CN 3/2013

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CN 3/2013
Il Punto sulla Ricerca Internazionale
Ultime novità
su Celiachia e Sensibilità
al glutine
15th International
Celiac Disease Symposium, Chicago (USA),
22-25 settembre 2013
Umberto Volta
Coordinatore Board AIC
D
al 22 al 25 settembre si è svolto a
Chicago il 15° International Celiac
Disease Symposium (ICDS) durante il quale sono state presentate le più
recenti novità sulle patologie da glutine. Il
convegno, che ha avuto più di 1500 iscritti,
si è articolato, secondo la formula oramai
collaudata da anni, in due diverse sezioni:
il Scientific Forum, con un taglio di alto livello scientifico rivolto a immunologi, pediatri e gastroenterologi impegnati nella ricerca di base e clinica, ed il Clinical Forum, nel corso del quale sono stati affrontati temi di carattere maggiormente pratico, rivolti anche a laici, fra cui numerosi celiaci, rappresentanti delle associazioni, nutrizionisti e dietologi. Presidente ed organizzatore del 15th ICDS è stato il prof Ste-
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fano Guandalini, pediatra italiano che da
anni vive e lavora a Chicago dove ha fondato il Celiac Disease Center. Il comitato
scientifico, di cui ho avuto l'onore di far parte insieme ad un gruppo di illustrissimi colleghi comprendente Bana Jabri (USA),
Edward Hoffenberg (USA), Ludwig Sollid
(Norvegia), Elena Verdù (Canada), Markku Maki (Finlandia), Carol Semrad (USA)
e Sonia Kupfer (USA), ha preso in esame
1000 abstracts, fra i quali ne sono stati selezionati 30 per la presentazione orale in
seduta plenaria.
Il simposio si è aperto nella serata del 22
settembre con il benvenuto ai congressisti
da parte del prof Guandalini, cui ha fatto seguito il simposio sulla sensibilità al glutine, la nuova sindrome glutine correlata
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che oramai è stata accettata sul piano
scientifico in tutto il mondo, anche se vi sono ancora molte domande in attesa di risposta per questa nuova entità clinica. Dal
simposio è emersa la convinzione che il
glutine non è il solo agente causale di questa condizione nella quale entrano in gioco
altre proteine del grano, in particolare gli
inibitori dell'amilasi tripsina, e alcuni oligomono-disacarridi fermentabili, definiti con
la sigla FODMAPs, contenuti non solo nei
cereali in cui è presente il glutine, ma anche nel latte e nei prodotti caseari, nei legumi e nelle verdure cotte a foglia larga (ad
es. la cicoria). L'unica procedura che consente di porre diagnosi di sensibilità al glutine con certezza è il challenge con glutine
in doppio cieco con placebo.
Il Convegno nella sezione del Scientific
Forum si è aperto il 23 settembre con la lettura magistrale di Xavier Ramnik, professore di Medicina alla Harvard Medical
School di Boston (USA), che ha trattato il
tema dell'interazione fra geni ed ambiente nello sviluppo della malattie. La celiachia è un modello unico in tal senso, in
cui la genetica e l'ambiente interagiscono
nel determinismo di tale condizione.
Il ruolo del microbioma
La genetica della celiachia va ben oltre il
sistema degli antigeni di istocompatibilità
(HLA) con la correlazione con l'HLA-DQ2
e -DQ8, e comprende anche 39 geni che in
varia misura condizionano lo sviluppo
dell'intolleranza al glutine. Gli studi GWAS
(Genome Wide Association Studies) stanno chiarendo sempre di più che la celiachia è una malattia poligenica, condizionata dall'intervento di vari fattori ambientali fra cui un ruolo di primo piano spetta al microbioma intestinale che nella sua composizione risente di vari fattori, fra cui la modalità del parto, l'allattamento al seno materno e la frequenza delle infezioni e della
terapia antibiotica nei primi mesi di vita. Le
relazioni successive hanno preso in considerazione i temi della metabolomica e
dell'autoimmunità nell'ambito della celiachia. In particolare, bassi valori di trigliceridi nei primi mesi di vita potrebbero rappresentare un possibile fattore di rischio per lo
sviluppo della celiachia. Alla stessa stregua bassi livelli dei maggiori fosfolipidi favorirebbero il possibile sviluppo di diabete
di tipo 1 prima dell'età di 4 anni.
La sessione successiva ha affrontato il
tema della celiachia potenziale, quella
condizione di intolleranza al glutine, in cui
sono presenti gli anticorpi correlati alla celiachia, con il pattern genetico HLA compatibile con tale condizione, in assenza di
atrofia dei villi e con mucosa intestinale
che presenta incremento dei linfociti intraepiteliali o è addirittura del tutto normale. Il
prof. Riccardo Troncone dell'Università di
Napoli ha sottolineato come oggi la celiachia potenziale vada gestita nella stragrande maggioranza dei casi, soprattutto
in quelli asintomatici, con una condotta attendistica, alla luce del fatto che sia gli anticorpi antitransglutaminasi che antiendomisio possono fluttuare nel tempo fino a
negativizzarsi in regime di dieta libera.
Oggi in pratica l'indicazione al trattamento
con dieta aglutinata nella celiachia potenziale riguarda solo i pazienti con malassorbimento.
Aspetti clinici
La prima sessione del pomeriggio riguardante gli aspetti clinici ancora aperti
della celiachia, che ho avuto l'onore di moderare insieme al prof. Guandalini, si è
aperta con la mia relazione, in cui ho introdotto due grandi temi della clinica della celiachia in attesa di risposta: quello della
prevenzione primaria e quello del management della celiachia asintomatica, diagnosticata in base a screening nella popolazione generale. Vari fattori ambientali comprendenti l'allattamento al seno materno, il tempo di introduzione del glutine,
la quantità di glutine introdotto allo svezzamento, le alterazioni del microbioma intestinale e le infezioni precoci nei primi mesi
di vita - condizionano in qualche modo lo
sviluppo della celiachia.
Al momento attuale l'introduzione del
glutine, consigliata, in base alle raccomandazioni dell'ESPGHAN, in piccole
quantità fra il 4° ed il 6° mese di vita quando è ancora in atto l'allattamento al seno
materno, sembra avere un ruolo protettivo
sul possibile sviluppo della celiachia. Due
studi prospettici attualmente in corso su
nati da genitori celiaci, e pertanto a rischio
di sviluppo della celiachia, potranno chiarire a breve se questa linea guida è valida o
se è suggeribile una introduzione più tardiva del glutine. La corrente pratica clinica
stabilisce che anche i celiaci asintomatici,
diagnosticati tramite screening su popolazione aperta, devono essere trattati con
dieta aglutinata, dal momento che presentano le caratteristiche tipiche della intolleranza al glutine, cioè l'atrofia dei villi e la
sierologia positiva. Peraltro, molte volte
questi soggetti hanno più svantaggi che
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nell'età adulta (è rara in età pediatrica) e
nel sesso femminile.
Nell'ultima giornata di mercoledì 25 settembre sono stati affrontati temi di grande
rilevanza come quelli della diagnosi, delle
terapie alternative alla dieta aglutinata, della celiachia refrattaria e delle altre complicanze. Sul piano della diagnosi ha tenuto
banco il tema dell'applicazione delle nuove linee guida dell'ESPGHAN che prevedono la possibilità di porre diagnosi di celiachia in bambini ed adolescenti con sintomi di malassorbimento in presenza di positività ad alto titolo per gli anticorpi antitransglutaminasi (>10 volte il valore di normalità), confermata dalla positività per anticorpi anti endomisio e dalla presenza
dell'HLA-DQ2 e/o -DQ8. Il prof Hill (Università della North Carolina, USA) ha sostenuto che la mancanza di standardizzazione degli anticorpi antitransglutaminasi,
problema particolarmente evidente negli
USA, ha fatto sì che le società americane
di gastroenterologia e pediatria non abbiano accettato di applicare per il momento le
linee guida dell'ESPGHAN. Di contro il
prof Husby (Odense, Danimarca) ha ribadito l'utilità delle nuove linee guida che
l'ESPGHAN sta ulteriormente validando
con un ampio studio prospettico.
S. Guandalini, U. Volta
benefici dalla dieta aglutinata. In particolare, questo è vero per gli adolescenti totalmente asintomatici, molti dei quali affermano che la loro vita dopo la diagnosi e
l'inizio della dieta è peggiorata sensibilmente in termini qualitativi a fronte di nessun vantaggio tangibile. Un'ulteriore fonte
di riflessione viene anche dal fatto che un
recente lavoro ha dimostrato che soggetti
in età avanzata con celiachia non diagnosticata (per cui a dieta libera per tutta la vita) non presentano né aumento della morbilità (ad eccezione di un eccesso di osteoporosi), né aumento della mortalità rispetto alla popolazione di controllo.
È stato poi trattato il tema della patogenesi con la conferma che sia l'immunità innata che adattativa hanno un ruolo importante nello scatenamento della celiachia. Il
ruolo fondamentale, come ha brillantemente illustrato il prof Martin Kagnoff, direttore del Laboratorio di Immunologia Mucosale dell'università di San Diego (USA)
è svolto dai linfociti T helper CD4+ e da
una cascata di citochine che causano
l'atrofia dei villi e l'infiammazione della mucosa intestinale. Il prof Frits Koning (Leiden, Olanda) ha poi illustrato il ruolo di primo piano svolto dai linfociti T specifici per
la gliadina nello sviluppo del processo patogenetico.
Le altre patologie
da glutine
La giornata del 24 settembre si è aperta
con la lettura magistrale del prof. Andrew
MacPherson dell'Università di Berna
(Svizzera), il quale ha analizzato
l'importanza del microbioma intestinale
nell'omeostasi dell'organismo umano, evidenziando come modificazioni di tale sistema possano favorire lo sviluppo di varie
patologie fra cui la celiachia. Nelle successive relazioni è stato ripreso nuovamente il
tema dello spettro della patologia da glutine che oggi comprende, oltre alla celiachia ed all'allergia al grano, anche la nuova sindrome di recente identificazione della sensibilità al glutine.
Questa, come ha brillantemente esposto il Prof Alessio Fasano, recentemente
trasferitosi dall'Università del Maryland a
quella di Boston, riconosce come fattori
scatenanti non solo le proteine del glutine,
in particolare le gliadine, ma anche altre
proteine del grano (inibitori dell'amilasi tripsina) e i già citati FODMAP. La prevalenza
della sensibilità al glutine è ancora tutta da
definire, con dati estremamente variabili,
che vanno dallo 0.6% nel settore delle cure primarie al 6% nei centri di cura terziaria
ad alta specializzazione negli USA. Non
esistono marker diagnostici che consentano di identificare con certezza tale condizione.
L'unico marker al momento identificato
è l'anticorpo antigliadina di prima generazione (AGA), che peraltro viene riscontrato in numerose altre condizioni patologiche ed in piccola percentuale in soggetti
sani. Circa il 50% dei pazienti con sensibilità al glutine soffre di sindrome
dell'intestino irritabile, ma nel restante
50% il quadro clinico è dominato da una
netta prevalenza di sintomi extraintestinali
fra i quali prevalgono quelli neurologici (cefalea, parestesie e difficoltà di concentrazione). La sindrome è più frequente
Le nuove
terapie
Il tema delle nuove terapie, la grande
speranza dei celiaci per un futuro senza sacrifici nella dieta, si è aperta con le relazioni relative all'impiego della pillola a base di
enzimi digestivi (fungini o batterici) per digerire il glutine a livello gastrico in vivo e
della pillola a base di larazotide acetato
(anti-zonulina) per bloccare l'assorbimento del glutine. Entrambi tali approcci terapeutici, ancora in corso di validazione, sono stati comunque proposti per proteggere il celiaco dal rischio della contaminazione e non più, come avvenuto inizialmente
qualche anno fa, come sostitutivi della dieta aglutinata. Il tema del vaccino, di grande
attualità, essendo l'unico approccio veramente curativo per la celiachia, è stato illustrato dal prof. Robert Anderson, che dopo
aver iniziato i suoi studi in Australia, li sta
sviluppando negli USA.
La sperimentazione
del vaccino
Attualmente è in corso la sperimentazione con il vaccino somministrato sottocute
in celiaci HLA-DQ2 positivi. Il vaccino ha
superato la fase della dimostrazione della
non tossicità, ma il grande interrogativo
che ancora manca di una risposta è quello
se il vaccino sarà veramente protettivo e
soprattutto l'identificazione delle modalità
per verificarne l'efficacia, in quanto non è
pensabile di effettuare tale verifica con metodi invasivi quali la biopsia intestinale. Il
prof. Chaitan Khosla dell'Università di
Stanford (USA) ha poi illustrato la terapia
con gli inibitori della transglutaminasi che
sul piano concettuale appare validissima
in quanto in grado di bloccare sul nascere
l'intero processo della celiachia, in cui la distruzione della mucosa è innescata
dall'attivazione della transglutaminasi tissutale. L'obiezione a questa proposta terapeutica è quella dei possibili effetti collaterali, perché essendo la transglutaminasi
ubiquitaria non sappiamo cosa può succedere bloccandone l'attività non solo a livello intestinale, ma in tutto l'organismo umano.
Le possibili complicanze
L'ultima sessione del Scientific Forum è
stata dedicata alla celiachia refrattaria
ed alle altre complicanze della celiachia. I
massimi esperti mondiali, a cominciare dal
prof. Christofle Cellier dell'Università di Parigi, hanno trattato questo tema dimostrando dati alla mano che la prevalenza
della celiachia complicata è fortunatamente inferiore all'1% delle diagnosi di celiachia sia in Europa che negli USA.
La mancata risposta alla dieta aglutinata sotto forma di celiachia refrattaria si distingue in una forma di tipo 1 con buona risposta alla terapia ed in una forma di tipo
2, che tende ad evolvere più frequentemente in linfoma intestinale, la complicanza più pericolosa per il celiaco. Altre problematiche importanti nell'ambito delle
complicanze sono la digiunoiliete ulcerativa e l'adenocarcinoma del tenue, che richiedono una diagnosi precoce ed un trattamento tempestivo al fine di migliorarne
l'outcome prognostico.
La prof.ssa Cerf Bensussan dell'Università di Parigi ha affrontato il tema della patogenesi della celiachia complicata sottolineando il ruolo di primo piano dell'IL-15
e rimarcando la possibilità terapeutica di intervenire con farmaci anti-IL-15. Il tema
della terapia delle complicanze è stato
completato da Chris Mulder, dell'Università di Amsterdam, che ha parlato degli eccellenti risultati ottenuti con la cladibrina,
un agente chemioterapico che agisce anche come immunosoppressore. Nei casi
che non rispondono a tale trattamento vi è
l'opzione del trapianto autologo di midollo.
Infine il prof. Murraj della Mayo Clinic di Rochester (USA) ha parlato della celiachia
non responder, che interessa un numero
elevato di celiaci (oscillante dal 10 al
20%), i quali, pur non presentando una
complicanza, non riacquistano il completo
benessere con la dieta.
Spesso ciò dipende da una diagnosi sbagliata di celiachia in presenza di altre patologie (enteropatia autoimmune, immunodeficienza comune variabile, morbo di
Whipple, gastroenterite eosinofila, giardiasi). In altri casi il mancato recupero del
benessere dipende dalla coesistenza di
una sindrome dell'intestino irritabile, da
una intolleranza al lattosio o da una intolleranza al fruttosio, da sintomi da reflusso
gastroesofageo, insomma una vasta gamma di cause che richiedono una diagnosi
ed un trattamento adeguato.
L. Novellino
Clinical Forum
Parallelamente al Scientific Forum si è
svolto il Clinical Forum, all'interno del quale sono stati riproposti molti degli interventi
del meeting scientifico, presentati peraltro
in forma più semplice e comprensibile, data anche la diversa audience, come già detto composta da laici, membri delle varie associazioni di celiachia, nutrizionisti e dietologi. Sono stati affrontati i temi degli aspetti
nutrizionali della dieta aglutinata e degli
aspetti legati alla soglia del glutine nei prodotti dietoterapeutici, rimarcando
l'importanza di mantenere tale soglia al di
sotto dei 20ppm. Il prof Magazzù (Messina) ha trattato l'argomento degli aspetti diagnostici della celiachia in Italia e nei paesi
dell'area Mediterranea ed il prof. Greco
(Napoli) ha illustrato il programma Medicel, relativo alla epidemiologia della celiachia ed alle sue modalità diagnostiche nelle varie realtà sociali ed etniche del bacino
mediterraneo.
Risultati raggiunti da AIC
La dott.ssa Luisa Novellino, responsabile dell'Ufficio Scientifico AIC, ha esposto alla platea di studiosi e ai rappresentanti delle associazioni americane e statunitensi intervenuti le principali aree di attività e i risultati raggiunti da AIC dalla sua nascita a
oggi. In particolare, è stato sottolineato il
ruolo di AIC come unica associazione pazienti che in Italia costituisce un punto di riferimento sia per i celiaci che per le istituzioni. L'unitarietà dell'organizzazione, nonostante la sua natura federativa, e la crescente forza come interlocutore d'elezione
per le istituzioni e per la comunità scientifica nazionale, e oggi anche internazionale
grazie ai Bandi di Ricerca Peer Review, sono stati gli aspetti che maggiormente hanno catturato l'attenzione e l'ammirazione
sia delle associazioni pazienti del Nord e
del Sud America che stanno muovendo i
primi passi, sia dei ricercatori americani.
Questi ultimi hanno visto in AIC il modello
ideale per costruire rapporti proficui e di interscambio con le associazioni pazienti,
dato che attualmente esiste una vera scollatura tra le due parti in America.
Durante il 15th ICDS si è svolta anche la
prima riunione della neonata International
Society for the Study of Celiac Disease,
cui si sono iscritti numerosi congressisti interessati alla ricerca sulla celiachia.
Il congresso è stato senz'altro uno dei
più interessanti degli ultimi anni nel campo
della patologia da glutine e si è chiuso dando appuntamento a tutti coloro che sono interessati alla celiachia al 16th ICDS che si
svolgerà a Praga nel 2015.