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Alberto Di Vita
30/11/2016
Su ilmalpensante.com abbiamo aperto una rubrica incentrata sulle storie di calcio, delle squadre, dei
protagonisti, racconti, aneddoti, ma anche una sezione aperta alla narrativa pura. Il primo racconto
è del nostro “Duca”, di cui abbiamo già pubblicato la prima parte.
La rubrica è aperta a qualunque contributo: se avete una storia, un racconto, la narrazione di una
vicenda particolare, il ritratto di una squadra o di un calciatore, contatta la redazione inviando anche
un estratto del pezzo.
IL GIORNO DELLA FINALE
Racconto: il giorno della finale (parte 1)
Racconto: il giorno della finale (parte 2)
PARTE TERZA
-18A dicembre Freistadt era coperta da una spessa coltre di neve. Le mura e i tetti aguzzi del centro
medievale colorati di bianco regalavano un paesaggio da cartolina. Casoni aveva trascorso la mattina
a passeggiare tra gli affollati mercatini natalizi nella Hauptplatz. Aveva comprato parecchi dolci,
anche se non gli facevano bene al cuore. Tornato a casa trovò una busta gialla nella casella della
posta insieme a un paio di bollette e una cartolina della sorella da Diano Marina, in Liguria, poco
lontano dal confine con la Costa Azzurra. La busta non aveva mittente ma il timbro con l’annullo e il
francobollo erano russi. Qualcosa gli si risvegliò nelle viscere. Aveva cercato di pensare il meno
possibile e quelle due o tre ore di fine maggio trascorse con Ingrid, ma ciò non significava che
avesse scordato qualcosa di quei momenti. Chiuse a chiave con tre mandate e mise un compact disc
nel lettore. Un album di Fabrizio De Andrè, cantautore italiano, genovese per la precisione. Uno che
aveva tradotto Brassens. L’album si intitolava Anime salve e, ironia della sorte, una della canzoni Ho
visto Nina volare. Casoni amava quella voce e quella musica a prescindere dal ricordo della nipote. I
cantautori italiani erano molto apprezzati in Francia, spesso più che in patria. Chissà perché. Aprì la
busta con le mani che gli tremavano un po’. Conteneva due ritagli di giornale.
Uno era di un quotidiano berlinese ed era datato metà giugno. Un articolo di poche righe che
raccontava della morte per overdose di Klaus Beiermanster, trentasei anni, delinquente di bassa lega
con precedenti per furto, rissa, orto d’armi abusivo, violenza privata e ricettazione. C’era una foto
risalente a qualche anno prima. Era un uomo alto e magro, con pochi capelli e un viso scavato. Era
in posa in compagnia di Markus Steiger davanti a un negozio di tatuaggi. I due, spiegava il trafiletto,
erano amici d’infanzia.
Il secondo ritaglio era di fine maggio, pochi giorni dopo la maledetta finale di coppa. Si trattava
dell’edizione in lingua inglese di un quotidiano moscovita. La notizia riguardava Irina, la figlia
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diciannovenne del presidente del club in cui militava Steiger, plurimiliardario magnate
dell’informazione, che avrebbe cercato di togliersi la vita tagliandosi le vene dei polsi nel bagno di
una discoteca. La ragazza sarebbe fortunatamente stata salvata in tempo. Non c’erano foto.
Casoni aggrottò la fronte. Non sapeva darsi alcuna spiegazione. Poi notò che sul retro del giornale
russo c’era una frase scritta a mano con inchiostro blu.
<<Budapest è meravigliosa anche durante le feste di fine anno. Quando fa buio dalla panchina potrà
vedere il Ponte delle Catene illuminato risplendere nella notte come un transatlantico sul
Danubio>>
Casoni scosse la testa perplesso. Stava per gettare tutto quanto nel camino in attesa di quando,
verso sera, avrebbe acceso il fuoco, e si accorse appena in tempo che sul fondo della busta era
rimasta incollata una seconda busta di dimensioni ridotte. Questa seconda busta era bianca. Bastava
appena a contenere una cartolina o una fotografia. L’aprì.
A giudicare dalla qualità non eccelsa dell’immagine più che di una fotografia sembrava trattarsi di
un fotogramma tratto da un video amatoriale. Si vedeva un divano; sua nipote Nina con alcune
ciocche di capelli davanti alla fronte che tendeva una mano davanti a sé; due dei tre giocatori che
prima dell’alba sarebbero morti in auto con lei, i visi sfatti dall’alcol e forse anche da qualche altra
sostanza; un tavolino con una decina di bottiglie di champagne vuote, alcune rovesciate. In un
angolo, visibile solo per tre quarti, un ragazzone di colore sprofondato nel divano che sembrava
dormisse profondamente un sonno da ubriaco, la testa rovesciata all’indietro e la bocca spalancata
come a lanciare un disperato grido silenzioso. All’epoca, ricordò Casoni, aveva il cranio rasato.
Quando fu ucciso da Markus Steiger portava delle trecce rasta. Cyryl Oybukwu.
-19La notte in cui Nina morì Casoni era andato a dormire poco prima delle due, dopo aver consegnato
in redazione quanto aveva scritto sul derby appena giocato. Sapeva che sua nipote era invitata ad
una festa nella villa di Steiger. Verso le quattro e mezza fu svegliato da una telefonata sul numero di
casa. Rispose con la voce impastata di sonno. Era Claude Montreux dal giornale.
-Marcel- la voce era trafelata e non del tutto ferma –è successa una tragedia. Breuille, Kamarq e Le
Vieux sono morti in un incidente stradale…
Casoni era rimasto senza parole.
-Ma è… è sicuro?
-Pare proprio di sì. Stavano venendo via dalla villa del crucco. Andavano forte, troppo. Uno scontro
frontale…- un sinistro presentimento iniziò ad offuscare la mente di Casoni. Si faceva largo nella sua
schiena come un globo freddo e gelatinoso che gli risaliva verso la nuca per scoppiargli nel cervello.
–Sembra che con loro viaggiasse anche una ragazza, ora è grave in ospedale, devono ancora
identificarla…
Fu allora che il mondo iniziò a crollare e infrangersi, e quel che doveva scoppiare scoppiò.
La decisione di lasciare il giornalismo e allontanarsi da quel mondo che amava non venne subito.
Successe dopo un paio di giorni, alla vigilia del funerale di Nina. Non era più andato al giornale, ma
ricevette una telefonata confidenziale sempre da Montreux.
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-Cocaina, Marcel. Nel sangue di tutti e tre. Alcol e cocaina. La notizia non è ufficiale e a questo
punto non sono nemmeno sicuro che uscirà…
La partita successiva Markus Steiger, integro e forte come una roccia, segnerà tre gol e, citando le
sue stesse parole, li dedicherà alla memoria dei tre ‘compagni caduti’. Nessuna menzione per Nina.
La sorte volle che il controllo antidoping toccasse a lui e lo superò senza problema alcuno. Marcel
Casoni, al quale la cosa ormai interessava ben poco, rassegnò le dimissioni e iniziò a considerare
l’idea di trasferirsi a vivere su una piccola isola danese dove era stato in vacanza con la moglie
parecchi anni prima. Sul comodino di Nina c’era un libro che gli sarebbe piaciuto leggere, e
rileggere, e rileggere, osservando in silenzio il mare gelido che si infrange sugli scogli e il suono del
vento che soffia tra le dune sabbiose.
-20Casoni si mise in cerca di una stanza a Budapest subito dopo aver fatto a pezzi la busta e il suo
contenuto. Partì due giorni prima di Natale.
Dal suo albergo, affacciato sul Danubio, ci volevano circa trenta minuti a piedi per raggiungere
l’Isola Margherita. Casoni ci andò ogni giorno, rifiutandosi sempre di prendere l’autobus o un taxi
nonostante la neve. Portava sempre con sé un panino che si faceva preparare dopo colazione, una
bottiglia d’acqua, il libro con i racconti di Scerbanenco e un lettore cd portatile con Anime salve. Era
un vero e proprio rituale. Passava ore a camminare lungo i viottoli dell’isola o seduto su una delle
panchine all’estremità meridionale, in una posizione un po’ disturbata dallo scorrere del traffico
automobilistico del ponte che passava proprio sopra la sua testa. Fu una settimana che scivolò via
lenta e dolce come la neve.
-21Non nevicava la mattina del trenta dicembre quando Ingrid venne a sedersi accanto a lui. Evitò di
rivolgergli saluti particolari e andò subito al cuore della questione, come se si fossero visti l’ultima
volta pochi minuti prima lasciando un discorso sospeso a metà. Indossava una pelliccia e un cappello
di pelo neri. Casoni notò subito che le mancavano le sopracciglia e aveva il viso molto più teso che
sette mesi fa.
-Ho il cancro, Casoni- esordì lei in francese. Lui non disse niente. Si limitò ad osservare le nuvolette
di condensa che si formavano davanti alle loro bocche. –Se foste venuto a Budapest in maggio, come
vi avevo lasciato intendere, ve ne avrei parlato lo stesso: le cose sono andate esattamente come
serviva. Ma non ho tempo fino a maggio, e mi fa piacere che possiate conoscere la verità. Per questo
vi ho invitato adesso. Che ci crediate o no.
-A cosa dovrei credere o non credere, Ingrid? Alla vostra verità, o al fatto che vi fa piacere
raccontarmela?
Ingrid sorrise.
-Forse entrambe le cose. Alziamoci e camminiamo, Casoni, fa freddo a stare fermi.
Lui accettò volentieri il consiglio.
-Perché quella busta?
-Non avrei potuto trovare di meglio per convincervi. Ho preferito evitare una normale telefonata.
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-Deformazione professionale?
-Forse. Ma non solo per quel che riguarda me. Siete un giornalista. L’amore per l’indagine e la
curiosità fanno parte del vostro DNA. E la mia professione- Casoni ebbe l’impressione che la donna
volesse glissare l’argomento –è esattamente quella di capire, analizzare e studiare le emozioni, le
azioni e le reazioni del comportamento umano.
-Il tedesco morto, Beiermanster. È lui che ha ucciso il mio sosia?
Ingrid annuì.
-È bastato contattare lo spacciatore giusto. Poi si è ammazzato da solo.
-Perché mi voleva uccidere?
-Steiger- rispose Ingrid con il tono distaccato di un matematico che fornisca la soluzione di una
equazione elementare. Casoni si fermò un istante sulla gradinata che scendeva fino al greto del
Danubio, le mani affondate nelle tasche, e rimase a contemplare una chiatta che passava lenta lungo
il fiume che un tempo era stato blu. In quel momento ricominciò a nevicare.
-Steiger- ripetè Casoni dopo quasi un minuto di silenzio.
-Secondo voi ha mai fatto uso di droga?
Casoni scosse la testa.
-Beveva forte, ma era troppo furbo per assumere droga sapendo che avrebbe potuto incappare in un
controllo antidoping. La mia idea è che tirasse di coca ma nei posti e nei momenti giusti. Al contrario
di tre suoi stupidissimi compagni di squadra.
-La notte in cui vostra nipote Nina morì fu lui a procurare la coca ma non ne assunse. Si limitò ad
usare la telecamera.-Cioé?
-Questa primavera, a fine di marzo, è successa quasi la stessa cosa da noi. Un festino sfuggito di
mano. Nell’incidente non è morto nessuno, ma nella villa del campione una ragazza minorenne è
stata stuprata e seviziata da due calciatori momentaneamente fuori di sé.
-Mio dio…
-Abbiamo indagato con discrezione. In casa di Steiger abbiamo trovato diverse videocassette e DVD
di un certo tipo…
-State dicendo che mia nipote…
Ingrid scosse la testa.
-Nina ha soltanto subito la situazione. Secondo la versione ufficiale è salita in auto con i tre che
dovevano accompagnarla a casa. In realtà Steiger ha spinto affinché lei andasse con loro. Credo
fossero intenzionati a violentarla. Lui e i compagni di squadra devono averla caricata a bordo con la
forza.- Casoni avrebbe voluto fondersi con i fiocchi di neve e scomparire, affogare nelle acque piatte
del fiume, essere per sempre sepolto con l’inverno. -Oybukwu era giovane e spaesato. Steiger deve
aver pensato che stesse dormendo e non avesse visto nulla. Del resto è quel che il ragazzo stesso
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raccontò alla polizia. Altri testimoni non c’erano. Avevano tutti già lasciato la villa a quell’ora,
giocatori e puttane.
-In realtà Oybukwu vide o sentì qualcosa? È questo che mi state dicendo?
Ingrid scosse la testa. Poi lo prese per un braccio e ricominciarono a camminare sotto la neve come
una coppietta avanti con gli anni. Un po’ sovrappeso lui, un po’ giù di forma lei.
-Non so niente di quel che Oybukwu vide o sentì. Che io sappia non ne ha mai parlato con nessuno.
Io del resto non l’ho mai visto né conosciuto. Ciò che conta è che in fondo in fondo nemmeno Steiger
abbia mai avuto la certezza assoluta che il ragazzo stesse davvero dormendo. Alla fine di quel
campionato in cui non registrò mai una sola presenza in prima squadra il nigeriano fu venduto ad
una squadra inglese, e le loro vite non si sono più sfiorate fino alla finale di maggio.
-Ingrid… posso sapere per chi lavorate?
-Fino agli inizi degli anni novanta per il governo. Poi, come tanti ex colleghi, ho dovuto mettermi in
proprio. In questo caso alla mia agenzia si è rivolto il presidente dell’ultima squadra di Markus
Steiger. Era febbraio. Sua figlia si era invaghita del campione, e avevano intenzione di sposarsi entro
l’anno. Avete idea di che patrimonio quello squilibrato viziato avrebbe un giorno ereditato?
-Fatico a crederci- fu tutto quello che Casoni riuscì a dire.
-Francamente non mi importa, Casoni. A me interessa soltanto raccontarvi la storia. Poi fatene ciò
che volete. Dopo l’incidente iniziammo ad indagare su Steiger, vita pubblica e privata. Scavammo
nel suo passato. Lo controllammo a vari livelli e con vari accorgimenti. Ogni telefonata intercettata e
registrata. Idem fax e posta elettronica. Cimici nascoste in casa e in auto. Abbiamo vagliato diverse
possibilità con cui risolvere la faccenda. Tutte avevano diverse controindicazioni. Sapete qual era
una delle priorità del Presidente? Che sua figlia Irina non soffrisse. Ecco cosa ha reso tutto più
complicato, ma anche stimolante. È anche per questo che non si è saputo nulla del festino e il corpo
della ragazza è scomparso. Per il bene di Irina. Il Presidente non è quel tipo di padre che l’avrebbe
chiusa in camera e buttato la chiave. Ecco perché a Markus Steiger non è potuto accadere un banale
incidente stradale prima delle nozze, né è rimasto vittima casuale di una sparatoria lungo la strada.
È successo anche questo a dei calciatori famosi, sapete? E in fin dei conti noi non volevamo Steiger
morto. Lo volevamo lontano dal patrimonio. Volevamo che pagasse le sue colpe. Anche quelle
passate.
-Sembra di sentir parlare la madrina di un ente morale.- Ingrid ignorò quel che Casoni aveva detto. Il
giornalista cercava adesso di provocarla. –Non credo comunque che la ragazza, la figlia del
presidente, sia rimasta contenta di quel che Steiger ha fatto a Strasburgo.
-Assolutamente no, come vi ho detto Irina lo amava e forse un po’ lo ama ancora. Sapete come siamo
noi donne, a volte. L’amore sa renderci cieche, o stupide. Però la fanciulla non può prendersela con
il destino per quel che è successo il giorno della finale, ma soltanto con l’uomo che voleva sposare. Il
quale passerà molti anni in prigione o in manicomio e si è scavato la fossa da solo con un gesto tanto
orribile quanto eclatante davanti agli occhi di milioni di testimoni. Miliardi, anzi. Mai sottovalutare la
forza della televisione e delle comunicazioni. Vengono da lì i soldi che il Presidente oggi può
investire nel calcio per comprare il Markus Steiger di turno e far grande la sua squadra.
-Ammettiamo sia tutto vero. Però ancora non mi è chiaro cosa c’entro io in questa assurda storia…
-Tanto per cominciare voi eravate uno dei nomi segnati in rosso sul dossier riguardante Markus
Steiger. Siete un giornalista sportivo ben conosciuto, eravate con lui in rapporti non bellicosi, e
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dulcis in fundo eravate lo zio della ragazza morta anche a causa sua. Alla fine di aprile la nostra
squadra va in semifinale. Se dovesse vincere potrebbe trovare in finale la squadra in cui ora milita
Oybukwu, e nell’eventualità sarebbe lui a marcare Steiger. Stopper contro centrattacco. E la partita,
ditemi voi se a volte il destino non fa strani giochi, si giocherà a Strasburgo, a pochi chilometri da
casa vostra. A questo punto, evito di dilungarmi sui dettagli, il piano è entrato nella fase operativa.
Gli scozzesi vincono, e noi pure. Steiger segna due gol nella partita di andata e salta quella di ritorno
per un provvidenziale mal di schiena onde evitare il rischio di eventuali squalifiche. Riceve però una
lettera firmata da voi, Casoni, dove gli scrivete che sapete ciò che è successo quella notte e che
avete il modo di costringere Oybukwu a raccontare ogni cosa. Steiger va nel panico, anche se logica
vorrebbe che voi non possiate sospettare né tantomeno sapere nulla di quel festino. Sulla lettera
c’era un indirizzo di posta elettronica per contattarvi. Steiger lo fa, e via mail vi accordate per
vedervi subito dopo la partita. Magari già la mattina dopo. Sono soldi quelli che chiedete per tacere.
Tanti. Naturalmente lui non si fida e contatta un vecchio amico, Klaus Beiermanster. Un delinquente
da due soldi ma non nuovo all’omicidio su commissione. Abbiamo cominciato a pedinare il killer
designato, che a sua volta aveva cominciato a tener d’occhio voi, Casoni. Tutto questo accadeva
circa tre settimane prima della finale. Presto abbiamo scoperto che avrebbe agito la sera della
partita. Vi avrebbe atteso in casa con le chiavi che vi aveva rubato.- Casoni era rimasto senza parole.
Nel frattempo si erano allontanati dall’argine del fiume. Passarono accanto a una fontana che in
estate, l’aveva letto su una guida, era coperta di fiori e a ogni gioco d’acqua diffondeva musica
classica. Adesso era immobile e silenziosa. Per un istante il mondo sembrava essere diventato una
fotografia. Un cane fermo ai piedi del padrone. Un vecchio che vendeva caldarroste fumanti accanto
al suo carretto senza nessuno intorno. Tutto fermo sotto la neve. Poi il respiro tornò a manifestarsi
sotto forma di condensa che usciva dalla bocca e quel breve attimo di quiete irreale svanì come un
fiocco di neve nell’acqua. Casoni provò a balbettare qualcosa ma non ci riuscì. Considerò che questo
accadeva spesso con Ingrid. –Il resto di quel che accadde in Germania quel pomeriggio lo sapete
perché c’eravate.
-La cosa più assurda è che dovrei quasi ringraziarvi per avermi salvato la vita dopo avermi usato.
Lei scosse la testa.
-Nel gioco degli scacchi nessuno si dispiace laddove un pedone venga sacrificato per salvare un
alfiere o un cavallo, se ciò serve al re o alla regina.
-Temo di non amare gli scacchi.
-Neanch’io stravedo per gli scacchi. E in effetti in questo schema c’è molto più azzardo e
improvvisazione di quanto si possa tollerare in una partita a scacchi. I fattori critici che avrebbero
potuto far cadere l’impianto erano molteplici. Da un certo punto di vista il caso Makus Steiger è il
mio capolavoro professionale. Se ne parlassi con un esperto del settore forse mi azzarderei a
definirlo un’opera d’arte. Dev’essere per questo che ho tanta voglia di raccontarlo a qualcuno prima
di morire. Qualcuno che sappia ascoltarmi a bocca aperta, con l’innocente stupore di un bimbo, ma
che sia anche in grado di cogliere certe sfumature nella vicenda. Diciamo che l’anno prossimo, a
vostro rischio, potreste anche sentirvi autorizzato a raccontare tutto. Si rimane giornalisti per
sempre, Casoni, è inutile nasconderlo. Tanto non ci sarò più e avrò esaurito ogni vincolo. Non ho più
nessun parente né amico disposto a piangermi. E poi di me non conoscete neppure il cognome.
Ingrid tirò su con il naso, e soltanto in quel momento Casoni capi che faceva parecchia fatica a
parlare, più di quanto non volesse far credere.
-Credo che ormai manchi poco alla fine- le disse. –Alla fine della storia, intendo.
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-Alla fine, basta dire ‘alla fine’. Non occorre specificare di cosa. Comunque sì, manca poco.- Ingrid,
osservando rapita i fiocchi di neve che cadevano dal cielo, disse qualcosa in russo che Casoni non
potè capire, poi tornò al francese. –Quando Steiger, subito prima della partita, ha saputo da
Baiermanster della vostra morte, il suo umore è andato alle stelle. Ha giocato un buon primo tempo,
anche se l’arbitro ce l’ha messa tutta per fargli saltare i nervi. Credo sia il primo caso di un arbitro
corrotto per danneggiare la squadra di chi l’ha pagato. Soltanto nell’intervallo Steiger ha saputo che
eravate vivo. Qualcuno dello staff tecnico, una persona fidata, gli ha raccontato su nostro
suggerimento di aver sentito Oybukwu dire che ‘adesso lo stronzo di crucco è fottuto’. Questo è stato
l’elemento scatenante, probabilmente. In parole povere, il suo fragile equilibrio nervoso è saltato. Al
ritorno in campo c’è stato il botto. Meglio di quanto io stessa potessi sperare. Esiste uno spezzone di
registrazione del circuito interno dello stadio che ha colto Markus Steiger percorrere il tunnel dagli
spogliatoi inveendo contro quella ‘cazzo di scimmia di merda’…Riordinare le idee non era facile. Niente sembrava più essere facile.
-Cyryl Oybukwu è morto per niente- disse Casoni, sconvolto. –Vi rendete conto? C’erano infiniti altri
modi di sistemare la questione…
-Lo so. Io stessa ho faticato a convincere quelli della mia agenzia in primis, e chi ci pagava poi. C’era
anche un piano di riserva che prevedeva di stare dietro a Steiger e Beiermanster fino al probabile
omicidio su commissione del nigeriano per poi inchiodarlo. Ma in realtà serviva qualcosa di
altamente spettacolare che attirasse l’attenzione delle folle e dei mass-media. Steiger non poteva
farla franca. E soprattutto Irina, la ragazza che voleva sposarlo, doveva arrivare a provare schifo per
lui. Non dimentichi che tutto si è mosso per impedire il matrimonio. Certo sarebbe andato bene
anche se lui Oybukwu l’avesse soltanto colpito e magari mandato in coma. Ma non dimenticatevi,
Casoni, che nessuno saprà mai quanto Oybukwu vide o non vide quella notte.
-Avete detto che esiste una videocassetta.
-Certo. Il regista era Steiger. È da lì che ho estrapolato il fotogramma che avete già veduto.
-E allora?
Ingrid sorrise, e scosse la testa. Aveva il cappello di pelo tutto coperto di neve.
-Non siete un uomo capace di odiare, Marcel.- Era forse la prima volta che lo chiamava per nome. -E
non voglio essere io a trasformarvici. Dovete accontentarvi della mia deposizione, e della mia
sentenza. Qui io sono il giudice, l’avvocato e il cancelliere.
(continua…)
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