articolo n.16 piatti nadal

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articolo n.16 piatti nadal
Educare per allenare, allenare per educare. Il convegno di domenica 30 novembre a Biella con Toni
Nadal e Riccardo Piatti potrebbe essere sintetizzato con questo motto. In questo articolo dovrei
parlare di quanto è stato detto dai due relatori sull’allenamento e sulla preparazione fisica e ci
proverò nelle prossime righe. Non potevo, però, trascurare quello che è stato l’argomento principale
della giornata, da un lato perché ha rappresentato il fulcro di tutto il simposio, dall’altro perché
quello della formazione dell’uomo prima dell’atleta dovrebbe essere l’obiettivo di ogni allenatore e,
invece, spesso si dimentica o, peggio, non si considera nemmeno. La scienza (e l’arte)
dell’allenamento diventa affascinante e unica se non viene ridotta a puro addestramento ma si nutre
della costante ricerca delle particolarità e, quindi, dell’unicità di chi ci sta di fronte.
Perdonatemi la digressione ma non fare almeno un cenno a questo sarebbe stato un torto nei
confronti dei protagonisti del convegno e di tutti voi.
Venendo a questioni più tecniche, nel corso di quella giornata mi hanno colpito due aspetti su tutti.
In primo luogo un punto dell’intervento di Piatti mi ha fatto riflettere: il coach comasco ha spiegato
come, secondo lui, non si possa insegnare ad un giocatore a fare tutto ma si debba cercare di
esaltarne i punti di forza definendo un tipo di gioco e schemi consoni alle sue caratteristiche.
L’esempio è quello di Ivan Ljubicic che ha costruito la sua scalata alla terza posizione mondiale sul
servizio e il diritto con schemi offensivi provati e riprovati in allenamento fino ad arrivare alla
perfezione o quasi. A completare il discorso, Toni Nadal ha dato una ricetta molto semplice a dirsi
ma molto più complicata da mettere in pratica: “il segreto per un buon match è giocare più volte
possibile il proprio colpo più forte sul colpo più debole dell’avversario.”
Mi sono chiesto quanto anche nella preparazione fisica si possa fare qualcosa del genere. Voi cosa
ne pensate? Io credo che in realtà si faccia già così; infatti se è vero che in una prima fase di
formazione si deve lavorare a 360° cercando di creare un bagaglio motorio completo, è altrettanto
chiaro come negli anni della specializzazione si debba per forza di cose privilegiare ciò che potrà
aiutare il nostro atleta ad esprimere al meglio il proprio potenziale. Per capirci: se fino a 15-16 anni
(ma l’età è solo indicativa) si potranno allenare allo stesso modo coordinazione, rapidità, forza e
resistenza, da quel punto in poi un giocatore d’attacco si concentrerà maggiormente sugli elementi
esplosivi ed elastici della forza mentre un giocatore di difesa non dovrà dimenticare di svolgere
esercizi sulla resistenza specifica. In realtà le differenze nell’allenamento non saranno così evidenti
ma, certo, il lavoro non potrà essere uguale per tutti.
Il secondo spunto interessante è arrivata quando a Toni Nadal è stato chiesto quanta importanza ha
dato lui alla preparazione fisica durante gli anni della formazione tennistica di Rafa. Il coach del
numero 1 al mondo ha risposto più o meno così:”A me la preparazione fisica non piace
particolarmente e Rafa non ne ha praticamente mai fatta fino a 15 anni. Solo quando ha iniziato a
giocare i tornei Challenger ha avuto bisogno di fare qualche lavoro in palestra per reggere i ritmi
sempre più alti delle partite”. La frase di Toni è stata spiazzante perché sembrava relegare la
preparazione fisica ad un ruolo marginale. Per fortuna lo stesso coach spagnolo ha aggiunto:”il
nostro segreto è stato lavorare quasi esclusivamente in campo ma sempre con un’intensità
elevatissima: in questo modo Rafa ha potuto trovare quello che gli serviva giocando a tennis oltre
alle ore che, fino a 12-13 anni, dedicava al calcio”. Con questa precisazione Toni ha spazzato via
ogni dubbio e, anzi, ha permesso di evidenziare altri due aspetti interessanti: da una parte
l’importanza della multidisciplinarità almeno nei primi anni della crescita per evitare l’eccessiva
specializzazione, dall’altra l’indispensabile ruolo dell’allenatore nella conoscenza del proprio
allievo per organizzare e gestire le varie fasi della sua crescita. In questo senso il fatto che Rafa,
oltre a essere l’allievo, sia anche il nipote di Toni è stato un vantaggio non indifferente per entrambi
perché ha permesso di creare un rapporto di reciproco rispetto e di stima e affetto che ha reso la
coppia quasi imbattibile.
Per concludere mi si conceda una nota scherzosa: sarà anche vero che a zio Toni la preparazione
atletica non piace ma riesce difficile pensare che al suo allievo abbia fatto fare così poco
allenamento fisico dati i muscoli che si ritrova Rafa …