glomerulonefrite lg sin 2007
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glomerulonefrite lg sin 2007
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 Numero speciale dedicato a: III EDIZIONE LINEE GUIDA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI NEFROLOGIA a cura di Bruno Cianciaruso, Carlo Manno e Giovanni Strippoli Steering Commitee Bruno Cianciaruso, Leonardo Cagnoli, Giovanni Cancarini, Piergiorgio Messa, Giuseppe Paolo Segoloni, Piero Stratta, Giorgio Triolo, Giovanni Strippoli, Carlo Manno, Francesco Paolo Schena © Società Italiana di Nefrologia Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / p. S1 PREFAZIONE La preparazione delle Linee Guida per la diagnosi e terapia di malattie è compito delle Società Scientifiche. Esse hanno lo scopo di integrare l’attività professionale con l’efficacia clinica e la buona pratica medica. Due anni fa la Società Italiana di Nefrologia affidò ad un Gruppo di Lavoro in collaborazione con il Gruppo di Studio di Evidence Based Nephrology la preparazione della III edizione delle Linee Guida. Il Comitato, guidato da B. Cianciaruso e composto da L. Cagnoli, G. Cancarini, P.G. Messa, G. Segoloni, P. Stratta, G. Triolo con il supporto tecnico di C. Manno, Coordinatore del Gruppo di Studio, e G.F.M. Strippoli, Coordinatore Europeo del Cochrane Renal Group, effettuò nella fase iniziale alcune riunioni al fine di cooptare altri ricercatori e di individuare una comune terminologia e metodologia ed un’impostazione redazionale degli argomenti trattati. Un articolo, che riguarda questi aspetti, è stato pubblicato sul no. 2 del GIN 2006. Nella discussione sulla metodologia comune fu stabilito di prendere in considerazione solo i dati della letteratura provenienti da revisioni sistematiche di studi randomizzati (livello 1) e dagli studi clinici randomizzati controllati (livello 2). È la prima volta che la Società Italiana di Nefrologia pubblica linee guida che considerano solo questi due livelli di evidenza. Ogni Linea Guida relativa all’argomento trattato raccoglie le seguenti sezioni: premesse, strategie adottate per la ricerca bibliografica, evidenze disponibili, risultati, sintesi delle evidenze, implicazioni per la pratica clinica e per la ricerca ed infine sono elencate nelle tabelle le Linee Guida prodotte da altre società o gruppi di lavoro. Le Linee Guida devono essere considerate solo come “raccomandazioni” di comportamento clinico (diagnostico e terapeutico) al fine di decidere le modalità di assistenza più appropriata. Le Linee Guida rappresentano un elemento importante della “clinical governance” che è costituito da un sistema di obiettivi, strategie, responsabilità e strumenti atti ad implementare la sicurezza, la qualità e l’appropriatezza dell’offerta clinico-assistenziale Credo che sia dovere della Società ringraziare tutti i ricercatori che hanno partecipato alla stesura di queste Linee Guida, sintesi di un enorme lavoro effettuato per giungere a conclusioni molto pratiche. Esse saranno pubblicate anche in lingua inglese al fine di dare una maggiore diffusione a livello internazionale. F. Paolo Schena Past-President SIN © Società Italiana di Nefrologia S1 STEERING COMMITTEE Bruno Cianciaruso Coordinatore, Cattedra di Nefrologia, Università "Federico II" di Napoli, Napoli Leonardo Cagnoli Unità Operativa Nefrologia e Dialisi, Ospedale Infermi, Rimini Giovanni Cancarini Cattedra e Divisione di Nefrologia, Università e Spedali Civili di Brescia, Brescia Piergiorgio Messa Unità Operativa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto, Ospedale Maggiore - Policlinico IRCCS, Milano Giuseppe Paolo Segoloni SCDU Nefrologia, Dialisi e Trapianto, ASO S. Giovanni, Torino Piero Stratta SCDU Nefrologia e Trapianto, Cattedra di Nefrologia, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità di Novara, Università del Piemonte Orientale, Novara Giorgio Triolo SCDO Nefrologia e Dialisi, Azienda Ospedaliera CTO/CRF/M. Adelaide, Torino Giovanni F.M. Strippoli Centre for Kidney Research, Cochrane Renal Group, NHMRC Centre for Clinical Research Excellence in Renal Medicine, The Children's Hospital at Westmead, University of Sydney, Australia Carlo Manno Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti d’Organo (DETO), Sezione di Nefrologia, Università degli Studi di Bari, Bari Francesco Paolo Schena Past President SIN, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti d’Organo (DETO), Sezione di Nefrologia, Università degli Studi di Bari, Bari UFFICIO LINEE GUIDA SIN Carlo Manno Coordinatore del Gruppo di Studio di Evidence Based Nephrology Giovanni F.M. Strippoli Coordinatore Europeo Cochrane Renal Group Sede Sezione di Nefrologia, Dipartimento Emergenza e Trapianti d’Organo Università degli Studi di Bari Piazza G. Cesare, 11 70124 Bari Tel. + 39.080.5478878 Fax: +39.080.5575710 e-mail: [email protected]; [email protected] © Società Italiana di Nefrologia GRUPPI DI LAVORO TERAPIA DELLE G LOMERULONEFRITI Leonardo Cagnoli, Coordinatore, Unità Operativa Nefrologia e Dialisi, Ospedale Infermi, Rimini Piero Stratta, Coordinatore, SCDU Nefrologia e Trapianto, Cattedra di Nefrologia, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità di Novara, Università del Piemonte Orientale, Novara Caterina Canavese, SCDU Nefrologia e Trapianto, Cattedra di Nefrologia, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità di Novara, Università del Piemonte Orientale, Novara Antonio Lupo, Divisione Clinicizzata di Nefrologia, Azienda Ospedaliera Istituti Ospitalieri di Verona, Verona Carlo Manno, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti d’Organo (DETO), Sezione di Nefrologia, Università degli Studi di Bari, Bari Patrizia Passerini, Unità Operativa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto, Ospedale Maggiore-Policlinico IRCCS, Milano, Milano Claudio Pozzi, Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale A. Manzoni, Lecco Giovanni F.M. Strippoli, Centre for Kidney Research, Cochrane Renal Group, NHMRC Centre for Clinical Research Excellence in Renal Medicine, The Children's Hospital at Westmead, University of Sydney, Australia PREVENZIONE DELLA PROGRESSIONE DEL DANNO RENALE Bruno Cianciaruso, Coordinatore, Cattedra di Nefrologia, Università "Federico II" di Napoli, Napoli Lucia Del Vecchio, Unità d’Ipertensione e Nefrologia Preventiva, IRCCS Multimedica, Sesto San Giovanni (MI) Luca De Nicola, Cattedra di Nefrologia, Seconda Università di Napoli, Napoli Carlo Manno, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti d’Organo (DETO), Sezione di Nefrologia, Università degli Studi di Bari, Bari Pietro Ravani, Divisione di Nefrologia e Dialisi, Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona, Cremona Giovanni F.M. Strippoli, Centre for Kidney Research, Cochrane Renal Group, NHMRC Centre for Clinical Research Excellence in Renal Medicine, The Children's Hospital at Westmead, University of Sydney, Australia ANEMIA NELLE NEFROPATIE CRONICHE Giorgio Triolo, Coordinatore, SCDO Nefrologia e Dialisi, Azienda Ospedaliera CTO/CRF/M. Adelaide, Torino Mario Bonomini, Cattedra di Nefrologia, Università "G. D’Annunzio", Chieti-Pescara Caterina Canavese, SCDU Nefrologia e Trapianto, Cattedra di Nefrologia, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità di Novara, Università del Piemonte Orientale, Novara Giovanni F.M. Strippoli, Centre for Kidney Research, Cochrane Renal Group, NHMRC Centre for Clinical Research Excellence in Renal Medicine, The Children's Hospital at Westmead, University of Sydney, Australia TERAPIA DELLA PATOLOGIA O SSEA NELLE NEFROPATIE CRONICHE Piergiorgio Messa, Coordinatore, Unità Operativa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto, Ospedale Maggiore- Policlinico IRCCS, Milano Mario Cozzolino, Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, AO San Paolo, Università di Milano Martino Marangella, Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi, ASO Ordine Mauriziano, Torino Sandro Mazzaferro, Dipartimento di Scienze Cliniche, Nefrologia, Policlinico Umberto I, Roma Giovanni F.M. Strippoli, Centre for Kidney Research, Cochrane Renal Group, NHMRC Centre for Clinical Research Excellence in Renal Medicine, The Children's Hospital at Westmead, University of Sydney, Australia PERITONITI IN DIALISI PERITONEALE Giovanni Cancarini, Coordinatore, Cattedra e Divisione di Nefrologia, Università e Spedali Civili di Brescia, Brescia Gianpaolo Amici, Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale S. Maria dei Battuti, Treviso Roberto Corciulo, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti d’Organo (DETO), Sezione di Nefrologia, Università degli Studi di Bari, Bari Marco D’Amico, Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale S. Anna, Como Amedeo F. de Vecchi, Unità Operativa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto, Ospedale Maggiore- Policlinico IRCCS, Milano Mariano Feriani, Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale Umberto 1°, Mestre-Venezia Vincenzo La Milia, Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale A. Manzoni, Lecco Roberto Russo, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti d’Organo (DETO), Sezione di Nefrologia, Università degli Studi di Bari, Bari Mario Salomone, Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale Maggiore ASL 8, Chieri (TO) Giovambattista Virga, Servizio di Nefrologia e Dialisi, Camposampiero (PD) INFEZIONE DA CITOMEGALOVIRUS NEL TRAPIANTO RENALE Giuseppe Paolo Segoloni, Coordinatore, SCDU Nefrologia, Dialisi e Trapianto, ASO S. Giovanni, Torino Cristina Cornella, SCDU Nefrologia e Trapianto, Cattedra di Nefrologia, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità di Novara, Università del Piemonte Orientale, Novara Maria Cristina Torazza, SCDO Nefrologia e Dialisi, Azienda Ospedaliera CTO/CRF/M. Adelaide, Torino Giovanni F.M. Strippoli, Centre for Kidney Research, Cochrane Renal Group, NHMRC Centre for Clinical Research Excellence in Renal Medicine, The Children’s Hospital at Westmead, University of Sydney, Australia © Società Italiana di Nefrologia Terapia delle glomerulonefriti Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S3-S12 Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino: Linea Guida A. Lupo, C. Pozzi, P. Passerini, L. Cagnoli, P. Stratta, C. Manno Divisione e Cattedra di Nefrologia, Spedali Civili ed Università di Brescia, Brescia Corticosteroid treatment for a first episode of steroid-sensitive nephrotic syndrome (SSNS) in children: guideline from the Italian Society of Nephrology Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In the present guideline, evidence of the use of corticosteroid treatment for a first episode of steroid-sensitive nephrotic syndrome (SSNS) in children is presented. Methods. SR of RCT and RCT on SSNS therapeutic interventions were identified referring to a Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update). Results. One SR including 15 RCT was available on this topic. Methodological quality of available RCT was suboptimal according to current methodological standards. Results. In children with a first episode of SSNS, corticosteroids administered for 3 months or more compared with 2 months’ administration are associated with a significant reduction in the risk of relapse at 6, 12 and 24 months, and in frequent relapsing rates, even though complications did not seem significantly increased (psychological, ocular, gastrointestinal disorders, hypertension, growth delay, Cushingoid syndrome, infection and osteoporosis) (evidence from SR). 6-month compared to 3month treatment regimens are associated with a significant reduction in the risk of relapse at 12-24 months (evidence from SR). Increasing steroids cumulative doses are associated with increasing improvements in the risk of relapse (evidence from RCT). The risk of relapse at 12-24 months correlates inversely with duration of treatment (evidence from SR). Conclusion. In SSNS children, current available evidence supports the hypothesis that primary intervention should be a high dose of corticosteroids administered for 3 months or more. Further studies are necessary to test this hypothesis in adult patients. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S3-12) KEY WORDS: Steroid sensitive nephrotic syndrome, Corticosteroids, Relapse PAROLE CHIAVE: Sindrome nefrosica steroidea-sensitiva, Corticosteroidi, Recidiva LINEA GUIDA Nei bambini al primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva lo schema terapeutico di corticosteroidi somministrati per la durata di 3 o più mesi riduce il rischio di recidiva sia a 6 mesi che a 12-24 mesi, il numero di bambini che diventano “frequent relapsers”, ma non aumenta il rischio di effetti collaterali (disordini psicologici, oculari e gastroenterici, ipertensione, ritardo di crescita, sindrome cushingoide, infezioni ed osteoporosi) rispetto allo schema classico di due mesi (livello di evidenza 1). Lo schema terapeutico prolungato fino a 6 mesi, confrontato allo schema della durata di 3 mesi, determina una ulteriore riduzione del rischio di recidiva sia a 6 mesi che a 12-24 mesi, il numero di “frequent relapsers”, ma non gli effetti collaterali (livello 1). Una dose cumulativa maggiore di steroide riduce, a parità di durata del trattamento, il rischio di recidive rispetto ad una dose minore (livello 2). Il rischio di recidiva a 12-24 mesi è inversamente correlato alla durata della terapia (livello 1). © Società Italiana di Nefrologia S3 Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino Premesse Strategie di ricerca bibliografica Nei bambini l’incidenza di sindrome nefrosica da “glomerulopatia a lesioni minime” o da “glomerulosclerosi focale e segmentaria”, in Europa e Nord-America è di circa 2 casi/100000 bambini (1, 2). A differenza degli adulti, la maggior parte dei bambini presenta un quadro di glomerulopatia a lesioni minime e, pertanto, il quadro istologico non è necessario per impostare il trattamento iniziale; resta importante sul piano prognostico la risposta alla terapia steroidea. Quest’ultima si è dimostrata efficace nell’indurre una remissione della sindrome nefrosica nel 90-95% dei bambini (3). Grazie a tale evidenza, rimane indiscussa la sua indicazione come trattamento di prima scelta della sindrome nefrosica steroido-sensitiva e non esistono, pertanto, studi controllati che lo paragonino al placebo. Lo schema terapeutico originale, stabilito dall’International Study of Kidney Disease in Children (ISKDC), prevedeva la somministrazione di prednisone alla dose di 60 mg/m2/die per 4 settimane e successivamente 40 mg/m2 per tre giorni consecutivi/settimana per altre 4 settimane per un totale di 2 mesi di terapia (4). Questo schema è stato successivamente modificato grazie ai risultati di uno studio che ha dimostrato una maggiore efficacia della somministrazione a giorni alterni nel secondo mese di terapia rispetto a quella intermittente di soli 3 giorni a settimana (5). La risposta al trattamento iniziale viene valutata generalmente al termine del periodo di dosaggio steroideo pieno. Il limite di questo schema terapeutico è tuttavia rappresentato dal fatto che circa il 75-80% dei bambini che risponde con una remissione completa o parziale al primo trattamento va in seguito incontro a recidive; di questi, circa il 40-50% diventa “frequent relapser” (2 o più recidive entro sei mesi dalla remissione o 4 recidive entro l’anno). In questi bambini i prolungati e ripetuti cicli terapeutici con corticosteroidi possono indurre severe complicanze: sindrome cushingoide, ipertensione, cataratta, ritardo della crescita, osteoporosi. Allo scopo di ridurre la frequenza delle recidive sono stati successivamente proposti altri schemi terapeutici differenti da quello “classico”, nei quali la durata della somministrazione di corticosteroidi nel trattamento del primo episodio viene prolungata oltre i due mesi; non è ancora stabilito quale sia il primo schema terapeutico più efficace per ridurre il successivo rischio di recidive. Lo scopo di questa Linea Guida è stato pertanto quello di fornire delle raccomandazioni cliniche basate sulla evidenza che deriva da revisioni sistematiche (livello 1) o da trials randomizzati controllati [(RCT) (livello 2)], che abbiano esaminato l’efficacia della somministrazione di corticosteroidi con schemi terapeutici differenti da quello “classico” della durata di due mesi. Gli outcomes di interesse considerati sono stati: a) il numero di pazienti che presentavano recidive della sindrome nefrosica a 6 mesi o tra i 12 e 24 mesi dalla fine della terapia steroidea; b) il numero di pazienti che divenivano “frequent relapsers”; c) gli effetti collaterali della terapia. La ricerca è stata fatta utilizzando la stringa Nephrotic Syndrome, Children mediante le banche dati Medline e con il ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT prodotti in Nefrologia, Dialisi e Trapianto. Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline, Embase, numerosi altri database di studi clinici e la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di interesse nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane. Infine la ricerca bibliografica è stata completata manualmente, facendo uso di Riviste Scientifiche, Atti Congressuali ed altre Linee Guida. I limiti temporali della ricerca sono stati da gennaio 1968 a dicembre 2005. Nella totalità degli studi considerati non era richiesto l’obbligo di una diagnosi istologica mediante biopsia renale di “glomerulopatia a lesioni minime”. S4 Evidenze disponibili Descrizione degli studi Questa strategia di ricerca bibliografica ha permesso di individuare una revisione Cochrane (6) che conteneva 15 RCT effettuati in bambini e ritenuti idonei a rispondere ai quesiti posti e una revisione non-Cochrane (7), che conteneva sette dei quindici RCT valutati nella revisione Cochrane. Non sono stati individuati revisioni sistematiche, studi di meta-analisi o RCT adeguati per rispondere ai quesiti posti nella popolazione adulta. Revisione Cochrane La revisione Cochrane aveva il duplice obiettivo di analizzare differenti schemi di terapia corticosteroidea nei bambini al primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva e nei bambini che presentavano recidive. Su un totale di 19 RCT analizzati, sono stati individuati 15 RCT ritenuti idonei per rispondere al quesito posto sulla terapia del primo episodio di sindrome nefrosica (8-22). Le caratteristiche dei 15 RCT che hanno valutato complessivamente 1292 bambini al primo episodio di sindrome nefrosica sono riportate nella Tabella I. In due di questi studi un gruppo di controllo era paragonato con due gruppi sperimentali (11, 13). Sei RCT hanno paragonato con una metanalisi lo schema classico di due mesi (prednisone 60 mg/m2/die per 4 settimane seguito da 40 mg/m2 a giorni alterni o per 3/7 giorni consecutivi per altre 4 settimane) con schemi terapeutici della durata di 3 o più mesi, comprendenti uno o due mesi di somministrazione giornaliera di prednisone e da 1.5 a 6 mesi di somministrazione a giorni alterni (9, 13-17). Uno di questi RCT ha considerato i dati del gruppo di controllo e di uno Setting e N. pazienti Prednisone 60 mg/m2/die x 4 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 4 settimane (totale 2 mesi) Prednisone 60 mg/m2/die x 4 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 4 settimane (totale 2 mesi) Prednisone 1-2mg/kg/die x 4 settimane; 1 mg/kg a giorni alterni x 4 settimane (totale 2 mesi) Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 4 settimane (totale 2 mesi) Prednisolone 2 mg/kg/die x 4 settimane; 1.5 mg/kg a giorni alterni x 4 settimane (totale 2 mesi) Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 8 settimane (totale 3 mesi) Prednisone 60 mg/m2/die fino a remissione; 40 mg/m2 a giorni alterni fino albuminemia > 35 g/L (totale 1 mese circa) Prednisone 60 mg/m2/die x 6 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane (totale 3 mesi) Mesi 1 e 2 terapia uguale a controlli, poi a) riduzione dello steroide 25%/settimana (totale 3 mesi) b) riduzione dello steroide 25%/mese (totale 6 mesi) Prednisolone 60 mg/m2/die x 6 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane (totale 3 mesi) Prednisolone 2 mg/kg/die x 4 settimane; 2 mg/kg a giorni alterni x 8 settimane; 1.5 mg/kg a giorni alterni x 2 settimane; 1 mg/kg a giorni alterni x 2 settimane; 0.5 mg/kg a giorni alterni x 2 settimane (totale 4.5 mesi) Prednisolone 2 mg/kg/die x 4 settimane; 1.5 mg/kg/die x 4 settimane; 1.5 mg/kg a giorni alterni x 4 settimane; 1 mg/kg a giorni alterni x 4 settimane (totale 4 mesi) Prednisolone 50 mg/m2/die x 6 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane + Ciclosporina 150 mg/m2/die x 8 settimane (totale 3 mesi) Multicentrico Europa 61 Multicentrico Europa 71 Monocentrico Europa 184 Multicentrico America 56 Multicentrico Asia 196 Monocentrico Asia 45 Multicentrico Europa 104 APN, 1988 (22) Ehrich JH, 1993 (14) Ksiazek J, 1995 (13) Norero C, 1996 (16) Yoshikawa N, 1998 (21) Bagga A, 1999 (15) Hoyer PF, 1999 (8) Prednisolone 2 mg/kg/die x 4 settimane; 1.3 mg/kg a giorni alterni x 4 settimane (totale 2 mesi) Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane; 40 mg/m2/3 giorni/settimana x 4 settimane (totale 2 mesi) Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane; 60 mg/ m2 a giorni alterni x 4 settimane, successiva riduzione di 10 mg/m2/mese (totale 7 mesi) Monocentrico Asia 46 Prednisone 2 mg/kg/die x 4 settimane; progressiva riduzione a giorni alterni x 5 mesi (totale 6 mesi) Intervento di controllo Prednisone 2 mg/kg/die x 4 settimane, dose progressivamente a scalare a giorni alterni per 12 mesi (totale 13 mesi) Intervento sperimentale Ueda N, 1988 (17) Kleinknecht C, 1982 (10) Multicentrico Europa 58 Autore ed anno TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI 24 16 24 22 24 15 13 12 15 Follow-up (Mesi) segue Inizialmente 153 pazienti. In seguito 49 pazienti esclusi per vari motivi Entrambi i gruppi assumevano per 2 anni erbe cinesi (Sairei-To) 2 gruppi sperimentali (a, b) Commenti Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino S5 S6 Prednisolone 40 mg/m2/die x 6 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane (totale 3 mesi) Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 4 settimane (totale 2 mesi) Prednisolone 60 mg/m2/die x 6 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane (totale 3 mesi) Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 4 settimane (totale 2 mesi) Prednisolone 60 mg/m2/die x 6 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane (totale 3 mesi) Prednisolone 60 mg/m2/die x 6 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane (totale 3 mesi) Prednisolone 40 mg/m2/die x 6 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane (totale 3 mesi) Prednisolone 60 mg/m2/die x 6 settimane; 40 mg/m2 a giorni alterni x 6 settimane; poi riduzione di 10 mg/m2/mese x 3 mesi (totale 6 mesi) Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane; 60 mg/m2 a giorni alterni e riduzione dose giornalmente di 10 mg/m2 ogni 4 settimane (totale 7 mesi) Prednisolone 60 mg/m2/die x 4 settimane; 60 mg/m2 a giorni alterni x 4 settimane; riduzione dose di 10 mg/m2/4 settimane (totale 7 mesi) a) Prednisone 2 mg/kg/die x 6 settimane, poi 2 mg/kg a giorni alterni x 6 settimane; poi riduzione 0.25 mg/2 settimane (totale 6.5mesi) b) Metilprednisolone e.v. 20 mg/kg/die per 3 giorni; 1 mg/kg/die x 6 settimane; 1 mg/kg a giorni alterni x 6 settimane, poi riduzione 0.25 mg ogni 2-4 settimane (totale 6.5 mesi) Multicentrico Asia 60 Multicentrico Asia 73 Monocentrico Asia 140 Monocentrico Asia 122 Multicentrico Asia 70 Monocentrico Europa 48 Hiraoka M, 2000 (20) Satomura K, 2001 (12) Sharma RK, 2002 (19) Jayantha UK, 2002 (9) Hiraoka M, 2003 (18) Pecoraro C, 2003 (11) Prednisone 2 mg/kg/die x 4 settimane; 2 mg/kg a giorni alterni x 4 settimane (totale 2 mesi) Intervento di controllo Intervento sperimentale Setting e N. pazienti Autore ed anno TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI (segue) 24 24 24 18 15 18 Follow-up (Mesi) 2 gruppi sperimentali (a, b) Commenti Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino No No No No No No No No No No No No No No No Inadeguata Adeguata Adeguata Inadeguata Inadeguata Adeguata Adeguata Non chiara Non chiara Non chiara Adeguata Adeguata Adeguata Inadeguata Ueda N, 1988 (17) APN, 1988 (22) Ehrich JH, 1993 (14) Ksiazek J, 1995 (13) Norero C, 1996 (16) Yoshikawa N, 1998 (21) Bagga A, 1999 (15) Hoyer PF, 1999 (8) Hiraoka M, 2000 (20) Satomura K, 2001 (12) Sharma RK, 2002 (19) Jayantha UK, 2002 (9) Hiraoka M, 2003 (18) Pecoraro C, 2003 (11) Pazienti Adeguata Segretezza della Randomizzazione (Allocation Concealment) Kleinknecht C, 1982 (10) Autore ed anno TABELLA II - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI RCT INCLUSI No No No No No No No No No No No No No No No Ricercatori Utilizzo del Cieco (blinding) Non riportato Non riportato No Non riportato Non riportato No Non riportato Non riportato Non riportato Non riportato Non riportato Non riportato Non riportato Non riportato No Medici che hanno valutato l’outcome No Sì No No No Sì No No Non chiara No Sì No No Non chiara Non chiara Analisi per intenzione al trattamento (Intention-to-treat analysis) Non definite 3 11 4 Non riportate 1.6 0 0 7.7 0 0 0 1.6 0 0 Perdite al Follow-up (%) Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino S7 Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino dei due gruppi sperimentali trattato per 6 mesi (13). Quattro RCT hanno paragonato con una metanalisi uno schema terapeutico della durata di sei mesi con uno schema della durata di tre mesi (11, 13, 18, 19); in uno di questi RCT, già analizzato nella prima metanalisi, sono stati confrontati tra di loro i dati dei due gruppi sperimentali (13). Un altro RCT ha paragonato uno schema della durata di 5 verso uno di 12 mesi di terapia (10). Un solo RCT ha paragonato lo schema classico con uno della durata più breve di un mese (22). In altri due RCT sono stati paragonati differenti dosaggi cumulativi di steroide somministrati nello stesso intervallo di tempo o lo stesso dosaggio somministrato in due intervalli di tempo diversi (12, 20). Infine negli ultimi due RCT sono state associate altre terapie; in un RCT, che confrontava lo schema classico di due mesi con uno della durata di 4.5 mesi, era associata la somministrazione di erbe cinesi (Sairei-To) in entrambi i gruppi (21); nell’altro RCT è stata valutata l’associazione di 12 settimane di terapia steroidea con 8 settimane di ciclosporina confrontata con 12 settimane di sola terapia steroidea (8). La durata del follow-up e il tempo fino alla prima recidiva erano calcolati in maniera discordante nei vari RCT o talora non erano ben specificati. Qualità degli studi La qualità degli studi è stata effettuata in base alla metodologia utilizzata dalla Cochrane, che prevede una valutazione del metodo di segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”), dell’utilizzo del cieco (“blinding”), dell’analisi per intenzione al trattamento (“intention-to-treat analysis”) e delle perdite al follow (“lost to follow-up”). Il metodo di segretezza della randomizzazione era adeguato in 8 RCT, inadeguato in 4, non chiaro in 3 (Tab. II). In nessun RCT veniva utilizzato il cieco. Soltanto 3 RCT utilizzavano l’analisi per intenzione al trattamento; in 5 RCT una percentuale variabile di bambini è stata esclusa dopo la randomizzazione. Le perdite al follow-up sono state assenti o trascurabili nella maggior parte degli studi. Analisi statistica I risultati dell’analisi statistica per gli outcomes dicotomici (presenza o assenza di recidiva; numero di pazienti con frequenti recidive; presenza o assenza di effetti collaterali) sono stati riportati come rischio relativo [(“relative risk”) (RR)] e intervalli di confidenza (IC) al 95%. (9, 13-17) lo schema terapeutico di 3 o più mesi confrontato allo schema classico di due, riduceva il rischio di recidiva sia a 6 mesi (RR 0.28; IC 95% 0.28-0.75) che a 12-24 mesi (RR 0.70; IC 95% 0.58-0.84), il numero di “frequent relapsers” (RR 0.63; IC 95% 0.46-0.84), ma non aumentava il rischio di effetti collaterali (disordini psicologici, oculari e gastroenterici, ipertensione, ritardo di crescita, sindrome cushingoide, infezioni ed osteoporosi); 2) in un RCT (22) una durata di terapia di un mese determinava un maggior numero di recidive (RR 1.48; IC 95% 1.01-2.12) rispetto a quella classica di 2 mesi; 3) nella metanalisi di 4 RCT in un totale di 382 bambini (11, 13, 18, 19) lo schema terapeutico prolungato fino a 6 mesi confrontato allo schema della durata di 3 mesi, determinava una ulteriore riduzione del rischio di recidiva sia a 6 mesi (RR 0.48; IC 95% 0.35-0.64) che a 12-24 mesi (RR 0.57; IC 95% 0.45-0.71), il numero di “frequent relapsers” (RR 0.55; IC 95% 0.39-0.80), ma non gli effetti collaterali; 4) in 2 RCT (11, 20) una dose cumulativa maggiore di steroide riduceva, a parità di durata del trattamento, il rischio di recidive (RR 0.59; IC 95% 0.42-0.84) rispetto ad una dose minore; 5) in un RCT (12) non si rilevava alcuna differenza significativa nel rischio di recidive (RR 1.24; IC 95% 0.84-1.85) tra dosi cumulative simili somministrate in schemi della durata differente (2240 mg/m2 in 12 settimane rispetto a 2520 mg/m2 in 8 settimane); 6) l’analisi di metaregressione mostrava che il rischio di recidiva a 12-24 mesi era inversamente correlato alla durata della terapia (RR = 1.26-0.112 durata; r2 0.56; p=0.03) e alla dose cumulativa di steroide (RR = 1.65-0.00025 dose; r2 0.70; p=0.01); 7) i risultati degli altri studi erano statisticamente poco importanti. In conclusione gli Autori della revisione sistematica Cochrane suggerivano che nei bambini il primo episodio di sindrome nefrosica deve essere trattato con steroidi per almeno tre mesi; una terapia della durata di sei mesi comporta una ulteriore riduzione del rischio di recidiva senza aumentare gli effetti collaterali. Revisione non Cochrane La revisione non-Cochrane (7) concludeva che il primo episodio di sindrome nefrosica nei bambini deve essere trattato con prednisone al dosaggio di 60 mg/m2/die per sei settimane seguito da 40 mg/m2 a giorni alterni per almeno altre sei settimane. Risultati Revisione Cochrane I risultati principali di questa revisione (6) possono essere così sintetizzati (Tabb. III-IV): 1) nella metanalisi di 6 RCT in un totale di 422 bambini S8 Sintesi della evidenza Le evidenze fino ad ora disponibili indicano che: a) i bambini al loro primo episodio di sindrome nefrosica devono essere trattati con corticosteroidi per almeno 16/29 (55%) 5/17 (29%) 3/17 (17%) 25/31 (80%) 18/32 (56%) 13/34 (38%) 6/34 (18%) 36/72 (50%) 25/72 (35%) 15/29 (52%) 3/29 (10%) 54/83 (65%) 20/83 (24%) 16/22 (73%) 7/22 (32%) 18/49 (37%) 15/30 (50%) 9/30 (30%) 23/36 (64%) 18/70 (26%) 8/70 (11%) 16/35 (46%) 8/48 (17%) 15/36 (42%) 10/36 (28%) 6/16 (37%) N. con recidive a 12-15 mesi N. con recidive a 12 mesi N. con frequenti recidive N. con recidive a 12 mesi N. con frequenti recidive N. con recidive a 12 mesi N. con frequenti recidive N. con recidive a 12 mesi N. con frequenti recidive N. con recidive a 12 mesi N. con frequenti recidive N. con recidive a 24 mesi N. con frequenti recidive N. con recidive a 12 mesi N. con frequenti recidive N. con recidive a 12 mesi N. con recidive a 12 mesi N. con frequenti recidive N. con recidive a 12 mesi N. con recidive a 12 mesi N. con frequenti recidive N. con recidive a 12-24 mesi N. con frequenti recidive N. con recidive a 12-24 mesi N. con frequenti recidive N. con recidive a 12-24 mesi Kleinknecht C, 1982 (10) Ueda N, 1988 (22) APN, 1988 (17) Ehrich JH, 1993 (14) Ksiazek J, 1995 (13) Norero C, 1996 (16) Yoshikawa N, 1998 (21) Bagga A, 1999 (15) Hoyer PF, 1999 (8) Hiraoka M, 2000 (20) Satomura K, 2001 (16) Sharma RK, 2002 (19) Jayantha UK, 2002 (9) Hiraoka M, 2003 (18) Pecoraro C, 2003 (11) Gruppo Intervento (N. Pz con evento/N. Pz Gruppo) Outcome Autore ed anno TABELLA III - RISULTATI DEGLI RCT INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE) 12/16 (75%) 21/34 (62%) 15/34 (44%) 43/53 (81%) 26/70 (37%) 44/70 (63%) 24/70 (34%) 19/37 (51%) 23/29 (79%) 13/30 (43%) 28/55 (51%) 21/23 (91%) 8/23 (35%) 62/88 (70%) 19/88 (22%) 13/27 (48%) 4/27 (15%) 32/44 (73%) 21/44 (48%) 24/37 (65%) 12/37 (32%) 16/29 (55%) 11/29 (38%) 18/29 (62%) 15/29 (51%) 21/29 (72%) Gruppo Controllo (N. Pz con evento/N. Pz Gruppo) 0.50 (0.25-0.63) 0.67 (0.42-1.08) 0.63 (0.33-1.20) 0.56 (0.38-0.83) 0.45 (0.22-0.91) 0.41 (0.26-0.63) 0.33 (0.16-0.69) 1.24 (0.84-1.85) 0.63 (0.42-0.94) 0.69 (0.35-1.37) 0.72 (0.46-1.13) 0.80 (0.60-1.06) 0.91 (0.40-2.10) 0.92 (0.75-1.14) 1.12 (0.64-1.94) 1.07 (0.63-1.82) 0.70 (0.17-2.84) 0.69 (0.51-0.92) 0.73 (0.47-1.13) 0.59 (0.36-0.96) 0.54 (0.23-1.29) 1.46 (1.01-2.12) 1.48 (0.85-2.59) 0.47 (0.22-1.04) 0.34 (0.12-1.01) 0.76 (0.51-1.13) Rischio Relativo (Intervallo di Confidenza 95%) - 38 - 20 - 16 - 35 - 20 - 37 - 23 + 13 - 29 - 13 - 14 - 18 -3 -5 +2 +4 -5 - 23 - 13 - 27 -14 + 25 + 18 - 33 - 34 - 17 Differenza di Rischio (%) Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino S9 - 20 - 30 - 13 - 24 Differenza di Rischio (%) Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino tre mesi; b) un trattamento per sei mesi sembra portare ad una ulteriore riduzione del rischio di recidiva; c) la riduzione del rischio di recidive è associata sia con l’aumento cumulativo della dose di steroide sia con l’aumento della durata di terapia; d) nei bambini trattati per tre o sei mesi non si osserva una maggiore incidenza di effetti collaterali; a questo proposito bisogna però sottolineare che gli studi non sono stati disegnati specificatamente per valutare gli effetti collaterali per cui questi potrebbero essere sottostimati. S10 86/230 (37%) Steroide 3 mesi 119/172 (69%) 76/172 (44%) 55/222 (25%) Steroide 6 mesi 69/178 (39%) 43/178 (24%) 0.54 (0.33-0.80) 163/229 (71%) 107/225 (47%) 0.56 (0.45-0.83) 0.63 (0.46-0.84) Steroide 2 mesi Steroide 3 ≥ mesi 0.66 (0.57-0.85) Gruppo Controllo (N. eventi/N. pazienti) Gruppo Intervento (N. eventi/N. pazienti) Il primo episodio di sindrome nefrosica nel bambino dovrebbe essere trattato con prednisone per almeno tre mesi. Se si conoscesse il tasso di recidive medio nella propria popolazione o nella propria area, si potrebbe valutare di quanto eventualmente prolungare la terapia di mantenimento a giorni alterni allo scopo di ottenere i migliori risultati, bilanciando d’altra parte i rischi di una terapia prolungata. Nella revisione Cochrane è stata dimostrata una riduzione progressiva del rischio con l’allungamento della terapia oltre i due mesi e proporzionale fino a sette mesi (circa 10% per ogni mese addizionale). Trattamenti più lunghi potrebbero essere pertanto utilizzati da quei nefrologi nella cui area o nella cui esperienza (anche eventualmente per fascia di età) i classici due mesi di terapia si accompagnano a tassi di recidive particolarmente elevati. In questi casi i possibili effetti collaterali di una terapia iniziale prolungata sarebbero bilanciati dalla necessità di dover ripetere cicli di terapia steroidea in occasione delle recidive della sindrome nefrosica. Queste evidenze non possono naturalmente essere applicate anche agli adulti, sebbene alcune casistiche non controllate (23-25) riportino una risposta più lenta negli adulti rispetto ai bambini e una massima incidenza di remissione (80-85%) dopo 4 mesi di terapia; il 25% di essi entra in remissione proprio al quarto mese. È ipotizzabile pertanto che anche gli adulti debbano ricevere un trattamento prolungato (almeno 4 mesi) con dosaggi di corticosteroidi inferiori a quelli utilizzati nei bambini. N. “frequent relapsers” N. con recidive a 12-24 mesi N. “frequent relapsers” N. con recidive a 12-24 mesi Applicabilità Outcome TABELLA IV - SINTESI DEGLI OUTCOME CON I DIVERSI SCHEMI DI TRATTAMENTO Rischio Relativo (Intervallo di Confidenza 95%) Implicazioni per la pratica clinica Non vi è motivo per ritenere che i dati ottenuti dall’esame degli RCT internazionali meritino una particolare rivalutazione per una loro applicazione ai pazienti italiani con sindrome nefrosica steroido-sensitiva e, pertanto, le evidenze sopra riportate sono ovviamente applicabili ed utilizzabili nella nostra popolazione. Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino TABELLA V - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA Linea Guida Nazione Anno Canadian Society of Nephrology (26) Canada 1999 Raccomandazione I bambini con primo episodio di sindrome nefrosica da lesioni glomerulari minime dovrebbero essere trattati con Prednisone 60 mg/m2/die per 4-6 settimane e in seguito con 40 mg/m2 a giorni alterni per altre 4-6 settimane Società Italiana di Nefrologia (27) Italia 2003 I bambini con primo episodio da sindrome nefrosica da lesioni glomerulari minime dovrebbero essere trattati con Prednisone 60 mg/m2/die per 4 settimane, in seguito con 40 mg/m2 a giorni alterni per 4-8 settimane e quindi riduzione scalare delle dosi fino a 3-6 mesi di trattamento complessivo Implicazioni per la ricerca A parte la necessità di RCT nella popolazione adulta sarebbero necessari ulteriori RCT nei bambini allo scopo di confermare l’efficacia di una terapia steroidea della durata di sei mesi verso una della durata di tre mesi, con una corretta valutazione anche degli effetti collaterali. Altre Linee Guida La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impres- sioni personali. Le Linee Guida basate sulle evidenze purtroppo non sono molte, in quanto vi sono pochi RCT adeguatamente dimensionati. In Tabella V si accludono le raccomandazioni di due Linee Guida (26, 27). Indirizzo degli Autori: Prof. Antonio Lupo Divisione Clinicizzata di Nefrologia Azienda Ospedaliera, Istituti Ospitalieri di Verona Piazzale Stefani, 1 37126 Verona e-mail: [email protected] Bibliografia 1. Arneil GC. 164 children with nephrosis. Lancet 1961; ii: 110310. 2. Schlesinger ER, Sultz HA, Mosher WE, Feldman JG. The nephrotic syndrome. Its incidence and implications for the community. Am J Dis Child 1968; 116: 623-32. 3. Koskimies O, Vilska J, Rapola J, Halman N. Long-term outcome of primary nephrotic syndrome. Arch Dis Child 1982; 57: 544-8. 4. Abramowicz M, Barnett HL, Edelmann CM Jr, et al. Controlled trial of azathioprine in children with nephrotic syndrome. A report for the International Study of Kidney Disease in Children. Lancet 1970; i: 959-61. 5. APN 1981 (Arbeitsgemeinschaft fur Padiatrische Nephrologie). Alternate-day prednisone is more effective than intermittent prednisone in frequently relapsing nephrotic syndrome. A report of Arbeitsgemeinschaft fur Padiatrische Nephrologie. Eur J Pediatr 1981; 135: 229-37. 6. Hodson EM, Knight JF, Willis NS, Craig JC. Corticosteroid therapy for nephrotic syndrome in children (Review). Cochrane Database of Systematic Reviews 2005, Issue 1. Art. No.: CD001533. DOI: 10.1002/14651858. CD001533.pub3. 7. Filler G. Treatment of nephrotic syndrome in children and controlled trials. Nephrol Dial Transplant 2003; 18 (Suppl. 6): 75-8. 8. Hoyer PF. Results of the nephrotic syndrome study VIII of the APN: New standard treatment versus new standard treatment plus 8 weeks cyclosporin A. 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S11 Terapia corticosteroidea del primo episodio di sindrome nefrosica steroido-sensitiva nel bambino 13. Ksiazek J, Wyszynska T. Short versus long initial prednisolone treatment in steroid-sensitive nephrotic syndrome in children. Acta Paediatr 1995; 84: 889-93. 14. Ehrich JH, Brodhel J. Long versus standard prednisone therapy for initial treatment of idiopathic nephrotic syndrome in children. Arbeitgemeinschaft fur Padiatrische Nephrologie. Eur J Pediatr 1993; 152: 357-61. 15. Bagga A, Hari P, Srivastava RN. Prolonged versus standard prednisolone therapy for initial episode of nephrotic syndrome. Pediatr Nephrol 1999; 13: 824-7. 16. Norero C, Delucchi A, Lagos E, Rosati P. Initial therapy of primary nephrotic syndrome in children: evaluation in a period of 18 months of two prednisolone treatment schedules. Chilean Cooperative Group of Study of Nephrotic Syndrome in Children. Rev Med Chil 1996; 124: 567-72. 17. Ueda N, Chihara M, Kawaguchi S, et al. 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Standard versus longterm prednisolone with Sairei-to in childhood steroid-responsive nephrotic syndrome: a prospective controlled study. Nippon Jinzo Gakkai Shi. Japanese J Nephrol 1998; 40: 587-90. APN 1988. Short versus standard prednisone therapy for initial treatment of idiopathic nephrotic syndrome. Arbeitgemeinschaft fur Padiatrische Nephrologie. Lancet 1988; i: 380-3. Nolasco F, Cameron JS, Heywood EF, Hicks J, Ogg C, Williams DG. Adult-onset minimal change nephrotic syndrome: a longterm follow-up. Kidney Int 1986; 29: 1215-23. Nakayama M, Katafuchi R, Yanase T, Ikeda K, Tanaka M, Fujimi S. Steroid responsiveness and frequency of relapse in adult-onset minimal-change nephrotic syndrome. Am J Kidney Dis 2002; 39: 503-12. Tse KC, Lam MF, Yip PS, Li FK, Chan TM. Idiopathic minimal change nephrotic syndrome in older adults: steroid responsiveness and pattern of relapse. Nephrol Dial Transplant 2003; 18: 1316-20. Bargman JM. Management of minimal lesion glomerulonephritis: evidence-based recommendations. Kidney Int 1999; 55 (Suppl. 70): S3-16. Cagnoli L, Fuiano G, Imbasciati E, et al. Linee Guida sulla terapia delle nefropatie glomerulari. G Ital Nefrol 2003; 20 (Suppl. 24): S16-23. Terapia delle glomerulonefriti Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S13-S29 Terapia della nefropatia membranosa idiopatica: Linea Guida P. Passerini, A. Lupo, C. Pozzi, C. Manno, G.F.M. Strippoli, L. Cagnoli, P. Stratta Divisione e Cattedra di Nefrologia, Spedali Civili ed Università di Brescia, Brescia Therapeutic strategies for membranous nephropathy: guideline from the Italian Society of Nephrology Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In the present guideline, evidence of interventions for idiopathic membranous nephropathy (MN) is presented. Methods. SR of RCT and RCT on interventions for MN were identified referring to a Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update). Results. Three SR and 18 RCT were available to address this issue. Methodological quality of available RCT was suboptimal according to current methodological standards. In patients with MN, nephrotic syndrome and normal renal function, methylprednisolone and chlorambucil or cyclophosphamide for 6 months alternately increase the probability of nephrotic syndrome remission (evidence from SR) and long-term renal protection (evidence from RCT). Other drugs (ACTH and cyclosporine) are associated with nephrotic syndrome remission, but there is no evidence of significant effects on renal function (evidence from RCT). In patients with impaired renal function, association of corticosteroids and cytotoxic agents is proven to cause a short-term delay of renal damage progression, even though benefits are counterbalanced by complications (evidence from RCT). Conclusion. In patients with MN, nephrotic syndrome and normal renal function, current available evidence supports the hypothesis that primary intervention should be the association of corticosteroids and cytotoxic agents. Secondary therapeutic choices include ACTH and cyclosporine. Further studies are necessary to test new immunosuppressive agents such as mycophenolate mofetil. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S13-29) KEY WORDS: Membranous nephropathy, Corticosteroid, Cytotoxic drugs PAROLE CHIAVE: Nefropatia membranosa, Corticosteroidi, Farmaci citotossici LINEA GUIDA Il trattamento di prima scelta nella Nefropatia Membranosa (NM) idiopatica con Sindrome Nefrosica (SN) e normale funzione renale è rappresentato dal metilprednisolone ad alte dosi alternato al clorambucil o alla ciclofosfamide per 6 mesi in quanto è in grado di determinare la remissione della SN nel 75% dei casi (livello di evidenza 1) e di garantire la protezione della funzione renale nel lungo termine (livello 2). La ciclofosfamide da sola può determinare una riduzione significativa della proteinuria e remissione della SN, sebbene i risultati siano sicuramente più consistenti quando viene associata al metilprednisolone (livello 1). Come seconda scelta terapeutica trovano indicazione l’ACTH e la ciclosporina, in quanto sono in grado di indurre remissione della SN in elevata percentuale di pazienti (livello 2); attualmente mancano le evidenze di un effetto di protezione della funzione renale. Nei pazienti con riduzione della funzione renale l’associazione metilprednisolone più citotossici per 6 mesi è l’unico schema in grado di rallentare, nel breve termine, la progressione del danno funzionale (livello 2). Tuttavia in presenza di disfunzione renale la terapia immunosoppressiva è gravata da numerosi e severi effetti collaterali e, pertanto, necessita di una attenta valutazione del bilancio rischio/beneficio. © Società Italiana di Nefrologia S13 Terapia della nefropatia membranosa idiopatica Premesse La Nefropatia Membranosa (NM) è la causa più frequente di sindrome nefrosica (SN) nell’adulto. I dati del Registro Italiano delle Biopsie Renali mostrano che essa rappresenta il 25% delle glomerulonefriti primitive. I Registri di Dialisi e Trapianto mostrano che essa è al 2°- 4° posto tra le glomerulonefriti primitive come causa di uremia terminale o “end stage renal disease” (ESRD). In una minoranza di pazienti la NM è secondaria a neoplasie, farmaci, malattie infettive e autoimmuni, mentre nei 2/3 dei casi non è possibile identificare alcun agente eziologico e, pertanto, la malattia è considerata idiopatica. La storia naturale della NM è variabile: il 20% circa dei pazienti sviluppa remissione completa della SN (1-4), mentre il 50% è esposto al rischio di evoluzione progressiva (5). La remissione della SN, spontanea o indotta dalla terapia, è l’unico fattore prognostico renale favorevole nel lungo termine (6, 7). Al contrario la persistenza e la gravità della proteinuria sono fattori correlati con un decorso sfavorevole; Pei e Cattran hanno dimostrato che una proteinuria superiore a 8 g/die che dura da oltre 6 mesi comporta un rischio di insufficienza renale pari al 66% (8). Anche la presenza di un danno funzionale renale al momento della diagnosi e la severità delle lesioni tubulointerstiziali alla biopsia renale si correlano significativamente con una prognosi sfavorevole (9). Il trattamento della NM è tuttora oggetto di dibattito fra i nefrologi di tutto il mondo; non vi è ancora un accordo sul costo da pagare per bilanciare i benefici della terapia immunosoppressiva rispetto alla terapia sintomatica. Alcuni nefrologi ritengono inutile e rischioso il trattamento con immunosoppressori, altri invece ne raccomandano l’uso. Di conseguenza la sorte di un paziente che si rivolge agli esperti in Italia o all’estero è di sentirsi consigliare l’una o l’altra opzione terapeutica con la stessa convinzione. Allo scopo di uniformare le scelte terapeutiche, l’obiettivo di questa Linea Guida è quello di verificare, sulla base delle evidenze che derivano dalle revisioni sistematiche e dagli studi randomizzati controllati (RCT), se la terapia immunosoppressiva è in grado di migliorare la prognosi della NM rispetto alla terapia sintomatica, qual è il regime immunosoppressivo ottimale e, infine, quali sono i rischi e gli effetti collaterali rispetto ai benefici della terapia immunosoppressiva. prodotti in Nefrologia, Dialisi e Trapianto. Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline, Embase, numerosi altri database di studi clinici e la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di interesse nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane. Infine la ricerca bibliografica è stata completata manualmente, facendo uso di riviste Scientifiche, Atti Congressuali ed altre Linee-Guida. Evidenza disponibile Descrizione degli studi Le fonti di ricerca utilizzate hanno individuato 36 RCT (10-45) e 3 studi di metanalisi (46-48). Sono stati successivamente selezionati gli RCT condotti su pazienti adulti, con diagnosi istologica di NM e con proteinuria ≥ 3.5 g/die. Nel caso di inclusione di una minoranza di pazienti con proteinuria < 3.5 g/die sono stati considerati solo i lavori che fornivano informazioni sufficienti per identificare questi pazienti ed escluderli dalla nostra analisi. Questi criteri di inclusione sono stati soddisfatti da 34 RCT (10-12, 14, 15, 17-45). Fra questi, 12 RCT sono stati successivamente esclusi per i seguenti motivi: a) mancanza di informazioni sul disegno dello studio (18, 44), sulle caratteristiche cliniche dei pazienti e/o sul decorso della malattia (10, 11, 40, 42, 43); b) inclusione di pazienti già arruolati in altri studi (33, 35, 41); c) discordanza dei risultati dello stesso studio pubblicato in tempi differenti (30, 31). Sono state escluse, a favore degli studi con periodo di osservazione più prolungato, altre 4 pubblicazioni di dati preliminari (17, 19, 21, 36), con successivo aggiornamento dei risultati. I 18 RCT selezionati e considerati per la stesura di questa Linee Guida (12, 14, 15, 20, 22-29, 32, 34, 37-39, 45) sono stati condotti su un totale di 1036 pazienti (Tab. I), seguiti per un periodo compreso fra 12 e 120 mesi (media 35 ± 26 mesi); 14 RCT hanno considerato pazienti con NM idiopatica e funzione renale normale (12, 14, 15, 20, 22, 23, 25-27, 29, 34, 38, 39, 45), 4 hanno considerato pazienti con progressiva perdita di funzione (24, 28, 32, 37). Undici studi hanno confrontato la terapia immunosoppressiva con la terapia sintomatica o con placebo (12, 14, 15, 20, 22, 25, 29, 32, 37-39), 7 hanno confrontato fra loro 2 diversi regimi immunosoppressivi (23, 24, 26- 28, 34, 45). Strategie di ricerca bibliografica Qualità degli studi La ricerca bibliografica degli studi controllati sul trattamento della NM è stata condotta utilizzando la stringa randomized controlled trials, membranous nephropathy, con il ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT La qualità degli studi è stata definita in base alla metodologia utilizzata dalla Cochrane (Tab. II), che prevede una valutazione del metodo di segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”), dell’utilizzo del cieco (“blinding”), dell’analisi per intenzione al trattamento (“intentionto-treat analysis”) e delle perdite al follow (“lost to follow- S14 N. pazienti Disegno dello studio RCT RCT 22 40 Donadio JV, 1974 (12) (Review Cochrane) Murphy BF, 1992 (25) (Review Cochrane) Ciclofosfamide versus terapia sintomatica Silverberg DS, 1976 (14) (Review Cochrane) RCT RCT 103 Cameron JS, 1990 (22) (Review Cochrane) 9 RCT 158 Cattran DC, 1989 (20) (Review Cochrane) Azatioprina versus placebo RCT 72 Coggins CH, 1979 (15) (Review Cochrane) Corticosteroidi versus terapia sintomatica/placebo Autore ed anno Multicentrico (Australia) Monocentrico (America) Multicentrico (Canada) Multicentrico (Inghilterra) Multicentrico (Nord America) Multicentrico (America) Setting Adulti, età media 44 anni Proteinuria > 0.5 g/die Creatininemia 50-280 μmol/L Adulti (età 26-66 anni) Proteinuria > 2 g/die FG 33-117 mL/min Adulti (età media 43 anni) SN Funzione renale normale Adulti, età media 44 anni SN Funzione renale normale Adulti (età media 45 anni) Proteinuria ≥ 0.3 g/die FG ≥ 0.25 mL/sec Adulti (età media 39 anni) SN Funzione renale normale Caratteristiche partecipanti TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI Ciclof. 1.5 mg/kg/die per 6 mesi, più dipiridamolo 200-400 mg/die e warfarin per 2 anni 19 pazienti Ciclofosfamide 1.5-2.5 mg/kg/die per 1 anno 11 pazienti Azatioprina 2.5 mg/kg/die per 1 anno 5 pazienti Prednisone 125-150 mg/kg/48 ore per 8 settimane 52 pazienti Prednisone 45 mg/m2/48 ore per 6 mesi 81 pazienti Prednisone 100-150 mg/48 ore per 8 settimane 34 pazienti Intervento sperimentale Terapia sintomatica 21 pazienti Terapia sintomatica 11 pazienti Placebo 4 pazienti Placebo 51 pazienti Terapia sintomatica 77 pazienti Placebo 38 pazienti Intervento di controllo 24 12 12 49 48 ± 32 23 Follow-up (mesi) segue Basso numero di pazienti arruolati e breve follow-up Basso numero di pazienti arruolati e breve follow-up Troppo breve la durata del trattamento Differenze basali significative nei valori medi di proteinuria e creatinina fra i due gruppi di studio Troppo breve durata del trattamento Commenti Terapia della nefropatia membranosa idiopatica S15 S16 N. pazienti Disegno dello studio Setting Caratteristiche partecipanti Cattran DC, 2001 (39) (Review Cochrane) 51 RCT RCT 89 Jha V, 2001 (38) Ciclosporina versus placebo RCT 81 Ponticelli C, 1995 (29) (Review Cochrane) Multicentrico (Nord America) Multicentrico (India) Multicentrico (Italia) Adulti (età media 48 anni) SN corticoresistente FG > 42 mL/min Adulti SN Funzione renale normale Adulti (età mediana 43 anni) SN Funzione renale normale Clorambucil o ciclofosfamide associati ai corticosteroidi versus terapia sintomatica Autore ed anno TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue) Ciclosporina 3.5 mg/kg/die più Prednisone 0.15 mg/kg/die per 26 settimane 28 pazienti MESI 1, 3, 5: Metilprednisolone 1 g ev per 3 giorni seguiti da 0.4 mg/kg/die os per 27 giorni. MESI 2, 4, 6: Ciclof. 2 mg/kg/die os 47 pazienti MESI 1, 3, 5: Metilprednisolone 1 g ev per 3 giorni seguiti da 0.4 mg/kg/die os per 27 giorni. MESI 2, 4, 6: Clorambucil 0.2 mg/kg/die os 42 pazienti Intervento sperimentale Placebo 23 pazienti Terapia sintomatica 42 pazienti Terapia sintomatica 39 pazienti Intervento di controllo 19 54 120 Follow-up (mesi) segue Breve follow-up Risultati presentati solo in forma di abstract Commenti Terapia della nefropatia membranosa idiopatica N. pazienti Disegno dello studio RCT RCT RCT 92 90 20 Ponticelli C, 1992 (23) (Review Cochrane) Pahari DK, 1993 (26) (Review Cochrane) Ahmed S, 1994 (27) (Review Cochrane) Confronto fra 2 schemi di Immunosoppressione Autore ed anno India Indiano Multicentrico (Italia) Setting Adulti (età media 35 anni) SN Funzione renale normale Adulti Proteinuria ≥ 2 mg/24 ore Creat ) 2 mg/dL Adulti (età mediana 47 anni) SN Funzione renale normale Caratteristiche partecipanti TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue) MESI 1, 3, 5: Metilprednisolone 1 g ev per 3 giorni seguiti da 0.4 mg/kg/die os per 27 giorni. MESI 2, 4, 6: Clorambucil 0.2 mg/kg/die os 10 pazienti CICLO A: Prednisone 4 mg/kg/die per 3 giorni, poi 0.5 mg/kg/die per 27 giorni CICLO B: Ciclofosfamide 2 mg/kg/die per 1 mese. Il CICLO A e B vengono alternati per 1 anno 42 pazienti MESI 1, 3, 5: Metilprednisolone 1 g ev per 3 giorni seguiti da 0.4 mg/kg/die os per 27 giorni. MESI 2, 4, 6: Clorambucil 0.2 mg/kg/die os 45 pazienti Intervento sperimentale Prednisone 1-1.5 mg/kg/die per 8 settimane 10 pazienti Prednisone 60 mg/die per 3 mesi 48 pazienti MESI 1, 3, 5: Metilprednisolone 1 g ev per 3 giorni seguiti da 0.4 mg/kg/48 ore os per 27 giorni. MESI 2, 4, 6: Prednisolone 0.4 mg/kg/48 ore os per 30 giorni 47 pazienti Intervento di controllo 15 46 54±17 Follow-up (mesi) segue Basso numero di pazienti arruolati e breve follow-up Commenti Terapia della nefropatia membranosa idiopatica S17 S18 RCT RCT 95 32 Ponticelli C, 1998 (34) (Review Cochrane) Ponticelli C, 2006 (45) Reichert LJ, 1994 (28) (Review Cochrane) 18 RCT Trattamento dei pazienti con perdita di funzione renale Disegno dello studio N. pazienti Autore ed anno Monocentrico (Olanda) Multicentrico (Italia) Multicentrico (Italia) Setting Adulti (età mediana 47 anni) SN Creatininemia > 150 μmol/L Adulti (età media 49 anni) SN Funzione renale normale Adulti (età mediana 49 anni) SN Funzione renale normale Caratteristiche partecipanti TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue) MESI 1, 3, 5: Metilprednisolone 1 g ev per 3 giorni seguiti da 0.4 mg/kg/die os per 27 giorni. MESI 2, 4, 6: Clorambucil 0.15 mg/kg/die os 9 pazienti ACTH 1 mg due volte la settimana per 1 anno 16 pazienti MESI 1, 3, 5: Metilprednisolone 1 g ev per 3 giorni seguiti da 0.4 mg/kg/die os per 27 giorni. MESI 2, 4, 6: Clorambucil 0.2 mg/kg/die os 50 pazienti Intervento sperimentale Ciclofosfamide 750 mg/m2 mensili per 6 mesi più Metilprednisolone 1 g ev per 3 giorni a mesi alterni 9 pazienti MESI 1, 3, 5: Metilprednisolone 1 g ev per 3 giorni seguiti da 0.4 mg/kg/die os per 27 giorni. MESI 2, 4, 6: Clorambucil 0.2 mg/kg/die os o Ciclofosfamide 2.5 mg/kg/die per os 16 pazienti MESI 1, 3, 5: Metilprednisolone 1 g ev per 3 giorni seguiti da 0.4 mg/kg/die os per 27 giorni. MESI 2, 4, 6: Ciclofosfamide 2.5 mg/kg/die os 45 pazienti Intervento di controllo 19.6±11.2 21.8±7.5 39 Follow-up (mesi) segue Nessuna informazioni sul quadro istologico alla biopsia renale Breve follow-up Commenti Terapia della nefropatia membranosa idiopatica RCT RCT RCT 26 17 21 Falk RJ, 1992 (24) (Review Cochrane) Cattran DC, 1995 (32) (Review Cochrane) Pisoni R, 2000 (37) (Review Cochrane) Legenda: FG = filtrato glomerulare, SN = sindrome nefrosica Disegno dello studio N. pazienti Autore ed anno Multicentrico Multicentrico Nord America Multicentrico (America) Setting Adulti (età media 49 anni) SN Perdita di funzione renale Adulti (età media 42 anni) SN Perdita di FG > 8 mL/min in 1 anno Adulti (età media 45 anni) SN Raddoppio della creatininemia in 2 anni o riduzione del 50% del FG Caratteristiche partecipanti TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue) Ciclosporina 5 mg/kg/die per 6 mesi 10 pazienti Ciclosporina 3.5 mg/kg/die per 1 anno 9 pazienti Boli mensili di Ciclofosfamide ev 0.5 g /m2 per 6 mesi più Metilprednisolone ev 7 mg/kg per 3 giorni seguiti da 1 mg/kg/48 ore per 2 mesi 13 pazienti Intervento sperimentale Terapia sintomatica 11 pazienti Placebo 8 pazienti Prednisone 2 mg/kg/48 ore per 8 settimane 13 pazienti Intervento di controllo 12 21 29.2± 17.1 Follow-up (mesi) Risultati presentati solo in forma di abstract Basso numero di pazienti arruolati e breve follow-up Nessuna informazione sul quadro istologico alla biopsia renale Commenti Terapia della nefropatia membranosa idiopatica S19 Terapia della nefropatia membranosa idiopatica up”). Il metodo di randomizzazione è risultato adeguato in 12 RCT (12, 14, 20, 22-24, 29, 32, 34, 37, 39, 45). L’utilizzo dell’analisi per intenzione al trattamento era specificato da 7 Autori (14, 20, 22, 23, 29, 37, 45). Sei studi sono stati condotti in doppio cieco (12, 14, 15, 22, 32, 39). La percentuale di pazienti persi al follow-up, specificata o prevedibile in tutti i casi, era compresa fra lo zero e il 23% (mediamente 7.4%; 77/1036 pazienti cumulativamente). Analisi statistica I risultati dell’analisi statistica sono riportati come differenza pesata tra le medie [“weighted mean difference” (WMD)] con intervalli di confidenza (IC) al 95% per gli outcomes continui, quali proteinuria, creatininemia e filtrato glomerulare (Tab. III), come rischio relativo [“relative risk” (RR)] con IC al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici, quali ESRD, raddoppio o aumento del 50% della creatininemia basale (Tab. IV). Alcuni outcomes dicotomici sono stati analizzati con il test del Chi-quadro. Risultati Trattamento dei pazienti con normale funzione renale Corticosteroidi versus terapia sintomatica/placebo. Tre RCT multicentrici (15, 20, 22), hanno impiegato il prednisone alla dose di 125 mg a giorni alterni per 8 settimane o di 45 mg/m2 a giorni alterni per 6 mesi. Non vi erano differenze nell’incidenza di remissione della SN (36/150 vs 30/145, p=0.587), di ESRD (12/167 vs 15/166, p=0.676) e di morte (4/167 vs 7/166, p=0.533) tra il gruppo trattato e il gruppo di controllo. Gravi effetti collaterali riguardavano 8/167 pazienti. L’inefficacia deriva probabilmente dalla somministrazione di schemi terapeutici inadeguati, in quanto in uno studio Italiano sperimentale sull’associazione metilprednisolone più clorambucil, che ha utilizzato nel gruppo di controllo i boli endovenosi di metilprednisolone seguiti dal prednisolone orale per 6 mesi, si otteneva una probabilità di remissione della SN pari al 55% (23). Azatioprina versus placebo. Un RCT effettuato su un campione di soltanto 9 pazienti ha utilizzato azatioprina per 1 anno (14). Il trattamento, rispetto al placebo, non modificava la severità della proteinuria (5.2 g/die vs 4.1 g/die) né i valori di creatininemia (159 μmol/L vs 212 μmol/L). Non erano segnalati effetti collaterali severi. Ciclofosfamide versus terapia sintomatica. Due RCT hanno utilizzato ciclofosfamide, somministrata da sola per 1 anno nel primo e in associazione a dipiridamolo e warfarin per 6 mesi nel secondo (12, 25). Il trattamento otteneva in 13/22 casi la remissione della SN, contro 6/22 remissioni nei pazienti assegnati alla terapia sintomatica (p=0.067). Effetti collaterali severi si sviluppavano in 4/30 pazienti. S20 Clorambucil o ciclofosfamide associati ai corticosteroidi versus terapia sintomatica. Due RCT condotti in Italia e in India (29, 38), hanno riportato 58/89 casi di remissione della SN nei pazienti in terapia di associazione contro 22/81 nei pazienti in terapia sintomatica (p<0.0001). Lo studio Italiano ha inoltre dimostrato che il trattamento con metilprednisolone alternato a clorambucil otteneva una funzione renale significativamente migliore nel lungo termine (p=0.035), e una sopravvivenza a 10 anni del 92%, contro il 60% nel gruppo di controllo (p=0.0038). Effetti collaterali severi erano riportati in 9/89 pazienti. Ciclosporina versus placebo. Un solo RCT condotto in Canada (39) ha dimostrato che nei pazienti corticoresistenti il trattamento per 6 mesi con ciclosporina e basse dosi di prednisone, otteneva una incidenza maggiore di remissioni della SN rispetto al placebo (p<0.001); la differenza si confermava anche dopo la sospensione della terapia, nonostante l’elevato numero di recidive di SN (p=0.007). Non vi erano segnalazioni di casi di nefrotossicità o di effetti collaterali severi. Confronto fra 2 schemi di immunosoppressione. Tre RCT hanno confrontato la terapia di associazione con steroidi più citotossici per 6 mesi versus i corticosteroidi somministrati da soli per 6 mesi (23, 26, 27). La remissione della SN si verificava in 69/91 pazienti in terapia di associazione e in 46/92 pazienti in terapia steroidea (p=0.0005). Nel gruppo assegnato alla terapia di associazione vi erano 7 casi di disfunzione renale, 1 caso di ESRD e 1 decesso, contro 15 casi di disfunzione renale, 4 casi di ESRD e 1 decesso nel gruppo assegnato ai corticosteroidi. Effetti collaterali severi erano riportati in 10 pazienti in terapia di associazione e 6 pazienti in terapia steroidea. Un altro RCT ha invece confrontato la terapia di associazione prednisolone più clorambucil con uno schema analogo nel quale il clorambucil veniva sostituito da dosi equivalenti di ciclofosfamide (34). I due schemi ottenevano una incidenza sovrapponibile di remissione della SN come primo evento (82% vs 93%; p=0.116) e un miglioramento significativo del reciproco medio della creatininemia. L’incidenza di effetti collaterali severi era rispettivamente del 12% e del 4% dei casi. Recentemente sono stati pubblicati i risultati di un RCT che ha confrontato un anno di terapia con ormone adrenocorticotropo in forma sintetica (ACTH), somministrato alla dose di 1 mg intramuscolo per 2 volte alla settimana, con la terapia di associazione metilprednisolone più clorambucil o ciclofosfamide per 6 mesi (45). I due schemi terapeutici ottenevano una significativa riduzione della proteinuria (p=0.049 e p=0.004 rispettivamente) e dei valori medi di colesterolo plasmatico (p<0.0001 e p=0.003 rispettivamente). All’ultimo controllo 14/16 pazienti assegnati all’ACTH (87.5%), e 12/16 pazienti in terapia di associazione (75.0%) mostravano una remissione della SN (p=0.650). Un paziente trattato con ACTH sviluppava un quadro di ESRD. Effetti collaterali severi riguardavano il 12% dei pazienti in entrambi i gruppi di studio. Terapia della nefropatia membranosa idiopatica TABELLA II - QUALITÀ DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI Autore ed anno Metodo di segretezza della randomizzazione (allocation concealment) Utilizzo del cieco (blinding) Pazienti Coggins CH, 1979 (15) Non Specificato Utilizzo analisi per intenzione al trattamento (Intention-totreat analysis) Ricercatori Medici che hanno valutato l’outcome Perdite al follow-up (%) Sì Sì Non Specificato Non Specificato 2/72 (2.7%) Cattran DC, 1989 (20) Adeguato No No No Sì 27/158 (17%) Cameron JS, 1990 (22) Adeguato Sì Sì Sì Sì 7/103 (6.8%) Silverberg DS, 1976 (14) Adeguato Sì Sì Sì Sì 0/9 Donadio JV, 1974 (12) Adeguato No Sì No Non Specificato 2/22 (9%) Murphy BF, 1992 (25) Non Chiaro No No No Non Specificato 0/40 Ponticelli C, 1995 (29) Jha V, 2001 (38) Adeguato No No No Sì 19/81 (23%) Non Specificato Non Specificato Non Specificato Non Specificato Non Specificato 0/89 Ponticelli C, 1992 (23) Adeguato No No No Sì 1/92 (1%) Pahari DK, 1993 (26) Non Specificato Non Specificato Non Specificato Non Specificato No 10/90 (11%) Ahmed S, 1994 (27) Non Specificato Non Specificato Non Specificato Non Specificato Non Specificato 0/20 Ponticelli C, 1998 (34) Adeguato No No No Non Specificato 5/95 (5%) Ponticelli C, 2006 (45) Adeguato No No No Sì 0/32 Cattran DC, 2001 (39) Adeguato Sì No Sì Non Specificato 3/51 Adeguato No No No Non Specificato 1/26 (3.8%) Reichert LJ, 1994 (28) Non Specificato No No No Non Specificato 0/18 Cattran DC, 1995 (32) Adeguato Sì No No Non Specificato 0/17 Pisoni R, 2000 (37) Adeguato No No No Sì 0/21 Falk RJ, 1992 (24) Trattamento dei pazienti con perdita di funzione renale In un RCT la terapia di associazione con steroidi più clorambucil rispetto ai boli mensili di ciclofosfamide associati ai boli di metilprednisolone è risultata in grado di migliorare, nel breve termine, la funzione renale di 8/9 pazienti con NM e progressivo deterioramento funzionale renale (28). Un altro RCT non ha trovato differenze tra i boli endovenosi di ciclofosfamide associati ai boli di metilprednisolone rispetto ai corticosteroidi per via orale per 6 mesi (24). Entrambi gli studi sono stati effettuati su un piccolo numero di pazienti (18 e 26 rispettivamente) ed hanno riportato una bassa percentuale di successi nei due gruppi di trattamento; inoltre l’incidenza di effetti collaterali severi, in particolare rappresentati da complicanze infettive, era superiore rispetto a quanto riportato nei pazienti con normale funzione renale. I risultati cumulativi di 2 RCT che hanno valutato la risposta alla ciclosporina (32, 37), mostravano che l’inci- denza di progressione del danno funzionale fino all’ESRD non differiva fra i pazienti del gruppo sperimentale e quelli assegnati a ricevere sola terapia sintomatica (4/19 vs 5/19, p=1.0000). Entrambi gli studi sono stati effettuati su un piccolo numero di pazienti (17 e 21, rispettivamente); uno studio riportava una significativa riduzione della proteinuria (32). Studi di metanalisi e Revisioni sistematiche Due studi di metanalisi e una revisione sistematica Cochrane hanno valutato l’efficacia della terapia immunosoppressiva nei pazienti con NM idiopatica (46-48). Nella prima metanalisi, Imperiale et al. hanno considerato i risultati di 5 RCT condotti su 228 pazienti trattati con corticosteroidi e/o citotossici, corticosteroidi da soli o terapia sintomatica (46). La metanalisi ha dimostrato che solo il trattamento con clorambucil o con ciclofosfamide aumentava in maniera significativa la probabilità di ottene- S21 Terapia della nefropatia membranosa idiopatica TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI INCLUSI (VARIABILI CONTINUE) Autore ed anno Outcomes Gruppo di intervento (pazienti, media, deviazione standard) Gruppo di controllo (pazienti, media, deviazione standard) Differenza tra le medie (intervallo di confidenza 95%) Cameron JS, 1990 (22) Proteinuria 43 pazienti, 5.6 (0.7) g/24 ore 43 pazienti, 5.6 (0.7) 0.0 (da -0.30 a 0.30) Creatininemia 48 pazienti, 317 (38) μmol/L 46 pazienti, 297 (25) μmol/L 20 (da 7.05 a 32.95) Proteinuria 5 pazienti, 5.2 (2.9) g/24 ore 4 pazienti, 4.1 (3) g/24 ore 1.10 (da -2.79 a 4.99) Creatininemia 5 pazienti, 159 (106) μmol/L 4 pazienti, 212 (141) μmol/L -53 (da -219.51 a 113.51) Donadio JV, 1974 (12) Proteinuria 11 pazienti, 4.2 (3.1) g/24 ore 11 pazienti, 5.1 (3.7) g/24 ore -0.90 (da -3.77 a 1.97) Murphy BF, 1992 (25) Creatininemia 13 pazienti, 139 (108) μmol/L 13 pazienti, 108 (41) μmol/L 31 (da -31.80 a 93.80) Ponticelli C, 1995 (29) Creatininemia 42 pazienti, 105.1 μmol/L 39 pazienti, 146.7 μmol/L NE Ponticelli C, 1992 (23) Proteinuria 23 pazienti, 1.3 (1.6) g/24 ore 24 pazienti, 1.9 (1.9) g/24 ore -0.60 (da -1.60 a -0.40) Creatininemia 26 pazienti, 106 (59) μmol/L 24 pazienti, 155 (198) μmol/L -49 (da -131.40 a 33.40) Silverberg DS, 1976 (14) Ahmed S, 1994 (27) Ponticelli C, 1998 (34) Proteinuria 10 pazienti, 1.85 (3.1) g/24 ore 10 pazienti, 2.6 (2.2) g/24 ore -0.75 (da -3.13 a 1.63) Creatininemia 10 pazienti, 128.1 (30.9) μmol/L 10 pazienti, 210.4 (247.5) μmol/L -82.30 (da -236.89 a 72.29) Proteinuria 44 pazienti, 2.11 (2.89) g/24 ore 43 pazienti, 1.69 (2.36) g/24 ore 0.42 (da -0.69 a 1.53) Creatininemia 44 pazienti, 110 (121) μmol/L 43 pazienti, 117 (152) μmol/L -7 (da -64.81 a 50.81) Proteinuria 16 pazienti, 2.1 g/24 ore 16 pazienti, 0.3 g/24 ore NE Creatininemia 16 pazienti, 88.4 μmol/L 16 pazienti, 88.4 μmol/L NE Proteinuria 13 pazienti, 8.9 (6.8) g/24 ore 13 pazienti, 6.8 (4.3) g/24 ore 2.10 (da -2.27 a 6.47) Creatininemia 13 pazienti, 424 (327) μmol/L 13 pazienti, 495 (628) μmol/L -71 (da -455.88 a 313.88) Reichert LJ, 1994 (28) Creatininemia 9 pazienti, 381 (310) μmol/L 9 pazienti, 558 (422) μmol/L -177 (da -519.0 a 165.10) Cattran DC, 1995 (32) Proteinuria 9 pazienti, 4.5 (4) g/24 ore 8 pazienti, 9.2 (5) g/24 ore -4.70 (da -9.04 a -0.36) Proteinuria 10 pazienti, 7.5 (7.6) g/24 ore 11 pazienti, 2.8 (2.5) g/24 ore 4.70 (da -0.24 a 9.64) Creatininemia 10 pazienti, 189 (65) μmol/L 11 pazienti, 178 (79) μmol/L 11.0 (-50.66 a 72.66) Ponticelli C, 2006 (45) Falk RJ, 1992 (24) Pisoni R, 2000 (37) NE = non eseguibile re la remissione della SN (RR 4.6; IC 95% da 3.2 a 8.4). In un’altra metanalisi, Hogan et al. hanno considerato 7 RCT condotti su 493 pazienti assegnati a ricevere citotossici, corticosteroidi, o terapia sintomatica (47). La metanalisi ha confermato che solo i citotossici aumentavano significativamente la probabilità di remissione della SN (RR 4.8; IC 95% da 1.44 a 15.96, p<0.05). In una revisione sistematica Cochrane, Perna et al. hanno analizzato i risultati di 18 RCT condotti su un totale di 1025 pazienti, assegnati a ricevere regimi terapeutici a base di immunosoppressori o di sintomatici/placebo (48). Sono state considerate quattro classi di terapia immunosoppressiva: 1) corticosteroidi da soli; 2) agenti citossici da soli o in associazione agli steroidi; 3) inibitori delle calcineurine S22 (ciclosporina) da sola o in associazione agli steroidi; 4) agenti antiproliferativi. La metanalisi ha dimostrato che fra i diversi schemi immunosoppressivi impiegati, nessuna terapia determinava una riduzione del rischio dell’endpoint combinato di ESRD o morte. Per quanto concerne gli altri outcome considerati, soltanto l’utilizzo di citotossici permetteva un aumento significativo dell’incidenza di remissione completa della SN, sia nei confronti del non trattamento (RR 2.37; IC 95% da 1.32 a 4.25; p=0.004) che degli steroidi (RR 1.89; IC 95% da 1.34 a 2.67; p=0.0003) e una riduzione significativa della proteinuria (WMD -2.36 g/die; IC 95% da -4.27 a -0.46; p=0.02). Non vi era nessuna differenza di remissioni complete tra due agenti citossici, quali clorambucil verso ciclofosfamide (RR 0.46; IC 95% Terapia della nefropatia membranosa idiopatica TABELLA IV - RISULTATI DEGLI STUDI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE) Autore ed anno Outcomes Gruppo di intervento (numero di pazienti con evento/numero totale di pazienti in quel gruppo) Gruppo di controllo (numero di pazienti evento/numero totale di pazienti in quel gruppo) Rischio relativo (intervallo di confidenza 95%) Differenza di rischio (%) Coggins CH, RC 4/34 (11.7%) 4/38 (10.5%) 1.12 (da 0.30 a 4.13) 1.2 1979 (15) RP 8/34 (23.5%) 3/38 (7.9%) 2.98 (da 0.86 a 10.34) 15.6 RC + RP 12/34 (35.3%) 7/38 (18.4%) 1.92 (da 0.85 a 4.30) 16.9 ESRD 1/34 (2.9%) 5/38 (13.1%) 0.22 (da 0.03 a 1.82) - 10.2 Morte 0/34 2/38 (5.2%) 0.22 (da 0.01 a 4.48) -5.2 Morte + ESRD 1/34 (2.9%) 7/38 (18.4%) 0.16 (da 0.02 a 1.23) -15.5 EAG 1/34 (2.9%) 1/38 (2.6%) 1.12 (da 0.07 a 17.19) 0.3 RC 14/64 (21.9%) 16/56 (28.6%) 0.77 (da 0.41 a 1.42) -6.7 ESRD 3/81 (3.7%) 4/77 (5.2%) 0.71 (da 0.16 a 3.08) -1.5 Morte 3/81 (3.7%) 1/77 (1.3%) 2.85 (da 0.30 a 26.83) 2.4 Morte + ESRD 6/81 (7.4%) 5/77 (6.5%) 1.14 (da 0.36 a 3.59) 0.9 EAG 5/81 (6.2%) 0/77 10.46 (da 0.59 a 186.1) 6.2 Remissione 10/52 (19.2%) 7/51 (13.7%) 1.40 (da 0.58 a 3.40) 5.5 ESRD 8/52 (15.4%) 6/51 (11.8%) 1.31 (da 0.49 a 3.50) 3.6 Morte 1/52 (1.9%) 4/51 (7.8%) 0.25 (da 0.03 a 2.12) -5.9 Morte + ESRD 9/52 (17.3%) 10/51 (19.6%) 0.88 (da 0.39 a 1.99) -2.3 EAG 2/52 (3.8%) 1/51 (1.9%) 1.96 (da 0.18 a 20.97) 1.9 Silverberg DS, RC 0/5 0/4 NE 0 1976 (14) RP 0/5 1/4 (25.0%) 0.28 (da 0.01 a 5.43) -25.0 ESRD 0/5 0/4 NE 0 Morte 0/5 0/4 NE 0 Cattran DC, 1989 (20) Cameron JS, 1990 (22) Donadio JV, RC 0/9 0/9 NE 0 1974 (12) RP 4/9 (44.4%) 2/9 (22.2%) 2.0 (da 0.48 a 8.31) 22.2 ESRD 0/11 0/11 NE 0 Morte 0/11 0/11 NE 0 EAG 3/11 (27.3%) 0/11 7.00 (da 0.40 a 121.39) 27.3 Murphy BF, RC 2/13 (15.4%) 1/13 (7.7%) 2.0 (da 0.21 a 19.44) 7.7 1992 (25) RP 7/13 (53.8%) 3/13 (23.1) 2.33 (da 0.77 a 7.10) 30.7 RC + RP 9/13 (69.2%) 4/13 (30.8%) 2.25 (da 0.92 a 5.49) 38.4 ESRD 0/19 0/21 NE 0 Morte 1/19 (5.3%) 0/21 3.30 (da 0.14 a 76.46) 5.3 EAG 1/19 (5.3%) 0/21 3.30 (da 0.14 a 76.46) 5.3 Ponticelli C, RC 17/42 (40.5%) 2/39 (5.1%) 7.89 (da 1.95 a 31.97) 35.3 1995 (29) RP 9/42 (21.4%) 11/39 (28.2%) 0.76 (da 0.35 a 1.63) -6.8 RC + RP 26/42 (61.9%) 13/39 (23.3%) 1.86 (da 1.12 a 3.07) 28.6 ESRD 2/42 (4.8%) 9/39 (23.1%) 0.21 (da 0.05 a 0.90) 18.3 Morte 1/42 (2.4%) 3/39 (7.7%) 0.31 (da 0.03 a 2.85) -5.3 Morte + ESRD 3/42 (7.1%) 12/39 (30.8%) 0.23 (da 0.07 a 0.76) -23.7 EAG 4/42 (9.5%) 0/39 8.37 (da 0.47 a 150.62) -9.5 segue S23 Terapia della nefropatia membranosa idiopatica TABELLA IV - RISULTATI DEGLI STUDI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE) (segue) Autore ed anno Outcomes Gruppo di intervento (numero di pazienti con evento/numero totale di pazienti in quel gruppo) Gruppo di controllo (numero di pazienti evento/numero totale di pazienti in quel gruppo) Rischio relativo (intervallo di confidenza 95%) Differenza di rischio (%) RC 12/47 (25.5%) 4/42 (9.5%) 2.68 (da 0.94 a 7.68) 16 RP 20/47 (42.5%) 5/42 (11.9%) 3.57 (da 1.47 a 8.68) 30.6 RC + RP 32/47 (68.1%) 9/42 (21.4%) 3.18 (da 1.72 a 5.86) 46.7 EAG 5/47 (10.6%) 3/42 (7.1%) 1.49 (da 0.38 a 5.86) 3.5 Ponticelli C, RC 14/45 (31.8%) 10/47 (21.3%) 1.46 (da 0.73 a 2.95) 9.8 1992 (23) RP 14/45 (31.1%) 8/47 (17.0%) 1.83 (da 0.85 a 3.93) 14.1 RC + RP 28/45 (62.2%) 18/47 (38.3%) 1.62 (da 1.06 a 2.49) 23.9 ESRD 0/45 2/47 (4.2%) 0.21 (da 0.01 a 4.23) -4,2 Morte 1/45 (2.2%) 1/47 (2.1%) 1.04 (da 0.07 a 16.20) 0,1 Morte + ESRD 1/45 (2.2%) 3/47 (6.4%) 0.35 (da 0.04 a 3.22) -4.2 EAG 4/45 (8.8%) 1/47 (2.1%) 4.18 (da 0.49 a 35.97) 6.7 RC 33/36 (91.7%) 15/35 (42.8%) 2.14 (da 1.44 a 3.18) 48.9 Jha V, 2001 (38) Pahari DK, 1993 (26) Ahmed S, 1994 (27) RP 0/36 7/35 (20.0%) 0.06 (da 0.0 a 1.09) -20 RC + RP 33/36 (91.7%) 22/35 (62.8%) 1.46 (da 1.11 a 1.92) 28.9 ESRD 1/36 (2.8%) 2/35 (5.7%) 0.49 (da 0.05 a 5.12) - 2.9 Morte 0/36 0/35 NE 0 EAG 6/42 (14.3%) 5/48 (10.4%) 1.37 (da 0.45 a 4.17) 3.9 RC 5/10 (50%) 3/10 (30%) 1.67 (da 0.54 a 5.17) 20 RP 3/10 (30%) 3/10 (30%) 1.00 (da 0.26 a 3.81) 0 RC + RP 8/10 (80%) 6/10 (60%) 1.33 (da 0.74 a 2.41) 20 ESRD 0/10 0/10 NE 0 Morte 0/10 0/10 NE 0 Ponticelli C, RC 12/44 (27.3%) 16/43 (37.2%) 0.73 (da 0.39 a 1.36) - 9.9 1998 (34) RP 24/44 (54.5%) 24/43 (55.8%) 0.0 (da 0.67 a 1.43) - 1.3 RC + RP 36/44 (81.8%) 40/43 (93%) 0.88 (da 0.75 a 1.03) - 11.2 ESRD 1/50 (2%) 1/45 (2.2%) 0.90 (da 0.06 a 13.97) - 0.2 Morte 0/50 0/45 NE 0 EAG 0/50 0/45 NE 0 RC 8/16 (50%) 4/16 (25%) 2.00 (da 0.75 a 5.33) 25 RP 6/16 (37.5%) 8/16 (50%) 0.75 (da 0.34 a 1.67) -12.5 RC + RP 14/16 (87.5%) 12/16 (75%) 1.17 (da 0.83 a 1.64) 12.5 ESRD 1/16 (6.2%) 0/16 3.00 (da 0.13 a 68.57) 6.2 Morte 0/16 0/16 NE 0 EAG 2/16 (12.5%) 2/16 (12.5%) 1.00 (da 0.16 a 6.25) 0 Ponticelli, 2006 (45) Cattran DC, RC 2/28 (7.1%) 1/23 (4.3%) 1.64 (da 0.16 a 16.99) 2.8 2001 (39) RP 9/28 (32.1%) 2/23 (8.6%) 3.70 (da 0.89 a 15.44) 23.5 RC + RP 11/28 (39.3%) 3/23 (13%) 3.01 (da 0.95 a 9.52) 26.3 EAG 0/28 0/23 NE 0 segue S24 Terapia della nefropatia membranosa idiopatica TABELLA IV - RISULTATI DEGLI STUDI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE) (segue) Autore ed anno Falk FJ, 1992 (24) Outcomes Gruppo di intervento (numero di pazienti con evento/numero totale di pazienti in quel gruppo) Gruppo di controllo (numero di pazienti evento/numero totale di pazienti in quel gruppo) Rischio relativo (intervallo di confidenza 95%) Differenza di rischio (%) ESRD 4/13 (30.8%) 4/13 (30.8%) 1.0 (da 0.32 a 3.17) 0 Morte 0/13 0/13 NE 0 EAG 1/13 (7.7%) 1/13 (7.7%) 1.0 (da 0.07 a 14.34) 0 Reichert LJ, RC 0/9 2/9 (22.2%) 0.20 (da 0.01 a 3.66) -22.2 1994 (28) RP 1/9 (11.1%) 1/9 (11.1%) 1.0 (da 0.07 a 13.64) 0 RC + RP 1/9 (11.1%) 3/9 (33.3%) 0.33 (da 0.04 a 2.63) -22.2 ESRD 1/9 (11.1%) 4/9 (44.4%) 0.25 (da 0.03 a 1.82) -33.3 Morte 0/9 1/9 (11.1%) 0.33 (da 0.02 a 7.24) -11.1 Morte + ESRD 1/9 (11.1%) 5/9 (55.5%) 0.20 (da 0.03 a 1.39) -44.4 EAG 5/9 (55.5%) 0/9 11 (da 0.70 a 173.66) 55.5 Cattran DC, ESRD 1/9 (11.1%) 4/8 (50%) 0.22 (da 0.03 a 1.60) -38.9 1995 (32) Morte 1/9 (11.1%) 0/8 2.70 (da 0.13 a 58.24) 11.1 Morte + ESRD 2/9 (22.2%) 4/8 (50%) 0.44 (da 0.11 a 1.81) -27.8 EAG 0/9 0/8 NE 0 Pisoni R, 2000 (37) RC 0/10 1/11 (9.1%) 0.36 (da 0.02 a 8.03) -9.1 RP 2/10 (20%) 3/11 (27.3%) 0.73 (da 0.15 a 3.53) -7.3 RC + RP 2/10 (20%) 4/11 (36.4%) 0.55 (da 0.13 a 2.38) -16.3 ESRD 3/10 (30%) 1/11 (9.1%) 3.30 (da 0.41 a 26.81) 20.9 Morte 0/10 0/11 NE 0 EAG 2/10 (20%) 0/11 5.45 (da 0.29 a 101.55) 20 Legenda: RC = remissione completa, RP = remissione parziale, ESRD = end stage renal disease, EAG = eventi avversi gravi, NE = non eseguibile. da 0.14 a 1.49; p=0.20); il clorambucil tuttavia determinava una maggior numero di sospensioni temporanee o definitive del trattamento rispetto alla ciclofosfamide (RR 2.34; IC 95 % da 1.25 a 4.39; p=0.008) per la comparsa di gravi effetti collaterali (soprattutto leucopenia). Gli Autori concludono che la riduzione della proteinuria e la remissione completa sono da considerare “surrogate endpoints”, in quanto nessuna terapia immunosoppressiva dimostra un’efficacia sulla sopravvivenza del paziente o del rene. Commenti. Nonostante le precedenti conclusioni, occorre considerare che, di fatto, la remissione della SN costituisce uno degli obiettivi del trattamento; infatti, da un lato rappresenta l’unico marker di buona prognosi renale nel lungo termine, dall’altro annulla il rischio di complicanze cardiovascolari e trombotiche, che hanno un’incidenza particolarmente elevata nei pazienti con NM e SN severa (49, 50). A causa del breve follow-up degli studi considerati, le metanalisi disponibili in letteratura non forniscono eviden- ze di un effetto renoprotettivo dei diversi regimi terapeutici impiegati. Sintesi dell’evidenza Le evidenze della letteratura mostrano che nei pazienti con NM idiopatica la terapia immunosoppressiva aumenta l’incidenza di remissione della SN (livello 1) e migliora la sopravvivenza renale (livello 2). I risultati più favorevoli sono stati ottenuti con lo schema metilprednisolone più citotossici (clorambucil o ciclofosfamide) per 6 mesi (livello 1). L’efficacia di questa terapia di associazione, che rappresenta il trattamento di prima scelta in quanto determina una remissione duratura della SN nel 75% circa dei pazienti, ed è attualmente l’unico regime terapeutico in grado di garantire una funzione renale ed una sopravvivenza eccellenti nel lungo termine, è stata confermata dagli RCT e S25 Terapia della nefropatia membranosa idiopatica TABELLA V - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA Linea Guida Nazione International Society of Nephrology (56) Anno 1999 Raccomandazione I corticosteroidi e l’azatioprina non sono efficaci (grado A, grado C) Gli alchilanti ottengono buoni risultati soprattutto quando associati ai corticosteroidi, ma hanno una potenziale tossicità (grado A) La ciclosporina può essere utile nei pazienti a rischio di progressione (grado B) Società Italiana di Nefrologia (57) Italia 2003 Astenersi dal trattamento immunosoppressivo nei pazienti senza SN Schema terapeutico di associazione metilprednisolone più clorambucil o ciclofosfamide per 6 mesi nei pazienti con SN grave Adeguamento delle dosi dello schema di associazione nel paziente di oltre 65 anni Provvedimenti sintomatici o ciclosporina a basse dosi nei non responders dagli studi di metanalisi; anche i farmaci citossici (clorambucil o ciclofosfamide) da soli aumentano la probabilità di remissione della SN. Al contrario le esperienze con l’utilizzo dell’azatioprina e dei corticosteroidi da soli sono risultate negative. Nel caso dei corticosteroidi, però, l’inefficacia riportata in letteratura deriva probabilmente dalla somministrazione di schemi terapeutici inadeguati. In definitiva, la associazione dei citotossici con il metilprednisolone comporta il vantaggio di una minore durata del trattamento e garantisce, allo stesso tempo, risultati più favorevoli. Anche la ciclosporina è provvista di un potente effetto antiproteinurico. Il 75% dei pazienti trattati sviluppa remissione della SN e, nonostante l’elevato numero di recidive, il 40% circa dei responders mantiene la remissione anche dopo sospensione della terapia. Risultati promettenti sono stati riportati recentemente con l’utilizzo dell’ACTH. In uno studio randomizzato controllato multicentrico Italiano, il gruppo che riceveva ACTH otteneva una riduzione significativa della proteinuria e della colesterolemia e una elevata incidenza di remissione della SN (45). Il trattamento con ACTH ottiene, nel breve termine, gli stessi risultati dello schema di associazione metilprednisolone più clorambucil o ciclofosfamide per 6 mesi e risultava complessivamente ben tollerato. Per l’ACTH e per la ciclosporina mancano tuttavia le evidenze di un miglioramento della sopravvivenza renale nel lungo termine, ma poiché la remissione della SN rappresenta uno degli obiettivi del trattamento, questi due agenti assumono il ruolo di farmaci alternativi allo schema di prima scelta, sia per i pazienti non responders che per quelli con controindicazioni ai farmaci citotossici. Implicazioni per la pratica clinica Una scelta terapeutica razionale, basata sulla valutazione del bilancio rischio/beneficio della terapia immuno- S26 soppressiva, deve tener conto dei fattori più strettamente correlati con la prognosi della malattia, che sono stati identificati nella severità e durata della proteinuria, nei valori iniziali di creatinina plasmatica, e nella severità del danno tubulointerstiziale e della sclerosi glomerulare alla biopsia renale. Sulla base di questi presupposti la terapia immunosoppressiva è controindicata nei pazienti senza SN in quanto essi sviluppano eccezionalmente un deterioramento della funzione renale e non sono esposti al rischio di complicanze della SN stessa. In questi casi è sufficiente l’uso di farmaci provvisti di effetto antiproteinurico come gli ACE-inibitori e gli antagonisti recettoriali dell’angiotensina. Al contrario, in presenza di SN vi è indicazione alla somministrazione di farmaci immunosoppressori. È ancora indefinito se un intervento terapeutico precoce è preferibile ad uno più tardivo; nei pazienti asintomatici la decisione terapeutica può esser supportata dalla osservazione di una proteinuria elevata persistente per oltre 6 mesi, mentre in presenza di SN severa e sintomatica la terapia va istituita precocemente. La tempestività dell’intervento ha lo scopo di prevenire sia l’insorgenza di complicanze della SN, che lo sviluppo di un deterioramento della funzione renale o di un severo danno tubulointerstiziale, condizioni che riducono le probabilità di risposta al trattamento e ne aumentano la tossicità. Il principale e più temuto limite con l’uso dei citotossici è il rischio oncogeno, che però è stato descritto con dosi cumulative medie di 7 g per il clorambucil e di 80 g per la ciclofosfamide, quindi decisamente superiori a quelle impiegate nello schema terapeutico di associazione. Di fatto, negli studi Italiani, la morbidità riportata con la terapia di associazione era inferiore al 10%, tuttora non sono stati riferiti casi di morte attribuibili all’immunosoppressione e non è stata segnalata un’aumentata incidenza di neoplasie (34). Il trattamento di 3 mesi con 0.2 mg/kg/die di clorambucil o con 2.0 mg/kg/die di ciclofosfamide può però esitare in azoospermia, per cui nel paziente giovane è Terapia della nefropatia membranosa idiopatica indicata la raccolta e conservazione del liquido seminale prima di iniziare la terapia. La considerazione del rapporto rischio/beneficio del trattamento assume importanza particolarmente rilevante in presenza di età avanzata e di insufficienza renale. Nel paziente di età superiore ai 65 anni, la terapia di associazione ottiene gli stessi risultati favorevoli descritti nei più giovani, ma comporta una incidenza decisamente superiore di tossicità iatrogena (51). Nell’anziano, pertanto, possono valere gli stessi orientamenti terapeutici del paziente di età inferiore, riducendo però il dosaggio del clorambucil e della ciclofosfamide, e praticando un accurato monitoraggio durante il trattamento. La presenza di insufficienza renale è un’altra condizione che aumenta sensibilmente l’incidenza e la severità degli effetti collaterali, che in alcuni studi della letteratura arrivano ad interessare il 100% dei pazienti. In aggiunta, l’efficacia della terapia diminuisce con l’aggravarsi del danno renale. Pertanto, la reale utilità del trattamento deve esser valutata sulla base dei valori di creatininemia, dell’aspetto ecografico dei reni e della severità delle lesioni istologiche in termini di alterazioni tubulointerstiziali e di sclerosi glomerulare (52). Anche in questo caso nei pazienti destinati al trattamento è richiesta una riduzione delle dosi dei farmaci impiegati. In presenza di controindicazioni allo schema di associazione, la somministrazione di ACTH 2 volte a settimana per un anno costituisce un trattamento alternativo, in quanto ottiene remissione della SN in elevata percentuale di pazienti ed è ben tollerato. La ciclosporina costituisce una ulteriore alternativa terapeutica, con particolare indicazione per i pazienti con SN severa, persistente dopo sospensione della terapia di associazione. La risposta ottimale alla ciclosporina richiede un trattamento di almeno un anno (53), al termine del quale la sospensione deve avvenire gradualmente (0.5 mg/kg/die al mese) per prevenire la comparsa di recidive della SN. Il principale limite del trattamento con ciclosporina è rappresentato dalla sua nefrotossicità, che tuttavia è un evento raro con somministrazioni giornaliere di circa 4 mg/kg/die, ed è insolito nei pazienti con funzione renale normale e in assenza di fibrosi interstiziale o sclerosi glomerulare estese. Infine, per quanto riguarda le proposte terapeutiche alternative a questi schemi più consolidati, rappresentate da micofenolato mofetile, tacrolimus e rituximab, non esistono ancora in letteratura dati sufficienti per stabilire un effettivo ruolo di questi agenti nel trattamento della NM. Applicabilità Non vi è motivo per ritenere che i dati ottenuti dall’esame degli RCT internazionali meritino una particolare rivalutazione per una loro applicazione ai pazienti Italiani con nefropatia membranosa idiopatica. D’altra parte gli studi principali sono costituiti da RCT multicentrici effettuati in Italia e, pertanto, le evidenze sopra riportate sono ovviamente applicabili ed utilizzabili nella nostra popolazione. Implicazioni per la ricerca Lo studio multicentrico Italiano del 1995 ha dimostrato che nei pazienti con NM e SN, la somministrazione di metilprednisolone alternato ai citotossici per 6 mesi, ottiene ottimi risultati, che si confermano anche nel lungo termine (29). L’utilizzo dei citotossici ha, tuttavia, suscitato pareri controversi, e ha stimolato la ricerca di nuovi schemi di trattamento. L’ACTH rappresenta una delle più recenti proposte terapeutiche alternative. La prima segnalazione dell’efficacia di questo agente nei pazienti con NM e SN risale ad uno studio non controllato del 1999 (54), che dimostrava che il trattamento con ACTH otteneva un significativo miglioramento del profilo lipoproteico, della proteinuria e della funzione renale. Questi primi risultati favorevoli sono stati successivamente confermati da un piccolo studio non controllato pubblicato nel 2004 (55), e da un RCT multicentrico Italiano del 2006 (45). Tali risultati, se confermati su casistiche più ampie e con periodi di osservazione più prolungati, potrebbero identificare in questo agente una valida alternativa terapeutica allo schema di associazione. Per tale motivo è stata proposta, a numerosi centri Nefrologici Italiani, la partecipazione alla estensione di questo studio, e appare questa la giusta occasione per rinnovare l’invito. Altre Linee Guida La letteratura Scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali. Le Linee Guida basate sulle evidenze purtroppo non sono molte, in quanto vi sono pochi RCT adeguatamente dimensionati. In Tabella V si accludono le raccomandazioni di due Linee Guida (56, 57). Indirizzo degli Autori: Dr.ssa Patrizia Passerini Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena U.O. di Nefrologia e Dialisi-Pad. Croff Via della Commenda, 15 20122 Milano e-mail: [email protected] S27 Terapia della nefropatia membranosa idiopatica Bibliografia 1. Row PG, Cameron JS, Turner DR, et al. Membranous Nephropathy. Long-term follow-up and association with neoplasia. 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Linee Guida sulle indicazioni ed esecuzione della biopsia renale percutanea e sulla terapia delle nefropatie glomerulari. G Ital Nefrol 2003; (Suppl. 24): S3-47. S29 Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S30-S49 Terapia delle glomerulonefriti Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA: Linea Guida C. Pozzi, C. Manno, P. Passerini, G.F.M. Strippoli, A. Lupo, P. Stratta, L. CagnoliBrescia, Brescia Immunosuppressive and non-immunosuppressive agents for patients with IgA nephropathy: guideline from the Italian Society of Nephrology Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In the present guideline, evidence of the use of immunosuppressive and non-immunosuppressive treatments in IgA nephropathy (IgAN) is presented. Methods. SR of RCT and RCT on treatment in patients with IgAN were identified referring to a Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update). Quality of SR and RCT was assessed according to current methodological standards. Results. Two SR of RCT (13 and 3 RCT, respectively), and 18 further RCT were available to address this issue. Methodological quality of available trials was suboptimal. In patients with IgAN and normal or mildly impaired renal function, steroids significantly delay the progression to end stage kidney disease (evidence from SR) and improve proteinuria. Associating steroids and cytotoxic agents (cyclophosphamide followed by oral azathioprine) proves effective in patients with rapidly progressive renal disease (evidence from RCT). Angiotensin converting enzyme inhibitors and angiotensin II receptor blockers significantly improve proteinuria (evidence from RCT), but there are no conclusive data on efficacy on hard patient level endpoints. There are no conclusive data available on the use of a therapy combining these agents. Conclusion. In IgAN patients current evidence supports the hypothesis that immunosuppressive agents delay the progression to end stage renal disease. Further studies are necessary to test this hypothesis in selected patient populations. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S30-49) KEY WORDS: Immunosuppressive agent, Non-immunosuppressive agents, IgA nephropathy PAROLE CHIAVE: Farmaci immunosoppressori, Farmaci non-immunosoppressori, Nefropatia da IgA LINEA GUIDA Nei pazienti affetti da glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA con funzione renale normale o lievemente ridotta vi è evidenza che la terapia con corticosteroidi (rispetto al non trattamento) è in grado di rallentare la progressione verso l’uremia terminale o “end stage renal disease” (ESRD) e il relativo trattamento sostitutivo con dialisi o trapianto renale e di ridurre stabilmente la proteinuria (livello di evidenza 1). Non è documentata l’efficacia degli steroidi nei pazienti con insufficienza renale avanzata. L’associazione ai corticosteroidi di agenti citotossici, quali la ciclofosfamide seguita dall’azatioprina per via orale, si è dimostrata efficace nei pazienti con rapida progressione del danno renale (livello 2). Non è stata ancora documentata l’efficacia di altri immunosoppressori, quali micofenolato mofetile e ciclosporina. La terapia con ACE-inibitori e antagonisti recettoriali dell’angiotensina è in grado di ridurre significativamente la proteinuria (livello 2), ma non vi sono dati conclusivi a lungo termine sulla progressione della malattia renale. Non è possibile formulare una raccomandazione sull’associazione tra queste due classi farmacologiche, in quanto mancano evidenze conclusive. La fluvastatina sembrerebbe in grado di rallentare la proteinuria (livello 2), mentre non vi sono dati sulla sua utilità nel rallentare la progressione del danno renale. Non vi sono evidenze sull’efficacia di altre terapie, quali acidi grassi omega 3, vitamina E e tonsillectomia. S30 © Società Italiana di Nefrologia Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA Premesse La glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA è la forma più comune di glomerulonefrite al mondo. La sua frequenza è più elevata in Asia (29%), rispetto ad altre aree geografiche (Australia 12%; Europa 10.7%, Nord America 5%). In Italia essa rappresenta circa il 20% delle diagnosi istologiche renali, con una incidenza di circa 11 nuovi casi per milione di abitanti (550 nuovi casi/anno). L’aspetto più caratteristico di questa glomerulonefrite è la deposizione a livello mesangiale della immunoglobulina A. Sembra dimostrato che l’esposizione a diversi antigeni possa indurre una produzione abnorme di IgA a livello delle mucose e del midollo. La presenza di alcune anomalie delle IgA prodotte, soprattutto una ridotta glicosilazione, favorisce la formazione di IgA polimeriche e di anticorpi anti-IgA, con successiva deposizione di questi immunocomplessi a livello mesangiale. La conseguente produzione di citochine, chemochine e fattori di crescita porta all’instaurarsi delle lesioni renali e della loro progressione verso l’insufficienza renale cronica. La storia naturale di questa glomerulonefrite è molto variabile: circa il 23% dei pazienti va in remissione (1), mentre il 60% presenta un quadro di insufficienza renale cronica (in trattamento dialitico nella metà dei casi) dopo 20 anni (2-5). Tra i fattori prognostici sfavorevoli presenti al momento della diagnosi i più importanti sono costituiti da: funzione renale ridotta, valori pressori elevati, proteinuria > 1 g/die e quadro istologico caratterizzato da importante sclerosi glomerulare e/o fibrosi interstiziale. I lavori della letteratura, pertanto, mostrano sopravvivenze renali a 10 anni molto diverse, comprese fra il 67 ed il 94%, a seconda del peso di questi fattori prognostici nelle singole casistiche (2, 6-10). Il registro dell’EDTA documenta che la glomerulonefrite a depositi di IgA rappresenta in Europa l’1.5% di tutte le cause che conducono all’uremia terminale o “end stage renal disease” (ESRD); in Italia l’incidenza di nuovi pazienti in un programma di trattamento sostitutivo è stata stimata attorno a 1.8 casi per milione di abitanti all’anno, e quindi circa 90/100 persone inizierebbero la dialisi ogni anno in Italia per questa nefropatia. I trattamenti messi in atto nel corso degli anni sono stati molteplici. Probabilmente nessuna glomerulonefrite ha registrato un maggior numero di tentativi terapeutici con risultati spesso discordanti. Negli ultimi anni sono state pubblicate diverse raccomandazioni (1, 11, 12); l’attenzione si è indirizzata soprattutto sulla terapia immunosoppressiva con corticosteroidi, agenti citotossici (ciclofosfamide, azatioprina, micofenolato mofetile) e ciclosporina, farmaci ad azione sul sistema reninaangiotensina (ACE-inibitori e antagonisti recettoriali dell’angiotensina II), acidi grassi omega 3, vitamina E, fluvastatina e tonsillectomia. Lo scopo di questa Linea Guida è quello di fornire delle raccomandazioni basate sulle evidenze di livello 1 e 2 circa la terapia dei pazienti affetti da glomerulonefrite a depositi di IgA. Strategie di ricerca bibliografica La ricerca è stata fatta utilizzando la stringa “Randomized controlled trials” (IgA Nephropathy, Glomerulonephritis IgA, Berger) in Medline, “International IgA Nephropathy Network”, e con il ricorso alla “Renal Health Library” (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più aggiornato elenco degli studi randomizzati e controllati prodotti in Nefrologia, Dialisi e Trapianto. Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline, Embase, da numerosi database di studi clinici e dalla ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di interesse nefrologico e nelle pagine di bibliografia di revisioni sistematiche di tipo Cochrane. Infine, la ricerca bibliografica è stata completata manualmente, facendo uso di riviste Scientifiche, Atti Congressuali ed altre Linee Guida. Evidenza disponibile Descrizione degli studi Grazie alla strategia di ricerca bibliografica sono state individuate e valutate una revisione sistematica Cochrane (13), comprendente 13 trials randomizzati e controllati (RCT) con quesito specifico sulla terapia immunosoppressiva con corticosteroidi e agenti citotossici/ciclosporina e una meta-analisi non Cochrane (14), comprendente 3 RCT e 2 non RCT con quesito sulla terapia con acidi grassi omega 3 (fish oil). Inoltre sono stati individuati altri 18 RCT non inclusi nella revisione Cochrane e nella metaanalisi non-Cochrane; tali studi valutavano altre terapie immunosoppressive (micofenolato mofetile), la terapia con farmaci inibenti il sistema renina-angiotensina (ACE-inibitori e antagonisti recettoriali dell’angiotensina) e altri farmaci, quali acidi grassi omega 3, fluvastatina, vitamina E, con un numero complessivo di 1623 pazienti (Tab. I). Revisione Cochrane. I corticosteroidi sono stati impiegati in 7 RCT (15-22), per un totale di 345 pazienti; 5 studi includevano anche pazienti con iniziale insufficienza renale ed uno studio solo pazienti con sindrome nefrosica; il disegno dello studio in una casistica pediatrica era di tipo crossover. Gli agenti citotossici (ciclofosfamide o azatioprina), in associazione ai corticosteroidi, sono stati impiegati in 5 RCT (23-27), per un totale di 259 pazienti; uno studio comprendeva pazienti con insufficienza renale progressiva. La ciclosporina è stata utilizzata in uno studio (28) comprendente 19 pazienti con funzione renale normale. Altre terapie immunosoppressive. Il micofenolato è S31 Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA stato impiegato in 4 RCT (29-32), per un totale di 168 pazienti; uno studio includeva pazienti con riduzione della funzione renale. Farmaci inibenti il sistema renina-angiotensina. Gli ACE-inibitori e gli antagonisti recettoriali dell’angiotensina sono stati impiegati in 8 RCT (33-40), per un totale di 374 pazienti; in 5 studi i pazienti arruolati avevano tutti una funzione renale normale, mentre in 3 erano inclusi anche pazienti con riduzione della funzione renale; il disegno era di tipo crossover in 2 studi. Altre terapie. Gli acidi grassi omega 3 sono stati utilizzati in 7 studi (41-47), per un totale di 373 pazienti; 3 studi comprendevano pazienti con funzione renale ridotta. Tre di questi studi (41, 44, 46) erano inclusi in una meta-analisi non-Cochrane (14). La vitamina E è stata impiegata in uno studio (48) comprendente 55 pazienti. La fluvastatina è stata utilizzata in uno studio (49) comprendente 30 pazienti pediatrici con funzione renale normale e lesioni istologiche modeste. Qualità degli studi. La qualità degli studi è stata definita in 32 RCT in base alla metodologia utilizzata dalla Cochrane (Tab. II), che prevede una valutazione del metodo di segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”), dell’utilizzo del cieco (“blinding”), dell’analisi per intenzione al trattamento (“intention-to-treat analysis”) e delle perdite al follow-up (“lost to follow-up”). Il metodo di randomizzazione è risultato adeguato soltanto in 4 RCT (32, 37, 38, 40). Sette studi sono stati condotti in doppio cieco (16, 32, 33, 37, 40, 44, 48). L’utilizzo dell’analisi per intenzione al trattamento era specificato da 10 Autori (21, 24, 26, 28, 32, 35, 37, 38, 46, 48). La percentuale di pazienti persi al follow-up era compresa fra 0 e 49%. Analisi statistica. I risultati dell’analisi statistica sono riportati come differenza pesata fra le medie [“weighted mean difference” (WMD)] con intervalli di confidenza (IC) al 95% per gli outcomes continui, quali proteinuria, creatininemia e filtrato glomerulare (Tab. III), come rischio relativo [“relative risk” (RR)] con IC al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici, quali ESRD, raddoppio o aumento del 50% della creatininemia di base (Tab. IV). Risultati Terapia immunosoppressiva (corticosteroidi da soli o in associazione con agenti citotossici/ciclosporina) La revisione sistematica Cochrane, pubblicata nel 2005 (13) ha valutato l’efficacia di tali farmaci in 13 RCT, che includevano un totale di 623 pazienti. I gruppi sperimentali usavano steroidi (7 RCT), agenti citotossici o ciclosporina (3 RCT) o associazione tra steroidi e agenti citotossici (3 RCT). Il confronto era effettuato con il placebo, con il non S32 trattamento o con warfarin/dipiridamolo. Non vi erano RCT che confrontavano direttamente gli steroidi con gli agenti citotossici. Gli Autori di questa revisione concludono che la terapia ottimale è incerta, in quanto gli RCT identificati erano piccoli, di qualità metodologica in genere non ottimale per quanto riguarda “allocation concealment”, “blinding”, “intention-to-treat analysis” e “lost to followup”. Nonostante queste limitazioni, i risultati ottenuti sembrano indicare l’utilità della terapia immunosoppressiva, e in particolare degli steroidi, per tutti gli outcomes considerati. Il trattamento con steroidi era associato ad una riduzione del rischio di progressione sia verso l’ESRD (RR 0.44; IC 95% da 0.25 a 0.80), che verso il raddoppio della creatininemia (RR 0.45; IC 95% da 0.29 a 0.69); inoltre era associato ad una riduzione della proteinuria (WMD -0.49 g/die; IC 95% da -0.72 a -0.25). L’associazione steroidi e citotossici non dimostrava effetti evidenti sul rischio di progressione verso l’ESRD (RR 0.59; IC 95% da 0.06 a 6.03); soltanto un RCT (26) mostrava una riduzione del rischio in pazienti selezionati sulla base di una rapida progressione del danno renale (RR 0.27; IC 95% da 0.11 a 0.66). La riduzione della proteinuria era invece evidente nel trattamento con citotossici o ciclosporina senza steroidi (WMD -0.94 g/die; IC 95% da -1.43 a -0.46). In definitiva, l’elevata mortalità renale (ESRD e raddoppio della creatininemia) dei pazienti non trattati sembra suggerire l’utilità di questa terapia nei pazienti ad alto rischio di progressione. Non è, invece, chiaro se vi siano benefici nel lungo termine (sono pochi gli studi con un follow-up adeguato), quando la terapia venga impiegata nelle fasi precoci della malattia. Inoltre, non è chiaro se il trattamento possa essere indicato nei pazienti a basso rischio di progressione. Terapia immunosoppressiva con micofenolato mofetile Il micofenolato mofetile è stato impiegato in 4 RCT pubblicati dal 2002 al 2005 (29-32), per un totale di 168 pazienti; uno studio includeva pazienti con riduzione della funzione renale. Gli studi disponibili non hanno ancora chiarito se il micofenolato sia in grado di ridurre significativamente la proteinuria; sembra, invece, documentata la sua inefficacia nel rallentare la progressione verso l’ESRD (livello 2). Terapia con ACE-inibitori e antagonisti recettoriali dell’angiotensina Sono stati pubblicati 8 RCT dal 1994 al 2005 sulla terapia con ACE-inibitori e antagonisti recettoriali dell’angiotensina (33-40). Gli studi dimostrano che questi farmaci sono in grado di ridurre significativamente la proteinuria; questo effetto è potenziato quando le due classi farmacologiche vengono impiegate in associazione e sembra permanere anche in presenza di una riduzione funzionale renale N. pazienti (età) Disegno dello studio RCT crossover RCT RCT RCT RCT RCT 20 bambini 35) (15-62 anni) Katafuchi R, 2003 (9) 103 (Review Cochrane) (20-45 anni) 86 (15-69 anni) Julian BA, 1993 (17) (Review Cochrane) Kobayashi Y, 1996 (18) 46 (Review Cochrane) (23-43 anni) 21 (15-55 anni) Welch TR, 1992 (16) (Review Cochrane) Pozzi C, 1999 (21) (Review Cochrane) Shoji T, 2000 (19) (Review Cochrane) RCT 34 (14-42 anni) Lai KN, 1986 (15) (Review Cochrane) Terapia immunosoppressiva: Corticosteroidi Autore ed anno Policentrico (Italia) Monocentrico, Fukuoka (Giappone) Monocentrico, Osaka (Giappone) Monocentrico, Kanagawa (Giappone) Policentrico (USA) Monocentrico, Cincinnati (USA) Policentrico (2 Centri), Hong Kong (Cina) Sede Proteinuria 1.0-3.5 g/die, creatininemia < 1.6 mg/dL Creatininemia < 1.6 mg/dL Proteinuria < 1.5 g/die, creatininemia < 1.5 mg/dL, proliferazione mesangiale > 50% dei glomeruli Proteinuria 1.0-2.0 g/, GFR > 70 mL/min, score istologico > 7 GFR > 25 mL/ min/1.73 m2 Creatininemia < 1.6 mg/dL, assenza di ipertensione Sindrome nefrosica Caratteristiche dei partecipanti TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI Metilprednisolone 3 boli ev ogni 2 mesi e prednisone 0.5 mg/kg/dì alterni per 6 mesi 43 pazienti Prednisolone 20-5 mg/die + Dipiridamolo 150-300 mg/die per 24 mesi 45 pazienti Prednisolone 0.8-0.4 mg/kg/die per 1 mese, poi 10 mg/dì alterni per 11 mesi 11 pazienti Prednisolone 40 mg/die per 4 mesi 20 pazienti Prednisone 60 mg/dì alterni per 3 mesi 17 pazienti Prednisone 2.0 mg/kg/die per 2 settimane, poi a dì alterni per 11 settimane Prednisolone 40-60 mg/die per 2 mesi, poi metà dose per 2 mesi 17 pazienti Intervento sperimentale 43 pazienti Nessuna terapia 48 pazienti Dipiridamolo 150-300 mg/die per 24 mesi 10 pazienti Dipiridamolo 300 mg/die per 12 mesi Nessun trattamento 26 pazienti Nessun trattamento 18 pazienti Placebo 17 pazienti Nessun trattamento Intervento di controllo 60 60 12 120 12 3 38 Follow-up (mesi) Commenti segue Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA S33 S34 Disegno dello studio RCT N. pazienti (età) 86 (15-69 anni) RCT RCT RCT RCT RCT 52 adulti 78 bambini 38 adulti 43 (13-63 anni) Walker RG, 1990 (23) (Review Cochrane) Yoshikawa N, 1999 (25) (Review Cochrane) Ballardie FW, 2002 (26) (Review Cochrane) Harmankaya O, 2002 (27) (Review Cochrane) Woo KT, 1987 (24) (Review Cochrane) 48 (15-35 anni) Terapia immunosoppressiva: Citotossici Pozzi C, 2004 (22) (Review Cochrane) Autore ed anno Monocentrico, Manchester (UK) Policentrico (Giappone) Policentrico (Italia) Sede Funzione renale normale Creatininemia > 1.5 mg/dL Proliferazione mesangiale in più dell’80% dei glomeruli Proteinuria 1.0-3.5 gr/die, creatininemia < 1.6 mg/dL Caratteristiche dei partecipanti TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue) 27 pazienti Nessun trattamento Nessuna terapia 43 pazienti Nessuna terapia Intervento di controllo Prednisolone 40 mg/die + Azatioprina 100 mg/die per 4 mesi 21 pazienti Prednisolone 40-10 mg/die per 6 anni + Ciclofosfamide 1.5 mg/kg/die per 3 mesi, poi Azatioprina 1.5 mg/kg/die per 2-6 anni 19 pazienti 22 pazienti Nessun trattamento 19 pazienti Nessun trattamento Prednisone Eparina, warfarin, 2 mg/kg/die per 4 dipiridamolo 5 settimane poi a mg/kg/die (per 2 anni) scalare, Azatioprina 2 mg/kg/die, eparina, warfarin, dipiridamolo 5 mg/kg/die (per 2 anni) 40 pazienti 38 pazienti Ciclofosfamide 1-2 mg/kg/die per 6 mesi + dipiridamolo e warfarin per 24 mesi 25 pazienti Ciclofosfamide 1.5 mg/kg/die per 6 mesi + dipiridamolo 300 mg/die per 36 mesi Metilprednisolone 3 boli ev ogni 2 mesi e prednisone 0.5 mg/kg/dì alterni per 6 mesi 43 pazienti Intervento sperimentale 60 24-72 24 24 120 Follow-up (mesi) segue Prosecuzione dello studio precedente (1999) Commenti Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA N. pazienti (età) 19 (24-58 anni) RCT (2:1 -MMF: placebo) RCT RCT 34 (Adulti) 40 (Adulti) 32 (Adulti) Maes BD, 2004 (30) Tang S, 2005 (31) Frisch G, 2005 (32) Maschio G, 1994 (33) 44 RCT crossover Sede Policentrico (Italia) Monocentrico, New York (USA) Policentrico (2 Centri), Hong Kong (Cina) Monocentrico, Leuven (Belgio) Monocentrico, Beijing (Cina) Monocentrico, Hong Kong (Cina) ACE-Inibitori e Antagonisti Recettoriali dell’Angiotensina RCT 62 (Adulti) Chen X, 2002 (29) (abstract) Terapia immunosoppressiva: Micofenolato Mofetile Lai KN, 1987 (28) (Review Cochran) RCT Disegno dello studio Terapia immunosoppressiva: Ciclosporina Autore ed anno Proteinuria 1.0-2.5 g/die, funzione renale normale e ipertensione assente Proteinuria ≥ 1.0 g/die in terapia con ACE-I o ARB, sesso maschile o ipertensione Proteinuria > 1.0 g/die dopo blocco completo del sistema reninaangitensina (ACE-I o ARB) Inulina clearance 20-70 mL/min, e/o proteinuria > 1.0 g/die e/o ipertensione arteriosa (PA ≥ 140/90 mmHg) Proteinuria > 2.0 g/die Creatininemia < 355 μmol/L Proteinuria > 1.5 g/die Caratteristiche dei partecipanti TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue) Fosinopril 20 mg/die per 4 mesi, poi placebo per 4 mesi Micofenolato mofetile 1 g/die per 52 settimane 17 pazienti Micofenolato mofetile 1.5-2.0 g/die per 24 settimane (20 pazienti) più ACE-I o ARB 20 pazienti Micofenolato mofetile 2 g/die per 36 mesi + ACE-I 21 pazienti Micofenolato 0.5-1.5 g/die per 18 mesi 31 pazienti Ciclosporina 5 mg/kg/die per 3 mesi 9 pazienti Intervento sperimentale Placebo per 4 mesi, poi fosinopril 20 mg/die per 4 mesi 15 pazienti Placebo per 52 settimane 20 pazienti Solo ACE-I o ARB 13 pazienti Placebo + ACE-I per 36 mesi Prednisone 0.8 mg/kg/die per 18 mesi 31 pazienti 10 pazienti Placebo Intervento di controllo 4 16 18 36 18 6 Follow-up (mesi) segue Valutazione degli effetti sulla proteinuria in corso dello studio Studio presentato solo come abstract Commenti Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA S35 S36 Disegno dello studio RCT RCT RCT crossover RCT RCT RCT N. pazienti (età) 20 41 10 (Adulti) 263 (Adulti) 44 (Adulti) 31 (Adulti) Remuzzi A, 1999 (34) Woo KT, 2000 (35) Russo D, 2001 (36) Nakao N, 2003 (37) Praga M, 2003 (38) Horita Y, 2004 (39) Autore ed anno Pressione arteriosa normale, Proteinuria 1-3 g/die, GFR > 90 mL/min Proteinuria > 1 g/die e/o funzione renale ridotta (creatininemia > 1.4 mg/dL) Proteinuria 0.5-4.0 g/die, creatininemia 0.9-2.4 mg/dL Caratteristiche dei partecipanti Monocentrico, Nagasaki (Giappone) Monocentrico, Madrid (Spagna) Proteinuria 0.35-0.76 g/die, GFR > 50 mL/min, pressione arteriosa normale Creatininemia )1.5 mg/dL, Proteinuria ≤ 0.5 g/die Monocentrico, Varie nefropatie croniche Showa (Giappone) (Glomerulonefrite a depositi di IgA 131 pazienti), creatininemia 1.5-4.5 mg/dL, proteinuria > 0.3 g/die Monocentrico, Napoli (Italia) Monocentrico, (Singapore) Policentrico (Italia) Sede Enalapril 20 mg/die per 28 giorni 11 pazienti Intervento sperimentale Irbesartan 100 mg/die per 28 giorni 9 pazienti Intervento di controllo Temocapril 1 mg/die + losartan 12.5 mg/die (11 pazienti) (Terapia di associazione) 23 pazienti Enalapril 5-40 mg/die Losartan 25-100 mg/die più trandolapril 1-3 mg/die (88 pazienti) (Terapia di associazione) Temocapril 1 mg/die (10 pazienti) o losartan 12.5 mg/die (10 pazienti) (Monoterapia) No ACE-I, (altri antipertensivi, se necessari) 21 pazienti Losartan 25-100 mg/die più placebo (89 pazienti), oppure trandolapril 1-3 mg/die più placebo (86 pazienti) (Monoterapia) Terapia combinata: Terapia singola: enalapril 10-20 mg losartan 50-100 mg più losartan 50-100 mg (4 settimane (4 settimane + + 4 settimane), 4 settimane) poi enalapril 10-20 mg (4 settimane + 4 settimane) Enalapril 5-10 mg Solo farmaci (8 pazienti) antiipertensivi Losartan 50-100 mg se necessari (8 pazienti), (non ACE-I/ATRA) Enalapril + (20 pazienti) Losartan (5 pazienti) per 13±5 mesi (21 pazienti) TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue) 6 76 36 2 13 1 Follow-up (mesi) segue Sono incluse varie nefropatie; la glomerulonefrite a depositi di IgA rappresenta il 50% dei pazienti arruolati Valutazione degli effetti della terapia sulla proteinuria in corso dello studio Valutazione degli effetti sulla proteinuria nel breve termine Commenti Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA RCT 57 (< 35 anni) Coppo R, 2005 (40) (abstract) RCT RCT RCT RCT RCT RCT 37 32 29 106 106 73 (Adulti) Bennet WM, 1989 (41) (Metanalisi Dillon) Pettersson EE, 1994 (42) (Metanalisi Dillon) Alexopoulos E, 2001 (43) (abstract) Donadio JV, 1994 (44) (Metanalisi Dillon) Donadio JV, 1999 (45) Donadio JV, 2001 (46) Acidi Grassi Omega 3 (Fish Oil) Disegno dello studio N. pazienti (età) Autore ed anno Policentrico (USA) Policentrico (USA) Policentrico (USA) Monocentrico, Thessaloniki (Grecia) Monocentrico, Stoccolma (Svezia) Monocentrico, Melbourne (Australia) Policentrico (Europa) Sede Strati per valori di creatininemia (1.5-2.9 e 3.0-4.5 mg/dL), per pregressa terapia con omega3 e con steroidi Proteinuria * 1.0 g/die, creatininemia ) 3.0 mg/dL Proteinuria * 1.0 g/die, creatininemia ) 3.0 mg/dL Non specificato Proteinuria > 0.5 g/die Creatininemia 0.12-0.40 mmol/L (gruppo A) o < 0.12 mmol/L (gruppo B) Proteinuria 1.0 -3.5 g/die, GFR > 50 mL/min Caratteristiche dei partecipanti TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue) Omega-3” 6.7 g/die per almeno 24 mesi 36 pazienti “Omega-3” 3 g/die per 24 mesi 55 pazienti Omega-3” 3 g/die per 24 mesi 55 pazienti Fish oil (Maxepa) 6-8 g/die 14 pazienti Omega-3” 5.5 g/die per 6 mesi 15 pazienti Acidi grassi “Omega-3” 3 g/die in ciascun gruppo per 24 mesi 17 pazienti (8 A e 9 B) Benazepril 0.2 mg/kg/die 23 pazienti Intervento sperimentale “Omega-3” 3.35 g/die per almeno 24 mesi 37 pazienti Placebo (olio d’oliva) 51 pazienti Placebo (olio d’oliva) 51 pazienti Terapia sintomatica 15 pazienti Placebo (corn oil) per 6 mesi 17 pazienti 20 pazienti (11 A e 9 B) Nessun trattamento 34 pazienti Placebo Intervento di controllo 40 72 24 58 6 24 44 Follow-up (mesi) segue Prosecuzione dello studio precedente (1994), con un certo “mescolamento” dei pazienti Pazienti stratificati in base a: proteinuria (1.03.5 g/die o > 3.0 g/die), creatininemia (< 1.2 o > 1.2 mg/dL), ipertensione arteriosa (sì/no) Risultati presentati solo come abstract Risultati presentati solo come abstract Commenti Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA S37 S38 Kano K, 2003 (49) 30 (Bambini) Altre terapie: Fluvastatina Chan JCM, 2003 (48) RCT RCT RCT 96 55 (Bambini) Disegno dello studio N. pazienti (età) Altre terapie: Vitamina E Hogg RJ, 2003 (47) (abstract) Autore ed anno Monocentrico, Tokigi (Giappone) Policentrico (USA) Policentrico (USA) Sede Proteinuria 0.5-2.0 g/die, lesioni istologiche modeste e colesterolemia normale Microematuria, GFR 20-100% dei valori normali per l’età (< 21 anni) GFR > 50 mL/min proteinuria (UP/Cr) > 0.5 Caratteristiche dei partecipanti TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (segue) Fluvastatina 20 mg/die e dipiridamolo 5 mg/die per 12 mesi 15 pazienti Vitamina E 400-800 IU per 24 mesi 27 pazienti A: prednisone 30-60 mg/m2/dì alterni B: Fish-oil 4.0 g/die per 24 mesi 65 pazienti Intervento sperimentale 15 pazienti Dipiridamolo 5 mg/die per 12 mesi 28 pazienti Placebo per 24 mesi 31 pazienti C: placebo per 24 mesi Intervento di controllo 12 24 24 Follow-up (mesi) I risultati (presentati solo come abstract) riguardano i 70 pazienti (73%), che hanno terminato lo studio Commenti Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA Metodo di segretezza della randomizzazione Non chiaro Non chiaro Non chiaro Inadeguato Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Adeguato Kano K, 2003 (49) Altre terapie: Fluvastatina Chan JCM, 2003 (48) Altre terapie: Vitamina E Bennet WM, 1989 (41) Pettersson EE, 1994 (42) Alexopoulos E, 2001 (43) Donadio JV, 1994 e 1999 (44, 45) Donadio JV, 2001 (46) Acidi Grassi Omega 3 (Fish oil) Maschio G, 1994 (33) Remuzzi A, 1999 (34) Woo KT, 2000 (35) Russo D, 2001 (36) Nakao N, 2003 (37) Praga M, 2003 (38) Horita Y, 2004 (39) Coppo R, 2005 (40) Non riportato Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Adeguato Adeguato Non chiaro Adeguato ACE Inibitori e Antagonisti Recettoriali dell’Angiotensina Chen X, 2002 (29) Maes BD, 2004 (30) Tang S, 2005 (31) Frisch G, 2005 (32) Terapia immunosoppressiva: Micofenolato Mofetile Lai KN, 1987 (28) Terapia immunosoppressiva: Ciclosporina Woo KT, 1987 (24) Walker RG, 1990 (23) Yoshikawa N, 1999 (25) Ballardie FW, 2002 (26) Harmankaya O, 2002 (27) Terapia immunosoppressiva: Citotossici Lai KN, 1986 (15) Welch TR, 1992 (16) Julian BA, 1993 (17) Kobayashi Y, 1996 (18) Shoji T, 2000 (19) Katafuchi R, 2003 (20) Pozzi C, 1999 e 2004 (21, 22) Terapia immunosoppressiva: Corticosteroidi Autore ed anno Non riportato Sì No Sì No Sì No Sì Sì Non riportato No Sì No No Sì No Sì No Sì Sì No No No No No No Sì No No No No No Pazienti TABELLA II - QUALITÀ DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI Non riportato Sì No Non chiaro No Sì No Sì Non chiaro Non riportato No Sì No No Sì No No No Sì No No No No No No No Sì No No No No No Blinding Ricercatori Non riportato Sì No Non chiaro No Sì No Non chiaro Non chiaro Non riportato No Sì No No Sì No No No Sì No No No No Sì No No No No No No No No Valutatori degli outcomes Non riportato Non riportato Non riportato Non riportato Non riportato Non riportato Sì Non riportato Non riportato Non riportato No Sì Sì Non riportato Non riportato Non riportato Non riportato Sì Sì Sì Sì Sì Non chiaro Sì No No Non chiaro No No No No Sì Utilizzo analisi per intenzione al trattamento 0 0 0 0 0 Non riportate 3 11 0 0 0 3 11 0 0 0 0 0 0 0 0 1.9 5.1 0 0 0 15 5.7 49 9 14.4 3.5 Perdite al follow-up (%) Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA S39 Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA (livello 2). Nel breve termine questi farmaci sembrano rallentare la progressione verso l’ESRD; non vi sono dati a lungo termine. Terapia con omega 3 La meta-analisi di Dillon, pubblicata nel 1997 (14), ha valutato l’efficacia degli acidi grassi omega 3 in 5 studi, 3 dei quali RCT. L’Autore di questa revisione conclude che l’efficacia degli omega 3 è dubbia, dal momento che 3 dei 5 lavori non mostrano nessun beneficio. L’efficacia maggiore sulla sopravvivenza renale sembra osservarsi nei pazienti con proteinuria più elevata. Per giungere a conclusioni più sicure, l’Autore indica la necessità di ulteriori studi randomizzati, con casistiche più numerose e comprendenti pazienti con proteinuria più severa e terapia protratta per almeno 2 anni. Altre terapie Vitamina E: è stato pubblicato nel 2003 un RCT (48); la vitamina E non sembra in grado di ridurre significativamente la proteinuria; non vi sono dati circa la sua utilità nel rallentare la progressione verso l’ESRD. Fluvastatina: è stato pubblicato nel 2000 un RCT (49); la fluvastatina potrebbe ridurre la proteinuria nel breve termine; non vi sono dati circa la sua utilità nel rallentare la progressione verso l’ESRD. Tonsillectomia: non vi sono RCT che ne documentino l’utilità. Commenti Per quanto riguarda i singoli outcome valutati, si possono avanzare le seguenti osservazioni: 1. Outcome primario End stage renal disease. Essendo la glomerulonefrite a depositi di IgA una malattia renale a lenta progressione questo outcome può essere valutato solo se le casistiche hanno un follow-up lungo. Le casistiche della letteratura che mostrano la storia “naturale” di questa glomerulonefrite presentano valutazioni con follow-up di almeno 10 anni. Casistiche con un periodo di osservazione troppo breve non consentono di esprimere una valutazione certa. Dei lavori considerati, 16 hanno valutato questo outcome, ma solo 2 hanno il follow-up di 10 anni (18, 22) ed uno il follow-up di 5 anni (20); tutti gli altri studi hanno il followup di 12-36 mesi, e pertanto non forniscono indicazioni utili. L’evidenza disponibile dimostra che soprattutto la terapia con dosi medio/alte di steroidi è efficace su questo outcome. 2. Outcome secondari a) Raddoppio della creatininemia. Questo outcome consente di valutare l’efficacia di una terapia sul peggioramen- S40 to della funzione renale in un tempo inferiore verso l’ESRD; in ogni caso, la lenta progressione di malattia impedisce considerazioni valide in un periodo inferiore a 5 anni. Dei lavori considerati, 6 (tutti con corticosteroidi) hanno valutato questo outcome, ma solo 2 hanno il followup di 10 anni (18, 22), ed uno il follow-up di 5 anni (20); dei 3 restanti (15, 17, 19) due non sono valutabili per mancanza di endpoints. L’evidenza disponibile dimostra l’efficacia degli steroidi su questo outcome. b) Aumento del 50% della creatininemia. Questo outcome viene impiegato per valutare l’efficacia di un trattamento sperimentale in tempi relativamente brevi, soprattutto quando vengono confrontati due trattamenti farmacologici differenti, con un’attesa di variazioni funzionali renali modeste nel breve periodo. Tuttavia, la possibilità di una certa variabilità della creatininemia, rende debole ed incerto il significato di questo outcome, soprattutto se la numerosità del campione è scarsa. Dei lavori considerati, solo 5 hanno valutato questo outcome in un follow-up di 16/76 mesi (22, 30, 32, 38, 44). L’evidenza disponibile su questo outcome è scarsa e, quindi, di difficile valutazione. c) Differenza nei valori di creatininemia a fine trattamento. Questo outcome non dicotomico viene impiegato per valutare variazioni della funzione renale al termine di un trattamento. È un dato di rilevanza modesta, perché non si sa se quanto osservato a fine trattamento sia predittivo di un comportamento analogo nel lungo termine. Talvolta, infatti, l’efficacia di una terapia può rendersi più evidente dopo la sospensione del trattamento. Dei lavori considerati, 14 hanno valutato questo outcome (15, 19, 20, 22-24, 28, 30, 32, 39, 42-44, 49). L’evidenza disponibile è scarsa. d) Differenza fra i valori di proteinuria nei due gruppi a fine trattamento. Lo scopo è simile a quello del punto precedente. Dei lavori considerati, 21 hanno valutato questo outcome (17, 19-26, 28, 30-33, 36, 38, 39, 42, 43, 48, 49). L’evidenza disponibile dimostra che quasi tutti i provvedimenti terapeutici, ad eccezione del micofenolato, sembrano efficaci nel ridurre la proteinuria. e) Variazioni della proteinuria all’interno di ognuno dei due gruppi. Questo outcome serve a valutare l’efficacia immediata di un trattamento sperimentale rispetto ad altre strategie di confronto. L’ipotesi è che la riduzione della proteinuria possa rappresentare un rischio diminuito di progressione verso l’ESRD. Dei lavori considerati, 15 hanno valutato questo outcome (16, 17, 21, 23-26, 34, 36, 37, 41, 43, 44, 48, 49). L’evidenza disponibile dimostra che la terapia immunosoppressiva (corticosteroidi e citotossici) e gli ACE-inibitori/antagonisti recettoriali dell’angiotensina risultano efficaci nel ridurre la proteinuria. In particolare, l’associazione ACE-inibitori + antagonisti recettoriali dell’angiotensina appare più efficace dell’impiego di una sola classe farmacologia; in uno studio l’efficacia di questi farmaci sembra venir meno in presenza di riduzione funzionale renale (24). Outcomes Proteinuria a 12 mesi (variazione) Proteinuria a fine trattamento GFR a fine trattamento Proteinuria a fine trattamento Creatininemia a fine trattamento GFR a fine trattamento Proteinuria a fine trattamento Creatininemia a fine trattamento Proteinuria a fine trattamento (variazione) Creatininemia a fine trattamento GFR a fine trattamento Proteinuria mediana nel FU (10 anni) Julian BA, 1993 (17) Kobayashi Y, 1996 (18) (Kobayashi, 1996) Shoji T, 2000 (19) (Shoji, 2000) (Shoji, 2000) Katafuchi R, 2003 (20) (Katafuchi C, 2003) Pozzi C, 1999 (21) Ballardie FW, 2002 (26) Proteinuria a 36 mesi (variazione) GFR a fine trattamento Proteinuria a fine trattamento (e variazione) Yoshikawa N, 1999 (25) (Yoshikawa, 1999) Proteinuria a fine trattamento (e variazione) Creatininemia a fine trattamento (Walker, 1990) Walker RG, 1990 (23) Terapia immunosoppressiva: Citotossici (Pozzi, 1999) (Pozzi, 1999) Pozzi C, 2004 (22) Creatininemia a fine trattamento GFR a fine trattamento Proteinuria a fine trattamento (variazione) Proteinuria a fine trattamento (Lai, 1986) (Lai, 1986) Welch TR, 1992 (16) Lai KN, 1986 (15) Terapia immunosoppressiva: Corticosteroidi Autore ed anno 25 pazienti 0.12 (0.1) mmol/L 25 pazienti 1.15 (0.31) g/die (-0.53 g/die) 40 pazienti 0.22 (0.31) g/die (-1.13 g/die) 40 pazienti 147 (33) mL/min 19 pazienti 1.85 (0.31) g/die (-2.05 g/die) 17 pazienti 2.30 (2.20) 1.4 (0.87) 74.1 (24.1) mL/min 20 pazienti (crossover) 0.60 mg/ora (-0.07) 17 pazienti 1.3 ± 0.3 g/die (-2.2 g/die) 0.80 (0.50) g/die 54 (35) mL/min 11 pazienti 0.29 (0.23) 0.76 (0.16) mg/dL 110 (26) mL/min 43 pazienti 1.13 (1.35) g/die 0.98 (0.65) mg/dL 43 pazienti 1.0 g/die (-1.0) 1.2 (0.51) mg/dL 95 (28) mL/min 43 pazienti 0.80 (0.6-1.3) g/die Gruppo di intervento (numero di pazienti, media, deviazione standard) 27 pazienti 0.13 (0.1) mmol/L 27 pazienti 1.89 (0.45) g/die (+0.13 g/die) 38 pazienti 0.88 (0.99) g/die (-0.1 g/die) 38 pazienti 145 (44) mL/min 19 pazienti 4.17 ( 2.8) g/die (-0.4 g/die) 17 pazienti 3.30 (2.10) 1.47 (0.62) 64.6 (20.9) mL/min 20 pazienti (crossover) 0.52 mg/ora (+ 0.17) 18 pazienti 1.8 ± 0.7 g/die (-1.4 g/die) 1.50 (1.30) g/die 20 (29) mL/min 10 pazienti 0.71 (0.39) 0.76 (0.24) mg/dL 107 (22) mL/min 47 pazienti 1.39 (1.99) g/die 1.00 (0.39) mg/dL 43 pazienti 1.5 g/die (-0.3) 1.74 (0.62) mg/dL 71 (21) mL/min 43 pazienti 1.70 (1.1 - 3.0) g/die Gruppo di controllo (numero di pazienti, media, deviazione standard) TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (VARIABILI CONTINUE) -2.32 (da -3.59 a -1.05) 2.0 (da -15.3 a 19.3) -0.66 (da -0.99 a -0.33) -0.74 (da -0.95 a -0.53) -0.01 (da -0.06 a 0.04) -0.9 -0.50 (da -0.81 a -0.19) -0.54 (da -0.78 a -0.30) 24 (da 8 a 39) -0.08 (da -0.78 a 0.62) -0.02 (da -0.25 a 0.21) 3 (da -19 a 24) -0.42 (da -0.72 a -0.12) -0.70 (da -1.25 a -0.15) 34 (da 15 a 52) -0.50 (da -0.85 a -0.15) 0.08 -1.0 (da -2.45 a 0.45) -0.07 (da -0.58 a 0.44) 9.5 (da -5.7 a 24.7) Differenza pesata tra le medie (intervallo di confidenza 95%) segue Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA S41 S42 9 pazienti 1.1 g/die (2.7 g/die dopo 24 settimane) 9 pazienti 0.7 mg/dL Creatininemia a fine trattamento (12 settimane) Gruppo di intervento (numero di pazienti, media, deviazione standard) Proteinuria a fine trattamento (12 settimane) Outcomes (Woo, 2000) Woo KT, 2000 (35) Remuzzi A, 1999 (34) Maschio G, 1994 (33) Creatininemia a fine trattamento (e variazione) Proteinuria a fine trattamento (e variazione) Proteinuria nel corso dello studio (studio crossover) Proteinuria a fine trattamento (e variazione) ACE-Inibitori e Antagonisti Recettoriali dell’angiotensina (Frisch, 2005) Frisch G, 2005 (32) Tang S, 2005 (31) (Maes, 2004) 44 pazienti (crossover) 1.37 (0.98) g/die 11 pazienti 0.72 (0.39) g/die (-0.72 g/die) 1.7 (1.1) g/die (-0.5) Responders: 0.7 (0.5) g/die Non Responders: 2.8 (1.7) g/die 2.0 (0.8) mg/dL (0) Responders: 1.5 (0.6) mg/dL Non Responders: 2.5 (1.6) mg/dL 21 pazienti 60 (7) mL/min 21 pazienti 1.72 (0.35) mg/dL 21 pazienti 1.6 (0.6) g/die 20 pazienti 1.14 (0.23) g/die 17 pazienti 4.0 (2.9) mg/dL 17 pazienti 2.7 (2.3) g/die Inulina clearance a 3 anni Creatininemia a 3 anni Proteinuria 3 anni Proteinuria nel follow-up di 18 mesi Creatininemia a 16 mesi Proteinuria a 16 mesi Maes BD, 2004 (30) (Maes, 2004) 31 pazienti Dati non riportati Proteinuria nel follow-up Chen X, 2002 (29) Terapia immunosoppressiva: Micofenolato Mofetile (Lai, 1987) Lai KN, 1987 (28) Terapia immunosoppressiva: Ciclosporina Autore ed anno 2.3 (1.1) mg/dL (+0.5) 44 pazienti (crossover) 1.79 (1.20) g/die 9 pazienti 1.54 (1.46) g/die (-0.94 g/die) 2.9 (1.8) g/die (+0.8) 13 pazienti 67 (7) mL/min 13 pazienti 1.48 (0.16) mg/dL 13 pazienti 1.0 (0.6) g/die 20 pazienti 2.40 (0.40) g/die 15 pazienti 3.0 (1.8) mg/dL 15 pazienti 2.5 (0.4 - 5.9) g/die 31 pazienti Dati non riportati 10 pazienti 0.6 mg/dL 10 pazienti 2.2 g/die (2.5 g/die dopo 24 settimane) Gruppo di controllo (numero di pazienti, media, deviazione standard) TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (VARIABILI CONTINUE) (segue) (segue) -0.3 (da -0.89 a 0.29) Risposta assente nei pazienti con ridotta funzione renale -1.2 (da -2.12 a -0.20) Risposta assente nei pazienti con ridotta funzione renale -0.82 (da -1.80 1 0.16) -0.42 (da -0.88 a 0.01) 0.2 1.00 (da -0.6 a 2.6) -1.26 (da -1.40 a -1.06) 0.60 (da 0.18 a 1.02) 0.24 (da 0.07 a 0.41) -7.0 ( da -11.84 a -2.16) Viene riportato un calo della proteinuria maggiore nel gruppo con MMF (p<0.01) -1.1 Rebound della proteinuria dopo la sospensione della ciclosporina Trattati a 24 mesi: 2.3 g/die Controlli a 24 mesi: 2.2 g/die 0.1 Differenza pesata tra le medie (intervallo di confidenza 95%) Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA 10 pazienti E + L dose bassa: -0.84 g/die E + L dose doppia: -0.99 g/die L + T 88 pazienti -75.6% 23 pazienti (FU 78 mesi) 0.9 (1.0) g/die Temocapril + Losartan: 11 pazienti 0.28 (0.20) g/die Variazione della proteinuria nel corso dello studio Variazione della proteinuria a 3 anni Proteinuria a 7 anni Proteinuria a fine trattamento (Russo, 2001) Nakao N, 2003 (37) Horita Y, 2004 (39) (Petterson, 1994) (Petterson, 1994) Proteinuria a fine trattamento Creatininemia a fine trattamento GFR a fine trattamento GFR a fine terapia (e variazione) (Bennet, 1989) Pettersson EE, 1994 (42) Variazione della proteinuria a fine terapia (Bennet, 1989) Bennet WM, 1989 (41) Variazione della creatininemia a fine terapia GFR a fine trattamento (Horita, 2004) Acidi Grassi Omega 3 (Fish oil) Creatininemia a fine trattamento (Horita, 2004) Praga M, 2003 (38) Strato A (8 pazienti): 0.19 (0.05) mmol/L Strato B (9 pazienti): 0.01 (0.01) mmol/L StratoA (8 pazienti): -1.1 (0.8) g/die Strato B (9 pazienti): 0.02 (0.3) g/die 17 pazienti 57 (17) mL/min (-23 mL/min) 15 pazienti 1.57 (0.4) mg/dL 15 pazienti 79 (25) mL/min 15 pazienti 1.7 (0.9) g/die 11 pazienti 0.91 (0.23) mg/dL 11 pazienti 85.7 (29) mL/mini 10 pazienti (crossover) E + L dose bassa: 0.72 (0.14) g/die E + L dose doppia: 0.57 (0.12) g/die Proteinuria nel corso dello studio (studio crossover) Russo D, 2001 (36) Gruppo di intervento (numero di pazienti, media, deviazione standard) Outcomes Autore ed anno Strato B (9 pazienti): 0.07 (0.06) mmol/L Strato A (11 pazienti): 0.22 (0.03) mmol/L Strato A (11 pazienti): -1.2 (0.6) g/die Gruppo B (9 pazienti): 0.23 (0.3) g/die 20 pazienti 55 (14) mL/min (-21 mL/min) 7 pazienti 1.36 (0.4) mg/dL 17 pazienti 99 (37) mL/min 17 pazienti 1.8 (1.2) g/die T 0.89 (0.22) mg/dL: 10 pazienti L 0.2 (0.23) mg/dL: 10 pazienti T 87.5 (18) mL/min: 10 pazienti L 85.8 (21) mL/min: 10 pazienti 10 pazienti Enalapril: -0.58 g/die Losartan: -0.55 g/die L 89 pazienti: -42.1% T 86 pazienti: -44.3% 21 pazienti (FU 74 mesi) 1.7 (0.8) g/die T 0.44 (0.31) g/die: 10 pazienti L 0.55 (0.38) g/die: 10 pazienti 10 pazienti (crossover) Enalapri: 0.98 (0.14) g/die Losartan: 1.01 (0.14) g/die Gruppo di controllo (numero di pazienti, media, deviazione standard) TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (VARIABILI CONTINUE) (segue) -0.1 (da -0.8 a 0.6) -20.0 (da -41.7 a 1.7) 0.21 (da -0.15 a 0.57) 2.0 (da -8.1 a 12.1) Strato A -0.1 Strato B -0.21 Strato A -0.3 Strato B 0.06 -0.8 (da -1.33 a -0.27) T + L vs T: -0.16 (da -0.39 a 0.07) T + L vs L: -0.27 (da -0.53 a -0.01) T + L vs T: 0.02 (da -0.17 a 0.21) T + L vs L: -0.01 (da -0.21 a 0.19) T + L vs T: -1.8 (da -22.3 a 18.6) T + L vs L: -0.1 (da -21.6 a 21.4) Maggior variazione col trattamento sperimentale Maggior variazione col trattamento sperimentale E + L (dose bassa) vs E: -0.26 (da -0.38 a .-0.14) E + L (dose bassa) vs L: -0.29 (da -0.41 a -0.17) E + L (dose doppia) vs E: -0.41 (da -0.52 a -0.30) E + L (dose doppia) vs L: -0.44 (da -0.55 a -0.33) Differenza pesata tra le medie (intervallo di confidenza 95%) segue Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA S43 S44 (Kano, 2003) (Kano, 2003) Kano K, 2003 (49) Altre Terapie: Fluvastatina (Chan, 2003) Chan JCM, 2003 (48) Altre Terapie: Vitamina E (Donadio, 2001) Creatininemia a fine trattamento (e variazione) GFR a fine studio (e variazione) Proteinuria a fine studio (e variazione) GFR a fine studio (e variazione) Proteinuria a fine trattamento (e variazione) Slope annuo del reciproco della creatininemia Proteinuria Donadio JV, 2001 (46) (Donadio, 1994) Variazione annua della creatininemia Variazione annua della proteinuria 15 pazienti 0.5 (0.4) g/die (-0.8) 0.47 (0.14) mg/dL (-0.06) 133.1 (14.9) mL/min (25.2) 28 pazienti Pr/Cr 0.24 (0.38) mg/mg (-0.07) 28 pazienti 127 (50) mL/min (+11 mL/min) 37 pazienti -0.10 mg/dL per anno 14 pazienti 2.3 (0.2) mg/dL 14 pazienti 0.6 (-1.5) g/die 55 pazienti 0.03 mg/dL 55 pazienti -0.23 g/die (15%) FU 12 mesi: 32 pazienti 1.38 g/die FU 24 mesi: 26 pazienti 1.69 g/die Creatininemia Proteinuria Gruppo di intervento (numero di pazienti, media, deviazione standard) Outcomes Donadio JV, 1994 (44) (Alexopoulos) Alexopoulos E, 2002 (43) Autore ed anno 15 pazienti 0.8 (0.6) g/die (-0.4) 0.55 (0.12) mg/dL 0.04) 110.5 (15.2) mL/min (-2.7) 27 pazienti Pr/Cr 0.61 (1.37) mg/mg (+0.09) 27 pazienti 112 (31) mL/min (+6 mL/min) 36 pazienti -0.08 mg/dL per anno 15 pazienti 6.2 (3.4) mg/dL 15 pazienti 0.9 (0.8) g/die 51 pazienti 0.14 mg/dL 51 pazienti -0.10 g/die (7%) FU 12 mesi: 32 pazienti 1.32 g/die FU 24 mesi: 28 pazienti 1.16 g/die Gruppo di controllo (numero di pazienti, media, deviazione standard) TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (VARIABILI CONTINUE) (segue) 15.0 -0.8 (da -0.17 a 0.01) -0.3 (da -0.66 a 0.06) 15 (da -6.90 a 36.90) -0.37 (da -0.91 a 0.17) +0.02 0.53 (24 mesi) 0.06 (12 mesi) 0.13 -0.11 -0.3 (da -1.18 a 0.58) -3.9 (da -5.6 a -2.2) Differenza pesata tra le medie (intervallo di confidenza 95%) Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA Outcomes Frisch G, 2005 (32) (Frisch, 2005) (Frisch, 2005) (Frisch, 2005) Tang S, 2005 (31) (Maes, 2004) (Maes, 2004) Maes BD, 2004 (30) Mortalità renale a 3 anni (inulina clearance -25%) Sopravvivenza dall’ESRD a 3 anni Creatininemia +50% a 3 anni Remissione Completa (< 0.3 gr/die) o Parziale (-50%) della proteinuria a 18 mesi Creatininemia +50% a 16 mesi Creatininemia +0.5 mg/dL ESRD a 16 mesi Proteinuria -50% a 16 mesi Terapia immunosoppressiva: Micofenolato Mofetile Walker RG, 1990 (23) Mortalità renale (ESRD) a 5 anni Yoshikawa N, 1999 (25) Comparsa di IRC (Yoshikawa, 1999) Glomeruli con sclerosi a fine trattamento (e variazione) Ballardie FW, 2002 (26) Sopravvivenza renale (senza ESRD) a 3 anni Harmankaya O, 2002 (27) Mortalità renale (ESRD) Terapia immunosoppressiva: Citotossici Lai KN, 1986 (15) Mortalità renale (ESRD) (Lai, 1986) Raddoppio della creatininemia Julian BA, 1993 (17) Mortalità renale (ESRD) Kobayashi Y, 1996 (18) Mortalità renale (ESRD) (Kobayashi, 1996) Raddoppio della creatininemia Shoji T, 2000 (19) Mortalità renale (ESRD) (Shoji, 2000) Raddoppio della creatininemia Katafuchi R, 2003 (20) Mortalità renale (ESRD) (Katafuchi, 2003) Raddoppio della creatininemia Pozzi C, 1999 (21) Mortalità renale (ESRD) a 5 anni (Pozzi, 1999) Aumento 50% della creatininemia (5 a) Pozzi C, 2004 (22) Mortalità renale a 10 anni (Pozzi, 2004) Raddoppio della creatininemia (10 a) Terapia immunosoppressiva: Corticosteroidi Autore ed anno 12/13 (92%) 0/13 RC: 1/20 (5%) RP: 5/20 (25%) 2/15 (13%) 7/15 (47%) 2/15 (13%) 2/15 (13%) 19/21 (89%) 3/21 (14%) RC: 4/20 (20%) RP: 12/20 (60%) 5/17 (29%) 10/17 (59%) 5/17 (29%) 3/17 (18%) Controlli: 22 pazienti 0/22 St + Aza: 21 pazienti 1/20 (5%) 2/13 (15%) 47% 82% 7/21 (33%) 2/27 (7%) 1/38 (3%) 16.5% (+12.5%) 0/17 0/17 2/17 (12%) 17/26 (66%) 31/49 (63%) 0/8 0/8 3/47 (6%) 3/47 (6%) 3/43 (17%) 23/43 (53%) 5/43 (12%) 13/43 (30%) Gruppo di controllo (numero di pazienti con evento/numero totale di pazienti in quel gruppo) 1/25 (4%) 0/40 5.2% (-0.2%) 0/17 0/17 1/18 (5%) 4/20 (20%) 7/28 (25%) 0/11 0/11 3/43 (7%) 3/43 (7%) 0/43 10/43 (39%) 1/43 (2%) 1/43 (2%) Gruppo di intervento (numero di pazienti con evento/numero totale di pazienti in quel gruppo) TABELLA IV - RISULTATI DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE) 2.2 (da 0.44 a 11.9) 1.2 (da 0.71 a 5.40) 2.2 (da 0.48 a 12.8) 1.3 (da 0.20 a 7.2) 4.0 (da 0.49 a 32.72) 2.4 (da 1.04 a 5.55) 4.45 (da 0.25 a 79.87) 0.98 (da 0.79 a 1.21) 2.17 (da 0.53 a 8.88) 3.29 (da 0.14 a 76.33) 0.54 (da 0.05 a 5.59) 0.32 (da 0.01 a 7.55) Non stimabile Non stimabile 0.47 (da 0.05 a 4.74) 0.31 (da 0.12 a 0.77) 0.40 (da 0.20 a 0.78) Non stimabile Non stimabile 1.09 (da 0.23 a 5.13) 1.09 (da 0.23 a 5.13) 0.14 (da 0.01 a 2.68) 0.43 (da 0.24 a 0.80) 0.20 (da 0.02 a 1.64) 0.08 (da 0.01 a 0.56) Rischio relativo (intervallo di confidenza 95%) 16 12 16 5 15 35 14 -3 18 -5 -3 -3 -11.3 1 1 -7 -14 -10 -28 -7 -46 -38 segue Differenza di rischio (%) Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA S45 S46 Outcomes Chan JCM, 2003 (48) Altre terapie: Vitamina E Hogg RJ, 2003 (47) (Donadio, 1994) Donadio JV, 1999 (45) Donadio JV, 2001 (46) ESRD a 24 mesi Progressione della insufficienza renale Mortalità renale (ESRD) Creatininemia +50% a 2 anni Mortalità renale (ESRD) a 8 anni Creatininemia +50% a 8 anni Sopravvivenza renale dall’ESRD Alexopoulos E, 2001 (43) Donadio JV, 1994 (44) Mortalità renale (ESRD) Bennet WM, 1989 (41) Acidi Grassi Omega 3 (Fish oil) 0/28 0/27 C: 4/31 (13%) 19/51 (37%) 29/51 (56%) a 2 anni: 32/37 (86%) a 3 anni: 27/37 (73%) 8/55 (14%) 17/55 (31%) a 2 anni: 29/36 (80%) a 3 anni: 27/36 (76%) A: 2/33 (6%) B: 8/32 (25%) 14/44 (27%) 3/51 (5%) 82.1% (Coppo, 2005) 2/20 (10%) 7/15 (47%) 13.0% 3/21 (13%) 1/23 (4.8%) 0 19.2% 2/17 (12%) 1/14 (7%) 11/21 (52%) 5/34 (33%) 22.7% 0 3/23 (13%) Mortalità renale a 7 anni (creatininemia +50%) Creatininemia > 1.5 mg/dL Riduzione del GFR di almeno il 30% Sviluppo di sindrome nefrosica Remissione completa (proteinuria < 160 mg/die) Remissione parziale (proteinuria < 0.5 gr/die) Praga M, 2003 (38) (Praga, 2003) Coppo R, 2005 (40) (Coppo, 2005) (Coppo, 2005) 12/21 (57%) 10/85 (11%) 20/86 (23%) (losartan) 20/85 (23%) (trandolapril) 0.18 (da 0.05 a 0.63) 0.15 (da 0.02 a 1.09) 1.1 (da 0.18 a 7.48) 0.27 (da 0.09 a 0.84) 0.30 (da 0.04 a 2.37) L + T vs L: 0.40 (da 0.17 a 0.69) L + T vs T: 0.38 (da 0.18 a 0.63) 0.23 (da 0.07 a 0.70) Rischio relativo (intervallo di confidenza 95%) Non stimabile -19 -7 12 -23 -25 -6 -3 -22 -40 2 -69.1 -39 -28.2 -22.7 -19.2 -12 -44 -12 Differenza di rischio (%) 0.39 (da 0.19 a 0.81) 0.54 (da 0.34 a 0.86) 0.93 (da 0.76 a 1.14) 1.04 (da 0.78 a 1.35) I pazienti con creatininemia 1.5-2.9 mg/dL hanno avuto meno endpoints di quelli con creatininemia 3.0-4.5 mg/dL (ESRD 13% versus 85%), con entrambi i dosaggi di Omega 3 A vs B: 0.24 (da 0.06 a 1.06) A vs C: 0.47 (da 0.09 a 2.39) B vs C: 1.9 (da 0.65 a 5.79) Gruppo di controllo (numero di pazienti con evento/numero totale di pazienti in quel gruppo) Mortalità renale (ESRD) a 3 anni Gruppo di intervento (numero di pazienti con evento/numero totale di pazienti in quel gruppo) Nakao N, 2003 (37) ACE Inibitori e Antagonisti Recettoriali dell’Angiotensina Autore ed anno TABELLA IV - RISULTATI DEGLI STUDI RANDOMIZZATI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE) Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA TABELLA V - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA Linea Guida Nazione International Society Anno 1999 Raccomandazione I pazienti con lesioni istologiche lievi, proteinuria > 3 g/die e normale funzione renale devono essere trattati con corticosteroidi (grado B, C). of Nephrology (1) Gli agenti citossici (ciclofosfamide, azatioprina), la ciclosporina, il warfarin e il dipiradamolo non devono essere usati (grado B). Nei pazienti con lenta progressione del danno renale devono essere somministrati gli acidi grassi omega 3 (Fish oil) (grado B). Società Italiana Italia 2003 di Nefrologia (52) Nei pazienti con proteinuria > 1 g/die e funzione renale normale o modicamente ridotta si possono utilizzare ACE-inibitori e/o steroidi ad alto dosaggio (grado A). Nei pazienti non responders o andamento progressivo del danno renale, si possono utilizzare la ciclofosfamide seguita dall’azatioprina (grado A). La terapia con gli acidi grassi omega 3 (Fish oil) può essere utilizzata nei pazienti non responders o con controindicazioni ad altre terapia (grado C). Sintesi dell’evidenza Le revisioni sistematiche dimostrano che la terapia immunosoppressiva rappresentata dai corticosteroidi, usati da soli o in associazione con farmaci citotossici (ciclofosfamide o azatioprina), costituisce il provvedimento terapeutico più utile per arrestare o rallentare la progressione verso l’ESRD e per ridurre la proteinuria. Una meta-analisi non dimostra alcuna utilità degli acidi grassi omega 3. Alcuni RCT dimostrano che gli ACE-inibitori, da soli o associati agli antagonisti recettoriali dell’angiotensina, sono utili nel ridurre la proteinuria. Implicazioni per la pratica clinica Sebbene questa Linea Guida riporti la migliore evidenza disponibile, la terapia ottimale della glomerulonefrite a depositi di IgA rimane incerta, in quanto i pochi RCT arruolano un piccolo numero di pazienti, sovente non ben definiti, seguiti per poco tempo, e valutano outcomes surrogati. Nonostante la qualità subottimale di diversi studi, la terapia con steroidi sembra attualmente la più efficace. Inoltre, l’elevato numero di eventi suggerisce che alcuni RCT, soprattutto quelli con associazione di steroidi con citotossici, sono stati effettuati nei pazienti ad alto rischio e, quindi, non vi sono dati certi sui pazienti con lesioni più lievi o in stadi più precoci di malattia. beneficio dalle terapie utilizzate, sia immunosoppressive che con farmaci ad azione sul sistema renina-angiotensina. Il disegno di questi RCT deve prevedere un’adeguata dimensione del campione, nonché outcomes semplici e clinicamente rilevanti. Inoltre, i risultati devono essere raccolti dopo un adeguato follow-up. Un accenno va fatto per quanto riguarda la tonsillectomia. I lavori che hanno valutato questo intervento sono solo retrospettivi o non controllati. Nello studio retrospettivo più interessante, eseguito su un follow-up di 20 anni, la tonsillectomia è associata con una migliore sopravvivenza renale, soprattutto nei pazienti con un danno renale iniziale modesto (50, 51). Attualmente è in corso in Giappone un protocollo prospettico randomizzato, coordinato da Tetsuya Kawamura, le cui conclusioni potranno fornire più certe indicazioni. Applicabilità Non vi è motivo per ritenere che i dati ottenuti dall’esame di RCT internazionali meritino una particolare rivalutazione per una loro applicazione ai pazienti Italiani con glomerulonefrite a depositi di IgA. Pertanto, le evidenze sopra riportate sono applicabili ed utilizzabili nella popolazione Italiana. Altre Linee Guida Implicazioni per la ricerca Ulteriori RCT sono necessari per identificare quale gruppo di pazienti (alto o basso rischio) possa trarre La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali. Le Linee Guida basate sulle S47 Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA evidenze purtroppo non sono molte, in quanto vi sono pochi RCT adeguatamente dimensionati. In Tabella V si accludono le raccomandazioni di due Linee Guida (1, 52). Indirizzo degli Autori: Dr. Claudio Pozzi Unità Operativa Nefrologia e Dialisi Ospedale “A. Manzoni” Via dell’Eremo, 9 23900 Lecco e-mail: [email protected] Bibliografia 1. Nolin L, Courteau M. Management on IgA nephropathy: evidence-based recommendations. Kidney Int 1999; 55 (Suppl. 70): S56-S62. 2. D’Amico G. Natural history of idiopathic IgA nephropathy and factors predictive of disease outcome. Semin Nephrol 2004; 24: 179-96. 3. Rekola S, Bergstrand A, Bucht H. Deterioration of GFR in IgA nephropathy as measured by 51 Cr-EDTA clearance. Kidney Intern 1991; 40: 1050-4. 4. Rostoker G, Desvaux-Belghiti D, Pilatte Y, et al. 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Mycophenolate mofetil (MMF) vs placebo in patients with moderately advanced IgA Terapia immunosoppressiva e non immunosoppressiva della glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. nephropathy: a double-blind randomised controlled trial. Nephrol Dial Transplant 2005; 20: 2139-45. Maschio G, Cagnoli L, Claroni F, et al. ACE-inhibition reduces proteinuria in normotensive patients with IgA nephropathy: a multicentre, randomized, placebo-controlled study. Nephrol Dial Transplant 1994; 9: 265-9. Remuzzi A, Perico N, Sangalli F, et al. ACE-inhibition and ANG II receptor blockade improbe glomerular size-selectivity in IgA nephropathy. Am J Physiol 1999; 276: 457-66. Woo KT, Lau YK, Wong KS, Chiang GSC. ACE-I/ATRA therapy decreases proteinuria by improving glomerular permselectivity in IgA nephritis. Kidney Int 2000; 58: 2485-91. Russo D, Minutolo R, Pisani A, et al. 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S49 Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S50-S63 Terapia delle glomerulonefriti Terapia delle nefriti proliferative lupiche; confronto degli schemi di associazione di farmaci citotossici più steroide rispetto al solo steroide: Linea Guida P. Stratta, C. Canavese, A. Lupo, C. Pozzi, P. Passerini, L. Cagnoli, C. Manno, G.F.M. Strippoli Treating lupus nephritis: guideline from the Italian Society of Nephrology Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In the present guideline, evidence of lupus nephritis (LN) treatment is presented. Methods. SR of RCT and RCT on different therapeutic options for LN were identified referring to a Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update). Results. One SR of 25 RCT and 6 further RCT were available to address this issue. Methodological quality of available RCT was suboptimal according to current methodological standards. In LN patients, combining cyclophosphamide (CyA) and steroids as induction therapy results in a reduced risk of serum creatinine doubling compared to steroids alone, although there is no evidence of significant survival advantage and risk of ovarian failure was demonstrated (evidence from SR). The association of azathioprine (Aza) and steroids significantly reduces the risk of all-cause mortality compared to steroids alone (evidence from SR). No significant survival advantages from the association of plasma exchange and CyA or Aza are proven (evidence from SR). No significant differences on renal and survival endpoints are demonstrated with different dosing of CyA (evidence from RCT). Conclusion. In LN patients available evidence supports the hypothesis that immunosuppressive agents reduce the risk of all-cause mortality and the risk of progressive renal disease. Further studies are necessary to test new immunosuppressive agents such as mycophenolate mofetil in severe LN patients (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl 37): S50-63) KEY WORDS: Lupus nephritis, Cyclophosphamide, Azathioprine, Systematic reviews, Randomized trials PAROLE CHIAVE: Nefrite lupica, Ciclofosfamide, Azatioprina, Revisioni sistematiche, Trials randomizzati controllati LINEA GUIDA L’associazione Ciclofosfamide (CICLO) + steroide nella fase di induzione è in grado di ridurre il rischio di raddoppio della creatininemia rispetto al solo steroide, ma non ha alcun impatto sulla mortalità (livello di evidenza 1). Tuttavia il rischio di insufficienza ovarica è significativamente aumentato (livello 1). L’associazione Azatioprina (AZA) + steroide determina una riduzione del rischio di tutte le cause di morte rispetto al solo steroide (livello 1). Non sono emersi ulteriori benefici con l’associazione del plasma exchange (PE) a CICLO o AZA per quanto riguarda la mortalità (livello 1). Nel confronto tra dosi e diversi schemi di CICLO in fase di induzione, una paragonabile efficacia in termini di prognosi renale è stata dimostrata con le dosi minori (3 g endovena in tre mesi rispetto ad un massimo di 8 g endovena in 1 anno) (livello 2). Una risposta precoce (riduzione della creatininemia e della proteinuria al 3° e 6° mese) è risultata un fattore prognostico favorevole per l’outcome renale (livello 2). S50 © Società Italiana di Nefrologia Terapia delle nefriti proliferative lupiche Premesse Il Lupus Erithematodes Sistemicus (LES) è una malattia sistemica autoimmune in cui il rene è coinvolto attraverso almeno tre meccanismi patogenetici di danno: deposito tissutale di immunocomplessi costituiti da autoanticorpi contro antigeni endogeni (specialmente anti-DNA), formazione di immunocomplessi in situ o deposito di autoanticorpi rivolti verso specifici costituenti cellulari (1-3). L’incidenza annuale del LES varia tra 5 e 120 nuovi casi ogni 100000 abitanti in rapporto alle diverse condizioni di rischio; nell’Europa Occidentale è indicata tra 6 e 40. È documentata una forte differenza di distribuzione sessuale, con una netta prevalenza femminile (rapporto 2:1 nell’infanzia, 10:1 nell’età adulta e nuovamente 2:1 in età senile), distribuzione razziale (maggiore nella razza nera, minore in quella caucasica e orientale), distribuzione geografica (3/100000 abitanti in India, 12.5/100000 in Inghilterra, 39/100000 in Finlandia, 129/100000 negli Stati Uniti). La prevalenza della condizione nella popolazione globale negli Stati Uniti recentemente è stata valutata intorno a 15000002000000 persone, con una frequenza nettamente più elevata nelle donne americane di razza nera (1 caso ogni 200 donne). Per quanto attiene la situazione italiana, stime attendibili indicano una prevalenza di 20/100000 abitanti (1, 2). La manifestazione renale, presente nel 30-50% dei casi all’inizio della malattia, interviene in oltre il 70% dei pazienti entro 10 anni e peggiora la prognosi di malattia; con la biopsia il coinvolgimento del rene è presente anche nei pazienti senza anomalie urinarie evidenti. L’interessamento renale si manifesta con tutte le modalità di presentazione delle glomerulonefriti (GN): anomalie urinarie isolate, sindrome nefrosica, sindrome nefritica o insufficienza renale cronica (IRC); è rara l’insufficienza renale acuta (IRA) oligoanurica o il danno tubulo-interstiziale predominante (2-4). Il quadro istopatologico comprende, secondo la World Health Organization (WHO): a) classe I (rene normale); b) classe II (depositi mesangiali senza (II-A) o con (II-B) proliferazione mesangiale); c) classe III e IV (proliferative focali e diffuse); d) classe V (membranosa); e) classe VI (glomerulosclerosi cronica) (5). Il National Institute of Health (NIH) ha sviluppato criteri di attività e cronicità predittivi della risposta alla terapia, sulla cui riproducibilità, tuttavia, il consenso non è unanime (6, 7). Recentemente la classificazione WHO delle nefrite lupica è stata rivisitata, mantenendo la semplicità di quella iniziale, ma incorporando riferimenti selettivi agli indici di attività e di cronicità ed introducendo importanti modificazioni in relazione alle differenze quantitative e qualitative tra le lesioni di classe III e IV (8). Esiste un corrispettivo tra reperto anatomo-patologico e decorso clinico, anche se l’evoluzione può variare nell’ambito della stessa classe e non sono infrequenti le dissociazioni anatomo-cliniche. Dal punto di vista della gravità clinica, le classi III e IV, espressione di maggiore gravità del coinvolgimento sistemico della malattia, sono sempre state accompagnate alla peggiore prognosi quoad vitam, con sopravvivenza a 5 anni senza trattamento del 17% negli anni 1953-69. Uno straordinario miglioramento si è osservato progressivamente nel corso degli anni, tanto che già agli inizi degli anni ‘90, la percentuale di sopravvivenza è salita all’82% e continua a migliorare. Per quanto attiene la sopravvivenza del rene, le forme proliferative si associano ad una più frequente progressione del danno, ad una maggiore attività sistemica con più elevata incidenza di riacutizzazioni e, se non trattate, possono sviluppare IRC entro 2 anni. La proporzione di pazienti che raggiunge entro 10 anni l’uremia terminale o “end stage renal disease” (ESRD) era particolarmente elevata negli anni ’50-‘60, risultava del 20% circa nei decenni ‘70-’80 ed era ancora valutabile intorno al 15% a metà degli anni ‘90, anche nei pazienti trattati con le associazioni farmacologiche (9). Opzioni terapeutiche. L’affinamento diagnostico e l’adozione della terapia steroidea ad alte dosi hanno capovolto la prognosi del LES; nel tempo, sono state valutate le seguenti opzioni terapeutiche: a) i corticosteroidi (prednisone e metilprednisolone) per os a dosi di 1-2 mg/kg per 4-8 settimane nei quadri medio-gravi di GN proliferative (10). Queste dosi per periodi prolungati espongono al rischio di complicanze e non evitano il peggioramento della funzione renale nel 20-30% dei pazienti (11, 12); b) i boli endovenosi di metilprednisolone (0.5-1.0 g/die per 3 giorni consecutivi) nei quadri severi di GN lupica e di sintomi extrarenali in uno studio non controllato (13) e in uno controllato (14); vi è un forte razionale a favore di una più efficace azione immunosoppressiva, di una minore tossicità e di un effetto più rapido rispetto alle alte dosi di steroide per os (15, 16); raramente sono stati riportati effetti collaterali severi del bolo endovenoso, minimizzati dall’infusione lenta e per via periferica (17); c) i farmaci citotossici, ciclofosfamide (CICLO) ed azatioprina (AZA) in associazione agli steroidi; la maggiore efficacia dell’associazione nei confronti dello steroide da solo nel migliorare la prognosi renale, nel controllo della malattia e nel risparmio di cortisone, controversa negli studi controllati precedenti gli anni ‘80 (18-20), era invece affermata dagli studi dell’ NIH (21-24) e da due meta-analisi (25, 26); d) il micofenolato mofetile (MMF), dopo l’esperienza positiva nei trapianti, è stato utilizzato nella nefrite lupica resistente alla terapia convenzionale (27, 28); e) il plasma-exchange (PE), dapprima utilizzato con successo nel LES con severa aggressività renale e sistemica (29, 30), non è risultato successivamente più efficace della terapia convenzionale nelle forme di media gravità (31, 32) e proliferative diffuse (33, 34) e, pertanto, secondo alcuni Autori, andrebbe riservata alle severe forme sistemiche, soprattutto neurologiche, e in quelle con microangiopatia trombotica o associate ad anticorpi antifosfolipidi (35, 36). Allo scopo di uniformare le scelte terapeutiche, l’obiettivo di questa Linea Guida è quello di verificare, sulla base delle evidenze che derivano dalle revisioni sistematiche e S51 Terapia delle nefriti proliferative lupiche dagli studi randomizzati controllati (RCT), se la terapia immunosoppressiva a base di steroidi e farmaci citotossici è in grado di migliorare la prognosi della nefrite lupica, qual è il regime immunosoppressivo ottimale e, infine, quali sono i rischi e gli effetti collaterali rispetto ai benefici. Strategie di ricerca bibliografica La ricerca bibliografica degli studi di revisione sistematica e RCT sul trattamento della nefrite lupica è stato condotto utilizzando la Renal Health Library 2005 (http://www.update-software.com/Publications/renal/) con il ricorso alle seguenti parole chiave: “Lupus nephropathy”. La Renal Health Library comprende il più aggiornato elenco delle revisioni sistematiche e degli RCT condotti in nefrologia, dialisi e trapianto di rene. Questi studi vengono individuati e schedati dai “trial search coordinators” del Cochrane Renal Group (http://www.cochrane-renal.org) attraverso la ricerca bibliografica costantemente aggiornata di Medline ed Embase e la ricerca bibliografica manuale degli Atti dei Congressi di interesse nefrologico internazionale, ed altre fonti. Evidenza disponibile Descrizione degli studi Dall’analisi sopraindicata è stato possibile reperire una revisione sistematica Cochrane pubblicata nel 2003 da Flanc RS, et al. (37). Successivamente al termine cronologico della raccolta dei lavori analizzati nella revisione, sono stati reperiti 569 lavori scientifici, di cui 19 prevalentemente dedicati alla terapia; tra questi 6 RCT (38-43) sono stati analizzati, mentre gli altri 13 (44-56) sono stati scartati in quanto costituiti da revisioni, studi di coorte, studi pilota, case reports e citazioni della revisione Cochrane. Qualità degli studi La qualità degli studi è stata definita in base alla metodologia utilizzata dalla Cochrane, che prevede una valutazione del metodo di segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”), dell’utilizzo del cieco (“blinding”), dell’analisi per intenzione al trattamento (“intention-totreat analysis”) e delle perdite al follow-up (“lost to follow-up”). Analisi statistica L’analisi statistica ha valutato il rischio relativo [“relative risk” (RR)] con intervalli di confidenza (IC) al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici e la differenza pesata tra le medie [“weighted mean difference” (WMD)] con IC al 95% per gli outcomes continui. S52 Risultati Revisione Cochrane Le fonti di ricerca utilizzate hanno individuato 920 pubblicazioni sulla terapia immunosoppressiva e PE nella nefrite lupica proliferativa diffusa; 887 sono state escluse in quanto non studi controllati o studi controllati relativi ad altri interventi terapeutici, studi di base o studi sperimentali sugli animali, revisioni, o infine assenza di valutazione della biopsia renale o dell’andamento della funzione renale a lungo temine. In ultima analisi sono state valutate 33 pubblicazioni relative a 25 RCT per un totale di 909 pazienti. Nella maggior parte degli studi è stato effettuato un confronto tra CICLO o AZA + steroidi verso gli steroidi da soli. L’analisi della qualità degli RCT mostrava che la segretezza della randomizzazione era adeguata nel 12%, non chiara nel 76% e inadeguata nel 12%; il cieco era utilizzato soltanto nell’8% degli RCT; il 56% era analizzato sulla base dell’intention-to-treat analysis; le perdite al follow-up variavano dallo 0 al 13.3%. La meta-analisi ha mostrato i seguenti risultati: a) l’associazione steroidi + CICLO riduce il rischio di raddoppio della creatininemia basale (4 RCT, 228 pazienti; RR 0.59; IC 95% da 0.40 a 0.88) rispetto agli steroidi da soli (15 eventi evitati ogni 100 pazienti trattati con l’associazione), ma non ha alcun impatto sulla mortalità totale (5 RCT, 226 pazienti; RR 0.98; IC 95% da 0.53 a 1.82); inoltre il rischio di insufficienza ovarica è significativamente aumentato (3 RCT, 147 pazienti; RR 2.18; IC 95% da 1.10 a 4.34); b) l’associazione steroidi + AZA riduce il rischio di tutte le cause di morte (3 RCT, 78 pazienti; RR 0.60; IC 95% da 0.36 a 0.99) rispetto allo steroide da solo (27 morti evitate ogni 100 pazienti trattati con l’associazione), ma non modifica il rischio di ESRD (2 RCT, 54 pazienti; RR 0.66; IC 95% da 0.17 a 2.55); c) non sono dimostrati benefici aggiuntivi con l’uso del PE in aggiunta all’associazione steroidi + agenti citotossici sia sulla mortalità (2 RCT, 125 pazienti; RR 1.62; IC 95% da 0.64 a 4.09) che sul raddoppio della creatininemia (2 RCT, 51 pazienti; RR 0.17; IC 95% da 0.02 a 1.26) o sull’ ESRD (3 RCT, 143 pazienti; RR 1.24; IC 95% da 0.60 a 2.57); d) nessuna terapia era inoltre associata ad un aumentato rischio di infezioni maggiori. Tali risultati risultano senz’altro affidabili, in quanto la struttura dell’indagine meta-analitica appare corretta e rigorosa dal punto di vista metodologico. Gli stessi Autori tuttavia avanzano alcune riserve sulla qualità metodologica degli RCT, sul piccolo numero di pazienti in alcuni RCT, sulla disomogeneità delle classi istologiche nei diversi RCT (percentuali variabili di classe IV) e sulla notevole variabilità di durata del follow-up. Inoltre, la dissociazione tra la maggiore efficacia della associazione tra steroidi + AZA sulla sopravvivenza del paziente e quella dell’associazione steroidi + CICLO nel preservare la funzione renale, deve costituire un elemento di riflessione. Il confronto tra i due farmaci Terapia delle nefriti proliferative lupiche citotossici è sempre indiretto, mentre nell’unico confronto diretto, non risulta una differenza sulla mortalità tra i due agenti (22). Ulteriori riserve sono da sottolineare per quanto riguarda la disomogeneità della fase terapeutica in cui i due farmaci citotossici sono stati impiegati nei diversi RCT. Gli stessi revisori affermano che l’associazione steroidi + CICLO va utilizzata nella fase di induzione, essendo più numerosi gli RCT che l’hanno studiata in questa fase clinica. Analisi degli RCT successivi al termine cronologico della revisione Cochrane Le caratteristiche dei 6 RCT analizzati sono riportati in Tabella I; 4 RCT effettuano un confronto tra il MMF e la terapia sequenziale CICLO/AZA, mentre 2 RCT analizzano due diversi schemi e posologie terapeutiche della CICLO. La qualità degli studi, riportata in Tabella II, ha mostrato che il metodo di randomizzazione è risultato adeguato soltanto in 2 RCT e che nessuno studio è stato condotto in doppio cieco. L’utilizzo dell’analisi per intenzione al trattamento era effettuato soltanto in un RCT. La percentuale di pazienti persi al follow-up era compresa fra lo zero e il 21.7%. I risultati dell’analisi statistica sono riportati come WMD con IC 95% per gli outcomes continui, quali proteinuria, creatininemia, fattori del complemento e antidsDNA (Tab. III), come RR con IC 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici, quali mortalità, effetti collaterali, ESRD, raddoppio o aumento del 50% della creatininemia basale (Tab. IV). 1. Contreras G, et al.: Sequential therapies for proliferative lupus nephritis. N Engl J Med 2004. Contreras G, et al. (38) hanno effettuato un RCT open label su 59 pazienti adulti con nefrite proliferativa lupica, randomizzati in 3 bracci per un periodo di osservazione di 36 mesi (nella fase di mantenimento dopo una fase di induzione comune di steroide + CICLO endovena): 1) steroide + AZA; 2) steroide + CICLO endovena; 3) steroide + MMF. I risultati dell’analisi univariata (curve di sopravvivenza di Kaplan e Meier e log-rank test) hanno mostrato che, a differenza dell’AZA, il MMF non era più efficace della CICLO sulla mortalità. La sopravvivenza renale era simile nei tre gruppi, mentre, utilizzando l’end-point combinato di morte del paziente e morte del rene, sia l’AZA sia il MMF erano più efficaci rispetto alla CICLO. Il MMF era più efficace della CICLO nel prevenire le recidive; infine sia l’AZA che il MMF erano migliori della CICLO per quanto riguarda le complicanze, quali amenorrea e infezioni. In conclusione, sebbene il calcolo del rischio relativo non raggiungesse la significatività statistica, lo studio suggerisce che il MMF e l’AZA sono più efficaci e più sicuri nella fase di mantenimento della terapia della nefrite lupica rispetto alla CICLO. Commento I risultati sono stati ottenuti con uno studio monocentrico (USA) rigoroso dal punto di vista metodologico (numero di pazienti accettabile e follow-up sufficientemente lungo). Inoltre, i valori medi elevati di creatininemia all’inizio del periodo di osservazione (prima della terapia di induzione) dimostrano la severità e la grave compromissione funzionale renale dei casi trattati. 2. Yee CS, et al. EULAR randomised controlled trial of pulse cyclophosphamide and methylprednisolone versus continuous cyclophosphamide and prednisolone followed by azathioprine and prednisolone in lupus nephritis. Ann Rheum Dis 2004. Yee CS, et al. (39) hanno condotto un RCT multicentrico (Centro-Nord Europa) open label su 32 pazienti adulti con nefrite proliferativa lupica randomizzati in 2 bracci: 1) terapia intermittente con steroide + CICLO a boli endovenosi e successivamente orali; 2) terapia continua con steroide + CICLO per os per 3 mesi seguita da AZA per os. Il totale del follow-up aveva una durata di 2 anni. I risultati non hanno mostrato differenze sia per la sopravvivenza renale sia per gli altri end-points di abbandono, complicanze o morte del paziente. Commento Il lavoro è stato condotto con scadente metodologia. Non è chiaro se lo studio è stato effettuato nella fase di induzione o di mantenimento; è inoltre fonte di sospetti metodologici l’esclusione tardiva di 3 pazienti dal gruppo trattato con boli endovenosi per revisione dell’esame istologico della biopsia renale (attribuzione alla seconda classe). L’analisi statistica è infine incompleta. 3. Houssiau FA, et al. Early response to immunosuppressive therapy predicts good renal outcome in lupus nephritis: lessons from long-term follow-up of patients in the Euro-Lupus Nephritis Trial. Arthritis Rheum 2004. Houssiau FA, et al. (40) hanno effettuato una prosecuzione di un RCT già pubblicato nel 2002 (follow-up di circa 40 mesi), ed ora aggiornato ad un follow-up di circa 70 mesi. Lo studio multicentrico (19 centri Europei) ha raccolto 90 pazienti prevalentemente di razza caucasica con classi istologiche III, IV e V, randomizzati in 2 gruppi con dosaggi diversi di CICLO nella fase di induzione associati a steroide (3 boli di metilprednisolone 750 mg endovena, seguiti da 0.5 mg/kg/die per 4 settimane e poi a scalare): 1) 45 pazienti nel gruppo ad alte dosi (CICLO da 0.5 fino a 1.0 g/m2 con cadenza mensile per 6 mesi e poi quadrimestrale); 2) 45 pazienti nel gruppo a basse dosi (CICLO 0.5 g/m2 ogni 2 settimane per 3 mesi). In entrambi i gruppi la prosecuzione della terapia, è stata effettuata con AZA 2.0 mg/kg. L’outcome nefrologico, valutato come numero di pazienti che hanno sviluppato l’endpoint combinato dell’IRC (definita come aumento della creatininemia o raddoppio della creatininemia o ESRD) è risultato non significativamente diverso nei due gruppi. La risposta precoce (riduzione della creatininemia o della proteinuria entro 3 o 6 mesi) si configura come fattore significativamente predittivo di un buon outcome renale a lungo termine. I decessi sono stati in tutto 3 nel gruppo a basso dosaggio. Commento Il lavoro è metodologicamente rigoroso; una riserva è S53 S54 Disegno dello studio RCT RCT RCT N. pazienti 59 (55 F) 32 (26 F) 90 Autore ed anno Contreras G, 2004 (38) Yee CS, 2004 (39) Houssiau FA, 2004 (40) Terapia di induzione con steroidi + CICLO ev 0.5-1.0 g/ m2 al mese per 7 mesi Adulti con nefrite lupica accertata con biopsia renale e lieve insufficienza renale: classe III: n. 12 classe IV: n. 46 classe Vb n. 1 Caratteristiche partecipanti Adulti con nefrite lupica accertata con biopsia renale: classe III, IV, Razza caucasica Vc e Vd, proteinuria > 500 mg/die, insufficienza renale nel 22% dei casi Multicentrico (Europa) Adulti con nefrite lupica accertata con biopsia renale Razza caucasica (classe IV) lieve insufficienza renale Multicentrico (Europa) Monocentrico (Miami, USA) Setting Intervento di controllo Follow-up 45 pazienti Terapia di mantenimento: Terapia di mantenimento: AZA 2.0 mg/kg/die AZA 2.0 mg/kg/die 45 pazienti 24 mesi Terapia di induzione: 73 mesi CICLO 6 boli entro 1 anno 0. 5 g/m2, ogni 2 settimane +3 boli metilprednisolone 750 mg seguiti da 0.5 mg/kg per 4 settimane (1.0 mg/kg in caso di maggiore gravità renale o extrarenale) e successiva riduzione 16 pazienti 16 pazienti Terapia di induzione: CICLO 8 boli entro 1 anno (6 mensili e 2 ogni 4 mesi) 0.5-1.0 g/m2, + 3 boli metilprednisolone 750 mg seguiti da 0.5 mg/kg (1.0 mg/kg in caso di maggiore gravità renale o extrarenale) e successiva riduzione Terapia continua CICLO 2.0 mg/kg/die per 3 mesi seguita da AZA 1.5 mg/kg per 24 mesi + prednisolone 0.85 mg/kg a scalare fino a 0.11 mg/kg 20 pazienti Terapia intermittente: CICLO ev 10 mg/kg ogni 3 settimane per 4 volte seguita dalla stessa dose per os una volta al mese per 2 anni + steroide 6.6 mg/kg ev o per os (boli ogni 3 settimane o mensili contemporanei ai boli di CICLO) 20 pazienti oppure 2) steroidi + CICLO ev 0.5-1.0 g/m2 trimestralmente Terapia di mantenimento: Terapia di mantenimento: 1-3 anni steroidi + MMF 1) steroidi + AZA (500-3000 mg/die) (1-3 mg/kg/die) 19 pazienti Intervento sperimentale TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT SUCCESSIVI ALLA REVISIONE COCHRANE segue Lavoro metodologicamente corretto; non viene effettuata tuttavia una intentionto-treat analysis (esclusione di 5 pazienti persi al followup: 1 e 4 per gruppo, rispettivamente) Scadente metolodogia statistica e confuso disegno dello studio (non è chiaro se l’intervento è fatto nella fase di induzione o di mantenimento). Non corretta l’esclusione tardiva di 3 pazienti per biopsia renale e attribuzione alla classe II La dose di MMF viene progressivamente ridotta fino a essere quasi dimezzata ogni anno Commenti Terapia delle nefriti proliferative lupiche Disegno dello studio RCT RCT RCT N. pazienti 64 (52 F) 44 140 (126 F) Autore ed anno Chan TM, 2005 (41) Ong L, 2005 (42) Ginzler EM, 2005 (43) Multietnico Multicentrico (USA) Razza Asiatica Multicentrico (Asia) Razza asiatica Monocentrico (Hong-Kong, Asia) Setting 140 pazienti adulti con nefrite lupica accertata con biopsia renale: classe III: n. 22 classe IV: n. 76 classe V: n. 27 classe mista: n. 15 Attività clinica: proteinuria > 0.5 g/die o creatininemia > 1 mg/dL Adulti con nefrite lupica accertata con biopsia renale: classe III e IV Adulti con nefrite lupica accertata con biopsia renale (classe IV) lieve insufficienza renale Caratteristiche partecipanti Intervento di controllo Follow-up 69 pazienti 71 pazienti 6 mesi Terapia di induzione: 6 mesi CICLO 0. 5-1.0 g/m2 al mese per 6 mesi + prednisone 1.0 mg/kg con progressiva riduzione Terapia di induzione: CICLO ev 0. 75-1.0 g/m2 al mese per 6 mesi + steroide 25 pazienti Terapia di induzione: MMF 1.0-3.0 g/die per 6 mesi + prednisone 1.0 mg/kg con progressiva riduzione 19 pazienti Terapia di induzione: MMF 2.0 g/die per 6 mesi + steroide 1) Terapia di induzione: 1) Terapia di induzione: 57.8 ± 18.7 MMF 2.0 g/die per 6 CICLO per os 2.5 mesi mesi + prednisolone mg/kg per 6 mesi 0.8 mg/kg e successiva + prednisolone riduzione a 10 mg/die 0.8 mg/kg e successiva (3 boli di metilriduzione a 10 mg/die prednisolone 500 mg (3 boli di se semilune > 50%) metilprednisolone 500 2) Terapia di mg se semilune > 50%) mantenimento: 2) Terapia di mantenimento: MMF 1.0 g/die per 6 AZA 1. 5-2. 0 mg/kg e mesi sostituito con riduzione a 1.0-1.5 AZA 1.0-1.5 mg/kg mg/kg al 12 mese per 12 mesi 33 pazienti 31 pazienti Intervento sperimentale TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT SUCCESSIVI ALLA REVISIONE COCHRANE (segue) Notevole disomogeneità istologica (inclusione della classe V, seppure in maniera bilanciata). Periodo osservazione troppo breve. Troppi pazienti persi al follow-up. Troppi decessi Non chiaro il dosaggio dello steroide Periodo di osservazione troppo breve. Lavoro metodologicamente corretto; non viene tuttavia effettuata un intention-to-treat analysis (esclusione di un paziente per gruppo per effetti collaterali precoci) Commenti Terapia delle nefriti proliferative lupiche S55 S56 No No No No No Non chiaro Inadeguato Adeguato Non chiaro Adeguato Yee CS, 2004 (39) Houssiau FA, 2004 (40) Chan TM, 2005 (41) Ong LM, 2005 (42) Ginzler EM, 2005 (43) No No No No No No Ricercatori No No No No No No Medici che hanno valutato l’outcome Utilizzo del cieco (blinding) No No No Chan TM, 2005 (41) Ong LM, 2005 (42) C3 C4 Anti-dsDNA (score) Creatininemia Proteinuria No Houssiau FA, 2004 (40) Ginzler EM, 2005 (43) No Yee CS, 2004 (39) Outcomes Contreras G, 2004 (38) Autore ed anno 71 pazienti 96.84 (29.93) mg/dL 21.08 (10.84) mg/dL 0. 93 (1. 03) 0.91 (0.25) mg/dL 2.03 (2.79) g/die Gruppo di intervento (numero pazienti, media, deviazione standard) 69 pazienti 91.87 (29.52) mg/dL 17.30 (9.02) mg/dL 0. 88 (0.86) 0.85 (0.28) mg/dL 1.46 (1.27) g/die Gruppo di controllo (numero pazienti, media, deviazione standard) Sì No No No No No 7/71 (9.9%) 15/69 (21.7%) 2/64 (3.1%) 5/90 (5.5%) 3/32 (9.3%) 0/59 Perdite al follow-up (%) 4.97 (da -4.88 a 14.82) 3.87 (da 0.48 a 7.08) 0.05 (da -0.26 a 0.36) 0.06 (da -0.03 a 0.15) 0.57 (da -0.14 a 1.28) Differenza tra le medie (intervallo di confidenza 95%) Utilizzo analisi per intenzione al trattamento (intention-to-treat analysis) TABELLA III - RISULTATI DEGLI RCT SUCCESSIVI ALLA REVISIONE COCHRANE (VARIABILI CONTINUE) No Pazienti Non chiaro Metodo di segretezza della randomizzazione (allocation concealment) Contreras G, 2004 (38) Autore ed anno TABELLA II - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI RCT SUCCESSIVI ALLA REVISIONE COCHRANE Terapia delle nefriti proliferative lupiche Terapia delle nefriti proliferative lupiche nella presenza di pazienti con classe V e nell’assenza di un’analisi degli effetti collaterali. 4. Chan TM, et al. Long-term study of mycophenolate mofetil as continuous induction and maintenance treatment for diffuse proliferative lupus nephritis. J Am Soc Nephrol 2005. Chan TM, et al. (41) hanno effettuato un RCT monocentrico (Hong Kong), open label su 64 pazienti adulti con nefrite proliferativa lupica, randomizzati in 2 bracci di terapia di induzione: 1) steroide + MMF (33 pazienti); 2) steroide + CICLO per os seguiti da AZA (31 pazienti). Dopo un follow-up di circa 58 mesi, si osservava una remissione completa nel 72.7% (24/32) di pazienti del gruppo sperimentale trattato con MMF e nel 74.2% (23/30) nel gruppo di controllo. Inoltre non vi erano differenze significative per la comparsa di recidive e per la progressione verso l’insufficienza renale. Si osservava invece un miglior outcome nel gruppo MMF, sia per quanto concerne l’end-point combinato morte + ESRD (sebbene statisticamente non significativo), che per le infezioni totali e le infezioni maggiori (tali da richiedere una ospedalizzazione). I dati suggeriscono una equivalenza di efficacia per il MMF rispetto alla terapia sequenziale steroide + CICLO/AZA, ma con minore tossicità. Commento Il lavoro è metodologicamente corretto; sono da considerare alcune riserve principali: a) i risultati sono applicabili a razza non caucasica; b) i valori medi di creatininemia all’inizio della osservazione sono bassi e quindi il livello di compromissione funzionale moderata o assente; c) i dosaggi di CICLO per os sono elevati (2.5 mg/kg/die). 5. Ong LM, et al. Randomized controlled trial of pulse intravenous cyclophosphamide versus mycophenolate mofetil in the induction therapy of proliferative lupus nephritis. Nephrology 2005. Ong LM, et al. (42) hanno effettuato un RCT multicentrico in Malesia, open label, su 44 pazienti adulti con nefrite proliferativa lupica, randomizzati in 2 bracci di terapia di induzione: 1) steroide + MMF; 2) steroide + CICLO endovena. Dopo un follow-up di 6 mesi si osservava una remissione di malattia in un numero paragonabile di pazienti [11/19 (58%) versus 13/25 (52%)], e una remissione della nefrite lupica (26% versus 12%). Lo score di attività in 24 biopsie ripetute si riduceva in entrambi i gruppi. Commento Il campione è poco numeroso e il tempo di osservazione troppo breve; inoltre gli end-points sono deboli e quindi lo studio è statisticamente insoddisfacente. 6. Ginzler EM, et al. Mycophenolate mofetil or intravenous cyclophosphamide for lupus nephritis. N Engl J Med 2005. Ginzler EM, et al. (43) hanno effettuato un RCT multicentrico negli USA, open label, su 140 pazienti adulti con nefrite proliferativa lupica, randomizzati in 2 bracci di terapia di induzione per 6 mesi: 1) steroide + MMF (71 pazienti); 2) steroide + CICLO endovena (69 pazienti). Il confronto dei risultati mostrava una percentua- le di remissione totali di malattia significativamente maggiore nel gruppo MMF [22.5% (16/71) versus 5.0% (4/69)], equivalenza di remissioni parziali e percentuale maggiore della sommatoria di remissioni totali e parziali (52.1% versus 30.4%) e di remissioni della nefrite lupica (26% versus 12%). La comparsa di recidive era paragonabile nei due gruppi, come pure la percentuale di mortalità dei pazienti. Commento Lo studio include anche pazienti con GN membranosa. Inoltre il periodo di osservazione è troppo breve, vi sono molte perdite al follow-up e la mortalità nel periodo d’osservazione successivo a 24 mesi è elevata. Sintesi conclusiva dell’evidenza 1) Non ci sono più dubbi sulla minore efficacia dello steroide da solo rispetto alla associazione di citotossici + steroide sugli end-points forti quali la morte del paziente o l’ESRD. La revisione sistematica Cochrane, che analizza tutti i lavori pubblicati entro i primi mesi del 2003, conferma questa evidenza consolidata. 2) In particolare, la CICLO associata allo steroide nella fase di induzione riduce significativamente la perdita funzionale del rene ed offre un vantaggio superiore all’associazione di AZA e steroide in questa fase. 3) Il prezzo da pagare è costituito da un maggiore rischio di alterazioni della funzione ovarica nei pazienti trattati con lo schema CICLO + steroide. 4) L’associazione AZA + steroide determina una riduzione di tutte le cause di morte, al contrario dell’associazione CICLO + steroide; tuttavia l’unico confronto diretto (AZA versus CICLO) non dimostra differenze significative. Non esistono pertanto ragioni sufficienti per proporre, nella terapia di induzione, l’AZA in un ordine gerarchico superiore alla CICLO. 5) I punti meno chiari rimangono comunque i confronti degli schemi terapeutici suddivisi in rapporto alle diverse fasi di induzione e remissione, ed il confronto tra l’uso della CICLO per via endovenosa o per via orale. 6) Dopo le conclusioni raggiunte dalla revisione sistematica Cochrane, sarebbe inutile e non più etico proporre RCT di confronto del solo steroide verso associazioni di steroidi più citotossici. A rigore di logica, il compito della presente Linea Guida, finalizzata a rispondere alla domanda sul confronto tra steroide solo e steroide + citotossici nel trattamento della nefrite lupica proliferativa, potrebbe limitarsi all’analisi della revisione Cochrane. A scopo di completezza sono stati tuttavia analizzati anche 6 RCT successivi al 2003, che propongono il confronto tra associazioni di steroide con diversi tipi o dosaggi di farmaci citotossici. Due RCT confrontano diverse dosi di CICLO in fase di induzione (39, 40). Gli altri 4 RCT sono relativi al confronto di MMF associato a steroide S57 S58 Chan TM, 2005 (41) Houssiau FA, 2004 (40) Yee CS, 2004 (39) Remissione totale (proteinuria < 0. 3 g/die, sedimento normale e funzione renale stabile o migliorata). Remissione parziale (funzione renale stabile o migliorata con riduzione di proteinuria > 50% rispetto al basale) Mortalità totale Insufficienza renale cronica (aumento stabile della creatininemia o raddoppio della creatinina o ESRD) Abbandono, infezioni e morte Sopravvivenza del rene (raddoppio della creatininemia o ESRD) Remissione completa 23/30 (77%) Remissione parziale 22.6% Remissione parziale 24. 2% 3/41 (7%) 8/41 (19%) Abbandono 7/16 (44%) Infezioni 4/13 (31%) Morte 1/16 (6%) 3/16 (19%) AZA: 29% CICLO: 77% AZA: 8% CICLO: 32% AZA: 6/19 (32%) CICLO: 8/20 (40%) AZA: 1/19 (5%) CICLO: 3/20 (15%) AZA: 0/19 CICLO: 4/20 (20%) Gruppo controllo (n. pazienti con evento/ n. totale di pazienti in quel gruppo) Remissione completa 24/32 (75%) 0 /44 10/44 (23%) Abbandono 7/13 (54%) Infezioni 5/13 (38%) Morte 2/13 (15%) 0/13 MMF: 32% Infezioni MMF: 3/20 (15%) Recidiva renale (raddoppio del rapporto proteinuria/creatininuria o aumento del 50% della creatininemia) MMF: 6% MMF: 1/20 (5%) Insufficienza renale cronica (aumento stabile della creatininemia o raddoppio della creatininemia o ESRD con necessità di dialisi o trapianto) Amenorrea MMF: 1/20 (5%) Mortalità totale Contreras G, 2004 (38) Gruppo di intervento (n. pazienti con evento/ n. totale di pazienti in quel gruppo) Outcomes Autore ed anno TABELLA IV - RISULTATI DEGLI RCT SUCCESSIVI ALLA REVISIONE COCHRANE (VARIABILI DICOTOMICHE) 0.98 (da 0.74 a 1.30) 0.13 (da 0.01 a 2. 51) 1.16 (da 0.51 a 2.66) 1.23 (da 0.58 a 2.60) 1.25 (da 0.43 a 3.63) 0.92 (da 0.10 a 8.31) 0. 17 (da 0. 01 a 3. 08) 0.48 (da 0.14 a 1.63) 0.38 (da 0.12 a 1.21) 0.95 (da 0.06 a 14.13) 0.33 (da 0.04 a 2.94) 2.86 (da 0.12 a 66.11) 0.25 (da 0.03 a 2.05) Rischio relativo (intervallo di confidenza 95%) 1.6 -2 -7 4 10 7 9 -19 3 -45 -2 -26 -17 -25 0 -10 5 -15 segue Differenza di rischio (%) Terapia delle nefriti proliferative lupiche Ginzler EM, 2005 (43) Ong LM, 2005 (42) Autore ed anno 4/32 (12%) Insufficienza renale (aumento della creatininemia o raddoppio della creatininemia basale o ESRD) 16/71 (22%) 21/71 (30%) 37/71 (52%) Remissione completa (normalizzazione della creatininemia, proteinuria e sedimento) Remissione parziale (miglioramento del 50% di tutte le alterazioni renali senza peggioramento entro il 10% di ogni parametro) Remissione totale più parziale 1/71 (1%) 8/71 (11%) 4/71 (6%) 4/71 (6%) Infezioni maggiori Follow-up a distanza di 24 mesi (Terapia di mantenimento) Recidiva Morte Insufficienza renale cronica 0/71 56/71 (79%) Risposta precoce a 12 settimane (miglioramento del 30% di almeno 1 di 2 parametri renali alterati, o in 2 su 3) Mortalità totale 26% 11/19 (58%) Remissione di malattia Remissione completa della nefrite lupica 4/32 (12%) 2/32 (6%) Infezioni Infezioni che richiedono ospedalizzazione 0/32 0/32 11/32 (34%) Recidive Morte Morte + ESRD Gruppo di intervento (n. pazienti con evento/ n. totale di pazienti in quel gruppo) Outcomes 8/69 (12%) 8/69 (12%) 7/69 (10%) 6/71 (8%) 3/71 (4%) 21/69 (30%) 17/69 (25%) 4/69 (6%) 42/69 (61%) 12% 13/25 (52%) 12/30 (40%) 9/30 (30%) 2/30 (7%) 4/30 (13%) 3/30 (10%) 9/30 (30%) Gruppo controllo (n. pazienti con evento/ n. totale di pazienti in quel gruppo) 0.97 (da 0.39 a 2.44) 0.49 (da 0.15 a 1.54) 0.56 (da 0.17 a 1.81) 0.17 (da 0.02 a 1.35) 0.14 (da 0.01 2.72) 1.71 (da 1.12 a 2.61) 1.20 (da 0.69 a 2.07) 3. 89 (da 1.37 a 11.05) 1.30 (da 1.04 a 1.62) 1. 11 (da 0. 65 a 1. 91) 0.31 (da 0.11 a 0.86) 0.21 (da 0.05 a 0.89) 0.19 (da 0.01 a 3.76) 0.10 (da 0.01 a 1.86) 1. 25 (da 0. 30 a 5. 13) 1. 15 (da 0. 55 a 2. 37) Rischio relativo (intervallo di confidenza 95%) TABELLA IV - RISULTATI DEGLI RCT SUCCESSIVI ALLA REVISIONE COCHRANE (VARIABILI DICOTOMICHE) (segue) -1 -6 -4 -7 -4 22 5 16 18 14 6 -28 -24 -7 -13 2 4 segue Differenza di rischio (%) Terapia delle nefriti proliferative lupiche S59 S60 Nazione USA India Finlandia Linea Guida American College of Rheumatology (66) Indian Society of Rheumatology (67) National Glearinghouse Guidelines (68) 2004 2002 1999 Anno TABELLA V - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA la terapia immunosoppressiva non è indicata la terapia immunosoppressiva non è indicata Prednisolone 20 mg/die per 6-12 settimane e successivo tapering se: proteinuria > 1 g/die, C3 ridotto e alti titoli di anti-DNA Prednisolone 40-60 mg/die e boli ev mensili di CICLO per 6 mesi e successivamente ogni 3 mesi per 2 anni ; in alternativa, boli di corticosteroidi e CICLO o AZA per os (2 mg/kg/die) Prednisolone 1 mg/kg/die fino ad un massimo di 6 settimane; non indicazioni per farmaci citossici - induzione: corticosteroidi (alte dosi) da soli o con AZA - mantenimento: riduzione graduale delle dosi - induzione: boli ev di CICLO o ciclosporina o corticosteroidi con MMF - mantenimento: corticosteroidi a basse dosi da soli o con AZA - induzione: corticosteroidi (alte dosi) da soli o con AZA - mantenimento: riduzione graduale delle dosi - induzione: corticosteroidi (alte dosi) con MMF o AZA o boli ev mensili di CICLO - mantenimento: riduzione graduale delle dosi o boli ev trimestrali di CICLO - induzione: boli ev mensili di CICLO; nei non responsivi MMF o rituximab - mantenimento: boli ev trimestrali di CICLO o AZA o MMF Il trattamento deve essere sempre individualizzato e non basato solo sui dati immunologici. In presenza di grave glomerulonefrite, trombocitopenia e anemia emolitica, devono essere utilizzati corticosteroidi ad alte dosi e altri farmaci immunosoppressivi (grado A) Classe V: Classe III e IV: Classe I: Classe II a: Classe II b: b) mod.-grave Membranosa: a) lieve c) gravi b) moderate Forme proliferative: a) lievi Raccomandazione Terapia delle nefriti proliferative lupiche Terapia delle nefriti proliferative lupiche rispetto all’associazione di steroide con citotossici convenzionali somministrati in sequenza (CICLO/AZA): due RCT in fase di induzione (42, 43), uno sia in fase di induzione che mantenimento (41) e, infine l’ultimo in fase di mantenimento (38). 7) Per quanto concerne la CICLO i risultati orientano verso la minore dose cumulativa utilizzando schemi più aggressivi in fase di induzione e più leggeri in fase di mantenimento (39, 40). Infine, la presenza in questi studi di pazienti quasi tutti di razza caucasica selezionati in 27 Centri Europei rende verosimile l’applicabilità al contesto italiano per omogeneità di razza ed area geografica. 8) Per quanto riguarda invece gli RCT sul MMF, il risultato meno convincente è quello della maggiore efficacia del MMF rispetto alla CICLO nella fase di induzione (42, 43). Gli altri due RCT, più corretti metodologicamente, dimostrano la pari efficacia di MMF e CICLO per os (fase di induzione) e AZA (fase di mantenimento); gli effetti collaterali sono sovrapponibili all’AZA, ma inferiori rispetto alla CICLO (38, 41). 9) Non sono state prodotte, al momento, evidenze sufficienti relativamente all’impiego di altri farmaci (57-65). Implicazioni per la pratica clinica 1) L’insieme delle evidenze disponibili conferma la validità, per la nefrite proliferativa lupica, di uno schema terapeutico sequenziale, diviso nelle fasi di induzione, di remissione e mantenimento e consolidamento di remissione, con l’obiettivo di utilizzare protocolli più aggressivi nella prima fase e più leggeri nella seconda, in quanto l’entità di una risposta precoce condiziona un buon esito a distanza. 2) Lo schema di induzione prevede boli endovenosi di metilprednisolone (500-1000 mg) per 3 giorni consecutivi in rapporto alla gravità dei sintomi renali ed extrarenali ed al peso delle controindicazioni, quali età, diabete, ipertensione, vasculopatia. La prosecuzione prevede una dose variabile di prednisone per via orale (0.5-1.0 mg/kg/die per 4-8 settimane in dose unica mattutina per favorire il ritmo circadiano) e successiva riduzione di 5-10 mg ogni due settimane fino ad un dosaggio di 0.2-0.4 mg/kg/die al sesto mese. 3) Al momento attuale l’uso della CICLO associata allo steroide nella fase di induzione del trattamento rimane la migliore opzione per preservare la funzione renale nella nefrite lupica proliferativa diffusa. La dose utilizzata dovrebbe essere quella minima efficace e per il minor tempo possibile ai fini di contenere la tossicità gonadica. Ci si può orientare per uno di 12 settimane per una dose cumulativa totale di 3 g (sia nella formulazione endovenosa sia nella somministrazione per os), con eventuale estensione del trattamento fino a 6 mesi nelle forme più gravi e meno responsive. Non ci sono, al momento, evidenze che privilegino la somministrazione endovenosa rispetto a quella orale. 4) Lo schema della terapia di mantenimento comprende l’AZA a dosi di 1-2 mg/kg/die per 6-12 mesi o, in alternativa, il MMF (1-2 g/die); sono state prodotte le prime evidenze di equivalenza di efficacia tra MMF e AZA. 5) Uno degli obiettivi attuali cui tendere è la sospensione completa dello steroide che può essere proposta con attenta monitorizzazione dopo almeno due anni di completa quiescenza clinica e laboratoristica. Applicabilità Sulla base delle considerazioni sopra esposte, non emergono ostacoli maggiori all’applicabilità delle conclusioni sovraesposte nella realtà italiana. L’applicabilità prevede naturalmente la diffusione tramite pubblicazione delle Linee Guida di indirizzo e la loro implementazione con strumenti quali audit, riunioni scientifiche e convegni di formazione promossi dalla Società Italiana di Nefrologia. Implicazioni per la ricerca I problemi del trattamento della nefrite lupica proliferativa nascono oggi fondamentalmente dalla terapia della fase di mantenimento ove sono necessari ulteriori RCT a lungo termine in relazione all’evoluzione della funzione renale. Altre implicazioni per la ricerca sono: a) una valutazione comparativa sull’andamento a lungo termine della nefrite lupica tra schemi di CICLO per via endovenosa o per via orale a dosaggi sovrapponibili; b) ulteriori RCT che valutino la sospensione o meno dello steroide sulla prognosi a lungo termine. Altre Linee Guida La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni, di opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali. Le Linee Guida basate sulle evidenze non sono molte, e soprattutto non prodotte da Società Nefrologiche. Si accludono 3 Linee Guida basate sulle evidenze (Tab. V): a) la prima prodotta dall’American College of Rheumatology nel 1999 (66); b) la seconda dalla Società Reumatologica Indiana nel 2002 (67); c) la terza dalla Società Reumatologica Finnica nel 2004 (68). Indirizzo degli Autori: Prof. Piero Stratta S.C.D.U. Nefrologia e Trapianto Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità Università del Piemonte Orientale Via Solaroli, 17 28100 Novara e-mail: [email protected] S61 Terapia delle nefriti proliferative lupiche Bibliografia 1. Cameron JS. Systemic Lupus Erythematosus. In: Immunologic renal disease, edited by Nielson EG, Couser WG. Philadelphia, Lippincott Raven 2001; 1057-104. 2. Cockwell P. Systemic Lupus Erythematosus. BMJ 1997; 314: 292-5. 3. Berden JH. Lupus nephritis. Kidney Int 1997; 52: 538-58. 4. Wallace DJ. The clinical presentation of systemic lupus erythemathosus. In: Dubois’ Lupus Erythematosus, edited by Wallace DJ, Hahn BH, Baltimore, Williams and Wilkins, 1996, 627. 5. Churg J, Bernstein J, Glassock RJ. Lupus nephritis. 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S63 Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S64-S82 Prevenzione della progressione del danno renale Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche: Linea Guida L. Del Vecchio, C. Manno, P. Ravani, L. De Nicola, B. CianciarusoUniversità di Brescia, Brescia Antihypertensive agents for the prevention of chronic kidney disease progression: guideline from the Italian Society of Nephrology Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In the present guideline, evidence of the use of antihypertensive agents to prevent chronic kidney disease progression (CKD) is presented. Methods. SR of RCT and RCT on antihypertensive agents used to prevent CKD progression were identified referring to a Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update). Results. Seven SR and 26 further RCT were found addressing this intervention issue. Methodological quality of available RCT was suboptimal according to current methodological standards. Angiotensin converting enzyme inhibitors (ACE-I) are associated with significant effects on the prevention of CKD progression in non-diabetic and diabetic patients (evidence from SR). Angiotensin receptor blockers (ARB) are as effective as ACE-I in delaying CKD progression in diabetic and nondiabetic patients (evidence from SR). Dihydropyridine and non-dihydropyridine calcium antagonists have not been found to significantly affect proteinuria and CKD progression (evidence from SR). Combination therapy with ACE-I and ARB is associated with a significant reduction in the risk of CKD progression and proteinuria, but long term data are only available in patients with non-diabetic nephropathy (evidence from RCT). Conclusion. Available evidence of renal protection suggest that ACE-I and ARB should be recommended in CKD patients (diabetic and non-diabetic nephropathy). Further studies are necessary to test the effectiveness of other antihypertensive agents or combination therapy. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S64-82) KEY WORDS: Antihypertensive agents, Chronic kidney disease, Diabetic kidney disease PAROLE CHIAVE: Farmaci antipertensivi, Nefropatie croniche, Nefropatia diabetica LINEA GUIDA Terapia con ACE inibitori (ACE-I) Nefropatie non diabetiche. La terapia con ACE-I rallenta in modo significativo la progressione delle nefropatie croniche verso l’uremia terminale o “end stage renal disease” (ESRD) e riduce significativamente la proteinuria, anche in assenza d’ipertensione arteriosa (livello di evidenza 2). Nefropatia diabetica a) Progressione del danno renale. La terapia con ACE-I riduce il rischio di progressione della nefropatia, definita come raddoppio della creatininemia o ESRD (livello 1). Tale effetto sembra essere di modesta entità. b) Progressione da micro- a macroalbuminuria. La terapia con ACE-I riduce significativamente il rischio di progressione da micro- a macroalbuminuria (livello 1). c) Regressione da micro- a normoalbuminuria. La terapia con ACE-I aumenta significativamente la probabilità di regressione da micro- a normoalbuminuria (livello 1). La mancanza di un’analisi separata per tipo di diabete non consente di effettuare raccomandazioni specifiche al diabete di tipo 1 o 2. S64 © Società Italiana di Nefrologia Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche Terapia con sartani Nefropatie non diabetiche La terapia con sartani sembra avere un’efficacia analoga all’ACE-I nel rallentare la progressione delle nefropatie croniche non diabetiche verso l’ESRD e nel ridurre la proteinuria (livello 2). Nefropatia diabetica a) Progressione del danno renale. La terapia con sartani riduce significativamente il rischio di progressione della nefropatia, definita come raddoppio della creatininemia o ESRD (livello 1). b) Progressione da micro- a macroalbuminuria. La terapia con sartani riduce significativamente il rischio di progressione da micro- a macroalbuminuria (livello 1). c) Regressione da micro- a normoalbuminuria. La terapia con sartani aumenta significativamente la probabilità di regressione da micro- a normoalbuminuria (livello 1). Gli effetti tra ACE-I e sartani sembrano sovrapponibili. La Linea Guida è stata ottenuta da studi sul diabete di tipo 2. Terapia con calcio-antagonisti I calcio-antagonisti non diidropiridinici sembrano ridurre significativamente la proteinuria [(analisi non aggiustata) (livello 1)]; non ci sono dati attendibili sulla progressione del danno renale. I calcio-antagonisti diidropiridinici non hanno effetto significativo sulla proteinuria né sulla progressione delle nefropatie (livello 1). Terapie di associazione L’associazione ACE-I e sartani riducono significativamente la progressione delle nefropatie croniche e la proteinuria [(dati a lungo termine solo nelle nefropatie non diabetiche) (livello 2)]. L’associazione ACE-I e calcio-antagonisti rispetto ai farmaci in monoterapia non sembra avere effetto aggiuntivo sulla proteinuria, né sulla progressione nelle nefropatie non diabetiche; è possibile un effetto sulla proteinuria nella nefropatia diabetica (livello 2). Premesse L’ipertensione arteriosa è una condizione ad elevata prevalenza nei pazienti con nefropatia cronica. Rispetto alla popolazione generale, questi soggetti si caratterizzano per una maggiore difficoltà nell’ottenere un adeguato controllo dei valori pressori e per la necessità di utilizzare per tale scopo un numero maggiore di farmaci antipertensivi. In Italia non esistono stime precise sulla prevalenza dell’insufficienza renale cronica (IRC) in fase conservativa e di conseguenza sulla prevalenza d’ipertensione arteriosa in questa popolazione. Il controllo dell’ipertensione arteriosa e/o l’utilizzo di farmaci antipertensivi rappresenta uno dei principali interventi terapeutici nei pazienti con nefropatie croniche, in quanto, come nella popolazione generale, importante per prevenire gli eventi cardiovascolari, ed inoltre in grado di rallentare la progressione delle nefropatie stesse. Tale effetto è in parte dipendente dalla riduzione della proteinuria secondaria alla riduzione dei valori pressori, in parte da uno specifico effetto antiproteinurico proprio di alcune classi di farmaci antipertensivi e parzialmente indipendente dall’azione sulla pressione arteriosa. Lo scopo di questa Linea Guida è stato quello di esaminare i dati oggi disponibili sull’efficacia dei diversi farmaci antipertensivi e della loro associazione sulla progressio- ne del danno renale nei pazienti con nefropatia cronica sia diabetica che non diabetica, sulla base dell’evidenza che deriva dalle revisioni sistematiche (livello di evidenza 1) e dagli studi randomizzati controllati [(RCT) (livello 2)]; sono stati selezionati gli studi che valutavano sia “hard endpoints”, quali morte, uremia terminale o “end stage renal disease” (ESRD), sia “surrogate endpoints”, quali raddoppio della creatinina sierica rispetto al basale, riduzione del filtrato glomerulare (GFR), variazioni della creatininemia, proteinuria ed escrezione urinaria di albumina/proteine. La popolazione d’interesse di questa Linea Guida è rappresentata dai pazienti con nefropatia cronica di stadio I-IV secondo la classificazione proposta dalle Linee Guida KDOQI della “National Kidney Foundation” ed i pazienti con nefropatia diabetica (diabete di tipo 1 e 2) in fase microalbuminurica (microalbuminuria tra 20 e 200 μg/min o tra 30 e 300 mg/die) o conclamata (albuminuria > 300 mg/die o proteinuria > 500 mg/die). Strategia di ricerca bibliografica La ricerca è stata effettuata utilizzando una stringa generica contenente i termini “antihypertensive OR blood pressure” mediante le banche dati Medline e con il ricor- S65 Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche so alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT prodotti in Nefrologia, Dialisi e Trapianto. Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline, Embase, numerosi altri database di studi clinici e la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di interesse Nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane. Infine la ricerca bibliografica è stata completata manualmente, facendo uso di Riviste Scientifiche, Atti Congressuali ed altre Linee Guida. I limiti temporali della ricerca sono stati dal gennaio 1977 al novembre 2005. Evidenza disponibile La ricerca bibliografica ha permesso di individuare 1093 RCT, 41 revisioni Cochrane nella Renal Health Library e 19 Meta-Analisi non-Cochrane. Sono stati esclusi gli studi con un follow-up inferiore a 6 mesi. L’analisi dei singoli lavori ha portato alla selezione di 6 studi di meta-analisi, una revisione sistematica Cochrane e 26 RCT pubblicati dopo le meta-analisi considerate o che si riferiscono a quesiti non presi in considerazione da queste. Le caratteristiche di tutti gli studi analizzati in questa Linea Guida sono riportate nelle rispettive Tabelle. Descrizione degli studi Questa Linea Guida ha utilizzato la classica metodologia e strategia di ricerca generata dal gruppo Cochrane per individuare revisioni sistematiche, studi di metanalisi e RCT nei diversi databases elettronici. Il quesito di ricerca è stato: “Qual è l’efficacia di diverse classi di farmaci antipertensivi nel ridurre la proteinuria e la velocità di progressione dell’IRC?” I pazienti identificati sono stati i soggetti con nefropatie croniche (stadi I-IV secondo la classificazione K-DOQI) e/o soggetti con nefropatia (sia conclamata che in fase microalbuminurica) secondaria a diabete di tipo 1 e 2. I gruppi d’intervento e controllo hanno ricevuto la terapia con il farmaco sperimentale (o con combinazione di più farmaci sperimentali) da soli o con altri farmaci antipertensivi (intervento) rispetto alla terapia con placebo e/o altri farmaci antipertensivi (controllo). Gli outcomes considerati sono stati le modificazioni del GFR e della creatininemia, raddoppio della creatininemia rispetto ai valori basali, entità della riduzione della proteinuria rispetto al valore basale, raggiungimento di ESRD o morte. Sono stati individuati 4 studi di metanalisi (1-4) e 14 RCT (5-18) che rispondevano al quesito sull’efficacia degli ACE-I nelle nefropatie croniche non diabetiche, una revisione Cochrane (19), una metanalisi (4) e 4 RCT pubblicati successivamente (20-23) nella nefropatia diabetica. Sono stati individuati 4 RCT (13, 15, 16, 24) pubblicati dal 1998 S66 al 2003 in merito all’efficacia dei sartani nelle nefropatie croniche non diabetiche, mentre nella nefropatia diabetica è stata individuata la revisione Cochrane già citata (19) ed un RCT (23) pubblicato successivamente. L’efficacia dei calcio-antagonisti nelle nefropatie croniche è stata valutata da una meta-analisi (25) e da 6 RCT pubblicati successivamente (14, 17, 22, 26-28). Per quanto concerne le terapie di associazione nelle nefropatie croniche, la terapia combinata con ACE-I e sartani è stata analizzata in una meta-analisi (29) pubblicata solo in forma di abstract e in 3 RCT (13, 16, 30), mentre quella con ACE-I e calcio antagonista in 6 RCT (6, 11, 31-34) pubblicati tra il 1998 e il 2005. Qualità degli studi. La valutazione metodologica assume che ogni bias sia minimizzato in un RCT in presenza dei seguenti criteri: a) corretta segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”) dei pazienti prima dell’ingresso formale nello studio; b) adeguato mascheramento dei pazienti, dei clinici e degli outcome assessors (blinding); c) descrizione delle ragioni e del numero dei “withdrawals” e dei “dropouts” [perdite al follow-up (“lost to follow-up”)]; d) analisi statistica condotta per intenzione al trattamento (“intention-to-treat analysis”). La qualità di tutti gli studi analizzati in questa Linea Guida è riportata nelle rispettive Tabelle. Analisi statistica. L’analisi statistica ha valutato il rischio relativo [“relative risk” (RR)] con intervalli di confidenza (IC) al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici e la differenza pesata tra le medie [“weighted mean difference” (WMD)] con IC al 95% per gli outcomes continui. Alcuni outcomes dicotomici sono stati analizzati con il test del Chi-quadro. Risultati ACE inibitori nelle nefropatie non diabetiche (Tab. I) L’evidenza più importante proviene dal gruppo “AIPRD Study”, che ha raccolto in uno studio di metanalisi 1860 pazienti con nefropatie non-diabetiche, provenienti da 11 RCT (1). Dopo un follow-up medio di 2.2 anni, una percentuale significativamente inferiore di pazienti trattati con ACE-I rispetto ai controlli ha raggiunto l’uremia terminale, l’endpoint combinato di raddoppio della creatininemia o uremia terminale, e quello combinato di uremia terminale o morte. L’ACE-I determinava anche una maggiore riduzione della proteinuria. Recentemente è stata pubblicata una sottoanalisi dei pazienti con malattia renale policistica proveniente da questo pool di pazienti (35). Durante un followup medio di 2.3 anni si è avuta la progressione dell’IRC in 50/142 pazienti: 20 (29%) trattati con ACE-I e 30 (41%) del gruppo di controllo; tale differenza non era statisticamente significativa, forse a causa della scarsa numerosità. In precedenza sono state pubblicate 3 meta-analisi. La prima è quella di Giatras et al. (2), che contiene i dati rela- 16 RCT; 9 RCT in 642 pz diabetici con microalbuminuria; 7 RCT in 1389 pazienti proteinurici con IRC (30% diabetici) 10 RCT, 1594 pz con nefropatie non diabetiche, ipertensione arteriosa (dato non disponibile), creatininemia 1.0-4.4 mg/dL. Withdrawals: 313 pz (20.9% in ACE-I, 18.2% nei controlli) Metanalisi (studi con almeno un anno di follow-up) Metanalisi (studi con almeno un anno di follow-up) Kshirsagar AV, 2000 (4) Giatras I, 1997 (2) Partecipanti 11 RCT; 1860 pz con nefropatie non diabetiche, ipertensione arteriosa (92%), creatininemia 2.0 ± 1.2 mg/dL Withdrawals: 387 pz (22% in ACE-I, 19.6% nei controlli) Metodi Metanalisi (dati dei singoli pazienti con almeno un anno di follow-up) Jafar TH, 2001 (1) Autore ed anno Terapia antipertensiva contenente ACE-I (806 pz) vs terapia antipertensiva senza ACE-I (788 pz) Terapia antipertensiva contenente ACE-I vs terapia antipertensiva senza ACE-I o placebo Terapia antipertensiva con ACE-I (983 pz) vs terapia antipertensiva senza ACE-I (963 pz) Interventi Morte: 17/806 (2.1%) in ACE-I vs 12/788 (1.5%) nei controlli; RR 1.24; IC 95% 0.55-2.83 ESRD: 52/806 (6.4%) in ACE-I vs 72/788 (2.1%) nei controlli; RR 0.70; IC 95% 0.51-0.97 Raddoppio creatininemia o ESRD: 115/700 (16%) in ACE-I vs 193/689 (28%) nei controlli; RR 0.60; IC 95% 0.49-0.73 Progressione a macroalbuminuria: 24/326 (7.4%) in ACE-I vs 75/316 (23.7%) nel gruppo placebo; RR 0.35; IC 95% 0.24-0.53 ESRD + raddoppio creatininemia: 89/983 (9.5%) in ACE-I vs 134/983 (14.7%) nei controlli (p=0.001); RR non aggiustato 0.64; IC 95% 0.51-0.80 ESRD: 70/983 (7,4%) in ACE-I vs 106/983 (11.6%) nei controlli (p=0.002); RR non aggiustato 0.63; IC 95% 0.47 - 0.85 Outcomes e Risultati Studi eterogenei segue Nel gruppo ACE-I riduzione maggiore della PAS media di 4.5 mmHg (IC 95% 3.0-6.1) e della PAD media di 2.3 mmHg (IC 95% 1.4-3.2) Note TABELLA I - CARATTERISTICHE DI 4 METANALISI, 1 REVISIONE COCHRANE E 20 RCT SULL’UTILIZZO DI ACE-I, SARTANI E LORO ASSOCIAZIONE NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche S67 S68 Partecipanti 41 RCT, 1124 pazienti (558 con nefropatia non diabetica) 40 pz con nefropatie croniche (5 con nefropatia diabetica), PA > 135/85 mmHg, GFR mediano 17 (6-35) mL/min/1.73 m2 PA > 135/85 136 pz con nefropatie croniche non diabetiche; Crcl 20-60 mL/min e/o creatininemia 1.5-3.0 mg/dL 52 pz con nefropatie croniche non diabetiche, ipertensione, proteinuria 0.3 g/die; Clcr > 30 mL/min Metodi Metanalisi RCT; Ac: non chiaro; B: no W: menzionati; Analisi ITT: no RCT; Ac: non chiaro; B: sì ma non spiegato W: menzionati; Analisi ITT: sì RCT; Ac: non chiaro; B: no W: non menzionati; Analisi ITT: non chiara Autore ed anno Gansevoort RT, 1995 (31) Elung-Jensen T, 2005 (18) Del Vecchio L, 2004 (17) Matsuda H, 2003 (15) ACE-I (Trandolapril 1 mg/die o Perindopril 2 mg/die) (27 pz) vs Losartan 25 mg/die o candesartan 4 mg/die (25 pz) Follow-up: 6 mesi Enalapril (69 pz) 10-20 mg/die vs Manidipina (67 pz) 10-20 mg/die Durata dello studio: 6 mesi Alte vs basse concentrazioni plasmatiche di Enalaprilat rispetto a dosaggi equivalenti di Enalapril Terapia antipertensiva contenente ACE-I vs terapia antipertensiva senza ACE-I Interventi Note Popolazione eterogenea Durata dello studio: 12 mesi Variazioni Clcr: nessuna differenza Proteinuria: non modificazioni proteinuria se lieve. Nei pazienti con proteinuria moderata: ACE-I riduzione 54 ± 7%; Sartanici riduzione 41 ± 6%. Pressione arteriosa: analoga riduzione segue I due sartanici sono sottodosati; disegno poco chiaro Riduzione proteinuria: Endpoint primario: variazione Enalapril (da 1.37 ± 1.45 g/die PA. Riduzione maggiore nel a 1.00 ± 1.55 g/die). gruppo Enalapril Manidipina (da 1.60 ± 1.59 a 1.62 ± 1.79 g/die) Funzionalità renale: nessuna differenza clearance del 51Cr-EDTA, slope del GFR nel tempo, proteinuria Dati solo per Enalaprilat Riduzione proteinuria: Analoga riduzione PA nei due significativamente maggiore gruppi con ACE-I (-39.9%; IC 95% da -42.8 a -36.8%) rispetto a 17.0% (IC 95% da -19.0 a 15.1%) nei controlli Outcomes e Risultati TABELLA I - CARATTERISTICHE DI 4 METANALISI, 1 REVISIONE COCHRANE E 20 RCT SULL’UTILIZZO DI ACE-I, SARTANI E LORO ASSOCIAZIONE NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE (segue) Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche Partecipanti 68 pz con nefropatie croniche non diabetiche, creatininemia 1.5-3.0 mg/dL e PA > 140/90 mmHg 36 pz con nefropatie croniche, PA > 140/90, proteinuria > 1.5 g/die, GFR 11-80 mL/min/1.73 m2 89 pz con malattia renale policistica autosomica dominante, creatininemia < 225 μmol/L 125 pz con nefropatie croniche non diabetiche, Clcr ≥ 50 mL/min, proteinuria > 1.0 g/die, PA > 130/85 mmHg Metodi RCT; Ac: non chiaro; B: no; W: menzionati; Analisi ITT: no RCT; Ac: non chiaro; B: no; W: menzionati; Analisi ITT: no RCT; Ac: non chiaro; B: sì, solo per i normotesi; W: menzionati; Analisi ITT: no RCT; Ac: non chiaro; B: sì; W: menzionati; Analisi ITT: sì RCT (disegno 3 x 2 fattoriale); 1094 pz con nefropatia Ac: non chiaro; B: sì; ipertensiva, W: menzionati; Analisi ITT: sì GFR 20-65 mL/min/1.73 m2 Autore ed anno Hayashi K, 2003 (14) Segura J, 2003 (13) van Dijk M, 2003 (12) PROCOPA Study Group, 2002 (11) Wright JT, 2002 (10) Ramipril 2.5 - 10 mg/die (463 pz) vs Metoprololo 50-200 mg/die (441 pz) vs Amlodipina 5-10 mg/die (217 pz) Follow-up: da 3 a 6.4 anni Trandolapril 2 mg/die (30 pz), Atenololo 50 mg/die (31 pz), Verapamil 240 mg/die (29 pz), Verapamil + Trandolapril (29 pz) Follow-up: 6 mesi Enalapril 5-10 mg/die (32 pz) vs placebo nei normotesi (29 pz); Enalapril 20 mg/die (13 pz) vs Atenololo 100 mg/die (29 pz) Follow-up: 3 anni Benazapril (12 pz) vs Valsartan (12 pz) vs associazione dei due (12 pz) Follow-up: 6 mesi ACE-I (Enalapril 2.5 mg/die o Lisinopril 5 mg/die o Imidapril, 5 mg/die) (30 pz) vs Efonidipine (20 mg/die) (38 pz) Follow-up: 12 mesi Interventi Pochi pazienti per singolo gruppo, riduzione pressoria inferiore nel gruppo Verapamil Scarsa numerosità del campione Riduzione analoga della pressione arteriosa. Gruppo eterogeneo di farmaci per gli ACE-I Note segue Variazione slope GFR: nessuna Popolazione di Afrodifferenza tra i tre gruppi. Americani, scarsa applicabilità alla popolazione italiana End-point composito di riduzione del GFR basale ≥50% (o ≥25 %) mL/min/1.73 m2, ESRD o morte: Ramipril riduzione RR 22% (IC 95% 138; p = 0.04) e 38% (IC 95%, 14-56; P = 0.004) rispetto a Metoprololo e Amlodipina Variazioni proteinuria: riduzione con Trandolapril (40.2%; IC 95% 24.3-56.2) e associazione Verapamil + Trandolapril (48.5%; IC 95% 31.7-64.3). Variazioni clearance inulina: nei normotesi riduzione anologa nei due gruppi (-7 ± 3 vs -9 ± 1 mL/min); negli ipertesi riduzione analoga nei due gruppi Variazioni proteinuria: riduzione di 0.5±1.7 con benazapril 1.2±2.0 con valsartan, 2.5±1.8 g/die (p< 0.05) con l’associazione Proteinuria: Riduzione se basale >1 g/die (ACE-I, da 3.0 ± 0.4 a 2.0 ± 0.5 g/die; Efonidipine, da 2.7 ± 0.3 a 2.1 ± 0.3 g/die) Variazione Clcr: nessuna differenza. Outcomes e Risultati TABELLA I - CARATTERISTICHE DI 4 METANALISI, 1 REVISIONE COCHRANE E 20 RCT SULL’UTILIZZO DI ACE-I, SARTANI E LORO ASSOCIAZIONE NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE (segue) Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche S69 S70 Partecipanti 30 pz con GN membranoproliferativa, ipertensione, Clcr 30-80 mL/min, creatininemia 1.2 -3.0 mg/dL 165 pz con nefropatie croniche non diabetiche, PAD ≥ 95 mm Hg, GFR medio ≈ 40 mL/min/1.73m2 241 pz con nefropatie non diabetiche, PAD ≥ 95. GFR 37± 20 mL/min/1.73m2 Metodi RCT; Ac: non chiaro; B: no; W: menzionati; Analisi ITT: no RCT; Ac: sì; B: no W: menzionati; Analisi ITT: si RCT; Ac: non chiaro; B: no; W: menzionati; Analisi ITT: sì Autore ed anno Giri S, 2002 (9) Herlitz H, 2001 (8) Marin R, 2001 (7) Fosinopril 10-30 mg/die (129 pz) vs Nifedipina GITS 30-60 mg/die (112 pz) Follow-up minimo: 3 anni Ramipril 2.5 - 20 mg/die (54 pz) vs Felodipina 2.5 -20 mg/die (54 pz) vs associazione dei due (2.5-10 mg/die) (51 pz) Follow-up: ≈ 2 anni Enalapril 10 mg/die (10 pz) vs Nifedipina 30 mg/die (10 pz) vs controlli (10 pz) Follow-up: 9 mesi Interventi Variazione proteinuria: riduzione media del 57% con Fosinopril, aumento del 7% con Nifedipina Raddoppio della creatininemia o ESRD: Fosinopril: 27/127 (21%) vs Nifedipina GITS 40/112 (36%); RR 0.47; IC 95% 0.26-0.84; p=0.01 Progressione più lenta con la terapia di associazione rispetto a Felodipina ma non Ramipril; tendenza all’aumento della proteinuria in Felodipina e alla riduzione in Ramipril e in associazione Variazioni clearance iohexole e proteinuria Variazioni proteinuria: Enalapril riduzione da da 3.3 ± 1.0 a 1.6 ± 1.1 g/die; Nifedipina aumento da 3.0 ± 1.3 a 3.9 ± 0.4 g/die (p < 0.01) Variazioni creatininemia: Enalapril riduzione da 1.72 ± 0.45 a 1.24 ± 0.58 mg/dL; Nifedipina: non significative Outcomes e Risultati segue Scarsa numerosità dei pazienti nei singoli gruppi Popolazione selezionata, scarsa numerosità Note TABELLA I - CARATTERISTICHE DI 4 METANALISI, 1 REVISIONE COCHRANE E 20 RCT SULL’UTILIZZO DI ACE-I, SARTANI E LORO ASSOCIAZIONE NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE (segue) Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche Partecipanti 60 pz con nefropatie non diabetiche; Clcr ≈ 30 mL/min 72 pz con nefropatie non diabetiche, PA > 140/90 mm Hg; creatininemia 1.5-4.0 mg/dL Metodi RCT; Ac: non chiaro; B: sì; W: non menzionati; Analisi ITT: non chiara RCT; Ac: non chiaro; B: no; W: menzionati; Analisi ITT: no Revisione Cochrane (studi con 43 RCT nella Nefropatia almeno 6 mesi di follow-up) diabetica a qualsiasi stadio; ACE-I vs placebo (36 RCT, 4008 pz), Sartani vs placebo (4 RCT, 3331 pz), ACE-I vs Sartani (3 RCT, 206 pz) Autore ed anno Petersen LJ, 2001 (6) Kumagai H, 2000 (5) Strippoli GF, 2004 (19) Terapia antipertensiva contenente ACE-I o Sartani rispetto a terapia antipertensiva senza ACE-I e Sartani e placebo o non trattamento ACE-I (Enalapril 5-10 mg/die o Captopril 37.5 mg/die) (27 pz) vs Amlodipina 2.5- 5.0 mg/die (22 pz) Follow-up: 1 anno Spirapril 6 mg/die (20 pz) vs Isradipina 5 mg/die (20 pz) vs Spirapril 3 mg + Isradipina 2.5 mg/die (20 pz) Follow-up: 21 mesi Interventi 16 RCT, 2010 pz 8 RCT, 1868 pz 9 RCT, 1907 pz Regressione microalbuminuria: 2 RCT, 670 pz RR 1.42; IC 95% 1.05-1.93 3 RCT, 761 pz 3 RCT, 761 pz Raddoppio creatininemia: RR 0.79; IC 95% 0.67-0.93; Progressione a macroalbuminuria: RR 0.49; IC 95% 0.32-0.75 3 RCT, 3251 pz Sartani vs placebo o non trattamento ESRD: RR 0.78; IC 95% 0.67-0.91; segue Analisi effettuata solo su 16 pazienti in Amlodipina e 12 in ACE-I, usati ACE-I diversi Scarsa numerosità del campione, non analizzata la proteinuria Note Regressione microalbuminuria: 15 RCT, 1888 pz RR 3.42; IC 95% 1.95-0.99; Progressione a macroalbuminuria: RR 0.45; IC 95% 0.28-0.71; Raddoppio creatininemia: RR 0.60; IC 95% - 0.34-1.05; ACE-I vs placebo o non trattamento ESRD: RR 0.64; IC 95% 0.40 - 1.03; GFR (clearance 51Cr-EDTA): nessuna differenza tra i due gruppi GFR (clearance 51Cr-EDTA): riduzione media di -0.32 mL/min/mese/1.73 m2 con Spirapril, -0.58 mL/min/mese/1.73 m2 con Isradipina e -0.14 mL/min/mese/1.73 m2 nel gruppo di associazione (p = 0.38) Outcomes e Risultati TABELLA I - CARATTERISTICHE DI 4 METANALISI, 1 REVISIONE COCHRANE E 20 RCT SULL’UTILIZZO DI ACE-I, SARTANI E LORO ASSOCIAZIONE NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE (segue) Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche S71 S72 Partecipanti 4912 pz con diabete tipo 2, Albuminuria ≥ 20 mg/L; creatininemia ≤ 150 μmol/L 570 pz con diabete tipo 2, PAS 140-180 mmHg, PAD < 110 mmHg, microalbuminuria (20-200 μg/min ) creatininemia ≤ 150 μmol/L. 77 pz con diabete tipo 2, PA < 140/90, microalbuminuria (20-200 μg/min) creatininemia < 200 μmol/L. 250 pz con diabete tipo 2, ipertensione lieve-moderata, Albuminuria 11 - 999 μg/min, Clcr > 70 mL/min/1.73 m2 9 pz con nefropatie non diabetiche, creatininemia 346 ± 61 μmol/L, proteinuria >1 g/die, ipertensione lieve-moderata Metodi RCT; Ac: non chiaro; B: sì; W: menzionati; Analisi ITT: si RCT; Ac: non chiaro; B: sì W: menzionati; Analisi ITT: sì RCT; Ac: non chiaro; B: sì W: menzionati; Analisi ITT: sì RCT; Ac: non chiaro; B: sì W: menzionati; Analisi ITT: sì RCT; Ac: non chiaro; B: sì W: menzionati; Analisi ITT: sì Autore ed anno Marre M, 2004 (20) Marre M, 2004 (21) Jerums G, 2004 (22) Barnett AH, 2004 (23) Plum J, 1998 (24) Valsartan 80 mg/die (5 pz) vs placebo (4 pz) Follow-up: 6 mesi Telmisartan 80 mg/die (120 pz) vs Enalapril 20 mg/die (130 pz) Follow-up: 5 anni Perindopril 2-8 mg/die (23 pz) vs Nifedipina (10-40 mg/die) (27 pz) vs Placebo (27 pz) Follow-up mediano: 6 anni Enalapril 10 mg/die (286 pz) vs Indapamide SR 1.5 mg/die (284 pz) Follow-up: 1 anno Ramipril 2.5 mg/die (2442 pz) vs placebo (2469 pz) Follow-up mediano: 4 anni Interventi Note Proteinuria: Valsartan riduzione di 396 ± 323 mg/die (26 ± 18%) (P < 0.05) GFR: sostanzialmente invariato Variazioni PA media: Valsartan riduzione di 13 ± 7 mmHg Variazione GFR (clearance iohexole): Telmisartan -17.9 mL/min/ 1.73 m2; Enalapril -14.9 mL/min/1.73 m2 Variazione Albuminuria: riduzione solo nel gruppo Perindopril (Nifedipina +17%, Placebo -10%, p = 0.04) Variazione rapporto albuminuria/creatininuria: riduzione del 39% con Enalapril e del 35% con Indapamide SR segue Nel follow-up valori pressori non ottimali nel 70% dei pazienti in placebo, scarsa numerosità per gruppo Farmaco sottodosato Endpoint combinato di morte cardiovascolare, IMA non fatale, icuts, ospedalizzazione per scompenso, ESRD: Ramipril (n. pz che hanno terminato lo studio = 1868) regressione da micro- a normoalbuminuria e da macroa microalbuminuria ai limiti della significatività (P < 0.07). ESRD: nessuna differenza tra i due gruppi Outcomes e Risultati TABELLA I - CARATTERISTICHE DI 4 METANALISI, 1 REVISIONE COCHRANE E 20 RCT SULL’UTILIZZO DI ACE-I, SARTANI E LORO ASSOCIAZIONE NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE (segue) Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche 45 pz con nefropatie croniche, Clcr 95 ± 33 mL/min, proteinuria > 2 g/die, rapporto proteinuria/creatininuria 3.8 ± 2.4 g/g 263 pz con nefropatia non diabetica, proteinuria > 0.3 g/die; GFR calcolato 20-70 mL/min/1.73m2 RCT; Ac: non chiaro; B: no; W: menzionati; Analisi ITT: sì RCT; Ac: non chiaro; B: sì W: menzionati; Analisi ITT: sì Luno J, 2002 (30) Nakao N, 2003 (16) Ac: allocation concealment; B: blinding; W: whitdrawals; ITT: intention-to-treat Partecipanti Metodi Autore ed anno Trandolapril 3 mg/die (86 pz) vs Losartan 100 mg/die (89 pz) vs associazione Trandolapril 3 mg/die + Losartan 100 mg/die (88 pz) Follow-up mediano: 2.9 anni Lisinopril fino a 40 mg/die (14 pz) vs Candesartan fino a 32 mg/die (15 pz) vs associazione Lisinopril (fino a 20 mg/die) + Candesartan (fino a 16 mg/die) (16 pz) Follow-up: 6 mesi Interventi Note Variazioni proteinuria: Trandolapril (mediana - 44.3%; Losartan (mediana - 42.1%); associazione Trandolapril + Losartan - 75.6% Raddoppio della creatininemia o ESRD: Trandolapril 20/85 (23%); Losartan 20/86 (23%); associazione Trandolapril + Losartan 10/85 (11%) Ottimo disegno sperimentale Scarsa numerosità, dosi doppie Variazioni nella terapia di combinazione, proteinuria/creatininuria: Lisinopril -50% (IC 95% da -9 PA uguale nei 3 gruppi a -90, p = 0.013), Candesartan - 48% (IC 95% da -32 a - 63, p < 0.001), associazione -70% (IC 95% da -57 a -83, p < 0.001) Outcomes e Risultati TABELLA I - CARATTERISTICHE DI 4 METANALISI, 1 REVISIONE COCHRANE E 20 RCT SULL’UTILIZZO DI ACE-I, SARTANI E LORO ASSOCIAZIONE NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE (segue) Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche S73 Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche tivi a 1590 soggetti. Anche in questo caso una percentuale significativamente inferiore di soggetti trattati con ACE-I ha raggiunto l’uremia terminale rispetto ai controlli. L’andamento della proteinuria non è stato considerato. La meta-analisi di Gansevoort et al. (3) ha preso in considerazione solo l’andamento della proteinuria. Gli ACE-I riducevano in media la proteinuria del 39.9% rispetto al 17.0% nei gruppi di controllo. Infine Kshirsagar et al. (4) hanno effettuato una meta-analisi su 16 RCT; 7 degli RCT considerati includevano pazienti con IRC e proteinuria da cause diverse (30% dei soggetti erano diabetici). L’analisi di questi studi ha mostrato una riduzione del rischio relativo per il raddoppio della creatininemia o per l’ESRD del 40% per i soggetti trattati con ACE-I rispetto al placebo. Oltre agli studi di metanalisi sono stati selezionati 14 RCT pubblicati dopo il 1999, le cui caratteristiche principali sono descritte in dettaglio nella Tabella I. Solo 5 RCT rispondevano ai requisiti di qualità metodologica, quali corretto “allocation concealment”, “blinding”, descrizione “withdrawals” e “dropouts”, analisi “intention-to-treat”. Nella maggior parte di questi RCT la terapia con ACE-I risulta efficace nel rallentare la progressione delle nefropatie croniche non diabetiche verso l’ESRD e nel ridurre significativamente la proteinuria. ACE inibitori nella nefropatia diabetica (Tab. I) L’evidenza principale per questa Linea Guida deriva dalla revisione Cochrane di Strippoli et al. (19), comprendente 39 RCT per un totale di 4008 pazienti. L’analisi combinata dei dati provenienti da 9 RCT (1907 pazienti) ha mostrato una modesta riduzione del rischio di raggiungere l’ESRD nei pazienti trattati con ACE-I rispetto al placebo (RR 0.64; IC 95% 0.40-1.03); debole l’evidenza anche per il rischio di raggiungere il raddoppio della creatininemia rispetto al basale (8 RCT, 1868 pazienti; RR 0.60; IC 95% 0.34-1.05). È importante sottolineare che queste due analisi hanno incluso non solo pazienti con nefropatia conclamata, ma anche pazienti con sola microalbuminuria, che hanno un basso rischio di progredire nel breve verso l’insufficienza renale. L’analisi di 16 RCT (2010 pazienti) ha mostrato una riduzione significativa del rischio di progressione dalla microalbuminuria alla macroalbuminuria (RR 0.45; IC 95% 0.28-0.71), mentre quella di 15 RCT (1888 pazienti) ha mostrato un aumento significativo della probabilità di regressione dalla microalbuminuria a normoalbuminuria (RR 3.42; IC 95% 1.95-5.99) mediante ACE-I. Il confronto indiretto tra ACE-I e sartani non ha mostrato differenze significative sul rischio di progressione (ESRD o raddoppio della creatininemia), né sul passaggio da microalbuminuria a macroalbuminuria. Tuttavia quest’analisi è fortemente limitata dal fatto che gli RCT con maggior peso e terapia con sartani hanno incluso pazienti con nefropatia conclamata, mentre il peso maggiore nell’analisi sugli ACE-I è dato dallo studio MICRO-HOPE (36), che ha inve- S74 ce arruolato pazienti normo o microalbuminurici. Anche la meta-analisi di Kshirsagar et al. (4), già menzionata precedentemente, ha mostrato risultati analoghi. Successivamente alla revisione Cochrane di Strippoli et al. (19) sono stati pubblicati 4 RCT (20-23); 3 di questi hanno analizzato pazienti con microalbuminuria, mentre uno ha considerato soggetti sia micro- che macroalbuminurici. Lo studio DIABHYCAR (20) non ha evidenziato un effetto significativo, probabilmente a causa dei bassi dosaggi utilizzati. Lo studio DETAIL (23) e NESTOR (21) hanno evidenziato un effetto simile tra ACE-I e, rispettivamente, sartani e calcio-antagonista diidropiridinico sull’albuminuria. Jerums et al. (22) hanno studiato 77 pazienti normotesi con diabete di tipo 2 e microalbuminuria, randomizzati a ricevere perindopril, nifedipina o placebo. Nel primo anno si osservava una riduzione significativa dell’albuminuria solo nel gruppo perindopril; da segnalare la scarsa numerosità dei singoli gruppi. Sartani nelle nefropatie non diabetiche (Tab. I) Sono disponibili 4 RCT (13, 15, 16, 24); solo 2 RCT rispondono ai requisiti di qualità metodologica (corretto “allocation concealment”, “blinding”, descrizione “withdrawals” e “dropouts”, “analisi intention-to-treat”). L’evidenza principale arriva dallo studio di Nakao et al. (16), che hanno effettuato un RCT su 263 pazienti con nefropatie croniche proteinuriche, randomizzati a ricevere trandolapril, losartan o la combinazione dei due. Il followup mediano è stato di 2.9 anni. Una percentuale analoga di pazienti ha raggiunto l’endpoint combinato di raddoppio della creatininemia o di ESRD nel gruppo trattato con trandolapril e losartan; l’entità di riduzione della proteinuria era anch’essa simile nei due gruppi. Sartani nella nefropatia diabetica (Tab. I) L’evidenza principale per questa Linea Guida deriva dalla già descritta revisione Cochrane (19). Tra i 39 RCT inclusi nella meta-analisi, solo 4 RCT hanno paragonato i sartani al placebo ed eventualmente altra terapia antipertensiva, per un totale di 3331 pazienti con diabete di tipo 2 (Tab. I). Due di questi studi, RENAAL (37) e IDNT (38), hanno arruolato soggetti con IRC e macroalbuminuria, mentre gli altri tre hanno considerato soggetti microalbuminurici (39-41). L’analisi su 3251 pazienti, provenienti da 3 RCT, ha evidenziato una riduzione significativa sia del rischio di ESRD (RR 0.78; IC 95% 0.67-0.91) che di raddoppio della creatininemia (RR 0.79; IC 95% 0.67-0.93). Da segnalare che nello studio di Parving et al. (41), comprendente solo pazienti microalbuminurici ed inclusi in questa analisi, nessun paziente in entrambi i gruppi ha avuto il raddoppio della creatininemia o raggiunto l’ESRD. I sartani si sono dimostrati efficaci nel ridurre il rischio di progressione dalla microalbuminuria a macroalbuminuria (3 RCT, 761 Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche pazienti; RR 0.49; IC 95% 0.32-0.75); tra i tre studi considerati per quest’analisi, lo studio di Parving et al. (41) aveva un peso preponderante (81.78%). Infine l’analisi combinata di 2 RCT (40, 41), per un totale di 670 pazienti, ha mostrato un effetto significativo dei sartani nell’aumentare la probabilità della regressione dalla microalbuminuria a normoalbuminuria (RR 1.42; IC 95% 1.05-1.93). Anche in questa analisi lo studio di Parving et al. (41) ha avuto un peso preponderante (96.28%). Globalmente, il livello di evidenza dato da questa revisione sullo specifico quesito è limitato dallo scarso numero di studi disponibili (pur in presenza di un elevato numero di pazienti) e dal fatto che singoli studi hanno un peso preponderante sull’analisi. Non ci sono dati a disposizione riguardo ai soggetti con diabete di tipo 1. Dopo il settembre 2003 è stato pubblicato un solo RCT (23) che ha paragonato la terapia con ACE-I a quella con sartani in una popolazione di soggetti con diabete di tipo 2 e albuminuria, circa l’80% con microalbuminuria, gli altri con macroalbuminuria. Dopo 5 anni di follow-up il telmisartan è risultato equivalente all’ACE-I sulla velocità di declino del GFR. Non ci sono differenze tra i due gruppi per quanto riguarda le variazioni dell’albuminuria. Nessun paziente ha raggiunto l’uremia terminale nei due gruppi. Calcioantagonisti nelle nefropatie croniche (Tab. II) L’evidenza principale per questo quesito proviene principalmente dalla meta-analisi di Bakris et al. (25), che ha raccolto dati provenienti da 28 RCT con almeno 6 mesi di follow-up. Di questi, 21 RCT hanno utilizzato calcio-antagonisti diidropiridinici (CAD), 6 hanno utilizzato calcio-antagonisti non-diidropiridinici (CAND) e uno ha utilizzato entrambe le classi di farmaci. Dall’analisi di 23 RCT con dati di proteinuria (510 pazienti), a parità di riduzione della pressione arteriosa, è emersa una riduzione media della proteinuria significativa solo dopo trattamento con CAND (-30%), mentre i CAD non sembrano modificarla. Dopo aggiustamento per dimensione del campione, durata dello studio e variazione della pressione sistolica, la differenza di effetto antiproteinurico medio tra le due classi non è risultata statisticamente significativa. Dato il piccolo numero di studi che hanno utilizzato CAND, questa meta-analisi non riesce a fornire risultati sull’effetto dei CAND nel rallentare la progressione delle nefropatie. Dopo questa meta-analisi (25) sono stati pubblicati 6 RCT (14, 17, 22, 26-28), riportati in Tabella II. Risponde ai requisiti della nostra Linea Guida solo uno (17) dei 6 RCT, che ha paragonato enalapril e manidipina. Quest’ultima non determinava una variazione significativa dei livelli di proteinuria dopo 6 mesi di follow-up (da 1.6 ± 1.59 a 1.62 ± 1.79 g/die); non ci sono state differenze significative tra i due gruppi per quanto riguarda la funzionalità renale. Terapie di associazione Associazione ACE-I e sartani nelle nefropatie croniche (Tab. I) È stata effettuata una meta-analisi sull’argomento, pubblicata solo in forma di abstract (29). Essa ha considerato 11 RCT, che includevano 466 pazienti con nefropatie prevalentemente non diabetiche. L’analisi combinata delle variazioni della proteinuria ha evidenziato una riduzione media del 64.6 ± 12.1% con la terapia di combinazione rispetto al 37.7 ± 12.8% con l’ACE-I da solo. Non è stata effettuata un’analisi sul rallentamento della progressione della nefropatia. Degli altri 3 RCT riportati in Tabella IV, solo lo studio COOPERATE (16), già citato, soddisfa i criteri di “allocation concealment”, “blinding”, segnalazione dei pazienti persi al “follow-up” e analisi statistica “intention-to-treat”. Dopo un follow-up mediano di 2.8 anni, i pazienti trattati con la terapia di associazione raggiungevano l’endpoint combinato di raddoppio della creatininemia o ESRD in una percentuale significativamente inferiore rispetto ai pazienti trattati con losartan o trandolapril in monoterapia. Analogo il controllo dei valori pressori nei tre gruppi. La terapia di associazione determinava una riduzione significativamente maggiore della proteinuria mediana rispetto ai due farmaci in monoterapia. Associazione ACE-I e calcio antagonisti nelle nefropatie croniche (Tab. II) L’evidenza principale proviene da 6 RCT (6, 11, 31-34) pubblicati tra il 1998 e il 2005. Di questi, due hanno studiato pazienti con diabete di tipo 2. In 3 RCT (11, 31, 32) l’associazione prevedeva un CAND, negli altri 3 RCT era presente un CAD (6, 33, 34). Lo studio REIN-2 ha confrontato la terapia con ramipril rispetto alla sua associazione con felodipina in 338 pazienti affetti da nefropatie croniche (34). Nel corso di un follow-up mediano di 19 mesi un’analoga percentuale nei due gruppi ha raggiunto l’ESRD. Scopo primario dello studio era paragonare due target pressori e non i diversi farmaci antipertensivi. Nello studio PROCOPA (11) 119 pazienti con nefropatie primitive sono stati randomizzati a ricevere trandolapril, atenololo, verapamil o l’associazione verapamil + trandolapril allo stesso dosaggio per 6 mesi. La proteinuria si è ridotta significativamente, ma in modo analogo, nel gruppo trattato con trandolapril o con l’associazione verapamil + trandolapril. In un RCT in aperto, Herlitz et al. (33) hanno paragonato la terapia di associazione ramipril-felodipina alle due monoterapie (a dosaggio maggiore rispetto all’associazione) in 165 pazienti con nefropatie non diabetiche. Nel gruppo trattato con l’associazione, la velocità di progressione dell’IRC (clearance dell’iohexolo) e la variazione della proteinuria è stata analoga a quanto riscontrato nel gruppo trattato con il solo ACE-I. I 2 RCT che hanno preso in con- S75 S76 Partecipanti 28 RCT, 1338 pz con nefropatie croniche diabetiche e non (1081 esclusi per valori mancanti) 21 pz. con sindrome nefrosica steroido-resistente 28 pz con nefropatie croniche diabetiche e non 117 pz con nefropatie croniche diabetiche e non, creatininemia < 3 mg/dL, Proteinuria ≥ 0.5 g/die, Ipertensione 30 pz con nefropatia diabetica tipo 2 Metodi Meta-analisi RCT RCT; Ac: non chiaro; B: no; W: non menzionati; Analisi ITT: no RCT; Ac: non chiaro; B: no; W: menzionati; Analisi ITT: no RCT Autore ed anno Bakris GL, 2004 (25) Kumar NS, 2004 (26) Kojima S, 2004 (27) Iino Y, 2004 (28) Bakris GL, 1992 (31) Proteinuria: Ramipril: da 6.3 ± 1.9 a 1.8 ± 1.8 g/die, Verapamil: da 5.3 ± 1.9 a 2.7 ± 1.9 g/die Proteinuria: CAND riduzione del 30% (IC 95% 10-54, p = 0.01), CAD nessun effetto (+2%) Outcomes e Risultati Lisinopril 10-49 mg vs Verapamil SR 240-480 mg/die vs Lisinopril (10-25 mg/die) + Verapamil SR (187 mg/die) vs Idroclorotiazide (12.5-25 mg/die) + guanfacina 1-3 mg/die) Follow up: 12 mesi Durata: 12 mesi Losartan 25-100 mg/die (58 pz) vs Amlodipina 2.5-5 mg/die (59 pz) Durata: 12 mesi Albuminuria: riduzione maggiore dell’associazione Lisinopril + Verapamil (78 ± 7%) rispetto Lisinopril (59 ± 4%; p < 0.05) GFR: riduzione inferiore dell’associazione (0.28 ± 0.07 mL/min) rispetto a Lisinopril (0.69 ± 0.12 mL/min; p <0.05); Variazione proteinuria: riduzione significativa con Losartan (a 3, 6, e 12 mesi del 20.7, 35.2 e 35.8%) Variazione PA: analoga riduzione. Cilnidipina 10 mg/die (14 pz) Variazione proteinuria: vs Amlodipina 5 mg/die (14 pz) aumento con Amlodipina Ramipril (11 pz) vs Verapamil (10 pz) Durata: 12 mesi Durata: almeno 6 mesi 21 RCT con CAD, 6 con CAND, 1 entrambi Interventi Popolazione eterogenea Alcuni pazienti erano in trattamento con ACE-I segue Maggiore riduzione PA con Ramipril Note TABELLA II - CARATTERISTICHE DI UNA METANALISI E 6 RCT* SULL’USO DEI CALCIO ANTAGONISTI (CAD/CAND) NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche * Altri 6 RCT sono riportati in Tab. I: Herlitz H, 2001 (8), Petersen LJ, 2001 (6), PROCOPA Study Group 2002 (11), Hayashi K, 2003 (14), Del Vecchio L, 2004 (17), Jerums G, 2004 (22). CAD: calcio-antagonisti diidropiridinici; CAND: calcio-antagonisti non diidropiridinici Ac: allocation concealment; B: blinding; W: whitdrawals; ITT: intention-to-treat ESRD: Ramipril (basso target Scopo primario confronto due PA) 38/167 (23%); Ramipril + target PA diversi in pazienti in Felodipina (target PA ACE-I convenzionale) 34/168 (20%, p = 0.99) 338 pz con nefropatie non diabetiche, Clcr 38 mL/min, proteinuria 2.9 g/die RCT Ruggenenti P, 2005 (34) Ramipril 2.5-5 mg/die vs Ramipril 2.5-5 mg/die + Felodipina 5-10 mg/die Follow-up: 19 mesi Variazione proteinuria: Dose media dell’associazione riduzione maggiore nel gruppo significativamente inferiore Trandolapril +Verapamil (-62 rispetto ai singoli farmaci ± 10%) rispetto a Trandolapril (-33 ± 8%; p < 0.001) e Verapamil (-27 ± 8%; p < 0.001) 37 pz con nefropatia diabetica tipo 2, creatininemia 1.4 ± 0.3 mg/dL, proteinuria 1.3 ± 0.3g/dL RCT Bakris GL, 1998 (32) Verapamil 180-360 mg/die vs Trandolapril 2-8 mg/die vs Verapamil (180-240 mg/die+ Trandolapril (2-4 mg/die) Follow-Up Note Outcomes e Risultati Interventi Partecipanti Metodi Autore ed anno TABELLA II - CARATTERISTICHE DI UNA METANALISI E 6 RCT* SULL’USO DEI CALCIO ANTAGONISTI (CAD/CAND) NELLE NEFROPATIE CRONICHE DIABETICHE E NON DIABETICHE (segue) Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche siderazione soggetti diabetici (tipo 2) sono del gruppo di Bakris, entrambi su un esiguo numero di pazienti (31, 32). Sintesi conclusiva dell’evidenza 1) La terapia con ACE-I risulta efficace nel rallentare la progressione delle nefropatie croniche non diabetiche verso l’ESRD e nel ridurre significativamente la proteinuria (livello 1). L’interpretazione dei risultati della maggior parte degli studi è limitata dal fatto che il gruppo sperimentale ha ottenuto valori pressori più bassi rispetto al gruppo di controllo. Analisi secondarie suggeriscono che, anche dopo aggiustamento per i valori pressori, gli ACE-I mantengono un’efficacia renoprotettiva superiore rispetto agli altri antipertensivi e che, maggiore è la proteinuria, maggiore è l’efficacia degli ACE-I nel rallentare la progressione. 2) Gli ACE-I riducono, anche se moderatamente, il rischio di progressione della nefropatia diabetica verso l’endpoint combinato del raddoppio della creatininemia o dell’ESRD (livello 1). L’inclusione nella revisione sistematica (19) di pazienti con sola microalbuminuria, e quindi con basso numero di eventi, può avere ridotto l’entità dell’effetto della terapia con ACE-I in questa popolazione. La mancanza di un’analisi separata per tipo di diabete non consente di effettuare raccomandazioni specifiche al diabete di tipo 1 o 2. La terapia con ACE-I ha un effetto significativo nel ridurre il rischio di progressione da microalbuminuria a macroalbuminuria e di aumentare la probabilità di regressione da microalbuminuria a normoalbuminuria (livello 1). 3) La terapia con sartani sembra avere un’efficacia analoga agli ACE-I nel rallentare la progressione delle nefropatie croniche non diabetiche verso l’ESRD e nel ridurre la proteinuria (livello 2). Va sottolineato che i risultati si riferiscono ad una popolazione selezionata (50% con glomerulonefrite cronica). 4) La terapia con sartani riduce significativamente il rischio di raggiungere l’endpoint combinato del raddoppio della creatininemia o dell’ESRD nella nefropatia diabetica (livello 1). I sartani sono efficaci anche nel ridurre il rischio di progressione da microalbuminuria a macroalbuminuria e nell’aumentare la probabilità di regressione da microalbuminuria a normoalbuminuria (livello 1). Non ci sono dati in merito al diabete di tipo 1. È stata evidenziata un’efficacia analoga dei sartani rispetto agli ACE-I nell’influenzare la velocità di riduzione del GFR e la microalbuminuria (livello 2). 4) I CAND sembrano avere un effetto antiproteinurico significativo (livello 1); tuttavia tale significatività si perde dopo aggiustamento dell’analisi per dimensione del campione, durata dello studio e variazione della pressione arteriosa sistolica. Non ci sono dati disponibili in merito all’effetto dei CAND nel rallentare la progressione delle nefro- S77 Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche patie. I CAD non hanno effetto antiproteinurico significativo (livello 1) e non rallentano la progressione delle nefropatie (livello 2). 5) La terapia combinata ACE-I e sartani riduce significativamente la proteinuria e la progressione delle nefropatie croniche non diabetiche rispetto agli stessi farmaci in monoterapia (livello 2). La forza di tale evidenza è limitata dal fatto che proviene da un solo RCT (16) e che l’unica meta-analisi effettuata sull’argomento è stata pubblicata sotto forma di abstract (29). Nella nefropatia diabetica non sono stati effettuati per ora studi con più di 6 mesi di follow-up. 6) Non esistono studi di meta-analisi che abbiano analizzato l’associazione ACE-I e calcio-antagonisti. Gli RCT effettuati hanno tutti una numerosità limitata e frazionata ulteriormente nei 3 o 4 gruppi di randomizzazione. I dati sono discordanti e quindi non è possibile fare alcuna raccomandazione basata sull’evidenza. Implicazioni per la pratica clinica Il trattamento dell’ipertensione arteriosa e la riduzione della proteinuria sono ad oggi i soli interventi terapeutici (oltre alla terapia mirata della nefropatia di base) in grado di rallentare con certezza la progressione dell’IRC. Nelle nefropatie non diabetiche la terapia con ACE-I risulta efficace nel rallentare la progressione verso l’ESRD e ridurre significativamente la proteinuria, ad eccezione dei pazienti affetti da malattia renale policistica. Gli ACE-I si sono dimostrati relativamente sicuri nei pazienti affetti da IRC di grado lieve e moderato; la maggior parte di essi presenta un’iniziale compromissione della funzione renale, seguita poi da un rallentamento del declino della funzione renale. Quando l’aumento della creatininemia è > del 20-30% è utile sospendere il farmaco e deve essere sospettata la presenza di stenosi dell’arteria renale. Utile il controllo periodico anche della potassiemia. L’aggiunta di un diuretico tiazidico o dell’ansa riduce il rischio d’iperkaliemia. Un recente lavoro, pubblicato dopo la stesura di queste Linee Guida, indica che gli ACE-I sono relativamente sicuri ed efficaci anche nelle fasi più avanzate dell’IRC (42). La terapia con sartani sembra avere un’efficacia analoga agli ACE-I nel rallentare la progressione delle nefropatie croniche non diabetiche verso l’ESRD e nel ridurre la proteinuria. I sartani sono da considerare una valida alternativa agli ACE-I, soprattutto quando gli ACE-I non sono tollerati. Analogamente agli ACE-I, presentano il rischio di un peggioramento dell’IRC e d’iperkaliemia. La terapia combinata ACE-I e sartani riduce significativamente la progressione delle nefropatie croniche non diabetiche e la proteinuria rispetto alla monoterapia. Gli ACE-I e i sartani riducono il rischio di progressione della nefropatia diabetica verso l’ESRD e da microalbuminuria a macroalbuminuria, aumentando la probabilità di S78 regressione da microalbuminuria a normoalbuminuria, principalmente nel diabete di tipo 2. Il confronto tra ACE-I e sartani in pazienti con diabete di tipo 2 e microalbuminuria ha mostrato analoga efficacia dei due farmaci; mancano dati nella nefropatia conclamata. L’associazione delle due classi è probabilmente efficace. I CAND sembrano avere un effetto antiproteinurico clinicamente significativo, ma non ci sono evidenze che questo comporti un rallentamento della progressione verso l’ESRD. Non è quindi possibile una raccomandazione nella pratica clinica. I CAD non riducono la proteinuria né la velocità di progressione delle nefropatie. L’utilizzo di determinate classi di farmaci antipertensivi a scopo renoprotettivo non può prescindere dal raggiungimento di un target pressorio adeguato. Dati provenienti da diverse analisi secondarie hanno evidenziato come più alti sono i valori pressori (in particolare la pressione sistolica e la pressione pulsatoria), maggiore è la velocità di progressione delle nefropatie (35, 43); all’opposto, il raggiungimento di un target pressorio adeguato, soprattutto in presenza di proteinuria, riduce la velocità di progressione delle nefropatie (44). La maggior parte delle Linee Guida internazionali consigliano di raggiungere una pressione < 130/80 mmHg, rimanendo però cauti nel ridurre la sistolica al di sotto di 110 mmHg (45). La mortalità cardio-vascolare rende conto di più del 50% della mortalità dei pazienti in trattamento emodialitico sostitutivo, con un’incidenza di morte secondaria a patologia cardiaca 5-10 volte superiore rispetto alla popolazione generale. Anche per questo motivo, il controllo dei valori pressori durante il trattamento conservativo dell’insufficienza renale è particolarmente importante. Sono in genere necessari diversi farmaci per ottenere un adeguato controllo dei valori pressori, soprattutto nei pazienti con IRC. I farmaci antipertensivi delle varie classi vanno aggiunti progressivamente, a seconda del giudizio del curante, per ottenere un adeguato controllo dei valori pressori. I pazienti con IRC presentano spesso un’ipertensione arteriosa volume dipendente. Per tale motivo è utile spesso associare la terapia diuretica. I diuretici tiazidici non sono efficaci con valori di filtrato glomerulare inferiore a 30 mL/min, mentre i diuretici risparmiatori di potassio vanno evitati per il rischio d’iperpotassiemia. Da preferire quindi i diuretici dell’ansa. Applicabilità In Italia non esistono stime precise sulla prevalenza d’IRC in fase conservativa e d’ipertensione arteriosa in questa popolazione e, pertanto, non è possibile stimare l’effetto dei farmaci antipertensivi a scopo renoprotettivo. La maggior parte dei dati ottenuti nei singoli studi considerati in queste Linee Guida sembrano comunque applicabili alla realtà italiana, in quanto 2 RCT multicentrici Italiani, USA USA Europa Inghilterra USA Internazionale Italia Europa K-DOQI: Kidney Disease Outcomes Quality Initiative (45) JNC 7: The Seventh Report of the Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure (51) European Society of Hypertension (52) British Hypertension Society (53) American Diabetes Association (54) International Diabetes Federation (55) Società Italiana di Nefrologia (56, 57) European Best Practice Guidelines - 2003 2005 2005 2004 2003 2003 2004 Anno CAD: calcio-antagonisti diidropiridinici; CAND: calcio-antagonisti non diidropiridinici Nazione Linea Guida TABELLA III - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA Non diabetiche: Nessuna Linea Guida Diabetiche: Nessuna Linea Guida Non diabetiche: ACE-I prima scelta Diabetiche: ACE-I nel diabete tipo 1, Sartani nel diabete tipo 2 Diabetiche: ACE-I o Sartani indifferentemente Diabetiche: ACE-I nel tipo 1, ACE-I o Sartani nel tipo 2 per prevenire progressione a macroalbuminuria, Sartani nel tipo 2 per prevenire progressione Non diabetiche: ACE-I, vago. Forse non efficaci i Sartani Diabetiche: ACE-I (o Sartani) nel tipo 1, Sartani nel tipo 2 Non diabetiche: ACE-I prima scelta Diabetiche: ACE-I nel tipo 1, Sartani nel tipo 2 Non diabetiche: ACE-I e Sartani, vago Diabetiche: ACE-I e Sartani, vago Diabetiche: Diabete tipo 1 con macroalbuminuria: ACE-I (forte), Sartani (debole); diabete tipo 2 con macroalbuminuria: Sartanici (forte), ACE-I (debole). I diuretici possono potenziare l’effetto di ACE-I e Sartani (mediamente forte). CAND con effetto antiproteinurico analogo a ACE-I e Sartani (forte) Non diabetiche: ACE-I più efficaci rispetto agli altri antipertensivi (forte), specialmente se proteinuria. Sartani forse più efficaci rispetto agli altri antipertensivi (debole). I diuretici possono potenziare l’effetto di ACE-I e Sartani (mediamente forte). Combinazione ACE-I e Sartani forse più efficace rispetto alla monoterapia (debole). CAND con effetto antiproteinurico analogo a ACE-I e Sartani (forte) Raccomandazioni su antipertensivi e nefropatie croniche Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche S79 Farmaci antipertensivi per la prevenzione della progressione delle nefropatie croniche l’AIPRI (46) ed il REIN (47, 48) hanno contribuito in modo significativo alla dimostrazione dell’efficacia degli ACE-I nelle nefropatie non diabetiche; anche i 2 RCT che hanno studiato il ruolo dei sartani nella nefropatia diabetica conclamata di tipo 2, RENAAL e IDNT (37, 38), condotti a livello internazionale, hanno incluso una certa percentuale di pazienti italiani. I dati disponibili sulla terapia d’associazione ACE-I e sartani sono stati invece ottenuti principalmente in soggetti giapponesi, prevalentemente affetti da glomerulonefrite cronica e, quindi, non sono necessariamente applicabili alla popolazione italiana e a soggetti con altre nefropatie (in particolare nefropatia diabetica). Implicazioni per la ricerca Molto è già stato fatto in merito all’utilizzo dei farmaci antipertensivi a scopo renoprotettivo. Rimangono tuttavia ancora alcuni quesiti irrisolti o non ancora completamente chiariti, che potranno essere aree di ricerca futura. Non è chiaro se gli ACE-I siano efficaci nella malattia renale policistica; sarebbe quindi utile testare meglio gli ACE-I o i sartani in questa patologia. Attualmente è in corso uno studio multicentrico Italiano, volto a chiarire se gli ACE-I e i sartani sono efficaci nei pazienti con nefropatia ad IgA e proteinuria < 1 g/die (49). Manca inoltre un chiaro confronto su larga scala, sia “testa a testa” tra ACE-I e sartani, sia sull’associazione delle due classi nelle nefropatie diabetiche (separando il tipo 1 dal tipo 2) e non diabetiche. Eventuali studi sull’argomento dovranno ottenere un controllo dei valori pressori equivalente nei diversi gruppi e utilizzare lo stesso dosaggio del farmaco, sia in monoterapia sia durante l’associazione. Rimane ancora da definire se dosaggi sovramassimali di ACE-I o sartani possono avere un effet- to maggiore rispetto ai dosaggi tradizionali. Infine, poiché recenti segnalazioni indicano un possibile ruolo della terapia con antagonisti dell’aldosterone nel ridurre la proteinuria e la progressione delle nefropatie (50), occorrerà testare tali farmaci, sia da soli, che in associazione agli ACE-I o sartani, tenendo presente il rischio d’iperkaliemia connesso al loro utilizzo. Altre Linee Guida La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali, sebbene le Linee Guida basate sulle evidenze siano poche. Nella Tabella III è schematizzato il contenuto delle Linee Guida di altre Società Scientifiche (45, 51-57). Ringraziamenti Si ringraziano la Dr.ssa S. Tedoldi (U.F. Ipertensione e Nefrologia Preventiva, IRCCS Policlinico Multimedica, Sesto San Giovanni, (MI) e la Dr.ssa C. Bonifati (Bari) per il prezioso aiuto nella ricerca bibliografica, nell’analisi statistica e nella stesura delle Tabelle. Indirizzo degli Autori: Dr.ssa Lucia Del Vecchio Unità d’Ipertensione e Nefrologia Preventiva IRCCS Multimedica Via Milanese, 300 20099 Sesto San Giovanni (MI) e-mail: [email protected] Bibliografia 1. Jafar TH, Schmid CH, Landa M, et al. Angiotensin-Converting Enzyme inhibitors and progression of nondiabetic renal disease. 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In the present guideline, evidence of the efficacy of statins in chronic kidney disease patients (CKD, non-dialysis patients) is presented. Methods. SR of RCT and RCT on statins in CKD (non-dialysis) patients were identified referring to a Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update). Quality of SR and RCT was assessed according to current methodological standards. Results. Three SR and 36 RCT were found addressing this intervention issue. Methodological quality of the relevant RCT was suboptimal. There is no enough evidence to suggest that statins are associated with a significant reduction in the risk of serum creatinine doubling or of end-stage renal disease in CKD patients (evidence from SR and RCT). Statins compared to placebo or no treatment are associated with significant improvements in proteinuria (evidence from SR). Statins are also associated with significant reduction in the risk of cardiovascular events and mortality in CKD patients (evidence from SR and RCT) and in renal transplant recipients (evidence from RCT), and no significant increases in the risk of rhabdomyolysis and hepatotoxicity in CKD patients. Conclusion. Available evidence supports the hypothesis that statins should be recommended in CKD patients (non-dialysis patients) on the basis of significant evidence of cardiac and renal protection and no evidence of significant harms. Further studies are necessary to test this hypothesis in selected patient populations. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S83-90) KEY WORDS: Statins, Chronic kidney disease, Lipid lowering agents PAROLE CHIAVE: Statine, Nefropatie croniche, Farmaci ipolipemizzanti LINEA GUIDA Non è possibile formulare una raccomandazione definitiva sull’uso delle statine finalizzato al rallentamento della progressione dell’insufficienza renale nelle nefropatie croniche o “chronic kidney disease” (CKD), intesa come raddoppio della creatininemia o raggiungimento dell’uremia terminale o “end stage renal disease” (ESRD). Le statine si associano ad una significativa riduzione dei valori di proteinuria nei pazienti con CKD, in confronto col placebo o nessun trattamento (livello di evidenza 1). Le statine riducono il rischio di eventi cardiovascolari e della mortalità cardiovascolare e totale in soggetti nefropatici cronici (non in dialisi) in confronto col placebo o nessun trattamento (livello 1). Le statine riducono il rischio di eventi cardiovascolari e della mortalità cardiovascolare nei riceventi di trapianto di rene in confronto col placebo o nessun trattamento (livello 2). Non vi sono rilievi derivanti da studi randomizzati relativi ad un significativo aumento del rischio di rabdomiolisi ed epatotossicità nella popolazione nefropatica in trattamento con statine rispetto a placebo o nessun trattamento (livello 1). L’utilizzo delle statine è consigliabile in nefrologia e trapianto sulla base di significativa evidenza di cardio e nefroprotezione e dell’assenza di un documentato incremento significativo dei rischi di tossicità. © Società Italiana di Nefrologia S83 Statine per la prevenzione della progressione del danno renale Premesse Strategia di ricerca bibliografica La dislipidemia è di comune riscontro nei pazienti con malattia renale cronica o “chronic kidney disease” (CKD). Rispetto alla popolazione generale, nella CKD non-dialitica (stadio 1-4: filtrato glomerulare, GFR > 90 mL/min/1.73 m2 con albuminuria o GFR tra 90 e 15 mL/min/1.73 m2) risulta aumentata la frequenza delle principali anomalie del profilo lipidico (incremento dei livelli di lipoproteine a bassa -LDL- e bassissima densità -VLDL-, di trigliceridi e colesterolo totale e ridotti livelli di lipoproteine ad alta densità -HDL-). L’entità di tali alterazioni è maggiore nei pazienti proteinurici, ed in particolare in quelli con sindrome nefrosica (1, 2). In Italia, l’unico dato epidemiologico disponibile su un’ampia popolazione di pazienti con CKD non-dialitica ha evidenziato che in 1058 pazienti con GFR < 60 mL/min/1.73 m2, seguiti da almeno 12 mesi in 26 ambulatori di Nefrologia, la prevalenza di ipercolesterolemia (LDL > 100 mg/dL o colesterolo totale > 190 mg/dL) era pari al 60% e che solo il 20% di tali pazienti era in trattamento con statine (3). L’interesse sul potenziale nefroprotettivo delle statine nasce non solo dal dato epidemiologico, ma, soprattutto, dall’osservazione che l’ipercolesterolemia è un fattore predittivo della perdita progressiva di funzione renale in pazienti diabetici e non-diabetici, con e senza nefropatia pregressa (4-9). Inoltre, in modelli animali di malattia renale sono stati evidenziati effetti antiproliferativi ed antinfiammatori delle statine a livello sia del glomerulo che del distretto tubulo-interstiziale (10-13). In questa Linea Guida abbiamo esaminato i dati attualmente disponibili sull’efficacia delle statine sulla progressione del danno renale, intesa come raddoppio della creatininemia o raggiungimento dell’uremia terminale o “end stage renal disease” (ESRD). Sono stati inclusi i risultati delle revisioni sistematiche (livello di evidenza 1) e degli studi randomizzati controllati [(RCT) (livello 2)] condotti in pazienti nefropatici cronici in terapia conservativa o riceventi trapianto di rene, in cui fosse valutato l’effetto delle statine in confronto a placebo/nessun trattamento su GFR, escrezione urinaria di albumina/proteine, altri eventi renali. Sono stati inoltre considerati gli effetti su altri eventi “hard” quali la mortalità totale e/o cardiovascolare, gli eventi cardiovascolari non fatali, la tossicità (epatotossicità, rabdomiolisi). Sono stati esclusi da questa analisi gli studi condotti in soggetti affetti da ESRD in trattamento sostitutivo emodialitico o peritoneodialitico e gli studi con follow-up inferiore a 6 mesi in cui la probabilità che si verifichino eventi maggiori (es. mortalità, ESRD, altri) è ridotta. La ricerca bibliografica è stata eseguita con il ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT prodotti in nefrologia, dialisi e trapianto. Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline, Embase, numerosi altri database di studi clinici e la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di interesse Nefrologico e nelle pagine di bibliografica degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane. S84 Evidenza disponibile Descrizione degli studi La ricerca bibliografica ha permesso di individuare tre studi di meta-analisi (14-16) e 36 RCT (17-48) sull’utilizzo di farmaci ipolipemizzanti rispetto ad un placebo o non trattamento condotti in soggetti nefropatici cronici in terapia conservativa (CKD non-dialitica) o riceventi trapianto di rene. Le principali caratteristiche di questi studi sono riportate in Tabella I. Nel 2001, è stata pubblicata una meta-analisi di Fried et al. (14) che comprendeva 12 RCT (384 pazienti) pubblicati sull’argomento sino al 01/07/1999. Tutti i pazienti erano seguiti per almeno 3 mesi, ma solo in 5 studi la durata del follow-up era di almeno 1 anno. Il trattamento ipolipemizzante era rappresentato dalle statine in 10 RCT, gemfibrozil in uno studio e probucol in un altro. Nel 2004, è stata pubblicata come Atto di Congressi (ed attualmente in revisione per pubblicazione in “full-text”) una revisione Cochrane (15) che comprende 36 RCT di statine verso placebo o nessun trattamento in soggetti nefropatici cronici in terapia conservativa (19 RCT) o riceventi trapianto di rene (17). Nel giugno 2006 è stato pubblicato uno studio di Sandhu et al. (16) di meta-analisi di RCT condotti in soggetti nefropatici cronici in terapia conservativa. Qualità degli studi. La valutazione metodologica assume che ogni bias sia minimizzato in un RCT in presenza dei seguenti criteri: a) corretta segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”) dei pazienti prima dell’ingresso formale nello studio; b) adeguato mascheramento dei pazienti, dei clinici e degli outcome assessors (blinding); c) descrizione delle ragioni e del numero dei “withdrawals” e dei “dropouts” [perdite al follow-up (“lost to follow-up”)]; d) analisi statistica condotta per intenzione al trattamento (“intention-to-treat analysis”). La qualità di tutti gli studi analizzati in questa Linea Guida è riportata in Tabella II. Analisi statistica. L’analisi statistica ha valutato il rischio 20 20 20 40 40-80 40 20 Pravastatina Pravastatina Pravastatina Fluvastatina Fluvastatina Fluvastatina Lovastatina Trapianto di rene Cofan F, 2002 (46) Katznelson S, 1996 (33) Tuncer M, 2000 (34) Holdaas H, 2001 (36) Holdaas H, 2003 (40) Kosch M, 2003 (44) Gonzalez, 1996 Dose (mg/die) 20 20 10 40 20 80 40 20 10 10 10-20 10-40 20 20 40 10 40 0.2 10 Intervento (statina) Nefropatia cronica in terapia conservativa Yutaka, 1999 Pravastatina Zhang A, 1995 (32) Pravastatina Lee, 2002 Pravastatina PPP, 2004 Pravastatina Gheith OA, 2002 (19) Fluvastatina Lemos, 2005 Fluvastatina Buemi, 2000 Fluvastatina Lam KS, 1995 (21) Lovastatina Hommel E, 1992 (20) Simvastatina Thomas ME, 1993 (26) Simvastatina Nielsen S, 1993 (23) Simvastatina Rayner BL, 1996 (24) Simvastatina Tonolo G, 1997* (28) Simvastatina Baigent C, 2005 (30) Simvastatina Van dijk, 2001 (31) Simvastatina Stegmayr, 2005 (25) Atorvastatina Bianchi S, 2003 (18) Atorvastatina Nakamura T, 2002 (22) Cerivastatina Verma, 2005 Rosuvastatina Autore ed anno 12 4 12 3 60 36 32 6 3 6 60 12 36-48 6 24 3 6 9 24 12 12 2 24 12 6 5 Durata dello studio (mesi) 47 48 57 364 2102 26 6 57 20 63 16824 43 310 21 34 26 30 18 17 19 241 20 14 56 40 91 N. pazienti TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI ND 181.9 ± 8.1 ND 158.0 ± 4.2 216.6 ± 36.6 277.0 ± 6.0 263.5 ± 30.3 247.5 ± 5.3 ND 210 ± 23 ND ND 200.0 ± 33.0 ND 210.0 ± 3.3 226.6 ± 33.3 315.3 ± 79.0 223.3 ± 10.0 ND 223.3 ± 10.0 ND ND ND 306.0 ± 3.0 276.0 ± 58.0 224 ± 61 Livelli basali di colesterolo mg/dL (media ± DS) ND ND ND ND ND ND ND 64.4 ± 5.4 ND 85 ± 16 30.0 ± 89.9 98.8 ± 37 47.0 ± 7.0 ND 83.1 ± 9.5 64.0 ± 30.0 76.5 ± 36.5 96.6 ± 8.0 84.3 ± 10.5 97.0 ± 7.0 62.0 ± 55.4 > 50.0 < 30.0 56.0 ± 1.9 104 ± 10 42.3 ± 11.1 Livello basale del GFR ml/min /1.73 m2 (media ± DS) • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Assetto lipidico • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Mortalità ed eventi cardiaci Outcomes • • • • • • • • • • • • • • • Eventi renali • • • • • • • • • • • • • • • segue Tossicità Statine per la prevenzione della progressione del danno renale S85 S86 • • • • • • • • • • • • Tossicità Eventi renali • • • • • • • • • • • • 240.0 ± 30.0 161.8 ± 9.1 ND 165.0 ± 32.6 245.0 ± 37.0 5 10 5-10 10 10 20 10 Simvastatina Simvastatina Simvastatina Simvastatina Simvastatina Simvastatina Atorvastatina ND: non disponibile 10-20 20 10 Lovastatina Lovastatina Simvastatina Paczek L, 1997 (45) Sharma K, 2001 (37) Arnadottir M, 1994 (42) Martinez Hernandez BE 1993 (43) Kasiske BL, 2001 (35) Lepre F, 1999 (41) Santos AF, 2001 (39) Tuncer 2000 (34) Baigent C, 2005 (30) Renders L, 2001 (38) 2 3 3 6 12 12 3 22 105 49 62 57 133 20 253.0 ± 50.0 ND ND ND 63.4 ± 17.6 ND 36.0 ± 32.1 1.2 ± 0.6 • • • • • • • 33 65 40 ND 161.8 ± 9.1 270.0 ± 46.6 ND ND ND Mortalità ed eventi cardiaci Assetto lipidico 6 3 4 N. pazienti Dose (mg/die) Intervento (statina) Durata dello studio (mesi) relativo [“relative risk” (RR)] con intervalli di confidenza (IC) al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici e la differenza pesata tra le medie [“weighted mean difference” (WMD)] con IC al 95% per gli outcomes continui. Risultati Autore ed anno TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (segue) Livelli basali di colesterolo mg/dL (media + DS) Livello basale del GFR ml/min /1.73 m2 (media ± DS) Outcomes Statine per la prevenzione della progressione del danno renale Meta-analisi di Fried. Questa metanalisi comprende 12 RCT (14). Il trattamento ipolipemizzante è rappresentato dalle statine in 10 RCT, gemfibrozil in uno studio e probucol in un altro. L’intervento ipolipemizzante è associato con un minore declino del GFR rispetto ai controlli (WMD: 0.156 mL/min/mese; IC 95% 0.026-0.285 mL/min/mese, p= 0.008); si evidenzia inoltre una tendenza alla riduzione dell’escrezione urinaria di albumina o proteine dopo trattamento ipolipemizzante (p= 0.077). Il principale limite di questa meta-analisi consiste nella scarsità e nell’inadeguatezza metodologica di molti studi inclusi, sia per qualità generale che per la ridotta durata di follow-up ed esiguità del campione. Revisione Cochrane. Questa revisione sistematica (15) comprende 36 RCT di statine verso placebo o nessun trattamento in soggetti nefropatici cronici in terapia conservativa (19 RCT) o riceventi trapianto di rene (17 RCT). I risultati della meta-analisi mostrano una riduzione statisticamente significativa dei valori di proteinuria delle 24 ore in soggetti nefropatici cronici in trattamento con statine rispetto al placebo, evidenziando tuttavia una significativa eterogeneità presente tra gli studi inclusi nella meta-analisi. Inoltre la revisione documenta un miglioramento significativo dei valori di clearance della creatinina in soggetti trattati con statine rispetto al placebo, benché il rilievo non sia particolarmente forte; infatti i risultati sono in favore delle statine negli studi in cui i valori di clearance sono espressi in mL/min, ma non negli studi in cui questi valori sono riportati come mL/min/1.73 m2. Le statine rispetto al placebo si associano inoltre in maniera invariabile in tutti gli studi ad una significativa riduzione dei livelli a fine trattamento di colesterolo totale e colesterolo LDL e ad un incremento dei valori di colesterolo HDL. Un rilievo interessante è costituito dal fatto che le statine rispetto al placebo si associano ad una significativa riduzione della mortalità totale (16 RCT, 17695 pazienti, RR 0.81; IC 95% 0.73-0.89) e cardiovascolare (RR 0.80; IC 95% 0.70-0.90) nei soggetti nefropatici cronici. Nei riceventi di trapianto di rene non vi è una riduzione significativa del rischio di mortalità totale o cardiovascolare benché gli studi documentino un effetto favorevole delle statine. Per quanto attiene agli effetti su eventi cardiovascolari non fatali, le statine rispetto al placebo si associano ad una riduzione di rischio di circa il 20% tanto nei nefropatici cronici in terapia conservativa quanto nei riceventi trapianto di rene. Infine, non è stato individuato un incremento del rischio di epatotossicità o rabdomiolisi. Statine per la prevenzione della progressione del danno renale Meta-analisi di Sandhu. Questo studio di meta-analisi conclude che la terapia con statine riduce la proteinuria in maniera modesta e determina una lieve riduzione della progressione del danno renale, in particolare in soggetti cardiopatici (16). Commento. In genere i risultati degli RCT disponibili nelle nefropatie croniche e nel trapianto (17-48) ed i rilievi delle meta-analisi vanno interpretati con la giusta cautela a causa dei limiti metodologici; in particolare il numero di pazienti con CKD di grado medio-avanzato inclusi negli RCT disponibili è relativamente basso, le tecniche di randomizzazione ed “allocation concealment” sono non chiare nell’80% degli studi, l’uso del “blinding” e dell’analisi “intention-to-treat” è scarso, il follow-up breve (Tab. II). Infine, la maggior parte di questi studi sono basati su endpoints surrogati, quali assetto lipidico, valori di proteinuria e clearance della creatinina. TABELLA II - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI INDIVIDUATI Parametro di qualità RCT % Allocation concealment Adeguato 22 Non chiaro 51 Inadeguato 23 Blinding-Cieco Partecipanti 22 Ricercatori 22 Valutazione outcomes 22 Analisi “intention-to-treat” Sì 25 No 70 Non chiara 5 Perdite al follow-up (%) Sintesi dell’evidenza Sulla base delle evidenze disponibili, derivanti dalle revisioni sistematiche e dagli RCT, è possibile concludere che le statine rispetto al placebo si associano ad una significativa riduzione dei livelli di proteinuria delle 24 ore a fine trattamento, ad un possibile incremento dei valori di clearance della creatinina ed una significativa riduzione della mortalità totale e cardiovascolare nei nefropatici cronici in terapia conservativa e degli eventi cardiaci non fatali tanto nei nefropatici cronici quanto nei soggetti riceventi trapianto d’organo. Non appare evidente un incremento del rischio di tossicità epatica e/o muscolare. Tenendo presente che in ogni caso la riduzione dei livelli di proteinuria ed i valori della clearance della creatinina rappresentano endpoints surrogati dell’efficacia nefroprotettiva di qualsiasi intervento terapeutico in CKD, sarebbe utile avere a disposizione studi ad hoc sull’argomento basati sulla valutazione di endpoints quali l’ESRD per una valutazione definitiva sull’efficacia renoprotettiva. Resta il dato che l’efficacia cardioprotettiva di questi farmaci è stata comprovata anche in studi di interesse nefrologico e che questo effetto permette di supportarne l’adozione. Implicazioni per la pratica clinica Oggi si considera la dislipidemia (in particolare, livelli elevati di LDL) quale importante fattore di rischio per malattia cardiovascolare nella popolazione generale (49, 50). Molti pazienti dislipidemici non raggiungono il goal terapeutico con la sola modifica dello stile di vita (riduzione dell’introito di grassi saturi e colesterolo, aumento dell’attività fisica e riduzione del peso corporeo), rendendo pertanto necessario l’intervento farmacologico nella maggioranza dei casi (49, 50). Nei pazienti affetti da CKD 0< 10% 85 10< 20% 7 20< 40% 5 ≥ 40% 3 non-dialitica, il rischio cardiovascolare è sensibilmente maggiore rispetto alla popolazione generale (51, 52), ed in genere superiore al rischio di progressione del danno renale nelle nefropatie sia diabetiche che non-diabetiche (53, 54). Pertanto, oltre agli effetti nefroprotettivi, in accordo con le maggiori Linee Guida esistenti (Tab. III), la prescrizione di statine è indicata nelle nefropatie croniche quando i livelli di LDL risultino > 100 mg/dL dopo modifica dello stile di vita per tre mesi, avendo come target terapeutico un valore di LDL < 100 mg/dL (colesterolemia totale ≤ 200 mg/dL). Applicabilità I dati ottenuti negli studi sinora effettuati sono applicabili alla realtà Italiana, specialmente con l’introduzione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), nella Nota 13, dell’insufficienza renale cronica come fattore di rischio cardiovascolare. Implicazioni per la ricerca In base a quanto descritto, resta confermata la necessità di programmare ulteriori studi clinici, adeguati per dimensione del campione e durata di follow-up, mirati alla valutazione in pazienti con diversi gradi di disfunzione renale dell’effetto delle statine sulla progressione del danno S87 Statine per la prevenzione della progressione del danno renale TABELLA III - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA Linea Guida Nazione Anno Kidney Disease Outcomes Quality Initiative (K-DOQI) USA 2003 Nessuna raccomandazione per assenza di dati conclusivi (statine indicate per la prevenzione primaria e secondaria della malattia cardiovascolare) British Renal Association Inghilterra 2005 Nessuna raccomandazione per assenza di dati conclusivi (statine indicate per la prevenzione primaria e secondaria della malattia cardiovascolare) Canadian Society of Nephrology Canada 2003 Nessuna Linea Guida European Best Practice Guidelines Europa 2003 Nessuna Linea Guida Caring for Australians with Renal Impairment (CARI) Australia 2004 Gli studi sull’argomento suggeriscono che la terapia ipolipemizzante esercita un’azione benefica sulla progressione delle nefropatie; tuttavia, la maggioranza di questi studi presenta rilevanti limiti metodologici. I risultati sono pertanto da considerarsi preliminari Società Italiana di Nefrologia Italia 2003 Nessuna Linea Guida renale (endpoints: variazione di GFR e micro/macro albuminuria). È auspicabile che nuove informazioni su tale argomento vengano nel frattempo ottenute da analisi dello studio SHARP (Study of Heart and Renal Protection) attualmente in corso. Questo studio prospettico randomizzato e controllato arruolerà 6000 pazienti con CKD nondialitica. Scopo primario di questo studio, iniziato nel 2003 e con 4 anni previsti di follow-up, è la valutazione dell’efficacia di terapia ipocolesterolemizzante (ezetimibe e simvastatina vs placebo) sull’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori (55). Ringraziamenti Gli Autori ringraziano il Dr. S. Navaneethan (Rochester, NY), la Dr.ssa F. Pansini (Bari) e il Dr. F. Pesce (Bari) per la Raccomandazioni su antipertensivi e nefropatie croniche condivisione di dati relativi a studi di meta-analisi in corso e la collaborazione nell’analisi statistica e realizzazione delle Tabelle. Indirizzo degli Autori: Prof. Luca De Nicola Cattedra di Nefrologia II Università di Napoli Via M. Longo, 50 80138 Napoli e-mail: [email protected] Bibliografia 1. Kasiske BL. Hyperlipidemia in patients with chronic renal disease. Am J Kidney Dis 1998; 32 (Suppl. 3): S142-56. 2. Weiner DE, Sarnak MJ. Managing dyslipidemia in chronic kidney disease. J Gen Intern Med 2004; 19: 1045-52. 3. De Nicola L, Minutolo R, Chiodini P, et al. Global approach to cardiovascular risk in chronic kidney disease: reality and opportunities for intervention. Kidney Int 2006; 69: 538-45. 4. Krolewski AS, Warram JH, Christlieb AR. Hypercholesterolemia: a determinant of renal function loss and deaths in S88 IDDM patients with nephropathy. Kidney Int 1994; (Suppl. 45): S125-31. 5. 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Cianciaruso Erythropoietins and haemoglobin targets to prevent the progression of chronic kidney disease: guideline from the Italian Society of Nephrology Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of Systematic Reviews (SR) of Randomized Trials (RCT) or RCT data only. The present guideline reports evidence of the use of Erythropoietins (EPO) and/or optimal haemoglobin (Hgb) targets to delay Chronic Kidney Disease (CKD) progression. Methods. SR of RCT and RCT on EPO and different Hgb targets in CKD (pre-dialysis) were identified searching in the Cochrane Library and Renal Health Library (2005 update). Quality of SR and RCT was assessed according to current methodological standards. Results. Two SR (15 RCT) and 5 further RCT were found addressing the intervention issue. No significant evidence supporting the use of EPO compared with placebo/no treatment to prevent or delay CKD progression was found (evidence from SR). Progression rates do not appear to be affected by Hgb targets (evidence from SR). Methodological quality of included RCT was suboptimal. In diabetic patients not receiving renin-angiotensin-system inhibitors, early EPO treatment (when Hgb ≥ 9g/dL) with target Hgb ≥ 13g/dL as compared to delayed treatment initiation (Hgb < 9g/dL) is associated with reduced risk of disease progression, end-stage renal disease and death (evidence from RCT). Conclusion. In CKD patients not undergoing dialysis current evidence does not support the hypothesis that EPO treatment or optimal Hgb targets reduce the progression rate of the disease. Further studies are necessary to test this hypothesis in selected patient populations. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S91-8) KEY WORDS: Erythropoietin, Chronic Kidney Disease, Hemoglobin, Anemia, Progression PAROLE CHIAVE: Eritropoietina, Malattie Renali Croniche, Emoglobina, Anemia, Progressione LINEA GUIDA Nei soggetti affetti da insufficienza renale cronica in fase pre-dialitica non esiste evidenza a favore dell’ipotesi che l’utilizzo di eritropoietina (EPO) nei confronti del placebo o del non trattamento per la terapia dell’anemia ritardi la progressione del danno renale o posticipi la necessità di iniziare il trattamento dialitico (livello di evidenza 1). Inoltre la velocità di progressione della malattia renale cronica non è modificata dal target di emoglobina (Hgb) od ematocrito (livello 1). Recenti studi randomizzati confermano questi risultati in popolazioni di soggetti non selezionati (livello di evidenza 2). Nei soggetti non diabetici non trattati con ACE-inibitori o sartani, la terapia con EPO e target di Hgb ≥ 13 g/dL iniziata precocemente (quando Hgb ≥ 9 g/dL) rispetto ad un inizio tardivo (quando Hgb < 9 g/dL) potrebbe ridurre il rischio di progressione della malattia renale, di uremia terminale e di morte (livello 2). Premesse L’anemia è una complicanza comune dell’insufficienza renale cronica e si associa a perdita di appetito, aumentato senso di fatica, ridotte prestazioni fisiche e cognitive, e maggiore morbilità (1). Esiste una correlazione diretta tra livelli di emoglobina (Hgb) e deterioramento della funzione renale (2). La prevalenza dell’anemia nei soggetti con filtrato glomerulare [“glomerular filtration rate” (GFR)] < 25 mL/min, ma non ancora in trattamento sostitutivo, arriva fino all’87%, mentre l’85% dei soggetti che iniziano dialisi presenta livelli di Hgb < 10 g/dL (3). © Società Italiana di Nefrologia S91 Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale Il trattamento con eritropoietina (EPO) corregge l’anemia e riduce il ricorso ad emotrasfusioni, sia nei soggetti in trattamento sostitutivo (4) che in fase pre-dialitica (5). Inoltre, nei soggetti non ancora in trattamento dialitico, il maggior benessere conseguente al trattamento dell’anemia con EPO potrebbe ritardare l’inizio della terapia sostitutiva, con possibili vantaggi economici e sociali. D’altra parte, è necessario tener conto del possibile effetto opposto sulla progressione, principalmente imputabile al peggiore controllo pressorio (6). Scopo di questa Linea Guida è di verificare, sulla base delle evidenze che derivano dalle revisioni sistematiche e dagli studi randomizzati controllati (RCT), se il trattamento con EPO comporta benefici sulla progressione del danno renale nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica e quali sono i vantaggi e gli svantaggi di due diversi livelli (alti e bassi) di Hgb. Strategia di ricerca bibliografica La ricerca è stata effettuata utilizzando la stringa “(anemia OR anaemia) OR (hemoglobin OR haemoglobin) OR (EPO OR epoietin OR epoietins OR erythropoietin OR erythropoietins OR darbopoietin OR darboepoietin OR darbepoietin)” mediante le banche dati Medline e con il ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/), prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT prodotti in Nefrologia, Dialisi e Trapianto. Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline, Embase, numerosi altri database di studi clinici e la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di interesse nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane. Infine la ricerca bibliografica è stata completata manualmente, facendo uso di Riviste Scientifiche, Atti Congressuali ed altre Linee Guida. Evidenza disponibile La ricerca bibliografica ha permesso di individuare 616 RCT e 18 Revisioni Cochrane nella Renal Health Library. Di questi lavori, 2 revisioni Cochrane (5, 7) hanno come quesito l’argomento della presente Linea Guida, per cui la loro analisi critica è il riferimento principale fino al 2003. Sono stati inoltre valutati altri 5 studi primari pubblicati successivamente (8, 9, 25-27). Le caratteristiche di tutti gli studi analizzati in questa Linea Guida sono riportate in Tabella I. Descrizione degli studi Trattamento con EPO e progressione del danno renale: Revisione Cochrane di Cody La revisione di Cody et al. (5) ha utilizzato la classica S92 metodologia e strategia di ricerca generata dal gruppo Cochrane per individuare RCT e quasi RCT in 13 diversi database elettronici; la ricerca elettronica è stata completata dalla ricerca manuale, dal contatto con esperti e compagnie produttrici di EPO, dalla valutazione delle bibliografie degli articoli e dall’ulteriore ricerca su internet. Il quesito di ricerca della revisione è il seguente: “Il trattamento con EPO comporta benefici in termini di progressione dell’insufficienza renale cronica?” I pazienti identificati sono i soggetti con insufficienza renale in fase pre-dialitica (diabetici e non); i gruppi d’intervento e di controllo sono il trattamento con EPO versus il placebo o il non trattamento e gli outcomes sono il tempo all’evento dialisi, il numero di eventi per gruppo e le modificazioni del GFR e della creatininemia. Nella revisione sono inclusi 12 RCT (10-18, 21, 22, 24), di cui 4 (10-13) sono parte di uno studio multicentrico (14). I risultati di quest’ultimo sono stati considerati, ove possibile, al posto di quelli dei singoli studi. Tutti gli RCT sono stati condotti negli USA, a parte due condotti in Svezia (15, 24) e uno in Giappone (16). La maggior parte degli RCT ha arruolato pochi pazienti ed è caratterizzato da breve followup (8-12 settimane). Solo 3 RCT (16-18) hanno superato i 6 mesi (da 36 settimane ad un anno), di cui uno (17) ha incluso soltanto 17 partecipanti. Target di emoglobina e progressione del danno renale: Revisione Cochrane di Strippoli Anche la revisione di Strippoli et al. (7) ha utilizzato la classica metodologia e strategia di ricerca generata dal gruppo Cochrane. Il quesito di ricerca della revisione è il seguente: “Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di due diversi livelli (alti e bassi) di Hgb?” I pazienti identificati sono i soggetti con insufficienza renale in fase sia dialitica che pre-dialitica (diabetici e non); i gruppi d’intervento e di controllo sono diversi targets di Hgb ed ematocrito raggiunti con EPO (e darbopoietina) verso il placebo o il non trattamento e gli outcomes includono le modificazioni del GFR e della creatininemia nei pazienti in pre-dialisi. Dei 16 RCT inclusi nella revisione, 10 RCT hanno arruolato pazienti in fase pre-dialitica (10, 13, 15, 16, 19-24). Target di emoglobina e precocità dell’intervento e progressione Cinque recenti RCT successivi alle revisioni Cochrane hanno valutato l’effetto di diversi target di Hgb sulla massa ventricolare sinistra o su end-points cardiovascolari, riportando anche le variazioni del GFR e della precocità dell’intervento sulla progressione (8, 9, 25-27). Qualità degli studi. La valutazione metodologica assume che ogni bias sia minimizzato in un RCT in presenza dei seguenti criteri: a) corretta segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”) dei pazienti prima dell’ingresso formale nello studio; b) adeguato mascheramento dei pazienti, dei clinici e degli outcome assessors (blinding); c) descri- N. pazienti 17 RCT RCT RCT RCT Kuriyama S, 1997 73 (Review Cochrane Cody, Strippoli) (16) Lim VS, 1989 14 (4 F) (Review Cochrane Cody, Strippoli) (13) 83 (56 F) 12 (1 F) Roth D, 1994 (Review Cochrane Cody) (18) Stone WJ, 1988 (Review Cochrane Cody) (12) RCT RCT 17 RCT RCT RCT Disegno dello studio Kleinman KS, 1989 14 (5 F) (Review Cochrane Cody, Strippoli) (19) Eschbach JW, 1989 (Review Cochrane Cody) (11) Clyne N, 1992 22 (11 F) (Review Cochrane Cody, Strippoli) (15) Brown CD, 1995 (Review Cochrane Cody) (17) Abraham PA, 1990 8 (3 F) (Review Cochrane Cody, Strippoli) (10) Autore ed anno TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI USA USA USA Giappone USA USA Svezia USA USA Setting Etá 45-73 anni; GFR 10-30 mL/min; Anemia Etá 18-75 anni; PA media 114 mmHg; Creatininemia 265.2-707.2 μmol/L; Hct < 30% Etá 30-70 anni; Creatininemia 548 μmol/L; Hct 27% Etá media 63.8 anni; Creatininemia 2.9 mg/dL; Hct < 28% Etá media 28.2 anni; Creatininemia 265 - 972 μmoL; Hct < 30% Etá 24-72 anni; Creatininemia 353 - 972 μmol/L; Hct < 30% GFR < 25 mL/min; Hct < 28% o Hb < 70% dei valori attesi Creatininemia 221 - 442 μmol/L; HCT < 30% Età media 47 anni; creatininemia > 3.0 mg/dL; Hct < 36% Caratteristiche partecipanti EPO (tipo non chiarito) e.v. 50-150 U/kg x 3/settimana 9 pazienti EPO s.c. 50-150 U/kg x 3/settimana 43 pazienti EPO e.v. 50-150 U/kg x 3/settimana 11 pazienti EPO e.v. 6000 U/settimana qb per Hct 33-35% 42 pazienti EPO alfa s.c. 100 U/kg/settimana 7 pazienti EPO alfa e.v./s.c. 50 U/kg/settimana 12 pazienti EPO alfa e.v. 300 u/kg/settimana iniziale, poi qb per Hct > 30% 12 pazienti EPO alfa s.c. 50-150 U/kg x 3/settimana 8 pazienti EPO alfa i.v. 50-150 U/kg x 3/settimana 4 pazienti Intervento sperimentale 3 pazienti Placebo 40 pazienti Non trattamento 3 pazienti Placebo 31 pazienti Non trattamento 7 pazienti Placebo 6 pazienti Placebo 10 pazienti Non trattamento 9 pazienti Placebo 4 pazienti Placebo Intervento di controllo 8 48 8 36 12 8-12 12 54 8-12 Follow-up (settimane) segue Parte di uno studio multicentrico Parte di uno studio multicentrico Parte di uno studio multicentrico (Teehan 1990) Pubblicato come abstract Parte di uno studio multicentrico (Teehan 1990) Commenti Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale S93 S94 RCT RCT RCT RCT RCT RCT RCT RCT 44 83 416 155 88 172 1432 603 Revicki DA, 1995 (Review Cochrane Strippoli) (20) Furuland H, 2003 (Review Cochrane Strippoli) (24) Roger SD, 2004 (8) Gouva C, 2004 (9) Levin A, 2005 (25) Singh, 2006 (26) Drueke, 2006 (27) RCT Watson A, 1989 11 (5 F) (Review Cochrane Cody, Strippoli) (22) Brandt JR, 1999 (Review Cochrane Strippoli) (23) RCT RCT 12 (6 F) Teehan BP, 1989 (Review Cochrane Cody) (14) Teehan BP, 1990 117 (46 F) (Review Cochrane Cody, Strippoli) (21) Disegno dello studio N. pazienti Autore ed anno Età media 66 anni; MDRD_GFR 27 mL/min; Hgb 10 g/dL Età media 57; GFR 28 mL/min; Hgb 11.7 g/dL Hgb 9-11.6 g/dL Riduzione Hgb ≥ 1 g/dL Etá 60 anni Etá 56-58 anni Etá < 21 anni Etá 43-79 anni; Anemia Etá 24-79 anni; Creatininemia 260-880 μmol/L; Hct < 38% M, < 32% F Creatininemia 5.1 mg/dL; Hct medio 25.2% Caratteristiche partecipanti Internazionale Età media 59 anni; MDRD_GFR 24.5 mL/min; Hgb 11.6 g/dL USA Canada Grecia Oceania USA USA USA USA USA Setting TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI (segue) EPO beta sc Target 13-15 g/dL EPO alfa sc Target 13.5 g/dL EPO alfa sc Target 12-14 g/dL EPO subito (target ≥ 13 g/dL) 45 pazienti Hgb 12-13 g/dL 75 pazienti EPO (Hct > 40-45%) Target EPO (Hct > 35%) Target EPO (Hb > 12 g/dL) Target EPO (tipo non chiarito) s.c. 100 U/kg x 3/settimana 5 pazienti EPO (tipo non chiarito) e.v. 50-150 U/kg x 3/settimana 86 pazienti EPO (tipo non chiarito) s.c. 100 U/kg x 3/settimana 6 pazienti Intervento sperimentale EPO beta sc Target 10.511.5 g/dL EPO alfa sc Target 11.3 g/dL EPO alfa sc Quando Hgb ≤ 9 g/dL Target 9-10.5 g/dL EPO se < 9 g/dL (target ≥ 13 g/dL) 43 pazienti Hgb 9-10 g/dL 80 pazienti EPO (Hct < 27-36%) Target EPO (Hct < 35%) Target EPO (Hb < 12 g/dL) Target 6 pazienti Placebo 31 pazienti Placebo 6 pazienti Placebo Intervento di controllo 152 70 98 22.5 96 48-76 48 80 12 8 12 Follow-up (settimane) EP primario composito di 8 eventi cardiovascolari; secondario: inizio dialisi EP primario composito (morte, infarto, ospedalizzazione per scompenso, ictus); secondario: inizio dialisi Include gli studi di Abraham, Eschbach, Lim e Stone Lo studio include pazienti diversi da quelli dello studio multicentrico (diversi metodi) Commenti Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale zione delle ragioni e del numero dei “withdrawals” e dei “dropouts” [perdite al follow-up (“lost to follow-up”)]; d) analisi statistica condotta per intenzione al trattamento (“intention-to-treat analysis”). La qualità di tutti gli studi analizzati in questa Linea Guida è riportata in Tabella II. Analisi statistica. L’analisi statistica ha valutato il rischio relativo [“relative risk” (RR)] con intervalli di confidenza (IC) al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici e la differenza pesata tra le medie [“weighted mean difference” (WMD)] con IC al 95% per gli outcomes continui. Sono stati inoltre valutati il numero dei pazienti da trattare [number needed to treat (NNT)] per ottenere il beneficio [“to benefit” (NNTB)] o per osservare l’evento sfavorevole [“to harm” (NNTH)]. Risultati Revisione Cochrane di Cody. Questa revisione (5) ha analizzato gli effetti della terapia con EPO sulla progressione del danno renale. Gli Autori osservano che nessuno degli RCT inclusi soddisfa i criteri di qualità metodologica. I risultati più importanti sono riportati in seguito. Rischio di iniziare dialisi (hard outcomes). Cinque studi (12, 15-18) per un totale di 207 pazienti hanno permesso di calcolare il rischio di iniziare dialisi. La probabilità di iniziare dialisi era minore nel gruppo trattato con EPO. L’effetto dell’esposizione ad EPO era clinicamente rilevante anche se statisticamente non significativo (numero eventi 35/114 nel gruppo EPO versus 40/93 nel gruppo di controllo, RR 0.71; IC 95% da 0.49 a 1.02; p = 0.0669). Modificazione del GFR (variabili continue). Anche da questa analisi non sono emersi vantaggi statisticamente significativi fra i trattati, sia considerando il GFR a fine trattamento (WMD -1.59 mL/min; IC 95% da -3.66 a 0.49) che il suo decremento (WMD -0.7 mL/min; IC 95% da -3.2 a 1.8). I valori di creatininemia andavano addirittura nella direzione opposta (76.12 μmol/L, da -7.94 a 160.17; 114.92 μmol/L, da 37.83 a 192.01). Non è emersa evidenza d’eterogeneità tra gli studi. Solo uno studio ha valutato la sopravvivenza renale (tempo all’evento dialisi), risultata simile fra trattati e non trattati (18). Significato clinico della differenza di rischio osservata. La differenza di rischio osservata dagli autori (0.123, IC 95% da -0.008 a 0.251), corrisponde a un numero di pazienti da trattare per la durata dello studio (da 6 mesi ad una anno) di 8, ossia bisogna trattare 8 pazienti come quelli arruolati nello studio perché uno eviti l’evento per effetto del trattamento. La non significativitá statistica del risultato si traduce in intervallo che oltrepassa il limite del beneficio del trattamento, da un possibile effetto maggiore, 4 pazienti da trattare per ottenere il beneficio sperato (to benefit), a 121 da trattare per ottenere il contrario (to harm): NNT 8, da NNTB 4 a NNTH di 121. Revisione Cochrane di Strippoli. In questa revisione (7) è stato analizzato l’effetto di un diverso target di Hgb e la progressione del danno renale. Anche gli Autori della presente revisione concludono che nessuno degli RCT inclusi soddisfa tutti i criteri valutazione metodologica. I risultati più importanti sono riportati in seguito. Modificazione di creatininemia e GFR (variabili continue). Non sono emerse differenze significative in termini di peggioramento della funzione renale tra gruppi appartenenti a target alto o basso di emoglobina/ematocrito, sia considerando la creatininemia (EPO versus placebo, 4 RCT, 77 pazienti) che la clearance della creatinina (EPO versus EPO, 1 RCT, 40 pazienti). Non è emersa evidenza d’eterogeneità tra gli studi. Solo uno studio ha valutato la sopravvivenza renale (tempo all’evento dialisi), risultata simile fra trattati e non trattati (18). Target di emoglobina e precocità dell’intervento e progressione. Due RCT successivi alle revisioni Cochrane hanno valutato l’effetto del target di Hgb su endpoints hards (inizio del trattamento sostitutivo) o surrogati (modificazioni del GFR). La valutazione metodologica dei 2 RCT è riportata in Tabella II. Modificazioni del GFR (variabili quantitative). Roger et al. (8) riportano una riduzione del GFR (a due anni) di 8 ± 9 mL/min/1.73 m2 nel gruppo normalizzato per i livelli di Hgb versus 6 ± 8 mL/min/1.73 m2 nel gruppo di controllo (differenza non statisticamente significativa). Lo studio riporta anche un maggior rischio di raggiungere l’endpoint dell’inizio dialisi nel gruppo normalizzato, un risultato non ampiamente discusso dagli Autori (24/75 versus 15/80). Un simile risultato è stato riportato da Levin et al. (25): 11/85 versus 8/87. Combinando i dati dei due studi (che hanno lo stesso disegno) è possibile calcolare un RR pari a 1.58 (IC 95% da 0.98 a 2.56; p = 0.055, al limite della significatività statistica), ossia un rischio di iniziare dialisi del 58% maggiore nel gruppo sperimentale. Tuttavia, non sono fornite informazioni sulla sopravvivenza renale, assolutamente necessaria per stimare correttamente il rischio negli studi di follow-up. Rischio di inizio dialisi (variabili qualitative). Tale analisi di sopravvivenza è fornita da Gouva et al. (9), che hanno riportato un RR di progressione ridotto di oltre il 60% nei soggetti non diabetici non trattati con ACE-I (modello multivariato, Hazard Ratio 0.37, IC 95% da 0.18 a 0.73; p = 0.012). Tale rischio, indipendente dalla funzione renale di partenza e non modificato in base alla funzione renale basale (assenza di interazione tra esposizione e GFR basale) si traduce nei pazienti ad alto rischio basale con mortalità ad un anno del 40% in un NNTB (per 1 anno) di 5 (IC 95% da 3 a 12), un risultato clinicamente rilevante oltre che significativo statisticamente. Due ulteriori RCT sono stati pubblicati in popolazioni di soggetti con malattie renali croniche non selezionati (26, 27), vedi Tabelle I e II. Nonostante in questi studi l’outcome renale sia un outcome S95 S96 Sì No No No No No No No No Sì Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Sì Sì Non riportato Non riportato Watson A, 1989 (22) Brandt JR, 1999 (23) Revicki DA, 1995 (20) Furuland H, 2003 (24) Roger SD, 2004 (8) Gouva C, 2004 (9) Levin A, 2005 (25) Singh C, 2006 (26) Drueke C, 2006 (27) No No No No No No Sì No No Sì No No Non chiaro Sì No Sì No Sì Sì Sì Ricercatori Sì Sì Sì No No No No No No No No No No No No No No No No No Medici che hanno valutato l’outcome Utilizzo del cieco (blinding) Sì Sì Sì No Sì Sì Non chiaro No Sì Sì Non chiaro No Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Utilizzo analisi per intenzione al trattamento (intention-to-treat analysis) 127/603 (21%) 20/172 (11.6%) 307/1432 (21%) 40/416 (9.6%) 1/155 (0.6%) 3/88 (3.4%) Non chiaro 1/44 (2.3%) 48/83 (57.8%) Non chiaro Non chiaro 2/22 (9%) Non chiaro 1/14 (7.1%) Non chiaro 1/14 (7.1%) 48/83 (57.8%) Non chiaro Non chiaro Non chiaro Perdite al follow-up (%) Anno 2000 2002 1999 2004 2000 2003 Nazione USA UK Canada Europa USA Australia Linea Guida National Kidney Foundation-Dialysis Outcome Quality Initiative (NKF-DOQI) British Renal Association Canadian Society of Nephrology European Best Practice Guidelines Health Care and Financing Administration Caring for Australians with Renal Impairment (CARI) 12-14 (non > 12 nei cardiopatici) 10.3-12 > 11 (non > 12 nei cardiopatici) 11-12 ≥ 10 11-12 Target Hgb (g/dL) TABELLA III - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA SUL TARGET DI EMOGLOBINA ED EMATOCRITO NEI PAZIENTI CON INSUFFICIENZA RENALE CRONICA Sì No No Non chiaro Sì No Sì No Si Si Si Pazienti Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Sì Non chiaro Non chiaro Non chiaro Adeguato Metodo di segretezza della randomizzazione (allocation concealment) Abraham PA, 1990 (10) Brown CD, 1995 (17) Clyne N, 1992 (15) Eschbach JW, 1989 (11) Kleinman KS, 1989 (19) Kuriyama S, 1997 (16) Lim VS, 1989 (13) Roth D, 1994 (18) Stone WJ, 1988 (12) Teehan BP, 1989 (14) Teehan BP, 1990 (21) Autore ed anno TABELLA II - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI RCT INCLUSI Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale secondario e non primario come nello studio di Gouva, anche questi due grossi studi sono negativi. In particolare non è confermata l’ipotesi della metanalisi di Cody di un possibile vantaggio in termini di progressione del danno renale nei pazienti trattati con EPO fino a normalizzazione dei livelli di emoglobina. Nello studio CHOIR (26) il rischio di inizio dialisi non è risultato significativamente diverso tra trattati (target 13.5 g/dL) e controlli (target 11.3 g/dL); nello studio CREATE (27) una differenza di rischio è diventata significativa statisticamente dopo 18 mesi di trattamento, ma nella direzione opposta a quella attesa. Sintesi conclusiva dell’evidenza Considerando gli hard outcomes, la revisione di Cody et al. (5) e il lavoro di Gouva et al. (9) suggeriscono una possibile riduzione del rischio di progressione associato al trattamento con EPO (verso il non trattamento o il placebo) e al suo utilizzo precoce (verso l’intervento tardivo). Tuttavia, il risultato della meta-analisi non raggiunge la significatività statistica, mentre il risultato dello studio di Gouva et al. (9) emerge da una popolazione di soggetti non diabetici e non in trattamento con ACE-inibitori (ACE-I), farmaci ampiamente utilizzati nei nefropatici. Il dato non è inoltre confermato dal confronto tra diversi targets di Hgb (8). Gli studi CHOIR e CREATE (26, 27), pur non essendo stati disegnati per rispondere al quesito di questa linea guida, non supportano l’ipotesi che la normalizzazione dell’ematocrito mediante uso di EPO possa migliorare l’outcome renale e ridurre il rischio di dialisi nei soggetti con nefropatie croniche. Implicazioni per la pratica clinica Non è possibile sostenere sulla base dell’evidenza disponibile che il trattamento con EPO, il suo utilizzo precoce e i target di Hgb raggiunti possano influenzare la progressione dell’insufficienza renale cronica. È anche possibile che la normalizzazione dei valori emoglobinici possa influenzare negativamente la progressione del danno renale. Applicabilità Le due revisioni sistematiche discusse includono pazienti di diversa età e comorbilità. La buona qualità delle revisioni rassicura circa le conclusioni raggiunte, anche in termini di validità estrinseca (generalizzabilità dei risultati). Pertanto la Linea Guida sembra oggi generalizzabile anche alla popolazione dei pazienti con nefropatie croniche trattati nei Centri Italiani. Implicazioni per la ricerca Ulteriori RCT sarebbero necessari per colmare le lacune evidenziate dalle revisioni sistematiche. In particolare la scadente qualità metodologica degli RCT disponibili non permette di trarre conclusioni definitive (indipendentemente dai risultati emersi) sia rispetto all’effetto sulla progressione del trattamento con EPO (verso il non trattamento o il placebo) sia rispetto a diversi targets di Hgb (normalizzazione verso la correzione parziale). Inoltre il principale problema dell’evidenza disponibile è che i dati sulla progressione sono dati di outcome secondario, ossia risultano in studi disegnati per testare principalmente altre ipotesi. Tuttavia è difficile pensare che dopo la pubblicazione degli studi CHOIR e CREATE sia ancora eticamente proponibile un grosso investimento economico (e biologico) su ulteriori trials per verificare un’ipotesi che inevitabilmente è legata al rischio cardiovascolare discusso nella linea guida dell’anemia (28). L’ipotesi richiederebbe di disegnare uno studio primario in pazienti diabetici e non, in trattamento con ACE-I e non. Ciascuno di questi studi dovrebbe comprendere almeno 100 pazienti per braccio (con lo stesso rischio basale stimato dallo studio di Gouva, ossia sopravvivenza mediana nei controlli di circa 18 mesi; totale 200 pazienti) per dimostrare una riduzione di rischio di almeno il 50% (a due code, ossia un RR ≤ 0.5 ≥ 2 negli esposti senza considerare i dropins) nel gruppo sperimentale con un errore alfa (errore di I tipo, ossia la probabilità di rigettare l’ipotesi nulla (in questo caso di assenza di effetto) quando invece è vera commettendo un falso positivo) del 5% e beta (errore di II tipo, ossia la probabilità di non rigettare l’ipotesi nulla quando invece dovrebbe essere rigettata perché falsa; rischio di falso negativo) del 20% (con un tempo di arruolamento di un anno, un’ulteriore anno di follow-up dopo la fine dell’arruolamento e una percentuale di dropouts del 10%). Se oltre a questi effetti principali si vuole testare una modificazione di effetto (da testare come interazione) allora sono necessari RCT con almeno 880 pazienti (esempio, 220 in “EPO e ACE-I”, 220 in “EPO e no ACEI”, 220 in “ACE-I e no EPO”, 220 in “no EPO e no ACEI”). Se l’effetto che vogliamo dimostrare è minore (esempio RR 0.7 o ≥ 1.4) sempre tenendo conto delle stesse probabilità di errore di I e II tipo (alfa e beta) e ipotizzando assenza di interazione, allora il numero di pazienti per gruppo aumenta a oltre 400. Bisogna infine tener presente che oggi, a parità di errore alfa, si tende a disegnare trials che abbiano una potenza maggiore (1 - beta = 90%) in modo che il rischio di un “falso negativo” (non rigettare l’ipotesi nulla quando è falsa e quindi da rigettare) sia non superiore al 10%. Questo aumenta la dimensione dello studio e i suoi costi. S97 Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale Altre Linee Guida La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali. Le Linee Guida basate sulle evidenze non sono molte, in quanto sono pochi gli RCT adeguatamente dimensionati. Nella Tabella III è schematizzato il contenuto delle Linee Guida di altre Società Scientifiche. Indirizzo degli Autori: Pietro Ravani, MD (Nephrology), MSc (Biostat) Clinical Epidemiology Unit, Faculty of Medicine Memorial University of Newfoundland The Health Sciences Centre, PRC: room 1407 300 Prince Philip Drive, St. John's, NL A1B 3V6, Canada e-mail: [email protected] Divisione di Nefrologia e Dialisi Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona Largo Priori 1 26100 Cremona e-mail: [email protected] Bibliografia 1. Lundin AP. 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Canadian Randomized Trial of hemoglobin maintenance to prevent or delay left ventricular mass growth in patients with CKD. Am J Kidney Dis 2005; 46: 970-3. 26. Singh AK, Szczech L, Tang KL, et al. for the CHOIR investigators: Correction of anemia with Epoietin Alfa in Chronic Kidney Disease. N Engl J Med 2006; 355: 2085-98. 27. Drueke TB, Locatelli F, Clyne N, Eckardt KU, Macdougall IC, Tsakiris D, Burger HU, Scherhag A for the CREATE investigators. Normalization of hemoglobin level in patients with chronic kidney disease and anemia. N Engl J Med 2006; 355: 2071-84. 28. Canavese C, Strippoli GFM, Bonomini M, Triolo G. Target ottimali di emoglobina per l’insufficienza renale cronica: Linea Guida. G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl 37): S99-106. Anemia nelle nefropatie croniche Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S99-S106 Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica: Linea Guida C. Canavese, G.F.M. Strippoli, M. Bonomini, G. Trioloed Università di Brescia, Brescia Haemoglobin targets for chronic kidney disease: guideline from the Italian Society of Nephrology Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In the present guideline, evidence of optimal haemoglobin (Hb) target levels in chronic kidney disease (CKD), either for predialysis, dialysis or renal transplanted patients, is presented. Methods. SR of RCT and RCT on different Hb target levels in patients with CKD were identified, referring to a Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update). Quality of SR and RCT was assessed according to current methodological standards. Results. Four SR (19 RCT) were found addressing the point. Methodological quality of available trials was suboptimal. In CKD patients (non-dialysis patients) Hb targets of 11.3g/dL should be preferred to Hb >13.5g/dL (evidence from RCT). A Hb target of 11.0 - 11.5g/dL should be preferred in CKD patients receiving dialysis treatment without significant cardiac disease, since no survival benefits has been showed with Hb >14g/dL (evidence from RCT). The optimal Hb target in haemodialysis patients with severe cardiac disease should be 10.0-10.5g/dL (evidence from SR). Increases in Hb target levels are associated with improved quality of life, although this was mainly noticed in observational studies and in few RCT often relying on unvalidated quality of life assessment scales. Conclusion. In CKD patients current available evidence supports the hypothesis that optimal Hb targets should be low to subnormal. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S99-106) KEY WORDS: Haemoglobin, Haematocrit, Chronic kidney disease PAROLE CHIAVE: Emoglobina, Ematocrito, Nefropatie croniche LINEA GUIDA Nei soggetti nefropatici cronici (non in terapia sostitutiva) un target di emoglobina (Hb) pari a 11.3 g/dL andrebbe preferito rispetto ad un target di Hb>13.5 g/dL [(livello di evidenza 2). Il target di Hb preferibile nei pazienti in trattamento sostitutivo emodialitico in assenza di cardiopatia severa può essere di 11.0-11.5 in virtù della mancata evidenza di un beneficio di sopravvivenza con il ricorso ad un target superiore [(Hb=14 g/dL) (livello 2)]. Il target preferibile di Hb nei pazienti in trattamento sostitutivo emodialitico con cardiopatia severa (cardiopatia ischemica: angina pectoris in trattamento, rivascolarizzazione; infarto; scompenso cardiaco con necessità di ospedalizzazione o ultrafiltrazione accessoria) deve essere di 10-10.5 g/dL (livello 1). Targets di Hb progressivamente maggiori si associano ad un incremento della qualità di vita, benché questo parametro sia stato principalmente valutato in studi osservazionali o con il ricorso a scale di valutazione non validate (livello 1). © Società Italiana di Nefrologia S99 Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica Premesse L’anemia accompagna quasi inevitabilmente lo stato di nefropatia cronica e inizia in momenti variabili della storia naturale dell’insufficienza renale in relazione ai diversi contesti patogenetici. Si definisce anemia la riduzione del 20% della concentrazione media normale di emoglobina (Hb) per età e sesso, o comunque una Hb< 11 g/dL (110 g/L) nei due sessi prima della pubertà e nelle donne in età fertile e Hb< 12 g/dL (120 g/L) nei maschi adulti e nelle donne in menopausa. L’anemia dell’insufficienza renale cronica è caratteristicamente identificata dalla definizione di normocitica normocromica iporigenerativa e vede nella inadeguata produzione di eritropoietina la sua causa principale, sia pur con il concorso di altri elementi quali cateresi accelerata da alterazioni di parete eritrocitaria connesse allo stato uremico, difettoso assetto di alcune vitamine, incremento della quota di perdite occulte. Tranne che in casi eccezionali, comunque, il concorso di questi fattori è ancillare rispetto al ruolo cruciale della inadeguata sintesi di eritropoietina, e questo spiega perché il trattamento con eritropoietina ne consenta la correzione nella larga maggioranza dei casi. Molte delle più importanti comorbidità dell’insufficienza renale cronica, quali disfunzione ventricolare sinistra, insufficienza cardiaca, riduzione nella resistenza allo sforzo, riduzione della qualità di vita, sono strettamente correlate allo stato anemico e migliorano dopo correzione dello stato anemico stesso secondo una serie di studi epidemiologici e sperimentali. Prima della disponibilità di fattori di crescita eritrocitari (eritropoietine) in forme iniettabili, le trasfusioni erano l’unico strumento di correzione dello stato anemico, con tutti i rischi ad esse connessi quali trasmissione di infezioni, accumulo di ferro, sensibilizzazione nei confronti di antigeni di istocompatibilità. La disponibilità di agenti eritropoietici rappresenta un prezioso strumento che completa, insieme alla vitamina D, la sostituzione della funzione endocrina del rene nella fase artificiale di sostituzione della funzione renale. Il corretto uso di questi agenti prevede l’individuazione degli obiettivi che con essi vanno raggiunti, per evitare il rischio di un utilizzo incongruo. In questa Linea Guida sono state valutate le evidenze derivanti da revisioni sistematiche (livello di evidenza 1) e studi randomizzati e controllati [(RCT) (livello 2)] relative ai benefici ed ai rischi del ricorso a diversi livelli di Hb raggiunti con la somministrazione di farmaci eritropoietici in soggetti affetti da nefropatie croniche. Strategia di ricerca bibliografica La ricerca bibliografica è stata eseguita con il ricorso alla Renal Health Library prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT prodotti in S100 nefrologia, dialisi e trapianto (1). Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline, Embase, numerosi altri database di studi clinici e la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di interesse nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane. Evidenza disponibile Sono disponibili in letteratura quattro revisioni sistematiche in cui si affronta il problema della terapia con fattori eritropoietici o altri interventi miranti ad influenzare i livelli di Hb/ematocrito in pazienti affetti da nefropatie croniche in terapia conservativa o sostitutiva (2-5). Cody et al. (3) hanno studiato il problema dell’utilizzo di eritropoietina umana ricombinante in pazienti con nefropatie croniche (non in dialisi). La revisione, condotta secondo i canoni metodologici della Cochrane Collaboration ed aggiornata nel 2005, comprende 12 RCT (232 pazienti) e conclude che l’utilizzo di eritropoietina umana ricombinante rispetto al placebo si associa, in queste popolazioni, ad un significativo miglioramento dei livelli di Hb ed ematocrito ed una significativa riduzione del rischio di ricevere emotrasfusioni. L’analisi documenta anche un significativo miglioramento della qualità di vita in pazienti trattati con eritropoietina. La review non individua alcun effetto dell’utilizzo di eritropoietina sul rallentamento della progressione del danno renale; tale effetto, ipotizzato da studi osservazionali ed alcuni randomizzati, non è stato documentato nella metaanalisi. Una trattazione più dettagliata di questo problema è riportata nella relativa Linea Guida di questa serie (strategie di prevenzione della progressione del danno renale) (6). In un ulteriore lavoro di revisione sistematica condotto anch’esso per la Cochrane Collaboration, Cody et al. hanno affrontato il problema della frequenza ottimale di somministrazione di eritropoietina umana ricombinante (somministrazione mono o trisettimanale) in pazienti in dialisi (4). La revisione sistematica contiene 8 RCT (456 pazienti) e dimostra l’assenza di significative differenze tra la monosomministrazione o la poli-somministrazione per quanto attiene al raggiungimento dei valori ottimali di Hb o ematocrito. Il principale obiettivo delle due precedenti revisioni sistematiche e di altre revisioni, non basate sulla metodologia della Cochrane Collaboration, non è stato quindi quello di valutare gli effetti di diversi target di Hb/ematocrito o diversi dosaggi di eritropoietine o altri interventi per l’anemia (con conseguente raggiungimento di diversi targets) sulla mortalità e sui principali endpoints cardiaci fatali e non fatali o altri eventi di tipo “patient-centered” (con l’eccezione dei dati sulla progressione del danno renale). Esse tuttavia includono RCT potenzialmente utili per fornire informazioni relative a questi eventi. Queste informazioni sono state raccolte in una più recente revisione sistematica della Cochrane Collaboration che Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica ha più specificamente affrontato il problema degli effetti di diversi targets di Hb/ematocrito (Hb< 10 g/dL vs Hb 14 g/dL) su eventi di tipo “patient-centered” (5). La revisione, pubblicata inizialmente nel 2003 e successivamente aggiornata nel 2005, include un totale di 19 RCT, di cui 12 (638 pazienti) confrontavano la terapia con eritropoietina rispetto a placebo o non trattamento e 7 (2058 pazienti) confrontavano gruppi trattati con diversi dosaggi di eritropoietine e che pertanto avevano raggiunto targets differenti di Hb/ematocrito. La revisione dimostra che, in pazienti nefropatici cronici cardiopatici, un target normale di Hb (Hb 14 g/dL) non si associa ad un miglioramento della sopravvivenza. Peraltro tale valore di Hb “normale” potrebbe associarsi ad un potenziale aumento del rischio di morte rispetto ad un target di Hb pari a 10 g/dL, così come specificamente dimostrato dallo studio di Besarab et al. (7), adeguatamente dimensionato per rilevare gli effetti di questi interventi sulla mortalità, e dagli altri RCT inclusi nella meta-analisi. Tali RCT, sebbene non adeguatamente dimensionati per rilevare detta differenza in maniera statisticamente significativa, mostrano risultati consistenti con quelli dello studio di Besarab et al. (stessa direzione della stima di effetto, a favore di un valore inferiore di Hb, protettivo nei confronti del rischio di mortalità totale, ma intervalli di confidenza ampi e quindi imprecisione della stima). Essendo le analisi prevalentemente dominate dallo studio di Besarab et al., che contribuisce all’84% del peso nella meta-analisi per causa della dimensione campionaria e “dell’event-rate”, questi dati sono principalmente applicabili ad una popolazione simile a quella arruolata in questo studio, e cioè ai pazienti in trattamento emodialitico affetti da cardiopatia severa e con elevata percentuale di portatori di protesi vascolari. La revisione indica inoltre l’assenza di dati (studi randomizzati) sufficienti per poter stabilire i benefici/rischi della normalizzazione dell’Hb (Hb 14 g/dL) rispetto al mantenimento di valori minori di Hb (tra 9 e 12 g/dL) in tutte le altre popolazioni (nefropatie croniche in terapia conservativa, pazienti riceventi trapianto di rene, con o senza cardiopatia severa). Le meta-analisi documentano inoltre che valori più elevati di Hb si associano ad una riduzione del rischio di convulsioni (beneficio), evento di ormai rara osservazione nella pratica clinica e prevalentemente correlato alla modalità dialitica, ma anche ad un aumento degli eventi ipertensivi (rischio), effetto collaterale ben noto delle terapie con farmaci eritropoietici. Per quanto attiene agli effetti della normalizzazione o dell’incremento in genere dell’Hb/ematocrito sulla qualità di vita, la revisione conclude che sono documentati effetti benefici di un incremento dell’ematocrito. L’analisi della qualità di vita è tuttavia problematica, in quanto condotta spesso con il ricorso a scale di valutazione non validate; inoltre sono frequentemente riportati soltanto alcuni degli “items” di una scala della qualità di vita come indicativi di beneficio, mentre andrebbero più correttamente riportati i risultati cumulativi dell’effetto sulla scala di qualità di vita stessa. Jones et al. hanno recentemente condotto una revisione sistematica sull’effetto dell’eritropoietina alfa su endpoints di interesse clinico in pazienti affetti da nefropatie croniche (2). Questa revisione, condotta su sponsorizzazione della Johnsohn & Johnsohn, include 16 studi, tanto randomizzati quanto osservazionali e conclude che l’utilizzo di eritropoietina in queste popolazioni si associa ad una significativa riduzione del rischio di ospedalizzazione ed a importante miglioramento della qualità di vita. Da un punto di vista metodologico e di valutazione critica, le prime 3 revisioni sistematiche sono condotte secondo il modello di studio della Cochrane Collaboration. Esso consiste nella formulazione di un quesito di ricerca specifico con pubblicazione di un relativo protocollo sottoposto a revisione da parte di esperti, nella ricerca bibliografica in Medline, Embase, Registro Cochrane degli studi randomizzati e manuale di tutti gli RCT pubblicati rispondenti al quesito specifico, nella estrazione di dati relativi tanto ai benefici quanto ai rischi di un intervento terapeutico, nella loro meta-analisi, nella valutazione critica della qualità metodologica di tutti gli studi (esclusivamente randomizzati) inclusi nell’analisi ed in un report strutturato che prevede la valutazione dei principali risultati e la discussione delle implicazioni per la pratica clinica e la ricerca. La revisione di Jones et al. contravviene alla maggior parte di questi principi, in quanto include studi non randomizzati, non prevede una ricerca bibliografica strutturata e replicabile, non include una valutazione della qualità metodologica degli studi analizzati. I suoi risultati non sembrano quindi adeguatamente utilizzabili per la formulazione di una Linea Guida basata sull’evidenza. La maggior parte dei dati fin qui presentati riguarda studi condotti in pazienti in trattamento sostitutivo emodialitico. Utili informazioni sono divenute recentemente disponibili a seguito della pubblicazione dei risultati di due studi, il “Correction of hemoglobin and outcomes in renal insufficiency” (CHOIR) (8) e lo studio “Cardiovascular risk reduction by early anemia treatment with epoetin beta” (CREATE) (9). Questi studi non erano stati individuati nell'iniziale ricerca bibliografica condotta per la preparazione della presente linea guida e pertanto vengono discussi in maggiore dettaglio di seguito. Nello studio CHOIR sono stati randomizzati 1432 soggetti con filtrato glomerulare di 15-50 mL/min/1.73 m2 ad un valore target di emoglobina pari a 13.5 g/dL in confronto con un valore target di emoglobina pari a 11.3 g/dL. Lo studio ha misurato gli effetti di questi due valori target di emoglobina su un endpoint primario composito (infarto del miocardio, ospedalizzazioni per scompenso cardiaco e stroke) e dimostrato un significativo incremento del rischio di questo endpoint per valori di emoglobina di 13.5 g/dL (hazard ratio: 1.34, p=0.03). Nello studio CREATE sono invece stati randomizzati 603 pazienti con filtrato glomerulare di 15-35 mL/min/1.73 m2 ad un valore target di emoglobina pari a 13.0-15.0 g/dL in S101 S102 Modalità di trattamento Intervento randomizzato EPO vs EPO EPO vs EPO EPO vs EPO EPO vs EPO o nessun trattamento EPO vs EPO o nessun trattamento Pre-dialisi PD HD HD HD Pre-dialisi HD PD Pre-dialisi Brandt, 1999 Conlon, 2000 Foley, 2000 Furuland, 2003 Roger, 2004 Fe per os o i.v. (target saturazione transferrina >20%/ferritina >100 μg/L) Fe per os o i.v. (target saturazione transferrina >20%/ferritina 250 μg/L) Nessuno indicato Nessuno indicato Fe per os (3 mg/kg/die) o i.v. 2 mg/kg x 3/sett (target ferritina >100 ng/mL/saturazione transferrina >20%) Fe i.v. Nessuno indicato Cointerventi EPO vs terapia standard EPO vs placebo EPO vs terapia standard EPO vs placebo EPO vs nessun trattamento HD HD Pre-dialisi Pre-dialisi Pre-dialisi Bahlmann, 1991 Canadian Erythropoietin Study Group, 1990 Clyne & Jogestrand, 1992 Kleinman, 1989 Kuriyama, 1997 Fe a discrezione dei medici Fe (dose/modalità di somministrazione non indicate) Fe per os (200-300 μg/die) o i.v. (100 μg/settimana), in tutti i pazienti Fe per os o i.v. (dose non disponibile) (target ferritina <250 μg/L) Nessuno indicato Fe (dose/via di somministrazione non noti) (target saturazione transferrina <20%); acido folico 1 mg/die HD: emodialisi; PD: peritoneodialisi; EPO: eritropoietina; ND: non disponibile EPO vs terapia standard Pre-dialisi Abraham, 1990 Nessun trattamento (Hb <9.5 g/dL) versus trattamento con EPO (Hb >10.0 g/dL) EPO vs EPO EPO vs EPO HD HD Berns, 1999 Besarab, 1998 Target di Hb basso (circa 10 g/dL) versus target elevato (circa 14.0 g/dL) Autore ed anno 9 3 3 6 3 3 24 12-19 12 6 20 29 12 Follow-up 31 7 10 40 66 4 80 200 73 16 22 618 17 N. pazienti ND ND ND ND ND ND 9.0-10.0 9.0-12.0 9.5-10.5 10.0±1.0 10.0±1.0 10.0±1.0 10.0±1.0 8.4±0.6 9.4 8.4-10.4 <9.0 <10.0 9.6±1.0 11.0±1.0 11.3±1.3 10.2-10 10.0±1.4 10.0±1.0 10.0±1.0 10.1±0.3 Valore Valore target di raggiunto di Hb (g/dL) Hb (g/dL) Target basso 42 7 12 38 63 4 75 216 73 15 21 618 14 N. pazienti TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI E DESCRITTI NELLE REVISIONI SISTEMATICHE ND 12.6-13.3 >10.0 9.5-11.0 10.0-11.6 13.3 12.0-13.0 13.0-14.0 13.0-14.0 14.0±1.0 14.0±1.0 14.0±1.0 14.0±1.0 (segue) 11.8±0.13 11.9 10.6-11.7 9.5-11.0 10.0-11.7 12.3±0.6 12.2±0.7 14.3±1.1 11.9-12.5 13.6±1.7 14.0±1.0 14.0±1.0 14.0±0.4 Valore Valore target di raggiunto di Hb (g/dL) Hb (g/dL) Target alto Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica 12.8-13.3 11.6±0.6 ND 12.3-13.3 86 5 8.6±0.6 10.0 ND ND 6 31 6 3 EPO vs nessun trattamento EPO vs placebo EPO vs placebo HD Pre-dialisi Pre-dialisi Sikole, 1993 Teehan, 1990 Watson, 1990 Nessuno indicato EPO vs placebo EPO vs nessun trattamento PD Pre-dialisi Morris, 1992 Revicki, 1995 Nessuno indicato 10.0-11.6 ND 19 <10.0 ND 19 12 11.5 12.0 10.5-12.0 11.6-12.0 6 43 <10.0 8.9±1.2 ND ND 5 40 6 12 12.6 ND 11 8.0-9.3 ND 3 2 EPO vs placebo Pre-dialisi Lim, 1989 Fe per os (300 mgx3/die) Fe ed acido folico per os 1 mg/die a tutti i pazienti ad eccezione di quelli con eccesso di depositi di ferro Nessuno indicato Ferro <200 mg/die (via di somministrazione non indicate) se saturazione transferrina <20% Nessuno indicato Valore Valore target di raggiunto di Hb (g/dL) Hb (g/dL) N. pazienti Valore Valore target di raggiunto di Hb (g/dL) Hb (g/dL) N. pazienti Follow-up Cointerventi Intervento randomizzato Modalità di trattamento Autore ed anno Target basso TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI E DESCRITTI NELLE REVISIONI SISTEMATICHE (segue) Target alto Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica confronto con un valore target di emoglobina pari a 10.511.5 g/dL. Lo studio ha misurato gli effetti di questi interventi su un endpoint composito (tempo per il raggiungimento del primo episodio cardiovascolare, morte improvvisa, infarto miocardico, scompenso cardiaco acuto, stroke, eventi ischemici transitori, angina pectoris risultante in ospedalizzazione per 24 ore o più o incremento della durata di ospedalizzazioni in corso, complicanze di vasculopatia periferica (amputazioni o necrosi) o aritmia cardiaca risultante in ospedalizzazione per 24 ore o più. Questo trial non ha individuato alcuna differenza significativa nel rischio di raggiungere questo endpoint composito tra i due gruppi, benchè fosse evidente un trend a favore del valore target di emoglobina più basso (hazard ratio 0.78, intervallo di confidenza 95% 0.53, 1.14, p=0.20). Contrariamente all’ipotesi secondaria dello studio, il rischio di insufficienza renale terminale era maggiore nei soggetti trattati con valori di emoglobina più alti (111 soggetti iniziavano il trattamento di dialisi nel gruppo trattato col target minore rispetto a 127 nel gruppo trattato col target maggiore, p=0.03). La Tabella I presenta una sintesi delle principali caratteristiche delle popolazioni e degli interventi in studio nei restanti 19 RCT della letteratura rispondenti al quesito di quale sia il target ottimale di Hb/ematocrito, riportato nella revisione Cochrane di Strippoli et al. (5). Oltre a questi RCT già compresi nelle revisioni sistematiche presentate in questa trattazione, vi sono almeno altri due RCT comparsi in letteratura in data successiva (10, 11). La Tabella II riporta la qualità metodologica degli RCT individuati. Lo studio di Parfrey et al. (10) ha testato l’ipotesi del target ottimale di Hb (13.5-14.5 g/dL vs 9.5-11.5 g/dL) in una popolazione opposta a quella del principale studio condotto in dialisi, quello di Besarab et al., che influenza i risultati delle revisioni sistematiche e dimostra un aumento della mortalità in pazienti trattati con Hb di 14 g/dL rispetto a Hb di 10 g/dL. La popolazione di Besarab et al. consisteva in dializzati affetti da cardiopatia severa e con elevata percentuale di portatori di protesi vascolari. Per tale motivo si è concluso che i risultati del trial potrebbero essere influenzati dalla notevole severità della patologia di base, benché vada precisato che il trial era stato condotto in tali popolazioni ad alto rischio poiché esse erano quelle che maggiormente avrebbero tratto beneficio da un intervento (eritropoietina) eventualmente efficace. Una simile ipotesi è stata pertanto testata da Parfrey et al. in pazienti incidenti in dialisi non cardiopatici. Tuttavia, mentre lo studio di Besarab et al., anche in virtù dell’ottimale dimensione campionaria, valutava eventi di tipo patient-centered inclusa la mortalità totale, lo studio di Parfrey et al. (n=596) ha focalizzato esclusivamente sull’analisi della struttura cardiaca e sulla tossicità. Ciò si basa sull’assunto che le misure di performance e struttura cardiaca siano un valido surrogato delle misure di sopravvivenza, benché sia discutibile se questi surrogati siano stati adeguatamente validati (12). Lo studio conclude che in pazienti in dialisi che non presentino car- S103 Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica diopatia sintomatica né ipertrofia ventricolare sinistra, il ricorso alla normalizzazione dell’emoglobinemia non si associa a benefici sulla struttura cardiaca rispetto ad una correzione parziale dell’emoglobinemia, e che i due target di Hb presentano un profilo di rischio simile. Lo studio di Levin et al. (11) ha valutato anch’esso l’effetto della terapia eritropoietinica di mantenimento in pazienti nefropatici cronici in terapia conservativa sull’ipertrofia ventricolare sinistra (endpoint surrogato), dimostrando l’assenza di alcun beneficio del raggiungimento di un target elevato di Hb (12.0-14.0 g/dL vs 9.0-9.5 g/dL) con il ricorso ad una terapia eritropoietica precoce. L’assenza di beneficio non sarebbe imputabile all’assenza di incremento del “left ventricular mass index” in pazienti con anemia severa, bensì al fatto che nella popolazione studiata un’anemia severa non sembra evidenziarsi in una elevata percentuale di pazienti non trattati con eritropoietina. In genere nelle revisioni sistematiche disponibili viene sollevato il problema che la qualità degli studi randomizzati inclusi è subottimale in base agli attuali parametri giacché la maggior parte dei trials clinici non si basa su adeguate metodiche di “allocation concealment” (utilizzo di buste opache, sigillate, sequenzialmente numerate o randomizzazione centrale o di farmacia), né sull’uso del cieco per i partecipanti, i ricercatori ed i medici che valutano gli eventi. Non viene inoltre utilizzata routinariamente “l’intention-totreat analysis”, benchè esista una notazione metodologica positiva nel fatto che le perdite di pazienti al follow-up sono solitamente scarse in questi studi (Tab. II). Va infine evidenziata la consistenza dei dati osservati in popolazioni nefropatiche con altri dati prodotti in popolazioni di pazienti neoplastici, nelle quali è stato dimostrato che la terapia adiuvante eritropoietica si assocerebbe ad incremento della mortalità totale e dell’attività neoplastica (13). In conclusione, l’evidenza disponibile consiste in almeno 4 revisioni sistematiche di cui 3 basate sui criteri metodologici della Cochrane Collaboration ed almeno una revisione di tipo non Cochrane, oltre che 2 studi randomizzati in esse non inclusi, perchè di recentissima pubblicazione, focalizzati sull’effetto di diversi targets di Hb/ematocrito su endpoints surrogati. Inoltre vi sono due studi randomizzati (CREATE, CHOIR) di recentissima pubblicazione i quali indicano nessun beneficio di sopravvivenza ed un incremento di rischio (o al massimo nessun beneficio) cardiovascolare con il ricorso ad un target di Hb>11.5 g/dL. Sintesi dell’evidenza Studi osservazionali hanno dimostrato l’esistenza di un rapporto di associazione consistente tra livelli ridotti di Hb, morfologia e funzionalità cardiaca e mortalità. In presenza di valori ridotti di Hb si osservano anomalie cognitive, della qualità di vita, del sonno e della tolleranza fisica. Poiché le patologie cardiache sono la principale causa di morte nei S104 TABELLA II - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI RCT INDIVIDUATI Parametro di qualità % Allocation concealment Adeguato 0 Non chiaro 100 Inadeguato 0 Blinding-Cieco Partecipanti 13 Ricercatori 13 Valutazione outcomes 0 Intention-to-treat analysis Sì 20 No 63 Non chiaro 17 Perdite al follow-up (%) 0< 10% 66 10< 20% 15 20< 40% 15 ≥ 40% 4 pazienti nefropatici cronici ed i livelli di Hb sembrano associati agli eventi cardiaci tanto prima quanto dopo l’inizio della dialisi, è plausibile che trattare l’anemia riduca il rischio cardiaco e di morte in questi pazienti. In tal senso si è classicamente ricorsi all’aumento dei valori di Hb/ematocrito nei nefropatici cronici con il ricorso a vari approcci terapeutici (trasfusioni, farmaci eritropoietici). Tuttavia i risultati degli studi randomizzati (che rappresentano il modello di studio ideale per affrontare un quesito di intervento), miranti a testare l’efficacia, i benefici ed i rischi del ricorso a queste terapie, non hanno permesso di dimostrare un beneficio di sopravvivenza con il ricorso ad aumenti dei valori di Hb importanti (normalizzazione dell’emoglobinemia), in netto contrasto con quanto era stato dimostrato dagli studi osservazionali. Le revisioni sistematiche disponibili in letteratura dimostrano innanzitutto la carenza di studi randomizzati nel settore. In particolare la revisione di Strippoli et al., che più propriamente risponde al quesito se un target di Hb maggiore (Hb=14 g/dL) sia da preferirsi ad uno minore (Hb 10.5-11.5 g/dL), dimostra l’esistenza di solo 12 studi di confronto tra diversi dosaggi di eritropoietine (diversi target di Hb) e 7 di confronto tra eritropoietine e placebo/non trattamento o altra terapia miranti comunque ad ottenere una differenziazione delle popolazioni in due livelli target di Hb. Questi studi e la loro meta-analisi, fortemente influenzate dai risultati del principale studio, quello di Besarab et al., di notevoli dimensioni e buona qualità metodologica, non hanno permesso di dimostrare alcun beneficio di sopravvivenza con il ricorso ad un target Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica TABELLA III - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA Linea Guida Nazione Anno Livello target di emoglobina (g/L) National Kidney Foundation-Dialysis Outcome Quality Initiative (NKF-DOQI) United States of America 2000 110-120 British Renal Association (BRA) United Kingdom 2002 ≥ 100 Canadian Society of Nephrology (CSN) Canada 1999 110-120 European Best Practice Guidelines (EBPG) Europe 2004 >110a Health Care and Financing Administration (HCFA) United States of America 2000 103-120 Caring for Australians with Renal Impairment (CARI) Australia 2003 ≤ 120b 120-140c a Non sono raccomandati livelli di emoglobina >120 g/L in soggetti con cardiopatia severa a meno che non siano presenti sintomi significativi che orientino alternativamente b In soggetti con cardiopatia severa (livello di evidenza 1) c In soggetti non cardiopatici (suggerimenti per la pratica clinica) “normale” di Hb. Inoltre la meta-analisi dimostra che il rischio di convulsioni sarebbe aumentato in pazienti che non ricevono eritropoietina, mentre il rischio di ipertensione sarebbe aumentato in pazienti trattati con eritropoietine, dati la cui plausibilità biologica e clinica non è confutabile e che pertanto sosterrebbero anche la plausibilità dei risultati osservati in termini di mortalità. Per quanto riguarda gli effetti del raggiungimento di target più elevati di Hb con il ricorso ad eritropoietine sulla qualità di vita, secondo la meta-analisi di Cody et al. vi sarebbe un significativo miglioramento della stessa, confermato dalla meta-analisi di Strippoli et al., che tuttavia sottolinea come queste valutazioni sarebbero contrastanti poiché condotte spesso con il ricorso a scale non validate per lo studio della qualità di vita o all’interpretazione soltanto parziale dei risultati delle indagini stesse. In sintesi, i risultati degli studi finora disponibili sono stati scarsi e fondamentalmente influenzati dal principale di essi, lo studio di Besarab et al., basato su una adeguata qualità metodologica. Questo studio, e la meta-analisi degli altri studi tutti scarsamente dimensionati ma consistenti con i risultati di Besarab et al., dimostrano che nella popolazione cardiopatica in dialisi sarebbe preferibile il ricorso ad un valore di Hb tra 10-10.5 g/dL, poiché valori superiori (14 g/dL) si associano ad un incremento del rischio di morte. I recenti risultati degli studi CHOIR e CREATE confermano la preferibilità di un target di Hb più basso (Hb 11.3 g/dL) rispetto ad un target >13 g/dL nei nefropatici cronici, in virtù di una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari in assenza di significativi benefici per la qualità di vita. Implicazioni per la pratica clinica valori di Hb pari a 10-10.5 g/dL in soggetti in dialisi e affetti da cardiopatia severa, e che nei nefropatici cronici in fase pre-dialitica livelli di Hb tra 11-11.5 g/dL si associano ad una riduzione del rischio di eventi cardiaci rispetto a livelli superiori. Applicabilità La principale critica posta a RCT e meta-analisi attualmente disponibili riguarda l’applicabilità dei loro risultati ad una pratica clinica in sedi in cui i livelli di mortalità basale e le comorbidità siano differenti rispetto a quelle degli studi sperimentali. Lo studio di Besarab et al., che domina tutti gli altri nelle meta-analisi, arruolava pazienti in dialisi con cardiopatia conclamata, elevata prevalenza di diabete e protesi vascolari, condizioni associate ad una peggiore sopravvivenza. Per tali motivi si è discusso molto che le inferenze derivanti da tale studio dovrebbero essere soltanto applicate a popolazioni simili. Si è suggerito pertanto in ogni caso il ricorso a livelli più elevati di Hb in pazienti nefropatici cronici in fase predialitica o soggetti non affetti da cardiopatia conclamata. Va tuttavia precisato che non esistono ancora studi randomizzati che permettano di formulare queste raccomandazioni, e che la consistenza tra lo studio di Besarab et al. (dialisi), i recenti risultati degli studi CHOIR e CREATE (nefropatie croniche in fase pre-dialitica) e dati di studi condotti in altre popolazioni (es. oncologia) raccomanderebbe molta cautela nel consigliare il ricorso a target di Hb elevati o comunque > 11.5 g/dL. Peraltro questa consistenza si verifica in studi condotti in popolazioni particolarmente disparate, a parziale supporto dell’applicabilità in popolazioni più ampie. I risultati delle attuali revisioni sistematiche e degli studi randomizzati disponibili indicano la necessità di ricorrere a S105 Target ottimale di emoglobina per l’insufficienza renale cronica Implicazioni per la ricerca Altre Linee Guida Ulteriori RCT sono fondamentali in questo settore, tuttavia testare l’ottimalità di valori target di emoglobina sarebbe superfluo a seguito delle evidenze fin qui presentate. I nuovi studi potrebbero focalizzarsi su protocolli gestionali dell’anemia piuttosto che sul singolo parametro surrogato Hb. Se e come l’Hb debba essere considerato un valido surrogato della mortalità in pazienti nefropatici cronici va dimostrato secondo modelli epidemiologici appropriati (esistenza di rapporto di associazione tra il surrogato e l’endpoint hard mortalità e presenza di studi randomizzati che dimostrino in maniera non equivoca che l’effetto sul surrogato si tramuta in un effetto diretto sull’endpoint hard). Popolazioni per cui è fondamentale la realizzazione di RCT in materia sono i pazienti in trattamento sostitutivo cronico senza cardiopatia severa ed i portatori di trapianto di rene. Le Società Scientifiche dovrebbero impegnarsi attivamente alla realizzazione e/o al finanziamento di questo tipo di studi in ambito di ricerca indipendente. La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali. Le Linee Guida basate sulle evidenze non sono molte, in quanto sono pochi gli RCT adeguatamente dimensionati. In Tabella III si accludono i livelli target di emoglobina riportati in altre Linee Guida. Indirizzo degli Autori: Dr.ssa Caterina Canavese Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Università del Piemonte Orientale Via Mazzini, 18 28100 Novara e-mail: [email protected]; [email protected] Bibliografia 1. URL: http://www.update-software.com/Publications/renal/ 2. Jones M, Ibels L, Schenkel B, Zagari M. Impact of epoetin alfa on clinical end points in patients with chronic renal failure: a meta-analysis. Kidney Int 2004; 65: 757-67. 3. Cody J, Daly C, Campbell M, et al. Frequency of administration of recombinant human erythropoietin for anaemia of end-stage renal disease in dialysis patients. Cochrane Database Syst Rev 2005; 20 (3): CD003895. 4. Cody J, Daly C, Campbell M, et al. Recombinant human erythropoietin for chronic renal failure anaemia in pre-dialysis patients. Cochrane Database Syst Rev 2005; 20 (3): CD003266. 5. Strippoli GF, Craig JC, Manno C, Schena FP. Hemoglobin targets for the anemia of chronic kidney disease: a meta-analysis of randomized, controlled trials. J Am Soc Nephrol 2004; 15: 3154-65. 6. Ravani P, Del Vecchio L, De Nicola L, et al. Utilizzo di eritropoietina e targets di emoglobina e progressione del danno renale: Linea Guida. G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37). S91-8. 7. Besarab A, Bolton WK, Browne JK, et al. The effects of normal as compared with low hematocrit values in patients with cardiac disease who are receiving hemodialysis and epoetin. N Engl J S106 Med 1998; 339: 584-90. 8. Singh AK, Szczech L, Tang KL, et al. CHOIR Investigators. Correction of anemia with epoetin alfa in chronic kidney disease. N Engl J Med 2006; 355: 2085-98. 9. Drueke TB, Locatelli F, Clyne N, et al. CREATE Investigators. Normalization of hemoglobin level in patients with chronic kidney disease and anemia. N Engl J Med 2006; 355: 2071-84. 10. Parfrey PS, Foley RN, Wittreich BH, Sullivan DJ, Zagari MJ, Frei D. Double-blind comparison of full and partial anemia correction in incident hemodialysis patients without symptomatic heart disease. J Am Soc Nephrol 2005; 16 (7): 2180-9. 11. Levin A, Djurdjev O, Thompson C, et al. Canadian randomized trial of hemoglobin maintenance to prevent or delay left ventricular mass growth in patients with CKD. Am J Kidney Dis 2005; 46: 799-811. 12. Strippoli GF, Craig JC. Hypothesis versus association: the optimal hemoglobin target debate. Am J Kidney Dis 2005; 46: 970-3. 13. Leyland-Jones B, BEST Investigators and Study Group. Breast cancer trial with erythropoietin terminated unexpectedly. Lancet Oncol 2003; 4: 459-60. Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S107-S124 Terapia della patologia ossea nelle nefropatie croniche Utilizzo della vitamina D e analoghi, dei chelanti del fosforo e dei calciomimetici nella terapia dell’iperparatiroidismo secondario e della patologia ossea nelle nefropatie croniche: Linea Guida S. Mazzaferro, M. Cozzolino, M. Marangella, G.F.M. Strippoli, P. Messa Calcimimetics, phosphate binders, vitamin D and its analogues for treating secondary hyperparathyroidism in chronic kidney disease: guideline from the Italian Society of Nephrology Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In the present guideline, evidence of the use of calcimimetics, phosphate binders, vitamin D and vitamin D analogues for treating secondary hyperparathyroidism in chronic kidney disease (CKD) is presented. Methods. SR of RCT and RCT on interventions for secondary hyperparathyroidism in CKD were identified referring to a Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update). Results. Three SR and 8 RCT were found addressing this intervention issue. Methodological quality of available RCT was suboptimal according to current methodological standards. Calcimimetics used in patients receiving haemodialysis or peritoneal dialysis are more effective than placebo in controlling secondary hyperparathyroidism (reduced parathyroid hormone levels, calcium levels and phosphorus levels). All phosphate binders are effective in controlling hyperphosphatemia but different doses are to be used with different agents to achieve similar targets. Dosing needs to be adjusted according to phosphorus levels. Vitamin D and its analogues are recommended in CKD patients, although there is no significant evidence of superiority of individual agents in head-to-head comparisons. Dosing should be based on baseline parathyroid hormone levels, but the risk of hypercalcemia should also be considered. Conclusion. Available evidence suggests that calcimimetics, phosphate binders and vitamin D or its analogues are effective in the treatment of secondary hyperparathyroidism. Superiority of individual agents or doses is still deeply debated. Further studies are necessary to test these issues. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S107-24) KEY WORDS: Calcimimetics, Vitamin D, Phosphate binders, Secondary hyperparathyroidism PAROLE CHIAVE: Calciomimetici, Vitamina D, Chelanti del fosforo, Iperparatiroidismo secondario LINEA GUIDA Ruolo terapeutico della Vitamina D e analoghi Nei pazienti con insufficienza renale cronica (IRC) con segni di iperparatiroidismo secondario (IPS) è raccomandabile la somministrazione di calcitriolo, metaboliti attivi o analoghi della vitamina D (livello di evidenza 2). Non vi è invece evidenza certa della superiore efficacia di un prodotto o di una modalità di somministrazione rispetto all’altro, con l’eccezione del colecalciferolo e del calcidiolo, meno efficaci nel controllo dell’IPS. Le dosi dovrebbero essere tanto maggiori quanto più elevati sono i livelli di PTH, tenendo però presente il parallelo aumento del rischio di ipercalcemia (opinione). © Società Italiana di Nefrologia S107 Utilizzo della vitamina D e analoghi Ruolo terapeutico dei chelanti del fosfato Tutti i chelanti si sono dimostrati efficaci nel controllo della fosfatemia, sebbene a dosaggi differenti. Le dosi dei chelanti vanno adeguate ai livelli di fosfato. Per i chelanti contenenti Calcio è raccomandato l’uso di dosi che non apportino una quantità di Calcio elementare > 1.5-2.0 g/die (opinione). Impiego dei calciomimetici Vi è evidenza che il calciomimetico, in pazienti in emodialisi o dialisi peritoneale, è superiore al placebo nel controllo dell’IPS. Vi è evidenza che la riduzione dei livelli di PTH così conseguita, si associa non infrequentemente a riduzione sia dei livelli di Calcio che di Fosforo. Premesse Dati epidemiologici sottolineano la crescita non solo del numero dei pazienti uremici in trattamento sostitutivo (dialisi e trapianto), ma anche di quello relativo ai soggetti con insufficienza renale cronica (IRC) predialisi. Si può stimare che in Italia, oltre ai circa 40000 pazienti dializzati e ai 12000 trapiantati, esistano circa un milione di nefropatici cronici. Anche in questo gruppo di pazienti sono spesso già evidenziabili in fasi relativamente precoci le alterazioni metaboliche configuranti il quadro dell’iperparatiroidismo secondario (IPS) e dell’osteopatia uremica, variabilmente e non obbligatoriamente associati ad alterazioni dei livelli ematici di Calcio (Ca), Fosforo (P) e Vitamina D (1-4). I meccanismi patogenetici dell’IPS non sono ancora del tutto definiti, ma tra i fattori più rilevanti ricordiamo: la riduzione dei livelli di vitamina D attiva [1,25(OH)2D3] e la resistenza ai suoi effetti, legata ad una ridotta espressione dei suoi recettori; la ridotta escrezione renale di fosfati; l’ipocalcemia e la ridotta sensibilità delle cellule paratiroidee al Ca, per la ridotta espressione del sensore del Ca; la resistenza scheletrica al Paratormone (PTH); l’acidosi metabolica. Studi osservazionali hanno sottolineato la forte associazione tra i livelli di PTH e le alterazioni del metabolismo minerale da un lato e la morbilità e mortalità cardiovascolare dei pazienti uremici dall’altro. Sulla base dei risultati di questi studi, le Linee Guida K-DOQI 2003 (5) hanno suggerito target terapeutici più ristretti per i livelli di Ca, P e PTH. Le terapie fino ad oggi impiegate [(metaboliti attivi della vitamina D, chelanti del fosforo a base di Ca o Alluminio (Al) o anche di supplementi di Ca)] non si sono dimostrate particolarmente efficaci nel raggiungimento di questi target. Inoltre, secondo alcune segnalazioni sperimentali e studi osservazionali di associazione, alcuni di questi presidi terapeutici sono stati considerati potenziali fattori causali delle calcificazioni vascolari e conseguentemente del- S108 l’aumento della mortalità. Recentemente nuovi farmaci si sono resi disponibili per la terapia dell’IPS e delle alterazioni metaboliche correlate. Il presente studio ha costituito un’analisi delle evidenze presenti al momento in letteratura sull’uso della vitamina D e analoghi, dei chelanti del fosfato e dei calciomimetici, assumendo come punto di riferimento terapeutico il raggiungimento dei livelli di Ca, P e PTH proposti dalle Linee Guida KDOQI (Tab. I). Per ogni capitolo si è cercato di rispondere al quesito clinico: “Quale trattamento utilizzare (tipo di farmaco, efficacia, dose e modalità di somministrazione)?” Avendo scelto di basare l’analisi presentata solo sull’evidenza derivante da revisioni sistematiche (livello di evidenza 1) e studi randomizzati e controllati [(RCT) (livello 2)], modello di studio ideale per rispondere ai quesiti di intervento, abbiamo dovuto prendere atto della impossibilità di rispondere ad altri due importanti quesiti pratici quali: “quando trattare il paziente?” e “quali e quanti controlli biochimici sono necessari per il monitoraggio terapeutico?” È auspicabile che una risposta a tali quesiti possa arrivare in un prossimo futuro da studi di coorte e da revisioni sistematiche. Strategia di ricerca bibliografica La strategia di ricerca bibliografica è stata centrata sulla individuazione delle revisioni sistematiche e degli RCT relativi all’impiego dei vari farmaci, disponibili nelle fonti PubMed, Embase e con il ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT prodotti in nefrologia, dialisi e trapianto. Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline, Embase, numerosi altri database di studi clinici, la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di interesse Nefrologico e nelle pagine Utilizzo della vitamina D e analoghi di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane. Infine la ricerca bibliografica è stata completata manualmente, facendo uso di Riviste Scientifiche, Atti Congressuali ed altre Linee Guida. Il termine ultimo di tempo a cui è riferita la presente ricerca bibliografica, è stato quello del 01/09/2005. Per la vitamina D sono state impiegate le seguenti parole chiave: vitamin D, cholecalciferol, 25-hydroxy-cholecalciferol, 1,25-dihydroxy-cholecalciferol, calcitriol, 1-alphahydroxy-cholecalciferol, ergocalciferol, paricalcitol, doxercalciferol, 22-oxa-calcitriol e falecalcitriol combinandole con: chronic renal failure or disease, hyperparathyroidism, osteodystrophy or bone disease. Per i chelanti del fosfato le parole chiave erano: phosphate, hyperphosphatemia, phosphate-binder, calcium acetate, calcium carbonate, aluminum, sevelamer HCl, lanthanum carbonate, hypercalcemia, combinandole con: chronic renal failure or disease, dialysis. Per i calciomimetici: calcimimetic OR cinacalcet AND renal osteodystrophy. Primo quesito: ruolo terapeutico della vitamina D e analoghi Evidenza disponibile La ricerca ha prodotto un totale di 1400 lavori, dei quali 1270 subito esclusi perché evidentemente non di tipo clinico, randomizzato e controllato; altri 70 sono stati esclusi dopo più attenta valutazione per motivi diversi (studi non randomizzati e controllati, articoli di revisione, lettere e casi clinici, studi di farmacocinetica, duplicazioni di studi già pubblicati). L’evidenza di quanto in seguito riportato si basa pertanto su un totale di 60 RCT. Il termine di vitamina D è stato utilizzato in riferimento sia al capostipite metabolico, il colecalciferolo, che a ciascuna delle sostanze da esso derivate; il termine metaboliti della vitamina D fa riferimento ai prodotti metabolici naturali del colecalciferolo (es. 25-idrossicolecalciferolo o calcidiolo, 1,25-diidrossicolecalciferolo o calcitriolo e 1α-idrossicolecalciferolo); il termine analoghi va riferito ai metaboliti sintetici, non naturali, del colecalciferolo. Quale trattamento con vitamina D utilizzare Sono stati considerati i tre seguenti punti: 1. La vitamina D, i suoi metaboliti o gli analoghi sono superiori al placebo nel controllo dell’IPS? 2. Qual è l’efficacia comparativa della vitamina D, dei suoi metaboliti e degli analoghi? 3. Quali sono le dosi e le modalità di somministrazione ottimali? Le principali caratteristiche degli studi esaminati, raggruppati separatamente per ciascuno dei quesiti sopra ipotizzati, sono riportate nella Tabella II (6-26), Tabella III (2740) e Tabella IV (41-64). Risultati Evidenza 1: vi è evidenza che la terapia con vitamina D sia superiore al placebo nel controllare l’IPS. Evidenza 2: non vi è evidenza della superiorità di uno dei metaboliti o analoghi rispetto agli altri, con l’eccezione del colecalciferolo e del calcidiolo che risultano in genere meno attivi degli altri metaboliti. Evidenza 3: non vi è evidenza della superiorità di una delle modalità di somministrazione dei metaboliti o analoghi della vitamina D rispetto agli altri. Sintesi dell’evidenza Dagli studi di confronto con il placebo emerge l’efficacia della vitamina D, dei metaboliti e degli analoghi nel sopprimere l’ipersecrezione paratiroidea. Tale effetto è comunque almeno in parte legato all’incremento dei livelli di calcemia, a volte anche oltre i limiti consigliati dalle K/DOQI. Più controversi sono i risultati sull’efficacia comparativa dei differenti composti. Il calcitriolo è il prodotto di riferimento per quanto riguarda l’effetto di controllo sull’IPS. Il colecalciferolo non risulta efficace nel controllo dell’IPS, ma può essere utile come supplementazione negli stati carenziali. Il calcidiolo (25-idrossivitamina D3) è un metabolita meno efficace nella soppressione paratiroidea. Tutti gli altri metaboliti ed analoghi hanno mostrato efficacia comparabile a quella del calcitriolo, se utilizzati a dosaggi equivalenti. La via orale (PO) e quella endovenosa (EV) possono essere utilizzate entrambe, con posologia sia quotidiana che a boli refratti (una-tre volte la settimana). Non vi è dimostrazione di superiorità dell’una rispetto all’altra. Rimane comunque da considerare la migliore compliance garantita dalla via EV. Le dosi utilizzabili variano in media tra 0.75 e 9.0 μg/sett per il calcitriolo, 0.75 e 12 μg/sett per l’alfacalcidiolo e 6 e 36 μg/sett per il paracalcitolo. L’orientamento attuale dovrebbe contemplare l’uso di dosi che garantiscano il contemporaneo controllo dei livelli di PTH, Ca e P, entro gli intervalli suggeriti dalle K/DOQI. Sebbene non sia definito il fabbisogno nel paziente uremico, dosi fisiologiche di colecalciferolo (400 UI/die) possono essere raccomandate nei pazienti con IRC, in considerazione del loro maggior rischio carenziale (diete a basso contenuto vitaminico D, scarsa esposizione al sole). Occorre infine sottolineare che la totalità degli studi disponibili valuta gli effetti della terapia vitaminica D sui parametri biochimici o, in una minoranza dei casi, su quelli istologici ossei. Mancano del tutto dati prospettici controllati sull’impatto della terapia con vitamina D sugli outcomes clinici (fratture, morbilità cardio-vascolare, mortalità). Le recenti segnalazioni che riportano una ridotta mor- S109 Utilizzo della vitamina D e analoghi TABELLA I - RANGE DI RIFERIMENTO PER I LIVELLI DI PTH, P, CA E CA X P INDICATI NELLE LINEE GUIDA KDOQI GUIDELINES DEL 2003 PTHi (pg/mL) P (mg/dL) Ca (mg/dL) CaxP (mg2/dL2) Stadio IRC Range GFR 3 30-59 35-70 2.7-4.6 Valori normali* < 55 4 15-29 70-110 2.7-4.6 Valori normali* < 55 5 < 15 o D 150-300 3.5-5.5 8.4-9.5 < 55 * Valori normali, corretti, del laboratorio di riferimento talità nei pazienti trattati con vitamina D si basano esclusivamente su dati retrospettivi (65). Secondo quesito: ruolo terapeutico dei chelanti del fosfato Evidenza disponibile Dal totale di 500 lavori disponibili ne sono stati esclusi 488, sulla base dei criteri di selezione (studi clinici randomizzati e controllati). L’analisi è stata pertanto limitata a 12 RCT. Quale trattamento con chelanti del fosfato utilizzare Le evidenze che definivano l’efficacia comparativa dei differenti chelanti del fosfato sono riportate nella Tabella V (66-77). Diversi studi valutano l’efficacia di un chelante del fosfato rispetto ad un altro chelante nel controllo della fosforemia. in tutti gli studi, i chelanti a base di calcio risultano parimenti efficaci rispetto al sevelamer e al carbonato di lantanio. Non esistono studi di confronto tra sevelamer e lantanio. I chelanti del fosfato a base di Ca inducono con maggior frequenza ipercalcemia, con riduzione dei livelli di PTH anche al di sotto del range consigliato dalle K/DOQI (< 150 pg/mL), e determinano una maggior incidenza di calcificazioni cardio-vascolari quando confrontati con sevelamer. Il carbonato di lantanio non produce ipercalcemia rispetto al Ca carbonato e al Ca acetato. Ad oggi non esiste ancora alcuno studio che documenti gli effetti del carbonato di lantanio sulle calcificazioni cardiovascolari. I dosaggi massimi raccomandati sono (opinione): - Ca carbonato/Ca acetato < 1.5 g/die di Ca elemento; - sevelamer 800 mg 9 cp distribuite ai pasti; - carbonato di lantanio sino a 3.0 g/die distribuiti ai pasti. Terzo quesito: impiego dei calciomimetici Evidenza disponibile Risultati In generale tutti i prodotti sono efficaci, così come mostra l’analisi dettagliata di ogni singolo studio preso in considerazione. Evidenza 1: non emerge alcuna differenza tra i diversi chelanti nel controllo della fosfatemia. Evidenza 2: i chelanti a base di sali di calcio inducono una maggiore riduzione dei livelli di PTH e provocano più frequentemente ipercalcemia. Sintesi dell’evidenza Per il trattamento dell’iperfosforemia nei pazienti affetti da IRC e in dialisi al momento attuale sono disponibili 4 opzioni terapeutiche per quanto riguarda i chelanti del fosforo: a) chelanti a base di Ca; b) sevelamer HCl; c) carbonato di lantanio; d) idrossido di alluminio. Dai 12 RCT analizzati non emerge alcuna differenza tra i diversi chelanti nel controllo dell’iperfosforemia. Infatti, S110 In totale sono stati estratti 89 lavori. Dopo lettura del titolo ne sono stati eliminati 58. Dopo lettura dell’abstract sono stati eliminati 13 lavori. Dei 18 lavori letti “in extenso”, ne sono stati eliminati 8, in quanto sperimentali o review relative a pubblicazioni che sono state recensite singolarmente. Sono stati pertanto recensiti e considerati 10 lavori, i cui risultati sono schematizzati nella Tabella VI (78-87). Come utilizzare i calciomimetici Abbiamo affrontato la problematica relativa ai calciomimetici rispondendo ad alcuni quesiti: a) Il cinacalcet è superiore al placebo nel controllo dell’IPS? b) Quali sono le dosi e le modalità di somministrazione ottimali, quali gli effetti collaterali? c) È consigliabile il loro uso in associazione con i presidi terapeutici classici (vitamina e derivati, chelanti del fosfato)? d) Quali e quanti controlli biochimici sono necessari per il monitoraggio terapeutico? HD IRC 52 aa; donne= 6/13; glomerulonefrite= 8/13 Donne= 10/55; Afro-Americani= 22/55; 49 aa; CrCl 28 mL/min; donne= 21/60; glomerulonefrite= 30/60 Donne= 9/15; diabete= 8/15 62 anni; donne= 13/47 Donne= 70/138; Afro-Americani= 111/138 52 aa; donne= 69/176; glomerulonefrite o diabete = 107/176; normale istologia ossea= 44/176 Donne= 63/151; glomerulonefrite= 115/151; diabete=11/151 50 aa; donne= 17/35; Afro-Americani= 30/35 54 aa; donne= 38/78; Afro-Americani= 62/78 49 aa; dialisi= 55 m; donne= 20/57; anomalie Rx= 36/57 Donne= 11/31; diabete= 14/31; Afro-Americani= 19/31 54 aa; donne=11/27; dialisi= 58 m 47 aa; donne= 10/20; glomerulonefrite= 14/30; diabete= 2/30 Donne= 15/25; glomerulonefrite= 7/25 52 aa; donne= 34/66; glomerulonefrite= 20/66 45 aa; donne= 11/36; post menopausa= 3/36; diabete= 15/36 Donne= 15/24; CrCl= 5-25 mL/min 11 aa; donne= 4/12 16 55 60 15 47 138 176 162 35 78 64 32 27 30 57 26 45 36 24 12 Baker LR, 1989 (8) Coburn JW, 2004 (9) Coen G, 1994 (10) Delmez JA, 2000 (11) Fournier A, 1993 (12) Frazao JM, 2000 (13) Hamdy NA, 1995 (3) Koshikawa S, 2002 (14) Llach F, 1998 (15) Martin KJ, 1998 (16) Memmos DE, 1981 (17) Moe SM, 2001 (18) Moriniere P, 1985 (19) Nordal KP, 1988 (20) Pecovnik-B, 1995 (21) Przedlacki J, 1995 (22) Ritz E, 1995 (23) Rix M, 2004 (24) Tougaard L, 1976 (25) Watson AR, 1989 (26) Ca Ca Ca Ca-D Ca-Al-D Al Ca Sev-CaD Al Ca Ca Ca-D Ca Mg Ca-Al-D Ca-D Ca Al-D Al Ca-Al Co intervento 1-α-OH vit D3 10 – 20 ng/kg/d PO‡ Ca-Al-D 1-α-OH vit D3 1 μg/d PO 1-α-OH vit D3 0.25-0.75 μg/d PO Calcitriolo 0.125 μg/d PO Calcitriolo 0.25 μg/d PO Calcitriolo 0.25 μg/d PO Calcitriolo 0.25-0.5 μg/d PO 1-α-OH vit D3 0.3-1 μg/d PO Paracalcitolo 1-4 μg trisettimanale IV Calcitriolo 0.5 μg/d PO Paracalcitolo 0.04-0.24 μg/kg trisettimanale IV‡ Paracalcitolo 0.04-0.24 μg/kg trisettimanale IV Calcitriolo 1, 1,5 or 2μg/trisettimanale IV 1-α-OH vit D3 0.25-1 μg/d PO Doxercalciferolo 10 μg/HD PO titolato al PTH 1-α-OH vit D3 1-4 μg/ trisettimanale IV vs CaCO3 PO Calcitriolo 0.5-2 μg/ trisettimanale IV Calcitriolo 0.25 μg/d PO Doxercalciferolo 1-5 μg/d PO Calcitriolo 0.25-0.5 μg/d PO Calcitriolo 0.25-1 μg/d PO 22-oxacalcitriolo 5 μg, 10 μg or 15 μg trisettimanale IV Intervento 6 3 18 12 12 12 8 6 3 24 3 1 3 24 2 6 12 27-29 6 12 60 3 Follow-up (mesi) HD = Emodialisi; IRC = Insufficienza Renale Cronica, predialisi; PD = Peritoneodialisi; IV = intravena; PO = per os; vit D= vitamina D; Al= chelanti a base di alluminio; D= modifiche dietetiche; Ca = chelanti con calcio acetato o bicarbonato; sev = sevelamer; CaD = modifica Calcio nel dialisato; P = chelante non specificato; Mg= idrossido di magnesio ‡ Trial con soli pazienti pediatrici PD IRC IRC IRC IRC HD HD HD HD HD HD IRC HD HD HD IRC IRC IRC HD 42 anni; istologia ossea normale= 28/52; dialisi= 20 mesi 76 Baker LR, 1986 (7) HD Setting Donne= 71/176; glomerulonefrite= 152/176; diabete 5/176 Caratteristiche di popolazione 176 N. pazienti Akizawa T, 2004 (6) Autore ed anno TABELLA II - CARATTERISTICHE DI POPOLAZIONE ED INTERVENTI NEGLI RCT DI CONFRONTO DELLA VITAMINA D, DEI SUOI METABOLITI O DEGLI ANALOGHI CON UN GRUPPO CONTROLLO O CON PLACEBO Utilizzo della vitamina D e analoghi S111 Utilizzo della vitamina D e analoghi Risultati Evidenza 1: il cinacalcet è in grado di ridurre in modo significativamente superiore al placebo i livelli di PTH, in associazione ad un migliore controllo del prodotto Ca x P. Evidenza 2: le dosi da somministrare possono variare da 30 a 180 mg al dì, attraverso l’esclusiva via orale. Il pasto influenza l’assorbimento del farmaco, quindi è consigliabile somministrare il farmaco sempre nella stessa condizione. Gli effetti collaterali riportati con incidenza superiore al placebo sono: ipocalcemia, nausea, vomito. Evidenza 3: non vi è incompatibilità nella somministrazione di cinacalcet in associazione agli altri presidi terapeutici (Vitamina D e analoghi, chelanti del fosfato). Manca evidenza di quale schema di associazione sia più efficace in termini di raggiungimento dei target delle K/DOQI e del raggiungimento di outcomes clinici. Opinione: si consiglia nelle fasi di inizio della terapia o di modificazione dei dosaggi un controllo del Ca e P ogni 15 giorni e del PTH almeno ogni 30 giorni. Sintesi dell’evidenza Il cinacalcet è attualmente utilizzabile esclusivamente nei pazienti in emodialisi e dialisi peritoneale. Il cinacalcet è più efficace del placebo nel controllo dell’IPS. A dosi comprese fra 30-120 mg/die, in unica somministrazione orale, riduce il PTH in media del 30-40% rispetto al basale, consentendo di portarne i livelli entro il target di 300 pg/mL in oltre il 50% dei pazienti. Tuttavia la quota di questi ultimi si riduce con l’aumentare dei livelli basali di PTH. La riduzione del PTH è dose-dipendente. A questa corrisponde una riduzione dei livelli di calcemia e di prodotto Ca x P. L’associazione con chelanti del fosfato e con metaboliti della vitamina D non influenza l’efficacia di cinacalcet, ma l’uso del cinacalcet può comportare un maggior fabbisogno di chelanti a base di Ca. Gli effetti collaterali più significativi sono nausea e vomito, più frequenti rispetto a placebo. Non disponiamo ad oggi di dati sufficienti circa il suo profilo di efficacia/sicurezza nei pazienti con insufficienza renale cronica pre-dialitica, ed in quelli con iperparatiroidismo persistente post-trapianto. Occorre un follow-up di più lungo periodo per stabilire i suoi vantaggi rispetto all’incidenza di paratiroidectomia, fratture ossee, patologia cardio-vascolare. Applicabilità L’ampia libertà di accesso a tutti i presidi terapeutici elencati nella stesura della Linea Guida ed utilizzabili nell’ambito del metabolismo minerale, consente, nel nostro paese, S112 la piena applicabilità teorica delle varie opzioni terapeutiche, fatta eccezione, al momento della stesura di questo elaborato, del carbonato di lantanio. Implicazioni per la ricerca La scarsità delle evidenze deve spingere a produrre dati controllati e prospettici che rispondano ad almeno i seguenti quesiti: 1. Quando iniziare la supplementazione vitaminica D. 2. Quale metabolita è preferibile impiegare nel singolo paziente. 3. Quali sono le dosi e la modalità ottimali. 4. Quali sono i dosaggi migliori in termini di efficacia e sicurezza di tutti i chelanti disponibili. 5. Quando ed in quali pazienti è necessario utilizzare il calciomimetico. 6. Quali sono gli schemi e la sequenza di associazione ottimali tra vitamina D, chelanti e calciomimetici. 7. Qual è l’impatto sugli outcomes clinici di ognuno di questi interventi terapeutici. 8. Quali sono i parametri da monitorare e con quale cadenza. Appendice Commenti sull’uso di Vitamina D, composti e analoghi Commenti al punto 1: La vitamina D, i suoi metaboliti o i cosiddetti analoghi sono superiori al placebo nel controllo dell’IPS? La Tabella II riporta gli studi di efficacia del calcitriolo o dei suoi metaboliti nel modificare i parametri biochimici di IPS rispetto al placebo o ad un gruppo di controllo, dai quali la superiorità del trattamento emerge con chiarezza. Sin dal 1981 Memmos et al. (17) dimostrarono che un anno di terapia con calcitriolo è in grado di ridurre i livelli di PTH del 57%, in confronto ad un aumento del 29% nel gruppo trattato con placebo. Inoltre in una percentuale significativamente maggiore di pazienti del gruppo trattato con calcitriolo si osservava un calo di fosfatasi alcalina (FA). Da segnalare, però, che in tale studio si ottenevano livelli calcemici elevati (una riduzione della dose del farmaco era prevista solo per livelli > 12 mg/dL), associati ad un significativo aumento dei livelli di P nel gruppo trattato con calcitriolo. L’efficacia dell’1-α-vitamina D3, somministrata insieme ad una dose fissa di calcio carbonato (3 g/die) e una dose variabile di idrossido di alluminio, è stata confrontata con quella del solo chelante a base di Ca, somministrato in dosi crescenti, adeguate a contenere la fosforemia (19). I livelli di PTH, dopo 6 mesi di terapia, erano parimenti ridotti nei due gruppi, ma con l’impiego di una dose media piuttosto bassa di farmaco (0.35 ± 0.05 μg/die) ed a fronte di una 15 Coen G, 1982 (32) HD Donne= 15/73; glomerulonefrite = 44/73; diabete= 13/73 Diagnosi istopatologica ossea 60 aa; donne= 7/17; dialisi= 141 m; diabete= 3/17 Donne= 60/125; Afro-Americani= 105/125; 49 aa; donne= 4/22; Donne= 113/263; Afro-Americani = 157/263 73 10 17 125 22 263 Hayashi M, 2004 (35) Juttmann JR, 1979 (36) Kihara T, 2004 (37) Martin KJ, 2001 (38) Maxwell DR, 1978 (39) Sprague SM, 2003 (40) Paracalcitolo 0.04-0.24 μg/kg/ trisettimanale IV Calcitriolo 0.25-1.5 μg/d PO Paracalcitolo vaseline PTH/80 μg 22-oxacalcitriolo 5 μg trisettimanale IV Calcitriolo 0.5 μg/d PO 22-oxacalcitriolo 5-10 μg trisettimanale IV Calcitriolo 1 μg trisettimanale IV Calcitriolo 2.7 ± 0.5μg/sett PO Calcitriolo 0.25-1 μ/d PO Calcitriolo 0.25-1 μg/d Calcitriolo 20 ng/kg/d PO Calcitriolo 0.5 μg/d PO Calcitriolo 0.5-1.5 μg/d PO Falecalcitriolo 0.15-0.3 μg/d PO Intervento 1 Calcitriolo 0.01-0.06 μg/kg/ trisettimanale IV Vit D 400 IU/d PO Paracalcitolo 0.04 μg/kg IV trisettimanale Calcitriolo 0.5 μg trisettimanale IV 1-·-OH vit D3 0.5 μg/d PO Calcitriolo 1μg trisettimanale 1α-OH vit D3 1 μg IV trisettimanale 1-α-OH D3 3.8 ± 0.4 μg/sett PO Ca Al-Ca P-Al Ca Ca Ca-P Ca Ca Al-Ca- Ca-Al Co intervento Calcitriolo 0.5-2 μg/d PO + 25(OH)D3 0.5-0.75 μg/kg/d PO Vit D 4000 IU/d PO Diidrotachisterolo 15 μg/kg/d PO‡ 25(OH)D3 50 μg/d PO* Vitamina D3 400 IU/d PO 1α-OH vit D3 0.25-0.5 μg/d PO Intervento 2 8 3 2.9 20 0.5 12 3 36 12 9 6 6 3 6 Follow-up (mesi) HD= dialisi; IRC= predialisi; PD= Peritoneodialisi; IV= intravena; PO= per os; vit D= vitamina D; Al= chelanti a base di alluminio; D= modifiche dietetiche; Ca= chelanti con calcio acetato o bicarbonato; sev= sevelamer; CaD= modifica Calcio nel dialisato; P= chelante non specificato; Mg= idrossido di magnesio * Braccio di controllo con calcitonina HD HD HD HD IRC HD 20 HD IRC HD El-Reshaid K, 1997 (34) 35-75 aa; donne= 22/50; dialisi= 3-10 aa 18 Christiansen C, 1978 (31) 50 HD 5 aa; uropatia ostruttiva= 61/82; Afro-Americani= 12/82 82 Chan JC, 1994 (30) Deuber HJ, 2003 (33) IRC 47 aa; donne= 23/65 48 Buccianti G, 1981 (29) HD 47 aa; glomerulonefrite= 21/31 31 Berl T, 1980 (28) HD Setting Donne= 11/25; glomerulonefrite= 22/25; Caratteristiche di popolazione 21 N. pazienti Akiba T, 1998 (27) Autore ed anno TABELLA III - CARATTERISTICHE DI POPOLAZIONE ED INTERVENTI NEGLI RCT DI CONFRONTO TRA METABOLITI E ANALOGHI DELLA VITAMINA D Utilizzo della vitamina D e analoghi S113 Utilizzo della vitamina D e analoghi somministrazione di dosi triple di chelante a base di Ca nel gruppo di controllo. Nella fase predialitica Przedlacki et al. (22) hanno dimostrato che il calcitriolo è efficace nel ridurre significativamente i livelli di PTH e FA, che invece aumentavano nel gruppo trattato con placebo, senza modificazioni significative dei livelli di Ca e P. Ancora in pazienti in fase predialitica, l’1-α-colecalciferolo alla dose media di 0.44 μg/die (24) si è dimostrato efficace nel ridurre i livelli di PTH e di FA ossea che invece aumentavano nel gruppo controllo, a fronte però di un aumento significativo dei livelli di calcio ionizzato. Gli studi di efficacia degli analoghi della vitamina D rispetto al placebo, più recenti e meglio disegnati, si caratterizzano per la diversa attenzione ai livelli calcemici, il cui aumento non è più visto come effetto terapeutico desiderato, ma piuttosto come effetto collaterale da evitare. Martin et al. (16) hanno valutato in un gruppo di 40 pazienti in dialisi l’effetto del paracalcitolo rispetto al placebo somministrato a 38 soggetti. Dopo 12 settimane di terapia, i livelli di PTH risultavano ridotti rispetto ai valori basali del 60% nei pazienti trattati con paracalcitolo e stabili nei controlli, con analogo comportamento dei livelli di FA. La calcemia, stabile nel gruppo placebo, aumentava nei trattati, pur rimanendo nell’ambito della normalità (9.56 ± 0.15 mg/dL). I livelli di fosfatemia, stabili nei due gruppi rispetto al basale, mostravano valori medi significativamente superiori nel corso della terapia con paracalcitolo. L’efficacia di un altro analogo della vitamina D, il doxercalciferolo (o 1-α-vitamina D2, non disponibile in Italia), rispetto al placebo è documentata in uno studio condotto in fase predialitica (9). In questo studio, i livelli di PTH si riducevano significativamente nei pazienti trattati con il doxercalciferolo (il 74% dei pazienti trattati aveva una riduzione di almeno il 30% vs il 7% nei casi controllo), a fronte di livelli calcemici che oscillano sempre nella norma e che in uno solo degli otto controlli previsti nel follow-up superavano i limiti della normalità. Analoga stabilità veniva descritta per la fosfatemia. In questo studio si dimostrava anche l’assenza di effetti significativi sulla escrezione urinaria di calcio e sulla velocità di progressione della insufficienza renale. Commenti al punto 2: Qual è l’efficacia relativa della vitamina D, dei suoi metaboliti e degli analoghi? Gli studi di confronto tra i metaboliti della vitamina D sono riportati nella Tabella III. Gli effetti terapeutici del calcitriolo, 0.5-1.5 μg/die, sono stati paragonati a quelli del colecalciferolo, 400-1200 UI/die, in 31 pazienti in dialisi con iperparatiroidismo florido (28). La superiorità del calcitriolo nel ridurre i livelli di PTH e nel migliorare la lesione ossea emerge chiaramente (entrambe questi parametri peggiorano nel gruppo trattato con colecalciferolo); è tuttavia evidente un rapido effetto ipercalcemizzante del calcitriolo, che potrebbe spiegare almeno S114 in parte il maggior calo del PTH. Uno studio molto simile effettuato in fase predialitica (31) con dosi di 1 μg/die di 1,25(OH)2D3 vs 4000 UI/die di colecalciferolo, ha evidenziato un effetto ancora più marcato sull’IPS, ma con un altrettanto marcato effetto calcemico, al quale era stato imputato il riscontro di un peggioramento della funzione renale. Quest’ultimo effetto negativo del calcitriolo non è stato tuttavia confermato da studi successivi (10), con posologie minori, con minore prevalenza di ipercalcemia e con diverso metodo di valutazione della riduzione della funzione renale. Il confronto tra calcitriolo (0.5 μg/die) e 25-idrossicolecalciferolo (50 μg/die) è stato effettuato in dialisi, con evidenza di un aumento dei livelli calcemici, di una simile riduzione della FA e di un miglioramento delle lesioni ossee con entrambe le terapie (29). Il calcitriolo è stato confrontato con l’1-α-idrossivitamina D3, entrambe somministrati EV, in 20 pazienti, a fine dialisi, riscontrando una sostanziale sovrapponibilità nella capacità di sopprimere i livelli di PTH (34). In questo studio, che include anche un braccio terapeutico con 1-αidrossivitamina D3 PO, viene segnalato che con la somministrazione EV, i livelli di 1.25(OH)2D sono più bassi rispetto alla somministrazione orale, ma con pari efficacia nella soppressione paratiroidea. Di rilievo, anche per la numerosità dei casi trattati (263 pazienti) il lavoro che confronta il paracalcitolo con il calcitriolo, entrambi somministrati per via EV (40). I pazienti, tutti in trattamento emodialitico, avevano livelli basali di PTH > 300 pg/mL e prodotto Ca x P < 75. L’obiettivo terapeutico di questo studio, da raggiungere con dosi crescenti dei farmaci, era una riduzione dei livelli di PTH > 50%. Entrambi i prodotti risultavano efficaci, ma con due differenze: nel gruppo paracalcitolo il calo era raggiunto prima (87 vs 107 giorni) e con livelli di PTH compresi, durante trattamento, nel range ottimale di 100-300 pg/mL, mentre nel gruppo calcitriolo erano numerosi i casi con livelli di PTH > 300. Inoltre, nel gruppo paracalcitolo, gli episodi di ipercalcemia e di prodotto Ca x P > 75 sono risultati tendenzialmente meno frequenti. Da precisare che però sia la definizione di ipercalcemia che del prodotto Ca x P da considerare elevato sono decisamente superiori ai limiti consigliati dalle K/DOQI. Commenti al punto 3: Quali sono le dosi e le modalità di somministrazione ottimali? Rispetto alle dosi di vitamina D, non esistono studi con l’obiettivo di definire la dose ottimale. L’approccio è stato per lo più quello di utilizzare dosi crescenti, con l’obiettivo di ridurre i livelli di PTH, limitandone l’uso, quando compare l’ipercalcemia. Quest’ultima, nella maggior parte degli studi prodotti negli anni precedenti la pubblicazione delle Linee Guida K/DOQI, è stata definita come valori di calcemia > 11-12 mg/dL. Per tale motivo è difficile proporre oggi i dosaggi terapeutici efficaci proposti da questi studi Utilizzo della vitamina D e analoghi in cui venivano tollerati valori calcemici oggi non più accettabili. È utile invece considerare la differenza tra dosaggi “fisiologici” (per la correzione dello stato carenziale) e dosaggi farmacologici (per sopprimere la ipersecrezione paratiroidea). Per i primi si può avere come limite di riferimento massimo la velocità di sintesi endogena del calcitriolo, pari a circa 1 μg/die. È comunque da precisare che mancano dati sulla sintesi e biodisponibilità della vitamina D in corso di IRC. Per i dosaggi farmacologici, in attesa di studi controllati che forniscano dati indipendenti, non si può che fare riferimento a quanto riportato nelle schede tecniche dei differenti farmaci. Rispetto alla modalità di somministrazione (giornaliera, in boli, EV o PO), i numerosi studi esistenti sono riportati nella Tabella IV. L’efficacia della somministrazione di calcitriolo in boli EV o PO, post dialisi, a dosi comprese tra 2 e 4 μg, è stata confrontata in 19 pazienti (51). Malgrado la differente farmacocinetica (picchi più elevati e precoci di calcitriolo nella somministrazione EV), la soppressione paratiroidea è risultata simile nei due gruppi che presentavano simile tendenza ad ipercalcemia ed iperfosforemia, con limitazione all’impiego di dosi maggiori dei farmaci. In questo studio i pazienti avevano un florido iperparatiroidismo (PTH basale circa 900 pg/mL nei due gruppi) e livelli fosforemici costantemente elevati (> 5.0-5.5 mg/dL). Il calcitriolo per via orale giornaliera (n=20) è stato confrontato al calcitriolo EV in boli dopo dialisi (21 pazienti) ed al solo chelante a base di Ca (11 pazienti) in pazienti con PTH compreso tra 150 e 600 pg/mL (46). In tutti i gruppi si è osservato un calo significativo del PTH, senza differenze statistiche tra di loro. Peraltro la FA ossea risultava ridotta nei primi due gruppi ed aumentata nel terzo che pure aveva livelli migliori di P. Nel confronto tra somministrazione quotidiana (0.75 μg/die) o due volte a settimana (3 μg x 2/sett), il calcitriolo ha mostrato pari efficacia in 18 pazienti in dialisi peritoneale (61). In pazienti pediatrici, invece, i boli orali sono stati confrontati con quelli intraperitoneali (1 μg x 3 a settimana, titolando in base alla risposta) e si è osservato un calo più netto del PTH con la seconda modalità. I livelli di Ca erano più alti e quelli di P più bassi, ma la lesione istologica non ha mostrato differenze. Gli Autori concludevano che i parametri biochimici non erano adeguati a valutare la risposta terapeutica (55). L’importanza dell’intervallo di somministrazione è stata studiata in emodialisi, evidenziando pari efficacia per le somministrazioni EV due o tre volte a settimana (57); mentre in predialisi l’intervallo è stato allungato con successo fino ad una singola dose settimanale PO (62). Commenti sull’uso dei chelanti del fosfato Sevelamer vs Sali di calcio (Tab. V) Nello studio di Bleyer et al. (66) è messo a confronto l’uso del sevelamer HCl con il Ca acetato, sul piano dell’efficacia e della sicurezza nel controllo dell’iperfosfatemia in 84 pazienti emodializzati. L’efficacia dei 2 trattamenti è simile, ma il trattamento con il Ca acetato provoca ipercalcemia nel 22% dei pazienti rispetto al 5% dei pazienti trattati con sevelamer. Inoltre, il sevelamer riduce del 24% i livelli di Colesterolo-LDL. Lo studio dimostra la pari efficacia dei 2 chelanti del fosfato, con minori effetti collaterali per il sevelamer; il valore dello studio è però limitato dal numero relativamente basso di pazienti (84) e dalla sua breve durata (8 settimane). Lo studio condotto da Chertow et al. (68) ha messo in confronto l’efficacia di sevelamer in confronto a quella di altri chelanti del fosfato contenenti Ca, valutando come parametri di sicurezza l’incidenza di ipercalcemia e la progressione delle calcificazioni coronariche. Lo studio è stato condotto su 200 pazienti emodializzati seguiti per un periodo di 53 settimane. L’efficacia dei 2 trattamenti è risultata simile nel raggiungere il controllo della fosfatemia secondo gli obiettivi proposti dalle Linee Guida K/DOQI (fosfatemia tra 3.5 e 5.5 mg/dL). Entrambi i trattamenti mantenevano i livelli di prodotto Ca x P entro il range raccomandato dalle Linee Guida K/DOQI (< 55 mg2/dL2). Solo il gruppo trattato con sevelamer raggiungeva e manteneva i livelli di calcemia raccomandati per tutta la durata dello studio, mentre i chelanti del fosfato a base di Ca causavano frequenti episodi di ipercalcemia. I pazienti trattati con Ca carbonato dimostravano inoltre un aumento significativo delle calcificazioni coronariche (+25%) e aortiche (+28%) rispetto a quelli trattati con sevelamer. Raggi et al. (75) hanno condotto un’analisi post-hoc degli studio di Chertow et al. (68, 70), valutando gli effetti di sevelamer e di chelanti del fosfato a base di Ca sulla densità minerale ossea a livello delle vertebre toraciche e su markers di turnover osseo. I 2 trattamenti riducevano i livelli di prodotto Ca x P in maniera simile, ma i pazienti trattati con Ca carbonato mostravano una riduzione dell’attenuazione ossea trabecolare a livello delle vertebre toraciche (p= 0.01), rispetto a quelli trattati con sevelamer. Inoltre, i pazienti in terapia con sevelamer avevano livelli di FA totale e ossea, di osteocalcina e di PTH maggiori (p < 0.01) rispetto al gruppo di pazienti trattati con chelanti del fosfato a base di Ca. Nello studio di Sadek et al. (69) è stata valutata l’efficacia di sevelamer in confronto ad altri chelanti del fosfato contenenti Ca in 200 pazienti emodializzati seguiti per un periodo di 53 settimane. L’efficacia dei 2 trattamenti è risultata simile nel raggiungere gli obiettivi proposti dalle Linee Guida K/DOQI (fosfatemia tra 3.5 e 5.5 mg/dL e prodotto Ca x P < 55 mg2/dL2). Chertow et al. (70), hanno osservato 108 pazienti emodializzati seguiti per un periodo di un S115 S116 HD HD 49 aa; donne= 15/33; dialisi= 88 m 46 aa; dialisi= 56 m Diabete= 24/50; Afro-Americani= 46/50 24-78 aa; dialisi= 0.3-14 aa; donne= 5/16 54 aa; dialisi < 3 aa Donne= 0/16 50 aa; donne= 4/10; patologia ossea alla istologia o alla Rx 40 aa; donne= 13/19 40 aa; donne= 15/28 Osteodistrofia Rx= 8/34 1.8-16 aa; dialisi= 16 m 13 aa; Normale istologia ossea = 6/33 8.4 aa; CrCl = 22.4 mL/min; donne = 14/59 33 6 26 50 16 76 8 10 19 28 34 7 33 59 Caravaca F, 1995 (43) Fischer ER, 1993 (44) Haddad A, 2004 (45) Indridason OS, 2000 (46) Lee WT, 1994 (47) Levin A, 1995 (48) Levine BS, 1996 (49) Liou HH, 1994 (50) Quarles LD, 1994 (51) Turk S, 2002 (52) Gadallah MF, 2000 (53) Jones CL, 1994 (54) Salusky IB, 1998 (55) Ardissino G, 2000 (56) IRC PD PD PD HD HD HD HD HD HD HD HD HD 39 aa; dialisi= 3-90 m; donne= 18/34 34 Borazan A, 2003 (42) HD Setting 52 aa; diabete= 3/20; dialisi= 85 m Caratteristiche di popolazione 20 N. pazienti Bacchini G, 1997 (41) Autore ed anno Calcitriolo 10 ng/kg/d PO Calcitriolo 1 μg/trisettimanale IP Calcitriolo 0.01-0.02 μg/kg/d IP Calcitriolo 1-2 μg/ trisettimanale IP Calcitriolo 1-2.5 μg trisettimanale IV Calcitriolo 2-4 μg trisettimanale IV Calcitriolo 0.5 μg trisettimanale IV Calcitriolo 2-4 μg trisettimanale IV Calcitriolo 0.5 μg trisettimanale IV 1-α-OH vit D3 4μg trisettimanale IV Calcitriolo 1 μg trisettimanale IV 1-α-OH vit D3 2 μg trisettimanale IV Calcitriolo 2 μg trisettimanale IV Calcitriolo 0.045 μg/ sett intermittente IV Calcitriolo 0.5 μg/d PO Calcitriolo 0.5-1 μg/ trisettimanale IV Intervento 1 Calcitriolo 35 ng/kg/ bisettimanale PO‡ PO‡ PO‡ PO 1-3 μg trisettimanale PO PO Calcitriolo 0.25-1.5 μg/d PO PO Calcitriolo 2 μg trisettimanale PO PO Calcitriolo 0.5 μg/d PO† 1-α-OH vit D3 2 μg trisettimanale PO PO intermittente PO v gironaliero PO Calcitriolo 1 μg/ trisettimanale IV PO Intervento 2 P Ca-D Ca-D CaD Ca-Al Ca-Al-D-CaD Al Ca-Al-CaD Ca Al-Ca D-Ca-Al CaD Al D Ca-CaD Co intervento 2 12 3 48 6 9 3 6 6 1.5 9 3 4 2.5 6 4 segue Follow-up (mesi) TABELLA IV - CARATTERISTICHE DI POPOLAZIONE ED INTERVENTI NEGLI RCT DI CONFRONTO TRA DIVERSE MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE DELLA VITAMINA D O DEGLI ANALOGHI Utilizzo della vitamina D e analoghi HD HD PD HD HD Diabete= 3/18; Afro-Americani= 14/18; donne= 9/18 47 aa; glomerulonefrite= 9/16 21 13 21 16 22 19 Klaus G, 1995 (59) Martinez J, 1996 (60) Moe SM, 1998 (61) Panichi V, 1998 (62) Sanchez Perales MC, 1999 (63) Van der Merwe WM, 1990 (64) Calcitriolo 0.25 μg/d PO Calcitriolo 1-3 μg trisettimanale IV Calcitriolo 0.5 μg/d PO Calcitriolo 0.25-0.75 μg/d PO Calcitriolo 6 μg/ monosettimanale IV Calcitriolo 0.5 μg/d PO Calcitriolo 0.75 μg/d PO Calcitriolo 1.5-3 μg bisettimanale IV Intervento 1 0.5 μg trisettimanale PO 3-9 μg/settimana IV 2 μg trisettimanale PO v 2 μg/sett Calcitriolo 1-3 μg bisettimanale PO Calcitriolo 2 μg/ trisettimanale IV Calcitriolo 1.0 μg trisettimanale PO‡ Calcitriolo 5.25 μg/week PO dosi refratte Calcitriolo 1-2 μg trisettimanale IV Intervento 2 D-Ca-Al-CaD Ca-Al Ca-Al Ca-CaD Ca Ca Ca-Al Ca-Al Co intervento 3 3 3 24 3 0.5-9 3 3 Follow-up (mesi) HD= dialisi; IRC= predialisi; PD= Peritoneodialisi; IV= intravena; PO= per os; IP= intraperiotoneale; vit D= vitamina D; Al= chelanti a base di alluminio; D= modifiche dietetiche; Ca= chelanti con calcio acetato o bicarbonato; sev= sevelamer; CaD= modifica Calcio nel dialisato; P= chelante non specificato; Mg= idrossido di magnesio * Braccio di cantrollo con calcio carbonato ‡ Trial con soli pazienti pediatrici IRC HD 25-81 aa; dialisi= 0.5-15 aa 45 Herrmann P, 1994 (58) Setting HD Caratteristiche di popolazione 22 N. pazienti Gallieni M, 2000 (57) Autore ed anno TABELLA IV - CARATTERISTICHE DI POPOLAZIONE ED INTERVENTI NEGLI RCT DI CONFRONTO TRA DIVERSE MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE DELLA VITAMINA D O DEGLI ANALOGHI (segue) Utilizzo della vitamina D e analoghi S117 Utilizzo della vitamina D e analoghi anno, al fine di determinare se lo specifico trattamento con Ca acetato o con sevelamer nella terapia dell’iperfosforemia fosse associato ad ipercalcemia e alla progressione delle calcificazioni arteriose. L’efficacia dei 2 trattamenti è simile nel raggiungere gli obiettivi proposti dalle Linee Guida K/DOQI (fosforemia= 3.5-5.5 mg/dL). I soggetti trattati con calcio acetato sviluppano ipercalcemia in misura maggiore (36%) rispetto a coloro trattati con sevelamer (13%). Inoltre, i pazienti trattati con Ca acetato presentavano più calcificazioni coronariche (+20%, p= 0.002) e aortiche (+73%, p < 0.0001), rispetto a quelli trattati con sevelamer. Braun et al. (67) hanno confrontato l’uso del sevelamer con il Ca carbonato. Anche in questo studio condotto in 114 pazienti emodializzati, tra i parametri di sicurezza valutati, era compresa la determinazione dell’evoluzione delle calcificazioni cardiovascolari, con Electron Beam Computed Tomography (EBCT) eseguita all’inizio dello studio e dopo 52 settimane di terapia con i 2 chelanti. L’efficacia dei 2 trattamenti era simile, ma il trattamento con il Ca acetato provocava ipercalcemia nel 19% dei pazienti rispetto allo 0% dei pazienti trattati con sevelamer. Inoltre, il sevelamer riduce del 24% i livelli di colesterolo totale e del 30% i livelli di colesterolo-LDL. I pazienti trattati con Ca carbonato avevano un aumento significativo delle calcificazioni coronariche (+34%) e aortiche (+32%) rispetto a quelli trattati con sevelamer. Per raggiungere gli stessi livelli di P, il trattamento con sevelamer richiede però un maggior numero di compresse e provoca maggiori effetti collaterali a livello gastroenterico. Più recentemente, è stato condotto uno studio da Asmus et al. (74) su 72 pazienti emodializzati seguiti per un periodo di 2 anni, per valutare gli effetti di sevelamer e di Ca carbonato sulle calcificazioni cardiovascolari e la densità minerale ossea. I 2 trattamenti riducevano i livelli di prodotto Ca x P in maniera simile, ma i pazienti trattati con Ca carbonato avevano livelli di PTH più bassi (p < 0.01) e un maggior numero di episodi di ipercalcemia (p= 0.03). Inoltre i pazienti trattati con Ca carbonato dimostravano un aumento significativo delle calcificazioni coronariche (p= 0.0178) e aortiche (p= 0.0039) e una maggiore riduzione della densità trabecolare ossea (p= 0.0049) rispetto a quelli trattati con sevelamer. Block et al. (76) hanno confrontato l’uso del sevelamer con quello dei chelanti del fosfato a base di Ca, valutandone la sicurezza sull’induzione di calcificazioni cardiovascolari in 129 pazienti “incidenti” in emodialisi. L’esame con EBCT è stato eseguito all’inizio dello studio e dopo 6, 12 e 18 settimane di terapia con i 2 tipi di chelante. All’inizio dello studio il 37% dei pazienti trattati con sevelamer e il 31% di coloro trattati con sali di Ca non aveva calcificazioni vascolari evidenziate all’EBCT. I soggetti con uno score di calcificazione arterioso > 30 all’inizio dello studio mostravano una progressione delle calcificazioni vascolari indipendentemente dal tipo di chelante, ma coloro in tera- S118 pia con chelanti a base di Ca mostravano un più rapido e più severo aumento delle calcificazioni arteriose (p= 0.01 a 18 mesi) rispetto al gruppo in terapia con sevelamer. Carbonato di Lantanio vs altri chelanti (Tab. V) D’Haese et al. (71) hanno invece studiato gli effetti del carbonato di lantanio. Questo studio è stato condotto su 98 pazienti emodializzati per un periodo di 12 mesi ed ha valutato l’efficacia del carbonato di lantanio e del Ca carbonato nell’evoluzione dell’osteodistrofia renale in questi soggetti. Dopo la randomizzazione di 49 pazienti per ogni gruppo, sono stati analizzate per l’analisi statica e dinamica di istomorfometria, rispettivamente 33 biopsie ossee nel gruppo trattato con carbonato di lantanio e 30 in quello trattato con Ca carbonato. Risulta evidente come sia il carbonato di lantanio che il Ca carbonato risultavano efficaci nel ridurre l’iperfosfatemia nel range proposto dalle Linee Guida K/DOQI. L’incidenza di ipercalcemia era minore nel gruppo trattato con il lantanio (6%) rispetto a quello trattato con Ca carbonato (49%). Inoltre, il carbonato di lantanio dopo un anno di terapia non causava una patologia ossea a basso turnover. Joy et al. (77) hanno condotto uno studio su 126 pazienti in emodialisi per un periodo di 3 mesi, valutando l’efficacia e la sicurezza del carbonato di lantanio nel trattamento dell’iperfosfatemia. Dopo le prime 8 settimane di trattamento in cui tutti i soggetti avevano raggiunto una fosfatemia ≤ 5.9 mg/dL, i pazienti venivano suddivisi in un primo gruppo che continuava il trattamento con il lantanio e un secondo gruppo che riceveva placebo per un periodo di ulteriori 4 settimane. Alla fine dello studio, la differenza di fosfatemia tra i 2 gruppi è risultata di 1.91 mg/dL (p < 0.0001), più bassa nel gruppo trattato con carbonato di lantanio, con differenze statisticamente significative anche per il prodotto Ca x P e per il PTH. Gli effetti collaterali del carbonato di lantanio erano sovrapponibili a quelli del placebo, soprattutto a livello dell’apparato gastro-intestinale. Al Baaj et al. (72) hanno valutato l’efficacia del carbonato di lantanio verso il placebo nel controllo dell’iperfosfatemia in 59 pazienti in emodialisi o in dialisi peritoneale per un periodo di 8 settimane. Dopo le prime 4 settimane di trattamento in cui tutti i soggetti avevano raggiunto una fosfatemia tra 4.03 e 5.58 mg/dL, i pazienti erano suddivisi in 2 gruppi: 17 continuavano con il carbonato di lantanio, mentre 19 ricevevano il placebo per un periodo di ulteriori 4 settimane. Alla fine dello studio, il 64.7% dei pazienti trattati con il carbonato di lantanio avevano una fosforemia < 5.58 mg/dL, mentre solo il 21.4% dei soggetti trattati con il placebo raggiungeva tale obiettivo. Questi risultati erano sovrapponibili sia per i pazienti in emodialisi che per quelli in dialisi peritoneale. Hutchison et al. (73) hanno valutato l’efficacia e la sicurezza del carbonato di lantanio e del Ca carbonato nel controllo dell’iperfosfatemia in 800 pazienti in emodialisi per un periodo di 6 mesi. L’efficacia dei 2 trattamenti è risulta- RCT, Open-label RCT RCT, Open-label RCT RCT, Open-label RCT, Open-label, Double-blind RCT RCT Post-hoc analysis RCT RCT, Double-blind, 114 200 42 108 98 59 800 72 200 129 126 Braun J, 2004 (67) Chertow GM, 2003 (68) Sadek T, 2003 (69) Chertow GM, 2003 (70) D’Haese PC, 2003 (71) Al Baaj F, 2005 (72) Hutchison AJ, 2005 (73) Asmus HG, 2005 (74) Raggi P, 2005 (75) Block GA, 2005 (76) Joy MS, 2003 (77) Dose-tritation, Phase III RCT, Open-label, Crossover Disegno studio 84 N. pazienti Bleyer AJ, 1999 (66) Autore ed anno Emodialisi Emodialisi Emodialisi Emodialisi Emodialisi Dialisi peritoneale Emodialisi Emodialisi Emodialisi Emodialisi Emodialisi Emodialisi Caratteristiche partecipanti Lantanio Sevelamer Sevelamer Sevelamer Lantanio Lantanio Lantanio Sevelamer Sevelamer Sevelamer Sevelamer Sevelamer (S) Intervento sperimentale Placebo Sali di Ca Sali di Ca Ca carbonato Ca carbonato Placebo Ca carbonato Ca acetato Ca carbonato Ca salts Ca carbonato Ca acetato (Ca) Intervento di controllo 3 18 12 24 6 2 12 12 5 12 12 2 Follow-up (mesi) TABELLA V - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI NELLA VALUTAZIONE DI EFFICACIA DEI CHELANTI DEL FOSFORO Ipercalcemia con Ca PTH < 150 g/mL con Ca Calc vasc con Ca Ipercalcemia con Ca PTH < 150 g/mL con Ca Calc vasc con Ca Ridotta densità ossea con Ca Ipercalcemia con Ca PTH < 150 g/mL con Ca Calc vasc con Ca Ipercalcemia con Ca Ipercalcemia con Ca Ipercalcemia con Ca Ipercalcemia con Ca PTH < 150 g/mL con Ca Calc vasc con Ca Ipercalcemia con Ca S riduce LDL colesterolo Ipercalcemia con Ca S riduce LDL colesterolo Commenti Utilizzo della vitamina D e analoghi S119 S120 RCT, multicentrico RCT, Opel-label RCT, Open-label RCT, Open-label 395 170 14 11 Lindberg JS, 2004 (83) Moe SM, 2005 (84) Kruse AE, 2005 (85) Serra AL, 2005 (86) IRC non in HD Post Tx Post Tx HD HD + PD (12% dei paz) HD + PD HD (1044) PD (46) HD IRC 15-50 mL/min (stadio 3 e 4) HPT post-Tx renale HPT post-Tx renale HD > 18 aa. HD da > 3 mesi. Dopo studi fase II CNC o placebo HD > 18 aa. HD da > 3 mesi Trisettimanale PTH ≥ 300 pg/mL HD > 18 aa. HD da > 3 mesi Trisettimanale In dialisi da > 3 mesi HD > 18 aa. HD da > 3 mesi. Trisettimanale HD: Emodialisi; PD: Peritoneodialisi; Tx: trapianto renale; CNC (AMG073): Cinacalcet RCT RCT, multicentrico 1184 Cunningham J, 2005 (82) 54 (27+27) RCT, multicentrico 1136 Moe SM, 2005 (81) Charytan C, 2005 (87) RCT multicentrico 741 Block GA, 2004 (80) HD > 18 aa. HD da > 3 mesi Caratteristiche partecipanti HD con HD > 18 aa. HD PTH ≥ 300 pg/mL da > 3 mesi HD RCT RCT, multicentrico, USA Setting Disegno studio 71 N. pazienti Quarles LD, 2003 (79) Goodman WG, 2002 (78) Autore ed anno CNC 30-180 mg/die CNC 30 mg/die 59 e 16 pz nel long-term a 2 e 3 aa. 294 dose media 60 mg CNC 697 CNC 665 CNC 371 AMG 073 36 40 monodose 23-8 gg Intervento sperimentale 26 settimane (16+10) 6 mesi +12 mesi 26 settimane 26 settimane 12+6 settimane 8 giorni Follow-up Placebo No No 12 settimane 6+6 settimane 3 mesi Da placebo a CNC 1+2 anni Long-term CNC 3 anni (16 pz) 101 Placebo 487 Placebo 471 Placebo 370 Placebo 35 12 7 Intervento di controllo TABELLA VI - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI NELLA VALUTAZIONE DI EFFICACIA DEI CALCIOMIMETICI Dose media 30 mg/die (52%)-60 mg/die 30% 30 mg/die in 8, 15 mg in 1 pz e 60 in 1 pz. 30 mg/die Dose media= 70 e 90 mg/die Dose-titration 16 settimane Efficacia 10 settimane Maschi 62%. Età 53.7±14.4 anni 30-180mg. Dose titration 30 mg/3 sett. 30-180mg. Dose-titration 30 mg/3sett. Vit. D data a 82% e 78% CNC vs Plac. 12 dose-titration + 6 mantenimento Dose media finale 74±5 mg/die Studio preclinico per una valutazione dose risposta Commenti Dosi Utilizzo della vitamina D e analoghi Utilizzo della vitamina D e analoghi ta simile (65% dei pazienti trattati) nel raggiungimento degli obiettivi proposti dalle Linee Guida K-DOQI. I soggetti trattati con Ca carbonato sviluppavano ipercalcemia più frequentemente (20.2%) rispetto a coloro trattati con lantanio (0.4%). Commenti sull’impiego dei Calciomimetici I calciomimetici sono farmaci capaci di attivare il recettore sensibile al Calcio “calcium sensing receptor” (CaR). La loro azione aumenta la sensibilità del CaR al calcio extracellulare, attivando il recettore a più bassi livelli di calcio. Il CaR è espresso a livello di molti organi ed apparati, ma in particolare nelle cellule paratiroidee e in quelle tubulari renali. La sua attivazione induce una pronta riduzione della secrezione del PTH e, a livello renale, un aumento della calciuria. Il primo, e per ora unico, calciomimetico impiegato nella terapia dell’IPS è il cinacalcet-HCl (Tab. VI). Questo composto, sperimentato in studi preclinici con il nome di AMG 073 (78), ha dato buoni risultati in studi clinici di fase I (79), fase II (80, 81, 83) e fase III (82, 84). È stato arruolato un gran numero di pazienti in emodialisi extracorporea ed in dialisi peritoneale, secondo un disegno di studio e con criteri di arruolamento sostanzialmente simili. In quasi tutti è esplicitato un conflitto di interessi, in quanto alcuni degli Autori erano dipendenti o consulenti della Amgen. Due studi, non randomizzati, hanno valutato l’effetto del cinacalcet sull’IPS persistente post-trapianto renale (85, 86). Un solo studio placebo-controllato, ma di breve periodo e con un arruolamento limitato, ha valutato l’efficacia del farmaco in pazienti con IRC predialisi (87). Disponiamo dei risultati di 3 studi multicentrici (tutti finanziati da Amgen) che hanno arruolato pazienti in Nord America, Europa ed Australia (80, 81, 83). Tutti hanno lo stesso disegno, nell’arruolamento dei pazienti, nelle modalità di somministrazione del cinacalcet, negli endpoints primari e secondari. La valutazione riassuntiva dei 3 studi è nel lavoro di Moe et al. (81). Su un totale di 665 pazienti trattati con cinacalcet per un periodo complessivo di 26 settimane (12-16 di aggiustamento posologico, e 14-10 di mantenimento e di misura di efficacia), confrontati con 471 cui è stato dato placebo, il cinacalcet si è dimostrato superiore al placebo nell’indurre una riduzione ≥ 30% del PTH basale (endpoint primario). Il cinacalcet ha ridotto il PTH di circa il 40% rispetto ai valori basali vs un aumento del 49% del placebo. La quota di pazienti con PTH ≤ 300 pg/mL o con PTH fra 150 ≥ PTH ≤ 300 pg/mL era del 56% e 33% rispettivamente vs 10% e 9% con placebo (p < 0.001). La riduzione del PTH si associava ad una moderata ma significativa riduzione del prodotto Ca x P (-15% circa). La riduzione era indipendente da sesso, razza e modalità dialitica (emodialisi o dialisi peritoneale). La percentuale di pazienti che alla fine dello studio raggiungevano l’endpoint primario si riduceva con l’aumentare dei livelli basali di PTH. Nei lavori suddetti l’efficacia del cinacalcet è stata valutata durante un follow-up breve, non superiore a 14 settimane. La terapia con cinacalcet è stata prolungata in una parte dei pazienti che avevano partecipato agli studi precedenti. Per questo sono stati progettati studi “open-label”, in cui sia pazienti inizialmente in terapia con cinacalcet, sia altri in placebo, sono stati trattati con calciomimetico per un follow-up di 2 e 3 anni (84). Il cinacalcet mantiene la sua efficacia, riducendo i livelli di PTH a ≥ 30% in circa il 60% dei pazienti, con valori di PTH ≤ 250 pg/mL in circa il 50% dei casi. La probabilità di mantenere PTH < 250 pg/mL è maggiore nei pazienti con PTH iniziali più bassi. Nello studio di fase III (82) la terapia con calciomimetico per 6 e 12 mesi, ha prodotto una riduzione significativa del numero di paratiroidectomie, di fratture e di ospedalizzazioni da causa cardio-vascolare. Sulla base di studi preliminari di farmacocinetica, il cinacalcet è stato impiegato a dosi variabili fra 30 e 180 mg in unica somministrazione giornaliera. In studi preclinici era stata osservata una buona relazione dose-risposta, con un effetto massimo dopo 4 ore dalla singola dose orale, seguito da un progressivo decremento fino alla 24a ora, a livelli pari al 30-40% del PTH basale (78). Il protocollo sperimentale usato in tutti gli studi pubblicati prevedeva una dose iniziale di 30 mg/die, incrementata ogni 3-4 settimane fino a raggiungimento del target di PTH stabilito (250 o 300 pg/mL). La dose media di mantenimento è stata di 70-90 mg/die, ed è stata mantenuta fino ad un massimo di 3 anni. La dose di mantenimento, nell’ambito della posologia fin qui sperimentata, deve essere personalizzata sulla base della risposta individuale sia del PTH, che della calcemia. Non risultano fin qui impiegati dosaggi < 30 mg/die o > 180 mg/die. È stata consigliata la sospensione del farmaco quando il PTH si riduca a < 100 pg/mL o quando la calcemia si riduca a < 2.1 mmol/L, anche dopo istituzione di terapia con vitamina D e/o chelanti del fosfato. Tuttavia, non vi è alcuna indicazione sui livelli minimi di calcemia che ne impongano la sospensione. Gli effetti collaterali fin qui osservati sono soprattutto a carico dell’apparato gastroenterico, con una incidenza di nausea (32% vs 19%) e vomito (30% vs 16%) più elevati rispetto a placebo (80). Nausea e vomito colpivano il 34% e 44% dei pazienti nello studio di lungo periodo (81). Negli studi prospettici fin qui pubblicati la terapia con chelanti del fosfato, sia contenenti Ca sia non, e quella con metaboliti attivi della vitamina D, non costituiva motivo di esclusione dall’arruolamento. Nello studio di lungo periodo il 71% dei pazienti ammessi era in terapia con vitamina D al momento dell’arruolamento, il 92% ne ricevette durante il follow-up (84). Per i chelanti del fosfato le percentuali erano di 84% e 90%, rispettivamente. Le variazioni di terapia/dose di vitamina D e chelanti erano simili tra gruppo terapeutico e placebo, anche se in terapia con cina- S121 Utilizzo della vitamina D e analoghi calcet è aumentato il numero di pazienti che hanno iniziato la terapia con chelanti a base di Ca (13% vs 8%). L’efficacia del calciomimetico non è influenzata dalla presenza o meno di terapia concomitante. Ringraziamenti Indirizzo degli Autori: Prof. Sandro Mazzaferro Dipartimento di Scienze Cliniche, Nefrologia Policlinico Umberto I Viale del Policlinico, 155 00161 Roma e-mail: [email protected] Gli Autori ringraziano i Dottori S. Palmer (Christchurch, New Zealand) e S. Navaneethan (Rochester, NY, USA) per la condivisione di dati relativi a studi di meta-analisi in corso. Bibliografia 1. Pitts TO, Piraino BH, et al. Hyperparathyroidism and 1,25-dihydroxyvitamin D deficiency in mild, moderate, and severe renal failure. J Clin Endocrinol Metab 1988; 67: 876-81. 2. Reichel H, Deibert B, Schmidt-Gayk H, Ritz E. Calcium metabolism in early chronic renal failure: implications for the pathogenesis of hyperparathyroidism. Nephrol Dial Transplant 1991; 6: 162-9. 3. Hamdy NA, Kanis JA, Beneton MN, et al. Effect of alfacalcidol on natural course of renal bone disease in mild to moderate renal failure. BMJ 1995; 310: 358-63. 4. Spasovski GB, Bervoets AR, Behets GJ, et al. 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The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. The present guideline reports evidence of the use of antimicrobial agents for preventing peritonitis in peritoneal dialysis (PD). Methods. SR of RCT and RCT on treatments aiming at preventing peritoneal dialysis peritonitis were identified referring to a Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update). Quality of SR and RCT was assessed according to current methodological standards. Results. One SR and 19 RCT were found addressing this issue. Staphylococcus Aureus nasal carriage treatment with mupirocin reduces exit-site and tunnel infections but not peritonitis. Topical gentamicin treatment on the exit site reduces Staphylococcus Aureus infection and peritonitis incidence. Intravenous antibiotics administration prior to catheter placement significantly reduces the risk of early peritonitis but not exit-site and tunnel infections. Oral nistatin associated with antibiotic treatment significantly reduces the incidence of Candida peritonitis. No other prophylaxis measure seems to be effective based on available evidence. Conclusion. In patients on peritoneal dialysis current evidence supports the hypothesis that topical mupirocin reduces the risk of Staphylococcus Aureus peritonitis, intravenous antibiotics prior to catheter placement prevent the risk of early peritonitis, and oral nistatin reduces the risk of Candida peritonitis. Further studies are necessary to test the effectiveness of other interventions. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S125-35) KEY WORDS: Peritoneal dialysis, Peritonitis, Antimicrobial agents PAROLE CHIAVE: Dialisi peritoneale, Peritoniti, Farmaci antimicrobici LINEA GUIDA Il trattamento eradicante dei portatori nasali di Stafilococco aureo, effettuato con l’applicazione topica di mupirocina, è in grado di ridurre efficacemente le infezioni dell’exit-site e del tunnel ma non le peritoniti (livello di evidenza 1). L’uso topico giornaliero, sull’emergenza cutanea del catetere peritoneale, della gentamicina riduce il rischio di peritonite (livello2). L’utilizzo di antibiotici, nella profilassi perioperatoria del posizionamento dei cateteri per dialisi peritoneale, è in grado di ridurre efficacemente solo gli episodi di peritonite precoce (livello 1). La nistatina per via orale, in associazione alla terapia antibiotica, è efficace nel prevenire le peritoniti da Candida (livello 2). © Società Italiana di Nefrologia S125 Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale Premesse Evidenza disponibile In dialisi peritoneale la complicanza più frequente è la peritonite batterica (1). Tale complicanza è clinicamente rilevante, poiché è in rapporto con la mortalità, l’ospedalizzazione e il fallimento della tecnica (2-4). L’incidenza di peritoniti nel corso degli anni ha mostrato una riduzione per il progresso nella tecnologia dei cateteri, dei sistemi di connessione e di dialisi (5, 6). Attualmente viene considerato accettabile un tasso di 0.5 episodi/ paziente/anno, ma sono ancora comunemente riportati tassi superiori e tale patologia presenta frequenti ricorrenze o ricadute (7-10). L’incidenza di peritoniti varia inoltre con l’età e la razza, la presenza di malattie concomitanti come il diabete e il trattamento immunosoppressivo (11-15). Sono attualmente in uso differenti strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti: antibiotici per via orale e topica, disinfettanti topici, trattamento profilattico dei portatori nasali di Stafilococco aureo con antibiotici topici o sistemici (16-22). A questi trattamenti si aggiungono una serie di strategie riguardo all’addestramento, l’igiene, la detersione e la disinfezione con protocolli differenti e non sufficientemente studiati con trial clinici (16-18, 20, 21). Solo alcune delle Linee Guida riguardanti la dialisi peritoneale affrontano questo argomento (6, 23). Allo scopo di uniformare le scelte terapeutiche, l’obiettivo di questa Linea Guida è quello di verificare, sulla base delle evidenze che derivano dalle revisioni sistematiche e dagli studi randomizzati controllati (RCT), se esistono delle strategie antimicrobiche in grado di ridurre le complicanze infettive della dialisi peritoneale. Descrizione degli studi Strategia di ricerca bibliografica La ricerca bibliografica è stata eseguita con il ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più aggiornato elenco degli studi randomizzati e controllati prodotti in nefrologia, dialisi e trapianto. Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline, Embase, numerosi altri database di studi clinici, la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di interesse Nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane. Infine la ricerca bibliografica è stata completata manualmente, facendo uso di Riviste Scientifiche, Atti Congressuali ed altre Linee Guida. La ricerca bibliografica ha permesso di individuare una revisione sistematica Cochrane (24) che comprende 19 RCT e un RCT pubblicato successivamente alla suddetta revisione (22). Le principali caratteristiche dei 20 RCT analizzati in questa Linea Guida sono riportati in Tabella I. Revisione Cochrane. La profilassi con antibiotici per via orale confrontata al placebo o a nessun trattamento, è stata analizzata in 6 RCT (26-31). Due RCT comparavano la profilassi nasale con antibiotici verso il placebo (28, 32, 33). L’effetto dello iodio povidone rispetto alle “cure standard” è stato valutato in 3 RCT (16, 34, 35). Un RCT ha valutato gli effetti di una camera germicida all’ultravioletto applicata sulla connessione rispetto a nessun trattamento (36) e un RCT ha confrontato il vaccino anti-stafilococcico Staphypan Berna con il placebo (37). Gli effetti della terapia antibiotica perioperatoria, nel prevenire le peritoniti e le infezioni di exit-site e tunnel, sono stati valutati in 4 RCT (25, 38-40). Un RCT ha studiato gli effetti della nistatina, somministrata per via orale, nel prevenire la peritonite fungina in pazienti già in trattamento con antibiotici per una peritonite batterica (41). Altri RCT. Un RCT ha confrontato l’applicazione topica, a livello dell’exit-site, della mupirocina verso la gentamicina (22). Qualità degli studi. La valutazione della qualità degli studi è stata eseguita in 20 RCT utilizzando la metodologia Cochrane (Tab. II). Tale procedura si è rilevata difficoltosa perché molti dettagli quali “intention-to-treat analysis” (analisi per intenzione al trattamento) e numero di pazienti persi al follow-up non erano forniti. Il metodo di segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”) era adeguato in un solo RCT, chiaramente inadeguato in 2 RCT e non chiaro in tutti gli altri. L’utilizzo del cieco (“blinding”) nei valutatori degli outcome non era specificato in alcun RCT; il cieco dei partecipanti era presente in 6 RCT e quello dei ricercatori in 5. L’utilizzo dell’analisi per intenzione al trattamento era specificato da 5 Autori. La percentuale dei pazienti persi al follow-up era compresa tra 0 e 14%. Analisi statistica. I risultati dell’analisi statistica sono riportati come rischio relativo [“relative risk” (RR)] con intervalli di confidenza (IC) al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici (Tab. III). Risultati Profilassi con antibiotici per via orale. La profilassi con antibiotici per via orale (cotrimossazolo, cefalessina, ofloxacina, rifampicina) non riduce significativamente il rischio di peritonite (4 RCT, 235 pazienti: RR 0.76; IC 95% S126 Disegno dello studio RCT RCT RCT RCT RCT RCT RCT N. pazienti 105 50 59 15 22 64 82 Autore ed anno Churchill DN, 1988 (26) Low DE, 1980 (27) Swartz R, 1991 (31) Blowey DL, 1994 (30) Sesso R, 1994 (28) Zimmerman SW, (29) 1991 Bernardini J, 1996 (21) Università Università Ospedale clinicizzato Ospedale pediatrico Università Multicentrico Multicentrico Sede Pazienti in CAPD portatori nasali di S. aureus; diabetici il 34% Pazienti in dialisi peritoneale da 6 mesi; diabetici il 41% Pazienti in CAPD > 15 anni; diabetici il 23% Pazienti in dialisi peritoneale da almeno 3 mesi Pazienti in dialisi peritoneale; diabetici il 34% Pazienti in CAPD Pazienti in CAPD > 18 anni Caratteristiche dei partecipanti TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI Mupirocina in pomata (2%) applicata giornalmente sull’exit-site Rifampicina 300 mg due volte al giorno x 5 giorni ogni 3 mesi Pomata nasale di Fusidato di Sodio (2%) due volte al giorno x 5 giorni, ogni mese Rifampicina 20 mg/kg/die in 2 dosi + Bacitracina (nasale) x due volte al giorno x 7 giorni Trimethoprim/ Sulfometoss azolo (basso dosaggio) o Cefalessina 250 mg o Clindamicina 300 mg Cefalessina 500 mg x due volte al giorno Trimethoprim 160 mg/ Sulfometossazolo 800 mg al giorno x 12 mesi Intervento sperimentale Rifampicina (per os) 300 mg due volte al giorno x 5 giorni, ogni 3 mesi Nessun trattamento Placebo Nessun trattamento Nessun trattamento Nessun trattamento Nessun trattamento Intervento di controllo 25 18 7 1 11.4+1.3 trattati 12.3+1.4 non trattati 2-3 12 Follow-up (mesi) Nessuno Nessuno segue Trial con tre braccia, includente ofloxacina (per os) 200 mg al giorno x 5 giorni versus placebo e versus pomata nasale di fusidato di sodio Pazienti pediatrici con tampone nasale positivo per S. aureus Nessuno Nessuno Randomizzazione eseguita per Ospedale e precedente peritonite Commenti Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale S127 S128 Disegno dello studio RCT RCT RCT RCT RCT RCT N. pazienti 136 267 22 27 221 50 Autore ed anno Bernardini J, 2005 (22) Mupirocin Study Group, 1996 (32) Perez Fontain M, 1992 (33) Bennet-Jones D, 1988 (25) Gadallah MF, 2000 (38) Lye WC, 1992 (39) Università Università Ospedale clinicizzato Ospedale clinicizzato Multicentrico Multicentrico Sede Pomata nasale di Mupirocina tre volte al giorno x 7 giorni Pomata nasale di Mupirocina (2%) due volte al giorno x 5 giorni, ogni mese Mupirocina in pomata (2%) applicata giornalmente sull’exit-site Intervento sperimentale Nessun trattamento Pomata nasale di Neomicina (0.1%) (0.1%) tre volte al giorno x 7 giorni Pomata placebo Gentamicina in pomata (0.1%) applicata giornalmente sull’exit-site Intervento di controllo Pazienti con ESRD che si sottoponevano ad inserzione di catetere di Tenckhoff per CAPD; diabetici il 40% Cefazolina (i.v.) 500 mg e Gentamicina (i.v.) 80 mg 1 ora prima dell’inserzione del catetere Nessun trattamento Pazienti che si Vancomicina (i.v.) Nessun trattamento sottoponevano ad inserzione 1000 mg prima (nessun antibiotico per di catetere peritoneale; dell’inserzione del almeno una settimana diabetici il 23% catetere o Cefazolina prima dell’inserzione (i.v.) 1000 mg 3 ore prima del catetere) dell’inserzione del catetere Pazienti che si Gentamicina (i.v.) sottoponevano ad al dosaggio di 1.5 mg/kg inserzione di catetere di peso corporeo di Tenckhoff, inclusi i al momento nuovi pazienti e quelli che dell’inserzione si sottoponevano a sostituzione del catetere del catetere; nessun diabetico Pazienti in CAPD portatori nasali di S. aureus; diabetici il 26% Pazienti in CAPD portatori nasali S. aureus; diabetici il 20% Pazienti in dialisi peritoneale > 18 anni; diabetici 40.5% Caratteristiche dei partecipanti TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (segue) 3 0.5 1 3 18 8 Follow-up (mesi) Nessuno segue Trial con tre braccia Nessuno Nessuno Nessuno Nessuno Commenti Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale RCT RCT RCT RCT RCT RCT RCT 38 127 117 149 167 124 397 Wikdahl AM, 1997 (40) Luzar MA, 1990 (16) Waite N, 1997 (34) Wilson AP, 1997 (35) Nolph KD, 1985 (36) Poole-Warren LA, 1991 (37) Lo WK, 1996 (41) Multicentrico Multicentrico Multicentrico Università Università Multicentrico Università Sede Nessun trattamento Intervento di controllo Staphypan Berna Camera germicida ai raggi ultravioletti Polvere spray allo Iodio Povidone (2.5%) ad ogni cambio della medicazione 3.5 g di pomata allo Iodio Povidone ad ogni cambio della medicazione Non somministrazione di Nistatina Nessun trattamento Nessun trattamento Trattamento standard Trattamento standard Iodio Povidone (20 g/L) Lavaggio giornaliero e medicazione dell’exit-site con acqua non-occlusiva 2-3 volte e sapone a settimana Cefuroxime (i.v.) 1.5 g al momento dell’inserzione del catetere + 250 mg i.p. nella prima sacca di dialisi Intervento sperimentale Pazienti in CAPD Nistatina 500000 unità in trattamento antibiotico quattro volte al giorno per peritonite; fino al termine della diabetici il 17% somministrazione di antibiotici Pazienti in CAPD; diabetici il 17% Pazienti in CAPD da almeno 4 mesi; diabetici il 20% Pazienti in dialisi peritoneale Pazienti in IPD e CAPD; diabetici il 33% Pazienti inseriti in un programma di dialisi peritoneale; diabetici il 22% Pazienti inseriti in un programma di dialisi peritoneale; diabetici il 34% Caratteristiche dei partecipanti CAPD = Continuous Ambulatory Peritoneal Dialysis; IPD = Intermittent Peritoneal Dialysis; ESRD = End Stage Renal Disease Disegno dello studio N. pazienti Autore ed anno TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (segue) 24 12 36 10 14 9 0.3 Follow-up (mesi) Trial impostato sulla prevenzione delle peritoniti da Candida Nessuno Nessuno Nessuno Nessuno Nessuno Nessuno Commenti Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale S129 Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale TABELLA II - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI RCT INDIVIDUATI Parametro di qualità % Allocation concealment Adeguato 10 Non chiaro 74 Inadeguato 16 Blinding-Cieco Partecipanti 26 Ricercatori 32 Valutazione outcomes 0 Analisi “intention-to-treat” Si 31 No 63 Non chiara 6 Perdite al follow-up (%) 0< 10% 68 10< 20% 11 20< 40% 21 ≥ 40% 0 0.38-1.53). La profilassi con antibiotici per via orale riduce significativamente il rischio di infezione di exit-site e tunnel (2 RCT, 31 pazienti: RR 0.29; IC 95% 0.09-0.97). Non ci sono effetti significativi sulla rimozione del catetere (4 RCT, 235 pazienti: RR 0.73; IC 95% 0.39-1.38) e sulla mortalità per tutte le cause (4 RCT, 195 pazienti: RR 0.84; IC 95% 0.39-1.79). Profilassi con antibiotici topici. La profilassi con antibiotici per via nasale non riduce significativamente il rischio di peritonite a confronto con il placebo (2 RCT, 282 pazienti: RR 0.94; IC 95% 0.67-1.33). La profilassi con antibiotici per via nasale non riduce significativamente il tasso di peritoniti (1 RCT, 2626 mesi-paziente: RR 0.84; IC 95% 0.44-1.60) o il rischio di infezione dell’exit-site e del tunnel (2 RCT, 282 pazienti: RR 0.97; IC 95% 0.64-1.49). Tuttavia la mupirocina per via nasale riduce significativamente il tasso di infezioni dell’exit-site e del tunnel in confronto al placebo (1 RCT, 2716 mesi-paziente: RR 0.58; IC 95% 0.40-0.85) e il carriage nasale di Stafilococco aureo (10-18% in mupirocina verso 48-61% in placebo, p < 0.001). La profilassi antibiotica per via nasale non è efficace nel ridurre la rimozione del catetere (2 RCT, 282 pazienti: RR 0.89; IC 95% 0.44-1.79). L’applicazione giornaliera sull’exit-site di gentamicina, in confronto alla mupirocina, riduce significativamente il rischio di peritonite (1 RCT, 133 pazienti: RR 0.52; IC 95% 0.29-0.93). Profilassi antibiotica perioperatoria. L’uso di antibiotici nella fase perioperatoria per via endovenosa riduce significativamente il rischio di peritonite precoce (meno di un S130 mese dal posizionamento del catetere) rispetto a nessun trattamento (4 RCT, 335 pazienti: RR 0.35; IC 95% 0.150.80) ma non il rischio di infezione di exit-site e tunnel (2 RCT, 114 pazienti: RR 0.32; IC 95% 0.02-4.81). Quando l’osservazione degli eventi supera il mese non c’è differenza significativa nel rischio di peritonite o infezione di exitsite/tunnel. Disinfettanti topici. La disinfezione topica dell’exit-site con preparati a base di iodio povidone, confrontata con nessun trattamento o la semplice detersione con acqua e sapone, non riduce significativamente il rischio di peritonite (3 RCT, 382 pazienti: RR 0.72; IC 95% 0.46-1.11), l’infezione di exit-site e tunnel (3 RCT, 381 pazienti: RR 0.71; IC 95% 0.49-1.03), la rimozione del catetere (2 RCT, 266 pazienti: RR 0.73; IC 95% 0.34-1.55) e la mortalità per tutte le cause (2 RCT, 266 pazienti: RR 1.24; IC 95% 0.54-2.84). Sistemi di connessione e altri trattamenti. Non c’è significativa riduzione del tasso di peritonite con altri interventi, come l’uso della camera germicida applicata alla connessione (1 RCT, 167 pazienti, 1354 mesi-paziente: RR 1.04; IC 95% 0.71-1.53) e il vaccino antistafilococcico Staphypan Berna (1 RCT, 124 pazienti, 1099 mesi-paziente: RR 0.89; IC 95% 0.58-1.37). Il vaccino Staphypan Berna, rispetto al placebo, non mostra effetti significativi sul tasso di infezioni di exit-site e tunnel (1 RCT, 1099 mesi-paziente: RR 1.02; IC 95% 0.70-1.48). Un singolo RCT con nistatina orale per la prevenzione della peritonite fungina, somministrata in pazienti già in trattamento antibiotico per peritonite batterica, dimostra una significativa riduzione del rischio (1 RCT, 397 pazienti, 1168 mesipaziente: RR 0.10; IC 95% 0.03-0.31). I dati per il confronto di altri antimicrobici per la prevenzione della peritonite sono insufficienti. Sintesi dell’evidenza La revisione sistematica della profilassi antimicrobica in dialisi peritoneale mostra alcuni dati fondamentali. 1. Il trattamento eradicante dei portatori nasali di Stafilococco aureo utilizzando mupirocina topica è in grado di ridurre efficacemente le infezioni dell’exit-site e del tunnel ma non le peritoniti. 2. La gentamicina applicata sull’exit-site riduce il rischio totale di peritonite riducendo significativamente quelle da Gram-negativi. 3. L’utilizzo di antibiotici per la profilassi perioperatoria di posizionamento dei cateteri per dialisi peritoneale è in grado di ridurre efficacemente solo gli episodi di peritonite precoce ma non le infezioni di exit-site e tunnel. 4. La profilassi con nistatina per via orale è efficace per la riduzione del tasso di peritoniti da Candida che possono complicare il trattamento antibiotico delle peritoniti batteriche. 5. I dati comparativi diretti per valutare l’efficacia di altri agenti antimicrobici sono insufficienti. Nessuno degli inter- 6/13 (46%) 7/13 (54%) 1/13 (8%) 0.9° 0.3° 0/7 0/7 1/9 (11%) 5/9 (55%) 4/9 (44%) 8/32 (25%) 0.13 28/66 (42%) 43/134 (32%) 18/1390 (1%) 26/134 (19%) 42/1390 (3%) 5/133 (4%) 1/13 (8%) 0/13 0/13 Tasso di peritoniti Infezioni dell’exit-site Peritoniti Infezioni dell’exit-site Peritoniti Infezione dell’exit-site Rimozione del catetere Peritoniti Tasso di infezione da S. aureus Peritoniti Peritoniti Tasso peritoniti* Infezione dell’exit-site Tasso di Infezione dell’exit-site* Tasso peritoniti* Peritonite precoce (< 1 mese dall’inserimento del catetere) Infezione precoce dell’exit-site (< 1 mese dall’inserimento del catetere) Rimozione del catetere Swartz R, 1991 (31) Blowey DL, 1994 (30) Sesso R, 1994 (28) Bernardini J, 1996 (21) Bernardini J, 2005 (22) Mupirocin Study Group, 1996 (32) Perez-Fontain M, 1992 (33) Bennet-Jones D, 1988 (25) Zimmerman SW, 1991 (29) 9/25 (36%) Peritoniti Low DE, 1980 (27) 4/76 (5%) 44/133 (33%) 19/1236 (1%) 25/133 (19%) 64/1236 (5%) 22/67 (33%) 0.15 17/32 (53%) 5/13 (38%) 3/13 (23%) 6/13 (46%) 2/8 (25%) 2/8 (25%) 1.2 0.4 6/25 (24%) 22/49 (45%) 33/56 (59%) Peritoniti Churchill DN, 1988 (26) Gruppo di controllo (numero di pazienti con evento/numero totale di pazienti in quel gruppo) Gruppo di intervento (numero di pazienti con evento/numero totale di pazienti in quel gruppo) Outcomes Autore ed anno TABELLA III - RISULTATI DEGLI RCT INDIVIDUATI (VARIABILI DICOTOMICHE) 0.36 (0.02-8.06) 0.07 (0.00-1.06) 0.17 (0.02-1.20) 0.71 (0.20-2.58) 0.97 (0.69-1.37) 0.84 (0.44-1.60) 1.03 (0.63-1.69) 0.58 (0.40-0.85) 0.52 (0.29-093) 8 -54 -38 -1 -1 0 0 -2 9 0 -28 -27 32 -2 0.29 (0.04-2.07) 2.41 (0.76-7.62) 0.96 (0.38-2.46) 0.47 (0.24-0.93) -25 -25 33 33 12 14 Differenza di rischio (%) 0.23 (0.01-4.02) 0.23 (0.01-4.02) 0.33 (0.07-1.50) 1.31 (0.90-1.92) Rischio relativo (intervallo di confidenza 95%) segue Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale S131 S132 7/25 (28%) 6/25 (24%) 0/18 27/74 (36%) 10/61 (16%) 13/77 (17%) 44/601 (7%) 37/552 (7%) 4/894 (0.4%) Peritonite precoce (< 1 mese dall’inserimento del catetere) Peritoniti Peritoniti e infezioni dell’exit-site Peritoniti Tasso peritoniti Tasso peritoniti Tasso peritoniti* Wikdahl AM, 1997 (40) Waite N, 1997 (34) Wilson AP, 1997 (35) Nolph KD, 1985 (36) Poole-Warren LA, 1991 (37) Lo WK, 1996 (41) * episodi/mesi totali paziente ° episodi paziente anno Luzar MA, 1990 (16) 1/25 (4%) 2/25 (8%) Peritonite precoce (< 1 mese dall’inserimento del catetere) Infezione precoce dell’exit-site (< 1 mese dall’inserimento del catetere) Lye WC, 1992 (39) 12/274 (4.4%) 41/547 (7%) 53/753 (7%) 15/72 (21%) 14/56 (25%) 19/53 (36%) 2/20 (10%) 10/73 (14%) 7/148 (5%) Peritonite precoce (< 1 mese dall’inserimento del catetere) Gadallah MF, 2000 (38) Gruppo di controllo (numero di pazienti con evento/numero totale di pazienti in quel gruppo) Gruppo di intervento (numero di pazienti con evento/numero totale di pazienti in quel gruppo) Outcomes Autore ed anno TABELLA III - RISULTATI DEGLI RCT INDIVIDUATI (VARIABILI DICOTOMICHE) (segue) 0.10 (0.03-0.031) 0.89 (0.58-1.37) 1.04 (0.71-1.53) 0.81 (0.41-1.58) 0.63 (0.32-1.35) 0.12 (0.01-2.13) 0.86 (0.34-2.19) 2.00 (0.19-20.67) 0.35 (0.14-0.87) Rischio relativo (intervallo di confidenza 95%) -4 0 0 -4 -9 0 -10 -4 4 -9 Differenza di rischio (%) Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale I sistemi a disconnessione per CAPD si associano ad una più bassa incidenza di peritoniti e insieme ai sistemi twin bag sono da preferire. La profilassi antibiotica con una cefalosporina di prima generazione in occasione dell’inserzione del catetere riduce il rischio di peritonite; non si raccomanda l’uso abituale di vancomicina. La profilassi antibiotica con mupirocina, specialmente nei portatori nasali di S. aureus, riduce il rischio di infezioni dell’exit-site e di peritoniti. La somministrazione orale di nistatina in associazione alla terapia antibiotica riduce il rischio di peritonite fungina 2004 Caring for Australians with Renal Impairment Guidelines (23) Australia La profilassi antibiotica in occasione dell’inserzione del catetere peritoneale riduce il rischio di infezione. La profilassi antibiotica per lo S. aureus riduce le infezioni del catetere. La profilassi anti-fungina durante la terapia antibiotica previene le peritoniti da Candida Canada Canadian Kidney Disease Outcomes Quality Initiative and Society of Nephrology European Best Practice Guidelines - International Society of Peritoneal Dialysis (6) Europa Gran Bretagna British Renal Association 2005 Utilizzare abitualmente la mupirocina nella medicazione dell’exit-site (giornalmente o a giorni alterni). Applicare la pomata nasale di mupirocina nei portatori di S. aureus (due volte al giorno x cinque giorni ogni quattro settimane) Assenza di Linee Guida specifiche 2002 USA Kidney Disease Outcomes Quality Initiative 1999 Assenza di Linee Guida specifiche Nazione Linea Guida TABELLA IV - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA Anno Raccomandazioni 2006 Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale venti studiati ha avuto effetti significativi sulla perdita del catetere. 6. Considerando l’importanza delle infezioni in dialisi peritoneale come cause maggiori di fallimento della tecnica, morbilità e mortalità, gli RCT sulla profilassi antimicrobica sono scarsi. Implicazioni per la pratica clinica L’eradicazione del carriage nasale di Stafilococco aureo con mupirocina topica è indicata per ridurre il rischio di infezioni di exit-site e tunnel ma non il rischio di peritoniti. L’applicazione topica sull’exit-site della gentamicina oltre ad essere efficace quanto la mupirocina nel ridurre le infezioni da Stafilococco aureo, riduce l’incidenza di peritonite. La somministrazione per via endovenosa di antibiotici prima del posizionamento del catetere per dialisi peritoneale previene le peritoniti precoci, ma non le infezioni di exit-site e tunnel. La somministrazione di nistatina per via orale in associazione con la terapia antibiotica può ridurre l’insorgenza di peritoniti da Candida. Nessun’altra strategia profilattica si è dimostrata efficace (antibiotici per via orale, disinfettanti topici, vaccini antistafilococcici, camere germicide per la connessione). In mancanza di sufficienti evidenze per l’efficace prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale è opinione dei redattori che siano fondamentali tutti gli sforzi organizzativi per favorire e rinforzare l’istruzione e l’addestramento dei pazienti e degli operatori riguardo le corrette manovre di detersione e disinfezione, l’igiene personale e ambientale e le corrette procedure di connessione e disconnessione dei sistemi per dialisi. Applicabilità I dati ottenuti negli RCT sinora effettuati sono applicabili alla realtà italiana. In particolare, per interventi ove non esista evidenza statistica di efficacia a causa della scarsità degli studi o della loro inadeguatezza metodologica, andrà considerato il rapporto benefici/rischi ed il potenziale dell’intervento stesso di causare danno. Pertanto, per interventi quali il lavaggio dell’exit-site con acqua e sapone, pur non esistendo evidenze scientifiche di livello 1 a supporto, in assenza di potenziali rischi e vista la remota possibilità che si conducano ulteriori studi nel settore, si potrà procedere alla relativa adozione. Implicazioni per la ricerca La profilassi antimicrobica in dialisi peritoneale non è ancora stata adeguatamente studiata forse per la carenza di interesse nel condurre ricerche in questa area. Poiché gli S133 Strategie antimicrobiche per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale eventi infettivi in dialisi peritoneale costituiscono un importante limite nell’uso e diffusione della stessa, esiste la necessità impellente di RCT ben progettati per definire l’efficacia e la sicurezza dei vari interventi preventivi. troppo non sono molte, in quanto vi sono pochi RCT adeguatamente dimensionati. In Tabella IV si accludono le raccomandazioni di altre Linee Guida (6, 23). Altre Linee Guida Indirizzo degli Autori: Dr. Gianpaolo Amici Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi Ospedale “S. Maria dei Battuti” Piazza Ospedale 31100 Treviso e-mail: [email protected] La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali. Le Linee Guida basate sulle evidenze pur- Bibliografia 1. Churchill DN, Thorpse KE, Vonesh EF, Keshaviah PR. Lower probability of patient survival with continuous peritoneal dialysis in the United States compared with Canada. Canada-USA (CANUSA) Peritoneal Dialysis Study Group. J Am Soc Nephrol 1997; 8: 965-71. 2. Digenis GE, Abraham G, Savin E, et al. Peritonitis-related deaths in continuous ambulatory peritoneal dialysis (CAPD) patients. Perit Dial Int 1990; 10: 45-7. 3. Piraino B. Staphylococcus aureus infections in dialysis patients: focus on prevention. ASAIO J 2000; 46: 13-7. 4. Annigeri R, Conly J, Vas S, et al. Emergence of mupirocin-resistant Staphylococcus aureus in chronic peritoneal dialysis patients using mupirocin prophylaxis to prevent exit-site infection. Perit Dial Int 2001; 21: 554-9. 5. Yishak A, Bernardini J, Fried L, Piraino B. The outcome of peritonitis in patients on automated peritoneal dialysis. Adv Perit Dial 2001; 17: 205-8. 6. Piraino B, Bailie GR, Bernardini J, et al. International Society of Peritoneal Dialysis Guidelines/Recommendations - Peritoneal Dialysis-Related Infections Recommendations: 2005 Update. Perit Dial Int 2005; 25: 107-31. 7. Oxton LL, Zimmerman SW, Roecker EB, Wakeen M. Risk factors for peritoneal dialysis-related infections. Perit Dial Int 1994; 14: 137-44. 8. Salusky IB, Holloway M. Selection of peritoneal dialysis for pediatric patients. Perit Dial Int 1997; 17 (Suppl. 3): S35-7. 9. Zelenitsky S, Barns L, Findlay I, et al. 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Wikdahl AM, Engman U, Stegmayr BJ, Sorenson JG. One-dose cefuroxime i.v. and i.p. reduces microbial growth in PD patients after catheter insertion. Nephrol Dial Transplant 1997; 12: 15760. 41. Lo WK, Chan CY, Cheng SW, Poon JF, Chan DT, Cheng IK. A prospective randomized control study of oral nystatin prophylaxis for Candida peritonitis complicating continuous ambulatory peritoneal dialysis. Am J Kidney Dis 1996; 28: 549-52. S135 Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 24 S-37, 2007 / pp. S136-S148 Peritoniti in dialisi peritoneale Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale: Linea Guida A. De Vecchi, R. Corciulo, M. Salomone, R. Russo, A. Amici, M. D’Amico, M. Feriani, V. La Milia, G. Virga, G. Cancarini Divisione e Cattedra di Nefrologia, Spedali Civili ed Università di Brescia, Brescia Catheter-related interventions to prevent peritonitis in peritoneal dialysis: guideline from the Italian Society of Nephrology Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. The present guideline report evidence of catheter-related interventions to prevent peritonitis in peritoneal dialysis (PD). Methods. SR of RCT and RCT of catheter-related interventions to prevent peritonitis in PD were identified referring to a Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update). Results. Two SR and 17 RCT were found addressing this issue. Methodological quality of available RCT was suboptimal according to current methodological standards. The use of the Y-set systems with disinfectant and the twin-bag systems was associated with a significantly lower risk of peritonitis. No other catheter-related interventions were found to be of proven efficacy in preventing the risk of peritonitis and exit-site/tunnel infection in PD patients. Conclusion. It is still unknown whether any particular PD catheter design or implantation technique are effective to prevent peritonitis in patients on peritoneal dialysis. Further studies are necessary to test the effectiveness of new interventions. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S136-48) KEY WORDS: Catheter, Peritonitis, Peritoneal dialysis PAROLE CHIAVE: Catetere, Peritoniti, Dialisi peritoneale LINEA GUIDA I set a Y e i sistemi a doppia sacca riducono il rischio di peritonite nei pazienti in dialisi peritoneale rispetto al sistema convenzionale (livello di evidenza 1). Non è possibile al momento effettuare altre raccomandazioni, basate sull’evidenza, relative altre possibili strategie correlate al catetere (tecniche di inserzione laparoscopiche o laparatomiche, inserzione standard o marsupializzazione, sede d’inserzione mediana o laterale, caratteristiche del catetere nel tratto intraperiotoneale e sottocutaneo, numero e tipo di cuffie) per prevenire le peritoniti in dialisi peritoneale. Premesse La prevalenza di peritoniti nella popolazione globale è estremamente variabile (1-3). Tali differenze sono difficilmente spiegabili e sono probabilmente soprattutto a carico delle peritoniti esogene, che costituiscono la maggior parte delle infezioni peritoneali e sulle quali l’influenza delle strategie correlate al catetere potrebbe essere più importante. Le discrepanze tra le diverse casistiche possono essere spiegate da diversi fattori: esperienza specifica degli operatori (nefrologi o chirurghi), selezione (valutazione dei criteri di idoneità) o tipologia (anziani, diabetici, non autosuffi- S136 © Società Italiana di Nefrologia Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale cienti, ecc.) dei pazienti, accuratezza nell’addestramento, frequenza dei controlli durante il follow-up e tempestività di eventuali interventi preventivi. Certa è invece l’importanza del tipo di connettologia utilizzata: i set ad Y si sono dimostrati nettamente superiori alle altre connessioni utilizzate in precedenza (4-7) e riducono di circa il 50% l’incidenza di peritoniti. Più recentemente sono state proposti i sistemi a doppia sacca, nei quali la Y è “monouso” e collegata alle sacche, ma non contiene disinfettante, se non in piccola quantità all’interno del tappino di chiusura. Aspetti patogenetici. Le infezioni peritoneali possono essere conseguenza di penetrazione dei batteri per via esogena, attraverso il catetere (peritoniti intraluminali) o attorno al catetere (peritoniti periluminali), oppure per via endogena, provenienti cioè da infezioni di altri organi peritoneali o dall’intestino. Le peritoniti esogene sono provocate più spesso da germi gram positivi o pseudomonas e sono conseguenti all’entrata di germi nel lume del catetere o ad infezioni del punto di uscita cutaneo o del tunnel del catetere peritoneale. In corso di infezione dell’exit-site i batteri possono penetrare lungo il tunnel e, superando le cuffie di dacron, raggiungere il peritoneo, provocando peritonite. Inoltre, in corso di infezione dell’exit-site aumenta la concentrazione locale di batteri e quindi il rischio di una loro penetrazione intraluminale. Le strategie correlate al catetere influenzano prevalentemente le peritoniti intra o periluminali, in particolare quelle conseguenti alle infezioni dell’exit-site e/o del tunnel. Difficile è invece ipotizzare un ruolo del catetere nella prevenzione delle peritoniti endogene, tra cui quelle da decubito del catetere sono segnalate solo in casi sporadici. Le caratteristiche della connessione (set ad Y , Oreopoulos, doppia sacca, doppia via) possono ridurre il rischio di contaminazioni dall’esterno per via intraluminale e, meno probabilmente, variando la trazione sul punto di uscita, potrebbero ridurre il rischio di infezioni dell’exit-site e secondariamente di peritoniti periluminali. Sfortunatamente quest’ultima ipotesi non ha mai ricevuto conferme da studi ben condotti con questa specifica finalità. È verosimile che il tipo di intervento possa condizionare le peritoniti precoci, mentre per gli altri aspetti considerati è probabile che gli effetti siano più distribuiti nel tempo. Le peritoniti costituiscono a tutt’oggi una delle maggiori cause di uscita dalla dialisi peritoneale; spesso portano a perdita del catetere ed a “fallimenti” della metodica. È certo che la peritonite è una delle più importanti cause di ospedalizzazione; rari sono i casi di morte per peritonite, anche se alcuni Autori hanno segnalato la peritonite come principale causa di morte o come importante cofattore nel 15% dei pazienti (8). Strategie per prevenire le peritoniti. Sono state proposte numerose strategie relative al catetere per prevenire le peritoniti e le infezioni dell’exit-site: a) caratteristiche del catetere (materiale, forma ed eventuale presenza di strutture particolari aggiuntive, numero e caratteristiche delle cuf- fie); b) tecnica di inserzione [sede, approccio chirurgico (laparoscopia, tecnica semichirurgica con trocar, tecnica chirurgica)]; c) caratteristiche del tunnel sottocutaneo (curvo o dritto, distanza della cuffia dalla cute, marsupializzazione del catetere, sede dell’exit-site addominale o presternale, direzione dell’exit-site); d) gestione del catetere nel periodo post-operatorio (durata del break-in, tipo e frequenza delle medicazioni, immobilizzazione del catetere). Scopo di questa Linea Guida è verificare l’esistenza di strategie correlate al catetere per prevenire le peritoniti e le infezioni dell’exit-site nei pazienti in dialisi peritoneale sulla base delle evidenze che derivano dalle revisioni sistematiche (livello di evidenza 1) e dagli studi randomizzati controllati [(RCT) (livello 2)]. Strategia di ricerca bibliografica È stata effettuata una ricerca bibliografica utilizzando Medline, Embase e con il ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT prodotti in nefrologia, dialisi e trapianto. Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline, Embase, numerosi altri database di studi clinici, la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di interesse Nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane. Infine la ricerca bibliografica è stata completata manualmente, facendo uso di Riviste Scientifiche, Atti Congressuali ed altre Linee Guida. Evidenza disponibile Descrizione degli studi Sono stati identificati 388 articoli di cui 315 sono stati esclusi in quanto studi non randomizzati, reviews o studi sperimentali su animali. Sono stati considerati 74 lavori relativi a 38 RCT (2961 pazienti) e riportati su 41 pubblicazioni. Di questi lavori sono stati presi in esame soltanto 2 revisioni sistematiche Cochrane (9, 10) e 17 studi multicentrici (11, 27) in quanto rispondevano ai criteri di buona qualità metodologica. I pazienti complessivamente studiati sono stati 1112. Le principali caratteristiche dei 17 RCT analizzati in questa Linea Guida sono riportati in Tabella I. Qualità degli studi. La qualità degli studi è stata definita in base alla metodologia utilizzata dalla Cochrane, che prevede una valutazione del metodo di segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”), dell’utilizzo del cieco (“blinding”), dell’analisi per intenzione al trattamento (“intention-to-treat analysis”) e delle perdite al follow-up (“lost to follow-up”). La qualità metodologica degli RCT S137 Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale analizzati è riportata in Tabella II. Analisi statistica. L’analisi statistica ha valutato il rischio relativo [“relative risk” (RR)] con intervalli di confidenza (IC) al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici. Risultati I risultati principali degli studi analizzati sono riportati in Tabella III. Allo stato attuale gli RCT disponibili non dimostrano, tra le strategie legate al catetere, differenze significative per quanto riguarda l’incidenza di peritoniti, il loro numero, il tempo di insorgenza della prima peritonite, l’outcome delle peritoniti inteso come “drop-out” dalla metodica, l’incidenza di infezioni dell’exit-site e del tunnel. Caratteristiche del catetere nel tratto intraperitoneale. Non esistono differenze significative tra catetere diritto vs coiled (11-16) nel rischio di peritonite (5 RCT, 324 pazienti RR 1.14; IC 95% 0.73-1.79), nella incidenza di episodi (4 RCT, 152 pazienti, 2589 mesi/paziente, RR 0.89; IC 95% 0.63-1.26) e per numero di exit-site/tunnel infection (6 RCT, 332 pazienti, RR 1.26; IC 95% 0.74-1.54) o per incidenza di exit-site/tunnel infection (3 RCT, 1993 pazienti/mese, RR 1.04; IC 95% 0.73-1.47). Non esistono differenze neppure tra i due tipi di catetere per quanto riguarda l’outcome rimozione/sostituzione del catetere peritoneale (5 RCT, 275 pazienti, RR 1.11; IC 95% 0.532.31). Nello studio di Nielsen et al. (13) il catetere diritto ha una riduzione di sopravvivenza a 12 mesi legata prevalentemente a malposizionamento del tratto intraperitoneale (migrazione). L’eterogeneità tra i diversi studi per quanto riguarda l’incidenza di peritoniti, è elevata. I tre studi pubblicati da Eklund et al. (11, 12, 17) hanno delle sovrapposizioni temporali. Non è definito il numero totale di pazienti che hanno iniziato in questo periodo e sorge il sospetto che alcuni pazienti siano stati utilizzati contemporaneamente in più di uno studio. Numero o tipo delle cuffie. È disponibile un solo RCT su 60 pazienti (17) che raffronti cateteri ad una vs cateteri a due cuffie: non esistono differenze significative tra le due tipologie di catetere per quanto riguarda il numero di peritoniti (RR 0.82; IC 95% 0.50-1.35), l’infezione dello skinexit o del tunnel sottocutaneo (RR 0.79; IC 95% 0.43-1.44), la rimozione o sostituzione del catetere peritoneale (RR 2.00; IC 95% 0.55-7.27). Materiale del catetere (impregnazione argentica, anello d’argento). È disponibile un solo RCT che presenta tuttavia un follow-up troppo breve (18). Tecnica chirurgica: laparoscopia versus laparotomia. Per quanto riguarda la tecnica laparoscopica nei confronti della tecnica chirurgica sono stati pubblicati 3 RCT (1921): non sono evidenti differenze significative per quanto riguarda il numero di peritoniti (3 RCT, 238 pazienti, RR 0.68; IC 95% 0.41-1.15), la rimozione del catetere o sua S138 sostituzione (2 RCT, 90 pazienti, RR 1.02; IC 95% 0.492.13) o l’endpoint drop-out della metodica (3 RCT, 206 pazienti, RR 0.70; IC 95% 0.45-1.08). In un RCT (148 pazienti, RR 0.11; IC 95% 0.01-1.92) non viene trovata differenza significativa per quanto riguarda l’infezione dello exit-site. Nei tre studi sopra citati é da rilevare che in due veniva eseguita profilassi preoperatoria con Vancomicina. Nello studio di Tsimoyiannis et al. (20) non veniva utilizzata premedicazione con antibiotico; i tempi di break-in erano differenti tra i due tipi di inserzione: immediato con laparoscopia e posticipato a 24-48 ore con tecnica laparotomica tradizionale. Tecnica chirurgica: inserzione standard versus marsupializzazione (con break-in di almeno 6 settimane). Sono stati pubblicati relativamente a questo aspetto 2 RCT (22, 23). I due studi differiscono per il tipo di catetere utilizzato: catetere di Moncrieff e Popovich e catetere di Tenckhoff. Non esistono differenze significative per quanto riguarda l’incidenza di peritoniti (2 RCT, 119 pazienti, 2511 pazienti/mese trattamento, RR 1.16; IC 95% 0.37-3.60) e l’infezione dello “exit-site” (2 RCT, 119 pazienti, 2511 pazienti/mese trattamento, RR 1.15; IC 95% 0.39-3.42). Non viene riportata nessuna differenza per quanto riguarda la mortalità (2 RCT, 119 pazienti, RR 0.90; IC 95% 0.392.08) né per il drop-out dalla tecnica (1 RCT, 60 pazienti, RR 0.33; IC 95% 0.04-3.03). Sede di inserzione del catetere (mediana versus laterale) e caratteristiche del catetere nel tratto sottocutaneo (swan-neck o diritto). I 2 RCT pubblicati (14, 25) non hanno mostrato differenze significative per il rischio di sviluppare peritonite (122 pazienti RR 0.65; IC 95% 0.321.33) o il rischio di exit-site tunnel infection (122 pazienti RR 0.65; IC 95% 0.12-2.58). In un RCT viene riportata anche la mortalità: nessuna differenza per i due tipi di tecnica impiegata (1 RCT, 37 pazienti, RR 8.5; IC 95%, 0.5143.3). In un RCT (26) viene riportata una minor incidenza di rimozione/sostituzione del catetere peritoneale con l’inserzione sulla linea mediana (1 RCT, 83 pazienti RR 0.57; IC 95% 0.33-0.98). Immobilizzazione versus non immobilizzazione del tratto esterno del catetere. L’unico studio pubblicato su questo tipo di intervento (27) non dimostra alcuna differenza significativa sul rischio di peritonite (66 pazienti, RR 1.20; IC 95% 0.59-2.42) e di infezione dell’exit-site o del tunnel sottocutaneo (RR 0.65; IC 95% 0.35-1.22). Tipo di connettologia. Certa è l’importanza del tipo di connettologia utilizzata: il set ad Y e i sistemi a doppia sacca sono nettamente superiori alle altre connessioni (1, 7, 9). Più difficile è stabilire se vi siano realmente differenze tra set ad Y con disinfettante e sistemi a doppia sacca. In una prima revisione Cochrane (9) su 19 RCT utilizzabili sono stati identificati 991 pazienti valutabili. Negli RCT che paragonavano il set standard al sistema ad Y o al doppia sacca, questi ultimi due avevano una incidenza di peritoniti nettamente inferiore (RR 0.33; IC 95% 0.24-0.46). Disegno dello studio RCT RCT RCT RCT Quasi RCT RCT RCT RCT N. pazienti 40 60 60 41 37 40 40 60 Akyol AM, 1990 (16) Danielsson A, 2002 (22) Park MS, 1998 (23) Dasgupta MK, 2000 (24) Ejkersen E, 1990 (25) Eklund BH, 1994 (11) Eklund BH, 1995 (12) Eklund BM, 1997 (17) Autore ed anno Finlandia Finlandia Finlandia Svezia Canada Corea Svezia Scozia Setting TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI Pazienti consecutivi selezionati per la DP Pazienti consecutivi selezionati per la DP Pazienti consecutivi selezionati per la DP Pazienti da avviare alla dialisi. L’avvio era alternato tra DP ed HD (1:1) Non specificate Pazienti avviati alla DP e che iniziavano il trattamento dialitico 6 settimane dopo l’inserzione del catetere Pazienti giudicati idonei alla DP e che non necessitavano di trattamento dialitico per almeno 6 settimane dopo l’inserzione del catetere Pazienti immessi in DP consecutivamente Caratteristiche partecipanti Inserzione di catetere tipo Tenckhoff a 1 cuffia Inserzione di catetere tipo Tenckhoff a 2 cuffie Inserzione di catetere tipo Tenckhoff a 1 cuffia Inserzione di catetere laterale tipo Tenckhoff a 1 cuffia Impianto di catetere tipo Moncrief-Popovich Impianto di catetere marsupializzato tipo swan-neck a doppia cuffia Impianto di catetere marsupializzato Impianto di catetere Tenckhoff tipo diritto Intervento sperimentale Inserzione di catetere tipo Tenckhoff a 2 cuffie Inserzione di catetere tipo swan-neck a 2 cuffie Inserzione di catetere tipo swan-neck a 1 cuffia Inserzione di catetere mediana tipo Tenckhoff a 1 cuffia Impianto di catetere tipo Tenckhoff Impianto di catetere non marsupializzato tipo swan-neck a doppia cuffia Impianto di catetere non marsupializzato Impianto di catetere Tenckhoff tipo coil Intervento di controllo 20 Non riportato 60 15 23 24 24 18 Follow-up (mesi) segue Confronto tra due diversi tipi di catetere con direzione dell’exit diversa (in basso o in alto). Incidenza di peritoniti troppo alta (circa 1 episodio/anno paziente) Commenti Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale S139 S140 Disegno dello studio RCT RCT RCT RCT RCT RCT N. pazienti 148 40 72 85 89 50 Autore ed anno Gadallah MF, 1999 (19) Lye WC, 1995 (15) Nielsen PK, 1995 (13) Rubin J, 1990 (14) Scott PD, 1994 (26) Tsimoyiannis EC, 2000 (20) Grecia Inghilterra USA Danimarca Singapore USA Setting Pazienti avviati alla DP Pazienti avviati alla DP Pazienti selezionati per la DP alla prima inserzione di catetere peritoneale Pazienti consecutivi selezionati per la DP Pazienti consecutivi selezionati per la DP Pazienti selezionati per la DP Caratteristiche partecipanti TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI (segue) Inserzione di catetere tipo Tenckhoff diritto con tecnica laparotomica ed anestesia locale senza fissaggio intraddominale del catetere Inserzione di catetere tipo Tenckhoff diritto a 2 cuffie con tecnica chirurgica Inserzione di catetere per via chirurgica. Gruppo 1: Catetere diritto inserzione mediana Gruppo 3: Catetere diritto inserzione laterale Inserzione di catetere tipo Tenckhoff diritto a 1 cuffia Inserzione di catetere tipo Tenckhoff diritto a 2 cuffie Inserzione di catetere peritoneale con tecnica peritoneoscopica Intervento sperimentale 24 15 12 36 Follow-up (mesi) Inserzione di catetere 21 tipo Tenckhoff diritto con tecnica laparoscopica ed anestesia totale con fissaggio intraddominale del catetere Inserzione di catetere 12 standard coiled (Gruppo 1) e Toronto Western doppio disco (Gruppo 2) con tecnica chirurgica Inserzione di catetere per via chirurgica. Gruppo 2: Catetere spirale inserzione mediana Gruppo 4: Catetere spirale inserzione laterale Inserzione di catetere tipo Tenckhoff coil a 1 cuffia Inserzione di catetere tipo swan-neck coil a 2 cuffie Inserzione di catetere peritoneale con tecnica chirurgica Intervento di controllo segue Follow-up medio di soli 6 mesi. Riporta solo le peritoniti causa di rimozione. Vi sono differenze solo nei problemi di drenaggio. Sopravvivenza del catetere troppo bassa (72 e 28% ad un anno) Commenti Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale RCT RCT RCT 66 45 139 Turner K, 1992 (27) Wright MJ, 1998 (21) Crabtree JH, 2003 (18) DP: Dialisi peritoneale HD: Emodialisi Disegno dello studio N. pazienti Autore ed anno USA Inghilterra Inghilterra Setting Pazienti consecutivi selezionati per la D Pazienti avviati alla DP e sottoposti ad intervento con anestesia generale Pazienti avviati alla DP Caratteristiche partecipanti TABELLA I - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INCLUSI (segue) Inserzione di catetere tipo Tenckhoff a due cuffie coil con impregnazione di ioni di argento per via laparoscopica e in posizione paramediana Inserzione di catetere con tecnica chirurgica per via laparoscopica Inserzione di catetere tipo Tenckhoff diritto con tecnica chirurgica: Gruppo 1: Immobilizzazione del catetere con strumenti. Gruppo 2: Immobilizzazione del catetere con cerotto Intervento sperimentale Inserzione di catetere tipo Tenckhoff a due cuffie coil per via laparoscopica e in posizione paramediana Inserzione di catetere con tecnica chirurgica per via laparotomica Inserzione di catetere tipo Tenckhoff diritto con tecnica chirurgica senza immobilizzazione Intervento di controllo 22 24 15 Follow-up (mesi) Intervento di laparoscopia convertito a tradizionale nel 15% per problemi tecnici intraoperatori. Durata media dell'intervento sorprendentemente bassa (14 e 23 min per via chirurgica o laparoscopica). Con la laparoscopia leakage nel 10% dei pazienti e maggiore numero di peritoniti precoci (3 vs 1) Problemi di verifica della compliance. Adeguata l’immobilizzazione con il solo cerotto? Follow-up troppo variabili e brevi Commenti Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale S141 S142 Sì No No No No Sì Sì No No No Sì No non riportato No No Sì No Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Adeguato Non chiaro Non chiaro Inadeguato Inadeguato Adeguato Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Non chiaro Danielson A, 2002 (22) Park MS, 1998 (23) Dasgupta MK, 2000 (24) Ejkersen E, 1990 (25) Eklund BH, 1994 (11) Eklund BH, 1995 (12) Eklund BH, 1997 (17) Gadallah MF, 1999 (19) Lye WC, 1995 (15) Nielsen PK, 1995 (13) Rubin J, 1990 (14) Scott PD, 1994 (26) Tsimoyiannis EC, 2000 (20) Turner K, 1992 (27) Wright MJ, 1998 (21) Crabtree JH, 2003 (18) Pazienti Non chiaro Metodo di segretezza della randomizzazione (allocation concealment) Akyol AM, 1990 (16) Autore ed anno TABELLA II - QUALITÀ DEGLI RCT INCLUSI No Sì No No Non riportato No Sì No No No Sì Sì No No No No Sì Ricercatori Utilizzo del cieco (blinding) No No Non riportato No Non riportato No No No No No Non riportato No No No No No No Medici che hanno valutato l’outcome No No No No Non riportato No Sì No No Sì Non riportato Sì si No No No No Utilizzo analisi per intenzione al trattamento (Intention-totreat analysis) Non riportate 10 Non riportate 10 Non riportate Non chiaro 4.4 7.5 3.3 0 Non riportate 0 0 Non riportate 1.6 1.6 5 Perdite al follow-up (%) Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale 6/30 (20%) Eklund BH, 1994 (11) Ejkersen E, 1990 (25) Dasgupta MK, 2000 (24) Park MS, 1998 (23) 0/20 Infezione dell’exit-site e del tunnel (incidenza episodi/mesi trattamento) Mortalità Infezione dell’exit-site e del tunnel 0/20 11/20 (55%) 21/327 (6.4%) Peritonite incidenza Episodi/mesi trattamento Rimozione del catetere 3/20 (15%) 10/327 (3%) Peritonite 0/21 1/21 (4.8%) Infezione del tunnel Complicanze chirurgiche e/o meccaniche 0/21 1/21 (4.8%) Peritonite Infezione dell’exit-site e del tunnel Mortalità n.r. n.r. Peritonite 39/493 (7.9%) Infezione dell’exit-site e del tunnel Episodi/mesi trattamento 3/30 (10%) 37/493 (7.5%) Mortalità Peritonite Episodi/mesi trattamento 5/475 (1%) Infezione dell’exit-site e del tunnel Episodi /mesi trattamento 11/475 (2.3%) Mortalità Peritonite Episodi /mesi trattamento 3/20 (15%) Peritonite Danielsson A, 2002 (22) 3/20 (15%) Infezione dell’exit-site e del tunnel Akyol AM, 1990 (16) Gruppo di intervento (numero di pazienti con eventi/numero totale di pazienti in quel gruppo) Outcomes Autore ed anno TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE) 4/20 (20%) 0/20 19/327 (5.8%) 9/20 (45%) 11/381 (2.9%) 4/20 (20%) 0/16 0/16 3/16 (18.7%) 0/16 n.r. n.r. 43/410 (10.5%) 45/410 (10.9%) 5/29 (17.2%) 5/1133 (0.4%) 12/1133 (1%) 5/30 (16.6%) 3/20 (15%) 3/20 (15%) Gruppo controllo (numero di pazienti con eventi/numero totale di pazienti in quel gruppo) 0.11 (0.01-1.94) n.e. 1.11 (0.61-2.02) 1.22 (0.65-2.29) 1.06 (0.46-2.46) 0.75 (0.19-2.93) n.e. 2.32 (0.10-53.49) 0.25 (0.03-2.22) n.e. 0.75 (0.50-1.14) 0.68 (0.45-1.04) 0.58 (0.15-2.21) 2.39 (0.69-8.20) 2.19 (0.97-4.92) 1.20 (0.41-3.51) 0.79 (0.40-1.57) 1.0 (0.23-4.37) Rischio relativo (intervallo di confidenza 95%) -20 0.8 10 0.1 -5 4.8 -13.9 -2.6 -3.4 -7.2 0.6 1.3 3.4 0 0 segue Differenza di rischio (%) Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale S143 S144 Scott PD, 1994 (33) Rubin J, 1990 (14) Nielsen PK, 1995 (13) Lye WC, 1995 (15) Gadallah MF, 1999 (19) Eklund BH, 1997 (17) Infezione dell’exit-site e del tunnel (incidenza episodi/mesi trattamento) 11/76 (14.5%) 20/267 (7.5%) 14/20 (70%) 2/38 (5.3%) Peritonite Peritonite (episodi/mesi trattamento) Infezione dell’exit-site Peritonite 3/30 (10%) 1/30 (3.3%) 1/30 (3.3%) Infezione del tunnel e dell’exit-site Mortalità 1/42 (2.4%) Infezione del tunnel e dell’exit-site Peritonite 12/42 (28.6%) Peritonite n.r. 9/76 (11.8%) Infezione del tunnel e dell’exit-site 19/58 (32.7%) Mortalità Mortalità n.r. Infezione dell’exit-site e del tunnel Insuccesso della tecnica n.r. n.r. Peritonite 1/20 (5%) Mortalità n.r. 12/20 (60%) 23/476 (4.8%) Infezione dell’exit-site e del tunnel Rimozione del catetere 15/476 (3.1%) 9/20 (45%) Peritonite Eklund BH, 1995 (12) Peritonite (incidenza episodi/mesi trattamento) Gruppo di intervento (numero di pazienti con eventi/numero totale di pazienti in quel gruppo) Outcomes Autore ed anno TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE) (segue) 6/59 (10.2%) 1/59 (1.7%) 6/59 (10.2%) 5/41 (12.2%) 8/41 (19.5%) n.r. 2/34 (5.9%) 9/20 (45%) 22/275 (8%) 16/72 (22.2%) 9/72 (12.5%) 32/58 (55.2%) n.r. n.r. n.r. 3/20 (15%) n.r. 20/342 (5.8%) 10/20 (50%) 13/342 (3.8%) 8/20 (40%) Gruppo controllo (numero di pazienti con eventi/numero totale di pazienti in quel gruppo) 0.33 (0.04-2.60) 1.97 (0.13-30.36) 0.98 (0.26-3.66) 0.20 (0.2-1.60) 1.46 (0.67-3.21) 0.89 (0.13-6.01) 1.56 (0.89-2.73) 0.94 (0.52-1.68) 0.65 (0.32-1.31) 0.95 (0.40-2.25) 0.59 (0.38-0.92) 0.33 (0.04-2.94) 0.83 (0.46-1.48) 1.20 (0.68-2.11) 0.83 (0.40-1.72) 1.13 (0.55-2.32) Rischio relativo (intervallo di confidenza 95%) -6.9 1.6 -0.2 -9.8 9.1 -0.6 25 -0.5 -7.7 -0.7 -22.5 -10 -1 10 -0.7 5 segue Differenza di rischio (%) Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale 4/21 (19%) 0.37 Insuccesso della tecnica Mortalità Peritonite Episodi/anno/paziente Infezione del tunnel e dell’exit-site 0.52 8/21 (38.1%) Rimozione e/o riposizionamento del catetere Episodi/anno/paziente 5/21 (23.8%) 8/21 (38.1%) Peritonite n.r.: non riportato; n.e.: non eseguibile Crabtree JH, 2003 (18) Wright MJ, 1998 (21) n.r. n.r. 1/20 (5%) Insuccesso della tecnica Infezione del tunnel e dell’exit-site 1/20 (5%) Rimozione e/o riposizionamento del catetere 2000 (20) Peritonite 3/20 (15%) Peritonite Tsimoyiannis EC, Turner K, 1992 (27) Gruppo di intervento (numero di pazienti con eventi/numero totale di pazienti in quel gruppo) Outcomes Autore ed anno TABELLA III - RISULTATI DEGLI STUDI INCLUSI (VARIABILI DICOTOMICHE) (segue) 0.45 0.37 3/24 (12.5%) 8/24 (33.3%) 8/24 (33.3%) 8/24 (33.3%) n.r. n.r. 3/25 (12%) 3/25 (12%) 5/25 (20%) Gruppo controllo (numero di pazienti con eventi/numero totale di pazienti in quel gruppo) n.e. n.e. 1.52 (0.38-6.04) 1.14 (0.52-2.51) 1.14 (0.52-2.51) 0.71 (0.28-1.85) 0.42 (0.05-3.71) 0.42 (0.05-3.71) 0.75 (0.20-2.77) Rischio relativo (intervallo di confidenza 95%) 6.5 4.8 4.8 -9.5 -7 -7 -5 Differenza di rischio (%) Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale S145 Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale Negli RCT che paragonavano il sistema a doppia sacca con il sistema ad Y, la prima connettologia era associata ad un numero significativamente più basso di peritoniti (RR 0.44; IC 95% 0.27-0.71). In una più recente revisione Cochrane (10) effettuata con la stessa metodologia, ma con criteri più restrittivi, gli Autori hanno potuto soltanto dimostrare che il set a Y e il sistema a doppia sacca, rispetto al sistema convenzionale, riduce il rischio di peritonite (7 RCT, 485 pazienti, RR 0.64; IC 95% 0.53-0.77); non vi sono differenze tra Y set e sistema a doppia sacca. Sintesi dell’evidenza Il set a Y e il sistema a doppia sacca riducono il rischio di peritonite rispetto al sistema convenzionale. Non sono attualmente disponibili evidenze che dimostrino una efficacia nel prevenire le peritoniti da parte di materiale del catetere (sylastic vs poliuretano), direzione dell’exit-site, percorso del tunnel sottocutaneo (presternale verso addominale), tecnica chirurgica (metodica chirurgica versus metodica semichirurgica), durata del break-in. Implicazioni per la pratica clinica Nella valutazione di uno studio controllato, non va dimenticato che oltre alla correttezza formale dello studio vi sono altri aspetti che potrebbero influenzare i risultati, quali l’esperienza del singolo centro, il tipo e l’esperienza dell’operatore nel posizionamento del catetere, la dimestichezza con l’una o l’altra tecnica, la tipologia dei pazienti e l’organizzazione nella gestione dei pazienti uremici. In queste Linee Guida sono stati considerati esclusivamente l’incidenza e l’outcome relativo alle peritoniti e “all’exit-site infection” (ESI). Non sono stati volutamente analizzati altri aspetti, quali la mortalità, i costi, la durata di ricovero, la necessità di anestesia generale, le complicanze non infettive, come malposizione del catetere, efficienza dello scarico, estrusione della cuffia, leakages, le complicanze o le difficoltà all’inserzione o alla rimozione, gli aspetti estetici dei diversi cateteri o connettologie, che comunque possono influenzare la scelta del catetere o della tecnica di posizionamento. In database retrospettivo (28) viene documentato un numero inferiore di peritoniti nel catetere a doppia cuffia rispetto a quello a cuffia singola. Dati analoghi sono riportati in pazienti pediatrici nel Nord-America (29). I dati del registro giapponese su pazienti pediatrici documentano una miglior sopravvivenza del catetere con doppia cuffia, ma non una differenza nell’incidenza di peritonite. Hwang e Huang (30) trovano una riduzione dell’incidenza di infezioni dello skin-exit e del tunnel nel confronto tra catetere di Tenckhoff classico e catetere swan-neck Missouri 2. Gadallah et al. hanno analizzato retrospettivamente 462 S146 pazienti con catetere a doppia cuffia diritto con catetere tipo swan-neck e non hanno evidenziato differenza significativa per l’incidenza di peritoniti (19). Per quanto riguarda i cateteri “autolocante” esiste uno studio retrospettivo (31) che non evidenzia differenze significative nell’incidenza di peritoniti tra il catetere “autolocante” e il catetere classico di Tenckhoff. In mancanza di sufficienti evidenze per l’efficace prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale è opinione dei redattori che sia fondamentale per i Centri applicare le tecniche di inserzione e gestione del catetere peritoneale in cui hanno maggiore esperienza e concentrare gli sforzi organizzativi per favorire l’avvio di studi controllati al fine di definire le modalità e le tecniche con i risultati migliori. Applicabilità Gli RCT considerati sono stati pubblicati prevalentemente tra il 1990 e il 2000 (13 su17), mentre 10 su 17 prima del 1995 e soltanto 2 nel 2002 e nel 2003. Risentono pertanto di problematiche relative alle tecniche chirurgiche, di anestesia e di break-in (molti pazienti venivano avviati alla dialisi peritoneale anche immediatamente dopo l’inserzione del catetere) oggi cadute in disuso e di una dispersione delle risorse per lo studio di tipi di cateteri e di inserzioni abbandonati da tempo dalla maggior parte dei teams nefrologici. Allo stato attuale le evidenze riportate in letteratura sono da considerarsi applicabili nella realtà Italiana, anche se i lavori valutati in queste Linee Guida mostrano spesso differenze nel tipo di connettologia usata, nell’età media dei pazienti all'inizio della dialisi e soprattutto nell’incidenza attesa di peritoniti, infezioni dell’exit e sopravvivenza del catetere, rispetto alla realtà italiana attuale. È sempre molto difficile valutare l’applicabilità di risultati che utilizzano connettologie (diversi tipi di Y set e/o di doppia sacca) diverse rispetto a quelle utilizzate nella singola realtà nazionale o aziendale. Non necessariamente i risultati ottenuti paragonando un certo di tipo di set a Y con un certo tipo di doppia sacca sono estensibili a tutti i set a Y rispetto a tutti i sistemi a doppia sacca. Inoltre, molti degli studi considerati utilizzano connettologie ormai in disuso perchè producevano un maggior numero di peritoniti rispetto al set a Y. Infine molti degli studi considerati hanno follow-up di durata molto breve, per cui i risultati non sono applicabili quando l’attesa per il trapianto sia lunga o addirittura il paziente non sia idoneo. I dati sull’incidenza di peritoniti in Italia (0.48 episodi anno paziente) provengono da vecchi risultati del Gruppo Cooperativo (32) oppure da studi più recenti (33) limitati a registri di gruppi più piccoli di pazienti (1/27 mesi in CAPD e 1/37 mesi in APD). Su queste basi, comunque, l’incidenza di peritoniti è inferiore a quella riportata nella maggior parte degli studi considerati. Nei pazienti pediatrici i dati del Registro Italiano dimostrano una prevalenza più Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale elevata di peritoniti (1/19.8 mesi) con una sopravvivenza del catetere del 69% a due anni (34). Tali differenze sono difficilmente spiegabili e possono essere ipotizzati diversi fattori: differente esperienza specifica degli operatori (nefrologi o chirurghi), differenze di selezione (valutazione dei criteri di idoneità) o tipologia (pediatrici, anziani, diabetici, non autosufficienti, ecc.) dei pazienti, differente accuratezza nell’addestramento, diversa frequenza dei controlli e tempestività di eventuali interventi preventivi. Implicazioni per la ricerca Non riteniamo che l’incidenza di peritoniti possa essere ridotta prevalentemente con il cambio delle strategie correlate al catetere. Studi su queste strategie sono indispensabili invece per evidenziare differenze nell’incidenza di ESI (di cui la peritonite è spesso una conseguenza) o di ospedalizzazione precoce. Sarebbe utile promuovere RCT multicentrici che, utilizzando esperienze comuni e più aggiornate, rispondano a quesiti semplici sul posizionamento mediano o laterale del catetere, sul tipo di catetere, sulla tecnica di inserzione, sui tempi di break-in, sulla terapia antibiotica perioperatoria su un ampio numero di pazienti. Tra gli studi che mancano o che presentano carenze importanti riteniamo che molti non possano essere programmati in modo corretto per la difficile selezione dei pazienti (ad esempio break-in o marsupializzazione), oppure per la scarsa accettabilità di una delle due alternative da parte dei pazienti (presternal vs standard, oppure Y lunga con disintefettante versus double-bag) o per lo scarso utilizzo di una delle due alternative (catetere poliuretano vs sylastic o Y lunga versus doublebag) o per la necessità di particolari esperienze o attrezzature o di anestesia generale (laparoscopia vs standard, presternal vs standard), per la necessità di procedure e strumenti difficilmente uniformabili (immobilizzazione versus non immobilizzazione del tratto esterno del catetere). Nell’ottica delle peritoniti secondarie ad ESI, riteniamo quindi proponibili i seguenti studi: 1) Valutazione dell’effetto di diverse direzioni dell’exitsite, con lo stesso tipo di catetere, di connettologia e la stessa distanza della cuffia dalla cute. 2) Le caratteristiche del catetere nel tratto sottocutaneo. Lo studio dovrebbe essere riservato a posizionamenti in anestesia locale, con stessa direzione dell’exit-site, stessa connettologia, stessa distanza della cuffia dalla cute, stessa tecnica (chirurgica, o semichirurgica), stessi operatori esperti in entrambe le tecniche. 3) La sede di inserzione del catetere: mediana semichirurgica a cielo aperto versus laterale chirurgica, attraverso il muscolo retto. Lo studio dovrebbe essere condotto in modo da definire la procedura in modo uniforme utilizzando lo stesso tipo di catetere, la stessa direzione dell’exitsite, la stessa connettologia, la stessa distanza dalle cuffie. Per tutti gli studi, gli outcomes primari da considerare dovrebbero essere l’ESI e le peritoniti e quelli secondari la durata della prima ospedalizzazione dal posizionamento del catetere, le complicanze precoci e le dislocazioni. Indirizzo degli Autori: Dr. Amedeo De Vecchi U.O. di Nefrologia, Dialisi e Trapianti Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli, Regina Elena Via Commenda, 15 20122 Milano e-mail: [email protected] Bibliografia 1. Maiorca R, Cantaluppi A, Cancarini GC, et al. Prospective controlled trial of a Y connector and disinfectant to prevent peritonitis in CAPD. Lancet 1983; 2: 642-4. 2. Churcill DN, Taylor DW, Vas SL, et al. Peritonitis in CAPD a multicenter randomized clinical trial comparing the Y connector disinfectant system to standard systems. Perit Dial Int 1989; 9: 159-63. 3. Churchill DN, Thorpse KE, Vonesh EF, Keshaviah PR. Lower probability of patient survival with continuous peritoneal dialysis in the United States compared with Canada. 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The present guideline reports evidence of interventions to treat peritonitis in peritoneal dialysis (PD). Methods. SR of RCT and RCT on treatments for peritoneal dialysis peritonitis were identified referring to a Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update). Quality of SR and RCT was assessed according to current methodological standards. Results. Thirty-six RCT were found addressing the intervention issue. Vancomycin or first generation cephalosporins may be used for treating peritoneal dialysis peritonitis due to Gram-positive agents. Third-generation cephalosporins or aminoglycosides may be used for Gram-negative agents peritonitis. Association of first-generation cephalosporins and agents against Gram-negative bacteria via the intraperitoneal route represents the most frequently used approach. Intraperitoneal administration of antibiotic agents is the most effective treatment of peritoneal dialysis peritonitis. Intermittent administration may be preferred to continuous administration of antibiotic agents in peritoneal dialysis peritonitis. Conclusion. In peritoneal dialysis peritonitis current evidence supports the hypothesis that intraperitoneal administration of antibiotics agents and intermittent administration may be preferred to other routes of administration and continuous administration. Further studies are necessary to test this hypothesis in selected patient populations. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S149-64) KEYWORDS: Peritonitis, Peritoneal dialysis, Antibiotic therapy PAROLE CHIAVE: Peritoniti, Dialisi peritoneale, Terapia antibiotica LINEA GUIDA Via di somministrazione dei farmaci antimicrobici La somministrazione intraperitoneale (IP) di Vancomicina è superiore alla somministrazione endovenosa (EV) dello stesso farmaco ed è gravata da una minore incidenza di recidive di peritonite; non vi sono differenze, quando la dose di carico della Vancomicina è somministrata IP o EV se seguita dalla somministrazione IP di una stessa dose di mantenimento (livello di evidenza 2). La somministrazione IP di un singolo farmaco antimicrobico (Ciprofloxacina, Ofloxacina e Cefradina) tende ad essere superiore alla somministrazione per os (PO) dello stesso farmaco; con entrambe le vie, un elevato numero di pazienti non risponde alla terapia (livello 2). La somministrazione IP di due farmaci antimicrobici (Vancomicina/Aminoglicoside o Cefalosporina/Aminoglicoside) non è superiore alla somministrazione PO di un farmaco chinolonico (Ciprofloxacina, Ofloxacina, Levofloxacina, Pefloxacina) da solo o associato alla somministrazione IP o PO di un altro farmaco; la somministrazione PO dei farmaci antimicrobici è più spesso associata a nausea e vomito (livello 2). © Società Italiana di Nefrologia S149 Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale Dose di somministrazione per via intraperitoneale dei farmaci antimicrobici Alte dosi di Imipenem somministrate IP hanno una maggiore efficacia rispetto a basse dosi dello stesso farmaco somministrate IP (livello 2); non vi è una differenza significativa nell’incidenza di convulsioni tra somministrazione di alte e basse dosi (livello 2). Modalità di somministrazione dei farmaci antimicrobici per via intraperitoneale Non vi è differenza nella risposta clinica fra la somministrazione IP dei farmaci antimicrobici (Gentamicina, Vancomicina, Vancomicina/Ceftazidima, Teicoplanina/Ceftazidima) in modo continuo o in modo intermittente negli adulti in CAPD e nei bambini in APD (livello 2); la percentuale di recidive di peritoniti è inoltre simile fra le due modalità di somministrazione (livello 2). Somministrazione intraperitoneale di differenti schemi di farmaci antimicrobici La somministrazione IP dell’associazione glicopeptide (Vancomicina o Teicoplanina) + aminoglicoside non offre vantaggi terapeutici rispetto alla somministrazione IP di altri farmaci antimicrobici (Imipenem, Ciprofloxacina, Cefalotina/Tobramicina, Imipenem/Cilastina, Cefuroxima, Cefepime) (livello 2). La somministrazione IP di Vancomicina non offre vantaggi rispetto alla somministrazione IP di Teicoplanina (livello 2). La Vancomicina somministrata IP sembra offrire dei vantaggi rispetto alla somministrazione IP di Cefazolina (livello 2). La somministrazione IP dell’associazione Netilmicina + Cefazolina non offre vantaggi rispetto alla somministrazione IP dell’associazione Ceftazidima + Cefazolina (livello 2). Gli altri schemi terapeutici paragonati (Vancomicina/Ceftazidima IP vs Cefazolina/Netilmicina IP; Vancomicina/ Cefoxatima IP vs Vancomicina/Tobramicina IP; Ciprofloxacina/Rifampicina IP vs Cefradina IP; Cefazolina/Ceftazidima IP vs Imipenem/Cilastina IP) non hanno mostrato fra loro alcun vantaggio terapeutico (livello 2). Funzione renale residua e terapia antimicrobica La funzione renale residua non viene influenzata in modo differente dalla somministrazione intraperitoneale di un aminoglicoside (Netilmicina + Cefazolina) rispetto ad una cefalosporina (Ceftazidima + Cefazolina) (livello 2). Altre misure terapeutiche Il lavaggio peritoneale continuo con volumi elevati di soluzione per dialisi peritoneale, contenente farmaci antimicrobici (Vancomicina + Netilmicina), non offre vantaggi rispetto a due rapidi lavaggi con 2 litri di soluzione per dialisi peritoneale, contenente gli stessi antibiotici (livello 2). La somministrazione intraperitoneale o intracatetere dell’urokinasi non offre vantaggi clinici rispetto alla rimozione/reinserimento del catetere o al placebo, nei pazienti con peritonite persistente o recidivante (livello 2). Premesse La peritonite infettiva, a causa delle manifestazioni cliniche acute e degli effetti a lungo termine sul peritoneo, è considerata la più importante complicanza della dialisi peritoneale (DP) (1). La peritonite è una delle cause principali di drop-out dalla DP (2) e contribuisce alla morbilità (3) e alla mortalità dei pazienti in DP (4). Inoltre la peritonite può provocare alterazioni infiammatorie croniche a carico del peritoneo con conseguente aumento della permeabilità ai piccoli soluti e riduzione della capacità di ultrafiltrazione che è una delle cause principali di fallimento della metodica dialitica (5). L’incidenza di peritonite, abitualmente espressa come la media degli intervalli (in mesi-paziente) tra i vari episodi, S150 rimane elevata, ma grazie ai progressi nei sistemi di connessione/deconnessione, è inferiore rispetto al passato (6, 7). Tassi di peritonite di circa 1/40 mesi paziente sono stati riportati dopo l’introduzione del sistema di connessione a Y (2) e della doppia sacca (8). L’obiettivo, in termini di tasso di peritonite, è aumentato da 1/20 mesi-paziente a circa 1/50 mesi (9). In Italia non esistono stime precise ed aggiornate sul tasso di peritonite. Diagnosi La diagnosi di peritonite infettiva in DP proposta da Vas (10) è quella unanimemente accettata e richiede la presenza di almeno 2 delle 3 seguenti condizioni: Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale a) dialisato torbido con > 100 leucociti/mmc, il 50% o più dei quali neutrofili. La conta leucocitaria è positiva se > 100/mmc in un paziente con DP in corso, indipendentemente dalla durata della stasi del dialisato raccolto. Un valore di leucociti < 100/mmc non è da considerarsi negativo se la stasi è stata inferiore a 4 ore come in dialisi peritoneale automatizzata (APD) dove una contemporanea percentuale di polimorfonucleati (PMN > 50%) è fortemente indicativa di peritonite. Nei pazienti in APD con addome vuoto di giorno o in pazienti che, per qualunque motivo, non eseguono DP da alcune ore o giorni la conta dei globuli bianchi può risultare falsamente positiva per la scarsa quantità di liquido presente in addome; in questo caso non vi è generalmente sintomatologia addominale ed i leucociti sono principalmente mononucleati. Nel dubbio, può essere utile eseguire un rapido scambio peritoneale (lavaggio) seguito da una stasi di almeno 4 ore sul cui drenaggio si eseguirà la conta dei leucociti. La presenza di dialisato torbido, quasi sempre, indica la presenza di una peritonite infettiva, anche se possono essere presenti altre cause quali la peritonite chimica, la peritonite eosinofila (generalmente asintomatica), l’emoperitoneo (drenaggio rosso o rosato), il dialisato da addome “quasi vuoto”, il chiloperitoneo (aspetto opalino, prevalenza linfocitaria), le neoplasie (9, 11). Gli studi randomizzati esistenti hanno messo in evidenza un rischio di peritonite simile fra soluzioni con icodestrina e con glucosio (12, 13). Tuttavia, in Europa si sono avute diverse segnalazioni di peritoniti sterili associate all’uso di icodestrina (14) dovute alla contaminazione delle soluzioni dializzanti da parte di un peptoglicano capace di indurre una reazione infiammatoria nel peritoneo (15, 16). La rimozione di tale contaminante ha portato ad una marcata riduzione dell’incidenza di peritonite sterile da icodestrina (comunicazione ufficiosa ditta produttrice); b) sintomi e segni compatibili con flogosi peritoneale quali manovra di Blumberg positiva, dolore addominale, spontaneo o indotto dalla palpazione, nausea, vomito, diarrea, febbre; c) presenza di microrganismi alla ricerca microbiologica diretta (colorazione di Gram o per bacilli acido-alcool resistenti) e/o coltura positiva del dialisato. Nella pratica clinica corrente è la presenza dei primi due segni a far porre diagnosi di peritonite ed a determinare l’inizio della terapia antibiotica empirica; questa verrà poi eventualmente modificata in base al risultato della colorazione di Gram e dell’antibiogramma. Indagini di laboratorio a) Conta leucocitaria. La conta leucocitaria del dialisato è un indicatore dell’andamento clinico e dell’efficacia del trattamento (17, 18); è eseguita al microscopio (con la camera di Burker o di Kova o altri metodi) o con i sistemi automatizza- ti per l’emocromo (es. Coulter), ma alcuni di questi contano come monociti i mesoteli presenti nell’effluente e possono alterare la conta totale e quella differenziale. Se oltre il 10% dei leucociti è costituito da eosinofili si pone diagnosi di peritonite eosinofila. Essa è generalmente associata ad effluente torbido in assenza di qualunque sintomatologia e spesso segue ad interventi chirurgici d’inserimento, rilocazione o sostituzione del catetere peritoneale o all’entrata d’aria in cavità peritoneale. È probabilmente il risultato di una reazione allergica locale a materiali del catetere o rilasciati dai guanti chirurgici o alla soluzione dialitica. Si risolve, in genere, spontaneamente (19, 20). b) Colorazione di Gram. La colorazione di Gram eseguita immediatamente all’esordio della peritonite può essere utile, ma è positiva in meno della metà (dal 9 al 40%) dei casi di peritonite con conferma colturale. Nell’85% dei casi in cui è positiva, è predittiva del risultato della coltura (18, 21). Inoltre, la colorazione di Gram può essere particolarmente utile nei casi di peritoniti fungine; la presenza di funghi alla colorazione di Gram permette un tempestivo inizio della terapia antifungina e un’appropriata programmazione della rimozione del catetere in assenza di risposta alla terapia medica. c) Esame colturale. Le colture devono essere eseguite al più presto possibile: il liquido del primo scarico torbido è la fonte migliore. Il campione deve essere abbondante (almeno 50 mL); successivamente deve essere concentrato, mediante centrifugazione a 3000 g x 15 min ed il sedimento risospeso in 3-5 mL di fisiologica sterile. Questa sospensione deve essere inoculata in un terreno di coltura standard per il sangue e successivamente in un terreno in aerobiosi ed uno in anaerobiosi (22). La concentrazione del dialisato, poiché facilita la corretta identificazione del germe e riduce il tempo di risposta, è considerato il “gold standard” (9), ma può non essere alla portata di tutti i laboratori; inoltre è una metodica laboriosa, lunga ed espone alla possibilità di contaminazione dei campioni (23). Un’alternativa, altrettanto valida, è l’inoculazione di 10 mL di dialisato direttamente nei flaconi per emocoltura (per aerobi e anaerobi). Questo metodo è di facile e rapida esecuzione e in laboratorio permette il monitoraggio automatico continuo della eventuale crescita batterica; inoltre è possibile utilizzare i flaconi per emocoltura contenenti resine (ad es. BacT/Alert FAN) che adsorbono gli antibiotici nel caso fosse già stata iniziata la terapia. Con quest’ultima metodologia è stata riportata una sensibilità di 81.1% ed una specificità di 98.8% (24). La mancata crescita colturale, pur in presenza di peritonite batterica, varia dallo 0 al 30% tra i diversi centri (9) e spesso dipende dalla bassa sensibilità dei metodi di coltura utilizzati, dallo scarso volume dei campioni o da microrganismi patogeni che richiedono specifici terreni di coltura. S151 Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale Terapia empirica delle peritoniti La terapia antimicrobica iniziale è fondamentale nel trattamento delle peritoniti e, in genere, viene iniziata con uno o due farmaci ad ampio spettro nel tentativo di eradicare gli agenti eziologici più frequenti; in seguito tale terapia subisce un aggiustamento in base ai risultati degli esami colturale e di sensibilità in vitro. La scelta del farmaco antimicrobico più idoneo per la terapia empirica è stata oggetto di innumerevoli studi e Linee Guida (9). L’oggetto di questa Linea Guida è il trattamento empirico della peritonite nei pazienti in dialisi peritoneale sulla base delle evidenze che derivano dalle revisioni sistematiche (livello di evidenza 1) e dagli studi randomizzati controllati [(RCT) (livello 2)], che valutano l’efficacia clinica (risoluzione dei sintomi e dei segni di peritonite a breve e medio termine) della terapia (farmaco o associazione farmacologia, via e modalità continua o intermittente di somministrazione) e utilità di terapie aggiuntive (lavaggio peritoneale, agenti fibrinolitici, eparina), la recidiva di peritoniti dovute allo stesso germe, la necessità di rimuovere il catetere peritoneale e abbandonare la metodica dialitica, l’ospedalizzazione dei pazienti e la tossicità dei farmaci antimicrobici. Strategia di ricerca bibliografica La ricerca bibliografica è stata eseguita con il ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT prodotti in nefrologia, dialisi e trapianto. Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline, Embase, numerosi altri database di studi clinici, la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di interesse nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane. Infine la ricerca bibliografica è stata completata manualmente, facendo uso di Riviste Scientifiche, Atti Congressuali ed altre Linee Guida. Evidenza disponibile Descrizione degli studi La ricerca bibliografica ha permesso di individuare 36 RCT. Le principali caratteristiche dei 36 RCT analizzati in questa Linea Guida sono riportati in Tabella I. Farmaci antimicrobici e via di somministrazione. In 3 RCT si analizza la via di somministrazione endovenosa (EV) rispetto alla somministrazione intraperitoneale (IP) dello stesso farmaco antimicrobico. In 2 studi si paragona l’efficacia della somministrazione dello stesso S152 farmaco EV o IP (25, 26), mentre in un terzo studio la dose di carico è somministrata EV o IP e seguita da una stessa dose di mantenimento IP (27). La somministrazione orale (PO) e la somministrazione IP sono paragonate in 10 RCT. In 3 studi si analizza la somministrazione PO o IP dello stesso farmaco (28-30). In altri 7 RCT si paragona la somministrazione PO o IP di farmaci antimicrobici differenti (31-37); in 3 RCT si paragona la somministrazione IP di vancomicina (associata ad un altro farmaco) con un chinolonico PO, mentre negli altri studi si paragonano altri farmaci IP nei confronti di un chinolonico PO. In uno studio si paragona la somministrazione IP di alte dosi di imipenem nei confronti di basse dosi dello stesso farmaco (38). In 4 RCT si paragona l’efficacia della somministrazione IP intermittente rispetto alla somministrazione continua dello stesso agente terapeutico (39-42); in uno di questi studi si paragona la somministrazione continua o intermittente di due farmaci (42). In 15 RCT si paragona l’efficacia della somministrazione IP di differenti schemi terapeutici; in 6 studi si paragona l’associazione glicopeptide/aminoglicoside (o altro) con altri farmaci come imipenem o imipenem/cilastina (38, 43), chinolonici (44), cefalosporine (45-48); in 2 studi si paragonano la vancomicina con la teicoplanina (42, 49), in 2 studi la vancomicina con la cefazolina (50, 51), in uno l’associazione vancomicina/ceftazidima con cefazolina/netilmicina (52), in uno l’associazione cefazolina/netilmicina con cefazolina/ceftazidima (53), in un altro l’associazione ciprofloxacina/rifampicina con la cefradina (54) ed infine in uno l’associazione cefazolina/ceftazidima con l’imipenem/cilastina (55). Un RCT valuta l’efficacia di un lavaggio peritoneale, con elevati volumi di liquido per dialisi peritoneale, all’esordio della peritonite (56). Infine, in 4 RCT è valutata l’efficacia clinica della somministrazione IP o intracatetere di agenti fibrinolitici (57-60). Qualità degli studi. La qualità degli studi è stata definita in base alla metodologia utilizzata dalla Cochrane, che prevede una valutazione del metodo di segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”), dell’utilizzo del cieco (“blinding”), dell’analisi per intenzione al trattamento (“intention-to-treat analysis”) e delle perdite al follow-up (“lost to follow-up”). Negli RCT analizzati (Tab. II), i metodi di randomizzazione e di allocazione dei pazienti sono raramente riportati, lo studio in cieco viene utilizzato molto raramente e non sempre è possibile stabilire se è stata applicata l’analisi “intention-to-treat”. Infine non sempre è chiara la definizione di fallimento della terapia, l’intervallo di tempo per la definizione di recidiva e la differenziazione fra fallimento della terapia e recidiva. Analisi statistica. L’analisi statistica ha valutato il rischio relativo [“relative risk” (RR)] con intervalli di confidenza (IC) al 95% e differenza di rischio per gli outcomes dicotomici. Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale Risultati I risultati principali degli studi analizzati in questa Linea Guida sono riportati nella Tabella III. Via di somministrazione dei farmaci antimicrobici 1. Somministrazione IP versus somministrazione EV dello stesso farmaco: a) la combinazione di vancomicina/tobramicina somministrata IP determina una maggiore probabilità di guarigione rispetto alla somministrazione EV della stessa associazione di antibiotici (1 RCT, RR 3.52; IC 95% 1.26-9.81); 1 RCT dimostra una maggiore incidenza di recidive nel gruppo trattato IV (20% vs 0%). La somministrazione EV di vancomicina ha una maggiore incidenza di effetti collaterali (rash, red-man syndrome), anche se non significativa; b) non vi sono differenze, quando la dose di carico di vancomicina è somministrata EV o IP se seguita dalla somministrazione IP di una stessa dose di mantenimento. 2. Somministrazione IP versus somministrazione PO dello stesso farmaco: a) la somministrazione IP di ciprofloxacina, ofloxacina e cefradina vs somministrazione PO degli stessi farmaci tende ad una maggiore, sebbene non significativa, probabilità di guarigione (3 RCT RR 1.4; IC 95% 0.5-2.3); b) con entrambe le vie di somministrazione vi è un elevato numero di pazienti che non rispondono alla terapia (51.6% PO e 31.7% IP). 3. Somministrazione IP versus somministrazione PO di farmaci diversi: a) la somministrazione degli antibiotici IP non è superiore alla somministrazione PO (7 RCT, RR 1.17; IC 95% 0.86-1.59); b) la somministrazione PO degli antibiotici è maggiormente associata a nausea e vomito (RR 9.14; IC 95% 1.7348.32). Ciò è valido per vancomicina + gentamicina IP vs ciprofloxacin PO, vancomicina + aztreonam IP vs ofloxacin PO, vancomicina + netromicina IP vs levofloxacina PO + vancomicina IP, vancomicina + gentamicina IP vs pefloxacina PO + vancomicina IP, vancomicina + netilmicina IP vs ciprofloxacin PO, cefalotina + tobramicina IP vs ofloxacin PO + rifampicina PO, cefazolina IP vs ofloxacin PO. Dose di somministrazione per via intraperitoneale dei farmaci antimicrobici La somministrazione IP di alte dosi di imipenem ha una maggiore efficacia rispetto alla basse dosi dello stesso antibiotico (1 RCT, RR 4.0; IC 95% 1.17-13.66). Non vi è una differenza significativa nell’incidenza di convulsioni (tuttavia il RCT è stato trasformato da dosi elevate a dosi basse di imipenem proprio a causa dell’elevata incidenza di convulsioni). Modalità di somministrazione dei farmaci antimicrobici per via intraperitoneale a) Non vi è differenza nella risposta clinica fra la somministrazione dei farmaci antimicrobici IP in modo intermittente o in modo continuo (5 RCT, RR 0.69; IC 95% 0.37-1.30). b) La percentuale di recidive di peritoniti è inoltre simile fra le due modalità di somministrazione (4 RCT, RR 0.93; IC 95% 0.63-1.39). Ciò è valido per gentamicina, vancomicina (2 RCT), vancomicina + ceftazidime, teicoplanina + ceftazidime. Occorre rilevare che 2 RCT sono stati effettuati su pazienti pediatrici. Somministrazione intraperitoneale di differenti schemi di farmaci antimicrobici a) La somministrazione IP dell’associazione glicopeptide (vancomicina o teicoplanina)/aminoglicoside non offre vantaggi terapeutici rispetto alla somministrazione IP di altri antibiotici (7 RCT, RR 1.46; IC 95% 0.84-2.53). Ciò è valido per vancomicina + netilmicina vs imipenem, vancomicina + gentamicina vs ciprofloxacina, teicoplanina + tobramicina vs cefalotina + tobramicina, vancomicina + netilmicina vs imipenem/cilastatin, teicoplanina + aztreonam vs cefuroxime, vancomicina + netilmicina vs cefuroxime, vancomicina + netilmicina vs cefepime. b) La somministrazione IP di vancomicina non offre vantaggi rispetto alla somministrazione IP di teicoplanina (2 RCT, RR 0.99; IC 95% 0.90-1.10). Ciò è valido per vancomicina + netilmicina vs teicoplanina + netilmicina, vancomicina + ceftazidime vs teicoplanina + ceftazidime. c) La vancomicina somministrata IP sembra offrire dei vantaggi rispetto alla somministrazione IP di cefazolina (2 RCT, RR 1.67; IC 95% 1.10-2.55). Tuttavia nello studio più numeroso (50) in cui è significativa la differenza fra i due trattamenti, viene utilizzata una dose di cefazolina nettamente inferiore a quella usualmente indicata. d) La somministrazione IP di netilmicina + cefazolina non offre vantaggi rispetto alla somministrazione IP di ceftazidime + cefazolina (1 RCT, RR 1.00). e) Altre combinazioni farmacologiche: e1) la somministrazione IP vancomicina associata alla somministrazione IP di ceftazidime non offre vantaggi clinici rispetto alla somministrazione IP di cefazolina associata alla somministrazione IP di netilmicina; e2) la somministrazione IP di ciprofloxacina associata alla somministrazione IP di rifampicina sembra essere superiore alla somministrazione IP di cefradina; e3) la somministrazione IP di vancomicina e cefotaxime non offre vantaggi rispetto alla somministrazione IP di vancomicina e tobramicina; e4) la somministrazione IP di cefazolina + ceftazidime non offre vantaggi rispetto alla mono-somministrazione IP di imipenem/cilastina. Funzione renale residua e terapia antimicrobica La riduzione della funzione renale residua, in corso di peritonite, non differisce durante la somministrazione IP di netilmicina + cefazolina rispetto alla somministrazione IP di ceftazidime + cefazolina (1 RCT). Altre modalità terapeutiche a) Lavaggio peritoneale. Il lavaggio peritoneale, continuo per 24 ore, con volumi elevati (60 litri) di soluzione per dialisi peritoneale, contenente vancomicina + netilmicina, non offre vantaggi rispetto a due rapidi lavaggi con 2 litri di soluzione per dialisi peritoneale, contenente gli stessi antibiotici (1 RCT, RR 2.50; IC 95% 0.56-11.25). S153 S154 Vancomicina 0.5-1 g IV (dose di carico) quindi vancomicina IV 0.5 g il giorno 6 + tobramicina IV 1 mg/kg (dose di carico) quindi tobramicina IV 20-60 mg nei giorni 2, 4, 6 o appropriati antibiotici PO Ciprofloxacina 750 mg bid PO Ofloxacina 400 mg PO (dose di carico) quindi 300 mg/die Cefradina 500 mg PO (dose di carico) quindi 250 mg qid Vancomicina 25 mg/L IP + gentamicina 8 mg/L per 48 ore quindi 4 mg/L Ofloxacina 400 mg PO (dose di carico) quindi 300 mg/die PO Levofloxacina 300 mg/die PO per 10 giorni + vancomicina IP 1 o 2 g nei giorni 1 e 7 80 46 (54 peritoniti) 35 39 (84 peritoniti) 51 46 (48 peritoniti) 101 Cheng IKP, 1993 (28) Cheng IKP, 1997 (29) Boeschoten EW, 1985 (30) Bennet-Jones D, 1990 (31) Cheng IKP, 1991 (32) Cheng IKP, 1998 (33) Bennett-Jones D, 1987 (26) Vargemezis V, 1989 (25) Vancomicina 1 g IP in bolo + 30 mg/L IP in ogni scambio Netromicina 20 mg/L Ipnel primo scambio a giorni alterni + vancomicina IP 1 o 2 g nei giorni 1 e 7 Vancomicina 500 mg/L IP (dose di carico) quindi 30 mg/L in ogni scambio + aztreonam 500 mg/L IP (dose di carico) quindi 250 mg/L in ogni scambio Ciprofloxacina 750 PO tds per 24 ore quindi 750 mg bid Cefradina 500 mg IP (dose di carico) quindi 250 mg in ogni scambio Ofloxacina 100 mg/L IP (dose di carico) quindi 25 mg/L in ogni scambio Ciprofloxacina IP 200 mg/2L (dose di carico) quindi 25 mg/L in ogni scambio Vancomicina 20 mg/L IP in ogni scambio + tobramicina IP 4 mg/L in ogni scambio Vancomicina 1 g IV ai giorni 1 e 7 Vancomicina 1 g IP in bolo + 25 mg/L IP in ogni scambio Vancomicina 1 g IV in bolo + 25 mg/L IP in ogni scambio 20 Intervento di controllo Intervento sperimentale N. pazienti 35 (40 peritoniti) Bailie RG, 1987 (27) Autore ed anno TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI 10 10 10 10 10 int. sperimentale 7 int. di controllo 14 Durata del trattamento (giorni) Cointervento: 3 scambi da 1 L prima di cominciare la terapia se il dialisato è molto torbido Dose di carico IV dell’antibiotico studiato in presenza di sintomatologia sistemica Flucloxacillina 500 mg PO qid se isolato lo Staphylococcus aureus Cointervento: Eparina (500 U/L) nelle sacche fino a quando il dialisato si presentava torbido Cointervento: tre scambi rapidi in entrambi i gruppi Commenti segue Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale Intervento sperimentale Pefloxacina 400 mg PO bid Ciprofloxacina 250-500 mg PO qid Cefalotina 250 mg/L IP + tobramicina 8 mg/L in ogni scambio Ofloxacin 300 mg PO (dose di carico) quindi 200 mg/die Imipenem 1 g IP a scambi alterni per 5 giorni dopo il primo giorno di dialisato limpido (dopo i primi 23 patients la dose fu aumentata a 500 mg a scambi alterni) Gentamicina IP 40 mg/2 L nello scambio notturno Vancomicina 30 mg/kg/2 L per una sosta di 6 h, ripetuta dopo 1 settimana (terapia intermittente) Vancomicina 30 mg/kg per 6 ore nei giorni 1 e 7 (terapia intermittente) N. pazienti 60 35 (50 peritoniti) 85 (117 peritoniti) 23 (38 peritoniti) 60 73 (100 peritoniti) 51 peritoniti 21 Lye WC, 1993 (34) Tapson JS, 1990 (35) Chan MK, 1990 (36) Gucek A, 1994 (37) Anwar N, 1995 (38) Lye WC, 1995 (39) Boyce NW, 1988 (40) Velasquez-Jones L, 1995 (41) Autore ed anno TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (segue) Vancomicina 500 mg/L IP (dose di carico) quindi 15 mg/L in ogni scambio (terapia continua) Vancomicina IP 1 g/2 L (dose di carico) quindi 30 mg/L in ogni scambio per 5 giorni dopo la comparsa di dialisato limpido (terapia continua) Gentamicina IP 10 mg/2 L in ogni scambio Vancomicina 250 mg IP (dose di carico) quindi 25 mg a scambi alterni + netilmicina 30-50 mg IP (dose di carico) quindi 20-25 mg a scambi alterni per 5 giorni dopo il primo giorno di dialisato limpido Cefazolina 1000 mg IP (dose di carico) quindi 250 mg in ogni scambio Ofloxacina 400 mg PO (carico) il giorno 1 quindi 300 mg/die PO + rifampicin 300 mg/die PO Vancomicina 30 mg/2 L IP in ogni scambio + netilmicina 30 mg/2 L a scambi alterni Gentamicina 80 mg IP (dose di carico) quindi 15 mg/ 2 L in ogni scambio Intervento di controllo 10 10 10 14 Durata del trattamento (giorni) segue Cointervento: Amikacina IP 7.5 mg/kg (dose di carico) quindi 20 mg/L in ogni scambio per 10 giorni in entrambi i gruppi Cointervento: 2 o 3 scambi rapidi da 2 L con soluzione eparinizzata Cointervento: Vancomicina 1 g IP ogni settimana in entrambi i gruppi Cointervento: 2 scambi rapidi da 1 L prima di cominciare la terapia un ulteriore scambio in 25 pazienti Cointervento: 3 scambi da 2 L prima di cominciare la terapia Cointervento: IP vancomicina 1 g IP in entrambi i gruppi Commenti Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale S155 S156 Intervento sperimentale 1. Teicoplanina 7.5 mg/kg IP (dose di carico) quindi 20 mg/L in ogni scambio + ceftazidime 250 mg/L IP (dose di carico) quindi 125 mg/L in ogni scambio (T+C continua) 2. Vancomicina IP 15 mg/kg (dose di carico) quindi 30 mg/L in ogni scambio + ceftazidime 250 mg/L IP (dose di carico) quindi 125 mg/L in ogni scambio (V+C continua) Ciprofloxacina 20 mg/L IP Cefalotina 2 g IV (dose di carico) quindi cefalotina 500 mg IP in ogni scambio per almeno 15 giorni Imipenem/cilastatina 2 g/die IP per 5 giorni dopo la comparsa di dialisato limpido Cefuroxime 125 mg/L IP in ogni scambio N. pazienti 93 (168 peritoniti) 40 68 41 60 Schaefer F, 1999 (42) Friedland JS, 1990 (44) Lupo A, 1997 (45) Merchant MR, 1992 (43) Wale MCJ, 1992 (46) Autore ed anno Teicoplanina 400 mg IV (dose di carico) quindi teicoplanina IP 40 mg in ogni scambio per almeno 15 giorni Vancomicina 12.5 mg/L IP in ogni scambio + gentamicina 4 mg/L a scambi alterni 1. Teicoplanina 15 mg/kg nei giorni 1 and 7 + ceftazidime 500 mg IP (dose di carico quindi 250 mg/L nella sosta lunga) (T+C intermittente) 2. Vancomicina 30 mg/kg IP nei giorni 1 e 7 + ceftazidime 500 mg/L IP (dose di carico) quindi 250 mg/L nella sosta lunga (V+C intermittente) Intervento di controllo Teicoplanina 20 mg/L IP in ogni scambio + IP aztreonam 250 mg/L IP in ogni scambio Vancomicina 500 mg/die IP (dose di carico) quindi 100 mg/die + netilmicina IP 60-100 mg (dose di carico) quindi 40-50 mg/die per 5 giorni dopo la comparsa di dialisato limpido TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (segue) 10 15 10 10 int. sperimentale 7 int. di controllo 10 int. sperimentale 7 int. di controllo Durata del trattamento (giorni) segue Cointervento: Cefuroxime 750 mg dose di carico (gruppo di intervento) o IV teicoplanina 400 mg + IV aztreonam 2 g (gruppo di controllo in presenza di segni di batteriemia) Cointervento: Tobramicina 120 mg IM (dose di carico) quindi 10 mg in ogni scambio in entrambi i gruppi Cointervento: Eparina 200 IU/L IP in entrambi i gruppi fino alla comparsa di dialisato limpido Commenti Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale Cefuroxime 40 mg/L IP in ogni scambio per 5 giorni dopo la comparsa di dialisato limpido Cefepime 2 g IP (dose di carico) quindi 1 g nella sosta lunga Teicoplanina 50 mg/2 L in ogni scambio per 48 ore quindi 25 mg/2 L in ogni scambio per altri 5 giorni Cefazolin 50 mg/L IP Cefazolina 1 g/2 L IP (dose di carico) quindi 125 mg/L in ogni scambio Netilmicina 0.6 mg/kg IP nella sosta lunga + Cefazolina 1 g nella sosta lunga Ciprofloxacina 50 mg/L IP + rifampicina 50 mg/L in tutti gli scambi Cefazolina 500 mg IP (dose di carico) quindi 250 mg/2 L in ogni scambio + netilmicina IP 80-120 mg (dose di carico) quindi 40 mg/2 L in una sacca al giorno 19 (20 peritoniti) 73 12 peritoniti 95 (263 peritoniti) 30 (51 peritoniti) 104 98 34 (52 peritoniti) Were AJ, 1992 (47) Wong KM, 2001 (48) Bowley JA, 1988 (49) Flanigan MJ, 1991 (50) Khairullah Q, 2002 (51) Lui SL, 2005 (53) de Fijter CWH, 2001 (54) Gucek A, 1997 (52) Intervento sperimentale N. pazienti Autore ed anno Vancomicina 1 g/L IP (dose di carico) ripetuta nei giorni 5 o 8 per 2 settimane Vancomicina 25 mg/L IP Vancomicina 50 mg/2 L IP in ogni scambio per 48 ore quindi 25 mg/2 L in ogni scambio per altri 5 giorni Vancomicina 1 g IV nei giorni 1 e 7 + netilmicina 80 mg IP (dose di carico) quindi 40 mg/die Vancomicina 50 mg IP a sacche alterne + netilmicina 30-50 mg IP (dose di carico) quindi 20-25 mg a sacche alterne per 5 giorni dopo la comparsa di dialisato limpido Intervento di controllo Vancomicina 2 g/2 L IP in una sacca quindi ogni 5-7 giorni + ceftazidime 1 g/2 L IP (dose di carico) quindi 250 mg/2 L in ogni scambio Cefradina 250 mg/L IP in tutti gli scambi Ceftazidime 1 g IP nella sosta lunga + cefazolina 1 g IP nella sosta lunga TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (segue) 14-28 14 14 14-21 14 7 10 Cointervento: Netilmicina 25 mg IP a sacche alterne per 48 ore in entrambi i gruppi. Due pazienti con S. Aureus furono trattati, anche con clindamicina PO per 7 giorni Cointervento: Eparina 500 UI/L quando indicato Commenti Cointervento: Gentamicina 40 mg/die IP in una sacca giornaliera in entrambi i gruppi segue Cointervento: 2 scambi rapidi all’inizio del trattamento. Eparina 250 U/L IP in tutte le sacche Durata del trattamento (giorni) Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale S157 S158 Intervento sperimentale Imipenem/cilastina 500 mg IP (dose di carico) quindi 100 mg/2 L in ogni scambio Lavaggio peritoneale iniziale continuo con 60 L di dialisato contenente Vancomicina 20 mg/L + netilmicina 10 mg/L seguito da schema di dialisi abituale e 9 giorni di terapia antibiotica IP agli stessi dosaggi Urokinasi IP 5000 UI in 5 mL di soluzione salina Urokinasi IP 6000 UI in 20 mL di soluzione salina ripetuta dopo 2 giorni Urokinasi IP 5000 UI in 2 mL di soluzione salina ripetuta il 2° e 4° giorno Urokinasi IP 5000 UI in 2.5 mL di soluzione salina N. pazienti 102 peritoniti 39 24 88 31 80 Autore ed anno Leung CB, 2004 (55) Ejlersen E, 1991 (56) Innes A, 1994 (57) Tong MK, 2005 (58) Williams AJ, 1989 (59) Gadallah MF, 2000 (60) Cefazolina 1 g IP (dose di carico) quindi 250 mg in ogni scambio + ceftazidime 1 g IP (dose di carico) quindi 250 mg/ 2 L in ogni scambio Intervento di controllo No urokinasi Rimozione del catetere e riposizionamento entro 5 giorni Placebo IP (20 mL di soluzione salina) ripetuto dopo 2 giorni Placebo IP (5 mL di soluzione salina) 2 scambi rapidi iniziali con vancomicina 40 mg/L + netilmicina 10 mg/L seguiti dallo schema abituale di dialisi con vancomicina 20 mg/L + netilmicina 10 mg TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (segue) 10 Commenti Cointervento: terapia antibiotica IP per 10 giorni Cointervento: terapia antibiotica IP secondo antibiogramma Cointervento: terapia antibiotica IP secondo antibiogramma Cointervento: 3 scambi rapidi, Eparina 1000 UI/2 L IP in ogni scambio fino alla comparsa di dialisato limpido, nistatina PO fino al termine della terapia antibiotica in entrambi i gruppi Durata del trattamento (giorni) Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale TABELLA II - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI RCT INDIVIDUATI Parametro di qualità % Allocation concealment Adeguato 21 Non chiaro 66 Inadeguato 13 Blinding-Cieco Partecipanti 3 Ricercatori 3 Valutazione outcomes 3 Analisi “intention-to-treat” Sì 53 No 21 Non chiara 26 Perdite al follow-up (%) 0< 10% 77 10< 20% 13 20< 40% 5 ≥ 40% 3 b) Terapia fibrinolitica. La somministrazione IP o intracatetere dell’urokinasi non è vantaggiosa, rispetto alla rimozione/reinserimento del catetere o al placebo, nei pazienti con peritonite persistente o recidivante (4 RCT, RR 0.90; IC 95% 0.37- 2.22). Sintesi dell’evidenza Le principali conclusioni che si possono trarre dall’analisi degli RCT riguardano la scelta del farmaco o dell’associazione di farmaci più efficaci per il trattamento empirico delle peritoniti, la via di somministrazione di tali farmaci, la modalità di somministrazione dei farmaci e l’utilità di misure aggiuntive alla terapia antimicrobica. Scelta del farmaco o dell’associazione di farmaci. L’analisi degli RCT non evidenzia vantaggi di una particolare associazione farmacologica rispetto ad un’altra. La maggiore efficacia terapeutica della vancomicina rispetto alla cefazolina, evidenziata in uno studio (50), risente del fatto che è stata utilizzata una dose di cefazolina nettamente inferiore rispetto a quella consigliata (25 mg/L vs 125 mg/L). Inoltre l’utilizzo degli aminoglicosidi, per un breve ciclo terapeutico, non sembra influenzare negativamente la funzione renale residua (54). Infine alcuni schemi terapeutici che prevedono la somministrazione IP di un singolo farmaco sono equivalenti alla somministrazione IP di un’associazione di farmaci. Via di somministrazione. L’analisi degli RCT evidenzia una maggiore efficacia della somministrazione IP della vancomicina, mentre non riesce ad evidenziare una chiara superiorità della somministrazione IP rispetto alla somministrazione PO di alcuni farmaci. Tuttavia nel caso della somministrazione dello stesso farmaco (monoterapia) PO o IP si ha un’elevata percentuale di fallimento della terapia stessa. Inoltre in corso di terapia PO sono più frequenti complicanze gastro-enteriche (nausea e vomito) rispetto alla somministrazione IP. Modalità di somministrazione. L’analisi degli RCT ha evidenziato che la somministrazione intermittente sembra essere ugualmente efficace della somministrazione continua in CAPD. I dati esistenti sono tuttavia insufficienti per consigliare una somministrazione intermittente delle cefalosporine in APD nell’adulto, mentre nei bambini in APD la somministrazione intermittente, di vancomicina o teicoplanina associata alla ceftazidime, sembra essere ugualmente efficace rispetto alla somministrazione continua. Misure terapeutiche aggiuntive. L’analisi degli RCT ha evidenziato che un lavaggio peritoneale con elevati volumi (60 litri in 24 ore) non offre vantaggi rispetto a due rapidi lavaggi con 2 litri di soluzione. Infine la somministrazione intracatetere o intraperitoneale di agenti fibrinolitici, come l’urokinasi, non offre vantaggi nel trattamento delle peritoniti resistenti o recidivanti. Implicazioni per la pratica clinica La scelta della terapia empirica per il trattamento delle peritoniti rappresenta il principale provvedimento per l’eradicazione nel più breve tempo possibile e completa dei germi comunemente in causa. Il trattamento antibiotico empirico deve essere ad ampio spettro, potenzialmente efficace sia sui germi Gram-positivi che Gram-negativi. La copertura antibiotica contro i Gram-positivi può essere effettuata con la vancomicina o con una cefalosporina di prima generazione e, contro i Gram-negativi, con una cefalosporina di terza generazione o con un aminoglicoside. L’associazione di una cefalosporina di I generazione, cefalotina o cefazolina e di un farmaco attivo sui Gram-negativi, in somministrazione intraperitoneale, è la terapia empirica più frequentemente utilizzata. Tale associazione farmacologica ottiene gli stessi risultati clinici dell’associazione vancomicina più un farmaco attivo sui Gram-negativi ed è stata largamente utilizzata per evitare l’esposizione alla vancomicina, il che è auspicabile in relazione alla crescente emergenza di ceppi di cocchi resistenti alla vancomicina. Tuttavia in molti centri si sta registrando un’elevata percentuale di batteri meticillino-resistenti, rendendo necessario l’utilizzo della vancomicina per la copertura contro i Grampositivi, mentre l’azione avversa degli aminoglicosidi sulla funzione renale residua non è stata confermata. Per tale motivo le raccomandazioni ISPD del 2000 (cefazolina e ceftazidima) sono state modificate nel 2005 ed attualmente S159 S160 Gruppo di intervento (numero di peritoniti guarite/ numero totale di peritoniti trattate) 10/10 (100%) 20/20 (100%) 23/36 (64%) 10/24 (42%) 10/18 (55%) 14/20 (70%) 17/26 (65%) 18/23 (77%) 35/47 (74%) 22/30 (73%) 19/25 (76%) 59/74 (80%) 12/18 (67%) 1/30 (25%) 44/50 (88%) 30/30 (100%) 1/10 (9%) 75/81 (93%) Outcomes Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Non guarigione della peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Non guarigione della peritonite Guarigione peritonite Bailie RG, 1987 (27) Vargemezis V, 1989 (25) Bennett-Jones D, 1987 (26) Cheng IKP, 1993 (28) Cheng IKP, 1997 (29) Boeschoten EW, 1985 (30) Bennet-Jones D, 1990 (31) Cheng IKP 1991 (32) Cheng IKP, 1998 (33) Lye WC, 1993 (34) Tapson JS, 1990 (35) Chan MK, 1990 (36) Gucek A, 1994 (37) Anwar N, 1995 (38) Lye WC, 1995 (39) Boyce NW, 1988 (40) Velasquez-Jones L, 1995 (41) Schaefer F, 1999 (42) Autore ed anno TABELLA III - RISULTATI DEGLI RCT INDIVIDUATI (VARIABILI DICOTOMICHE) 78/95 (82%) 1/11 (10%) 21/21 (100%) 41/50 (82%) 2/30 (18%) 13/20 (65%) 29/36 (80%) 18/25 (72%) 24/30 (80%) 39/54 (74%) 22/25 (87%) 10/22 (45%) 28/41 (68%) 12/17 (71%) 16/24 (67%) 35/39 (90%) 20/20 (100%) 10/10 (100%) Gruppo di controllo (numero di peritoniti guarite/numero totale di peritoniti trattate) 1.13 (1.01-1.26) 1.10 (0.08-15.36) Non stimabile 1.07 (0.91-1.27) 0.50 (0.05-5.22) 1.03 (0.65-1.62) 0.99 (0.81-1.21) 1.06 (0.76-1.47) 0.92 (0.69-1.21) 1.03 (0.81-1.30) 0.89 (0.69-1.15) 1.44 (0.84-2.46) 1.03 (0.72-1.46) 0.79 (0.47-1.32) 0.63 (0.36-1.08) 0.71 (0.54-0.93) Non stimabile Non stimabile Rischio relativo (intervallo di confidenza 95%) 11 -1 0 6 -7 2 0 4 -7 0 -10 20 2 -16 -25 -26 0 0 segue Differenza di rischio (%) Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale Gruppo di intervento (numero di peritoniti guarite/ numero totale di peritoniti trattate) 19/20 (95%) 35/37 (75%) 16/17 (94%) 7/30 (23%) 5/10 (50%) 28/39 (18%) 4/6 (67%) 57/82 (69%) 18/20 (90%) 44/51 (82%) 16/54 (30%) 22/26 (85%) 42/51 (82%) 13/18 (72%) 8/12 (67%) 27/44 (61%) 5/17 (29%) 7/40 (17%) Outcome Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Non guarigione della peritonite Non guarigione della peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Riduzione funzione renale residua Guarigione peritonite Guarigione peritonite Guarigione peritonite Non guarigione della peritonite Friedland JS, 1990 (44) Lupo A, 1997 (45) Merchant MR, 1992 (43) Wale MCJ, 1992 (46) Were AJ, 1992 (47) Wong AJ, 2001 (48) Bowley JA, 1988 (49) Flanigan MJ, 1991 (50) Khairullah Q, 2002 (51) Lui SL, 2005 (53) De Fijter CWH, 2001 (54) Gucek A, 1997 (52) Leung CB, 2004 (55) Ejlersen E, 1991 (56) Innes A, 1994 (57) Tong MK, 2005 (58) Williams AJ, 1989 (59) Gadallah MF, 2000 (60) Autore ed anno 9/40 (22%) 14/20 (70%) 22/44 (50%) 1/12 (8%) 16/18 (89%) 46/51 (90%) 21/26 (81%) 26/44 (59%) 44/51 (82%) 17/22 (77%) 127/181 (70%) 4/6 (67%) 26/34 (15%) 1/10 (10%) 5/30 (16%) 15/20 (83%) 21/28 (95%) 16/20 (80%) Gruppo di controllo (numero di peritoniti guarite/numero totale di peritoniti trattate) TABELLA III - RISULTATI DEGLI RCT INDIVIDUATI (VARIABILI DICOTOMICHE) (segue) 0.78 (0.32-1.88) 0.42 (0.19-0.93) 1.23 (0.84-1.79) 8.00 (1.17-54.50) 0.81 (0.58-1.13) 0.91 (0.78-1.07) 1.05 (0.82-1.34) 0.50 (0.31-0.81) 1.00 (0.86-1.17) 1.00 (0.20-5.12) 0.99 (0.83-1.18) 1.00 (0.45-2.23) 0.94 (0.72-1.23) 5.00 (0.70-35.50) 1.40 (0.50-3.92) 1.25 (0.95-1.66) 1.26 (1.00-1.58) 1.19 (0.93-1.51) Rischio relativo (intervallo di confidenza 95%) -5 -41 11 59 -17 -8 4 -29 0 13 -1 0 -3 40 7 11 -20 15 Differenza di rischio (%) Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale S161 Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale TABELLA IV - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA Linea Guida Nazione Anno Kidney Disease Outcomes Quality Initiative USA 2006 International Society of Peritoneal Dialysis: Consensus Guidelines for the Treatment of Peritonitis in Pediatric Patients Receiving Peritoneal Dialysis Società 2000 Scientifica Internazionale Terapia empirica in base alla gravità del quadro clinico: a) Assenza di febbre, dolore addominale lieve o assente, assenza di fattori di rischio per infezione severa: Cefalosporina di I generazione e Ceftazidima b) In presenza di uno dei seguenti fattori, storia di infezione (o portatori) da Gram positivi meticillino-resistenti o infezione recente/in atto dell’emergenza/tunnel o presenza di febbre, dolore addominale grave o età < 2 anni: Glicopeptide (Vancomicina o Teicoplanina) e Ceftazidima International Society of Peritoneal Dialysis: Peritoneal dialysis related infections recommendations Società 2005 Scientifica Internazionale a) Scelta della terapia antibiotica empirica: Cefalosporina di I generazione (cefazolina o cefalotina) o Vancomicina in associazione con Cefalosporina di III generazione (ceftazidima, cefepime, carbapenem) o Aminoglicoside (gentamicina o netilmicina) Possibile monoterapia: imipenem/cilastina, cefepime Possibile uso dei chinolonici per la copertura dei Gram negativi b) Via di somministrazione consigliata: intraperitoneale c) Modalità di somministrazione: possibile la somministrazione intermittente in CAPD, meno evidenze in APD per gli adulti European Best Practice Guidelines Europa Assenza di Linee Guida specifiche viene consigliata l’associazione cefazolina o vancomicina e ceftazidima o aminoglicoside (9). La via di somministrazione dei farmaci antimicrobici è in genere quella intraperitoneale per permettere una maggiore concentrazione del farmaco a livello locale; tuttavia la modalità di somministrazione viene dettata anche dall’esperienza e dall’organizzazione del singolo Centro e dal grado di istruzione dei pazienti nell’autosomministrazione dei farmaci per via intraperitoneale. Per alcuni farmaci antimicrobici è stata proposta sia la somministrazione intermittente, in una sola sacca al dì, quella dell’intervallo più lungo (in ogni caso la sosta deve durare almeno 6 ore), sia la somministrazione continua, cioè in tutte le sacche. Applicabilità L’evidenza sulla terapia empirica delle peritoniti avvalora le indicazioni delle principali Linee Guida e sembra essere in linea con la comune pratica clinica dei Centri Italiani. Implicazioni per la ricerca Ulteriori RCT sono necessari per valutare l’utilità della somministrazione di eparina intraperitoneale durante i S162 2005 Raccomandazioni Assenza di Linee Guida specifiche. primi giorni del trattamento della peritonite, la somministrazione intermittente dei farmaci antimicrobici nei pazienti adulti in APD e le dosi da somministrare e la rimozione precoce del catetere versus la rimozione ritardata. Altre Linee Guida La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni, di opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali, mentre sono poche le Linee Guida basate sulle evidenze. Si accludono 4 Linee Guida basate sulle evidenze (Tab. IV). Le principali Linee Guida consigliano come terapia empirica l’associazione di un farmaco attivo sui Gram-positivi con un farmaco attivo sui Gram-negativi. La scelta della terapia deve tenere conto sia della epidemiologia del singolo paziente che del Centro in cui si opera. Indirizzo degli Autori: Dr. Vincenzo La Milia Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi Ospedale “A. Manzoni” Via Dell’Eremo, 9/11 23900 Lecco e-mail: [email protected] Terapia iniziale della peritonite in dialisi peritoneale Bibliografia 1. Port Fk, Held PJ, Nolph KD et al. Risk of peritonitis and tecnique failure by CAPD connection technique: a normal study. Kidney Int 1992; 42: 967-74. 2. Woodrow G, Turney JH, Bownjohn AM. Technique failure in peritoneal dialysis and its impact on patient survival. Perit Dial Int 1997; 17: 360-4. 3. Fried L, Abidi S, Bernardini J, Johnston JR, Piraino B. Hospitalization in peritoneal dialysis patients. Am J Kidney Dis 1999; 33: 927-33. 4. Bloembergen WE, Port FK, Mauger EA, Wolfe RA. A comparison of cause of death between patients treated with hemodialysis and peritoneal dialysis. J Am Soc Nephrol 1995; 6: 184-91. 5. 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Segoloni Divisione e Cattedra di Nefrologia, Spedali Civili ed Università di Brescia, Brescia Antiviral prophylaxis and pre-emptive therapy for the prevention of Cytomegalovirus infection in renal transplant recipients: guideline from the Italian Society of Nephrology Background. The current 3rd edition of the Italian Society of Nephrology guidelines has been drawn up to summarize evidence of key intervention issues on the basis of systematic reviews (SR) of randomized trials (RCT) or RCT data only. In the present guideline, evidence of antiviral prophylaxis and pre-emptive treatment for preventing cytomegalovirus (CMV) infection in kidney transplant recipients is presented. Methods. SR of RCT and RCT on antiviral prophylaxis and pre-emptive treatment for CMV infection in kidney transplant recipients were identified referring to a Cochrane Library and Renal Health Library search (2005 update). Results. Evidence from 4 SR of RCT was gathered to address this issue. Methodological quality of available RCT included in these SR was suboptimal. Antiviral prophylaxis is associated with a significant reduction in the risk of CMV infection and all-cause mortality in CMV-negative and CMV-positive renal transplant recipients from CMV-positive donors, regardless of the immunosuppressive treatments used (evidence from SR). Pre-emptive therapy has been found to be effective in preventing CMV disease but not all-cause mortality in these patients, even if evidence is less satisfactory compared to data on antiviral prophylaxis (evidence from SR). There is insufficient evidence of conclusive recommendations on treatment of CMV-negative recipients of renal transplants from CMV-negative donors. Conclusion. In kidney transplant patients current available evidence supports the hypothesis that antiviral prophylaxis and pre-emptive therapy are effective in preventing CMV disease; but antiviral should be the treatment of choice. Further studies are necessary on the treatment of CMV-negative recipients from CMV-negative donors. (G Ital Nefrol 2007; 24 (Suppl. 37): S165-78) KEY WORDS: Antiviral agents, Pre-emptive therapy, Cytomegalovirus PAROLE CHIAVE: Farmaci antivirali, Terapia pre-emptive, Citomegalovirus LINEA GUIDA La profilassi con farmaci antivirali riduce il rischio di infezione e malattia da citomegalovirus (CMV), e la mortalità globale nei riceventi CMV negativi (CMV-) e CMV positivi (CMV+) di trapianto renale da donatori CMV+ indipendentemente dai protocolli immunodepressivi utilizzati. È dimostrata l’efficacia della terapia “pre-emptive” nella prevenzione della malattia citomegalica, ma non una riduzione del rischio di mortalità; l’evidenza è però meno forte per il più limitato numero di dati. È raccomandato l’uso della profilassi con farmaci antivirali nei riceventi CMV- di trapianto di rene da donatori CMV+ (livello di evidenza 1). © Società Italiana di Nefrologia S165 Profilassi con farmaci antivirali È raccomandato l’uso della profilassi con farmaci antivirali nei riceventi CMV+ quando si faccia utilizzo di terapia immunodepressiva con ALG, ATG e OKT3 (livello 2). Nei riceventi CMV+ in terapia immunodepressiva convenzionale è consigliabile, quando vi sia la possibilità di monitorare antigenemia o viremia, la terapia “pre-emptive” (livello 2); negli altri casi viene raccomandata la profilassi (livello 1). Non esistono evidenze che permettano al momento di formulare una raccomandazione conclusiva per i riceventi CMVdi trapianto di rene da donatori CMV- (livello 1). Premesse L’infezione da citomegalovirus (CMV) è comune nel trapianto di organi solidi. Nel primo anno dopo il trapianto circa il 50-75% dei pazienti va incontro ad una infezione primaria, una riattivazione virale, se determinata dallo stesso ceppo CMV dell’infezione originale, o una reinfezione se determinata da un ceppo distinto (1). Le conseguenze cliniche dell’infezione citomegalica possono essere distinte in effetti diretti della replicazione virale (febbre, leucopenia, piastrinopenia con o senza segni di danno d’organo) ed in effetti indiretti conseguenti all’azione del virus sul sistema immunitario dell’ospite. Questi ultimi comprendono il rigetto acuto dell’organo trapiantato (2), il deterioramento progressivo della sua funzione (3, 4) e l’aumentato rischio di infezioni opportunistiche (5). Uno dei fattori principali nel determinare l’incidenza della malattia citomegalica è la prevalenza di sieropositività nella popolazione in attesa di trapianto, che tende ad aumentare con l’età anagrafica. Infatti, nei paesi industrializzati i sieropositivi sono circa il 15% fino a due anni di età, il 30% nei giovani adulti, ed il 50-75% al di sopra dei 50 anni (1, 6). Prima dell’utilizzo estensivo della profilassi la malattia citomegalica si manifestava nel 7-32% dei pazienti riceventi organi solidi, con un rischio più elevato per i riceventi di cuore e di polmone e minore per il trapianto di rene (7). Il rischio di sviluppare la malattia è maggiore nei pazienti sieronegativi che ricevono organi da donatori sieropositivi. Anche alcuni protocolli immunodepressivi (ATG - OKT3) utilizzati sia nella terapia di induzione sia nel trattamento del rigetto acuto determinano un incremento di tale rischio (8). La diagnosi di infezione da CMV può essere sierologica o virologica. Le tecniche sierologiche giocano un ruolo essenziale nel definire il rischio di malattia citomegalica post-trapianto (status sierologico donatore/ricevente) (1, 6, 9). Benché un incremento del titolo anticorpale od una sieroconversione possano essere un segno indiretto della replicazione virale, la dimostrazione diretta della presenza del virus nel sangue, nelle urine, nelle secrezioni e nei tessuti può essere ottenuta solo con indagini virologiche. Queste S166 ultime, in particolare le tecniche di ibridazione molecolare (10-16) o l’antigenemia precoce (17-22), sono pertanto alla base delle possibili opzioni terapeutiche. Si definisce infezione attiva l’isolamento del virus o il riscontro di proteine virali o DNA/RNA messaggero di CMV in liquidi o tessuti del corpo. Si è in presenza di malattia da CMV quando il paziente infettato presenta segni o sintomi (sindrome virale o danno d’organo). È definita sindrome virale un quadro clinico caratterizzato dalla presenza di febbre (>38°C) per almeno due giorni in un periodo di 4 giorni, associato a neutropenia, trombocitopenia o rialzo delle transaminasi, e dalla determinazione di infezione CMV a livello ematico. I farmaci correntemente utilizzati nella profilassi e nella terapia delle infezioni da CMV sono aciclovir, valaciclovir, ganciclovir, valganciclovir, foscarnet e cidofovir. Questi possono essere impiegati con tre differenti approcci: a) in modo terapeutico, allo scopo di trattare la malattia sintomatica; b) in profilassi, somministrando l’antivirale in tutti i pazienti considerati a rischio; c) in modalità “pre-emptive”, nei soggetti ritenuti a rischio di malattia sintomatica sulla base di rilevazioni laboratoristiche di infezione. Recentemente vi è stato un notevole interesse nei confronti della terapia “pre-emptive” a causa della ridotta tossicità, dei costi inferiori e della logica del solo trattamento antivirale in soggetti ad alto rischio di malattia citomegalica per la presenza di viremia. Lo scopo di questa Linea Guida è di verificare, sulla base delle evidenze che derivano dalle revisioni sistematiche (livello di evidenza 1) e dagli studi randomizzati controllati [(RCT) (livello 2)], l’indicazione alla profilassi con farmaci antivirali o alla terapia “pre-emptive” nella prevenzione dell’infezione da citomegalovirus nel trapianto di rene. Strategia di ricerca bibliografica La ricerca bibliografica è stata eseguita con il ricorso alla Renal Health Library (http://www.update-software.com/Publications/renal/) prodotta dal Cochrane Renal Group, che contiene il più aggiornato elenco degli RCT Profilassi con farmaci antivirali prodotti in nefrologia, dialisi e trapianto. Questo elenco deriva da ricerche bibliografiche condotte in Medline, Embase, numerosi altri database di studi clinici e la ricerca bibliografica manuale negli Atti dei principali Congressi di interesse nefrologico e nelle pagine di bibliografia degli RCT inclusi in revisioni sistematiche di tipo Cochrane. Evidenza disponibile La ricerca bibliografica ha permesso di individuare quanto segue: a) una metanalisi del 2002 che valuta l’effetto della profilassi con aciclovir e valaciclovir nelle prevenzione dell’infezione da citomegalovirus e degli “outcomes” correlati dopo trapianto d’organo (23); b) una revisione Cochrane del 1998 che descrive l’efficacia della profilassi antivirale nel trapianto degli organi solidi (24); c) una recente revisione Cochrane sull’uso dei farmaci antivirali nel prevenire la malattia citomegalica e la morte precoce in riceventi trapianto di organi solidi (25); c) una revisione Cochrane, di recente pubblicazione, che valuta l’efficacia della terapia “pre-emptive” nella prevenzione dell’infezione da CMV nel trapianto di organo solido (26). Descrizione degli studi Metanalisi di Fiddian. Nella prima metanalisi (23) sono stati valutati 12 RCT per un totale di 1574 pazienti esaminati per infezione e malattia da CMV (ed “outcomes” correlati) dopo trapianto di organo solido, sottoposti a profilassi eseguita con differenti dosi di aciclovir o con valaciclovir 8 g/die. Revisione di Couchoud. La revisione Cochrane (24) del 1998 include RCT in adulti o bambini riceventi un trapianto di organo solido in cui un braccio riceve un trattamento profilattico per CMV con aciclovir o ganciclovir, mentre il gruppo di controllo riceve placebo o nessun trattamento. In totale sono stati inclusi 13 RCT, con un totale di 1138 pazienti (585 nel gruppo trattato e 553 nel gruppo di controllo). Sono stati esclusi gli studi non randomizzati e quelli in cui il gruppo di controllo riceveva altri farmaci antivirali od immunoglobuline. Revisione di Hodson. Nella revisione Cochrane di Hodson (25) si valuta l’utilizzo dei farmaci antivirali nella prevenzione della malattia da CMV e della morte precoce in riceventi di trapianto di organo solido (rene, fegato e cuore). Questo studio si articola in due parti: nella prima sono presi in considerazione 19 RCT che mettono a confronto la profilassi con farmaci antivirali, a diverse posologie e schemi terapeutici (Tab. I) (27-45), verso placebo o non trattamento; nella seconda si esaminano 11 RCT che confrontano tra di loro diversi farmaci antivirali (Tab. II) (3, 46-58). Infine due RCT confrontano diverse modalità di somministrazione dello stesso farmaco (ganciclovir). Non sono stati inclusi lavori inerenti alla terapia “pre-emptive”, oggetto di una suc- cessiva revisione (26). Sono inoltre stati esclusi altri trattamenti meno comuni (ad es. immunoglobuline specifiche) o sperimentali (vaccini od interferone). Gli end point primari sono rappresentati da malattia citomegalica e morte (per tutte le cause e per la malattia citomegalica). Gli end point secondari sono: infezione da CMV (malattia da CMV più infezione sintomatica), tempo di insorgenza della malattia, tasso di rigetto acuto, perdita dell’organo, altre infezioni, effetti collaterali dei farmaci utilizzati. Revisione di Strippoli. La ricerca bibliografica ha permesso di individuare una revisione Cochrane (26) del 2006 che valuta l’effetto della terapia “pre-emptive” in confronto con placebo o con la profilassi antivirale nei riceventi trapianto di organi solidi. In questa revisione sono stati valutati 10 RCT per un totale di 476 pazienti esaminati seguiti per un follow-up di 3-18 mesi (Tab. III) (59-68). Gli RCT arruolavano soggetti riceventi trapianto di organi solidi sottoposti a terapia “pre-emptive” in confronto con placebo (6 RCT, 288 pazienti), terapia “pre-emptive” in confronto con profilassi antivirale (3 RCT, 151 pazienti), o terapia “pre-emptive” per os in confronto con terapia “preemptive” per via endovenosa (1 RCT, 22 pazienti). Solo 5 di questi RCT (251 pazienti) arruolavano soggetti riceventi trapianto di rene. La terapia “pre-emptive” consisteva nel follow-up del paziente con monitoraggio della viremia attraverso vari sistemi (“qualitative PCR for CMV DNA”, “pp65 antigenaemia”, “shell vial culture EIA”) e nel trattamento dei soggetti che sviluppassero viremia. Qualità degli studi. La qualità degli studi è stata definita in base alla metodologia utilizzata dalla Cochrane, che prevede una valutazione del metodo di segretezza della randomizzazione (“allocation concealment”), dell’utilizzo del cieco (“blinding”), dell’analisi per intenzione al trattamento (“intention-to-treat analysis”) e delle perdite al followup (“lost to follow-up”). La qualità di tutti gli studi analizzati in questa Linea Guida è riportata in Tabella IV. Analisi statistica. L’analisi statistica ha valutato il rischio relativo [“relative risk” (RR)] con intervalli di confidenza (IC) al 95% e differenza di rischio per gli “outcomes” dicotomici. Risultati Metanalisi di Fiddian. Gli Autori concludono che infezione da CMV, malattia da CMV, infezioni opportunistiche, rigetto acuto, malattie da herpes simplex e da varicella zoster e mortalità globale sono state significativamente ridotti con l’utilizzo dell’aciclovir a dosi elevate (3.2 g/die) ed in misura statisticamente ancora maggiore da valaciclovir alle dosi di 8 g/die. La profilassi comporta una riduzione del rischio di morte del 40% (RR 0.60; IC 95% 0.400.90), dovuta al decremento di mortalità da cause infettive. I risultati sono stati significativi sia nel caso di riceventi sieronegativi (D+/R-) sia sieropositivi (D+/R+). Non sono S167 Profilassi con farmaci antivirali stati valutati casi da donatori CMV negativi. Questa metaanalisi presenta le seguenti limitazioni metodologiche: l’unica fonte di ricerca è Medline; gli studi sono randomizzati e prospettici, ma il gruppo di controllo è costituito in 7 RCT da placebo, in 4 da un gruppo osservazionale; vengono, però inclusi due RCT che utilizzano, in un gruppo di studio ed in uno di controllo, un ciclo breve di immunoglobuline dopo il trapianto; manca infine il confronto tra i diversi farmaci antivirali utilizzati nella profilassi. Revisione di Couchoud. I risultati hanno evidenziato che il trattamento profilattico era associato a significativa riduzione della malattia da CMV (RR 0.43; IC 95% 0.340.54) rispetto a placebo o non trattamento. La profilassi ha ridotto anche la possibilità di infezione da CMV (RR 0.62; IC 95% 0.53-0.73). Nonostante un trend favorevole per il trattamento profilattico, questa analisi non è riuscita a dimostrare un decremento significativo della perdita dell’organo o della morte. Il rischio relativo è stato rispettivamente 0.80 e 0.71, ma l’ampio intervallo di confidenza include il valore di 1. Non sono stati dimostrati neppure significativi effetti sul rigetto acuto (RR 0.92; IC 95% 0.791.07). I risultati nei sottogruppi basati sul tipo di antivirale utilizzato, aciclovir o ganciclovir, hanno mostrato una significativa riduzione nella malattia da CMV per entrambi (rispettivamente RR 0.42; IC 95% 0.24-0.73 e RR 0.45; IC 95% 0.34-0.59). Inoltre il ganciclovir è stato associato ad una significativa riduzione dell’infezione da CMV (RR 0.52; IC 95% 0.42-0.62), mentre l’aciclovir no (RR 0.80; IC 95% 0.60-1.05). Nei trapianti di cuore, fegato e rene il trattamento profilattico è stato associato ad una significativa riduzione della malattia da CMV. Per quanto riguarda l’infezione da CMV, c’è stata riduzione solo nel trapianto epatico e renale. Come trovato nell’analisi globale, nell’analisi dei sottogruppi non c’è stata una riduzione della perdita dell’organo, del rigetto acuto o della morte. Infine nell’analisi dei sottogruppi a seconda dello status anticorpale pre-trapianto donatore/ricevente, l’utilizzo della profilassi ha mostrato una significativa riduzione della malattia da CMV solo nei gruppi donatore sieropositivo - ricevente sieronegativo e nel sottogruppo donatore positivo - ricevente positivo. Tale lavoro si conclude affermando che esistono significativi effetti benefici degli agenti antivirali (aciclovir e/o ganciclovir) nell’uso per la profilassi dell’infezione e della malattia da CMV (riduzione del rischio relativo rispettivamente del 40% e del 50%). Vengono però sollevati alcuni dubbi: il trattamento profilattico è giustificato dal punto di vista economico visto che esistono ora delle efficaci opzioni terapeutiche sulla malattia da CMV? Quale farmaco è meglio utilizzare, dato che la revisione compara solo i trattati con i non trattati ma esclude i confronti tra i trattamenti? Revisione di Hodson. I principali risultati di questa meta-analisi dimostrano i seguenti dati principali. 1. Rischio di malattia. Per tutti gli RCT nei gruppi assegnati al placebo o non trattamento il rischio di malattia S168 CMV è risultato del 30% (range 11-72%) e di infezione del 49% (36-100%). La profilassi (considerando tutti gli antivirali) ha ridotto il rischio di malattia da CMV (19 RCT, 1981 pazienti; RR 0.42; IC 95% 0.34-0.52), il rischio di infezione (17 RCT, 1786 pazienti; RR 0.61; IC 95% 0.480.77), di sindrome citomegalica (11 RCT, 1570 pazienti; RR 0.41; IC 95% 0.29-0.57) ed il rischio di malattia invasiva dell’organo (12 RCT, 1628 pazienti; RR 0.34; IC 95% 0.21-0.55) rispetto a placebo o non trattamento. Non è emersa significativa eterogeneità tra gli studi per quel che riguarda la malattia da CMV, la sindrome e l’interessamento d’organo, mentre per quel che riguarda l’infezione da CMV è risultata una eterogeneità sostanziale, senza apparente spiegazione; ciò nonostante 15 su 17 studi concludono a favore della profilassi; 11 RCT su 17 analizzano il periodo di insorgenza della malattia, che viene ritardato in modo significativo in 9 RCT. Anche quando i farmaci utilizzati nella profilassi (aciclovir, ganciclovir, valaciclovir) vengano analizzati in modo separato, il rischio di malattia citomegalica rispetto a placebo o non trattamento si mantiene significativamente ridotto in tutti i gruppi. Le analisi di sottogruppo non fanno emergere differenze significative tra questi tre farmaci nel prevenire la malattia citomegalica. Ulteriori analisi di sottogruppo ottenute stratificando gli studi a secondo della qualità metodologica e dei disegni specificati a priori dimostrano che l’efficacia del trattamento non varia in modo significativo tra gli RCT. Infine l’analisi multivariata non dimostra significative differenze nella comparsa della malattia quando siano considerati fattori confondenti quali il tipo di organo trapiantato, lo schema profilattico utilizzato e lo stato sierologico donatore ricevente (donatore sieropositivo con riceventi sia sieropositivi sia sieronegativi). Non sono disponibili dati sufficienti per valutare l’efficacia della profilassi nei casi di sieronegatività di donatore e ricevente. 2. Mortalità. La mortalità globale media riportata nei gruppi in placebo o non trattamento per tutti gli RCT è stata del 7.1% (range 0-37%). La profilassi ha ridotto sensibilmente la mortalità per tutte le cause (17 RCT, 1838 pazienti; RR 0.63; IC 95% 0.43-0.92), ma dall’analisi dei 7 RCT che hanno riportato in modo separato la mortalità globale e quella legata a malattia citomegalica è emerso che la profilassi riduce in modo significativo il rischio di morte per la malattia ma non il rischio di morte per altre cause. Anche in questo caso le analisi per sottogruppo e la stratificazione degli RCT non hanno dimostrato differenze sugli effetti del trattamento, così come l’analisi multivariata non ha rilevato variazioni significative dei risultati legate ai differenti organi trapiantati, ai farmaci antivirali utilizzati ed allo status sierologico del ricevente. 3. Rigetto. La profilassi non ha ridotto in modo significativo il rischio di rigetto acuto (determinato sia istologicamente che con criteri clinici) o di perdita dell’organo trapiantato. In un solo RCT (44), dove si è valutato separatamente nel trapianto di rene l’incidenza dei rigetti acuti nei Sì Sì No Sì No No Sì Sì No No Sì Sì No Sì Sì Sì Sì Sì No Sì No Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì No Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Aciclovir, rene, Balfour HH Jr, 1989 (27) Aciclovir, rene, Kletzmayr J, 1996 (28) Aciclovir, rene Rostaing L, 1994 (29) Aciclovir, fegato Barkholt L, 1999 (30) Aciclovir, fegato Gavalda J, 1997 (31) Aciclovir, fegato Saliba F, 1993 (32) Ganciclovir, rene Ahsan N, 1997 (33 Ganciclovir, rene Brennan DC, 1997 (34) Ganciclovir, rene Conti DJ, 1995 (35) Ganciclovir, rene Hibberd PL, 1995 (36) Ganciclovir, rene Leray H, 1995 (37) Ganciclovir, rene Pouteil-Noble C, 1996 (38) Ganciclovir, rene Rondeau E, 1993 (39) Ganciclovir, fegato Cohen AT, 1993 (40) Ganciclovir, fegato Gane E, 1997 (41) Ganciclovir, cuore Macdonald PS, 1995 (42) Ganciclovir, cuore Merigan TC, 1992 (43) Valaciclovir, rene Lowance D, 1999 (44) Valaciclovir, cuore Egan JJ, 2002 (45) No No No No Sì No No Sì No No No No No No No Sì No No Sì D-/R- 27 616 149 56 304 65 32 50 23 113 40 42 44 120 73 55 37 36 104 N. pazienti 8000 mg/os 8000 mg/os 10 mg/kg per 14 giorni, poi 6 mg/kg 5 giorni/settimana 5 mg/kg/ev per 3 giorni/settimana 3000 mg/os 10 mg/kg/ev 10 mg/kg/ev 5 mg/kg/ev per 14 giorni, poi 3200 mg aciclovir/os 10 mg/kg/ev 2-5 mg/kg/ev 5 mg/kg/ev 3000 mg/os Non trattamento Placebo Placebo Placebo Placebo Non trattamento Non trattamento Placebo Non trattamento Non trattamento Non trattamento Non trattamento* Non trattamento Non trattamento 500 mg/m2/ev per 10 giorni, poi 3200 mg/os 1500 mg/os Non trattamento Placebo Non trattamento Non trattamento Placebo Gruppo di controllo 2000 mg/os 3200 mg/os 6 mg/kg/ev per 3 giorni, poi 3200 mg/os 3200 mg/os 2400 mg/os Gruppo sperimentale *gruppo di controllo trattato con aciclovir 400 mg/die per prevenire malattia da Herpes simplex **durata media del trattamento durante la somministrazione di ATG D+/R- D+/R+ Farmaco, Organo Autore ed anno 87 87 28 42 88 14 14 84 14 9** 10** 84 84 84 106 84 84 84 84 Durata trattamento (giorni) 6 12 4 12 12 18 3 6 3 6 12 6 9 3 12 3 6 12 12 Follow-up (mesi) TABELLA I - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (STRATEGIE ANTIVIRALI VERSO PLACEBO O NON TRATTAMENTO) Profilassi con farmaci antivirali S169 S170 Sì Sì Sì No Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì No Fegato Martin M, 1994 (49) Fegato Nakazato PZ, 1993 (50) Fegato Winston DJ, 1995 (51) Fegato Winston DJ, 2003 (52) Polmone Duncan SR, 1994 (3) Rene, fegato, cuore Rubin RH, 2000 (53) Sì Sì Polmone, cuore-polmone Hertz MI, 1998 (58) No No No No No No No Sì Sì Sì Sì Sì No D-/R- 72 64 71 364 155 25 219 99 104 139 48 167 79 N. pazienti Ganciclovir 10 mg/kg/ev per 14 giorni, poi 5 mg/kg/ev 3 giorni alla settimana Ganciclovir 6 mg/kg/ev per 14 giorni, poi 3000 mg/os Valaciclovir 8000 mg/os Valganciclovir 900 mg/os Ganciclovir 5 mg/kg/ev per 10 giorni, 3000 mg/os Ganciclovir 20 mg/kg/ev per 21 giorni, 5 mg/kg 5 giorni/settimana Ganciclovir 6 mg/kg/ev per 14 giorni, 3000 mg/os Ganciclovir 6 mg/kg/ev Ganciclovir 5 mg/kg/ev durante il ricovero poi aciclovir 5 mg/kg/os Ganciclovir 10 mg/kg/ev per 14 giorni, aciclovir 3200 mg/os Ganciclovir 10 mg/kg/ev per 14 giorni, aciclovir 3200 mg/os Ganciclovir 10 mg/kg/ev per 14 giorni, aciclovir 3200 mg/os Ganciclovir 3000 mg/os Farmaco 1 *gruppo di controllo trattato con aciclovir 400 mg/die per prevenire malattia da Herpes simplex **durata media del trattamento durante la somministrazione di ATG No Sì Sì Sì Fegato Winston DJ, 2004 (57) Posologia ganciclovir Rene Reischig T, 2002 (55) Reischig T, 2004 (56) Valaciclovir vs ganciclovir Rene, fegato, cuore Rene-pancreas Paya C, 2004 (54) Sì Sì Sì Fegato Green M, 1997 (48) No Sì Sì Fegato Badley AD, 1997 (47) Valganciclovir vs ganciclovir Sì D+/R- Sì D+/R+ Rene Flechner SM, 1998 (46) Ganciclovir vs Aciclovir Farmaco, Organo Autore ed anno Ganciclovir 10 mg/kg/ev per 14 giorni, poi 5 mg/kg/ev Ganciclovir 6 mg/kg/ev per 14 giorni, poi 5 mg/kg ev 5 giorni alla settimana Ganciclovir 3000 mg/os Ganciclovir 3000 mg/os Ganciclovir 5 mg/kg/ev per 10 giorni, aciclovir 1200 mg/os Ganciclovir 20 mg/kg/ev per 21 giorni, aciclovir 3200 mg/os Ganciclovir 6 mg/kg/ev per 14 giorni, aciclovir 3200 mg/os 90 100 81 90 94 90 100 100 84 84 365 119 84 Durata trattamento (giorni) Aciclovir 60 mg/kg/ev durante il ricovero poi 3200 mg/os Aciclovir 5 mg/kg/ev durante il ricovero poi 5 mg/kg/os aciclovir 3200 mg/os Ganciclovir 10 mg/kg/ev per 14 giorni Aciclovir 3200 mg/os Aciclovir 3200 mg/os Farmaco 2 TABELLA II - PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI (CONFRONTO DIRETTO TRA STRATEGIE ANTIVIRALI) 12 12 6 12 12 12 12 4 3 6 12 12 12 Follow-up (mesi) Profilassi con farmaci antivirali N. pazienti D+/R+ D+/R- D-/R- Sì Sì Sì Sì Sì 31 12 60 36 80 Rene Yang CW, 1998 (60) Fegato e rene Koetz AC, 2001 (61) Fegato Rayes N, 2001 (62) Rene Brennan DC, 1997 (63) Rene Sagedal S, 2003 (64) Sì Sì 70 34 Rene Jung C, 2001 (66) Rene Queiroga, 2003 (67) Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì No Sì Fegato Singh N, 2000 (68) 22 Sì Sì Trattamento pre-emptive orale vs endovenoso per la viremia CMV Sì 47 Fegato Singh N, 1994 (65) Trattamento pre-emptive per la viremia CMV vs profilassi Sì 69 Fegato Paya CV, 2002 (59) Sì Sì Sì Sì No No Sì No No No Trattamento pre-emptive per la viremia da CMV vs placebo/terapia standard Organo Autore ed anno Antigenemia pp65>=1 cell +va 20x104 Antigenemia pp65>=3 cell +va 30x104 Antigenemia pp65>=2 cell +va /20x104 PCR per CMV DNA > = 400 copie/mL Shell vial culture EIA (titolo >= 0.79 +va) Antigenemia pp65>=1 cell +va /10x104 PCR qualitativo per CMV DNA Sierologia (shell vial culture) Antigenemia pp65>=1 cell +va /1x104 PCR qualitativo per CMV DNA Antigenemia pp65>=5 cell +va /20x104 Antigenemia pp65>=1 cell +va /5x104 CMV IgM index > 0.500 PCR qualitativo per CMV DNA Metodi per la diagnosi di infezione da CMV Ganciclovir orale 3000 mg/die x 14 giorni quindi 3000 mg/die x 28 giorni Ganciclovir orale 3000 mg/die x 14 giorni Ganciclovir orale 3000 mg/die x 14 giorni Ganciclovir 10 mg/kg/ev per 7 giorni Ganciclovir orale 3000 mg/die x 27-70 giorni Ganciclovir 10 mg/kg/ev per 21 giorni Ganciclovir orale 3000 mg/die x 14 giorni Ganciclovir 10 mg/kg/ev per 14 giorni Ganciclovir 10 mg/kg/ev per 14 giorni Ganciclovir orale 3000 mg/die x 56 giorni Intervento pre-emptive Ganciclovir 10 mg/kg/ev per 7 giorni 3 6 12 6 12 12-18 4 3 6 4 Follow-up (mesi) Ganciclovir orale 2250mg/die x 90 giorni Ganciclovir orale 3000 mg/die x 90 giorni Aciclovir orale 3200 mg/die x 168 giorni Terapia standard Terapia standard Terapia standard Placebo Terapia standard Placebo Intervento di controllo TABELLA III - CARATTERISTICHE DEGLI RCT INDIVIDUATI SUL TRATTAMENTO PRE-EMPTIVE NELLA PREVENZIONE DELLA MALATTIA DA CMV NEI RICEVENTI TRAPIANTO DI ORGANO SOLIDO Profilassi con farmaci antivirali S171 Profilassi con farmaci antivirali TABELLA IV - QUALITÀ METODOLOGICA DEGLI RCT INDIVIDUATI Parametro di qualità % Allocation concealment Adeguato 15 Non chiaro 75 Inadeguato 10 Blinding-Cieco Partecipanti 35 Ricercatori 30 Valutazione outcomes 15 Analisi “intention-to-treat” Sì 43 No 47 Non chiara 10 Perdite al follow-up (%) 0<10% 45 10<20% 20 20<40% 25 ≥40%10 riceventi a seconda della sierologia per il CMV al momento del trapianto, si è evidenziato come la profilassi riduca in modo significativo il rischio di rigetto acuto nel gruppo ricevente sieronegativo di organo da donatore sieropositivo (RR 0.51; IC 95% 0.35-0.74) ma non nei riceventi sieropositivi (RR 0.84; IC 95% 0.63-1.10). 4. Altre infezioni. La profilassi con aciclovir, ganciclovir o valaciclovir ha ridotto il rischio di malattia causata da altri virus (Herpes simplex ed Herpes zoster del 70%) ed inoltre ha ridotto il rischio di infezioni batteriche (del 35%) e da protozoi (70%), ma non ha influenzato il rischio di infezioni fungine. 5. Effetti collaterali. Sedici RCT hanno riportato l’elenco degli effetti collaterali della profilassi antivirale, ma di questi solo 6 hanno eseguito un confronto con i gruppi di controllo placebo o non trattamento. In questo caso si è evidenziato un significativo aumento del rischio di allucinazioni (8.5% vs 0.97%) per il valaciclovir; non sono state riportate significative differenze per quel che riguarda la leucopenia o la ridotta funzione renale. 6. Confronto tra antivirali. In 7 RCT (1113 pazienti) il ganciclovir risulta più efficace dell’aciclovir nel prevenire la malattia citomegalica in tutti i riceventi (RR 0.37; IC 95% 0.23-0.60), sia CMV positivi (RR 0.27; IC 95% 0.130.55) sia CMV negativi (RR 0.64; IC 95% 0.41-0.99) di organi CMV positivi. Nelle analisi di sottogruppo non sono state evidenziate differenze significative tra i gruppi che hanno utilizzato ganciclovir seguito da aciclovir ed in quelli che hanno ricevuto ganciclovir per tre mesi (4 RCT; RR S172 0.28; IC 95% 0.09-0.82). Il ganciclovir è anche risultato più efficace dell’aciclovir nel ridurre l’infezione citomegalica (RR 0.45; IC 95% 0.29-0.69) ma si è rilevata significativa eterogeneità tra gli studi. Valganciclovir e ganciclovir non hanno presentato significative differenze nella prevenzione della malattia (RR 0.93; IC 95% 0.59-1.48) o dell’infezione (RR 0.99; IC 95% 0.80-1.24) da citomegalovirus. In modo analogo il rischio di malattia (RR 0.51; IC 95% 0.055.42) e di infezione (RR 1.47; IC 95% 0.63-3.42) non è risultato significativamente differente utilizzando la profilassi con valaciclovir o ganciclovir. Infine non vi sono significative differenze nella mortalità globale e correlata a malattia citomegalica, nel rigetto acuto, nella perdita dell’organo, o nell’incidenza di altre infezioni negli RCT che confrontano ganciclovir ed aciclovir o valganciclovir e ganciclovir. Il rigetto acuto è significativamente meno frequente con valaciclovir rispetto a ganciclovir (RR 0.34; IC 95% 0.12-0.96). La leucopenia è più comune con ganciclovir rispetto ad aciclovir (RR 3.28; IC 95% 1.48-7.25). La conta dei globuli bianchi scendeva al di sotto dei 1000 mm3 nel 13% dei pazienti assegnati a valganciclovir contro l’8% dei pazienti assegnati a ganciclovir, ma tale differenza non è risultata significativa. Infine non si è rilevata differenza significativa di rischio di malattia citomegalica nella somministrazione del ganciclovir per via orale od endovenosa, né tra differenti schemi di frequenza di somministrazione. Revisione di Strippoli. I principali risultati di questa revisione dimostrano i seguenti dati: a) in confronto con placebo o con la terapia classica dell’infezione in atto, la terapia “pre-emptive” si associa ad una significativa riduzione del rischio di malattia citomegalica (6 RCT, 288 pazienti, RR 0.29; IC 95% 0.11-0.80); b) in confronto col placebo o la terapia classica, non si osserva alcuna differenza per il rischio di malattia da CMV in studi in cui siano state usate preparazioni per os o ev di ganciclovir; c) non esiste una differenza significativa nel rischio di rigetto acuto, mortalità, perdita del graft, leucopenia o anomalie della funzione renale in soggetti trattati con terapia “preemptive” rispetto a placebo o terapia standard; d) nei pochi studi di confronto diretto tra terapia “pre-emptive” e profilassi antivirale (totale 151 pazienti) non vi era una significativa differenza nel rischio di malattia citomegalica (3 RCT, 151 pazienti, RR 0.42; IC 95% 0.07-2.75) né alcuna differenza nel rischio di rigetto acuto, mortalità totale, perdita del graft, anomalie della funzione renale e sintomi neurologici, mentre il rischio di leucopenia era ridotto nei riceventi terapia “pre-emptive” rispetto alla profilassi antivirale (2 RCT, 117 pazienti, RR 0.12; IC 95% 0.01-0.96); e) negli studi di confronto tra terapia “pre-emptive” con ganciclovir per os o per via endovenosa non si dimostrano significative differenze nel rischio di malattia citomegalica, mortalità totale o altre infezioni. Gli Autori concludono che sulla base di questi dati la terapia “pre-emptive” riduce il rischio di malattia da CMV nei riceventi trapianti di organo solido ma che le evidenze sono ancora scarse ed i benefici Profilassi con farmaci antivirali per il paziente appaiono limitati in confronto alla profilassi antivirale in tutte le categorie di soggetti trapiantati ad eccezione dei riceventi trapianti di organi solidi da donatori sieronegativi. La terapia “pre-emptive” appare una strategia promettente anche in virtù della riduzione dei costi e dell’esposizione ad agenti farmacologici potenzialmente tossici, ma sono necessari ulteriori RCT per valutare gli effetti diretti ed indiretti dell’infezione da CMV e la tossicità. Questa revisione si basa sui principi metodologici della Cochrane Collaboration: un quesito di ricerca chiaro, una ampia ricerca bibliografica che include Medline, Embase, il registro Cochrane degli RCT e la Renal Health Library, un’analisi dettagliata delle cause di eterogeneità nei risultati degli RCT disponibili. Tuttavia essa è fortemente limitata dalla scarsità di studi finora a disposizione, in particolare i 10 RCT inclusi arruolano riceventi di vario tipo di trapianti di organi solidi e sono scarsi i dati per poter valutare se esistono differenze tra i risultati delle metanalisi e quelli degli effetti farmacologici nelle singole popolazioni riceventi diverse tipologie di trapianti d’organo. Sintesi dell’evidenza I risultati attualmente disponibili indicano che nei riceventi di trapianto di organo solido la profilassi con farmaci antivirali (ganciclovir, aciclovir e valaciclovir), oltre a ridurre il rischio di malattia citomegalica del 60%, riduce la mortalità globale del 40%, prevalentemente come risultato della ridotta mortalità per malattia da CMV. Risulta inoltre ridotto il rischio di malattia causato da virus erpetici (70%), infezioni batteriche (35%) e infezioni da protozoi (70%). L’effetto benefico della profilassi sulla malattia da CMV e sulla mortalità si manifesta, nei riceventi di trapianto di cuore, rene e fegato, indipendentemente dal loro status sierologico pre-trapianto quando sottoposti a trapianto di organo da donatore CMV positivo per ogni tipo di regime immunodepressivo utilizzato, incluso l’utilizzo di anticorpi antilinfocitari, e si mantiene per tutta la durata del trapianto. Non ci sono chiare dimostrazioni sulla riduzione di perdita d’organo o di rigetto acuto, sebbene non possa essere escluso un limitato, ma clinicamente importante, beneficio. Altrettanto limitati sono i dati relativi agli effetti collaterali, in quanto non sempre ben definiti nei vari RCT. Tuttavia non emergono differenze significative in termini di leucopenia o nefrotossicità tra i diversi antivirali. L’uso del valaciclovir invece appare significativamente correlato ad allucinazioni. I dati relativi al sottogruppo donatore e ricevente negativi sono molto scarsi (pazienti di rado arruolati negli RCT per la scarsità degli eventi per l’assenza di meccanismi biologici medianti i quali la malattia citomegalica possa essere evitata in pazienti non esposti) e non permettono di trarre conclusioni. Passando a considerare il confronto tra i diversi regimi antivirali, dalla letteratura non emerge un solo schema con- sigliato, ma i protocolli adottati sono molteplici e possono comprendere vari farmaci, con associazioni sequenziali di principi attivi diversi e con modalità di somministrazione differenti. Per quanto riguarda l’uso in profilassi del valganciclovir, ora correntemente utilizzato nella pratica clinica, non esistono RCT che ne testino l’efficacia rispetto al placebo (anche per il problema etico che tali studi avrebbero posto), ma un ampio studio (364 pazienti) che confronta valganciclovir con ganciclovir non ha dimostrato significative differenze nel rischio di malattia citomegalica e di mortalità globale tra i due antivirali (54); da ciò si può estrapolare che i benefici precedentemente dimostrati per aciclovir, valaciclovir e ganciclovir possono essere considerati validi anche per il valganciclovir (54). Il ganciclovir è più efficace dell’aciclovir negli studi di confronto diretto; negli studi in cui il confronto è indiretto tale differenza potrebbe essere dovuta alla differente durata della somministrazione, ma in realtà l’aciclovir è stato utilizzato per periodi più lunghi (84 giorni) rispetto al ganciclovir (9-42 giorni) in 7 degli 11 RCT che lo comprendono; questo ci porta a concludere che sia necessaria una valutazione non solo dell’agente antivirale utilizzato, ma anche della durata delle terapie. Sebbene un piccolo studio (71 pazienti) non abbia rilevato significative differenze nella prevenzione della malattia da citomegalovirus tra ganciclovir per os e valaciclovir (55, 56), l’ampio intervallo di confidenza (RR 0.51; IC 95% 0.05-5.42) suggerisce che una significativa differenza non possa essere esclusa. I risultati attualmente disponibili indicano che la terapia “pre-emptive” nei riceventi trapianti di organi solidi dopo rilevazione di CMV-viremia si associa a una significativa riduzione (rispetto al placebo) nel rischio di malattia citomegalica. Gli studi non documentano significative differenze nel rischio di mortalità totale, rigetto acuto, perdita del “graft”, altre infezioni, leucopenia e funzione renale. Non è possibile un confronto chiaro e diretto tra l’efficacia della terapia “pre-emptive” e quella della profilassi antivirale in virtù della scarsità dei dati disponibili. Il ricorso alla terapia “pre-emptive” è fortemente supportato come valida alternativa alla profilassi antivirale giacché esso consiste nel trattamento dei soli riceventi ad alto rischio di malattia da CMV. In questo modo i pazienti sono esposti ad un minor rischio di tossicità da farmaci, sviluppo di ceppi resistenti di CMV o anomalie della risposta immunitaria farmaco-indotta. Tuttavia, è necessario sottolineare che rispetto ai pochi dati disponibili sull’uso della terapia “pre-emptive” nel trapianto d’organo i dati relativi all’utilizzo della profilassi antivirale sono sostanziali. In confronto al placebo, è stato dimostrato che la profilassi antivirale riduce il rischio di malattia da CMV di circa il 60%, mentre analoghi risultati in campo di terapia “preemptive” sono ancora inesistenti. Va inoltre sottolineato che l’utilizzo della terapia “pre-emptive” si basa sulla disponi- S173 S174 Nazione USA Europa Australia Linea Guida Clinical Practice Guidelines of the American Society of Transplantation (70) European Best Practice Guidelines for Renal Transplantation (71) Cari Guidelines (Caring for Australian with Renal Impairment) (72) 2004 2000 1998 Anno TABELLA V - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA Profilassi raccomandata (livello di evidenza A) Profilassi raccomandata (livello di evidenza B) segue Suggerimenti basati sul livello III e IV di evidenza: - durata della terapia: nella maggior parte dei trials ha la durata di 90 giorni; non vi sono trials controllati per quanto riguarda la durata; - agenti antivirali o immunoglobuline CMV: gli agenti antivirali sono superiori rispetto alle immunoglobuline nel prevenire la malattia da CMV; - dosaggi: negli studi riportati, la dose giornaliera di agenti antivirali utilizzati era la seguente, ed era ridotta a seconda della funzione renale: - aciclovir per os: 3200 mg - valaciclovir per os: 8000 mg - valganciclovir per os: 900 mg - ganciclovir ev: 5-10 mg/kg per una durata media di 14 giorni. (Nota: il ganciclovir per os non è più disponibile in Australia) LINEE GUIDA (includono raccomandazioni basate sul livello I o II di evidenza): a. il trattamento profilattico nel trapianto di organo solido è associato ad una significativa riduzione della malattia da CMV quando comparato col placebo o con il non trattamento (riduzione del rischio relativo di circa il 50%) (livello I di evidenza); b. il trattamento profilattico nel trapianto di organo solido è associato ad una significativa riduzione della infezione da CMV quando comparato col placebo o con il non trattamento (riduzione del rischio relativo di circa il 40%) (livello I di evidenza); c. l’uso di agenti antivirali, quali il valaciclovir orale, il ganciclovir per os e per via endovenosa dà risultati comparabili nella profilassi (livello II di evidenza); d. quando analizzato per sottogruppi donatori/riceventi, il trattamento profilattico per il CMV è indicato, quando il donatore è anticorpo positivo ed il ricevente è anticorpo positivo o negativo (livello II di evidenza). La profilassi deve essere scelta tra queste cinque modalità (livello di evidenza A): - Infusione settimanale di globuline iperimmuni per 6 settimane (alto dosaggio) o per 16 settimane (basso dosaggio). - Aciclovir per os per 12 settimane alla posologia giornaliera di 3200 mg (800 mg x 4) corretta per il GFR. - Valaciclovir per os per 90 giorni alla posologia giornaliera di 8000 mg (2000 mg x 4) corretta per il GFR. - Ganciclovir per via endovenosa per almeno 14 giorni alla dose giornaliera di 5 mg/kg x 2 (corretta per il GFR) per almeno 14 giorni. - Ganciclovir per os per un periodo più lungo (2-12 settimane) alla dose giornaliera di 3000 mg (1000 mg x 3) corretta per il GFR D+/RR+ trattati con ALG, ATG e OKT3 nell’induzione o per un rigetto acuto steroido-resistente Le raccomandazioni sulla profilassi sono basate sullo status sierologico donatore-ricevente pre-trapianto R+/D+ o R+/D- e ALG Profilassi raccomandata (grado A) R-/D+ e ALG Profilassi raccomandata (grado A) R-/D+ terapia immunodepressiva convenzionale Profilassi raccomandata (grado B) R-/D- terapia immunodepressiva convenzionale Non richiesta profilassi (grado D/E) R+/D- terapia immunodepressiva convenzionale Profilassi lasciata a discrezione (grado C) Non ci sono raccomandazioni specifiche sull’uso del farmaco antivirale raccomandato, per la mancanza di studi comparativi nel trapianto renale, ma sulla base dell’esperienza con i trapianti di fegato è raccomandato il ganciclovir Raccomandazioni Profilassi con farmaci antivirali Nei casi di riceventi positivi consigliabile la terapia pre-emptive, con utilizzo di ganciclovir ev 5 mg/kg/12 ore per 14 giorni con monitorizzazione (livello di evidenza B); possibile in questi casi l’utilizzo di valganciclovir per os alla posologia di 900 mg/12 ore (livello di evidenza C) In caso di trattamento con ALG, ATG e OKT3 Profilassi raccomandata (livello di evidenza A): - valganciclovir per os (900 mg/die) - valaciclovir per os 2 g/6 ore - ganciclovir ev 5 mg/kg/die (se non vi sono possibilità di utilizzo per via orale) per un massimo di 3 mesi dopo il trapianto Profilassi raccomandata (livello di evidenza B): - ganciclovir ev 5 mg/kg/12 ore per 14 giorni (livello di evidenza B) D+/R2005 Spagna Recomendaciones GESITRA (Grupo de Estudio de la Infecciòn en el Trasalante) - SEIMC (Sociedad Espanola de Microbiologìa Clinica y Enfermedades Infecciosas) y RESITRA (Red de Estudio de Infecciòn en el Trasplante) (69) Anno Nazione Linea Guida TABELLA V - COSA DICONO LE ALTRE LINEE GUIDA (segue) Raccomandazioni Profilassi con farmaci antivirali bilità di tests sensibili e specifici per la rilevazione della viremia ed al momento non vi sono dati univoci che permettano di stabilire la superiorità dell’una o dell’altra strategia diagnostica. Implicazioni per la pratica clinica Dal complesso degli studi esistenti si evince che l’aciclovir è inferiore al ganciclovir nella prevenzione dell’infezione e della malattia citomegalica; solo un piccolo studio ha dimostrato sovrapponibile efficacia tra il valaciclovir ed il ganciclovir mentre non è evidenziata una chiara superiorità tra ganciclovir e valganciclovir. Nella pratica clinica, tuttavia, è favorito l’uso di valganciclovir per la facile somministrazione per via orale con un numero contenuto di compresse (ricordiamo però che in Italia tale farmaco è registrato solo per la profilassi per riceventi CMV negativi di organi solidi da donatori CMV positivi). Nella maggior parte degli studi la durata della profilassi è di 90 giorni. In letteratura la dose giornaliera di agenti antivirali utilizzati per la profilassi (corretta per la funzione renale) è la seguente: a) valganciclovir per os: 900 mg; b) valaciclovir per os: 8000 mg; c) ganciclovir ev: 5 mg/kg x 2; d) acyclovir per os: 3200 mg. Per quanto riguarda l’approccio “pre-emptive”, nei 10 RCT presi in considerazione nella revisione lo schema terapeutico ha previsto il solo utilizzo di ganciclovir, sia per via orale che endovenosa (ricordiamo che il ganciclovir per os non è più disponibile in Italia). La dose giornaliera di agenti antivirali utilizzati per la terapia “pre-emptive” (corretta per la funzione renale) è la seguente: a) ganciclovir ev: 5 mg/kg x 2 per due settimane e poi monitorizzazione laboratoristica; b) ganciclovir per os: 3000 mg per due settimane e poi monitorizzazione laboratoristico. Applicabilità Anche se dagli studi che paragonano la terapia “preemptive” al placebo o alla profilassi emerge l’efficacia di tale trattamento nella prevenzione della malattia citomegalica, dalla letteratura l’evidenza a favore della terapia “pre-emptive” al momento risulta meno forte, poiché tali lavori sono numericamente limitati e non si evidenzia lo stesso effetto su endpoint maggiori come la mortalità, come invece dimostrato per la profilassi. Ciò nonostante va tenuta in considerazione la difficoltà in termini pratici di allargare la profilassi anche a tutti i pazienti riceventi positivi come suggerito dall’evidenza, indipendentemente dai protocolli immunodepressivi utilizzati (ricordiamo che l’utilizzo di valganciclovir in Italia è registrato solo per la prevenzione della malattia da CMV in pazienti CMV- sottoposti a trapianto di organo solido da donatore CMV+). Pertanto per questa categoria di pazienti, con S175 Profilassi con farmaci antivirali rischio di malattia citomegalica inferiore al 10%, proporremmo la terapia “pre-emptive” quando vi sia la possibilità di eseguire periodicamente il controllo dell’antigenemia o della viremia CMV. Per l’avvio del trattamento si possono considerare valori di antigenemia superiori od uguali a 20 cellule o, in caso di PCR quantitativa valori compresi tra 400-5000 copie per mL, come indicato dalle Linee Guida spagnole (69). Per positività a valori inferiori è consigliabile l’esecuzione di un ricontrollo ravvicinato. Il rischio di malattia dipende comunque non solo dal valore assoluto, ma anche da altri fattori (rischio clinico del paziente, trattamento immunodepressivo in atto, compreso trattamento antirigetto, parametri indicativi della cinetica virale, espressi dall’incremento della carica virale, ecc.). In caso di positività a bassa carica in pazienti a basso rischio immunologico, può essere efficace la sola riduzione dell’immunodepressione. La discesa dell’antigenemia o della viremia non sempre è immediata; talvolta può esserci un aumento nella prima settimana senza che ciò rappresenti un insuccesso terapeutico. In effetti, non sempre si ottiene la negativizzazione dell’antigenemia o viremia entro la II-III settimana di trattamento; positività che perdurano per più lunghi periodi possono essere indicative di resistenza al trattamento antivirale (di solito al ganciclovir). Lo studio della resistenza virale deve essere effettuato in laboratori specialistici con determinazioni genotipiche o fenotipiche del virus. Implicazioni per la ricerca 1. Sono necessari RCT in grado di valutare i vantaggi della profilassi rispetto alla terapia “pre-emptive”. 2. Sono richiesti studi più ampi per confermare l’effetto positivo della profilassi sulla perdita di rene nel primo anno e sul rigetto acuto. 3. Vanno condotti studi per evidenziare una eventuale insorgenza di resistenza ai farmaci antivirali come risultato dell’estensione dell’indicazione alla profilassi. 4. Sono necessari studi che valutino l’efficacia e gli effetti collaterali dei diversi farmaci, in particolare confrontando valganciclovir ed valaciclovir. 5. Resta da determinare la durata ottimale della profilassi. Altre Linee Guida La letteratura scientifica sull’argomento contiene numerose indicazioni terapeutiche nell’ambito di revisioni e di opinioni degli Autori, che riuniscono evidenze ed impressioni personali. Le Linee Guida basate sulle evidenze purtroppo non sono molte, in quanto vi sono pochi RCT adeguatamente dimensionati. In Tabella V si accludono le raccomandazioni di altre Linee Guida (69-72). Indirizzo degli Autori: Dr.ssa Cristina Cornella S.C.D.U. Nefrologia e Trapianto Dipartimento Nefrourologico Università del Piemonte Orientale A.S.O. “Maggiore della Carità” C.so Mazzini, 18 28100 Novara e-mail: [email protected] Bibliografia 1. Rubin R. Infection in the organ transplant recipient. In: Clinical Approach to Infection in the Compromised Host. Edited by RH Rubin and LS Young. New York: Kluwer Academic/Plenum Publishers, 2002; 573-9. 2. Waiser J, Budde K, Schreiber M, et al. Effectiveness of deferred therapy with ganciclovir in renal allograft recipients with cytomegalovirus disease. Transplant Proc 1998; 30: 2083-5. 3. Duncan SR, Grurich WF, Iacono AT, et al. A comparison of ganciclovir and acyclovir to prevent cytomegalovirus after lung transplantation. Am J Resp Crit Care Med 1994; 150: 146-52. 4. Schnitzler MA, Lowell JA, Hardinger KL, Boxerman SB, Bailey TC, Brennan DC. 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