Corpi in tilt Sessualità, spazio pubblico e post porno

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Corpi in tilt Sessualità, spazio pubblico e post porno
Monica Pasquino
Corpi in tilt
Sessualità, spazio pubblico e post porno
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Riflessioni a seguito del workshop di TILT CAMP (1/9/2011 Roseto degli Abruzzi)
L’incontro è iniziato con la proiezione di Mi sexualidad es una creacion artistica (Lucía Egaña Rojas, 2001,
Spagna, sott.ita., 45’) - trailer del video disponibile su : http://vimeo.com/18938067
A seguire ne abbiamo parlato con: la regista Lucía Egaña Rojas, Rachele Borghi (Arte della resistenza), Renato
Busarello (Antagonismogay), Giovanni Campolo, Cathy La Torre (vicepresidente del MIT, consigliera comunale
Bologna), Monica Pasquino (Riprendiamoci la politica, Roma)
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“La sessualità è politica”, questo è il punto di svolta al quale giunge la rivoluzione femminista negli
anni Settanta: caratteristica essenziale della posizione subalterna delle donne è quel nodo
indissolubile tra la negazione della soggettività e la cancellazione della sessualità e del piacere
femminile. Nei quarant’anni che ci separano da allora, tante conquiste sono state ottenute. Si tratta di
avanzamenti culturali, giuridici e sociali che hanno prodotto uno spostamento in termini di libertà,
diritti e autonomia ma, contemporaneamente, una sorta di capovolgimento tattico, non strategico,
dell’ordine sessuale lecito (patriarcale ed eterosessuale), che ha affinato nuovi meccanismi di controllo
e promosso un’industria del desiderio, riducendo il sesso a consumo e l’erotismo a merce da
acquistare.
La pornografia ha sempre fatto parte integrante del capitalismo patriarcale e di un'industria
internazionale del sesso, che include la distribuzione di massa di pubblicazioni e film pornografici, la
celebrazione del silicone, oltre alla tratta delle schiave e alla commercializzazione del turismo sessuale.
D'altra parte, però, non possiamo neanche sostenere che la pornografia - così come la prostituzione opprime sempre le donne: queste sono libere di rifiutare il discorso pornografico, ma sono anche
capaci di riderne e di volgerlo al ridicolo, di riappropriarsene e trasformarlo mettendo al centro della
scena il loro desiderio.
Oggi l'immaginario sessuale che domina lo spazio pubblico e le produzioni di beni culturali coniuga,
attraverso un paradosso schizoide, il consumismo, il maschilismo, il bigottismo, la sessuofobia e la
pornocrazia. Questa considerazione può essere usata anche per leggere lo scambio tra sesso, denaro e
potere che recentemente ha coinvolto il nostro paese.
La scelta di offrire il proprio corpo in cambio di denaro, e di poterne fare ciò che si vuole, è parte della
libertà conquistata dalle donne, tuttavia l'esercizio di una libertà che, quand'anche in assenza di
coercizione, si realizza assecondando un modello che per secoli ha ingabbiato le donne in un ruolo di
subalternità, rivela un aspetto problematico.
Dicendo questo non vogliamo certo affermare alcun giudizio moralista, ma porre l’attenzione sul fatto
che, mentre le donne migranti, nei confronti delle quali non si arresta l'opera di repressione, sono
sfruttate dai loro “protettori” e disprezzate; le escort e le veline, seppur presentate come moralmente
dubbie dai media, sono protette da alcuni membri della classe dirigente e rappresentano per molte
giovani donne un modello da imitare e ammirare. Questo fenomeno ha del paradossale e ci colpisce
particolarmente perché ha origine in un percorso di liberazione, quella femminile, e in un
convincimento di emancipazione, quello delle nuove generazioni.
Siamo in un contesto “pseudo” disinvolto e ipersessualizzato di post-patriarcato, per questo abbiamo
bisogno di nuove chiavi di interpretazione e di resistenza, per agire micropolitiche di cambiamento.
A TILT CAMP, punto di incontro delle nuove giovani generazioni appassionate di politica, abbiamo
discusso di come l'immaginario sessuale avvolge e coinvolge i nostri corpi, le nostre fantasie, i piccoli
tabù e le sensazioni eccitanti. E di come decostruire il nesso spontaneo e consequenziale che unisce il
sesso al genere e all’orientamento sessuale.
Nel corso del workshop Corpi in TILT abbiamo ragionato a partire dal movimento “post porno” e dal
suo potenziale rivoluzionario, chiedendoci se e in che senso esso possa essere una risorsa per
costruire una pratica di autodeterminazione, di autonomia e di rottura rispetto al modo tradizionale e
coatto di vivere la sessualità.
La pornografia è stata parte di una grande rivoluzione culturale che ha portato il sesso nello spazio
pubblico, anche se ha riprodotto strutture di potere che ci sono ben note.
Senza censura alcuna (e non solo perché non è certo lo Stato che può proteggerci da un processo di
natura semiotica), il movimento post porno vuole attuare una seconda rivoluzione: una pornografia
che rappresenti il punto di vista delle donne ed esplori il desiderio femminile, contaminato, spurio e
contraddittorio, legittimandolo in sé, senza pensarlo funzionale ad altri bisogni né collocandolo
all’interno di una relazione per differenza.
Il post porno è un movimento femminista radicale che rompe la separazione tra arte e politica, da un
lato, tra arte e vita, dall’altro. Ironizza, modifica e si riappropria di scene stereotipiche e immagini
colonizzate dal modello eterosessuale e patriarcale, per smascherarne la presunta naturalità. Il suo
obiettivo è mostrare le radici culturali del piacere e del desiderio, nel fare questo realizza atti
performativi che sono immediatamente politici. Sono anche atti che si collocano fuori dalla logica del
profitto e della commercializzazione del sesso e che non possiamo ridurrre a performance artistiche,
né a travestimenti ammiccanti. Sono rappresentazioni di desideri esiliati, abietti, invisibili e
nonostante questo, o, forse, proprio per questo, simboli di corpi resistenti.
L’invisibilità di soggetti, corpi e desideri ha bisogno di un profondo processo di rinnovamento
culturale per sfaldarsi, non basta una lotta che adoperi gli strumenti classici dell’emancipazione.
E’ necessario un lavoro sulla sessuazione dei corpi che attraversi ognuna delle tematiche che
comporranno il nostro progetto politico, visto che la sessualità è il nucleo pulsante della nostra
identità e sta al centro di molteplici effetti di potere.
Il femminismo ci ha insegnato a leggere la subordinazione femminile e la disparità tra i generi come
prodotto del potere; la teoria gay e lesbica ci a insegnato a fare altrettanto con l’orientamento sessuale.
Se i soggetti incarnati sono preda di discriminazione, rifiuto e aggressione in ragione del loro non
essere allineati al paradigma dominante, allora sono le forme della politica a dover essere oggetto di
trasformazione.
Non basta che una soggettività politica includa in uno spazio neutro le giuste rivendicazioni di diritti
che provengono dal mondo GLBT, ma serve che la forma mentis di questa nuova collettività sia
pervasa dalle ragioni e dalla forza di queste culture e pratiche politiche (il movimento GLBT e i
femminismi), in tutte le loro pluralità e differenze. L’inclusione non dev’essere solo a un livello di
teoria politica e di saperi: ciascuno/a deve impegnarsi per trasformare le proprie pratiche politiche, il
linguaggio, i comportamenti, le relazioni e gli affetti, perché si possa costruire insieme uno spazio
politico che non prescinde dai corpi e dalla loro vulnerabilità. Solo se saprà diventare questo, potrà
essere uno spazio politico che alla sicurezza e al grigiore della neutralità e del falso universalismo
oppone i colori della carnalità e la tensione verso il raggiungimento (sempre instabile e provvisorio) di
un metro in più di libertà.