinic acid and lovastatin in renal transplant patients: a prospective, randomized, open-labeled crossover trial. Am J Kidney
Dis 1995; 25: 616-22.
Castro R, Queiros J, Fonseca I, et al. Therapy of post renal transplantation hyperlipidemia: comparative study with simvastatin
and fish oil. Nephrol Dial Transplant 1997; 12: 2140-3.
Yusuf S, Hawken S, Ounpuu S, et al. Effect of potentially modifiable risk factors associated with myocardial infarction in 52
countries (the INTERHEART study): case-control study. Lancet
2004; 364: 953-62.
Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High
Blood Cholesterol in Adults (Adult Treatment Panel III).
Executive Summary of the Third Report of the National
Cholesterol Education Program (NCEP). JAMA 2001; 285:
2486-97.
S90
51. Sarnak MJ, Levey AS, Schoolwerth AC, et al. Kidney disease as
a risk factor for development of cardiovascular disease. A statement from the American Heart Association Councils on kidney
in cardiovascular disease, high blood pressure research, clinical
cardiology, and epidemiology and prevention. Circulation 2003;
108: 2154-69.
52. Go SA, Chertow GM, Fan D, et al. Chronic kidney disease and
the risks of death, cardiovascular events and hospitalization. N
Engl J Med 2004; 351: 1296-305.
53. Keith D, Nichols GA, Gullion CM, et al. Longitudinal follow-up
and outcome among a population with chronic kidney disease in
a large managed care organization. Arch Intern Med 2004; 164:
659-63.
54. Rossing K, Christensen PK, Howind P, et al. Progression of
nephropathy in type 2 diabetic patients. Kidney Int 2004; 66:
1596-605.
55. Baigent C, Landry M. Study of Heart and Renal Protection
(SHARP). Kidney Int 2003; 84: S207-10.
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S91-S98
Prevenzione della progressione del danno renale
Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina
e progressione del danno renale: Linea Guida
P. Ravani, L. Del Vecchio, L. De Nicola, B. Cianciaruso
Erythropoietins and haemoglobin targets to prevent the progression of chronic kidney disease: guideline from the Italian Society of Nephrology
Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of Systematic Reviews (SR) of Randomized Trials (RCT) or RCT data only. The
present guideline reports evidence of the use of Erythropoietins (EPO) and/or optimal haemoglobin (Hgb) targets to delay
Chronic Kidney Disease (CKD) progression.
Methods. SR of RCT and RCT on EPO and different Hgb targets in CKD (pre-dialysis) were identified searching in the
Cochrane Library and Renal Health Library (2005 update). Quality of SR and RCT was assessed according to current
methodological standards.
Results. Two SR (15 RCT) and 5 further RCT were found addressing the intervention issue. No significant evidence supporting the use of EPO compared with placebo/no treatment to prevent or delay CKD progression was found (evidence from
SR). Progression rates do not appear to be affected by Hgb targets (evidence from SR). Methodological quality of included
RCT was suboptimal. In diabetic patients not receiving renin-angiotensin-system inhibitors, early EPO treatment (when
Hgb ≥ 9g/dL) with target Hgb ≥ 13g/dL as compared to delayed treatment initiation (Hgb < 9g/dL) is associated with
reduced risk of disease progression, end-stage renal disease and death (evidence from RCT).
Conclusion. In CKD patients not undergoing dialysis current evidence does not support the hypothesis that EPO treatment
or optimal Hgb targets reduce the progression rate of the disease. Further studies are necessary to test this hypothesis in
selected patient populations. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S91-8)
KEY WORDS: Erythropoietin, Chronic Kidney Disease, Hemoglobin, Anemia, Progression
PAROLE CHIAVE: Eritropoietina, Malattie Renali Croniche, Emoglobina, Anemia, Progressione
LINEA GUIDA
Nei soggetti affetti da insufficienza renale cronica in fase pre-dialitica non esiste evidenza a favore dell’ipotesi che
l’utilizzo di eritropoietina (EPO) nei confronti del placebo o del non trattamento per la terapia dell’anemia ritardi la
progressione del danno renale o posticipi la necessità di iniziare il trattamento dialitico (livello di evidenza 1). Inoltre
la velocità di progressione della malattia renale cronica non è modificata dal target di emoglobina (Hgb) od ematocrito (livello 1). Recenti studi randomizzati confermano questi risultati in popolazioni di soggetti non selezionati
(livello di evidenza 2).
Nei soggetti non diabetici non trattati con ACE-inibitori o sartani, la terapia con EPO e target di Hgb ≥ 13 g/dL iniziata precocemente (quando Hgb ≥ 9 g/dL) rispetto ad un inizio tardivo (quando Hgb < 9 g/dL) potrebbe ridurre il
rischio di progressione della malattia renale, di uremia terminale e di morte (livello 2).
Premesse
L’anemia è una complicanza comune dell’insufficienza
renale cronica e si associa a perdita di appetito, aumentato
senso di fatica, ridotte prestazioni fisiche e cognitive, e
maggiore morbilità (1). Esiste una correlazione diretta tra
livelli di emoglobina (Hgb) e deterioramento della funzione
renale (2). La prevalenza dell’anemia nei soggetti con filtrato glomerulare [“glomerular filtration rate” (GFR)] < 25
mL/min, ma non ancora in trattamento sostitutivo, arriva
fino all’87%, mentre l’85% dei soggetti che iniziano dialisi presenta livelli di Hgb < 10 g/dL (3).
© Società Italiana di Nefrologia
S91
Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale
Il trattamento con eritropoietina (EPO) corregge l’anemia e
riduce il ricorso ad emotrasfusioni, sia nei soggetti in trattamento sostitutivo (4) che in fase pre-dialitica (5). Inoltre, nei
soggetti non ancora in trattamento dialitico, il maggior benessere conseguente al trattamento dell’anemia con EPO potrebbe ritardare l’inizio della terapia sostitutiva, con possibili vantaggi economici e sociali. D’altra parte, è necessario tener
conto del possibile effetto opposto sulla progressione, principalmente imputabile al peggiore controllo pressorio (6).
Scopo di questa Linea Guida è di verificare, sulla base
delle evidenze che derivano dalle revisioni sistematiche e
dagli studi randomizzati controllati (RCT), se il trattamento con EPO comporta benefici sulla progressione del danno
renale nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica e
quali sono i vantaggi e gli svantaggi di due diversi livelli
(alti e bassi) di Hgb.
Strategia di ricerca bibliografica
La ricerca è stata effettuata utilizzando la stringa “(anemia OR anaemia) OR (hemoglobin OR haemoglobin) OR
(EPO OR epoietin OR epoietins OR erythropoietin OR
erythropoietins OR darbopoietin OR darboepoietin OR
darbepoietin)” mediante le banche dati Medline e con il
ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/), prodotta dal Cochrane
Renal Group, che contiene il più aggiornato elenco degli
RCT prodotti in Nefrologia, Dialisi e Trapianto. Questo
elenco deriva da ricerche bibliografiche condotte in
Medline, Embase, numerosi altri database di studi clinici e
la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali
Congressi di interesse nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo
Cochrane. Infine la ricerca bibliografica è stata completata
manualmente, facendo uso di Riviste Scientifiche, Atti
Congressuali ed altre Linee Guida.
Evidenza disponibile
La ricerca bibliografica ha permesso di individuare 616
RCT e 18 Revisioni Cochrane nella Renal Health Library.
Di questi lavori, 2 revisioni Cochrane (5, 7) hanno come quesito l’argomento della presente Linea Guida, per cui la loro
analisi critica è il riferimento principale fino al 2003. Sono
stati inoltre valutati altri 5 studi primari pubblicati successivamente (8, 9, 25-27). Le caratteristiche di tutti gli studi analizzati in questa Linea Guida sono riportate in Tabella I.
Descrizione degli studi
Trattamento con EPO e progressione del danno renale:
Revisione Cochrane di Cody
La revisione di Cody et al. (5) ha utilizzato la classica
S92
metodologia e strategia di ricerca generata dal gruppo
Cochrane per individuare RCT e quasi RCT in 13 diversi
database elettronici; la ricerca elettronica è stata completata
dalla ricerca manuale, dal contatto con esperti e compagnie
produttrici di EPO, dalla valutazione delle bibliografie degli
articoli e dall’ulteriore ricerca su internet. Il quesito di ricerca della revisione è il seguente: “Il trattamento con EPO
comporta benefici in termini di progressione dell’insufficienza renale cronica?” I pazienti identificati sono i soggetti
con insufficienza renale in fase pre-dialitica (diabetici e non);
i gruppi d’intervento e di controllo sono il trattamento con
EPO versus il placebo o il non trattamento e gli outcomes
sono il tempo all’evento dialisi, il numero di eventi per gruppo e le modificazioni del GFR e della creatininemia.
Nella revisione sono inclusi 12 RCT (10-18, 21, 22, 24),
di cui 4 (10-13) sono parte di uno studio multicentrico (14).
I risultati di quest’ultimo sono stati considerati, ove possibile, al posto di quelli dei singoli studi. Tutti gli RCT sono
stati condotti negli USA, a parte due condotti in Svezia (15,
24) e uno in Giappone (16). La maggior parte degli RCT ha
arruolato pochi pazienti ed è caratterizzato da breve followup (8-12 settimane). Solo 3 RCT (16-18) hanno superato i
6 mesi (da 36 settimane ad un anno), di cui uno (17) ha
incluso soltanto 17 partecipanti.
Target di emoglobina e progressione del danno renale:
Revisione Cochrane di Strippoli
Anche la revisione di Strippoli et al. (7) ha utilizzato la
classica metodologia e strategia di ricerca generata dal
gruppo Cochrane. Il quesito di ricerca della revisione è il
seguente: “Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di due
diversi livelli (alti e bassi) di Hgb?” I pazienti identificati
sono i soggetti con insufficienza renale in fase sia dialitica
che pre-dialitica (diabetici e non); i gruppi d’intervento e di
controllo sono diversi targets di Hgb ed ematocrito raggiunti con EPO (e darbopoietina) verso il placebo o il non
trattamento e gli outcomes includono le modificazioni del
GFR e della creatininemia nei pazienti in pre-dialisi. Dei 16
RCT inclusi nella revisione, 10 RCT hanno arruolato
pazienti in fase pre-dialitica (10, 13, 15, 16, 19-24).
Target di emoglobina e precocità dell’intervento e progressione
Cinque recenti RCT successivi alle revisioni Cochrane
hanno valutato l’effetto di diversi target di Hgb sulla
massa ventricolare sinistra o su end-points cardiovascolari, riportando anche le variazioni del GFR e della precocità dell’intervento sulla progressione (8, 9, 25-27).
Qualità degli studi. La valutazione metodologica assume
che ogni bias sia minimizzato in un RCT in presenza dei
seguenti criteri: a) corretta segretezza della randomizzazione
(“allocation concealment”) dei pazienti prima dell’ingresso
formale nello studio; b) adeguato mascheramento dei pazienti, dei clinici e degli outcome assessors (blinding); c) descri-
N. pazienti
17
RCT
RCT
RCT
RCT
Kuriyama S, 1997
73
(Review Cochrane Cody, Strippoli) (16)
Lim VS, 1989
14 (4 F)
(Review Cochrane Cody, Strippoli) (13)
83 (56 F)
12 (1 F)
Roth D, 1994
(Review Cochrane Cody) (18)
Stone WJ, 1988
(Review Cochrane Cody) (12)
RCT
RCT
17
RCT
RCT
RCT
Disegno
dello studio
Kleinman KS, 1989
14 (5 F)
(Review Cochrane Cody, Strippoli) (19)
Eschbach JW, 1989
(Review Cochrane Cody) (11)
Clyne N, 1992
22 (11 F)
(Review Cochrane Cody, Strippoli) (15)
Brown CD, 1995
(Review Cochrane Cody) (17)
Abraham PA, 1990
8 (3 F)
(Review Cochrane Cody, Strippoli) (10)
Autore ed anno
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI
USA
USA
USA
Giappone
USA
USA
Svezia
USA
USA
Setting
Etá 45-73 anni;
GFR 10-30 mL/min;
Anemia
Etá 18-75 anni;
PA media
114 mmHg;
Creatininemia
265.2-707.2
μmol/L; Hct < 30%
Etá 30-70 anni;
Creatininemia
548 μmol/L;
Hct 27%
Etá media 63.8 anni;
Creatininemia 2.9 mg/dL;
Hct < 28%
Etá media 28.2 anni;
Creatininemia
265 - 972 μmoL;
Hct < 30%
Etá 24-72 anni;
Creatininemia
353 - 972 μmol/L;
Hct < 30%
GFR < 25 mL/min;
Hct < 28% o Hb
< 70% dei valori attesi
Creatininemia
221 - 442 μmol/L;
HCT < 30%
Età media 47 anni;
creatininemia
> 3.0 mg/dL;
Hct < 36%
Caratteristiche
partecipanti
EPO (tipo non chiarito)
e.v. 50-150 U/kg
x 3/settimana
9 pazienti
EPO
s.c. 50-150 U/kg
x 3/settimana
43 pazienti
EPO
e.v. 50-150 U/kg
x 3/settimana
11 pazienti
EPO
e.v. 6000
U/settimana
qb per Hct 33-35%
42 pazienti
EPO alfa
s.c. 100
U/kg/settimana
7 pazienti
EPO alfa
e.v./s.c. 50
U/kg/settimana
12 pazienti
EPO alfa
e.v.
300 u/kg/settimana
iniziale, poi qb
per Hct > 30%
12 pazienti
EPO alfa
s.c. 50-150 U/kg
x 3/settimana
8 pazienti
EPO alfa
i.v. 50-150 U/kg
x 3/settimana
4 pazienti
Intervento
sperimentale
3 pazienti
Placebo
40 pazienti
Non trattamento
3 pazienti
Placebo
31 pazienti
Non trattamento
7 pazienti
Placebo
6 pazienti
Placebo
10 pazienti
Non trattamento
9 pazienti
Placebo
4 pazienti
Placebo
Intervento di
controllo
8
48
8
36
12
8-12
12
54
8-12
Follow-up
(settimane)
segue
Parte di uno studio
multicentrico
Parte di uno studio
multicentrico
Parte di uno studio
multicentrico
(Teehan 1990)
Pubblicato
come abstract
Parte di uno studio
multicentrico
(Teehan 1990)
Commenti
Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale
S93
S94
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
44
83
416
155
88
172
1432
603
Revicki DA, 1995
(Review Cochrane Strippoli) (20)
Furuland H, 2003
(Review Cochrane Strippoli) (24)
Roger SD, 2004 (8)
Gouva C, 2004 (9)
Levin A, 2005 (25)
Singh, 2006 (26)
Drueke, 2006 (27)
RCT
Watson A, 1989
11 (5 F)
(Review Cochrane Cody, Strippoli) (22)
Brandt JR, 1999
(Review Cochrane Strippoli) (23)
RCT
RCT
12 (6 F)
Teehan BP, 1989
(Review Cochrane Cody) (14)
Teehan BP, 1990
117 (46 F)
(Review Cochrane Cody, Strippoli) (21)
Disegno
dello studio
N. pazienti
Autore ed anno
Età media 66 anni;
MDRD_GFR 27
mL/min; Hgb 10 g/dL
Età media 57; GFR
28 mL/min; Hgb 11.7
g/dL
Hgb 9-11.6 g/dL
Riduzione Hgb
≥ 1 g/dL
Etá 60 anni
Etá 56-58 anni
Etá < 21 anni
Etá 43-79 anni;
Anemia
Etá 24-79 anni;
Creatininemia
260-880 μmol/L;
Hct < 38% M, < 32% F
Creatininemia
5.1 mg/dL;
Hct medio 25.2%
Caratteristiche
partecipanti
Internazionale Età media 59 anni;
MDRD_GFR 24.5
mL/min; Hgb 11.6 g/dL
USA
Canada
Grecia
Oceania
USA
USA
USA
USA
USA
Setting
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI (segue)
EPO beta sc
Target 13-15 g/dL
EPO alfa sc
Target 13.5 g/dL
EPO alfa sc
Target 12-14 g/dL
EPO subito
(target ≥ 13 g/dL)
45 pazienti
Hgb 12-13 g/dL
75 pazienti
EPO
(Hct > 40-45%)
Target
EPO
(Hct > 35%)
Target
EPO
(Hb > 12 g/dL)
Target
EPO
(tipo non chiarito)
s.c. 100 U/kg
x 3/settimana
5 pazienti
EPO (tipo non chiarito)
e.v. 50-150 U/kg
x 3/settimana
86 pazienti
EPO
(tipo non chiarito)
s.c. 100 U/kg
x 3/settimana
6 pazienti
Intervento
sperimentale
EPO beta sc
Target 10.511.5 g/dL
EPO alfa sc
Target 11.3 g/dL
EPO alfa sc
Quando Hgb ≤ 9 g/dL
Target 9-10.5 g/dL
EPO se < 9 g/dL
(target ≥ 13 g/dL)
43 pazienti
Hgb 9-10 g/dL
80 pazienti
EPO
(Hct < 27-36%)
Target
EPO
(Hct < 35%)
Target
EPO
(Hb < 12 g/dL)
Target
6 pazienti
Placebo
31 pazienti
Placebo
6 pazienti
Placebo
Intervento di
controllo
152
70
98
22.5
96
48-76
48
80
12
8
12
Follow-up
(settimane)
EP primario
composito
di 8 eventi
cardiovascolari;
secondario:
inizio dialisi
EP primario
composito
(morte, infarto,
ospedalizzazione
per scompenso,
ictus); secondario:
inizio dialisi
Include gli studi
di Abraham,
Eschbach,
Lim e Stone
Lo studio include
pazienti diversi da
quelli dello studio
multicentrico
(diversi metodi)
Commenti
Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale
Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale
zione delle ragioni e del numero dei “withdrawals” e dei
“dropouts” [perdite al follow-up (“lost to follow-up”)]; d)
analisi statistica condotta per intenzione al trattamento
(“intention-to-treat analysis”). La qualità di tutti gli studi
analizzati in questa Linea Guida è riportata in Tabella II.
Analisi statistica. L’analisi statistica ha valutato il rischio
relativo [“relative risk” (RR)] con intervalli di confidenza
(IC) al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici e la differenza pesata tra le medie [“weighted mean
difference” (WMD)] con IC al 95% per gli outcomes continui. Sono stati inoltre valutati il numero dei pazienti da trattare [number needed to treat (NNT)] per ottenere il beneficio [“to benefit” (NNTB)] o per osservare l’evento sfavorevole [“to harm” (NNTH)].
Risultati
Revisione Cochrane di Cody. Questa revisione (5) ha
analizzato gli effetti della terapia con EPO sulla progressione del danno renale. Gli Autori osservano che nessuno degli
RCT inclusi soddisfa i criteri di qualità metodologica. I
risultati più importanti sono riportati in seguito.
Rischio di iniziare dialisi (hard outcomes). Cinque studi
(12, 15-18) per un totale di 207 pazienti hanno permesso di
calcolare il rischio di iniziare dialisi. La probabilità di iniziare dialisi era minore nel gruppo trattato con EPO.
L’effetto dell’esposizione ad EPO era clinicamente rilevante anche se statisticamente non significativo (numero eventi 35/114 nel gruppo EPO versus 40/93 nel gruppo di controllo, RR 0.71; IC 95% da 0.49 a 1.02; p = 0.0669).
Modificazione del GFR (variabili continue). Anche da
questa analisi non sono emersi vantaggi statisticamente
significativi fra i trattati, sia considerando il GFR a fine
trattamento (WMD -1.59 mL/min; IC 95% da -3.66 a 0.49)
che il suo decremento (WMD -0.7 mL/min; IC 95% da -3.2
a 1.8). I valori di creatininemia andavano addirittura nella
direzione opposta (76.12 μmol/L, da -7.94 a 160.17; 114.92
μmol/L, da 37.83 a 192.01). Non è emersa evidenza d’eterogeneità tra gli studi. Solo uno studio ha valutato la
sopravvivenza renale (tempo all’evento dialisi), risultata
simile fra trattati e non trattati (18).
Significato clinico della differenza di rischio osservata.
La differenza di rischio osservata dagli autori (0.123, IC
95% da -0.008 a 0.251), corrisponde a un numero di
pazienti da trattare per la durata dello studio (da 6 mesi ad
una anno) di 8, ossia bisogna trattare 8 pazienti come quelli arruolati nello studio perché uno eviti l’evento per effetto del trattamento. La non significativitá statistica del risultato si traduce in intervallo che oltrepassa il limite del beneficio del trattamento, da un possibile effetto maggiore, 4
pazienti da trattare per ottenere il beneficio sperato (to
benefit), a 121 da trattare per ottenere il contrario (to harm):
NNT 8, da NNTB 4 a NNTH di 121.
Revisione Cochrane di Strippoli. In questa revisione (7)
è stato analizzato l’effetto di un diverso target di Hgb e la
progressione del danno renale. Anche gli Autori della presente revisione concludono che nessuno degli RCT inclusi
soddisfa tutti i criteri valutazione metodologica. I risultati
più importanti sono riportati in seguito.
Modificazione di creatininemia e GFR (variabili continue). Non sono emerse differenze significative in termini
di peggioramento della funzione renale tra gruppi appartenenti a target alto o basso di emoglobina/ematocrito, sia
considerando la creatininemia (EPO versus placebo, 4
RCT, 77 pazienti) che la clearance della creatinina (EPO
versus EPO, 1 RCT, 40 pazienti). Non è emersa evidenza
d’eterogeneità tra gli studi. Solo uno studio ha valutato la
sopravvivenza renale (tempo all’evento dialisi), risultata
simile fra trattati e non trattati (18).
Target di emoglobina e precocità dell’intervento e progressione. Due RCT successivi alle revisioni Cochrane
hanno valutato l’effetto del target di Hgb su endpoints hards
(inizio del trattamento sostitutivo) o surrogati (modificazioni del GFR). La valutazione metodologica dei 2 RCT è
riportata in Tabella II.
Modificazioni del GFR (variabili quantitative). Roger et
al. (8) riportano una riduzione del GFR (a due anni) di 8 ±
9 mL/min/1.73 m2 nel gruppo normalizzato per i livelli di
Hgb versus 6 ± 8 mL/min/1.73 m2 nel gruppo di controllo
(differenza non statisticamente significativa). Lo studio
riporta anche un maggior rischio di raggiungere l’endpoint
dell’inizio dialisi nel gruppo normalizzato, un risultato non
ampiamente discusso dagli Autori (24/75 versus 15/80). Un
simile risultato è stato riportato da Levin et al. (25): 11/85
versus 8/87. Combinando i dati dei due studi (che hanno lo
stesso disegno) è possibile calcolare un RR pari a 1.58 (IC
95% da 0.98 a 2.56; p = 0.055, al limite della significatività statistica), ossia un rischio di iniziare dialisi del 58%
maggiore nel gruppo sperimentale. Tuttavia, non sono fornite informazioni sulla sopravvivenza renale, assolutamente necessaria per stimare correttamente il rischio negli studi
di follow-up.
Rischio di inizio dialisi (variabili qualitative). Tale analisi di sopravvivenza è fornita da Gouva et al. (9), che
hanno riportato un RR di progressione ridotto di oltre il
60% nei soggetti non diabetici non trattati con ACE-I
(modello multivariato, Hazard Ratio 0.37, IC 95% da 0.18
a 0.73; p = 0.012). Tale rischio, indipendente dalla funzione renale di partenza e non modificato in base alla funzione renale basale (assenza di interazione tra esposizione e
GFR basale) si traduce nei pazienti ad alto rischio basale
con mortalità ad un anno del 40% in un NNTB (per 1 anno)
di 5 (IC 95% da 3 a 12), un risultato clinicamente rilevante
oltre che significativo statisticamente. Due ulteriori RCT
sono stati pubblicati in popolazioni di soggetti con malattie
renali croniche non selezionati (26, 27), vedi Tabelle I e II.
Nonostante in questi studi l’outcome renale sia un outcome
S95
S96
Sì
No
No
No
No
No
No
No
No
Sì
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Sì
Sì
Non riportato
Non riportato
Watson A, 1989 (22)
Brandt JR, 1999 (23)
Revicki DA, 1995 (20)
Furuland H, 2003 (24)
Roger SD, 2004 (8)
Gouva C, 2004 (9)
Levin A, 2005 (25)
Singh C, 2006 (26)
Drueke C, 2006 (27)
No
No
No
No
No
No
Sì
No
No
Sì
No
No
Non chiaro
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Ricercatori
Sì
Sì
Sì
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
Medici che hanno
valutato l’outcome
Utilizzo del cieco (blinding)
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Non chiaro
No
Sì
Sì
Non chiaro
No
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Utilizzo analisi per
intenzione al
trattamento
(intention-to-treat analysis)
127/603 (21%)
20/172 (11.6%)
307/1432 (21%)
40/416 (9.6%)
1/155 (0.6%)
3/88 (3.4%)
Non chiaro
1/44 (2.3%)
48/83 (57.8%)
Non chiaro
Non chiaro
2/22 (9%)
Non chiaro
1/14 (7.1%)
Non chiaro
1/14 (7.1%)
48/83 (57.8%)
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Perdite al follow-up (%)
Anno
2000
2002
1999
2004
2000
2003
Nazione
USA
UK
Canada
Europa
USA
Australia
Linea Guida
National Kidney Foundation-Dialysis Outcome Quality Initiative (NKF-DOQI)
British Renal Association
Canadian Society of Nephrology
European Best Practice Guidelines
Health Care and Financing Administration
Caring for Australians with Renal Impairment (CARI)
12-14 (non > 12 nei cardiopatici)
10.3-12
> 11 (non > 12 nei cardiopatici)
11-12
≥ 10
11-12
Target Hgb (g/dL)
TABELLA III - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA SUL TARGET DI EMOGLOBINA ED EMATOCRITO NEI PAZIENTI CON INSUFFICIENZA RENALE
CRONICA
Sì
No
No
Non chiaro
Sì
No
Sì
No
Si
Si
Si
Pazienti
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Sì
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Adeguato
Metodo di segretezza
della randomizzazione
(allocation concealment)
Abraham PA, 1990 (10)
Brown CD, 1995 (17)
Clyne N, 1992 (15)
Eschbach JW, 1989 (11)
Kleinman KS, 1989 (19)
Kuriyama S, 1997 (16)
Lim VS, 1989 (13)
Roth D, 1994 (18)
Stone WJ, 1988 (12)
Teehan BP, 1989 (14)
Teehan BP, 1990 (21)
Autore ed anno
TABELLA II - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI RCT INCLUSI
Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale
Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale
secondario e non primario come nello studio di Gouva,
anche questi due grossi studi sono negativi. In particolare non è confermata l’ipotesi della metanalisi di Cody di
un possibile vantaggio in termini di progressione del
danno renale nei pazienti trattati con EPO fino a normalizzazione dei livelli di emoglobina. Nello studio
CHOIR (26) il rischio di inizio dialisi non è risultato
significativamente diverso tra trattati (target 13.5 g/dL)
e controlli (target 11.3 g/dL); nello studio CREATE (27)
una differenza di rischio è diventata significativa statisticamente dopo 18 mesi di trattamento, ma nella direzione opposta a quella attesa.
Sintesi conclusiva dell’evidenza
Considerando gli hard outcomes, la revisione di Cody et
al. (5) e il lavoro di Gouva et al. (9) suggeriscono una possibile riduzione del rischio di progressione associato al trattamento con EPO (verso il non trattamento o il placebo) e
al suo utilizzo precoce (verso l’intervento tardivo). Tuttavia,
il risultato della meta-analisi non raggiunge la significatività statistica, mentre il risultato dello studio di Gouva et al.
(9) emerge da una popolazione di soggetti non diabetici e
non in trattamento con ACE-inibitori (ACE-I), farmaci
ampiamente utilizzati nei nefropatici. Il dato non è inoltre
confermato dal confronto tra diversi targets di Hgb (8). Gli
studi CHOIR e CREATE (26, 27), pur non essendo stati
disegnati per rispondere al quesito di questa linea guida,
non supportano l’ipotesi che la normalizzazione dell’ematocrito mediante uso di EPO possa migliorare l’outcome
renale e ridurre il rischio di dialisi nei soggetti con nefropatie croniche.
Implicazioni per la pratica clinica
Non è possibile sostenere sulla base dell’evidenza disponibile che il trattamento con EPO, il suo utilizzo precoce e i target di Hgb raggiunti possano influenzare la
progressione dell’insufficienza renale cronica. È anche
possibile che la normalizzazione dei valori emoglobinici possa influenzare negativamente la progressione del
danno renale.
Applicabilità
Le due revisioni sistematiche discusse includono pazienti di diversa età e comorbilità. La buona qualità delle revisioni rassicura circa le conclusioni raggiunte, anche in termini di validità estrinseca (generalizzabilità dei risultati).
Pertanto la Linea Guida sembra oggi generalizzabile anche
alla popolazione dei pazienti con nefropatie croniche trattati nei Centri Italiani.
Implicazioni per la ricerca
Ulteriori RCT sarebbero necessari per colmare le lacune evidenziate dalle revisioni sistematiche. In particolare
la scadente qualità metodologica degli RCT disponibili
non permette di trarre conclusioni definitive (indipendentemente dai risultati emersi) sia rispetto all’effetto sulla
progressione del trattamento con EPO (verso il non trattamento o il placebo) sia rispetto a diversi targets di Hgb
(normalizzazione verso la correzione parziale). Inoltre il
principale problema dell’evidenza disponibile è che i dati
sulla progressione sono dati di outcome secondario, ossia
risultano in studi disegnati per testare principalmente altre
ipotesi. Tuttavia è difficile pensare che dopo la pubblicazione degli studi CHOIR e CREATE sia ancora eticamente proponibile un grosso investimento economico (e biologico) su ulteriori trials per verificare un’ipotesi che inevitabilmente è legata al rischio cardiovascolare discusso
nella linea guida dell’anemia (28). L’ipotesi richiederebbe
di disegnare uno studio primario in pazienti diabetici e
non, in trattamento con ACE-I e non. Ciascuno di questi
studi dovrebbe comprendere almeno 100 pazienti per
braccio (con lo stesso rischio basale stimato dallo studio
di Gouva, ossia sopravvivenza mediana nei controlli di
circa 18 mesi; totale 200 pazienti) per dimostrare una
riduzione di rischio di almeno il 50% (a due code, ossia
un RR ≤ 0.5 ≥ 2 negli esposti senza considerare i dropins)
nel gruppo sperimentale con un errore alfa (errore di I
tipo, ossia la probabilità di rigettare l’ipotesi nulla (in questo caso di assenza di effetto) quando invece è vera commettendo un falso positivo) del 5% e beta (errore di II
tipo, ossia la probabilità di non rigettare l’ipotesi nulla
quando invece dovrebbe essere rigettata perché falsa;
rischio di falso negativo) del 20% (con un tempo di arruolamento di un anno, un’ulteriore anno di follow-up dopo
la fine dell’arruolamento e una percentuale di dropouts
del 10%). Se oltre a questi effetti principali si vuole testare una modificazione di effetto (da testare come interazione) allora sono necessari RCT con almeno 880 pazienti
(esempio, 220 in “EPO e ACE-I”, 220 in “EPO e no ACEI”, 220 in “ACE-I e no EPO”, 220 in “no EPO e no ACEI”). Se l’effetto che vogliamo dimostrare è minore (esempio RR 0.7 o ≥ 1.4) sempre tenendo conto delle stesse probabilità di errore di I e II tipo (alfa e beta) e ipotizzando
assenza di interazione, allora il numero di pazienti per
gruppo aumenta a oltre 400. Bisogna infine tener presente che oggi, a parità di errore alfa, si tende a disegnare
trials che abbiano una potenza maggiore (1 - beta = 90%)
in modo che il rischio di un “falso negativo” (non rigettare l’ipotesi nulla quando è falsa e quindi da rigettare) sia
non superiore al 10%. Questo aumenta la dimensione
dello studio e i suoi costi.
S97
Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale
Altre Linee Guida
La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di
opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali. Le Linee Guida basate sulle evidenze non
sono molte, in quanto sono pochi gli RCT adeguatamente
dimensionati. Nella Tabella III è schematizzato il contenuto delle Linee Guida di altre Società Scientifiche.
Indirizzo degli Autori:
Pietro Ravani, MD (Nephrology), MSc (Biostat)
Clinical Epidemiology Unit, Faculty of Medicine
Memorial University of Newfoundland
The Health Sciences Centre, PRC: room 1407
300 Prince Philip Drive, St. John's, NL
A1B 3V6, Canada
e-mail: [email protected]
Divisione di Nefrologia e Dialisi
Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona
Largo Priori 1
26100 Cremona
e-mail: [email protected]
Bibliografia
1. Lundin AP. Quality of life: subjective and objective improvements with recombinant human erythropoietin therapy. Semin
Nephrol 1989; 9 (Suppl. 1): 22-9.
2. Koch KM, Frei U. Treatment of renal anemia, 1960-1990. In:
Advances in Nephrology from the Necker Hospital 1991; 20: 19-30.
3. Obrador GT, Roberts T, St Peter WL, Frazier E, Pereira BJ,
Collins AJ. Trends in anemia at initiation of dialysis in the United
States. Kidney Int 2001; 60: 1875-84.
4. Canadian Erythropoietin Study Group. Association between
recombinant erythropoietin and quality of life and exercise capacity of patients receiving haemodialysis. BMJ 1990; 300: 573-8.
5. Cody J, Daly C, Campbell M, et al. Recombinant human erythropoietin for chronic renal failure anaemia in pre-dialysis
patients (Cochrane Review). In: The Renal Health Library, 2005.
Oxford: Update Software Ltd. Available from http://www.updatesoftware.com. (Reprinted from The Cochrane Library, Issue 2,
2005. Chichester, UK: John Wiley & Sons, Ltd.).
6. Garcia DL, Anderson S, Renke HG, Brenner BM. Anemia lessens and its prevention with recombinant human erythropoietin
worsens glomerular injury and hypertension in rats with reduced
renal mass. Proc Natl Acad Sci USA 1988; 85: 6142-6.
7. Strippoli GFM, Manno C, Schena FP, Craig JC. Haemoglobin
and haematocrit targets for the anaemia of chronic kidney disease. J Am Soc Nephrol 2004; 15: 3154-65.
8. Roger SD, McMahon LP, Clarkson A, et al. Effects of early and late
intervention with epoetin alpha on left ventricular mass among
patients with chronic kidney disease (stage 3 or 4): results of a randomized clinical trial. J Am Soc Nephrol 2004; 15: 148-56.
9. Gouva C, Nikolopoulos P, Ioannidis JP, Siamopoulos KC.
Treating anemia early in renal failure patients slows the decline
of renal function: a randomized controlled trial. Kidney Int 2004;
66: 753-60.
10. Abraham PA, Opsahl JA, Rachael KM, Asinger R, Halstenson
CE. Renal function during erythropoietin therapy for anemia in
predialysis chronic renal failure patients. Am J Nephrol 1990;
10: 128-36.
11. Eschbach JW, Kelly MR, Haley NR, Abels RI, Adamson JW.
Treatment of the anaemia of progressive renal failure with
recombinant human erythropoietin. N Eng J Med 1989; 321:
158-63.
12. Stone WJ, Graber SE, Krantz SB, et al. Treatment of the anemia
of predialysis patients with recombinant human erythropoietin: a
randomized, placebo-controlled trial. Am J Med Sci 1988; 296:
171-9.
13. Lim VS, DeGowin RL, Zavala D, et al. Recombinant human
erythropoietin treatment in predialysis patients. A double-blind
placebo-controlled trial. Ann Intern Med 1989; 110: 108-14.
14. Teehan BP, Sigler MH, Brown JM, et al. Hematologic and
physiologic studies during correction of anaemia with recombinant human erythropoietin in predialysis patients. Transplant
Proc 1989; 21 (Suppl. 2): 63-6.
S98
15. Clyne N, Jogestrand T. Effect of erythropoietin on physical exercise capacity and on renal function in predialytic uremic patients.
Nephron 1992; 60: 390-6.
16. Kuriyama S, Tomonari H, Yoshida H, Hashimoto T, Kawaguchi Y,
Sakai O. Reversal of anemia by erythropoietin therapy retards the
progression of chronic renal failure, especially in nondiabetic
patients. Nephron 1997; 77: 176-85.
17. Brown CD, Zhao ZH, Thomas LL, Friedman EA. Erythropoietin
delays the onset of uremia in anemic azotemic diabetic predialysis patients. J Am Soc Nephrol 1995: 447A.
18. Roth D, Smith RD, Schulman G, et al. Effects of recombinant
human erythropoietin on renal function in chronic renal failure
predialysis patients. Am J Kidney Dis 1994; 24: 777-84.
19. Kleinman KS, Schweitzer SU. Human recombinant erythropoietin (rhuepo) treatment of severe anemia associated with progressive renal failure may delay the need to initiate regular dialytic
therapy. Kidney Int 1990; 37: 240.
20. Revicki DA, Brown RE, Feeny DH, et al. Health-related quality
of life associated with recombinant human erythropoietin therapy for predialysis chronic renal disease patients. Am J Kidney
Dis 1995; 25: 548-54.
21. Teehan BP, Benz RL, Sigler MH, Brown JM. Early intervention
with recombinant human erythropoietin therapy. Semin Nephrol
1990; 10 (Suppl. 1): 28-34.
22. Watson A, Gimenez L, Walser M, Cotton S, Spivak J. A prospective double-blind study of subcutaneous recombinant-human
erythropoietin in predialysis renal failure. J Clin Pharmacol
1989; 29: 856.
23. Brandt JR, Avner ED, Hickman RO, Watkins SL. Safety and efficacy of erythropoietin in children with chronic renal failure.
Pediatr Nephrol 1999; 13: 143-7.
24. Furuland H, Linde T, Ahlmen J, Christensson A, Strombom U,
Danielson BG. A randomized controlled trial of haemoglobin
normalization with epoetin alfa in pre-dialysis and dialysis
patients. Nephrol Dial Transplant 2003; 18: 353-61.
25. Levin A, Djurdjev O, Thompson C, et al. Canadian Randomized
Trial of hemoglobin maintenance to prevent or delay left ventricular mass growth in patients with CKD. Am J Kidney Dis 2005;
46: 970-3.
26. Singh AK, Szczech L, Tang KL, et al. for the CHOIR investigators: Correction of anemia with Epoietin Alfa in Chronic Kidney
Disease. N Engl J Med 2006; 355: 2085-98.
27. Drueke TB, Locatelli F, Clyne N, Eckardt KU, Macdougall IC,
Tsakiris D, Burger HU, Scherhag A for the CREATE investigators. Normalization of hemoglobin level in patients with chronic
kidney disease and anemia. N Engl J Med 2006; 355: 2071-84.
28. Canavese C, Strippoli GFM, Bonomini M, Triolo G. Target ottimali di emoglobina per l’insufficienza renale cronica: Linea
Guida. G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl 37): S99-106.
Anemia nelle nefropatie croniche
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S99-S106
Target ottimale di emoglobina per
l’insufficienza renale cronica: Linea Guida
C. Canavese, G.F.M. Strippoli, M. Bonomini, G. Trioloed Università di Brescia, Brescia
Haemoglobin targets for chronic kidney disease: guideline from the Italian Society
of Nephrology
Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In
the present guideline, evidence of optimal haemoglobin (Hb) target levels in chronic kidney disease (CKD), either for predialysis, dialysis or renal transplanted patients, is presented.
Methods. SR of RCT and RCT on different Hb target levels in patients with CKD were identified, referring to a Cochrane
Library and Renal Health Library search (2005 update). Quality of SR and RCT was assessed according to current methodological standards.
Results. Four SR (19 RCT) were found addressing the point. Methodological quality of available trials was suboptimal. In
CKD patients (non-dialysis patients) Hb targets of 11.3g/dL should be preferred to Hb >13.5g/dL (evidence from RCT). A
Hb target of 11.0 - 11.5g/dL should be preferred in CKD patients receiving dialysis treatment without significant cardiac
disease, since no survival benefits has been showed with Hb >14g/dL (evidence from RCT). The optimal Hb target in
haemodialysis patients with severe cardiac disease should be 10.0-10.5g/dL (evidence from SR). Increases in Hb target levels are associated with improved quality of life, although this was mainly noticed in observational studies and in few RCT
often relying on unvalidated quality of life assessment scales.
Conclusion. In CKD patients current available evidence supports the hypothesis that optimal Hb targets should be low to
subnormal. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S99-106)
KEY WORDS: Haemoglobin, Haematocrit, Chronic kidney disease
PAROLE CHIAVE: Emoglobina, Ematocrito, Nefropatie croniche
LINEA GUIDA
Nei soggetti nefropatici cronici (non in terapia sostitutiva) un target di emoglobina (Hb) pari a 11.3 g/dL andrebbe preferito rispetto ad un target di Hb>13.5 g/dL [(livello di evidenza 2).
Il target di Hb preferibile nei pazienti in trattamento sostitutivo emodialitico in assenza di cardiopatia severa può essere di 11.0-11.5 in virtù della mancata evidenza di un beneficio di sopravvivenza con il ricorso ad un target superiore
[(Hb=14 g/dL) (livello 2)].
Il target preferibile di Hb nei pazienti in trattamento sostitutivo emodialitico con cardiopatia severa (cardiopatia ischemica: angina pectoris in trattamento, rivascolarizzazione; infarto; scompenso cardiaco con necessità di ospedalizzazione o ultrafiltrazione accessoria) deve essere di 10-10.5 g/dL (livello 1).
Targets di Hb progressivamente maggiori si associano ad un incremento della qualità di vita, benché questo parametro sia stato principalmente valutato in studi osservazionali o con il ricorso a scale di valutazione non validate
(livello 1).
© Società Italiana di Nefrologia
S99
Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica
Premesse
L’anemia accompagna quasi inevitabilmente lo stato di
nefropatia cronica e inizia in momenti variabili della storia
naturale dell’insufficienza renale in relazione ai diversi
contesti patogenetici. Si definisce anemia la riduzione del
20% della concentrazione media normale di emoglobina
(Hb) per età e sesso, o comunque una Hb< 11 g/dL (110
g/L) nei due sessi prima della pubertà e nelle donne in età
fertile e Hb< 12 g/dL (120 g/L) nei maschi adulti e nelle
donne in menopausa.
L’anemia dell’insufficienza renale cronica è caratteristicamente identificata dalla definizione di normocitica normocromica iporigenerativa e vede nella inadeguata produzione di eritropoietina la sua causa principale, sia pur con il
concorso di altri elementi quali cateresi accelerata da alterazioni di parete eritrocitaria connesse allo stato uremico,
difettoso assetto di alcune vitamine, incremento della quota
di perdite occulte. Tranne che in casi eccezionali, comunque, il concorso di questi fattori è ancillare rispetto al ruolo
cruciale della inadeguata sintesi di eritropoietina, e questo
spiega perché il trattamento con eritropoietina ne consenta
la correzione nella larga maggioranza dei casi.
Molte delle più importanti comorbidità dell’insufficienza
renale cronica, quali disfunzione ventricolare sinistra,
insufficienza cardiaca, riduzione nella resistenza allo sforzo, riduzione della qualità di vita, sono strettamente correlate allo stato anemico e migliorano dopo correzione dello
stato anemico stesso secondo una serie di studi epidemiologici e sperimentali.
Prima della disponibilità di fattori di crescita eritrocitari
(eritropoietine) in forme iniettabili, le trasfusioni erano l’unico strumento di correzione dello stato anemico, con tutti
i rischi ad esse connessi quali trasmissione di infezioni,
accumulo di ferro, sensibilizzazione nei confronti di antigeni di istocompatibilità. La disponibilità di agenti eritropoietici rappresenta un prezioso strumento che completa, insieme alla vitamina D, la sostituzione della funzione endocrina del rene nella fase artificiale di sostituzione della funzione renale. Il corretto uso di questi agenti prevede l’individuazione degli obiettivi che con essi vanno raggiunti, per
evitare il rischio di un utilizzo incongruo.
In questa Linea Guida sono state valutate le evidenze
derivanti da revisioni sistematiche (livello di evidenza 1) e
studi randomizzati e controllati [(RCT) (livello 2)] relative
ai benefici ed ai rischi del ricorso a diversi livelli di Hb raggiunti con la somministrazione di farmaci eritropoietici in
soggetti affetti da nefropatie croniche.
Strategia di ricerca bibliografica
La ricerca bibliografica è stata eseguita con il ricorso alla
Renal Health Library prodotta dal Cochrane Renal Group,
che contiene il più aggiornato elenco degli RCT prodotti in
S100
nefrologia, dialisi e trapianto (1). Questo elenco deriva da
ricerche bibliografiche condotte in Medline, Embase,
numerosi altri database di studi clinici e la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di interesse nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli RCT
inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane.
Evidenza disponibile
Sono disponibili in letteratura quattro revisioni sistematiche in cui si affronta il problema della terapia con fattori
eritropoietici o altri interventi miranti ad influenzare i livelli di Hb/ematocrito in pazienti affetti da nefropatie croniche
in terapia conservativa o sostitutiva (2-5).
Cody et al. (3) hanno studiato il problema dell’utilizzo di
eritropoietina umana ricombinante in pazienti con nefropatie croniche (non in dialisi). La revisione, condotta secondo
i canoni metodologici della Cochrane Collaboration ed
aggiornata nel 2005, comprende 12 RCT (232 pazienti) e
conclude che l’utilizzo di eritropoietina umana ricombinante rispetto al placebo si associa, in queste popolazioni, ad un
significativo miglioramento dei livelli di Hb ed ematocrito
ed una significativa riduzione del rischio di ricevere emotrasfusioni. L’analisi documenta anche un significativo miglioramento della qualità di vita in pazienti trattati con eritropoietina. La review non individua alcun effetto dell’utilizzo
di eritropoietina sul rallentamento della progressione del
danno renale; tale effetto, ipotizzato da studi osservazionali
ed alcuni randomizzati, non è stato documentato nella metaanalisi. Una trattazione più dettagliata di questo problema è
riportata nella relativa Linea Guida di questa serie (strategie
di prevenzione della progressione del danno renale) (6).
In un ulteriore lavoro di revisione sistematica condotto
anch’esso per la Cochrane Collaboration, Cody et al. hanno
affrontato il problema della frequenza ottimale di somministrazione di eritropoietina umana ricombinante (somministrazione mono o trisettimanale) in pazienti in dialisi (4). La
revisione sistematica contiene 8 RCT (456 pazienti) e dimostra l’assenza di significative differenze tra la monosomministrazione o la poli-somministrazione per quanto attiene al
raggiungimento dei valori ottimali di Hb o ematocrito.
Il principale obiettivo delle due precedenti revisioni sistematiche e di altre revisioni, non basate sulla metodologia
della Cochrane Collaboration, non è stato quindi quello di
valutare gli effetti di diversi target di Hb/ematocrito o
diversi dosaggi di eritropoietine o altri interventi per l’anemia (con conseguente raggiungimento di diversi targets)
sulla mortalità e sui principali endpoints cardiaci fatali e
non fatali o altri eventi di tipo “patient-centered” (con l’eccezione dei dati sulla progressione del danno renale). Esse
tuttavia includono RCT potenzialmente utili per fornire
informazioni relative a questi eventi.
Queste informazioni sono state raccolte in una più recente revisione sistematica della Cochrane Collaboration che
Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica
ha più specificamente affrontato il problema degli effetti di
diversi targets di Hb/ematocrito (Hb< 10 g/dL vs Hb 14
g/dL) su eventi di tipo “patient-centered” (5). La revisione,
pubblicata inizialmente nel 2003 e successivamente aggiornata nel 2005, include un totale di 19 RCT, di cui 12 (638
pazienti) confrontavano la terapia con eritropoietina rispetto a placebo o non trattamento e 7 (2058 pazienti) confrontavano gruppi trattati con diversi dosaggi di eritropoietine e
che pertanto avevano raggiunto targets differenti di
Hb/ematocrito. La revisione dimostra che, in pazienti
nefropatici cronici cardiopatici, un target normale di Hb
(Hb 14 g/dL) non si associa ad un miglioramento della
sopravvivenza. Peraltro tale valore di Hb “normale” potrebbe associarsi ad un potenziale aumento del rischio di morte
rispetto ad un target di Hb pari a 10 g/dL, così come specificamente dimostrato dallo studio di Besarab et al. (7), adeguatamente dimensionato per rilevare gli effetti di questi
interventi sulla mortalità, e dagli altri RCT inclusi nella
meta-analisi. Tali RCT, sebbene non adeguatamente dimensionati per rilevare detta differenza in maniera statisticamente significativa, mostrano risultati consistenti con quelli dello studio di Besarab et al. (stessa direzione della stima
di effetto, a favore di un valore inferiore di Hb, protettivo
nei confronti del rischio di mortalità totale, ma intervalli di
confidenza ampi e quindi imprecisione della stima).
Essendo le analisi prevalentemente dominate dallo studio
di Besarab et al., che contribuisce all’84% del peso nella
meta-analisi per causa della dimensione campionaria e
“dell’event-rate”, questi dati sono principalmente applicabili ad una popolazione simile a quella arruolata in questo
studio, e cioè ai pazienti in trattamento emodialitico affetti
da cardiopatia severa e con elevata percentuale di portatori
di protesi vascolari. La revisione indica inoltre l’assenza di
dati (studi randomizzati) sufficienti per poter stabilire i
benefici/rischi della normalizzazione dell’Hb (Hb 14 g/dL)
rispetto al mantenimento di valori minori di Hb (tra 9 e 12
g/dL) in tutte le altre popolazioni (nefropatie croniche in
terapia conservativa, pazienti riceventi trapianto di rene,
con o senza cardiopatia severa). Le meta-analisi documentano inoltre che valori più elevati di Hb si associano ad una
riduzione del rischio di convulsioni (beneficio), evento di
ormai rara osservazione nella pratica clinica e prevalentemente correlato alla modalità dialitica, ma anche ad un
aumento degli eventi ipertensivi (rischio), effetto collaterale ben noto delle terapie con farmaci eritropoietici. Per
quanto attiene agli effetti della normalizzazione o dell’incremento in genere dell’Hb/ematocrito sulla qualità di vita,
la revisione conclude che sono documentati effetti benefici
di un incremento dell’ematocrito. L’analisi della qualità di
vita è tuttavia problematica, in quanto condotta spesso con
il ricorso a scale di valutazione non validate; inoltre sono
frequentemente riportati soltanto alcuni degli “items” di
una scala della qualità di vita come indicativi di beneficio,
mentre andrebbero più correttamente riportati i risultati
cumulativi dell’effetto sulla scala di qualità di vita stessa.
Jones et al. hanno recentemente condotto una revisione
sistematica sull’effetto dell’eritropoietina alfa su endpoints
di interesse clinico in pazienti affetti da nefropatie croniche
(2). Questa revisione, condotta su sponsorizzazione della
Johnsohn & Johnsohn, include 16 studi, tanto randomizzati
quanto osservazionali e conclude che l’utilizzo di eritropoietina in queste popolazioni si associa ad una significativa riduzione del rischio di ospedalizzazione ed a importante miglioramento della qualità di vita. Da un punto di vista metodologico e di valutazione critica, le prime 3 revisioni sistematiche
sono condotte secondo il modello di studio della Cochrane
Collaboration. Esso consiste nella formulazione di un quesito di ricerca specifico con pubblicazione di un relativo protocollo sottoposto a revisione da parte di esperti, nella ricerca bibliografica in Medline, Embase, Registro Cochrane
degli studi randomizzati e manuale di tutti gli RCT pubblicati rispondenti al quesito specifico, nella estrazione di dati
relativi tanto ai benefici quanto ai rischi di un intervento terapeutico, nella loro meta-analisi, nella valutazione critica
della qualità metodologica di tutti gli studi (esclusivamente
randomizzati) inclusi nell’analisi ed in un report strutturato
che prevede la valutazione dei principali risultati e la discussione delle implicazioni per la pratica clinica e la ricerca. La
revisione di Jones et al. contravviene alla maggior parte di
questi principi, in quanto include studi non randomizzati,
non prevede una ricerca bibliografica strutturata e replicabile, non include una valutazione della qualità metodologica
degli studi analizzati. I suoi risultati non sembrano quindi
adeguatamente utilizzabili per la formulazione di una Linea
Guida basata sull’evidenza. La maggior parte dei dati fin qui
presentati riguarda studi condotti in pazienti in trattamento
sostitutivo emodialitico.
Utili informazioni sono divenute recentemente disponibili a seguito della pubblicazione dei risultati di due studi,
il “Correction of hemoglobin and outcomes in renal insufficiency” (CHOIR) (8) e lo studio “Cardiovascular risk
reduction by early anemia treatment with epoetin beta”
(CREATE) (9).
Questi studi non erano stati individuati nell'iniziale ricerca bibliografica condotta per la preparazione della presente
linea guida e pertanto vengono discussi in maggiore dettaglio di seguito.
Nello studio CHOIR sono stati randomizzati 1432 soggetti con filtrato glomerulare di 15-50 mL/min/1.73 m2 ad un
valore target di emoglobina pari a 13.5 g/dL in confronto
con un valore target di emoglobina pari a 11.3 g/dL. Lo studio ha misurato gli effetti di questi due valori target di emoglobina su un endpoint primario composito (infarto del miocardio, ospedalizzazioni per scompenso cardiaco e stroke) e
dimostrato un significativo incremento del rischio di questo
endpoint per valori di emoglobina di 13.5 g/dL (hazard
ratio: 1.34, p=0.03).
Nello studio CREATE sono invece stati randomizzati 603
pazienti con filtrato glomerulare di 15-35 mL/min/1.73 m2
ad un valore target di emoglobina pari a 13.0-15.0 g/dL in
S101
S102
Modalità
di trattamento
Intervento
randomizzato
EPO vs EPO
EPO vs EPO
EPO vs EPO
EPO vs EPO o
nessun trattamento
EPO vs EPO
o nessun trattamento
Pre-dialisi
PD
HD
HD
HD
Pre-dialisi
HD
PD
Pre-dialisi
Brandt, 1999
Conlon, 2000
Foley, 2000
Furuland, 2003
Roger, 2004
Fe per os o i.v.
(target saturazione transferrina
>20%/ferritina >100 μg/L)
Fe per os o i.v.
(target saturazione transferrina
>20%/ferritina 250 μg/L)
Nessuno indicato
Nessuno indicato
Fe per os
(3 mg/kg/die) o i.v. 2 mg/kg x
3/sett (target ferritina
>100 ng/mL/saturazione
transferrina >20%)
Fe i.v.
Nessuno indicato
Cointerventi
EPO vs
terapia standard
EPO vs
placebo
EPO vs
terapia standard
EPO vs placebo
EPO vs
nessun trattamento
HD
HD
Pre-dialisi
Pre-dialisi
Pre-dialisi
Bahlmann, 1991
Canadian Erythropoietin
Study Group, 1990
Clyne & Jogestrand, 1992
Kleinman, 1989
Kuriyama, 1997
Fe a discrezione dei medici
Fe (dose/modalità di
somministrazione non indicate)
Fe per os
(200-300 μg/die) o i.v.
(100 μg/settimana),
in tutti i pazienti
Fe per os o i.v.
(dose non disponibile)
(target ferritina <250 μg/L)
Nessuno indicato
Fe (dose/via di
somministrazione non noti)
(target saturazione transferrina
<20%); acido folico 1 mg/die
HD: emodialisi; PD: peritoneodialisi; EPO: eritropoietina; ND: non disponibile
EPO vs
terapia standard
Pre-dialisi
Abraham, 1990
Nessun trattamento (Hb <9.5 g/dL) versus trattamento con EPO (Hb >10.0 g/dL)
EPO vs EPO
EPO vs EPO
HD
HD
Berns, 1999
Besarab, 1998
Target di Hb basso (circa 10 g/dL) versus target elevato (circa 14.0 g/dL)
Autore ed anno
9
3
3
6
3
3
24
12-19
12
6
20
29
12
Follow-up
31
7
10
40
66
4
80
200
73
16
22
618
17
N.
pazienti
ND
ND
ND
ND
ND
ND
9.0-10.0
9.0-12.0
9.5-10.5
10.0±1.0
10.0±1.0
10.0±1.0
10.0±1.0
8.4±0.6
9.4
8.4-10.4
<9.0
<10.0
9.6±1.0
11.0±1.0
11.3±1.3
10.2-10
10.0±1.4
10.0±1.0
10.0±1.0
10.1±0.3
Valore
Valore
target di raggiunto di
Hb (g/dL) Hb (g/dL)
Target basso
42
7
12
38
63
4
75
216
73
15
21
618
14
N.
pazienti
TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI E DESCRITTI NELLE REVISIONI SISTEMATICHE
ND
12.6-13.3
>10.0
9.5-11.0
10.0-11.6
13.3
12.0-13.0
13.0-14.0
13.0-14.0
14.0±1.0
14.0±1.0
14.0±1.0
14.0±1.0
(segue)
11.8±0.13
11.9
10.6-11.7
9.5-11.0
10.0-11.7
12.3±0.6
12.2±0.7
14.3±1.1
11.9-12.5
13.6±1.7
14.0±1.0
14.0±1.0
14.0±0.4
Valore
Valore
target di raggiunto di
Hb (g/dL) Hb (g/dL)
Target alto
Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica
12.8-13.3
11.6±0.6
ND
12.3-13.3
86
5
8.6±0.6
10.0
ND
ND
6
31
6
3
EPO vs
nessun trattamento
EPO vs placebo
EPO vs placebo
HD
Pre-dialisi
Pre-dialisi
Sikole, 1993
Teehan, 1990
Watson, 1990
Nessuno indicato
EPO vs placebo
EPO vs
nessun trattamento
PD
Pre-dialisi
Morris, 1992
Revicki, 1995
Nessuno indicato
10.0-11.6
ND
19
<10.0
ND
19
12
11.5
12.0
10.5-12.0
11.6-12.0
6
43
<10.0
8.9±1.2
ND
ND
5
40
6
12
12.6
ND
11
8.0-9.3
ND
3
2
EPO vs placebo
Pre-dialisi
Lim, 1989
Fe per os (300 mgx3/die)
Fe ed acido folico per os 1 mg/die
a tutti i pazienti ad eccezione
di quelli con eccesso di
depositi di ferro
Nessuno indicato
Ferro <200 mg/die
(via di somministrazione
non indicate) se saturazione
transferrina <20%
Nessuno indicato
Valore
Valore
target di raggiunto di
Hb (g/dL) Hb (g/dL)
N.
pazienti
Valore
Valore
target di raggiunto di
Hb (g/dL) Hb (g/dL)
N.
pazienti
Follow-up
Cointerventi
Intervento
randomizzato
Modalità
di trattamento
Autore ed anno
Target basso
TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI E DESCRITTI NELLE REVISIONI SISTEMATICHE (segue)
Target alto
Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica
confronto con un valore target di emoglobina pari a 10.511.5 g/dL. Lo studio ha misurato gli effetti di questi interventi su un endpoint composito (tempo per il raggiungimento del primo episodio cardiovascolare, morte improvvisa,
infarto miocardico, scompenso cardiaco acuto, stroke, eventi ischemici transitori, angina pectoris risultante in ospedalizzazione per 24 ore o più o incremento della durata di
ospedalizzazioni in corso, complicanze di vasculopatia periferica (amputazioni o necrosi) o aritmia cardiaca risultante
in ospedalizzazione per 24 ore o più. Questo trial non ha
individuato alcuna differenza significativa nel rischio di raggiungere questo endpoint composito tra i due gruppi, benchè fosse evidente un trend a favore del valore target di emoglobina più basso (hazard ratio 0.78, intervallo di confidenza 95% 0.53, 1.14, p=0.20). Contrariamente all’ipotesi
secondaria dello studio, il rischio di insufficienza renale terminale era maggiore nei soggetti trattati con valori di emoglobina più alti (111 soggetti iniziavano il trattamento di dialisi nel gruppo trattato col target minore rispetto a 127 nel
gruppo trattato col target maggiore, p=0.03).
La Tabella I presenta una sintesi delle principali caratteristiche delle popolazioni e degli interventi in studio nei
restanti 19 RCT della letteratura rispondenti al quesito di
quale sia il target ottimale di Hb/ematocrito, riportato nella
revisione Cochrane di Strippoli et al. (5). Oltre a questi
RCT già compresi nelle revisioni sistematiche presentate in
questa trattazione, vi sono almeno altri due RCT comparsi
in letteratura in data successiva (10, 11). La Tabella II riporta la qualità metodologica degli RCT individuati.
Lo studio di Parfrey et al. (10) ha testato l’ipotesi del target ottimale di Hb (13.5-14.5 g/dL vs 9.5-11.5 g/dL) in una
popolazione opposta a quella del principale studio condotto in dialisi, quello di Besarab et al., che influenza i risultati delle revisioni sistematiche e dimostra un aumento della
mortalità in pazienti trattati con Hb di 14 g/dL rispetto a Hb
di 10 g/dL. La popolazione di Besarab et al. consisteva in
dializzati affetti da cardiopatia severa e con elevata percentuale di portatori di protesi vascolari. Per tale motivo si è
concluso che i risultati del trial potrebbero essere influenzati dalla notevole severità della patologia di base, benché
vada precisato che il trial era stato condotto in tali popolazioni ad alto rischio poiché esse erano quelle che maggiormente avrebbero tratto beneficio da un intervento (eritropoietina) eventualmente efficace. Una simile ipotesi è stata
pertanto testata da Parfrey et al. in pazienti incidenti in dialisi non cardiopatici. Tuttavia, mentre lo studio di Besarab
et al., anche in virtù dell’ottimale dimensione campionaria,
valutava eventi di tipo patient-centered inclusa la mortalità
totale, lo studio di Parfrey et al. (n=596) ha focalizzato
esclusivamente sull’analisi della struttura cardiaca e sulla
tossicità. Ciò si basa sull’assunto che le misure di performance e struttura cardiaca siano un valido surrogato delle
misure di sopravvivenza, benché sia discutibile se questi
surrogati siano stati adeguatamente validati (12). Lo studio
conclude che in pazienti in dialisi che non presentino car-
S103
Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica
diopatia sintomatica né ipertrofia ventricolare sinistra, il
ricorso alla normalizzazione dell’emoglobinemia non si
associa a benefici sulla struttura cardiaca rispetto ad una
correzione parziale dell’emoglobinemia, e che i due target
di Hb presentano un profilo di rischio simile.
Lo studio di Levin et al. (11) ha valutato anch’esso l’effetto della terapia eritropoietinica di mantenimento in
pazienti nefropatici cronici in terapia conservativa sull’ipertrofia ventricolare sinistra (endpoint surrogato), dimostrando l’assenza di alcun beneficio del raggiungimento di
un target elevato di Hb (12.0-14.0 g/dL vs 9.0-9.5 g/dL)
con il ricorso ad una terapia eritropoietica precoce.
L’assenza di beneficio non sarebbe imputabile all’assenza
di incremento del “left ventricular mass index” in pazienti
con anemia severa, bensì al fatto che nella popolazione studiata un’anemia severa non sembra evidenziarsi in una elevata percentuale di pazienti non trattati con eritropoietina.
In genere nelle revisioni sistematiche disponibili viene
sollevato il problema che la qualità degli studi randomizzati inclusi è subottimale in base agli attuali parametri giacché la maggior parte dei trials clinici non si basa su adeguate metodiche di “allocation concealment” (utilizzo di buste
opache, sigillate, sequenzialmente numerate o randomizzazione centrale o di farmacia), né sull’uso del cieco per i partecipanti, i ricercatori ed i medici che valutano gli eventi.
Non viene inoltre utilizzata routinariamente “l’intention-totreat analysis”, benchè esista una notazione metodologica
positiva nel fatto che le perdite di pazienti al follow-up sono
solitamente scarse in questi studi (Tab. II).
Va infine evidenziata la consistenza dei dati osservati in
popolazioni nefropatiche con altri dati prodotti in popolazioni di pazienti neoplastici, nelle quali è stato dimostrato che la
terapia adiuvante eritropoietica si assocerebbe ad incremento della mortalità totale e dell’attività neoplastica (13).
In conclusione, l’evidenza disponibile consiste in almeno
4 revisioni sistematiche di cui 3 basate sui criteri metodologici della Cochrane Collaboration ed almeno una revisione di tipo non Cochrane, oltre che 2 studi randomizzati in
esse non inclusi, perchè di recentissima pubblicazione,
focalizzati sull’effetto di diversi targets di Hb/ematocrito su
endpoints surrogati. Inoltre vi sono due studi randomizzati
(CREATE, CHOIR) di recentissima pubblicazione i quali
indicano nessun beneficio di sopravvivenza ed un incremento di rischio (o al massimo nessun beneficio) cardiovascolare con il ricorso ad un target di Hb>11.5 g/dL.
Sintesi dell’evidenza
Studi osservazionali hanno dimostrato l’esistenza di un
rapporto di associazione consistente tra livelli ridotti di Hb,
morfologia e funzionalità cardiaca e mortalità. In presenza
di valori ridotti di Hb si osservano anomalie cognitive, della
qualità di vita, del sonno e della tolleranza fisica. Poiché le
patologie cardiache sono la principale causa di morte nei
S104
TABELLA II - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI RCT
INDIVIDUATI
Parametro di qualità
%
Allocation concealment
Adeguato
0
Non chiaro
100
Inadeguato
0
Blinding-Cieco
Partecipanti
13
Ricercatori
13
Valutazione outcomes
0
Intention-to-treat analysis
Sì
20
No
63
Non chiaro
17
Perdite al follow-up (%)
0< 10%
66
10< 20%
15
20< 40%
15
≥ 40%
4
pazienti nefropatici cronici ed i livelli di Hb sembrano associati agli eventi cardiaci tanto prima quanto dopo l’inizio
della dialisi, è plausibile che trattare l’anemia riduca il
rischio cardiaco e di morte in questi pazienti. In tal senso si
è classicamente ricorsi all’aumento dei valori di Hb/ematocrito nei nefropatici cronici con il ricorso a vari approcci
terapeutici (trasfusioni, farmaci eritropoietici). Tuttavia i
risultati degli studi randomizzati (che rappresentano il
modello di studio ideale per affrontare un quesito di intervento), miranti a testare l’efficacia, i benefici ed i rischi del
ricorso a queste terapie, non hanno permesso di dimostrare
un beneficio di sopravvivenza con il ricorso ad aumenti dei
valori di Hb importanti (normalizzazione dell’emoglobinemia), in netto contrasto con quanto era stato dimostrato
dagli studi osservazionali. Le revisioni sistematiche disponibili in letteratura dimostrano innanzitutto la carenza di
studi randomizzati nel settore. In particolare la revisione di
Strippoli et al., che più propriamente risponde al quesito se
un target di Hb maggiore (Hb=14 g/dL) sia da preferirsi ad
uno minore (Hb 10.5-11.5 g/dL), dimostra l’esistenza di
solo 12 studi di confronto tra diversi dosaggi di eritropoietine (diversi target di Hb) e 7 di confronto tra eritropoietine e placebo/non trattamento o altra terapia miranti comunque ad ottenere una differenziazione delle popolazioni in
due livelli target di Hb. Questi studi e la loro meta-analisi,
fortemente influenzate dai risultati del principale studio,
quello di Besarab et al., di notevoli dimensioni e buona
qualità metodologica, non hanno permesso di dimostrare
alcun beneficio di sopravvivenza con il ricorso ad un target
Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica
TABELLA III - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA
Linea Guida
Nazione
Anno
Livello target
di emoglobina (g/L)
National Kidney Foundation-Dialysis Outcome Quality Initiative (NKF-DOQI)
United States of America
2000
110-120
British Renal Association (BRA)
United Kingdom
2002
≥ 100
Canadian Society of Nephrology (CSN)
Canada
1999
110-120
European Best Practice Guidelines (EBPG)
Europe
2004
>110a
Health Care and Financing Administration (HCFA)
United States of America
2000
103-120
Caring for Australians with Renal Impairment (CARI)
Australia
2003
≤ 120b
120-140c
a
Non sono raccomandati livelli di emoglobina >120 g/L in soggetti con cardiopatia severa a meno che non siano presenti sintomi significativi che orientino
alternativamente
b
In soggetti con cardiopatia severa (livello di evidenza 1)
c
In soggetti non cardiopatici (suggerimenti per la pratica clinica)
“normale” di Hb. Inoltre la meta-analisi dimostra che il
rischio di convulsioni sarebbe aumentato in pazienti che
non ricevono eritropoietina, mentre il rischio di ipertensione sarebbe aumentato in pazienti trattati con eritropoietine,
dati la cui plausibilità biologica e clinica non è confutabile
e che pertanto sosterrebbero anche la plausibilità dei risultati osservati in termini di mortalità.
Per quanto riguarda gli effetti del raggiungimento di target più elevati di Hb con il ricorso ad eritropoietine sulla
qualità di vita, secondo la meta-analisi di Cody et al. vi
sarebbe un significativo miglioramento della stessa, confermato dalla meta-analisi di Strippoli et al., che tuttavia sottolinea come queste valutazioni sarebbero contrastanti poiché condotte spesso con il ricorso a scale non validate per
lo studio della qualità di vita o all’interpretazione soltanto
parziale dei risultati delle indagini stesse.
In sintesi, i risultati degli studi finora disponibili sono
stati scarsi e fondamentalmente influenzati dal principale di
essi, lo studio di Besarab et al., basato su una adeguata qualità metodologica. Questo studio, e la meta-analisi degli
altri studi tutti scarsamente dimensionati ma consistenti con
i risultati di Besarab et al., dimostrano che nella popolazione cardiopatica in dialisi sarebbe preferibile il ricorso ad un
valore di Hb tra 10-10.5 g/dL, poiché valori superiori (14
g/dL) si associano ad un incremento del rischio di morte. I
recenti risultati degli studi CHOIR e CREATE confermano
la preferibilità di un target di Hb più basso (Hb 11.3 g/dL)
rispetto ad un target >13 g/dL nei nefropatici cronici, in
virtù di una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari
in assenza di significativi benefici per la qualità di vita.
Implicazioni per la pratica clinica
valori di Hb pari a 10-10.5 g/dL in soggetti in dialisi e affetti da cardiopatia severa, e che nei nefropatici cronici in fase
pre-dialitica livelli di Hb tra 11-11.5 g/dL si associano ad
una riduzione del rischio di eventi cardiaci rispetto a livelli
superiori.
Applicabilità
La principale critica posta a RCT e meta-analisi attualmente disponibili riguarda l’applicabilità dei loro risultati
ad una pratica clinica in sedi in cui i livelli di mortalità
basale e le comorbidità siano differenti rispetto a quelle
degli studi sperimentali. Lo studio di Besarab et al., che
domina tutti gli altri nelle meta-analisi, arruolava pazienti in dialisi con cardiopatia conclamata, elevata prevalenza di diabete e protesi vascolari, condizioni associate ad
una peggiore sopravvivenza. Per tali motivi si è discusso
molto che le inferenze derivanti da tale studio dovrebbero
essere soltanto applicate a popolazioni simili. Si è suggerito pertanto in ogni caso il ricorso a livelli più elevati di
Hb in pazienti nefropatici cronici in fase predialitica o
soggetti non affetti da cardiopatia conclamata. Va tuttavia
precisato che non esistono ancora studi randomizzati che
permettano di formulare queste raccomandazioni, e che la
consistenza tra lo studio di Besarab et al. (dialisi), i recenti risultati degli studi CHOIR e CREATE (nefropatie croniche in fase pre-dialitica) e dati di studi condotti in altre
popolazioni (es. oncologia) raccomanderebbe molta cautela nel consigliare il ricorso a target di Hb elevati o
comunque > 11.5 g/dL. Peraltro questa consistenza si
verifica in studi condotti in popolazioni particolarmente
disparate, a parziale supporto dell’applicabilità in popolazioni più ampie.
I risultati delle attuali revisioni sistematiche e degli studi
randomizzati disponibili indicano la necessità di ricorrere a
S105
Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica
Implicazioni per la ricerca
Altre Linee Guida
Ulteriori RCT sono fondamentali in questo settore, tuttavia
testare l’ottimalità di valori target di emoglobina sarebbe
superfluo a seguito delle evidenze fin qui presentate. I nuovi
studi potrebbero focalizzarsi su protocolli gestionali dell’anemia piuttosto che sul singolo parametro surrogato Hb. Se
e come l’Hb debba essere considerato un valido surrogato
della mortalità in pazienti nefropatici cronici va dimostrato
secondo modelli epidemiologici appropriati (esistenza di
rapporto di associazione tra il surrogato e l’endpoint hard
mortalità e presenza di studi randomizzati che dimostrino in
maniera non equivoca che l’effetto sul surrogato si tramuta in
un effetto diretto sull’endpoint hard). Popolazioni per cui è
fondamentale la realizzazione di RCT in materia sono i
pazienti in trattamento sostitutivo cronico senza cardiopatia
severa ed i portatori di trapianto di rene.
Le Società Scientifiche dovrebbero impegnarsi attivamente alla realizzazione e/o al finanziamento di questo tipo
di studi in ambito di ricerca indipendente.
La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di
opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali. Le Linee Guida basate sulle evidenze non
sono molte, in quanto sono pochi gli RCT adeguatamente
dimensionati. In Tabella III si accludono i livelli target di
emoglobina riportati in altre Linee Guida.
Indirizzo degli Autori:
Dr.ssa Caterina Canavese
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale
Università del Piemonte Orientale
Via Mazzini, 18
28100 Novara
e-mail: [email protected]; [email protected]
Bibliografia
1. URL: http://www.update-software.com/Publications/renal/
2. Jones M, Ibels L, Schenkel B, Zagari M. Impact of epoetin alfa
on clinical end points in patients with chronic renal failure: a
meta-analysis. Kidney Int 2004; 65: 757-67.
3. Cody J, Daly C, Campbell M, et al. Frequency of administration
of recombinant human erythropoietin for anaemia of end-stage
renal disease in dialysis patients. Cochrane Database Syst Rev
2005; 20 (3): CD003895.
4. Cody J, Daly C, Campbell M, et al. Recombinant human erythropoietin for chronic renal failure anaemia in pre-dialysis patients.
Cochrane Database Syst Rev 2005; 20 (3): CD003266.
5. Strippoli GF, Craig JC, Manno C, Schena FP. Hemoglobin targets
for the anemia of chronic kidney disease: a meta-analysis of randomized, controlled trials. J Am Soc Nephrol 2004; 15: 3154-65.
6. Ravani P, Del Vecchio L, De Nicola L, et al. Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale:
Linea Guida. G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37). S91-8.
7. Besarab A, Bolton WK, Browne JK, et al. The effects of normal
as compared with low hematocrit values in patients with cardiac
disease who are receiving hemodialysis and epoetin. N Engl J
S106
Med 1998; 339: 584-90.
8. Singh AK, Szczech L, Tang KL, et al. CHOIR Investigators.
Correction of anemia with epoetin alfa in chronic kidney disease. N Engl J Med 2006; 355: 2085-98.
9. Drueke TB, Locatelli F, Clyne N, et al. CREATE Investigators.
Normalization of hemoglobin level in patients with chronic kidney disease and anemia. N Engl J Med 2006; 355: 2071-84.
10. Parfrey PS, Foley RN, Wittreich BH, Sullivan DJ, Zagari MJ, Frei
D. Double-blind comparison of full and partial anemia correction
in incident hemodialysis patients without symptomatic heart disease. J Am Soc Nephrol 2005; 16 (7): 2180-9.
11. Levin A, Djurdjev O, Thompson C, et al. Canadian randomized trial
of hemoglobin maintenance to prevent or delay left ventricular mass
growth in patients with CKD. Am J Kidney Dis 2005; 46: 799-811.
12. Strippoli GF, Craig JC. Hypothesis versus association: the optimal
hemoglobin target debate. Am J Kidney Dis 2005; 46: 970-3.
13. Leyland-Jones B, BEST Investigators and Study Group. Breast
cancer trial with erythropoietin terminated unexpectedly. Lancet
Oncol 2003; 4: 459-60.
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S107-S124
Terapia della patologia ossea nelle nefropatie croniche
Utilizzo della vitamina D e analoghi, dei
chelanti del fosforo e dei calciomimetici nella
terapia dell’iperparatiroidismo secondario e
della patologia ossea nelle nefropatie croniche:
Linea Guida
S. Mazzaferro, M. Cozzolino, M. Marangella, G.F.M. Strippoli, P. Messa
Calcimimetics, phosphate binders, vitamin D and its analogues for treating secondary
hyperparathyroidism in chronic kidney disease: guideline from the Italian Society of
Nephrology
Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In
the present guideline, evidence of the use of calcimimetics, phosphate binders, vitamin D and vitamin D analogues for treating secondary hyperparathyroidism in chronic kidney disease (CKD) is presented.
Methods. SR of RCT and RCT on interventions for secondary hyperparathyroidism in CKD were identified referring to a
Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update).
Results. Three SR and 8 RCT were found addressing this intervention issue. Methodological quality of available RCT was
suboptimal according to current methodological standards. Calcimimetics used in patients receiving haemodialysis or peritoneal dialysis are more effective than placebo in controlling secondary hyperparathyroidism (reduced parathyroid hormone levels, calcium levels and phosphorus levels). All phosphate binders are effective in controlling hyperphosphatemia
but different doses are to be used with different agents to achieve similar targets. Dosing needs to be adjusted according to
phosphorus levels. Vitamin D and its analogues are recommended in CKD patients, although there is no significant evidence of superiority of individual agents in head-to-head comparisons. Dosing should be based on baseline parathyroid
hormone levels, but the risk of hypercalcemia should also be considered.
Conclusion. Available evidence suggests that calcimimetics, phosphate binders and vitamin D or its analogues are effective in the treatment of secondary hyperparathyroidism. Superiority of individual agents or doses is still deeply debated.
Further studies are necessary to test these issues. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S107-24)
KEY WORDS: Calcimimetics, Vitamin D, Phosphate binders, Secondary hyperparathyroidism
PAROLE CHIAVE: Calciomimetici, Vitamina D, Chelanti del fosforo, Iperparatiroidismo secondario
LINEA GUIDA
Ruolo terapeutico della Vitamina D e analoghi
Nei pazienti con insufficienza renale cronica (IRC) con segni di iperparatiroidismo secondario (IPS) è raccomandabile la somministrazione di calcitriolo, metaboliti attivi o analoghi della vitamina D (livello di evidenza 2).
Non vi è invece evidenza certa della superiore efficacia di un prodotto o di una modalità di somministrazione rispetto
all’altro, con l’eccezione del colecalciferolo e del calcidiolo, meno efficaci nel controllo dell’IPS.
Le dosi dovrebbero essere tanto maggiori quanto più elevati sono i livelli di PTH, tenendo però presente il parallelo
aumento del rischio di ipercalcemia (opinione).
© Società Italiana di Nefrologia
S107
Utilizzo della vitamina D e analoghi
Ruolo terapeutico dei chelanti del fosfato
Tutti i chelanti si sono dimostrati efficaci nel controllo della fosfatemia, sebbene a dosaggi differenti.
Le dosi dei chelanti vanno adeguate ai livelli di fosfato.
Per i chelanti contenenti Calcio è raccomandato l’uso di dosi che non apportino una quantità di Calcio elementare >
1.5-2.0 g/die (opinione).
Impiego dei calciomimetici
Vi è evidenza che il calciomimetico, in pazienti in emodialisi o dialisi peritoneale, è superiore al placebo nel controllo dell’IPS.
Vi è evidenza che la riduzione dei livelli di PTH così conseguita, si associa non infrequentemente a riduzione sia dei
livelli di Calcio che di Fosforo.
Premesse
Dati epidemiologici sottolineano la crescita non solo del
numero dei pazienti uremici in trattamento sostitutivo (dialisi e trapianto), ma anche di quello relativo ai soggetti con
insufficienza renale cronica (IRC) predialisi. Si può stimare che in Italia, oltre ai circa 40000 pazienti dializzati e ai
12000 trapiantati, esistano circa un milione di nefropatici
cronici. Anche in questo gruppo di pazienti sono spesso già
evidenziabili in fasi relativamente precoci le alterazioni
metaboliche configuranti il quadro dell’iperparatiroidismo
secondario (IPS) e dell’osteopatia uremica, variabilmente e
non obbligatoriamente associati ad alterazioni dei livelli
ematici di Calcio (Ca), Fosforo (P) e Vitamina D (1-4).
I meccanismi patogenetici dell’IPS non sono ancora del
tutto definiti, ma tra i fattori più rilevanti ricordiamo: la riduzione dei livelli di vitamina D attiva [1,25(OH)2D3] e la resistenza ai suoi effetti, legata ad una ridotta espressione dei
suoi recettori; la ridotta escrezione renale di fosfati; l’ipocalcemia e la ridotta sensibilità delle cellule paratiroidee al Ca,
per la ridotta espressione del sensore del Ca; la resistenza
scheletrica al Paratormone (PTH); l’acidosi metabolica.
Studi osservazionali hanno sottolineato la forte associazione tra i livelli di PTH e le alterazioni del metabolismo
minerale da un lato e la morbilità e mortalità cardiovascolare dei pazienti uremici dall’altro. Sulla base dei risultati di
questi studi, le Linee Guida K-DOQI 2003 (5) hanno suggerito target terapeutici più ristretti per i livelli di Ca, P e
PTH.
Le terapie fino ad oggi impiegate [(metaboliti attivi della
vitamina D, chelanti del fosforo a base di Ca o Alluminio
(Al) o anche di supplementi di Ca)] non si sono dimostrate
particolarmente efficaci nel raggiungimento di questi target. Inoltre, secondo alcune segnalazioni sperimentali e
studi osservazionali di associazione, alcuni di questi presidi terapeutici sono stati considerati potenziali fattori causali delle calcificazioni vascolari e conseguentemente del-
S108
l’aumento della mortalità. Recentemente nuovi farmaci si
sono resi disponibili per la terapia dell’IPS e delle alterazioni metaboliche correlate.
Il presente studio ha costituito un’analisi delle evidenze
presenti al momento in letteratura sull’uso della vitamina D
e analoghi, dei chelanti del fosfato e dei calciomimetici,
assumendo come punto di riferimento terapeutico il raggiungimento dei livelli di Ca, P e PTH proposti dalle Linee Guida
KDOQI (Tab. I). Per ogni capitolo si è cercato di rispondere
al quesito clinico: “Quale trattamento utilizzare (tipo di farmaco, efficacia, dose e modalità di somministrazione)?”
Avendo scelto di basare l’analisi presentata solo sull’evidenza derivante da revisioni sistematiche (livello di evidenza 1) e studi randomizzati e controllati [(RCT) (livello 2)],
modello di studio ideale per rispondere ai quesiti di intervento, abbiamo dovuto prendere atto della impossibilità di
rispondere ad altri due importanti quesiti pratici quali:
“quando trattare il paziente?” e “quali e quanti controlli
biochimici sono necessari per il monitoraggio terapeutico?” È auspicabile che una risposta a tali quesiti possa arrivare in un prossimo futuro da studi di coorte e da revisioni
sistematiche.
Strategia di ricerca bibliografica
La strategia di ricerca bibliografica è stata centrata sulla
individuazione delle revisioni sistematiche e degli RCT
relativi all’impiego dei vari farmaci, disponibili nelle fonti
PubMed, Embase e con il ricorso alla Renal Health Library
(http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più
aggiornato elenco degli RCT prodotti in nefrologia, dialisi
e trapianto. Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche
condotte in Medline, Embase, numerosi altri database di
studi clinici, la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei
principali Congressi di interesse Nefrologico e nelle pagine
Utilizzo della vitamina D e analoghi
di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche
di tipo Cochrane. Infine la ricerca bibliografica è stata
completata manualmente, facendo uso di Riviste
Scientifiche, Atti Congressuali ed altre Linee Guida.
Il termine ultimo di tempo a cui è riferita la presente
ricerca bibliografica, è stato quello del 01/09/2005. Per la
vitamina D sono state impiegate le seguenti parole chiave:
vitamin D, cholecalciferol, 25-hydroxy-cholecalciferol,
1,25-dihydroxy-cholecalciferol, calcitriol, 1-alphahydroxy-cholecalciferol, ergocalciferol, paricalcitol, doxercalciferol, 22-oxa-calcitriol e falecalcitriol combinandole
con: chronic renal failure or disease, hyperparathyroidism,
osteodystrophy or bone disease. Per i chelanti del fosfato le
parole chiave erano: phosphate, hyperphosphatemia, phosphate-binder, calcium acetate, calcium carbonate, aluminum, sevelamer HCl, lanthanum carbonate, hypercalcemia, combinandole con: chronic renal failure or disease,
dialysis. Per i calciomimetici: calcimimetic OR cinacalcet
AND renal osteodystrophy.
Primo quesito: ruolo terapeutico della
vitamina D e analoghi
Evidenza disponibile
La ricerca ha prodotto un totale di 1400 lavori, dei quali
1270 subito esclusi perché evidentemente non di tipo clinico, randomizzato e controllato; altri 70 sono stati esclusi
dopo più attenta valutazione per motivi diversi (studi non
randomizzati e controllati, articoli di revisione, lettere e
casi clinici, studi di farmacocinetica, duplicazioni di studi
già pubblicati). L’evidenza di quanto in seguito riportato si
basa pertanto su un totale di 60 RCT.
Il termine di vitamina D è stato utilizzato in riferimento
sia al capostipite metabolico, il colecalciferolo, che a ciascuna delle sostanze da esso derivate; il termine metaboliti
della vitamina D fa riferimento ai prodotti metabolici naturali del colecalciferolo (es. 25-idrossicolecalciferolo o calcidiolo, 1,25-diidrossicolecalciferolo o calcitriolo e 1α-idrossicolecalciferolo); il termine analoghi va riferito ai metaboliti sintetici, non naturali, del colecalciferolo.
Quale trattamento con vitamina D utilizzare
Sono stati considerati i tre seguenti punti:
1. La vitamina D, i suoi metaboliti o gli analoghi sono
superiori al placebo nel controllo dell’IPS?
2. Qual è l’efficacia comparativa della vitamina D, dei
suoi metaboliti e degli analoghi?
3. Quali sono le dosi e le modalità di somministrazione
ottimali?
Le principali caratteristiche degli studi esaminati, raggruppati separatamente per ciascuno dei quesiti sopra ipotizzati, sono riportate nella Tabella II (6-26), Tabella III (2740) e Tabella IV (41-64).
Risultati
Evidenza 1: vi è evidenza che la terapia con vitamina D
sia superiore al placebo nel controllare l’IPS.
Evidenza 2: non vi è evidenza della superiorità di uno
dei metaboliti o analoghi rispetto agli altri, con l’eccezione
del colecalciferolo e del calcidiolo che risultano in genere
meno attivi degli altri metaboliti.
Evidenza 3: non vi è evidenza della superiorità di una
delle modalità di somministrazione dei metaboliti o analoghi della vitamina D rispetto agli altri.
Sintesi dell’evidenza
Dagli studi di confronto con il placebo emerge l’efficacia della vitamina D, dei metaboliti e degli analoghi nel
sopprimere l’ipersecrezione paratiroidea. Tale effetto è
comunque almeno in parte legato all’incremento dei livelli di calcemia, a volte anche oltre i limiti consigliati dalle
K/DOQI.
Più controversi sono i risultati sull’efficacia comparativa dei differenti composti. Il calcitriolo è il prodotto di
riferimento per quanto riguarda l’effetto di controllo
sull’IPS. Il colecalciferolo non risulta efficace nel controllo dell’IPS, ma può essere utile come supplementazione negli stati carenziali. Il calcidiolo (25-idrossivitamina
D3) è un metabolita meno efficace nella soppressione
paratiroidea. Tutti gli altri metaboliti ed analoghi hanno
mostrato efficacia comparabile a quella del calcitriolo, se
utilizzati a dosaggi equivalenti.
La via orale (PO) e quella endovenosa (EV) possono
essere utilizzate entrambe, con posologia sia quotidiana che
a boli refratti (una-tre volte la settimana). Non vi è dimostrazione di superiorità dell’una rispetto all’altra. Rimane
comunque da considerare la migliore compliance garantita
dalla via EV.
Le dosi utilizzabili variano in media tra 0.75 e 9.0 μg/sett
per il calcitriolo, 0.75 e 12 μg/sett per l’alfacalcidiolo e 6
e 36 μg/sett per il paracalcitolo. L’orientamento attuale
dovrebbe contemplare l’uso di dosi che garantiscano il contemporaneo controllo dei livelli di PTH, Ca e P, entro gli
intervalli suggeriti dalle K/DOQI.
Sebbene non sia definito il fabbisogno nel paziente uremico, dosi fisiologiche di colecalciferolo (400 UI/die) possono essere raccomandate nei pazienti con IRC, in considerazione del loro maggior rischio carenziale (diete a basso
contenuto vitaminico D, scarsa esposizione al sole).
Occorre infine sottolineare che la totalità degli studi disponibili valuta gli effetti della terapia vitaminica D sui
parametri biochimici o, in una minoranza dei casi, su quelli istologici ossei. Mancano del tutto dati prospettici controllati sull’impatto della terapia con vitamina D sugli outcomes clinici (fratture, morbilità cardio-vascolare, mortalità). Le recenti segnalazioni che riportano una ridotta mor-
S109
Utilizzo della vitamina D e analoghi
TABELLA I - RANGE DI RIFERIMENTO PER I LIVELLI DI PTH, P, CA E CA X P INDICATI NELLE LINEE GUIDA KDOQI
GUIDELINES DEL 2003
PTHi (pg/mL)
P (mg/dL)
Ca (mg/dL)
CaxP (mg2/dL2)
Stadio IRC
Range GFR
3
30-59
35-70
2.7-4.6
Valori normali*
< 55
4
15-29
70-110
2.7-4.6
Valori normali*
< 55
5
< 15 o D
150-300
3.5-5.5
8.4-9.5
< 55
* Valori normali, corretti, del laboratorio di riferimento
talità nei pazienti trattati con vitamina D si basano esclusivamente su dati retrospettivi (65).
Secondo quesito: ruolo terapeutico dei
chelanti del fosfato
Evidenza disponibile
Dal totale di 500 lavori disponibili ne sono stati esclusi
488, sulla base dei criteri di selezione (studi clinici randomizzati e controllati). L’analisi è stata pertanto limitata a 12
RCT.
Quale trattamento con chelanti del fosfato utilizzare
Le evidenze che definivano l’efficacia comparativa dei
differenti chelanti del fosfato sono riportate nella Tabella V
(66-77). Diversi studi valutano l’efficacia di un chelante del
fosfato rispetto ad un altro chelante nel controllo della
fosforemia.
in tutti gli studi, i chelanti a base di calcio risultano parimenti efficaci rispetto al sevelamer e al carbonato di lantanio. Non esistono studi di confronto tra sevelamer e lantanio. I chelanti del fosfato a base di Ca inducono con maggior frequenza ipercalcemia, con riduzione dei livelli di
PTH anche al di sotto del range consigliato dalle K/DOQI
(< 150 pg/mL), e determinano una maggior incidenza di
calcificazioni cardio-vascolari quando confrontati con
sevelamer. Il carbonato di lantanio non produce ipercalcemia rispetto al Ca carbonato e al Ca acetato. Ad oggi non
esiste ancora alcuno studio che documenti gli effetti del
carbonato di lantanio sulle calcificazioni cardiovascolari.
I dosaggi massimi raccomandati sono (opinione):
- Ca carbonato/Ca acetato < 1.5 g/die di Ca elemento;
- sevelamer 800 mg 9 cp distribuite ai pasti;
- carbonato di lantanio sino a 3.0 g/die distribuiti ai pasti.
Terzo quesito: impiego dei calciomimetici
Evidenza disponibile
Risultati
In generale tutti i prodotti sono efficaci, così come
mostra l’analisi dettagliata di ogni singolo studio preso in
considerazione.
Evidenza 1: non emerge alcuna differenza tra i diversi
chelanti nel controllo della fosfatemia.
Evidenza 2: i chelanti a base di sali di calcio inducono
una maggiore riduzione dei livelli di PTH e provocano più
frequentemente ipercalcemia.
Sintesi dell’evidenza
Per il trattamento dell’iperfosforemia nei pazienti affetti da
IRC e in dialisi al momento attuale sono disponibili 4 opzioni terapeutiche per quanto riguarda i chelanti del fosforo:
a) chelanti a base di Ca;
b) sevelamer HCl;
c) carbonato di lantanio;
d) idrossido di alluminio.
Dai 12 RCT analizzati non emerge alcuna differenza tra
i diversi chelanti nel controllo dell’iperfosforemia. Infatti,
S110
In totale sono stati estratti 89 lavori. Dopo lettura del titolo ne sono stati eliminati 58. Dopo lettura dell’abstract
sono stati eliminati 13 lavori. Dei 18 lavori letti “in extenso”, ne sono stati eliminati 8, in quanto sperimentali o
review relative a pubblicazioni che sono state recensite singolarmente. Sono stati pertanto recensiti e considerati 10
lavori, i cui risultati sono schematizzati nella Tabella VI
(78-87).
Come utilizzare i calciomimetici
Abbiamo affrontato la problematica relativa ai calciomimetici rispondendo ad alcuni quesiti:
a) Il cinacalcet è superiore al placebo nel controllo
dell’IPS?
b) Quali sono le dosi e le modalità di somministrazione
ottimali, quali gli effetti collaterali?
c) È consigliabile il loro uso in associazione con i presidi terapeutici classici (vitamina e derivati, chelanti del
fosfato)?
d) Quali e quanti controlli biochimici sono necessari per
il monitoraggio terapeutico?
HD
IRC
52 aa; donne= 6/13; glomerulonefrite= 8/13
Donne= 10/55; Afro-Americani= 22/55;
49 aa; CrCl 28 mL/min; donne= 21/60; glomerulonefrite= 30/60
Donne= 9/15; diabete= 8/15
62 anni; donne= 13/47
Donne= 70/138; Afro-Americani= 111/138
52 aa; donne= 69/176; glomerulonefrite o diabete
= 107/176; normale istologia ossea= 44/176
Donne= 63/151; glomerulonefrite= 115/151; diabete=11/151
50 aa; donne= 17/35; Afro-Americani= 30/35
54 aa; donne= 38/78; Afro-Americani= 62/78
49 aa; dialisi= 55 m; donne= 20/57; anomalie Rx= 36/57
Donne= 11/31; diabete= 14/31; Afro-Americani= 19/31
54 aa; donne=11/27; dialisi= 58 m
47 aa; donne= 10/20; glomerulonefrite= 14/30; diabete= 2/30
Donne= 15/25; glomerulonefrite= 7/25
52 aa; donne= 34/66; glomerulonefrite= 20/66
45 aa; donne= 11/36; post menopausa= 3/36; diabete= 15/36
Donne= 15/24; CrCl= 5-25 mL/min
11 aa; donne= 4/12
16
55
60
15
47
138
176
162
35
78
64
32
27
30
57
26
45
36
24
12
Baker LR, 1989 (8)
Coburn JW, 2004 (9)
Coen G, 1994 (10)
Delmez JA, 2000 (11)
Fournier A, 1993 (12)
Frazao JM, 2000 (13)
Hamdy NA, 1995 (3)
Koshikawa S, 2002 (14)
Llach F, 1998 (15)
Martin KJ, 1998 (16)
Memmos DE, 1981 (17)
Moe SM, 2001 (18)
Moriniere P, 1985 (19)
Nordal KP, 1988 (20)
Pecovnik-B, 1995 (21)
Przedlacki J, 1995 (22)
Ritz E, 1995 (23)
Rix M, 2004 (24)
Tougaard L, 1976 (25)
Watson AR, 1989 (26)
Ca
Ca
Ca
Ca-D
Ca-Al-D
Al
Ca
Sev-CaD
Al
Ca
Ca
Ca-D
Ca
Mg
Ca-Al-D
Ca-D
Ca
Al-D
Al
Ca-Al
Co
intervento
1-α-OH vit D3 10 – 20 ng/kg/d PO‡ Ca-Al-D
1-α-OH vit D3 1 μg/d PO
1-α-OH vit D3 0.25-0.75 μg/d PO
Calcitriolo 0.125 μg/d PO
Calcitriolo 0.25 μg/d PO
Calcitriolo 0.25 μg/d PO
Calcitriolo 0.25-0.5 μg/d PO
1-α-OH vit D3 0.3-1 μg/d PO
Paracalcitolo 1-4 μg
trisettimanale IV
Calcitriolo 0.5 μg/d PO
Paracalcitolo 0.04-0.24 μg/kg
trisettimanale IV‡
Paracalcitolo 0.04-0.24 μg/kg
trisettimanale IV
Calcitriolo 1, 1,5 or
2μg/trisettimanale IV
1-α-OH vit D3 0.25-1 μg/d PO
Doxercalciferolo 10 μg/HD
PO titolato al PTH
1-α-OH vit D3 1-4 μg/
trisettimanale IV vs CaCO3 PO
Calcitriolo 0.5-2 μg/
trisettimanale IV
Calcitriolo 0.25 μg/d PO
Doxercalciferolo 1-5 μg/d PO
Calcitriolo 0.25-0.5 μg/d PO
Calcitriolo 0.25-1 μg/d PO
22-oxacalcitriolo 5 μg,
10 μg or 15 μg trisettimanale IV
Intervento
6
3
18
12
12
12
8
6
3
24
3
1
3
24
2
6
12
27-29
6
12
60
3
Follow-up
(mesi)
HD = Emodialisi; IRC = Insufficienza Renale Cronica, predialisi; PD = Peritoneodialisi; IV = intravena; PO = per os; vit D= vitamina D; Al= chelanti a base di alluminio; D= modifiche dietetiche;
Ca = chelanti con calcio acetato o bicarbonato; sev = sevelamer; CaD = modifica Calcio nel dialisato; P = chelante non specificato; Mg= idrossido di magnesio
‡ Trial con soli pazienti pediatrici
PD
IRC
IRC
IRC
IRC
HD
HD
HD
HD
HD
HD
IRC
HD
HD
HD
IRC
IRC
IRC
HD
42 anni; istologia ossea normale= 28/52; dialisi= 20 mesi
76
Baker LR, 1986 (7)
HD
Setting
Donne= 71/176; glomerulonefrite= 152/176; diabete 5/176
Caratteristiche di popolazione
176
N. pazienti
Akizawa T, 2004 (6)
Autore ed anno
TABELLA II - CARATTERISTICHE DI POPOLAZIONE ED INTERVENTI NEGLI RCT DI CONFRONTO DELLA VITAMINA D, DEI SUOI METABOLITI O
DEGLI ANALOGHI CON UN GRUPPO CONTROLLO O CON PLACEBO
Utilizzo della vitamina D e analoghi
S111
Utilizzo della vitamina D e analoghi
Risultati
Evidenza 1: il cinacalcet è in grado di ridurre in modo
significativamente superiore al placebo i livelli di PTH, in
associazione ad un migliore controllo del prodotto Ca x P.
Evidenza 2: le dosi da somministrare possono variare da
30 a 180 mg al dì, attraverso l’esclusiva via orale. Il pasto
influenza l’assorbimento del farmaco, quindi è consigliabile somministrare il farmaco sempre nella stessa condizione.
Gli effetti collaterali riportati con incidenza superiore al
placebo sono: ipocalcemia, nausea, vomito.
Evidenza 3: non vi è incompatibilità nella somministrazione di cinacalcet in associazione agli altri presidi terapeutici (Vitamina D e analoghi, chelanti del fosfato).
Manca evidenza di quale schema di associazione sia più
efficace in termini di raggiungimento dei target delle
K/DOQI e del raggiungimento di outcomes clinici.
Opinione: si consiglia nelle fasi di inizio della terapia o
di modificazione dei dosaggi un controllo del Ca e P ogni
15 giorni e del PTH almeno ogni 30 giorni.
Sintesi dell’evidenza
Il cinacalcet è attualmente utilizzabile esclusivamente nei
pazienti in emodialisi e dialisi peritoneale.
Il cinacalcet è più efficace del placebo nel controllo
dell’IPS. A dosi comprese fra 30-120 mg/die, in unica somministrazione orale, riduce il PTH in media del 30-40%
rispetto al basale, consentendo di portarne i livelli entro il
target di 300 pg/mL in oltre il 50% dei pazienti. Tuttavia la
quota di questi ultimi si riduce con l’aumentare dei livelli
basali di PTH. La riduzione del PTH è dose-dipendente. A
questa corrisponde una riduzione dei livelli di calcemia e di
prodotto Ca x P.
L’associazione con chelanti del fosfato e con metaboliti
della vitamina D non influenza l’efficacia di cinacalcet, ma
l’uso del cinacalcet può comportare un maggior fabbisogno di chelanti a base di Ca. Gli effetti collaterali più significativi sono nausea e vomito, più frequenti rispetto a placebo.
Non disponiamo ad oggi di dati sufficienti circa il suo
profilo di efficacia/sicurezza nei pazienti con insufficienza
renale cronica pre-dialitica, ed in quelli con iperparatiroidismo persistente post-trapianto.
Occorre un follow-up di più lungo periodo per stabilire i
suoi vantaggi rispetto all’incidenza di paratiroidectomia,
fratture ossee, patologia cardio-vascolare.
Applicabilità
L’ampia libertà di accesso a tutti i presidi terapeutici elencati nella stesura della Linea Guida ed utilizzabili nell’ambito del metabolismo minerale, consente, nel nostro paese,
S112
la piena applicabilità teorica delle varie opzioni terapeutiche, fatta eccezione, al momento della stesura di questo elaborato, del carbonato di lantanio.
Implicazioni per la ricerca
La scarsità delle evidenze deve spingere a produrre dati
controllati e prospettici che rispondano ad almeno i seguenti quesiti:
1. Quando iniziare la supplementazione vitaminica D.
2. Quale metabolita è preferibile impiegare nel singolo
paziente.
3. Quali sono le dosi e la modalità ottimali.
4. Quali sono i dosaggi migliori in termini di efficacia e
sicurezza di tutti i chelanti disponibili.
5. Quando ed in quali pazienti è necessario utilizzare il
calciomimetico.
6. Quali sono gli schemi e la sequenza di associazione
ottimali tra vitamina D, chelanti e calciomimetici.
7. Qual è l’impatto sugli outcomes clinici di ognuno di
questi interventi terapeutici.
8. Quali sono i parametri da monitorare e con quale
cadenza.
Appendice
Commenti sull’uso di Vitamina D, composti e analoghi
Commenti al punto 1: La vitamina D, i suoi metaboliti
o i cosiddetti analoghi sono superiori al placebo nel controllo dell’IPS?
La Tabella II riporta gli studi di efficacia del calcitriolo o
dei suoi metaboliti nel modificare i parametri biochimici di
IPS rispetto al placebo o ad un gruppo di controllo, dai
quali la superiorità del trattamento emerge con chiarezza.
Sin dal 1981 Memmos et al. (17) dimostrarono che un
anno di terapia con calcitriolo è in grado di ridurre i livelli
di PTH del 57%, in confronto ad un aumento del 29% nel
gruppo trattato con placebo. Inoltre in una percentuale
significativamente maggiore di pazienti del gruppo trattato
con calcitriolo si osservava un calo di fosfatasi alcalina
(FA). Da segnalare, però, che in tale studio si ottenevano
livelli calcemici elevati (una riduzione della dose del farmaco era prevista solo per livelli > 12 mg/dL), associati ad
un significativo aumento dei livelli di P nel gruppo trattato
con calcitriolo.
L’efficacia dell’1-α-vitamina D3, somministrata insieme
ad una dose fissa di calcio carbonato (3 g/die) e una dose
variabile di idrossido di alluminio, è stata confrontata con
quella del solo chelante a base di Ca, somministrato in dosi
crescenti, adeguate a contenere la fosforemia (19). I livelli
di PTH, dopo 6 mesi di terapia, erano parimenti ridotti nei
due gruppi, ma con l’impiego di una dose media piuttosto
bassa di farmaco (0.35 ± 0.05 μg/die) ed a fronte di una
15
Coen G,
1982 (32)
HD
Donne= 15/73; glomerulonefrite
= 44/73; diabete= 13/73
Diagnosi istopatologica ossea
60 aa; donne= 7/17;
dialisi= 141 m; diabete= 3/17
Donne= 60/125; Afro-Americani= 105/125;
49 aa; donne= 4/22;
Donne= 113/263; Afro-Americani
= 157/263
73
10
17
125
22
263
Hayashi M,
2004 (35)
Juttmann JR,
1979 (36)
Kihara T,
2004 (37)
Martin KJ,
2001 (38)
Maxwell DR,
1978 (39)
Sprague SM,
2003 (40)
Paracalcitolo 0.04-0.24 μg/kg/
trisettimanale IV
Calcitriolo 0.25-1.5 μg/d PO
Paracalcitolo vaseline
PTH/80 μg
22-oxacalcitriolo 5 μg
trisettimanale IV
Calcitriolo 0.5 μg/d PO
22-oxacalcitriolo 5-10 μg
trisettimanale IV
Calcitriolo 1 μg
trisettimanale IV
Calcitriolo 2.7 ± 0.5μg/sett PO
Calcitriolo 0.25-1 μ/d PO
Calcitriolo 0.25-1 μg/d
Calcitriolo 20 ng/kg/d PO
Calcitriolo 0.5 μg/d PO
Calcitriolo 0.5-1.5 μg/d PO
Falecalcitriolo
0.15-0.3 μg/d PO
Intervento 1
Calcitriolo 0.01-0.06 μg/kg/
trisettimanale IV
Vit D 400 IU/d PO
Paracalcitolo 0.04 μg/kg
IV trisettimanale
Calcitriolo 0.5 μg
trisettimanale IV
1-·-OH vit D3 0.5 μg/d PO
Calcitriolo 1μg trisettimanale
1α-OH vit D3 1 μg
IV trisettimanale
1-α-OH D3 3.8 ± 0.4 μg/sett PO
Ca
Al-Ca
P-Al
Ca
Ca
Ca-P
Ca
Ca
Al-Ca-
Ca-Al
Co
intervento
Calcitriolo 0.5-2 μg/d PO
+ 25(OH)D3 0.5-0.75 μg/kg/d PO
Vit D 4000 IU/d PO
Diidrotachisterolo
15 μg/kg/d PO‡
25(OH)D3 50 μg/d PO*
Vitamina D3 400 IU/d PO
1α-OH vit D3
0.25-0.5 μg/d PO
Intervento 2
8
3
2.9
20
0.5
12
3
36
12
9
6
6
3
6
Follow-up
(mesi)
HD= dialisi; IRC= predialisi; PD= Peritoneodialisi; IV= intravena; PO= per os; vit D= vitamina D; Al= chelanti a base di alluminio; D= modifiche dietetiche; Ca= chelanti con calcio acetato o bicarbonato; sev= sevelamer; CaD= modifica Calcio nel dialisato; P= chelante non specificato; Mg= idrossido di magnesio
* Braccio di controllo con calcitonina
HD
HD
HD
HD
IRC
HD
20
HD
IRC
HD
El-Reshaid K,
1997 (34)
35-75 aa; donne= 22/50; dialisi= 3-10 aa
18
Christiansen C,
1978 (31)
50
HD
5 aa; uropatia ostruttiva= 61/82;
Afro-Americani= 12/82
82
Chan JC,
1994 (30)
Deuber HJ,
2003 (33)
IRC
47 aa; donne= 23/65
48
Buccianti G,
1981 (29)
HD
47 aa; glomerulonefrite= 21/31
31
Berl T,
1980 (28)
HD
Setting
Donne= 11/25; glomerulonefrite= 22/25;
Caratteristiche
di popolazione
21
N. pazienti
Akiba T,
1998 (27)
Autore ed anno
TABELLA III - CARATTERISTICHE DI POPOLAZIONE ED INTERVENTI NEGLI RCT DI CONFRONTO TRA METABOLITI E ANALOGHI DELLA VITAMINA D
Utilizzo della vitamina D e analoghi
S113
Utilizzo della vitamina D e analoghi
somministrazione di dosi triple di chelante a base di Ca nel
gruppo di controllo.
Nella fase predialitica Przedlacki et al. (22) hanno dimostrato che il calcitriolo è efficace nel ridurre significativamente i livelli di PTH e FA, che invece aumentavano nel
gruppo trattato con placebo, senza modificazioni significative dei livelli di Ca e P.
Ancora in pazienti in fase predialitica, l’1-α-colecalciferolo alla dose media di 0.44 μg/die (24) si è dimostrato efficace nel ridurre i livelli di PTH e di FA ossea che invece
aumentavano nel gruppo controllo, a fronte però di un
aumento significativo dei livelli di calcio ionizzato.
Gli studi di efficacia degli analoghi della vitamina D
rispetto al placebo, più recenti e meglio disegnati, si caratterizzano per la diversa attenzione ai livelli calcemici, il cui
aumento non è più visto come effetto terapeutico desiderato, ma piuttosto come effetto collaterale da evitare.
Martin et al. (16) hanno valutato in un gruppo di 40
pazienti in dialisi l’effetto del paracalcitolo rispetto al placebo somministrato a 38 soggetti. Dopo 12 settimane di
terapia, i livelli di PTH risultavano ridotti rispetto ai valori
basali del 60% nei pazienti trattati con paracalcitolo e stabili nei controlli, con analogo comportamento dei livelli di
FA. La calcemia, stabile nel gruppo placebo, aumentava nei
trattati, pur rimanendo nell’ambito della normalità (9.56 ±
0.15 mg/dL). I livelli di fosfatemia, stabili nei due gruppi
rispetto al basale, mostravano valori medi significativamente superiori nel corso della terapia con paracalcitolo.
L’efficacia di un altro analogo della vitamina D, il doxercalciferolo (o 1-α-vitamina D2, non disponibile in Italia),
rispetto al placebo è documentata in uno studio condotto in
fase predialitica (9). In questo studio, i livelli di PTH si
riducevano significativamente nei pazienti trattati con il
doxercalciferolo (il 74% dei pazienti trattati aveva una riduzione di almeno il 30% vs il 7% nei casi controllo), a fronte di livelli calcemici che oscillano sempre nella norma e
che in uno solo degli otto controlli previsti nel follow-up
superavano i limiti della normalità. Analoga stabilità veniva descritta per la fosfatemia. In questo studio si dimostrava anche l’assenza di effetti significativi sulla escrezione
urinaria di calcio e sulla velocità di progressione della
insufficienza renale.
Commenti al punto 2: Qual è l’efficacia relativa della
vitamina D, dei suoi metaboliti e degli analoghi?
Gli studi di confronto tra i metaboliti della vitamina D
sono riportati nella Tabella III. Gli effetti terapeutici del
calcitriolo, 0.5-1.5 μg/die, sono stati paragonati a quelli
del colecalciferolo, 400-1200 UI/die, in 31 pazienti in
dialisi con iperparatiroidismo florido (28). La superiorità del calcitriolo nel ridurre i livelli di PTH e nel migliorare la lesione ossea emerge chiaramente (entrambe questi parametri peggiorano nel gruppo trattato con colecalciferolo); è tuttavia evidente un rapido effetto ipercalcemizzante del calcitriolo, che potrebbe spiegare almeno
S114
in parte il maggior calo del PTH. Uno studio molto simile effettuato in fase predialitica (31) con dosi di 1 μg/die
di 1,25(OH)2D3 vs 4000 UI/die di colecalciferolo, ha evidenziato un effetto ancora più marcato sull’IPS, ma con
un altrettanto marcato effetto calcemico, al quale era
stato imputato il riscontro di un peggioramento della
funzione renale. Quest’ultimo effetto negativo del calcitriolo non è stato tuttavia confermato da studi successivi
(10), con posologie minori, con minore prevalenza di
ipercalcemia e con diverso metodo di valutazione della
riduzione della funzione renale.
Il confronto tra calcitriolo (0.5 μg/die) e 25-idrossicolecalciferolo (50 μg/die) è stato effettuato in dialisi, con evidenza di un aumento dei livelli calcemici, di una simile
riduzione della FA e di un miglioramento delle lesioni
ossee con entrambe le terapie (29).
Il calcitriolo è stato confrontato con l’1-α-idrossivitamina D3, entrambe somministrati EV, in 20 pazienti, a fine
dialisi, riscontrando una sostanziale sovrapponibilità nella
capacità di sopprimere i livelli di PTH (34). In questo studio, che include anche un braccio terapeutico con 1-αidrossivitamina D3 PO, viene segnalato che con la somministrazione EV, i livelli di 1.25(OH)2D sono più bassi rispetto alla somministrazione orale, ma con pari efficacia nella
soppressione paratiroidea.
Di rilievo, anche per la numerosità dei casi trattati (263
pazienti) il lavoro che confronta il paracalcitolo con il calcitriolo, entrambi somministrati per via EV (40). I pazienti, tutti in trattamento emodialitico, avevano livelli basali di
PTH > 300 pg/mL e prodotto Ca x P < 75. L’obiettivo terapeutico di questo studio, da raggiungere con dosi crescenti
dei farmaci, era una riduzione dei livelli di PTH > 50%.
Entrambi i prodotti risultavano efficaci, ma con due differenze: nel gruppo paracalcitolo il calo era raggiunto prima
(87 vs 107 giorni) e con livelli di PTH compresi, durante
trattamento, nel range ottimale di 100-300 pg/mL, mentre
nel gruppo calcitriolo erano numerosi i casi con livelli di
PTH > 300. Inoltre, nel gruppo paracalcitolo, gli episodi di
ipercalcemia e di prodotto Ca x P > 75 sono risultati tendenzialmente meno frequenti. Da precisare che però sia la
definizione di ipercalcemia che del prodotto Ca x P da considerare elevato sono decisamente superiori ai limiti consigliati dalle K/DOQI.
Commenti al punto 3: Quali sono le dosi e le modalità
di somministrazione ottimali?
Rispetto alle dosi di vitamina D, non esistono studi con
l’obiettivo di definire la dose ottimale. L’approccio è stato
per lo più quello di utilizzare dosi crescenti, con l’obiettivo
di ridurre i livelli di PTH, limitandone l’uso, quando compare l’ipercalcemia. Quest’ultima, nella maggior parte
degli studi prodotti negli anni precedenti la pubblicazione
delle Linee Guida K/DOQI, è stata definita come valori di
calcemia > 11-12 mg/dL. Per tale motivo è difficile proporre oggi i dosaggi terapeutici efficaci proposti da questi studi
Utilizzo della vitamina D e analoghi
in cui venivano tollerati valori calcemici oggi non più
accettabili.
È utile invece considerare la differenza tra dosaggi
“fisiologici” (per la correzione dello stato carenziale) e
dosaggi farmacologici (per sopprimere la ipersecrezione
paratiroidea). Per i primi si può avere come limite di riferimento massimo la velocità di sintesi endogena del calcitriolo, pari a circa 1 μg/die. È comunque da precisare che mancano dati sulla sintesi e biodisponibilità della vitamina D in
corso di IRC. Per i dosaggi farmacologici, in attesa di studi
controllati che forniscano dati indipendenti, non si può che
fare riferimento a quanto riportato nelle schede tecniche dei
differenti farmaci.
Rispetto alla modalità di somministrazione (giornaliera,
in boli, EV o PO), i numerosi studi esistenti sono riportati
nella Tabella IV.
L’efficacia della somministrazione di calcitriolo in boli
EV o PO, post dialisi, a dosi comprese tra 2 e 4 μg, è stata
confrontata in 19 pazienti (51). Malgrado la differente farmacocinetica (picchi più elevati e precoci di calcitriolo
nella somministrazione EV), la soppressione paratiroidea è
risultata simile nei due gruppi che presentavano simile tendenza ad ipercalcemia ed iperfosforemia, con limitazione
all’impiego di dosi maggiori dei farmaci. In questo studio i
pazienti avevano un florido iperparatiroidismo (PTH basale circa 900 pg/mL nei due gruppi) e livelli fosforemici
costantemente elevati (> 5.0-5.5 mg/dL).
Il calcitriolo per via orale giornaliera (n=20) è stato confrontato al calcitriolo EV in boli dopo dialisi (21 pazienti)
ed al solo chelante a base di Ca (11 pazienti) in pazienti con
PTH compreso tra 150 e 600 pg/mL (46). In tutti i gruppi
si è osservato un calo significativo del PTH, senza differenze statistiche tra di loro. Peraltro la FA ossea risultava ridotta nei primi due gruppi ed aumentata nel terzo che pure
aveva livelli migliori di P.
Nel confronto tra somministrazione quotidiana (0.75
μg/die) o due volte a settimana (3 μg x 2/sett), il calcitriolo
ha mostrato pari efficacia in 18 pazienti in dialisi peritoneale (61).
In pazienti pediatrici, invece, i boli orali sono stati confrontati con quelli intraperitoneali (1 μg x 3 a settimana,
titolando in base alla risposta) e si è osservato un calo più
netto del PTH con la seconda modalità. I livelli di Ca erano
più alti e quelli di P più bassi, ma la lesione istologica non
ha mostrato differenze. Gli Autori concludevano che i parametri biochimici non erano adeguati a valutare la risposta
terapeutica (55).
L’importanza dell’intervallo di somministrazione è stata
studiata in emodialisi, evidenziando pari efficacia per le
somministrazioni EV due o tre volte a settimana (57); mentre in predialisi l’intervallo è stato allungato con successo
fino ad una singola dose settimanale PO (62).
Commenti sull’uso dei chelanti del fosfato
Sevelamer vs Sali di calcio (Tab. V)
Nello studio di Bleyer et al. (66) è messo a confronto
l’uso del sevelamer HCl con il Ca acetato, sul piano dell’efficacia e della sicurezza nel controllo dell’iperfosfatemia in
84 pazienti emodializzati. L’efficacia dei 2 trattamenti è
simile, ma il trattamento con il Ca acetato provoca ipercalcemia nel 22% dei pazienti rispetto al 5% dei pazienti trattati con sevelamer. Inoltre, il sevelamer riduce del 24% i
livelli di Colesterolo-LDL. Lo studio dimostra la pari efficacia dei 2 chelanti del fosfato, con minori effetti collaterali per il sevelamer; il valore dello studio è però limitato dal
numero relativamente basso di pazienti (84) e dalla sua
breve durata (8 settimane).
Lo studio condotto da Chertow et al. (68) ha messo in
confronto l’efficacia di sevelamer in confronto a quella di
altri chelanti del fosfato contenenti Ca, valutando come
parametri di sicurezza l’incidenza di ipercalcemia e la progressione delle calcificazioni coronariche. Lo studio è stato
condotto su 200 pazienti emodializzati seguiti per un periodo di 53 settimane. L’efficacia dei 2 trattamenti è risultata
simile nel raggiungere il controllo della fosfatemia secondo gli obiettivi proposti dalle Linee Guida K/DOQI (fosfatemia tra 3.5 e 5.5 mg/dL). Entrambi i trattamenti mantenevano i livelli di prodotto Ca x P entro il range raccomandato dalle Linee Guida K/DOQI (< 55 mg2/dL2). Solo il gruppo trattato con sevelamer raggiungeva e manteneva i livelli
di calcemia raccomandati per tutta la durata dello studio,
mentre i chelanti del fosfato a base di Ca causavano frequenti episodi di ipercalcemia. I pazienti trattati con Ca carbonato dimostravano inoltre un aumento significativo delle
calcificazioni coronariche (+25%) e aortiche (+28%)
rispetto a quelli trattati con sevelamer.
Raggi et al. (75) hanno condotto un’analisi post-hoc degli
studio di Chertow et al. (68, 70), valutando gli effetti di
sevelamer e di chelanti del fosfato a base di Ca sulla densità minerale ossea a livello delle vertebre toraciche e su markers di turnover osseo. I 2 trattamenti riducevano i livelli di
prodotto Ca x P in maniera simile, ma i pazienti trattati con
Ca carbonato mostravano una riduzione dell’attenuazione
ossea trabecolare a livello delle vertebre toraciche (p=
0.01), rispetto a quelli trattati con sevelamer. Inoltre, i
pazienti in terapia con sevelamer avevano livelli di FA totale e ossea, di osteocalcina e di PTH maggiori (p < 0.01)
rispetto al gruppo di pazienti trattati con chelanti del fosfato a base di Ca.
Nello studio di Sadek et al. (69) è stata valutata l’efficacia di sevelamer in confronto ad altri chelanti del fosfato
contenenti Ca in 200 pazienti emodializzati seguiti per un
periodo di 53 settimane. L’efficacia dei 2 trattamenti è risultata simile nel raggiungere gli obiettivi proposti dalle Linee
Guida K/DOQI (fosfatemia tra 3.5 e 5.5 mg/dL e prodotto
Ca x P < 55 mg2/dL2). Chertow et al. (70), hanno osservato 108 pazienti emodializzati seguiti per un periodo di un
S115
S116
HD
HD
49 aa; donne= 15/33; dialisi= 88 m
46 aa; dialisi= 56 m
Diabete= 24/50; Afro-Americani= 46/50
24-78 aa; dialisi= 0.3-14 aa; donne= 5/16
54 aa; dialisi < 3 aa
Donne= 0/16
50 aa; donne= 4/10; patologia ossea
alla istologia o alla Rx
40 aa; donne= 13/19
40 aa; donne= 15/28
Osteodistrofia Rx= 8/34
1.8-16 aa; dialisi= 16 m
13 aa; Normale istologia ossea = 6/33
8.4 aa; CrCl = 22.4 mL/min; donne = 14/59
33
6
26
50
16
76
8
10
19
28
34
7
33
59
Caravaca F, 1995 (43)
Fischer ER, 1993 (44)
Haddad A, 2004 (45)
Indridason OS,
2000 (46)
Lee WT, 1994 (47)
Levin A, 1995 (48)
Levine BS, 1996 (49)
Liou HH, 1994 (50)
Quarles LD, 1994 (51)
Turk S, 2002 (52)
Gadallah MF, 2000 (53)
Jones CL, 1994 (54)
Salusky IB, 1998 (55)
Ardissino G, 2000 (56)
IRC
PD
PD
PD
HD
HD
HD
HD
HD
HD
HD
HD
HD
39 aa; dialisi= 3-90 m; donne= 18/34
34
Borazan A,
2003 (42)
HD
Setting
52 aa; diabete= 3/20; dialisi= 85 m
Caratteristiche
di popolazione
20
N.
pazienti
Bacchini G, 1997 (41)
Autore ed anno
Calcitriolo 10 ng/kg/d PO
Calcitriolo 1 μg/trisettimanale IP
Calcitriolo 0.01-0.02 μg/kg/d IP
Calcitriolo 1-2 μg/
trisettimanale IP
Calcitriolo 1-2.5 μg
trisettimanale IV
Calcitriolo 2-4 μg
trisettimanale IV
Calcitriolo 0.5 μg
trisettimanale IV
Calcitriolo 2-4 μg
trisettimanale IV
Calcitriolo 0.5 μg
trisettimanale IV
1-α-OH vit D3 4μg
trisettimanale IV
Calcitriolo 1 μg
trisettimanale IV
1-α-OH vit D3 2 μg
trisettimanale IV
Calcitriolo 2 μg trisettimanale IV
Calcitriolo 0.045 μg/
sett intermittente IV
Calcitriolo 0.5 μg/d PO
Calcitriolo 0.5-1 μg/
trisettimanale IV
Intervento 1
Calcitriolo 35 ng/kg/
bisettimanale PO‡
PO‡
PO‡
PO
1-3 μg trisettimanale PO
PO
Calcitriolo 0.25-1.5 μg/d PO
PO
Calcitriolo 2 μg
trisettimanale PO
PO
Calcitriolo 0.5 μg/d PO†
1-α-OH vit D3 2 μg
trisettimanale PO
PO
intermittente PO v
gironaliero PO
Calcitriolo 1 μg/
trisettimanale IV
PO
Intervento 2
P
Ca-D
Ca-D
CaD
Ca-Al
Ca-Al-D-CaD
Al
Ca-Al-CaD
Ca
Al-Ca
D-Ca-Al
CaD
Al
D
Ca-CaD
Co
intervento
2
12
3
48
6
9
3
6
6
1.5
9
3
4
2.5
6
4
segue
Follow-up
(mesi)
TABELLA IV - CARATTERISTICHE DI POPOLAZIONE ED INTERVENTI NEGLI RCT DI CONFRONTO TRA DIVERSE MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE
DELLA VITAMINA D O DEGLI ANALOGHI
Utilizzo della vitamina D e analoghi
HD
HD
PD
HD
HD
Diabete= 3/18; Afro-Americani= 14/18;
donne= 9/18
47 aa; glomerulonefrite= 9/16
21
13
21
16
22
19
Klaus G, 1995 (59)
Martinez J, 1996 (60)
Moe SM, 1998 (61)
Panichi V, 1998 (62)
Sanchez Perales MC,
1999 (63)
Van der Merwe WM,
1990 (64)
Calcitriolo 0.25 μg/d PO
Calcitriolo 1-3 μg
trisettimanale IV
Calcitriolo 0.5 μg/d PO
Calcitriolo 0.25-0.75 μg/d PO
Calcitriolo 6 μg/
monosettimanale IV
Calcitriolo 0.5 μg/d PO
Calcitriolo 0.75 μg/d PO
Calcitriolo 1.5-3 μg
bisettimanale IV
Intervento 1
0.5 μg trisettimanale PO
3-9 μg/settimana IV
2 μg trisettimanale
PO v 2 μg/sett
Calcitriolo 1-3 μg
bisettimanale PO
Calcitriolo 2 μg/
trisettimanale IV
Calcitriolo 1.0 μg
trisettimanale PO‡
Calcitriolo 5.25 μg/week
PO dosi refratte
Calcitriolo 1-2 μg
trisettimanale IV
Intervento 2
D-Ca-Al-CaD
Ca-Al
Ca-Al
Ca-CaD
Ca
Ca
Ca-Al
Ca-Al
Co
intervento
3
3
3
24
3
0.5-9
3
3
Follow-up
(mesi)
HD= dialisi; IRC= predialisi; PD= Peritoneodialisi; IV= intravena; PO= per os; IP= intraperiotoneale; vit D= vitamina D; Al= chelanti a base di alluminio; D= modifiche dietetiche; Ca= chelanti con
calcio acetato o bicarbonato; sev= sevelamer; CaD= modifica Calcio nel dialisato; P= chelante non specificato; Mg= idrossido di magnesio
* Braccio di cantrollo con calcio carbonato
‡ Trial con soli pazienti pediatrici
IRC
HD
25-81 aa; dialisi= 0.5-15 aa
45
Herrmann P, 1994 (58)
Setting
HD
Caratteristiche
di popolazione
22
N.
pazienti
Gallieni M, 2000 (57)
Autore ed anno
TABELLA IV - CARATTERISTICHE DI POPOLAZIONE ED INTERVENTI NEGLI RCT DI CONFRONTO TRA DIVERSE MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE
DELLA VITAMINA D O DEGLI ANALOGHI (segue)
Utilizzo della vitamina D e analoghi
S117
Utilizzo della vitamina D e analoghi
anno, al fine di determinare se lo specifico trattamento con
Ca acetato o con sevelamer nella terapia dell’iperfosforemia fosse associato ad ipercalcemia e alla progressione
delle calcificazioni arteriose. L’efficacia dei 2 trattamenti è
simile nel raggiungere gli obiettivi proposti dalle Linee
Guida K/DOQI (fosforemia= 3.5-5.5 mg/dL). I soggetti
trattati con calcio acetato sviluppano ipercalcemia in misura maggiore (36%) rispetto a coloro trattati con sevelamer
(13%). Inoltre, i pazienti trattati con Ca acetato presentavano più calcificazioni coronariche (+20%, p= 0.002) e aortiche (+73%, p < 0.0001), rispetto a quelli trattati con sevelamer.
Braun et al. (67) hanno confrontato l’uso del sevelamer
con il Ca carbonato. Anche in questo studio condotto in 114
pazienti emodializzati, tra i parametri di sicurezza valutati,
era compresa la determinazione dell’evoluzione delle calcificazioni cardiovascolari, con Electron Beam Computed
Tomography (EBCT) eseguita all’inizio dello studio e dopo
52 settimane di terapia con i 2 chelanti. L’efficacia dei 2
trattamenti era simile, ma il trattamento con il Ca acetato
provocava ipercalcemia nel 19% dei pazienti rispetto allo
0% dei pazienti trattati con sevelamer. Inoltre, il sevelamer
riduce del 24% i livelli di colesterolo totale e del 30% i
livelli di colesterolo-LDL. I pazienti trattati con Ca carbonato avevano un aumento significativo delle calcificazioni
coronariche (+34%) e aortiche (+32%) rispetto a quelli trattati con sevelamer. Per raggiungere gli stessi livelli di P, il
trattamento con sevelamer richiede però un maggior numero di compresse e provoca maggiori effetti collaterali a
livello gastroenterico.
Più recentemente, è stato condotto uno studio da Asmus
et al. (74) su 72 pazienti emodializzati seguiti per un periodo di 2 anni, per valutare gli effetti di sevelamer e di Ca carbonato sulle calcificazioni cardiovascolari e la densità
minerale ossea. I 2 trattamenti riducevano i livelli di prodotto Ca x P in maniera simile, ma i pazienti trattati con Ca
carbonato avevano livelli di PTH più bassi (p < 0.01) e un
maggior numero di episodi di ipercalcemia (p= 0.03).
Inoltre i pazienti trattati con Ca carbonato dimostravano un
aumento significativo delle calcificazioni coronariche (p=
0.0178) e aortiche (p= 0.0039) e una maggiore riduzione
della densità trabecolare ossea (p= 0.0049) rispetto a quelli trattati con sevelamer.
Block et al. (76) hanno confrontato l’uso del sevelamer
con quello dei chelanti del fosfato a base di Ca, valutandone la sicurezza sull’induzione di calcificazioni cardiovascolari in 129 pazienti “incidenti” in emodialisi. L’esame con
EBCT è stato eseguito all’inizio dello studio e dopo 6, 12 e
18 settimane di terapia con i 2 tipi di chelante. All’inizio
dello studio il 37% dei pazienti trattati con sevelamer e il
31% di coloro trattati con sali di Ca non aveva calcificazioni vascolari evidenziate all’EBCT. I soggetti con uno score
di calcificazione arterioso > 30 all’inizio dello studio
mostravano una progressione delle calcificazioni vascolari
indipendentemente dal tipo di chelante, ma coloro in tera-
S118
pia con chelanti a base di Ca mostravano un più rapido e più
severo aumento delle calcificazioni arteriose (p= 0.01 a 18
mesi) rispetto al gruppo in terapia con sevelamer.
Carbonato di Lantanio vs altri chelanti (Tab. V)
D’Haese et al. (71) hanno invece studiato gli effetti del
carbonato di lantanio. Questo studio è stato condotto su 98
pazienti emodializzati per un periodo di 12 mesi ed ha valutato l’efficacia del carbonato di lantanio e del Ca carbonato nell’evoluzione dell’osteodistrofia renale in questi soggetti. Dopo la randomizzazione di 49 pazienti per ogni
gruppo, sono stati analizzate per l’analisi statica e dinamica di istomorfometria, rispettivamente 33 biopsie ossee nel
gruppo trattato con carbonato di lantanio e 30 in quello trattato con Ca carbonato. Risulta evidente come sia il carbonato di lantanio che il Ca carbonato risultavano efficaci nel
ridurre l’iperfosfatemia nel range proposto dalle Linee
Guida K/DOQI. L’incidenza di ipercalcemia era minore nel
gruppo trattato con il lantanio (6%) rispetto a quello trattato con Ca carbonato (49%). Inoltre, il carbonato di lantanio
dopo un anno di terapia non causava una patologia ossea a
basso turnover.
Joy et al. (77) hanno condotto uno studio su 126 pazienti
in emodialisi per un periodo di 3 mesi, valutando l’efficacia e la sicurezza del carbonato di lantanio nel trattamento
dell’iperfosfatemia. Dopo le prime 8 settimane di trattamento in cui tutti i soggetti avevano raggiunto una fosfatemia ≤ 5.9 mg/dL, i pazienti venivano suddivisi in un primo
gruppo che continuava il trattamento con il lantanio e un
secondo gruppo che riceveva placebo per un periodo di
ulteriori 4 settimane. Alla fine dello studio, la differenza di
fosfatemia tra i 2 gruppi è risultata di 1.91 mg/dL (p <
0.0001), più bassa nel gruppo trattato con carbonato di lantanio, con differenze statisticamente significative anche per
il prodotto Ca x P e per il PTH. Gli effetti collaterali del
carbonato di lantanio erano sovrapponibili a quelli del placebo, soprattutto a livello dell’apparato gastro-intestinale.
Al Baaj et al. (72) hanno valutato l’efficacia del carbonato di lantanio verso il placebo nel controllo dell’iperfosfatemia in 59 pazienti in emodialisi o in dialisi peritoneale per
un periodo di 8 settimane. Dopo le prime 4 settimane di
trattamento in cui tutti i soggetti avevano raggiunto una
fosfatemia tra 4.03 e 5.58 mg/dL, i pazienti erano suddivisi in 2 gruppi: 17 continuavano con il carbonato di lantanio,
mentre 19 ricevevano il placebo per un periodo di ulteriori
4 settimane. Alla fine dello studio, il 64.7% dei pazienti
trattati con il carbonato di lantanio avevano una fosforemia
< 5.58 mg/dL, mentre solo il 21.4% dei soggetti trattati con
il placebo raggiungeva tale obiettivo. Questi risultati erano
sovrapponibili sia per i pazienti in emodialisi che per quelli in dialisi peritoneale.
Hutchison et al. (73) hanno valutato l’efficacia e la sicurezza del carbonato di lantanio e del Ca carbonato nel controllo dell’iperfosfatemia in 800 pazienti in emodialisi per
un periodo di 6 mesi. L’efficacia dei 2 trattamenti è risulta-
RCT, Open-label
RCT
RCT, Open-label
RCT
RCT, Open-label
RCT, Open-label,
Double-blind
RCT
RCT
Post-hoc analysis
RCT
RCT, Double-blind,
114
200
42
108
98
59
800
72
200
129
126
Braun J, 2004 (67)
Chertow GM, 2003 (68)
Sadek T, 2003 (69)
Chertow GM, 2003 (70)
D’Haese PC, 2003 (71)
Al Baaj F, 2005 (72)
Hutchison AJ, 2005 (73)
Asmus HG, 2005 (74)
Raggi P, 2005 (75)
Block GA, 2005 (76)
Joy MS, 2003 (77)
Dose-tritation, Phase III
RCT, Open-label, Crossover
Disegno studio
84
N.
pazienti
Bleyer AJ, 1999 (66)
Autore ed anno
Emodialisi
Emodialisi
Emodialisi
Emodialisi
Emodialisi
Dialisi peritoneale
Emodialisi
Emodialisi
Emodialisi
Emodialisi
Emodialisi
Emodialisi
Caratteristiche
partecipanti
Lantanio
Sevelamer
Sevelamer
Sevelamer
Lantanio
Lantanio
Lantanio
Sevelamer
Sevelamer
Sevelamer
Sevelamer
Sevelamer (S)
Intervento
sperimentale
Placebo
Sali di Ca
Sali di Ca
Ca carbonato
Ca carbonato
Placebo
Ca carbonato
Ca acetato
Ca carbonato
Ca salts
Ca carbonato
Ca acetato (Ca)
Intervento di
controllo
3
18
12
24
6
2
12
12
5
12
12
2
Follow-up
(mesi)
TABELLA V - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI NELLA VALUTAZIONE DI EFFICACIA DEI CHELANTI DEL FOSFORO
Ipercalcemia con Ca
PTH < 150 g/mL con Ca
Calc vasc con Ca
Ipercalcemia con Ca
PTH < 150 g/mL con Ca
Calc vasc con Ca
Ridotta densità ossea con Ca
Ipercalcemia con Ca
PTH < 150 g/mL con Ca
Calc vasc con Ca
Ipercalcemia con Ca
Ipercalcemia con Ca
Ipercalcemia con Ca
Ipercalcemia con Ca
PTH < 150 g/mL con Ca
Calc vasc con Ca
Ipercalcemia con Ca
S riduce LDL colesterolo
Ipercalcemia con Ca
S riduce LDL colesterolo
Commenti
Utilizzo della vitamina D e analoghi
S119
S120
RCT, multicentrico
RCT, Opel-label
RCT, Open-label
RCT, Open-label
395
170
14
11
Lindberg JS,
2004 (83)
Moe SM,
2005 (84)
Kruse AE,
2005 (85)
Serra AL,
2005 (86)
IRC non in HD
Post Tx
Post Tx
HD
HD + PD
(12% dei paz)
HD + PD
HD (1044)
PD (46)
HD
IRC 15-50 mL/min
(stadio 3 e 4)
HPT post-Tx renale
HPT post-Tx renale
HD > 18 aa. HD
da > 3 mesi.
Dopo studi fase II
CNC o placebo
HD > 18 aa. HD
da > 3 mesi
Trisettimanale
PTH ≥ 300 pg/mL
HD > 18 aa. HD da
> 3 mesi
Trisettimanale
In dialisi da > 3 mesi
HD > 18 aa. HD
da > 3 mesi.
Trisettimanale
HD: Emodialisi; PD: Peritoneodialisi; Tx: trapianto renale; CNC (AMG073): Cinacalcet
RCT
RCT, multicentrico
1184
Cunningham J,
2005 (82)
54
(27+27)
RCT, multicentrico
1136
Moe SM,
2005 (81)
Charytan C,
2005 (87)
RCT
multicentrico
741
Block GA,
2004 (80)
HD > 18 aa. HD da
> 3 mesi
Caratteristiche
partecipanti
HD con
HD > 18 aa. HD
PTH ≥ 300 pg/mL da > 3 mesi
HD
RCT
RCT, multicentrico,
USA
Setting
Disegno studio
71
N.
pazienti
Quarles LD,
2003 (79)
Goodman WG,
2002 (78)
Autore ed anno
CNC 30-180 mg/die
CNC 30 mg/die
59 e 16 pz nel
long-term a 2 e 3 aa.
294 dose media
60 mg
CNC
697
CNC
665
CNC
371
AMG 073
36
40 monodose
23-8 gg
Intervento
sperimentale
26 settimane
(16+10)
6 mesi
+12 mesi
26 settimane
26 settimane
12+6
settimane
8 giorni
Follow-up
Placebo
No
No
12 settimane
6+6 settimane
3 mesi
Da placebo a CNC 1+2 anni
Long-term CNC
3 anni (16 pz)
101
Placebo
487
Placebo
471
Placebo
370
Placebo
35
12
7
Intervento
di controllo
TABELLA VI - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI NELLA VALUTAZIONE DI EFFICACIA DEI CALCIOMIMETICI
Dose media 30 mg/die
(52%)-60 mg/die 30%
30 mg/die in 8, 15
mg in 1 pz e
60 in 1 pz.
30 mg/die
Dose media=
70 e 90 mg/die
Dose-titration 16 settimane
Efficacia 10 settimane
Maschi 62%.
Età 53.7±14.4 anni
30-180mg. Dose
titration 30 mg/3 sett.
30-180mg. Dose-titration
30 mg/3sett. Vit. D
data a 82% e 78% CNC
vs Plac.
12 dose-titration
+ 6 mantenimento
Dose media finale
74±5 mg/die
Studio preclinico per
una valutazione dose risposta
Commenti
Dosi
Utilizzo della vitamina D e analoghi
Utilizzo della vitamina D e analoghi
ta simile (65% dei pazienti trattati) nel raggiungimento
degli obiettivi proposti dalle Linee Guida K-DOQI. I soggetti trattati con Ca carbonato sviluppavano ipercalcemia
più frequentemente (20.2%) rispetto a coloro trattati con
lantanio (0.4%).
Commenti sull’impiego dei Calciomimetici
I calciomimetici sono farmaci capaci di attivare il recettore sensibile al Calcio “calcium sensing receptor” (CaR).
La loro azione aumenta la sensibilità del CaR al calcio
extracellulare, attivando il recettore a più bassi livelli di calcio. Il CaR è espresso a livello di molti organi ed apparati,
ma in particolare nelle cellule paratiroidee e in quelle tubulari renali. La sua attivazione induce una pronta riduzione
della secrezione del PTH e, a livello renale, un aumento
della calciuria.
Il primo, e per ora unico, calciomimetico impiegato nella
terapia dell’IPS è il cinacalcet-HCl (Tab. VI). Questo composto, sperimentato in studi preclinici con il nome di AMG
073 (78), ha dato buoni risultati in studi clinici di fase I
(79), fase II (80, 81, 83) e fase III (82, 84). È stato arruolato un gran numero di pazienti in emodialisi extracorporea
ed in dialisi peritoneale, secondo un disegno di studio e con
criteri di arruolamento sostanzialmente simili. In quasi tutti
è esplicitato un conflitto di interessi, in quanto alcuni degli
Autori erano dipendenti o consulenti della Amgen. Due
studi, non randomizzati, hanno valutato l’effetto del cinacalcet sull’IPS persistente post-trapianto renale (85, 86).
Un solo studio placebo-controllato, ma di breve periodo e
con un arruolamento limitato, ha valutato l’efficacia del
farmaco in pazienti con IRC predialisi (87).
Disponiamo dei risultati di 3 studi multicentrici (tutti
finanziati da Amgen) che hanno arruolato pazienti in Nord
America, Europa ed Australia (80, 81, 83). Tutti hanno lo
stesso disegno, nell’arruolamento dei pazienti, nelle modalità di somministrazione del cinacalcet, negli endpoints primari e secondari. La valutazione riassuntiva dei 3 studi è
nel lavoro di Moe et al. (81). Su un totale di 665 pazienti
trattati con cinacalcet per un periodo complessivo di 26 settimane (12-16 di aggiustamento posologico, e 14-10 di
mantenimento e di misura di efficacia), confrontati con 471
cui è stato dato placebo, il cinacalcet si è dimostrato superiore al placebo nell’indurre una riduzione ≥ 30% del PTH
basale (endpoint primario). Il cinacalcet ha ridotto il PTH
di circa il 40% rispetto ai valori basali vs un aumento del 49% del placebo. La quota di pazienti con PTH ≤ 300 pg/mL
o con PTH fra 150 ≥ PTH ≤ 300 pg/mL era del 56% e 33%
rispettivamente vs 10% e 9% con placebo (p < 0.001). La
riduzione del PTH si associava ad una moderata ma significativa riduzione del prodotto Ca x P (-15% circa). La
riduzione era indipendente da sesso, razza e modalità dialitica (emodialisi o dialisi peritoneale). La percentuale di
pazienti che alla fine dello studio raggiungevano l’endpoint
primario si riduceva con l’aumentare dei livelli basali di
PTH.
Nei lavori suddetti l’efficacia del cinacalcet è stata valutata durante un follow-up breve, non superiore a 14 settimane. La terapia con cinacalcet è stata prolungata in una parte
dei pazienti che avevano partecipato agli studi precedenti.
Per questo sono stati progettati studi “open-label”, in cui sia
pazienti inizialmente in terapia con cinacalcet, sia altri in
placebo, sono stati trattati con calciomimetico per un follow-up di 2 e 3 anni (84). Il cinacalcet mantiene la sua
efficacia, riducendo i livelli di PTH a ≥ 30% in circa il 60%
dei pazienti, con valori di PTH ≤ 250 pg/mL in circa il 50%
dei casi. La probabilità di mantenere PTH < 250 pg/mL è
maggiore nei pazienti con PTH iniziali più bassi.
Nello studio di fase III (82) la terapia con calciomimetico per 6 e 12 mesi, ha prodotto una riduzione significativa
del numero di paratiroidectomie, di fratture e di ospedalizzazioni da causa cardio-vascolare.
Sulla base di studi preliminari di farmacocinetica, il cinacalcet è stato impiegato a dosi variabili fra 30 e 180 mg in
unica somministrazione giornaliera. In studi preclinici era
stata osservata una buona relazione dose-risposta, con un
effetto massimo dopo 4 ore dalla singola dose orale, seguito da un progressivo decremento fino alla 24a ora, a livelli
pari al 30-40% del PTH basale (78). Il protocollo sperimentale usato in tutti gli studi pubblicati prevedeva una dose
iniziale di 30 mg/die, incrementata ogni 3-4 settimane fino
a raggiungimento del target di PTH stabilito (250 o 300
pg/mL). La dose media di mantenimento è stata di 70-90
mg/die, ed è stata mantenuta fino ad un massimo di 3 anni.
La dose di mantenimento, nell’ambito della posologia fin
qui sperimentata, deve essere personalizzata sulla base
della risposta individuale sia del PTH, che della calcemia.
Non risultano fin qui impiegati dosaggi < 30 mg/die o >
180 mg/die. È stata consigliata la sospensione del farmaco
quando il PTH si riduca a < 100 pg/mL o quando la calcemia si riduca a < 2.1 mmol/L, anche dopo istituzione di
terapia con vitamina D e/o chelanti del fosfato. Tuttavia,
non vi è alcuna indicazione sui livelli minimi di calcemia
che ne impongano la sospensione.
Gli effetti collaterali fin qui osservati sono soprattutto a
carico dell’apparato gastroenterico, con una incidenza di
nausea (32% vs 19%) e vomito (30% vs 16%) più elevati
rispetto a placebo (80). Nausea e vomito colpivano il 34%
e 44% dei pazienti nello studio di lungo periodo (81).
Negli studi prospettici fin qui pubblicati la terapia con
chelanti del fosfato, sia contenenti Ca sia non, e quella con
metaboliti attivi della vitamina D, non costituiva motivo di
esclusione dall’arruolamento. Nello studio di lungo periodo il 71% dei pazienti ammessi era in terapia con vitamina
D al momento dell’arruolamento, il 92% ne ricevette
durante il follow-up (84). Per i chelanti del fosfato le percentuali erano di 84% e 90%, rispettivamente. Le variazioni di terapia/dose di vitamina D e chelanti erano simili tra
gruppo terapeutico e placebo, anche se in terapia con cina-
S121
Utilizzo della vitamina D e analoghi
calcet è aumentato il numero di pazienti che hanno iniziato la terapia con chelanti a base di Ca (13% vs 8%).
L’efficacia del calciomimetico non è influenzata dalla presenza o meno di terapia concomitante.
Ringraziamenti
Indirizzo degli Autori:
Prof. Sandro Mazzaferro
Dipartimento di Scienze Cliniche, Nefrologia
Policlinico Umberto I
Viale del Policlinico, 155
00161 Roma
e-mail: [email protected]
Gli Autori ringraziano i Dottori S. Palmer (Christchurch, New
Zealand) e S. Navaneethan (Rochester, NY, USA) per la condivisione di dati relativi a studi di meta-analisi in corso.
Bibliografia
1. Pitts TO, Piraino BH, et al. Hyperparathyroidism and 1,25-dihydroxyvitamin D deficiency in mild, moderate, and severe renal
failure. J Clin Endocrinol Metab 1988; 67: 876-81.
2. Reichel H, Deibert B, Schmidt-Gayk H, Ritz E. Calcium metabolism in early chronic renal failure: implications for the pathogenesis of hyperparathyroidism. Nephrol Dial Transplant 1991; 6:
162-9.
3. Hamdy NA, Kanis JA, Beneton MN, et al. Effect of alfacalcidol
on natural course of renal bone disease in mild to moderate renal
failure. BMJ 1995; 310: 358-63.
4. Spasovski GB, Bervoets AR, Behets GJ, et al. Spectrum of renal
bone disease in end-stage renal failure patients not yet on dialysis. Nephrol Dial Transplant 2003; 18: 1159-66.
5. K/DOQI clinical practice guidelines for bone metabolism and
disease in chronic kidney disease: Am J Kidney Dis 2003; 42
(Suppl. 3): S7-9.
6. Akizawa T, Ohashi Y, Akiba T, et al. Dose-response study of 22oxacalcitriol in patients with secondary hyperparathyroidism.
Ther Apher 2004; 8: 480-91.
7. Baker LR, Muir JW, Sharman VL, et al. Controlled trial of calcitriol in hemodialysis patients. Clin Nephrol 1986; 26: 185-91.
8. Baker LR, Abrams L, Roe CJ, et al. 1,25(OH)2D3 administration
in moderate renal failure: a prospective double-blind trial.
Kidney Int 1989; 35: 661-9.
9. Coburn JW, Maung HM, Elangovan L, et al. Doxercalciferol
safely suppresses PTH levels in patients with secondary hyperparathyroidism associated with chronic kidney disease stages 3 and
4. Am J Kidney Dis 2004; 43: 877-90.
10. Coen G, Mazzaferro S, Manni M, et al. Treatment with small
doses of 1,25-dihydroxyvitamin D3 in predialysis chronic renal
failure may lower the rate of decline of renal function. Italian
Min Electrolyte Metab 1994; 8: 117-21.
11. Delmez JA, Kelber J, Norwood KY, Giles KS, Slatopolsky E. A
controlled trial of the early treatment of secondary hyperparathyroidism with calcitriol in hemodialysis patients. Clin Nephrol
2000; 54: 301-8.
12. Fournier A, Moriniere P, Boudailliez B, et al. Prevention of radiologically obvious hyperparathyroidism in dialyses patients by i.v.
1alphaOH vitamin D3 (Etalpha) in association with Mg(OH)2 as
sole phosphate binder. Nieren-und Hochdruckkrankheiten 1993;
22 (Suppl.): S39-44.
13. Frazao JM, Elangovan L, Maung HM, et al. Intermittent doxercalciferol (1α-hydroxyvitamin D2) therapy for secondary hyperparathyroidism. Am J Kidney Dis 2000; 36: 550-61.
14. Koshikawa S, Akizawa T, Kurokawa K, et al. Clinical effect of
intravenous calcitriol administration on secondary hyperparathyroidism: A Double-Blind Study among 4 Doses. Nephron 2002;
90: 413-23.
S122
15. Llach F, Keshav G, Goldblat MV, et al. Suppression of parathyroid hormone secretion in hemodialysis patients by a novel vitamin D analogue: 19-nor-1,25-dihydroxyvitamin D2. Am J
Kidney Dis 1998; 32 (Suppl.): S48-5.
16. Martin KJ, González EA, Gellens M, Hamm LL, Abboud H,
Lindberg J. 19-Nor-1-alpha-25-dihydroxyvitamin D2 (Paricalcitol) safely and effectively reduces the levels of intact parathyroid hormone in patients on hemodialysis. J Am Soc Nephrol
1998; 9: 1427-32.
17. Memmos DE, Eastwood JB, Talner LB, et al. Double-blind trial
of oral 1,25-dihydroxy vitamin D3 versus placebo in asymptomatic hyperparathyroidism in patients receiving maintenance hemodialysis. BMJ 1981; 282: 1919-24.
18. Moe SM, Zekonis M, Harezlak J, et al. A placebo-controlled trial
to evaluate immunomodulatory effects of paricalcitol. Am J
Kidney Dis 2002; 38: 792-802.
19. Moriniere P, Fournier A, Leflon A. Comparison of 1alpha-OHvitamin D3 and high doses of calcium carbonate for the control
of hyperparathyroidism and hyperaluminemia in patients on
maintenance dialysis. Nephron 1985; 39: 309-15.
20. Nordal KP, Dahl E. Low dose calcitriol versus placebo in patients
with predialysis chronic renal failure. J Clin Endocrinol Metab
1988; 67: 929-36.
21. Pecovnik-Balon B. The effect of peroral calcitriol in small doses
on mild secondary hyperparathyroidism in patients on hemodialysis. Am J Nephrol 1995; 15: 401-6.
22. Przedlacki J, Manelius J, Huttunen K. Bone mineral density evaluated by dual-energy X-ray absorptiometry after one-year treatment with calcitriol started in the predialysis phase of chronic
renal failure. Nephron 1995; 69: 433-7.
23. Ritz E, Kuster S, Schmidt-Gayk H, et al. Low-dose calcitriol prevents the rise in 1.84 iPTH without affecting serum calcium and
phosphate in patients with moderate renal failure (prospective
placebo-controlled multicenter trial). Nephrol Dial Transplant
1995; 10: 2228-34.
24. Rix M, Eskildsen P, Olgaard K. Effect of 18 months of treatment
with alfacalcidol on bone in patients with mild to moderate chronic renal failure. Nephrol Dial Transplant 2004; 19: 870-6.
25. Tougaard L, Sorensen E, Brochner-Mortensen J, Christensen MS,
Rodbro P, Sorensen AW. Controlled trial of 1-apha-hydroxycholecalciferol in chronic renal failure. Lancet 1976; 1: 1044-7.
26. Watson AR, Kooh SW, Tam CS, Reilly BJ, Balfe JW, Vieth R.
Renal osteodystrophy in children on CAPD: A prospective trial
of 1-alpha-hydroxycholecalciferol therapy. Child Nephrol Urol
1988; 9: 220-7.
27. Akiba T, Marumo F, Owada A, et al. Controlled trial of falecalcitriol versus alfacalcidol in suppression of parathyroid hormone
in hemodialysis patients with secondary hyperparathyroidism.
Utilizzo della vitamina D e analoghi
Am J Kidney Dis 1998; 32: 238-46.
28. Berl T, Berns AS, Huffer WE, Alfrey AC, Arnaud CD, Schrier
RR. Controlled trial of the effects of 1,25-dihydroxycholecalciferol in patients treated with regular dialysis. Contrib Nephrol
1980; 18: 72-81.
29. Buccianti G, Valenti G, Miradoli R. Treatment of uremic osteodystrophy. A clinical trial with calcitonin, 25-hydroxycholecalciferol and 1,25-dihydroxycholecalciferol. Dial Transplant 1981; 10:
523-8.
30. Chan JC, McEnery PT, Chinchilli VM, et al. A prospective, double-blind study of growth failure in children with chronic renal
insufficiency and the effectiveness of treatment with calcitriol
versus dihydrotachysterol. J Pediatr 1994; 124: 520-8.
31. Christiansen C, Rodbro P, Christensen MS, Hartnack B, Transbol
I. Deterioration of renal function during treatment of chronic
renal failure with 1,25-dihydroxycholecalciferol. Lancet 1978; 2:
700-3.
32. Coen G, Gallucci MT, Bonucci E. Treatment of renal osteodystrophy (ROD) with 25-OHD3 and 1,25 (OH)2D3: Synergic
effect unrelated to 24,25 (OH)2D3 synthesis. Kidney Int 1982;
22: 96.
33. Deuber HJ. Oral and intravenous application of alfacalcidol in the
therapy of renal hyperparathyroidism (abstract). Nephrol Dial
Transplant 2003; 18: 142.
34. El-Reshaid K, El-Reshaid W, Sugathan T, Al Mohannadi S,
Sivanandan R. Comparison of the efficacy of two injectable
forms of vitamin D3 and oral One-Alpha in treatment of secondary hyperparathyroidism in patients on maintenance hemodialysis. Am J Nephrol 1997; 17: 505-10.
35. Hayashi M, Tsuchiya Y, Itaya Y, et al. Comparison of the effects
of calcitriol and maxacalcitol on secondary hyperparathyroidism
in patients on chronic hemodialysis: a randomized prospective
multicenter trial. Nephrol Dial Transplant 2004; 19: 2067-73.
36. Juttmann JR, Birkenhager JC. Calcium and phosphate balance
studies and serum PTH and calcitonine (CT) during treatment of
predialysis renal bone disease (RBD) with 1alpha (OH)-Vit.D3
and 1,25-(OH)2Vit.D3. Calcif Tissue Res 1979; 27.
37. Kihara T, Ichikawa H, Morimoto H, et al. Intravenous vitamin D
therapy reduces PTH-(1-84)/large C fragments ratio in chronic
hemodialysis patients. Nephron Clin Pract 2004; 98: c93-100.
38. Martin KJ, Gonzalez E, Lindberg JS, et al. Paricalcitol dosing
according to body weight or severity of hyperparathyroidism: A
double-blind, multicenter, randomized study. Am J Kidney Dis
2001; 38 (Suppl.): S57-63.
39. Maxwell DR, Benjamin DM, Donahay SL, Allen MK,
Hamburger RJ, Luft FC. Calcitriol in dialysis patients. Clin
Pharmacol Ther 1978; 23: 515-9.
40. Sprague SM, Llach F, Amdahl M, Taccetta C, Batlle D.
Paricalcitol versus calcitriol in the treatment of secondary hyperparathyroidism. Kidney Int 2003; 63: 1483-90.
41. Bacchini G, Fabrizi F, Pontoriero G, Marcelli D, Di Filippo S,
Locatelli F. 'Pulse oral' versus intravenous calcitriol therapy in
chronic hemodialysis patients. A prospective and randomized
study. Nephron 1997; 77: 267-72.
42. Borazan A, Ustün H, Cefle A, Sekitmez N, Yilmaz A.
Comparative efficacy of oral and intravenous calcitriol treatment
in hemodialysis patients: effects on serum biochemistry and
cytokine levels. J Int Med Res 2003; 31: 489-96.
43. Caravaca F, Cubero JJ, Jimenez F, et al. Effect of the mode of calcitriol administration on PTH-ionized calcium relationship in
uremic patients with secondary hyperparathyroidism. Nephrol
Dial Transplant 1995; 10: 665-70.
44. Fischer ER, Harris DC. Comparison of intermittent oral and
intravenous calcitriol in hemodialysis patients with secondary
hyperparathyroidism. Clin Nephrol 1993; 40: 216-20.
45. Haddad A, Abbadi R, Marji A, Akash N. Pulse intravenous vs.
pulse oral alfacalcidol in hemodialysis patients with secondary
hyperparathyroidism. Dial Transplant 2004; 33: 492-8.
46. Indridason OS, Quarles LD. Comparison of treatments for mild
secondary hyperparathyroidism in hemodialysis patients. Kidney
Int 2000; 57: 282-92.
47. Lee WT, Padayachi K, Collins JF, Cundy T. A comparison of oral
and intravenous alfacalcidol in the treatment of uremic hyperparathyroidism. J Am Soc Nephrol 1994; 5: 1344-8.
48. Levin A, Carlisle E, Mendelssohn D, Jindal K, Fine A. Canadian
multicenter randomized control trial comparing pulse iv and
pulse oral calcitriol therapy in hyperparathyroid hemodialysis
patients (abstract). J Am Soc Nephrol 1995; 6: 937.
49. Levine BS, Song M. Pharmacokinetics and efficacy of pulse oral
versus intravenous calcitriol in hemodialysis patients. J Am Soc
Nephrol 1996; 7: 488-96.
50. Liou HH, Chiang SS, Huang TP, Shieh SD, Akmal M.
Comparative effect of oral or intravenous calcitriol on secondary
hyperparathyroidism in chronic hemodialysis patients. Miner
Electrolyte Metab 1994; 20: 97-102.
51. Quarles LD, Yohay DA, Carroll BA, et al. Prospective trial of
pulse oral versus intravenous calcitriol treatment of hyperparathyroidism in ESRD. Kidney Int 1994; 45: 1710-21.
52. Turk S, Akbuluta M, Yildiz A, et al. Comparative effect of oral
pulse and intravenous calcitriol treatment in hemodialysis
patients: The effect on serum IL-1 and IL-6 levels and bone
mineral density. Nephron 2002; 90: 188-94.
53. Gadallah MF, Arora N, Torres C, Ramdeen G, Schaeffer-Pautz A,
Moles K. Pulse oral versus pulse intraperitoneal calcitriol: a
comparison of efficacy in the treatment of hyperparathyroidism
and renal osteodystrophy in peritoneal dialysis patients. Adv
Perit Dial 2000; 16: 303-7.
54. Jones CL, Vieth R, Spino M, et al. Comparisons between oral and
intraperitoneal 1.25-dihydroxyvitamin D3 therapy in children
treated with peritoneal dialysis. Clin Nephrol 1994; 42: 44-9.
55. Salusky IB, Kuizon BD, Belin TR, et al. Intermittent calcitriol
therapy in secondary hyperparathyroidism: A comparison between oral and intraperitoneal administration. Kidney Int 1998;
54: 907-14.
56. Ardissino G, Schmitt CP, Testa S, Claris-Appiani A, Mehls O.
Calcitriol pulse therapy is not more effective than daily calcitriol
therapy in controlling secondary hyperparathyroidism in children
with chronic renal failure. Pediatr Nephrol 2000; 14: 664-8.
57. Gallieni M, and Gruppo Italiano di Studio dell'Osteodistrofia
Renale. Twice versus thrice weekly administration of intravenous
calcitriol in dialysis patients: a randomized prospective trial. Clin
Nephrol 2000; 53: 188-93.
58. Herrmann P, Ritz E, Schmidt-Gayk H, et al. Comparison of intermittent and continuous oral administration of calcitriol in dialysis patients: A randomized prospective trial. Nephron 1994; 67:
48-53.
59. Klaus G, Hinderer JLBK, Mehls O. Comparison of intermittent
and continuous (daily) oral calcitriol for treatment of renal
hyperparathyroidism in children on dialysis (abstract). Pediatr
Nephrol 1995; 9.
60. Martinez J, Ballarin J. Once a week pulse of intravenous calcitriol
in hemodialysis patients (HD) (abstract). Nephrol Dial
Transplant 1996; 11: 1206.
61. Moe SM, Kraus MA, Gassensmith CM, Fineberg NS, Gannon
FH, Peacock M. Safety and efficacy of pulse and daily calcitriol
in patients on CAPD: a randomized trial. Nephrol Dial
Transplant 1998; 13: 1234-41.
62. Panichi V, Andreini B, De Pietro S, et al. Calcitriol oral therapy
for the prevention of secondary hyperparathyroidism in patients
with predialytic renal failure. Clin Nephrol 1998; 49: 245-50.
63. Sanchez Perales MC, Garcia Cortes MJ, Liebana A, Borrego FJ,
Perez BV. Efficacy of a single weekly bolus of intravenous calcitriol in severe secondary hyperparathyroidism. Nefrologia 1999;
19: 237-43.
64. Van der Merwe WM, Rodger RSC, et al. Low calcium dialysate
and high-dose oral calcitriol in the treatment of secondary hyperparathyroidism in hemodialysis patients. Nephrol Dial
Transplant 1990; 5: 874-7.
65. Teng M, Wolf M, Lowrie E, Ofsthun N, Lazarus JM, Thadhani R.
Survival of patients undergoing hemodialysis with paricalcitol or
calcitriol therapy. N Engl J Med 2003; 349: 446-56.
66. Bleyer AJ, Burke SK, Dillon M, et al. A comparison of the cal-
S123
Utilizzo della vitamina D e analoghi
cium-free phosphate binder sevelamer hydrochloride with calcium acetate in the treatment of hyperphosphatemia in hemodialysis patients. Am J Kidney Dis 1999; 33: 694-701.
67. Braun J, Asmus HG, Holzer H, et al. Long-term comparison of a
calcium-free phosphate binder and calcium carbonate: phosphorus metabolism and cardiovascular calcification. Clin Nephrol
2004; 62: 104-15.
68. Chertow GM, and Treat to Goal Working Group. Sevelamer attenuates the progression of coronary and aortic calcification in
hemodialysis patients. Kidney Int 2003; 62: 245-52.
69. Sadek T, Mazouz H, Bahloul H, et al. Sevelamer hydrochloride
with or without alphacalcidol or higher dialysate calcium vs calcium carbonate in dialysis patients: an open-label, randomized
study. Nephrol Dial Transplant 2003; 3: 582-8.
70. Chertow GM, Raggi P, McCarthy JT, et al. The effects of sevelamer and calcium acetate on proxies of atherosclerotic and arteriosclerotic vascular disease in hemodialysis patients Am J
Nephrol 2003; 5: 307-14.
71. D'Haese PC, Spasovski GB, Sikole A, et al. A multicenter study
on the effect of lanthanum carbonate (Fosrenol) and calcium carbonate on renal bone disease in dialysis patients. Kidney Int
2003; 85 (Suppl. 1): S73-8.
72. Al Baaj F, Speake M, Hutchison AJ. Control of serum phosphate
by oral lanthanum carbonate in patients undergoing hemodialysis
and continuous ambulatory peritoneal dialysis in a short-term
placebo-controlled study. Nephrol Dial Transplant 2005; 20:
775-82.
73. Hutchison AJ, Maes B, Vanwalleghem J, et al. Efficacy, tolerability, and safety of lanthanum carbonate in hyperphosphatemia: a
6-month, randomized, comparative trial versus calcium carbonate. Nephron Clin Pract 2005; 100: 8-19.
74. Asmus HG, Braun J, Krause R, et al. Two year comparison of
sevelamer and calcium carbonate affects on cardiovascular calcification and bone density. Nephrol Dial Transplant 2005; 20:
1653-61.
75. Raggi P, James G, Burke SK, et al. Decrease in thoracic vertebral
bone attenuation with calcium-based phosphate binders in hemodialysis. J Bone Miner Res 2005; 20: 764-72.
76. Block GA, Spiegel DM, Ehrich J, et al. Effects of sevelamer and
calcium on coronary artery calcification in patients new to
hemodialysis. Kidney Int 2005; 68: 1815-24.
77. Joy MS, and LAM-302 Study Group. Randomized, double-blind,
S124
placebo-controlled, dose-titration, phase III study assessing the
efficacy and tolerability of lanthanum carbonate: a new phosphate binder for the treatment of hyperphosphatemia. Am J Kidney
Dis 2003; 42: 96-107.
78. Goodman WG, Hladik GA, Turner SA, et al. The Calcimimetic
agent AMG 073 lowers plasma parathyroid hormone levels in
hemodialysis patients with secondary hyperparathyroidism. J Am
Soc Nephrol 2002; 13: 1017-24.
79. Quarles LD, Sherrard DJ, Adler S, et al. The calcimimetic
AMG073 as a potential treatment for secondarey hyperparathyroidism of end-stage renal disease. J Am Soc Nephrol 2003; 14:
575-83.
80. Block GA, Martin KJ, de Francisco AL, et al. Cinacalcet for
secondary hyperparathyroidism in patients receiving hemodialysis. N Engl J Med 2004; 350: 1516-25.
81. Moe SM, Chertow GM, Coburn JW, et al. Achieving NKFK/DOQI bone metabolism and disease treatment goals with cinacalcet HCl. Kidney Int 2005; 67: 760-71.
82. Cunningham J, Danese M, Olson K, Klassen P, Chertow GM.
Effects of the calcimimetic cinacalcet HCl on cardiovascular disease, fracture, and health-related quality of life in secondary
hyperparathyroidism. Kidney Int 2005; 68: 1793-800.
83. Lindberg JS, Culleton B, Wong G, et al. Cinacalcet HCl, an oral
calcimimetic agent for the treatment of secondary hyperparathyroidism in hemodialysis and peritoneal dialysis: a randomized,
double-blind, multicenter study. J Am Soc Nephrol 2005; 16:
800-7.
84. Moe SM, Cunningham J, Bommer J, et al. Long-term treatment
of secondary hyperparathyroidism with the cinacalcet HCl.
Nephrol Dial Transplant 2005; 20: 2186-93.
85. Kruse AE, Eisenberger U, Frey FJ, Mohaupt MG. The calcimimetic cinacalcet normalizes serum calcium in renal transplant
patients with persistent hyperparathyroidism. Nephrol Dial
Transplant 2005; 20: 1311-4.
86. Serra AL, Schwarz AA, Wick FH, Marti HP, Wuthrich RP.
Successful treatment of hypercalcemia with cinacalcet in renal
transplant recipients with persistent hyperparathyroidism.
Nephrol Dial Transplant 2005; 20: 1315-9.
87. Charytan C, Coburn JW, Chonchol M, et al. Cinacalcet hydrochloride is an effective treatment for secondary hyperparathyroidism in patients with CKD not receiving dialysis. Am J Kidney
Dis 2005; 46: 58-67.
Peritoniti in dialisi peritoneale
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S125-S135
Strategie antimicrobiche per la prevenzione
delle peritoniti in dialisi peritoneale: Linea
Guida
G. Amici, R. Russo, M. Feriani, R. Corciulo, M. D’Amico, A. De Vecchi, V. La Milia, M. Salomone,
G. Virga, G. Cancarini
Divisione e Cattedra di Nefrologia, Spedali Civili ed Università di Brescia, Brescia
Antimicrobial agents for preventing peritonitis in peritoneal dialysis: guideline
from the Italian Society of Nephrology
Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. The
present guideline reports evidence of the use of antimicrobial agents for preventing peritonitis in peritoneal dialysis (PD).
Methods. SR of RCT and RCT on treatments aiming at preventing peritoneal dialysis peritonitis were identified referring
to a Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update). Quality of SR and RCT was assessed according to
current methodological standards.
Results. One SR and 19 RCT were found addressing this issue. Staphylococcus Aureus nasal carriage treatment with
mupirocin reduces exit-site and tunnel infections but not peritonitis. Topical gentamicin treatment on the exit site reduces
Staphylococcus Aureus infection and peritonitis incidence. Intravenous antibiotics administration prior to catheter placement significantly reduces the risk of early peritonitis but not exit-site and tunnel infections. Oral nistatin associated with
antibiotic treatment significantly reduces the incidence of Candida peritonitis. No other prophylaxis measure seems to be
effective based on available evidence.
Conclusion. In patients on peritoneal dialysis current evidence supports the hypothesis that topical mupirocin reduces the
risk of Staphylococcus Aureus peritonitis, intravenous antibiotics prior to catheter placement prevent the risk of early peritonitis, and oral nistatin reduces the risk of Candida peritonitis. Further studies are necessary to test the effectiveness of
other interventions. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S125-35)
KEY WORDS: Peritoneal dialysis, Peritonitis, Antimicrobial agents
PAROLE CHIAVE: Dialisi peritoneale, Peritoniti, Farmaci antimicrobici
LINEA GUIDA
Il trattamento eradicante dei portatori nasali di Stafilococco aureo, effettuato con l’applicazione topica di mupirocina,
è in grado di ridurre efficacemente le infezioni dell’exit-site e del tunnel ma non le peritoniti (livello di evidenza 1).
L’uso topico giornaliero, sull’emergenza cutanea del catetere peritoneale, della gentamicina riduce il rischio di peritonite (livello2).
L’utilizzo di antibiotici, nella profilassi perioperatoria del posizionamento dei cateteri per dialisi peritoneale, è in grado
di ridurre efficacemente solo gli episodi di peritonite precoce (livello 1).
La nistatina per via orale, in associazione alla terapia antibiotica, è efficace nel prevenire le peritoniti da Candida
(livello 2).
© Società Italiana di Nefrologia
S125
Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
Premesse
Evidenza disponibile
In dialisi peritoneale la complicanza più frequente è la
peritonite batterica (1). Tale complicanza è clinicamente
rilevante, poiché è in rapporto con la mortalità, l’ospedalizzazione e il fallimento della tecnica (2-4).
L’incidenza di peritoniti nel corso degli anni ha mostrato
una riduzione per il progresso nella tecnologia dei cateteri,
dei sistemi di connessione e di dialisi (5, 6). Attualmente
viene considerato accettabile un tasso di 0.5 episodi/
paziente/anno, ma sono ancora comunemente riportati tassi
superiori e tale patologia presenta frequenti ricorrenze o
ricadute (7-10). L’incidenza di peritoniti varia inoltre con
l’età e la razza, la presenza di malattie concomitanti come
il diabete e il trattamento immunosoppressivo (11-15).
Sono attualmente in uso differenti strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti: antibiotici per via
orale e topica, disinfettanti topici, trattamento profilattico
dei portatori nasali di Stafilococco aureo con antibiotici
topici o sistemici (16-22).
A questi trattamenti si aggiungono una serie di strategie
riguardo all’addestramento, l’igiene, la detersione e la disinfezione con protocolli differenti e non sufficientemente
studiati con trial clinici (16-18, 20, 21). Solo alcune delle
Linee Guida riguardanti la dialisi peritoneale affrontano
questo argomento (6, 23).
Allo scopo di uniformare le scelte terapeutiche, l’obiettivo di questa Linea Guida è quello di verificare, sulla base
delle evidenze che derivano dalle revisioni sistematiche e
dagli studi randomizzati controllati (RCT), se esistono
delle strategie antimicrobiche in grado di ridurre le complicanze infettive della dialisi peritoneale.
Descrizione degli studi
Strategia di ricerca bibliografica
La ricerca bibliografica è stata eseguita con il ricorso
alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal
Group, che contiene il più aggiornato elenco degli studi
randomizzati e controllati prodotti in nefrologia, dialisi e
trapianto. Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche
condotte in Medline, Embase, numerosi altri database di
studi clinici, la ricerca bibliografica manuale negli Atti
dei principali Congressi di interesse Nefrologico e nelle
pagine di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane. Infine la ricerca bibliografica è
stata completata manualmente, facendo uso di Riviste
Scientifiche, Atti Congressuali ed altre Linee Guida.
La ricerca bibliografica ha permesso di individuare una
revisione sistematica Cochrane (24) che comprende 19
RCT e un RCT pubblicato successivamente alla suddetta
revisione (22). Le principali caratteristiche dei 20 RCT analizzati in questa Linea Guida sono riportati in Tabella I.
Revisione Cochrane. La profilassi con antibiotici per via
orale confrontata al placebo o a nessun trattamento, è stata
analizzata in 6 RCT (26-31). Due RCT comparavano la
profilassi nasale con antibiotici verso il placebo (28, 32,
33). L’effetto dello iodio povidone rispetto alle “cure standard” è stato valutato in 3 RCT (16, 34, 35). Un RCT ha
valutato gli effetti di una camera germicida all’ultravioletto
applicata sulla connessione rispetto a nessun trattamento
(36) e un RCT ha confrontato il vaccino anti-stafilococcico
Staphypan Berna con il placebo (37). Gli effetti della terapia antibiotica perioperatoria, nel prevenire le peritoniti e le
infezioni di exit-site e tunnel, sono stati valutati in 4 RCT
(25, 38-40). Un RCT ha studiato gli effetti della nistatina,
somministrata per via orale, nel prevenire la peritonite fungina in pazienti già in trattamento con antibiotici per una
peritonite batterica (41).
Altri RCT. Un RCT ha confrontato l’applicazione topica, a livello dell’exit-site, della mupirocina verso la gentamicina (22).
Qualità degli studi. La valutazione della qualità degli
studi è stata eseguita in 20 RCT utilizzando la metodologia
Cochrane (Tab. II). Tale procedura si è rilevata difficoltosa
perché molti dettagli quali “intention-to-treat analysis”
(analisi per intenzione al trattamento) e numero di pazienti
persi al follow-up non erano forniti. Il metodo di segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”) era
adeguato in un solo RCT, chiaramente inadeguato in 2 RCT
e non chiaro in tutti gli altri. L’utilizzo del cieco (“blinding”) nei valutatori degli outcome non era specificato in
alcun RCT; il cieco dei partecipanti era presente in 6 RCT
e quello dei ricercatori in 5. L’utilizzo dell’analisi per intenzione al trattamento era specificato da 5 Autori. La percentuale dei pazienti persi al follow-up era compresa tra 0 e
14%.
Analisi statistica. I risultati dell’analisi statistica sono
riportati come rischio relativo [“relative risk” (RR)] con
intervalli di confidenza (IC) al 95% e differenza di rischio
per gli outcomes dicotomici (Tab. III).
Risultati
Profilassi con antibiotici per via orale. La profilassi
con antibiotici per via orale (cotrimossazolo, cefalessina,
ofloxacina, rifampicina) non riduce significativamente il
rischio di peritonite (4 RCT, 235 pazienti: RR 0.76; IC 95%
S126
Disegno
dello studio
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
N. pazienti
105
50
59
15
22
64
82
Autore ed anno
Churchill DN,
1988 (26)
Low DE, 1980 (27)
Swartz R, 1991 (31)
Blowey DL, 1994 (30)
Sesso R, 1994 (28)
Zimmerman SW, (29)
1991
Bernardini J,
1996 (21)
Università
Università
Ospedale
clinicizzato
Ospedale
pediatrico
Università
Multicentrico
Multicentrico
Sede
Pazienti in CAPD
portatori nasali
di S. aureus;
diabetici il 34%
Pazienti in dialisi
peritoneale da 6 mesi;
diabetici il 41%
Pazienti in CAPD
> 15 anni; diabetici
il 23%
Pazienti in dialisi
peritoneale da
almeno 3 mesi
Pazienti in dialisi
peritoneale; diabetici
il 34%
Pazienti in CAPD
Pazienti in
CAPD > 18 anni
Caratteristiche
dei partecipanti
TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI
Mupirocina in
pomata (2%) applicata
giornalmente
sull’exit-site
Rifampicina 300 mg
due volte al giorno
x 5 giorni ogni 3 mesi
Pomata nasale di
Fusidato di Sodio (2%)
due volte al giorno x
5 giorni, ogni mese
Rifampicina 20 mg/kg/die
in 2 dosi +
Bacitracina (nasale)
x due volte al giorno
x 7 giorni
Trimethoprim/
Sulfometoss azolo
(basso dosaggio) o
Cefalessina 250 mg
o Clindamicina 300 mg
Cefalessina 500 mg
x due volte al giorno
Trimethoprim 160 mg/
Sulfometossazolo 800 mg
al giorno x 12 mesi
Intervento
sperimentale
Rifampicina (per os)
300 mg due
volte al giorno x 5 giorni,
ogni 3 mesi
Nessun trattamento
Placebo
Nessun trattamento
Nessun trattamento
Nessun trattamento
Nessun trattamento
Intervento
di controllo
25
18
7
1
11.4+1.3
trattati
12.3+1.4
non trattati
2-3
12
Follow-up
(mesi)
Nessuno
Nessuno
segue
Trial con tre
braccia, includente
ofloxacina (per os)
200 mg al giorno
x 5 giorni versus
placebo e versus
pomata nasale di
fusidato di sodio
Pazienti pediatrici
con tampone
nasale positivo
per S. aureus
Nessuno
Nessuno
Randomizzazione
eseguita per
Ospedale e
precedente peritonite
Commenti
Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
S127
S128
Disegno
dello studio
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
N. pazienti
136
267
22
27
221
50
Autore ed anno
Bernardini J,
2005 (22)
Mupirocin Study
Group, 1996 (32)
Perez Fontain M,
1992 (33)
Bennet-Jones D,
1988 (25)
Gadallah MF,
2000 (38)
Lye WC,
1992 (39)
Università
Università
Ospedale
clinicizzato
Ospedale
clinicizzato
Multicentrico
Multicentrico
Sede
Pomata nasale
di Mupirocina
tre volte al giorno
x 7 giorni
Pomata nasale
di Mupirocina (2%)
due volte al giorno
x 5 giorni, ogni mese
Mupirocina in pomata
(2%) applicata
giornalmente
sull’exit-site
Intervento
sperimentale
Nessun trattamento
Pomata nasale
di Neomicina (0.1%)
(0.1%) tre volte al
giorno x 7 giorni
Pomata placebo
Gentamicina in
pomata (0.1%)
applicata giornalmente
sull’exit-site
Intervento
di controllo
Pazienti con
ESRD che si
sottoponevano ad
inserzione di catetere
di Tenckhoff per CAPD;
diabetici il 40%
Cefazolina (i.v.)
500 mg e Gentamicina
(i.v.) 80 mg 1 ora
prima dell’inserzione
del catetere
Nessun trattamento
Pazienti che si
Vancomicina (i.v.)
Nessun trattamento
sottoponevano ad inserzione
1000 mg prima
(nessun antibiotico per
di catetere peritoneale;
dell’inserzione del
almeno una settimana
diabetici il 23%
catetere o Cefazolina
prima dell’inserzione
(i.v.) 1000 mg 3 ore prima
del catetere)
dell’inserzione del catetere
Pazienti che si
Gentamicina (i.v.)
sottoponevano ad
al dosaggio di 1.5 mg/kg
inserzione di catetere
di peso corporeo
di Tenckhoff, inclusi i
al momento
nuovi pazienti e quelli che
dell’inserzione
si sottoponevano a sostituzione
del catetere
del catetere; nessun diabetico
Pazienti in CAPD
portatori nasali
di S. aureus;
diabetici il 26%
Pazienti in CAPD
portatori nasali
S. aureus; diabetici il 20%
Pazienti in dialisi
peritoneale > 18 anni;
diabetici 40.5%
Caratteristiche
dei partecipanti
TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (segue)
3
0.5
1
3
18
8
Follow-up
(mesi)
Nessuno
segue
Trial con tre braccia
Nessuno
Nessuno
Nessuno
Nessuno
Commenti
Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
38
127
117
149
167
124
397
Wikdahl AM,
1997 (40)
Luzar MA,
1990 (16)
Waite N,
1997 (34)
Wilson AP,
1997 (35)
Nolph KD,
1985 (36)
Poole-Warren LA,
1991 (37)
Lo WK,
1996 (41)
Multicentrico
Multicentrico
Multicentrico
Università
Università
Multicentrico
Università
Sede
Nessun trattamento
Intervento
di controllo
Staphypan Berna
Camera germicida
ai raggi ultravioletti
Polvere spray
allo Iodio Povidone
(2.5%) ad ogni cambio
della medicazione
3.5 g di pomata
allo Iodio Povidone
ad ogni cambio
della medicazione
Non somministrazione
di Nistatina
Nessun trattamento
Nessun trattamento
Trattamento
standard
Trattamento
standard
Iodio Povidone (20 g/L) Lavaggio giornaliero
e medicazione
dell’exit-site con acqua
non-occlusiva 2-3 volte
e sapone
a settimana
Cefuroxime (i.v.) 1.5 g
al momento
dell’inserzione
del catetere +
250 mg i.p. nella prima
sacca di dialisi
Intervento
sperimentale
Pazienti in CAPD
Nistatina 500000 unità
in trattamento antibiotico quattro volte al giorno
per peritonite;
fino al termine della
diabetici il 17%
somministrazione
di antibiotici
Pazienti in CAPD;
diabetici il 17%
Pazienti in CAPD
da almeno 4 mesi;
diabetici il 20%
Pazienti in dialisi
peritoneale
Pazienti in IPD
e CAPD; diabetici
il 33%
Pazienti inseriti in un
programma di dialisi
peritoneale; diabetici
il 22%
Pazienti inseriti in
un programma
di dialisi peritoneale;
diabetici il 34%
Caratteristiche
dei partecipanti
CAPD = Continuous Ambulatory Peritoneal Dialysis; IPD = Intermittent Peritoneal Dialysis; ESRD = End Stage Renal Disease
Disegno
dello studio
N. pazienti
Autore ed anno
TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (segue)
24
12
36
10
14
9
0.3
Follow-up
(mesi)
Trial impostato
sulla prevenzione
delle peritoniti da
Candida
Nessuno
Nessuno
Nessuno
Nessuno
Nessuno
Nessuno
Commenti
Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
S129
Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
TABELLA II - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI RCT
INDIVIDUATI
Parametro di qualità
%
Allocation concealment
Adeguato
10
Non chiaro
74
Inadeguato
16
Blinding-Cieco
Partecipanti
26
Ricercatori
32
Valutazione outcomes
0
Analisi “intention-to-treat”
Si
31
No
63
Non chiara
6
Perdite al follow-up (%)
0< 10%
68
10< 20%
11
20< 40%
21
≥ 40%
0
0.38-1.53). La profilassi con antibiotici per via orale riduce significativamente il rischio di infezione di exit-site e
tunnel (2 RCT, 31 pazienti: RR 0.29; IC 95% 0.09-0.97).
Non ci sono effetti significativi sulla rimozione del catetere (4 RCT, 235 pazienti: RR 0.73; IC 95% 0.39-1.38) e
sulla mortalità per tutte le cause (4 RCT, 195 pazienti: RR
0.84; IC 95% 0.39-1.79).
Profilassi con antibiotici topici. La profilassi con antibiotici per via nasale non riduce significativamente il
rischio di peritonite a confronto con il placebo (2 RCT, 282
pazienti: RR 0.94; IC 95% 0.67-1.33). La profilassi con
antibiotici per via nasale non riduce significativamente il
tasso di peritoniti (1 RCT, 2626 mesi-paziente: RR 0.84; IC
95% 0.44-1.60) o il rischio di infezione dell’exit-site e del
tunnel (2 RCT, 282 pazienti: RR 0.97; IC 95% 0.64-1.49).
Tuttavia la mupirocina per via nasale riduce significativamente il tasso di infezioni dell’exit-site e del tunnel in confronto al placebo (1 RCT, 2716 mesi-paziente: RR 0.58; IC
95% 0.40-0.85) e il carriage nasale di Stafilococco aureo
(10-18% in mupirocina verso 48-61% in placebo, p <
0.001). La profilassi antibiotica per via nasale non è efficace nel ridurre la rimozione del catetere (2 RCT, 282 pazienti: RR 0.89; IC 95% 0.44-1.79). L’applicazione giornaliera
sull’exit-site di gentamicina, in confronto alla mupirocina,
riduce significativamente il rischio di peritonite (1 RCT,
133 pazienti: RR 0.52; IC 95% 0.29-0.93).
Profilassi antibiotica perioperatoria. L’uso di antibiotici nella fase perioperatoria per via endovenosa riduce significativamente il rischio di peritonite precoce (meno di un
S130
mese dal posizionamento del catetere) rispetto a nessun
trattamento (4 RCT, 335 pazienti: RR 0.35; IC 95% 0.150.80) ma non il rischio di infezione di exit-site e tunnel (2
RCT, 114 pazienti: RR 0.32; IC 95% 0.02-4.81). Quando
l’osservazione degli eventi supera il mese non c’è differenza significativa nel rischio di peritonite o infezione di exitsite/tunnel.
Disinfettanti topici. La disinfezione topica dell’exit-site
con preparati a base di iodio povidone, confrontata con nessun trattamento o la semplice detersione con acqua e sapone, non riduce significativamente il rischio di peritonite (3
RCT, 382 pazienti: RR 0.72; IC 95% 0.46-1.11), l’infezione
di exit-site e tunnel (3 RCT, 381 pazienti: RR 0.71; IC 95%
0.49-1.03), la rimozione del catetere (2 RCT, 266 pazienti:
RR 0.73; IC 95% 0.34-1.55) e la mortalità per tutte le cause
(2 RCT, 266 pazienti: RR 1.24; IC 95% 0.54-2.84).
Sistemi di connessione e altri trattamenti. Non c’è
significativa riduzione del tasso di peritonite con altri interventi, come l’uso della camera germicida applicata alla
connessione (1 RCT, 167 pazienti, 1354 mesi-paziente: RR
1.04; IC 95% 0.71-1.53) e il vaccino antistafilococcico
Staphypan Berna (1 RCT, 124 pazienti, 1099 mesi-paziente: RR 0.89; IC 95% 0.58-1.37). Il vaccino Staphypan
Berna, rispetto al placebo, non mostra effetti significativi
sul tasso di infezioni di exit-site e tunnel (1 RCT, 1099
mesi-paziente: RR 1.02; IC 95% 0.70-1.48). Un singolo
RCT con nistatina orale per la prevenzione della peritonite
fungina, somministrata in pazienti già in trattamento antibiotico per peritonite batterica, dimostra una significativa
riduzione del rischio (1 RCT, 397 pazienti, 1168 mesipaziente: RR 0.10; IC 95% 0.03-0.31). I dati per il confronto di altri antimicrobici per la prevenzione della peritonite
sono insufficienti.
Sintesi dell’evidenza
La revisione sistematica della profilassi antimicrobica in
dialisi peritoneale mostra alcuni dati fondamentali.
1. Il trattamento eradicante dei portatori nasali di
Stafilococco aureo utilizzando mupirocina topica è in
grado di ridurre efficacemente le infezioni dell’exit-site e
del tunnel ma non le peritoniti.
2. La gentamicina applicata sull’exit-site riduce il rischio
totale di peritonite riducendo significativamente quelle da
Gram-negativi.
3. L’utilizzo di antibiotici per la profilassi perioperatoria
di posizionamento dei cateteri per dialisi peritoneale è in
grado di ridurre efficacemente solo gli episodi di peritonite precoce ma non le infezioni di exit-site e tunnel.
4. La profilassi con nistatina per via orale è efficace per la
riduzione del tasso di peritoniti da Candida che possono complicare il trattamento antibiotico delle peritoniti batteriche.
5. I dati comparativi diretti per valutare l’efficacia di altri
agenti antimicrobici sono insufficienti. Nessuno degli inter-
6/13 (46%)
7/13 (54%)
1/13 (8%)
0.9°
0.3°
0/7
0/7
1/9 (11%)
5/9 (55%)
4/9 (44%)
8/32 (25%)
0.13
28/66 (42%)
43/134 (32%)
18/1390 (1%)
26/134 (19%)
42/1390 (3%)
5/133 (4%)
1/13 (8%)
0/13
0/13
Tasso di peritoniti
Infezioni dell’exit-site
Peritoniti
Infezioni dell’exit-site
Peritoniti
Infezione dell’exit-site
Rimozione del catetere
Peritoniti
Tasso di infezione
da S. aureus
Peritoniti
Peritoniti
Tasso peritoniti*
Infezione dell’exit-site
Tasso di Infezione
dell’exit-site*
Tasso peritoniti*
Peritonite precoce (< 1 mese
dall’inserimento del catetere)
Infezione precoce dell’exit-site
(< 1 mese dall’inserimento del
catetere)
Rimozione del catetere
Swartz R, 1991 (31)
Blowey DL, 1994 (30)
Sesso R, 1994 (28)
Bernardini J, 1996 (21)
Bernardini J, 2005 (22)
Mupirocin Study Group,
1996 (32)
Perez-Fontain M, 1992 (33)
Bennet-Jones D, 1988 (25)
Zimmerman SW, 1991 (29)
9/25 (36%)
Peritoniti
Low DE, 1980 (27)
4/76 (5%)
44/133 (33%)
19/1236 (1%)
25/133 (19%)
64/1236 (5%)
22/67 (33%)
0.15
17/32 (53%)
5/13 (38%)
3/13 (23%)
6/13 (46%)
2/8 (25%)
2/8 (25%)
1.2
0.4
6/25 (24%)
22/49 (45%)
33/56 (59%)
Peritoniti
Churchill DN, 1988 (26)
Gruppo di controllo
(numero di pazienti
con evento/numero
totale di pazienti
in quel gruppo)
Gruppo di intervento
(numero di pazienti con
evento/numero totale di
pazienti in quel gruppo)
Outcomes
Autore ed anno
TABELLA III - RISULTATI DEGLI RCT INDIVIDUATI (VARIABILI DICOTOMICHE)
0.36 (0.02-8.06)
0.07 (0.00-1.06)
0.17 (0.02-1.20)
0.71 (0.20-2.58)
0.97 (0.69-1.37)
0.84 (0.44-1.60)
1.03 (0.63-1.69)
0.58 (0.40-0.85)
0.52 (0.29-093)
8
-54
-38
-1
-1
0
0
-2
9
0
-28
-27
32
-2
0.29 (0.04-2.07)
2.41 (0.76-7.62)
0.96 (0.38-2.46)
0.47 (0.24-0.93)
-25
-25
33
33
12
14
Differenza di rischio
(%)
0.23 (0.01-4.02)
0.23 (0.01-4.02)
0.33 (0.07-1.50)
1.31 (0.90-1.92)
Rischio relativo
(intervallo di
confidenza 95%)
segue
Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
S131
S132
7/25 (28%)
6/25 (24%)
0/18
27/74 (36%)
10/61 (16%)
13/77 (17%)
44/601 (7%)
37/552 (7%)
4/894 (0.4%)
Peritonite precoce (< 1 mese
dall’inserimento del catetere)
Peritoniti
Peritoniti e infezioni
dell’exit-site
Peritoniti
Tasso peritoniti
Tasso peritoniti
Tasso peritoniti*
Wikdahl AM, 1997 (40)
Waite N, 1997 (34)
Wilson AP, 1997 (35)
Nolph KD, 1985 (36)
Poole-Warren LA, 1991 (37)
Lo WK, 1996 (41)
* episodi/mesi totali paziente
° episodi paziente anno
Luzar MA, 1990 (16)
1/25 (4%)
2/25 (8%)
Peritonite precoce (< 1 mese
dall’inserimento del catetere)
Infezione precoce
dell’exit-site (< 1 mese
dall’inserimento del catetere)
Lye WC, 1992 (39)
12/274 (4.4%)
41/547 (7%)
53/753 (7%)
15/72 (21%)
14/56 (25%)
19/53 (36%)
2/20 (10%)
10/73 (14%)
7/148 (5%)
Peritonite precoce (< 1 mese
dall’inserimento del catetere)
Gadallah MF, 2000 (38)
Gruppo di controllo
(numero di pazienti
con evento/numero
totale di pazienti
in quel gruppo)
Gruppo di intervento
(numero di pazienti con
evento/numero totale di
pazienti in quel gruppo)
Outcomes
Autore ed anno
TABELLA III - RISULTATI DEGLI RCT INDIVIDUATI (VARIABILI DICOTOMICHE) (segue)
0.10 (0.03-0.031)
0.89 (0.58-1.37)
1.04 (0.71-1.53)
0.81 (0.41-1.58)
0.63 (0.32-1.35)
0.12 (0.01-2.13)
0.86 (0.34-2.19)
2.00 (0.19-20.67)
0.35 (0.14-0.87)
Rischio relativo
(intervallo di
confidenza 95%)
-4
0
0
-4
-9
0
-10
-4
4
-9
Differenza di rischio
(%)
Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
I sistemi a disconnessione per CAPD si associano ad una più bassa incidenza di peritoniti e insieme ai
sistemi twin bag sono da preferire.
La profilassi antibiotica con una cefalosporina di prima generazione in occasione dell’inserzione del
catetere riduce il rischio di peritonite; non si raccomanda l’uso abituale di vancomicina.
La profilassi antibiotica con mupirocina, specialmente nei portatori nasali di S. aureus, riduce il rischio di
infezioni dell’exit-site e di peritoniti.
La somministrazione orale di nistatina in associazione alla terapia antibiotica riduce il rischio di peritonite
fungina
2004
Caring for Australians with Renal Impairment
Guidelines (23)
Australia
La profilassi antibiotica in occasione dell’inserzione del catetere peritoneale riduce il rischio di infezione.
La profilassi antibiotica per lo S. aureus riduce le infezioni del catetere.
La profilassi anti-fungina durante la terapia antibiotica previene le peritoniti da Candida
Canada
Canadian Kidney Disease Outcomes
Quality Initiative and Society of Nephrology
European Best Practice Guidelines - International
Society of Peritoneal Dialysis (6)
Europa
Gran
Bretagna
British Renal Association
2005
Utilizzare abitualmente la mupirocina nella medicazione dell’exit-site (giornalmente o a giorni alterni).
Applicare la pomata nasale di mupirocina nei portatori di S. aureus (due volte al giorno x cinque giorni
ogni quattro settimane)
Assenza di Linee Guida specifiche
2002
USA
Kidney Disease Outcomes Quality Initiative
1999
Assenza di Linee Guida specifiche
Nazione
Linea Guida
TABELLA IV - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA
Anno
Raccomandazioni
2006
Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
venti studiati ha avuto effetti significativi sulla perdita del
catetere.
6. Considerando l’importanza delle infezioni in dialisi
peritoneale come cause maggiori di fallimento della tecnica, morbilità e mortalità, gli RCT sulla profilassi antimicrobica sono scarsi.
Implicazioni per la pratica clinica
L’eradicazione del carriage nasale di Stafilococco aureo
con mupirocina topica è indicata per ridurre il rischio di
infezioni di exit-site e tunnel ma non il rischio di peritoniti. L’applicazione topica sull’exit-site della gentamicina
oltre ad essere efficace quanto la mupirocina nel ridurre le
infezioni da Stafilococco aureo, riduce l’incidenza di peritonite. La somministrazione per via endovenosa di antibiotici prima del posizionamento del catetere per dialisi peritoneale previene le peritoniti precoci, ma non le infezioni
di exit-site e tunnel. La somministrazione di nistatina per
via orale in associazione con la terapia antibiotica può
ridurre l’insorgenza di peritoniti da Candida. Nessun’altra
strategia profilattica si è dimostrata efficace (antibiotici per
via orale, disinfettanti topici, vaccini antistafilococcici,
camere germicide per la connessione).
In mancanza di sufficienti evidenze per l’efficace prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale è opinione
dei redattori che siano fondamentali tutti gli sforzi organizzativi per favorire e rinforzare l’istruzione e l’addestramento dei pazienti e degli operatori riguardo le corrette manovre di detersione e disinfezione, l’igiene personale e
ambientale e le corrette procedure di connessione e disconnessione dei sistemi per dialisi.
Applicabilità
I dati ottenuti negli RCT sinora effettuati sono applicabili alla realtà italiana. In particolare, per interventi ove non
esista evidenza statistica di efficacia a causa della scarsità
degli studi o della loro inadeguatezza metodologica, andrà
considerato il rapporto benefici/rischi ed il potenziale dell’intervento stesso di causare danno.
Pertanto, per interventi quali il lavaggio dell’exit-site con
acqua e sapone, pur non esistendo evidenze scientifiche di
livello 1 a supporto, in assenza di potenziali rischi e vista la
remota possibilità che si conducano ulteriori studi nel settore, si potrà procedere alla relativa adozione.
Implicazioni per la ricerca
La profilassi antimicrobica in dialisi peritoneale non è
ancora stata adeguatamente studiata forse per la carenza di
interesse nel condurre ricerche in questa area. Poiché gli
S133
Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
eventi infettivi in dialisi peritoneale costituiscono un
importante limite nell’uso e diffusione della stessa, esiste la
necessità impellente di RCT ben progettati per definire
l’efficacia e la sicurezza dei vari interventi preventivi.
troppo non sono molte, in quanto vi sono pochi RCT adeguatamente dimensionati. In Tabella IV si accludono le raccomandazioni di altre Linee Guida (6, 23).
Altre Linee Guida
Indirizzo degli Autori:
Dr. Gianpaolo Amici
Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi
Ospedale “S. Maria dei Battuti”
Piazza Ospedale
31100 Treviso
e-mail: [email protected]
La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di
opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali. Le Linee Guida basate sulle evidenze pur-
Bibliografia
1. Churchill DN, Thorpse KE, Vonesh EF, Keshaviah PR. Lower
probability of patient survival with continuous peritoneal dialysis in the United States compared with Canada. Canada-USA
(CANUSA) Peritoneal Dialysis Study Group. J Am Soc Nephrol
1997; 8: 965-71.
2. Digenis GE, Abraham G, Savin E, et al. Peritonitis-related deaths
in continuous ambulatory peritoneal dialysis (CAPD) patients.
Perit Dial Int 1990; 10: 45-7.
3. Piraino B. Staphylococcus aureus infections in dialysis patients:
focus on prevention. ASAIO J 2000; 46: 13-7.
4. Annigeri R, Conly J, Vas S, et al. Emergence of mupirocin-resistant Staphylococcus aureus in chronic peritoneal dialysis
patients using mupirocin prophylaxis to prevent exit-site infection. Perit Dial Int 2001; 21: 554-9.
5. Yishak A, Bernardini J, Fried L, Piraino B. The outcome of peritonitis in patients on automated peritoneal dialysis. Adv Perit
Dial 2001; 17: 205-8.
6. Piraino B, Bailie GR, Bernardini J, et al. International Society of
Peritoneal Dialysis Guidelines/Recommendations - Peritoneal
Dialysis-Related Infections Recommendations: 2005 Update.
Perit Dial Int 2005; 25: 107-31.
7. Oxton LL, Zimmerman SW, Roecker EB, Wakeen M. Risk factors for peritoneal dialysis-related infections. Perit Dial Int 1994;
14: 137-44.
8. Salusky IB, Holloway M. Selection of peritoneal dialysis for
pediatric patients. Perit Dial Int 1997; 17 (Suppl. 3): S35-7.
9. Zelenitsky S, Barns L, Findlay I, et al. Analysis of microbiological trends in peritoneal dialysis-related peritonitis from 1991 to
1998. Am J Kidney Dis 2000; 36: 1009-13.
10. Vas S, Oreopoulos DG. Infections in patients undergoing peritoneal dialysis. Infect Dis Clin North Am 2001; 15: 743-74.
11. Holley JL, Bernardini J, Piraino B. A comparison of peritoneal
dialysis-related infections in black and white patients. Perit Dial
Int 1993; 13: 45-9.
12. Fine A, Cox D, Bouw M. Higher incidence of peritonitis in native Canadians on continuous ambulatory peritoneal dialysis. Perit
Dial Int 1994; 14: 227-30.
13. Golper TA, Brier ME, Bunke M, et al. Risk factors for peritonitis in long-term peritoneal dialysis: the Network 9 peritonitis and
catheter survival studies. Am J Kidney Dis 1996; 28: 428-36.
14. Piraino B. ADEMEX: how should it change our practice?
Adequacy of peritoneal dialysis in Mexico. Perit Dial Int 2002;
22: 552-4.
15. Schaefer F. Management of peritonitis in children receiving chronic peritoneal dialysis. Paediatr Drugs 2003; 5: 315-25.
S134
16. Luzar MA, Brown CB, Balf D, et al. Exit-site care and exit-site
infection in continuous ambulatory peritoneal dialysis (CAPD):
results of a randomized multicenter trial. Perit Dial Int 1990; 10:
25-9.
17. Burkart JM. Recommendations for clinical practice and research
needs directed at reducing morbidity and mortality in peritoneal
dialysis. Perit Dial Int 1997; 17 (Suppl. l3): S6-8.
18. Piraino B. Infectious complications of peritoneal dialysis. Perit
Dial Int 1997; 17 (Suppl. 3): S15-8.
19. Thodis E, Pasadakis P, Panagoutsos S, Bacharaki D, Euthimiadou
A, Vargemezis V. The effectiveness of mupirocin in preventing
staphylococcus aureus in catheter-related infections in peritoneal
dialysis. Adv Perit Dial 2000; 16: 257-61.
20. Peacock SJ, Mandal S, Bowler IC. Preventing Staphylococcus
aureus infection in the renal unit. QJM 2002; 95: 405-10.
21. Bernardini J, Piraino B, Holley J, Johnston JR, Lutes R. A randomized trial of Staphylococcus aureus prophylaxis in peritoneal
dialysis patients: mupirocin calcium ointment 2% applied to the
exit site versus cyclic oral rifampin. Am J Kidney Dis 1996; 27:
695-700.
22. Bernardini J, Bender F, Florio T, et al. Randomized, double-blind
trial of antibiotic exit-site cream for prevention of exit-site infection in peritoneal dialysis patients. J Am Soc Nephrol 2005; 16:
539-45.
23. Bannister K, Walker A, Lonergan M, et al. Evidence for peritonitis treatment and prophylaxis. CARI Guidelines. http://www.kidney.org.au/cari/drafts/peritonitis.html. (accessed: November
2003).
24. Strippoli GF, Tong A, Johnson D, Schena FP, Craig JC.
Antimicrobial agents to prevent peritonitis in peritoneal dialysis:
a systematic review of randomized controlled trials. Am J Kidney
Dis 2004; 44: 591-603.
25. Bennet-Jones D, Martin J, Barratt AJ, Duffy TJ, Naish PF, Aber
GM. Prophylactic gentamicin in the prevention of early exit-site
infections and peritonitis in CAPD. Adv Perit Dial 1988; 4: 14750.
26. Churchill DN, Taylor DW, Vas SI, et al. Peritonitis in continuous
ambulatory peritoneal dialysis (CAPD) patients: a randomized
clinical trial of cotrimoxazole prophylaxis. Perit Dial Int 1988; 8:
125-8.
27. Low DE, Vas SI, Oreopoulos DG, et al. Prophylactic cephalexin
ineffective in chronic ambulatory peritoneal dialysis. Lancet
1980; 2: 753-4.
28. Sesso R, Parisio K, Dalboni A, et al. Effect of sodium fusidate
and ofloxacin on Staphylococcus aureus colonization and infec-
Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
29.
30.
31.
32.
33.
34.
35.
tion in patients on continuous ambulatory peritoneal dialysis.
Clin Nephrol 1994; 41: 370-6.
Zimmerman SW, Ahrens E, Johnson CA, et al. Randomized controlled trial of prophylactic rifampin for peritoneal dialysis-related infections. Am J Kidney Dis 1991; 18: 225-31.
Blowey DL, Warady BA, McFarland KS. Treatment of
Staphylococcus aureus nasal carriage in pediatric peritoneal
dialysis patients. Adv Perit Dial 1994; 10: 297-9.
Swartz R, Messana J, Starmann B, Weber M, Reynolds J.
Preventing Staphylococcus aureus infection during chronic peritoneal dialysis. J Am Soc Nephrol 1991; 2: 1085-91.
Mupirocin Study Group. Nasal mupirocin prevents
Staphylococcus aureus exit-site infection during peritoneal dialysis. Mupirocin Study Group. J Am Soc Nephrol 1996; 7: 2403-8.
Perez-Fontain M, Rosales M, Rodriguez Carmonal A, et al.
Treatment of Staphylococcus aureus nasal carriers in CAPD with
mupirocin. Adv Perit Dial 1992; 8: 242-5.
Waite N, Webster N, Laurel M, Johnson M, Fong IW. The efficacy of exit site povidone-iodine ointment in the prevention of
early peritoneal dialysis-related infections. Am J Kidney Dis
1997; 29: 763-8.
Wilson AP, Lewis C, O'Sullivan HO, Shetty N, Neild GH,
Mansell M. The use of povidone iodine in exit site care for
patients undergoing continuous peritoneal dialysis (CAPD). J
Hosp Infect 1997; 35: 287-93.
36. Nolph KD, Prowant B, Serkes KD, Morgan LM. A randomized
multicenter clinical trial to evaluate the effects of an ultraviolet
germicidal system on peritonitis rate in continuous ambulatory
peritoneal dialysis. Perit Dial Bull 1985; 5: 19-24.
37. Poole-Warren LA, Hallett MD, Hone PW, Burden SH, Farrell PC.
Vaccination for prevention of CAPD associated staphylococcal
infection: results of a prospective multicentre clinical trial. Clin
Nephrol 1991; 35: 198-206.
38. Gadallah MF, Ramdeen G, Mignone J, Patel D, Mitchell L, Tatro
S. Role of preoperative antibiotic prophylaxis in preventing
postoperative peritonitis in newly placed peritoneal dialysis
catheters. Am J Kidney Dis 2000; 36: 1014-9.
39. Lye WC, Lee EJ, Tan CC. Prophylactic antibiotics in the insertion
of Tenckhoff catheters. Scand J Urol Nephrol 1992; 26: 177-80.
40. Wikdahl AM, Engman U, Stegmayr BJ, Sorenson JG. One-dose
cefuroxime i.v. and i.p. reduces microbial growth in PD patients
after catheter insertion. Nephrol Dial Transplant 1997; 12: 15760.
41. Lo WK, Chan CY, Cheng SW, Poon JF, Chan DT, Cheng IK. A
prospective randomized control study of oral nystatin prophylaxis for Candida peritonitis complicating continuous ambulatory
peritoneal dialysis. Am J Kidney Dis 1996; 28: 549-52.
S135
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S136-S148
Peritoniti in dialisi peritoneale
Strategie correlate al catetere per la
prevenzione delle peritoniti in dialisi
peritoneale: Linea Guida
A. De Vecchi, R. Corciulo, M. Salomone, R. Russo, A. Amici, M. D’Amico, M. Feriani,
V. La Milia, G. Virga, G. Cancarini
Divisione e Cattedra di Nefrologia, Spedali Civili ed Università di Brescia, Brescia
Catheter-related interventions to prevent peritonitis in peritoneal dialysis: guideline from the Italian Society of Nephrology
Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. The
present guideline report evidence of catheter-related interventions to prevent peritonitis in peritoneal dialysis (PD).
Methods. SR of RCT and RCT of catheter-related interventions to prevent peritonitis in PD were identified referring to a
Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update).
Results. Two SR and 17 RCT were found addressing this issue. Methodological quality of available RCT was suboptimal
according to current methodological standards. The use of the Y-set systems with disinfectant and the twin-bag systems was
associated with a significantly lower risk of peritonitis. No other catheter-related interventions were found to be of proven
efficacy in preventing the risk of peritonitis and exit-site/tunnel infection in PD patients.
Conclusion. It is still unknown whether any particular PD catheter design or implantation technique are effective to prevent peritonitis in patients on peritoneal dialysis. Further studies are necessary to test the effectiveness of new interventions. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S136-48)
KEY WORDS: Catheter, Peritonitis, Peritoneal dialysis
PAROLE CHIAVE: Catetere, Peritoniti, Dialisi peritoneale
LINEA GUIDA
I set a Y e i sistemi a doppia sacca riducono il rischio di peritonite nei pazienti in dialisi peritoneale rispetto al sistema convenzionale (livello di evidenza 1).
Non è possibile al momento effettuare altre raccomandazioni, basate sull’evidenza, relative altre possibili strategie correlate al catetere (tecniche di inserzione laparoscopiche o laparatomiche, inserzione standard o marsupializzazione, sede
d’inserzione mediana o laterale, caratteristiche del catetere nel tratto intraperiotoneale e sottocutaneo, numero e tipo di
cuffie) per prevenire le peritoniti in dialisi peritoneale.
Premesse
La prevalenza di peritoniti nella popolazione globale è
estremamente variabile (1-3). Tali differenze sono difficilmente spiegabili e sono probabilmente soprattutto a carico
delle peritoniti esogene, che costituiscono la maggior parte
delle infezioni peritoneali e sulle quali l’influenza delle
strategie correlate al catetere potrebbe essere più importante. Le discrepanze tra le diverse casistiche possono essere
spiegate da diversi fattori: esperienza specifica degli operatori (nefrologi o chirurghi), selezione (valutazione dei criteri di idoneità) o tipologia (anziani, diabetici, non autosuffi-
S136
© Società Italiana di Nefrologia
Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
cienti, ecc.) dei pazienti, accuratezza nell’addestramento,
frequenza dei controlli durante il follow-up e tempestività
di eventuali interventi preventivi. Certa è invece l’importanza del tipo di connettologia utilizzata: i set ad Y si sono
dimostrati nettamente superiori alle altre connessioni utilizzate in precedenza (4-7) e riducono di circa il 50% l’incidenza di peritoniti. Più recentemente sono state proposti i
sistemi a doppia sacca, nei quali la Y è “monouso” e collegata alle sacche, ma non contiene disinfettante, se non in
piccola quantità all’interno del tappino di chiusura.
Aspetti patogenetici. Le infezioni peritoneali possono
essere conseguenza di penetrazione dei batteri per via esogena, attraverso il catetere (peritoniti intraluminali) o attorno al catetere (peritoniti periluminali), oppure per via endogena, provenienti cioè da infezioni di altri organi peritoneali o dall’intestino. Le peritoniti esogene sono provocate più
spesso da germi gram positivi o pseudomonas e sono conseguenti all’entrata di germi nel lume del catetere o ad infezioni del punto di uscita cutaneo o del tunnel del catetere
peritoneale. In corso di infezione dell’exit-site i batteri possono penetrare lungo il tunnel e, superando le cuffie di
dacron, raggiungere il peritoneo, provocando peritonite.
Inoltre, in corso di infezione dell’exit-site aumenta la concentrazione locale di batteri e quindi il rischio di una loro
penetrazione intraluminale. Le strategie correlate al catetere influenzano prevalentemente le peritoniti intra o periluminali, in particolare quelle conseguenti alle infezioni dell’exit-site e/o del tunnel. Difficile è invece ipotizzare un
ruolo del catetere nella prevenzione delle peritoniti endogene, tra cui quelle da decubito del catetere sono segnalate
solo in casi sporadici. Le caratteristiche della connessione
(set ad Y , Oreopoulos, doppia sacca, doppia via) possono
ridurre il rischio di contaminazioni dall’esterno per via
intraluminale e, meno probabilmente, variando la trazione
sul punto di uscita, potrebbero ridurre il rischio di infezioni dell’exit-site e secondariamente di peritoniti periluminali. Sfortunatamente quest’ultima ipotesi non ha mai ricevuto conferme da studi ben condotti con questa specifica
finalità. È verosimile che il tipo di intervento possa condizionare le peritoniti precoci, mentre per gli altri aspetti considerati è probabile che gli effetti siano più distribuiti nel
tempo.
Le peritoniti costituiscono a tutt’oggi una delle maggiori
cause di uscita dalla dialisi peritoneale; spesso portano a
perdita del catetere ed a “fallimenti” della metodica. È
certo che la peritonite è una delle più importanti cause di
ospedalizzazione; rari sono i casi di morte per peritonite,
anche se alcuni Autori hanno segnalato la peritonite come
principale causa di morte o come importante cofattore nel
15% dei pazienti (8).
Strategie per prevenire le peritoniti. Sono state proposte numerose strategie relative al catetere per prevenire le
peritoniti e le infezioni dell’exit-site: a) caratteristiche del
catetere (materiale, forma ed eventuale presenza di strutture particolari aggiuntive, numero e caratteristiche delle cuf-
fie); b) tecnica di inserzione [sede, approccio chirurgico
(laparoscopia, tecnica semichirurgica con trocar, tecnica
chirurgica)]; c) caratteristiche del tunnel sottocutaneo
(curvo o dritto, distanza della cuffia dalla cute, marsupializzazione del catetere, sede dell’exit-site addominale o presternale, direzione dell’exit-site); d) gestione del catetere nel
periodo post-operatorio (durata del break-in, tipo e frequenza delle medicazioni, immobilizzazione del catetere).
Scopo di questa Linea Guida è verificare l’esistenza di
strategie correlate al catetere per prevenire le peritoniti e le
infezioni dell’exit-site nei pazienti in dialisi peritoneale
sulla base delle evidenze che derivano dalle revisioni sistematiche (livello di evidenza 1) e dagli studi randomizzati
controllati [(RCT) (livello 2)].
Strategia di ricerca bibliografica
È stata effettuata una ricerca bibliografica utilizzando
Medline, Embase e con il ricorso alla Renal Health Library
(http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più
aggiornato elenco degli RCT prodotti in nefrologia, dialisi
e trapianto. Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche
condotte in Medline, Embase, numerosi altri database di
studi clinici, la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei
principali Congressi di interesse Nefrologico e nelle pagine
di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche
di tipo Cochrane. Infine la ricerca bibliografica è stata
completata manualmente, facendo uso di Riviste
Scientifiche, Atti Congressuali ed altre Linee Guida.
Evidenza disponibile
Descrizione degli studi
Sono stati identificati 388 articoli di cui 315 sono stati
esclusi in quanto studi non randomizzati, reviews o studi
sperimentali su animali. Sono stati considerati 74 lavori
relativi a 38 RCT (2961 pazienti) e riportati su 41 pubblicazioni. Di questi lavori sono stati presi in esame soltanto 2
revisioni sistematiche Cochrane (9, 10) e 17 studi multicentrici (11, 27) in quanto rispondevano ai criteri di buona qualità metodologica. I pazienti complessivamente studiati
sono stati 1112.
Le principali caratteristiche dei 17 RCT analizzati in questa Linea Guida sono riportati in Tabella I.
Qualità degli studi. La qualità degli studi è stata definita in base alla metodologia utilizzata dalla Cochrane, che
prevede una valutazione del metodo di segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”), dell’utilizzo del
cieco (“blinding”), dell’analisi per intenzione al trattamento (“intention-to-treat analysis”) e delle perdite al follow-up
(“lost to follow-up”). La qualità metodologica degli RCT
S137
Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
analizzati è riportata in Tabella II.
Analisi statistica. L’analisi statistica ha valutato il rischio
relativo [“relative risk” (RR)] con intervalli di confidenza
(IC) al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici.
Risultati
I risultati principali degli studi analizzati sono riportati in
Tabella III. Allo stato attuale gli RCT disponibili non dimostrano, tra le strategie legate al catetere, differenze significative per quanto riguarda l’incidenza di peritoniti, il loro
numero, il tempo di insorgenza della prima peritonite,
l’outcome delle peritoniti inteso come “drop-out” dalla
metodica, l’incidenza di infezioni dell’exit-site e del tunnel.
Caratteristiche del catetere nel tratto intraperitoneale. Non esistono differenze significative tra catetere diritto
vs coiled (11-16) nel rischio di peritonite (5 RCT, 324
pazienti RR 1.14; IC 95% 0.73-1.79), nella incidenza di
episodi (4 RCT, 152 pazienti, 2589 mesi/paziente, RR 0.89;
IC 95% 0.63-1.26) e per numero di exit-site/tunnel infection (6 RCT, 332 pazienti, RR 1.26; IC 95% 0.74-1.54) o
per incidenza di exit-site/tunnel infection (3 RCT, 1993
pazienti/mese, RR 1.04; IC 95% 0.73-1.47). Non esistono
differenze neppure tra i due tipi di catetere per quanto
riguarda l’outcome rimozione/sostituzione del catetere
peritoneale (5 RCT, 275 pazienti, RR 1.11; IC 95% 0.532.31). Nello studio di Nielsen et al. (13) il catetere diritto ha
una riduzione di sopravvivenza a 12 mesi legata prevalentemente a malposizionamento del tratto intraperitoneale
(migrazione). L’eterogeneità tra i diversi studi per quanto
riguarda l’incidenza di peritoniti, è elevata. I tre studi pubblicati da Eklund et al. (11, 12, 17) hanno delle sovrapposizioni temporali. Non è definito il numero totale di pazienti
che hanno iniziato in questo periodo e sorge il sospetto che
alcuni pazienti siano stati utilizzati contemporaneamente in
più di uno studio.
Numero o tipo delle cuffie. È disponibile un solo RCT
su 60 pazienti (17) che raffronti cateteri ad una vs cateteri a
due cuffie: non esistono differenze significative tra le due
tipologie di catetere per quanto riguarda il numero di peritoniti (RR 0.82; IC 95% 0.50-1.35), l’infezione dello skinexit o del tunnel sottocutaneo (RR 0.79; IC 95% 0.43-1.44),
la rimozione o sostituzione del catetere peritoneale (RR
2.00; IC 95% 0.55-7.27).
Materiale del catetere (impregnazione argentica,
anello d’argento). È disponibile un solo RCT che presenta tuttavia un follow-up troppo breve (18).
Tecnica chirurgica: laparoscopia versus laparotomia.
Per quanto riguarda la tecnica laparoscopica nei confronti
della tecnica chirurgica sono stati pubblicati 3 RCT (1921): non sono evidenti differenze significative per quanto
riguarda il numero di peritoniti (3 RCT, 238 pazienti, RR
0.68; IC 95% 0.41-1.15), la rimozione del catetere o sua
S138
sostituzione (2 RCT, 90 pazienti, RR 1.02; IC 95% 0.492.13) o l’endpoint drop-out della metodica (3 RCT, 206
pazienti, RR 0.70; IC 95% 0.45-1.08). In un RCT (148
pazienti, RR 0.11; IC 95% 0.01-1.92) non viene trovata differenza significativa per quanto riguarda l’infezione dello
exit-site. Nei tre studi sopra citati é da rilevare che in due
veniva eseguita profilassi preoperatoria con Vancomicina.
Nello studio di Tsimoyiannis et al. (20) non veniva utilizzata premedicazione con antibiotico; i tempi di break-in
erano differenti tra i due tipi di inserzione: immediato con
laparoscopia e posticipato a 24-48 ore con tecnica laparotomica tradizionale.
Tecnica chirurgica: inserzione standard versus marsupializzazione (con break-in di almeno 6 settimane). Sono
stati pubblicati relativamente a questo aspetto 2 RCT (22,
23). I due studi differiscono per il tipo di catetere utilizzato: catetere di Moncrieff e Popovich e catetere di Tenckhoff.
Non esistono differenze significative per quanto riguarda
l’incidenza di peritoniti (2 RCT, 119 pazienti, 2511 pazienti/mese trattamento, RR 1.16; IC 95% 0.37-3.60) e l’infezione dello “exit-site” (2 RCT, 119 pazienti, 2511 pazienti/mese trattamento, RR 1.15; IC 95% 0.39-3.42). Non
viene riportata nessuna differenza per quanto riguarda la
mortalità (2 RCT, 119 pazienti, RR 0.90; IC 95% 0.392.08) né per il drop-out dalla tecnica (1 RCT, 60 pazienti,
RR 0.33; IC 95% 0.04-3.03).
Sede di inserzione del catetere (mediana versus laterale) e caratteristiche del catetere nel tratto sottocutaneo
(swan-neck o diritto). I 2 RCT pubblicati (14, 25) non
hanno mostrato differenze significative per il rischio di sviluppare peritonite (122 pazienti RR 0.65; IC 95% 0.321.33) o il rischio di exit-site tunnel infection (122 pazienti
RR 0.65; IC 95% 0.12-2.58). In un RCT viene riportata
anche la mortalità: nessuna differenza per i due tipi di tecnica impiegata (1 RCT, 37 pazienti, RR 8.5; IC 95%, 0.5143.3). In un RCT (26) viene riportata una minor incidenza di rimozione/sostituzione del catetere peritoneale con
l’inserzione sulla linea mediana (1 RCT, 83 pazienti RR
0.57; IC 95% 0.33-0.98).
Immobilizzazione versus non immobilizzazione del
tratto esterno del catetere. L’unico studio pubblicato su
questo tipo di intervento (27) non dimostra alcuna differenza significativa sul rischio di peritonite (66 pazienti, RR
1.20; IC 95% 0.59-2.42) e di infezione dell’exit-site o del
tunnel sottocutaneo (RR 0.65; IC 95% 0.35-1.22).
Tipo di connettologia. Certa è l’importanza del tipo di
connettologia utilizzata: il set ad Y e i sistemi a doppia
sacca sono nettamente superiori alle altre connessioni (1, 7,
9). Più difficile è stabilire se vi siano realmente differenze
tra set ad Y con disinfettante e sistemi a doppia sacca. In
una prima revisione Cochrane (9) su 19 RCT utilizzabili
sono stati identificati 991 pazienti valutabili. Negli RCT
che paragonavano il set standard al sistema ad Y o al doppia sacca, questi ultimi due avevano una incidenza di peritoniti nettamente inferiore (RR 0.33; IC 95% 0.24-0.46).
Disegno
dello studio
RCT
RCT
RCT
RCT
Quasi RCT
RCT
RCT
RCT
N. pazienti
40
60
60
41
37
40
40
60
Akyol AM,
1990 (16)
Danielsson A,
2002 (22)
Park MS,
1998 (23)
Dasgupta MK,
2000 (24)
Ejkersen E,
1990 (25)
Eklund BH,
1994 (11)
Eklund BH,
1995 (12)
Eklund BM,
1997 (17)
Autore ed anno
Finlandia
Finlandia
Finlandia
Svezia
Canada
Corea
Svezia
Scozia
Setting
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI
Pazienti consecutivi
selezionati per la DP
Pazienti consecutivi
selezionati per la DP
Pazienti consecutivi
selezionati per la DP
Pazienti da avviare
alla dialisi. L’avvio era
alternato tra DP ed
HD (1:1)
Non specificate
Pazienti avviati
alla DP e che iniziavano
il trattamento dialitico 6
settimane dopo l’inserzione
del catetere
Pazienti giudicati
idonei alla DP e che non
necessitavano di trattamento
dialitico per almeno
6 settimane dopo l’inserzione
del catetere
Pazienti immessi
in DP
consecutivamente
Caratteristiche
partecipanti
Inserzione di
catetere tipo
Tenckhoff a 1 cuffia
Inserzione di
catetere tipo Tenckhoff
a 2 cuffie
Inserzione di catetere
tipo Tenckhoff
a 1 cuffia
Inserzione di
catetere laterale
tipo Tenckhoff
a 1 cuffia
Impianto di catetere
tipo Moncrief-Popovich
Impianto di
catetere
marsupializzato
tipo swan-neck
a doppia cuffia
Impianto di
catetere marsupializzato
Impianto di
catetere Tenckhoff
tipo diritto
Intervento
sperimentale
Inserzione di
catetere tipo
Tenckhoff a 2 cuffie
Inserzione di
catetere tipo
swan-neck
a 2 cuffie
Inserzione di
catetere tipo
swan-neck
a 1 cuffia
Inserzione di
catetere mediana
tipo Tenckhoff
a 1 cuffia
Impianto di catetere
tipo Tenckhoff
Impianto di
catetere non
marsupializzato
tipo swan-neck
a doppia cuffia
Impianto di
catetere non
marsupializzato
Impianto di
catetere Tenckhoff
tipo coil
Intervento
di controllo
20
Non riportato
60
15
23
24
24
18
Follow-up
(mesi)
segue
Confronto tra due
diversi tipi di catetere
con direzione dell’exit
diversa (in basso
o in alto). Incidenza di
peritoniti troppo alta
(circa 1 episodio/anno
paziente)
Commenti
Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
S139
S140
Disegno
dello studio
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
RCT
N. pazienti
148
40
72
85
89
50
Autore ed anno
Gadallah MF,
1999 (19)
Lye WC,
1995 (15)
Nielsen PK,
1995 (13)
Rubin J,
1990 (14)
Scott PD,
1994 (26)
Tsimoyiannis EC,
2000 (20)
Grecia
Inghilterra
USA
Danimarca
Singapore
USA
Setting
Pazienti avviati alla DP
Pazienti avviati alla DP
Pazienti selezionati
per la DP alla prima
inserzione di catetere
peritoneale
Pazienti consecutivi
selezionati per la DP
Pazienti consecutivi
selezionati per la DP
Pazienti selezionati
per la DP
Caratteristiche
partecipanti
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI (segue)
Inserzione di catetere
tipo Tenckhoff diritto con
tecnica laparotomica ed
anestesia locale senza
fissaggio intraddominale
del catetere
Inserzione di catetere tipo
Tenckhoff diritto a 2 cuffie
con tecnica chirurgica
Inserzione di catetere
per via chirurgica.
Gruppo 1: Catetere
diritto inserzione mediana
Gruppo 3: Catetere diritto
inserzione laterale
Inserzione di catetere
tipo Tenckhoff
diritto a 1 cuffia
Inserzione di
catetere tipo Tenckhoff
diritto a 2 cuffie
Inserzione di
catetere peritoneale
con tecnica
peritoneoscopica
Intervento
sperimentale
24
15
12
36
Follow-up
(mesi)
Inserzione di catetere
21
tipo Tenckhoff diritto
con tecnica
laparoscopica ed
anestesia totale con
fissaggio intraddominale
del catetere
Inserzione di catetere
12
standard coiled (Gruppo 1)
e Toronto Western doppio
disco (Gruppo 2) con
tecnica chirurgica
Inserzione di catetere
per via chirurgica.
Gruppo 2:
Catetere spirale
inserzione mediana
Gruppo 4:
Catetere spirale
inserzione laterale
Inserzione di
catetere tipo
Tenckhoff coil
a 1 cuffia
Inserzione di
catetere tipo
swan-neck coil
a 2 cuffie
Inserzione di
catetere peritoneale
con tecnica
chirurgica
Intervento
di controllo
segue
Follow-up medio
di soli 6 mesi.
Riporta solo le
peritoniti causa di
rimozione. Vi sono
differenze solo nei
problemi di drenaggio.
Sopravvivenza del
catetere troppo bassa
(72 e 28% ad un
anno)
Commenti
Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
RCT
RCT
RCT
66
45
139
Turner K,
1992 (27)
Wright MJ,
1998 (21)
Crabtree JH,
2003 (18)
DP: Dialisi peritoneale
HD: Emodialisi
Disegno
dello studio
N. pazienti
Autore ed anno
USA
Inghilterra
Inghilterra
Setting
Pazienti consecutivi
selezionati per la D
Pazienti avviati alla DP
e sottoposti ad intervento
con anestesia generale
Pazienti avviati alla DP
Caratteristiche
partecipanti
TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI (segue)
Inserzione di catetere
tipo Tenckhoff a due cuffie
coil con impregnazione
di ioni di argento per via
laparoscopica e in posizione
paramediana
Inserzione di
catetere con
tecnica chirurgica
per via laparoscopica
Inserzione di
catetere tipo Tenckhoff
diritto con tecnica
chirurgica:
Gruppo 1: Immobilizzazione
del catetere con
strumenti.
Gruppo 2:
Immobilizzazione del
catetere con cerotto
Intervento
sperimentale
Inserzione di catetere
tipo Tenckhoff
a due cuffie coil
per via laparoscopica
e in posizione
paramediana
Inserzione di
catetere con
tecnica chirurgica
per via laparotomica
Inserzione di catetere
tipo Tenckhoff diritto
con tecnica
chirurgica senza
immobilizzazione
Intervento
di controllo
22
24
15
Follow-up
(mesi)
Intervento di
laparoscopia convertito
a tradizionale nel
15% per problemi
tecnici intraoperatori.
Durata media dell'intervento sorprendentemente bassa (14 e 23
min per via chirurgica
o laparoscopica). Con
la laparoscopia leakage nel 10% dei
pazienti e maggiore
numero di peritoniti
precoci (3 vs 1)
Problemi di
verifica della
compliance. Adeguata
l’immobilizzazione
con il solo cerotto?
Follow-up
troppo variabili
e brevi
Commenti
Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
S141
S142
Sì
No
No
No
No
Sì
Sì
No
No
No
Sì
No
non riportato
No
No
Sì
No
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Adeguato
Non chiaro
Non chiaro
Inadeguato
Inadeguato
Adeguato
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Non chiaro
Danielson A, 2002 (22)
Park MS, 1998 (23)
Dasgupta MK, 2000 (24)
Ejkersen E, 1990 (25)
Eklund BH, 1994 (11)
Eklund BH, 1995 (12)
Eklund BH, 1997 (17)
Gadallah MF, 1999 (19)
Lye WC, 1995 (15)
Nielsen PK, 1995 (13)
Rubin J, 1990 (14)
Scott PD, 1994 (26)
Tsimoyiannis EC, 2000 (20)
Turner K, 1992 (27)
Wright MJ, 1998 (21)
Crabtree JH, 2003 (18)
Pazienti
Non chiaro
Metodo di segretezza
della randomizzazione
(allocation
concealment)
Akyol AM, 1990 (16)
Autore ed anno
TABELLA II - QUALITÀ DEGLI RCT INCLUSI
No
Sì
No
No
Non riportato
No
Sì
No
No
No
Sì
Sì
No
No
No
No
Sì
Ricercatori
Utilizzo del
cieco (blinding)
No
No
Non riportato
No
Non riportato
No
No
No
No
No
Non riportato
No
No
No
No
No
No
Medici che hanno
valutato l’outcome
No
No
No
No
Non riportato
No
Sì
No
No
Sì
Non riportato
Sì
si
No
No
No
No
Utilizzo analisi per
intenzione al trattamento
(Intention-totreat analysis)
Non riportate
10
Non riportate
10
Non riportate
Non chiaro
4.4
7.5
3.3
0
Non riportate
0
0
Non riportate
1.6
1.6
5
Perdite al
follow-up (%)
Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
6/30 (20%)
Eklund BH, 1994 (11)
Ejkersen E, 1990 (25)
Dasgupta MK, 2000 (24)
Park MS, 1998 (23)
0/20
Infezione dell’exit-site e del tunnel (incidenza
episodi/mesi trattamento)
Mortalità
Infezione dell’exit-site e del tunnel
0/20
11/20 (55%)
21/327 (6.4%)
Peritonite incidenza
Episodi/mesi trattamento
Rimozione del catetere
3/20 (15%)
10/327 (3%)
Peritonite
0/21
1/21 (4.8%)
Infezione del tunnel
Complicanze chirurgiche e/o meccaniche
0/21
1/21 (4.8%)
Peritonite
Infezione dell’exit-site e del tunnel
Mortalità
n.r.
n.r.
Peritonite
39/493 (7.9%)
Infezione dell’exit-site e del tunnel
Episodi/mesi trattamento
3/30 (10%)
37/493 (7.5%)
Mortalità
Peritonite
Episodi/mesi trattamento
5/475 (1%)
Infezione dell’exit-site e del tunnel
Episodi /mesi trattamento
11/475 (2.3%)
Mortalità
Peritonite
Episodi /mesi trattamento
3/20 (15%)
Peritonite
Danielsson A, 2002 (22)
3/20 (15%)
Infezione dell’exit-site e del tunnel
Akyol AM, 1990 (16)
Gruppo di intervento
(numero di pazienti con
eventi/numero totale di
pazienti in quel gruppo)
Outcomes
Autore ed anno
TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE)
4/20 (20%)
0/20
19/327 (5.8%)
9/20 (45%)
11/381 (2.9%)
4/20 (20%)
0/16
0/16
3/16 (18.7%)
0/16
n.r.
n.r.
43/410 (10.5%)
45/410 (10.9%)
5/29 (17.2%)
5/1133 (0.4%)
12/1133 (1%)
5/30 (16.6%)
3/20 (15%)
3/20 (15%)
Gruppo controllo
(numero di pazienti
con eventi/numero
totale di pazienti
in quel gruppo)
0.11 (0.01-1.94)
n.e.
1.11 (0.61-2.02)
1.22 (0.65-2.29)
1.06 (0.46-2.46)
0.75 (0.19-2.93)
n.e.
2.32 (0.10-53.49)
0.25 (0.03-2.22)
n.e.
0.75 (0.50-1.14)
0.68 (0.45-1.04)
0.58 (0.15-2.21)
2.39 (0.69-8.20)
2.19 (0.97-4.92)
1.20 (0.41-3.51)
0.79 (0.40-1.57)
1.0 (0.23-4.37)
Rischio relativo
(intervallo di
confidenza 95%)
-20
0.8
10
0.1
-5
4.8
-13.9
-2.6
-3.4
-7.2
0.6
1.3
3.4
0
0
segue
Differenza di rischio
(%)
Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
S143
S144
Scott PD, 1994 (33)
Rubin J, 1990 (14)
Nielsen PK, 1995 (13)
Lye WC, 1995 (15)
Gadallah MF, 1999 (19)
Eklund BH, 1997 (17)
Infezione dell’exit-site e del tunnel (incidenza
episodi/mesi trattamento)
11/76 (14.5%)
20/267 (7.5%)
14/20 (70%)
2/38 (5.3%)
Peritonite
Peritonite
(episodi/mesi trattamento)
Infezione dell’exit-site
Peritonite
3/30 (10%)
1/30 (3.3%)
1/30 (3.3%)
Infezione del tunnel e dell’exit-site
Mortalità
1/42 (2.4%)
Infezione del tunnel e dell’exit-site
Peritonite
12/42 (28.6%)
Peritonite
n.r.
9/76 (11.8%)
Infezione del tunnel e dell’exit-site
19/58 (32.7%)
Mortalità
Mortalità
n.r.
Infezione dell’exit-site e del tunnel
Insuccesso della tecnica
n.r.
n.r.
Peritonite
1/20 (5%)
Mortalità
n.r.
12/20 (60%)
23/476 (4.8%)
Infezione dell’exit-site e del tunnel
Rimozione del catetere
15/476 (3.1%)
9/20 (45%)
Peritonite
Eklund BH, 1995 (12)
Peritonite (incidenza
episodi/mesi trattamento)
Gruppo di intervento
(numero di pazienti con
eventi/numero totale di
pazienti in quel gruppo)
Outcomes
Autore ed anno
TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE) (segue)
6/59 (10.2%)
1/59 (1.7%)
6/59 (10.2%)
5/41 (12.2%)
8/41 (19.5%)
n.r.
2/34 (5.9%)
9/20 (45%)
22/275 (8%)
16/72 (22.2%)
9/72 (12.5%)
32/58 (55.2%)
n.r.
n.r.
n.r.
3/20 (15%)
n.r.
20/342 (5.8%)
10/20 (50%)
13/342 (3.8%)
8/20 (40%)
Gruppo controllo
(numero di pazienti
con eventi/numero
totale di pazienti
in quel gruppo)
0.33 (0.04-2.60)
1.97 (0.13-30.36)
0.98 (0.26-3.66)
0.20 (0.2-1.60)
1.46 (0.67-3.21)
0.89 (0.13-6.01)
1.56 (0.89-2.73)
0.94 (0.52-1.68)
0.65 (0.32-1.31)
0.95 (0.40-2.25)
0.59 (0.38-0.92)
0.33 (0.04-2.94)
0.83 (0.46-1.48)
1.20 (0.68-2.11)
0.83 (0.40-1.72)
1.13 (0.55-2.32)
Rischio relativo
(intervallo di
confidenza 95%)
-6.9
1.6
-0.2
-9.8
9.1
-0.6
25
-0.5
-7.7
-0.7
-22.5
-10
-1
10
-0.7
5
segue
Differenza di rischio
(%)
Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
4/21 (19%)
0.37
Insuccesso della tecnica
Mortalità
Peritonite
Episodi/anno/paziente
Infezione del tunnel e dell’exit-site
0.52
8/21 (38.1%)
Rimozione e/o riposizionamento del catetere
Episodi/anno/paziente
5/21 (23.8%)
8/21 (38.1%)
Peritonite
n.r.: non riportato; n.e.: non eseguibile
Crabtree JH, 2003 (18)
Wright MJ, 1998 (21)
n.r.
n.r.
1/20 (5%)
Insuccesso della tecnica
Infezione del tunnel e dell’exit-site
1/20 (5%)
Rimozione e/o riposizionamento del catetere
2000 (20)
Peritonite
3/20 (15%)
Peritonite
Tsimoyiannis EC,
Turner K, 1992 (27)
Gruppo di intervento
(numero di pazienti con
eventi/numero totale di
pazienti in quel gruppo)
Outcomes
Autore ed anno
TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE) (segue)
0.45
0.37
3/24 (12.5%)
8/24 (33.3%)
8/24 (33.3%)
8/24 (33.3%)
n.r.
n.r.
3/25 (12%)
3/25 (12%)
5/25 (20%)
Gruppo controllo
(numero di pazienti
con eventi/numero
totale di pazienti
in quel gruppo)
n.e.
n.e.
1.52 (0.38-6.04)
1.14 (0.52-2.51)
1.14 (0.52-2.51)
0.71 (0.28-1.85)
0.42 (0.05-3.71)
0.42 (0.05-3.71)
0.75 (0.20-2.77)
Rischio relativo
(intervallo di
confidenza 95%)
6.5
4.8
4.8
-9.5
-7
-7
-5
Differenza di rischio
(%)
Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
S145
Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
Negli RCT che paragonavano il sistema a doppia sacca con
il sistema ad Y, la prima connettologia era associata ad un
numero significativamente più basso di peritoniti (RR 0.44;
IC 95% 0.27-0.71). In una più recente revisione Cochrane
(10) effettuata con la stessa metodologia, ma con criteri più
restrittivi, gli Autori hanno potuto soltanto dimostrare che il
set a Y e il sistema a doppia sacca, rispetto al sistema convenzionale, riduce il rischio di peritonite (7 RCT, 485
pazienti, RR 0.64; IC 95% 0.53-0.77); non vi sono differenze tra Y set e sistema a doppia sacca.
Sintesi dell’evidenza
Il set a Y e il sistema a doppia sacca riducono il rischio di
peritonite rispetto al sistema convenzionale.
Non sono attualmente disponibili evidenze che dimostrino una efficacia nel prevenire le peritoniti da parte di materiale del catetere (sylastic vs poliuretano), direzione dell’exit-site, percorso del tunnel sottocutaneo (presternale verso
addominale), tecnica chirurgica (metodica chirurgica versus metodica semichirurgica), durata del break-in.
Implicazioni per la pratica clinica
Nella valutazione di uno studio controllato, non va
dimenticato che oltre alla correttezza formale dello studio
vi sono altri aspetti che potrebbero influenzare i risultati,
quali l’esperienza del singolo centro, il tipo e l’esperienza
dell’operatore nel posizionamento del catetere, la dimestichezza con l’una o l’altra tecnica, la tipologia dei pazienti e
l’organizzazione nella gestione dei pazienti uremici.
In queste Linee Guida sono stati considerati esclusivamente l’incidenza e l’outcome relativo alle peritoniti e
“all’exit-site infection” (ESI). Non sono stati volutamente
analizzati altri aspetti, quali la mortalità, i costi, la durata di
ricovero, la necessità di anestesia generale, le complicanze
non infettive, come malposizione del catetere, efficienza
dello scarico, estrusione della cuffia, leakages, le complicanze o le difficoltà all’inserzione o alla rimozione, gli
aspetti estetici dei diversi cateteri o connettologie, che
comunque possono influenzare la scelta del catetere o della
tecnica di posizionamento.
In database retrospettivo (28) viene documentato un
numero inferiore di peritoniti nel catetere a doppia cuffia
rispetto a quello a cuffia singola. Dati analoghi sono riportati in pazienti pediatrici nel Nord-America (29). I dati del
registro giapponese su pazienti pediatrici documentano una
miglior sopravvivenza del catetere con doppia cuffia, ma
non una differenza nell’incidenza di peritonite. Hwang e
Huang (30) trovano una riduzione dell’incidenza di infezioni dello skin-exit e del tunnel nel confronto tra catetere di
Tenckhoff classico e catetere swan-neck Missouri 2.
Gadallah et al. hanno analizzato retrospettivamente 462
S146
pazienti con catetere a doppia cuffia diritto con catetere
tipo swan-neck e non hanno evidenziato differenza significativa per l’incidenza di peritoniti (19).
Per quanto riguarda i cateteri “autolocante” esiste uno
studio retrospettivo (31) che non evidenzia differenze significative nell’incidenza di peritoniti tra il catetere “autolocante” e il catetere classico di Tenckhoff.
In mancanza di sufficienti evidenze per l’efficace prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale è opinione dei
redattori che sia fondamentale per i Centri applicare le tecniche di inserzione e gestione del catetere peritoneale in cui
hanno maggiore esperienza e concentrare gli sforzi organizzativi per favorire l’avvio di studi controllati al fine di
definire le modalità e le tecniche con i risultati migliori.
Applicabilità
Gli RCT considerati sono stati pubblicati prevalentemente tra il 1990 e il 2000 (13 su17), mentre 10 su 17 prima del
1995 e soltanto 2 nel 2002 e nel 2003. Risentono pertanto
di problematiche relative alle tecniche chirurgiche, di anestesia e di break-in (molti pazienti venivano avviati alla dialisi peritoneale anche immediatamente dopo l’inserzione
del catetere) oggi cadute in disuso e di una dispersione delle
risorse per lo studio di tipi di cateteri e di inserzioni abbandonati da tempo dalla maggior parte dei teams nefrologici.
Allo stato attuale le evidenze riportate in letteratura sono
da considerarsi applicabili nella realtà Italiana, anche se i
lavori valutati in queste Linee Guida mostrano spesso differenze nel tipo di connettologia usata, nell’età media dei
pazienti all'inizio della dialisi e soprattutto nell’incidenza
attesa di peritoniti, infezioni dell’exit e sopravvivenza del
catetere, rispetto alla realtà italiana attuale. È sempre molto
difficile valutare l’applicabilità di risultati che utilizzano
connettologie (diversi tipi di Y set e/o di doppia sacca)
diverse rispetto a quelle utilizzate nella singola realtà nazionale o aziendale. Non necessariamente i risultati ottenuti
paragonando un certo di tipo di set a Y con un certo tipo di
doppia sacca sono estensibili a tutti i set a Y rispetto a tutti
i sistemi a doppia sacca. Inoltre, molti degli studi considerati utilizzano connettologie ormai in disuso perchè producevano un maggior numero di peritoniti rispetto al set a Y.
Infine molti degli studi considerati hanno follow-up di
durata molto breve, per cui i risultati non sono applicabili
quando l’attesa per il trapianto sia lunga o addirittura il
paziente non sia idoneo.
I dati sull’incidenza di peritoniti in Italia (0.48 episodi
anno paziente) provengono da vecchi risultati del Gruppo
Cooperativo (32) oppure da studi più recenti (33) limitati a
registri di gruppi più piccoli di pazienti (1/27 mesi in
CAPD e 1/37 mesi in APD). Su queste basi, comunque,
l’incidenza di peritoniti è inferiore a quella riportata nella
maggior parte degli studi considerati. Nei pazienti pediatrici i dati del Registro Italiano dimostrano una prevalenza più
Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
elevata di peritoniti (1/19.8 mesi) con una sopravvivenza
del catetere del 69% a due anni (34). Tali differenze sono
difficilmente spiegabili e possono essere ipotizzati diversi
fattori: differente esperienza specifica degli operatori
(nefrologi o chirurghi), differenze di selezione (valutazione
dei criteri di idoneità) o tipologia (pediatrici, anziani, diabetici, non autosufficienti, ecc.) dei pazienti, differente
accuratezza nell’addestramento, diversa frequenza dei controlli e tempestività di eventuali interventi preventivi.
Implicazioni per la ricerca
Non riteniamo che l’incidenza di peritoniti possa essere
ridotta prevalentemente con il cambio delle strategie correlate al catetere. Studi su queste strategie sono indispensabili invece per evidenziare differenze nell’incidenza di ESI (di
cui la peritonite è spesso una conseguenza) o di ospedalizzazione precoce. Sarebbe utile promuovere RCT multicentrici che, utilizzando esperienze comuni e più aggiornate,
rispondano a quesiti semplici sul posizionamento mediano o
laterale del catetere, sul tipo di catetere, sulla tecnica di
inserzione, sui tempi di break-in, sulla terapia antibiotica
perioperatoria su un ampio numero di pazienti.
Tra gli studi che mancano o che presentano carenze importanti riteniamo che molti non possano essere programmati in
modo corretto per la difficile selezione dei pazienti (ad esempio break-in o marsupializzazione), oppure per la scarsa accettabilità di una delle due alternative da parte dei pazienti (presternal vs standard, oppure Y lunga con disintefettante versus
double-bag) o per lo scarso utilizzo di una delle due alternative (catetere poliuretano vs sylastic o Y lunga versus doublebag) o per la necessità di particolari esperienze o attrezzature
o di anestesia generale (laparoscopia vs standard, presternal vs
standard), per la necessità di procedure e strumenti difficilmente uniformabili (immobilizzazione versus non immobilizzazione del tratto esterno del catetere).
Nell’ottica delle peritoniti secondarie ad ESI, riteniamo
quindi proponibili i seguenti studi:
1) Valutazione dell’effetto di diverse direzioni dell’exitsite, con lo stesso tipo di catetere, di connettologia e la stessa distanza della cuffia dalla cute.
2) Le caratteristiche del catetere nel tratto sottocutaneo.
Lo studio dovrebbe essere riservato a posizionamenti in
anestesia locale, con stessa direzione dell’exit-site, stessa
connettologia, stessa distanza della cuffia dalla cute, stessa
tecnica (chirurgica, o semichirurgica), stessi operatori
esperti in entrambe le tecniche.
3) La sede di inserzione del catetere: mediana semichirurgica a cielo aperto versus laterale chirurgica, attraverso
il muscolo retto. Lo studio dovrebbe essere condotto in
modo da definire la procedura in modo uniforme utilizzando lo stesso tipo di catetere, la stessa direzione dell’exitsite, la stessa connettologia, la stessa distanza dalle cuffie.
Per tutti gli studi, gli outcomes primari da considerare
dovrebbero essere l’ESI e le peritoniti e quelli secondari la
durata della prima ospedalizzazione dal posizionamento
del catetere, le complicanze precoci e le dislocazioni.
Indirizzo degli Autori:
Dr. Amedeo De Vecchi
U.O. di Nefrologia, Dialisi e Trapianti
Fondazione Ospedale Maggiore
Policlinico, Mangiagalli, Regina Elena
Via Commenda, 15
20122 Milano
e-mail: [email protected]
Bibliografia
1. Maiorca R, Cantaluppi A, Cancarini GC, et al. Prospective controlled trial of a Y connector and disinfectant to prevent peritonitis in CAPD. Lancet 1983; 2: 642-4.
2. Churcill DN, Taylor DW, Vas SL, et al. Peritonitis in CAPD a
multicenter randomized clinical trial comparing the Y connector
disinfectant system to standard systems. Perit Dial Int 1989; 9:
159-63.
3. Churchill DN, Thorpse KE, Vonesh EF, Keshaviah PR. Lower
probability of patient survival with continuous peritoneal dialysis in the United States compared with Canada. Canada-USA
(CANUSA) Peritoneal Dialysis Study Group. J Am Soc Nephrol
1997; 8: 965-71.
4. Digenis GE, Abraham G, Savin E, et al. Peritonitis-related deaths
in continuous ambulatory peritoneal dialysis (CAPD) patients.
Perit Dial Int 1990; 10: 45-7.
5. Piraino B. Staphylococcus aureus infections in dialysis patients:
focus on prevention. ASAIO J 2000; 46: 13-7.
6. Annigeri R, Conly J, Vas S, et al. Emergence of mupirocin-resistant Staphylococcus aureus in chronic peritoneal dialysis
patients using mupirocin prophylaxis to prevent exit-site infection. Perit Dial Int 2001; 21: 554-9.
7. Piraino B, Bailie GR, Bernardini J, et al. International Society of
Peritoneal Dialysis Guidelines/Recommendations - Peritoneal
Dialysis-Related Infections Recommendations: 2005 Update.
Perit Dial Int 2005; 25: 107-31.
8. Perez Fontan M, Rodriguez-Carmona A, Garcia-Naveiro R,
Rosales M, Villaverde P, Valdes F. Peritonitis-related mortality in
patients undergoing chronic peritoneal dialysis. Perit Dial Int
2005; 25: 274-84.
9. Daly C, Campbell M, Cody Y, et al. Double bag or Y set versus
standard transfer systems for continuous ambulatory peritoneal
dialysis in end stage renal disease. Cochrane Database Syst Rev
2001 (2): CD 003078.
10. Strippoli GF, Tong A, Johnson D, Schena FP, Craig JC. Catheter-
S147
Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
related interventions to prevent peritonitis in peritoneal dialysis
patients: a systematic review of randomised, controlled trials. J
Am Soc Nephrol 2004; 15: 2735-46.
Eklund BH, Honkanen EO, Kala AR, Kyllonen LE. Catheter configuration and outcome in patients on continuous ambulatory
peritoneal dialysis: a prospective comparison of two catheters.
Perit Dial Int 1994; 14: 70-3.
Eklund BH, Honkanen EO, Kala AR, Kyllonen LE. Peritoneal
dialysis access: prospective randomised comparison of the Swan
neck and Tenckhoff catheters. Perit Dial Int 1995; 15: 353.
Nielsen PK, Hemmingsen C, Friis SU, Ladefoged J, Olgaard K.
Comparison of straight and curled Tenckhoff peritoneal dialysis
catheters implanted by percutaneous technique: a prospective
randomised study. Perit Dial Int 1995; 15: 18-21.
Rubin J, Didlake R, Raju S, Hsu H. A prospective randomized
evaluation of chronic peritoneal catheters. Insertion site and
intraperitoneal segment. ASAIO Transactions 1990; 36: 497.
Lye WC, Kour NW, van der Straaten JC, Leong SO, Lee EJ. A
prospective randomized comparison of the Swan neck, coiled,
and straight Tenckhoff catheters in patients on CAPD. Perit Dial
Int 1996; 16 (Suppl. 1): 333.
Akyol AM, Porteous C, Brown MW. A comparison of two types
of catheters for continuous ambulatory peritoneal dialysis
(CAPD). Perit Dial Int 1990; 10: 63.
Eklund BH, Honkanen E, Kyllonen L, Salmela K, Kala AR.
Peritoneal dialysis access: prospective randomized comparison
of single-cuff and double-cuff straight Tenckhoff catheters.
Nephrol Dial Transplant 1997; 12: 2664.
Crabtree JH, Burchette RJ, Siddiqi RA, Huen IT, Hadnott LL,
Fishman A. The efficacy of silver-ion implanted catheters in
reducing peritoneal dialysis-related infections. Perit Dial Int
2003; 23: 368-74.
Gadallah MF, Pervez A, el-Shahawy MA, et al. Peritoneoscopic
versus surgical placement of peritoneal dialysis catheters: a prospective randomized study on outcome. Am J Kidney Dis 1999;
33: 118.
Tsimoyiannis EC, Siakas P, Glantzounis G, et al. Laparoscopic
placement of the Tenckhoff catheter for peritoneal dialysis. Surg
Laparosc Endosc Percutan Tech 2000; 10: 218.
Wright MJ, Beleed K, Johnson BF, Eadington DW, Sellars L, Farr
MJ. Randomized prospective comparison of laparoscopic and
open peritoneal dialysis catheter insertion. Perit Dial Int 1999;
19: 372-5.
S148
22. Danielsson A, Blohme L, Tranaeus A, Hylander B. A prospective
randomized study of the effect of a subcutaneously buried\ peritoneal dialysis catheter technique versus standard technique on
the incidence of peritonitis and exit-site infection. Perit Dial Int
2002; 22: 211-9.
23. Park MS, Yim AS, Chung SH, et al. Effect of prolonged subcutaneous implantation of peritoneal catheter on peritonitis rate
during CAPD: a prospective randomized study. Blood Purif
1998; 16: 171.
24. Dasgupta MK, Perri D, Fox S. Exit site infection, but not peritonitis, is reduced by the use of Moncrief-Popovich catheters in comparison to Tenckhoff catheters. Presented at the American Society of
Nephrology Renal Week, Toronto, Canada, October 2000.
25. Ejkersen E, Steven K, Lokkergaard H. Paramedian versus midline incision for the insertion of permanent peritoneal dialysis
catheters. Scand J Urol 1990; 24: 151.
26. Scott PD, Bakran A, Pearson R, et al. Peritoneal dialysis access.
Prospective randomized trial of 3 different peritoneal cathetersPreliminary report. Perit Dial Int 1990; 14: 289-90.
27. Turner K, Edgar D, Hair M, et al. Does catheter immobilization
reduce exit-site infections in CAPD Patients? Adv Perit Dial
1992; 8: 265.
28. Catheter related factors and peritonitis risk in CAPD patients.
Am J Kidney Dis 1992; 20 (Suppl. 2): 48-54.
29. Warady BA, Sullivan EK, Alexander SR. Lessons from the peritoneal dialysis patient database: a report of the North American
Pediatric Renal Transplant Cooperative Study. Kidney Int 1996;
53 (Suppl. 1): S68-71.
30. Hwang TL, Huang CC. Comparison of Swan neck catheter with
Tenckhoff catheter for CAPD. Adv Perit Dial 1994; 10: 203-5.
31. Minguela I, Lanuza M, Ruiz de Gauna R, et al. Lower malfunction rate with self locating catheters. Perit Dial Int 2001; 21
(Suppl. 3): S209-12.
32. Viglino G, Cancarini G, Catizone L, et al. The impact of peritonitis on CAPD results. Adv Perit Dial 1992; 8: 269-75.
33. D’Adamo G, Di Napoli A, Amoroso F, et al. Studio collaborativo sulla dialisi peritoneale come primo trattamento nella regione
Lazio (1994-2000). G Ital Nefrol 2003: 20: 381-7.
34. Verrina E, Andretta B, Bassi S, et al. Chronic peritoneal dialysis
in pediatrics: experience of a national registry. Pediatr Nephrol
1992; 6: 78-81.
Peritoniti in dialisi peritoneale
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S149-S164
Terapia iniziale della peritonite in dialisi
peritoneale: Linea Guida
V. La Milia, G. Virga, M. D’Amico, R. Russo, R. Corciulo, A. Amici, A. De Vecchi, M. Feriani,
M. Salomone, G. CancariniUniversità di Brescia, Brescia
Treating peritonitis in peritoneal dialysis: guideline from the Italian Society of
Nephrology
Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. The
present guideline reports evidence of interventions to treat peritonitis in peritoneal dialysis (PD).
Methods. SR of RCT and RCT on treatments for peritoneal dialysis peritonitis were identified referring to a Cochrane
Library and Renal Health Library search (2005 update). Quality of SR and RCT was assessed according to current methodological standards.
Results. Thirty-six RCT were found addressing the intervention issue. Vancomycin or first generation cephalosporins may
be used for treating peritoneal dialysis peritonitis due to Gram-positive agents. Third-generation cephalosporins or aminoglycosides may be used for Gram-negative agents peritonitis. Association of first-generation cephalosporins and agents
against Gram-negative bacteria via the intraperitoneal route represents the most frequently used approach. Intraperitoneal
administration of antibiotic agents is the most effective treatment of peritoneal dialysis peritonitis. Intermittent administration may be preferred to continuous administration of antibiotic agents in peritoneal dialysis peritonitis.
Conclusion. In peritoneal dialysis peritonitis current evidence supports the hypothesis that intraperitoneal administration
of antibiotics agents and intermittent administration may be preferred to other routes of administration and continuous
administration. Further studies are necessary to test this hypothesis in selected patient populations. (G Ital Nefrol 2007; 24
(Suppl. 37): S149-64)
KEYWORDS: Peritonitis, Peritoneal dialysis, Antibiotic therapy
PAROLE CHIAVE: Peritoniti, Dialisi peritoneale, Terapia antibiotica
LINEA GUIDA
Via di somministrazione dei farmaci antimicrobici
La somministrazione intraperitoneale (IP) di Vancomicina è superiore alla somministrazione endovenosa (EV) dello
stesso farmaco ed è gravata da una minore incidenza di recidive di peritonite; non vi sono differenze, quando la dose di
carico della Vancomicina è somministrata IP o EV se seguita dalla somministrazione IP di una stessa dose di mantenimento (livello di evidenza 2).
La somministrazione IP di un singolo farmaco antimicrobico (Ciprofloxacina, Ofloxacina e Cefradina) tende ad essere superiore alla somministrazione per os (PO) dello stesso farmaco; con entrambe le vie, un elevato numero di pazienti non risponde alla terapia (livello 2).
La somministrazione IP di due farmaci antimicrobici (Vancomicina/Aminoglicoside o Cefalosporina/Aminoglicoside)
non è superiore alla somministrazione PO di un farmaco chinolonico (Ciprofloxacina, Ofloxacina, Levofloxacina,
Pefloxacina) da solo o associato alla somministrazione IP o PO di un altro farmaco; la somministrazione PO dei farmaci antimicrobici è più spesso associata a nausea e vomito (livello 2).
© Società Italiana di Nefrologia
S149
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
Dose di somministrazione per via intraperitoneale dei farmaci antimicrobici
Alte dosi di Imipenem somministrate IP hanno una maggiore efficacia rispetto a basse dosi dello stesso farmaco somministrate IP (livello 2); non vi è una differenza significativa nell’incidenza di convulsioni tra somministrazione di alte
e basse dosi (livello 2).
Modalità di somministrazione dei farmaci antimicrobici per via intraperitoneale
Non vi è differenza nella risposta clinica fra la somministrazione IP dei farmaci antimicrobici (Gentamicina,
Vancomicina, Vancomicina/Ceftazidima, Teicoplanina/Ceftazidima) in modo continuo o in modo intermittente negli
adulti in CAPD e nei bambini in APD (livello 2); la percentuale di recidive di peritoniti è inoltre simile fra le due modalità di somministrazione (livello 2).
Somministrazione intraperitoneale di differenti schemi di farmaci antimicrobici
La somministrazione IP dell’associazione glicopeptide (Vancomicina o Teicoplanina) + aminoglicoside non offre vantaggi terapeutici rispetto alla somministrazione IP di altri farmaci antimicrobici (Imipenem, Ciprofloxacina,
Cefalotina/Tobramicina, Imipenem/Cilastina, Cefuroxima, Cefepime) (livello 2).
La somministrazione IP di Vancomicina non offre vantaggi rispetto alla somministrazione IP di Teicoplanina (livello 2).
La Vancomicina somministrata IP sembra offrire dei vantaggi rispetto alla somministrazione IP di Cefazolina (livello 2).
La somministrazione IP dell’associazione Netilmicina + Cefazolina non offre vantaggi rispetto alla somministrazione
IP dell’associazione Ceftazidima + Cefazolina (livello 2).
Gli altri schemi terapeutici paragonati (Vancomicina/Ceftazidima IP vs Cefazolina/Netilmicina IP; Vancomicina/
Cefoxatima IP vs Vancomicina/Tobramicina IP; Ciprofloxacina/Rifampicina IP vs Cefradina IP; Cefazolina/Ceftazidima IP
vs Imipenem/Cilastina IP) non hanno mostrato fra loro alcun vantaggio terapeutico (livello 2).
Funzione renale residua e terapia antimicrobica
La funzione renale residua non viene influenzata in modo differente dalla somministrazione intraperitoneale di un aminoglicoside (Netilmicina + Cefazolina) rispetto ad una cefalosporina (Ceftazidima + Cefazolina) (livello 2).
Altre misure terapeutiche
Il lavaggio peritoneale continuo con volumi elevati di soluzione per dialisi peritoneale, contenente farmaci antimicrobici (Vancomicina + Netilmicina), non offre vantaggi rispetto a due rapidi lavaggi con 2 litri di soluzione per dialisi peritoneale, contenente gli stessi antibiotici (livello 2).
La somministrazione intraperitoneale o intracatetere dell’urokinasi non offre vantaggi clinici rispetto alla
rimozione/reinserimento del catetere o al placebo, nei pazienti con peritonite persistente o recidivante (livello 2).
Premesse
La peritonite infettiva, a causa delle manifestazioni cliniche
acute e degli effetti a lungo termine sul peritoneo, è considerata la più importante complicanza della dialisi peritoneale (DP)
(1). La peritonite è una delle cause principali di drop-out dalla
DP (2) e contribuisce alla morbilità (3) e alla mortalità dei
pazienti in DP (4). Inoltre la peritonite può provocare alterazioni infiammatorie croniche a carico del peritoneo con conseguente aumento della permeabilità ai piccoli soluti e riduzione
della capacità di ultrafiltrazione che è una delle cause principali di fallimento della metodica dialitica (5).
L’incidenza di peritonite, abitualmente espressa come la
media degli intervalli (in mesi-paziente) tra i vari episodi,
S150
rimane elevata, ma grazie ai progressi nei sistemi di connessione/deconnessione, è inferiore rispetto al passato (6,
7). Tassi di peritonite di circa 1/40 mesi paziente sono stati
riportati dopo l’introduzione del sistema di connessione a Y
(2) e della doppia sacca (8). L’obiettivo, in termini di tasso
di peritonite, è aumentato da 1/20 mesi-paziente a circa
1/50 mesi (9). In Italia non esistono stime precise ed
aggiornate sul tasso di peritonite.
Diagnosi
La diagnosi di peritonite infettiva in DP proposta da Vas
(10) è quella unanimemente accettata e richiede la presenza di almeno 2 delle 3 seguenti condizioni:
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
a) dialisato torbido con > 100 leucociti/mmc, il 50% o
più dei quali neutrofili. La conta leucocitaria è positiva
se > 100/mmc in un paziente con DP in corso, indipendentemente dalla durata della stasi del dialisato raccolto.
Un valore di leucociti < 100/mmc non è da considerarsi
negativo se la stasi è stata inferiore a 4 ore come in dialisi peritoneale automatizzata (APD) dove una contemporanea percentuale di polimorfonucleati (PMN > 50%)
è fortemente indicativa di peritonite. Nei pazienti in
APD con addome vuoto di giorno o in pazienti che, per
qualunque motivo, non eseguono DP da alcune ore o
giorni la conta dei globuli bianchi può risultare falsamente positiva per la scarsa quantità di liquido presente
in addome; in questo caso non vi è generalmente sintomatologia addominale ed i leucociti sono principalmente mononucleati. Nel dubbio, può essere utile eseguire
un rapido scambio peritoneale (lavaggio) seguito da una
stasi di almeno 4 ore sul cui drenaggio si eseguirà la
conta dei leucociti. La presenza di dialisato torbido,
quasi sempre, indica la presenza di una peritonite infettiva, anche se possono essere presenti altre cause quali la
peritonite chimica, la peritonite eosinofila (generalmente asintomatica), l’emoperitoneo (drenaggio rosso o
rosato), il dialisato da addome “quasi vuoto”, il chiloperitoneo (aspetto opalino, prevalenza linfocitaria), le neoplasie (9, 11). Gli studi randomizzati esistenti hanno
messo in evidenza un rischio di peritonite simile fra
soluzioni con icodestrina e con glucosio (12, 13).
Tuttavia, in Europa si sono avute diverse segnalazioni di
peritoniti sterili associate all’uso di icodestrina (14)
dovute alla contaminazione delle soluzioni dializzanti da
parte di un peptoglicano capace di indurre una reazione
infiammatoria nel peritoneo (15, 16). La rimozione di
tale contaminante ha portato ad una marcata riduzione
dell’incidenza di peritonite sterile da icodestrina (comunicazione ufficiosa ditta produttrice);
b) sintomi e segni compatibili con flogosi peritoneale
quali manovra di Blumberg positiva, dolore addominale,
spontaneo o indotto dalla palpazione, nausea, vomito, diarrea, febbre;
c) presenza di microrganismi alla ricerca microbiologica
diretta (colorazione di Gram o per bacilli acido-alcool resistenti) e/o coltura positiva del dialisato.
Nella pratica clinica corrente è la presenza dei primi due
segni a far porre diagnosi di peritonite ed a determinare l’inizio della terapia antibiotica empirica; questa verrà poi
eventualmente modificata in base al risultato della colorazione di Gram e dell’antibiogramma.
Indagini di laboratorio
a) Conta leucocitaria. La conta leucocitaria del dialisato è
un indicatore dell’andamento clinico e dell’efficacia del trattamento (17, 18); è eseguita al microscopio (con la camera di
Burker o di Kova o altri metodi) o con i sistemi automatizza-
ti per l’emocromo (es. Coulter), ma alcuni di questi contano
come monociti i mesoteli presenti nell’effluente e possono
alterare la conta totale e quella differenziale.
Se oltre il 10% dei leucociti è costituito da eosinofili
si pone diagnosi di peritonite eosinofila. Essa è generalmente associata ad effluente torbido in assenza di qualunque sintomatologia e spesso segue ad interventi chirurgici d’inserimento, rilocazione o sostituzione del
catetere peritoneale o all’entrata d’aria in cavità peritoneale. È probabilmente il risultato di una reazione allergica locale a materiali del catetere o rilasciati dai guanti
chirurgici o alla soluzione dialitica. Si risolve, in genere, spontaneamente (19, 20).
b) Colorazione di Gram. La colorazione di Gram eseguita immediatamente all’esordio della peritonite può essere
utile, ma è positiva in meno della metà (dal 9 al 40%) dei
casi di peritonite con conferma colturale. Nell’85% dei casi
in cui è positiva, è predittiva del risultato della coltura (18,
21). Inoltre, la colorazione di Gram può essere particolarmente utile nei casi di peritoniti fungine; la presenza di funghi alla colorazione di Gram permette un tempestivo inizio
della terapia antifungina e un’appropriata programmazione
della rimozione del catetere in assenza di risposta alla terapia medica.
c) Esame colturale. Le colture devono essere eseguite
al più presto possibile: il liquido del primo scarico torbido è la fonte migliore. Il campione deve essere abbondante (almeno 50 mL); successivamente deve essere
concentrato, mediante centrifugazione a 3000 g x 15 min
ed il sedimento risospeso in 3-5 mL di fisiologica sterile. Questa sospensione deve essere inoculata in un terreno di coltura standard per il sangue e successivamente in
un terreno in aerobiosi ed uno in anaerobiosi (22). La
concentrazione del dialisato, poiché facilita la corretta
identificazione del germe e riduce il tempo di risposta, è
considerato il “gold standard” (9), ma può non essere
alla portata di tutti i laboratori; inoltre è una metodica
laboriosa, lunga ed espone alla possibilità di contaminazione dei campioni (23). Un’alternativa, altrettanto valida, è l’inoculazione di 10 mL di dialisato direttamente
nei flaconi per emocoltura (per aerobi e anaerobi).
Questo metodo è di facile e rapida esecuzione e in laboratorio permette il monitoraggio automatico continuo
della eventuale crescita batterica; inoltre è possibile utilizzare i flaconi per emocoltura contenenti resine (ad es.
BacT/Alert FAN) che adsorbono gli antibiotici nel caso
fosse già stata iniziata la terapia. Con quest’ultima metodologia è stata riportata una sensibilità di 81.1% ed una
specificità di 98.8% (24). La mancata crescita colturale,
pur in presenza di peritonite batterica, varia dallo 0 al
30% tra i diversi centri (9) e spesso dipende dalla bassa
sensibilità dei metodi di coltura utilizzati, dallo scarso
volume dei campioni o da microrganismi patogeni che
richiedono specifici terreni di coltura.
S151
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
Terapia empirica delle peritoniti
La terapia antimicrobica iniziale è fondamentale nel trattamento delle peritoniti e, in genere, viene iniziata con uno
o due farmaci ad ampio spettro nel tentativo di eradicare gli
agenti eziologici più frequenti; in seguito tale terapia subisce un aggiustamento in base ai risultati degli esami colturale e di sensibilità in vitro. La scelta del farmaco antimicrobico più idoneo per la terapia empirica è stata oggetto di
innumerevoli studi e Linee Guida (9).
L’oggetto di questa Linea Guida è il trattamento empirico della peritonite nei pazienti in dialisi peritoneale
sulla base delle evidenze che derivano dalle revisioni
sistematiche (livello di evidenza 1) e dagli studi randomizzati controllati [(RCT) (livello 2)], che valutano l’efficacia clinica (risoluzione dei sintomi e dei segni di
peritonite a breve e medio termine) della terapia (farmaco o associazione farmacologia, via e modalità continua
o intermittente di somministrazione) e utilità di terapie
aggiuntive (lavaggio peritoneale, agenti fibrinolitici,
eparina), la recidiva di peritoniti dovute allo stesso
germe, la necessità di rimuovere il catetere peritoneale e
abbandonare la metodica dialitica, l’ospedalizzazione
dei pazienti e la tossicità dei farmaci antimicrobici.
Strategia di ricerca bibliografica
La ricerca bibliografica è stata eseguita con il
ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal
Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT
prodotti in nefrologia, dialisi e trapianto. Questo elenco
deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline,
Embase, numerosi altri database di studi clinici, la ricerca
bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di
interesse nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli
RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane.
Infine la ricerca bibliografica è stata completata manualmente, facendo uso di Riviste Scientifiche, Atti
Congressuali ed altre Linee Guida.
Evidenza disponibile
Descrizione degli studi
La ricerca bibliografica ha permesso di individuare 36
RCT. Le principali caratteristiche dei 36 RCT analizzati in
questa Linea Guida sono riportati in Tabella I.
Farmaci antimicrobici e via di somministrazione. In
3 RCT si analizza la via di somministrazione endovenosa (EV) rispetto alla somministrazione intraperitoneale
(IP) dello stesso farmaco antimicrobico. In 2 studi si
paragona l’efficacia della somministrazione dello stesso
S152
farmaco EV o IP (25, 26), mentre in un terzo studio la
dose di carico è somministrata EV o IP e seguita da una
stessa dose di mantenimento IP (27). La somministrazione orale (PO) e la somministrazione IP sono paragonate
in 10 RCT. In 3 studi si analizza la somministrazione PO
o IP dello stesso farmaco (28-30). In altri 7 RCT si paragona la somministrazione PO o IP di farmaci antimicrobici differenti (31-37); in 3 RCT si paragona la somministrazione IP di vancomicina (associata ad un altro farmaco) con un chinolonico PO, mentre negli altri studi si
paragonano altri farmaci IP nei confronti di un chinolonico PO. In uno studio si paragona la somministrazione
IP di alte dosi di imipenem nei confronti di basse dosi
dello stesso farmaco (38). In 4 RCT si paragona l’efficacia della somministrazione IP intermittente rispetto alla
somministrazione continua dello stesso agente terapeutico (39-42); in uno di questi studi si paragona la somministrazione continua o intermittente di due farmaci (42).
In 15 RCT si paragona l’efficacia della somministrazione IP di differenti schemi terapeutici; in 6 studi si paragona l’associazione glicopeptide/aminoglicoside (o
altro) con altri farmaci come imipenem o imipenem/cilastina (38, 43), chinolonici (44), cefalosporine (45-48); in
2 studi si paragonano la vancomicina con la teicoplanina (42, 49), in 2 studi la vancomicina con la cefazolina
(50, 51), in uno l’associazione vancomicina/ceftazidima
con cefazolina/netilmicina (52), in uno l’associazione
cefazolina/netilmicina con cefazolina/ceftazidima (53),
in un altro l’associazione ciprofloxacina/rifampicina con
la cefradina (54) ed infine in uno l’associazione cefazolina/ceftazidima con l’imipenem/cilastina (55). Un RCT
valuta l’efficacia di un lavaggio peritoneale, con elevati
volumi di liquido per dialisi peritoneale, all’esordio
della peritonite (56). Infine, in 4 RCT è valutata l’efficacia clinica della somministrazione IP o intracatetere di
agenti fibrinolitici (57-60).
Qualità degli studi. La qualità degli studi è stata definita in base alla metodologia utilizzata dalla Cochrane,
che prevede una valutazione del metodo di segretezza
della randomizzazione (“allocation concealment”), dell’utilizzo del cieco (“blinding”), dell’analisi per intenzione al trattamento (“intention-to-treat analysis”) e
delle perdite al follow-up (“lost to follow-up”). Negli
RCT analizzati (Tab. II), i metodi di randomizzazione e
di allocazione dei pazienti sono raramente riportati, lo
studio in cieco viene utilizzato molto raramente e non
sempre è possibile stabilire se è stata applicata l’analisi
“intention-to-treat”. Infine non sempre è chiara la definizione di fallimento della terapia, l’intervallo di tempo
per la definizione di recidiva e la differenziazione fra
fallimento della terapia e recidiva.
Analisi statistica. L’analisi statistica ha valutato il rischio
relativo [“relative risk” (RR)] con intervalli di confidenza
(IC) al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici.
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
Risultati
I risultati principali degli studi analizzati in questa Linea
Guida sono riportati nella Tabella III.
Via di somministrazione dei farmaci antimicrobici
1. Somministrazione IP versus somministrazione EV
dello stesso farmaco:
a) la combinazione di vancomicina/tobramicina somministrata IP determina una maggiore probabilità di guarigione rispetto alla somministrazione EV della stessa associazione di antibiotici (1 RCT, RR 3.52; IC 95% 1.26-9.81); 1
RCT dimostra una maggiore incidenza di recidive nel gruppo trattato IV (20% vs 0%). La somministrazione EV di
vancomicina ha una maggiore incidenza di effetti collaterali (rash, red-man syndrome), anche se non significativa;
b) non vi sono differenze, quando la dose di carico di
vancomicina è somministrata EV o IP se seguita dalla somministrazione IP di una stessa dose di mantenimento.
2. Somministrazione IP versus somministrazione PO
dello stesso farmaco:
a) la somministrazione IP di ciprofloxacina, ofloxacina e
cefradina vs somministrazione PO degli stessi farmaci
tende ad una maggiore, sebbene non significativa, probabilità di guarigione (3 RCT RR 1.4; IC 95% 0.5-2.3);
b) con entrambe le vie di somministrazione vi è un elevato numero di pazienti che non rispondono alla terapia
(51.6% PO e 31.7% IP).
3. Somministrazione IP versus somministrazione PO di
farmaci diversi:
a) la somministrazione degli antibiotici IP non è superiore alla somministrazione PO (7 RCT, RR 1.17; IC 95%
0.86-1.59);
b) la somministrazione PO degli antibiotici è maggiormente associata a nausea e vomito (RR 9.14; IC 95% 1.7348.32). Ciò è valido per vancomicina + gentamicina IP vs
ciprofloxacin PO, vancomicina + aztreonam IP vs ofloxacin PO, vancomicina + netromicina IP vs levofloxacina PO
+ vancomicina IP, vancomicina + gentamicina IP vs pefloxacina PO + vancomicina IP, vancomicina + netilmicina IP
vs ciprofloxacin PO, cefalotina + tobramicina IP vs ofloxacin PO + rifampicina PO, cefazolina IP vs ofloxacin PO.
Dose di somministrazione per via intraperitoneale dei
farmaci antimicrobici
La somministrazione IP di alte dosi di imipenem ha una
maggiore efficacia rispetto alla basse dosi dello stesso antibiotico (1 RCT, RR 4.0; IC 95% 1.17-13.66). Non vi è una
differenza significativa nell’incidenza di convulsioni (tuttavia
il RCT è stato trasformato da dosi elevate a dosi basse di imipenem proprio a causa dell’elevata incidenza di convulsioni).
Modalità di somministrazione dei farmaci antimicrobici per via intraperitoneale
a) Non vi è differenza nella risposta clinica fra la somministrazione dei farmaci antimicrobici IP in modo intermittente o in modo continuo (5 RCT, RR 0.69; IC 95% 0.37-1.30).
b) La percentuale di recidive di peritoniti è inoltre simile
fra le due modalità di somministrazione (4 RCT, RR 0.93;
IC 95% 0.63-1.39). Ciò è valido per gentamicina, vancomicina (2 RCT), vancomicina + ceftazidime, teicoplanina +
ceftazidime. Occorre rilevare che 2 RCT sono stati effettuati su pazienti pediatrici.
Somministrazione intraperitoneale di differenti schemi di farmaci antimicrobici
a) La somministrazione IP dell’associazione glicopeptide
(vancomicina o teicoplanina)/aminoglicoside non offre
vantaggi terapeutici rispetto alla somministrazione IP di
altri antibiotici (7 RCT, RR 1.46; IC 95% 0.84-2.53). Ciò è
valido per vancomicina + netilmicina vs imipenem, vancomicina + gentamicina vs ciprofloxacina, teicoplanina +
tobramicina vs cefalotina + tobramicina, vancomicina +
netilmicina vs imipenem/cilastatin, teicoplanina + aztreonam vs cefuroxime, vancomicina + netilmicina vs cefuroxime, vancomicina + netilmicina vs cefepime.
b) La somministrazione IP di vancomicina non offre vantaggi rispetto alla somministrazione IP di teicoplanina (2
RCT, RR 0.99; IC 95% 0.90-1.10). Ciò è valido per vancomicina + netilmicina vs teicoplanina + netilmicina, vancomicina + ceftazidime vs teicoplanina + ceftazidime.
c) La vancomicina somministrata IP sembra offrire dei
vantaggi rispetto alla somministrazione IP di cefazolina (2
RCT, RR 1.67; IC 95% 1.10-2.55). Tuttavia nello studio più
numeroso (50) in cui è significativa la differenza fra i due
trattamenti, viene utilizzata una dose di cefazolina nettamente inferiore a quella usualmente indicata.
d) La somministrazione IP di netilmicina + cefazolina
non offre vantaggi rispetto alla somministrazione IP di ceftazidime + cefazolina (1 RCT, RR 1.00).
e) Altre combinazioni farmacologiche: e1) la somministrazione IP vancomicina associata alla somministrazione
IP di ceftazidime non offre vantaggi clinici rispetto alla
somministrazione IP di cefazolina associata alla somministrazione IP di netilmicina; e2) la somministrazione IP di
ciprofloxacina associata alla somministrazione IP di rifampicina sembra essere superiore alla somministrazione IP di
cefradina; e3) la somministrazione IP di vancomicina e
cefotaxime non offre vantaggi rispetto alla somministrazione IP di vancomicina e tobramicina; e4) la somministrazione IP di cefazolina + ceftazidime non offre vantaggi rispetto alla mono-somministrazione IP di imipenem/cilastina.
Funzione renale residua e terapia antimicrobica
La riduzione della funzione renale residua, in corso di
peritonite, non differisce durante la somministrazione IP di
netilmicina + cefazolina rispetto alla somministrazione IP
di ceftazidime + cefazolina (1 RCT).
Altre modalità terapeutiche
a) Lavaggio peritoneale. Il lavaggio peritoneale, continuo per 24 ore, con volumi elevati (60 litri) di soluzione per
dialisi peritoneale, contenente vancomicina + netilmicina,
non offre vantaggi rispetto a due rapidi lavaggi con 2 litri di
soluzione per dialisi peritoneale, contenente gli stessi antibiotici (1 RCT, RR 2.50; IC 95% 0.56-11.25).
S153
S154
Vancomicina 0.5-1 g IV
(dose di carico) quindi vancomicina
IV 0.5 g il giorno 6 + tobramicina
IV 1 mg/kg (dose di carico) quindi
tobramicina IV 20-60 mg nei giorni 2, 4, 6
o appropriati antibiotici PO
Ciprofloxacina 750 mg bid PO
Ofloxacina 400 mg PO (dose di carico)
quindi 300 mg/die
Cefradina 500 mg PO
(dose di carico) quindi
250 mg qid
Vancomicina 25 mg/L IP
+ gentamicina 8 mg/L
per 48 ore quindi 4 mg/L
Ofloxacina 400 mg PO
(dose di carico) quindi
300 mg/die
PO Levofloxacina 300 mg/die
PO per 10 giorni + vancomicina
IP 1 o 2 g nei giorni 1 e 7
80
46 (54 peritoniti)
35
39 (84 peritoniti)
51
46 (48 peritoniti)
101
Cheng IKP, 1993 (28)
Cheng IKP, 1997 (29)
Boeschoten EW, 1985 (30)
Bennet-Jones D, 1990 (31)
Cheng IKP, 1991 (32)
Cheng IKP, 1998 (33)
Bennett-Jones D, 1987 (26)
Vargemezis V, 1989 (25)
Vancomicina 1 g IP in bolo
+ 30 mg/L IP in ogni scambio
Netromicina 20 mg/L
Ipnel primo scambio a
giorni alterni +
vancomicina IP 1 o 2 g
nei giorni 1 e 7
Vancomicina 500 mg/L
IP (dose di carico) quindi
30 mg/L in ogni scambio
+ aztreonam 500 mg/L IP
(dose di carico) quindi
250 mg/L in ogni scambio
Ciprofloxacina 750 PO tds
per 24 ore quindi 750 mg bid
Cefradina 500 mg IP
(dose di carico) quindi
250 mg in ogni scambio
Ofloxacina 100 mg/L IP
(dose di carico) quindi
25 mg/L in ogni scambio
Ciprofloxacina IP 200
mg/2L (dose di carico) quindi
25 mg/L in ogni scambio
Vancomicina 20 mg/L IP
in ogni scambio +
tobramicina IP 4 mg/L
in ogni scambio
Vancomicina 1 g IV
ai giorni 1 e 7
Vancomicina 1 g IP in bolo
+ 25 mg/L IP in ogni scambio
Vancomicina 1 g IV in bolo
+ 25 mg/L IP in ogni scambio
20
Intervento
di controllo
Intervento
sperimentale
N. pazienti
35 (40 peritoniti)
Bailie RG, 1987 (27)
Autore ed anno
TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI
10
10
10
10
10 int. sperimentale
7 int. di controllo
14
Durata
del trattamento
(giorni)
Cointervento: 3 scambi da
1 L prima di cominciare
la terapia se il
dialisato è molto torbido
Dose di carico IV
dell’antibiotico studiato
in presenza di
sintomatologia sistemica
Flucloxacillina 500 mg PO
qid se isolato lo
Staphylococcus aureus
Cointervento: Eparina
(500 U/L) nelle sacche
fino a quando il dialisato
si presentava torbido
Cointervento: tre scambi
rapidi in entrambi i gruppi
Commenti
segue
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
Intervento
sperimentale
Pefloxacina 400 mg PO bid
Ciprofloxacina 250-500 mg
PO qid
Cefalotina 250 mg/L
IP + tobramicina 8 mg/L
in ogni scambio
Ofloxacin 300 mg PO
(dose di carico) quindi
200 mg/die
Imipenem 1 g IP a scambi
alterni per 5 giorni dopo
il primo giorno di dialisato
limpido (dopo i primi 23 patients
la dose fu aumentata a 500 mg
a scambi alterni)
Gentamicina IP 40 mg/2 L
nello scambio notturno
Vancomicina 30 mg/kg/2 L
per una sosta di 6 h, ripetuta
dopo 1 settimana
(terapia intermittente)
Vancomicina 30 mg/kg
per 6 ore nei giorni 1 e 7
(terapia intermittente)
N. pazienti
60
35 (50 peritoniti)
85
(117 peritoniti)
23 (38 peritoniti)
60
73
(100 peritoniti)
51 peritoniti
21
Lye WC, 1993 (34)
Tapson JS, 1990 (35)
Chan MK, 1990 (36)
Gucek A, 1994 (37)
Anwar N, 1995 (38)
Lye WC, 1995 (39)
Boyce NW, 1988 (40)
Velasquez-Jones L,
1995 (41)
Autore ed anno
TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (segue)
Vancomicina 500 mg/L IP
(dose di carico) quindi
15 mg/L in ogni scambio
(terapia continua)
Vancomicina IP 1 g/2 L
(dose di carico) quindi 30 mg/L
in ogni scambio per 5 giorni
dopo la comparsa di dialisato
limpido (terapia continua)
Gentamicina IP 10 mg/2
L in ogni scambio
Vancomicina 250 mg IP
(dose di carico) quindi 25 mg
a scambi alterni + netilmicina
30-50 mg IP (dose di carico)
quindi 20-25 mg a scambi alterni
per 5 giorni dopo il primo giorno
di dialisato limpido
Cefazolina 1000 mg IP
(dose di carico) quindi 250 mg
in ogni scambio
Ofloxacina 400 mg
PO (carico) il giorno 1
quindi 300 mg/die PO +
rifampicin 300 mg/die PO
Vancomicina 30 mg/2 L
IP in ogni scambio +
netilmicina 30 mg/2 L
a scambi alterni
Gentamicina 80 mg IP
(dose di carico) quindi 15 mg/
2 L in ogni scambio
Intervento
di controllo
10
10
10
14
Durata
del trattamento
(giorni)
segue
Cointervento: Amikacina
IP 7.5 mg/kg (dose di carico)
quindi 20 mg/L in ogni
scambio per 10 giorni
in entrambi i gruppi
Cointervento: 2 o 3 scambi
rapidi da 2 L con
soluzione eparinizzata
Cointervento: Vancomicina 1 g
IP ogni settimana in
entrambi i gruppi
Cointervento: 2 scambi
rapidi da 1 L prima
di cominciare la
terapia un ulteriore
scambio in 25 pazienti
Cointervento: 3
scambi da 2 L prima
di cominciare
la terapia
Cointervento: IP
vancomicina 1 g IP
in entrambi i gruppi
Commenti
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
S155
S156
Intervento
sperimentale
1. Teicoplanina 7.5 mg/kg IP
(dose di carico) quindi 20 mg/L
in ogni scambio + ceftazidime
250 mg/L IP (dose di carico)
quindi 125 mg/L in ogni
scambio (T+C continua)
2. Vancomicina IP 15 mg/kg
(dose di carico) quindi 30 mg/L
in ogni scambio + ceftazidime 250 mg/L
IP (dose di carico) quindi 125 mg/L
in ogni scambio (V+C continua)
Ciprofloxacina 20 mg/L IP
Cefalotina 2 g IV
(dose di carico) quindi
cefalotina 500 mg IP
in ogni scambio per
almeno 15 giorni
Imipenem/cilastatina
2 g/die IP per 5 giorni
dopo la comparsa di
dialisato limpido
Cefuroxime 125 mg/L IP
in ogni scambio
N. pazienti
93
(168 peritoniti)
40
68
41
60
Schaefer F, 1999 (42)
Friedland JS, 1990 (44)
Lupo A, 1997 (45)
Merchant MR, 1992 (43)
Wale MCJ, 1992 (46)
Autore ed anno
Teicoplanina 400 mg IV
(dose di carico) quindi
teicoplanina IP 40 mg
in ogni scambio per
almeno 15 giorni
Vancomicina 12.5 mg/L
IP in ogni scambio +
gentamicina 4 mg/L
a scambi alterni
1. Teicoplanina 15 mg/kg
nei giorni 1 and 7
+ ceftazidime 500 mg IP
(dose di carico quindi
250 mg/L nella sosta
lunga) (T+C intermittente)
2. Vancomicina 30 mg/kg
IP nei giorni 1 e 7 +
ceftazidime 500 mg/L IP
(dose di carico) quindi
250 mg/L nella sosta
lunga (V+C intermittente)
Intervento
di controllo
Teicoplanina 20 mg/L IP
in ogni scambio + IP aztreonam
250 mg/L IP in ogni scambio
Vancomicina 500 mg/die
IP (dose di carico) quindi
100 mg/die + netilmicina
IP 60-100 mg
(dose di carico) quindi
40-50 mg/die per 5 giorni
dopo la comparsa di dialisato limpido
TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (segue)
10
15
10
10 int. sperimentale
7 int. di controllo
10 int. sperimentale
7 int. di controllo
Durata
del trattamento
(giorni)
segue
Cointervento:
Cefuroxime 750 mg
dose di carico (gruppo
di intervento) o IV
teicoplanina 400 mg + IV
aztreonam 2 g (gruppo di
controllo in presenza di segni
di batteriemia)
Cointervento: Tobramicina
120 mg IM (dose di
carico) quindi 10 mg
in ogni scambio in
entrambi i gruppi
Cointervento:
Eparina 200 IU/L
IP in entrambi i gruppi
fino alla comparsa
di dialisato limpido
Commenti
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
Cefuroxime 40 mg/L
IP in ogni scambio per 5 giorni
dopo la comparsa di
dialisato limpido
Cefepime 2 g IP (dose di carico)
quindi 1 g nella sosta lunga
Teicoplanina 50 mg/2 L
in ogni scambio per 48 ore
quindi 25 mg/2 L in ogni
scambio per altri 5 giorni
Cefazolin 50 mg/L IP
Cefazolina 1 g/2 L IP
(dose di carico) quindi
125 mg/L in ogni scambio
Netilmicina 0.6 mg/kg IP
nella sosta lunga +
Cefazolina 1 g nella sosta lunga
Ciprofloxacina 50 mg/L IP +
rifampicina 50 mg/L in tutti gli scambi
Cefazolina 500 mg IP
(dose di carico) quindi
250 mg/2 L in ogni scambio +
netilmicina IP 80-120 mg
(dose di carico) quindi 40 mg/2 L
in una sacca al giorno
19
(20 peritoniti)
73
12 peritoniti
95 (263 peritoniti)
30
(51 peritoniti)
104
98
34
(52 peritoniti)
Were AJ, 1992 (47)
Wong KM, 2001 (48)
Bowley JA, 1988 (49)
Flanigan MJ, 1991 (50)
Khairullah Q, 2002 (51)
Lui SL, 2005 (53)
de Fijter CWH, 2001 (54)
Gucek A, 1997 (52)
Intervento
sperimentale
N. pazienti
Autore ed anno
Vancomicina 1 g/L IP
(dose di carico) ripetuta
nei giorni 5 o 8 per 2 settimane
Vancomicina 25 mg/L IP
Vancomicina 50 mg/2 L
IP in ogni scambio per 48 ore
quindi 25 mg/2 L in
ogni scambio per altri 5 giorni
Vancomicina 1 g IV
nei giorni 1 e 7 +
netilmicina 80 mg IP
(dose di carico) quindi 40 mg/die
Vancomicina 50 mg IP
a sacche alterne +
netilmicina 30-50 mg
IP (dose di carico)
quindi 20-25 mg a sacche
alterne per 5 giorni dopo la
comparsa di dialisato limpido
Intervento
di controllo
Vancomicina 2 g/2 L
IP in una sacca quindi ogni
5-7 giorni + ceftazidime
1 g/2 L IP (dose di carico)
quindi 250 mg/2 L
in ogni scambio
Cefradina 250 mg/L
IP in tutti gli scambi
Ceftazidime 1 g
IP nella sosta lunga
+ cefazolina 1 g IP nella sosta lunga
TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (segue)
14-28
14
14
14-21
14
7
10
Cointervento:
Netilmicina 25 mg IP
a sacche alterne per 48 ore
in entrambi i gruppi. Due
pazienti con S. Aureus
furono trattati, anche con
clindamicina PO per 7 giorni
Cointervento: Eparina
500 UI/L quando indicato
Commenti
Cointervento:
Gentamicina 40 mg/die
IP in una sacca giornaliera
in entrambi i gruppi
segue
Cointervento: 2 scambi rapidi
all’inizio del trattamento.
Eparina 250 U/L IP in tutte le sacche
Durata
del trattamento
(giorni)
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
S157
S158
Intervento
sperimentale
Imipenem/cilastina 500 mg
IP (dose di carico)
quindi 100 mg/2 L in ogni scambio
Lavaggio peritoneale iniziale continuo
con 60 L di dialisato contenente
Vancomicina 20 mg/L + netilmicina
10 mg/L seguito da schema di
dialisi abituale e 9 giorni di
terapia antibiotica IP agli stessi dosaggi
Urokinasi IP 5000 UI in 5 mL
di soluzione salina
Urokinasi IP 6000 UI in 20 mL
di soluzione salina ripetuta
dopo 2 giorni
Urokinasi IP 5000 UI in 2 mL
di soluzione salina ripetuta
il 2° e 4° giorno
Urokinasi IP 5000 UI in 2.5 mL
di soluzione salina
N. pazienti
102
peritoniti
39
24
88
31
80
Autore ed anno
Leung CB, 2004 (55)
Ejlersen E, 1991 (56)
Innes A, 1994 (57)
Tong MK, 2005 (58)
Williams AJ, 1989 (59)
Gadallah MF, 2000 (60)
Cefazolina 1 g IP
(dose di carico) quindi
250 mg in ogni scambio +
ceftazidime 1 g IP
(dose di carico) quindi 250 mg/
2 L in ogni scambio
Intervento
di controllo
No urokinasi
Rimozione del catetere e
riposizionamento entro 5 giorni
Placebo IP (20 mL di
soluzione salina) ripetuto
dopo 2 giorni
Placebo IP (5 mL di soluzione salina)
2 scambi rapidi iniziali con
vancomicina 40 mg/L + netilmicina
10 mg/L seguiti dallo schema
abituale di dialisi con
vancomicina 20 mg/L
+ netilmicina 10 mg
TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (segue)
10
Commenti
Cointervento: terapia antibiotica
IP per 10 giorni
Cointervento: terapia antibiotica IP
secondo antibiogramma
Cointervento: terapia antibiotica
IP secondo antibiogramma
Cointervento: 3 scambi rapidi,
Eparina 1000 UI/2 L IP
in ogni scambio fino alla
comparsa di dialisato limpido,
nistatina PO fino al termine della
terapia antibiotica in entrambi i gruppi
Durata
del trattamento
(giorni)
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
TABELLA II - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI RCT
INDIVIDUATI
Parametro di qualità
%
Allocation concealment
Adeguato
21
Non chiaro
66
Inadeguato
13
Blinding-Cieco
Partecipanti
3
Ricercatori
3
Valutazione outcomes
3
Analisi “intention-to-treat”
Sì
53
No
21
Non chiara
26
Perdite al follow-up (%)
0< 10%
77
10< 20%
13
20< 40%
5
≥ 40%
3
b) Terapia fibrinolitica. La somministrazione IP o intracatetere dell’urokinasi non è vantaggiosa, rispetto alla
rimozione/reinserimento del catetere o al placebo, nei
pazienti con peritonite persistente o recidivante (4 RCT, RR
0.90; IC 95% 0.37- 2.22).
Sintesi dell’evidenza
Le principali conclusioni che si possono trarre dall’analisi degli RCT riguardano la scelta del farmaco o dell’associazione di farmaci più efficaci per il trattamento empirico
delle peritoniti, la via di somministrazione di tali farmaci,
la modalità di somministrazione dei farmaci e l’utilità di
misure aggiuntive alla terapia antimicrobica.
Scelta del farmaco o dell’associazione di farmaci.
L’analisi degli RCT non evidenzia vantaggi di una particolare associazione farmacologica rispetto ad un’altra. La
maggiore efficacia terapeutica della vancomicina rispetto
alla cefazolina, evidenziata in uno studio (50), risente del
fatto che è stata utilizzata una dose di cefazolina nettamente inferiore rispetto a quella consigliata (25 mg/L vs 125
mg/L). Inoltre l’utilizzo degli aminoglicosidi, per un breve
ciclo terapeutico, non sembra influenzare negativamente la
funzione renale residua (54). Infine alcuni schemi terapeutici che prevedono la somministrazione IP di un singolo
farmaco sono equivalenti alla somministrazione IP di
un’associazione di farmaci.
Via di somministrazione. L’analisi degli RCT evidenzia
una maggiore efficacia della somministrazione IP della
vancomicina, mentre non riesce ad evidenziare una chiara
superiorità della somministrazione IP rispetto alla somministrazione PO di alcuni farmaci. Tuttavia nel caso della
somministrazione dello stesso farmaco (monoterapia) PO o
IP si ha un’elevata percentuale di fallimento della terapia
stessa. Inoltre in corso di terapia PO sono più frequenti
complicanze gastro-enteriche (nausea e vomito) rispetto
alla somministrazione IP.
Modalità di somministrazione. L’analisi degli RCT ha
evidenziato che la somministrazione intermittente sembra
essere ugualmente efficace della somministrazione continua in CAPD. I dati esistenti sono tuttavia insufficienti per
consigliare una somministrazione intermittente delle cefalosporine in APD nell’adulto, mentre nei bambini in APD
la somministrazione intermittente, di vancomicina o teicoplanina associata alla ceftazidime, sembra essere ugualmente efficace rispetto alla somministrazione continua.
Misure terapeutiche aggiuntive. L’analisi degli RCT ha
evidenziato che un lavaggio peritoneale con elevati volumi
(60 litri in 24 ore) non offre vantaggi rispetto a due rapidi
lavaggi con 2 litri di soluzione. Infine la somministrazione
intracatetere o intraperitoneale di agenti fibrinolitici, come
l’urokinasi, non offre vantaggi nel trattamento delle peritoniti resistenti o recidivanti.
Implicazioni per la pratica clinica
La scelta della terapia empirica per il trattamento delle
peritoniti rappresenta il principale provvedimento per l’eradicazione nel più breve tempo possibile e completa dei
germi comunemente in causa. Il trattamento antibiotico
empirico deve essere ad ampio spettro, potenzialmente efficace sia sui germi Gram-positivi che Gram-negativi. La
copertura antibiotica contro i Gram-positivi può essere
effettuata con la vancomicina o con una cefalosporina di
prima generazione e, contro i Gram-negativi, con una cefalosporina di terza generazione o con un aminoglicoside.
L’associazione di una cefalosporina di I generazione, cefalotina o cefazolina e di un farmaco attivo sui Gram-negativi, in somministrazione intraperitoneale, è la terapia empirica più frequentemente utilizzata. Tale associazione farmacologica ottiene gli stessi risultati clinici dell’associazione
vancomicina più un farmaco attivo sui Gram-negativi ed è
stata largamente utilizzata per evitare l’esposizione alla
vancomicina, il che è auspicabile in relazione alla crescente emergenza di ceppi di cocchi resistenti alla vancomicina.
Tuttavia in molti centri si sta registrando un’elevata percentuale di batteri meticillino-resistenti, rendendo necessario
l’utilizzo della vancomicina per la copertura contro i Grampositivi, mentre l’azione avversa degli aminoglicosidi sulla
funzione renale residua non è stata confermata. Per tale
motivo le raccomandazioni ISPD del 2000 (cefazolina e
ceftazidima) sono state modificate nel 2005 ed attualmente
S159
S160
Gruppo di intervento
(numero di peritoniti guarite/
numero totale di
peritoniti trattate)
10/10 (100%)
20/20 (100%)
23/36 (64%)
10/24 (42%)
10/18 (55%)
14/20 (70%)
17/26 (65%)
18/23 (77%)
35/47 (74%)
22/30 (73%)
19/25 (76%)
59/74 (80%)
12/18 (67%)
1/30 (25%)
44/50 (88%)
30/30 (100%)
1/10 (9%)
75/81 (93%)
Outcomes
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Non guarigione della peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Non guarigione della peritonite
Guarigione peritonite
Bailie RG, 1987 (27)
Vargemezis V, 1989 (25)
Bennett-Jones D, 1987 (26)
Cheng IKP, 1993 (28)
Cheng IKP, 1997 (29)
Boeschoten EW, 1985 (30)
Bennet-Jones D, 1990 (31)
Cheng IKP 1991 (32)
Cheng IKP, 1998 (33)
Lye WC, 1993 (34)
Tapson JS, 1990 (35)
Chan MK, 1990 (36)
Gucek A, 1994 (37)
Anwar N, 1995 (38)
Lye WC, 1995 (39)
Boyce NW, 1988 (40)
Velasquez-Jones L,
1995 (41)
Schaefer F, 1999 (42)
Autore ed anno
TABELLA III - RISULTATI DEGLI RCT INDIVIDUATI (VARIABILI DICOTOMICHE)
78/95 (82%)
1/11 (10%)
21/21 (100%)
41/50 (82%)
2/30 (18%)
13/20 (65%)
29/36 (80%)
18/25 (72%)
24/30 (80%)
39/54 (74%)
22/25 (87%)
10/22 (45%)
28/41 (68%)
12/17 (71%)
16/24 (67%)
35/39 (90%)
20/20 (100%)
10/10 (100%)
Gruppo di controllo
(numero di peritoniti
guarite/numero
totale di peritoniti
trattate)
1.13 (1.01-1.26)
1.10 (0.08-15.36)
Non stimabile
1.07 (0.91-1.27)
0.50 (0.05-5.22)
1.03 (0.65-1.62)
0.99 (0.81-1.21)
1.06 (0.76-1.47)
0.92 (0.69-1.21)
1.03 (0.81-1.30)
0.89 (0.69-1.15)
1.44 (0.84-2.46)
1.03 (0.72-1.46)
0.79 (0.47-1.32)
0.63 (0.36-1.08)
0.71 (0.54-0.93)
Non stimabile
Non stimabile
Rischio relativo
(intervallo di
confidenza 95%)
11
-1
0
6
-7
2
0
4
-7
0
-10
20
2
-16
-25
-26
0
0
segue
Differenza di rischio
(%)
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
Gruppo di intervento
(numero di peritoniti guarite/
numero totale di
peritoniti trattate)
19/20 (95%)
35/37 (75%)
16/17 (94%)
7/30 (23%)
5/10 (50%)
28/39 (18%)
4/6 (67%)
57/82 (69%)
18/20 (90%)
44/51 (82%)
16/54 (30%)
22/26 (85%)
42/51 (82%)
13/18 (72%)
8/12 (67%)
27/44 (61%)
5/17 (29%)
7/40 (17%)
Outcome
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Non guarigione della peritonite
Non guarigione della peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Riduzione funzione renale residua
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Guarigione peritonite
Non guarigione della peritonite
Friedland JS, 1990 (44)
Lupo A, 1997 (45)
Merchant MR, 1992 (43)
Wale MCJ, 1992 (46)
Were AJ, 1992 (47)
Wong AJ, 2001 (48)
Bowley JA, 1988 (49)
Flanigan MJ, 1991 (50)
Khairullah Q, 2002 (51)
Lui SL, 2005 (53)
De Fijter CWH, 2001 (54)
Gucek A, 1997 (52)
Leung CB, 2004 (55)
Ejlersen E, 1991 (56)
Innes A, 1994 (57)
Tong MK, 2005 (58)
Williams AJ, 1989 (59)
Gadallah MF, 2000 (60)
Autore ed anno
9/40 (22%)
14/20 (70%)
22/44 (50%)
1/12 (8%)
16/18 (89%)
46/51 (90%)
21/26 (81%)
26/44 (59%)
44/51 (82%)
17/22 (77%)
127/181 (70%)
4/6 (67%)
26/34 (15%)
1/10 (10%)
5/30 (16%)
15/20 (83%)
21/28 (95%)
16/20 (80%)
Gruppo di controllo
(numero di peritoniti
guarite/numero
totale di peritoniti
trattate)
TABELLA III - RISULTATI DEGLI RCT INDIVIDUATI (VARIABILI DICOTOMICHE) (segue)
0.78 (0.32-1.88)
0.42 (0.19-0.93)
1.23 (0.84-1.79)
8.00 (1.17-54.50)
0.81 (0.58-1.13)
0.91 (0.78-1.07)
1.05 (0.82-1.34)
0.50 (0.31-0.81)
1.00 (0.86-1.17)
1.00 (0.20-5.12)
0.99 (0.83-1.18)
1.00 (0.45-2.23)
0.94 (0.72-1.23)
5.00 (0.70-35.50)
1.40 (0.50-3.92)
1.25 (0.95-1.66)
1.26 (1.00-1.58)
1.19 (0.93-1.51)
Rischio relativo
(intervallo di
confidenza 95%)
-5
-41
11
59
-17
-8
4
-29
0
13
-1
0
-3
40
7
11
-20
15
Differenza di rischio
(%)
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
S161
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
TABELLA IV - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA
Linea Guida
Nazione
Anno
Kidney Disease Outcomes
Quality Initiative
USA
2006
International Society of Peritoneal Dialysis:
Consensus Guidelines for the Treatment
of Peritonitis in Pediatric Patients Receiving
Peritoneal Dialysis
Società
2000
Scientifica
Internazionale
Terapia empirica in base alla gravità del quadro clinico:
a) Assenza di febbre, dolore addominale lieve o assente, assenza di
fattori di rischio per infezione severa: Cefalosporina di I
generazione e Ceftazidima
b) In presenza di uno dei seguenti fattori, storia di infezione (o
portatori) da Gram positivi meticillino-resistenti o infezione
recente/in atto dell’emergenza/tunnel o presenza di febbre,
dolore addominale grave o età < 2 anni: Glicopeptide
(Vancomicina o Teicoplanina) e Ceftazidima
International Society of Peritoneal Dialysis:
Peritoneal dialysis related infections
recommendations
Società
2005
Scientifica
Internazionale
a) Scelta della terapia antibiotica empirica:
Cefalosporina di I generazione (cefazolina o cefalotina) o
Vancomicina in associazione con
Cefalosporina di III generazione (ceftazidima, cefepime,
carbapenem) o Aminoglicoside (gentamicina o netilmicina)
Possibile monoterapia: imipenem/cilastina, cefepime
Possibile uso dei chinolonici per la copertura dei Gram negativi
b) Via di somministrazione consigliata: intraperitoneale
c) Modalità di somministrazione: possibile la somministrazione
intermittente in CAPD, meno evidenze in APD per gli adulti
European Best Practice Guidelines
Europa
Assenza di Linee Guida specifiche
viene consigliata l’associazione cefazolina o vancomicina e
ceftazidima o aminoglicoside (9).
La via di somministrazione dei farmaci antimicrobici è in
genere quella intraperitoneale per permettere una maggiore
concentrazione del farmaco a livello locale; tuttavia la
modalità di somministrazione viene dettata anche dall’esperienza e dall’organizzazione del singolo Centro e dal
grado di istruzione dei pazienti nell’autosomministrazione
dei farmaci per via intraperitoneale.
Per alcuni farmaci antimicrobici è stata proposta sia la somministrazione intermittente, in una sola sacca al dì, quella dell’intervallo più lungo (in ogni caso la sosta deve durare almeno
6 ore), sia la somministrazione continua, cioè in tutte le sacche.
Applicabilità
L’evidenza sulla terapia empirica delle peritoniti avvalora
le indicazioni delle principali Linee Guida e sembra essere
in linea con la comune pratica clinica dei Centri Italiani.
Implicazioni per la ricerca
Ulteriori RCT sono necessari per valutare l’utilità della
somministrazione di eparina intraperitoneale durante i
S162
2005
Raccomandazioni
Assenza di Linee Guida specifiche.
primi giorni del trattamento della peritonite, la somministrazione intermittente dei farmaci antimicrobici nei
pazienti adulti in APD e le dosi da somministrare e la rimozione precoce del catetere versus la rimozione ritardata.
Altre Linee Guida
La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni, di
opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali, mentre sono poche le Linee Guida basate
sulle evidenze. Si accludono 4 Linee Guida basate sulle
evidenze (Tab. IV). Le principali Linee Guida consigliano
come terapia empirica l’associazione di un farmaco attivo
sui Gram-positivi con un farmaco attivo sui Gram-negativi.
La scelta della terapia deve tenere conto sia della epidemiologia del singolo paziente che del Centro in cui si opera.
Indirizzo degli Autori:
Dr. Vincenzo La Milia
Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi
Ospedale “A. Manzoni”
Via Dell’Eremo, 9/11
23900 Lecco
e-mail: [email protected]
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
Bibliografia
1. Port Fk, Held PJ, Nolph KD et al. Risk of peritonitis and tecnique failure by CAPD connection technique: a normal study.
Kidney Int 1992; 42: 967-74.
2. Woodrow G, Turney JH, Bownjohn AM. Technique failure in
peritoneal dialysis and its impact on patient survival. Perit Dial
Int 1997; 17: 360-4.
3. Fried L, Abidi S, Bernardini J, Johnston JR, Piraino B.
Hospitalization in peritoneal dialysis patients. Am J Kidney Dis
1999; 33: 927-33.
4. Bloembergen WE, Port FK, Mauger EA, Wolfe RA. A comparison of cause of death between patients treated with hemodialysis
and peritoneal dialysis. J Am Soc Nephrol 1995; 6: 184-91.
5. Davies SJ, Byran J, Phillips L, Russell GL. Longitudinal changes
in peritoneal kinetics: the effects of peritoneal dialysis and peritonitis. Nephrol Dial Transplant 1996; 11: 498-506.
6. Churchill DN, Taylor DW, Vas SL, et al. Peritonitis in CAPD: a
multicentre randomised clinical trial comparing the Y connector
disinfectant system to standard systems. Perit Dial Int 1989; 9:
159-63.
7. Maiorca R, Cantaluppi A, Cancarini GC, et al. Prospective controlled trial of a Y connector and disinfectant to prevent peritonitis in CAPD. Lancet 1983; 2: 642-4.
8. Li PK, Szeto CC, Law MC, et al. Comparison of double-bag and
Y-set disconnect systems in continuous ambulatory peritoneal
dialysis: a randomized prospective multicenter study. Am J
Kidney Dis 1999; 33: 535-40.
9. Piraino B, Bailie GR, Bernardini J, et al. Peritoneal Dialysis-related infections reccomandations: 2005 update. Perit Dial Int 2005;
25: 107-31.
10. Vas SI. Peritonitis during CAPD: A mixed bag. Perit Dial Bull
1981; 1: 47-9.
11. Rocklin MA, Teitelbaum I. Noninfectious causes of cloudy peritoneal dialysate. Sem Dial 2001; 14: 37-40.
12. Wolfson M, Piraino B, Hamburger RJ, Morton AR, Icodextrin
Study Group. A randomized controlled trial to evaluate the efficacy and safety of icodextrin in peritoneal dialysis. Am J Kidney
Dis 2002; 40: 1055-65.
13. Gokal R, Mistry CD, Peers EM. Peritonitis occurrence in a multicenter study of icodextrin and glucose in CAPD. MIDAS Study
Group. Multicenter investigation of icodextrin in ambulatory
dialysis. Perit Dial Int 1995; 15: 226-30.
14. Toure F, Lavaud S, Mohajer M, et al. Icodextrin-induced peritonitis: study of five cases and comparison with bacterial peritonitis. Kidney Int 2004; 65: 654-60.
15. Tsuchiya M, Asahi N, Susuoki F, et al. Detection of peptidoglycan and beta-glucan with silkworm larvae plasma test. FEMS
Immunol Med Microbiol 1996; 15: 129-34.
16. Henderson B, Poole S, Wilson M. Bacteria modulins: a novel
class of virulence factors which cause host tissue pathology by
inducing cytokine synthetis. Microbiol Rev 1996; 60: 316-41.
17. Keane WF, Everrett ED, Golper TA, et al. Peritoneal dialysisrelated peritonitis treatment recommendations: 1993 Update.
Perit Dial Int 1993; 13: 14-28.
18. Flanigan MJ, Freeman RM, Lim VS. Cellular response to peritonitis among peritoneal dialysis patients. Am J Kidney Dis 1985;
6: 420-4.
19. Keane WF, Bailie GR, Boeschoten E, et al. Adult peritoneal
dialysis-related peritonitis treatment recommendations: 2000
update Perit Dial Int 2000; 20: 396-411. (Vedasi anche:
Published erratum in Perit Dial Int 2000; 20: 828-9).
20. Fried L, Piraino B. Peritonitis. In: Gokal R, Khanna R, Krediet
R, Nolph K, eds. Textbook of Peritoneal Dialysis (2nd ed.)
Boston, Kluwer Academic Publishers, 2000: 545-64.
21. von Graevenitz A, Amsterdam D. Microbiological aspects of
peritonitis associated with continuous ambulatory peritoneal
dialysis. Clin Microbiol Rev 1992; 5: 36-48.
22. Sewell DL, Golper TA, Hulman PB, et al. Comparison of large
volume colture to other methods for isolation of microor-
ganisms from dialysate. Perit Dial Int 1990; 10: 49-52.
23. Khare S, Yurack J, Toye B. Culture of dialysate in suspected
CAPD associated peritonitis using the BacT/Alert System. Diagn
Microbiol Infect Dis 1996; 25: 101-6.
24. Alfa MJ, Degagne P, Olson N, et al. Improved detection of bacterial growth in continuous ambulatory peritoneal dialysis
effluent by use of BacT/Alert FAN bottles. J Clin Microbiol
1997; 35: 862-6.
25. Vargemezis V, Pasadakis P, Thodis H, et al. Vancomycin therapy
for gram-positive peritonitis in patients on CAPD. Adv Perit Dial
1989; 5: 128-9.
26. Bennett-Jones D, Wass V, Mawson P, et al. A comparison of intraperitoneal and intravenous/oral antibiotics in CAPD peritonitis.
Perit Dial Bulletin 1987; 7: 31-3.
27. Bailie RG, Morton R, Gangli L, et al. Intravenous or intraperitoneal Vancomycin for the treatment of continuous ambulatory
peritoneal dialysis associated gram-positive peritonitis? Nephron
1987; 46: 316-8.
28. Cheng IKP, Chan CY, Wong WT, et al. A randomized prospective comparison of oral versus intraperitoneal ciprofloxacin as the
primary treatment of peritonitis complicating continuous ambulatory peritoneal dialysis. Perit Dial Int 1993; 13 (Suppl. 2):
S351-4.
29. Cheng IKP, Lui SF, Fang GX, et al. A randomised prospective
comparison of oral versus intraperitoneal ofloxacin as the primary treatment of CAPD peritonitis. Nephrology 1997; 3: 431-7.
30. Boeschoten EW, Rietra PJ, Krediet RT, et al. CAPD peritonitis: a
prospective randomized trial of oral versus intraperitoneal treatment with cephradine. J Antimicrob Chemother 1985; 16: 789-97.
31. Bennet-Jones D, Russel GI, Barret A. A comparison between oral
ciprofloxacin and intra-peritoneal vancomycin and gentamicin in
the treatment of CAPD peritonitis. J Antimicrobl Chemother
1990; 26 (Suppl. F): S73-6.
32. Cheng IKP, Chan CY, Wong WT. A randomised prospective comparison of oral ofloxacin and intraperitoneal vancomycin plus
aztreonam in the treatment of bacterial peritonitis complicating
continuous ambulatory peritoneal dialysis. Perit Dial Int 1991;
11: 27-30.
33. Cheng IKP, Fang GX, Chau PY, et al. A randomized prospective
comparison of oral levofloxacin plus intraperitoneal (IP) vancomycin and IP netromycin plus IP vancomycin as primary treatment of
peritonitis complicating CAPD. Perit Dial Int 1998; 18: 371-5.
34. Lye WC, Lee EJ, van der Strarten J. Intraperitoneal vancomycin/oral
pefloxacin versus intraperitoneal vancomycin/gentamicin in the treatment of continuous ambulatory peritoneal dialysis peritonitis. Perit
Dial Int 1993; 13 (Suppl. 2): S348-50.
35. Tapson JS, Orr KE, George JC, et al. A comparison between oral
ciprofloxacin and intraperitoneal vancomycin and netilmicin in
CAPD peritonitis. J Antimicrob Chemother 1990; 26 (Suppl. F):
S63-71.
36. Chan MK, Cheng IK, Ng WS. A randomized prospective trial of
three different regimens of treatment of peritonitis in patients on
continuous ambulatory peritoneal dialysis. Am J Kidney Dis
1990; 15: 155-9.
37. Gucek A, Bren AF, Lindic J, et al. Is monotherapy with cefazolin
of ofloxacin an adequate treatment for peritonitis in CAPD
patients? Adv Perit Dial 1994; 10: 144-6.
38. Anwar N, Merchant M, Were T, et al. A prospective, randomized
study of the comparative safety and efficacy of intraperitoneal
imipenem versus vancomycin and netilmicin in the treatment of
peritonitis on CAPD. Perit Dial Int 1995; 15: 167-71.
39. Lye WC, Wong PL, van der Straaten JC, et al. A prospective randomized comparison of single versus multidose gentamicin in the
treatment of CAPD peritonitis. Adv Perit Dial 1995; 11: 179-81.
40. Boyce NW, Wood C, Thomson NM, et al. Intraperitoneal (IP)
vancomycin therapy for CAPD peritonitis: A prospective, randomized comparison of intermittent vs continuous therapy. Am J
Kidney Dis 1988; 12: 304-6.
S163
Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale
41. Velasquez-Jones L, Sanchez-Aguilar JR, Castelares G, et al.
Efficacy of intraperitoneal vancomycin in children on continous
ambulatory peritoneal dialysis: comparison of intermittent and
continuous therapy. Bol Med Hosp Infant Mex 1995; 52: 154-9.
42. Schaefer F, Klaus G, Muller-wiefel DE, et al. Intermittent versus
continuous intraperitoneal glycopeptide/ceftazidime treatment in
children with peritonealdialysis-associted peritonitis. J Am Soc
Nephrol 1999; 10: 136-45.
43. Merchant MR, Anwar N, Were A, et al. Imipenem versus netilmicin and vancomycin in the treatment of CAPD peritonitis. Adv
Perit Dial 1992; 8: 234-7.
44. Friedland JS, Iveson TJ, Fraise AP, et al. A comparison between
intraperitoneal ciprofloxacin and intraperitoneal vancomycin and
gentamicin in the treatment of peritonitis associated with continuous ambulatory peritoneal dialysis. J Antimicrob
Chemother1990; 26 (Suppl. F): 77-81.
45. Lupo A, Rugiu C, Bernich P, et al. A prospective, randomized
trial of two antibiotic regimens in the treatment of peritonitis in
CAPD patients: teicloplanin plus tobramycin versus cephalothin
plus tobramycin. J Antimicrob Chemother 1997; 40: 729-32.
46. Wale MCJ, Finch RG, Morgan AG, et al. A prospective randomized
trial of teicoplanin plus aztreonam versus cefuroxime in CAPD
peritonitis. Int J Antimicrob Agents 1992; 1 (Suppl. 1): S7-13.
47. Were AJ, Marsden A, Tooth A, et al. Netilmycin and vancomycin
in the treatment of peritonitis in CAPD patients. Clin Nephrol
1992; 37: 209-13.
48. Wong KM, Chan YH, Cheung CY, et al. Cefepime versus vancomycin plus netilmicin therapy for continuous ambulatory peritoneal dialysis-associated peritonitis. Am J Kidney Dis 2001; 38:
127-31.
49. Bowley JA, Pickering SJ, Scantlebury AJ, et al. Intraperitoneal
teicoplanin in the treatment of peritonitis associated with continuous ambulatory peritoneal dialysis. J Antimicrob Chemother
1988; 21 (Suppl. A): S133-9.
50. Flanigan MJ, Lim VS. Initial treatment of dialysis associated
S164
51.
52.
53.
54.
55.
56.
57.
58.
59.
60.
peritonitis: A controlled trial of vancomycin versus cefazolin.
Perit Dial Int 1991; 11: 31-7.
Khairullah Q, Provenzano R, Tayeb J, et al. Comparison of vancomycin versus cefazolin as initial therapy for peritonitis in peritoneal dialysis patients. Perit Dial Int 2002; 22: 339-44.
Gucek A, Bren AF, Hergouth V, et al. Cefazolin and netilmycin
versus vancomycin and ceftazidime in the treatment of CAPD
peritonitis. Adv Perit Dial 1997; 13: 218-20.
Lui SL, Cheng SW, Ng F, et al. Cefazolin plus netilmicin versus
cefazolin plus ceftazidime for treating CAPD peritonitis: effect
on residual renal function. Kidney Int 2005; 68: 2375-80.
de Fijter CWH, ter Wee PM, Oe LP, et al. Intraperitoneal ciprofloxacin and rifampicin versus cephradine as initial treatment of
CAPD-related peritonitis: A prospective randomised multicenter
comparison (Cipper Trial). Perit Dial Int 2001; 21: 480-6.
Leung CB, Szeto L, Chow KM, et al. Cefazolin plus ceftazidime
versus imipenem/cilastin monotherapy for treatment of CAPD peritonitis: a randomised controlled trial. Perit Dial Int 2004; 5: 440-6.
Ejlersen E, Brandi L, Lokkegaard H, et al. Is initial (24 hours)
lavage necessary in treatment of CAPD peritonitis. Perit Dial Int
1991; 11: 38-42.
Innes A, Burden RP, Finch RG, et al. Treatment of resistant peritonitis in continuous ambulatorial peritoneal dialysis with intraperitoneal urokinase: a double-blind clinical trial. Nephrol Dial
Transpl 1994; 9: 797-9.
Tong MK, Leung KT, YP S, et al. Use of intraperitoneal urokinase for resistant bacterial peritonitis in continuous ambulatory
peritoneal dialysis. J Nephrol 2005; 18: 204-8.
Williams AJ, Boletis I, Johnson BF, et al. Tenckhoff catheter
replacement or intraperitoneal urokinase: a randomised trial in
the management of recurrent continuous ambulatory peritoneal
dialysis (CAPD) peritonitis. Perit Dial Int 1989; 9: 65-7.
Gadallah MF, Tamayo A, Sandborn M, et al. Role of intraperitoneal urokinase in acute peritonitis and prevention of catheter loss
in peritoneal dialysis patients. Adv Perit Dial 2000; 16: 233-6.
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S165-S178
Infezione da citomegalovirus nel trapianto renale
Profilassi con farmaci antivirali e pre-emptive
therapy per la prevenzione dell’infezione da
Citomegalovirus nel trapianto di rene: Linea Guida
C. Cornella, M.C. Torazza, G.F.M. Strippoli, G. Segoloni
Divisione e Cattedra di Nefrologia, Spedali Civili ed Università di Brescia, Brescia
Antiviral prophylaxis and pre-emptive therapy for the prevention of Cytomegalovirus
infection in renal transplant recipients: guideline from the Italian Society of
Nephrology
Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In
the present guideline, evidence of antiviral prophylaxis and pre-emptive treatment for preventing cytomegalovirus (CMV)
infection in kidney transplant recipients is presented.
Methods. SR of RCT and RCT on antiviral prophylaxis and pre-emptive treatment for CMV infection in kidney transplant
recipients were identified referring to a Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update).
Results. Evidence from 4 SR of RCT was gathered to address this issue. Methodological quality of available RCT included
in these SR was suboptimal. Antiviral prophylaxis is associated with a significant reduction in the risk of CMV infection
and all-cause mortality in CMV-negative and CMV-positive renal transplant recipients from CMV-positive donors, regardless of the immunosuppressive treatments used (evidence from SR). Pre-emptive therapy has been found to be effective in
preventing CMV disease but not all-cause mortality in these patients, even if evidence is less satisfactory compared to data
on antiviral prophylaxis (evidence from SR). There is insufficient evidence of conclusive recommendations on treatment of
CMV-negative recipients of renal transplants from CMV-negative donors.
Conclusion. In kidney transplant patients current available evidence supports the hypothesis that antiviral prophylaxis and
pre-emptive therapy are effective in preventing CMV disease; but antiviral should be the treatment of choice. Further studies are necessary on the treatment of CMV-negative recipients from CMV-negative donors. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl.
37): S165-78)
KEY WORDS: Antiviral agents, Pre-emptive therapy, Cytomegalovirus
PAROLE CHIAVE: Farmaci antivirali, Terapia pre-emptive, Citomegalovirus
LINEA GUIDA
La profilassi con farmaci antivirali riduce il rischio di infezione e malattia da citomegalovirus (CMV), e la mortalità
globale nei riceventi CMV negativi (CMV-) e CMV positivi (CMV+) di trapianto renale da donatori CMV+ indipendentemente dai protocolli immunodepressivi utilizzati.
È dimostrata l’efficacia della terapia “pre-emptive” nella prevenzione della malattia citomegalica, ma non una riduzione del rischio di mortalità; l’evidenza è però meno forte per il più limitato numero di dati.
È raccomandato l’uso della profilassi con farmaci antivirali nei riceventi CMV- di trapianto di rene da donatori CMV+
(livello di evidenza 1).
© Società Italiana di Nefrologia
S165
Profilassi con farmaci antivirali
È raccomandato l’uso della profilassi con farmaci antivirali nei riceventi CMV+ quando si faccia utilizzo di terapia
immunodepressiva con ALG, ATG e OKT3 (livello 2).
Nei riceventi CMV+ in terapia immunodepressiva convenzionale è consigliabile, quando vi sia la possibilità di monitorare antigenemia o viremia, la terapia “pre-emptive” (livello 2); negli altri casi viene raccomandata la profilassi (livello 1).
Non esistono evidenze che permettano al momento di formulare una raccomandazione conclusiva per i riceventi CMVdi trapianto di rene da donatori CMV- (livello 1).
Premesse
L’infezione da citomegalovirus (CMV) è comune nel trapianto di organi solidi. Nel primo anno dopo il trapianto
circa il 50-75% dei pazienti va incontro ad una infezione
primaria, una riattivazione virale, se determinata dallo stesso ceppo CMV dell’infezione originale, o una reinfezione
se determinata da un ceppo distinto (1).
Le conseguenze cliniche dell’infezione citomegalica possono essere distinte in effetti diretti della replicazione virale (febbre, leucopenia, piastrinopenia con o senza segni di
danno d’organo) ed in effetti indiretti conseguenti all’azione del virus sul sistema immunitario dell’ospite. Questi
ultimi comprendono il rigetto acuto dell’organo trapiantato
(2), il deterioramento progressivo della sua funzione (3, 4)
e l’aumentato rischio di infezioni opportunistiche (5).
Uno dei fattori principali nel determinare l’incidenza
della malattia citomegalica è la prevalenza di sieropositività nella popolazione in attesa di trapianto, che tende ad
aumentare con l’età anagrafica. Infatti, nei paesi industrializzati i sieropositivi sono circa il 15% fino a due anni di
età, il 30% nei giovani adulti, ed il 50-75% al di sopra dei
50 anni (1, 6). Prima dell’utilizzo estensivo della profilassi
la malattia citomegalica si manifestava nel 7-32% dei
pazienti riceventi organi solidi, con un rischio più elevato
per i riceventi di cuore e di polmone e minore per il trapianto di rene (7). Il rischio di sviluppare la malattia è maggiore nei pazienti sieronegativi che ricevono organi da donatori sieropositivi. Anche alcuni protocolli immunodepressivi
(ATG - OKT3) utilizzati sia nella terapia di induzione sia
nel trattamento del rigetto acuto determinano un incremento di tale rischio (8).
La diagnosi di infezione da CMV può essere sierologica
o virologica. Le tecniche sierologiche giocano un ruolo
essenziale nel definire il rischio di malattia citomegalica
post-trapianto (status sierologico donatore/ricevente) (1, 6,
9). Benché un incremento del titolo anticorpale od una sieroconversione possano essere un segno indiretto della replicazione virale, la dimostrazione diretta della presenza del
virus nel sangue, nelle urine, nelle secrezioni e nei tessuti
può essere ottenuta solo con indagini virologiche. Queste
S166
ultime, in particolare le tecniche di ibridazione molecolare
(10-16) o l’antigenemia precoce (17-22), sono pertanto alla
base delle possibili opzioni terapeutiche. Si definisce infezione attiva l’isolamento del virus o il riscontro di proteine
virali o DNA/RNA messaggero di CMV in liquidi o tessuti del corpo. Si è in presenza di malattia da CMV quando
il paziente infettato presenta segni o sintomi (sindrome
virale o danno d’organo). È definita sindrome virale un
quadro clinico caratterizzato dalla presenza di febbre
(>38°C) per almeno due giorni in un periodo di 4 giorni,
associato a neutropenia, trombocitopenia o rialzo delle
transaminasi, e dalla determinazione di infezione CMV a
livello ematico.
I farmaci correntemente utilizzati nella profilassi e nella
terapia delle infezioni da CMV sono aciclovir, valaciclovir,
ganciclovir, valganciclovir, foscarnet e cidofovir. Questi
possono essere impiegati con tre differenti approcci: a) in
modo terapeutico, allo scopo di trattare la malattia sintomatica; b) in profilassi, somministrando l’antivirale in tutti i
pazienti considerati a rischio; c) in modalità “pre-emptive”,
nei soggetti ritenuti a rischio di malattia sintomatica
sulla base di rilevazioni laboratoristiche di infezione.
Recentemente vi è stato un notevole interesse nei confronti della terapia “pre-emptive” a causa della ridotta tossicità,
dei costi inferiori e della logica del solo trattamento antivirale in soggetti ad alto rischio di malattia citomegalica per
la presenza di viremia.
Lo scopo di questa Linea Guida è di verificare, sulla base
delle evidenze che derivano dalle revisioni sistematiche
(livello di evidenza 1) e dagli studi randomizzati controllati [(RCT) (livello 2)], l’indicazione alla profilassi con farmaci antivirali o alla terapia “pre-emptive” nella prevenzione dell’infezione da citomegalovirus nel trapianto di rene.
Strategia di ricerca bibliografica
La ricerca bibliografica è stata eseguita con il ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal
Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT
Profilassi con farmaci antivirali
prodotti in nefrologia, dialisi e trapianto. Questo elenco
deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline,
Embase, numerosi altri database di studi clinici e la ricerca
bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di
interesse nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli
RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane.
Evidenza disponibile
La ricerca bibliografica ha permesso di individuare quanto segue: a) una metanalisi del 2002 che valuta l’effetto
della profilassi con aciclovir e valaciclovir nelle prevenzione dell’infezione da citomegalovirus e degli “outcomes”
correlati dopo trapianto d’organo (23); b) una revisione
Cochrane del 1998 che descrive l’efficacia della profilassi
antivirale nel trapianto degli organi solidi (24); c) una
recente revisione Cochrane sull’uso dei farmaci antivirali
nel prevenire la malattia citomegalica e la morte precoce in
riceventi trapianto di organi solidi (25); c) una revisione
Cochrane, di recente pubblicazione, che valuta l’efficacia
della terapia “pre-emptive” nella prevenzione dell’infezione da CMV nel trapianto di organo solido (26).
Descrizione degli studi
Metanalisi di Fiddian. Nella prima metanalisi (23) sono
stati valutati 12 RCT per un totale di 1574 pazienti esaminati per infezione e malattia da CMV (ed “outcomes” correlati) dopo trapianto di organo solido, sottoposti a profilassi eseguita con differenti dosi di aciclovir o con valaciclovir 8 g/die.
Revisione di Couchoud. La revisione Cochrane (24) del
1998 include RCT in adulti o bambini riceventi un trapianto di organo solido in cui un braccio riceve un trattamento
profilattico per CMV con aciclovir o ganciclovir, mentre il
gruppo di controllo riceve placebo o nessun trattamento. In
totale sono stati inclusi 13 RCT, con un totale di 1138
pazienti (585 nel gruppo trattato e 553 nel gruppo di controllo). Sono stati esclusi gli studi non randomizzati e quelli in cui il gruppo di controllo riceveva altri farmaci antivirali od immunoglobuline.
Revisione di Hodson. Nella revisione Cochrane di
Hodson (25) si valuta l’utilizzo dei farmaci antivirali nella
prevenzione della malattia da CMV e della morte precoce in
riceventi di trapianto di organo solido (rene, fegato e cuore).
Questo studio si articola in due parti: nella prima sono presi
in considerazione 19 RCT che mettono a confronto la profilassi con farmaci antivirali, a diverse posologie e schemi
terapeutici (Tab. I) (27-45), verso placebo o non trattamento; nella seconda si esaminano 11 RCT che confrontano tra
di loro diversi farmaci antivirali (Tab. II) (3, 46-58). Infine
due RCT confrontano diverse modalità di somministrazione
dello stesso farmaco (ganciclovir). Non sono stati inclusi
lavori inerenti alla terapia “pre-emptive”, oggetto di una suc-
cessiva revisione (26). Sono inoltre stati esclusi altri trattamenti meno comuni (ad es. immunoglobuline specifiche) o
sperimentali (vaccini od interferone). Gli end point primari
sono rappresentati da malattia citomegalica e morte (per
tutte le cause e per la malattia citomegalica). Gli end point
secondari sono: infezione da CMV (malattia da CMV più
infezione sintomatica), tempo di insorgenza della malattia,
tasso di rigetto acuto, perdita dell’organo, altre infezioni,
effetti collaterali dei farmaci utilizzati.
Revisione di Strippoli. La ricerca bibliografica ha permesso di individuare una revisione Cochrane (26) del 2006
che valuta l’effetto della terapia “pre-emptive” in confronto con placebo o con la profilassi antivirale nei riceventi
trapianto di organi solidi. In questa revisione sono stati
valutati 10 RCT per un totale di 476 pazienti esaminati
seguiti per un follow-up di 3-18 mesi (Tab. III) (59-68). Gli
RCT arruolavano soggetti riceventi trapianto di organi solidi sottoposti a terapia “pre-emptive” in confronto con placebo (6 RCT, 288 pazienti), terapia “pre-emptive” in confronto con profilassi antivirale (3 RCT, 151 pazienti), o
terapia “pre-emptive” per os in confronto con terapia “preemptive” per via endovenosa (1 RCT, 22 pazienti). Solo 5
di questi RCT (251 pazienti) arruolavano soggetti riceventi
trapianto di rene. La terapia “pre-emptive” consisteva nel
follow-up del paziente con monitoraggio della viremia
attraverso vari sistemi (“qualitative PCR for CMV DNA”,
“pp65 antigenaemia”, “shell vial culture EIA”) e nel trattamento dei soggetti che sviluppassero viremia.
Qualità degli studi. La qualità degli studi è stata definita in base alla metodologia utilizzata dalla Cochrane, che
prevede una valutazione del metodo di segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”), dell’utilizzo del
cieco (“blinding”), dell’analisi per intenzione al trattamento (“intention-to-treat analysis”) e delle perdite al followup (“lost to follow-up”). La qualità di tutti gli studi analizzati in questa Linea Guida è riportata in Tabella IV.
Analisi statistica. L’analisi statistica ha valutato il rischio
relativo [“relative risk” (RR)] con intervalli di confidenza
(IC) al 95% e differenza di rischio per gli “outcomes” dicotomici.
Risultati
Metanalisi di Fiddian. Gli Autori concludono che infezione da CMV, malattia da CMV, infezioni opportunistiche,
rigetto acuto, malattie da herpes simplex e da varicella
zoster e mortalità globale sono state significativamente
ridotti con l’utilizzo dell’aciclovir a dosi elevate (3.2 g/die)
ed in misura statisticamente ancora maggiore da valaciclovir alle dosi di 8 g/die. La profilassi comporta una riduzione del rischio di morte del 40% (RR 0.60; IC 95% 0.400.90), dovuta al decremento di mortalità da cause infettive.
I risultati sono stati significativi sia nel caso di riceventi sieronegativi (D+/R-) sia sieropositivi (D+/R+). Non sono
S167
Profilassi con farmaci antivirali
stati valutati casi da donatori CMV negativi. Questa metaanalisi presenta le seguenti limitazioni metodologiche: l’unica fonte di ricerca è Medline; gli studi sono randomizzati e prospettici, ma il gruppo di controllo è costituito in 7
RCT da placebo, in 4 da un gruppo osservazionale; vengono, però inclusi due RCT che utilizzano, in un gruppo di
studio ed in uno di controllo, un ciclo breve di immunoglobuline dopo il trapianto; manca infine il confronto tra i
diversi farmaci antivirali utilizzati nella profilassi.
Revisione di Couchoud. I risultati hanno evidenziato
che il trattamento profilattico era associato a significativa
riduzione della malattia da CMV (RR 0.43; IC 95% 0.340.54) rispetto a placebo o non trattamento. La profilassi ha
ridotto anche la possibilità di infezione da CMV (RR 0.62;
IC 95% 0.53-0.73). Nonostante un trend favorevole per il
trattamento profilattico, questa analisi non è riuscita a
dimostrare un decremento significativo della perdita dell’organo o della morte. Il rischio relativo è stato rispettivamente 0.80 e 0.71, ma l’ampio intervallo di confidenza
include il valore di 1. Non sono stati dimostrati neppure
significativi effetti sul rigetto acuto (RR 0.92; IC 95% 0.791.07). I risultati nei sottogruppi basati sul tipo di antivirale
utilizzato, aciclovir o ganciclovir, hanno mostrato una
significativa riduzione nella malattia da CMV per entrambi (rispettivamente RR 0.42; IC 95% 0.24-0.73 e RR 0.45;
IC 95% 0.34-0.59). Inoltre il ganciclovir è stato associato
ad una significativa riduzione dell’infezione da CMV (RR
0.52; IC 95% 0.42-0.62), mentre l’aciclovir no (RR 0.80;
IC 95% 0.60-1.05). Nei trapianti di cuore, fegato e rene il
trattamento profilattico è stato associato ad una significativa riduzione della malattia da CMV. Per quanto riguarda
l’infezione da CMV, c’è stata riduzione solo nel trapianto
epatico e renale. Come trovato nell’analisi globale, nell’analisi dei sottogruppi non c’è stata una riduzione della perdita dell’organo, del rigetto acuto o della morte. Infine nell’analisi dei sottogruppi a seconda dello status anticorpale
pre-trapianto donatore/ricevente, l’utilizzo della profilassi
ha mostrato una significativa riduzione della malattia da
CMV solo nei gruppi donatore sieropositivo - ricevente sieronegativo e nel sottogruppo donatore positivo - ricevente
positivo. Tale lavoro si conclude affermando che esistono
significativi effetti benefici degli agenti antivirali (aciclovir
e/o ganciclovir) nell’uso per la profilassi dell’infezione
e della malattia da CMV (riduzione del rischio relativo
rispettivamente del 40% e del 50%). Vengono però sollevati alcuni dubbi: il trattamento profilattico è giustificato dal
punto di vista economico visto che esistono ora delle efficaci opzioni terapeutiche sulla malattia da CMV? Quale
farmaco è meglio utilizzare, dato che la revisione compara
solo i trattati con i non trattati ma esclude i confronti tra i
trattamenti?
Revisione di Hodson. I principali risultati di questa
meta-analisi dimostrano i seguenti dati principali.
1. Rischio di malattia. Per tutti gli RCT nei gruppi assegnati al placebo o non trattamento il rischio di malattia
S168
CMV è risultato del 30% (range 11-72%) e di infezione del
49% (36-100%). La profilassi (considerando tutti gli antivirali) ha ridotto il rischio di malattia da CMV (19 RCT,
1981 pazienti; RR 0.42; IC 95% 0.34-0.52), il rischio di
infezione (17 RCT, 1786 pazienti; RR 0.61; IC 95% 0.480.77), di sindrome citomegalica (11 RCT, 1570 pazienti;
RR 0.41; IC 95% 0.29-0.57) ed il rischio di malattia invasiva dell’organo (12 RCT, 1628 pazienti; RR 0.34; IC 95%
0.21-0.55) rispetto a placebo o non trattamento. Non è
emersa significativa eterogeneità tra gli studi per quel che
riguarda la malattia da CMV, la sindrome e l’interessamento d’organo, mentre per quel che riguarda l’infezione da
CMV è risultata una eterogeneità sostanziale, senza apparente spiegazione; ciò nonostante 15 su 17 studi concludono a favore della profilassi; 11 RCT su 17 analizzano il
periodo di insorgenza della malattia, che viene ritardato in
modo significativo in 9 RCT. Anche quando i farmaci utilizzati nella profilassi (aciclovir, ganciclovir, valaciclovir)
vengano analizzati in modo separato, il rischio di malattia
citomegalica rispetto a placebo o non trattamento si mantiene significativamente ridotto in tutti i gruppi. Le analisi di
sottogruppo non fanno emergere differenze significative tra
questi tre farmaci nel prevenire la malattia citomegalica.
Ulteriori analisi di sottogruppo ottenute stratificando gli
studi a secondo della qualità metodologica e dei disegni
specificati a priori dimostrano che l’efficacia del trattamento non varia in modo significativo tra gli RCT. Infine l’analisi multivariata non dimostra significative differenze nella
comparsa della malattia quando siano considerati fattori
confondenti quali il tipo di organo trapiantato, lo schema
profilattico utilizzato e lo stato sierologico donatore ricevente (donatore sieropositivo con riceventi sia sieropositivi
sia sieronegativi). Non sono disponibili dati sufficienti per
valutare l’efficacia della profilassi nei casi di sieronegatività di donatore e ricevente.
2. Mortalità. La mortalità globale media riportata nei
gruppi in placebo o non trattamento per tutti gli RCT è stata
del 7.1% (range 0-37%). La profilassi ha ridotto sensibilmente la mortalità per tutte le cause (17 RCT, 1838 pazienti; RR 0.63; IC 95% 0.43-0.92), ma dall’analisi dei 7 RCT
che hanno riportato in modo separato la mortalità globale e
quella legata a malattia citomegalica è emerso che la profilassi riduce in modo significativo il rischio di morte per la
malattia ma non il rischio di morte per altre cause. Anche
in questo caso le analisi per sottogruppo e la stratificazione
degli RCT non hanno dimostrato differenze sugli effetti del
trattamento, così come l’analisi multivariata non ha rilevato variazioni significative dei risultati legate ai differenti
organi trapiantati, ai farmaci antivirali utilizzati ed allo status sierologico del ricevente.
3. Rigetto. La profilassi non ha ridotto in modo significativo il rischio di rigetto acuto (determinato sia istologicamente che con criteri clinici) o di perdita dell’organo trapiantato. In un solo RCT (44), dove si è valutato separatamente nel trapianto di rene l’incidenza dei rigetti acuti nei
Sì
Sì
No
Sì
No
No
Sì
Sì
No
No
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Aciclovir, rene,
Balfour HH Jr, 1989 (27)
Aciclovir, rene,
Kletzmayr J, 1996 (28)
Aciclovir, rene
Rostaing L, 1994 (29)
Aciclovir, fegato
Barkholt L, 1999 (30)
Aciclovir, fegato
Gavalda J, 1997 (31)
Aciclovir, fegato
Saliba F, 1993 (32)
Ganciclovir, rene
Ahsan N, 1997 (33
Ganciclovir, rene
Brennan DC, 1997 (34)
Ganciclovir, rene
Conti DJ, 1995 (35)
Ganciclovir, rene
Hibberd PL, 1995 (36)
Ganciclovir, rene
Leray H, 1995 (37)
Ganciclovir, rene
Pouteil-Noble C, 1996 (38)
Ganciclovir, rene
Rondeau E, 1993 (39)
Ganciclovir, fegato
Cohen AT, 1993 (40)
Ganciclovir, fegato
Gane E, 1997 (41)
Ganciclovir, cuore
Macdonald PS, 1995 (42)
Ganciclovir, cuore
Merigan TC, 1992 (43)
Valaciclovir, rene
Lowance D, 1999 (44)
Valaciclovir, cuore
Egan JJ, 2002 (45)
No
No
No
No
Sì
No
No
Sì
No
No
No
No
No
No
No
Sì
No
No
Sì
D-/R-
27
616
149
56
304
65
32
50
23
113
40
42
44
120
73
55
37
36
104
N.
pazienti
8000 mg/os
8000 mg/os
10 mg/kg per 14 giorni,
poi 6 mg/kg 5 giorni/settimana
5 mg/kg/ev per 3 giorni/settimana
3000 mg/os
10 mg/kg/ev
10 mg/kg/ev
5 mg/kg/ev per 14 giorni,
poi 3200 mg aciclovir/os
10 mg/kg/ev
2-5 mg/kg/ev
5 mg/kg/ev
3000 mg/os
Non trattamento
Placebo
Placebo
Placebo
Placebo
Non trattamento
Non trattamento
Placebo
Non trattamento
Non trattamento
Non trattamento
Non trattamento*
Non trattamento
Non trattamento
500 mg/m2/ev per 10 giorni,
poi 3200 mg/os
1500 mg/os
Non trattamento
Placebo
Non trattamento
Non trattamento
Placebo
Gruppo di controllo
2000 mg/os
3200 mg/os
6 mg/kg/ev per 3 giorni,
poi 3200 mg/os
3200 mg/os
2400 mg/os
Gruppo sperimentale
*gruppo di controllo trattato con aciclovir 400 mg/die per prevenire malattia da Herpes simplex
**durata media del trattamento durante la somministrazione di ATG
D+/R-
D+/R+
Farmaco, Organo
Autore ed anno
87
87
28
42
88
14
14
84
14
9**
10**
84
84
84
106
84
84
84
84
Durata
trattamento (giorni)
6
12
4
12
12
18
3
6
3
6
12
6
9
3
12
3
6
12
12
Follow-up (mesi)
TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (STRATEGIE ANTIVIRALI VERSO PLACEBO O NON TRATTAMENTO)
Profilassi con farmaci antivirali
S169
S170
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Fegato
Martin M, 1994 (49)
Fegato
Nakazato PZ, 1993 (50)
Fegato
Winston DJ, 1995 (51)
Fegato
Winston DJ, 2003 (52)
Polmone
Duncan SR, 1994 (3)
Rene, fegato, cuore
Rubin RH, 2000 (53)
Sì
Sì
Polmone, cuore-polmone
Hertz MI, 1998 (58)
No
No
No
No
No
No
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
D-/R-
72
64
71
364
155
25
219
99
104
139
48
167
79
N.
pazienti
Ganciclovir 10 mg/kg/ev
per 14 giorni, poi 5 mg/kg/ev
3 giorni alla settimana
Ganciclovir 6 mg/kg/ev
per 14 giorni, poi 3000 mg/os
Valaciclovir 8000 mg/os
Valganciclovir 900 mg/os
Ganciclovir 5 mg/kg/ev per
10 giorni, 3000 mg/os
Ganciclovir 20 mg/kg/ev
per 21 giorni, 5 mg/kg
5 giorni/settimana
Ganciclovir 6 mg/kg/ev
per 14 giorni, 3000 mg/os
Ganciclovir 6 mg/kg/ev
Ganciclovir 5 mg/kg/ev
durante il ricovero poi
aciclovir 5 mg/kg/os
Ganciclovir 10 mg/kg/ev
per 14 giorni, aciclovir 3200 mg/os
Ganciclovir 10 mg/kg/ev
per 14 giorni, aciclovir 3200 mg/os
Ganciclovir 10 mg/kg/ev
per 14 giorni, aciclovir
3200 mg/os
Ganciclovir 3000 mg/os
Farmaco 1
*gruppo di controllo trattato con aciclovir 400 mg/die per prevenire malattia da Herpes simplex
**durata media del trattamento durante la somministrazione di ATG
No
Sì
Sì
Sì
Fegato
Winston DJ, 2004 (57)
Posologia ganciclovir
Rene
Reischig T, 2002 (55)
Reischig T, 2004 (56)
Valaciclovir vs ganciclovir
Rene, fegato, cuore
Rene-pancreas
Paya C, 2004 (54)
Sì
Sì
Sì
Fegato
Green M, 1997 (48)
No
Sì
Sì
Fegato
Badley AD, 1997 (47)
Valganciclovir vs ganciclovir
Sì
D+/R-
Sì
D+/R+
Rene
Flechner SM, 1998 (46)
Ganciclovir vs Aciclovir
Farmaco, Organo
Autore ed anno
Ganciclovir 10 mg/kg/ev
per 14 giorni, poi 5 mg/kg/ev
Ganciclovir 6 mg/kg/ev
per 14 giorni, poi 5 mg/kg ev
5 giorni alla settimana
Ganciclovir 3000 mg/os
Ganciclovir 3000 mg/os
Ganciclovir 5 mg/kg/ev
per 10 giorni, aciclovir 1200 mg/os
Ganciclovir 20 mg/kg/ev
per 21 giorni, aciclovir
3200 mg/os
Ganciclovir 6 mg/kg/ev
per 14 giorni, aciclovir 3200 mg/os
90
100
81
90
94
90
100
100
84
84
365
119
84
Durata trattamento
(giorni)
Aciclovir 60 mg/kg/ev
durante il ricovero poi 3200 mg/os
Aciclovir 5 mg/kg/ev
durante il ricovero poi
5 mg/kg/os
aciclovir 3200 mg/os
Ganciclovir 10 mg/kg/ev
per 14 giorni
Aciclovir 3200 mg/os
Aciclovir 3200 mg/os
Farmaco 2
TABELLA II - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (CONFRONTO DIRETTO TRA STRATEGIE ANTIVIRALI)
12
12
6
12
12
12
12
4
3
6
12
12
12
Follow-up (mesi)
Profilassi con farmaci antivirali
N.
pazienti
D+/R+
D+/R-
D-/R-
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
31
12
60
36
80
Rene
Yang CW, 1998 (60)
Fegato e rene
Koetz AC, 2001 (61)
Fegato
Rayes N, 2001 (62)
Rene
Brennan DC, 1997 (63)
Rene
Sagedal S, 2003 (64)
Sì
Sì
70
34
Rene
Jung C, 2001 (66)
Rene
Queiroga, 2003 (67)
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Fegato
Singh N, 2000 (68)
22
Sì
Sì
Trattamento pre-emptive orale vs endovenoso per la viremia CMV
Sì
47
Fegato
Singh N, 1994 (65)
Trattamento pre-emptive per la viremia CMV vs profilassi
Sì
69
Fegato
Paya CV, 2002 (59)
Sì
Sì
Sì
Sì
No
No
Sì
No
No
No
Trattamento pre-emptive per la viremia da CMV vs placebo/terapia standard
Organo
Autore ed anno
Antigenemia pp65>=1
cell +va 20x104
Antigenemia pp65>=3
cell +va 30x104
Antigenemia pp65>=2
cell +va /20x104
PCR per CMV DNA
> = 400 copie/mL
Shell vial culture
EIA (titolo >= 0.79 +va)
Antigenemia pp65>=1
cell +va /10x104
PCR qualitativo per CMV DNA
Sierologia (shell vial culture)
Antigenemia pp65>=1
cell +va /1x104
PCR qualitativo per CMV DNA
Antigenemia pp65>=5
cell +va /20x104
Antigenemia pp65>=1
cell +va /5x104
CMV IgM index > 0.500
PCR qualitativo
per CMV DNA
Metodi per la
diagnosi di infezione da CMV
Ganciclovir orale 3000 mg/die
x 14 giorni quindi 3000 mg/die
x 28 giorni
Ganciclovir orale 3000 mg/die
x 14 giorni
Ganciclovir orale 3000 mg/die
x 14 giorni
Ganciclovir 10 mg/kg/ev
per 7 giorni
Ganciclovir orale 3000 mg/die
x 27-70 giorni
Ganciclovir 10 mg/kg/ev
per 21 giorni
Ganciclovir orale 3000 mg/die
x 14 giorni
Ganciclovir 10 mg/kg/ev
per 14 giorni
Ganciclovir 10 mg/kg/ev
per 14 giorni
Ganciclovir orale
3000 mg/die x 56 giorni
Intervento pre-emptive
Ganciclovir 10 mg/kg/ev
per 7 giorni
3
6
12
6
12
12-18
4
3
6
4
Follow-up
(mesi)
Ganciclovir orale 2250mg/die
x 90 giorni
Ganciclovir orale
3000 mg/die x 90 giorni
Aciclovir orale 3200 mg/die
x 168 giorni
Terapia standard
Terapia standard
Terapia standard
Placebo
Terapia standard
Placebo
Intervento
di controllo
TABELLA III - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI SUL TRATTAMENTO PRE-EMPTIVE NELLA PREVENZIONE DELLA MALATTIA DA CMV
NEI RICEVENTI TRAPIANTO DI ORGANO SOLIDO
Profilassi con farmaci antivirali
S171
Profilassi con farmaci antivirali
TABELLA IV - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI RCT
INDIVIDUATI
Parametro di qualità
%
Allocation concealment
Adeguato
15
Non chiaro
75
Inadeguato
10
Blinding-Cieco
Partecipanti
35
Ricercatori
30
Valutazione outcomes
15
Analisi “intention-to-treat”
Sì
43
No
47
Non chiara
10
Perdite al follow-up (%)
0<10%
45
10<20%
20
20<40%
25
≥40%10
riceventi a seconda della sierologia per il CMV al momento del trapianto, si è evidenziato come la profilassi riduca in
modo significativo il rischio di rigetto acuto nel gruppo
ricevente sieronegativo di organo da donatore sieropositivo
(RR 0.51; IC 95% 0.35-0.74) ma non nei riceventi sieropositivi (RR 0.84; IC 95% 0.63-1.10).
4. Altre infezioni. La profilassi con aciclovir, ganciclovir
o valaciclovir ha ridotto il rischio di malattia causata da altri
virus (Herpes simplex ed Herpes zoster del 70%) ed inoltre
ha ridotto il rischio di infezioni batteriche (del 35%) e da
protozoi (70%), ma non ha influenzato il rischio di infezioni fungine.
5. Effetti collaterali. Sedici RCT hanno riportato l’elenco degli effetti collaterali della profilassi antivirale, ma di
questi solo 6 hanno eseguito un confronto con i gruppi di
controllo placebo o non trattamento. In questo caso si è evidenziato un significativo aumento del rischio di allucinazioni (8.5% vs 0.97%) per il valaciclovir; non sono state
riportate significative differenze per quel che riguarda la
leucopenia o la ridotta funzione renale.
6. Confronto tra antivirali. In 7 RCT (1113 pazienti) il
ganciclovir risulta più efficace dell’aciclovir nel prevenire
la malattia citomegalica in tutti i riceventi (RR 0.37; IC
95% 0.23-0.60), sia CMV positivi (RR 0.27; IC 95% 0.130.55) sia CMV negativi (RR 0.64; IC 95% 0.41-0.99) di
organi CMV positivi. Nelle analisi di sottogruppo non sono
state evidenziate differenze significative tra i gruppi che
hanno utilizzato ganciclovir seguito da aciclovir ed in quelli che hanno ricevuto ganciclovir per tre mesi (4 RCT; RR
S172
0.28; IC 95% 0.09-0.82). Il ganciclovir è anche risultato più
efficace dell’aciclovir nel ridurre l’infezione citomegalica
(RR 0.45; IC 95% 0.29-0.69) ma si è rilevata significativa
eterogeneità tra gli studi. Valganciclovir e ganciclovir non
hanno presentato significative differenze nella prevenzione
della malattia (RR 0.93; IC 95% 0.59-1.48) o dell’infezione (RR 0.99; IC 95% 0.80-1.24) da citomegalovirus. In
modo analogo il rischio di malattia (RR 0.51; IC 95% 0.055.42) e di infezione (RR 1.47; IC 95% 0.63-3.42) non è
risultato significativamente differente utilizzando la profilassi con valaciclovir o ganciclovir. Infine non vi sono
significative differenze nella mortalità globale e correlata a
malattia citomegalica, nel rigetto acuto, nella perdita dell’organo, o nell’incidenza di altre infezioni negli RCT che
confrontano ganciclovir ed aciclovir o valganciclovir e ganciclovir. Il rigetto acuto è significativamente meno frequente con valaciclovir rispetto a ganciclovir (RR 0.34; IC 95%
0.12-0.96). La leucopenia è più comune con ganciclovir
rispetto ad aciclovir (RR 3.28; IC 95% 1.48-7.25). La conta
dei globuli bianchi scendeva al di sotto dei 1000 mm3 nel
13% dei pazienti assegnati a valganciclovir contro l’8% dei
pazienti assegnati a ganciclovir, ma tale differenza non è
risultata significativa. Infine non si è rilevata differenza
significativa di rischio di malattia citomegalica nella somministrazione del ganciclovir per via orale od endovenosa,
né tra differenti schemi di frequenza di somministrazione.
Revisione di Strippoli. I principali risultati di questa
revisione dimostrano i seguenti dati: a) in confronto con
placebo o con la terapia classica dell’infezione in atto, la
terapia “pre-emptive” si associa ad una significativa riduzione del rischio di malattia citomegalica (6 RCT, 288
pazienti, RR 0.29; IC 95% 0.11-0.80); b) in confronto col
placebo o la terapia classica, non si osserva alcuna differenza per il rischio di malattia da CMV in studi in cui siano
state usate preparazioni per os o ev di ganciclovir; c) non
esiste una differenza significativa nel rischio di rigetto
acuto, mortalità, perdita del graft, leucopenia o anomalie
della funzione renale in soggetti trattati con terapia “preemptive” rispetto a placebo o terapia standard; d) nei pochi
studi di confronto diretto tra terapia “pre-emptive” e profilassi antivirale (totale 151 pazienti) non vi era una significativa differenza nel rischio di malattia citomegalica (3
RCT, 151 pazienti, RR 0.42; IC 95% 0.07-2.75) né alcuna
differenza nel rischio di rigetto acuto, mortalità totale, perdita del graft, anomalie della funzione renale e sintomi neurologici, mentre il rischio di leucopenia era ridotto nei riceventi terapia “pre-emptive” rispetto alla profilassi antivirale (2 RCT, 117 pazienti, RR 0.12; IC 95% 0.01-0.96); e)
negli studi di confronto tra terapia “pre-emptive” con ganciclovir per os o per via endovenosa non si dimostrano
significative differenze nel rischio di malattia citomegalica,
mortalità totale o altre infezioni. Gli Autori concludono che
sulla base di questi dati la terapia “pre-emptive” riduce il
rischio di malattia da CMV nei riceventi trapianti di organo
solido ma che le evidenze sono ancora scarse ed i benefici
Profilassi con farmaci antivirali
per il paziente appaiono limitati in confronto alla profilassi
antivirale in tutte le categorie di soggetti trapiantati ad eccezione dei riceventi trapianti di organi solidi da donatori sieronegativi. La terapia “pre-emptive” appare una strategia
promettente anche in virtù della riduzione dei costi e dell’esposizione ad agenti farmacologici potenzialmente tossici,
ma sono necessari ulteriori RCT per valutare gli effetti
diretti ed indiretti dell’infezione da CMV e la tossicità.
Questa revisione si basa sui principi metodologici della
Cochrane Collaboration: un quesito di ricerca chiaro, una
ampia ricerca bibliografica che include Medline, Embase, il
registro Cochrane degli RCT e la Renal Health Library,
un’analisi dettagliata delle cause di eterogeneità nei risultati degli RCT disponibili. Tuttavia essa è fortemente limitata dalla scarsità di studi finora a disposizione, in particolare i 10 RCT inclusi arruolano riceventi di vario tipo di trapianti di organi solidi e sono scarsi i dati per poter valutare
se esistono differenze tra i risultati delle metanalisi e quelli
degli effetti farmacologici nelle singole popolazioni riceventi diverse tipologie di trapianti d’organo.
Sintesi dell’evidenza
I risultati attualmente disponibili indicano che nei riceventi di trapianto di organo solido la profilassi con farmaci
antivirali (ganciclovir, aciclovir e valaciclovir), oltre a
ridurre il rischio di malattia citomegalica del 60%, riduce la
mortalità globale del 40%, prevalentemente come risultato
della ridotta mortalità per malattia da CMV. Risulta inoltre
ridotto il rischio di malattia causato da virus erpetici (70%),
infezioni batteriche (35%) e infezioni da protozoi (70%).
L’effetto benefico della profilassi sulla malattia da CMV
e sulla mortalità si manifesta, nei riceventi di trapianto di
cuore, rene e fegato, indipendentemente dal loro status sierologico pre-trapianto quando sottoposti a trapianto di organo da donatore CMV positivo per ogni tipo di regime immunodepressivo utilizzato, incluso l’utilizzo di anticorpi antilinfocitari, e si mantiene per tutta la durata del trapianto.
Non ci sono chiare dimostrazioni sulla riduzione di perdita d’organo o di rigetto acuto, sebbene non possa essere
escluso un limitato, ma clinicamente importante, beneficio.
Altrettanto limitati sono i dati relativi agli effetti collaterali, in quanto non sempre ben definiti nei vari RCT. Tuttavia
non emergono differenze significative in termini di leucopenia o nefrotossicità tra i diversi antivirali. L’uso del valaciclovir invece appare significativamente correlato ad allucinazioni. I dati relativi al sottogruppo donatore e ricevente
negativi sono molto scarsi (pazienti di rado arruolati negli
RCT per la scarsità degli eventi per l’assenza di meccanismi biologici medianti i quali la malattia citomegalica
possa essere evitata in pazienti non esposti) e non permettono di trarre conclusioni.
Passando a considerare il confronto tra i diversi regimi
antivirali, dalla letteratura non emerge un solo schema con-
sigliato, ma i protocolli adottati sono molteplici e possono
comprendere vari farmaci, con associazioni sequenziali di
principi attivi diversi e con modalità di somministrazione
differenti.
Per quanto riguarda l’uso in profilassi del valganciclovir, ora correntemente utilizzato nella pratica clinica, non
esistono RCT che ne testino l’efficacia rispetto al placebo
(anche per il problema etico che tali studi avrebbero
posto), ma un ampio studio (364 pazienti) che confronta
valganciclovir con ganciclovir non ha dimostrato significative differenze nel rischio di malattia citomegalica e di
mortalità globale tra i due antivirali (54); da ciò si può
estrapolare che i benefici precedentemente dimostrati per
aciclovir, valaciclovir e ganciclovir possono essere considerati validi anche per il valganciclovir (54). Il ganciclovir è più efficace dell’aciclovir negli studi di confronto
diretto; negli studi in cui il confronto è indiretto tale differenza potrebbe essere dovuta alla differente durata della
somministrazione, ma in realtà l’aciclovir è stato utilizzato per periodi più lunghi (84 giorni) rispetto al ganciclovir (9-42 giorni) in 7 degli 11 RCT che lo comprendono;
questo ci porta a concludere che sia necessaria una valutazione non solo dell’agente antivirale utilizzato, ma
anche della durata delle terapie. Sebbene un piccolo studio (71 pazienti) non abbia rilevato significative differenze nella prevenzione della malattia da citomegalovirus tra
ganciclovir per os e valaciclovir (55, 56), l’ampio intervallo di confidenza (RR 0.51; IC 95% 0.05-5.42) suggerisce che una significativa differenza non possa essere
esclusa.
I risultati attualmente disponibili indicano che la terapia
“pre-emptive” nei riceventi trapianti di organi solidi dopo
rilevazione di CMV-viremia si associa a una significativa
riduzione (rispetto al placebo) nel rischio di malattia citomegalica. Gli studi non documentano significative differenze nel rischio di mortalità totale, rigetto acuto, perdita
del “graft”, altre infezioni, leucopenia e funzione renale.
Non è possibile un confronto chiaro e diretto tra l’efficacia
della terapia “pre-emptive” e quella della profilassi antivirale in virtù della scarsità dei dati disponibili.
Il ricorso alla terapia “pre-emptive” è fortemente supportato come valida alternativa alla profilassi antivirale giacché esso consiste nel trattamento dei soli riceventi ad alto
rischio di malattia da CMV. In questo modo i pazienti sono
esposti ad un minor rischio di tossicità da farmaci, sviluppo di ceppi resistenti di CMV o anomalie della risposta
immunitaria farmaco-indotta. Tuttavia, è necessario sottolineare che rispetto ai pochi dati disponibili sull’uso della
terapia “pre-emptive” nel trapianto d’organo i dati relativi
all’utilizzo della profilassi antivirale sono sostanziali. In
confronto al placebo, è stato dimostrato che la profilassi
antivirale riduce il rischio di malattia da CMV di circa il
60%, mentre analoghi risultati in campo di terapia “preemptive” sono ancora inesistenti. Va inoltre sottolineato che
l’utilizzo della terapia “pre-emptive” si basa sulla disponi-
S173
S174
Nazione
USA
Europa
Australia
Linea Guida
Clinical Practice Guidelines
of the American Society
of Transplantation (70)
European Best Practice Guidelines
for Renal Transplantation (71)
Cari Guidelines (Caring for Australian
with Renal Impairment) (72)
2004
2000
1998
Anno
TABELLA V - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA
Profilassi raccomandata (livello di evidenza A)
Profilassi raccomandata (livello di evidenza B)
segue
Suggerimenti basati sul livello III e IV di evidenza:
- durata della terapia: nella maggior parte dei trials ha la durata di 90 giorni; non vi sono trials controllati per quanto
riguarda la durata;
- agenti antivirali o immunoglobuline CMV: gli agenti antivirali sono superiori rispetto alle immunoglobuline nel prevenire
la malattia da CMV;
- dosaggi: negli studi riportati, la dose giornaliera di agenti antivirali utilizzati era la seguente, ed era ridotta a seconda
della funzione renale:
- aciclovir per os: 3200 mg
- valaciclovir per os: 8000 mg
- valganciclovir per os: 900 mg
- ganciclovir ev: 5-10 mg/kg per una durata media di 14 giorni.
(Nota: il ganciclovir per os non è più disponibile in Australia)
LINEE GUIDA (includono raccomandazioni basate sul livello I o II di evidenza):
a. il trattamento profilattico nel trapianto di organo solido è associato ad una significativa riduzione della malattia da CMV
quando comparato col placebo o con il non trattamento (riduzione del rischio relativo di circa il 50%) (livello I di evidenza);
b. il trattamento profilattico nel trapianto di organo solido è associato ad una significativa riduzione della infezione da CMV
quando comparato col placebo o con il non trattamento (riduzione del rischio relativo di circa il 40%) (livello I di evidenza);
c. l’uso di agenti antivirali, quali il valaciclovir orale, il ganciclovir per os e per via endovenosa dà risultati comparabili
nella profilassi (livello II di evidenza);
d. quando analizzato per sottogruppi donatori/riceventi, il trattamento profilattico per il CMV è indicato, quando il donatore
è anticorpo positivo ed il ricevente è anticorpo positivo o negativo (livello II di evidenza).
La profilassi deve essere scelta tra queste cinque modalità (livello di evidenza A):
- Infusione settimanale di globuline iperimmuni per 6 settimane (alto dosaggio) o per 16 settimane (basso dosaggio).
- Aciclovir per os per 12 settimane alla posologia giornaliera di 3200 mg (800 mg x 4) corretta per il GFR.
- Valaciclovir per os per 90 giorni alla posologia giornaliera di 8000 mg (2000 mg x 4) corretta per il GFR.
- Ganciclovir per via endovenosa per almeno 14 giorni alla dose giornaliera di 5 mg/kg x 2 (corretta per il GFR) per almeno
14 giorni.
- Ganciclovir per os per un periodo più lungo (2-12 settimane) alla dose giornaliera di 3000 mg (1000 mg x 3) corretta per il GFR
D+/RR+ trattati con ALG, ATG e OKT3 nell’induzione o
per un rigetto acuto steroido-resistente
Le raccomandazioni sulla profilassi sono basate sullo status sierologico donatore-ricevente pre-trapianto
R+/D+ o R+/D- e ALG
Profilassi raccomandata (grado A)
R-/D+ e ALG
Profilassi raccomandata (grado A)
R-/D+ terapia immunodepressiva convenzionale
Profilassi raccomandata (grado B)
R-/D- terapia immunodepressiva convenzionale
Non richiesta profilassi (grado D/E)
R+/D- terapia immunodepressiva convenzionale
Profilassi lasciata a discrezione (grado C)
Non ci sono raccomandazioni specifiche sull’uso del farmaco antivirale raccomandato, per la mancanza di studi comparativi
nel trapianto renale, ma sulla base dell’esperienza con i trapianti di fegato è raccomandato il ganciclovir
Raccomandazioni
Profilassi con farmaci antivirali
Nei casi di riceventi positivi consigliabile la terapia pre-emptive, con utilizzo di ganciclovir ev 5 mg/kg/12 ore per 14 giorni
con monitorizzazione (livello di evidenza B); possibile in questi casi l’utilizzo di valganciclovir per os alla posologia di 900
mg/12 ore (livello di evidenza C)
In caso di trattamento con ALG, ATG e OKT3
Profilassi raccomandata (livello di evidenza A):
- valganciclovir per os (900 mg/die)
- valaciclovir per os 2 g/6 ore
- ganciclovir ev 5 mg/kg/die (se non vi sono possibilità di utilizzo per via
orale) per un massimo di 3 mesi dopo il trapianto
Profilassi raccomandata (livello di evidenza B):
- ganciclovir ev 5 mg/kg/12 ore per 14 giorni (livello di evidenza B)
D+/R2005
Spagna
Recomendaciones GESITRA
(Grupo de Estudio de la Infecciòn
en el Trasalante) - SEIMC (Sociedad
Espanola de Microbiologìa Clinica y
Enfermedades Infecciosas)
y RESITRA (Red de Estudio
de Infecciòn en el Trasplante) (69)
Anno
Nazione
Linea Guida
TABELLA V - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA (segue)
Raccomandazioni
Profilassi con farmaci antivirali
bilità di tests sensibili e specifici per la rilevazione della
viremia ed al momento non vi sono dati univoci che permettano di stabilire la superiorità dell’una o dell’altra strategia diagnostica.
Implicazioni per la pratica clinica
Dal complesso degli studi esistenti si evince che l’aciclovir è inferiore al ganciclovir nella prevenzione dell’infezione e della malattia citomegalica; solo un piccolo studio ha
dimostrato sovrapponibile efficacia tra il valaciclovir ed il
ganciclovir mentre non è evidenziata una chiara superiorità
tra ganciclovir e valganciclovir. Nella pratica clinica, tuttavia, è favorito l’uso di valganciclovir per la facile somministrazione per via orale con un numero contenuto di compresse (ricordiamo però che in Italia tale farmaco è registrato solo per la profilassi per riceventi CMV negativi di organi solidi da donatori CMV positivi). Nella maggior parte
degli studi la durata della profilassi è di 90 giorni. In letteratura la dose giornaliera di agenti antivirali utilizzati per la
profilassi (corretta per la funzione renale) è la seguente: a)
valganciclovir per os: 900 mg; b) valaciclovir per os: 8000
mg; c) ganciclovir ev: 5 mg/kg x 2; d) acyclovir per os:
3200 mg.
Per quanto riguarda l’approccio “pre-emptive”, nei 10
RCT presi in considerazione nella revisione lo schema terapeutico ha previsto il solo utilizzo di ganciclovir, sia per via
orale che endovenosa (ricordiamo che il ganciclovir per os
non è più disponibile in Italia). La dose giornaliera di agenti antivirali utilizzati per la terapia “pre-emptive” (corretta
per la funzione renale) è la seguente: a) ganciclovir ev: 5
mg/kg x 2 per due settimane e poi monitorizzazione laboratoristica; b) ganciclovir per os: 3000 mg per due settimane e poi monitorizzazione laboratoristico.
Applicabilità
Anche se dagli studi che paragonano la terapia “preemptive” al placebo o alla profilassi emerge l’efficacia di
tale trattamento nella prevenzione della malattia citomegalica, dalla letteratura l’evidenza a favore della terapia
“pre-emptive” al momento risulta meno forte, poiché tali
lavori sono numericamente limitati e non si evidenzia lo
stesso effetto su endpoint maggiori come la mortalità,
come invece dimostrato per la profilassi. Ciò nonostante
va tenuta in considerazione la difficoltà in termini pratici
di allargare la profilassi anche a tutti i pazienti riceventi
positivi come suggerito dall’evidenza, indipendentemente
dai protocolli immunodepressivi utilizzati (ricordiamo
che l’utilizzo di valganciclovir in Italia è registrato solo
per la prevenzione della malattia da CMV in pazienti
CMV- sottoposti a trapianto di organo solido da donatore
CMV+). Pertanto per questa categoria di pazienti, con
S175
Profilassi con farmaci antivirali
rischio di malattia citomegalica inferiore al 10%, proporremmo la terapia “pre-emptive” quando vi sia la possibilità di eseguire periodicamente il controllo dell’antigenemia o della viremia CMV.
Per l’avvio del trattamento si possono considerare valori
di antigenemia superiori od uguali a 20 cellule o, in caso di
PCR quantitativa valori compresi tra 400-5000 copie per
mL, come indicato dalle Linee Guida spagnole (69). Per
positività a valori inferiori è consigliabile l’esecuzione di
un ricontrollo ravvicinato. Il rischio di malattia dipende
comunque non solo dal valore assoluto, ma anche da altri
fattori (rischio clinico del paziente, trattamento immunodepressivo in atto, compreso trattamento antirigetto, parametri indicativi della cinetica virale, espressi dall’incremento
della carica virale, ecc.). In caso di positività a bassa carica
in pazienti a basso rischio immunologico, può essere efficace la sola riduzione dell’immunodepressione. La discesa
dell’antigenemia o della viremia non sempre è immediata;
talvolta può esserci un aumento nella prima settimana
senza che ciò rappresenti un insuccesso terapeutico. In
effetti, non sempre si ottiene la negativizzazione dell’antigenemia o viremia entro la II-III settimana di trattamento;
positività che perdurano per più lunghi periodi possono
essere indicative di resistenza al trattamento antivirale (di
solito al ganciclovir). Lo studio della resistenza virale deve
essere effettuato in laboratori specialistici con determinazioni genotipiche o fenotipiche del virus.
Implicazioni per la ricerca
1. Sono necessari RCT in grado di valutare i vantaggi
della profilassi rispetto alla terapia “pre-emptive”.
2. Sono richiesti studi più ampi per confermare l’effetto
positivo della profilassi sulla perdita di rene nel primo anno
e sul rigetto acuto.
3. Vanno condotti studi per evidenziare una eventuale
insorgenza di resistenza ai farmaci antivirali come risultato
dell’estensione dell’indicazione alla profilassi.
4. Sono necessari studi che valutino l’efficacia e gli effetti collaterali dei diversi farmaci, in particolare confrontando valganciclovir ed valaciclovir.
5. Resta da determinare la durata ottimale della profilassi.
Altre Linee Guida
La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di
opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali. Le Linee Guida basate sulle evidenze purtroppo non sono molte, in quanto vi sono pochi RCT adeguatamente dimensionati. In Tabella V si accludono le raccomandazioni di altre Linee Guida (69-72).
Indirizzo degli Autori:
Dr.ssa Cristina Cornella
S.C.D.U. Nefrologia e Trapianto
Dipartimento Nefrourologico
Università del Piemonte Orientale
A.S.O. “Maggiore della Carità”
C.so Mazzini, 18
28100 Novara
e-mail: [email protected]
Bibliografia
1. Rubin R. Infection in the organ transplant recipient. In: Clinical
Approach to Infection in the Compromised Host. Edited by RH
Rubin and LS Young. New York: Kluwer Academic/Plenum
Publishers, 2002; 573-9.
2. Waiser J, Budde K, Schreiber M, et al. Effectiveness of deferred
therapy with ganciclovir in renal allograft recipients with cytomegalovirus disease. Transplant Proc 1998; 30: 2083-5.
3. Duncan SR, Grurich WF, Iacono AT, et al. A comparison of ganciclovir and acyclovir to prevent cytomegalovirus after lung
transplantation. Am J Resp Crit Care Med 1994; 150: 146-52.
4. Schnitzler MA, Lowell JA, Hardinger KL, Boxerman SB, Bailey
TC, Brennan DC. The association of cytomegalovirus sero-pairing with outcomes and costs following cadaveric renal transplantation prior to the introduction of oral ganciclovir prophylaxis. Am J Transplant 2003; 3: 445-51.
5. George MJ, Snydman DR, Werner BG, et al. The independent
role of cytomegalovirus as a risk factor for invasive fungal disease in orthotopic liver transplant recipients. Am J Med 1997; 103:
106-13.
S176
6. Rubin RH. Impact of cytomegalovirus infection on organ transplant recipients. Rev Infect Dis 1990; 12 (Suppl. 7): S754-66.
7. Ho M. Advances in understanding cytomegalovirus infection
after transplantation. Transplant Proc 1994; 26: 7-11.
8. Hibberd PL, Tolkoff-Rubin NE, Cosimi AB, et al. Symptomatic
cytomegalovirus disease in the cytomegalovirus antibody seropositive renal transplant recipient treated with OKT3.
Transplantation 1992; 53: 68-72.
9. Fishman JA, Rubin RH. Infection in organ-tranplant recipients.
N Engl J Med 1998; 338: 1741-51.
10. Fox JC, Griffiths PD, Emery VC. Quantifications of human cytomegalovirus DNA using the polymerase chain reaction. J Gen
Virol 1992; 73: 2405-8.
11. Abecassis MM, Koffron AJ, Kaplan B, et al. The role of PCR in
the diagnosis and management of CMV in solid organ recipients:
what is the predictive value for the development of disease and
should PCR be used to guide antiviral therapy? Transplantation
1997; 63: 275-9.
12. Humar A, Gregson D, Caliendo AM, et al. Clinical utility of
Profilassi con farmaci antivirali
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
26.
27.
28.
29.
30.
31.
quantitative cytomegalovirus viral load determination for predicting cytomegalovirus disease in liver transplant recipients.
Transplantation 1999; 68: 1305-11.
Mendez J, Espy M, Smith TF, et al. Clinical significance of viral
load in the diagnosis of cytomegalovirus disease after liver transplantation. Transplantation 1998; 65: 1477-81.
Roberts TC, Brennan DC, Buller RS, et al. Quantitative polymerase chain reaction to predict occurrence of symptomatic cytomegalovirus infection and assess response to ganciclovir therapy
in renal transplant recipients. J Infect Dis 1998; 178: 626-35.
Emery VC, Sabin CA, Cope AV, et al. Application of viral-load
kinetics to identify patients who develop cytomegalovirus disease after transplantation. Lancet 2000; 355: 2032-6.
Griffiths P, Cope A, Hassan-Walker A, et al. Diagnostic approach
to cytomegalovirus infection in bone marrow and organ transplantation. Transpl Infect Dis 1999; 1: 179-86.
The TH, van der Ploeg M, van den Berg AP, et al. Direct detection of cytomegalovirus in peripheral blood leukocytes-a review
of the antigenaemia assay and polymerase chain reaction.
Transplantation 1992; 54: 193-8.
van der Bij W, van Dijk RB, van Son WJ, et al. Antigen test for
early diagnosis of active cytomegalovirus infection in heart
transplant recipients. J Heart Transplant 1988; 7: 106-9.
van den Berg AP, van der Bij W, van Son WJ, et al.
Cytomegalovirus antigenaemia as a useful marker of symptomatic cytomegalovirus infection after renal transplantation-a report
of 130 consecutive patients. Transplantation 1989; 48: 991-5.
van den Berg AP, Klompmaker IJ, Haagsma EB, et al.
Antigenaemia in the diagnosis and monitoring of active cytomegalovirus infection after liver transplantation. J Infect Dis 1991;
164: 265-70.
van den Berg AP, Tegzess AM, Scholten-Sampson A, et al.
Monitoring antigenaemia is useful in guiding treatment of severe cytomegalovirus disease after organ transplantation. Transpl
Int 1992; 5: 101-6.
Erice A, Holm MA, Gill PC, et al. Cytomegalovirus (CMV) antigenaemia assay is more sensitive than shell vial cultures for rapid
detection of CMV in polymorphonuclear blood leucocytes. J
Clin Microbiol 1992; 30: 2822-5.
Fiddian P, Sabin CA, Griffitths PD. Valacyclovir provides optimum acyclovir esposure for prevention of cytomegalovirus and
related outcomes after organ transplantation. J Infect Dis 2002;
186 (Suppl. 1): S110-5.
Couchoud C. Cytomegalovirus prophylaxis with antiviral agents
for solid organ transplantation. Cochrane Database Syst Rev
2000; CD001320.
Hodson EM, Jones CA, Webster AC, et al. Antiviral medications
to prevent cytomegalovirus disease and early death in recipients
of solid-organ transplants: a systematic review of randomised
controlled trials. Lancet 2005; 365: 2105-15.
Strippoli FM, Hodson EM, Jones C, Craig JC. Pre-emptive treatment for cytomegalovirus viraemia to prevent cytomegalovirus
disease in solid organ transplant recipients. Transplantation
2006; 81: 139-45.
Balfour HH Jr, Chace BA, Stapleton Jt. A randomized, placebocontrolled trial of oral acyclovir for the prevention of cytomegalovirus disease in recipients of renal allografts. N Engl J Med
1989; 320: 1381-7.
Kletzmayr J, Kotzmann H, Popow-Kraupp T, Kovarik J, Klauser
R. Impact of high-dose oral acyclovir prophylaxis on cytomegalovirus (CMV) disease in CMV high-risk renal transplant recipients. J Am Soc Nephrol 1996; 7: 325-30.
Rostaing L, Crespin A, Icart J, et al. Cytomegalovirus (CMV)
prophylaxis by aciclovir in pre-transplant CMV- positive renal
transplant recipients. Transplant Int 1994; 7 (Suppl. 1): S331-5.
Barkhollt L, Lewensohn- Fuchs I, Ericzon BG, Tyden G,
Anderson J. High-dose acyclovir prophylaxis reduces cytomegalovirus disease in liver transplant patients. Transpl Infect Dis
1999; 1: 89-97.
Gavalda J, De Otero J, Murio E, et al. Two grams daily of oral
acyclovir reduces the incidence disease in CMV-seropositive
liver transplant recipients. Tranplant Int 1997; 10: 462-5.
32. Saliba F, Eyraud D, Samuel D, et al. Randomised controlled-trial
of acyclovir for the prevention of cytomegalovirus infection and
disease in liver transplant recipients. Transplant Proc 1993; 25:
1444-5.
33. Ahsan N, Holman MJ, Yang HC. Efficacy of oral ganciclovir in
prevention of cytomegalovirus infection in post-kidney patients.
Clin Transplant 1997; 11: 633-9.
34. Brennan DC, Garlock KA, Singer GG, et al. Prophylactic oral
ganciclovir compared with deferred therapy for control of cytomegalovirus in renal transplant recipients. Transplantation 1997;
64: 1843-6.
35. Conti DJ, Freed BM, Singh TP, et al. Preemptive ganciclovir therapy in cytomegalovirus-seropositive renal transplant recipients.
Arch Surg 1995; 130: 1217-22.
36. Hibberd PL, Tolkoff-Rubin NE, Conti D, et al. Preemptive ganciclovir therapy to prevent cytomegalovirus disease, in cytomegalovirus antibody-positive renal transplant recipient: a randomised
controlled trial. Ann Intern Med 1995; 123: 18-26.
37. Leray H, Mourad G, Chong G, Secondy M, Mion C. Prophylactic
treatment of cytomegalovirus of primary infection with ganciclovir in renal transplant recipients. Transplant Proc 1995; 27: 2448.
38. Pouteil-Noble C, Megas F, Chapuis F, et al. Cytomegalovirus
prophylaxis by ganciclovir followed by high-dose acyclovir in
renal transplantation: a randomised controlled trial. Transplant
Proc 1996; 28: 2811.
39. Rondeau E, Bourgeon B, Peraldi MN, et al. Effect of prophylactic ganciclovir on cytomegalovirus infection in renal transplant
recipients. Nephrol Dial Transplant 1993; 8: 858-62.
40. Cohen AT, O’Grady JG, Suterland S, Salie R, Tan KC, Williams
R. Controlled trial of prophylactic versus therapeutic use of ganciclovir after liver transplantation in adults. J Med Virol 1993;
40: 5-9.
41. Gane E, Saliba F, Valdecasas GJ, et al. Randomised trial of efficacy and safety of oral ganciclovir in the prevention of cytomegalovirus disease in liver transplant recipients. Lancet 1997; 350:
1729-33.
42. Macdonald PS, Keogh AM, Marshman D, et al. A double-blind
placebo-controlled trial of low-dose ganciclovir to prevent cytomegalovirus disease after heart transplantation. J Heart Lung
Transplant 1995; 14: 32-8.
43. Merigan TC, Renlund DG, Keay S, et al. A controlled trial of
ganciclovir to prevent cytomegalovirus disease after heart transplantation. N Engl J Med 1992; 326: 1182-6.
44. Lowance D, Neumayer HH, Legendre CM, et al. Valacyclovir for
the prevention of cytomegalovirus disease after renal transplantation. N Engl J Med 1999; 340: 1462-70.
45. Egan JJ, Carrol KB, Yonan N, Woodcock A, Crisp A. Valacyclovir
prevention of cytomegalovirus reactivation after heart transplantation: a randomised trial. J Heart Lung Transplant 2002; 21:
460-6.
46. Flechner SM, Avery RK, Fischer R, et al. A randomised prospective controlled trial of oral acyclovir versus oral ganciclovir for
cytomegalovirus prophylaxis in high-risk kidney transplant recipients. Transplantation 1998; 66: 1682-8.
47. Badley AD, Seaberg EC, Porayko MK, et al. Prophylaxis of cytomegalovirus infection in liver transplantation: A randomised trial
comparing a combination of ganciclovir and acyclovir to acyclovir. Transplantation; 64: 66-73.
48. Green M, Kaufmann M, Wilson J, Reyes J. Comparison of intravenous ganciclovir followed by oral acyclovir with intravenous
ganciclovir alone for prevention cytomegalovirus and EbsteinBarr virus disease after liver transplantation in children. Lin
Infect Dis 1997; 25: 1344-9.
49. Martin M, Manetz R, Linden P, et al. A prospective randomised
trial comparing sequential ganciclovir high-dose acyclovir to
high-dose acyclovir for prevention of cytomegalovirus disease in
adult liver transplant recipients. Transplantation 1994; 58: 77985
50. Nakazato PZ, Burns W, Moore P, Garcia Kennedy R, Cox K,
Esquivel C. Viral prophylaxis in hepatic transplantation: prelimi-
S177
Profilassi con farmaci antivirali
51.
52.
53.
54.
55.
56.
57.
58.
59.
60.
nary report of a randomised trial of acyclovir and ganciclovir.
Transplant Proc 1993; 25: 1935-7.
Winston DJ, Wirin D, Shaked A, Busuttil RW. Randomised comparison of ganciclovir and high-dose acyclovir for long-term
cytomegalovirus prophylaxis in liver transplant recipients.
Lancet 1995; 346: 69-74.
Winston DJ, Busuttil RW. Randomised controlled trial of oral
ganciclovir versus oral acyclovir after induction with intravenous
ganciclovir for long-term prophylaxis of cytomegalovirus disease in cytomegalovirus-seropositive liver transplant recipients.
Transplantion 2003; 75: 229-33.
Rubin RH, Kemmerly SA, Conti D, et al. Prevention of primary
cytomegalovirs disease in organ transplant recipients with oral
ganciclovir or oral acyclovir prophylaxis. Transpl Infect Dis
2000; 2: 112-7.
Paya C, Humar A, Dominguez E, et al. Efficacy and safety of
valganciclovir vs oral ganciclovir for prevention of cytomegalovirus disease in solid organ transplant recipients. Am J
Transplant 2004; 4: 611-20.
Reischig T, Opatrny K jr, Bouda M, Treska V, Jindra P, Svecova
MT. Trial of oral ganciclovir versus oral valacyclovir for prophylaxis of cytomegalovirus disease after renal transplantation: a
randomised prospective controlled. Transpl Int 2002; 15: 615-22.
Reischig T, Jindra P, Mares J, et al. Valacyclovir for cytomegalovirus propylaxis reduces the risk of acute renal allograft rejection: a randomised comparison of oral ganciclovir and valacyclovir. Am J Transplant 2004; 4: 493.
Winston DJ, Busuttil RW. Randomised controlled trial of sequential intravenous and oral ganciclovir versus prolonged intravenous ganciclovir for long-term prophylaxis of cytomegalovirus
disease in high-risk cytomegalovirus-seronegative liver transplant recipients with cytomegalovirus-seropositive donors.
Transplantation 2004; 77: 305-8.
Hertz MI, Jordan C, Savik SK, et al. Randomised trial of daily versus three-times-weekly prophylactic ganciclovir after lung and heart
lung transplantation. J Heart Lung Transplant 1998; 17: 913-20.
Paya CV, Wilson JA, Espy MJ, et al. Preemptive use of oral ganciclovir to prevent cytomegalovirus infection in liver transplant
patients: a randomised, placebo-controlled trial. J Infectious Dis
2002; 185: 854-60.
Yang CW, Kim YO, Kim YS, et al. Clinical course of cytomegalovirus (CMV) viremia with and without ganciclovir treatment in
CMV-seropositive kidney transplant recipients. Longitudinal follow-up of CMV pp65 antigenemia assay. Am J Nephrol 1998; 18:
373-8.
S178
61. Koetz AC, Delbruck R, Furtwangler A, et al. Cytomegalovirus
pp65 antigen-guided pre-emptive therapy with ganciclovir in
solid organ transplant recipients: a prospective, double-blind,
placebo-controlled study. Transplantation 2001; 72: 1325-7.
62. Rayes N, Seehofer D, Schmidt CA, et al. Prospective randomized
trial to assess the value of preemptive oral therapy for CMV
infection following liver transplantation. Transplantation 2001;
72: 881-5.
63. Brennan DC, Garlock KA, Lippmann BA, et al. Control of cytomegalovirus-associated morbidity in renal transplant patients
using intensive monitoring and either preemptive or deferred therapy. J Am Soc Nephrol 1997; 8: 118-25.
64. Sagedal S, Nordal KP, Hartmann A, et al. Pre-emptive therapy of
CMVpp65 antigen positive renal transplant recipients with oral
ganciclovir: a randomised, comparative study. Nephrol Dial
Transplant 2003; 18: 1899-908.
65. Singh N, Yu VL, Mieles L, Wagener MM, Miner RC, Gayowski
T. High-dose acyclovir compared with short-course preemptive
ganciclovir therapy to prevent cytomegalovirus disease in liver
transplant recipients. Ann Int Med 1994; 120: 375-81.
66. Jung C, Engelmann E, Borner K, Offermann G. Preemptive oral
ganciclovir therapy versus prophylaxis to prevent syntomatic
cytomegalovirus infection after kidney transplantation.
Transplant Proc 2001; 33: 2621-3.
67. Queiroga 2003 - Dati non pubblicati.
68. Singh N, Paterson DL, Gayowsky T, Wagener MM, Marino IR.
Cytomegalovirus antigenemia directed pre-emptive propylaxis
with oral versus iv ganciclovir for the prevention of cytomegalovirus disease in liver transplant recipients. Transplantation 2000;
70: 717-22.
69. Torre-Cisnero J, Fortun J, Aguada JM, et al. Recomendaciones
GESITRA (Grupo de Estudio de la Infecciòn en el Trasalante) SEIMC (Sociedad Espanola de Microbiologìa Clinica y
Enfermedades Infecciosas) y RESITRA (Red de Estudio de
Infecciòn en el Trasplante) sobre prevencion y tratamiento de la
infecciòn por citomegalovirus en pacientes transplantados.
Enferm Infecc Microbiol Clin 2005; 23: 424-37.
70. Jassal SV. Clinical Practice Guidelines of the American Society
of Transplantation J Am Soc Nephrol 1998; 9: 1697-08.
71. Berthoux F, Abramowics D, Bradley B. European Best Practice
Guidelines for renal transplantation (part 1). Nephrol Dial
Transplant 2000; 15 (Suppl. 7): 71-4.
72. Cari Guidelines (Caring for Australian with Renal Impairment).
www.cari.org.au/