Solo l`8 - Azienda Ospedaliero
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Solo l`8 - Azienda Ospedaliero
. INDICE RASSEGNA STAMPA . 3. Sanità nazionale Sole 24 Ore Centro Nord 29/09/2014 p. II Le risorse per la spesa sanitaria 2014 1 Sole 24 Ore Centro Nord 29/09/2014 p. II Soluzioni dioitali oer una Sanità efficiente 2 Sole 24 Ore Centro Nord 29/09/2014 p. IV Ictus: "stroke unit" 24 ore su 24 3 Sole 24 Ore Centro Nord 29/09/2014 p. IV Valutazione annuale per ripartire 4 Sole 24 Ore Centro Nord 29/09/2014 p. VI I!mAper alzarsi subito 5 Sole 24 Ore Centro Nord 29/09/2014 p. VII Dove c'è ricerca c'è cura. E qui ci sono entrambe 7 Tirreno 29/09/2014 p. 8 Mi metto i guanti e regalo carezze ai malati di Ebola Gemma Vignocchi 10 Tirreno 29/09/2014 p. 45 Arriva l'influenza americana Il virus è già noto, vaccino pronto Gian Ugo Berti 14 Avvenire 28/09/2014 p. 14 «Manicomi riaperti in famiglia» Luca Liverani 15 Corriere Della Sera 28/09/2014 p. 30 Sanità lombarda: il processo sulle tangenti Roberto Formigoni 16 Corriere Della Sera 28/09/2014 p. 41 Non ossessione ma consapevolezza Luigi Ripamonti 17 Corriere Della Sera 28/09/2014 p. 41 In diminuzione i ricoveri ospedalieri non appropriati 18 Corriere Della Sera 28/09/2014 p. 42 Deve aumentare l'adesione all'offerta degli esami di screening 19 Corriere Della Sera 28/09/2014 p. 42 Donne poco attente a difendersi dai tumori Corriere Della Sera 28/09/2014 p. 43 Cancro al polmone, la «nuova» minaccia Corriere Della Sera 28/09/2014 p. 45 In che cosa consiste lo pneumotorace? Antonella Sparvoli 24 Corriere Della Sera 28/09/2014 p. 46 Rischio Alzheimer per troppi ansiolitici Danilo Di Diodoro 26 Corriere Della Sera - Corriereconomia 29/09/2014 p. 29 Tasse &Ticket Entro un anno tutti alla cassa online Pieremilio Gadda 28 Giornale 29/09/2014 p. 8 Olivetti, i malati accusano: «Tutti sapevano dell'amianto» Luca Fazzo 30 Il Fatto Quotidiano 28/09/2014 p. 11 Cliniche Angelucci, danno erariale da 41 milioni Rita Di Giovacchino 32 Libero Mercato 28/09/2014 p. 22 Tumori oculari, al 5100 il punto sulle terapie Al 'Gemelli' l'Associazione Oncologia Oculare Libero Mercato 28/09/2014 p. 22 «Potremmo risparmiare tanto, se solo lo sapessimo» Andrea Sermonti 34 Messaggero 29/09/2014 p. 13 Al congresso degli urologi il professore è Rocco Siffredi Carla Massi 35 Sole 24 Ore 28/09/2014 p. 22 Troppo grandi le sfide per l'Onu? Eliana Di Caro 36 Sole 24 Ore - Nova 28/09/2014 p. 9 Mission possible: curare la mortalità Roberto Manzocco 38 Stampa 28/09/2014 p. 8 "La curo con Stamina" E pm: la figlia le va tolta Massimo Guerretta 40 Vera Martinella 20 23 33 8. La Ricerca Sole 24 Ore Centro Nord 29/09/2014 p. V Assistenza accanto alla ricerca Repubblica 28/09/2014 p. 44 La scienza al popolo Indice Rassegna Stampa 41 Massimiano Bucchi 42 Pagina I INDICE RASSEGNA STAMPA . Repubblica 28/09/2014 p. 45 Un modello a piramide che taglia tutti i ponti col senso comune Secolo Xix 28/09/2014 p. 6 Tumori, cure in gravidanza senza danni per il bambino Indice Rassegna Stampa Maurizio Ferraris 45 46 Pagina II ma la 9_e !risorse perla spesa sani taria 2014 SONDI / L'Emilia Romagna porta a casa 180 milioni in più rispetto al 2013, 36 mio in più all'Umbria, 8 al Molise, 40 mio all'Abruzzo Il riparto del Fondo nazionale deciso dalla Conferenza delle Regióni e i fondi per la non autosu T Tn riparto condiviso anche dalle Regioni del Centro Nord quello del Fondo sanitario nazionale (107 miliardi) deciso ad agosto dalla Conferenza delle Regioni ad agosto e che ora, dopo essere stato condiviso dal ministro della Salute, attende la sigla dell'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Ad agosto, si è pervenuti anche alla suddivisione dei fondi disponibili per la gestione della non autosufficienza da parte delle Regioni e per le politiche della famiglia. Per la spesa sanitaria 2014 l'Emilia Romagna si è porta a casa quasi 8 miliardi, la Toscana 6,7 miliardi, le Marche 2,8 miliardi, l'Umbria 1,6 miliardi, il Molise 570 milioni e l'Abruzzo 2,3 miliardi. Il riparto del Fns 2014 è comprensivo di quota indistinta, risorse premiali e 79,5 milioni da reperire nell'ambito delle risorse vincolate. Per l'Emilia-Romagna il riparto di quest'anno è significato 180 milioni in più rispetto al 2013. "Un aumento superiore alle previsioni - ha commentato l'assessore regionale Carlo Lusenti 3. Sanità nazionale che rappresenta una profonda boccata &ossigeno per tutta la sanità regionale. Grazie all'iniezione di nuove iisorse - ha proseguito - nei prossimi mesi potranno essere adottati gli opportuni strumenti di programmazione regionale" Aumento di risorse per 36 milioni anche per l'Umbria, un gruzzolo che "intendiamo utilizzare per rafforzare e potenziare l'offerta della rete dei servizi socio sanitari e, in parte, per sostenere il piano straordinario per abbattere le liste d'attesa; ha affermato la presidente della Regione, Catiuscia Marini. Gli 8 milioni in più che si è ritrovato ad avere il Molise "consentiranno di proseguire il piano di rientro dal deficit, ha evidenziato il presidente della Regione, Paolo Frattura. Positiva anche la reazione dellAbruzzo che ha ottenuto 40 milioni in più rispetto al 2013. Una cifra, ha considerato l'assessore regionale alla Sanità, Silvio Paolucci, che "se sarà confermata dal ministero ci consentirà di perseguire l'obiettivo di uscita dal commissariamento cienza con piena solidità finanziaria'. Per quanto riguarda il Fondo per l'autosufficienza e quello per le politiche per la famiglia, l'Abruzzo ha ottenuto rispettivamente 8,2 milioni e 122 mila 500 euro; l'Emilia-Romagna 26,6 milioni e 354 mila euro; le Marche 9,7 milioni e 132 mila e 500 euro; il Molise 2,3 milioni per la non autosufficienza e 46 mila curo per le politiche per la famiglia; la Toscana 23,7 milioni e 328 mila euro. Le Regioni hanno deciso di aumentare dal 30% al 40% le risorse per la non autosufficienza da destinare alla disabilità gravissima, inclusa la Sla. Pagina 1 NOEMALIFE I Con 13 sedi nel mondo e installazioni in 23 Paesi , la multinazionale bolognese ha un respiro internazionale Soluzioni digitali per una Sanità efficiente Grazie ai sistemi informatici proposti, l'azienda garantisce una gestione unitaria del processo clinico asce in Italia , ha un respiro internazionale (13 sedi nel mondo e installazioni in 23 Paesi) e un obiettivo: diventare il partner irrinunciabile dei professionisti che operano nel settore sanitario, per tutto ciò' che attiene l'informatizzazione delle loro strutture. La multinazionale bolognese NoemaLife lavora affinché l'innovazione tecnologica migliori realmente i processi di cura. Cristina Signifredi, vice direttore generale del gruppo NoemaLife , spiega le concrete conseguenze positive di una Sanità digitale: "Migliora la qualità del processo di cura e riduce il rischio clinico, contribuisce all'abbassamento dei costi , grazie all'elimi -nazioedglsprchi.Og, purtroppo, l'informatizzazione nel settore sanitario in Italia non ha raggiunto livelli accettabili: circola ancora troppa carta, nei vari passaggi di informazioni. Il proces- so di cura è ancora basato su un operato quasi prettamente manuale'. Noemalife, grazie ai sistemi informatici proposti, garantisce una gestione unitaria del processo clinico. Diversi gli ambiti di applicazione. Innanzitutto la diagnostica. NoemaLife accompagna l'evoluzione e la crescita dei dipartimenti di diagnostica da oltre 30 anni. Suo il modello di Laboratorio di Area Vasta che integra in un'unica piattaforma -più laboratori di analisi distribuiti su di una determinata area territoriale, per l'ottimizzazione delle risorse economiche e dei processi di diagnostica. Altro fondamentale ambito di applicazione è l'informatizzazione del processo di cura all'interno dell'ospedale. "In questo caso, desideriamo fare in modo che anche a livello del `giro visita; medici e infermieri siano supportati dalla tecnologia e possano avere a disposizione, per esempio tramite un device mobile, i dati riferiti al paziente che stanno incontrando. Si badi bene: non si tratta solo di fornire nuove soluzioni o strumenti tecnologici, ma di aiutare i professionisti a ottimizzare il loro lavoro, attraverso processi più efficaci". Un terzo ambito di intervento va nella direzione di quello "Smart Care System" da più parti identificato come l'unica strada per garantire sostenibilità al nostro Ssn. Mentre fino a qualche tempo fa il percorso di cura dei pazienti era "ospedalecentrico, oggi la tendenza è quella di ospedalizzare il meno possibile, costruendo percorsi di cura sul territorio. L'adozione di piattaforme informatiche può supportare nuovi modelli di servizio sanitario basati sulla continuità assistenziale , la deospedalizzazione e la cooperazione tra tutti i soggetti di quella "comunità clinica virtuale" geograficamente dislocata sul territorio e deputata a seguire i pazienti anche nella propria abitazione. "Per fare ciò è indispensabile affidarsi a soluzioni It'; precisa Signifredi. NoemaLife opera in ogni regione italiana: a sostegno dell'avanzamento tecnologi- Cristina Signifredi, vice direttore generale del gruppo NoemaLife 3. Sanità nazionale co del Mezzogiorno , insieme a un consorzio di enti pubblici e privati , è responsabile scientifico di un progetto europeo, co -finanziato dal Miur, denominato Smart Health 2.0, che mira a portare occupazione e sviluppo nelle quattro regioni dell'Obiettivo Convergenza (Puglia, Calabria, Sicilia, Campania). A fronte di un Paese che viaggia a più velocità, con l'attività scientifica in perenne corsa e la parte organizzativa che resta indietro, l'azienda bolognese punta, insomma, a far crescere la cultura della buona informatizzazione, per sostenere nuovi percorsi e processi. I risultati possono essere davvero di eccellenza. Si pensi alla soluzione che verifica l'appropriatezza delle prescrizioni, evitando l'esecuzione di test inutili perché troppo ravvicinati nel tempo o incongruenti con il quadro clinico del paziente. Oppure a come, attraverso l'attivazione di semplici alert, soluzioni di ePrescribing possano evitare errori di prescrizione e somministrazione di terapia farmacologica, per esempio, eliminando la possibilità che venga prescritto un farmaco a cui il paziente è allergico. La ricetta NoemaLife a favore della qualità e sostenibilità del Ssn è ben spiegata nel volume appena uscito, "La Sanità 2.0 . tra Spending Re7 view e Clinical Governance , edito da Edisef, con la prefazione del ministro Beatrice Lorenzin. Pagina 2 SANA FERRARA / È il centro di riferimento provinciale, regionale ed extraregionale per la fase acuta Ictus: li una 24 ore su 2 Delicato intervento su un ragazzo di 14 anni arrivato in gravi condizioni Yictus cerebrale ischemi_a co, dovuto all'occlusione acuta di un'arteria cerebrale, rappresenta la prima causa di disabilità permanente e la terza causa di morte. Proprio per queste caratteristiche di vera emergenza medica deve essere trattato nel più breve tempo possibile (entro poche ore) in strutture organizzate dove si concentrano tutte le competenze necessarie. In questo contesto, l'Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Anna di Ferrara possiede tutti i requisiti per organizzare una stroke unit e si presenta come centro di riferimento provinciale, regionale ed extraregionale per la terapia dell'ictus cerebrale ischemico in fase acuta. Un caso particolarmente interessante trattato dalla stroke unit è stato quello di un ragazzino di 14 anni colpito da un ictus cerebrale ischemico molto severo. "Il team dello stroke ha lavorato, come sempre, all'unisono - spiega il dottor Andrea Saletti, responsabile della neuroradiologia interventistica -. Si è immediatamente attivato il `percorso stroke: Il 3. Sanità nazionale paziente è stato velocemente trasportato in pronto soccorso e si sono effettuati subito diagnostici, accertamenti diagnosi e trattamenti specifici. Il neurologo ha sottoposto il paziente alla terapia farmacologica trombolitica e subito dopo l'ha trasferito in neuroradiologia interventistica per l'intervento endovascolare . Siamo così riusciti a ricanalizzare l'arteria e il ragazzino ha lasciato l'ospedale con le sue gambe". "Il neuroradiologo interventista ha una competenza sia diagnostica che terapeutica, ed entra in gioco quando la terapia con il farmaco non ha alcun effetto o quando tale terapia non può essere effettuata - continua Saletti -. In questi casi interveniamo con degli stent che servono a 'catturare' il trombo e riusciamo a mandare a casa un paziente su due completamente autonomo". "Il nostro è un ospedale piccolo, ma si caratterizza per un reparto di neuroradiologia veramente funzionale, basato su un affiatatissimo lavoro d'équipe - afferma il direttore Stefano Ceruti -. Di fronte a una patologia come lo stroke•ischemico, il tempo è un fattore fondamentale e il trattamento è efficace solo se viene attuato nelle. primissime ore dopo che è avvenuta la chiusura del vaso. Ecco allora l'importanza di avere a disposizione, 24 ore su 24, una équipe valida come la nostra, composta non solo Il dottorAndrea Saletti, responsabile della neuroradiologia interventistica presso 14zienda OspedalieroUniversitaria S. Anna di Ferrara da neurologi e neuroradiologi, ma anche da anestesisti e da riabilitatori che possono tentare di recuperare il danno che si è comunque creato'. La stroke unit del S. Anna non solo è in grado di svolgere le normali terapie farmacologiche per sciogliere il trombo, ma vanta competenze di neuroradiologia interventistica spesso non presenti in altri ospedali. Questa unità di emergenza è tra le prime in Italia come numero di, procedure effettuate in questa patologia. Pagina 3 AUSL FERRARA. / Per l'Azienda sanitaria, sotto esame anche peso ed efficacia degli obiettivi individuati Vautazione annuale per hpare I risultati collegati alla carriera e allo stipendio, nel rispetto delle normative vigenti n sanità come in ogni altra organizzazione, il sistema di miglioramento della qualità si conclude con una valutazione per poi ricominciare dagli esiti della valutazione la programmazione del ciclo successivo. In tal senso, la direzione aziendale dell'Usl di Ferrara, fin dal suo insediamento, ha proceduto alla revisione di tutto il sistema, riconoscendo alla valutazione del personale il ruolo di strumento di coinvolgimento e di miglioramento dellefficienza. Il tutto con gradualità, procedendo alla formazione e alla I La sede della Ausl di Ferrara 3. Sanità nazionale condivisione con il personale e con le organizzazioni sindacali, nel rispetto dei vincoli della normativa. I principi di ispirazione sono stati trasparenza, equità, sostenibilità e coerenza con un'idea di "sistema." che impegnasse tutti gli operatori verso i medesimi obiettivi. Per la valutazione del personale dirigente, si sono assunti criteri predeterminati e condivisi da parte dei soggetti valutatori e dei valutati, con la garanzia metodologica di uh organismo terzo. È stata preventivata la possibilità . di l _ 11f1iLLi l -1r 'jïÍU ÏiJ1 '[ r[d lVlhllií i',!rf _LI:«ICI II 111 1J]1h1!l' €IL Paolo Saltavi direttore generale Ausl di Ferrara partecipazione diretta del valutato alla valutazione di prima e seconda istanza, e la possibilità da parte del valutato di ricorrere a un contraddittorio assistito da persona di sua fiducia. Lésito annuale della valutazione è collegato allo stipendio di risultato e viene inserito nel fascicolo personale per un possibile sviluppo di carriera, evidenziando così un chiaro rapporto con il sistema premiante. Il medesimo processo dovrà essere poi esteso, effettuati gli opportuni aggiustamenti, anche al personale del comparto. Al tempo stesso, la valutazione della performance aziendale, prodotta per due anni con specifico documento dell'Organismo di Valutazione Aziendale (Ova) è ora effettuata attraverso la pubblicazione sul sito aziendale della valutazione regionale e del "bilancio di missione" quale documento di accountability dellefficienza e dellefficacia. In sostanza per l'Azienda Usi di Ferrara la valutazione riguarda il processo e i suoi esiti, l'efficienza (output) e l'efficacia (outcome), ma anche il peso e la validità degli obiettivi individuati (input), un processo essenziale e mai ultimato, che comprende anche la necessità di verificare che il sistema di valutazione individuato sia il più adeguato. Pagina 4 CHIRU GIA VERTEBRALE / Giuseppe Maida è specializzato nel trattamento mini invasivo percutaneo R r azarsi subit Patologie degenerative: sempre meglio grazie alla tecnologia e alla mano del chirurgo Ta discopatia degenerativa, l'ernia distale, la stenosi lombare e cervicale, ma anche la patologia traumatica e i suoi postumi, le fratture vertebrali da osteoporosi o da artrosi. Oggi le patologie degenerative possono contare su interventi di chirurgia vertebrale assolutamente innovativi , grazie a tecniche mini invasive percutanee, che permettono di rimettersi in piedi già subito dopo l'operazione e un post operatorio brevissimo , in genere da 3 settimane a 2 mesi nei casi più complessi. A spiegare bene quanto e come nell'ultimo decennio si sia evoluta e affinata la tecnica chirurgica nel caso di tali interventi è un nome noto nell'ambito della chirurgia vertebrale, quello di, Giuseppe Maida, medico chirurgo specializzatosi negli anni in neurochirurgia. "Senza dubbio le innovazioni apportate dalle tecniche moderne sono sorprendenti - dice -. Il trattamento mini invasivo percutaneo ha trovato diffusione in chirurgia vertebrale proprio per i vantaggi rispetto al passato, permettendo interventi prima impensabili con riduzione sia delle complicanze post operatorie che del periodo di allettamento del paziente. Con il miglioramento delle tecniche chirurgiche e dei materiali impiegati, oltre che con l'uso di tecniche mini invasive, dunque è possibile offrire una soluzione a molti problemi che prima erano difficilmente affrontabili, soprattutto se poi si pensa che mal di schiena e malattie su base degenerativa della colonna vertebrale sono di riscontro frequente nella popolazione 3. Sanità nazionale di età compresa fra i 25 e i 60 anni', Fino al 2012 il dottore Maida era nell'Unità operativa di Neurochirurgia del Sant'Anna di Ferrara, dal 2013 è presso la clinica convenzionata di Santa Maria Maddalena a Occhiobello, in provincia di Rovigo. Qui è responsabile dell'Unità operativa di Chirurgia Vertebrale, nel contesto del dipartimento p.olispecialistico di Chirurgia al quale fanno capo di diverse divisioni chirurgiche. La sua esperienza nel campo è lunghissima: da 12 anni ormai si occupa nello specifico della chirurgia della colonna vertebrale (cervicale, dorsale e, lombosacrale), in particolare di chirurgia vertebro-midollare, chirurgia mini invasiva del rachide, microchirurgica del rachide, sistemi di stabilizzazione vertebrali e protesi dinamiche vertebrali, discectomia con tecnica microchirurgica. "Mi occupo quasi esclusivamente della patologia degene- rativa - spiega meglio il chirurgo -, vale a dire trattamento di ernie (distali, cervicali, dorsali, lombali), stenosi e patologia artrosica, fino alle forme più complesse degli scivolamenti vertebrali': l'utilizzo di tecniche moderne è l'aspetto più importante del lavoro di Giuseppe Maìda, la sua vera sfida: "Tecniche d'eccellenza sono quelle mini invasive e percutanee, assistite dal computer e con microscopio operatorio, laddove possibile - precisa -, che permettono, con incisioni molto piccole o addirittura senza incisioni, solo con piccolissimi fori, di eseguire interventi ricostruttivi sulle vertebre con impatto anatomico bassissimo sul paziente. Per capirci, il paziente si alzala sera stessa: Un obiettivo, questo che vede al centro i progressi delle tecnologie degli impianti e degli strumentari, a pari passo con quello che per il dottore Maida è l'approccio fondamentale alle patologie vertebrali: l'aspetto sociale. "Come ho spiegato, mi occupo esclusivamente di patologia, degenerativa e artrosica della colonna vertebrale - sottolinea -, vale a dire ernia del disco cervicale e del disco lombare, mal di schiena, blocco cervicale, artrosi, scivolamenti vertebrali, che sono patologie diffusissime e con costi sociali molto importanti, poiché costringono ad assentarsi dal lavoro per diverso tempo. Prima dell'avvento di tecniche innovative, ricorrere a periodi di riposo di tantissimi mesi aggravava la condizione del paziente, con ulteriori costi sociali, sia perché nel fase precedente l'intervento non si era in grado di lavorare, sia perché dopo di esso vi era il decorso post operatorio. Pertanto in questo tipo di patologie l'impatto sociale è altissimo, motivo che mi porta a puntare sulla chirurgia moderna mini invasiva percutanea: Il tutto senza trascurare il fattore prevenzione, grazie all'impiego di materiali innovativi che possono prevenire altri deterioramenti dopo l'intervento. "Oggi, se necessario - conclude il chirurgo - si bloccano le vertebre con materiali moderni che prevengono sofferenze 'artrosiche sia sopra che sotto le vertebre". In pratica, se si deve intervenire, si può fare qualcosa che prevenga peggioramenti successivi. Per maggiori informazioni visitare il sito Internet www.giuseppemaida. it. Pagina 5 ll dottor Giuseppe Maida L:_ La clinica S.Maria Maddalena 3. Sanità nazionale Pagina 6 ATUSL PIACENZA. DIP.TO ONCOLOGIA - EMATOLOGIA / Incontri mensili su casi clinici interdisciplinari sulle più recenti linee guida delle patologie cura. ® ® i D sono e- t,, Coordinato da Luigi Cavanna, gruppo di lavoro con 20 membri di diversa estrazione professionale. Cure ad hoc per ogni paziente 1 Non è solo uno slogan, ma un concetto fondante della medicina moderna: dove c'è attività di ricerca, là le cure sono migliori e più efficienti. Ci troviamo a Piacenza, all'interno del dipartimento di Oncologia ed Ematologia, guidato da Luigi Cavanna. Prima di addentrarci nella specificità dell'Unità Operativa, il medico tiene a precisare gli ambiti semantici e contenutistici legati proprio alla ricerca. Si tratta, spiega: "Di una componente fondamentale dell'attività, non solo del medico ma anche dell'infermiere, del tecnico e del laureato non medico. Quali possono essere gli scopi della ricerca? Certamente l'acquisizione di conoscenze generalizzabili rivolte alla comunità scientifica e di conoscenze destinate a contribuire al miglioramento delle capacità di governo dei problemi assistenziali in determinati contesti . La ricerca e l'innovazione spesso sono concepite in modo distintivo: sono invece molto legate': Entrando nello specifico della ricerca clinica, questa deve essere strettamente intrecciata con la normale attività assistenziale : "Infatti - prosegue Cavanna - la ricerca clinica implica il coinvolgimento dei pazienti sotto la responsabilità dell'azienda sanitaria, ed è importante che questa attività sia tracciata all'interno della stessa Asl". Da circa 10 anni il Servizio Sanitario Regionale dell'Emilia Romagna, avendo acquisito la consapevolezza della rilevanza dell'attività di ricerca, con la legge regionale 29/2004 ha individuato la ricerca come componente delle funzioni istituzionali fondamentali proprie di tutte le aziende sanitarie, al pari della forma- 3. Sanità nazionale zione e della funzione assistenziale con le quali si deve integrare. "Quindi ho la fortuna di lavorare in una regione in cui la ricerca medica è praticamente parte integrante del lavoro di tutti i giorni Nella realtà di Piacenza, il Collegio di direzione, nelle sue funzioni di programmazione e controllo, nella seduta del marzo 2012 ha proceduto alla costituzione di un `Gruppo di lavoro aziendale: Innovazione, ricerca, formazione e rapporti con le università; coordinato dal sottoscritto e costituito da 20 membri di diversa estrazione professionale': Il compito del gruppo è quello di stimolare la ricerca, indirizzare la formazione, implementare i rapporti con l'Università, favorendo una sempre maggiore presenza nell'Asl di Piacenza di studenti dei corsi di laurea in Medicina e delle Professioni Sanitarie e degli specializzandi delle varie specialità medico-chirurgiche. Il gruppo di lavoro organizza mensilmente incontri dei vari professionisti su casi clinici interdisciplinari, sulle più recenti linee guida delle patologie medico-chirurgiche e per questo autunno ha in programma la formazione sulla stesura dei case report per riviste censite e sull'umanizzazione delle cure". Veniamo ora ai numeri: il dipartimento guidato dal dottor Cavanna copre una popolazione di 300 mila abitanti, della zona di Piacenza e pro- praticata sia la ricerca sponsovincia, con innesti provenienti rizzata, cioè in collaborazione anche dal sud della Lombar- con le case farmaceutiche, che dia. L'unità oncologica prende quella spontanea, nella quale in carico 1.200 nuovi pazienti sono i medici stessi a scrivel'anno, mentre presso quella re i protocolli di ricerca. In ematologica vengono eseguiti quest'ultimo caso, fondamentrapianti autologi, allogenici, tale è il supporto - anche ecocooperando anche cori strut- nomico - delle associazioni di ture estere. Nel dipartimento volontariato. viene eseguita anche la radio- Inoltre, proprio perché la cura terapia con acceleratore line- del malato oncologico è comare. plessa, il dipartimento ha avLe patologie seguite sono le viato la prassi che prevede un più frequenti (tumore al pol- approccio multidisciplinare. mone, all'intestino, alla mam- 'Le evidenze provenienti damella), sempre con l'approccio gli Stati Uniti segnalano come sopra citato, che abbina una lesito del paziente sia migliore migliore cura all'attività di se cura e diagnosi non sono di ricerca. La ricerca clinica, in- pertinenza di un solo medico, fatti,. spiega Cavanna: "Impo- ma di più figure. Ecco perché ne al medico e agli operatori sottolinea Cavanna - settimadi utilizzare una metodologia nalmente chirurghi, oncologi standard, sia di comporta- e radioterapisti si incontrano per stabilire, per il singolo pamento che di procedura, che si ziente, il percorso di cura più trasforma in miglior garanzia appropriato. Questo garantiper il malato. Inoltre, la ricersce, nuovamente, un miglior ca consente l'utilizzo di trattatrattamento al paziente, e un menti che diventano sia stancontinuo stimolo ai diversi dardizzati che riproducibili" Va ricordato che quando si professionisti, chiamati a confrontarsi di continuo. Ovviaparla di ricerca non si intende solo quella relativa a nuovi mente il paziente rimane in carico al medico del dipartifarmaci, ma anche a metodimento': I che di diagnosi e a procedure Il futuro, nella cura dei tumori, organizzative. Presso il dipar- parla di "cure personalizzate". timento, il metodo principale Significa che i medici hanno della ricerca è quello degli scoperto che lo stesso tumore, studi clinici randomizzati (in in più persone, pur essendo cui vengono paragonati due identico a livello istologico, ha gruppi di pazienti, trattati in cellule con differenze nel Dna modo tradizionale o con nuo- o nei recettori presenti sulle vi farmaci di cui si vuole te- membrane cellulari. Conoscestate l'efficacia). Inoltre, viene re queste differenze aiuta a costruire farmaci capaci di combattere un recettore specifico. "Come conseguenza - conclude Cavanna - si ha una cura più mirata che, tra l'altro, non sarà più "demolitivá' come un tempo, ma efficace al massimo e invasiva al minimo". Pagina 7 Infermieri protagonisti nella ricerca clinica Sono incaricati di posizionare i cateteri venosi centrali utilizzando la nuova tecnica Picc (peripherally inserted central catheter). Si tratta di urta tecnica più sicura e duratura Come precisato dal dottor Cavanna, la Sanità - e i pazienti - richiedono sempre più che a essere coinvolti e responsabilizzati, nei diversi percorsi di cura, siano non solo i medici, ma gli infermieri. Presso il dipartimento di Oncologia, proprio gli infermieri sono i protagonisti di un progetto di ricerca clinica. 3. Sanità nazionale Sono loro, infatti, debitamente formati, che hanno il compito di posizionare i cateteri venosi centrali utilizzando la nuova tecnica Picc (peripherally inserterd central catheter). Una volta identificata la vena, gli infermieri del Picc Team inseriscono il catetere con filo guida. Queste metodiche, allargate agli infermieri, por- tano una serie di benefici, in termini di maggior sicurezza, costo-efficacia di ogni manovra, efficienza globale aziendale. Il dipartimento presenta dei numeri significativi: nel 2012 sono stati eseguiti 118 impianti, nel 2013, 398, nei primi quattro mesi del 2014, 339. L'accesso venoso sicuro e duraturo è elemento essenziale per eseguire sui pazienti interventi sia chirurgici che farmaco logici. La precisione con la quale vengono eseguiti gli interventi, sia da parte dei medici che del Picc Team, è garanzia di estrema attenzione, dunque di migliore cura nei confronti del paziente. Pagina 8 Medici, infermieri e psicologi dell'Oncologia di Piacenza Parte del Gruppo Ricerca e Innovazione dellAsl di Piacenza Lotta al cancro , anche tre psicologhe in campo La cura del paziente oncologico prevede, presso il dipartimento piacentino, anche un importante impegno nei confronti del sostegno psicologico. Allo scopo, all'interno dell'unità, lavorano anche tre psicologhe, che hanno il compito di affiancare i pazienti, i parenti e anche l'equipe. Sin dalla prima visita il paziente, se lo desidera, può farsi seguire. Un'attenzione particolare è rivolta ai figli dei pazienti giovani. In questo caso, gli psicologi sostengono l'adulto in modo che comunichi in modo corretto al figlio la presenza della malattia. 'Luigi Cavanna, direttore del dipartimento di Oncologia ed Ematologia di Piacenza j .l,?_i L llf fi'Jlt , ll!!', Il I' ?1 J ld III IJIJ(fU( + {1i!Íil f ? - il: i k!i F,,;iï' ! Opuscoli utilizzati per comunicare al bambino che il genitore ha una malattia oncologica 3. Sanità nazionale Pagina 9 Mi metto i guanti e regalo carezze ai malati di Ebola Massimo Galeotti raccontala guerra contro l'epidemia i volontari devono proteggersi con tute pesanti e occhialoni Bisogna fare sempre molta attenzione il virus si trasmette attraverso i liquidi dei corpo: una stretta di mano può bastare a essere contagiati di Gemma Vignocchi Risponde al cellulare e dice: «Stavo preparando la besciamella per i cannelloni. Sa, cucinare mi rilassa». Massimo Galeotti, infermiere di Medici senza Frontiere, da un paio di settimane è nella sua casa di Palazzuolo sul Senio, nel Mugello (in provincia di Firenze ma più vicino alla Romagna) per riposarsi e riprendere energie. Poi partirà di nuovo per l'Africa occidentale, a combattere contro LEbola nel "triangolo della morte", la zona compresa tra Guinea, Sierra Leone e Liberia dove il virus fa strage. Si trovava in Birmania, sempre come volontario, quando all'inizio dell'estate i dirigenti di Msf gli hanno chiesto se era disposto a spostarsi a Guéckédou, cittadina nella foresta guineana: era il 24 giugno e tre mesi prima FEbola era stata dichiarata ufficialmente epidemia e definita dall'Oms "emergenza di salute pubblica internazionale". L'infermiere toscano non ci ha pensato un attimo: è partito. E ha avuto un battesimo di fuoco: il giorno stesso del suo arrivo, alla clinica di Msf si è presentata una famiglia - padre madre e tre bambine, tutti infetti. Sono morti uno a uno nel giro di pochi giorni tranne la ragazzina più grande, Mary. Lei ce l'ha fatta. E per l'infermiere fiorentino, che se l'era presa a cuore convincendola a curarsi, è stata una gran de vittoria, tanto più che l Ebola in quel momento aveva un tasso 3. Sanità nazionale di mortalità del 90 per cento. Galeotti, lei sta molto vicino ai malati, è affettuoso con loro. Dicono che a volte gli faccia persino il solletico. «Ai bambini africani piace, li diverte. E un giorno mi sono messo a fare il solletico anche a un uomo arrivato nella nostra clinica in Liberia, e lui ha riso. Era un quarantenne ma aveva lo sguardo spaurito di un bambino, col terrore di chi pensa che quasi nessuno esce vivo dai nostri ospedali. Ho cercato di consolarlo, di dargli coraggio. Il contatto fisico con i pazienti è importantissimo, soprattutto nel caso dell'Ebola perché questa è una malattia che ti costringe ad allontanarti da tutti e da tutto: spesso le persone muoiono senza poter avere i familiari accanto. Così il rapporto con medici e infermieri diventa l'unico collegamento con il mondo esterno. Noi naturalmente dobbiamo sempre essere ben protetti». Insomma anche il solletico va fatto coni guanti. «Certo, due paia di guanti, da lavare in acqua e cloro. E quando entriamo nei centri di isolamento dobbiamo indossare una tuta di materiale plastico impermeabile, stivali di gomma e una maschera che copre bocca e naso, mentre per riparare gli occhi usiamo degli occhialoni tipo sub. E poi, sopra tutto, un grembiule di plastica che ci copre dal collo ai piedi. E chiaro che così bardati si fa la sauna e si suda tantissimo. Si respira anche male e ogni piccola cosa diventa faticosa, anche chinarsi per dare da bere a un paziente. Non si può resistere a lungo con tutte quelle protezioni addosso». L'Ebola è estremamente con- tagiosa, purtroppo. «Sì, si trasmette attraverso tutti i liquidi del corpo. Può bastare una stretta di mano per ammalarsi, se la mano è sudata e chi la stringe ha una piccola ferita. I morti poi sono più contagiosi dei vivi perché hanno una carica virale altissima, e le abitudini locali favoriscono la diffusione del virus». Per esempio? «La notte prima del funerale almeno un familiare dorme a fianco del defunto, nello stesso letto, e così rischia di ammalarsi. Un altro esempio: una volta 32 persone di uno stesso villaggio sono arrivate al nostro centro di Foya, in Liberia, ed erano tutte positive all'Ebola. Allora abbiamo inviato un team in quel villaggio per capire i motivi di un contagio tanto esteso. E abbiamo scoperto che un leader religioso locale era andato in pellegrinaggio a Monrovia, la capita- Sono colpiti tutti gli strati della popolazione, soprattutto chi sta a contatto con la gente. Ma chi si alimenta bene ha più chance di guarire le, per incontrare altri leader religiosi e si era ammalato. Tornato a casa, era morto. Per prepararlo al funerale avevano lavato il suo corpo, come qui fanno sempre, e avevano tenuto l'acqua. E poi in quell'acqua infetta i fedeli si erano sciacquati viso e mani». Lei non ha mai paura? «No, con tutte le protezioni che abbiamo mi sento al sicuro. So però che devo stare attentissimo, per esempio a non inciampare, a non bucarmi... Non possiamo toccarci nemmeno tra noi volontari. All'inizio dell'epidemia sono morti parecchi medici e infermieri negli ospedali locali, e altri sono fuggiti per il terrore del contagio. E così la situazione si è aggravata, tanto più che questi paesi non hanno molti soldi da investire per fermare la strage e la comunità internazionale non mi pare faccia abbastanza». Sono colpiti soprattutto i più poveri? «Sono colpiti tutti, e in particolare chi sta a contatto con la gente come i commercianti o i tassisti. Poi certo la miseria può peggiorare la situazione perché chi si alimenta bene e ha buone difese dell'organismo ha più chance di farcela. Il virus è partito dai villaggi ma poi è passato in fretta nelle città con gli spostamenti delle persone: qui tutti si muovono in continuazione». Pagina 10 In che modo curate i pazienti? «Nei centri di Msf non si usano farmaci sperimentali e per l'Ebola non ci sono medicine specifiche, quindi diamo delle terapie di supporto: antibiotici, antimalarici, vitamine, sali minerali per reidratare. E importante anche aiutarsi con una buona alimentazione. Il nostro centro di Monrovia ha 200 posti e non abbiamo più spazio per i letti, non sappiamo come fare. C'è anche il problema di educare la popolazione». Da quanto tempo lavora per Medici senza frontiere? «Dal 2003. Cominciai con una missione in Angola dove era da poco finita la guerra e c'era bisogno di curare i bambini che saltavano in aria sulle mine. Poi ci sono stati la Liberia, il Sud Sudan, la Birmania, il Bangladesh...» Che ne pensa la sua famiglia Quando il team è giù di corda oppure c'è un compleanno da festeggiare preparo torte o cucino la pasta: il cibo è terapeutico per noi italiani di questa attività? «Ho 40 anni e sono single. Mia madre si preoccupa, naturalmente, ma non mi ha mai ostacolato». E prima che faceva? «Ho cominciato lavorando in una casa di riposo a Firenzuola, sempre nel Mugello. Ma mi attraeva l'India e ogni anno andavo a lavorare per qualche mese in un ospedale di Madre Teresa, a Calcutta. Poi decisi di impegnarmi con Medici senza frontiere, però per andare in missione bisognava conoscere bene l'inglese ed essere specializzati in medicina tropicale. Così mi licenziai dalla casa di riposo e partii per Londra: ho lavorato per tre anni al Royal Free Hospital e ho preso la specializzazione». Ora torneràinAfrica. «Sì, l'ho chiesto io. É dura, soprattutto psicologicamente, però c'è bisogno di qualcuno che abbia esperienza con 1Bbola e io in questi mesi mela sono fatta. E quando mi sento giù di corda cucino. In tutti i posti dove vado mi porto sempre dietro una teglia di silicone pieghevole che uso per fare i dolci. Ho l'abitudine di chiedere la data di nascita dei componenti del team e così peri compleanni o quando il morale del gruppo è a terra preparo torte oppure cucino lapasta. Il cibo ha un valore terapeutico, soprattutto per noi italiani». L'infermiere Massimo Galeotti , 40 anni, nei centro di Msf a Foya, in Liberia 3. Sanità nazionale Pagina 11 Galeotti (secondo da sinistra) insieme ad altri operatori umanitari 45507: è il nu mero I sei mesi perle donazioni quasi Bisogna agire subito per fermare la peggiore epidemia di sempre. L'appello viene da Medici senza frontiere che ha dato il via alla raccolta di fondi . Fino al 4 ottobre si dona al numero 45507 per sostenere i progetti contro l'Ebola in Sierra Leone e Liberia. II valore della donazione sarà di 2 euro per ciascun Sms inviato da cellulari Tini, Vodafone, Wind, 3, PosteMobile, CoopVoce e Noverca, sarà di 2 euro per ogni chiamata da rete fissa TeleTu e Twt e di 2 o 5 euro per ciascuna chiamata da rete fissa. Da quando è stata dichiarata ufficialmente epidemia , il 22 marzo scorso, a oggi, PEbola ha provocato più di 2800 morti e si èdiffusa a ritmi senza precedenti in Guinea, Liberia, Sierra Leone, Nigeria e Senegal , dove si contano 700 nuovi casi a settimana. Le équipe di Msf hanno trattato circa il 60 per cento dei casi registrati. Hanno ricoverato quasi 3mila persone di cui 1750 positive all'Ebola. Oggi l'organizzazione, che nel '99 ha avuto il Nobel perla pace, è impegnata nei paesi colpiti con 2239 operatori tra cui una ventina di italiani e gestisce 5 centri di trattamento con una capacità totale di 500 posti in isolamento. Ma in Liberia e Sierra Leone i centri sono sovraffollati e non riescono ad accogliere l'enorme flusso di malati che chiedono aiuto. La situazione è tragica e le promesse da parte delle Nazioni Unite - denuncia Msf - non si sono ancora concretizzate. I malati sono disperati, gli operatori umanitari esausti. I tassi di contagio raddoppiano ogni tre settimane mentre il panico si sta diffondendo. Intanto un numero crescente di persone sta morendo per altre malattie come la malaria a causa del collasso dei sistemi sanitari. I fondi raccolti contribuiranno all'invio di personale specializzato, alla realizzazione di nuovi ospedali da campo, strutture d'isolamento e laboratori mobili perla diagnostica, alla distribuzione di kit medici e igienici. Con meno di i euro Msf può fornire i litro di trattamento di reidratazione endovenosa ai pazienti, mentre con 15 euro può acquistare una tuta protettiva per i propri operatori. Oltre che tramite sms si possono fare donazioni con carte di credito oppure bollettini postali e bonifici bancari. Basta consultare il sito dell'organizzazione: www. med i ci senzafro ntiere .i t/ebo la 3. Sanità nazionale ila morti Pagina 12 I volontari protetti dalle tute con in braccio due bambini Gli occhi devono essere riparati con grandi occhiali di plastica 3. Sanità nazionale Pagina 13 A NOVEMBRE LA PROFILASSI Arriva l'influenza americana Il virus è già noto, vaccino pronto Una donna a letto con l'influenza di Gian Ugo Berti Un virus viene dalla California, un altro dal Massachussets, un terzo infine dal Texas. Il nome ufficiale dell'influenza 2015 è l' "americana". Gli esperti parlano di una situazione anche per quest'anno "normale", con virus conosciuti e già presenti nel vaccino. Si tratta dunque di una diffusione media che, per quanto riguarda la Toscana, colpirà circa 300 mila persone fra Natale e Pasqua. Secondo Fabrizio Pregliasco, infettivologo all'Università di Milano, i primi, sporadici casi giungeranno in Italia intorno alla fine di novembre ed in base all'andamento delle condizioni meteorologiche. Saranno comunque le vacanze di Natale e Fine Anno a dare il via ufficiale della stagione, mentre la parte piu' corposa si concretizzerà dopo l'Epifania con la tradizionale riapertura delle scuole, delle fabbriche e degli uffici. Per quanto riguarda invece il vaccino, tutto è pronto. Il periodo vaccinale inizierà alla fine d'ottobre, anche se quello ideale per sottoporsi alla consueta profilassi si concluderà a fine novembre. I sanitari invitano tutti a vaccinarsi, soprattutto anziani e malati cronici, perché solo con un'elevata diffusione si potrà avere una sicura copertura preventiva. I disturbi dell'epidemia si manifesteranno comunque in modo classico con febbre improvvisa ed alta, dolori muscolari ed articolari diffusi, problemi respiratori. Non devono però essere dimenticati i virus parainfluenzali ovvero i "cugini poveri", gli adeno ed enterovirus, quelli cioè che sono presenti tutto l'anno, ma che si potenziano con i bruschi cambi 3. Sanità nazionale di temperatura. Ci rendiamo complici di tutto ciò, quando commettiamo comuni errori, lasciandoci coinvolgere in giornate di un bell'autunno, ma umide, con abiti non consoni alle condizioni meteo ambientali. Buon senso e prudenza consigliano quindi un corretto stile alimentare e di vita, uscendo all'aperto adeguatamente coperti, la cosidetta "cipolla", evitando abbuffate, bevendo in abbondanza liquidi non alcoolici ed acqua, lavandosi bene le mani e liberando le vie respiratorie nasali. Pagina 14 «Manicomi riaperti 1I1 famiglia » L'allarme al convegno Cei: peso insopportabile per i congiunti LUCA LIVERANI Roca overtà e malattia mentale. Ovvero, quando causa ed effetto sono intercambiabili in un binomio che - mai come in questi annidi recessione - si autoalimenta. Un circolo vizioso ormai studiato anche dalla scienza. «I disturbi mentali gravi sono "malattie dellapovertà" - affermalo psichiatra Michele Tansella - come il colera e la Tbc. Chiunque può soffrire di disturbi mentali, ma i poveri hanno molte più probabilità di ammalarsi. Ci sono evidenze scientifiche forti che dimostrano che la p overtà causa i disturbi mentali». Tansella, direttore del Dipartimento di psichiatria dell'università di Verona, lo dice citando Salute mentale e povertà, uno studio pubblicato di recente dall'Università di Cambridge. Una conferma autorevole che arriva al convegno organizzato dall'Ufficio nazionale Ceiper la Pastorale della salute e da Caritas italiana, intitolato La salute mentale: un'emergenza!La psichiatria in tempo 3. Sanità nazionale di crisi. La povertà, spiega lo psichiatra, è un fattore di rischio perle malattie mentali coli come a loro volta le malattie mentali causano significative perdite direddito. Lultimo rapporto della Scuola di Sanità Pubblica di Harvard stima per i prossimi 20 anni (2011-2030) gli effetti delle malattie sulla produzione: al primo posto quelle mentali, che saranno responsabili del 35% dell'attesa perdita totale di produzione, prima di quelle cardiovascolari (33%) e il doppio del cancro (18%). La cura più efficace per prevenire il disagio psichiatrico, allora, è costituita semplicemente dalle azioni per combattere la povertà. Fabrizio Oleari, presidente emerito dell'Istituto superiore di sanità, ricorda il caso esemplare della Svezia «che nei primi anni 90 affrontò una grande crisibancaria ma decise di investire sulsocio-sanitario. La Spagna, in questi ultimi anni di crisi, non l'ha fatto. E ha avuto tassi di suicidio molto più alti». Che la malattia mentale possa avere esiti tragici è un dato di fatto. «I nostri pazienti muoiono molto prima», dice con amarezza Emilio Sacchetti, presidente della Società italiana di psichiatria: «Per cause violente, ma anche solo organiche». Per il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che ha inviato un contributo scritto al convegno, esiste anche un problema di «sottoutilizzo dei servizi perla salute mentale». Particolarmente sole le famiglie di questi pazienti, nonostante l'efficacia provata degli interventi psicoeducativi familiari nel ridurre i livelli di carico. «L'80% dei pazienti con schizofrenia ha un contatto regolare con i servizi, ma solo l'8% delle loro famiglie riceve un intervento strutturato di sostegno», annota il ministro. Fra Marco Fabello, direttore generale Ircss del Centro S.Giovanni di Dio di Brescia, constata che la legge 180 del '78, che ha chiuso i manicomi, «qualche voltali ha aperti nelle famiglie, oberandole di responsabilità». Un peso di cui la chiesa italiana da tempo cerca di farsi carico, ricorda don Carmine Arice, direttore dell'Ufficio Cei perla pastorale sanitaria: «L'esperienza dice che spesso una delle prime porte alle quali bussa chi chiede aiuto per queste patologie complesse sono proprio le porte delle parrocchie e delle Caritas». Senza contare che sono oltre 160 le Rsa gestite da enti ecclesiali. Con un approccio che va oltre la terapia: «Perché la malattia non va solo affrontata con tutte le risorse terapeutiche a disposizione - ricorda monsignor Domenico Pompili, sottosegretario della Cei-ma an che inquadrata con un approccio olistico, nel contesto della storia della persona concreta». Solo l'8% delle dei nuclei riceve sostegno dai servizi pubblici . Sempre più spesso il disagio psichico fa rima con povertà Pagina 15 Sanità lombarda : il processo sulle tangenti Nella requisitoria del processo a carico di un imprenditore, un pm milanese ha proclamato: «Per 15 anni nella sanità lombarda le tangenti sono state la regola. Non si potevano concludere contratti se non vi era la disponibilità a versare denaro». La prima considerazione riguarda il versante giudiziario. Nel processo io non sono implicato, ma la requisitoria del pm ha riguardato me come uomo di governo e come persona. Il pm «è riuscito» a processarmi in un procedimento in cui non mi ha chiamato a far parte e quindi non mi ha concesso neppure la facoltà di difesa. Come dire: le «prove», ritenute sufficienti per portare a processo il preteso «corruttore», non lo sono per il preteso «corrotto»; ciò nonostante, nel processo a carico del primo non ci si perita dall'accusare il secondo! Con tecnica invertita, nel processo Maugeri, a essere separati dagli altri imputati sono gli asseriti «corruttori», stralciati sin dal maggio 2012 per l'allora «impellente» necessità di provvedere a un patteggiamento su cui però, la Procura non si è ancora decisa a dare il consenso, nell'attesa evidente che i pretesi «corruttori» confermino nel dibattimento le dichiarazioni rese durante il periodo di cattività. E cosi ha dichiarato il 7/2/2014 davanti al gup, in un verbale che costituisce una pagina al tempo stesso fra le più oscure e illuminanti del processo, un imputato che ha avuto la forza e l'orgoglio di sottrarsi alla morsa accusatoria: «La Procura ha inteso prendere il mio esame in sede di incidente probatorio senza neppure esprimere il proprio consenso/ dissenso su una ragionevole istanza di patteggiamento. (...) La Procura ha sempre dichiarato che il patteggia mento avrei dovuto "meritarlo' in sede di incidente probatorio». Questo è dunque il metodo con cui si costruiscono i processi a mio carico. Per quanto mi sarà concesso, mi difenderò nelle sedi proprie, come ho sempre fatto (invero con un certo successo). Quanto invece alla sanità lombarda che si vorrebbe assieme a me processare, credo che il miglior giudizio possa essere espresso ricordando come, nei miei 15 anni, la Lombardia abbia costantemente migliorato le proprie performance: 1) È stata l'unica regione italiana a chiudere sempre in equilibrio i propri bilanci. 2) È passata dal terzo al primo posto nell'indice di attrattività di pazienti da altre regioni. 3) Ha esentato dal ticket una quota di cittadini sempre superiore a quanto stabilito dallo Stato. 4) È stata dal 2000 al 2012 la Regione italiana ed europea che più ha investito in edilizia sanitaria. In che modo questi risultati sarebbero compatibili con l'affermazione del pm in base alla quale in Lombardia si poteva agire solo tramite tangenti, cioè con sovracosti illegali? Sarà interessante vedere come il pm dimostrerà la sua tesi quando sarà chiamato a giustificarla. Sen. Roberto Formigoni 3. Sanità nazionale Pagina 16 di Luigi ipamo i NON OSSESSIONE MA CONSAPEVOLEZZA orzando il concetto si potrebbe dire che la maggior parte dei femminicidi in Italia viene commesso da donne. Sono quelle che hanno «imparato» I a fumare quanto e più degli uomini. Considerazione moralista, irritante , risaputa quanto si vuole, ma ineludibile se si vuole trattare senza falsi pudori il tema della prevenzione dei tumori "al femminile" oggi. I numeri sono lì a dirlo chiaramente : quello al polmone è diventato il terzo cancro più frequente fra le donne , e il «sorpasso» in Europa su quello al seno (tuttora saldamente «in testa» ) è previsto per l'anno prossimo. Ma questo tumore è probabilmente quello per cui la prevenzione è più elementare e facile : abbattere il fumo abbatte il rischio. Per altri, quello al seno in particolare, la riflessione è meno scontata , e talvolta oggetto di dibattiti anche aspri . Nelle pagine successive riportiamo , per esempio, uno schema di controlli consigliati per le diverse fasce di età in base a diverse fonti di letteratura scientifica . Va detto che su un simile calendario non c'è completo e assoluto accordo. C'è chi auspica «di più» e chi «meno». Il British Medical Journal, per esempio, in un recente editoriale dedicato a «luci ed ombre degli screening» ha riassunto gli elementi che mettono in dubbio l'utilità della mammografia alle frequenze spesso consigliate, e stigmatizza le controindicazioni di una prosecuzione dello screening mammografico oltre i 75 anni. Su questo tema la discussione è dunque, almeno su taluni aspetti, in parte aperta. Non lo è, però , sul fatto che le donne dovrebbero prendersi consapevolmente cura di sé, adottando scelte opportune in accordo con i propri medici e tenendosi costantemente informate . Anche perché il panorama sta cambiando molto rapidamente a loro favore . Senza scomodare il complesso tema dei test genetici, si prospettano diverse novità. Ad esempio, per citarne una, si guarda con molto interesse alla possibilità di una ricerca del virus Hpv nelle urine per scongiurare il tumore alla cervice uterina. In ogni caso le chiavi per una difesa intelligente del proprio benessere sono saldamente in mano a ciascuna donna. E consistono da una parte nell'utilizzo intelligente delle opportunità disponibili per proteggersi, e dall'altra nell'adozione di stili di vita adeguati. La prevenzione non deve diventare una nevrosi ossessiva, me neppure venire «dimenticata» a causa di fobie autolesioniste. 3. Sanità nazionale Pagina 17 In diminuzione i ricoveri ospedalieri non appropriati iminuiscono i ricoveri ospedalieri non appropriati e il tasso di ospedalizzazione per acuti. La principale causa di ospedalizzazione in regime ordinario è il parto. mila Sono i ricoveri ospedalieri in meno nel 2013 rispetto al 2012 E quanto emerge dal «Rapporto annuale sull'attività di ricovero ospedaliero», elaborato dal ministero della Salute. Nel corso del 2013 i ricoveri ospedalieri sono stati 9.842.485, corrispondenti ad un totale di 64.312.696 giornate, segnando una riduzione rispetto al 2012 di circa 415 mila ricoveri (-4%) e di circa 2.394.000 giornate (-3,6%). Si conferma la tendenza a migliorare l'erogazione appropriata dell'assistenza ospedaliera. Il numero complessivo di ricoveri ordinari per acuti si riduce da 6.837.823 a 6.634.977 (-2,9%), con una corrispondente diminuzione delle giornate di ricovero da 46.422.668 a 44.802.526 (-3,51); in calo anche il numero di ricoveri in regime diurno (-7,6%), per una corrispondente diminuzione di giornate di assistenza (-7,9%). 6s 3. Sanità nazionale Pagina 18 Deve aumentare l`adesione all'offerta degli esami di screening he le donne siano tradizionalmente attente alla salute più degli uomini è un fatto innegabile, ma quando si tratta di tumori restano ampi margini di miglioramento. A testimoniarlo ci sono anche i numeri contenuti nel Rapporto 2014 dell'Osservatorio nazionale screening. Nel corso del 2012 più di tre milioni di italiane sono state chiamate a fare lo screening con Pap test per la diagnosi precoce del cancro dell'utero, ma soltanto il 41 per cento ha accettato l'invito. E se a oltre quattro milioni di connazionali è stata offerta l'opportunità del test Sof (quello per la ricerca del sangue occulto nelle feci) per il colon retto, ha aderito solamente la metà delle donne e il 45 per cento dei maschi. «Troppo pochi, specie se si considera che sono esami gratuiti, rapidi e indolore e che potrebbero salvare la vita - sottolinea Stefano Cascinu, presidente dell'.Aiom, l'Associazione italiana di oncologia medica -. Sebbene i dati provino un impegno maggiore nella compagine femminile, non si può dire che siano soddisfacenti. Tanto più che riguardano il secondo tumore più diffuso fra le donne, quello del colon, e il quarto, quello al collo dell'utero o cervice _' ANtero Dei tre milioni di italiane invitate a fare il Pap test, solo il 41% ha accettato Solo la metà di coloro cui è stata proposta la ricerca di sangue occulto ha eseguito l'esame 3. Sanità nazionale uterina (al primo e terzo posto ci sono rispettivamente carcinoma mammario e polmonare, ndr)». L'importanza di fare gli esami appare chiara anche a fronte dei nuovi casi di questi tumori (quasi 55mila nel 2013 le diagnosi di carcinoma colorettale e 8.200 quelle di neoplasia uterina) e dei vantaggi che si potrebbero trarre da una diagnosi precoce. «Un test Sof (in Italia offerto gratuitamente ogni due anni ai cittadini fra i 5o e i 7o anni) diminuisce del 20 per cento il rischio di ammalarsi di carcinoma colon-rettale e del 40 per cento quello di morirne - prosegue Stefano! Cascinu, presente in questi giorni al Congresso europeo di oncologia Esmo, in corso a Madrid -. E un Pap test ogni tre anni (l'invito arriva alle italiane fra i 25 e i 64 anni) riduce del 6o7o per cento la probabilità di sviluppare un cancro della cervice. Con il test per la ricerca dell'Hpv o Papillomavirus, che in alcune Regioni già sostituisce il "Vecchio" Pap test, questa protezione cresce ulteriormente». Con gli esami di screening, poi, è possibile scoprire e curare persino le formazioni benigne che possono nel tempo degenerare in tumori di utero e colon, prevenendo così del tutto l'insorgenza di un carcinoma. Senza considerare che dal 2007 ormai tutte le ragazzine venni vengono invitate a vaccinarsi contro il virus Hpv, primo responsabile del trunore alla cervice uterina, in modo tale da poterne essere pra- ticamente immuni. Ma anche in questo caso ci sono margini di miglioramento: la copertura vaccinale nel nostro Paese è ferma al 69 per cento, ovvero tre ragazzine su dieci non colgono l'opportunità offerta. Per quanto riguarda il tumore al colon, oltre ai controlli, per limitare le probabilità d'ammalarsi, conta poi molto anche lo stile di vita: «Il rischio sale in chi è sovrappeso e cresce persino del 33 per cento nelle persone obese spiega Fortunato Ciardiello, professore di Oncologia Medica alla Seconda Università di Napoli e presidente eletto Esmo -. Questa neoplasia è direttamente associata ad un'alimentazione ad alto contenuto calorico, ricca di grassi animali e carni rosse e povera di fibre: bisogna aumentare frutta e verdura, ridurre pane e cereali raffinati, patate, carne rossa, dolci e zucchero. Fare attività fisica regolarmente è altrettanto importante. E per chi ha una familiarità o altri fattori predisponenti (come morbo di Crohn o rettocolite ulcerosa) è consigliabile anticipare i controlli verso i 45 anni ed eseguire una colonscopia raggiunti i 5oanni». V. M. Pagina 19 primi fra tutti quelli per il cancro al seno, sono ancora moltotrascurati nel nostro Paese. Lo dimostra un'indagine di Fondazione Veronesi. Egli specialisti,dal Congressoeuropeo di oncologia, ricordano chela diagnosi precoce può salvare la vita Donne poco attente a difendersi dai tumori rima vengono le vacanze, poi i vestiti e l'estetica, solo al quarto posto ci sono i controlli periodici per la salute che precedono (di pochissimo) divertimenti e medicine in caso di bisogno. Così le donne italiane, intervistate da AstraRicerche per Fondazione Umberto Veronesi, in un campione rappresentativo fra 118 e i 65 anni, dicono di spendere i loro soldi. E se circa i due terzi delle interrogate dicono d'impegnarsi per raccogliere informazioni e mantenere un buon stato di salute, ben quattro su dieci in realtà non lo fanno abbastanza. Da un lato, infatti, affermano di seguire un'alimentazione sana e bilanciata, non bevono o comunque consumano poco alcol, non fumano, limitano l'uso di farmaci. Dall'altro, però, ammettono di non effettuare regolarmente visite o test per il tumore al seno: per distrazione, perché i costi sono elevati, perché non sanno bene che cosa fare, o per paura degli esiti. «Le buone intenzioni non bastano, è la diagnosi precoce che salva la vita» sottolinea Paolo Veronesi, direttore della Chirurgia Senologica dell'Istituto Europeo di Oncologia e Presidente della Fondazione, che ad ottobre (mese dedicato alla prevenzione del carcinoma mammario) torna a fare informazione e raccogliere fondi per la ricerca, con il progetto Pink is Good (http://pinkisgood.it/wp/). «Ogni anno in Italia - continua l'esperto - sono circa 46 mila i nuovi casi di tumore al seno, l'8o riguarda donne con più di 5o anni, ma cresce l'incidenza 3. Sanità nazionale nelle 30-40 enni. E dal nostro sondaggio emerge che troppe giovani, soprattutto tra i 18 e 25 anni, sono poco informate e non fanno neppure l'autopalpazione del seno. Il messaggio è uno solo e semplice: se la malattia viene scoperta in fase iniziale la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è del 98 %». Studi e statistiche a livello mondiale lo hanno ampiamente dimostrato, ma vista l'ampia schiera di "indisciplinate" e di poco o male informate, bisogna ribadirlo: possiamo davvero influenzare le nostre probabilità di ammalarci di cancro. «Sovrappeso, scarso esercizio fisico, dieta ricca di carboidrati e di grassi saturi contribuiscono a far salire il rischio sensibilmente- dice Lucia Del Mastro, direttore dell'Unità per lo sviluppo di terapie innovative all'Istituto per la Ricerca sul Cancro del San Martino di Genova -. E sottoporsi regolarmente agli esami appropriati può fare la differenza fra vivere e morire, perché prima si scopre il tumore, maggiori sono le chances di curarlo con successo». Sondaggio alla mano, quasi tutte le italiane sanno però che la predisposizione genetica (in particolare la mutazione nei geni Brcai e Brca2) fa crescere molto il pericolo, così come l'aver avuto in famiglia mamma, nonne, zie o sorelle con ius carcinoma mammario o alle ovaie. «Il programma di prevenzione dev'essere elaborato su misura, tenendo conto dei vari fattori di rischio, ma anche delle caratteristiche anatomiche delle mammelle, molto diverse da donna a donna e nella stessa donna a diverse età» chiarisce Veronesi. «Giovanissime o meno, le donne non devono preoccuparsi, ma occuparsi del proprio seno per rendere la malattia sempre più curabile - aggiunge Del Mastro, che interverrà Pagina 20 domani, 29 settembre , a un incontro organizzato a Milano , nella sede del Corriere della Sera, in occasione del Congresso europeo di oncologia (Elmo) -. Solo 20 anni fa le probabilità di guarigione completa erano la metà di quelle attuali. Il merito è di prevenzione e diagnosi precoce, oltre che di cure più efficaci e personalizzate». Oggi, se il nodulo è individuato quando è piccolo, l'intervento chirurgico può essere risolutivo e poco invasivo . In tutti gli altri casi, grazie al progressi della ricerca, ci sono svariate strategie che possono essere combinate o usate in sequenza a seconda dei casi. «I,a tempestività resta importante anche durante le cure» spiega Alberto Farolfi , oncologo dell'Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori di Forlì e coordinatore di uno studio presentato al convegno Esrno in corso a Madrid. Ad esempio, nelle donne con tumori scoperti quando sono ancora piccoli e 1 tumori più frequenti nelle donne Primi cinque tumori più spesso diagnosticati e percentuale sul totale dei tumori (esclusi i carcinomi della cute) nella popolazione femminile Mammella 4% Colon-retto Polmone Utero corpo Tiroide 1 0 1 1 1 1 1 10 15 20 25 30 5% 5 Fonte: Pool Airtum 2006- 2009 L'investimento in salute delle italiane Fattori d i rischio Sovrappeso, scarso esercizio fisico, una dieta ricca di carboidrati e di grassi saturi contribuiscono a far salire il pericolo di ammalarsi circoscritti, ma che hanno la tendenza a crescere rapidamente, bisogna aspettare giusto il tempo di recuperare dall'intervento e cominciare la chemioterapia al massimo entro sei settimane. «Rispettando questi tempi si possono ridurre sia il rischio di ricadute sia la mortalità -chiarisce Farolfi -. È la conclusione a cui siamo giunti dopo aver seguito per più di 8 anni e mezzo oltre 70o donne colpite da carcinoma mammario con un elevato indice di proliferazione, scoperto però nella gran parte dei casi in una fase iniziale, con linfonodi negativi o un solo linfonodo positivo. É una situazione molto simile a quanto osserviamo ogni giorno nella pratica clinica, perché grazie agli screening e alla prevenzione è più raro trovare donne con un tumore già esteso oltre la mammella». Vera Martinella Quante fanno prevenzione per il tumore al seno Quanto spendono le donne in prevenzione rurofanno Vacanze 531 Abbigliamento 395 Estetica (estetista ecc.) 2 59 ©RI PROiDUZIONE RISERVATA. L'incontro Domani alle 18 al Corriere della Sera, a Milano, incontro per parlare di gestione e prevenzione dei tumori con alcuni dei maggiori oncologi italiani e con Roberto Vecchioni, Rosanna Banfi e Francesco Acerbi. La partecipazione è libera, con iscrizione obbligatoria, telefonando al 347.5086090 dalle 15 alle 18, oppure scrivendo a Esmo2014itali [email protected] L'incontro sarà anche trasmesso in diretta su Corriere.it. 22 Controlli per la salute 218 Divertimento (cinema ecc) Care per malattie 206, 0 100 200 300 400 500 Quali comportamenti adottano per stare in salute Da:' ''.n percenua''e Seguono una dieta sana 72,1 Llmiaano il consumo di alcolici 6,7 63,5 Non fumano Limitano l'uso dei farmaci 63 ,2 6,4 Fanno esami di controllo 518 Fanno esercizio P'sico, sport 0 10 20 30 40 50 50 70 Fonte: ndagine «!e donne italiane, la preverziore, il tumore al sero» 2014, Fondazione Umberto Veronesi, Astra Ricerche 3. Sanità nazionale d'Arco Pagina 21 Il calendario dei controlli per fasce d'età 25- ' Vaccinazione anti-HPV Forte: Fondazione Veronesi e Aiorn (Assc 'azione italiana oncologia Medica) Almeno una volta al mese autopalpazione del seno Almeno una volta l'anno visita odontoiatrica Almeno una volta entro i 40 anni controllo dei nevi. Dai 30 anni visita senologica, ecografia mammaria Vista otonnoianngolatnca Almeno una volta al mese autopalpazione del seno Almeno una volta all'anno visita odontoiatrica Ogni anno visita ginecologica con ecografia transvaginaie, visita senologica con ecografia mammaria Ogni anno ricerca di sangue occulto nelle feci Ogni 2-3 anni Pap Test e HPV-Dna test 3. Sanità nazionale Pap Test e HPV-Dna test Ogni anno visita ginecologica con ecografia transvagì sale. Oftre i 50 anni 40 - 50 anni II messaggio è semplice: se si scopre la malattia in fase iniziale la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è del 98% Ogni 2-3 anni Ogni 2 anni ricerca di sangue occulto nelle feci, mammografia Ogni 2-3 anni Pap Test e PV-Da test Ogni 3 anni controllo dei nevi Almeno una volta al mese autopalpazione del seno Almeno una volta all'anno visita odontoiatrica Ogni anno visita ginecologica con ecografia transvaginaie, visita senologica con mammografia o ecografia mammaria Ogni 3 anni visita cavo orale e laringe (soprattutto se fumatrici e consumatrici regolari di alcol), controllo dei nevi Almeno una volta dopo i 50 anni colonsconia Pagina 22 Cancro al polmone, la «nuova» minaccia robabilmente entro il 2015 il tumore al polmone supererà quello al seno come principale causa di morte per cancro tra le donne europee, secondo la previsione, statistiche alla mano, di ricercatori dell'Istituto Mario Negri pubblicata l'anno scorso su Annals of Oncology Nel nostro Paese in poco più di 20 anni la mortalità per carcinoma polmonare nelle donne è raddoppiata, mentre per gli uomini è in leggera diminuzione. Ma poiché le italiane hanno iniziato a fumare più tardi e fumano meno che in altri Paesi europei, il sorpasso potrebbe non verificarsi almeno per tutto questo decennio. «Resta il fatto che questa temibile neoplasia negli ultimi anni è costantemente in aumento fra le nostre connazionali - spiega Carmine Pinto, presidente eletto dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e direttore dell'Oncologia all'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma -. Dei 38 mila nuovi casi diagno- sticati ogni anno in Italia, il 30% oggi colpisce una donna e, se si considera che almeno l'85% dei casi di cancro al polmone è causato dal tabacco, è facile capire perché la malattia stia divenendo "femminile"». I conti tornano quando si apre il Rapporto sul fumo in Italia 2014, dell'Osservatorio fumo alcol e droga dell'Istituto Superiore di Sanità: 11,3 milioni di italiani fumano (il 22% della popolazione) ma se le file degli uomini continuano a diminuire, quelle delle fumatrici quest'anno sono invece cresciute del 3,6%. Una tendenza diffusa anche fra i giovanissimi: le femmine che fumano sono più numerose dei maschi, iniziano per prime e consumano più sigarette al giorno. «La probabilità di sviluppare un tumore al polmoni è più alta di 14 volte nel tabagisti rispetto ai non fumatori e sale fino a 20 volte in chi consuma oltre 20 sigarette al giorno continua Filippo de Marinis, direttore dell'Oncologia Toracica allo leo di Milano, che interverrà il 29 settembre all'incontro organizzato al Corriere della Sera in occasione del Convegno europeo di oncologia Esmo -. Ma anche il fumo passivo fa crescere il pericolo d'ammalarsi di circa il 30%. A seguire, sappiamo che ci sono altri fattori di rischio, fra cui inquinamento atmosferico e polveri sottili, esposizione all'amianto in fibre (causa soprattutto di mesotelioma) e talune malattie polmonari croniche (come la tubercolosi)». L'attenzione degli oncologi ora è puntata particolarmente sul fumo passivo: l'Aiom ha appena lanciato una campagna nazionale di prevenzione e sensibilizzazione: «Abbiamo svolto un sondaggio che ha coinvolto 3 mila italiani ed è emerso che ben 8 su 1o non sanno che il fumo passivo provoca il cancro del polmone prosegue Pinto -. In compenso, un quarto della popolazione italiana vi è esposto, sette italiani su dieci fumano rego- 3. Sanità nazionale larmente in luoghi chiusi e la metà lo fa anche in presenza di bambini, esponendoli al possibili danni e pure a un cattivo esempio che può costare molto caro». Ma c'è di peggio: Il livello di conoscenza sui fattori di rischio legati al tabacco è talmente basso che quasi la metà dei connazionali (48%) pensa che il tumore ai polmoni non si possa prevenire e il 43% crede erroneamente che smettere non riduca il rischio di sviluppare la malattia. «Per troppo tempo il tumore del polmone è stato considerato una patologia quasi esclusivamente maschile, - conclude Silvia Novello, presidente dell'associazione di pazienti Women Against Lung Cancer in Europe -. È importante che tutti siano informati: dire addio alle sigarette è una missione possibile e comporta grandi benefici, fin da subito. Anche il rischio di cancro col tempo diminuisce e dopo 10 0 15 anni diventa uguale a quello di chi non ha mai fumato». V. M . 7 L'esperto risponde alle domande sul tumore al polmone all'indirizzo http://forum .corriere.it/ sportello cancro il _ polmone Dovrebbe essere l'anno del sorpasso sul tumore al seno in Europa Pagina 23 Dottore In che cosa consiste lo L'aria entra nella gabbia toracica e schiaccia i polmoni, impedendo i respiro n dolore intenso al torace, come una pugnalata. E in questo modo che si presenta nella maggior parte dei casi lo pneumotorace, la più frequente emergenza chirurgica nel giovane. Che cos'è lo pneumotorace? «Lo pneumotorace (pnx) si verifica quando entra aria nello spazio tra le due pleure (le membrane che rivestono i polmoni e l'interno della gabbia toracica), dove non dovrebbe invece mai esserci. Quest'aria "gonfia" lo spazio pleurico e causa un collasso del polmone, che così non può più espandersi e respirare - spiega Sergio Harari, direttore dell'Unità operativa di pneumologia dell'Ospedale San Giuseppe di Milano -. Non è una situazione grave, ma lo può diventare se non vi si pone rimedio. Si tratta di un evento frequente, soprattutto nei più giovani, che, di solito, non deve preoccupare più di tanto, anche se chi ne soffre può spaventarsi molto: il dolore causato dall'ingresso dell'aria tra le pleure è intenso, aumenta quando si respira (e inoltre si fa fatica a respirare)». Quali sono le cause? «Sono diversi i fattori che possono determinare l'anomalo ingresso di aria nel cavo pleurico, anche se a volte non si riesce a identificare una causa chiara. In quest'ultimo caso si parla di pneumotorace primitivo o idiopatico per distinguerlo da quello secondario, cioè dovuto a patologie polmonari e non. L'accumulo di aria tra le pleure può, infatti, essere legato a condizioni predisponenti come, per esempio, l'enfisema polmonare o la tubercolosi, ma anche a un tumore. Non solo, ci sono malattie che possono dare come primo segno di sé lo pneumotorace. Tra le donne giovani una delle più frequenti è l'endometriosi: in questi casi un po' di tessuto endometriale si trova a livello pleurico e va anch'esso incontro a fenomeni di sfaldamento nei periodi mestruali causando il cosiddetto pneumotorace catameniale. Anche la linfangioleiomiomatosi polmonare, una malattia rara che colpisce le donne, può esordire con lo pneumotorace, come pure l'istiocitosi polmonare, una malattia tipica di persone che fumano. Lo stesso vale per un'altra patologia rara, di cui si dice soffrisse Abramo Lincoln: si tratta della sindrome di Marfan, tipica delle persone longilinee e "allungate". Sebbene più raro, esiste anche un pneumotorace traumatico, dovuto a ferite a livello del torace che possono mettere in comunicazione l'esterno con il cavo pleurico». Quali sono i rimedi? «Lo pneumotorace rappresenta sempre un'emergenza. Quando se ne avvertono i tipici sintomi bisogna andare subito al Pronto soccorso, anche perché, quando colpisce il polmone sinistro, talvolta può essere confuso con un infarto. Nella maggior parte dei casi, dopo averne accertato la reale presenza con una radiografia del torace o, talvolta, una Tac, il trattamento consiste nel drenaggio toracico. In pratica, si Sergio Harari Direttore dell'Unità operativa di pneumologia dell'Ospedale San Giuseppe di Milano inserisce un tubicino tra le costole, nello spazio L'esperto pleurico, e si fa in modo di rimuovere l'aria che si è accumulata. Una volta drenato correttamen- risponde te, lo pneumotorace si risolve e il problema finisce lì. A volte, però, può ripresentarsi e può allora rendersi necessario un intervento chh-ffgiro per identificare e circoscrivere la perdita di aria. Si tratta di un'operazione semplice che non comporta nessun danno funzionale respiratorio. Nelle forme più lievi può capitare che lo pneumotorace non dia sintomi importanti e si risolva da solo, senza Il bisogno di particolari alle domande sulle malattie dell'apparato respiratorio su http://forum. corriere.it/ malattie respiratorie manovre». Antonella Sparvoll ©RIPRODUZIONE RISERVATA Come si può evitare che si ripeta Per evitare che lo pneumotorace si possa ripresentare bisogna capire se vi è una condizione predisponente. «Nel caso si identifichi una patologia alla base del problema, la prevenzione di possibili recidive si baserà sulla terapia della malattia che l'ha causato» spiega Sergio Harari.«Per esempio nell'istiocitosi polmonare basta smettere di fumare e tutto si risolve, nell'endometriosi delle donne potrebbe essere indicata una opportuna terapia ormonale. Nel caso in cui invece lo I pneumotorace sia idiopotico o primitivo, vale a dire senza cause evidenti, come spesso avviene, bisogna condurre una vita normale, evitando però le immersioni con il respiratore e i viaggi aerei per qualche tempo. Se poi il problema dovesse comunque ripresentarsi, allora andrà preso in considerazione il ricorso alla chirurgia. Dopo un episodio di pneumotorace è, infine, sempre buona regola smettere di fumare. A. S. 3. Sanità nazionale Pagina 24 bolle sottopleuriche fuoriuscita di aria cavità pleurica nllr in I broncopatia cronica ostruttiva . enfisema polmonare endometriosi 'i _ ,r(+ i ,a ,1i Pronto soccorso rnei i><rcuì ili ;f i.r,;i rnr hi•::;- in:; radiografia toracica rdr r tret 1iTac pt rcilul üëii'r. iaër!II`.F. ú diit7 p„cumoton; n+,flrnor?r°disinis(re ferita r 1 spazio pleurico penetrazione di aria II foglietto pleurico parietale ¡_,!l ,inriiI I fr n,':n[I ¡ I rrr¡ r'; n i i'l!'„ orr il 1 I l1 ,,.' ,,r1 r^ wllata, 1 I";i, II"iPJI in i il [ , !] -,,iuil nisio lin {1:e'» rito i1nr are l'entrata d'aria u1 Ciei l -11 Ci irii - Ci t ul vsi 'cxiar,uC- Vi e tui jui < Cp+CÚ15'hiiCniC e intervenire su quella con terapie mirate 3. Sanità nazionale Pagina 25 Rischio pertroppi ansiolitici Un ricorso eccessivo e prolungato alle benzodiazepine, che si usano anche come sonniferi, è ora associato a una maggior frequenza di demenza senile ssumere per lungo tempo benzodiazepine, un tipo di farmaci contro l'ansia e l'insonnia, potrebbe aumentare il rischio di sviluppare la demenza di Mzheimer. E quanto emerge da un articolo, appena pubblicato sul British Medical Journal da parte di un gruppo misto di ricercatori franco-canadesi. L'articolo riporta una ricerca realizzata nel Quebec su circa g mila persone di età superiore ai 66 anni. Si tratta di un cosiddetto studio caso-controllo, quindi di una ricerca che ha verificato quante benzodiazepine hanno assunto in passato persone che hanno già sviluppato l'Alzheimer, confrontando poi tale livello con quello di chi con la stessa età e le stesse caratteristiche socio-demografiche, non ha assunto questi farmaci o li ha assunti in maniera occasionale. Ne è emerso che l'aumento di rischio di andare incontro a questa forma di demenza è correlato all'uso delle benzodiazepine per almeno go giorni, e il rischio aumenta ulteriormente se l'assunzione si è prolungata anche oltre, e se sono stati impiegati farmaci a lunga emivita (quelli che rimangono attivi nell'organismo per più tempo). Ad esempio, in questa categoria rientrano il diazepam e il flurazepam, mentre sono a breve durata d'azione il lorazepam, l'alprazolam e il midazolam. Fino ad oggi si sapeva che le benzodiazepine devono essere evitate o utilizzate con cautela da parte delle persone anziane, le quali, nei periodi di assunzione, sono esposte a possibili stati confusionali, a riduzione delle abilità cognitive, a cadute accidentali. Ma questo nuovo studio sembra indicare un rischio di danno cognitivo che permane anche dopo aver smesso l'assunzione. Fino a che punto è accertato questo nuovo rischio? «Lo studio caso-controllo può segnalare un'associazione e non indicare con certezza un diretto rapporto di causalità, quindi 3. Sanità nazionale l'associazione potrebbe essere vera ma anche il risultato di confondimenti, cioè di artefatti dovuti alla metodologia di studio - dice il professor Corrado Barbui, professore associato del Dipartimento di Sanità Pubblica e Medicina dì Comunità della Scuola di Medicina e Chirurgia dell'Università di Verona -. Nel caso di questa ricerca ci sono due considerazioni da fare. La prima è che le benzodiazepine potrebbero essere state più prescritte agli anziani che poi avrebbero sviluppato l'Alzheimer proprio a causa dei primi sintomi di questa malattia, manifestatasi molto in anticipo rispetto alla diagnosi. Gli autori della ricerca però dicono che per ovviare a questo possibile fattore di confusione hanno rilevato l'uso delle benzodiazepine addirittura tra i io e i 5 anni prima della diagnosi di Alzheimer. La seconda possibile interpretazione è che le benzodiazepine siano state prescritte di più negli anziani che svilupperanno Alzheimer al fine di curare sintomi d'ansia o di depressione, anch'essi associati a questa forma di demenza. Tuttavia gli autori spiegano di aver tenuto conto di questi possibili fattori nell'analisi statistica, e quindi si dovrebbero poter escludere». Per entrare più in dettaglio nei risultati dello studio, si può dire che il rischio di sviluppare l'Alzheimer è aumentato di circa il 5o per cento in chi ha assunto benzodiazepine ai livelli già indicati. «E come dire che c'è un aumento di prezzo di un vestito del 50%: è tanto o poco? - commenta il professor Barbui -. Dipende da quanto costava il vestito prima dell'aumento di prezzo. Lo stesso vale in questo caso: siccome il numero di persone che ogni giorno fa uso di tali farmaci è alto rispetto alla popolazione generale (quella che si chiama tecnicamente un'alta prevalenza), un aumento di rischio relativo del 5o% può essere importante in termini di salute pubblica. Se l'incidenza annuale di Alzheimer nella popolazione generale è, poniamo, di 1o casi ogni iooo persone, lo studio suggerisce che l'incidenza salirebbe a 15 casi ogni looo persone che usano benzodiazepine. Ma dato che sono tanti ad assumerle, l'impatto diventa molto significativo». Ma quanti sono gli italiani che utilizzano correntemente le benzodiazepine? «Difficile da dire precisamente, perché le benzodiazepine sono in fascia C e quindi le prescrizioni non vengono registrate con le ricette come per i farmaci di classe A continua Barbui -. Secondo il rapporto OSMED del 2013 sul consumo dei farmaci in Italia, nel 2013 sono state consumate ogni giorno 54 cosiddette "dosi definite giornaliere" di benzodiazepine per looo abitanti. Vuol dire che, in media, ogni giorno in Italia, ogni looo abitanti, ce ne sono 54 che assumono un dosaggio "standard" di benzodiazepine. In realtà potrebbe anche voler dire che c'è un numero inferiore di persone che le usa, ma assumendo dosaggi maggiori, oppure più persone che assumono dosaggi inferiori a quelli standard. Sappiamo anche che dal 2005 al 2013 il consumo è in aumento, essendo passato da 5o a 54 persone. Risulta infine che si consumano piû benzodiazepine al nord (Liguria, Veneto, Valle d'Aosta e Piemonte) e meno al sud (Basilicata, Molise, Puglia), e che l'utilizzo aumenta al crescere dell'età. Dati non italiani indicano che un ultra-sessantacinquenne ogni 1o usa abitualmente benzodiazepine». Danilo di Diodoro II II I Questa ricerca segnala una correlazione, non necessariamente un rapporto di causalità 1X Si sapeva che questi farmaci possono causare stati confusionali in chi è avanti negli anni L'allarme II nuovo studio sembra indicare l'instaurarsi di un danno cognitivo permanente Pagina 26 problemi sono legati al tempo e al dosaggio Le benzodiazepine, come tutti i farmaci, andrebbero utilizzate solo se ci sono vere indicazioni. «In realtà » spiega il professor Barbui, «spesso sono impiegate male e se ne abusa. Chi non ha un disturbo d'ansia vero e proprio e cerca un rimedio a stress, demoralizzazione, marginalizzazione psicologica o sociale o economica, dovrebbe tentare di affrontare le cause che hanno creato la condizione, non prendere farmaci. Se rimane attivo lo stimolo che causa lo stress, non ci sono medicine che risolvono il problema. La benzodiazepina più prescritta in Italia, il lormetazepam, è anche quella più coinvolta nelle condotte di abuso. Nel caso in cui invece sia presente un vero disturbo d'ansia, il medico potrà prescrivere un farmaco per il tempo strettamente necessario a contenere la sintomatologia quando diventa troppo disturbante, interrompendone l'uso appena possibile, perché i rischi crescono all'incremento della dose e della durata del trattamento». D. d. D. Un parametro ï portante Meglio se l'organismo li «dimezza» in fretta Salvo che per diversa indicazione medica, fra le benzodiazepine vanno preferite quelle caratterizzate da una emivito breve (come per esempio lorazepam, oxazepam, alprazolam, lormetazepam, temazepam, triazolam, brotizolam, etizolam). L'emivita è un importante parametro farmacologico e corrisponde Per saperne di più Sui temi relativi alla sfera neurologica corriere.itl salute/ neuroscienze al tempo che l'organismo impiega a metabolizzarle ed eliminare un farmaco. Maggiore è l'emivita, maggiore il rischio che il medicinale possa accumularsi nel corpo, specialmente nelle persone anziane, e interagire con altre medicine. Se si decide di assumere benzodiazepine bisogna anche tenere presente che se si prendono anche altri farmaci, come per esempio i contraccettivi orali o il propanololo, l'eliminazione delle benzodiazepine può risultare rallentato. Infine è necessario sottolineare che l'interruzione del trattamento con benzodiazepine deve essere graduale, per evitare la comparsa di sintomi «da sospensione». D. d. D O R!PROOUZ!ONE RISERVATA Quante benzodiazepine si consumano nel nostro Paese LEGENDA: Dosi standard al giorno per mille abitanti - ).3-79.8 52.9-62.6 38.6-152.9 27.9-38.6 *da rapporto OsMed 2013 - modificato L'utilizzo negli anni (Dosi standard al giorno per mille abitanti, media nazionale) -2,3 2005 3. Sanità nazionale 2006 F11,7 2("' 7 20( 2009 2010 2011 "`)13 -nere della Sera Pagina 27 Regole La piattaforma peri versamenti digitali operativa dal 2012, magli enti sono in ritardo. Gli esperimenti pilota della sanità in Emilia e Lombardia. o tutti alla cassa online Dal 2016 sarà sempre possibile pagare via home ban <ingtabaccherie, supermarket. Solo il 36% dei cittadini lo sa DI PIEREMILIOGADDA J 1 tempo stringe per Comuni e Regioni. Entro il 31 dicembre 2015, tutti gli enti della pubblica amministrazione, a livello locale e centrale, dovranno adeguare le proprie procedure per consentire ai cittadini di fare pagamenti elettronici in multicanalità: dalle contravvenzioni, alle imposte comunali fino al ticket sanitario. tutte le incombenze fiscali e non potranno essere pagate online, sul sito della propria banca, tramite i terminali Atm ma anche dal tabaccaio e presso la grande distribuzione. Quanti cittadini ne sono a conoscenza? Solo il 36%, secondo un'indagine realizza a In alcuni casi la tessera regionale funge da borsellino elettronico da Sia, società specializzata nella progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture e servizi tecnologici per istituzioni finanziarie, imprese e pubblica amministrazione. La percentuale sale al 490/- tra gli insegnanti e al 710/- tra i dirigentia della pubblica a-- iministrazione. Tra -versale è invece lo scetticismo circa la possibili tà che la scadenza venga rispettata: solo il 13% ritiene che tutti gli enti della pubblica amministrazione saranno in grado di accettare pagamenti digitali. Il 46% ipotizza che alcuni non si faranno trovare pronti, causando disservizi e un restante 410/. immagina che i termini di legge verranno posticipati. L'unica certezza è che il «Nodo dei Pagamenti», la piattaforma creata e gestita 3. Sanità nazionale dall'Agenzia per l'Italia Digitale allo scopo di semplificare l'accesso ai pagamenti elettronici. standardizzando l'interconnessione tra cittadini, pubblica amministrazione e prestatori di servizi di pagamento, è operativa e funzionante dal giugno del 2012. «Molti enti, però, non si sono ancora collegati. Devono accelerare, altrimenti rischiano di sforare la scadenza del prossimo anno», avverte Francesco Orlandini, direttore divisione Public Sector di Sia che ha realizzato una infrastruttura tecnologica perla pubblica amministrazione che gestisce sia il ciclo attivo (verso i cittadini) sia passivo (imprese). Per perfezionare l'integrazione dei sistemi informativi di un ente pubblico con il Nodo dei Pagamenti, servono, nella migliore delle ipotesi, alcuni mesi. E anche una volta completata l'operazione, non è detto che il comune o la regione siano in grado di ca di sistema Paese». Intanto, non mancano i progetti apripista: il comune di Roma già permette i pagamenti in multicanalità di tributi comunali e contravvenzioni. La collaborazione con Sia ha portato alla creazione di uno strumento innovativo a disposizione della Ragioneria per verificare in tempo reale attraverso un cruscotto l'andamento dei pagamenti in relazione ai vari codici di bilancio. Un'altra esperienza intere -ante coinvolge la Regione Lombardia. L'ente ha affidato a Lombardia Informatica la realizzazione di un sistema per erogare contributi destinati ai celiaci direttamente presso la grande distribuzione: presentando la Carta regionale dei servizi alla cassa del supermercato, grazie al gateway di Sia, il cittadino affetto da celiachia può usufruire del contributo, scalando il valore dei prodotti acquistati dal plafond associato alla sua tessera. E e 1 e anche chi, come l'azienda Usl di Bologna, già da un paio d'anni consente il pagamento del ticket sanitario anche alla cassa dei supermercati e ipercoop della Coop Adriatica e Coop Reno. Alla prenotazione della visita o dell'esame diagnostico, il cittadino riceve il documento con codice a barre, con cui pagare alle casse do ve riceve uno scontrino che, allegato al documento per il pagamento del ticket, è valido come ricevuta anche a fini fiscali. Anche la Lombardia lo sta sperimentando. O RIPRODUZIONE RISERVATA gestire in modo efficiente i flussi di pagamento. Potrebbero infatti trovarsi a fare i conti con una complessa e dispendiosa attività di riclassificazione manuale dei pagamenti, a carico di impiegati e funzionari. Per evitarlo, devono dotarsi di piattaforme capaci di riconciliare in modo automatico i flussi ricevuti con i corrispettivi tributi e contribuenti. «Questo consente di centrare due obiettivi: da un lato, si ha la rendicontazione di tutti gli incassi in tempo reale, con vantaggi evidenti in termini di certezza della spesa, pianificazione e controllo dei costi, in linea con gli sforzi che il governo va chiedendo a tutta la pubbli ca amministrazione; in secondo luogo - osserva Orlandini -si liberano risorse da dedicare ad altre funzioni. Occorre però pensare a soluzioni digitali in una logi- Pagina 28 E PAGAMENTI VERSO LO STATO ® SCENARI FUTURI n . c milart a:,q,e - e tal acs ....... . Nwr caianrap'ume c c: sir:rnnu clK.cmvi perinltatXnr Non atamwprorae < i trrml d rb k>•ge mrnnimrwrarÍpali iat,lnMligio m gntlo 01 xc[17are PaR. mrnticG naii --- - -------------- - ------------- ----------- 3. Sanità nazionale - ------------- - -------------- - ------------- - ----------------- Pagina 29 Olivetti, i malati accusano: «Tutti sapevano dell'amianto» d i Luca Fazzo io marito dell'amianto non sapevaniente. Mami parlavadi quellapolverinabianca che c'era dappertutto...». Sono le quattro di ieri pomeriggio, e Pierangelo Bovio Ferassa non ha neanche la forza di rispondere al telefono. Era un veterano dell'Olivetti, il signor Pierangelo. Dal 1963 a montare macchine da scrivere nello stabilimento di Scamagno. La «polverina bianca» era il talco all'amianto, che giorno dopo giorno lo ha avvelenato. Andò in prepensionamento nel 1991. Il tumore si sviluppò concalma.Ilprimo dolorino arrivò ne120 10, quasivent' anni dopo. Oggi, PierangeloBovio Ferassaè il capo B dell'atto d'accusa della Procuradilvreacontro gli uomini che in quegli anni hanno guidato e amministrato l'Olivetti. C'è Corrado Passera, c'è Roberto Colaninno, e c'è anche Carlo DeBenedetti, cheperdiciott'anni, dal 1978 al 1996 guidò l'azienda di Ivrea. Per la morte di quat- De Benedetti e altri 38 dovranno rispondere di omicidio e lesioni 3. Sanità nazionale La moglie di un operaio che ha contratto il mesotelioma attacca i vertici dell'azienda «Quella polvere bianca era dappertutto» tordici colleghi delsignorPierangelo, stroncati dal mesotelioma neglianni scorsi, laprocura accusa i manager di omicidio colposo aggravato. Per i sopravvissuti come Pierangelo, afflitti da un male che gli atti della p ro cura definiscono crudamente «certamente o probabilmente insanabile», De Benedetti e gli altri colletti bianchi sono accusati di lesioni personali gravissime. Adesso, signora, gli alti gradi dicono tutti che non sapevano, che all'epoca era un pericolo quasi sconosciuto. «Io invece penso che sapessero. Magari non da subito, non dall'inizio. Ma da un certo punto in avanti se la sono passata, e le persone che dovevano sapere dell'amianto hanno saputo. Ma sa: i guanti costano, le mascherine costano... ». Dovevano essere gli anni della tranquillità, perPierangelo e sua moglie: prima la pensione per lui, «e mio marito un altro lavoro non se lo è mai cercato per stare vicino ai nonni, e poi gli piaceva preparare da mangiare per il ragazzo»; poilapensioneperlei. Invece per prima si ammala la signora. Poi, alla fine del 2010, quel dolorino a Pierangelo. «Il primo esame che ci fecero in ospedale era negativo, e tirammo un sospiro di sollievo. Ma i dolori continuavano. Facemmo esami più approfonditi, e arrivò la notizia: mesotelioma della pleura». A mettere in collegamento il tumore con il lavoro in fabbrica Pierangelo e sua moglie non ci avevano pensato: «Sa, siamo gente semplice, un po' ignorantoni, e poi mio marito è sempre stato un riservato, un taciturno». Furono imedici, che di operai Olivettinelle stesse condizionine avevano giàvisti, a intuire ilnesso. E dalì anchePierangelo Bovio Ferassa entrò nei fascicoli dei pm di Ivrea, impegnati a ricostruire il filo nero che legava anni di lavoro, reparti, mansioni. E la polverina bianca, il talco all'amianto. Si legge nel capo d'accusa per le lesioni al signor Pierangelo: «veniva esposto alla inalazione delle fibre di amianto contenute nel talco contaminato con tremolite, durartele operazionidimontaggio dei particolari in gomma che venivano "talcati" per facilitare l'inserimento dell'anima d'acciaio». E di questo deve rispondere tutta la catena di comando «per colpa consistita per tutti nelle rispettive qualità di datori di lavoro e/o dirigenti innegligenza, imprudenza eimperizia e comunque nell'omessa adozione delle misure che sarebbero state necessarie atutelarel'integritàfisicadiBovio Ferassa». Pierangelo sta ancora lottando, «anche se la chemioterapia che faceva a Torino ormai serviva solo per il 10 per cento, e adesso stiamo provando ad Alessandria». Ieri aveva la febbre alta, è uscita la guardia medica: «E ha sentito un rumore strano anche nell'altro p olmone. Ma hanno detto di aspettare ad allarmarsi...». Pagina 30 ] GUAI Carlo De Benedetti, nel mirino per il processo Olivetti 3. Sanità nazionale Pagina 31 Cliniche Angelucci, danno erariale da 41 milioni SENTENZA DELLA CORTE DEI CONTI SUL SAN RAFFAELE DI CASSINO: CURE NON GARANTITE E TERAPIE SUI MORIBONDI. IL NAS: TROPPI DECESSI di Rita Di Giovacchino della Sanità. T Un altro dato inquietante emerge da un'ispezione dei Nas. Il numero dei malati deceduti al San Raffaele di Cassino sarebbe superiore alla media che si regista in centri clinici analoghi: su 908 cartelle cliniche, relative al 2008, i morti ricoverati in terapia intensiva sono stati 16 su 64, mentre in altri reparti 13 su 32. Sconcertante il fatto, scrive la Corte dei Conti, che la firma del fisioterapista risulti presente sui referti anche "il giorno del decesso c/o nelle giornate immediatamente precedenti, quando le condizioni cliniche del paziente erano già gravi/critiche." Nella sentenza si legge ancora che "le sconcertanti testimonianze raccolte dall'Asp e dei Nas sul modo di procedere nella casa di cura erapie di riabilitazione su pazienti in fin di vita e, in qualche caso, registrati il giorno stesso in cui sono morti. Ma anche ricoveri clientelari per malati le cui condizioni non erano abbastanza gravi per poter accedere a una struttura altamente specialistica. È quanto contesta la Corte dei conti alla clinica San Raffaele di Cassino in una sentenza in cui viene chiesto il risarcimento di ben 41 milioni e 493 mila euro di rimborsi indebitamente ottenuti dalla Regione Lazio. Per il gruppo Angelucci proprietario della società San Raffaele spa, cui fanno capo 13 cliniche, è la prima vera batosta. Ma potrebbe non essere l'ultima perché il periodo esaminato nel procedimento è soltanto quello relativo al 2007-2009, mentre le irregolarità riguardano anche il 2010-11, ancora in esame, per un ammontare definitivo di oltre 80 milioni di euro. Il collegio della Corte dei Conti, presieduto dal giudice Ivan De Musso, non si è limitato a condannare soltanto la società San Raffaele spa: anche una dozzina di dirigenti della Asl di Frosinone, da cui l'ospedale dipende, sono chiamati a risarcire in proprio somme che vanno dai 500 mila euro ai 15 milioni, cifra quest'ultima contestata al professor Lullo. Mentre il professor Ciccarelli, ex direttore sanitario del San Raffaele di Velletri, dovrà corrispondere alla Regione Lazio oltre un milione. Per tutti l'accusa è aver omesso il controllo sia sulla gestione tecnico sanitaria del nosocomio che sulle modalità di fatturazione e "per la palese propensione alla mistificazione di alcuni soggetti legati all'attività della casa di cura". Una decisione, quella dei giudici contabili, che non entra nel merito del processo penale che vede il re delle cliniche private Antonio Angelucci, i suoi tre figli, e il factotum che cura il gruppo Tosinvest, con sede in Lussemburgo, rinviati a giudizio su richiesta della Procura di Roma per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e all'appropriazione indebita. non fanno che aggiungere un ennesimo tassello conoscitivo sulla del tutto anomala gestione dei pazienti sottoposti a riabilitazione". L'ascesa degli Angelucci ai vertici di un gruppo che domina la sanità nel Lazio abbraccia un arco temporale che va dal 2004 al2010. Periodo durante il quale il capostipite Antonio, ex deputato Pdl, avrebbe esercitato una pressante influenza su presidenti e assessori della Sanità della Regione in modo da interferire sull'attività legislativa e ottenere "profitti illeciti". Antonio Angelucci LaPresse Contestati rimborsi ottenuti indebitamente dalla Regione Lazio. E l'ex deputato Pdl attende il processo per associazione a delinquere È QUANTO SOSTIENE nella richiesta di rinvio a giudizio il pm Mario Palazzi secondo il quale il ras delle cliniche avrebbe costruito "un impero politico-editoriale per garantire l'impunità alle attività dell'istituto San Raffaele di Velletri". È uno dei passaggi chiave dell'accusa con cui sono stati rinviati Antonio e Giampaolo Angelucci, accusati di aver realizzato una truffa ai danni del servizio sanitario regionale da 160 milioni di euro. Per i pm anche i mezzi d'informazione di proprietà della famiglia sono stati utilizzati "come forma indebita diretta o potenziale di pressione". IL PROCESSO INIZIERÀ ai primi di novembre. Al momento, nel mirino dei magistrati contabili, è la mala gestione di una delle più importanti cliniche del gruppo, specializzata nella riabilitazione di malati non deambulanti e con gravi problemi respiratori. La Procura di Roma ha accertato che i dipendenti del San Raffaele di Cassino erano insufficienti per numero e spesso privi della qualifica necessaria per garantire tre ore al giorno di terapia intensiva, ridotta a tre quarti d'ora o al massimo un'ora, benché le richieste di rimborso spese si attestassero agli standard previsti dalle linee guida del ministero 3. Sanità nazionale Pagina 32 Patologie fortunatamente rare ma con alta inci enz i metastasi Tumori ocularì, 5 1 00 i punto sulle r i ' Gemell i' l ' Assoc i az i one Oncolog i a Ocu are Importanti novità per la cura del melanoma uveale e dei tumori della congiuntiva sono venute dal 19° Congresso della Società Italiana di Oncologia Oculare (SIOO) appena conclusosi al Policlinico A. Gemelli di Roma, presieduto da Maria Antonietta Blasi, direttore dell'Unità Operativa di Oncologia Oculare e Aldo Caporossi, direttore dell'Istituto di Oftalmologia dell'Università Cattolica e dell'Unità Operativa di Oculistica del Policlinico "A. Gemelli". Il Congresso SIOO, Società scientifica presieduta da Emilio Balestrazzi, già ordinario di Oftalmologia all'Università Cattolica, è stata l'occasione per presentare l'Associazione Oncologia Oculare onlus (www.oncologiaoculare.com) che ha sede presso il Policlinico Gemelli, nata con gli obiettivi di contribuire a prevenire, diagno- sticare e curare la patologie tumorali dell'occhio; assistere familiari e pazienti; promuovere la conoscenza di tumori oculari e promuovere la formazione di personale dedicato. Contatti Oncologia Oculare onlus tel. 06-30156392, email [email protected]. "Nell'ambito dei carcinomi e dei linfomi congiuntiveli anticipa la professoressa Blasi - si è evidenziato un incremento della loro incidenza e una maggiore aggressività del carcinoma squamoso, ritenuto un tempo un carcinoma a basso grado di malignità". Le nuove terapie per i tumori congiuntivali si avvalgono di farmaci biologici, quali l'interferone alfa e il rituximab, oltre agli antimitotici per via topica, la mitomicina C e il 5fluorouracile . (L. SER.) Redazione: [email protected] LiberOSalute 3. Sanità nazionale Pagina 33 INTE RVISTA, LAD DI 'DOC GENERICI' SPIEGA PERCHÉ L'ITALIANO USA TROPPO POCO IL FARMACO GENERICO « Potremmo risparmi are tanto, se solo lo sapess imo» I cittadini continuano a pagare una cifra più alta, di tasca propria e senza alcun motivo, perché non si può informarli ®:® ANDREA SERMONTI È un dato di fatto inconfutabile quanto incomprensibile: nel mercato italiano la quota di farmaci generici di fascia C a carico del cittadino è mediamente molto più bassa di quella dei generici in fascia A, a carico dello Stato. «Insomma - conferma Gualtiero Pasquarelli, AD di DOC Generici - a 13 anni dall'entrata in commercio in Italia, è una situazione paradossale; eppure sui prodotti a carico del consumatore, secondo logica, la quota dovrebbe essere maggiore che non su quelli a carico del Servizio Sanitario, visto che sui primi il risparmio è diretto per le tasche del cittadino. E anche l'introduzione della prescrizione per principio attivo non ha di fatto avuto alcun impatto né modificato questo trend». Insomma, la gente continua a pagare una cifra più alta, di tasca propria, senza alcun motivo. «O meglio - precisa Pasquarelli - il motivo c'è ed è molto chiaro: perché il pubblico non ne è informato, non sa che può risparmiare e quanto, a causa di una legge sulla pubblicità, nata ben prima del generico, che nei fatti impedisce il diritto del cittadino all'informazione». E la riprova è che quando è stato introdotto sul mercato il sildenafil generico - prodotto per la disfunzione erettile - c'è stato un tale battage informativo della stampa che la gente ha saputo subito che si trattava di un risparmio importante per un prodotto assolutamente equivalente. Con un duplice 3. Sanità nazionale risultato: abbattimento degli acquisti per vie'illegali' tipo internet e passaggio al generico di quasi il 60 percento del consumo in pochissimo tempo". Il sildenafil ha avuto un trattamento informativo di cui non godono gli altri prodotti di fascia C, nonostante quasi il 90 per cento abbia un equivalente generico a costo minore. «Non si spiega altrimenti, è solo una mancanza d'informazione - insiste l'AD di DOC Generici - perché la legge impedisce di informare il cittadino dell'esistenza di un farmaco equivalente e a prezzo minore per i prodotti soggetti a prescrizione medica. La qual cosa può essere comprensibile per i prodotti di fascia A, visto che medico e farmacista svolgono un ruolo attivo nell'informazione, ma non di certo per quelli a carico del cittadino sui quali l'informazione e' carente a tutti i livelli! Insomma, equiparare l'informativa sul differenziale di prezzo ad una pubblicità equivale ad impedire al cittadino di sapere che può spendere meno per un prodotto al 100 per cento identico, ledendo un diritto essenziale soprattutto nel momento in cui paga di tasca propria». Serve un passo avanti deciso, una crescita culturale: far conoscere al consumatore il differenziale di prezzo tra due prodotti equivalenti non è'pubblicità' ma' informazione'. E questa non può essere soffocata ma, al contrario, va incoraggiata. i r_ G;,altie o í'ascfuare?ií, AD i DOï. Generici I servizi sanitari americani, inglesi e tedeschi si reggono perché possono reinvestire i risparmi derivanti dal largo uso dei farmaci generici in ricerca, innovazione e attività di prevenzione Pagina 34 Al congresso degli urologi il professore è Rocco Siffredi UINCONTRO ROMA Amore, sesso, benessere della coppia: in cattedra c'è il pornoattore Rocco Siffredi. Cinquant'anni, oltre 1300 film, tra i dieci attori più pagati al mondo secondo una classifica della rivista Usa "People with money". IN PLATEA Posti in piedi in platea, applausi, tutti zitti mentre parla e si racconta: spiega come raggiungere la vera armonia con lei. Una guest star, Siffredi, alla manifestazione "Pianeta Uomo" al congresso della Società italiana di urologia in corso a Firenze. Un summit di circa 1500 specialisti, tra andrologi e urologi, dove si parla solo del maschio e del suo organo sessuale. Dei suoi problemi di salute, delle pasticche che prende per far meglio l'amare e dei suoi pensieri segreti. Perché non ascoltare anche ii verbo del re dell'hard? Eccolo sul palco, assediato dalle ragazze per un selfie, una novità assoluta nel panorama degli incontri scientifici. Che, per l'occasione (ieri pomeriggio), hanno deciso di aprire le porte del congresso anche al grande pubblico. «E' la prima volta che mi viene chiesto di dire la mia ad un congresso di medici. Sono qui perché ho esperienza di vita sul campo» fa sapere l'attore. Silenzio. I medici sorridono, come dire «abbiamo scelto un bel testimonial per ii nostro congresso!». Riflettori puntati su lui e tutte le difficoltà (amorose e sessuali) che gli impediscono di comunicare con lei. Parla il pornoattore già collaudato da un anno di esperienza a Cielo tv in cui soccorre le coppie in crisi ("Ci pensa Rocco" il programma): «L'uomo di oggi è confuso. Il giovane come l'adulto, si porta dietro un carico di ansia pesantissima. Anche i ragazzi che incontro sul set si presentano con l'ansia, mica accadeva una volta! Ediffusa l'overdose della chimica per amare. Si, solo quando davvero serve. L'uomo oggi non vuole più lottare...». Gli andrologi prendono appunti, devono fare i conti con circa 4milionni di uomini hanno problemi sessuali. Davanti ai loro occhi l'immagine del paziente che non riesce a raccontarsi, della moglie che parla al suo posto, della vergogna di stare su quella sedia in quello studio. Parla bene il "prof" Rocco Siffredi, che ne sa dei guai nascosti della gente comune? «I primi ingredienti per una sessualità che soddisfa - commenta Vincenzo Mirone segretario della Società italiana di urologia che riporta la conversazione sui temi medici - sono sicuramente una buona salute fisica generale dell'organismo e dell'organo maschile in particolare, una buona salute mentale e la consapevolezza di questo stato di benessere. Ricordiamo che ii paziente con problemi sessuali, soprattutto di erezione, finisce con il determinare alterazioni psicologiche, sociali e comportamentali che danneggiano l'autostima e la qualità della vita». L'AMORE Siffredi riprende la parola. Si rivolge agli uomini sopraffatti dalle statistiche che lo disegnano, oggi, afflitto da gravi turbamenti amorosi. Nella testa, nel cuore, nel fisico. Chiude l'incontro e dice la sua: «Uomini, stregate la testa delle donne e le conquisterete». Carla Massi ,ç RIPRODUZIONE RISERVATA L'OSPITE Rocco Siffredi al congresso degli urologi 3. Sanità nazionale Pagina 35 A COLLOQUIO CON MICk-IAEL . Q.1LL EE. Troppo grandi le sfide per l'Onu? di Eliana Di Caro o so. Oggi il mondo non ha una buona percezione dell'Onu. La gente vede solo quello che le Nazioni Unite non fanno in Iraq, in Siria, in Afghanistan, cioè il 10% delle loro attività. Per questo stiamo lavorando a un progetto di cambiamento d'immagine che toccherà tutti i Paesi partendo da 20 Stati donatori. L'obiettivo è far capire l'importanza di quanto accade qui»: Michael MOller, 62 anni, è il direttore generale dell'Onu a Ginevra, la sede principale dopo quella di New «Abbiamo sottovalutato Ebola», dice il numero 1 delle Nazioni Unite a Ginevra, parlando dell'epidemia divampata in Africa. I rifugiati, la diplomazia, il tema delle donne York, ma per numero di dipendenti (lomila) più grossa di quella americana. Il suo ufficio è all'interno di una vera e propria cittadella, costituita da 34 tra organizzazioni, istituti e programmi operativi, e sette agenzie specializzate (tra cui LOms, l'Alto Commissario per i Rifugiati, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni): «Se si considera che il mondo accademico, del business, della formazione, e 350 Ong hanno base a Ginevra, si può capire il valore aggiunto che deriva dall'avere tutti gli attori sul territorio: un sistema integrato che rafforza e valorizza il lavoro dei singoli. Questo spesso si dimentica». Il direttore generale fa gli esempi della collaborazione tra Oms e Unicef sul fronte dei vaccini forniti a due milioni di bambini in Pakistan, Nigeria e Siria in piena guerra, o della standardizzazione della nostra vita quotidiana, «quelle norme che riteniamo scontate ma che si decidono qui, al secondo pia- 3. Sanità nazionale no, per esempio le caratteristiche della segnaletica dei trasporti, o quelle dei seggiolini dei bambini per le auto». Un esempio effettivo di come entrino in azione più attori è quello delle emergenze umanitarie. A Ginevra, un luogo strategico dal punto di vista del fuso orario - simile a quello dei Paesi che devono ricevere assistenza come Siria, Sudan, Somalia - c'è il personale qualificato, avviene lo stoccaggio degli aiuti (acqua, cibo, tende, taniche, zanzariere oltre naturalmente alle medicine) e c'è l'aeroporto. Un incrocio virtuoso, che funziona sotto l'egida dell'Ocha (l'ufficio per il coordinamento degli affari umanitari). Eppure non si può fare a meno di pensare a quel io% che l'Onu non riesce a fare, di cui lo stesso Moller è consapevole. A proposito di Ebola, per esempio, l'epidemia di febbre emorragica divampata nell'Africa occidentale, ferocemente contagiosa e che ha già ucciso quasi 3.100 persone, l'Onu si è mossa inspiegabilmente tardi. «È vero - ammette M¢ller - l'abbiamo sottovalutata. Innanzitutto c'è stata un'incapacità di comunicare con la popolazione. Ignoranza e paura provocano reazioni fuori controllo della gente e questo non aiuta. Poi va detto che i Paesi hanno tagliato troppo. L'Oms non risponde in modo veloce ed efficiente perché non ha abbastanza risorse. E questa epidemia non sarà l'ultima». Si ferma un attimo, e puntualizza: «I Paesi membri hanno contribuito con un totale di 22 miliardi di dollari alle azioni umanitarie: allora non è che i fondi non ci siano, dobbiamo però ripensare le priorità. E la prima delle priorità deve essere la prevenzione, solo così si punta davvero su salute e sviluppo». Intanto la coordinazione del sistema interno, per quel che riguarda Ebola, è stata rafforzata: il Consiglio di Sicurezza ha disposto la creazione di una missione speciale (Unmeer) la cui task force si è insediata ad Accra, in Ghana, per operare negli Stati colpiti, Guinea, Liberia e Sierra Leone (ma sono stati registrati dei casi anche in Nigeria e Senegal), mentre da Ginevra l'inviato speciale di Ban Ki-moon, David Nabarro, gestisce l'azione internazionale. «L'Oms ha stimato che si potrebbe arrivare Pagina 36 ESPERTO i Il danese Michael Mßller, classe 1932, nel suo ufficio a Ginevra (foto di Eliana Di Caro) IL PERSONAGGIO Michael M¢ller, danese, 62 anni, ha cominciato a lavorare all'Onu quando ne aveva 23: era al desk office per la Malesia, Singapore e Hong Kong durante la crisi dei cosiddetti "boat people"; i rifugiati vietnamiti. «Improvvisamente identificammo - ricorda un'isoletta in Malesia, Pulau Bidong: vi erano aggrappati migliaia di vietnamiti. La prima cosa da fare era portare l'acqua laggiù. Feci firmare ai miei superiori in poche ore dei permessi per i quali servono normalmente mesi. Quell'esperienza, da tutti i punti di vista, compreso quello della lotta alla burocrazia, fu una grandissima lezione: come farfunzionare il sistema a dispetto di se stesso». Mßller ha lavorato poi a New York, in varie missioni (Iran, Messico, Haiti, Cipro), e al fianco di Kofi Annan. 3. Sanità nazionale a 2omila persone contagiate entro novembre - aggiunge Ml ller - e ha calcolato che ci vogliono dai 9 ai 12 mesi per avere il controllo del problema. D'altra parte ricordiamoci anche dell'altra faccia della medaglia: se non ci fosse l'Onu oggi, con l'esperienza e la specializzazione che ha accumulato, che cosa succederebbe?». Il direttore generale tiene però a sottolineare il ruolo di Ginevra anche su un altro fronte, quello della diplomazia multilaterale. «I rappresentanti di Iran, Siria, Ucraina, Georgia vengono a parlare qui, le discussioni si svolgono in questa sede perché Ginevra ha un'immagine di neutralità, i protagonisti internazionali hanno la percezione di un posto rassicurante in cui poter affrontare problemi delicati. Un esempio è il dialogo tra Nigeria e Camerun che hanno risolto una disputa territoriale su aree ricche di petrolio. È stato, questo, uno dei tanti risultati che otteniamo nel silenzio: quando conse- guiamo un successo, spesso non se ne parla, ed è giusto che sia così. Altre volte gli obiettivi si raggiungono preventivamente». Ci sono invece delle situazioni in cui l'Onu non può che portare un contributo operativo, prezioso ma non risolutivo, come nel caso dei rifugiati siriani. Un dramma di cui non si intravvede la fine. «Quest'anno abbiamo toccato in totale 52 milioni di profughi nel mondo. È il più grande numero della storia e ne vediamo gli effetti. Paesi come Libano o Giordania stanno crollando sotto il peso sociale e ambientale delle masse che si sono riversate nei loro territori. L'Onu fa quel che può, l'Alto Commissario per i rifugiati lavora molto per sensibilizzare gli Stati e sollecitarne la solidarietà, ma c'è una sorta di "stanchezza" umanitaria data dall'eccesso delle emergenze. In Libano ci sono più di un milione e mezzo di profughi, un terzo della popolazione. Sa quante sono state le offerte di accoglienza da parte degli altri Paesi, che abbiamo più e più volte chiesto? Quattromila». La punta di amarezza che accompagna queste parole, nella voce di chi ha una lunga e globale carriera alle spalle, scompare quando si affronta il tema delle donne all'Onu: «Pochi anni fa è nata a New York una organizzazione, Un Women, che è molto attiva, e tutte le nostre istituzioni hanno programmi per sostenere le donne. Oggi sei ambasciatori su 15 del Consiglio di Sicurezza sono donne. Proprio a Ginevra si riunisce tre volte all'anno il Comitato per l'eliminazione della discriminazione contro le donne, composto da 23 esperti indipendenti che analizzano i rapporti sulla situazione femminile nei Paesi membri, ricevono denunce e conducono inchieste sulle violazioni dei diritti. Diciamo che sono due i temi che entrano con forza nella linfa del sistema delle Nazioni Unite: diritti umani e posto delle donne. Le due cose vanno insieme». Vuol dire, azzardo, che il prossimo segretario dell'Onu sarà una donna? «Magari. Per me sarebbe un segnale importante. Senza le donne non si conquista la pace». eliana.dicaro c@r ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 37 Mission possible: curare la mortalità Il nuovo business dei big della Silicon Valley è l'industria anti-età con investimenti milionari in startup e ceo stellati di Roberto Manzocco Mentre l'industria arati età - cioè tutte le pratiche che mirano a nascondere i segni del tempo, dai cosmetici alla chirurgia estetica - continua a vivere e prosperare, nella Silicon Valley si intravede la nascita di un nuovo paradigma, per il quale il processo d'invecchiamento dovrebbe essere trattato quasi come una patologia, da curare con terapie tutte ancora da inventare. E a guidare la carica è, dal settembre del 2013, la Calico (California Life Company), compagnia biotech sita a San Francisco e voluta da Google, con l'obiettivo di studiare la biologia dell'invecchiamento, al fine di rimandare la vecchiaia il più possibile. Questa almeno la sua mission, anche se gli obiettivi sottostanti sembrano ancora più ambiziosi; tanto che, nella copertina dedicata, «Time» ha titolato in modo eloquente «Google vs. Death». Calico nasce da un'idea di Bill Maris, manager di Google Venture, che si è chiesto il perché molte compagnie cerchino di curare questa o quella patologia, senza preoccuparsi di intervenire sulla causa sottostante a molte di esse, cioè il processo d'invecchiamento. Infine è sceso in campo il Ceo di Google Larry Page, che molto ottimisticamente ha parlato della possibilità di aumentare forse anche di Zoo anni l'aspettativa di vita dei ventenni di oggi. Ceo della Calico è Arthur Levinson, presidente della Apple ed ex presidente di Genentech. La compagnia ha inoltre assunto Cynthia Kenyon, ricercatri- 3. Sanità nazionale ce dell'Università della California. Nell'ambito della biogerontologia, la Kenyon è una figura leggendaria: nel 1993 è diventata famosa per essere riuscita, modificando un singolo gene, a raddoppiare l'aspettativa di vita del Caenorhabditís elegans, un verme nematode. Adifferenza delle altre startup biotech, che abbisognano di ritorni economici immediati, la Calico è provvista di una maggiore flessibilità, e potrà lavorare sul lungo periodo. E questo mese la compagnia ha annunciato una partnership con il colosso biofarmaceutico lisa AbbVie, assieme al quale lancerà un centro di R&D, con lo scopo di scoprire terapie per il trattamento delle patologie legate all'età. Sette mesi dopo la Calico, è sceso in campo Craig Venter. A marzo il celebre genetista ha lanciato la Human Longevity Inc., startup che punta a lavorare su salute ed estensione dell'aspettativa di vita, con un budget iniziale di 70 milioni di dollari. La Human Longevitymapperà 4omila genomi appartenenti a persone sane e malate, vecchie e giovani, al fine di costruire il più ampio database del mondo sulla variabilità genetica umana. Si raccoglieranno inoltre dati sui genomi degli organismi che vivono in simbiosi con noi, come batteri e funghi. Vola basso, Venter, e sostiene che il suo lavoro non mira per forza al prolungamento della vita. Tra i cofondatori c'è però anche Peter Diamandis, il presidente dellaX-Prize Foundation - quella del volo spaziale privato -, che dice senza mezzi termini di mirare a «fare dei cento anni i nuovi sessanta». La compagnia venderà il suo database, ma svilupperà anche terapie a base di staminali per trattare l'invecchiamento. Citiamo poi il Palo Alto Longevity Prize, che offre un milione di dollari a chi contribuirà alla decodifica del processo d'invecchiamento. Sostenuto da diversi soggetti privati, il Palo Alto Longevity Prize è stato lanciato dall'imprenditore Joon Yun. L'iniziativa comprende due premi. Il primo è dedicato a chi riuscirà in un mammifero a riportare a livelli giovanili il tasso di variabilità del rit- mo cardiaco, sintomo della capacità dell'organismo di mantenere l'equilibrio omeostatico, e quindi la stabilità termica e chimica. Il secondo premio andrà a chi riuscirà ad aumentare l'aspettativa di vita di un mammifero del So per cento. Non è un caso che tutte queste iniziative nascano proprio attorno alla Silicon Valley, ricettacolo per visionari desiderosi di scommettere su imprese che altroveverrebbero bollate come 'troppo audaci" o "folli". Per fare un esempio di questa strana commistione trabusiness e tecnoutopia citiamo il caso emblematico di Peter Thiel, investitore molto ascoltato in Silicon Valley, uno dei fondatori di Paypal, nonché il primo investitore esterno di Facebook. Ed è anche un sostenitore dell'idea che l'umana mortalità debba essere in qualche modo "curata". Thiel ha donato più di sei milioni di dollari ad Aubrey de Grey, il controverso biogerontologo britannico che mira a cancellare il processo di invecchiamento tramite un set di terapie miranti a trattarne tutti gli aspetti. E Thiel non è l'unico; citiamo ad esempio Larry Ellison, presidente e cofondatore della Oracle, la cui Ellison Foundation investe,o milioni di dollari all'anno nella ricerca contro l'invecchiamento. In sostanza, l'ambizione di questi longevisti è sì quella di superare il limite massimo raggiungibile dai normali esseri umani - il primato va alla francese Jeanne Calment, morta nel 1997 a oltre 122 anni -, ma è anche quella di rimandare il più possibile la fragilità della vecchiaia - finendo tra l'altro per ridurre i costi per il sistema pensionistico e per quello sanitario -. Il che capiterebbe pure al momento giusto, visto che una recente analisi dell'Onu uscita su «Science» paventa non solo la possibilità che la popolazione mondiale raggiunga gli 11 miliardi entro il 2100, ma anche che Europa, Giappone, Cina, india e Brasile siano in procinto di affrontare un rapido ed economicamente problematico invecchiamento della popolazione. Mai come ora è il caso di dire: chi vivrà, vedrà. © RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 38 /oi i///%, 3. Sanità nazionale o////%"`?%,,,, /////// Pagina 39 "La curo con Statuina" II pm: la figlia le va tolta MASSIMO GUERRETTA TREVISO Alice ha dodici anni. Da quando è nata, lotta contro le conseguenze di un'infezione da citomegalovirus, contratta quando era ancora nel grembo della madre. Entrambe combattono per una speranza, che per loro si chiama metodo Stamina. Ma non basta. Il tribunale dei minori di Venezia ora vuole strappare Alice alla sua famiglia. Perché? Sua madre, nel corso dell'ennesimo ricovero, si è rifiutata di far somministrare un farmaco salvavita alla sua bimba: «Sarebbe morta», ha gridato lei, già pronta a combattere questa nuova battaglia. Ormai mamma e figlia entrano ed escono dalle aule di tribunale con la stessa frequenza con cui percorrono le corsie dell'azienda ospedaliera di Padova, dove Alice, trevigiana, è in cura. Per quattro volte il giudice del Lavoro di Treviso ha detto sì: quattro ordinanze che avrebbero dovuto obbliga- 3. Sanità nazionale La segnalazione è scattata dopo quel rifiuto, il no a quel farmaco convenzionale. Una richiesta di sospendere la patria potestà cui si oppongono gli stessi medici che in una relazione hanno scritto che Alice, lontano dalla sua famiglia, metterebbe a serio rischio la sua fragilissima salute. La mamma si difende: «Se mia figlia avesse assunto quel farmaco, che si somministra solo durante il ciclo di dialisi, sarebbe già morta. Ora Alice sta meglio, è ancora con me: è viva». Resta la rabbia per quel pOiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1tis . . . . . . . . . . . . . . . . ._. . . . .nna . . . . . . . . . . . . . ri-fiuia ..................... .... la somministrazione -------------------------di farmaci convenzionali Gli Spedali Civili di Brescia re gli Spedali di Brescia a procedere con le infusioni di staminali alla ragazzina. Quattro sì che sono rimasti lettera morta. I117 ottobre la mamma e il papà di Alice saranno sentiti dal giudice minorile, che dovrà pronunciarsi sulla richiesta del pm di «collocare la minore in idoneo luogo protetto eterofamiliare». In altre parole se, almeno dal punto di vista legale, potranno essere ancora i genitori della loro Alice. decreto, che le ha spezzato il cuore: «E' un gesto di cattiveria. Ma non mi fanno paura, non mi porteranno via la mia bambina e lotterò per lei fino alla fine». Le motivazioni dei pm sono racchiuse in una pagina che sottolinea «la sfiducia dei genitori» rispetto alle decisioni diagnostiche e terapeutiche dei sanitari e il rischio che ciò «possa comportare gravi danni alla salute della ragazzina». La mamma di Alice, in ogni occasione, ha affermato di aver agito avendo sempre come unico obiettivo il benessere di sua figlia, la sua salute. Pagina 40 CLINICA MEDICA MARCHE / Centro di eccellenza nella medicina interna Assistenza accanto alla ricerca La struttura si focalizza sulle malattie del sistema immunitario La Clinica Medica dell'Università Politecnica delle Marche, diretta dal prof. Armando Gabrielli, è parte dell'Azienda Ospedali Riuniti di Ancona ed è un centro di eccellenza della medicina interna regionale, soprattutto per quel che riguarda lo studio e terapia delle malattie del sistema immunitario e delle immunodeficienze. Oltre alla intensa attività assistenziale espletata con la messa a punto di profili di assistenza ad hoc e di ambu- latori giornalieri dedicati, significativa è la ricerca clinica e di laboratorio della Clinica Medica. La prima si è, negli anni, concentrata sulla progettazione e conduzione di studi clinici di fase IIA, IIB e III, sulla progettazione e conduzione di ricerca clinica infermieristica, sulla elaborazione e stesura di linee guida oltre che sullo sviluppo di competenze per attività di clinícal governance e progetti di educazione/informazione dei pazienti. Inoltre è stata avviata dal 2005 l'attività re- Il prof. Armando Gabrielli, direttore della Clinica Medica dell'Università Politecnica delle Marche 8. La Ricerca lativa alla certificazione delle malattie rare. La ricerca dì laboratorio si è focalizzata sulle malattie del sistema immunitario, quali sclerodermia, lupus eritematoso sistemico, sindrome di Siogren, miositi, vasculiti sistemiche. Da segnalare a questo proposito, due lavori scientifici pubblicati sul New England Journal Medicine (2006) e su Science Signaling (2014) che potranno aiutare a risolvere i problemi di diagnosi e terapia della sclerodermia. Nel primo si dimostra la presenza di anticorpi, normalmente assenti nei soggetti sani, in grado di indurre danni tipici di questa malattia. Nel secondo, effettuato con la collaborazione del laboratorio del prof. Enrico Avvedimento dell'Università. Federico II di Napoli, si chiariscono i meccanismi ° molecolari responsabili della fibrosi, ovvero dell'accumulo di quella proteina nota come collageno, negli organi delle persone affette da sclerodermia, oltre che dell'aumentato rischio di neoplasia presente in questa popolazione di pazienti. Pagina 41 Dalla campagna online persalvare il telescopio Hubble a quella per il recupero dei siti storici di ricerca, si fa strada l'idea che il progresso non debba spazzare via il "vintage" E che dietro l'avanguardia vada tutelata una fruizione più ampia di strumenti e saperi In discipline come astronom ia, fisica o ch i mica la coaall'innov ione bru ci a i n fretta conquiste e tecnolog i e a studiosi e appassionati si ribellano A scienza che esita a dimenticare i suoi fondatori è perduta». Conquestafrase, presa in prestito dal grande mate- matico e filosofo Alfred North Whitehead, lo storicodella scienzaThomasKuhnhasintetizzato la tendenza al continuo rinnovamento che caratterizza questa parte del sapere umano. Idee e risultati del passato sono selettivamente dimenticati per far posto ai nuovi, il vecchio paradigma è obliterato da quello corrente come se si cancellasse una lavagna. Anche il pioniere della scientometria, Derek de Solla Price, ha documentato la rapida obsolescenza delle pubblicazioni scientifiche: a due anni dall'uscita, un articolo vedeva dimezzare le proprie citazioni da parte di altri colleghi. Questo vale, a maggior ragione, per la dimensione tecnologica e per la strumentazione di ricerca, entrambe proiettate verso apparecchiature sempre più sofisticate e innovative. 8. La Ricerca Ma in questa sete di superamento , in questa corsa a nuovi e più sofisticati traguardi , c'è anche un lato negativo. E cioè il rischio di rendere la scienza troppo "alta", algida, lontana. Spezzando tutti i legami-vitali-con lasocietà, con una platea quanto più possibile ampia di fruitori. E perdendo così qualsiasi suo versante "popolare", nelsensomiglioredeltermine . Nontutti però si rassegnano a questo processo. Come dimostrano una serie di episodi accaduti negli ultimi mesi. Un gruppo di scienziati e appassionati, ad esempio , proprio in queste settimane sta valutando la possibilità di salvare dalla pensione - con una campagna e una ricerca fondi via internet - il telescopio spaziale Hubble. Lanciato dallo Space Shuttle nel 1990 , secondo le previsioni potrebbe cadere sulla terra nel 2020. Per evitare rischi (ha più o meno le dimensionidiunoscuolabus ) l'ultimamissionedi servizio ha predisposto nel 20191a possibilità di guidarlo fuori dalla sua orbita attuale . Non ci saranno però altre missioni, anche perché gli stes- Pagina 42 si Space Shuttle sono stati accantonati dalla Nasa. L'agenzia spaziale americana prevede infatti di lanciare nel 2018 il successorediHubble, iltelescopiospazialeJames Webb, piùmoderno e sensibile almeno per alcuni tipi di rilevazioni. Il buon vecchio Hubble, però, funziona ancora: «Non è mai stato così in forma, è patrimonio nazionale e per il mondo intero», ha ammesso John Grunsfeld, astronauta e fisico della Nasa. Ecco perché sono molti gli appassionati di astronomia che non vogliono perdere quel telescopio che ha dato loro alcune delle immagini più spettacolari del cosmo. Anche molti studiosi pensano che Hubble possa ancora essere utile. Occorre però sostituire alcune parti: un'operazione dal costo rilevante e che desta scarso entusiasmo nei vertici governativi e industriali, poco propensi ad investire su unvecchio progetto anziché sui nuovi. E così pezzi di grande valore scientifico, tecnologico, culturale, pratico- corrono il pericolo di venire buttati via. Anche se a volte accade il contrario: alcuni dei movimenti d'opinione decisi a conservare un'idea di scienza popolare riescono a vincere delle battaglie. Ad esempio, studiosi ed appassionati hannoraccolto oltre 150 mila dollari in crowdfunding per "resuscitare" lasondalSEE-3, lanciatanel 1978, con cui la Nasa aveva sospeso le comunicazioni da quasi vent'anni. Un bel risultato. a il discorso va oltre la corsa folle di una scienza che nella sua corsa inarrestabile in avanti rischia di perdere pezzi pregiati. Perché gli strumenti e i prodotti della fisica, della chimica, dell'astronomia, anche se obsoleti hanno un valore intrinseco. Sono parte del nostro patrimonio storico di civiltà, sono tesori culturali. Almeno quanto i monumenti dell'arte. È la necessità di non perdere questi beni così preziosi che ha spinto tre appassionati di scienzapopolare arealizzarequalche me- se fa, in varie località degli Stati Uniti, uno spettacolare reportage fotografico notturno (parzialmentepubblicatosu WiredUsa) sugli edifici scientifico-miltari oggi abbandonati, ma mai del tutto smantellati. Un tempo erano gioielli d'avanguardia, malgrado fossero finalizzati alla Guerra Fredda: nelle foto si vedono lavagne ancora piene di misurazioni, apparecchiature arrugginite. Un insieme di attrezzature che meriterebbe di essere tutelato e valorizzato. Testimonianza non solo della scienza nel suo significato puro, ma anche dei suoi legami con la società e la politica. E non è solo una questione di strumentazioni e apparecchiature: perfino le classificazioni possono diventare elementi chiave, nella battaglia per una scienza popolare. Nel 2006, inseguito allarevisione della definizione di pianeta da parte di una commissione della International Astronomical Union (Iau), Plutone nonrisultò più definibile come tale, e venne relegato in una nuova classe di pianeti nani. Per giorni, i media riportarono pareri contrastanti di astronomi e opinioni dicommentatori. Con unaspettacolare votazione al congresso della lau, il nuovo status fu approvato con 237 voti favorevoli, 157 contrari, 30 astensioni. La decisione finale lasciò insoddisfatti numerosi esponenti di spicco della comunità astronomica, incluso il coordinatore della commissione incaricata di trovare una nuova definizione di pianeta. Sotto la pressione di quello che definì «un pubblico sentire, refrattario a scaricare Plutone in un ampio agglomerato di oggetti poco spettacolari», la stessa lau decise di creare per ad hoc una categoria speciale tra i pianeti nani. L'astronomo Dave Reneke, editor di Sky & Space Magazine, si chiese «che diritto abbiano poche centinaia di astronomi di decidere per i sei miliardi di abitanti della Terra». In seguito a varie proteste e mobilitazioni pubbliche (che esponevano esilaranti cartelli come «l'importante non sono le dimensioni«) nacquero associazioni perla difesa di Plutone come pianeta e gruppi social come la "Coalizione che sa che Plutone è davvero un pianeta". Nel 2009, lo Stato dell'Illinois proclamò il 13 marzo "la giornata di Plutone". Può fare sorridere, certo. Ma dietro questi episodi di colore si nasconde un interrogativo serio: se la scienza, in nome della sua intangibile purezza, possa tagliare senza pensarci due volte i legami con le tradizioni e le comunità. Che ha coltivato, seppure con alterne vicende, per secoli e secoli. cordone ombelicale che i sostenitori della scienz apopolare sono decisi a non recidere. Perfino nella scelte che riguardano l'intrattenimento e il tempo libero. Come dimostra il boom di quella che potremmo definire scienza vintage: la passione per il modernariato scientifico, che si esprime col collezionismo dei kit per ragazzi e dei giocattoli divulgativi di un tempo. Piccole ma concrete testimonianze di come la scienza si sia incarnata nella sensibilità e cultura di massa. A cominciare dall'intramontabile Barbie, che come racconta Davide Coero Borga nel suo La scienza dal giocattolaio, aveva indossato la tuta da astronauta già nel 1965, quattro anni prima della storica missione sulla Luna e quasi vent'anni in anticipo sulla prima donna in carne ed ossa aviaggiare nello spazio. Ad alcune aste online è ancora possibile acquistare l'Atomic Energy Lab, kit giocattolo del "piccolo ingegnere nucleare": prodotto tra il 1950 e il 1951, epoca in cui l'energia atomica era presentata senza esitazioni come fonte di progresso e opportunità anche nei cartoni animati Disney (guardate su Youtube OurFriend theAtom), per 49 dollari e 50 centesimi metteva a disposizione dei giovanissimi tre barrette radioattive «a scarsissimo potenziale», un contatore Geiger, quattro campioncini di materiale radioattivo eun elettroscopio. Un puzzle fatto di eccentrici pezzi di antiquariato culturale: utili a ricordare che la parola "scienza" non è, o non è solo, sinonimo di inaccessibilità. LA MOSTRA Giacomo Ma.nzù eAlarino Marini aTratlersetolo, in provincia di Parma (pag. 50) 8. La Ricerca Pagina 43 • . . . rc. .. . . . u . i . . ... . 1 A & . . . . . i . . , . q , .{ ,. b . r a A4 It , 8. La Ricerca .. e + . Pagina 44 Un modello a piramide che taglia tutti i ponti col senso comune pîÙ NCHE uno schiavo, se bene indirizzato, può dimostrare il teorema di Pita- ora. E la tesi che, come al solito per bocca di Socrate, Platone difende nel Menone, dopo aver constatato che la ricchezza di Anito (altro personaggio del dialogo) non lo rendeva per questo più intelligente (Anito si vendicherà divenendo uno dei tre accusatori principali di Socrate). L'ideale di Platone era quello del filosofo-re, eppure sottolineava l'intrinseca democraticità del sapere, come trasmissione ed esame comune, contrapposto alla scienza esoterica, in particolare al sapere sacerdotale degli egizi, protetto da una scrittura che conoscevano solo loro. Oggi però il costo delle apparecchiature favorisce i ricchi, Anito e non lo schiavo di Menone, e si crea quella che potremmo definire "scienza piramidale", una scienza di vertice, esoterica e poco comunicata. Nel momento in cui da una parte il web diffonde tutto, 8. La Ricerca compreso il negazionismo e l'idea che la terra sia concava e non convessa, e dall'altra la big science comporta investimenti miliardari, le piramidi si riformano. E se le piramidi nascono come osservatori astronomici, non èprivo diironia il fatto che la manifestazione di questa scienza esoterica nasca proprio dalla dismissione del telescopio orbitale Hubble, non più utile per laNasa, mautilissimo per tanti altri scienziati non di punta. La scienza come ideale di una comunità illimitata della comunicazione di cui parlava, quasi mezzo secolo fa, il filosofo tedesco Karl-Otto Apel, richiamandosi al "socialismo logico" propugnato nell'Ottocento da Charles Sanders Peirce, è un sogno del passato, e questo costituisce un pericolo non solo per la democrazia, ma per la scienza, per almeno tre motivi. Primo, si scava un fosso tra la scienza e il senso comune. Quando Husserl parlava dell"'adulto nella nostra epoca" come uomo medio e mediamente incivilito, si riferiva a una persona per cui il mondo non era un mistero. Ma, da una parte, la tecnica ci è diventata sempre più estranea. Per un paradosso della "età della tecnica", nessuno se la sentirebbe seriamente di metter le mani nel proprio computer come si faceva, una volta, con la propria automobile (asuavoltadivenutainintelligibile a causa della quantità di componenti elettroniche che incorpora). D'altra parte, questo medesimoparadosso, in forma meno avvertita ma molto più potente, vale per la scienza: non solo siamo piùignorantichemai (nelsenso che non riusciamo a tenere dietro agli sviluppi della scienza), ma gli stessi scienziati non sono in grado di dominare se non un territorio limitato, anche supponendo (e non è ovvio, come dimostra il caso del telescopio nella piramide ) che sia garantitaunaregolare trasmissione delle scoperte. Secondo, date le spese necessarie per la ricerca, e le sue ricadute economiche e militari, assistiamo a una privatizzazione del sapere. Lo scienziato non è più un «funzionario dell'umanità» (secondo la commovente retorica burocratica con cui Husserl definiva il filosofo) ma il detentore di un sapere iniziatico, per ragioni di fatto (non viene comunicato) e di diritto (anche quando è comunicato, risulta incomprensibile ai più). Io so ben poco di astronomia, diversamente da Leopardi. E colpa mia, ma anche se la studiassi non mi basterebbe la biblioteca di mio padre, né il telescopio del Gattopardo. Verrei a sapere delle cose a scoppio ritardato, come la luce delle stelle morte da tempo. Magari i marziani esistono, ma noi (un noi in cui bisogna includere anche un bel po' di scienziati) non lo sappiamo. Lo sanno nella piramide, e ce lo diranno se e quando lo vorranno loro. Ma proprio qui si apre un terzo problema, ancora più grande dei precedenti. Husserl vedeva nella comunicazione una condizione fondamentale della nascita della scienza. Se il primo geometra non avesse comunicato le sue scoperte, e se queste non fossero state scritte, conservate e trasmesse, la sua scoperta si sarebbe limitata a un breve bagliore, a una luce che illumina prima che torni il buio, aspettando che un altro, se mai ci sarà, ripeta la scoperta. Nel momento in cui la scienza, nel suo livello più avanzato, si trasforma nel possesso di pochi, la piramide si rivela un edificio fragilissimo: basta un black-out, un impiegato distratto o un fanatico (non necessariamente del Califfato), e tutti i segreti della piramide ritornano nel nulla da cui erano usciti. Pagina 45 LA RICERCA Tumori, cure in gravidanza senza danni per il bambino MADRID. Gravidanza e tumore, due eventi ritenuti inconciliabili e frutto di scelte drammatiche tra seguire la terapia o far nascere il bambino, in realtà in molti casi non si escludono, e con alcuni accorgimenti possono essere entrambi portati avanti.Aconfortare le future madri colpite dallamalattia sono due studi presentati nel congresso della Società Europea di Oncologia medica (Esmo) in corso a Madrid. «Il messaggio principale per le donne è che la scelta non è inevitabile e in molti casi ci sono altre opzionida tenere in considerazione», spiega Frederic Amant, del Policlinico belga di Lovanio. «Abbiamo visto ad esempio - prosegue - che per i tumori del seno e del sangue, i più comuni in questa fascia di età, almeno alcuni farmaci non danneggiano i bambini se somministrati dopo il primo trimestre di gravidanza. Fanno eccezione la leucemia acuta, che va trattata già nel primo trimestre, e i tumori della cervice uterina, troppo "vicini" al bambino». 8. La Ricerca Pagina 46