L`essenziale in un colpo d`occhio

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L`essenziale in un colpo d`occhio
19 dicembre 2012
L'essenziale in un colpo d’occhio
Obbligazioni

Azioni

Hedge funds

Proiezioni a 6 mesi
 A pochi giorni dalla fine del 2012 resta ancora una questione scottante
sul tavolo dei dirigenti americani: la politica fiscale e di bilancio che
entrerà in vigore dal 1 gennaio 2013. La minaccia del « fiscal cliff » se
democratici e repubblicani non riusciranno a trovare un accordo è ancora
la spada di Damocle che pesa sulle prospettive del 2013.
 Se prima della fine del mese si arriverà a un accordo equilibrato, il nuovo
anno inizierà con auspici relativamente favorevoli e, a priori, meno
preoccupanti rispetto a un anno fa. Questo non significa che le
prospettive di crescita siano oggi molto più allettanti rispetto a quelle
dell’anno scorso; nel 2013, è difficile che la crescita mondiale raggiunga
un ritmo significativamente più vigoroso rispetto a quest’anno.
 Ma di fronte all’allontanarsi di alcuni rischi sistemici si è rafforzata la
percezione che nel 2013 il contesto sarà meno fosco. La crisi dei debiti
sovrani europei è ancora lontana da una soluzione definitiva, ma gli
strumenti predisposti nel 2012 allontanano la minaccia di disgregazione
a breve-medio termine. Inoltre, il rallentamento dell’economia cinese
sembra aver lasciato il posto a una fase di stabilizzazione. E il cambio di
guardia in Giappone ha suscitato la speranza che la deflazione che tiene
il paese nella sua morsa da 15 anni possa finalmente essere superata.
 Resta solo il rischio che un brusco inasprimento della politica di bilancio
americana soffochi la fragile crescita mondiale attesa nel 2013…. Benché
lo scenario principale sia orientato a una conclusione « ragionevole » del
negoziato, il rischio rappresentato dal fiscal cliff resta potenzialmente
importante. Il potere di disinnescarlo è nelle mani dei rappresentanti
politici americani ….e prima lo faranno, meglio sarà per gli investitori.
Economia
Stati Uniti ............................................................................... 2
Accordo in tempi stretti sul fiscal cliff per allontanare l’incertezza!
Europa ..................................................................................... 3
2013: minore rischio sistemico? Ma la crescita non sarà maggiore…
Giappone ................................................................................. 4
La vittoria di Abe fa nascere la speranza di una nuova era
Questa pubblicazione si basa sulle
informazioni raccolte fino al lunedì prima
del giorno di diffusione.
Pubblicazione del team Ricerche & Analisi
Banque SYZ & CO SA
Tel. +41 (0)22 819 09 09
[email protected]
Autori:
Yasmina Barin
Adrien Pichoud
Fabrizio Quirighetti
Economie emergenti ................................................................ 4
Cina: dopo l’atterraggio, nuova velocità di crociera nel 2013
Mercati
Azionario ................................................................................ 5
Ai piedi del « muro » …
Obbligazionario........................................................................ 5
La politica italiana lascia (quasi) insensibile il mercato
Valutario.................................................................................. 6
Nel 2013 “in the dollar we trust”…
Questo documento è pubblicato esclusivamente a scopo informativo e non costituisce in alcun modo una raccomandazione di investimento, un’offerta di
acquisto o di vendita di titoli, né un documento contrattuale. Le opinioni espresse riflettono il nostro giudizio al momento della redazione e possono
essere modificate in qualsiasi momento senza preavviso. Si declina ogni responsabilità per eventuali perdite dirette o indirette che possano derivare
dall’uso delle informazioni ivi contenute.
19 dicembre 2012
Economia
Stati Uniti
« The cliff or not the cliff, that is the question ». Il
dramma shakespeariano che da qualche settimana si sta
consumando a Washington sul tema della politica di
bilancio del 2013 diventa più angoscioso con l’avvicinarsi
della data limite del 31 dicembre. Ma per il momento
l’ombra di un’imminente e violenta stretta fiscale non si
allontana. Se non sarà raggiunto un accordo fra
repubblicani,
democratici
e
il
presidente
sullo
scaglionamento nel tempo delle misure di risanamento
fiscale, l’impatto negativo sull’attività sarà tale che
l’economia americana ricadrebbe quasi certamente in
recessione nel primo semestre dell’anno prossimo. La
posta in gioco quindi è alta, eppure ognuna delle parti
sembra decisa a difendere fino all’ultimo le proprie
posizioni.
Nel frattempo, l’intera economia è appesa al negoziato in
corso. Aziende e consumatori sono impazienti di sapere
cosa li aspetta nel 2013 in termini di crescita, di fiscalità
e di spesa pubblica. Questo clima attendista traspare
dagli indici di fiducia e di attività, e già durante l’estate si
era manifestato con la frenata delle spese d’investimento
delle società. Così, l’ISM manifatturiero (che misura
l’attività nell’industria manifatturiera) in novembre è
sceso sotto quota 50, la linea di demarcazione fra
espansione e contrazione dell’attività.
L’indice della fiducia dei consumatori dell’Università del
Michigan, anch’esso sceso in novembre, dimostra che
anche le famiglie sono preoccupate, benché il quadro
generale - dopo il forte calo dei prezzi della benzina dalla
metà ottobre (-10%) e la progressiva discesa della
disoccupazione (al 7.7% in novembre, il livello più basso
degli ultimi 4 anni) - sia piuttosto favorevole in termini di
potere d’acquisto. Ma questi elementi, che in novembre
sono stati sufficientemente significativi da sostenere un
aumento dei consumi, diventerebbero insignificanti se
l’economia americana dovesse assorbire la totalità delle
misure che entreranno in vigore dal 1 gennaio 2013. E i
consumatori, gradualmente, se ne stanno rendendo
conto.
Disoccupazione, inflazione, stime e soglie fissate dalla Fed per
decidere il rialzo del tasso di riferimento
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ISM manifatturiero e indice di fiducia NFIB
delle piccole e medie imprese
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UNEMPLO YMENT RAT E
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O N MEASURE (PCE DEF LAT O R "CO RE")
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Source: T homson Reuters Datastream
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Per la prima volta la Fed ha subordinato la decisione di rialzare
il tasso di riferimento al calo della disoccupazione sotto il 6.5%,
purché l’inflazione anticipata non superi il 2.5%. Secondo le sue
previsioni, non prima del 2015…
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US - NF I B SMALL BUSI NESS O PT IMISM I NDEX
US - ISM MANUF ACT URING (R. H. SCALE)
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Source: T homson Reuters Datastream
Nel clima di incertezza sull’esito della trattativa riguardo al fiscal
cliff e con l’avvicinarsi della fatidica scadenza, gli indici di
attività puntano verso il basso.
L’indice di fiducia delle piccole e medie imprese in
novembre è sceso ai livelli più bassi da marzo 2010.
Questo indice, più rappresentativo della dinamica interna
dell’economia in virtù del carattere locale delle PMI,
riflette il clima attendista che crea l’incertezza sulle
prospettive nel 2013.
Anche
la
Riserva
Federale,
senza
dichiararlo
esplicitamente, è preoccupata dall’andamento della
crescita, troppo debole per sostenere un durevole
miglioramento del mercato del lavoro. In questo
contesto, le nuove misure di allentamento monetario
sembrano volte a controbilanciare il progressivo
inasprimento della politica di bilancio dal 2013. Da
gennaio, la Fed acquisterà 45 mld di dollari in
obbligazioni del Tesoro a lungo termine, che si sommano
al piano acquisto di Mortgage Backed Securities in vigore
da settembre (40 mld di USD al mese). In pratica è un
quantitative easing senza orizzonte di tempo, e per un
importo totale considerevole visto che si tratta di oltre
1.000 mld di USD all’anno, acquistati sul mercato! Ma,
come ha ricordato Bernanke, la Fed non ha gli strumenti
per controbilanciare l’impatto del fiscal cliff nell’ipotesi
che il congresso non riesca a trovare un accordo…
Questo documento è pubblicato esclusivamente a scopo informativo e non costituisce in alcun modo una raccomandazione di investimento, un’offerta di
acquisto o di vendita di titoli, né un documento contrattuale. Le opinioni espresse riflettono il nostro giudizio al momento della redazione e possono
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19 dicembre 2012
Al momento gli scenari sull’andamento dell’economia
americana nel 2013 sono due: uno « ragionevole », in
cui repubblicani e democratici riusciranno a trovare un
terreno d’intesa per spalmare nel tempo gli aumenti
delle imposte e i tagli alla spesa; e quello
« catastrofico » nel quale la stretta della politica di
bilancio avverrebbe d’un colpo all’inizio del 2013. Nel
primo caso sembra possibile il perdurare di una crescita
positiva, anche se inferiore al potenziale (2.0% a 2.5%),
e il recente allentamento della politica monetaria
compenserebbe l’inizio dell’inasprimento della politica di
bilancio. La progressiva flessione della disoccupazione e
il
perdurare
della
ripresa
nell’immobiliare
continuerebbero ad alimentare la crescita dei consumi e
la ripresa degli investimenti delle aziende. Questo
scenario relativamente favorevole è secondo noi il più
probabile, ma se non sarà raggiunto un accordo sul fiscal
cliff potrebbe essere sostituito da uno scenario molto
meno rassicurante. L’economia americana potrebbe
cadere in recessione nel 1 semestre, per riprendersi
progressivamente nella seconda metà dell’anno. I
rappresentanti politici americani hanno fra le mani il
destino dell’economia nazionale…
Europa
Meno incerte le prospettive del 2013 sull’altra sponda
dell’Atlantico, ma questo non significa che siano migliori.
Per la zona euro, il perdurare dello sforzo di risanamento
si tradurrà con un nuovo anno di recessione (scenario
più probabile) o di stagnazione (scenario ottimista…). La
pressione sui consumatori dovuta agli aumenti delle
tasse, al congelamento o alla riduzione degli stipendi, ai
tagli
alla
spesa
pubblica
e
all’aumento
della
disoccupazione resterà forte. La caduta della fiducia dei
consumatori nel 2012 (vicina ora ai livelli dell’inizio
2009) e il calo delle vendite al dettaglio da 18 mesi a
questa parte, con il crollo della domanda interna,
evidenziano gli effetti della cura di austerità, una
situazione che non sembra destinata a cambiare nel
2013.
Gli unici spunti incoraggianti delle ultime settimane
vengono dagli indicatori di attività che dalla fine
dell’estate non sono peggiorati. La decisione della BCE di
accettare il ruolo di « prestatore di ultima istanza » per
gli stati membri dell’Unione europea sembra abbia
spezzato la spirale al ribasso iniziata nel 2011, sia per gli
indici di fiducia degli imprenditori che per gli indici di
attività (come il PMI). Ma non facciamoci illusioni. E’
ancora troppo presto per parlare di rimbalzo, e ancora
meno di ripresa dell’attività nella zona euro. Per ora si
tratta di una stabilizzazione ai livelli attuali, che sono
quelli di una recessione abbastanza marcata nel sud
dell’Europa e di una stagnazione al nord.
Indici PMI composti (manifatturiero + servizi)
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2006
EMU
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G ER
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FRA
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So urc e: B lo o m berg, SYZ A M
Le stime preliminari di dicembre suggeriscono che è in corso
una stabilizzazione dell’attività a livelli molto deboli.
Contrariamente alla Fed negli Stati Uniti, la BCE chiuderà
il 2012 senza modificare la propria politica monetaria.
Bisogna dire che nei mesi precedenti è stata molto
attiva, dapprima con il sostegno al settore bancario
(attraverso le LTRO, iniezioni massicce di liquidità) e poi
con la creazione di un programma per impedire la
disgregazione dell’unione monetaria (attraverso la
possibilità di finanziare direttamente gli stati). Mario
Draghi e i suoi colleghi probabilmente sperano che nel
2013 non dovranno essere altrettanto attivi! Forse l’anno
prossimo la BCE tornerà ad agire sulle leve più
« convenzionali » della politica monetaria, come il taglio
del tasso principale refi (attualmente allo 0.75%). La
recente correzione al ribasso delle stime di attività e
d’inflazione della BCE lascia il campo libero a questo tipo
di mosse: per il 2013 la banca centrale prevede una
variazione del PIL fra -0.9% e +0.3% (dopo il -0.5% del
2012), accompagnata da una inflazione in linea con il
suo obiettivo o inferiore (fra +1.1% e +2.1% previsto
nel 2013).
Un taglio dei tassi della BCE non cambierebbe in maniera
fondamentale la situazione macro-economica in Europa,
ma potrebbe contribuire a stabilizzare la dinamica di
crescita ed eventualmente favorire il consolidamento
dell’attività nelle economie che hanno già superato “il
picco” dell’austerità (Germania, Italia). Un nuovo giro di
vite in Spagna rischia invece di accentuare la recessione
che ha colpito la penisola iberica. Anche la Francia, che
ha rimandato il più possibile la scadenza, ha dovuto
piegarsi all’austerità di bilancio che nel 2013 rischia di
soffocare qualsiasi tentativo di crescita. Ma nonostante
gli sforzi degli Stati membri della zona euro, gli obiettivi
di riduzione del deficit di bilancio entro il 2013 sembrano
irraggiungibili. E non si può escludere che si riaccendano
le tensioni sul fronte dei debiti sovrani, anche se lo
« scudo » creato nel 2012 dalla BCE dovrebbe evitare
alla zona euro di trovarsi sul ciglio del baratro nel 2013,
come troppo spesso è avvenuto negli ultimi anni.
Questo documento è pubblicato esclusivamente a scopo informativo e non costituisce in alcun modo una raccomandazione di investimento, un’offerta di
acquisto o di vendita di titoli, né un documento contrattuale. Le opinioni espresse riflettono il nostro giudizio al momento della redazione e possono
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dall’uso delle informazioni ivi contenute.
19 dicembre 2012
Per l’economia britannica il 2013 rischia di replicare il
2012… in peggio. La prospettiva della nascita di un Reale
di certo non ha lo stesso impatto psicologico e
soprattutto economico che hanno avuto le Olimpiadi di
Londra. Anche oltre-Manica l’austerità deprime la
domanda interna e per di più, da quando è entrato in
vigore il piano di risanamento fiscale nell’estate 2010, il
PIL britannico è rimasto stagnante. Senza una svolta sul
fronte della politica di bilancio e dei principali partner
commerciali (zona euro al primo posto), è difficile
immaginare che il clima economico depresso della GB
possa cambiare in meglio.
In Svizzera, la BNS nella sua ultima riunione ha
confermato il mantenimento di una politica monetaria
estremamente accomodante. Continuerà a difendere il
limite di cambio a 1.20 EUR/CHF e non prevede di
rialzare il tasso Libor a tre mesi nei prossimi tre anni.
Inoltre, per l’anno prossimo anticipa il perdurare di una
crescita moderata (fra l’1.0% e l’1.5%), dopo la crescita
dell’1.0% del PIL del 2012. La debole crescita mondiale e
il franco forte continuano a impattare fortemente
l’export. In particolare, l’assenza di crescita nella zona
euro, suo principale partner commerciale, avrà pesanti
ripercussioni sull’attività economica svizzera anche nel
2013.
Giappone
Alle elezioni del 16 dicembre le urne hanno decretato il
ritorno al potere dell’LDP, il partito di Shinzo Abe che
sarà quindi il prossimo primo ministro. Il sostegno
politico di cui godrà dovrebbe essere sufficientemente
ampio da consentirgli di mettere in pratica il programma
presentato durante la campagna elettorale: svolta
all’interno della BoJ, con un obiettivo d’inflazione al 2% e
uso illimitato del quantitative easing per raggiungerlo, e
piano di rilancio della spesa pubblica per infrastrutture.
L’adozione di politiche economiche fortemente stimolanti
appare più che necessaria alla luce della grave
recessione che ha colpito l’economia giapponese,
evidenziata dal netto peggioramento degli indici Tankan
di attività del 4° trimestre. Se il programma di Shinzo
Abe sarà effettivamente approvato, potrebbe dare nuovo
impulso a un’economia rimasta a lungo vittima della
deflazione e offrire al paese delle prospettive più
incoraggianti per il 2013.
Economie emergenti
Il 2012 si chiude in modo piuttosto positivo per
l’economia cinese che durante l’anno ha superato diversi
ostacoli. La transizione politica è avvenuta senza intoppi
al congresso di novembre e anche l’atterraggio morbido
della crescita – l’obiettivo fissato dalle autorità all’inizio
dell’anno – sembra in sostanza raggiunto. Dopo due anni
di rallentamento quasi ininterrotto (in parte provocato da
una politica economica più restrittiva), gli indicatori da
qualche mese si sono stabilizzati o sono leggermente
risaliti. Di recente, gli indici di attività manifatturiera, la
produzione industriale, le vendite al dettaglio, i prezzi
dell’immobiliare e i prestiti bancari in yuan hanno tutti
mostrato la tendenza a stabilizzarsi o a rimbalzare
leggermente. Così, il timore di un brusco rallentamento
della crescita della seconda economia mondiale si è
allontanato e alla vigilia del 2013 sembra avviata una
nuova tendenza. Non bisogna però aspettarsi un netto
rimbalzo della crescita, che peraltro non è l’obiettivo che
ricercano le autorità cinesi. La volontà era quella di
favorire un ribilanciamento della crescita più a favore dei
consumi e meno degli investimenti, preservando però
un’espansione sufficiente per assicurare il mantenimento
di una relativa pace sociale. Per questo scopo un ritmo di
crescita annua del PIL compreso fra 7% e 8% sembra
sufficiente, ed è quello che dobbiamo aspettarci per
l’anno prossimo.
Variaziona annua del PIL e indicatore tendenziale SYZ del PIL
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
-5%
-10%
1998
2000
2002
2004
2006
C hinese G D P YoY %
S YZ C hina G D P Trend Indicator
2008
2010
2012
So urce: D atas tream , SYZ A M
Il nostro indicatore tendenziale del PIL cinese, in netto calo dal
2011, da qualche mese sta dando segnali incoraggianti di
stabilizzazione o addirittura di rimbalzo.
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19 dicembre 2012
Mercati
Azionario
Il 2012 si chiude su una nota positiva. I mercati
azionari hanno continuato a cavalcare l’onda della
schiarita economica e degli indicatori incoraggianti
pubblicati in Asia e negli Stati Uniti. Le principali
minacce che hanno pesato sull’inizio dell’anno
(implosione della zona euro, raffica di fallimenti
bancari) si sono allontanate. Da un lato Mario Draghi,
con il suo dispositivo d’intervento sul mercato
secondario del debito sovrano, dall’altro Bernanke, con
la conferma di una politica di tassi minimi, hanno
dimostrato la loro volontà di sostenere il più possibile la
ripresa dell’economia mondiale. Nel frattempo, i paesi
emergenti continuano ad allentare le loro politiche
monetarie per dare più forza ai motori.
Andamento dei mercati azionari negli USA e dell’indice di
volatilità (VIX) a confronto
quantificabile, ma di sicuro un forte rialzo del prezzo a
barile, sullo sfondo delle nuove tensioni in Medio
Oriente potrebbe soffocare la ripresa sul nascere…
Nei nostri portafogli continuiamo a prediligere i valori
europei con un differenziale di quotazione interessante
rispetto alle « blue chip » americane. Abbiamo rialzato
il profilo di rischio, incrementando la nostra esposizione
alle finanziarie, ma sempre con un approccio
fortemente selettivo. Fra i ciclici, la nostra preferenza
va ai titoli chimici e delle costruzioni (principalmente
quelle esposte al mercato del Nord America). Infine, nel
comparto dei difensivi privilegiamo il settore della
salute che nonostante il profilo di crescita quasi
equivalente quota a sconto rispetto ai consumi correnti
(agro-alimentare, bevande).
Obbligazionari
Mentre novembre era stato piuttosto favorevole
all’insieme degli emittenti governativi europei, l’inizio di
dicembre – sullo sfondo dei timori per il Fiscal cliff
americano – è stato caratterizzato da un annuncio che
ha risvegliato cattivi ricordi. La decisione di Silvio
Berlusconi di tornare in politica e di presentarsi alle
prossime elezioni e le dimissioni del governo Monti
hanno fatto temere la fine della parentesi di stabilità
politica in Italia. Il giorno dopo l’annuncio, i tassi italiani
si sono bruscamente impennati (il decennale è salito da
4.5% a 4.8%). Ma a quanto pare da qualche mese le
cose sono veramente cambiate nella zona euro …
Infatti, la reazione è stata di breve durata e nelle
sedute successive si sono visti gli spread diminuire, con
i tassi tedeschi in rialzo (dall’1.26%, il livello più basso
dalla fine di agosto, a circa 1.40%) mentre i tassi
spagnoli e italiani si sono allentati.
Per i mercati azionari l’anno termina con una nota positiva
sull’onda della schiarita economica. I timori riguardo all’Europa
si sono allontanati grazie agli interventi delle banche centrali
che hanno provocato un calo generale della volatilità sulle
piazze borsistiche mondiali.
Cosa ci aspetta nel 2013? Se il miglioramento del ciclo
continua, l’anno sarà propizio per le borse. Le
quotazioni sono ancora interessanti sia in termini
assoluti sia rispetto al rendimento delle obbligazioni. Le
incertezze di fine anno sul precipizio fiscale dovrebbero
dissolversi in gennaio, quando prenderà forma
l’abbozzo di accordo fra repubblicani e democratici. La
situazione economica europea, tuttora difficile, è stata
ormai “digerita” dal mercato. E dopo un secondo
semestre un po’ fiacco, la riaccelerazione della
domanda asiatica dovrebbe stimolare i settori rivolti
all’esportazione. La Spagna dovrebbe tornare sotto i
riflettori con la probabile richiesta d’aiuto all’Unione
Europea, ma anche questo è già stato messo in conto.
Il rischio geopolitico, per definizione, è difficilmente
Questo non significa che gli investitori siano insensibili
alla politica italiana, e le settimane che ci separano
dalle elezioni (previste per febbraio o marzo prossimo)
saranno sicuramente caratterizzate da una maggiore
volatilità sui tassi italiani. Ma il clima è molto più
disteso rispetto a un anno fa! I numerosi interventi
della BCE (LTRO, OMT e comunicazione) e i progressi
(modesti ma concreti) realizzati sul piano del
coordinamento fra politiche di bilancio e supervisione
del settore bancario, hanno creato un clima in cui non
basta più una scintilla per dare fuoco alle polveri.
Questo nuovo contesto spiega la sovra-performance
realizzata nel 2012 dalle obbligazioni societarie
finanziarie, in netto vantaggio rispetto agli altri
segmenti del mercato. Hanno in parte colmato il ritardo
accumulato alla fine del 2011 e sono il segnale della
rinnovata fiducia nelle banche europee e – più in
generale – nella perennità dell’area euro e dell’Unione
monetaria.
Questo documento è pubblicato esclusivamente a scopo informativo e non costituisce in alcun modo una raccomandazione di investimento, un’offerta di
acquisto o di vendita di titoli, né un documento contrattuale. Le opinioni espresse riflettono il nostro giudizio al momento della redazione e possono
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19 dicembre 2012
Andamento dei principali segmenti
del mercato obbligazionario europeo dal 2009
Yen contro dollaro US (USD/JPY, scala invertita) dal 2011
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2009
EMU Broad Market
Direct G ovies
Corp Non-F inancial
2010
2011
F inancials
2012
J F
M A
M
J
J A
S O
N D
J
F M
JAPANESE YEN T O US $ (MUF G ) - EXCHANG E RAT E
A
M
J
J
A
S
O
N D
Source: T homson Reuters Datastream
Source: T homson Reuters Datastream
Nel 2012 le obbligazioni corporate finanziarie hanno in parte
recuperato il ritardo accumulato a fine 2011. Nell’ultimo anno,
hanno trainato il mercato obbligazionario europeo.
Alla vigilia del 2013 sembra che il quadro continuerà ad
essere favorevole ai titoli a reddito fisso. La crescita
molto debole o negativa, le prospettive economiche
poco allettanti, l’assenza di tensioni inflazionistiche e la
politica della BCE ancora molto accomodante
dovrebbero continuare a sostenere le obbligazioni. Se i
timori sul futuro della zona euro continueranno a
dissolversi assisteremo a un ribilanciamento all’interno
del mercato obbligazionario: gli emittenti rifugio
(governi e società non finanziarie dell’Europa del nord)
potrebbero essere penalizzati dal calo dell’avversione
nei confronti degli emittenti periferici, i cui rendimenti
attrattivi, nel contesto attuale, sono un argomento
molto convincente.
Valutario
In Giappone, la vittoria dell’LDP ha dato via libera al
nuovo premier Shinzo Abe per concretizzare le sue
promesse elettorali, in particolare quella di allentare
fortemente le politiche monetarie e di bilancio. I
sonsaggi avevano già ampiamente anticipato il risultato
e lo yen aveva già iniziato a cedere terreno nelle
settimane precedenti (fino a 84 USD /JPY), tornando –
contro il dollaro USA - verso il livello più basso degli
ultimi due anni.
La promessa di una politica monetaria e di bilancio molto più
espansiva con l’arrivo di Shinzo Abe alla poltrona di primo
ministro ha spinto lo yen ai livelli più bassi degli ultimi due
anni.
Dal canto suo l’euro si è apprezzato nei confornti del
dollaro tornando oltre quota 1.32, il livello più alto dallo
scorso aprile. L’annuncio da parte della Fed di un piano
supplementare
di
allentamento
quantitativo
ha
certamente pesato
sul dollaro, mentre l’euro ha
beneficiato del relativo successo del vertice europeo
(accordo finale sugli aiuti alla Grecia, annuncio della
roadmap per la supervisione bancaria europea).
Aldilà della recente debolezza riteniamo che nel 2013 il
biglietto verde tnderà ad apprezzarsi, in particolare nei
confronti dell’euro. Il dollaro, infatti, è una mneta
sottovalutata in quanto le prospettive di crescita negli
Stati Uniti sono superiori a quelle in Europa, in
particolare grazie al vantaggio competitivo che
procurano i costi energetici molto bassi (grazie al gas di
scisto) a ai deficit esteri che tendono a calare. Il dollaro
offre inoltre una proztezione in caso di incidenti sui
mercati o della crescita mondiale. Per il 2013, in the
dollar we trust…
Questo documento è pubblicato esclusivamente a scopo informativo e non costituisce in alcun modo una raccomandazione di investimento, un’offerta di
acquisto o di vendita di titoli, né un documento contrattuale. Le opinioni espresse riflettono il nostro giudizio al momento della redazione e possono
essere modificate in qualsiasi momento senza preavviso. Si declina ogni responsabilità per eventuali perdite dirette o indirette che possano derivare
dall’uso delle informazioni ivi contenute.
19 dicembre 2012
Allocazione di attivi
Alla luce degli elementi precedentemente descritti abbiamo deciso di lasciare invariata la nostra allocazione.
Lo schema di allocazione, per il profilo di rischio medio in euro, al 17 dicembre, è indicata nella seguente tabella:
Schema di allocazione per il profilo di rischio « medio » in euro
Obbligazioni
Obbligazioni a brve termine
Obbligazioni a lungo termine
32%
25%
7%
Azioni
Europa
Stati Uniti
Giappone
Paesi emergenti
38%
16%
15%
2%
5%
Investimenti alternativi
Oro
Liquidità
14%
6%
10%
Totale
100%
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