Solo l`8 - Azienda Ospedaliero

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Solo l`8 - Azienda Ospedaliero
.
INDICE RASSEGNA STAMPA
.
3. Sanità nazionale
Sole 24 Ore Centro
Nord
29/09/2014
p. II
Le risorse per la spesa sanitaria 2014
1
Sole 24 Ore Centro
Nord
29/09/2014
p. II
Soluzioni dioitali oer una Sanità efficiente
2
Sole 24 Ore Centro
Nord
29/09/2014
p. IV
Ictus: "stroke unit" 24 ore su 24
3
Sole 24 Ore Centro
Nord
29/09/2014
p. IV
Valutazione annuale per ripartire
4
Sole 24 Ore Centro
Nord
29/09/2014
p. VI
I!mAper alzarsi subito
5
Sole 24 Ore Centro
Nord
29/09/2014
p. VII
Dove c'è ricerca c'è cura. E qui ci sono entrambe
7
Tirreno
29/09/2014
p. 8
Mi metto i guanti e regalo carezze ai malati di Ebola
Gemma
Vignocchi
10
Tirreno
29/09/2014
p. 45
Arriva l'influenza americana Il virus è già noto, vaccino
pronto
Gian Ugo Berti
14
Avvenire
28/09/2014
p. 14
«Manicomi riaperti in famiglia»
Luca Liverani
15
Corriere Della Sera
28/09/2014
p. 30
Sanità lombarda: il processo sulle tangenti
Roberto
Formigoni
16
Corriere Della Sera
28/09/2014
p. 41
Non ossessione ma consapevolezza
Luigi Ripamonti
17
Corriere Della Sera
28/09/2014
p. 41
In diminuzione i ricoveri ospedalieri non appropriati
18
Corriere Della Sera
28/09/2014
p. 42
Deve aumentare l'adesione all'offerta degli esami di
screening
19
Corriere Della Sera
28/09/2014
p. 42
Donne poco attente a difendersi dai tumori
Corriere Della Sera
28/09/2014
p. 43
Cancro al polmone, la «nuova» minaccia
Corriere Della Sera
28/09/2014
p. 45
In che cosa consiste lo pneumotorace?
Antonella
Sparvoli
24
Corriere Della Sera
28/09/2014
p. 46
Rischio Alzheimer per troppi ansiolitici
Danilo Di
Diodoro
26
Corriere Della Sera
- Corriereconomia
29/09/2014
p. 29
Tasse &Ticket Entro un anno tutti alla cassa online
Pieremilio Gadda
28
Giornale
29/09/2014
p. 8
Olivetti, i malati accusano: «Tutti sapevano dell'amianto»
Luca Fazzo
30
Il Fatto Quotidiano
28/09/2014
p. 11
Cliniche Angelucci, danno erariale da 41 milioni
Rita Di
Giovacchino
32
Libero Mercato
28/09/2014
p. 22
Tumori oculari, al 5100 il punto sulle terapie Al 'Gemelli'
l'Associazione Oncologia Oculare
Libero Mercato
28/09/2014
p. 22
«Potremmo risparmiare tanto, se solo lo sapessimo»
Andrea Sermonti
34
Messaggero
29/09/2014
p. 13
Al congresso degli urologi il professore è Rocco Siffredi
Carla Massi
35
Sole 24 Ore
28/09/2014
p. 22
Troppo grandi le sfide per l'Onu?
Eliana Di Caro
36
Sole 24 Ore - Nova
28/09/2014
p. 9
Mission possible: curare la mortalità
Roberto
Manzocco
38
Stampa
28/09/2014
p. 8
"La curo con Stamina" E pm: la figlia le va tolta
Massimo
Guerretta
40
Vera Martinella
20
23
33
8. La Ricerca
Sole 24 Ore Centro
Nord
29/09/2014
p. V
Assistenza accanto alla ricerca
Repubblica
28/09/2014
p. 44
La scienza al popolo
Indice Rassegna Stampa
41
Massimiano
Bucchi
42
Pagina I
INDICE RASSEGNA STAMPA
.
Repubblica
28/09/2014
p. 45
Un modello a piramide che taglia tutti i ponti col senso
comune
Secolo Xix
28/09/2014
p. 6
Tumori, cure in gravidanza senza danni per il bambino
Indice Rassegna Stampa
Maurizio Ferraris
45
46
Pagina II
ma la
9_e !risorse perla spesa sani taria 2014
SONDI / L'Emilia Romagna porta a casa 180 milioni in più rispetto al 2013, 36 mio in più all'Umbria, 8 al Molise, 40 mio all'Abruzzo
Il riparto del Fondo nazionale deciso dalla Conferenza delle Regióni e i fondi per la non autosu
T Tn riparto condiviso anche
dalle Regioni del Centro
Nord quello del Fondo sanitario
nazionale (107 miliardi) deciso
ad agosto dalla Conferenza delle Regioni ad agosto e che ora,
dopo essere stato condiviso dal
ministro della Salute, attende
la sigla dell'intesa in sede di
Conferenza Stato-Regioni. Ad
agosto, si è pervenuti anche alla
suddivisione dei fondi disponibili per la gestione della non
autosufficienza da parte delle
Regioni e per le politiche della
famiglia.
Per la spesa sanitaria 2014
l'Emilia Romagna si è porta a
casa quasi 8 miliardi, la Toscana
6,7 miliardi, le Marche 2,8 miliardi, l'Umbria 1,6 miliardi, il
Molise 570 milioni e l'Abruzzo
2,3 miliardi. Il riparto del Fns
2014 è comprensivo di quota
indistinta, risorse premiali e
79,5 milioni da reperire nell'ambito delle risorse vincolate. Per
l'Emilia-Romagna il riparto
di quest'anno è significato 180
milioni in più rispetto al 2013.
"Un aumento superiore alle
previsioni - ha commentato l'assessore regionale Carlo Lusenti
3. Sanità nazionale
che rappresenta una profonda
boccata &ossigeno per tutta la
sanità regionale. Grazie all'iniezione di nuove iisorse - ha
proseguito - nei prossimi mesi
potranno essere adottati gli opportuni strumenti di programmazione regionale" Aumento di
risorse per 36 milioni anche per
l'Umbria, un gruzzolo che "intendiamo utilizzare per rafforzare e potenziare l'offerta della
rete dei servizi socio sanitari e,
in parte, per sostenere il piano
straordinario per abbattere le liste d'attesa; ha affermato la presidente della Regione, Catiuscia
Marini. Gli 8 milioni in più che
si è ritrovato ad avere il Molise
"consentiranno di proseguire il
piano di rientro dal deficit, ha
evidenziato il presidente della
Regione, Paolo Frattura. Positiva anche la reazione dellAbruzzo che ha ottenuto 40 milioni
in più rispetto al 2013. Una
cifra, ha considerato l'assessore regionale alla Sanità, Silvio
Paolucci, che "se sarà confermata dal ministero ci consentirà di perseguire l'obiettivo di
uscita dal commissariamento
cienza
con piena solidità finanziaria'.
Per quanto riguarda il Fondo
per l'autosufficienza e quello
per le politiche per la famiglia,
l'Abruzzo ha ottenuto rispettivamente 8,2 milioni e 122 mila
500 euro; l'Emilia-Romagna
26,6 milioni e 354 mila euro; le
Marche 9,7 milioni e 132 mila e
500 euro; il Molise 2,3 milioni
per la non autosufficienza e 46
mila curo per le politiche per la
famiglia; la Toscana 23,7 milioni e 328 mila euro. Le Regioni
hanno deciso di aumentare dal
30% al 40% le risorse per la non
autosufficienza da destinare alla disabilità gravissima, inclusa
la Sla.
Pagina 1
NOEMALIFE I Con 13 sedi nel mondo e installazioni in 23 Paesi , la multinazionale bolognese ha un respiro internazionale
Soluzioni digitali per una Sanità efficiente
Grazie ai sistemi informatici proposti, l'azienda garantisce una gestione unitaria del processo clinico
asce in Italia , ha un respiro internazionale (13
sedi nel mondo e installazioni in 23 Paesi) e un obiettivo:
diventare il partner irrinunciabile dei professionisti che
operano nel settore sanitario,
per tutto ciò' che attiene l'informatizzazione delle loro
strutture. La multinazionale
bolognese NoemaLife lavora
affinché l'innovazione tecnologica migliori realmente i
processi di cura.
Cristina Signifredi, vice direttore generale del gruppo
NoemaLife , spiega le concrete conseguenze positive di
una Sanità digitale: "Migliora
la qualità del processo di cura e riduce il rischio clinico,
contribuisce all'abbassamento dei costi , grazie all'elimi
-nazioedglsprchi.Og,
purtroppo,
l'informatizzazione nel settore sanitario in
Italia non ha raggiunto livelli
accettabili: circola ancora
troppa carta, nei vari passaggi di informazioni. Il proces-
so di cura è ancora basato su
un operato quasi prettamente manuale'.
Noemalife, grazie ai sistemi
informatici proposti, garantisce una gestione unitaria
del processo clinico. Diversi
gli ambiti di applicazione.
Innanzitutto la diagnostica. NoemaLife accompagna
l'evoluzione e la crescita dei
dipartimenti di diagnostica
da oltre 30 anni. Suo il modello di Laboratorio di Area
Vasta che integra in un'unica
piattaforma -più laboratori di analisi distribuiti su di
una determinata area territoriale, per l'ottimizzazione
delle risorse economiche e
dei processi di diagnostica.
Altro fondamentale ambito
di applicazione è l'informatizzazione del processo di
cura all'interno dell'ospedale.
"In questo caso, desideriamo
fare in modo che anche a livello del `giro visita; medici
e infermieri siano supportati dalla tecnologia e possano avere a disposizione,
per esempio tramite un device mobile, i dati riferiti al
paziente che stanno incontrando. Si badi bene: non si
tratta solo di fornire nuove
soluzioni o strumenti tecnologici, ma di aiutare i professionisti a ottimizzare il loro
lavoro, attraverso processi
più efficaci".
Un terzo ambito di intervento va nella direzione di
quello "Smart Care System"
da più parti identificato come l'unica strada per garantire sostenibilità al nostro
Ssn. Mentre fino a qualche
tempo fa il percorso di cura
dei pazienti era "ospedalecentrico, oggi la tendenza
è quella di ospedalizzare il
meno possibile, costruendo
percorsi di cura sul territorio. L'adozione di piattaforme
informatiche può supportare
nuovi modelli di servizio sanitario basati sulla continuità assistenziale , la deospedalizzazione e la cooperazione
tra tutti i soggetti di quella
"comunità clinica virtuale"
geograficamente
dislocata
sul territorio e deputata a
seguire i pazienti anche nella
propria abitazione.
"Per fare ciò è indispensabile
affidarsi a soluzioni It'; precisa Signifredi.
NoemaLife opera in ogni
regione italiana: a sostegno
dell'avanzamento tecnologi-
Cristina
Signifredi,
vice direttore
generale
del gruppo
NoemaLife
3. Sanità nazionale
co del Mezzogiorno , insieme
a un consorzio di enti pubblici e privati , è responsabile scientifico di un progetto
europeo, co -finanziato dal
Miur, denominato Smart Health 2.0, che mira a portare
occupazione e sviluppo nelle
quattro regioni dell'Obiettivo
Convergenza (Puglia, Calabria, Sicilia, Campania).
A fronte di un Paese che viaggia a più velocità, con l'attività scientifica in perenne
corsa e la parte organizzativa
che resta indietro, l'azienda
bolognese punta, insomma,
a far crescere la cultura della buona informatizzazione,
per sostenere nuovi percorsi
e processi. I risultati possono
essere davvero di eccellenza.
Si pensi alla soluzione che
verifica l'appropriatezza delle
prescrizioni, evitando l'esecuzione di test inutili perché
troppo ravvicinati nel tempo
o incongruenti con il quadro
clinico del paziente. Oppure
a come, attraverso l'attivazione di semplici alert, soluzioni
di ePrescribing possano evitare errori di prescrizione e
somministrazione di terapia
farmacologica, per esempio,
eliminando la possibilità che
venga prescritto un farmaco
a cui il paziente è allergico.
La ricetta NoemaLife a favore della qualità e sostenibilità del Ssn è ben spiegata nel
volume appena uscito, "La
Sanità 2.0 . tra Spending Re7
view e Clinical Governance ,
edito da Edisef, con la prefazione del ministro Beatrice
Lorenzin.
Pagina 2
SANA FERRARA / È il centro di riferimento provinciale, regionale ed extraregionale per la fase acuta
Ictus:
li
una 24 ore su 2
Delicato intervento su un ragazzo di 14 anni arrivato in gravi condizioni
Yictus cerebrale ischemi_a co, dovuto all'occlusione
acuta di un'arteria cerebrale,
rappresenta la prima causa
di disabilità permanente e la
terza causa di morte. Proprio
per queste caratteristiche di
vera emergenza medica deve
essere trattato nel più breve
tempo possibile (entro poche
ore) in strutture organizzate
dove si concentrano tutte le
competenze necessarie. In
questo contesto, l'Azienda
Ospedaliero-Universitaria S.
Anna di Ferrara possiede tutti i requisiti per organizzare
una stroke unit e si presenta
come centro di riferimento provinciale, regionale ed
extraregionale per la terapia
dell'ictus cerebrale ischemico in fase acuta.
Un caso particolarmente
interessante trattato dalla
stroke unit è stato quello di
un ragazzino di 14 anni colpito da un ictus cerebrale
ischemico molto severo. "Il
team dello stroke ha lavorato, come sempre, all'unisono - spiega il dottor Andrea
Saletti, responsabile della
neuroradiologia interventistica -. Si è immediatamente
attivato il `percorso stroke: Il
3. Sanità nazionale
paziente è stato velocemente
trasportato in pronto soccorso e si sono effettuati subito
diagnostici,
accertamenti
diagnosi e trattamenti specifici. Il neurologo ha sottoposto il paziente alla terapia
farmacologica trombolitica
e subito dopo l'ha trasferito
in neuroradiologia interventistica per l'intervento endovascolare . Siamo così riusciti
a ricanalizzare l'arteria e il
ragazzino ha lasciato l'ospedale con le sue gambe".
"Il neuroradiologo interventista ha una competenza sia
diagnostica che terapeutica,
ed entra in gioco quando la
terapia con il farmaco non ha
alcun effetto o quando tale
terapia non può essere effettuata - continua Saletti -. In
questi casi interveniamo con
degli stent che servono a 'catturare' il trombo e riusciamo
a mandare a casa un paziente
su due completamente autonomo".
"Il nostro è un ospedale piccolo, ma si caratterizza per
un reparto di neuroradiologia veramente funzionale,
basato su un affiatatissimo
lavoro d'équipe - afferma il
direttore Stefano Ceruti -. Di
fronte a una patologia come
lo stroke•ischemico, il tempo
è un fattore fondamentale e il
trattamento è efficace solo se
viene attuato nelle. primissime ore dopo che è avvenuta
la chiusura del vaso. Ecco
allora l'importanza di avere
a disposizione, 24 ore su 24,
una équipe valida come la
nostra, composta non solo
Il dottorAndrea
Saletti, responsabile
della neuroradiologia
interventistica presso
14zienda OspedalieroUniversitaria S. Anna
di Ferrara
da neurologi e neuroradiologi, ma anche da anestesisti e
da riabilitatori che possono
tentare di recuperare il danno che si è comunque creato'.
La stroke unit del S. Anna
non solo è in grado di svolgere le normali terapie farmacologiche per sciogliere
il trombo, ma vanta competenze di neuroradiologia interventistica spesso non presenti in altri ospedali. Questa
unità di emergenza è tra le
prime in Italia come numero di, procedure effettuate in
questa patologia.
Pagina 3
AUSL FERRARA. / Per l'Azienda sanitaria, sotto esame anche peso ed efficacia degli obiettivi individuati
Vautazione annuale per hpare
I risultati collegati alla carriera e allo stipendio, nel rispetto delle normative vigenti
n sanità come in ogni altra
organizzazione, il sistema
di miglioramento della qualità si conclude con una valutazione per poi ricominciare
dagli esiti della valutazione
la programmazione del ciclo
successivo. In tal senso, la
direzione aziendale dell'Usl
di Ferrara, fin dal suo insediamento, ha proceduto alla
revisione di tutto il sistema,
riconoscendo alla valutazione
del personale il ruolo di strumento di coinvolgimento e di
miglioramento dellefficienza.
Il tutto con gradualità, procedendo alla formazione e alla
I
La sede della Ausl di Ferrara
3. Sanità nazionale
condivisione con il personale
e con le organizzazioni sindacali, nel rispetto dei vincoli
della normativa. I principi di
ispirazione sono stati trasparenza, equità, sostenibilità e
coerenza con un'idea di "sistema." che impegnasse tutti
gli operatori verso i medesimi
obiettivi.
Per la valutazione del personale dirigente, si sono assunti
criteri predeterminati e condivisi da parte dei soggetti
valutatori e dei valutati, con
la garanzia metodologica di
uh organismo terzo. È stata
preventivata la possibilità . di
l _ 11f1iLLi l -1r 'jïÍU
ÏiJ1
'[ r[d lVlhllií i',!rf
_LI:«ICI II 111 1J]1h1!l'
€IL
Paolo Saltavi direttore
generale Ausl di Ferrara
partecipazione diretta del valutato alla valutazione di prima e seconda istanza, e la possibilità da parte del valutato di
ricorrere a un contraddittorio
assistito da persona di sua fiducia.
Lésito annuale della valutazione è collegato allo stipendio
di risultato e viene inserito
nel fascicolo personale per un
possibile sviluppo di carriera,
evidenziando così un chiaro
rapporto con il sistema premiante. Il medesimo processo
dovrà essere poi esteso, effettuati gli opportuni aggiustamenti, anche al personale del
comparto. Al tempo stesso, la
valutazione della performance
aziendale, prodotta per due
anni con specifico documento dell'Organismo di Valutazione Aziendale (Ova) è ora
effettuata attraverso la pubblicazione sul sito aziendale della valutazione regionale e del
"bilancio di missione" quale
documento di accountability
dellefficienza e dellefficacia.
In sostanza per l'Azienda Usi
di Ferrara la valutazione riguarda il processo e i suoi esiti,
l'efficienza (output) e l'efficacia
(outcome), ma anche il peso e
la validità degli obiettivi individuati (input), un processo
essenziale e mai ultimato, che
comprende anche la necessità
di verificare che il sistema di
valutazione individuato sia il
più adeguato.
Pagina 4
CHIRU GIA VERTEBRALE / Giuseppe Maida è specializzato nel trattamento mini invasivo percutaneo
R
r azarsi subit
Patologie degenerative: sempre meglio grazie alla tecnologia e alla mano del chirurgo
Ta discopatia degenerativa,
l'ernia distale, la stenosi
lombare e cervicale, ma anche
la patologia traumatica e i suoi
postumi, le fratture vertebrali da osteoporosi o da artrosi.
Oggi le patologie degenerative
possono contare su interventi
di chirurgia vertebrale assolutamente innovativi , grazie a
tecniche mini invasive percutanee, che permettono di rimettersi in piedi già subito dopo
l'operazione e un post operatorio brevissimo , in genere da 3
settimane a 2 mesi nei casi più
complessi.
A spiegare bene quanto e come
nell'ultimo decennio si sia evoluta e affinata la tecnica chirurgica nel caso di tali interventi è
un nome noto nell'ambito della
chirurgia vertebrale, quello
di, Giuseppe Maida, medico
chirurgo specializzatosi negli
anni in neurochirurgia. "Senza
dubbio le innovazioni apportate dalle tecniche moderne
sono sorprendenti - dice -. Il
trattamento mini invasivo percutaneo ha trovato diffusione
in chirurgia vertebrale proprio
per i vantaggi rispetto al passato, permettendo interventi
prima impensabili con riduzione sia delle complicanze post
operatorie che del periodo di
allettamento del paziente. Con
il miglioramento delle tecniche chirurgiche e dei materiali
impiegati, oltre che con l'uso di
tecniche mini invasive, dunque
è possibile offrire una soluzione a molti problemi che prima
erano difficilmente affrontabili,
soprattutto se poi si pensa che
mal di schiena e malattie su
base degenerativa della colonna vertebrale sono di riscontro
frequente nella popolazione
3. Sanità nazionale
di età compresa fra i 25 e i 60
anni',
Fino al 2012 il dottore Maida era nell'Unità operativa di
Neurochirurgia del Sant'Anna
di Ferrara, dal 2013 è presso la
clinica convenzionata di Santa
Maria Maddalena a Occhiobello, in provincia di Rovigo. Qui
è responsabile dell'Unità operativa di Chirurgia Vertebrale,
nel contesto del dipartimento
p.olispecialistico di Chirurgia
al quale fanno capo di diverse
divisioni chirurgiche. La sua
esperienza nel campo è lunghissima: da 12 anni ormai si
occupa nello specifico della
chirurgia della colonna vertebrale (cervicale, dorsale e,
lombosacrale), in particolare di
chirurgia vertebro-midollare,
chirurgia mini invasiva del rachide, microchirurgica del rachide, sistemi di stabilizzazione
vertebrali e protesi dinamiche
vertebrali, discectomia con tecnica microchirurgica.
"Mi occupo quasi esclusivamente della patologia degene-
rativa - spiega meglio il chirurgo -, vale a dire trattamento di
ernie (distali, cervicali, dorsali,
lombali), stenosi e patologia
artrosica, fino alle forme più
complesse degli scivolamenti
vertebrali':
l'utilizzo di tecniche moderne
è l'aspetto più importante del
lavoro di Giuseppe Maìda, la
sua vera sfida: "Tecniche d'eccellenza sono quelle mini invasive e percutanee, assistite dal
computer e con microscopio
operatorio, laddove possibile - precisa -, che permettono,
con incisioni molto piccole o
addirittura senza incisioni, solo
con piccolissimi fori, di eseguire interventi ricostruttivi sulle
vertebre con impatto anatomico bassissimo sul paziente. Per
capirci, il paziente si alzala sera
stessa: Un obiettivo, questo che
vede al centro i progressi delle tecnologie degli impianti e
degli strumentari, a pari passo
con quello che per il dottore
Maida è l'approccio fondamentale alle patologie vertebrali:
l'aspetto sociale. "Come ho
spiegato, mi occupo esclusivamente di patologia, degenerativa e artrosica della colonna
vertebrale - sottolinea -, vale a
dire ernia del disco cervicale e
del disco lombare, mal di schiena, blocco cervicale, artrosi,
scivolamenti vertebrali, che
sono patologie diffusissime e
con costi sociali molto importanti, poiché costringono ad
assentarsi dal lavoro per diverso tempo. Prima dell'avvento di
tecniche innovative, ricorrere a
periodi di riposo di tantissimi
mesi aggravava la condizione
del paziente, con ulteriori costi
sociali, sia perché nel fase precedente l'intervento non si era
in grado di lavorare, sia perché
dopo di esso vi era il decorso
post operatorio.
Pertanto in questo tipo di patologie l'impatto sociale è altissimo, motivo che mi porta a
puntare sulla chirurgia moderna mini invasiva percutanea: Il
tutto senza trascurare il fattore
prevenzione, grazie all'impiego di materiali innovativi che
possono prevenire altri deterioramenti dopo l'intervento.
"Oggi, se necessario - conclude
il chirurgo - si bloccano le vertebre con materiali moderni
che prevengono sofferenze 'artrosiche sia sopra che sotto le
vertebre". In pratica, se si deve
intervenire, si può fare qualcosa che prevenga peggioramenti
successivi. Per maggiori informazioni visitare il sito Internet
www.giuseppemaida. it.
Pagina 5
ll dottor Giuseppe Maida
L:_
La clinica S.Maria Maddalena
3. Sanità nazionale
Pagina 6
ATUSL PIACENZA. DIP.TO ONCOLOGIA - EMATOLOGIA / Incontri mensili su casi clinici interdisciplinari sulle più recenti linee guida delle patologie
cura.
®
®
i D sono e- t,,
Coordinato da Luigi Cavanna, gruppo di lavoro con 20 membri di diversa estrazione professionale. Cure ad hoc per ogni paziente
1 Non è solo uno slogan, ma
un concetto fondante
della medicina moderna: dove c'è attività di ricerca, là le
cure sono migliori e più efficienti. Ci troviamo a Piacenza,
all'interno del dipartimento
di Oncologia ed Ematologia,
guidato da Luigi Cavanna.
Prima di addentrarci nella
specificità dell'Unità Operativa, il medico tiene a precisare
gli ambiti semantici e contenutistici legati proprio alla ricerca. Si tratta, spiega: "Di una
componente
fondamentale
dell'attività, non solo del medico ma anche dell'infermiere, del tecnico e del laureato
non medico. Quali possono
essere gli scopi della ricerca?
Certamente l'acquisizione di
conoscenze generalizzabili rivolte alla comunità scientifica
e di conoscenze destinate a
contribuire al miglioramento
delle capacità di governo dei
problemi assistenziali in determinati contesti . La ricerca
e l'innovazione spesso sono
concepite in modo distintivo:
sono invece molto legate':
Entrando nello specifico della ricerca clinica, questa deve
essere strettamente intrecciata
con la normale attività assistenziale : "Infatti - prosegue
Cavanna - la ricerca clinica
implica il coinvolgimento dei
pazienti sotto la responsabilità dell'azienda sanitaria, ed è
importante che questa attività
sia tracciata all'interno della
stessa Asl".
Da circa 10 anni il Servizio Sanitario Regionale dell'Emilia
Romagna, avendo acquisito la
consapevolezza della rilevanza dell'attività di ricerca, con
la legge regionale 29/2004 ha
individuato la ricerca come
componente delle funzioni
istituzionali
fondamentali proprie di tutte le aziende
sanitarie, al pari della forma-
3. Sanità nazionale
zione e della funzione assistenziale con le quali si deve
integrare. "Quindi ho la fortuna di lavorare in una regione
in cui la ricerca medica è praticamente parte integrante del
lavoro di tutti i giorni
Nella realtà di Piacenza, il
Collegio di direzione, nelle sue
funzioni di programmazione
e controllo, nella seduta del
marzo 2012 ha proceduto alla
costituzione di un `Gruppo di
lavoro aziendale: Innovazione,
ricerca, formazione e rapporti
con le università; coordinato
dal sottoscritto e costituito da
20 membri di diversa estrazione professionale':
Il compito del gruppo è quello
di stimolare la ricerca, indirizzare la formazione, implementare i rapporti con l'Università, favorendo una sempre
maggiore presenza nell'Asl di
Piacenza di studenti dei corsi
di laurea in Medicina e delle
Professioni Sanitarie e degli
specializzandi delle varie specialità
medico-chirurgiche.
Il gruppo di lavoro organizza
mensilmente incontri dei vari
professionisti su casi clinici interdisciplinari, sulle più recenti linee guida delle patologie
medico-chirurgiche e per questo autunno ha in programma
la formazione sulla stesura dei
case report per riviste censite e
sull'umanizzazione delle cure".
Veniamo ora ai numeri: il dipartimento guidato dal dottor
Cavanna copre una popolazione di 300 mila abitanti,
della zona di Piacenza e pro- praticata sia la ricerca sponsovincia, con innesti provenienti rizzata, cioè in collaborazione
anche dal sud della Lombar- con le case farmaceutiche, che
dia. L'unità oncologica prende quella spontanea, nella quale
in carico 1.200 nuovi pazienti sono i medici stessi a scrivel'anno, mentre presso quella re i protocolli di ricerca. In
ematologica vengono eseguiti quest'ultimo caso, fondamentrapianti autologi, allogenici, tale è il supporto - anche ecocooperando anche cori strut- nomico - delle associazioni di
ture estere. Nel dipartimento volontariato.
viene eseguita anche la radio- Inoltre, proprio perché la cura
terapia con acceleratore line- del malato oncologico è comare.
plessa, il dipartimento ha avLe patologie seguite sono le viato la prassi che prevede un
più frequenti (tumore al pol- approccio multidisciplinare.
mone, all'intestino, alla mam- 'Le evidenze provenienti damella), sempre con l'approccio gli Stati Uniti segnalano come
sopra citato, che abbina una lesito del paziente sia migliore
migliore cura all'attività di se cura e diagnosi non sono di
ricerca. La ricerca clinica, in- pertinenza di un solo medico,
fatti,. spiega Cavanna: "Impo- ma di più figure. Ecco perché ne al medico e agli operatori sottolinea Cavanna - settimadi utilizzare una metodologia nalmente chirurghi, oncologi
standard, sia di comporta- e radioterapisti si incontrano
per stabilire, per il singolo pamento che di procedura, che si
ziente, il percorso di cura più
trasforma in miglior garanzia
appropriato. Questo garantiper il malato. Inoltre, la ricersce, nuovamente, un miglior
ca consente l'utilizzo di trattatrattamento al paziente, e un
menti che diventano sia stancontinuo stimolo ai diversi
dardizzati che riproducibili"
Va ricordato che quando si professionisti, chiamati a confrontarsi di continuo. Ovviaparla di ricerca non si intende solo quella relativa a nuovi mente il paziente rimane in
carico al medico del dipartifarmaci, ma anche a metodimento':
I
che di diagnosi e a procedure Il futuro, nella cura dei tumori,
organizzative. Presso il dipar- parla di "cure personalizzate".
timento, il metodo principale Significa che i medici hanno
della ricerca è quello degli scoperto che lo stesso tumore,
studi clinici randomizzati (in in più persone, pur essendo
cui vengono paragonati due identico a livello istologico, ha
gruppi di pazienti, trattati in cellule con differenze nel Dna
modo tradizionale o con nuo- o nei recettori presenti sulle
vi farmaci di cui si vuole te- membrane cellulari. Conoscestate l'efficacia). Inoltre, viene re queste differenze aiuta a costruire farmaci capaci di combattere un recettore specifico.
"Come conseguenza - conclude Cavanna - si ha una cura
più mirata che, tra l'altro, non
sarà più "demolitivá' come un
tempo, ma efficace al massimo
e invasiva al minimo".
Pagina 7
Infermieri protagonisti nella ricerca clinica
Sono incaricati di posizionare i cateteri venosi centrali
utilizzando la nuova tecnica Picc (peripherally inserted central
catheter). Si tratta di urta tecnica più sicura e duratura
Come precisato dal dottor Cavanna,
la Sanità - e i pazienti - richiedono sempre più che a essere coinvolti e
responsabilizzati, nei diversi percorsi
di cura, siano non solo i medici, ma gli
infermieri. Presso il dipartimento di Oncologia, proprio gli infermieri sono i protagonisti di un progetto di ricerca clinica.
3. Sanità nazionale
Sono loro, infatti, debitamente formati,
che hanno il compito di posizionare i cateteri venosi centrali utilizzando la nuova tecnica Picc (peripherally inserterd
central catheter). Una volta identificata
la vena, gli infermieri del Picc Team inseriscono il catetere con filo guida. Queste
metodiche, allargate agli infermieri, por-
tano una serie di benefici, in termini di
maggior sicurezza, costo-efficacia di ogni
manovra, efficienza globale aziendale. Il
dipartimento presenta dei numeri significativi: nel 2012 sono stati eseguiti 118
impianti, nel 2013, 398, nei primi quattro mesi del 2014, 339. L'accesso venoso
sicuro e duraturo è elemento essenziale
per eseguire sui pazienti interventi sia
chirurgici che farmaco logici. La precisione con la quale vengono eseguiti gli interventi, sia da parte dei medici che del Picc
Team, è garanzia di estrema attenzione,
dunque di migliore cura nei confronti del
paziente.
Pagina 8
Medici,
infermieri
e psicologi
dell'Oncologia
di Piacenza
Parte del Gruppo Ricerca e Innovazione dellAsl di Piacenza
Lotta al cancro , anche tre psicologhe in campo
La cura del paziente oncologico prevede, presso il dipartimento piacentino, anche un importante impegno nei
confronti del sostegno psicologico. Allo scopo, all'interno
dell'unità, lavorano anche tre psicologhe, che hanno il compito di affiancare i pazienti, i parenti e anche l'equipe.
Sin dalla prima visita il paziente, se lo desidera, può farsi seguire. Un'attenzione particolare è rivolta ai figli dei pazienti
giovani. In questo caso, gli psicologi sostengono l'adulto in
modo che comunichi in modo corretto al figlio la presenza
della malattia.
'Luigi Cavanna, direttore del dipartimento di Oncologia
ed Ematologia di Piacenza
j .l,?_i L llf fi'Jlt , ll!!', Il
I'
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{1i!Íil f ?
- il: i k!i F,,;iï' !
Opuscoli utilizzati per
comunicare al bambino che
il genitore ha una malattia
oncologica
3. Sanità nazionale
Pagina 9
Mi metto i guanti
e regalo carezze
ai malati di Ebola
Massimo Galeotti raccontala guerra contro l'epidemia
i volontari devono proteggersi con tute pesanti e occhialoni
Bisogna fare
sempre molta
attenzione
il virus si trasmette
attraverso i liquidi
dei corpo: una stretta
di mano può bastare
a essere contagiati
di Gemma Vignocchi
Risponde al cellulare e dice: «Stavo preparando la besciamella
per i cannelloni. Sa, cucinare mi
rilassa». Massimo Galeotti, infermiere di Medici senza Frontiere,
da un paio di settimane è nella
sua casa di Palazzuolo sul Senio,
nel Mugello (in provincia di Firenze ma più vicino alla Romagna) per riposarsi e riprendere
energie. Poi partirà di nuovo per
l'Africa occidentale, a combattere contro LEbola nel "triangolo
della morte", la zona compresa
tra Guinea, Sierra Leone e Liberia dove il virus fa strage. Si trovava in Birmania, sempre come
volontario, quando all'inizio
dell'estate i dirigenti di Msf gli
hanno chiesto se era disposto a
spostarsi a Guéckédou, cittadina nella foresta guineana: era il
24 giugno e tre mesi prima FEbola era stata dichiarata ufficialmente epidemia e definita
dall'Oms "emergenza di salute
pubblica internazionale". L'infermiere toscano non ci ha pensato un attimo: è partito. E ha
avuto un battesimo di fuoco: il
giorno stesso del suo arrivo, alla
clinica di Msf si è presentata una
famiglia - padre madre e tre
bambine, tutti infetti. Sono morti uno a uno nel giro di pochi
giorni tranne la ragazzina più
grande, Mary. Lei ce l'ha fatta. E
per l'infermiere fiorentino, che
se l'era presa a cuore convincendola a curarsi, è stata una gran de vittoria, tanto più che l Ebola
in quel momento aveva un tasso
3. Sanità nazionale
di mortalità del 90 per cento.
Galeotti, lei sta molto vicino
ai malati, è affettuoso con loro.
Dicono che a volte gli faccia
persino il solletico.
«Ai bambini africani piace, li
diverte. E un giorno mi sono
messo a fare il solletico anche a
un uomo arrivato nella nostra
clinica in Liberia, e lui ha riso.
Era un quarantenne ma aveva lo
sguardo spaurito di un bambino, col terrore di chi pensa che
quasi nessuno esce vivo dai nostri ospedali. Ho cercato di consolarlo, di dargli coraggio. Il contatto fisico con i pazienti è importantissimo, soprattutto nel
caso dell'Ebola perché questa è
una malattia che ti costringe ad
allontanarti da tutti e da tutto:
spesso le persone muoiono senza poter avere i familiari accanto. Così il rapporto con medici e
infermieri diventa l'unico collegamento con il mondo esterno.
Noi naturalmente dobbiamo
sempre essere ben protetti».
Insomma anche il solletico
va fatto coni guanti.
«Certo, due paia di guanti, da
lavare in acqua e cloro. E quando entriamo nei centri di isolamento dobbiamo indossare una
tuta di materiale plastico impermeabile, stivali di gomma e una
maschera che copre bocca e naso, mentre per riparare gli occhi
usiamo degli occhialoni tipo
sub. E poi, sopra tutto, un grembiule di plastica che ci copre dal
collo ai piedi. E chiaro che così
bardati si fa la sauna e si suda
tantissimo. Si respira anche male e ogni piccola cosa diventa faticosa, anche chinarsi per dare
da bere a un paziente. Non si
può resistere a lungo con tutte
quelle protezioni addosso».
L'Ebola è estremamente con-
tagiosa, purtroppo.
«Sì, si trasmette attraverso tutti i liquidi del corpo. Può bastare
una stretta di mano per ammalarsi, se la mano è sudata e chi la
stringe ha una piccola ferita. I
morti poi sono più contagiosi
dei vivi perché hanno una carica
virale altissima, e le abitudini locali favoriscono la diffusione del
virus».
Per esempio?
«La notte prima del funerale
almeno un familiare dorme a
fianco del defunto, nello stesso
letto, e così rischia di ammalarsi.
Un altro esempio: una volta 32
persone di uno stesso villaggio
sono arrivate al nostro centro di
Foya, in Liberia, ed erano tutte
positive all'Ebola. Allora abbiamo inviato un team in quel villaggio per capire i motivi di un
contagio tanto esteso. E abbiamo scoperto che un leader religioso locale era andato in pellegrinaggio a Monrovia, la capita-
Sono colpiti
tutti gli strati
della
popolazione, soprattutto
chi sta a contatto
con la gente. Ma chi
si alimenta bene
ha più chance di guarire
le, per incontrare altri leader religiosi e si era ammalato. Tornato
a casa, era morto. Per prepararlo
al funerale avevano lavato il suo
corpo, come qui fanno sempre,
e avevano tenuto l'acqua. E poi
in quell'acqua infetta i fedeli si
erano sciacquati viso e mani».
Lei non ha mai paura?
«No, con tutte le protezioni
che abbiamo mi sento al sicuro.
So però che devo stare attentissimo, per esempio a non inciampare, a non bucarmi... Non possiamo toccarci nemmeno tra
noi volontari. All'inizio dell'epidemia sono morti parecchi medici e infermieri negli ospedali
locali, e altri sono fuggiti per il
terrore del contagio. E così la situazione si è aggravata, tanto
più che questi paesi non hanno
molti soldi da investire per fermare la strage e la comunità internazionale non mi pare faccia
abbastanza».
Sono colpiti soprattutto i più
poveri?
«Sono colpiti tutti, e in particolare chi sta a contatto con la
gente come i commercianti o i
tassisti. Poi certo la miseria può
peggiorare la situazione perché
chi si alimenta bene e ha buone
difese dell'organismo ha più
chance di farcela. Il virus è partito dai villaggi ma poi è passato in
fretta nelle città con gli spostamenti delle persone: qui tutti si
muovono in continuazione».
Pagina 10
In che modo curate i pazienti?
«Nei centri di Msf non si usano farmaci sperimentali e per
l'Ebola non ci sono medicine
specifiche, quindi diamo delle
terapie di supporto: antibiotici,
antimalarici, vitamine, sali minerali per reidratare. E importante anche aiutarsi con una
buona alimentazione. Il nostro
centro di Monrovia ha 200 posti
e non abbiamo più spazio per i
letti, non sappiamo come fare.
C'è anche il problema di educare la popolazione».
Da quanto tempo lavora per
Medici senza frontiere?
«Dal 2003. Cominciai con una
missione in Angola dove era da
poco finita la guerra e c'era bisogno di curare i bambini che saltavano in aria sulle mine. Poi ci
sono stati la Liberia, il Sud Sudan,
la
Birmania,
il
Bangladesh...»
Che ne pensa la sua famiglia
Quando il team
è giù di corda
oppure c'è
un compleanno
da festeggiare preparo
torte o cucino la pasta:
il cibo è terapeutico
per noi italiani
di questa attività?
«Ho 40 anni e sono single. Mia
madre si preoccupa, naturalmente, ma non mi ha mai ostacolato».
E prima che faceva?
«Ho cominciato lavorando in
una casa di riposo a Firenzuola,
sempre nel Mugello. Ma mi attraeva l'India e ogni anno andavo a lavorare per qualche mese
in un ospedale di Madre Teresa,
a Calcutta. Poi decisi di impegnarmi con Medici senza frontiere, però per andare in missione bisognava conoscere bene
l'inglese ed essere specializzati
in medicina tropicale. Così mi licenziai dalla casa di riposo e partii per Londra: ho lavorato per
tre anni al Royal Free Hospital e
ho preso la specializzazione».
Ora torneràinAfrica.
«Sì, l'ho chiesto io. É dura, soprattutto psicologicamente, però c'è bisogno di qualcuno che
abbia esperienza con 1Bbola e io
in questi mesi mela sono fatta. E
quando mi sento giù di corda cucino. In tutti i posti dove vado mi
porto sempre dietro una teglia
di silicone pieghevole che uso
per fare i dolci. Ho l'abitudine di
chiedere la data di nascita dei
componenti del team e così peri
compleanni o quando il morale
del gruppo è a terra preparo torte oppure cucino lapasta. Il cibo
ha un valore terapeutico, soprattutto per noi italiani».
L'infermiere Massimo Galeotti , 40 anni, nei centro di Msf a Foya, in Liberia
3. Sanità nazionale
Pagina 11
Galeotti (secondo da sinistra) insieme ad altri operatori umanitari
45507: è il nu mero
I sei mesi
perle donazioni
quasi
Bisogna agire subito per fermare la
peggiore epidemia di sempre.
L'appello viene da Medici senza
frontiere che ha dato il via alla
raccolta di fondi . Fino al 4 ottobre
si dona al numero 45507 per
sostenere i progetti contro l'Ebola
in Sierra Leone e Liberia. II valore
della donazione sarà di 2 euro per
ciascun Sms inviato da cellulari
Tini, Vodafone, Wind, 3,
PosteMobile, CoopVoce e Noverca,
sarà di 2 euro per ogni chiamata da
rete fissa TeleTu e Twt e di 2 o 5
euro per ciascuna chiamata da rete
fissa.
Da quando è stata dichiarata
ufficialmente epidemia , il 22 marzo
scorso, a oggi, PEbola ha provocato
più di 2800 morti e si èdiffusa a
ritmi senza precedenti in Guinea,
Liberia, Sierra Leone, Nigeria e
Senegal , dove si contano 700 nuovi
casi a settimana.
Le équipe di Msf hanno trattato
circa il 60 per cento dei casi
registrati. Hanno ricoverato quasi
3mila persone di cui 1750 positive
all'Ebola. Oggi l'organizzazione,
che nel '99 ha avuto il Nobel perla
pace, è impegnata nei paesi colpiti
con 2239 operatori tra cui una
ventina di italiani e gestisce 5 centri
di trattamento con una capacità
totale di 500 posti in isolamento.
Ma in Liberia e Sierra Leone i centri
sono sovraffollati e non riescono ad
accogliere l'enorme flusso di malati
che chiedono aiuto. La situazione è
tragica e le promesse da parte delle
Nazioni Unite - denuncia Msf - non
si sono ancora concretizzate. I
malati sono disperati, gli operatori
umanitari esausti. I tassi di
contagio raddoppiano ogni tre
settimane mentre il panico si sta
diffondendo.
Intanto un numero crescente di
persone sta morendo per altre
malattie come la malaria a causa
del collasso dei sistemi sanitari.
I fondi raccolti contribuiranno
all'invio di personale specializzato,
alla realizzazione di nuovi ospedali
da campo, strutture d'isolamento e
laboratori mobili perla
diagnostica, alla distribuzione di
kit medici e igienici.
Con meno di i euro Msf può fornire
i litro di trattamento di
reidratazione endovenosa ai
pazienti, mentre con 15 euro può
acquistare una tuta protettiva per i
propri operatori.
Oltre che tramite sms si possono
fare donazioni con carte di credito
oppure bollettini postali e bonifici
bancari. Basta consultare il sito
dell'organizzazione: www.
med i ci senzafro ntiere .i t/ebo la
3. Sanità nazionale
ila morti
Pagina 12
I volontari protetti dalle tute con in braccio due bambini
Gli occhi devono essere riparati con grandi occhiali di plastica
3. Sanità nazionale
Pagina 13
A NOVEMBRE LA PROFILASSI
Arriva l'influenza americana
Il virus è già noto, vaccino pronto
Una donna a letto con l'influenza
di Gian Ugo Berti
Un virus viene dalla California,
un altro dal Massachussets, un
terzo infine dal Texas. Il nome
ufficiale dell'influenza 2015 è l'
"americana". Gli esperti parlano di una situazione anche per
quest'anno "normale", con virus conosciuti e già presenti
nel vaccino. Si tratta dunque di
una diffusione media che, per
quanto riguarda la Toscana,
colpirà circa 300 mila persone
fra Natale e Pasqua.
Secondo Fabrizio Pregliasco, infettivologo all'Università di Milano, i primi, sporadici
casi giungeranno in Italia intorno alla fine di novembre ed in
base all'andamento delle condizioni meteorologiche. Saranno comunque le vacanze di Natale e Fine Anno a dare il via ufficiale della stagione, mentre la
parte piu' corposa si concretizzerà dopo l'Epifania con la tradizionale riapertura delle scuole, delle fabbriche e degli uffici.
Per quanto riguarda invece il
vaccino, tutto è pronto. Il periodo vaccinale inizierà alla fine
d'ottobre, anche se quello ideale per sottoporsi alla consueta
profilassi si concluderà a fine
novembre. I sanitari invitano
tutti a vaccinarsi, soprattutto
anziani e malati cronici, perché solo con un'elevata diffusione si potrà avere una sicura
copertura preventiva.
I disturbi dell'epidemia si
manifesteranno comunque in
modo classico con febbre improvvisa ed alta, dolori muscolari ed articolari diffusi, problemi respiratori. Non devono però essere dimenticati i virus parainfluenzali ovvero i "cugini
poveri", gli adeno ed enterovirus, quelli cioè che sono presenti tutto l'anno, ma che si potenziano con i bruschi cambi
3. Sanità nazionale
di temperatura. Ci rendiamo
complici di tutto ciò, quando
commettiamo comuni errori,
lasciandoci coinvolgere in giornate di un bell'autunno, ma
umide, con abiti non consoni
alle condizioni meteo ambientali. Buon senso e prudenza
consigliano quindi un corretto
stile alimentare e di vita, uscendo all'aperto adeguatamente
coperti, la cosidetta "cipolla",
evitando abbuffate, bevendo
in abbondanza liquidi non alcoolici ed acqua, lavandosi bene le mani e liberando le vie respiratorie nasali.
Pagina 14
«Manicomi riaperti 1I1 famiglia »
L'allarme al convegno Cei: peso insopportabile per i congiunti
LUCA LIVERANI
Roca
overtà e malattia mentale. Ovvero, quando causa ed effetto
sono intercambiabili in un binomio che - mai come in questi annidi
recessione - si autoalimenta. Un circolo vizioso ormai studiato anche dalla
scienza. «I disturbi mentali gravi sono
"malattie dellapovertà" - affermalo psichiatra Michele Tansella - come il colera e la Tbc. Chiunque può soffrire di
disturbi mentali, ma i poveri hanno
molte più probabilità di ammalarsi. Ci
sono evidenze scientifiche forti che dimostrano che la p overtà causa i disturbi mentali».
Tansella, direttore del Dipartimento di
psichiatria dell'università di Verona, lo
dice citando Salute mentale e povertà,
uno studio pubblicato di recente dall'Università di Cambridge. Una conferma
autorevole che arriva al convegno organizzato dall'Ufficio nazionale Ceiper
la Pastorale della salute e da Caritas italiana, intitolato La salute mentale:
un'emergenza!La psichiatria in tempo
3. Sanità nazionale
di crisi.
La povertà, spiega lo psichiatra, è un
fattore di rischio perle malattie mentali
coli come a loro volta le malattie mentali causano significative perdite direddito. Lultimo rapporto della Scuola di
Sanità Pubblica di Harvard stima per i
prossimi 20 anni (2011-2030) gli effetti
delle malattie sulla produzione: al primo posto quelle mentali, che saranno
responsabili del 35% dell'attesa perdita totale di produzione, prima di quelle cardiovascolari (33%) e il doppio del
cancro (18%). La cura più efficace per
prevenire il disagio psichiatrico, allora,
è costituita semplicemente dalle azioni per combattere la povertà.
Fabrizio Oleari, presidente emerito dell'Istituto superiore di sanità, ricorda il
caso esemplare della Svezia «che nei
primi anni 90 affrontò una grande crisibancaria ma decise di investire sulsocio-sanitario. La Spagna, in questi ultimi anni di crisi, non l'ha fatto. E ha avuto tassi di suicidio molto più alti». Che
la malattia mentale possa avere esiti tragici è un dato di fatto. «I nostri pazienti muoiono molto prima», dice con amarezza Emilio Sacchetti, presidente
della Società italiana di psichiatria: «Per
cause violente, ma anche solo organiche».
Per il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che ha inviato un contributo
scritto al convegno, esiste anche un problema di «sottoutilizzo dei servizi perla
salute mentale». Particolarmente sole
le famiglie di questi pazienti, nonostante l'efficacia provata degli interventi
psicoeducativi familiari nel ridurre i livelli di carico. «L'80% dei pazienti con
schizofrenia ha un contatto regolare
con i servizi, ma solo l'8% delle loro famiglie riceve un intervento strutturato
di sostegno», annota il ministro.
Fra Marco Fabello, direttore generale
Ircss del Centro S.Giovanni di Dio di
Brescia, constata che la legge 180 del
'78, che ha chiuso i manicomi, «qualche
voltali ha aperti nelle famiglie, oberandole di responsabilità». Un peso di cui
la chiesa italiana da tempo cerca di farsi carico, ricorda don Carmine Arice, direttore dell'Ufficio Cei perla pastorale
sanitaria: «L'esperienza dice che spesso una delle prime porte alle quali bussa chi chiede aiuto per queste patologie complesse sono proprio le porte
delle parrocchie e delle Caritas». Senza contare che sono oltre 160 le Rsa gestite da enti ecclesiali. Con un approccio che va oltre la terapia: «Perché la
malattia non va solo affrontata con tutte le risorse terapeutiche a disposizione - ricorda monsignor Domenico
Pompili, sottosegretario della Cei-ma
an che inquadrata con un approccio olistico, nel contesto della storia della
persona concreta».
Solo l'8% delle dei nuclei
riceve sostegno dai servizi
pubblici . Sempre più
spesso il disagio psichico
fa rima con povertà
Pagina 15
Sanità lombarda : il processo sulle tangenti
Nella requisitoria del processo a carico di un
imprenditore, un pm milanese ha proclamato:
«Per 15 anni nella sanità lombarda le tangenti
sono state la regola. Non si potevano concludere
contratti se non vi era la disponibilità a versare
denaro». La prima considerazione riguarda il
versante giudiziario. Nel processo io non sono
implicato, ma la requisitoria del pm ha riguardato
me come uomo di governo e come persona. Il pm
«è riuscito» a processarmi in un procedimento in
cui non mi ha chiamato a far parte e quindi non
mi ha concesso neppure la facoltà di difesa. Come
dire: le «prove», ritenute sufficienti per portare a
processo il preteso «corruttore», non lo sono per il
preteso «corrotto»; ciò nonostante, nel processo a
carico del primo non ci si perita dall'accusare il
secondo! Con tecnica invertita, nel processo
Maugeri, a essere separati dagli altri imputati
sono gli asseriti «corruttori», stralciati sin dal
maggio 2012 per l'allora «impellente» necessità
di provvedere a un patteggiamento su cui però, la
Procura non si è ancora decisa a dare il consenso,
nell'attesa evidente che i pretesi «corruttori»
confermino nel dibattimento le dichiarazioni rese
durante il periodo di cattività. E cosi ha dichiarato
il 7/2/2014 davanti al gup, in un verbale che
costituisce una pagina al tempo stesso fra le più
oscure e illuminanti del processo, un imputato che
ha avuto la forza e l'orgoglio di sottrarsi alla morsa
accusatoria: «La Procura ha inteso prendere il mio
esame in sede di incidente probatorio senza
neppure esprimere il proprio consenso/ dissenso
su una ragionevole istanza di patteggiamento.
(...) La Procura ha sempre dichiarato che il
patteggia mento avrei dovuto "meritarlo' in sede
di incidente probatorio». Questo è dunque il
metodo con cui si costruiscono i processi a mio
carico. Per quanto mi sarà concesso, mi difenderò
nelle sedi proprie, come ho sempre fatto (invero
con un certo successo). Quanto invece alla sanità
lombarda che si vorrebbe assieme a me
processare, credo che il miglior giudizio possa
essere espresso ricordando come, nei miei 15
anni, la Lombardia abbia costantemente
migliorato le proprie performance: 1) È stata
l'unica regione italiana a chiudere sempre in
equilibrio i propri bilanci. 2) È passata dal terzo al
primo posto nell'indice di attrattività di pazienti da
altre regioni. 3) Ha esentato dal ticket una quota
di cittadini sempre superiore a quanto stabilito
dallo Stato. 4) È stata dal 2000 al 2012 la Regione
italiana ed europea che più ha investito in edilizia
sanitaria. In che modo questi risultati sarebbero
compatibili con l'affermazione del pm in base alla
quale in Lombardia si poteva agire solo tramite
tangenti, cioè con sovracosti illegali?
Sarà interessante vedere come il pm dimostrerà
la sua tesi quando sarà chiamato a giustificarla.
Sen. Roberto Formigoni
3. Sanità nazionale
Pagina 16
di Luigi
ipamo i
NON OSSESSIONE
MA CONSAPEVOLEZZA
orzando il concetto si potrebbe dire
che la maggior parte dei femminicidi
in Italia viene commesso da donne.
Sono quelle che hanno «imparato»
I
a fumare quanto e più degli uomini.
Considerazione moralista, irritante , risaputa
quanto si vuole, ma ineludibile se si vuole
trattare senza falsi pudori il tema della prevenzione dei tumori "al femminile" oggi.
I numeri sono lì a dirlo chiaramente : quello
al polmone è diventato il terzo cancro
più frequente fra le donne , e il «sorpasso»
in Europa su quello al seno (tuttora saldamente «in testa» ) è previsto per l'anno prossimo. Ma questo tumore è probabilmente
quello per cui la prevenzione è più elementare e facile : abbattere il fumo abbatte il rischio. Per altri, quello al seno in particolare,
la riflessione è meno scontata , e talvolta oggetto di dibattiti anche aspri . Nelle pagine
successive riportiamo , per esempio, uno
schema di controlli consigliati per le diverse
fasce di età in base a diverse fonti di letteratura scientifica . Va detto che su un simile
calendario non c'è completo e assoluto accordo. C'è chi auspica «di più» e chi «meno».
Il British Medical Journal, per esempio, in un
recente editoriale dedicato a «luci ed ombre
degli screening» ha riassunto gli elementi
che mettono in dubbio l'utilità della mammografia alle frequenze spesso consigliate,
e stigmatizza le controindicazioni di una
prosecuzione dello screening mammografico oltre i 75 anni. Su questo tema la discussione è dunque, almeno su taluni aspetti,
in parte aperta. Non lo è, però , sul fatto che le
donne dovrebbero prendersi consapevolmente cura di sé, adottando scelte opportune
in accordo con i propri medici e tenendosi
costantemente informate . Anche perché il
panorama sta cambiando molto rapidamente
a loro favore . Senza scomodare il complesso
tema dei test genetici, si prospettano diverse
novità. Ad esempio, per citarne una, si guarda con molto interesse alla possibilità di una
ricerca del virus Hpv nelle urine per scongiurare il tumore alla cervice uterina.
In ogni caso le chiavi per una difesa intelligente del proprio benessere sono saldamente in mano a ciascuna donna. E consistono da
una parte nell'utilizzo intelligente delle opportunità disponibili per proteggersi, e dall'altra nell'adozione di stili di vita adeguati.
La prevenzione non deve diventare una nevrosi ossessiva, me neppure venire «dimenticata» a causa di fobie autolesioniste.
3. Sanità nazionale
Pagina 17
In diminuzione i ricoveri
ospedalieri non appropriati
iminuiscono i ricoveri ospedalieri non
appropriati e il tasso di ospedalizzazione
per acuti. La principale causa di ospedalizzazione in regime ordinario è il parto.
mila
Sono i ricoveri
ospedalieri
in meno
nel 2013
rispetto al 2012
E quanto emerge dal «Rapporto annuale sull'attività di ricovero ospedaliero», elaborato dal ministero della Salute. Nel corso del 2013 i ricoveri
ospedalieri sono stati 9.842.485, corrispondenti
ad un totale di 64.312.696 giornate, segnando una
riduzione rispetto al 2012 di circa 415 mila ricoveri
(-4%) e di circa 2.394.000 giornate (-3,6%).
Si conferma la tendenza a migliorare l'erogazione
appropriata dell'assistenza ospedaliera. Il numero
complessivo di ricoveri ordinari per acuti si riduce da 6.837.823 a 6.634.977 (-2,9%), con una corrispondente diminuzione delle giornate di ricovero
da 46.422.668 a 44.802.526 (-3,51); in calo anche
il numero di ricoveri in regime diurno (-7,6%),
per una corrispondente diminuzione di giornate
di assistenza (-7,9%).
6s
3. Sanità nazionale
Pagina 18
Deve aumentare l`adesione
all'offerta degli esami di screening
he le donne siano tradizionalmente attente
alla salute più degli
uomini è un fatto innegabile, ma quando si tratta
di tumori restano ampi margini di miglioramento. A testimoniarlo ci sono anche i
numeri contenuti nel Rapporto 2014 dell'Osservatorio nazionale screening.
Nel corso del 2012 più di tre
milioni di italiane sono state
chiamate a fare lo screening
con Pap test per la diagnosi
precoce del cancro dell'utero,
ma soltanto il 41 per cento ha
accettato l'invito.
E se a oltre quattro milioni
di connazionali è stata offerta
l'opportunità del test Sof
(quello per la ricerca del sangue occulto nelle feci) per il
colon retto, ha aderito solamente la metà delle donne e il
45 per cento dei maschi.
«Troppo pochi, specie se si
considera che sono esami
gratuiti, rapidi e indolore e
che potrebbero salvare la vita
- sottolinea Stefano Cascinu,
presidente dell'.Aiom, l'Associazione italiana di oncologia
medica -. Sebbene i dati
provino un impegno maggiore nella compagine femminile, non si può dire che siano
soddisfacenti. Tanto più che
riguardano il secondo tumore
più diffuso fra le donne, quello del colon, e il quarto, quello
al collo dell'utero o cervice
_' ANtero
Dei tre milioni di
italiane invitate a fare
il Pap test, solo il 41%
ha accettato
Solo la metà di coloro
cui è stata proposta la
ricerca di sangue occulto
ha eseguito l'esame
3. Sanità nazionale
uterina (al primo e terzo posto
ci sono rispettivamente carcinoma mammario e polmonare, ndr)».
L'importanza di fare gli esami appare chiara anche a
fronte dei nuovi casi di questi
tumori (quasi 55mila nel 2013
le diagnosi di carcinoma colorettale e 8.200 quelle di neoplasia uterina) e dei vantaggi
che si potrebbero trarre da
una diagnosi precoce. «Un
test Sof (in Italia offerto gratuitamente ogni due anni ai
cittadini fra i 5o e i 7o anni)
diminuisce del 20 per cento il
rischio di ammalarsi di carcinoma colon-rettale e del 40
per cento quello di morirne
- prosegue Stefano! Cascinu,
presente in questi giorni al
Congresso europeo di oncologia Esmo, in corso a Madrid
-. E un Pap test ogni tre anni
(l'invito arriva alle italiane fra
i 25 e i 64 anni) riduce del 6o7o per cento la probabilità di
sviluppare un cancro della
cervice. Con il test per la ricerca dell'Hpv o Papillomavirus,
che in alcune Regioni già sostituisce il "Vecchio" Pap test,
questa protezione cresce ulteriormente».
Con gli esami di screening,
poi, è possibile scoprire e curare persino le formazioni benigne che possono nel tempo
degenerare in tumori di utero
e colon, prevenendo così del
tutto l'insorgenza di un carcinoma. Senza considerare che
dal 2007 ormai tutte le ragazzine venni vengono invitate a
vaccinarsi contro il virus Hpv,
primo responsabile del trunore alla cervice uterina, in modo tale da poterne essere pra-
ticamente immuni. Ma anche
in questo caso ci sono margini di miglioramento: la copertura vaccinale nel nostro Paese è ferma al 69 per cento, ovvero tre ragazzine su dieci
non colgono l'opportunità offerta.
Per quanto riguarda il tumore al colon, oltre ai controlli, per limitare le probabilità d'ammalarsi, conta poi
molto anche lo stile di vita: «Il
rischio sale in chi è sovrappeso e cresce persino del 33 per
cento nelle persone obese spiega Fortunato Ciardiello,
professore di Oncologia Medica alla Seconda Università
di Napoli e presidente eletto
Esmo -. Questa neoplasia è
direttamente associata ad
un'alimentazione ad alto contenuto calorico, ricca di grassi
animali e carni rosse e povera
di fibre: bisogna aumentare
frutta e verdura, ridurre pane
e cereali raffinati, patate, carne rossa, dolci e zucchero. Fare attività fisica regolarmente
è altrettanto importante. E
per chi ha una familiarità o altri fattori predisponenti (come morbo di Crohn o rettocolite ulcerosa) è consigliabile
anticipare i controlli verso i 45
anni ed eseguire una colonscopia raggiunti i 5oanni».
V. M.
Pagina 19
primi fra tutti quelli per il cancro al seno,
sono ancora moltotrascurati nel nostro Paese. Lo dimostra un'indagine
di Fondazione Veronesi. Egli specialisti,dal Congressoeuropeo
di oncologia, ricordano chela diagnosi precoce può salvare la vita
Donne poco attente
a difendersi dai tumori
rima vengono le vacanze, poi i vestiti e l'estetica,
solo al quarto posto ci sono i controlli periodici
per la salute che precedono (di pochissimo) divertimenti e medicine in caso di bisogno.
Così le donne italiane, intervistate da AstraRicerche per Fondazione Umberto Veronesi, in
un campione rappresentativo fra 118 e i 65 anni,
dicono di spendere i loro soldi. E se circa i due
terzi delle interrogate dicono d'impegnarsi per
raccogliere informazioni e mantenere un buon
stato di salute, ben quattro su dieci in realtà non
lo fanno abbastanza. Da un lato, infatti, affermano di seguire un'alimentazione sana e bilanciata, non bevono o comunque consumano poco alcol, non fumano, limitano l'uso di farmaci.
Dall'altro, però, ammettono di non effettuare
regolarmente visite o test per il tumore al seno:
per distrazione, perché i costi sono elevati, perché non sanno bene che cosa fare, o per paura
degli esiti. «Le buone intenzioni non bastano, è
la diagnosi precoce che salva la vita» sottolinea
Paolo Veronesi, direttore della Chirurgia Senologica dell'Istituto Europeo di Oncologia e Presidente della Fondazione, che ad ottobre (mese
dedicato alla prevenzione del carcinoma mammario) torna a fare informazione e raccogliere
fondi per la ricerca, con il progetto Pink is Good
(http://pinkisgood.it/wp/). «Ogni anno in Italia - continua l'esperto - sono circa 46 mila i
nuovi casi di tumore al seno, l'8o riguarda
donne con più di 5o anni, ma cresce l'incidenza
3. Sanità nazionale
nelle 30-40 enni. E dal nostro sondaggio emerge che troppe giovani, soprattutto tra i 18 e 25
anni, sono poco informate e non fanno neppure
l'autopalpazione del seno. Il messaggio è uno
solo e semplice: se la malattia viene scoperta in
fase iniziale la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è del 98 %».
Studi e statistiche a livello mondiale lo hanno
ampiamente dimostrato, ma vista l'ampia
schiera di "indisciplinate" e di poco o male informate, bisogna ribadirlo: possiamo davvero
influenzare le nostre probabilità di ammalarci
di cancro. «Sovrappeso, scarso esercizio fisico,
dieta ricca di carboidrati e di grassi saturi contribuiscono a far salire il rischio sensibilmente- dice Lucia Del Mastro, direttore dell'Unità
per lo sviluppo di terapie innovative all'Istituto
per la Ricerca sul Cancro del San Martino di Genova -. E sottoporsi regolarmente agli esami
appropriati può fare la differenza fra vivere e
morire, perché prima si scopre il tumore, maggiori sono le chances di curarlo con successo».
Sondaggio alla mano, quasi tutte le italiane
sanno però che la predisposizione genetica (in
particolare la mutazione nei geni Brcai e Brca2)
fa crescere molto il pericolo, così come l'aver
avuto in famiglia mamma, nonne, zie o sorelle
con ius carcinoma mammario o alle ovaie.
«Il programma di prevenzione dev'essere elaborato su misura, tenendo conto dei vari fattori
di rischio, ma anche delle caratteristiche anatomiche delle mammelle, molto diverse da donna
a donna e nella stessa donna a diverse età» chiarisce Veronesi. «Giovanissime o meno, le donne
non devono preoccuparsi, ma occuparsi del
proprio seno per rendere la malattia sempre più
curabile - aggiunge Del Mastro, che interverrà
Pagina 20
domani, 29 settembre , a un incontro organizzato a Milano , nella sede del Corriere della Sera, in
occasione del Congresso europeo di oncologia
(Elmo) -. Solo 20 anni fa le probabilità di guarigione completa erano la metà di quelle attuali.
Il merito è di prevenzione e diagnosi precoce,
oltre che di cure più efficaci e personalizzate».
Oggi, se il nodulo è individuato quando è piccolo, l'intervento chirurgico può essere risolutivo e poco invasivo . In tutti gli altri casi, grazie al
progressi della ricerca, ci sono svariate strategie
che possono essere combinate o usate in sequenza a seconda dei casi.
«I,a tempestività resta importante anche durante le cure» spiega Alberto Farolfi , oncologo
dell'Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori di Forlì e coordinatore
di uno studio presentato al convegno Esrno in
corso a Madrid. Ad esempio, nelle donne con
tumori scoperti quando sono ancora piccoli e
1 tumori più frequenti nelle donne
Primi cinque tumori più spesso diagnosticati
e percentuale sul totale dei tumori (esclusi i carcinomi
della cute) nella popolazione femminile
Mammella
4%
Colon-retto
Polmone
Utero corpo
Tiroide
1
0
1
1
1
1
1
10
15
20
25
30
5%
5
Fonte: Pool Airtum 2006- 2009
L'investimento in salute delle italiane
Fattori d i rischio
Sovrappeso, scarso esercizio fisico,
una dieta ricca di carboidrati
e di grassi saturi contribuiscono
a far salire il pericolo di ammalarsi
circoscritti, ma che hanno la tendenza a crescere rapidamente, bisogna aspettare giusto il tempo di recuperare dall'intervento e cominciare la
chemioterapia al massimo entro sei settimane.
«Rispettando questi tempi si possono ridurre sia il rischio di ricadute sia la mortalità
-chiarisce Farolfi -. È la conclusione a cui siamo giunti dopo aver seguito per più di 8 anni e
mezzo oltre 70o donne colpite da carcinoma
mammario con un elevato indice di proliferazione, scoperto però nella gran parte dei casi in
una fase iniziale, con linfonodi negativi o un solo linfonodo positivo. É una situazione molto simile a quanto osserviamo ogni giorno nella
pratica clinica, perché grazie agli screening e alla prevenzione è più raro trovare donne con un
tumore già esteso oltre la mammella».
Vera Martinella
Quante fanno prevenzione per il tumore al seno
Quanto spendono le donne in prevenzione
rurofanno
Vacanze
531
Abbigliamento
395
Estetica (estetista ecc.)
2 59
©RI PROiDUZIONE RISERVATA.
L'incontro
Domani alle 18
al Corriere della
Sera, a Milano,
incontro
per parlare
di gestione e
prevenzione
dei tumori
con alcuni dei
maggiori
oncologi italiani
e con Roberto
Vecchioni,
Rosanna Banfi
e Francesco
Acerbi. La
partecipazione
è libera, con
iscrizione
obbligatoria,
telefonando al
347.5086090
dalle 15 alle 18,
oppure
scrivendo a
Esmo2014itali
[email protected]
L'incontro
sarà anche
trasmesso
in diretta
su Corriere.it.
22
Controlli per la salute
218
Divertimento (cinema ecc)
Care per malattie
206,
0
100
200 300 400 500
Quali comportamenti adottano per stare in salute
Da:' ''.n percenua''e
Seguono una dieta sana
72,1
Llmiaano il consumo di alcolici
6,7
63,5
Non fumano
Limitano l'uso dei farmaci
63 ,2
6,4
Fanno esami di controllo
518
Fanno esercizio P'sico, sport
0
10 20 30 40 50 50 70
Fonte: ndagine «!e donne italiane, la preverziore, il tumore al sero» 2014,
Fondazione Umberto Veronesi, Astra Ricerche
3. Sanità nazionale
d'Arco
Pagina 21
Il calendario
dei controlli
per fasce d'età
25- '
Vaccinazione
anti-HPV
Forte: Fondazione Veronesi e Aiorn
(Assc 'azione italiana oncologia Medica)
Almeno una volta al mese
autopalpazione del seno
Almeno una volta l'anno
visita odontoiatrica
Almeno una volta
entro i 40 anni
controllo dei nevi.
Dai 30 anni visita senologica, ecografia mammaria
Vista otonnoianngolatnca
Almeno una volta al mese
autopalpazione del seno
Almeno una volta all'anno
visita odontoiatrica
Ogni anno visita ginecologica
con ecografia transvaginaie,
visita senologica con ecografia
mammaria
Ogni anno
ricerca di sangue
occulto nelle feci
Ogni 2-3 anni
Pap Test e HPV-Dna test
3. Sanità nazionale
Pap Test e HPV-Dna test
Ogni anno
visita ginecologica con ecografia transvagì sale.
Oftre i 50 anni
40 - 50 anni
II messaggio
è semplice: se si
scopre la malattia
in fase iniziale
la sopravvivenza
a cinque anni dalla
diagnosi è del 98%
Ogni 2-3 anni
Ogni 2 anni
ricerca di sangue occulto
nelle feci, mammografia
Ogni 2-3 anni
Pap Test e PV-Da test
Ogni 3 anni
controllo dei nevi
Almeno una volta al mese
autopalpazione del seno
Almeno una volta all'anno
visita odontoiatrica
Ogni anno visita ginecologica
con ecografia transvaginaie, visita
senologica con mammografia
o ecografia mammaria
Ogni 3 anni
visita cavo orale e laringe
(soprattutto se fumatrici e
consumatrici regolari di alcol),
controllo dei nevi
Almeno una volta
dopo i 50 anni
colonsconia
Pagina 22
Cancro al polmone,
la «nuova» minaccia
robabilmente entro il
2015 il tumore al polmone supererà quello
al seno come principale
causa di morte per cancro tra le
donne europee, secondo la
previsione, statistiche alla mano, di ricercatori dell'Istituto
Mario Negri pubblicata l'anno
scorso su Annals of Oncology
Nel nostro Paese in poco più
di 20 anni la mortalità per carcinoma polmonare nelle donne è raddoppiata, mentre per
gli uomini è in leggera diminuzione. Ma poiché le italiane
hanno iniziato a fumare più
tardi e fumano meno che in altri Paesi europei, il sorpasso
potrebbe non verificarsi almeno per tutto questo decennio.
«Resta il fatto che questa temibile neoplasia negli ultimi
anni è costantemente in aumento fra le nostre connazionali - spiega Carmine Pinto,
presidente eletto dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e direttore dell'Oncologia all'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma -.
Dei 38 mila nuovi casi diagno-
sticati ogni anno in Italia, il 30%
oggi colpisce una donna e, se si
considera che almeno l'85% dei
casi di cancro al polmone è
causato dal tabacco, è facile capire perché la malattia stia divenendo "femminile"».
I conti tornano quando si
apre il Rapporto sul fumo in
Italia 2014, dell'Osservatorio
fumo alcol e droga dell'Istituto
Superiore di Sanità: 11,3 milioni di italiani fumano (il 22%
della popolazione) ma se le file
degli uomini continuano a diminuire, quelle delle fumatrici
quest'anno sono invece cresciute del 3,6%.
Una tendenza diffusa anche
fra i giovanissimi: le femmine
che fumano sono più numerose dei maschi, iniziano per prime e consumano più sigarette
al giorno.
«La probabilità di sviluppare
un tumore al polmoni è più alta di 14 volte nel tabagisti rispetto ai non fumatori e sale fino a 20 volte in chi consuma oltre 20 sigarette al giorno continua Filippo de Marinis,
direttore dell'Oncologia Toracica allo leo di Milano, che interverrà il 29 settembre all'incontro organizzato al Corriere
della Sera in occasione del
Convegno europeo di oncologia Esmo -. Ma anche il fumo
passivo fa crescere il pericolo
d'ammalarsi di circa il 30%.
A seguire, sappiamo che ci
sono altri fattori di rischio, fra
cui inquinamento atmosferico
e polveri sottili, esposizione all'amianto in fibre (causa soprattutto di mesotelioma) e talune malattie polmonari croniche (come la tubercolosi)».
L'attenzione degli oncologi
ora è puntata particolarmente
sul fumo passivo: l'Aiom ha appena lanciato una campagna
nazionale di prevenzione e
sensibilizzazione: «Abbiamo
svolto un sondaggio che ha
coinvolto 3 mila italiani ed è
emerso che ben 8 su 1o non
sanno che il fumo passivo provoca il cancro del polmone prosegue Pinto -. In compenso, un quarto della popolazione italiana vi è esposto, sette
italiani su dieci fumano rego-
3. Sanità nazionale
larmente in luoghi chiusi e la
metà lo fa anche in presenza di
bambini, esponendoli al possibili danni e pure a un cattivo
esempio che può costare molto
caro». Ma c'è di peggio: Il livello di conoscenza sui fattori di
rischio legati al tabacco è talmente basso che quasi la metà
dei connazionali (48%) pensa
che il tumore ai polmoni non si
possa prevenire e il 43% crede
erroneamente che smettere
non riduca il rischio di sviluppare la malattia.
«Per troppo tempo il tumore
del polmone è stato considerato una patologia quasi esclusivamente maschile, - conclude Silvia Novello, presidente
dell'associazione di pazienti
Women Against Lung Cancer
in Europe -. È importante che
tutti siano informati: dire addio alle sigarette è una missione possibile e comporta grandi
benefici, fin da subito. Anche il
rischio di cancro col tempo diminuisce e dopo 10 0 15 anni
diventa uguale a quello di chi
non ha mai fumato».
V. M .
7
L'esperto
risponde
alle domande
sul tumore
al polmone
all'indirizzo
http://forum
.corriere.it/
sportello
cancro il _
polmone
Dovrebbe
essere
l'anno del
sorpasso
sul
tumore
al seno
in Europa
Pagina 23
Dottore
In che cosa consiste lo
L'aria entra
nella gabbia toracica
e schiaccia i polmoni,
impedendo i respiro
n dolore intenso al torace, come una
pugnalata. E in questo modo che si presenta nella maggior parte dei casi lo
pneumotorace, la più frequente emergenza chirurgica nel giovane.
Che cos'è lo pneumotorace?
«Lo pneumotorace (pnx) si verifica quando
entra aria nello spazio tra le due pleure (le
membrane che rivestono i polmoni e l'interno
della gabbia toracica), dove non dovrebbe invece mai esserci. Quest'aria "gonfia" lo spazio
pleurico e causa un collasso del polmone, che
così non può più espandersi e respirare - spiega Sergio Harari, direttore dell'Unità operativa
di pneumologia dell'Ospedale San Giuseppe di
Milano -. Non è una situazione grave, ma lo
può diventare se non vi si pone rimedio. Si tratta di un evento frequente, soprattutto nei più
giovani, che, di solito, non deve preoccupare
più di tanto, anche se chi ne soffre può spaventarsi molto: il dolore causato dall'ingresso dell'aria tra le pleure è intenso, aumenta quando si
respira (e inoltre si fa fatica a respirare)».
Quali sono le cause?
«Sono diversi i fattori che possono determinare l'anomalo ingresso di aria nel cavo pleurico, anche se a volte non si riesce a identificare
una causa chiara. In quest'ultimo caso si parla
di pneumotorace primitivo o idiopatico per
distinguerlo da quello secondario, cioè dovuto
a patologie polmonari e non. L'accumulo di aria
tra le pleure può, infatti, essere legato a condizioni predisponenti come, per esempio, l'enfisema polmonare o la tubercolosi, ma anche a
un tumore. Non solo, ci sono malattie che possono dare come primo segno di sé lo pneumotorace. Tra le donne giovani una delle più frequenti è l'endometriosi: in questi casi un po' di
tessuto endometriale si trova a livello pleurico e
va anch'esso incontro a fenomeni di sfaldamento nei periodi mestruali causando il cosiddetto
pneumotorace catameniale.
Anche la linfangioleiomiomatosi polmonare,
una malattia rara che colpisce le donne, può
esordire con lo pneumotorace, come pure
l'istiocitosi polmonare, una malattia tipica di
persone che fumano. Lo stesso vale per un'altra
patologia rara, di cui si dice soffrisse Abramo
Lincoln: si tratta della sindrome di Marfan, tipica delle persone longilinee e "allungate". Sebbene più raro, esiste anche un pneumotorace
traumatico, dovuto a ferite a livello del torace
che possono mettere in comunicazione l'esterno con il cavo pleurico».
Quali sono i rimedi?
«Lo pneumotorace rappresenta sempre
un'emergenza. Quando se ne avvertono i tipici
sintomi bisogna andare subito al Pronto soccorso, anche perché, quando colpisce il polmone
sinistro, talvolta può essere confuso con un
infarto. Nella maggior parte dei casi, dopo averne accertato la reale presenza con una radiografia del torace o, talvolta, una Tac, il trattamento
consiste nel drenaggio toracico. In pratica, si
Sergio
Harari
Direttore
dell'Unità
operativa
di pneumologia
dell'Ospedale
San Giuseppe
di Milano
inserisce un tubicino tra le costole, nello spazio
L'esperto
pleurico, e si fa in modo di rimuovere l'aria che
si è accumulata. Una volta drenato correttamen-
risponde
te, lo pneumotorace si risolve e il problema
finisce lì. A volte, però, può ripresentarsi e può
allora rendersi necessario un intervento chh-ffgiro per identificare e circoscrivere la perdita di
aria. Si tratta di un'operazione semplice che non
comporta nessun danno funzionale respiratorio. Nelle forme più lievi può capitare che lo
pneumotorace non dia sintomi importanti e si
risolva da solo, senza Il bisogno di particolari
alle domande
sulle malattie
dell'apparato
respiratorio su
http://forum.
corriere.it/
malattie
respiratorie
manovre».
Antonella Sparvoll
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Come si può
evitare
che si ripeta
Per evitare che lo pneumotorace si possa
ripresentare bisogna capire se vi è una
condizione predisponente. «Nel caso si
identifichi una patologia alla base del problema,
la prevenzione di possibili recidive si baserà sulla
terapia della malattia che l'ha causato» spiega Sergio
Harari.«Per esempio nell'istiocitosi polmonare basta
smettere di fumare e tutto si risolve, nell'endometriosi
delle donne potrebbe essere indicata una opportuna
terapia ormonale. Nel caso in cui invece lo I
pneumotorace sia idiopotico o primitivo, vale a dire
senza cause evidenti, come spesso avviene, bisogna
condurre una vita normale, evitando però le
immersioni con il respiratore e i viaggi aerei per
qualche tempo. Se poi il problema dovesse comunque
ripresentarsi, allora andrà preso in considerazione il
ricorso alla chirurgia. Dopo un episodio di
pneumotorace è, infine, sempre buona regola smettere
di fumare.
A. S.
3. Sanità nazionale
Pagina 24
bolle sottopleuriche
fuoriuscita di aria
cavità pleurica
nllr
in I
broncopatia cronica ostruttiva . enfisema
polmonare
endometriosi
'i _
,r(+
i ,a
,1i Pronto soccorso
rnei i><rcuì
ili ;f i.r,;i rnr hi•::;- in:; radiografia toracica
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e intervenire su quella con terapie mirate
3. Sanità nazionale
Pagina 25
Rischio
pertroppi ansiolitici
Un ricorso eccessivo e prolungato alle benzodiazepine, che si usano anche
come sonniferi, è ora associato a una maggior frequenza di demenza senile
ssumere per lungo
tempo benzodiazepine,
un tipo di farmaci contro l'ansia e l'insonnia,
potrebbe aumentare il rischio di
sviluppare la demenza di Mzheimer. E quanto emerge da un articolo, appena pubblicato sul
British Medical Journal da parte
di un gruppo misto di ricercatori franco-canadesi. L'articolo riporta una ricerca realizzata nel
Quebec su circa g mila persone
di età superiore ai 66 anni. Si
tratta di un cosiddetto studio caso-controllo, quindi di una ricerca che ha verificato quante benzodiazepine hanno assunto in
passato persone che hanno già
sviluppato l'Alzheimer, confrontando poi tale livello con
quello di chi con la stessa età e le
stesse caratteristiche socio-demografiche, non ha assunto
questi farmaci o li ha assunti in
maniera occasionale. Ne è
emerso che l'aumento di rischio
di andare incontro a questa forma di demenza è correlato all'uso delle benzodiazepine per
almeno go giorni, e il rischio aumenta ulteriormente se l'assunzione si è prolungata anche oltre, e se sono stati impiegati farmaci a lunga emivita (quelli che
rimangono attivi nell'organismo per più tempo). Ad esempio, in questa categoria rientrano il diazepam e il flurazepam,
mentre sono a breve durata
d'azione il lorazepam, l'alprazolam e il midazolam.
Fino ad oggi si sapeva che le
benzodiazepine devono essere
evitate o utilizzate con cautela
da parte delle persone anziane,
le quali, nei periodi di assunzione, sono esposte a possibili stati
confusionali, a riduzione delle
abilità cognitive, a cadute accidentali. Ma questo nuovo studio
sembra indicare un rischio di
danno cognitivo che permane
anche dopo aver smesso l'assunzione. Fino a che punto è accertato questo nuovo rischio? «Lo
studio caso-controllo può segnalare un'associazione e non
indicare con certezza un diretto
rapporto di causalità, quindi
3. Sanità nazionale
l'associazione potrebbe essere
vera ma anche il risultato di confondimenti, cioè di artefatti dovuti alla metodologia di studio
- dice il professor Corrado Barbui, professore associato del Dipartimento di Sanità Pubblica e
Medicina dì Comunità della
Scuola di Medicina e Chirurgia
dell'Università di Verona -. Nel
caso di questa ricerca ci sono
due considerazioni da fare. La
prima è che le benzodiazepine
potrebbero essere state più prescritte agli anziani che poi
avrebbero sviluppato l'Alzheimer proprio a causa dei primi
sintomi di questa malattia, manifestatasi molto in anticipo rispetto alla diagnosi. Gli autori
della ricerca però dicono che
per ovviare a questo possibile
fattore di confusione hanno rilevato l'uso delle benzodiazepine addirittura tra i io e i 5 anni
prima della diagnosi di Alzheimer. La seconda possibile interpretazione è che le benzodiazepine siano state prescritte di più
negli anziani che svilupperanno
Alzheimer al fine di curare sintomi d'ansia o di depressione,
anch'essi associati a questa forma di demenza. Tuttavia gli autori spiegano di aver tenuto conto di questi possibili fattori nell'analisi statistica, e quindi si dovrebbero poter escludere».
Per entrare più in dettaglio
nei risultati dello studio, si può
dire che il rischio di sviluppare
l'Alzheimer è aumentato di circa
il 5o per cento in chi ha assunto
benzodiazepine ai livelli già indicati. «E come dire che c'è un
aumento di prezzo di un vestito
del 50%: è tanto o poco? - commenta il professor Barbui -. Dipende da quanto costava il vestito prima dell'aumento di prezzo.
Lo stesso vale in questo caso:
siccome il numero di persone
che ogni giorno fa uso di tali farmaci è alto rispetto alla popolazione generale (quella che si
chiama tecnicamente un'alta
prevalenza), un aumento di rischio relativo del 5o% può essere
importante in termini di salute
pubblica. Se l'incidenza annuale
di Alzheimer nella popolazione
generale è, poniamo, di 1o casi
ogni iooo persone, lo studio
suggerisce che l'incidenza salirebbe a 15 casi ogni looo persone che usano benzodiazepine.
Ma dato che sono tanti ad assumerle, l'impatto diventa molto
significativo».
Ma quanti sono gli italiani
che utilizzano correntemente le
benzodiazepine? «Difficile da
dire precisamente, perché le
benzodiazepine sono in fascia C
e quindi le prescrizioni non vengono registrate con le ricette come per i farmaci di classe A continua Barbui -. Secondo il
rapporto OSMED del 2013 sul
consumo dei farmaci in Italia,
nel 2013 sono state consumate
ogni giorno 54 cosiddette "dosi
definite giornaliere" di benzodiazepine per looo abitanti. Vuol
dire che, in media, ogni giorno
in Italia, ogni looo abitanti, ce ne
sono 54 che assumono un dosaggio "standard" di benzodiazepine. In realtà potrebbe anche
voler dire che c'è un numero inferiore di persone che le usa, ma
assumendo dosaggi maggiori,
oppure più persone che assumono dosaggi inferiori a quelli
standard. Sappiamo anche che
dal 2005 al 2013 il consumo è in
aumento, essendo passato da 5o
a 54 persone. Risulta infine che
si consumano piû benzodiazepine al nord (Liguria, Veneto,
Valle d'Aosta e Piemonte) e meno al sud (Basilicata, Molise, Puglia), e che l'utilizzo aumenta al
crescere dell'età. Dati non italiani indicano che un ultra-sessantacinquenne ogni 1o usa abitualmente benzodiazepine».
Danilo di Diodoro
II II I
Questa ricerca segnala
una correlazione,
non necessariamente
un rapporto di causalità
1X
Si sapeva che questi
farmaci possono causare
stati confusionali
in chi è avanti negli anni
L'allarme
II nuovo studio sembra
indicare l'instaurarsi
di un danno cognitivo
permanente
Pagina 26
problemi sono
legati al tempo
e al dosaggio
Le benzodiazepine, come tutti i farmaci,
andrebbero utilizzate solo se ci sono vere
indicazioni. «In realtà » spiega il professor Barbui,
«spesso sono impiegate male e se ne abusa. Chi
non ha un disturbo d'ansia vero e proprio e cerca un
rimedio a stress, demoralizzazione, marginalizzazione
psicologica o sociale o economica, dovrebbe tentare di
affrontare le cause che hanno creato la condizione, non
prendere farmaci. Se rimane attivo lo stimolo che
causa lo stress, non ci sono medicine che risolvono il
problema. La benzodiazepina più prescritta in Italia,
il lormetazepam, è anche quella più coinvolta nelle
condotte di abuso. Nel caso in cui invece sia presente
un vero disturbo d'ansia, il medico potrà prescrivere un
farmaco per il tempo strettamente necessario a
contenere la sintomatologia quando diventa troppo
disturbante, interrompendone l'uso appena possibile,
perché i rischi crescono all'incremento della dose e
della durata del trattamento».
D. d. D.
Un parametro ï portante
Meglio se l'organismo
li «dimezza» in fretta
Salvo che per diversa indicazione medica,
fra le benzodiazepine vanno preferite quelle
caratterizzate da una emivito breve (come per
esempio lorazepam, oxazepam, alprazolam,
lormetazepam, temazepam, triazolam,
brotizolam, etizolam). L'emivita è un importante
parametro farmacologico e corrisponde
Per saperne
di più
Sui temi relativi
alla sfera
neurologica
corriere.itl
salute/
neuroscienze
al tempo che l'organismo impiega
a metabolizzarle ed eliminare un farmaco.
Maggiore è l'emivita, maggiore il rischio
che il medicinale possa accumularsi nel corpo,
specialmente nelle persone anziane,
e interagire con altre medicine. Se si decide di
assumere benzodiazepine bisogna anche tenere
presente che se si prendono anche altri farmaci,
come per esempio i contraccettivi orali
o il propanololo, l'eliminazione delle
benzodiazepine può risultare rallentato. Infine
è necessario sottolineare che l'interruzione
del trattamento con benzodiazepine deve
essere graduale, per evitare la comparsa
di sintomi «da sospensione».
D. d. D
O R!PROOUZ!ONE RISERVATA
Quante benzodiazepine
si consumano nel nostro Paese
LEGENDA:
Dosi standard al giorno per mille abitanti
- ).3-79.8 52.9-62.6 38.6-152.9 27.9-38.6
*da rapporto OsMed 2013 - modificato
L'utilizzo negli anni
(Dosi standard al giorno per mille abitanti,
media nazionale)
-2,3
2005
3. Sanità nazionale
2006
F11,7
2("' 7
20(
2009
2010
2011
"`)13
-nere della Sera
Pagina 27
Regole La piattaforma peri versamenti digitali operativa dal 2012, magli enti sono in ritardo. Gli esperimenti pilota della sanità in Emilia e Lombardia.
o tutti alla cassa online
Dal 2016 sarà sempre possibile pagare via home ban <ingtabaccherie, supermarket. Solo il 36% dei cittadini lo sa
DI PIEREMILIOGADDA
J
1 tempo stringe per Comuni e Regioni. Entro il
31 dicembre 2015, tutti
gli enti della pubblica
amministrazione, a livello
locale e centrale, dovranno
adeguare le proprie procedure per consentire ai cittadini di fare pagamenti elettronici in multicanalità: dalle contravvenzioni, alle imposte comunali fino al ticket
sanitario. tutte le incombenze fiscali e non potranno essere pagate online, sul sito
della propria banca, tramite
i terminali Atm ma anche
dal tabaccaio e presso la
grande distribuzione.
Quanti cittadini ne sono a
conoscenza? Solo il 36%, secondo un'indagine realizza a
In alcuni casi la
tessera regionale
funge da borsellino
elettronico
da Sia, società specializzata
nella progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture e servizi tecnologici per istituzioni finanziarie,
imprese e pubblica amministrazione. La percentuale sale al 490/- tra gli insegnanti e
al 710/- tra i dirigentia della
pubblica a-- iministrazione.
Tra -versale è invece lo
scetticismo circa la possibili tà che la scadenza venga rispettata: solo il 13% ritiene
che tutti gli enti della pubblica amministrazione saranno
in grado di accettare pagamenti digitali. Il 46% ipotizza che alcuni non si faranno
trovare pronti, causando disservizi e un restante 410/. immagina che i termini di legge
verranno posticipati.
L'unica certezza è che il
«Nodo dei Pagamenti», la
piattaforma creata e gestita
3. Sanità nazionale
dall'Agenzia per l'Italia Digitale allo scopo di semplificare l'accesso ai pagamenti
elettronici. standardizzando
l'interconnessione tra cittadini, pubblica amministrazione e prestatori di servizi
di pagamento, è operativa e
funzionante dal giugno del
2012. «Molti enti, però, non
si sono ancora collegati. Devono accelerare, altrimenti
rischiano di sforare la scadenza del prossimo anno»,
avverte Francesco Orlandini, direttore divisione Public
Sector di Sia che ha realizzato una infrastruttura tecnologica perla pubblica amministrazione che gestisce sia il
ciclo attivo (verso i cittadini)
sia passivo (imprese). Per
perfezionare l'integrazione
dei sistemi informativi di un
ente pubblico con il Nodo
dei Pagamenti, servono, nella migliore delle ipotesi, alcuni mesi. E anche una volta
completata l'operazione,
non è detto che il comune o
la regione siano in grado di
ca di sistema Paese».
Intanto, non mancano i
progetti apripista: il comune
di Roma già permette i pagamenti in multicanalità di
tributi comunali e contravvenzioni. La collaborazione
con Sia ha portato alla creazione di uno strumento innovativo a disposizione della
Ragioneria per verificare in
tempo reale attraverso un
cruscotto l'andamento dei
pagamenti in relazione ai vari codici di bilancio.
Un'altra esperienza intere -ante coinvolge la Regione Lombardia. L'ente ha affidato a Lombardia Informatica la realizzazione di un sistema per erogare contributi
destinati ai celiaci direttamente presso la grande distribuzione: presentando la
Carta regionale dei servizi
alla cassa del supermercato,
grazie al gateway di Sia, il
cittadino affetto da celiachia
può usufruire del contributo, scalando il valore dei prodotti acquistati dal plafond
associato alla sua tessera. E
e 1 e anche chi, come l'azienda
Usl di Bologna, già da un paio d'anni consente il pagamento del ticket sanitario
anche alla cassa dei supermercati e ipercoop della Coop Adriatica e Coop Reno.
Alla prenotazione della visita o dell'esame diagnostico,
il cittadino riceve il documento con codice a barre,
con cui pagare alle casse do ve riceve uno scontrino che,
allegato al documento per il
pagamento del ticket, è valido come ricevuta anche a fini fiscali. Anche la Lombardia lo sta sperimentando.
O RIPRODUZIONE RISERVATA
gestire in modo efficiente i
flussi di pagamento.
Potrebbero infatti trovarsi
a fare i conti con una complessa e dispendiosa attività
di riclassificazione manuale
dei pagamenti, a carico di
impiegati e funzionari. Per
evitarlo, devono dotarsi di
piattaforme capaci di riconciliare in modo automatico i
flussi ricevuti con i corrispettivi tributi e contribuenti. «Questo consente di centrare due obiettivi: da un lato, si ha la rendicontazione
di tutti gli incassi in tempo
reale, con vantaggi evidenti
in termini di certezza della
spesa, pianificazione e controllo dei costi, in linea con
gli sforzi che il governo va
chiedendo a tutta la pubbli
ca amministrazione; in secondo luogo - osserva Orlandini -si liberano risorse
da dedicare ad altre funzioni. Occorre però pensare a
soluzioni digitali in una logi-
Pagina 28
E PAGAMENTI VERSO LO STATO
® SCENARI FUTURI n . c milart
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e tal acs ....... .
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--- - -------------- - ------------- -----------
3. Sanità nazionale
- ------------- - -------------- - ------------- - -----------------
Pagina 29
Olivetti, i malati accusano:
«Tutti sapevano dell'amianto»
d i Luca Fazzo
io marito dell'amianto non sapevaniente. Mami
parlavadi quellapolverinabianca che c'era dappertutto...». Sono le quattro di ieri pomeriggio,
e Pierangelo Bovio Ferassa non
ha neanche la forza di rispondere al telefono. Era un veterano
dell'Olivetti, il signor Pierangelo. Dal 1963 a montare macchine da scrivere nello stabilimento di Scamagno. La «polverina
bianca» era il talco all'amianto,
che giorno dopo giorno lo ha avvelenato. Andò in prepensionamento nel 1991. Il tumore si sviluppò concalma.Ilprimo dolorino arrivò ne120 10, quasivent' anni dopo.
Oggi, PierangeloBovio Ferassaè
il capo B dell'atto d'accusa della
Procuradilvreacontro gli uomini che in quegli anni hanno guidato e amministrato l'Olivetti.
C'è Corrado Passera, c'è Roberto Colaninno, e c'è anche Carlo
DeBenedetti, cheperdiciott'anni, dal 1978 al 1996 guidò l'azienda di Ivrea. Per la morte di quat-
De Benedetti e altri 38
dovranno rispondere
di omicidio e lesioni
3. Sanità nazionale
La moglie di un operaio che ha contratto
il mesotelioma attacca i vertici dell'azienda
«Quella polvere bianca era dappertutto»
tordici colleghi delsignorPierangelo, stroncati dal mesotelioma
neglianni scorsi, laprocura accusa i manager di omicidio colposo aggravato. Per i sopravvissuti
come Pierangelo, afflitti da un
male che gli atti della p ro cura definiscono crudamente «certamente o probabilmente insanabile», De Benedetti e gli altri colletti bianchi sono accusati di lesioni personali gravissime.
Adesso, signora, gli alti gradi dicono tutti che non sapevano,
che all'epoca era un pericolo
quasi sconosciuto. «Io invece
penso che sapessero. Magari
non da subito, non dall'inizio.
Ma da un certo punto in avanti
se la sono passata, e le persone
che dovevano sapere dell'amianto hanno saputo. Ma sa: i
guanti costano, le mascherine
costano... ».
Dovevano essere gli anni della
tranquillità, perPierangelo e sua
moglie: prima la pensione per
lui, «e mio marito un altro lavoro
non se lo è mai cercato per stare
vicino ai nonni, e poi gli piaceva
preparare da mangiare per il ragazzo»; poilapensioneperlei. Invece per prima si ammala la signora. Poi, alla fine del 2010,
quel dolorino a Pierangelo. «Il
primo esame che ci fecero in
ospedale era negativo, e tirammo un sospiro di sollievo. Ma i
dolori continuavano. Facemmo
esami più approfonditi, e arrivò
la notizia: mesotelioma della
pleura». A mettere in collegamento il tumore con il lavoro in
fabbrica Pierangelo e sua moglie non ci avevano pensato: «Sa,
siamo gente semplice, un po'
ignorantoni, e poi mio marito è
sempre stato un riservato, un taciturno». Furono imedici, che di
operai Olivettinelle stesse condizionine avevano giàvisti, a intuire ilnesso. E dalì anchePierangelo Bovio Ferassa entrò nei fascicoli dei pm di Ivrea, impegnati a
ricostruire il filo nero che legava
anni di lavoro, reparti, mansioni. E la polverina bianca, il talco
all'amianto.
Si legge nel capo d'accusa per le
lesioni al signor Pierangelo: «veniva esposto alla inalazione delle fibre di amianto contenute nel
talco contaminato con tremolite, durartele operazionidimontaggio dei particolari in gomma
che venivano "talcati" per facilitare l'inserimento dell'anima
d'acciaio». E di questo deve rispondere tutta la catena di comando «per colpa consistita per tutti nelle rispettive qualità
di datori di lavoro e/o dirigenti innegligenza, imprudenza eimperizia e comunque nell'omessa adozione delle misure che sarebbero state necessarie atutelarel'integritàfisicadiBovio Ferassa».
Pierangelo sta ancora lottando, «anche se la chemioterapia
che faceva a Torino ormai serviva solo per il 10 per cento, e
adesso stiamo provando ad
Alessandria». Ieri aveva la febbre alta, è uscita la guardia medica: «E ha sentito un rumore
strano anche nell'altro p olmone. Ma hanno detto di aspettare ad allarmarsi...».
Pagina 30
] GUAI Carlo De Benedetti, nel mirino per il processo Olivetti
3. Sanità nazionale
Pagina 31
Cliniche Angelucci, danno erariale da 41 milioni
SENTENZA DELLA CORTE DEI CONTI SUL SAN RAFFAELE DI CASSINO: CURE NON GARANTITE E TERAPIE SUI MORIBONDI. IL NAS: TROPPI DECESSI
di Rita Di Giovacchino
della Sanità.
T
Un altro dato inquietante emerge da un'ispezione dei Nas. Il numero dei malati deceduti al
San Raffaele di Cassino sarebbe superiore alla
media che si regista in centri clinici analoghi: su
908 cartelle cliniche, relative al 2008, i morti
ricoverati in terapia intensiva sono stati 16 su
64, mentre in altri reparti 13 su 32. Sconcertante
il fatto, scrive la Corte dei Conti, che la firma del
fisioterapista risulti presente sui referti anche "il
giorno del decesso c/o nelle giornate immediatamente precedenti, quando le condizioni
cliniche del paziente erano già gravi/critiche."
Nella sentenza si legge ancora che "le sconcertanti testimonianze raccolte dall'Asp e dei
Nas sul modo di procedere nella casa di cura
erapie di riabilitazione su pazienti in fin di
vita e, in qualche caso, registrati il giorno
stesso in cui sono morti. Ma anche ricoveri
clientelari per malati le cui condizioni non erano abbastanza gravi per poter accedere a una
struttura altamente specialistica. È quanto contesta la Corte dei conti alla clinica San Raffaele
di Cassino in una sentenza in cui viene chiesto
il risarcimento di ben 41 milioni e 493 mila
euro di rimborsi indebitamente ottenuti dalla
Regione Lazio. Per il gruppo Angelucci proprietario della società San Raffaele spa, cui fanno capo 13 cliniche, è la prima vera batosta. Ma
potrebbe non essere l'ultima perché il periodo
esaminato nel procedimento è soltanto quello
relativo al 2007-2009, mentre le irregolarità riguardano anche il 2010-11, ancora in esame,
per un ammontare definitivo di oltre 80 milioni di euro.
Il collegio della Corte dei Conti, presieduto dal
giudice Ivan De Musso, non si è limitato a
condannare soltanto la società San Raffaele
spa: anche una dozzina di dirigenti della Asl di
Frosinone, da cui l'ospedale dipende, sono
chiamati a risarcire in proprio somme che vanno dai 500 mila euro ai 15 milioni, cifra quest'ultima contestata al professor Lullo. Mentre
il professor Ciccarelli, ex direttore sanitario del
San Raffaele di Velletri, dovrà corrispondere
alla Regione Lazio oltre un milione. Per tutti
l'accusa è aver omesso il controllo sia sulla gestione tecnico sanitaria del nosocomio che sulle modalità di fatturazione e "per la palese propensione alla mistificazione di alcuni soggetti
legati all'attività della casa di cura".
Una decisione, quella dei giudici contabili, che
non entra nel merito del processo penale che
vede il re delle cliniche private Antonio Angelucci, i suoi tre figli, e il factotum che cura il
gruppo Tosinvest, con sede in Lussemburgo,
rinviati a giudizio su richiesta della Procura di
Roma per i reati di associazione a delinquere
finalizzata alla frode fiscale e all'appropriazione indebita.
non fanno che aggiungere un ennesimo tassello
conoscitivo sulla del tutto anomala gestione dei
pazienti sottoposti a riabilitazione".
L'ascesa degli Angelucci ai vertici di un gruppo
che domina la sanità nel Lazio abbraccia un
arco temporale che va dal 2004 al2010. Periodo
durante il quale il capostipite Antonio, ex deputato Pdl, avrebbe esercitato una pressante influenza su presidenti e assessori della Sanità
della Regione in modo da interferire sull'attività
legislativa e ottenere "profitti illeciti".
Antonio Angelucci LaPresse
Contestati rimborsi
ottenuti indebitamente
dalla Regione Lazio.
E l'ex deputato Pdl
attende il processo per
associazione a delinquere
È QUANTO SOSTIENE nella richiesta di rinvio a
giudizio il pm Mario Palazzi secondo il quale il
ras delle cliniche avrebbe costruito "un impero
politico-editoriale per garantire l'impunità alle
attività dell'istituto San Raffaele di Velletri". È uno dei passaggi chiave dell'accusa con
cui sono stati rinviati Antonio
e Giampaolo Angelucci, accusati di aver realizzato una truffa ai danni del servizio sanitario regionale da 160 milioni
di euro. Per i pm anche i mezzi
d'informazione di proprietà
della famiglia sono stati utilizzati "come forma indebita diretta o potenziale di pressione".
IL PROCESSO INIZIERÀ ai primi di novembre.
Al momento, nel mirino dei magistrati contabili, è la mala gestione di una delle più importanti cliniche del gruppo, specializzata nella
riabilitazione di malati non deambulanti e con
gravi problemi respiratori. La Procura di Roma
ha accertato che i dipendenti del San Raffaele di
Cassino erano insufficienti per numero e spesso
privi della qualifica necessaria per garantire tre
ore al giorno di terapia intensiva, ridotta a tre
quarti d'ora o al massimo un'ora, benché le
richieste di rimborso spese si attestassero agli
standard previsti dalle linee guida del ministero
3. Sanità nazionale
Pagina 32
Patologie fortunatamente rare ma con alta inci enz i metastasi
Tumori ocularì, 5 1 00 i punto sulle r i
' Gemell i' l ' Assoc i az i one Oncolog i a Ocu are
Importanti novità per la cura del melanoma uveale e dei tumori della congiuntiva sono venute dal 19° Congresso della Società Italiana di Oncologia Oculare (SIOO) appena conclusosi al Policlinico A. Gemelli di Roma, presieduto da Maria Antonietta Blasi, direttore
dell'Unità Operativa di Oncologia Oculare e Aldo Caporossi, direttore dell'Istituto di Oftalmologia dell'Università Cattolica e dell'Unità Operativa di Oculistica del Policlinico "A. Gemelli".
Il Congresso SIOO, Società scientifica presieduta
da Emilio Balestrazzi, già ordinario di Oftalmologia all'Università Cattolica, è stata l'occasione
per presentare l'Associazione Oncologia Oculare onlus (www.oncologiaoculare.com) che
ha sede presso il Policlinico Gemelli, nata con
gli obiettivi di contribuire a prevenire, diagno-
sticare e curare la patologie tumorali dell'occhio; assistere familiari e pazienti; promuovere
la conoscenza di tumori oculari e promuovere
la formazione di personale dedicato. Contatti
Oncologia Oculare onlus tel. 06-30156392, email [email protected]. "Nell'ambito dei carcinomi e dei linfomi congiuntiveli anticipa la professoressa Blasi - si è evidenziato
un incremento della loro incidenza e una maggiore aggressività del carcinoma squamoso, ritenuto un tempo un carcinoma a basso grado
di malignità". Le nuove terapie per i tumori congiuntivali si avvalgono di farmaci biologici, quali
l'interferone alfa e il rituximab, oltre agli antimitotici per via topica, la mitomicina C e il 5fluorouracile . (L. SER.)
Redazione: [email protected]
LiberOSalute
3. Sanità nazionale
Pagina 33
INTE RVISTA, LAD DI 'DOC GENERICI' SPIEGA PERCHÉ L'ITALIANO USA TROPPO POCO IL FARMACO GENERICO
« Potremmo risparmi are tanto, se solo lo sapess imo»
I cittadini continuano a pagare una cifra più alta, di tasca propria e senza alcun motivo, perché non si può informarli
®:® ANDREA SERMONTI
È un dato di fatto inconfutabile quanto incomprensibile: nel mercato italiano la quota di farmaci generici
di fascia C a carico del cittadino è mediamente molto più
bassa di quella dei generici in
fascia A, a carico dello Stato.
«Insomma - conferma Gualtiero Pasquarelli, AD di DOC
Generici - a 13 anni dall'entrata in commercio in Italia, è
una situazione paradossale;
eppure sui prodotti a carico
del consumatore, secondo logica, la quota dovrebbe essere
maggiore che non su quelli a
carico del Servizio Sanitario,
visto che sui primi il risparmio
è diretto per le tasche del cittadino. E anche l'introduzione
della prescrizione per principio attivo non ha di fatto avuto
alcun impatto né modificato
questo trend». Insomma, la
gente continua a pagare una
cifra più alta, di tasca propria,
senza alcun motivo. «O meglio
- precisa Pasquarelli - il motivo
c'è ed è molto chiaro: perché
il pubblico non ne è informato, non sa che
può risparmiare e
quanto, a causa di
una legge sulla pubblicità, nata ben prima
del generico, che nei fatti
impedisce il diritto del cittadino all'informazione». E la
riprova è che quando è stato
introdotto sul mercato il sildenafil generico - prodotto per
la disfunzione erettile - c'è stato un tale battage informativo
della stampa che la gente ha
saputo subito che si trattava
di un risparmio importante
per un prodotto assolutamente equivalente. Con un duplice
3. Sanità nazionale
risultato: abbattimento
degli acquisti
per vie'illegali'
tipo internet e
passaggio al generico di quasi
il 60 percento del consumo in
pochissimo tempo". Il sildenafil ha avuto un trattamento informativo di cui non godono
gli altri prodotti di fascia C, nonostante quasi il 90 per cento
abbia un equivalente generico
a costo minore. «Non si spiega
altrimenti, è solo una mancanza d'informazione - insiste
l'AD di DOC Generici - perché
la legge impedisce di informare il cittadino dell'esistenza di
un farmaco equivalente e a
prezzo minore per i prodotti
soggetti a prescrizione medica. La qual cosa può essere
comprensibile per i prodotti
di fascia A, visto che medico e
farmacista svolgono un ruolo
attivo nell'informazione, ma
non di certo per quelli a carico
del cittadino sui quali l'informazione e' carente a tutti i livelli! Insomma, equiparare
l'informativa sul differenziale
di prezzo ad una pubblicità
equivale ad impedire al cittadino di sapere che può spendere meno per un prodotto al
100 per cento identico, ledendo un diritto essenziale soprattutto nel momento in cui
paga di tasca propria». Serve
un passo avanti deciso, una
crescita culturale: far conoscere al consumatore il differenziale di prezzo tra due prodotti
equivalenti non è'pubblicità'
ma' informazione'. E questa
non può essere soffocata ma,
al contrario, va incoraggiata.
i
r_
G;,altie o í'ascfuare?ií,
AD i DOï. Generici
I servizi sanitari
americani, inglesi e
tedeschi si reggono
perché possono
reinvestire i risparmi
derivanti dal largo uso
dei farmaci generici in
ricerca, innovazione e
attività di prevenzione
Pagina 34
Al congresso degli urologi
il professore è Rocco Siffredi
UINCONTRO
ROMA Amore, sesso, benessere della coppia: in cattedra c'è il pornoattore Rocco Siffredi. Cinquant'anni, oltre 1300 film, tra i
dieci attori più pagati al mondo secondo una classifica della rivista
Usa "People with money".
IN PLATEA
Posti in piedi in platea, applausi,
tutti zitti mentre parla e si racconta: spiega come raggiungere la vera armonia con lei. Una guest star,
Siffredi, alla manifestazione "Pianeta Uomo" al congresso della Società italiana di urologia in corso a
Firenze.
Un summit di circa 1500 specialisti, tra andrologi e urologi, dove si
parla solo del maschio e del suo
organo sessuale. Dei suoi problemi di salute, delle pasticche che
prende per far meglio l'amare e
dei suoi pensieri segreti. Perché
non ascoltare anche ii verbo del re
dell'hard? Eccolo sul palco, assediato dalle ragazze per un selfie,
una novità assoluta nel panorama
degli incontri scientifici. Che, per
l'occasione (ieri pomeriggio), hanno deciso di aprire le porte del
congresso anche al grande pubblico. «E' la prima volta che mi viene
chiesto di dire la mia ad un congresso di medici. Sono qui perché
ho esperienza di vita sul campo»
fa sapere l'attore. Silenzio. I medici sorridono, come dire «abbiamo
scelto un bel testimonial per ii nostro congresso!».
Riflettori puntati su lui e tutte le
difficoltà (amorose e sessuali) che
gli impediscono di comunicare
con lei. Parla il pornoattore già
collaudato da un anno di esperienza a Cielo tv in cui soccorre le coppie in crisi ("Ci pensa Rocco" il
programma): «L'uomo di oggi è
confuso. Il giovane come l'adulto,
si porta dietro un carico di ansia
pesantissima. Anche i ragazzi che
incontro sul set si presentano con
l'ansia, mica accadeva una volta!
Ediffusa l'overdose della chimica
per amare. Si, solo quando davvero serve. L'uomo oggi non vuole
più lottare...».
Gli andrologi prendono appunti,
devono fare i conti con circa 4milionni di uomini hanno problemi
sessuali. Davanti ai loro occhi l'immagine del paziente che non riesce a raccontarsi, della moglie che
parla al suo posto, della vergogna
di stare su quella sedia in quello
studio. Parla bene il "prof" Rocco
Siffredi, che ne sa dei guai nascosti
della gente comune? «I primi ingredienti per una sessualità che
soddisfa - commenta Vincenzo Mirone segretario della Società italiana di urologia che riporta la conversazione sui temi medici - sono
sicuramente una buona salute fisica generale dell'organismo e dell'organo maschile in particolare,
una buona salute mentale e la consapevolezza di questo stato di benessere. Ricordiamo che ii paziente con problemi sessuali, soprattutto di erezione, finisce con il determinare alterazioni psicologiche, sociali e comportamentali
che danneggiano l'autostima e la
qualità della vita».
L'AMORE
Siffredi riprende la parola. Si rivolge agli uomini sopraffatti dalle statistiche che lo disegnano, oggi, afflitto da gravi turbamenti amorosi. Nella testa, nel cuore, nel fisico.
Chiude l'incontro e dice la sua:
«Uomini, stregate la testa delle
donne e le conquisterete».
Carla Massi
,ç RIPRODUZIONE RISERVATA
L'OSPITE Rocco Siffredi al congresso degli urologi
3. Sanità nazionale
Pagina 35
A COLLOQUIO CON MICk-IAEL . Q.1LL EE.
Troppo grandi le sfide per l'Onu?
di Eliana Di Caro
o so. Oggi il mondo non
ha una buona percezione
dell'Onu. La gente vede solo quello che le Nazioni
Unite non fanno in Iraq, in Siria, in Afghanistan, cioè il 10% delle loro attività. Per
questo stiamo lavorando a un progetto di
cambiamento d'immagine che toccherà
tutti i Paesi partendo da 20 Stati donatori.
L'obiettivo è far capire l'importanza di
quanto accade qui»: Michael MOller, 62 anni, è il direttore generale dell'Onu a Ginevra, la sede principale dopo quella di New
«Abbiamo sottovalutato Ebola»,
dice il numero 1 delle Nazioni Unite
a Ginevra, parlando dell'epidemia
divampata in Africa. I rifugiati,
la diplomazia, il tema delle donne
York, ma per numero di dipendenti (lomila) più grossa di quella americana.
Il suo ufficio è all'interno di una vera e
propria cittadella, costituita da 34 tra organizzazioni, istituti e programmi operativi,
e sette agenzie specializzate (tra cui LOms,
l'Alto Commissario per i Rifugiati, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni): «Se si considera che il mondo accademico, del business, della formazione, e 350
Ong hanno base a Ginevra, si può capire il
valore aggiunto che deriva dall'avere tutti
gli attori sul territorio: un sistema integrato che rafforza e valorizza il lavoro dei singoli. Questo spesso si dimentica». Il direttore generale fa gli esempi della collaborazione tra Oms e Unicef sul fronte dei vaccini
forniti a due milioni di bambini in Pakistan, Nigeria e Siria in piena guerra, o della
standardizzazione della nostra vita quotidiana, «quelle norme che riteniamo scontate ma che si decidono qui, al secondo pia-
3. Sanità nazionale
no, per esempio le caratteristiche della segnaletica dei trasporti, o quelle dei seggiolini dei bambini per le auto». Un esempio effettivo di come entrino in azione più attori
è quello delle emergenze umanitarie. A Ginevra, un luogo strategico dal punto di vista del fuso orario - simile a quello dei Paesi che devono ricevere assistenza come Siria, Sudan, Somalia - c'è il personale qualificato, avviene lo stoccaggio degli aiuti (acqua, cibo, tende, taniche, zanzariere oltre
naturalmente alle medicine) e c'è l'aeroporto. Un incrocio virtuoso, che funziona sotto
l'egida dell'Ocha (l'ufficio per il coordinamento degli affari umanitari).
Eppure non si può fare a meno di pensare
a quel io% che l'Onu non riesce a fare, di cui
lo stesso Moller è consapevole. A proposito
di Ebola, per esempio, l'epidemia di febbre
emorragica divampata nell'Africa occidentale, ferocemente contagiosa e che ha già ucciso quasi 3.100 persone, l'Onu si è mossa
inspiegabilmente tardi. «È vero - ammette
M¢ller - l'abbiamo sottovalutata. Innanzitutto c'è stata un'incapacità di comunicare
con la popolazione. Ignoranza e paura provocano reazioni fuori controllo della gente
e questo non aiuta. Poi va detto che i Paesi
hanno tagliato troppo. L'Oms non risponde
in modo veloce ed efficiente perché non ha
abbastanza risorse. E questa epidemia non
sarà l'ultima». Si ferma un attimo, e puntualizza: «I Paesi membri hanno contribuito
con un totale di 22 miliardi di dollari alle
azioni umanitarie: allora non è che i fondi
non ci siano, dobbiamo però ripensare le
priorità. E la prima delle priorità deve essere la prevenzione, solo così si punta davvero su salute e sviluppo». Intanto la coordinazione del sistema interno, per quel che riguarda Ebola, è stata rafforzata: il Consiglio
di Sicurezza ha disposto la creazione di una
missione speciale (Unmeer) la cui task force
si è insediata ad Accra, in Ghana, per operare negli Stati colpiti, Guinea, Liberia e Sierra
Leone (ma sono stati registrati dei casi anche in Nigeria e Senegal), mentre da Ginevra l'inviato speciale di Ban Ki-moon, David
Nabarro, gestisce l'azione internazionale.
«L'Oms ha stimato che si potrebbe arrivare
Pagina 36
ESPERTO i Il danese Michael Mßller, classe 1932, nel suo ufficio a Ginevra (foto di Eliana Di Caro)
IL PERSONAGGIO
Michael M¢ller, danese, 62 anni, ha cominciato
a lavorare all'Onu quando ne aveva 23: era al
desk office per la Malesia, Singapore e Hong
Kong durante la crisi dei cosiddetti "boat
people"; i rifugiati vietnamiti.
«Improvvisamente identificammo - ricorda un'isoletta in Malesia, Pulau Bidong: vi erano
aggrappati migliaia di vietnamiti. La prima
cosa da fare era portare l'acqua laggiù. Feci
firmare ai miei superiori in poche ore dei
permessi per i quali servono normalmente mesi.
Quell'esperienza, da tutti i punti di vista,
compreso quello della lotta alla burocrazia, fu
una grandissima lezione: come farfunzionare
il sistema a dispetto di se stesso». Mßller ha
lavorato poi a New York, in varie missioni (Iran,
Messico, Haiti, Cipro), e al fianco di Kofi Annan.
3. Sanità nazionale
a 2omila persone contagiate entro novembre - aggiunge Ml ller - e ha calcolato che ci
vogliono dai 9 ai 12 mesi per avere il controllo del problema. D'altra parte ricordiamoci
anche dell'altra faccia della medaglia: se
non ci fosse l'Onu oggi, con l'esperienza e la
specializzazione che ha accumulato, che cosa succederebbe?».
Il direttore generale tiene però a sottolineare il ruolo di Ginevra anche su un altro
fronte, quello della diplomazia multilaterale. «I rappresentanti di Iran, Siria, Ucraina,
Georgia vengono a parlare qui, le discussioni si svolgono in questa sede perché Ginevra ha un'immagine di neutralità, i protagonisti internazionali hanno la percezione di
un posto rassicurante in cui poter affrontare problemi delicati. Un esempio è il dialogo tra Nigeria e Camerun che hanno risolto
una disputa territoriale su aree ricche di petrolio. È stato, questo, uno dei tanti risultati
che otteniamo nel silenzio: quando conse-
guiamo un successo, spesso non se ne parla, ed è giusto che sia così. Altre volte gli
obiettivi si raggiungono preventivamente». Ci sono invece delle situazioni in cui
l'Onu non può che portare un contributo
operativo, prezioso ma non risolutivo, come nel caso dei rifugiati siriani. Un dramma di cui non si intravvede la fine.
«Quest'anno abbiamo toccato in totale 52
milioni di profughi nel mondo. È il più grande numero della storia e ne vediamo gli effetti. Paesi come Libano o Giordania stanno
crollando sotto il peso sociale e ambientale
delle masse che si sono riversate nei loro territori. L'Onu fa quel che può, l'Alto Commissario per i rifugiati lavora molto per sensibilizzare gli Stati e sollecitarne la solidarietà,
ma c'è una sorta di "stanchezza" umanitaria data dall'eccesso delle emergenze. In Libano ci sono più di un milione e mezzo di
profughi, un terzo della popolazione. Sa
quante sono state le offerte di accoglienza
da parte degli altri Paesi, che abbiamo più e
più volte chiesto? Quattromila».
La punta di amarezza che accompagna
queste parole, nella voce di chi ha una lunga
e globale carriera alle spalle, scompare
quando si affronta il tema delle donne
all'Onu: «Pochi anni fa è nata a New York
una organizzazione, Un Women, che è molto attiva, e tutte le nostre istituzioni hanno
programmi per sostenere le donne. Oggi sei
ambasciatori su 15 del Consiglio di Sicurezza sono donne. Proprio a Ginevra si riunisce
tre volte all'anno il Comitato per l'eliminazione della discriminazione contro le donne, composto da 23 esperti indipendenti
che analizzano i rapporti sulla situazione
femminile nei Paesi membri, ricevono denunce e conducono inchieste sulle violazioni dei diritti. Diciamo che sono due i temi
che entrano con forza nella linfa del sistema
delle Nazioni Unite: diritti umani e posto
delle donne. Le due cose vanno insieme».
Vuol dire, azzardo, che il prossimo segretario dell'Onu sarà una donna? «Magari. Per
me sarebbe un segnale importante. Senza
le donne non si conquista la pace».
eliana.dicaro c@r ilsole24ore.com
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Mission possible:
curare la mortalità
Il nuovo business dei big
della Silicon Valley è
l'industria anti-età con
investimenti milionari
in startup e ceo stellati
di Roberto Manzocco
Mentre l'industria arati età - cioè tutte le
pratiche che mirano a nascondere i segni
del tempo, dai cosmetici alla chirurgia estetica - continua a vivere e prosperare, nella Silicon Valley si intravede la nascita di un nuovo paradigma, per il quale il processo d'invecchiamento dovrebbe essere trattato quasi come una patologia, da curare con terapie
tutte ancora da inventare. E a guidare la carica è, dal settembre del 2013, la Calico (California Life Company), compagnia biotech
sita a San Francisco e voluta da Google, con
l'obiettivo di studiare la biologia dell'invecchiamento, al fine di rimandare la vecchiaia
il più possibile. Questa almeno la sua mission, anche se gli obiettivi sottostanti sembrano ancora più ambiziosi; tanto che, nella
copertina dedicata, «Time» ha titolato in
modo eloquente «Google vs. Death».
Calico nasce da un'idea di Bill Maris, manager di Google Venture, che si è chiesto il
perché molte compagnie cerchino di curare questa o quella patologia, senza preoccuparsi di intervenire sulla causa sottostante
a molte di esse, cioè il processo d'invecchiamento. Infine è sceso in campo il Ceo di Google Larry Page, che molto ottimisticamente
ha parlato della possibilità di aumentare
forse anche di Zoo anni l'aspettativa di vita
dei ventenni di oggi. Ceo della Calico è Arthur Levinson, presidente della Apple ed ex
presidente di Genentech. La compagnia ha
inoltre assunto Cynthia Kenyon, ricercatri-
3. Sanità nazionale
ce dell'Università della California. Nell'ambito della biogerontologia, la Kenyon è una
figura leggendaria: nel 1993 è diventata famosa per essere riuscita, modificando un
singolo gene, a raddoppiare l'aspettativa di
vita del Caenorhabditís elegans, un verme nematode. Adifferenza delle altre startup biotech, che abbisognano di ritorni economici
immediati, la Calico è provvista di una maggiore flessibilità, e potrà lavorare sul lungo
periodo. E questo mese la compagnia ha annunciato una partnership con il colosso biofarmaceutico lisa AbbVie, assieme al quale
lancerà un centro di R&D, con lo scopo di
scoprire terapie per il trattamento delle patologie legate all'età.
Sette mesi dopo la Calico, è sceso in campo Craig Venter. A marzo il celebre genetista ha lanciato la Human Longevity Inc.,
startup che punta a lavorare su salute ed
estensione dell'aspettativa di vita, con un
budget iniziale di 70 milioni di dollari. La
Human Longevitymapperà 4omila genomi
appartenenti a persone sane e malate, vecchie e giovani, al fine di costruire il più ampio database del mondo sulla variabilità genetica umana. Si raccoglieranno inoltre dati
sui genomi degli organismi che vivono in
simbiosi con noi, come batteri e funghi. Vola basso, Venter, e sostiene che il suo lavoro
non mira per forza al prolungamento della
vita. Tra i cofondatori c'è però anche Peter
Diamandis, il presidente dellaX-Prize Foundation - quella del volo spaziale privato -,
che dice senza mezzi termini di mirare a «fare dei cento anni i nuovi sessanta». La compagnia venderà il suo database, ma svilupperà anche terapie a base di staminali per
trattare l'invecchiamento.
Citiamo poi il Palo Alto Longevity Prize,
che offre un milione di dollari a chi contribuirà alla decodifica del processo d'invecchiamento. Sostenuto da diversi soggetti privati, il Palo Alto Longevity Prize è stato lanciato dall'imprenditore Joon Yun. L'iniziativa
comprende due premi. Il primo è dedicato a
chi riuscirà in un mammifero a riportare a
livelli giovanili il tasso di variabilità del rit-
mo cardiaco, sintomo della capacità dell'organismo di mantenere l'equilibrio omeostatico, e quindi la stabilità termica e chimica. Il
secondo premio andrà a chi riuscirà ad aumentare l'aspettativa di vita di un mammifero del So per cento. Non è un caso che tutte
queste iniziative nascano proprio attorno alla Silicon Valley, ricettacolo per visionari desiderosi di scommettere su imprese che altroveverrebbero bollate come 'troppo audaci" o "folli". Per fare un esempio di questa
strana commistione trabusiness e tecnoutopia citiamo il caso emblematico di Peter
Thiel, investitore molto ascoltato in Silicon
Valley, uno dei fondatori di Paypal, nonché
il primo investitore esterno di Facebook. Ed
è anche un sostenitore dell'idea che l'umana
mortalità debba essere in qualche modo "curata". Thiel ha donato più di sei milioni di
dollari ad Aubrey de Grey, il controverso biogerontologo britannico che mira a cancellare il processo di invecchiamento tramite un
set di terapie miranti a trattarne tutti gli
aspetti. E Thiel non è l'unico; citiamo ad
esempio Larry Ellison, presidente e cofondatore della Oracle, la cui Ellison Foundation
investe,o milioni di dollari all'anno nella ricerca contro l'invecchiamento.
In sostanza, l'ambizione di questi longevisti è sì quella di superare il limite massimo raggiungibile dai normali esseri umani
- il primato va alla francese Jeanne Calment, morta nel 1997 a oltre 122 anni -, ma
è anche quella di rimandare il più possibile
la fragilità della vecchiaia - finendo tra l'altro per ridurre i costi per il sistema pensionistico e per quello sanitario -. Il che capiterebbe pure al momento giusto, visto che
una recente analisi dell'Onu uscita su
«Science» paventa non solo la possibilità
che la popolazione mondiale raggiunga gli
11 miliardi entro il 2100, ma anche che Europa, Giappone, Cina, india e Brasile siano in
procinto di affrontare un rapido ed economicamente problematico invecchiamento
della popolazione. Mai come ora è il caso di
dire: chi vivrà, vedrà.
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3. Sanità nazionale
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"La curo con Statuina"
II pm: la figlia le va tolta
MASSIMO GUERRETTA
TREVISO
Alice ha dodici anni. Da quando è nata, lotta contro le conseguenze di un'infezione da citomegalovirus,
contratta
quando era ancora nel grembo
della madre. Entrambe combattono per una speranza, che
per loro si chiama metodo
Stamina. Ma non basta. Il tribunale dei minori di Venezia
ora vuole strappare Alice alla
sua famiglia. Perché? Sua madre, nel corso dell'ennesimo ricovero, si è rifiutata di far
somministrare un farmaco
salvavita alla sua bimba: «Sarebbe morta», ha gridato lei,
già pronta a combattere questa nuova battaglia. Ormai
mamma e figlia entrano ed
escono dalle aule di tribunale
con la stessa frequenza con
cui percorrono le corsie dell'azienda ospedaliera di Padova, dove Alice, trevigiana, è in
cura. Per quattro volte il giudice del Lavoro di Treviso ha
detto sì: quattro ordinanze
che avrebbero dovuto obbliga-
3. Sanità nazionale
La segnalazione è scattata
dopo quel rifiuto, il no a quel
farmaco convenzionale. Una
richiesta di sospendere la patria potestà cui si oppongono
gli stessi medici che in una relazione hanno scritto che Alice, lontano dalla sua famiglia,
metterebbe a serio rischio la
sua fragilissima salute.
La mamma si difende: «Se
mia figlia avesse assunto quel
farmaco, che si somministra
solo durante il ciclo di dialisi,
sarebbe già morta. Ora Alice
sta meglio, è ancora con me: è
viva». Resta la rabbia per quel
pOiche
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1tis
. . . . . . . . . . . . . . . . ._. . . . .nna
. . . . . . . . . . . . . ri-fiuia
..................... ....
la somministrazione
-------------------------di farmaci convenzionali
Gli Spedali Civili di Brescia
re gli Spedali di Brescia a procedere con le infusioni di staminali alla ragazzina. Quattro
sì che sono rimasti lettera
morta. I117 ottobre la mamma
e il papà di Alice saranno sentiti dal giudice minorile, che
dovrà pronunciarsi sulla richiesta del pm di «collocare la
minore in idoneo luogo protetto eterofamiliare». In altre parole se, almeno dal punto di vista legale, potranno essere ancora i genitori della loro Alice.
decreto, che le ha spezzato il
cuore: «E' un gesto di cattiveria. Ma non mi fanno paura,
non mi porteranno via la mia
bambina e lotterò per lei fino
alla fine». Le motivazioni dei
pm sono racchiuse in una pagina che sottolinea «la sfiducia
dei genitori» rispetto alle decisioni diagnostiche e terapeutiche dei sanitari e il rischio che
ciò «possa comportare gravi
danni alla salute della ragazzina». La mamma di Alice, in
ogni occasione, ha affermato
di aver agito avendo sempre
come unico obiettivo il benessere di sua figlia, la sua salute.
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CLINICA MEDICA MARCHE / Centro di eccellenza nella medicina interna
Assistenza accanto alla ricerca
La struttura si focalizza sulle malattie del sistema immunitario
La Clinica
Medica
dell'Università Politecnica delle Marche, diretta dal
prof. Armando Gabrielli, è
parte dell'Azienda Ospedali
Riuniti di Ancona ed è un
centro di eccellenza della
medicina interna regionale, soprattutto per quel che
riguarda lo studio e terapia
delle malattie del sistema immunitario e delle immunodeficienze.
Oltre alla intensa attività assistenziale espletata con la
messa a punto di profili di
assistenza ad hoc e di ambu-
latori giornalieri dedicati, significativa è la ricerca clinica
e di laboratorio della Clinica
Medica. La prima si è, negli
anni, concentrata sulla progettazione e conduzione di
studi clinici di fase IIA, IIB
e III, sulla progettazione e
conduzione di ricerca clinica infermieristica, sulla elaborazione e stesura di linee
guida oltre che sullo sviluppo
di competenze per attività di
clinícal governance e progetti
di educazione/informazione
dei pazienti. Inoltre è stata
avviata dal 2005 l'attività re-
Il prof. Armando Gabrielli, direttore della Clinica Medica
dell'Università Politecnica delle Marche
8. La Ricerca
lativa alla certificazione delle
malattie rare.
La ricerca dì laboratorio si è
focalizzata sulle malattie del
sistema immunitario, quali
sclerodermia, lupus eritematoso sistemico, sindrome
di Siogren, miositi, vasculiti
sistemiche. Da segnalare a
questo proposito, due lavori
scientifici pubblicati sul New
England Journal Medicine
(2006) e su Science Signaling
(2014) che potranno aiutare
a risolvere i problemi di diagnosi e terapia della sclerodermia.
Nel primo si dimostra la presenza di anticorpi, normalmente assenti nei soggetti sani, in grado di indurre danni
tipici di questa malattia.
Nel secondo, effettuato con
la collaborazione del laboratorio del prof. Enrico
Avvedimento dell'Università. Federico II di Napoli, si
chiariscono i meccanismi °
molecolari responsabili della
fibrosi, ovvero dell'accumulo
di quella proteina nota come
collageno, negli organi delle
persone affette da sclerodermia, oltre che dell'aumentato
rischio di neoplasia presente
in questa popolazione di pazienti.
Pagina 41
Dalla campagna online persalvare il telescopio
Hubble a quella per il recupero dei siti storici
di ricerca, si fa strada l'idea che il progresso
non debba spazzare via il "vintage"
E che dietro l'avanguardia vada tutelata
una fruizione più ampia di strumenti e saperi
In discipline come astronom ia, fisica
o ch i mica la coaall'innov ione
bru ci a i n fretta conquiste e tecnolog i e
a studiosi e appassionati si ribellano
A scienza che
esita a dimenticare i suoi fondatori è perduta».
Conquestafrase,
presa in prestito
dal grande mate-
matico e filosofo Alfred North Whitehead,
lo storicodella scienzaThomasKuhnhasintetizzato la tendenza al continuo rinnovamento che caratterizza questa parte del sapere umano. Idee e risultati del passato sono selettivamente dimenticati per far posto ai nuovi, il vecchio paradigma è obliterato da quello corrente come se si cancellasse una lavagna. Anche il pioniere della
scientometria, Derek de Solla Price, ha documentato la rapida obsolescenza delle
pubblicazioni scientifiche: a due anni dall'uscita, un articolo vedeva dimezzare le
proprie citazioni da parte di altri colleghi.
Questo vale, a maggior ragione, per la dimensione tecnologica e per la strumentazione di ricerca, entrambe proiettate verso
apparecchiature sempre più sofisticate e
innovative.
8. La Ricerca
Ma in questa sete di superamento , in questa
corsa a nuovi e più sofisticati traguardi , c'è anche un lato negativo. E cioè il rischio di rendere
la scienza troppo "alta", algida, lontana. Spezzando tutti i legami-vitali-con lasocietà, con
una platea quanto più possibile ampia di fruitori. E perdendo così qualsiasi suo versante "popolare", nelsensomiglioredeltermine . Nontutti però si rassegnano a questo processo. Come
dimostrano una serie di episodi accaduti negli
ultimi mesi. Un gruppo di scienziati e appassionati, ad esempio , proprio in queste settimane
sta valutando la possibilità di salvare dalla pensione - con una campagna e una ricerca fondi
via internet - il telescopio spaziale Hubble.
Lanciato dallo Space Shuttle nel 1990 , secondo
le previsioni potrebbe cadere sulla terra nel
2020. Per evitare rischi (ha più o meno le dimensionidiunoscuolabus ) l'ultimamissionedi
servizio ha predisposto nel 20191a possibilità di
guidarlo fuori dalla sua orbita attuale . Non ci saranno però altre missioni, anche perché gli stes-
Pagina 42
si Space Shuttle sono stati accantonati dalla Nasa. L'agenzia spaziale americana prevede infatti di lanciare nel 2018 il successorediHubble,
iltelescopiospazialeJames Webb, piùmoderno
e sensibile almeno per alcuni tipi di rilevazioni.
Il buon vecchio Hubble, però, funziona ancora: «Non è mai stato così in forma, è patrimonio
nazionale e per il mondo intero», ha ammesso
John Grunsfeld, astronauta e fisico della Nasa.
Ecco perché sono molti gli appassionati di astronomia che non vogliono perdere quel telescopio
che ha dato loro alcune delle immagini più spettacolari del cosmo. Anche molti studiosi pensano che Hubble possa ancora essere utile. Occorre però sostituire alcune parti: un'operazione
dal costo rilevante e che desta scarso entusiasmo nei vertici governativi e industriali, poco
propensi ad investire su unvecchio progetto anziché sui nuovi. E così pezzi di grande valore scientifico, tecnologico, culturale, pratico- corrono il pericolo di venire buttati via. Anche se a
volte accade il contrario: alcuni dei movimenti
d'opinione decisi a conservare un'idea di scienza popolare riescono a vincere delle battaglie.
Ad esempio, studiosi ed appassionati hannoraccolto oltre 150 mila dollari in crowdfunding per
"resuscitare" lasondalSEE-3, lanciatanel 1978,
con cui la Nasa aveva sospeso le comunicazioni
da quasi vent'anni. Un bel risultato.
a il discorso va oltre la
corsa folle di una
scienza che nella sua
corsa inarrestabile in
avanti rischia di perdere pezzi pregiati.
Perché gli strumenti
e i prodotti della fisica, della chimica, dell'astronomia, anche se obsoleti hanno un
valore intrinseco. Sono parte del nostro patrimonio storico di civiltà, sono tesori culturali. Almeno quanto i monumenti dell'arte. È la necessità di non perdere questi beni
così preziosi che ha spinto tre appassionati
di scienzapopolare arealizzarequalche me-
se fa, in varie località degli Stati Uniti, uno
spettacolare reportage fotografico notturno (parzialmentepubblicatosu WiredUsa)
sugli edifici scientifico-miltari oggi abbandonati, ma mai del tutto smantellati. Un
tempo erano gioielli d'avanguardia, malgrado fossero finalizzati alla Guerra Fredda: nelle foto si vedono lavagne ancora piene di misurazioni, apparecchiature arrugginite. Un insieme di attrezzature che meriterebbe di essere tutelato e valorizzato.
Testimonianza non solo della scienza nel
suo significato puro, ma anche dei suoi legami con la società e la politica.
E non è solo una questione di strumentazioni
e apparecchiature: perfino le classificazioni possono diventare elementi chiave, nella battaglia
per una scienza popolare. Nel 2006, inseguito allarevisione della definizione di pianeta da parte
di una commissione della International Astronomical Union (Iau), Plutone nonrisultò più definibile come tale, e venne relegato in una nuova classe di pianeti nani. Per giorni, i media riportarono pareri contrastanti di astronomi e
opinioni dicommentatori. Con unaspettacolare
votazione al congresso della lau, il nuovo status
fu approvato con 237 voti favorevoli, 157 contrari, 30 astensioni. La decisione finale lasciò insoddisfatti numerosi esponenti di spicco della
comunità astronomica, incluso il coordinatore
della commissione incaricata di trovare una
nuova definizione di pianeta. Sotto la pressione
di quello che definì «un pubblico sentire, refrattario a scaricare Plutone in un ampio agglomerato di oggetti poco spettacolari», la stessa lau
decise di creare per ad hoc una categoria speciale tra i pianeti nani. L'astronomo Dave Reneke,
editor di Sky & Space Magazine, si chiese «che
diritto abbiano poche centinaia di astronomi di
decidere per i sei miliardi di abitanti della Terra». In seguito a varie proteste e mobilitazioni
pubbliche (che esponevano esilaranti cartelli
come «l'importante non sono le dimensioni«)
nacquero associazioni perla difesa di Plutone come pianeta e gruppi social come la "Coalizione
che sa che Plutone è davvero un pianeta". Nel
2009, lo Stato dell'Illinois proclamò il 13 marzo
"la giornata di Plutone". Può fare sorridere, certo. Ma dietro questi episodi di colore si nasconde
un interrogativo serio: se la scienza, in nome della sua intangibile purezza, possa tagliare senza
pensarci due volte i legami con le tradizioni e le
comunità. Che ha coltivato, seppure con alterne
vicende, per secoli e secoli.
cordone ombelicale
che i sostenitori della
scienz apopolare sono decisi a non recidere. Perfino nella scelte che riguardano l'intrattenimento e il tempo libero.
Come dimostra il boom di quella che potremmo definire scienza vintage: la passione per il modernariato scientifico, che si
esprime col collezionismo dei kit per ragazzi e dei giocattoli divulgativi di un tempo.
Piccole ma concrete testimonianze di come
la scienza si sia incarnata nella sensibilità e
cultura di massa. A cominciare dall'intramontabile Barbie, che come racconta Davide Coero Borga nel suo La scienza dal giocattolaio, aveva indossato la tuta da astronauta già nel 1965, quattro anni prima della storica missione sulla Luna e quasi
vent'anni in anticipo sulla prima donna in
carne ed ossa aviaggiare nello spazio. Ad alcune aste online è ancora possibile acquistare l'Atomic Energy Lab, kit giocattolo
del "piccolo ingegnere nucleare": prodotto
tra il 1950 e il 1951, epoca in cui l'energia
atomica era presentata senza esitazioni come fonte di progresso e opportunità anche
nei cartoni animati Disney (guardate su
Youtube OurFriend theAtom), per 49 dollari e 50 centesimi metteva a disposizione
dei giovanissimi tre barrette radioattive «a
scarsissimo potenziale», un contatore Geiger, quattro campioncini di materiale radioattivo eun elettroscopio. Un puzzle fatto
di eccentrici pezzi di antiquariato culturale:
utili a ricordare che la parola "scienza" non
è, o non è solo, sinonimo di inaccessibilità.
LA MOSTRA
Giacomo Ma.nzù
eAlarino Marini
aTratlersetolo, in
provincia di Parma
(pag. 50)
8. La Ricerca
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Un modello a piramide
che taglia tutti i ponti
col senso comune
pîÙ
NCHE uno schiavo,
se bene indirizzato, può dimostrare
il teorema di Pita-
ora. E la tesi che,
come al solito per bocca di Socrate, Platone difende nel Menone, dopo aver constatato che
la ricchezza di Anito (altro personaggio del dialogo) non lo
rendeva per questo più intelligente (Anito si vendicherà divenendo uno dei tre accusatori
principali di Socrate). L'ideale
di Platone era quello del filosofo-re, eppure sottolineava
l'intrinseca democraticità del
sapere, come trasmissione ed
esame comune, contrapposto
alla scienza esoterica, in particolare al sapere sacerdotale degli egizi, protetto da una scrittura che conoscevano solo loro.
Oggi però il costo delle apparecchiature favorisce i ricchi, Anito e non lo schiavo di Menone, e
si crea quella che potremmo definire "scienza piramidale",
una scienza di vertice, esoterica
e poco comunicata.
Nel momento in cui da una
parte il web diffonde tutto,
8. La Ricerca
compreso il negazionismo e
l'idea che la terra sia concava
e non convessa, e dall'altra la
big science comporta investimenti miliardari, le piramidi
si riformano. E se le piramidi
nascono come osservatori
astronomici, non èprivo diironia il fatto che la manifestazione di questa scienza esoterica nasca proprio dalla dismissione del telescopio orbitale Hubble, non più utile per
laNasa, mautilissimo per tanti altri scienziati non di punta.
La scienza come ideale di una
comunità illimitata della comunicazione di cui parlava,
quasi mezzo secolo fa, il filosofo tedesco Karl-Otto Apel,
richiamandosi al "socialismo
logico" propugnato nell'Ottocento da Charles Sanders
Peirce, è un sogno del passato,
e questo costituisce un pericolo non solo per la democrazia,
ma per la scienza, per almeno
tre motivi.
Primo, si scava un fosso tra
la scienza e il senso comune.
Quando Husserl parlava
dell"'adulto nella nostra epoca" come uomo medio e mediamente incivilito, si riferiva
a una persona per cui il mondo
non era un mistero. Ma, da
una parte, la tecnica ci è diventata sempre più estranea.
Per un paradosso della "età
della tecnica", nessuno se la
sentirebbe seriamente di
metter le mani nel proprio
computer come si faceva, una
volta, con la propria automobile (asuavoltadivenutainintelligibile a causa della quantità di componenti elettroniche che incorpora). D'altra
parte, questo medesimoparadosso, in forma meno avvertita ma molto più potente, vale
per la scienza: non solo siamo
piùignorantichemai (nelsenso che non riusciamo a tenere
dietro agli sviluppi della scienza), ma gli stessi scienziati
non sono in grado di dominare se non un territorio limitato, anche supponendo (e non
è ovvio, come dimostra il caso
del telescopio nella piramide )
che sia garantitaunaregolare
trasmissione delle scoperte.
Secondo, date le spese necessarie per la ricerca, e le sue
ricadute economiche e militari, assistiamo a una privatizzazione del sapere. Lo scienziato non è più un «funzionario dell'umanità» (secondo la
commovente retorica burocratica con cui Husserl definiva il filosofo) ma il detentore
di un sapere iniziatico, per ragioni di fatto (non viene comunicato) e di diritto (anche
quando è comunicato, risulta
incomprensibile ai più). Io so
ben poco di astronomia, diversamente da Leopardi. E
colpa mia, ma anche se la studiassi non mi basterebbe la biblioteca di mio padre, né il telescopio del Gattopardo. Verrei a sapere delle cose a scoppio ritardato, come la luce delle stelle morte da tempo. Magari i marziani esistono, ma
noi (un noi in cui bisogna includere anche un bel po' di
scienziati) non lo sappiamo.
Lo sanno nella piramide, e
ce lo diranno se e quando lo
vorranno loro. Ma proprio qui
si apre un terzo problema, ancora più grande dei precedenti. Husserl vedeva nella comunicazione una condizione fondamentale della nascita della
scienza. Se il primo geometra
non avesse comunicato le sue
scoperte, e se queste non fossero state scritte, conservate
e trasmesse, la sua scoperta si
sarebbe limitata a un breve
bagliore, a una luce che illumina prima che torni il buio,
aspettando che un altro, se
mai ci sarà, ripeta la scoperta.
Nel momento in cui la scienza,
nel suo livello più avanzato, si
trasforma nel possesso di pochi, la piramide si rivela un
edificio fragilissimo: basta un
black-out, un impiegato distratto o un fanatico (non necessariamente del Califfato),
e tutti i segreti della piramide
ritornano nel nulla da cui erano usciti.
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LA RICERCA
Tumori, cure in gravidanza
senza danni per il bambino
MADRID. Gravidanza e tumore, due eventi ritenuti inconciliabili e frutto di scelte drammatiche tra seguire la terapia o far
nascere il bambino, in realtà in molti casi non si escludono, e
con alcuni accorgimenti possono essere entrambi portati
avanti.Aconfortare le future madri colpite dallamalattia sono
due studi presentati nel congresso della Società Europea di
Oncologia medica (Esmo) in corso a Madrid.
«Il messaggio principale per le donne è che la scelta non è
inevitabile e in molti casi ci sono altre opzionida tenere in considerazione», spiega Frederic Amant, del Policlinico belga di
Lovanio. «Abbiamo visto ad esempio - prosegue - che per i tumori del seno e del sangue, i più comuni in questa fascia di età,
almeno alcuni farmaci non danneggiano i bambini se somministrati dopo il primo trimestre di gravidanza. Fanno eccezione la leucemia acuta, che va trattata già nel primo trimestre, e
i tumori della cervice uterina, troppo "vicini" al bambino».
8. La Ricerca
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