Programma e note di sala pdf

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Programma e note di sala pdf
PARROCCHIA DI SANTA MARIA SEGRETA
VENERDÌ 30 NOVEMBRE 2012 ORE 21
MILANO
LE ARMONIE UNIVERSALI DELL’ORGANO
Ciclo di concerti 2012
Andrea Gabrieli (Venezia 1510 ca. – ivi 1586)
Toccata del X tono - Canzon ariosa
Angelus ad pastores ait a 4 voci miste
Venerdì 16 Novembre 2012 - ore 21
Claudio Merulo (Correggio 1533 – Parma 1604)
Toccata del XI tono detto V
Musiche di Bruhns, Bach, Franck
Gigout, Boëllmann
Hans Leo Hassler (Norimberga 1564 – Francoforte 1612)
Cantate Domino a 4 voci miste
Venerdì 30 Novembre 2012 - ore 21
Giovanni Gabrieli (Venezia 1557 ca. – ivi 1612)
Musiche di Andrea e Giovanni Gabrieli,
Hassler, Buxtehude, Bach
Canzon detta “La Spiritata”
con la partecipazione dell’Ensemble Vocale Harmonia Cordis
diretto da Giuditta Comerci
Venerdì 14 Dicembre 2012 - ore 21
Musiche di Sweelinck, D’Aquin, Bach,
Rogg, Reger, Bossi
Intonazione e fuga del IX tono
Hans Leo Hassler
Verbum caro factum est a 6 voci miste
Heinrich Scheidemann (Wöhrden 1595 ca. – Amburgo 1663)
Verbum caro factum est
coloratura del motetto di H. L. Hassler
Dieterich Buxtehude (Helsingborg? 1637 – Lubecca 1707)
Magnificat primi toni BuxWV 203
Organista: ALESSIO CORTI
Orlando di Lasso (Mons 1532 – Monaco di Baviera 1594)
Magnificat primi toni a 4 voci miste
I concerti avranno luogo presso la
Chiesa di Santa Maria Segreta
Piazza Tommaseo - MILANO
(MM linea 1 - Fermata CONCILIAZIONE)
Johann Sebastian Bach (Eisenach 1685 – Lipsia 1750)
Fuga sopra il Magnificat BWV 733
Meine Seele erhebt den Herren BWV 10 coro e organo
Meine Seele erhebt den Herren Schübler-Chorale BWV 648
Ingresso libero
Toccata et Fuga in re minore (“Dorica”) BWV 538
Parrocchia di S. Maria Segreta
Venerdì 30 novembre 2012
NOTE AL CONCERTO
La Basilica di San Marco a Venezia fu completata nell’anno 827, ma solo nel 1312 vi fu installato un grande organo, e il secondo
giunse nel 1490: da allora San Marco ebbe sempre due organisti e questi furono gli elementi che, insieme alla scuola corale istituita
nel 1403, divennero mezzo e fondamento di quella che nel XVI secolo era già “La scuola veneziana”.
E’ tale fama a indurre il ventenne Hans Leo Hassler a compiere il suo viaggio di studi verso l’Italia, come molti altri coetanei da
tutte le parti d’Europa e per tutte le forme d’arte, attratti dalla vivacità culturale e dalla sperimentazione progressista della penisola.
Diviene allievo di Andrea Gabrieli e compagno del nipote Giovanni; per alcuni anni impara, scrive e assorbe i nuovi tratti stilistici
della composizione veneziana ed è tra i primi a rielaborarli e a importarli nel centro dell’Europa: nella cattolica Augusta, dove fa
ritorno per diventare organista presso i Fugger, e poi a Norimberga e a Ulma.
Il contrappunto di Andrea Gabrieli conserva la sapiente eleganza del fiammingo e suo predecessore, Adrian Willaert, ma non manca di cogliere le spinte innovative che un centro di viva editoria musicale come Venezia ha l’occasione di sostenere – non si dimentichi che qui nasce la stampa musicale con Petrucci nel 1501!
Intenti civili e religiosi convivono e s’incentrano intorno a San Marco, cosa che moltiplica le occasioni di solennità e stimola magnificenza espressiva nell’accompagnamento musicale, nonostante la predicata severità del Concilio tridentino da poco concluso; le
logge dell’architettura interna della basilica favoriscono ulteriormente la tendenza già presente alla scrittura antifonica – ovvero a
cori alternati – e quella a cori battenti o ‘spezzati’, cioè contrapposti. Ne è anche conseguenza lo sviluppo del repertorio su testo
profano, sia vocale che strumentale; un esempio compositivo è la Canzone, per la quale sono presenti in programma due prove di
brillante scrittura: di struttura analoga a quella del ricercare nella trama contrappuntistico-imitativa, manifesta carattere diverso perché non legata ad austeri esempi di polifonia sacra, bensì al più disinvolto genere della chanson francese da cui ha origine.
Premessi tanti e tali elementi, premessa la compresenza di passato e presente nella lezione di Andrea Gabrieli, con uno sguardo al
futuro che sempre ritrova l’equilibrio sostanziale della forma, all’ascolto del motetto Angelus ad pastores ait emerge subito tanto
la leggiadria quanto la ricerca del colore del maestro veneziano; elementi che si riflettono altrettanto chiaramente nell’eleganza di
scrittura di Hassler, emerito allievo: perfino quando questi moltiplica fino a sei le parti, e ordina voci gravi e acute come in ideali
logge contrapposte, continua a dimostrare che brillantezza e soavità, grandiosità sonora e levigatezza possono felicemente convivere
in un annuncio di cristiana, basilare importanza come “Verbum caro factus est”.
Appare così anche più chiaro il motivo per cui Scheidemann scelga alcuni motetti di Hassler, tra cui anche lo splendido Verbum
caro, per le sue ‘colorature’ per organo. Quello che Scheidemann fa è prendere il motetto e rielaborarlo aggiungendo diminuzioni e
note di passaggio, più caratteristiche dello stile tastieristico, ‘colorando’ la partitura di note nere, ovvero di valori più brevi. I colori
dell’organo nordico, coi molteplici piani sonori, danno rilievi particolari alle trame del tessuto compositivo, per cui l’operazione di
“traslazione” dalla polifonia vocale a quella organistica non costringe a una ‘riduzione’ per tastiera, anzi: il brano riceve nuova veste
e riluce di una nuova forza in virtù dell’amplificazione dei diversi ricami interni.
La lezione veneziana appresa da Hassler è però riconoscibile altrettanto bene nei motetti a 4 voci: nel Cantate Domino riesce ad
alternare momenti accordali (cantate Domino), cambi ritmici (et benedicite nomini ejus) e ancora opposizioni di piani sonori (annuntiate).
La sapienza e l’eleganza del contrappunto vocale, le novità di scrittura dei veneziani a cori battenti, il gusto per i colori sonori definiti e i giochi ritmici serrati non toccano soltanto la sensibilità di Hassler, ma anche il genio di compositori a lui coevi (come Lechner
e Aichinger) e successivi quali Schütz, Scheidemann, Buxtehude, Schein fino a Johann Sebastian Bach, mostrandosi vena primordiale e pulsante del Barocco tedesco.
Quando Andrea Gabrieli entra come secondo organista in San Marco, primo organista è Claudio Merulo, compositore di madrigali, di grandi elaborazioni vocali sacre e profane, ma che deve la sua fama soprattutto alla produzione per tastiera: Merulo è infatti
riconosciuto già dai suoi contemporanei quale grande innovatore della forma della toccata, tanto che Girolamo Diruta, nel suo famoso trattato Il transilvano in cui spiega tra l’altro la specifica diteggiatura organistica, lo cita a modello. «Le Toccate son tutte diminutioni… Nel diminuire più s’attende à far passaggi vaghi, e legiadri», spiega Diruta, e tale risulta la toccata veneziana di Andrea Gabrieli:
essa ha carattere improvvisativo, con scale e passaggi virtuosistici tra una mano e l’altra sopra moduli accordali relativi alla modalità
(tono) d’impianto (come si ascolta nella Toccata del X tono e poi nell’Intonazione del IX tono di Giovanni Gabrieli). Con Merulo questa forma primigenia di “tastata” di carattere improvvisativo acquista tratti di polifonia e contrappunto, i quali daranno alla
scrittura del compositore la fama di gravitas ed eleganza espressiva, e alla toccata lo slancio verso la concezione dei più grandi modelli
barocchi. Superbo e insuperato esempio è la sua Toccata del XI tono detto V.
In tal modo vengono dunque piantati i germi dello sviluppo inarrestabile di questa forma, che acquisterà con Bach non solo uno
specifico tratto, ma anche un’ulteriore veste nel binomio con la fuga. Le esperienze giovanili del Kantor di Lipsia guardano tanto agli
esempi nordici - a
loro volta influenzati dai maestri italiani (Frescobaldi) - e alle caratteristiche di brillantezza e virtuosismo
strumentali tipiche della toccata quanto alla struttura formale del concerto vivaldiano, stimolando l’elaborazione di una forma decisamente compiuta e personale. L’elemento contrappuntistico, prerogativa precipua della cifra compositiva bachiana, trova impiego
così non solo nell’innesto strutturale di moduli imitativi in una forma improvvisativa - come anticipato da Merulo -, ma diventa
coronamento della toccata (o del preludio) nella sapiente e rigorosa elaborazione polifonica della fuga, secondo elemento del tipico
distico bachiano del Preludio e Fuga.
Quando poi la cifra stilistica di compositori come Bach incontra temi di altissima levatura spirituale, religiosa e poetica come il Magnificat, la forza che viene sprigionata da tali connubi è di indicibile grandezza. Così accade nella Fuga sopra il Magnificat, brano di
sorprendente tensione espressiva e articolata scrittura contrappuntistica. Il tema della fuga utilizza le prime note della melodia salmodica del nono tono – detto peregrinus - mentre la melodia del Magnificat risuona al pedale: la stessa che si udrà nell’elaborazione per
organo (Schübler-Chorale) del trio dalla cantata BWV 10 e nella dossologia dell’ultimo corale della stessa.
Così accade con Buxtehude, il quale, sul modulo gregoriano di primo tono usato per la salmodia, costruisce un grande praeludium
organistico autonomo. Sono presenti episodi fugati alternati a passaggi recitativi di collegamento, come in molti dei grandi preludi
del maestro di Lubecca. Data la lunghezza e la magnificenza sonora del brano, è plausibile che fosse eseguito al Vespro del sabato –
giorno dedicato a Maria – come grande preludio o postludio alla funzione liturgica.
Così accade con Orlando di Lasso, che mette in polifonia i versetti pari del cantico mariano alternandoli alla salmodia di primo
tono: citarlo all’interno di questo programma chiude uno degli infiniti cerchi che il genio umano, unito a sensibilità e alla capacità di
astrazione e di incessante evoluzione, riescono a compiere nell’arte. A lui aveva guardato Andrea Gabrieli, in un’occasione di servizio per il duca di Baviera per il quale Lasso lavorava; da lui era stato mandato per diversi anni Giovanni Gabrieli, perché studiasse
con uno dei più grandi polifonisti del XVI secolo. E nel suo Magnificat primi toni Lasso esprime già quella tendenza a rendere le
voci strumenti brillanti e agili, come faceva la scuola veneziana e come con maggior fervore sviluppò Giovanni Gabrieli, portando
questo concetto al suo apice nel condurre tanto le voci quanto gli strumenti su uno stesso piano di importanza, colore e scrittura:
tam vocibus quam instrumentis, indicherà nel Primo Libro delle Sacrae symphoniae; fino ad arrivare, negli ultimi anni di lavoro, all’estrema
conseguenza di porre parti obbligate per soli strumenti. Affianca così quell’autonomia [dalla parola] della musica strumentale faticosa-mente conquistata, pienamente raggiunta nel ‘600 barocco, e che nei secoli a venire sarà prova di maturità per i più grandi compositori del tempo e bacino di sperimentazione per le più importanti rivoluzioni culturali ed estetiche della storia della musica.
A cura di Giuditta Comerci