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il sogno di prometeo - Luisa Bonolis Homepage
SCIENZE
DELL’EDUCAZIONE
SCIENZE
DELL’EDUCAZIONE
Collana diretta
da Luigino Binanti
L. BONOLIS
IL SOGNO DI PROMETEO
Luisa Bonolis, fisico, svolge da molti anni ricerche sulla storia della fisica del Novecento
con particolare attenzione a personaggi e vicende della fisica italiana. È stata visiting
scholar presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e
assegnataria di una borsa di ricerca presso il Deutsches Museum di Monaco e presso il
Kavli Institute for Astrophysics and Space Research del Massachusetts Institute of
Technology. Ha insegnato storia della fisica presso l'Università di Potenza ed è autrice di
articoli di ricerca pubblicati su riviste internazionali quali Physics in Perspective,
American Journal of Physics, Rivista del Nuovo Cimento, European Physical Journal H.
Ha curato con Carlo Bernardini il volume Conoscere Fermi nel centenario della nascita
(2001), ha scritto una biografia di Ettore Majorana (Le Scienze 2003) e si dedica
regolarmente alla raccolta di testimonianze orali, una parte delle quali è stata pubblicata
nei volumi Fisici italiani del tempo presente (2003), Maestri e allievi nella fisica italiana
del '900 (2008), Storie di uomini e quark (2012). Pubblica sulle riviste Sapere e Lettera
Pristem e ha collaborato alla realizzazione di numerosi documentari sulla storia della
scienza del XX secolo.
In copertina: Prometeo dona il fuoco agli uomini
Sullo sfondo della speranza di ottenere la lungamente sognata energia pulita derivante dalla
fusione termonucleare controllata, coltivata ormai da 60 anni nei laboratori di ricerca di tutto il
mondo, il libro narra per la prima volta la storia della nascita di queste ricerche in Italia. Grazie alla
lungimiranza di Enrico Persico e Edoardo Amaldi, il nostro paese fu tra i pionieri in questo settore
alla fine degli anni '50, quando, in piena guerra fredda, gli scienziati sovietici da una parte e gli Stati Uniti dall'altra decisero di abbattere lo spesso velo di segretezza che dagli anni di guerra avvolgeva queste ricerche, associate inizialmente agli studi sulla fissione nucleare e alla produzione di
potenti armi di distruzione. Il percorso storico si sviluppa attraverso numerosi brani inediti tratti
dalla corrispondenza tra alcuni membri dell'originario gruppo dei padri fondatori della fisica moderna in Italia, che intorno a Enrico Fermi e a Bruno Rossi avevano gettato negli anni '30 le basi di
una solida tradizione di ricerca. Queste testimonianze forniscono una presa diretta su un'epoca
in cui, nonostante le perdite subìte con le leggi razziali del 1938 e in generale con la fuga dei cervelli verso paesi che offrivano mezzi e strutture di ricerca ben più avanzate, un piccolo gruppo rimasto attivo ebbe la capacità di riportare la fisica italiana ai livelli di eccellenza raggiunti prima della guerra e di costruire una nuova realtà in cui l'Italia ha saputo conquistare e mantenere una posizione di primo piano nel panorama internazionale.
Il libro rappresenta uno strumento di riflessione su un tema di grande attualità come l'energia
da fusione nell'ambito del rapporto tra scienza e società e sullo sfondo delle intense vicende storiche e umane che hanno caratterizzato il periodo di grandi cambiamenti che va dagli anni '30 fino
alla fine degli anni '50.
Luisa BONOLIS
IL SOGNO DI PROMETEO
La nascita delle ricerche sulla fusione in Italia
ISBN - 978-88-6187-096-3
9 788 861 87 096 3
€ 20,00 (i.i.)
e
e
BARBIERI SELVAGGI EDITORI
Luisa BONOLIS
IL SOGNO DI PROMETEO
La nascita delle ricerche sulla fusione in Italia
SCIENZE DELL'EDUCAZIONE
Collana diretta da Luigino Binanti
La collana ospita saggi di ricercatori, italiani e
stranieri, che si dedicano con entusiasmo e serietà
scientifica, ad approfondire le vaste ed “intriganti” tematiche dell'educazione nel terzo millennio.
Al mio Cerbero
© 2012 Proprietà artistico–letteraria:
BARBIERI SELVAGGI EDITORI s.r.l.
Sede: C.da Torre Bianca – 74024 Manduria TA – Italy
email: [email protected] – www.bseditori.com
ISBN 978-88-6187-096-3
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Capitolo 1
Introduzione
Già nel lontano 1956, quando la ricerca fusionistica era ancora agli
albori, si diceva che il raggiungimento della fusione termonucleare controllata, con conseguente produzione di energia in quantità sufficienti a
soddisfare i bisogni dell’intera umanità, sarebbe stata una delle più grandi
sfide scientifiche del Novecento.
I recenti avvenimenti relativi al disastro ambientale provocato dal
sisma che ha colpito la centrale nucleare di Fukushima in Giappone hanno
sollevato nuovamente, in maniera più drammatica, il problema di una
scelta “nucleare sì–nucleare no”. All’energia da fissione, che pone problemi
molto seri dal punto di vista delle scorie e della potenziale pericolosità degli
impianti, si contrappone l’alternativa dell’energia “pulita” derivante dalla
fusione termonucleare controllata, tuttora in fase di studio nonostante
60 anni di ricerche nei laboratori di tutto il mondo. I progetti attuali non
consentono di coltivare una speranza a breve scadenza per l’ottenimento
della lungamente sognata energia da fusione.
La sfida ancora in atto si basa sulle ricerche pionieristiche iniziate nel
corso degli anni ’50 da parte di alcuni gruppi sparsi nei laboratori di tutto
il mondo. L’Italia fu tra questi pionieri, grazie alla lungimiranza di Enrico
Persico e Edoardo Amaldi che compresero rapidamente l’importanza
di lanciare anche nel nostro paese un progetto di ricerca in un settore
di enorme interesse, sia a livello di fisica fondamentale, sia per le sue
eccezionali potenzialità applicative.
Il materiale qui presentato, i cui risultati preliminari sono stati inclusi
in un lavoro di rassegna sugli sviluppi di queste ricerche in Italia preparato
3
Introduzione
L. Bonolis
in collaborazione con Franca Magistrelli [59], rappresenta il primo tentativo di una ricostruzione dettagliata delle vicende che hanno posto le basi
della ricerca sui plasmi e sulla fusione in Italia. Basandosi su una vasta
documentazione d’archivio, questo studio mette particolarmente in evidenza il ruolo speciale svolto in questo senso da Enrico Persico – accanto
a quello ben noto della guida del progetto teorico dell’elettrosincrotrone
di Frascati – nell’ambito della fase di espansione e sviluppo della fisica
italiana avvenuta nel corso degli anni ’50. Perfino nell’accurato saggio
biografico scritto da Edoardo Amaldi e Franco Rasetti a distanza di qualche anno dalla scomparsa di Persico, che rappresenta la fonte principale
delle notizie sulla sua vita, non viene fatto alcun cenno della parte decisiva
che egli ebbe nel promuovere l’inizio di queste ricerche a Roma – di fatto
le prime di questo genere in Italia. A questo proposito vengono infatti
menzionati soltanto il suo originale contributo scientifico allo studio dei
plasmi attraverso il lavoro innovativo fatto nel 1926 [125], all’epoca del
suo soggiorno a Cambridge sotto l’influenza di Eddington, e l’articolo
scritto nel 1958 assieme Jirka G. Linhart sulla perdita delle particelle del
plasma da una bottiglia magnetica [135]. I documenti presenti nei fondi
personali di Enrico Persico e Edoardo Amaldi conservati nell’Archivio
del Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma – una fonte
inestimabile per la storia della fisica italiana del Novecento – hanno in
effetti rivelato la presenza di una grande quantità di documenti del tutto
inediti relativi al periodo fondatore che va dal 1957 al 1960, durante il
quale cominciò ad operare il Laboratorio Gas Ionizzati, la struttura di
ricerca che creò le premesse per lo sviluppo di questo settore. Queste
carte costituiscono una vera e propria fonte privilegiata nel testimoniare
l’opera lungimirante di Persico e Amaldi nell’avviare le premesse per lo
sviluppo delle ricerche sulla fusione in Italia.
L’iniziativa italiana risale alla primavera del 1957, ed è riconducibile
a una felice intuizione di Enrico Persico suscitata dalle novità che dopo
anni di segretezza venivano per la prima volta rivelate dalla Gran Bretagna, e sopratutto dall’Unione Sovietica, nel clima di disgelo che si stava
4
L. Bonolis
Introduzione
instaurando verso la fine degli anni ’50. Dopo un certo numero di mesi
di attività preparatorie, Basilio Focaccia e Felice Ippolito, rispettivamente
Presidente e Segretario Generale di quello che allora era il Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari (CNRN), firmarono il decreto costitutivo
del gruppo di ricerca facente capo al Laboratorio Gas Ionizzati, che venne
posto sotto la guida di Bruno Brunelli.
La prima ad avere un contratto, seppure provvisorio, fu Franca Magistrelli, seguita di lì a poco da Ugo Ascoli-Bartoli e da Sergio Segre.
Durante questa fase pionieristica – durata circa tre anni, e che può essere
considerata conclusa nel 1960 con l’accordo tra CNRN e Euratom – Enrico Persico e Edoardo Amaldi hanno la funzione di supervisori scientifici.
Il gruppo parte con un finanziamento straordinario di 10 milioni erogato
da Felice Ippolito «per mantenere in vita il gruppo per la durata di tre
mesi dal 15 Ottobre 1957 al 15 Gennaio 1958, e per acquistare fin da
questa data qualche apparecchiatura di uso generale».1
A partire dall’aprile del 1958, inizio dell’attività ufficiale sotto contratto specifico con il CNRN, il gruppo prospera felicemente – con l’aiuto e la
collaborazione di esperti internazionali e con il supporto di Franco Rasetti
– fino al luglio 1960, quando viene firmato il contratto tra l’Euratom e
il CNRN.
Nel volume 1960-2010. 50 anni di ricerca sulla fusione in Italia,
pubblicato in occasione del cinquantesimo anniversario dell’associazione
Euratom–ENEA sulla fusione [38], solo alcune righe sono dedicate
alla nascita del Laboratorio Gas Ionizzati: «Su sollecitazione di Edoardo
Amaldi e con la collaborazione di Enrico Persico e Franco Rasetti dal 1957
Bruno Brunelli aveva raccolto un piccolo gruppo di ricercatori del Consiglio
Nazionale delle Ricerche Nucleari CNRN, poi CNEN (oggi ENEA) e
dell’Euratom che iniziarono un’attività di ricerca sulla fisica del plasma
1
C.N.R.N. – Laboratorio Gas Ionizzati. Resoconti organizzativi e scientifici, Relazione delle attività preliminari, fino alla data del 30 novembre 1957. Archivio Edoardo
Amaldi, Dipartimento di Fisica, Università di Roma Sapienza (da ora in poi abbreviato
con AA), scatola 198, fascicolo 1, sottofascicolo 4.
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Introduzione
L. Bonolis
e sulla fusione termonucleare presso l’Istituto di Fisica dell’Università di
Roma».
Tuttavia, nella prospettiva del cinquantenario, tutta la sapiente opera
di avviamento dell’attività scientifica e organizzativa rischia di risultare
soltanto una sorta di vago prodromo che precede la firma del contratto
di associazione Euratom–CNEN. Questo evento a sua volta coincise
con il trasferimento del Laboratorio Gas Ionizzati in un edificio appositamente costruito all’interno dei Laboratori Nazionali di Frascati, l’area già
attrezzata per ospitare l’elettrosincrotrone, un acceleratore che vedeva
l’Italia alla frontiera mondiale delle alte energie. In realtà, a quell’epoca
l’attività condotta dal gruppo nell’Istituto di Fisica Guglielmo Marconi a
Roma nell’arco del periodo 1957–1960 si era già pienamente affermata a
livello internazionale acquistando una precisa fisionomia scientifica, tale
da porre l’Italia in grado di ottenere un contratto specifico per portare
avanti le ricerche sui plasmi e sulla fusione nucleare nell’ambito di una
rete europea ad esse dedicata.
A parte Bruno Brunelli, a quell’epoca giovane e promettente leva
dell’Istituto di Fisica romano, e i suoi giovani collaboratori, i nomi dei
personaggi coinvolti nell’impresa iniziale sono tra i protagonisti della
nascita della fisica moderna in Italia, per una felice combinazione di
eventi uniti in una collaborazione ambiziosa: quella di far partecipare
l’Italia al sogno di ottenere energia dai processi simili a quelli che tengono
in vita le stelle. Per apprezzare l’enorme tensione, gli ideali, e l’impegno
che caratterizzano quegli anni di espansione e sviluppo della fisica italiana,
è opportuno ripercorrere gli eventi a partire dal momento in cui inizia il
processo di “ricostruzione” dopo la liberazione di Roma e accennare agli
sviluppi della fisica in Italia nel contesto degli anni ’50, all’epoca ancora
focalizzati principalmente intorno alla fisica nucleare e delle particelle
elementari, secondo la tradizione nata a Roma con Enrico Fermi e il
gruppo di via Panisperna. Sono anni che rappresentarono per tutta
l’Europa un periodo di rinascita e di recupero di una nuova identità sotto
il segno della cooperazione internazionale, durante i quali si dispiega la
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L. Bonolis
Introduzione
complessa attività di Edoardo Amaldi, scienziato e stratega della politica
della ricerca sul palcoscenico internazionale.
La ricostruzione dei tre anni pionieristici durante i quali vennero
avviate le ricerche sui plasmi e sulla fusione nell’Istituto di Fisica Guglielmo
Marconi avviene a più di mezzo secolo di distanza dal primo incontro
internazionale che ebbe luogo a Ginevra nel contesto della seconda
conferenza Atoms for Peace organizzata dalle Nazioni Unite nel 1958,
un evento che vide le ricerche sulla fusione protagoniste di un enorme
interesse scientifico. Intorno a questo sogno si focalizzarono le speranze
di una nuova èra all’insegna della collaborazione internazionale su questi
temi, nello spirito che da sempre aveva caratterizzato la comunità dei fisici,
ma che aveva conosciuto un lungo periodo di oscuramento successivo
alla scoperta della fissione a partire dal 1939, seguìto dalle drammatiche
vicende della guerra e della corsa alle armi nucleari iniziata negli Stati
Uniti sotto la minaccia di Hitler. Fu proprio in occasione della Conferenza
di Ginevra del settembre 1958 che la Gran Bretagna, l’Unione Sovietica e
gli Stati Uniti avviarono ufficialmente la declassificazione delle ricerche
sulla fusione controllata, suscitando l’immensa speranza di una energia
pulita e senza limiti a disposizione dell’umanità.
Un primo ritrovamento di alcuni documenti che testimoniavano la
nascita del Laboratorio Gas Ionizzati nell’autunno 1957 negli archivi
personali di Enrico Persico e Edoardo Amaldi, conservati nel Dipartimento
di Fisica di Roma, rappresentava una traccia concreta di quegli anni in
cui un piccolo gruppetto iniziale formato da Bruno Brunelli, Franca
Magistrelli e dal giovane laureando Alberto De Angelis avviò lo studio
della fisica del plasma nell’Istituto di Fisica Guglielmo Marconi. Un lavoro
più approfondito nel ricco patrimonio archivistico romano ha permesso
di rintracciare la maggior parte della corrispondenza e soprattutto i
primi rapporti di attività relativi a quel periodo iniziale. I documenti
utilizzati provengono sia dalla corrispondenza personale di Persico e
Amaldi, sia da cartelle relative all’attività del Laboratorio Gas Ionizzati
che sono presenti in entrambi i fondi, a testimonianza di quanto questa sia
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Introduzione
L. Bonolis
stata un’impresa comune, portata avanti da entrambi nella fase di avvio.
Attraverso questa documentazione è stato possibile ricostruire nel suo
complesso l’intensa azione di promozione, organizzazione e collaborazione
internazionale orchestrata da Amaldi e Persico, non senza la decisiva e
sapiente collaborazione di Franco Rasetti e l’opera di Bruno Brunelli, sotto
la cui direzione il gruppo iniziò ad operare dando origine al programma
fusionistico italiano
La storia degli usi militari e pacifici dell’energia nucleare e dei suoi sviluppi nel contesto politico degli anni ’40 e ’50 è un argomento complesso
a causa delle implicazioni sullo scenario mondiale che sono strettamente
legate al ruolo inedito che la fisica ha acquistato nel corso delle vicende
belliche. Nella sequenza qui proposta verranno richiamati una serie di
eventi fondamentali che forniscono la griglia su cui innestare una riflessione intorno all’attività di Amaldi, dalle premesse alla piena realizzazione
della sua figura di scienziato che insieme a pochi altri ha intuito immediatamente la necessità di promuovere con impegno e decisione le azioni
necessarie a rilanciare l’Europa nella competizione con gli Stati Uniti. Sono proprio i fisici, forti della rete di rapporti e collaborazioni instaurati nel
corso degli anni ’30, a realizzare il sogno di una Europa unita, ben prima
dell’istituzione effettiva di un organismo sovranazionale come l’Unione
Europea nei tardi anni ’50. Nel suo complesso questo scenario scientifico
e politico fornisce il necessario contesto per comprendere e apprezzare
l’iniziativa di Amaldi e Persico.
Il percorso è corredato da numerosi brani tratti dalla corrispondenza
tra alcuni membri dell’originario gruppo dei padri fondatori della fisica
moderna in Italia che, nell’illuminarci sulle relazioni di amicizia e di solidarietà, restituiscono al contempo lo spirito con cui i fisici affrontavano
la fine del conflitto mondiale e i primi anni della ricostruzione. Queste
lettere – sostanzialmente inedite in tale forma estesa – sono utili per
chiarire, in particolare, lo spirito assai diverso che animava Amaldi e
Persico nel primo dopoguerra e le rispettive scelte, diametralmente op8
L. Bonolis
Introduzione
poste, che entrambi compirono in quegli anni.2 In generale, esse sono
assai preziose per comprendere i sentimenti che si agitavano negli animi
dei diversi protagonisti di questa vicenda. Ma soprattutto testimoniano
in presa diretta le emozioni, le difficoltà, gli sforzi, gli ideali, vissuti da
questi protagonisti della fisica italiana nell’atto stesso del ricostruire – e
al tempo stesso del costruire – creando le premesse per lo sviluppo di
una nuova realtà.
Alla fine della guerra Persico è molto provato, sfiduciato e pieno
di timore che la situazione internazionale possa di nuovo degenerare in
maniera drammatica. Il suo carattere schivo e riservato, la sua tendenza
alla prudenza e le vicende personali producono in lui un atteggiamento
opposto a quello ottimista e combattivo di Amaldi. Hanno soltanto
otto anni di differenza, ma appartengono a due generazioni distinte dal
punto di vista scientifico e formativo. Persico, che ha condiviso fin
dalla prima giovinezza l’entusiasmo di Fermi per la fisica, non ne ha
poi condiviso la visione più ampia, strettamente legata alla necessità di
creare delle strutture di ricerca dotate di ampi mezzi per competere a
livello internazionale. Entrambi vincitori nel 1926 del primo concorso per
una cattedra di Fisica teorica bandito in Italia, sono subito investiti della
grande responsabilità di formare una nuova generazione di ricercatori sulla
base di un curriculum che includa la nuova fisica. Persico a Firenze e Fermi
a Roma creano i primi nuclei delle due scuole su cui si è successivamente
basato lo sviluppo della fisica moderna in Italia. Nel 1930, con la scelta di
Torino, a quell’epoca una Università con uno status superiore a quello di
Firenze, Persico si trovò isolato dai contatti con Roma, ed ebbe rapporti
assai ridotti con l’ambiente locale, a parte alcune notevoli eccezioni.
Dopo la guerra, stanco delle privazioni e timoroso di un nuovo conflitto,
decise di trascorrere un periodo all’estero e colse l’occasione offertagli da
Franco Rasetti che si stava spostando a Baltimora lasciando libero il suo
2
Alcune delle lettere relative all’anno 1946 sono state pubblicate nell’appendice
del volume Da Via Panisperna all’America [23].
9
Introduzione
L. Bonolis
posto all’Università di Laval. Successivamente, l’offerta di una cattedra
a Roma entusiasma Persico, che decide di lasciare l’Università di Torino,
dove aveva insegnato per quasi vent’anni, per tornare nei luoghi dove
era iniziata la sua carriera universitaria durante la metà degli anni ’20
come assistente di Orso Mario Corbino. Rapidamente viene coinvolto nel
progetto teorico dell’elettrosincrotrone guidato da Giorgio Salvini a cui
lavora intensamente dal 1953 al 1957. Nel frattempo, l’inizio del disgelo
e la crescente informazione che tra il 1956 e il 1957 stava trapelando sulla
scena scientifica riguardo i programmi di ricerca segreti in corso negli
Stati Uniti, in URSS, nel Regno Unito e in Francia, avevano preparato il
contesto in cui ebbe luogo la genesi dell’idea di promuovere le ricerche
sui plasmi nell’ambito del percorso scientifico di Persico.
Risulterà evidente come l’iniziativa italiana, fra quelle nate alla luce
del sole e a scopi dichiaramente pacifici, fu assai tempestiva e suscitò
immediatamente un interesse, tanto da ricevere l’invito a partecipare al
gruppo di studio sulla fisica dei plasmi messo in piedi da John B. Adams
al CERN, immediatamente dopo la seconda conferenza di Ginevra. Grazie
al prestigio internazionale di cui godevano Amaldi e Persico, e ai rapporti
con gli alti vertici della comunità scientifica mondiale, fu anche possibile
avvalersi della collaborazione di un certo numero di esperti, alcuni dei
quali passarono dei lunghi periodi in Italia partecipando all’iniziale attività
del Laboratorio Gas Ionizzati.
Un apporto importante in questa fase pionieristica fu dato in particolare da Franco Rasetti, che collaborò con il nascente gruppo sia come
consulente a distanza, sia soggiornando a Roma per un periodo di circa
sei mesi. Il lavoro svolto da Rasetti e Ugo Ascoli-Bartoli portò alla prima
misura eseguita al mondo della densità elettronica di un plasma mediante
interferometro ottico.
Durante questo periodo, quando ormai i rapporti tra le persone erano
profondamente mutati a causa del naturale trascorrere del tempo e dei
notevoli sconvolgimenti determinati sulla scena nazionale e internazionale,
si ritrovano all’Istituto di Fisica Guglielmo Marconi tre personaggi ben
10
L. Bonolis
Introduzione
noti della fisica italiana tra gli anni ’20 e ’30: Amaldi, l’ex “fanciulletto”
dell’epoca di via Panisperna, ormai leader nel processo di sviluppo della
fisica italiana ed europea, Rasetti, come al solito eccellente sperimentatore, dallo spirito caustico, ma sempre più attratto dalla paleontologia
del Cambriano, e Persico, molto provato dalle vicende della guerra e
sempre assai critico nei confronti dello scenario italiano, un po’ defilato, e
desideroso di dedicarsi soltanto alle sue ricerche e all’insegnamento della
fisica, senza aspirazione ad avere ruoli direttivi di alcun tipo.
Con il determinante supporto di questo eccezionale terzetto, Bruno
Brunelli metterà in onda il programma iniziale di queste pionieristiche
ricerche. Nel corso dei primi tre anni furono create le competenze e le
premesse per il successivo sviluppo che ebbe luogo a partire dall’autunno
del 1960, nella nuova sede costruita all’interno dei Laboratori Nazionali
di Frascati, dove era appena entrato in funzione l’Elettrosincrotrone e
dove il gruppo guidato da Bruno Touschek era già all’opera per una
nuova straordinaria impresa: la costruzione di AdA, il primo anello di
accumulazione per elettroni e positroni, la madre di tutti i collider.
Sono particolarmente grata a Franca Magistrelli per aver suscitato in
me l’interesse per la nascita del Laboratorio Gas Ionizzati inizialmente
attraverso il racconto della sua personale esperienza e successivamente
durante la collaborazione al citato lavoro di rassegna [59] nel corso
del quale ho iniziato a raccogliere la documentazione su cui si basa la
ricostruzione che segue.
A Franca Magistrelli, come a Silvio Bergia, Angelo Mainardi e Pietro
Nastasi desidero anche esprimere la gratitudine per aver accettato di
leggere una versione preliminare del manoscritto e per i molti preziosi
commenti.
Ringrazio anche Carlo Bernardini per notizie e precisazioni sulle passate vicende e Giovanni Battimelli per la sua abituale disponibilità nel
fornire vari suggerimenti per il reperimento del materiale d’archivio.
Come sempre sono anche debitrice verso Antonella Capogrossi, della
Biblioteca del Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza, per l’aiuto
11
Introduzione
L. Bonolis
a distanza fornitomi nel reperimento della versione elettronica di molti
articoli.
Questo lavoro è stato scritto nel corso di un soggiorno di studio presso
il Centro per la Storia della Scienza e della Tecnica di Monaco, dove
ho avuto il privilegio di accedere con facilità a una vasta letteratura
scientifica.
Last but not least ringrazio Carla Romagnino che nel corso di molti
anni mi ha incoraggiato con il suo interesse verso il mio lavoro e che ha
determinato l’impulso iniziale ad affrontare questa ricerca.3
Luisa Bonolis
Monaco, 22 giugno 2011
3
A questa ricerca è stato conferito il premio, per l’edizione 2011, del concorso per
la “Storia della Fisica” intitolato a Edoardo Amaldi.
12
Capitolo 2
Continuità e discontinuità:
dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi
All’inizio degli anni ’60, in un periodo di grande sviluppo per la fisica
italiana, Gilberto Bernardini commentava nella prefazione al numero del
Nuovo Cimento dedicato all’elettrosincrotrone di Frascati [51]:
Sarebbe erroneo, anche se parzialmente sostenibile, l’affermare che nel nostro Paese abbia radici una antica tradizione
scientifica. L’opera e gli insegnamenti dei grandi nomi del
nostro passato non si collegano solidamente allo sviluppo
naturale oggi raggiunto in Italia, almeno in certi settori della
ricerca più avanzata. Così più che di tradizione si può parlare
di scuole e per quel che riguarda la Fisica due sono quelle che
ebbero influenza determinante rispetto al presente: una sorta
a Roma attorno alla personalità e all’intelletto eccezionali di
Enrico Fermi; l’altra a Firenze essenzialmente per merito di
Bruno Rossi, grande scienziato e maestro.
Bernardini fa risalire al Convegno di Fisica Nucleare organizzato a
Roma nel 1931 da Orso Mario Corbino «la data che segna per così dire
l’entrata ufficiale del nostro paese nel campo delle nazioni capaci di dare
contributi essenziali e determinanti allo sviluppo delle scienze fisiche, e
quindi della civiltà moderna». Il Convegno ebbe come segretario generale
Fermi, e la relazione sui “problemi della radiazione cosmica” fu da lui
affidata a Bruno Rossi. A trent’anni di distanza Bernardini osservava
ancora che:
13
Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi
L. Bonolis
La costruzione dell’elettrosincrotrone di Frascati è sotto
molti aspetti una (e per il nostro Paese una delle maggiori) fra
le conseguenze dell’indirizzo nuovo sancito da quel Convegno
di Roma. In particolare è direttamente connesso a quei
“problemi della radiazione cosmica” che trasferiti da Rossi e
dai suoi allievi, dall’ambito geofisico a quello della ricerca
fondamentale, portarono il nostro Paese all’avanguardia nella
fisica delle particelle elementari.
Nel sottolineare la «vitalità di questa giovane Scuola fisica italiana
che potè sopravvivere alle partenze definitive di Fermi e di Rossi, di
Rasetti, Emilio Segrè e Pontecorvo e di altri ancora», Bernardini ricordava
come «Chi rimase si raccolse prima prevalentemente all’Istituto di Roma e
mantenne, con i ‘raggi cosmici’ e con l’unico acceleratore allora esistente
in Italia (quello da 1 MeV costruito presso l’Istituto Superiore di Sanità di
Roma) brillantemente attivo l’interesse nella fisica nucleare fondamentale».
Bernardini, che raccoglieva l’eredità di Bruno Rossi nel campo dei raggi
cosmici, aveva anche acquisito un’ottima competenza in fisica nucleare,
un settore che a quell’epoca aveva una accezione assai estesa ed era
mescolato alla fisica delle particelle elementari.
Dobbiamo a Edoardo Amaldi una serie di preziose testimonianze sul
periodo che va dagli anni ’30 fino agli anni ’50 e che raccontano in varie
tappe e attraverso saggi sia biografici, sia di carattere più generale molte
delle vicende che hanno caratterizzato la nascita e lo sviluppo di questa
nuova realtà [15] [16] [18] [19] [21] [23] [22] [24]. Amaldi ha potuto
narrare queste storie in virtù del fatto che lui stesso ha rappresentato
l’anello forte con cui si sono saldati i due rami della catena, determinando
la continuità della giovane tradizione e promuovendo lo sviluppo di tali
straordinarie potenzialità. A questi lavori si sono aggiunti nel tempo molti
contributi che hanno ben inquadrato storicamente e ricostruito a fondo
14
L. Bonolis
Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi
gli sviluppi narrati in forma semi-autobiografica da Amaldi.1
Molti degli aspetti e del contesto che caratterizzano le vicende qui
ricostruite sono ben noti, tuttavia appare opportuno ripercorrere le vicende,
seppure a grandi linee – e con dei flashback sugli anni precedenti – a
partire dal 1945, la data che segna la fine di un’epoca e che per i fisici
significa l’inizio di un coinvolgimento profondo nelle faccende politiche,
militari, istituzionali.
Lo spirito diverso con cui Amaldi e Persico affrontano il difficile periodo del dopoguerra e della ricostruzione emerge con chiarezza dalla
corrispondenza personale dell’epoca, nonché dai racconti di Amaldi. In
particolare nel lavoro Gli anni della ricostruzione [16], basato essenzialmente sui suoi ricordi («le vicende più spiccatamente personali come parti
della “storia di un povero fisico” vissuto in Italia durante gli anni 1938–
1954»), Amaldi ha tracciato nelle sue linee generali il difficile percorso
della fisica italiana dalla partenza di Fermi nel dicembre del 1938 fino al
1954, anno in cui lui stesso colloca la fine del periodo della ricostruzione.2
Le leggi razziali furono la causa di fuga per molti, alcuni come
Pontecorvo e Segrè si trovavano già all’estero, altri andarono via perchè
non sopportavano l’atmosfera, come Gleb Wataghin e Giuseppe Occhialini,
che si trasferirono in Brasile dove divennero i padri fondatori della fisica
di quel paese, oppure Franco Rasetti, che fu indotto a recarsi nel Canada,
dove aveva avuto l’offerta di creare e dirigere un laboratorio di fisica
1
Una scelta dei più importanti saggi storici pubblicati da Amaldi, nella versione
italiana e inglese, si trova nel volume curato da G. Battimelli e G. Paoloni [24]. Altri
lavori storici sul ruolo di Amaldi nella fisica italiana si trovano in [44] [39] [40] [41]
[117] [77] [42]. Si veda anche il volume edito da Carlo Schaerf che raccoglie gli atti del
convegno dedicato ad Amaldi in occasione del suo 70mo compleanno [147] e il volume
20 del Giornale di Fisica pubblicato nel 1979 contenente quattro relazioni (E. Segrè,
G. Bernardini, E. Amaldi, L. Zanchi) presentate durante il Convegno sulle prospettive
della fisica fondamentale organizzato in occasione del passaggio fuori ruolo di Amaldi
tra il 5 e il 10 settembre 1978. Il volume contiene il contributo di Amaldi Gli anni della
ricostruzione [16].
2
Sul tema della ricostruzione si veda anche [43].
15
Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi
L. Bonolis
presso l’Università di Laval a Québec a causa del «disagio conseguente
all’alleanza dell’Italia con la Germania nazista e la previsione di una
guerra» [138].
La decisione di Amaldi di restare e affrontare il difficile compito che lo
aspettava in Italia risaliva al 1939, quando lo scoppio della guerra lo aveva
colto negli Stati Uniti, dove si era recato per studiare la possibilità di
realizzare un ciclotrone per l’Esposizione Universale di Roma prevista per
il 1942, ma anche con l’idea di sondare la prospettiva di una collocazione.
Il problema di quanto potesse essere opportuno in un momento come
quello restare negli Stati Uniti fu sollevato esplicitamente da Felix Bloch
– ex collaboratore di Werner Heisenberg a Lipsia, fuggito a causa delle
leggi antisemite – a cui Amaldi dichiarò la sua intenzione di tornare in
Italia. L’episodio è narrato da Mario Ageno in uno scritto restato a lungo
inedito, dall’eloquente titolo Il nostro debito verso Edoardo Amaldi [1, p.
21]:3
«Decidendo di ritornare, ti trovi di fronte una quantità
di cose da dover fare. Dopo ciò che è avvenuto in Italia,
poiché ciò che è stato fatto da Fermi è stato distrutto, tu devi
cercare di far sopravvivere qualcosa». E aggiunse in proposito
tutta una serie di considerazioni molto chiare e ben definite:
«Non sarà facile, concluse, ma se puoi, lo devi fare».
Edoardo era fin d’allora perfettamente conscio della responsabilità che si assumeva ritornando in Italia e di ciò che
doveva esser fatto, se lui fosse stato forte abbastanza.
L’episodio è stato narrato dallo stesso Amaldi che così commentava
l’incontro con Bloch [23, p. 79]:
3
Questo ricordo di Amaldi, insieme a un altro scritto a lui dedicato e ai ritratti
di Emilio Segrè e di Nella Mortara sono conservati presso l’archivio di Ageno nel
Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma (Archivio Ageno, scatola 6,
inventario 1.2.10) e sono stati pubblicati per la prima volta nel volume [58] grazie alla
segnalazione di Giovanni Battimelli.
16
L. Bonolis
Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi
Il discorso fu lungo, articolato non privo di punti sgradevoli, o quasi, ma mi poneva per la prima volta nella mia
vita di fronte a problemi e prospettive che fino ad allora non
avevo mai menomamente considerato.
Nel gruppo di Via Panisperna ero stato sempre il più
giovane o quasi, dato che poi era giunto Bruno Pontecorvo,
e avevo sempre ritenuto che spettasse a quelli più vecchi
di me prendere le decisioni e tirar le fila di una “politica
scientifica”. Avevo sempre ritenuto che i miei compiti si
limitassero a studiare e progettare esperienze e cercare di
interpretare i risultati. Quello che diceva Bloch riguardava
molte altre attività a cui non avevo mai pensato e a cui mi
sentivo impreparato.
In quei giorni anche Werner Heisenberg, ormai in una posizione
di guida della fisica tedesca, si trovava negli Stati Uniti, pochi giorni
prima dell’annuncio dell’invasione della Polonia e dell’inizio della seconda
guerra mondiale. Amaldi ricordava bene quale fosse stata la reazione di
Heisenberg di fronte a questa scelta [25]:
Era domenica pomeriggio, forse proprio il giorno in cui
ero arrivato ad Ann Arbor, e i Fermi avevano invitato vari
colleghi e giovani fisici ad un piccolo ricevimento per salutare
Heisenberg proveniente, se ben ricordo, da Berkeley e diretto
in Germania.
L’argomento unico e centrale della conversazione erano gli
eventi politici in Europa, ove la situazione sembrava diventare
sempre più scura.
Ricordo che S. Goudsmith chiese a Heisenberg che cosa ne
pensava e se non prendesse in considerazione la possibilità di
lasciare la Germania e trasferirsi negli Stati Uniti. Heisenberg
disse che era sua intenzione tornare comunque in Germania.
17
Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi
L. Bonolis
Ne seguì una discussione che, se fosse stata registrata, sarebbe
oggi molto interessante. Qualcuno, forse Fermi, accennò al
trasferimento di Rasetti a Québec4 e qualcun altro, credo
Goudsmith, accennò assai più esplicitamente di quanto io
desiderassi al mio desiderio di emigrare negli Stati Uniti. Non
ricordo in modo completo le considerazioni di Heisenberg,
salvo un punto che mi rimase impresso nella memoria. In
un discorso di natura generale egli associò la decisione di
emigrare negli Stati Uniti con l’aspirazione a poter lavorare
con la tranquillità indispensabile per una elevata produzione
scientifica, e la decisione di rimanere nel proprio paese con il
desiderio di conservare viva una certa forma di cultura.
L’argomento mi rimase impresso nella memoria ed ebbe
certamente un’influenza sulle decisioni che presi sei o sette
anni dopo.
Questo episodio è assai rivelatore; chiarisce come Amaldi abbia più
tardi preso la decisione di restare in Italia in una prospettiva ben più
ampia, quella dell’Europa.
Il 4 ottobre 1939, il giorno dopo questa conversazione, Amaldi si
imbarcava sul Vulcania per far ritorno in Italia: «In ben pochi periodi
della mia vita, forse in nessun altro, mi sono sentito così angosciato come
in quei dieci giorni di navigazione». Amaldi partiva sapendo che il loro
gruppo «era definitivamente distrutto» per far ritorno in un’Europa in
cui era scoppiata la guerra, nella quale l’Italia sarebbe ben presto stata
coinvolta, «dalla parte sbagliata» [23, p. 79]:
Anche le considerazioni di Felix Bloch si riaffacciavano
alla mia mente come un modo di dare un senso alla mia vita,
ma si trattava di un modo diverso da tutti quelli che avevo
4
Rasetti e sua madre Adele Galeotti avevano viaggiato sul Vulcania diretto a New
York insieme ad Amaldi, sbarcando a New York il 13 luglio.
18
L. Bonolis
Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi
sempre immaginato e così lontano dalle mie aspirazioni e
capacità.
La situazione appariva disperata, ma Amaldi aveva ormai dentro di
sé il seme di un doppio obiettivo: restituire all’Italia e all’Europa una
posizione di leadership in almeno qualche campo [14, p. 4].
Ageno, un prezioso testimone di quegli anni, ci fornisce una presa
diretta su Amaldi fisico e organizzatore in quel lontano 1939 [1, p. 21]:
Col suo ritorno in Italia, Edoardo si trovava ad essere
ormai l’unico superstite del gruppo di Roma, portato dalle
circostanze a occupare la cattedra di Fisica sperimentale,
senza direzione d’Istituto. Aveva fino a quel momento fatto
ricerca con le spalle protette, come membro giovane di un
gruppo molto affiatato, guidato dalle personalità prevalenti
di un Fermi e di un Rasetti e in cui lo stesso Segrè era più
anziano di lui di tre anni. Era stato ripetutamente all’estero,
per lo più per brevi periodi, ma non si era mai trovato a dover
portare da solo l’intera responsabilità di un gruppo, a dover
scegliere in modo autonomo un indirizzo di ricerca, dovendo
incominciare col formarsi dei nuovi collaboratori. Aveva, lo
si tenga ben presente, solo trentun anni.
Con spirito critico Ageno contesta l’idea diffusa di un Fermi impegnato
a formare una scuola [1, p. 15]:
In realtà, Fermi era un autodidatta e come tale era portato
a pensare che chiunque avrebbe potuto fare altrettanto. La
creazione di una scuola non era tra i suoi obiettivi e non si
accordava col suo temperamento. Ciò che si proponeva era
essenzialmente di realizzare condizioni tali, che gli permettessero di portare avanti la ricerca e ne favorissero il successo.
19
Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi
L. Bonolis
Così, ad esempio, non si preoccupò affatto di fare allievi a
Firenze, che considerava sua sede solo provvisoria: il gruppo
di Firenze si formerà dopo, attorno a Enrico Persico e a Bruno
Rossi. A Roma con lezioni private e seminari, con un incessante lavoro di orientamento concettuale, riuscì in pochissimo
tempo a trasformare un gruppetto di giovani, selezionati per
intelligenza ed impegno, in ricercatori di primissimo piano,
formando così quei collaboratori di cui aveva bisogno.
Ageno sottolinea poi che gli altri giovani – tra cui vi era lo stesso
Ageno – che si accostarono successivamente al gruppo «non ebbero più
da Fermi alcun insegnamento specifico, al di là delle sue bellissime lezioni
[. . . ]» e impararono «osservando il suo modo di fare ricerca. Non per
iniziativa di Fermi». Certamente Ageno soffrì della mancanza di attenzione
che era stata dedicata ad altri, ma questo gli forniva anche il distacco per
recuperare – con spirito po’ diverso – una osservazione di Emilio Segrè
secondo cui, dopo la dispersione della scuola di Galilei, a differenza di
ciò che è avvenuto nei Paesi del Nord dell’Europa, è sempre mancato
alla fisica italiana «il supporto di una tradizione, rappresentata da una
grande scuola scientifica, capace di portare avanti una visione scientifica
del mondo, anche col contributo di scienziati di medio livello». Segrè
intendeva mettere in evidenza che la fisica italiana era fatta di contributi
discontinui in un sostanziale deserto, anche a livello di insegnamento, e
che proprio «in questo deserto si produsse il miracolo di Fermi».
Ma Fermi, con tutta la sua genialità, faceva ugualmente parte di
quello che più avanti Ageno definiva il tradizionale «stato normale della
fisica in Italia [. . . ] quello del coma profondo, interrotto appena, ogni
tanto, da un piccolo contributo occasionale di qualche onesto professore
universitario [. . . ]». Lo stesso Alessandro Volta, osservava infatti Ageno,
rappresentò, dopo Galilei, «un vivissimo lampo isolato», che non fece
allievi [1, pp. 14–16]. Dopo tale premessa, Ageno afferma con decisione
che:
20
L. Bonolis
Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi
Di fatto, nel gruppo di Roma, l’unico che avesse alle spalle,
tramite il padre, la tradizione di una grande scuola scientifica,
era Edoardo. Credo che questo fatto vada tenuto ben presente
da chiunque voglia capire come mai un giovane di soli trentun
anni sia potuto diventare d’un tratto il “motore” della fisica
italiana.
Ageno, certamente tra i pochi che abbiano avuto una stretta frequentazione con lui nel periodo a cavallo tra l’epoca Fermi e il dopoguerra, ci
fornisce anche una rara immagine di Amaldi alle prese con il suo lavoro
di ricerca [1, p. 23]:
Va detto subito, e messo nel massimo rilievo, che [. . . ] il
fronte principale della sua battaglia per la sopravvivenza è
stato sempre quello della ricerca personale. Io lo ricordo,
– quando nei brevi intervalli concessimi dalle vicende della
guerra tornavo per alcuni giorni in laboratorio – lo ricordo
intento come sempre a progettare esperimenti, a montare con
le sue mani apparecchiature, a fare personalmente per ore e
ore al giorno misure sistematiche, appollaiato su uno sgabello
sulla plancia dell’impianto della Sanità, annotando via via i
risultati su uno dei famosi quadernoni. E tra una lettura e
l’altra, riduceva i dati, calcolando col regolo apportando le
correzioni necessarie; predisponeva le tabelle e le medie finali,
calcolava gli errori. . . Il tutto, senza mai perdere il buon umore,
sempre pronto alla battuta scherzosa, come se la fatica non
ci fosse e come se non avesse altra preoccupazione al mondo
che quella di vedere il risultato dell’esperimento in corso. Va
detto chiaro che nulla sarebbe andato avanti, nulla si sarebbe
concluso senza il suo continuo e prevalente impegno personale
diretto, ben poco aiuto venendogli dai giovani collaboratori,
sia per loro difetto di coltura e di esperienza, sia perché
21
Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi
L. Bonolis
continuamente distratti e allontanati da vicende di guerra e
difficoltà del momento.
Certamente, accanto alle sue non comuni doti di carattere, nel DNA
culturale di Amaldi c’è l’appartenenza a una famiglia di grandi tradizioni
umane e accademiche [30]. Suo padre Ugo faceva parte dell’élite della
scuola matematica italiana e Edoardo era cresciuto in un ambiente caratterizzato da alti ideali e senso di responsabilità civile e culturale, che,
come sottolinea Ageno [1, p. 21], lo aveva messo in grado
[. . . ] di valutare la fondamentale importanza della scuola
scientifica. Spirito di scuola significa profondo senso del
dovere verso il passato, nei confronti del quale siamo debitori,
e impegno profondamente sentito verso il futuro, nei confronti
dei più giovani che hanno inizialmente bisogno di guida per
imparare a scegliere felicemente una loro strada, per procedere
poi autonomamente, con motivata fiducia in loro stessi.
Nel corso della sua precedente esperienza col gruppo
di Roma, Amaldi aveva inoltre appreso la necessità di una
pianificazione intelligente della propria ricerca, come premessa
non solo del successo, ma anche del necessario inserimento
nel più vasto quadro della ricerca mondiale.
L’aver fatto parte ancora giovanissimo del gruppo scelto che ebbe il
privilegio di una speciale attenzione da parte di Fermi e l’aver lavorato a
stretto contatto con lui fino alla partenza dall’Italia, insieme all’altissimo
esempio che gli derivava dall’aver frequentato da vicino Orso Mario
Corbino, un fisico di enorme intelligenza scientifica e di straordinarie
capacità nell’ambito della politica della ricerca, conferì ad Amaldi la sua
unicità.
Tuttavia, come ha sottolineato suo figlio Ugo, non era diffusa in
quel gruppo la coscienza della situazione sociale del tempo [29, p. 19]:
22
L. Bonolis
Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi
«Furono soltanto le chiacchierate con Emilio Sereni, cugino di Bruno
Pontecorvo, che diverrà poi un noto intellettuale antifascista e comunista,
ad aprire a mio padre gli occhi sulle questioni sociali». Il contatto
con persone impegnate ad alto livello nella lotta politica contribuisce a
maturare in Amaldi una profonda sensibilità per le situazioni politiche e
sociali dell’Italia, che egli seppe poi tradurre nella sua lotta per difendere
la posizione e il ruolo della scienza nel suo paese e come organizzatore
della ricerca a livello internazionale e internazionale.
Egli aveva appreso anche «la necessità di una pianificazione intelligente
della propria ricerca, come premessa non solo del successo, ma anche del
necessario inserimento nel più vasto quadro della ricerca mondiale» [1, p.
21], che gli conferiva lo spirito speciale con cui, una volta fuori del suo
laboratorio, trovava naturale svolgere
[. . . ] quella incessante azione di riorganizzazione e di
stimolo, che ne ha fatto in breve il vero “motore” della
fisica italiana. Il suo stile era quanto di più antiretorico si
potesse immaginare. Non faceva proclami, non enunciava
principi, indirizzi, scopi generali. Evitava ogni chiasso ed ogni
esibizione personale. Non ha mai assunto atteggiamenti da
capo, da maestro, da “pastore di popoli”.
23
Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi
L. Bonolis
Figura 2.1: Enrico Fermi e Edoardo Amaldi. Archivio Amaldi,
Dipartimento di Fisica, Università Sapienza, Roma.
Figura 2.2: Edoardo Amaldi sulla motonave Vulcania in viaggio per gli Stati Uniti nel giugno 1939. Archivio Amaldi,
Dipartimento di Fisica, Università Sapienza, Roma.
24
Capitolo 3
Dal “disastro della fisica in Italia”
all’inizio della ricostruzione
Con la scelta di far partire il suo racconto Gli anni della ricostruzione
dalla fine del 1938, al momento dell’emigrazione di Fermi e di tanti altri
colleghi, Amaldi colloca di fatto l’inizio del processo di “ricostruzione”
ben prima della fine della guerra.1 Grazie a questo prezioso resoconto
abbiamo una testimonianza diretta di ciò che avvenne a Roma durante
quegli anni difficili in cui si trattò di raccogliere coraggiosamente le forze
per «salvare il salvabile» [23] [16].
All’arrivo delle truppe alleate a Roma il 5 giugno 1944 la fine della
guerra era ancora lontana, in particolare per il nord Italia, ma i fisici romani
già iniziavano a raccogliere le idee, con soddisfazione di Fermi: «Mi ha
fatto molto piacere il sentire che tu e Wick sperate di poter organizzare
presto la ripresa del lavoro scientifico e che considerate l’avvenire con un
certo ottimismo. Giudicando la situazione da questa riva dell’Atlantico
ho talvolta la speranza che la ricostruzione dell’Italia possa forse essere
meno difficile di quella di altri paesi europei».2
Come Amaldi, anche Ageno fissa «come data d’inizio della ricostruzione quella dell’arrivo a Roma delle truppe alleate [. . . ]» che occuparono
la città nella notte tra il 4 e il 5 giugno 1944 [1]:
1
Questo scritto fu preparato da Amaldi in occasione del suo 70mo compleanno,
festeggiato in occasione del Convegno su Prospettive della Fisica Fondamentale tenuto
a Roma dal 5 al 10 settembre 1978.
2
E. Fermi a E. Amaldi, 15 agosto 1944 da Chicago, AA scatola 1, fascicolo 1,
sottofasc. 5.
25
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
C’era in tutti una esasperata volontà di riprendere a vivere,
di riportare il Paese in condizioni di indipendenza, di ritornare
a una esistenza normale. E questa è stata senz’altro una
componente fondamentale di quella straordinaria concordanza
di intenti che ha reso possibile il rapido risorgere della fisica
italiana, il suo autorganizzarsi in una scuola e il suo inserirsi
con piena dignità nel quadro della ricerca fisica internazionale.
Ma tutto ciò non sarebbe potuto accadere se non ci fosse stato
per tutti un punto di riferimento sicuro, qualcuno che avesse
un’idea assolutamente chiara degli scopi da raggiungere e
delle vie da seguire, basata su una consapevole e meditata
esperienza precedente e, diciamolo pure, una tensione morale
tale da privilegiare sempre gli interessi comuni rispetto al
particolare di ciascuno.
Nel ricordare il periodo drammatico dell’occupazione tedesca, con
tutti i suoi orrori, e l’entrata «in una nuova fase di esito ancora incerto,
forse anche oscuro» [16, pp. 190–191], Amaldi sente anche la necessità
di prendere le distanze dal passato, esprimendo in modo impersonale
quali dovessero essere gli obiettivi immediati, quelli che in realtà lui stesso
si stava ponendo in prima persona. Si percepiscono già lo spirito di
iniziativa e l’esigenza di mirare molto in alto che caratterizzeranno tutta
la sua successiva attività sul piano scientifico e organizzativo:
Bisognava riparare i danni materiali subìti dal Paese, cercare di andare ben oltre i livelli raggiunti nel passato e contribuire a costruire una società che conservasse e sviluppasse
solo alcune delle caratteristiche di quella passata, rifiutando e cancellando gli aspetti deteriori, superficiali e profondi,
lasciati dal fascismo.
La prima regola consisteva evidentemente nel cercare di
lavorare seriamente senza ridicole borie nazionalistiche, senza
prosopopea o retorica, ma anche senza false modestie né
26
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
complessi d’inferiorità. Questo stato d’animo era particolarmente vivo in Istituto ove tutto il personale era cosciente che
una lunga notte volgeva verso la fine e che il nuovo giorno
richiedeva un grande impegno.
Una delle prime preoccupazioni fu quella di recuperare tutto il materiale scientifico che era stato messo in salvo in una sede sicura. In particolare
fu riportato in sede anche l’apparecchiatura utilizzata da Marcello Conversi, Ettore Pancini e Oreste Piccioni, che avevano continuato a lavorare
anche durante l’occupazione [109] [110] [75]. Anche l’attività di ricerca
fu ripresa con «straordinaria energia» secondo due linee caratteristiche:
lo studio dei raggi cosmici, guidato da Gilberto Bernardini, e la fisica
nucleare, di cui Amaldi si occupava personalmente.
Proprio su questo secondo fronte Amaldi e Bernardini si erano attivati
a livello istituzionale e nella primavera del 1945 avevano proposto la
costituzione di un Centro di Studio della Fisica Nucleare e delle Particelle Elementari con un programma di ricerca rappresentato dal naturale
sviluppo delle attività svolte in precedenza e mantenute vive a Roma
anche durante gli anni difficili della guerra. La convenzione tra il Consiglio
Nazionale delle Ricerche (CNR) e l’Istituto di Fisica dell’Università di
Roma fu firmata il 30 ottobre e Amaldi fu nominato direttore e Gilberto
Bernardini vicedirettore.
Ma nel frattempo qualcosa di terribile era accaduto durante quell’estate del 1945 sul fronte della fisica nucleare: il 6 e il 9 agosto due
ordigni nucleari erano stati lanciati su Hiroshima e Nagasaki, due città
del Giappone. Gli Amaldi erano in villeggiatura in montagna insieme a
un gruppo di fisici romani [16, p. 194]:
Il mondo venne così a sapere in modo improvviso e drammatico che le applicazioni nucleari tanto pacifiche quanto
militari non erano più una possibilità intravista solo dagli
esperti, ma erano ormai un fatto reale [. . . ] Fummo tutti
27
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
estremamente colpiti dalla drammaticità dei problemi di fronte a cui ora si trovava l’umanità e al tempo stesso non ci
restava che constatare che gli sviluppi scientifico-tecnici fatti
oltre oceano avevano chiaramente stabilito un divario ben
maggiore di quanto non avessimo ritenuto fino ad allora, tra
i livelli tecnologici raggiunti dalle due parti dell’Atlantico
A questa prima constatazione ne sarebbero seguite altre sempre più
amare. Ai fini della nostra storia è interessante richiamare una ben nota
osservazione fatta appena tre anni dopo da Patrick Blackett, in una
accurata analisi sulle conseguenze politiche e militari dell’energia atomica,
e con profonda conoscenza di scienziato e di uno dei leader del programma
bellico nel Regno Unito: «So, in truth, we conclude that the dropping of
the atomic bombs was not so much the last military act of the second
world war, as the first act of the cold diplomatic war with Russia» [54, p.
127]
Il 25 aprile Milano e il Nord Italia erano stati liberati e di lì a poco
la resa incondizionata della Germania aveva posto fine alla II guerra
mondiale. Finisce l’isolamento per il gruppo di raggi cosmici, in particolare
per Giorgio Salvini [58, pp. 102–102]:
L’anno 1946 si può considerare per Milano l’anno della
nostra rinascita: si allacciarono i primi rapporti con Roma.
Fu per me memorabile il viaggio Milano–Roma–Milano con
Vanna Tongiorgi e Giuseppe Cocconi, ormai sposi; incontrai
finalmente l’ormai famoso Edoardo Amaldi [. . . ] Fu l’anno
della ripresa di contatti personali; in particolare ricordo che fu
Gilberto Bernardini a legarci generosamente alle sue personali
ricerche sperimentali sui raggi cosmici e in generale a quelle
del gruppo romano. Gilberto metteva voglia di lavorare,
ispirava nuovi pensieri, anticipava le cose e soprattutto donava
fiducia e alimentava il nostro orgoglio e le nostre speranze.
28
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
Da lui ho imparato che la fiducia è un bene severo, che induce
alla disciplina, spesso più di un seppur motivato rimprovero.
Gilberto riconosceva il valore, si inchinava a chi – pochi –
avevano piglio e gettata maggiore di lui. L’invidia scientifica,
il tormentarsi nel valutare la misura di sé rispetto agli altri, il
non gioire dei risultati di altri fisici perché non sono i propri,
non facevano parte del suo bagaglio.
Dal 10 al 12 novembre si svolse a Como un convegno per celebrare il
secondo centenario della nascita di Volta organizzato da Giovanni Polvani.
«Giungemmo a destinazione – ricorda Amaldi – dopo 36 ore di viaggio,
con il sacco in spalla pieno di viveri e attraversando a piedi, su ponti
di barche, vari fiumi sulle cui sponde si fermavano i treni fatti in gran
parte solo di vagoni bestiame» [16, pp. 194–195]. è l’occasione per
riallacciare i contatti tra fisici dell’Italia settentrionale e quelli dell’Italia
centro-meridionale che si erano interrotti nel corso delle vicende di guerra
[23, pp. 102–103]:
La riunione fu straordinariamente importante [. . . ] In una
riunione del Consiglio della SIF [Società Italiana di Fisica]
allargato a vari colleghi interessati ai problemi generali, si
discusse a lungo su come far riemergere la ricerca fisica in
Italia. Molti erano sfiduciati, soprattutto i colleghi dell’Italia
settentrionale che erano stati in condizioni di guerra e occupazione tedesca fino a pochi mesi prima. In quella occasione
io mi mostrai piuttosto ottimista e sostenni che potevamo
recuperare una posizione decente in campo internazionale
a condizione di impegnarci molto fortemente e solo in un
ristretto numero di settori della ricerca. Sostenni che a mio
avviso il più promettente era costituito dai raggi cosmici,
campo in cui il paese aveva ormai una lunga tradizione e in
cui non ci trovavamo svantaggiati rispetto ad altri per quello
che riguardava la sorgente.
29
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
In quella occasione, di passaggio per Milano, Amaldi conosce Luigi
Morandi, chimico industriale e fratello del leader socialista Rodolfo Morandi, «molto interessato al problema dei rapporti fra ricerca universitaria
e industria». In seguito a questo colloquio Amaldi viene stimolato concretamente a mettere nero su bianco la sua strategia per la ricostruzione.
In un rapporto di una trentina di pagine dattiloscritte su La Fisica in
Italia indicava con lucidità cosa si dovesse fare, secondo la sua opinione
«nell’immediato avvenire sia per l’acquisizione di attrezzature scientifiche
che per la formazione di personale qualificato in vista di un decoroso
sviluppo anche delle applicazioni pacifiche della fisica nucleare».3 La notevole tradizione maturata in Italia nel settore rendeva naturale muoversi
in questa direzione.
All’inizio del 1946 Amaldi ricevette la visita di Giuseppe Bolla da
Milano che gli parlò di una iniziativa elaborata insieme a Giorgio Salvini,
Carlo Salvetti e Mario Silvestri riguardante la creazione di un laboratorio
per lo sviluppo della fisica nucleare applicata. Il progetto aveva il supporto
finanziario di un gruppo di industriali dell’Italia settentrionale ed ebbe
una funzione importante nella formazione di persone che successivamente
avrebbero avuto ruoli di rilievo nel settore della ricerca nucleare.4 Il centro
ebbe inizialmente l’appoggio di Amaldi, Bernardini e Bruno Ferretti e fu
stabilito che il Centro romano si sarebbe dedicato alla fisica fondamentale,
per evitare inutili dispersioni di energia e risorse.
In quell’autunno del 1945 Truman e i primi ministri del Regno Unito e
del Canada firmavano a Washington una dichiarazione trilaterale sull’energia atomica in cui si impegnavano anche a procedere con la diffusione di
documentazione scientifica a fini pacifici con qualsiasi Paese interessato a
3
Amaldi naturalmente aveva lo sguardo rivolto a ciò che si stava facendo negli Stati
Uniti. Il programma infatti era ambizioso e includeva la costruzione di un ciclotrone e
un betatrone, la messa in funzione successiva di un reattore nucleare e di un impianto
per la separazione degli isotopi.
4
Per la storia del CISE si veda [160]. Per una eccellente sintesi della storia del
nucleare in Italia si rimanda al volumetto redatto da Giovanni Paoloni [120].
30
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
uno scambio reciproco. Il 27 dicembre veniva firmato a Mosca un accordo
con l’Unione Sovietica, con la nascita della Commissione delle Nazioni
Unite per l’Energia Atomica(UNAEC). Ma il piano Baruch, l’ambizioso
progetto che prevedeva la creazione di una Autorità Internazionale per lo
Sviluppo Atomico (IADA) che avrebbe avuto un controllo di tipo manageriale di tutte le attività riguardanti l’energia atomica, potenzialmente
pericolose per la sicurezza, naufragò negli anni successivi nel mare burrascoso della guerra fredda. Il piano Baruch prevedeva una organizzazione
per la collaborazione internazionale su larga scala nel campo dell’energia
atomica in modo da assicurare le sue applicazioni a scopi pacifici, una
delle sue caratteristiche principali era l’eliminazione del veto in tutte le
questioni che cadevano sotto la giurisdizione della International Control
Agency. Con il suo libro sulle conseguenze dell’energia nucleare pubblicato
nel 1949, all’epoca della definitiva chiusura del progetto Baruch, Blackett
aveva dimostrato a chiare lettere che nessuna impresa di cooperazione
internazionale aveva la possibilità di essere bene accetta in un mondo
infestato dal sospetto e avvelenato dalla propaganda [54].
Nel corso dell’inverno 1945–1946 Gian Carlo Wick accettava l’offerta
di una cattedra all’università di Notre Dame nell’Indiana, che gli era stata
procurata da Fermi. Wick sapeva che là avrebbe trovato un acceleratore
di particelle e che Chicago non era lontana, così avrebbe potuto incontrare
Fermi ogni fine settimana:5 «La sua partenza dispiacque a tutti moltissimo,
ma a me in modo particolare. Non solo perdevamo un bravissimo fisico
teorico ma io perdevo anche un amico fraterno» [16, p. 200]. Come
giustamente sottolineava Amaldi, Wick era stato un importante punto di
riferimento teorico per le attività di ricerca nel campo della fisica nucleare
e in quelle sui raggi cosmici, guidate da Gilberto Bernardini. Il 3 dicembre
5
Questo racconto si trova nella storia dell’Università di Torino reperibili nei siti http:
//www.to.infn.it/it/content/storia-della-sezione-di-torino-1 e http://
www.ph.unito.it/fisicatoit.html, quest’ultimo estratto dall’opera curata da Clara
Silvia Roero [140].
31
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
1945 Amaldi commentava la partenza di Wick in una lettera a Fermi:6
Sono contento per lui ma qui la situazione diventa sempre più sconsolante; la soluzione di andarsene del tutto è
egoisticamente la migliore ma mi sembra un poco un peccato
lasciare qui tutti i vari ragazzi ora che la guerra è finita e
che c’è qualche speranza di riprendere i contatti con voi e
gli altri fisici del mondo. Sono questioni che mi preoccupano
parecchio e mi piacerebbe molto discuterle con te; la loro soluzione dipende molto dalle possibilità o meno di movimento
che che si possono prevedere per l’avvenire.
Intanto riprendevano i rapporti epistolari interrotti durante il periodo
bellico. Nel gennaio del 1946 Amaldi risponde agli auguri di capodanno
di Enrico Persico da Torino: «Caro Persico, grazie degli auguri che
contraccambio di cuore. Quando vieni a trovarci a Roma? Noi lavoriamo
parecchio; stiamo ora facendo una esperienza piuttosto carina. Con
neutroni di 14 MeV [. . . ] facciamo la diffrazione sui nuclei di Pb. Abbiamo
ottenuto una specie di fattore di forma del nucleo [. . . ] Cercheremo
di ripetere l’esperienza con altri nuclei ed un’altra lunghezza d’onda.
Purtroppo però possiamo solo aumentarla e non diminuirla con i mezzi
di cui disponiamo [. . . ]».7
6
E. Amaldi a E. Fermi, 3 dicembre 1945, AA scatola 1, fascicolo 1, sottofasc. 5.
E. Amaldi a E. Persico, 2 gennaio 1946, Archivio Persico, Dipartimento di Fisica,
Università di Roma Sapienza (da ora in poi abbreviato con AP), scatola 1, fascicolo
266. Persico si era laureato con Orso Mario Corbino con una tesi sull’effetto Hall nel
novembre del 1921 e fu nominato assistente all’Osservatorio Astronomico di Roma
diretto da Alfonso Di Legge a partire dal 17 gennaio del 1922. Divenne assistente
di Corbino all’Istituto di Fisica dell’Università di Roma, dall’ottobre del 1922 e il 30
dicembre del 1926 venne «nominato per concorso professore stabile di Fisica teorica»
e «nominato stabile della stessa disciplina» all’Università di Firenze il 7 febbraio del
1930. In quello stesso anno accettò la chiamata all’Università di Torino, che allora era
una sede statale, contrariamente a quella di Firenze, con decorrenza dal 20 novembre
1930 (Stato di Servizio di Enrico Persico, Archivio di Stato, M.P.I. Fascicoli Professori
7
32
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
A sua volta Persico, nel riprendere la corrispondenza con i «vecchi
amici transoceanici», scriveva una lunghissima lettera a Rasetti, raccontandogli in dettaglio tutte le proprie vicissitudini durante gli anni
drammatici della guerra arricchite da interessanti commenti sull’Italia allo
sbaraglio:8
[. . . ] fino al novembre 1942 ho fatto presso a poco la
solita vita. Il 18 di quel mese i bombardamenti su Torino cominciarono a farsi duri, così che mi decisi a “sfollare” (conosci
questo neologismo?). “Sfollai” a Torre Pellice [. . . ]
Torino è stata alternativamente e a varie riprese in mano
ai fascisti, ai tedeschi, ai partigiani, ai carabinieri e a nessuno:
le sparatorie, gli incendi e i “rastrellamenti” nonché la presa
di ostaggi erano di ordinaria amministrazione. D’altra parte,
anche a Torino, per i professori antifascisti non spirava aria
troppo buona, specialmente durante una certa campagna
della stampa “repubblichina”. Quanto ai bombardamenti non
erano più notturni ma diurni[. . . ] il governo repubblichino
ci minacciò, se avessimo interrotto le lezioni, di arruolarci
nel “servizio di lavoro”. Così, il 15 gennaio dell’anno scorso,
mi aggrappai all’esterno di un camion e mi trasferii in città,
sistemandomi alla meglio nell’unico locale chiudibile di casa,
universitari, III versamento, Busta 369). La chiamata fu proposta dal matematico
Francesco Giacomo Tricomi: «Io ero in affettuosa amicizia con P. già dal 1922, quando
ero assistente di Severi a Roma. E fui io a contribuire in modo determinante al
trasferimento di P. a Torino, vincendo l’ostilità (non alla persona ma alla materia) di
Somigliana» (F. G. Tricomi a E. Amaldi, 21 Aprile 1977, AA scatola 12E fascicolo
2). Si rimanda al volume curato da Silvia Roero [140] per dettagliate notizie sulla
permanenza di Persico all’Università di Torino.
8
E. Persico a F. Rasetti, 23 gennaio 1946, AP scatola 1, fascicolo 266. In quel
periodo Persico «ebbe una profonda e lunga depressione» in seguito alla improvvista
scomparsa della madre avvenuta nel 1940 (F. G. Tricomi a F. Rasetti, 4 novembre
1974, AA scatola 12E, fascicolo 2.
33
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
e cioè la cucina [. . . ] L’inverno era eccezionalmente freddo,
e ho passato allora il mese più disagiato della mia vita [. . . ]
Come dio volle venne la liberazione. Ed ora siamo qui
da otto mesi a cercare di ricostruire, o meglio a parlare
di “Ricostruzione” e di “Democrazia”, le quali hanno preso
il posto della “Autarchia” e del “Piano dell’Impero” [. . . ]
Quanto ad attività scientifiche, come puoi immaginare, in
questi anni non ho combinato nulla, tranne alcune letture e
redazioni. L’Istituto di Fisica ha avuto l’aula completamente
bruciata e la biblioteca sfondata, ciò che accresce solo di
poco il suo originario scalcinatismo: i libri si sono salvati
solo perché erano “sfollati”, ma sono ancora chiusi in casse
(tranne quelli di fisica teorica) e quindi inutilizzabili. Dei
progressi della fisica all’estero durante la guerra ho solo
notizie indirette e frammentarie e attendo con impazienza le
riviste arretrate (purtroppo molte cose interessanti saranno
coperte dal segreto). Non ho ancora rivisto gli amici di Roma
e ho avuto con loro solo scambi di lettere [. . . ]
Dopo il suo trasferimento a Québec nell’estate del 1939, Franco
Rasetti aveva praticamente creato da zero il dipartimento di fisica.
Mentre in tutta Europa si raccoglievano le forze per ricreare le condizioni necessarie alla ricerca e allo sviluppo, dagli Stati Uniti cominciavano
ad arrivare le prime notizie relative alla trasformazione profonda nei
rapporti tra la fisica e il potere politico e militare. I fisici erano usciti
vincitori dal conflitto, e un effetto evidente di questo mutamento era la
straordinaria disponibilità di fondi a disposizione, come scriveva Fermi ad
Amaldi alla fine di gennaio:9
Dal gennaio io mi sono stabilito a Chicago, più o meno
definitivamente [. . . ] Sembra che avremo mezzi piuttosto
9
34
E. Fermi a A. Amaldi, 24 gennaio 1946, AA scatola 1, fascicolo 1, sottofasc. 5)
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
illimitati e abbiamo cominciato ad usarli ordinando un betatrone da 100 MeV [. . . ] Anche in America la situazione
della fisica ha subito cambiamenti molto profondi per effetto
della guerra. Alcuni sono per il meglio: ora che la gente si è
convinta che con la fisica si possono fare le bombe atomiche
tutti parlano con apparente indifferenza di cifre di vari milioni
di dollari. Fa l’impressione che dal lato finanziario la maggiore
difficoltà consisterà nell’immaginare abbastanza cose per cui
spendere. D’altra parte ci aspettiamo che il numero degli
studenti cresca considerevolmente [. . . ]
È l’epoca della canzone Take Away Your Billion Dollars scritta quando
sembrava appunto che tutti i fisici stessero inventando, costruendo o
progettando una nuova e più grande macchina acceleratrice. L’autore
era Arthur Roberts, un fisico che si divideva tra il Conservatorio del
New England e il dipartimento di fisica del Massachusetts Institute of
Technology e che durante la guerra aveva lavorato al Radiation Laboratory
del MIT e poi nel campo della fisica nucleare.10
Il 4 febbraio anche Bernardini si fa vivo con Persico da Bologna:11
Persico carissimo, scusa se rispondo con tantissimo ritardo
alla tua cartolina di auguri [. . . ] oggi ti riassumo per sommi
capi le vicende generali e mie, nel seguito cercheremo di
provocare un incontro per i particolari. Dunque, la guerra
per me e per i miei si è conclusa con un bilancio negativo,
come per tutti, ma non così negativo come magari si sarebbe
potuto pensare quando lasciammo Bologna; prima sfollati,
10
La musica fu poi pubblicata su Physics Today del 1948. La canzone faceva parte
di un gruppo di sei scritte e registrate in un album: The Cyclotronist’s Nightmare,
or Eighty Millicuries by Half-Past Nine (1939); It Ain’t the Money (1944, scritta in
occasione del conferimento del premio Nobel per la Fisica a Isidor I. Rabi); Placement
(1945); How Nice to be a Physicist (1947) e Conant, Compton and Baruch [139].
11
G. Bernardini a E. Persico, 4 febbraio 1946, AP scatola 1, fascicolo 266.
35
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
poi fuggiaschi a Firenze [. . . ] e infine a Roma (fra i profughi
assistiti dal Santo Padre, quello di S. Pietro).
Adesso i miei sono a Roma da poco più di un anno, in
un alloggio assegnatomi dal Commissariato, in quanto la mia
casa di Bologna è stata convertita, da tre bombe americane,
in un mucchio crateriforme di calcinacci.
A Roma, con grande difficoltà abbiamo ripreso a lavorare.
Anzi in un primo tempo, quando arrivarono le Phys. Rev. fino
a tutto il 1944, avemmo l’illusione di aver mantenuto il passo.
Purtroppo era solo un’illusione e ora, con le pile al plutonio, i
betatroni da 100 MeV, ecc. (mi ha scritto Bruno Pontecorvo
che hanno fatto i mesoni in casa [. . . ] perdiamo terreno a
kilometri al secondo e forse senza speranza di recure [sic]. Non
è escluso che cambieremo strada così come ha fatto Franco
[Rasetti], che è il solito vecchio Franco di sempre, buono e
tagliente, infantile e gelidamente triste, pieno d’ingegno e
di infinite risorse. Si è dato alla paleontologia e, da quanto
abbiamo sentito dire (via Segrè, Fermi, Gina Castelnuovo ecc.)
ha fatto una scoperta che rivoluziona la Paleontologia del
Canadà [. . . ] Ha dato le dimissioni dalla cattedra di Roma.
In conseguenza la facoltà di Roma mi avrebbe chiamato,
come successore (ti prego di non fare confronti e se li fai,
inquadrami nel resto dell’Italia di oggi) per la Spettroscopia
ecc. Io non so ancora cosa fare per quanto abbia già degli
impegni abbastanza precisi con Edoardo e con il Preside di
Roma che è il vecchio “Ughetto nostro, gagliardo e tosto”
[. . . ] mi dispiace abbandonare questo Istituto in una fase di
ricostruzione e di rinascita. È un po’ come fuggire davanti
alle responsabilità di una ripresa. Vorrei comunque che di
Bologna non accadesse quello che è già accaduto per Firenze
e Padova, dopo la tua partenza dal primo e la partenza di
Rossi dal secondo [. . . ] Conto comunque di rivederti presto
36
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
e per ora ti saluto molto affettuosamente. Tuo Bernardini
Il 6 aprile Rasetti risponde a Persico dal Canada:12
Caro Persico, è qualche tempo che volevo rispondere alla
tua lettera del 23 gennaio [. . . ] Per noi rimasti in questi paesi
tranquilli a far la vita di tutti i giorni di prima della guerra
sembra veramente miracoloso che siate riusciti – almeno alcuni, come te – non solo a sopravvivere ma anche a conservare
l’antico sense of humor. Di me non c’è praticamente niente
da raccontare [. . . ] Ho organizzato un piccolo laboratorio, di
cui non esisteva nulla al mio arrivo, e ho anche fatto qualche
lavoro. Te ne mando a parte gli estratti. Faccio anche delle
lezioni di fisica teorica, e per la meccanica quantistica mi
baso sul tuo libro, prodotto dall’evoluzione del vangelo copto,
di cui posseggo una preziosa copia; quindi tu godi in questo
istituto di molta celebrità [. . . ] Malgrado tutto questo è
anche possibile che un altro anno me ne vada, soltanto per
ora non ho trovato il posto che soddisfi alle mie numerose
condizioni. A questo proposito vorrei sapere se, nel caso,
saresti interessato alla mia successione [. . . ]
Avrai probabilmente notizie della varia gente di conoscenza negli Stati Uniti. Ho visto per Natale a New York Gina
Castelnuovo, Eugenio e Gino Fubini, il Fanaccio, Lorenzo
Emo e Cacciapuoti. Tutti si sono ben sistemati [. . . ] Bruno
Pontecorvo è a Montreal dove fa fisica di guerra, Emilio
[Segrè] dopo aver lavorato nel New Mexico ha un posto di
professore a Berkeley. Io sono rimasto talmente disgustato
dalle ultime applicazioni della fisica (con cui, se Dio vuole,
sono riuscito a non avere niente a che fare) che penso seriamente a non occuparmi più che di geologia e di biologia. Non
12
F. Rasetti a E. Persico, 6 aprile 1946, AP scatola 1, fascicolo 266.
37
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
solo trovo mostruoso l’uso che si è fatto e si sta facendo delle
applicazioni della fisica, ma per di più la situazione attuale
rende impossibile rendere a questa scienza quel carattere libero e internazionale che aveva una volta e la rende soltanto
un mezzo di oppressione politica e militare [. . . ]
Per fortuna mi sono molto interessato alla geologia, scienza pacifica e ancora libera dagli interessi politici, e in particolare alla paleontologia [. . . ] ho acquistato grande reputazione
come uno dei due o tre primi specialisti d’America sulle faune
del Cambriano [. . . ]
Nella Mortara, che fin dal 1917 era stata assistente presso l’Istituto
di Fisica di via Panisperna, prima di Orso Mario Corbino e poi di Giulio
Cesare Trabacchi che dirigeva il Laboratori di Fisica dell’Istituto Superiore
di Sanità,13 aveva una antica amicizia con Persico, sviluppata quando
quest’ultimo si trovava ancora a Roma, anche lui come assistente di
Corbino.14 Il 27 aprile del 1946 lo ringraziava per il testo di una sua
conferenza: «Tanto io che mio cognato abbiamo ammirato il suo garbo
nel rendere comprensibili anche ai profani le cose più astruse; credo che,
se lei mi facesse lezione, finirei perfino io per interessarmi alla fisica
teorica; ma lei è tanto lontano e non si degna mai di farci una visitina! E
quelli di Roma sono gente simpaticissima, almeno per la maggior parte,
ma tutti tanto padreterni!!»
Persico aveva sempre dedicato molto impegno nella produzione di libri
di testo, che all’epoca ebbero una enorme funzione nel rendere disponibili
13
Si veda il saggio di Mario Ageno Ricordo di “zia Nella” in [58].
Era ben noto che Persico negli anni ’20 si era innamorato della Mortara e le
chiese di sposarla. Lei «non si sentiva in alcun modo portata per il matrimonio» ma
conservarono per tutta la vita un eccellente rapporto di amicizia, come si narra nel
ricordo di Persico scritto da Amaldi e Rasetti [28].
14
38
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
dei manuali in lingua italiana. Accadeva anche il viceversa, come si
deduce da una sua lettera a Emilio Segrè del maggio 1946:15
Caro Segrè, ti ringrazio proprio per la tua gentile lettera.
Di te e della tua brillante attività avevo avuto notizie dai
comuni amici, oltre che dallo Smyth Report.16 La proposta
che mi fai, di far tradurre la mia Meccanica atomica, cade
come il cosiddetto cacio sui maccheroni, e ti sono molto
grato per averci pensato: ti dirò che ci avevo pensato anche
io, ma temevo che ci fosse una eccessiva concorrenza di
libri del genere. Se dunque vuoi parlarne ai due editori da
te nominati e sentire quale fa le condizioni migliori, mi fai
un vero piacere. Ora dovrà uscire una nuova edizione, con
diversi ritocchi e miglioramenti. Qui in Italia il libro ha avuto
un discreto successo. A questo proposito, non so se conosci
la mia Fisica Matematica (pure edita da Zanichelli) che qui
si è abbastanza diffusa come testo per i corsi universitari di
fisica matematica: se non la hai, te ne manderò volentieri
una copia (se ce ne è la possibilità postale). Gradirei sapere
se pensi che anche essa possa venir tradotta.
Qui stiamo riprendendo molto lentamente la vita civile
della quale, come sai, avevamo fatto “tabula rasa”, come
15
E. Persico a E. Segrè da Torino, 21 maggio 1946, AP scatola 1, fascicolo 266. Si
veda anche una lettera dello stesso periodo (maggio 7) scritta da Persico ad Amaldi
a proposito di certe sue dispense di “Istituzioni di Fisica atomica” e del libro Fisica
Atomica.
16
Volumetto preparato dal fisico Henry DeWolf Smyth che racconta la storia dello
sforzo bellico per lo sviluppo della bomba nucleare il cui titolo era A General Account
of the Development of Methods of Using Atomic Energy for Military Purposes. Fu
pubblicato il 12 agosto 1945, subito dopo i bombardamenti delle città giapponesi allo
scopo di fornire informazioni al pubblico sulle nuove armi e renderli consapevoli delle
implicazioni politiche legate al loro uso, come si legge nella prefazione: «The ultimate
responsibility for our nation’s policy rests on its citizens and they can discharge such
responsibilities wisely only if they are informed».
39
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
disse il duce nel 1938. Purtroppo la pestilenziale mentalità
fascista è penetrata così profondamente che ne sono inquinati
anche moltissimi antifascisti [. . . ] speriamo tuttavia che un
po’ per volta si riesca ad attuare quella “democrazia” e quella
“ricostruzione” che per ora servono solo a gargarizzare la gola
degli abbondantissimi oratori.
Qui a Torino l’Università e il Politecnico hanno avuto
le sedi completamente distrutte, e l’Istituto Fisico è stato
in parte incendiato o demolito: la biblioteca però è salva
benché ancora pressoché inutilizzabile per mancanza di locali
e di scaffali. Cominciamo solo ora a ricevere qualche libro
dall’estero, ma non riusciamo ancora ad avere le riviste, così
che abbiamo notizie assai frammentarie dello stato attuale
della fisica. Io sono stato “sfollato” per due anni [. . . ]
Era comunque il momento di fare il punto della situazione e perfino
di pensare «a qualche cambiamento», come scriveva Giorgio Abetti,
direttore dell’Osservatorio astronomico di Arcetri nel mese di giugno:
«Sono secoli che non ci vediamo dopo tante tragedie [. . . ] Senza essere
troppo ottimista, posso dire ora che le cose non sono andate male, come
avrebbero potuto, e la baracca cammina [. . . ] dovendo d’altra parte
provvedere qui alla fisica teorica mi viene in mente di scriverti per chiederti
consiglio. Se la Facoltà nostra ponesse gli occhi su di te, tu avresti nessun
desiderio di lasciare Torino?».17 Persico lo ringrazia per la lusinghiera
offerta della cattedra di Fisica Teorica:18
17
Persico aveva avuto un rapporto molto stretto con Abetti fin dall’epoca del arrivo
a Firenze sulla cattedra di Fisica Teorica, incarico ricoperto da Persico tra il 1927 e il
1930. Abetti, professore di Astrofisica dal 1925, fu il fondatore di una importante scuola
italiana di astrofisica ed ebbe anche un notevole ruolo nel fiancheggiare le iniziative
di Persico, in particolare attraverso il seminario di astronomia, fisica e matematica
istituito dallo stesso Abetti secondo il modello anglosassone [55, p. 12].
18
G. Abetti a E. Persico da Arcetri, 8 giugno 1946 e risposta di Persico in data 30
giugno, AP 1, fascicolo 266.
40
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
Anche io ricordo con piacere gli anni passati costì, ma
anche qui a Torino non mi trovo male, anzi, come forse saprai,
ho recentemente rinunciato ad un trasferimento a Milano
che, benché quando fu progettato fosse vantaggioso da certi
lati, era poi diventato sfavorevole in seguito alla difficoltà
di alloggio e di riorganizzazione di casa e di Istituto causate
dalla guerra. Anche per la tua proposta valgono le stesse
considerazioni: perciò non credo sia il caso di concretarla
in un passo ufficiale. Resta come prova della tua cordiale
amicizia, della quale ti sono infinitamente grato e che ricambio
di cuore.
In verità esisteva un altro motivo che per il momento spingeva Persico
a riflettere su una possibilità ben diversa offertagli nella lettera inviatagli
da Franco Rasetti il 6 aprile di quello stesso anno, in cui Rasetti aveva
adombrato la possibilità di lasciare il suo posto in Canada. Anche in
questa lettera abbiamo una presa diretta sullo stato d’animo di Persico
in quei primi mesi dopo la fine della guerra:19
Caro Rasetti, ti ringrazio molto per la tua lettera del 6
aprile e per la proposta, che mi fai, di porre la mia candidatura ad una tua eventuale successione, nel caso tu lasciassi il
posto. Certamente, ogni possibilità di uscire da questo sconquassatissimo paese va presa in seria considerazione, anche
in vista degli sconquassi futuri, che io, non ostante il cieco
ottimismo di molta gente, credo praticamente certi [. . . ]
Ti ringrazio molto anche degli estratti che mi hai mandato
e che ho letto con molto interesse: essi sono tanto più
preziosi in quanto qui siamo ancora del tutto privi di riviste
americane ed inglesi. Quanto a libri adesso soltanto comincia
ad arrivare qualcosa, ma a prezzi pressoché proibitivi e senza
19
E. Persico a F. Rasetti, 1 luglio 1946, AP scatola 1, fascicolo 266.
41
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
molte possibilità di scelta. Ti sarò anzi assai grato se potrai
segnalarmi qualche novità libraria interessante soprattutto di
fisica nucleare [. . . ]
Qui come sai abbiamo fatto la repubblica, alla quale io
ho dato il mio voto. Il suo primo atto è stata una pazzesca amnistia che rimette in circolazione ladri, spie fasciste,
rastrellatori e torturatori eccetto quelli le cui torture siano
“particolarmente efferate!” (sic) [. . . ] L’epurazione, come
forse saprai, si è risolta in una burletta, e fascistoni e firmatari del manifesto della razza rientrano trionfalmente nelle
Università. Ma basta con questi disgustosi argomenti. Tanti
affettuosi saluti a te e alla tua Mamma.
In quel periodo la fisica a Torino si stava pian piano riorganizzando,
esisteva un progetto per costruire un betatrone 20 e stavano emergendo
alcuni giovani leve che avrebbero dato il loro notevole contributo negli
anni dello sviluppo. Ma certamente Torino non disponeva ancora di
sufficienti fondi; a questo proposito Persico scriveva ad Amaldi:21
Uno dei miei migliori allievi, l’ing. Marcello Cini, vorrebbe
dedicarsi alla fisica nucleare anche dal punto di vista sperimentale. Vorrei perciò sapere se dopo la laurea (che conta
di prendere a ottobre), ci può essere qualche possibilità di
farlo lavorare da voi, con una borsa di studio o un posto di
20
Vedi lettera di Persico a Donald Kerst, che aveva costruito il primo betatrone
nel 1940 nell’Illinois, del 2 luglio 1946, AP scatola 1, fascicolo 266: «Dear Prof.
KerstKerst, the “Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris”, in cooperation
with this Institute, is planning a small betatron of 2,5 Mev, as a preparation for the
construction of a bigger one, to be undertaken afterwards. We should like to know
whether You could provide us with a complete “doughnut” of about 75 mm (radius
of the equilibrium orbit) and which would be the price of it, post paid. We would
also ask you the conditions for doughnuts of greater size, and if they are prepared of
standard diameters or can be obtained of any desidered [sic] dimension.
21
E. Persico a E. Amaldi, 14 luglio, AP scatola 1, fascicolo 266.
42
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
assistente o qualcosa del genere. Si tratta di un ragazzo di
primissimo ordine, assai colto, di ingegno vivace e di idee
larghe, del tutto privo dei soliti pregiudizi piemontesi. Si è
laureato brillantemente in ingegneria meccanica l’anno scorso,
e ora studia fisica [. . . ]
Amaldi gli risponde il 18 agosto, di passaggio prima della sua partenza
per il lungo viaggio negli Stati Uniti, e a proposito del compenso osserva:
«Quanto all’Ing. M. Cini penso che la cosa sia possibile [. . . ]Durante la
mia assenza che sarà di circa tre mesi si occupa della cosa Gilberto a
cui lascio la tua lettera [. . . ]: è una miseria ma il Centro non ha soldi a
sufficienza; se riesco a farli aumentare si aumenteranno anche i compensi
[. . . ]».
Come è stato messo in evidenza nei volumi curati da Silvia Roero
sulla storia della Facoltà di Scienze di Torino, Persico, pur avendo pochi
contatti con gli altri abitanti dell’Istituto, a parte Nicolò Dallaporta,
aveva avuto un ruolo importante nella formazione delle nuove leve e
nel preparare la rinascita del dopoguerra. Tra coloro che ne risentirono
l’influenza, oltre Dallaporta ci furono Tino Zeuli, Carola M. Garelli, Guido
Bonfiglioli, Luigi A. Radicati di Brozolo, Francesca Demichelis, Marcello
Cini, Augusto Gamba.
Tuttavia, le possibilità di lavorare in ricerche di avanguardia erano
assai ridotte al momento a Torino e Persico continuava a lanciare messaggi
per sistemare i suoi allievi:22
Caro Bernardini, [. . . ] Gamba è un ragazzo veramente
in gamba. Dopo la laurea, conseguita brillantemente in
gennaio con una tesi sulla relatività generale, ha studiato
assiduamente, sotto la mia direzione, meccanica quantistica,
mostrando non solo grandi attitudini assimilatrici, ma anche
non comune originalità di pensiero [. . . ] Avrei anche un
22
E. Persico a G. Bernardini, 9 dicembre 1946, AP scatola 1, fascicolo 266.
43
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
altro ottimo allievo da segnalare, il dott. Radicati di Brozolo
(l’unico individuo di Torino, credo, oltre me, che abbia letto
il Wentzel) [. . . ] Attualmente fa il mio assistente volontario
e l’assistente “involontario” di Perucca, il quale tollera a
malincuore che continui ad avere per la testa neutroni e
mesoni [. . . ]
Anche a Padova ci si stava muovendo, come racconta Rostagni: «Come va il betatrone? Qui sono abbastanza avanzati i lavori di costruzione
per l’impianto da un milione di volt, sebbene io sia stato per più di un
mese sottochiave per una malattia [. . . ]».23
Con il suo entusiasmo Amaldi contagiava alcuni allievi che avrebbero
poi avuto un ruolo importante negli sviluppi del secondo Novecento:
Giorgio Careri era stato studente durante la guerra:24
Il corso di fisica per ingegneri lo teneva Edoardo Amaldi,
che fin da allora è stato un punto di riferimento per la mia
vita. Ero uno studente di ingegneria ancora molto incerto su
cosa veramente mi piacesse [. . . ] Fu una mattina di quegli
anni che la possibilità di vivere in un modo diverso mi si rivelò.
Sulla scalinata della Facoltà di Ingegneria di San Pietro in
Vincoli, vidi Amaldi con altri più giovani assistenti, che saltava
dalla gioia ed inforcava la bicicletta gridando a gran voce:
“Evviva, sono finiti gli esami, andiamo subito a fare misure!!”.
Quelle parole, quel volto felice sottolineato dal basco, quella
bicicletta, ebbero su di me un effetto determinante: era
possibile vivere in quel modo, come il mio professore di fisica.
Ma la ripresa del lavoro di ricerca e di riorganizzazione, la formazione di
nuove leve, non erano sufficienti per garantire l’avvenire, era fondamentale
23
24
44
A. Rostagni a E. Persico da Padova, 15 luglio 1946, AP scatola 1, fascicolo 266.
Giorgio Careri, testimonianza autobiografica in [60, p. 117].
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
riprendere i contatti interrotti, soprattutto quelli internazionali. La prima
occasione a livello europeo venne da una conferenza organizzata dalla
British Physical Society e dal Cavendish Laboratory che ebbe luogo a
Cambridge tra il 22 e il 27 luglio 1946 sul tema particelle fondamentali e
basse temperature.
In quella occasione Amaldi, Bruno Ferretti e Bernardini ebbero modo
di rinnovare i loro rapporti e di confrontarsi con le ricerche che venivano
svolte a livello internazionale. Bernardini presentò una relazione sul
decadimento del mesone e la produzione di elettroni secondari insieme a
una sulla tecnica dei contatori a basso rendimento e Amaldi un report
sul lavoro con neutroni al laboratorio dell’Istituto di Sanità, Ferretti un
lavoro teorico sull’assorbimento dei mesoni a riposo da parte dei nuclei,
in particolare discutendo i lavori di Rasetti e di Marcello Conversi, Ettore
Pancini e Oreste Piccioni sul decadimento dei mesoni positivi. Bruno
Ferretti, che insieme a Bernardini fu una figura chiave nell’affiancare
Amaldi, era a Roma dal 1948, quando era subentrato alla cattedra di
Fisica Teorica lasciata da Gian Carlo Wick. In quegli anni ebbe un ruolo
importante in particolare nel contribuire ai lavori sperimentali sui raggi
cosmici che si svolgevano in area romana.
A quell’epoca i raggi cosmici erano ancora una fonte privilegiata di
particelle di alta energia per lo studio dei processi fondamentali. Come
sottolineato da Amaldi «nonostante l’enorme distruzione subita dalla
maggior parte dei paesi europei, la ricerca nel campo dei raggi cosmici era
ancora ad un livello molto alto alla fine della seconda guerra mondiale»
[15, p. 327]. In quei giorni a Cambridge Amaldi incontra anche John
Cockcroft, che aveva conosciuto nel 1934, in occasione di una visita a
Cambridge con Emilio Segrè [16, p. 202]:
Quella breve ripresa di contatto e il suo inaspettato interessamento per i problemi della fisica in Italia furono per me
segni premonitori di possibilità alla scala del nostro continente
ancora non immaginate.
45
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
Amaldi, che fin da giovanissimo, durante il suo soggiorno a Lipsia,
aveva sperimentato i benefici della collaborazione internazionale, e accanto a Fermi aveva iniziato ad avere rapporti diretti con i protagonisti della
fisica mondiale, avrebbe sempre combattuto il provincialismo nel campo
della ricerca. Con questi incontri si creano i presupposti per le grandi
collaborazioni europee che sfoceranno nella nascita del CERN che diventerà il luogo dove la comunità dei fisici, sparpagliata dalla politica e dalla
guerra, si riunirà di nuovo alla scala che Amaldi stava già lucidamente
presagendo.
Fin dalla nascita della scienza moderna nel Seicento era sempre
esistita una tradizione per la quale era stato naturale superare le frontiere
internazionali, avere riviste, soggiorni, conferenze. Ma la generazione dei
fisici nati dopo l’inizio del Novecento aveva stabilito sistematicamente
legami, sia scientifici sia umani, e si era formata attraverso soggiorni
all’estero e collaborazioni.
Questo spirito era divenuto particolarmente vivo nel corso degli anni
’30, e la guerra aveva interrotto solo temporaneamente queste relazioni.
Amaldi fu il primo a scrivere a Werner Heisenberg per invitarlo a una
comune collaborazione25 e più tardi, durante il periodo di progettazione
di un grande laboratorio europeo, il futuro CERN, la sua mediazione sarà
essenziale nel coinvolgere nel progetto anche «un personaggio scomodo»
come il padre dell’atomica tedesca [117, p. 42]. Amaldi stesso ricorderà lo
spirito che li animava, in occasione di un discorso che fu invitato a tenere
a Dorchester, il 30 novembre 1966, in occasione del 306.mo anniversario
della Royal Society, la più antica e prestigiosa società scientifica del mondo:
«After the Second World War, as a reaction to the absurdity of its material
and moral destructions and to the misery of all its consequences, all of
us, irrespective of the side taken by the Government of his own country,
25
Sono grata a Helmut Rechenberg, biografo di Heisenberg, per avermi dato
una copia della lettera di Amaldi a Heisenberg, che non figura nella corrispondenza
conservata nell’Archivio Amaldi.
46
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
felt a categoric need of overcoming the pre-war limitations and barriers
and to work together in new and more efficient ways and forms» [14].
è un segno dell’altissima considerazione di cui Amaldi godeva ormai a
livello internazionale.
L’incontro di Cambridge avveniva nel clima volto al mantenimento
della pace e della sicurezza internazionale in cui si era tenuta a Londra
la prima Assemblea generale dell’ONU, con la presenza di 51 Stati. Gli
scopi fondamentali erano quelli di «sviluppare le relazioni amichevoli tra
le nazioni sulla base del rispetto e dell’autodeterminazione dei popoli» e
la promozione della «cooperazione economica e sociale», del «rispetto dei
diritti umani e delle libertà fondamentali» e naturalmente la promozione
del disarmo e il controllo degli armamenti.
Per gli scienziati era stato già naturale sviluppare organizzazioni di tipo
non governativo che promuovevano l’attività scientifica internazionale a
livello interdisciplinare, come l’International Council for Scientific Unions
(ICSU) una delle più antiche, fondata nel 1931 come evoluzione ed
espansione di precedenti organismi di origine ottocentesca già aventi
la funzione di mobilitare le risorse della comunità scientifica. All’ICSU
faceva anche capo la International Union of Pure and Applied Physics
(IUPAP), nata all’inizio degli anni venti. Del comitato esecutivo, formato
da 10 fisici incaricati di preparare la base istituzionale di regolamentazioni
e attività dell’organizzazione, aveva fatto parte anche Orso Mario Corbino.
Il ruolo di questi organismi si esplicava anche nella funzione di organizzare
conferenze scientifiche che consentivano agli scienziati di tutto il mondo
di riunirsi, di confrontare i risultati della ricerca, di fare progetti di
collaborazione.
Già nel 1946, nell’ambito delle Nazioni Unite, fu discusso il progetto
della creazione di laboratori internazionali, ma questa iniziativa portò poi
alla sola creazione del Centro Internazionale di Calcolo a Roma. Sarà
invece la formula europea a risultare vincente e in un campo non previsto
a quell’epoca dal dossier preparato dall’ONU, come quello della “fisica
nucleare”, a quell’epoca non ancora del tutto distinta dalla fisica delle
47
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
particelle elementari.
Come ha sottolineato Amaldi, gli ingredienti essenziali alla base della
nascita del CERN, la prima struttura di ricerca internazionale creata
nell’Europa dell’Ovest, furono due: l’idea generale avvertita in molti
circoli politici dei paesi europei della necessità di muoversi in direzione
di una forma di unificazione politica, accanto all’esistenza di una vasta
esperienza scientifica, tecnica e amministrativa già ampiamente diffusa
nei vari paesi nell’ambito delle complesse strutture di ricerca che avevano
operato durante la guerra e nel primo dopoguerra nel campo delle scienze
nucleari [15, p. 326].
Nel frattempo Persico aveva ricevuto una nuova allettante offerta da
Bologna. Lo spostamento a Roma di Gilberto Bernardini sulla cattedra
di Spettroscopia rendeva imminente la necessità di una successione e il
Preside della Facoltà di Scienze a nome di tutti esprimeva il desiderio e
la speranza «di vedere affidate nelle Sue mani le sorti future della Fisica
bolognese» con il desiderio di una soluzione che rispettasse «le esigenze
e le tradizioni gloriose della Scuola e dell’Istituto di Fisica». A questa
lettera inviata il 20 settembre ne era seguita un’altra molto accorata dello
stesso Bernardini:26
Carissimo Persico, [. . . ] Nessuno meglio di te può assicurare l’avvenire di quell’Istituto, che, ora ricostruito, considero
un poco una mia creatura. Nessuno, fra i pochi fisici italiani degni di questo nome associa, come te, le qualità di
insegnante e di maestro.
Se, come io spero caldissimamente, tu accetterai di venire a Bologna a dirigere l’Istituto, troverai là un ambiente
abbastanza simpatico dove sarai addirittura “venerato”. Ci
26
Preside della Facoltà di Scienze a E. Persico da Bologna, 20 settembre 1946; G.
Bernardini a Persico, 26 settembre 1946; E. Persico a G. Bernardini 1 novembre 1946,
AP scatola 1, fascicolo 266.
48
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
sono infatti dei giovani e dei giovanissimi cui un uomo della
tua cultura sarebbe di aiuto e d’impulso [. . . ]
C’è poi un’aria di famiglia, un’aria che ricorda tanto quella
romana d’un tempo e, per te, sarebbe quasi un ritorno, quasi
(scusa, ma direi lo stesso per me) un ringiovanire. Noi di
Roma, noi tutti saluteremmo una simile decisione come un
ravvicinamento a noi di un amico carissimo, come tu sei per
tutti noi.
Prima di prendere una qualsiasi decisione io ti prego solo
di venirmi a trovare a Bologna [. . . ] Io ho un po’ cercato, fino
dal principio che non assumesse troppo l’aspetto dell’Istituto
fatto per una data persona e per una data specializzazione.
Volevo che ci fossero coltivati simultaneamente i raggi cosmici,
una nascente fisica biologica e un poco di fisica molecolare
[. . . ]
Non dire quindi di no, caro Persico, o almeno non dirlo
subito. Vieni prima a trovarci [. . . ]
tuo G. Bernardini
Ma ancora una volta Persico dice di no; il suo spirito è quello di chi
prova una forte sensazione di precarietà, di minaccia di un nuovo conflitto,
temi che tornano costantemente nella corrispondenza di questo periodo:
Caro Bernardini,
mi ha indotto alla decisione negativa, oltre alla preferenza
per la città di Torino e alla speranza che questo Istituto
possa prossimamente risorgere a nuova vita, soprattutto la
convinzione che sia futile e vano compiere spostamenti e fare
piani a lunga scadenza in questo periodo di “interguerra”, che
tutto fa ritenere di pochissimi anni [. . . ] Mi pare che sia come
cambiarsi la camicia mentre si sta scaricando il carbone, o
qualcosa del genere. è molto più ragionevole, a mio giudizio,
49
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
cercar di utilizzare il meglio possibile questo periodo di tregua,
anziché considerarlo come il preludio di un periodo illimitato
di pace, quasi che il mondo fosse sulla via del disarmo e
che l’UNO27 navigasse a gonfie vele tra la simpatia generale.
Eppure quasi tutti chiudono gli occhi dinanzi alla realtà, e,
anche se a parole ammettono il “pericolo” di una guerra,
si comportano poi come se si trattasse di una eventualità
assai improbabile e remota, oppure, con incredibile ingenuità,
dicono che “questa volta l’Italia ne resterà fuori”. Non è,
questa, la psicologia dello struzzo? [. . . ]
Persico sentiva che la sua esistenza era fortemente condizionata
dalla minaccia derivante dall’esistenza delle armi nucleari e dall’influenza
che questa nuova forma di potere esercitava ormai a livello di politica
internazionale. Il 10 dicembre del 1945, era comparso il primo numero
del Bulletin of the Atomic Scientists of Chicago, nel quarto anniversario
dell’attacco di Pearl Harbor l’articolo di fondo sottolineava come le 3000
vittime dell’attacco a sorpresa giapponese sarebbero diventate 30 milioni
di americani in caso di un attacco atomico: «This catastrophe will be
inevitable if we do not succeed in banishing war from the world [. . . ]
The Atomic Scientists of Chicago appeal to the American people to
work unceasingly for the establishment of international control of atomic
weapons, as a first step towards permanent peace». Il dissenso contro
la politica governativa della corsa alle armi nucleari era comparso assai
presto tra gli scienziati che avendo partecipato al progetto Manhattan
avevano fondato la rivista e la Federazione degli Scienziati Atomici allo
scopo di fare in modo che le armi nucleari non fossero mai più usate in
guerra.
27
L’Organizzazione delle Nazioni Unite, un termine coniato da Theodor Roosevelt,
era stata costituita ufficialmente il 24 ottobre del 1945; la carta dell’ONU fu firmata
da 51 nazioni, attualmente sono arrivate a 192.
50
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
All’inizio di novembre Persico aveva ricevuto una lettera da Bruno
Rossi, il suo antico allievo ad Arcetri alla fine degli anni ’20. Dopo la
sua fuga dall’Italia nell’ottobre del 1938, Rossi aveva sostato per alcuni
mesi a Manchester da Blackett e poi si era spostato negli Stati Uniti
nel giugno 1939. Dopo aver effettuato una serie di notevoli esperimenti
sul decadimento del muone, e aver partecipato al progetto Manhattan,
si era appena sistemato al Massachusetts Institute of Technology, dove
aveva subito messo insieme un gruppo di raggi cosmici nel Laboratory of
Nuclear Sciences e aveva fatto un progetto di ricerca assai articolato per
lo studio di una serie di problemi di punta.
Aveva poi partecipato in prima persona al progetto Manhattan. Lui
stesso ricordato nella sua autobiografia i giorni angoscianti che precedettero la sua decisione di accettare l’offerta di lavorare al Progetto Manhattan:
«Essendomi rassegnato al fatto che né accettando né rifiutando la richiesta di Los Alamos potevo sottrarmi a una pesante responsabilità, vidi
che la scelta non poteva essere basata che sulla necessità di combattere
l’immediato pericolo [. . . ] occorreva evitare ad ogni costo che Hitler
avesse la bomba prima di noi» [142, p 68]. Particolarmente per questi
motivi Rossi era particolarmente sensibile alle questioni relative all’uso
delle armi nucleari e naturalmente faceva parte della Federazione degli
scienziati atomici:28
Caro Persico; da tempo volevo farmi vivo per ristabilire i
contatti interrotti dalla guerra; ma per una ragione o l’altra
ho sempre rimandato. Da Wick e da Amaldi ho avuto tue
notizie e ho saputo che sei sempre a Torino. Se hai tempo di
scrivermi un rigo, mi farebbe grande piacere sapere che stai
facendo (ho sentito che hai scritto alcuni libri molto belli).
La ragione principale per cui ti scrivo è per mandarti
l’acclusa lettera circolare. Immagino che anche tu, come me
28
B. Rossi a E. Persico, dal MIT, Cambridge MA, 1 novembre 1946
51
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
e come tanti altri, sarai preoccupato per la tensione che esiste
nelle relazioni internazionali e che è tanto più pericolosa in
quanto esistono oggi i mezzi di distruzione così potenti e
difficili da controllare. è ben poco ciò che ognuno di noi
può fare, ma è nostro dovere di cercare con tutti i mezzi
di facilitare un’intesa internazionale. Tanto più che, come
scienziati, siamo meglio in grado di giudicare i pericoli di
una corsa agli armamenti atomici, e, d’altra parte, siamo per
natura e per abitudine, più inclini a considerarci cittadini del
mondo.
Appena puoi, scrivimi, per favore, che cosa ne pensi del
problema dell’energia atomica in particolare e della situazione
politica in generale, ed io trasmetterò le tue osservazioni alla
nostra Federazione.
Spero di leggerti presto e intanto ti saluto affettuosamente,
tuo Bruno Rossi
Persico risponde soltanto il 24 dicembre, con una lunga lettera di cui
resta tra le sue carte una bozza manoscritta, piena di cancellature:
Caro Rossi,
benché avessi avuto tue notizie da L.F. e da altre parti,
mi ha fatto un grandissimo piacere ricevere una tua lettera.
Ti ringrazio anche per la circolare della F. Am. S. [Federation
of the American Scientists] che mi hai mandato: conoscevo
già l’istituzione e avevo potuto leggere vari n.i [numeri] del
Bull. of At. S. [Bulletin of the Atomic Scientists] e altri
opuscoli. Come puoi immaginare, ho seguito sempre con
estremo interesse tutto ciò che ho potuto leggere sull’en. at.
sia dal lato tecnico che da quello politico. Ho anche cercato,
sia nel mio corso, che in conferenze e conversaz[ione], di
52
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
suscitare interesse negli altri e di prospettare i gravi problemi
che si presentano. Purtroppo però la massima parte delle
persone (almeno qui a T.) si interessa assai poco. C’è stato
nei primi tempi naturalm[ente] un vasto movim[ento] di curiosità nel pubblico ma ora questo è praticam[ente] cessato.
Quanto ai fisici di qui (di cui tu conosci i pregiudizi contro la
fisica cosiddetta “moderna”) hanno ostentato fin da principio
una grande indifferenza ed evitato ogni conversaz[ione] in
proposito.
Le persone che si occupano di politica d’altra parte, sono
totalmente assorbite dalla più gretta lotta di partito e non si
occupano certo della politica atomica internazionale e nemmeno di governare l’Italia, purtroppo e la massa del pubblico
è assorbita dal problema del pranzo quotidiano e semmai
trova molto più interessante la questione di Briga-Tenda e il
Moncenisio. La maggior parte della gente è convinta che la
guerra una volta o l’altra ci sarà, ma che per ora è meglio
non pensarci (p. es tutti trovano esagerata la mia raccomandaz[ione] di conservare in efficienza i rifugi e costruirne
dei nuovi). Aggiungi che il partito comunista ha adottato
il sistema di “minimizzare” l’importanza della b.a. [bomba
atomica]; ho visto perfino un opuscolo, anonimo, fatto molto
bene, destinato a insinuare i dubbi che la b.a. non esista
affatto. Tutto ciò ha generato nell’opinione pubblica una
diffusa apatia nei riguardi dei problemi atomici.29
29
Lo stesso Amaldi ha ricordato che i tedeschi «quando fu annunciato che la bomba
era stata buttata su Hiroshima, non ci volevano credere. Pensavano che fosse un bluff
americano. Del resto, quest’atmosfera di incredulità esisteva anche in Italia: c’erano
persone (in generale molto legate al regime precedente), anche insigni matematici,
che non volevano ammettere, non volevano accettare l’idea che gli americani avessero
realizzato una cosa del genere. Gli americani erano descritti come sempliciotti, come
gente sbruffona, che faceva dei bluff. Cose incredibili. Io ho avuto a quel tempo delle
53
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
Per sottoporre a verifica queste mie impressioni, ho invitato a casa mia tre colleghi per una conversaz[ione] su questi
argomenti prendendo lo spunto della tua circolare. Uno di essi
era un esponente del partito comunista, un altro lo era del
partito conservatore, il terzo era uno dei fisici “antimoderni”.
Ho stentato a mantenere la conversazione nel tema, ed è
risultato che nessuno aveva la più lontana idea dell’esistenza
dei piani Baruch e Gromiko e dei problemi relativi e che tutto
ciò non li interessava gran che. Il fisico e il comunista hanno
sostenuto la tesi che la b.a. è un’arma come le altre, che
non muta nulle ai vecchi problemi della guerra e della pace.
Tutti e tre hanno mostrato ben poca fiducia nella possibilità
di accordi per il controllo, ma alla fine il fisico, per tagliare
corto, ha detto che approverebbe le idee di Baruch. Se ora
vuoi il mio parere ti dirò che io sono convinto che l’importanza di evitare la guerra ha cambiato ordine di grandezza:
purtroppo però ho anche io forti dubbi sul funzionamento dei
progettati sistemi di controllo. Tuttavia [cancellato: la posta
del gioco è così grande che anche se] anche se la speranza
è minima, la “speranza matematica” è apprezzabile, data
l’enorme posta del gioco, e quindi vale la pena di fare ogni
tentativo in proposito, sia con l’az. politica sia con quel
po’ di az. individuale con cui ognuno può contribuire (v.
a questo proposito la chiusa del discorso con cui inaugurai
l’anno accademico passato, che ti mando a parte). Naturalmente, mi rendo ben conto che l’Italia come naz. e gli italiani
individualm[ente] possono oggi influenzare queste questioni
tutt’al più in modo estremam[ente] generico ed indiretto, e
discussioni, mi dispiace dire, anche molto villane con qualche persona di questo genere:
erano loro che non capivano niente. Del resto, secondo me, avevano sempre capito
molto poco» [31, p. 146].
54
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
solo in virtù del principio fisico che non esistono al mondo
sistemi perfettam[ente]. isolati.
Nei riguardi in particolare dell’atteggiam[ento] appunto
della Fed. Am. Sc., non mi sento di prendere posizione non
avendo conoscenza sufficientemente profonda della condotta
del governo americano e dei motivi contingenti che possono
determinarla.
Caro B., il miglior augurio che posso farti per l’anno
nuovo è un augurio di carattere generale: che il mondo trovi
in quest’anno la via della vera pace. A te e a tutti i tuoi,
che ricordo sempre con molta simpatia, auguro di cuore ogni
bene personale.
Persico è in quel momento in Italia tra le poche persone profondamente
consapevoli delle nuove problematiche generate dalla folle politica dei
regimi di Hitler e Mussolini sfociata nel conflitto mondiale.
Nel frattempo Edoardo Amaldi stava compiendo un lungo viaggio negli
Stati Uniti, iniziato all’inizio di settembre. Al Congresso Internazionale di
Princeton, Edoardo incontrò, per la prima volta dopo otto anni, Enrico
Fermi, di cui fu poi per qualche tempo insieme alla moglie Ginestra ospite
a Chicago. Fermi informò Amaldi che l’Università di Chicago era disposta
ad offrirgli una cattedra. Gli parlò anche della già iniziata progettazione di
due acceleratori, uno per protoni ed uno per elettroni, che avrebbero reso
l’Institute for Nuclear Studies uno dei centri di ricerca meglio attrezzati
del mondo:
La proposta era oltremodo lusinghiera e attraente, tanto
da scuotere fortemente la mia precedente intenzione di restare
in Italia, dove sentivo una certa responsabilità verso i ricercatori più giovani e il dovere di contribuire alla ricostruzione,
nel mutato clima politico.
55
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
Amaldi stava avendo modo di toccare con mano la realtà dell’abisso
che ormai divideva l’Italia – e naturalmente in qualche modo tutti i paesi
d’Europa – dagli Stati Uniti. Secondo il commento di Ageno [1, p. 26]:
L’alternativa era chiara. Da una parte, un Paese distrutto,
in cui per giungere a fare validamente ricerca si doveva ripartire praticamente da zero, dedicando agli altri gran parte del
proprio tempo e della propria capacità di lavoro, battendosi
quotidianamente contro immaturità, impreparazione, egoismi
spesso maldestramente camuffati, addossandosi la responsabilità di decisioni, lasciando agli altri spesso il merito dei
progressi e dei successi e accollandosi il peso degli inevitabili
errori. Dall’altra parte, un Paese ricco, organizzato, tranquillo, tutte le più moderne attrezzature a disposizione, la
collaborazione rinnovata con Fermi in un ambiente di altissimo livello scientifico, la possibilità di dedicarsi interamente
alla ricerca senza altra preoccupazione che la ricerca stessa.
Nel corso di quel viaggio, il 28 novembre 1946, Amaldi comunicò
a Fermi i risultati finali dell’esperimento di Marcello Conversi, Ettore
Pancini e Oreste Piccioni che era stato condotto durante la guerra a
Roma nei mesi difficili dell’occupazione [107, p. 263]. Fermi, a Chicago,
comprese subito l’enorme rilevanza della scoperta che indicava come il
mesone dei raggi cosmici aveva un’interazione con le particelle nucleari
molto più debole di quella prevista in base alla visione dell’epoca, secondo
cui il mesotrone sarebbe stato la particella ipotizzata da Yukawa come
mediatore delle forze nucleari. Quello stesso dicembre ne diede annuncio
al famoso seminario del giovedì e, secondo il ricordo di Conversi, iniziò
andando subito alla lavagna: « [. . . ] as a joke, he started by writing our
names on the blackboard commenting he would not dare to pronounce
them. . . » [71, p. 15].
Nel corso del suo soggiorno americano Amaldi fece molti seminari
parlando dei lavori svolti a Roma sui neutroni e sui raggi cosmici, ma
56
L. Bonolis
Dal disastro alla ricostruzione
anche del lavoro svolto a Milano da Giuseppe Cocconi sugli sciami estesi,
seminari che suscitarono molto interesse e probabilmente contribuirono a
porre le basi per gli inviti che negli anni successivi furono rivolti a Oreste
Piccioni da Bruno Rossi, a Cocconi dalla Cornell University e a Gilberto
Bernardini a tenere un corso sui raggi cosmici alla Columbia University
[16, p. 203].
Questi segni di vitalità della fisica italiana facevano guardare al futuro
con qualche speranza. Amaldi discusse a lungo con sua moglie Ginestra.
Entrambi sentivano che non era il momento giusto di lasciare l’Italia e
che c’era la possibilità di iniziare a fare qualcosa di buono e Ginestra fu
molto ferma nell’incoraggiarlo in questo senso. Ci fu anche un episodio
che contribuì a confermare in Amaldi la sensazione che il suo posto ormai
era in Italia, dove la sua identità di scienziato era ormai profondamente
mutata negli otto anni intercorsi dall’epoca della partenza di Fermi:30
When I went to Chicago and I talked about neutrons with
Fermi, he was talking completely freely up to a certain point,
and then it was quite clear he did not want to give more
information– not because he did not want, but he could not
because a lot of work was classified. I found that extremely
unpleasant. I found that was one of the most unpleasant
things – the fact that we could not talk any more freely. So
I did not want to work in a field where the people were not
able to talk freely [. . . ]
Questa sgradevole sensazione fu anche una delle ragioni per cui Amaldi
decise di dedicarsi ai raggi cosmici:
This was one of the elements. I like neutrons. But I
like also mesons. I found it very unpleasant, especially with
30
Intervista di C. Weiner a E. Amaldi, Firenze 9–10 aprile 1969, American Institute
of Physics.
57
Dal disastro alla ricostruzione
L. Bonolis
Fermi. We used to talk and talk, and it was quite clear that
after the war he could not say everything any more. With
another person, it could have been different, but with Fermi
it was terrible. I don’t blame Fermi – of course it was the
situation – but I found it very unpleasant.
Al loro arrivo a Roma Edoardo e Ginestra Amaldi furono ricevuti
alla Stazione Termini da un «numeroso gruppo di ricercatori e tecnici
affettuosamente festanti» [16, p. 203]. Il gruppo rimasto a Roma si
era chiesto con ansia: «Resisterà alle offerte degli americani di stabilirsi
là? Resisterà alle pressioni dello stesso Enrico Fermi?».31 Ettore Pancini
prese Ginestra sotto braccio: «Grazie Ginestra per avercelo riportato».32
Con il rientro di Amaldi a Roma, poco prima del Natale del 1946,
«ha veramente inizio un nuovo capitolo nella storia della fisica italiana»,
in cui prende definitivamente corpo la nuova fisionomia di Amaldi, quella
di «organizzatore e politico della ricerca» [1, pp. 26–28]:
[. . . ] si fa sempre più evidente in questo periodo il
suo agire secondo un preciso disegno programmato a lungo
termine.
Dedicava sempre prevalentemente, quasi esclusivamente,
la sua attenzione ad una sola impresa per volta, secondo
un ordine di precedenze niente affatto casuale. Era sua
l’iniziativa, ma cercava sempre collaborazione e cercava di
spingere gli altri avanti a sé. Non appena si rendeva conto
che l’impresa era avviata e poteva ormai andare avanti da
sola, nelle mani della persona più idonea, si disimpegnava
gradualmente, per passare all’impresa successiva.
31
Giulio Cortini, citato in C. Chianura, “Amaldi, la ricerca continua”, La Repubblica,
8 dicembre 1988, p. 22.
32
Ugo Amaldi intervistato da V. Napolano in [29, p. 22].
58
Capitolo 4
Gli strateghi della ricostruzione
Ormai era chiaro che esisteva un dislivello enorme tra la situazione
italiana e la scala ormai irraggiungibile a cui era pervenuta la fisica
al di là dell’Atlantico, anche se nel campo della ricerca fondamentale
l’Italia si era mantenuta a un livello soddisfacente. «Eravamo invece
rimasti estremamente indietro – ricorda Amaldi – per quanto riguardava
le tecniche sperimentali per non parlare delle applicazioni della fisica dei
neutroni» [16, p. 206].
La consapevolezza di questa realtà indusse Amaldi e Bernardini a
restringere l’attività di ricerca al settore dei raggi cosmici che oltre a non
richiedere grandi mezzi finanziari e tecnici, era quello in cui gli italiani
avevano una grande tradizione e una diffusa competenza. In particolare
consentiva di mettere immediatamente al lavoro le nuove leve in un
ambiente che li abituava alla collaborazione su scala nazionale, e anche
per questo motivo questa strategia fu seguita anche in altre parti d’Italia.
Come ha ricordato Giulio Cortini, Amaldi e Bernardini furono in quel
momento la coppia trainante dell’azione di ricostruzione: «Abbiamo avuto
una grande fortuna perché quei due erano realmente dei capi! Erano
tutti e due straordinari ed era un ambiente meraviglioso! Un ambiente
incredibile, di persone, che cercavano di migliorare il mondo» [58, p. 83].
Nel realizzare questo programma furono decisivi anche i legami con
la comunità internazionale: Patrick Blackett a Manchester e soprattutto
Bruno Rossi al MIT furono un fondamentale punto di riferimento nel
formare i giovani italiani nel campo delle tecniche di avanguardia e nell’avviarli alla ricerca in laboratori estremamente avanzati e dotati di fondi
59
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
impensabili per i livelli italiani: «Nel periodo del dopoguerra noi giovani
avevamo cominciato a renderci conto di quanto fosse importante essere
nel gruppo di Amaldi per il prestigio di cui Amaldi godeva, e che ci avrebbe
permesso un inserimento nella comunità scientifica internazionale».1
Tuttavia, oltre ad aggiornare le tecniche sperimentali, era necessario
restringere le linee di ricerca e a questo scopo Amaldi, Bernardini e
Bruno Ferretti decisero di abbandonare alcuni programmi in fase iniziale
nel campo della fisica nucleare. Dal punto di vista applicativo stava
diventando l’oggetto di ricerca del CISE a Milano, mentre, come ricorda
Amaldi, «[. . . ] per la parte fondamentale la nostra strumentazione non
poteva competere con quella dei colleghi americani. Tutto lo sforzo fu
quindi concentrato sullo studio della radiazione cosmica [nostro corsivo]»
[16, pp. 216–217].
Siamo in pieno dopoguerra, sono anni poveri, in cui i campi ARAR
(Azienda Rilievo Alienazione Residuati), ricchi di residuati bellici degli
alleati, fornivano grandi quantità di prezioso materiale elettronico di ogni
tipo, compresi strumenti, come ricorda Sebastiano Sciuti [58, p. 55]:
Per mesi Pancini, Lepri, Rispoli, io ed altri visitammo i
principali campi ARAR in Campania e in Toscana caricando
sui camion valvole termoioniche (tra cui le preziose 6Ak5),
resistenze, condensatori, oscillografi e perfino radio ricetrasmittenti che furono poi preziose per i collegamenti tra il
Laboratorio della Testa Grigia e l’Istituto di Fisica di Roma.
La situazione era particolarmente difficile nelle altre sedi universitarie
italiane, che erano in difficoltà anche nel campo della formazione dei
giovani. Amaldi si adoperò per ottenere i fondi necessari per quattro
borse di studio destinate a laureandi in fisica. Di queste borse, tre furono
assegnate ad allievi della Scuola Normale di Pisa (Carlo Castagnoli,
Alfonso Merlini e Bruno Rumi) e da Pisa arrivò con una borsa anche
1
60
Giorgio Careri, testimonianza autobiografica in [60, p. 126].
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
Raoul Gatto, che fece una tesi teorica con Ferretti [16, p. 211]. La
quarta borsa la ebbe un giovane chimico di Genova, Giovanni Boato, che
desiderava laurearsi anche in fisica [58, p.192]:
C’è da ricordare che gli anni dell’immediato dopoguerra
furono anni straordinari per quei giovani fisici che ebbero
la fortuna di far ricerca a Roma presso l’Istituto di Fisica
“Guglielmo Marconi”, diretto dal Professor Edoardo Amaldi.
Il prestigio e il carisma di Amaldi, l’ancora vivissimo influsso
del lavoro eseguito da Enrico Fermi [. . . ] e la presenza di
tanti entusiasti proseliti, sia romani sia provenienti, subito
dopo la guerra, da ogni parte d’Italia, rendevano l’Istituto
(nella sua nuova sede della Città Universitaria) un luogo ideale non solo per lo svolgimento della ricerca, ma anche per
la circolazione delle idee, favorita dal forte spirito di gruppo
e dal quasi completo disinteresse, almeno nei primi tempi,
di svolgere una rapida carriera [. . . ] La vita nell’Istituto di
Fisica era piacevolissima. Era una grande famiglia, unita
e ben ordinata, dove prevaleva la collaborazione e non era
consentito il minimo litigio. C’erano condizioni di ristrettezza
economica, ma questo favoriva l’aiuto scientifico e pratico
nel lavoro quotidiano. Si conoscevano continuamente interessanti personaggi, fisici e scienziati illustri, che venivano a
visitare l’Istituto per amicizia diretta con Amaldi e/o perché
vi aleggiava ancora lo spirito di Fermi. Si potevano sentire
conferenze e seminari di grande interesse, e fare discussioni,
scientifiche e non, sui più svariati argomenti.
Di tutto ciò il maggior merito doveva essere attribuito ad
Amaldi, ma il clima era certamente favorito dall’atmosfera
di ricostruzione post–bellica, poco inquinata dalle ambizioni
personali, e dove era completamente assente ogni tipo di
favoritismo.
61
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
Dopo la laurea Boato lavorò con Giorgio Careri che a quell’epoca
aveva costruito su richiesta di Amaldi uno spettrometro di massa per
analisi isotopiche, il primo del genere in Italia. Careri ricordava le prime
misure: «Come test disegnai su un foglio di carta millimetrata la curva
di distribuzione isotopica del neon, che risultò identica a quella già nota.
Non c’era nessuna informazione oggettiva nuova in quei due picchi degli
isotopi 36 e 40 che emergevano netti e silenziosi come due scogli dopo
una mareggiata, ma il valore emotivo di quella curva per me fu enorme:
c’era qualcosa di sicuramente vero, eterno e celato nella natura, che si
poteva raggiungere. Corsi da Amaldi e gli mostrai quel foglio; lui sorrise
felice e lo volle tenere per sé. Più tardi mi disse: «I numeri delle proprie
misure sono diversi da tutti gli altri numeri». Careri ci dà un ricordo
dell’atmosfera dell’istituto in quei primi anni del dopoguerra:2
A quei tempi l’Istituto era silenzioso, quasi vuoto, in
confronto ad oggi. C’era una sola persona per la biblioteca,
una per l’amministrazione, nessuna per il magazzino. Tra
docenti, ricercatori e tecnici circa 50 persone: vivevano in
un’atmosfera di collaborazione e di reciproca fiducia. Le
chiavi degli armadi degli strumenti e del magazzino con le
poche scorte rimaste erano nel cassetto della scrivania di
Amaldi, e chiunque poteva prenderle lasciando un biglietto.
Allora la strumentazione per una ricerca veniva costruita in
Istituto, inserendo solo qualche strumento di uso generale che
veniva prelevato di volta in volta dal magazzino [. . . ] Perciò
aveva molta importanza l’efficienza e il livello tecnico delle
nostre officine, e tra queste l’officina dove veniva soffiato il
vetro per poi saldarlo ai metalli, per costruire gli impianti a
vuoto. Non c’era riscaldamento, e per avviare una pompa da
vuoto rotativa era necessario scaldarla con un becco a gas
2
62
Giorgio Careri, testimonianza autobiografica pubblicata in [60, pp. 120–121].
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
ogni mattina per almeno mezz’ora. Il materiale di laboratorio
era formato prevalentemente da residuati bellici dell’esercito
americano, che cercavamo di adattare alle nostre necessità.
Lavoravamo dalla mattina alla sera, sabato incluso, e
spesso anche la domenica. Lo spirito di collaborazione era
tale che per mantenere i collegamenti radio con la stazione
dei raggi cosmici del Cervino venivamo a turno ogni mattina
alle 7, tanto i giovani teorici che gli sperimentali. I pochi
docenti si impegnavano con noi in un lavoro continuo di
tutoraggio.
Quando arrivarono i primi fondi Amaldi li distribuì tra
noi in nostra presenza, in misura diversa e a seconda delle
necessità. Io ebbi 12.600 lire al mese per l’assistenza alle
esercitazioni. Eravamo estenuati dagli esami per i reduci,
spesso nostri ex compagni di studi, in sessioni che duravano
anche dei mesi. Eravamo tutti amici fra noi, ci vedevamo
spesso dopo cena, e con Bruno Zumino, Brunello Rispoli,
Italo Federico Quercia, Carlo Franzinetti, andavo anche in
vacanza.
Il livello scientifico era altissimo. Ricordo che Niels Bohr
venne nel mio laboratorio mentre lavoravo per la tesi di laurea,
che Werner Heisenberg venne al mio primo seminario, che
Wolfgang Pauli mi accompagnò in gita ai Castelli Romani.
Il seminario settimanale era frequentato da noi tutti, e ogni
fisico di passaggio per Roma si fermava per raccontare il suo
lavoro nell’Italia della ricostruzione.
Erano giorni di povertà, in cui nulla veniva gettato via, come ricorda
ancora Careri, «prendemmo due bottiglie di birra [. . . ] i vuoti furono
conservati da Ginestra e al ritorno mi furono dati da Amaldi perché li
usassi in laboratorio per contenere solventi».
63
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
Una svolta decisiva del processo di sviluppo fu l’idea che ebbe Gilberto
Bernardini nel 1947: costruire un laboratorio per lo studio dei raggi
cosmici in alta montagna. Il primo laboratorio di alta quota era stato
realizzato da Rossi all’Asmara nel 1933, a 2400 m di altitudine, e servì a
dimostrare che effettivamente esisteva un eccesso nell’intensità dei raggi
cosmici provenienti da Ovest rispetto al piano passante per il meridiano
geomagnetico. Questo risultato, previsto da Rossi già nel 1930, aveva
consentito di stabilire che la radiazione primaria è effettivamente di natura
corpuscolare e ha carica positiva, un risultato che al momento costituì
un punto di svolta nelle ricerche dell’epoca. Quella grande tradizione
era ancora vivissima, ma andava coltivata con attrezzature adeguate.
Il Laboratorio della Testa Grigia a 3500 m di altezza vicino al passo
del Teodulo nel massiccio del Cervino, costruito sotto la direzione di
Bernardini, Pancini e Conversi, avrebbe fornito una buona struttura di
riferimento per i vari centri di ricerca italiani e soprattutto un laboratorio
comune che per molti anni ancora fu utilizzato intensivamente. Il lavoro
si svolgeva in condizioni spesso molto dure, come ricorda Giorgio Salvini:
«[. . . ] a trenta sotto zero, pronti a morire per concludere una ricerca. . . ».3
Nel frattempo Amaldi proseguiva la sua energica opera di promozione
e riorganizzazione visitando i vari centri di fisica del paese, tra cui Pavia,
come ricorda Alberto Gigli Berzolari: «[. . . ] a lungo si è discusso con lui
sul “che fare” [. . . ] Portava notizie aggiornate ed indicava alcuni indirizzi
promettenti e da coltivare, tenuto conto della povertà dei mezzi finanziari
e strumentali allora disponibili [. . . ]» [58, p. 147]. Amaldi viaggia
moltissimo anche in Europa, e in quello stesso 1947 ha un contatto
diretto con i fisici oltre la cortina di ferro quando si reca con una missione
culturale del Governo italiano in «una Polonia quasi totalmente distrutta
ma estremamente dignitosa» [16, p. 204].
Persico invece sperimentava uno stato d’animo assai diverso e il 2
giugno riceveva una lettera da Franco Rasetti che gli annunciava il suo
3
64
Giorgio Salvini in [60, p. 381].
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
prossimo allontanamento dalla sua posizione all’Università di Laval alla
fine dell’anno accademico: «[. . . ] ti scrivo per sapere se ti interesserebbe
avere la successione [. . . ] I vantaggi e svantaggi di Québec li sai, più o
meno [. . . ] Io dopo aver meditato sopra una dozzina di posizioni che mi
hanno offerto ne ho accettata una di professore di fisica a Johns Hopkins
(Baltimore, Md.) sebbene mi avessero offerto un posto di professore
ordinario di paleontologia [. . . ]». Persico prende in seria considerazione
la proposta:4
Purtroppo in Italia la normalizzazione della vita procede
più lentamente di quello che si poteva sperare e il lavoro
scientifico (in particolare qui a Torino) è ancora assai ostacolato da una quantità di inconvenienti. Penso perciò che non
sia da disprezzare l’idea di un cambiamento di sede, benché
non consideri il Canada la sede ideale, per i motivi che già
ti ho esposto [. . . ] per il momento non penserei ad una
emigrazione definitiva, ma solo ad un viaggio di un anno,
durante il quale lascerei in Italia la maggior parte delle mie
cose, e prenderei l’aspettativa: se poi la prova fosse favorevole, mi farei spedire [. . . ] scrivo a parte alcune righe per la
tua mamma [. . . ]
Questa lettera alla madre di Rasetti chiarisce bene l’inquietudine
vissuta da Persico e il suo atteggiamento di rinuncia a lottare contro le
difficoltà di ogni genere che caratterizzano il primo dopoguerra in Italia:5
Cara Signora Rasetti,
che ne dice dell’idea di Franco? essa mi mette nella più
grande perplessità. Da tempo mi vado persuadendo sempre
di più che l’Europa non diventerà mai più un paese adatto
4
F. Rasetti a E. Persico, 2 giugno 1947 e E. Persico a F. Rasetti 12 giugno 1947,
AP scatola 1, fascicolo 267.
5
E. Persico alla signora Rasetti, 12 giugno 1947, AP scatola 1, fascicolo 267.
65
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
per chi vuol vivere e lavorare tranquillamente nel campo
scientifico, anzi rischia di diventare presto assolutamente
l’opposto. Accarezzavo perciò da tempo l’idea di passare
l’Oceano, ma essendo leggermente stufo di guerre mondiali
pensavo piuttosto all’America Meridionale. Inoltre sono anche
stufo di combattere col freddo, con le stufe, la scarsezza di
carbone e di energia elettrica etc., e non so se il paese
delle aurore boreali sia il più adatto per liberarsi da questi
fastidi (lascio poi da parte l’acqua color cioccolato, le gambe
storte, i gatti magri e spelacchiati e le altre cose a cui dovrei
abituarmi). Però l’idea di disporre di un buon istituto e di
una buona posizione economica e la possibilità di essere in
contatto coi fisici degli U.S.A. mi sorride parecchio [. . . ]
La decisione è presa e l’11 agosto Persico scrive a Ferdinand Vandry,
rettore dell’Università di Laval accettando l’offerta di insegnare fisica nel
successivo anno accademico 1947–1948, come si apprende da una lettera
di risposta scritta in data 26 agosto.6
Persico sbarca a New York l’8 novembre e arriva a Québec dopo tre
giorni, come racconta in una lettera agli amici torinesi: «E così, l’11
novembre ho fatto il mio solenne ingresso in Q. C’era alla stazione quasi
tutto l’Istituto di Fisica a ricevermi».7 Si affretta a dare notizie di sé a
Rasetti, ringraziandolo per avergli lasciato la radio:8
6
La lettera reca a mano il visto della Legazione d’Italia a Ottawa che esprime
parere favorevole. F. Vandry a E. Persico da Québec, 26 agosto 1947, AP scatola 1,
fascicolo 267.
7
E. Persico a F. Vandry, 11 ottobre 1947, AP scatola 1, fascicolo 267; E. Persico
a Gino Castelnuovo e alle famiglie Terracini, Cini e Tedeschi, 15 novembre 1947, AP
scatola 1, fascicolo 260. A Torino Persico si era legato di profonda amicizia con i fratelli
Terracini, Alessandro (matematico) e Benvenuto (glottologo) e con Gino Castelnuovo,
figlio di Guido e dirigente della RAI [140, p. 297].
8
E. Persico a F. Rasetti da Québec 14 novembre 1947, AP scatola 1, fascicolo
269.
66
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
Caro Franco,
sono da tre giorni a Q. e mi sto rapidamente orientando.
Naturalmente è troppo presto per dare un giudizio ma la
prima impressione non è cattiva [. . . ] Ti prego di farmi sapere
se avrai una prossima occasione di venire da queste parti o,
in caso contrario, se è possibile incontrarci negli S.U. durante
le vacanze di Natale. Quali sono i tuoi progetti? Io sono
stato invitato da Fermi [. . . ]
In quel periodo partivano anche Giuseppe Cocconi e Oreste Piccioni
per gli Stati Uniti, e non sarebbero più tornati a lavorare in Italia. Invitato
a Princeton su suggerimento di Bruno Rossi, un paio d’anni più tardi
sarebbe partito anche Giorgio Salvini, che con Antonio Lovati, Antonino
Mura e Guido Tagliaferri aveva mantenuto viva la tradizione di ricerca sui
raggi cosmici iniziata da Cocconi, conducendo una serie di esperimenti
sugli sciami atmosferici, continuati poi negli Stati Uniti.
Successivamente al suo ritorno in patria nel 1951, dopo questi anni di
aggiornamento e di stimolo, Salvini sarebbe stato coinvolto nella grande
impresa della costruzione dell’elettrosincrotrone e della costruzione dei
Laboratori Nazionali di Frascati che avrebbe guidato per molti anni.9
Ma intanto, in quell’autunno del 1947, Amaldi, che aveva già provato
la sensazione di una «grave perdita» con la partenza di Gian Carlo
Wick, guardava con grande preoccupazione l’allontanarsi dal nostro paese
di personalità così rilevanti. In particolare, forse Amaldi avvertiva nella
partenza di Persico un aspetto fortemente simbolico: con lui si allontanava,
dopo la partenza di Fermi e Rasetti, l’ultimo dei tre padri fondatori del
nuovo corso della fisica italiana. Nell’ottobre di quell’anno un suo rapporto
sulle condizioni della fisica in Italia, datato 21 ottobre 1947 e inviato a G.
9
Si veda il contributo autobiografico di Giorgio Salvini in [60] e specialmente le
pagine dedicate alle ricerche sui raggi cosmici a Milano in [58].
67
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
P. Harnwell, del Randal Morgan Laboratory of Physics della University of
Pennsylvania, conteneva una osservazione sintomatica:10
è comunque piuttosto difficile poter dire oggi se nel prossimo avvenire le condizioni ambientali saranno tali da permettere o meno in Italia un normale sviluppo della fisica, sia
pure limitatamente a ben determinate direzioni. Il pericolo
maggiore e inevitabile derivante dalla situazione sopra esposta è soprattutto quello che continui l’emigrazione di fisici
dall’Italia verso altri paesi, in particolare verso gli Stati Uniti,
ove essi sono attratti dalle ben maggiori possibilità di ricerca
e dalle migliori condizioni di vita.
Ageno ha commentato con durezza questa emigrazione di fisici maturi
nel corso degli anni della ricostruzione [1, p. 25]:
[. . . ] all’incessante azione di stimolo e di riorganizzazione
portata avanti da Amaldi, non tutti coloro che avrebbero
dovuto hanno di fatto collaborato sempre positivamente.
Era, per esempio, molto importante che gli ormai numerosi
giovani che incominciavano allora ad essere attratti alla fisica
dai grandi successi da questa conseguiti negli ultimi decenni,
trovassero in ogni Università italiana professori esperti, capaci
di avviarli competentemente alla ricerca autonoma. Invece,
c’è stato in quegli anni, tra il 1945 e il 1950, un secondo
esodo che coinvolse numerosi tra i fisici più in vista. Se il
primo esodo, del 1938–39, era stato forzato dalla persecuzione
razziale, questo secondo era da attribuirsi solo al prevalere
di interessi e implicava in pratica il rifiuto di contribuire alla
ricostruzione del Paese.
Tra il 6 novembre e il 4 dicembre del 1947 Amaldi faceva parte della
delegazione italiana che partecipò ai lavori della Conferenza Generale
10
68
Testo pubblicato in appendice al volume [23], p. 187.
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
dell’UNESCO (United Nations Educational and Cultural Organization)
tenuta a Città del Messico. In quella occasione Amaldi ebbe modo di
conoscere Pierre Auger, direttore del Dipartimento di Scienze Naturali
dell’UNESCO [16, pp. 203–204]:
Lo incontrai sull’aereo fra Parigi e Città del Messico, lo
rividi solo brevemente qualche volta durante la Conferenza,
ma ciò bastò per stabilire rapporti tali da far sí che lui, nel
séguito, si rivolgesse qualche volta a me per informazioni
o scelte di persone, e io mi ponessi molto naturalmente in
contatto con lui quando, qualche anno più tardi, si cominciò
a parlare di porre le basi di nuove organizzazioni internazionali come il CERN e l’ESRO [European Space Research
Organization].
Il rapporto con Auger si sarebbe successivamente tradotto in un forte
sodalizio nella lotta per la realizzazione delle grandi istituzioni scientifiche
europee, che avrebbero anche rivestito la funzione importante di fornire
ai fisici del vecchio continente un competitivo e stimolante ambiente di
lavoro, contrastando la tendenza all’emigrazione verso gli Stati Uniti.
La posizione e l’impegno di Amaldi sulla scena internazionale crescevano costantemente. Nel 1948 viene eletto vicepresidente dell’Unione
Internazionale di Fisica Pura ed Applicata (IUPAP), incarico che manterrà fino al 1954. Le preoccupazioni di Amaldi riguardo l’arretratezza
dell’Italia si estendevano anche alla fisica in Europa. In quel periodo
si stava facendo strada tra i fisici europei l’idea della necessità di una
collaborazione internazionale [16, p. 336]:
Many scientists were aware of the continually increasing
gap between the means available in Europe for research in
general and in particular for research in the field of nuclear
physics and elementary particles, and the means available
in the United States [. . . ] It was becoming more and more
69
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
evident that such a situation would be changed only by
a considerable effort made in common by many European
nations [. . . ]
Intanto, nel gennaio del 1948 veniva inaugurato ufficialmente il Laboratorio della Testa Grigia, nel massiccio del Cervino. Amaldi aveva
portato avanti le sue ultime ricerche sullo scattering di neutroni, su cui
aveva chiesto la consulenza di Persico nei primi mesi del ’47 («Passando
ai tuoi calcolini mi sembrano senz’altro interessanti»).11 I due avevano
discusso questioni collegate agli ultimi lavori di fisica nucleare pubblicati
da Amaldi nel 1947.12
Nel frattempo, come ricorda Ageno, Amaldi «lasciata la Sanità,
costituì un nuovo gruppo presso l’Istituto di Fisica e si dedicò allo studio
dello scattering anomalo nella materia dei mesoni µ di alta energia»[1,
p.28]. La decisione di dedicarsi ai raggi cosmici veniva in un momento
di grande interesse derivante dalle numerose novità provenienti dallo
studio degli sciami estesi atmosferici e dalle nuove tecniche di rivelazione
introdotte nel campo delle emulsioni nucleari.13 Il 1947 era stato infatti
l’anno in cui Cecil F. Powell, Cesare Lattes e Giuseppe Occhialini avevano
scoperto che il mesotrone dei raggi cosmici – ribattezzato appunto µ e
di cui ben presto fu chiarita la stretta parentela con l’elettrone – è in
11
E. Persico a A. Amali, 26 febbraio 1947; E. Amaldi a E. Persico, 2 marzo 1947,
AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6.
12
Si tratta dei lavori N. 68, 70, 71 e 72 della lista pubblicata in [143].
13
Il rinnovato contatto con Bruno Rossi, a cui tutti dovevano le conoscenze sulle
nuove tecniche fu importante in quel periodo. Si veda per esempio la lettera scritta
da Amaldi a Rossi il 26 maggio 1948: «Caro Bruno, ti vorrei pregare di un piacere.
Ho visto quel tuo bel rapporto riassuntivo (Technical report N◦ 7 March 22 (1948))
riguardante l’interpretazione dei fenomeni della radiazione cosmica e ti vorrei pregare
di mandarmene una copia se puoi farlo.
Ho messo su qualche camera di ionizzazione del tipo di quelle impiegate da te e
durante l’estate conto di cominciare ad usarle» (AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc.
8).
70
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
realtà il prodotto del decadimento del mesone π che interagisce invece
attraverso la forza nucleare forte.
Sebastiano Sciuti a quell’epoca iniziava a collaborare con il gruppo
romano di raggi cosmici:14
L’impatto con Amaldi fu bellissimo, nel senso che mi
assunse a 15 mila lire al mese – allora mi aiutavano un
pochino da casa. Ho fatto prima dei lavori con Quercia e
Rispoli e poi dei lavori con Amaldi in cui appunto c’erano i
raggi cosmici sotto terra, a livello del mare e a 3500 metri.
Io mi ricordo la capanna, all’Istituto di fisica di Roma, sulla
terrazza. C’era un locale fatto in legno perché non si voleva
che i raggi cosmici arrivassero senza essere un po’ selezionati.
Era la fisica povera! Che fortunatamente il Padre Eterno ci
mandava gratis! Poi i contatori di Geiger ce li facevamo da
soli. Da un punto di vista della fabbrica, l’esperto era Mario
Ageno, c’era tutta una stanza nell’Istituto di Fisica dove si
fabbricavano questi contatori di Geiger. Una volta costruiti
si mettevano sottovuoto; erano normali tubi di rame [. . . ]
Amaldi non dava grande confidenza, ma senza farsi accorgere lui spronava tutti, con pazienza. Il fatto di poter
fare, per esempio, dei seminari. . . Anche a me inizialmente
fecero fare un seminario, io mi sentivo morire. E invece molto
gentilmente mi faceva delle domande [. . . ]15
Quando tornava dall’America era una festa per noi; lui
aveva il suo libricino magico e noi andavamo pronti ad annotare sia le indicazioni bibliografiche, sia le nuove tecniche.
Era un po’ come la chioccia con i pulcini, no? I raggi cosmici
14
S. Sciuti in [58, pp. 52–56].
A quell’epoca Amaldi aveva deciso che tutti i giovani dell’Istituto dovessero fare
un seminario, G. Cortini in [58, p. 72].
15
71
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
ci hanno salvato! Ci hanno salvato da un punto di vista di
continuità scientifica!
Parlando dopo ben cinquant’anni del quaderno di ricerca utilizzato
negli esperimenti sui raggi cosmici condotti alla Testa Grigia, Sciuti aveva
ancora ben impresso lo stile di lavoro di Amaldi:
Io ho tuttora il quaderno di Cervinia. È piuttosto ingenuo
il librone, nel senso che era tutto “sporcato” da noi, e poi ogni
tanto compariva Amaldi e si vedeva subito la differenza: c’era
il lapis rosso, il lapis blu, c’era tutta una teoria di come si
usava. . . Insomma io penso che effettivamente Amaldi meriti
di essere ricordato in tutta la pienezza della sua attività [. . . ]
L’esperimento di Lattes, Occhialini e Powell aveva messo in rilievo la
validità della tecnica delle emulsioni nucleari, da loro molto perfezionata.
In quel periodo anche Giulio Cortini iniziava a lavorare a Roma nel campo
dei raggi cosmici:16
Ho iniziato in un modo abbastanza strano. Era uscita
all’epoca la tecnica delle emulsioni nucleari, e i miei capi,
cioè Wick e AmaldiAmaldi, non capirono che era un discorso
assai complicato e difficile e presero questo giovanotto, che
ero io: “Tu occupati delle lastre nucleari!”. Fu una scelta
sbagliata! Nel senso che non si poteva affidare a una persona
inesperta, completamente inesperta, una nuova tecnica. Mi
fu affidata in modo abbastanza incosciente [. . . ] Inizialmente
ebbi un aiuto da Ettore Pancini, che mi apprezzava molto e
mi voleva bene, tra l’altro perché eravamo comunisti tutt’e
due. Aveva una grande esperienza personale e mi guidò
molto all’inizio. Fu una cosa abbastanza avventurosa, molto
16
72
G. Cortini in [58, p. 80].
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
avventurosa! Imparai a guardare in un microscopio. Persi
moltissimo tempo per la mia inesperienza.
Fu un periodo di intensa attività, durante il quale i raggi cosmici
costituirono la base sperimentale su cui la maggior parte delle giovani leve
si fecero le ossa. Fino alla metà degli anni ’50 continuarono a regalare
ai fisici un intero zoo di nuove particelle e l’Europa produsse risultati di
grande rilievo nonostante la devastazione prodotta dalle vicende belliche.
Come ricorda Amaldi, la tecnica delle emulsioni nucleari sviluppata da
Powell e Occhialini divenne in particolare un ingrediente base negli studi
sui raggi cosmici nel corso degli anni ’50 e consentì ai fisici di molte
università europee di partecipare agli importanti sviluppi che stavano
avendo luogo nel campo della fisica delle alte energie nonostante la povertà
dei fondi a disposizione. Più tardi favorì anche l’attiva partecipazione
di molti gruppi europei alle ricerche sulle nuove particelle prodotte dai
nuovi potenti acceleratori entrati in funzione negli Stati Uniti nei primi
anni ’50 [15, p. 329].
Nel 1974, ricordando le importanti scoperte nel campo della ricerca
sui raggi cosmici svolte durante la guerra e nell’immediato dopoguerra,
Amaldi commenterà con soddisfazione, nel corso di un dialogo con Victor
Weisskopf pubblicato su Physics Today: «These discoveries and a few
others of the same type were completely European and took place at a
time when Europe was in an almost incredible situation of destruction
and depression».17
Nel frattempo Persico era stato nominato direttore del Dipartimento
di Fisica dell’Università di Laval e si era dedicato allo studio della teoria
degli spettrometri per raggi beta, dispositivi per misurare l’energia degli
elettroni emessi in vari tipi di processi, su cui avrebbe dato importanti
17
“Research contributions since the war”, Intervista a Edoardo Amaldi e Viktor
Weisskopf, Physics Today, novembre 1974, 23–30, p. 27.
73
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
contributi e su cui indirizzò anche alcuni suoi allievi [127] [128] [129]
[134] [130]:18
Caro Nasini,
l’articolo di Graham e C. sullo spettrometro di massa
per misure di intensità è evidentemente di importanza fondamentale e M. Kerwin, che qui si occupa della costruzione
del nostro spettrometro, lo ha tenuto nel debito conto. Purtroppo non abbiamo ancora nessuna esperienza personale
in proposito perché la nostra costruzione è ancora molto
indietro [. . . ]
Mi fa piacere di sentire che anche a Torino si fa qualcosa in
questo campo (ciò che può rappresentare un motivo di più per
non considerare definitiva la mia partenza). Nei due mesi che
ho finora trascorso a Q. mi sono un po’ occupato di questioni
di ottica elettronica, ma sono stato assorbito principalmente,
come è naturale, dal lavoro di “ingranamento” nella vita
del Dipartimento [. . . ] Io faccio un corso di spettroscopia e
uno di fisica nucleare [. . . ] inoltre ho un corso di relatività
per i “gradués” [. . . ] Nelle vacanze di Natale sono riuscito,
nonostante le restrizioni, a fare un viaggetto fino a Chicago
dove ero stato invitato per il Capodanno da Fermi [. . . ]
Nel novembre del ’47 era andato in pensione a Torino Alfredo Pochettino e Deaglio, che si stava dedicando all’Istituto di Fisica con energia
e capacità organizzativa per creare un ambiente adatto a sviluppare la
ricerca, all’inizio del 1948 scriveva a Persico:19
Caro Persico, [. . . ] Ha fatto una breve apparizione qui a
Torino Wataghin [. . . ] ha raccontato molte cose interessanti
18
E. Persico a Nasini, 22 gennaio 1948, AP scatola 1, fascicolo 260. La fonte
principale sulla vita di Enrico Persico è costituita dall’articolo scritto da Amaldi e
Rasetti nel 1979 [28].
19
R. Deaglio a E. Persico, 7 febbraio 1948, AP scatola 1, fascicolo 260.
74
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
sulla sua attività scientifica, e non mi ha nascosto il suo
desiderio di potere ritornare in Italia. Non è escluso che
possa presentarsi anche lui come candidato alla eredità di
Pochettino [. . . ] è venuto pure Rostagni qualche tempo
fa [. . . ] Vorrei conoscere in proposito il tuo parere [. . . ]
è ritornato Terracini, poco a poco si ricombina il vecchio
ambiente intellettuale al quale manca in questo momento
l’apporto della tua efficiente personalità scientifica.
Sono finalmente incominciati i lavori di ricostruzione dell’aula di Fisica; è un primo passo verso la ricostruzione
dell’Istituto!
In una lettera di Amaldi a Persico si parla invece dell’interesse di
Cocconi per Torino; quest’ultimo gli aveva scritto ponendo una serie di
domande:20
1) Persico torna a Torino oppure no?
2) La facoltà di scienze di Torino ha intenzione di chiamarmi oppure no?
Mi scrive tali domande pregandomi di rispondergli subito
perché deve decidersi se tornare in Italia o restare per un
altro anno (o forse molti altri anni) in U.S.A., come gli è
stato offerto da Bethe.
Data la situazione ti pregherei di rispondermi subito e di
scrivere al tempo stesso a Cocconi le tue intenzioni che spero
per ovvie ragioni siano ritornereccie. . .
Certo che a Torino con Persico–Deaglio–Cocconi si potrebbe mettere su qualcosa di buono.
20
E. Amaldi a E. Persico, 9 febbraio 1948, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc.
6. Cocconi, che si trovava a Catania, andò poi all’Università di Cornell chiamato da
Hans Bethe.
75
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
Nella sua risposta Persico comunica ad Amaldi le sue impressioni sul
Québec («Tutto sommato, benché questo posto abbia molti lati attraenti,
non è un posto da invecchiarci dentro [. . . ] La mia occupazione principale
in questo momento [. . . ] è il calcolo di uno spettrografo magnetico per
raggi beta che progettiamo di costruire») e annuncia di aver scritto a
Cocconi esponendogli le sue intenzioni di tornare l’autunno successivo: «a
meno che a quell’epoca lo spettrografo mi abbia abbastanza affascinato
da invogliarmi a lavorarci ancora un anno [. . . ]». Persico chiede anche
loro notizie: «E a Roma che cosa si fa? Avete chiamato Ferretti al posto
di Wick? Quando festeggerete il 70◦ compleanno di Lo Surdo?».21
In realtà Deaglio favorì l’anno successivo la chiamata di Gleb Wataghin sulla cattedra di Fisica Sperimentale. Wataghin aveva studiato a
Torino negli anni ’20 ed era emigrato in Brasile alla vigilia della guerra.
Con l’arrivo di Wataghin anche i torinesi parteciparono attivamente allo
studio dei raggi cosmici, in particolare al Laboratorio della Testa Grigia.
Nel 1949, dopo ben 15 anni di esilio, sarebbe tornato anche Giuseppe
Occhialini chiamato prima a Genova sulla cattedra di Fisica precedentemente occupata dal padre e l’anno successivo a Milano, su proposta di
Piero Caldirola e Giovanni Polvani.
Da Roma scrive anche Nella Mortara, una lunga lettera in cui racconta di sé e dell’ambiente romano, in particolare dell’inaugurazione del
Laboratorio della Testa Grigia e della cartolina che tutti insieme gli hanno
mandato in quella occasione:22
Abbiamo avuto in questi giorni ospite Blackett, che ha
tenuto due conferenze sui raggi cosmici all’Istituto; sabato gli
è stato offerto un rinfresco (naturalmente dal Consiglio delle
Ricerche, perché l’Istituto non ne avrebbe i mezzi, essendo più
pezzente che mai), che è riuscito molto simpatico; e domenica
21
E. Persico a E. Amaldi, 17 febbraio 1948, AA scatola 142, fascicolo 3,
sottofascicolo 6.
22
N. Mortara a E. Persico, 13 aprile 1948, AP scatola 1, fascicolo 270.
76
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
la gioventù fisica si è data alla pazza gioia, consumando gli
avanzi del festino [. . . ]
Vedo dalla sua lettera che anche lei ha una voglia matta
di non tornare in Italia; ma ci sono io sola che soffro subito
di nostalgia quando mi trovo in un altro paese? è una
vergogna che vi piantiate tutti laggiù; va bene che avete
tanti mezzi di ricerca che qui mancano; ma tanto più merito
sarà far le scoperte in queste condizioni; non le pare? Di
Rasetti ho notizie spesso da mio fratello Mario, che sta a
Baltimore e quindi lo vede di tanto in tanto; da una fotografia
di un giornale americano mi sembra davvero che non sia
affatto cambiato; mentre Fermi mi faceva l’effetto di essere
invecchiato parecchio [. . . ]
Stia bene, e si persuada che l’Italia è molto bella!
Di lì a poco, su suggerimento di Amaldi, Fermi avrebbe scritto
ad Alcide De Gasperi, Primo ministro, per chiedere un aumento dei
finanziamenti al CNR, che sul momento purtroppo non ebbe l’esito
sperato:23
Io ho seguito con molta attenzione le pubblicazioni scientifiche che ci arrivano dall’Italia. Esse danno prova col loro
numero e ancor più con la loro eccellente qualità dell’enorme
sforzo degli studiosi italiani per continuare una produzione
scientifica di prima classe a dispetto delle evidenti difficoltà
del momento.
Le pubblicazioni italiane, particolarmente quelle sulla radiazione cosmica, formano assai spesso oggetto di discussione
tra gli scienziati americani. Ho udito spesso commentare
con meraviglia sul fatto che così notevoli risultati siano stati
ottenuti in circostanze esterne tanto difficili.
23
E. Fermi a A. De Gasperi, 27 aprile 1948, AA scatola 1E, fascicolo 1.
77
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
Sono sicuro che se il Governo Italiano potrà mettere a
disposizione degli studiosi mezzi più larghi i risultati saranno
corrispondenti [. . . ]
Nel mese di maggio Amaldi scriveva una nota sullo stato della ricerca
in Italia sulla rivista ufficiale della comunità scientifica americana, Physics
Today, nell’ambito di un lungo articolo di rassegna sull’Europa. Dopo
aver aver parlato della distruzione e della quasi cessazione di attività di
ricerca in tutta Italia, Amaldi faceva il punto sulla situazione e concludeva
lamentando il pericolo della fuga dei cervelli:24
Today most of the buildings are repaired or rebuild [. . . ]
For the time being the construction of heavy machinery is out
of the question in Italy, because of the economic situation.
The working conditions of the scientists are difficult. Compared with prewar standards, salaries are are seventeen time
greater, but the cost of living has increased by a factor of
about sixty. The scientist’s wages are quite inadequate to his
needs, and almost all university staffs are compelled to look
for other means of livelyhood [. . . ] The postwar increase
in students is greater in italy than in other countries, and
makes teaching duties more and more fatiguing. Despite this
hard situation, the number of those who devote themselves
willingly to physics is a little more than before the war.
The Consiglio Nazionale delle Ricerche seeks to provide the more urgent necessities of the research institutes,
with funds set up by the Italian government (theoretically
200,000,000 lire, but actually 100,000,000 lire for 1947). Although this sum is small and cannot compare with those
supplied to American institutions, it is enough to keep research from stopping entirely. In addition, the Rome physics
24
78
E. Amaldi, “Abroad, Italy”, Physics Today (maggio 1948), pp. 35–37.
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
institute and some others have been aided by business firms
and private enterprises.
It follows from all this that for the next several years most
of the Italian research will be addressed, necessarily, to those
fields which do not require a large outlay of money, such as
cosmic-ray studies. In any event it is hard to say whether
normal physical progress can persist in this situation. The
greatest and most unavoidable danger is the continuing departure of physicists to other countries, especially to the United
States, where they may have better research equipment and
living conditions.
Una impressione diretta sull’atmosfera che si respirava in Italia e
a Roma in quell’epoca viene da una lunga lettera scritta da Rasetti a
Persico nel dicembre del 1948. Rasetti tornava a Roma dopo un lungo
soggiorno negli Stati Uniti, dopo essere passato a Pozzuolo trovando la
sua casa distrutta dai bombardamenti:25
Vorrei descriverti le impressioni locali ma non è facile
condensarli nella misura di una lettera. Appena sbarcato a
Napoli ho avuto il genere di impressione che si può immaginare
in un personaggio di un romanzo alla Wells che si trovi
magicamente trasportato due o tre secoli indietro. Però
ho trovato l’insieme pittoresco e interessante. Bisogna dire
che Napoli rappresenta anche in Italia un caso estremo nel
senso opposto alla vita americana. Ho molto ammirato la
gente che se ne stava al sole a Mergellina senza dimostrare
alcuna preoccupazione di occupare la propria esistenza in
modo efficiente. Credo che ci sarebbe molto da imparare
da loro, ma è difficile mettere i loro metodi in pratica a
Québec, specialmente di dicembre. E anche in estate manca
25
F. Rasetti a E. Persico, 6 dicembre 1948, AP scatola 1, fascicolo 270.
79
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
l’atmosfera propizia. Mi sembra che Roma rappresenti un
compromesso ragionevole tra l’efficienza e il non far niente.
Ormai le prime impressioni si sono attenuate e non mi
sembra più che questo paese sia così strano come i primi
giorni. Nell’insieme trovo che è più organizzato di quanto mi
aspettavo, specialmente i trasporti. Una cosa a cui non si è
più abituati in America è il freddo nelle case, a Roma nelle
due ultime settimane si congelava perché ci sono pochissimi
ambienti riscaldati. All’università ci sono 12◦ il che per chi
è stato a Torino durante la guerra deve sembrare tropicale
ma a me sembra freddo. L’Istituto di Sanità è ben scaldato.
A Pozzuolo abbiamo una bella casa nuova, frequentata da
una quantità di gatti che io non sono capace di apprezzare
al giusto valore. La mia mamma sta lì e io vengo a Roma
5 giorni per settimana. Vorremmo trovare un appartamento
ammobiliato qui ma costano la modesta somma di L. 70.0000
al mese. Il nostro è affittato a 2000 lire al mese e naturalmente
è impossibile mandar via l’inquilino. Mi sembra che in Italia gli
impiegati dello stato siano quelli che soffrono della situazione
economica, mentre proletariato e capitalisti stanno circa come
prima. Non riesco a capire come una famiglia possa vivere
con lo stipendio di professore; e infatti tutti fanno qualche
altra cosa.
Nell’insieme la situazione ha confermato (dato che ce
ne fosse bisogno) la mia intenzione di restare in America.
L’Italia è un bel paese per visitarlo da turisti ma non per
averci le proprie basi. Non sono ancora ben deciso se restare
a Roma tutto l’inverno, oppure tornare negli Stati Uniti per
5 mesi e venir qui a riprendere la mia mamma in autunno.
Trabacchi vorrebbe che facessi qualche cosa alla Sanità, ma
in fisica oggi è quasi impossibile organizzare ed eseguire un
lavoro in sei mesi o poco più. Edoardo e gli altri lavorano in
80
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
raggi cosmici e hanno varie esperienze in corso a Cervinia.
Come va la vita a Québec? Mi raccomando di non
esagerare con l’efficienza. Salutami tutta la gente dell’Istituto,
e merry Xmas and happy New Year, anche da parte della mia
mamma, Trabacchi, Nella Mortara; ecc.
Cordialissimi saluti da
Franco
Persico intanto vive una sensazione di sospensione e di precarietà,
senza una prospettiva ben definita rispetto al futuro, come scriveva in
una lettera a Nella Mortara del novembre 1948 in cui esordiva con notizie
sulla durata interminabile degli inverni a Québec. Di recente Rasetti
aveva passato un periodo a Roma:26
Avrà dunque anche saputo che ho deciso di restare un
altro anno qui in sospeso, senza disfare i bauli e con la
mentalità dello “sfollato”. Benché non soffra di nostalgia in
modo patologico come Lei, non è affatto vero che abbia, come
dice Lei, «una voglia matta di restare in America: anzi trovo
che questo paese (compresi gli S.U.) è sotto certi aspetti
molto meno paradisiaco di come lo si immagina generalmente
in Italia. Il fatto è che non ho la minima idea di quello che
farò in seguito e tiro avanti alla giornata senza nessun piano
definito [. . . ]
Nelle vacanze ho gironzolato negli S.U. [. . . ] poi ho
passato un mese ad Ann Arbor dove c’era un “symposium” di
fisica teorica. L’effetto di questi viaggi è deprimente per chi
lavora isolato o quasi e con mezzi modesti: sembra veramente
tramontata l’epoca in cui la fisica si faceva con “love and
string and sealing wax” (avrà certamente visto nell’ultimo
numero di “Physics Today” la canzone “Take away your billion
26
E. Persico a N. Mortara, 26 novembre 1948, AP scatola 1, fascicolo 270.
81
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
dollars”: la mostri a Rasetti nel caso gli fosse sfuggita). Qui
a Québec fabbrichiamo lentissimamente uno spettrometro
di massa e uno spettrometro beta: io mi sono occupato un
po’ della teoria di questi strumenti e ora mi gingillo con un
problema di ottica elettronica da cui non so se verrà fuori
qualcosa. è molto probabile che quando i nostri spettrometri
saranno finiti, provati e pronti a funzionare esisterà negli S.U.
una biblioteca di 5000 metri cubi contenente tutti i possibili
spettri beta o di massa, ottenuti con 10.000 superspettrometri
da 100.000 dollari l’uno [. . . ]
Ricevo ogni tanto dei giornali italiani, e ogni volta resto
più colpito dalla violenza e dall’acrimonia della lotta politica in
Italia in contrasto con la flemma con cui i canadesi prendono
queste cose. Naturalmente, la cosa si spiega, ma tuttavia
non manca di fare una certa impressione quando per qualche
mese ci si è dimenticati il tono della stampa italiana [. . . ]
Buon Natale e buon anno!
All’inizio del 1949, uno scambio di corrispondenza con Pontecorvo,
che all’epoca si trovava in Gran Bretagna, al centro nucleare di Harwell,
dove si era di recente trasferito («Io qui posso fare quel che mi pare
(come soggetto di ricerche) il che è un gran vantaggio [. . . ] finora non
c’era praticamente alcuna ricerca pura in fisica»), fornisce qualche indizio
sulle preoccupazioni economiche che affliggevano Amaldi:27
Caro Bruno,
[. . . ] Mi fa molto piacere di sentire che sei in Europa,
ancora di più che verrai a lavorare al laboratorio della Testa
Grigia. Qui cerchiamo di lavorare e le cose non sarebbero
messe male se non ci mancassero i soldi. Siamo arrivati ad
27
E. Amaldi a B. Pontecorvo, 18 febbraio 1948 e B. Pontecorvo a E. Amaldi da
Abingdon, 23 marzo 1949, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6.
82
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
un punto proprio nero e io dedico purtroppo quasi tutto il
mio tempo a schiarirlo. Ho però ancora qualche speranza
[. . . ]
Anche Pontecorvo si stava interessando di raggi cosmici,28 Amaldi
gli aveva scritto sperando che qualche italiano potesse andare a lavorare
all’Atomic Energy Research Establishment di Harwell, ma purtroppo
questa possibilità al momento non era prevista. Inoltre il 24 maggio gli
segnalava la pubblicazione del bando di concorso per una cattedra di Fisica
sperimentale a Pisa, un’idea che solleticava Pontecorvo, il quale tuttavia
non aveva ancora preso una decisione. Certamente Amaldi sperava molto
che l’ex “Cucciolo” di via Panisperna, ormai un valente fisico a livello
internazionale, potesse essere riconquistato alla fisica italiana e ci riprovò
anche l’anno successivo, segnalandogli il concorso bandito all’Università
di Cagliari.29
Pontecorvo, abbandonando il centro di ricerche nucleari di Harwell
si fece invece convincere nell’estate del 1950 ad occupare una cattedra
all’Università di Liverpool, nonostante l’idea non lo convincesse molto.
Ma subito dopo le vacanze scomparve con la famiglia senza lasciare
traccia. Soltanto nel 1955 fu poi resa ufficialmente nota la sua fuga in
Unione Sovietica.
In quella primavera del 1949 Persico manifestava in varie lettere la
sua intenzione di rimanere ancora in Canada. La possibilità di partecipare
di tanto in tanto alla vita scientifica negli Stati Uniti e l’attività di
ricerca sulla teoria degli spettrometri su cui sta avviando alcuni giovani
costituivano per il momento ragioni sufficienti per confermare la sua
scelta.30
28
Si veda in particolare la lettera di Pontecorvo ad Amaldi del 19 giugno 1949, AA
scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6.
29
E. Amaldi a B. Pontecorvo, 19 maggio 1950, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc.
6. Dopo la fuga dall’Europa Pontecorvo aveva lavorato in Canada fino al 1949.
30
Vedi lettere di Persico a Finzi e Tricomi rispettivamente del 5 e 30 aprile 1949,
83
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
Ma un evento del tutto imprevisto stava riconfigurare le pedine sulla
scacchiera della fisica italiana in direzione dei desideri di Amaldi.
Il 24 giugno del 1949 Persico riceve da Roma un telegramma firmato
da Amaldi, che gli annunciava la morte di Antonino Lo Surdo, divenuto
direttore dell’Istituto di fisica romano dopo la partenza di Fermi:31
Deceduto Losurdo stop Scopo orientativo pregoti telegrafare se disposto accettare cattedra spettroscopia et eventuale
direzione istituto.
Dopo quattro giorni arriva a Roma un telegramma di risposta di
Persico dal testo sorprendente:32
Gratissimo proposta purtroppo impossibile accettarla
Rasetti gli scrive immediatamente una lettera perorando la causa
romana e mettendo in evidenza sia che «Québec non è il luogo dove
uno desideri passare il resto della propria esistenza [. . . ] gli inverni
interminabili mi sono venuti sempre più a noia [. . . ] E devi considerare
che avevo l’attrattiva locale dei trilobiti che tu non hai [. . . ]», sia che alla
loro età non sarebbe stato facile trovare una buona posizione negli Stati
Uniti «a meno di non fare scoperte spettacolose»:33
Forse non ti meraviglierai se ti scrivo da Roma, dato il
grado elevato di nobiltà che mi è caratteristico. Ma forse ti
meraviglierà la ragione specifica per cui ti scrivo: quella di
persuaderti ad accettare una cattedra di Fisica Superiore e
di Spettroscopia a Roma [. . . ]
AP scatola 1, fascicoli 270 e 271. Si vedano anche la seconda relazione dell’attività
svolta inviata da Persico al Console italiano in Canada, 30 aprile 1949, e la lettera
inviata al Ministero della P. I. il 13 maggio dello stesso anno in cui chiede una proroga
fino al 31 ottobre 1950, AP scatola 1, fascicolo 274.
31
E. Amaldi a E. Persico, 24 giugno 1949, AP scatola 1, fascicolo 274.
32
E. Persico a E. Amaldi, 28 giugno 1949, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6.
33
F. Rasetti a E. Persico, 2 luglio 1949, AP scatola 1, fascicolo 274.
84
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
Sono disposti a darti una cattedra per cui tu potrai insegnare quello che ti pare e lavorare nei problemi che ti
interessano in un ambiente pieno di giovani abili intelligenti
e simpatici, a parte i nostri vecchi amici Amaldi e Bernardini
che non ho bisogno di descriverti. è certo che in Italia non
esiste posizione migliore. Ma non faresti il solo vantaggio tuo,
ma ancor più quello della fisica romana. Se tu non accetti
è quasi certo che, per appoggi politici, la cattedra andrà
a Medi e in questo caso si prospetta una disintegrazione
completa dell’ambiente fisico romano. Dunque vedi quali
sorti dipendono dalla tua decisione e ripensaci.
[. . . ] Sono in Italia da 10 giorni, ho comprato una 1100
e rimpiango la tua assenza [. . . ] Pensa alle Dolomiti e forse
ti verrà la voglia di tornare in Italia [. . . ]
Contemporaneamente, anche Amaldi manifestava la sua delusione:34
Caro Persico,
ho ricevuto il tuo telegramma che ci è alquanto dispiaciuto.
Noi qui contavamo enormemente su di te e, a dire il vero, ci
contiamo ancora un poco.
Se non vuoi la direzione per timore di seccature, non
te la diamo; l’offerta aveva il carattere di un doveroso atto
di deferenza ma non te la vogliamo imporre. La cattedra
di spettroscopia non dà un gran da fare e tu potresti, di
conseguenza, essere molto libero [. . . ]
Prima di prendere una decisione definitiva, dovresti considerare il fatto che tu qui ci saresti estremamente utile; a noi
manca proprio una persona posata e tranquilla con cultura
fisica classicheggiante, insomma ci manca Persico. . . Anche
34
E. Amaldi a E. Persico, 3 luglio 1949, AP scatola 1, fascicolo 274.
85
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
Emilio Segrè, che è qui, considera che una tua risposta positiva costituisca la migliore soluzione sia per noi che per te
del problema di fronte al quale ci troviamo.
Noi qui abbiamo continuamente dei problemi teorici in relazione alle nostre esperienze nella cui soluzione tu ci potresti
essere di grande aiuto; ma anche su questo punto intendiamo
lasciarti la massima libertà [. . . ]
In conclusione, ti prego di studiare la cosa un poco più a
fondo e, se possibile, di rispondere favorevolmente.
Le lettere di Amaldi e Rasetti sono soltanto le prime di una cascata
di appelli accorati di cui si riporta il testo integrale, perché proprio nel
loro insieme costituiscono una preziosa presa diretta sull’epoca e fanno
comprendere i legami e i rapporti tra le persone (che traspaiono anche
dal modo diverso con cui si rivolgono l’un l’altro) e perfino la diversità
dei personaggi dal punto di vista umano. Ma soprattutto mettono in
evidenza le aspettative dei fisici romani in quel momento difficile, in cui si
sentiva oramai l’esigenza di fare un grande salto di qualità, dopo i primi
anni passati a raccogliere i cocci del disastro e a creare le premesse per
questo cruciale balzo in avanti.
La terza lettera, in ordine cronologico, è quella di Giulio Cesare
Trabacchi dall’Istituto di Sanità:35
Caro Persico,
[. . . ] la fisica romana sta passando un brutto momento;
io spero che la lettera che ti ha scritto ieri Rasetti ti abbia
persuaso [. . . ] io reputo questo di capitale importanza per
l’Istituto Fisico di Roma. In quell’ambiente c’è la necessità
di una persona di fama indiscutibile, di mente equilibrata,
che faccia una “scuola”, la quale sappia che il suo capo è, e
rimarrà sempre qui.
35
86
G.C. Trabacchi a E. Persico, 4 luglio 1949, AP scatola 1, fascicolo 274.
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
Sia nei capi, sia nei gregari, vi sono buoni elementi; ma,
un po’ per la “auri sacra fames”, e un po’ per strane forme
di ambizione, le cose non vanno come dovrebbero andare.
Tutto si aggiusterebbe con la presenza di una persona che,
per cultura e serietà, incutesse rispetto a tutti.
Naturalmente ti scrivo tutto questo in via assolutamente
riservata.
Mi auguro di ricevere buone notizie e di rivederti presto a
Roma. è ovvio che questo Laboratorio, con tutti i suoi mezzi
(che non sono pochi) e il suo personale, lo puoi considerare
a tua disposizione.
G.C. Trabacchi
La dattilografa si unisce a quanto sopra. Cordiali saluti
Nella
La successiva proveniva da Gilberto Bernardini, anche lui, come Bruno
Rossi, antico allievo di Persico negli anni gloriosi di Arcetri:36
Caro Persico,
alle lettere di Franco, di Edoardo e di Ferretti, io tuo
“discepolo prediletto” non ho molto da aggiungere. Ho solo da
ricordarti un affetto ch’è vecchio di tanti anni (e nacque dalla
gratitudine) e una nostra conversazione a N.Y., non molti
mesi fa, quando commentammo gli effetti della solitudine e
la necessità di uscirne quando questa comincia a diventare
cronica.
Io non so bene, né molto comprendo i motivi della tua decisione [. . . ] Però è in noi il sospetto che il tuo quebecchismo
ad oltranza abbia origini generiche quali supposti “guerroni,
quinte colonne, guerre civili ecc” e in questo caso, data l’assoluta imprevedibilità di certe convulsioni, è opinione, non
36
G. Bernardini a E. Persico da Milano, 6 luglio 1949, AP scatola 1, fascicolo 247.
87
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
solo mia (è per es., attualmente, anche opinione di Franco)
che, alla fin fine, il gioco non valga più la candela [. . . ]
Qui a Roma la tua presenza sarebbe, oltre che piacevole
per tutti noi che ti siamo amici, anche fattore di equilibrio
nella scuola e nella ricerca. In quel gruppo che ora siamo
ci manca proprio una persona come te, che abbia le tue
caratteristiche culturali e intellettuali e molte volte abbiamo
rimpianto che tu non fossi con noi e che tu ti sia così allontanato da noi da quell’infausto dì in cui lasciasti il “colle
sacro a Galileo”. Oggi si sono realizzate le condizioni migliori
per un tuo ritorno. Torneresti in un ambiente che si è ormai
consolidato e che è totalmente convertito alla vera fede. I
residui nordici sarebbero, specie con la tua presenza, tenuti in
utile soggezione, in confini perfettamente definiti, ligi a una
disciplina e a una consegna chiaramente definita. Torneresti
e solo tuo grande compito sarebbe quello di tutelare, di fronte
all’incalzare, talvolta eresiaco, delle correnti moderniste, i
sacri principi delle origini.
Non tornando la tua anima si macchierebbe di una colpa
ben più grave di quella commessa lasciando il sacro colle.
Daresti in pasto agli infedeli la terra santa e, credi, dopo non
varrebbero niente 100 crociate per riconquistarla. Oggi siamo
proprio nel momento più critico. I nostri ragazzi, da Ageno
e Cacciapuoti a Pancini ecc. sono alla vigilia di diventare
professori sistemandosi poi in molte sedi importanti. Dopo
la vita della fisica, nel nostro paese, sarà più tranquilla. Però
bisogna superare bene questo periodo e per questo sarebbe
quasi necessario un tuo ritorno, qui a Roma, per insegnare,
studiare e lavorare con noi [. . . ]
tuo G. Bernardini
Anche Bruno Ferretti, il fisico teorico del gruppo romano, si univa al
88
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
coro delle proteste:37
Caro Prof. Persico,
Amaldi mi ha detto della Sua risposta al telegramma che
Le aveva inviato, e anche io ne sono rimasto spiacentissimo;
mi permetto anzi di insistere un poco perché Ella modifichi la
Sua decisone, dato che secondo il mio parere la Sua venuta
qui a Roma sarebbe una cosa ottima sotto tutti i punti di
vista, primo fra tutti quello dell’insegnamento della fisica, che
verrebbe con Lei e dato il Suo indirizzo ad essere completato
in modo brillantissimo [. . . ]
Io poi personalmente sarei felicissimo se Ella accettasse
perché penso che collaborando con lei sarebbe molto più
facile costruire una scuola di Fisica Teorica, che in Italia
purtroppo oggi praticamente non esiste. Per quanto riguarda
la forma concreta della nostra collaborazione La lascerei fin
d’ora liberissimo di fissarla come crede. Io non credo che
noi dobbiamo trascurare completamente le responsabilità
che virtualmente abbiamo verso i giovani di ingegno che per
mancanza di scuola potrebbero essere perduti alla ricerca,
ed è stata questa una delle ragioni, e non la minima, che mi
hanno spinto a tornare in Italia nonostante che in Inghilterra
mi fossero state fatte offerte sotto certi punti di vista molto
allettanti.
Sono sicuro che anch’Ella sarà sensibile a questi motivi,
e quindi mi lusingo che vorrà rivedere le Sue decisioni [. . . ]
Il 29 luglio un nuovo telegramma di Persico ad Amaldi rappresenta un
vero e proprio colpo di scena. La spiegazione del rifiuto di Persico risiedeva
in una grave diagnosi formulata dai dottori di Québec, fortunatamente
smentita successivamente da una équipe medica negli Stati Uniti:38
37
38
B. Ferretti a E. Persico, 7 luglio 1949, AP scatola 1, fascicolo 274.
E. Persico a E. Amaldi, 29 luglio 1949, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6.
89
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
Ospedale Newyorkese smentisce diagnosi. Stop. Ancora
in tempo?
Persico
Il telegramma è seguito da una lettera scritta da New York, in cui
Persico spiega in dettaglio la tormentata vicenda di cui è stato vittima:39
Caro Edoardo,
faccio seguito al cablogramma speditoti ieri per spiegarti
il colpo di scena [. . . ] Inutile dire che uscire dall’ospedale e
correre al telegrafo è stato tutt’uno. Ora la mia gioia è solo
amareggiata dal pensiero che quasi certamente avrete già
impegnato altrimenti la cattedra che mi avevate offerto e che
la meravigliosa possibilità di venire a Roma andrà perduta
per questo incredibilmente maligno concorso di circostanze.
Ma ho ancora un filo di speranza (come vedi, malgrado le
apparenze io non sono un pessimista) e quindi ti confermo
ufficialmente che accetterei con gran piacere una cattedra all’Università di Roma. Non ci tengo alla direzione dell’Istituto
Fisico, purché mi sia garantita completa autonomia e parità
di diritti, cosa di cui non dubito [. . . ]
Caro amico, capisco benissimo la confusione che sto
creando e spero che non mi manderai all’inferno: ne torno
ora e ti assicuro che ci si sta male [. . . ]
Con grande gioia Amaldi, Bernardini e Ferretti gli inviano subito un
telegramma:40
Felicissimi duplice ragione preghiamoti inviare lettera
ufficiale per Facoltà.
39
E. Persico a E. Amaldi, 30 luglio 1949, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6.
E. Amaldi, G. Bernardini, B. Ferretti a E. Persico, 30 luglio, AA scatola 142,
fascicolo 3, sottofasc. 6.
40
90
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
Una decina di giorni dopo la sua del 6 luglio Bernardini si scusava per
alcuni toni della sua precedente lettera e riversava su Persico parole molto
affettuose cogliendo l’occasione per manifestare tutta la sua amicizia:41
Caro Persico,
torno ora a casa, dopo aver parlato con Edoardo e Ferretti
della notizia dataci da Trabacchi. Poche volte sono stato così
abbattuto, così addolorato, così spiacente per non aver saputo
prima per non aver indovinato o almeno intuito. Dovevo ben
immaginare che il tuo rifiuto avesse origine da cose gravissime
[. . . ]
Oggi non potrò scriverti in modo molto sensato. Tutto
sommato vorrei solo pregarti di perdonare la mia precedente
lettera certo non intonata, col suo fare scherzoso, al tuo
spirito. Però a costo di aggravare questa mia condizione
umiliante di uomo che non capisce, che urta, che annoia e
offende, sostenuto solo dal fatto che io ho per te, effettivamente, una grande amicizia, ti scrivo anche entrando un
poco in merito alla questione tua, intima, e ti prego solo di
perdonarmi [. . . ] Oggi posso dirti che fra i miei amici tu e
[Franco]42 siete forse i più cari. A voi ho pensato spesso,
con vera [. . . ] preoccupato della vostra solitudine e, spesso,
mi sono domandato se eravate voi che la cercavate (e in
questo caso era senz’altro [almeno da] rispettare) o se invece
essa non pesasse su di voi come un [. . . ] destino. Oggi so
da Franco stesso (e credo di essere fra [. . . ] che lo sanno;
qui a Roma ho per compagna Lalla Fermi) [. . . ] era proprio
41
G. Bernardini a E. Persico da Roma, 18 luglio 1949, AP scatola 1, fascicolo 274.
C’è un frammento che manca nella pagina; il nome di Rasetti si deduce dalle
righe successive, alcune parole sono ricostruibili, ma restano alcune parti di cui non è
possibile intuire il testo.
42
91
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
un cattivo destino connesso [con la] sua natura di uomo
intellettualmente troppo superiore.
Forse è lo stesso per te, ma allora non vorrei che tu ti
abbandonassi, in questo periodo della tua vita, a questo
sentimento che coincide un poco con quello del lupo, che,
malato, si ritira nella sua tana. I lupi fanno così per ovvie
ragioni, ma per te dovrebbe esser tutto il contrario. Pochi
furono giusti, onesti e buoni come te.
Tutti qui ti ricordano così come io ti conosco; tutti ti
vogliono e ti vorrebbero bene. Tu devi veramente pensare se
questo tuo desiderio di esser solo in questo periodo della tua
vita non sia sostanzialmente frutto di una troppo pessimistica
e, (una volta tanto da parte tua) ingiusta, valutazione degli
uomini.
Vorrei che tu fossi così gentile da rispondere appena potrai.
Io sarò a Roma ancora per qualche giorno, poi a Cervinia
[. . . ]
A settembre avremo il grande Congresso di Como; se
potessi vederti, credi, Persico, ne sarei così felice.
Allora mi crederesti; crederesti in pieno a questo affetto
che nacque dalla gratitudine, si sviluppò con l’ammirazione e
finì per essere una vera amicizia.
tuo Gilberto (Bernardini)
Ma Persico non può allontanarsi subito dall’Università di Laval, l’anno
accademico è già in procinto di cominciare.
Alla fine di agosto scrive a Rasetti per congratularsi delle imminenti
nozze con Marie Madeleine Hennin, di origine belga, che aveva conosciuto
a Québec. La notizia sorprendeva tutti gli amici, considerando che a
quell’epoca Rasetti aveva già 49 anni:43
43
92
E. Persico a F. Rasetti, 30 agosto 1949, AP scatola 1, fascicolo 271.
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
Caro Franco,
il principio “anything can happen” è una legge fondamentale della natura, che non ammette nemmeno quelle
poche eccezioni che generalmente gli si attribuiscono: me
ne persuado ogni giorno di più e la tua lettera ha finito per
convincermene assolutamente. Ma poiché credo che di discorsi di questo genere ne avrai ormai sentiti a sazietà, passo
senz’altro a farti i più sinceri rallegramenti e gli auguri più
fraterni ed affettuosi per la tua nuova vita [. . . ]
Ti ringrazio dell’invito a venirti a trovare a Baltimora
prima di imbarcarmi per l’Europa, ma non credo che la cosa
possa aver luogo in questo autunno. Infatti, come saprai, la
Facoltà di Roma deve decidere la mia chiamata alla fine di
settembre, e (supposto che la decisione sia favorevole) mi sarà
impossibile piantare Laval senza un ragionevole preavviso. è
quindi assai possibile che passi a Québec anche questo inverno
[. . . ]
Di lì a poco, nei giorni 11–16 settembre, si tiene a Como un Convegno
sui raggi cosmici, la cui prima tranche si era tenuta a Basilea all’inizio del
mese. Giorgio Salvini ricorda il «commovente incontro tra Fermi e Werner
Heisenberg»: «Fermi entrava da una parte dell’aula, Heisenberg dall’altra
[. . . ] si abbracciarono. Si erano conosciuti da giovani, non si erano visti
per l’intervallo della guerra. Fu un grande incontro; poco dopo si aggiunse
anche Wolfgang Pauli».44 è l’occasione del primo rientro di Enrico Fermi
in Italia dopo la guerra. Dopo il congresso Fermi tenne una serie di
lezioni a Roma e Milano, organizzate sotto gli auspici dell’Accademia dei
Lincei e della Fondazione Donegani, che ebbero un effetto importante
nell’orientare le ricerche dei fisici italiani verso la fisica delle particelle.
Lo stesso Amaldi è ormai profondamente implicato in questo settore di
ricerca, e insieme a Carlo Castagnoli, Alberto Gigli Berzolari, e Sebastiano
44
G. Salvini in [60, p. 383].
93
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
Sciuti presenta a Como il suo primo lavoro sui raggi cosmici, “Contributo
allo studio degli sciami estesi dell’aria” [27].45
In quel periodo il gruppo di Rossi al Massachusetts Institute of
Technology è all’avanguardia in questi studi, così con la sua entrata in
questo settore di ricerca e la creazione di un gruppo, Amaldi si preoccupa
subito di invitare Bruno Rossi a tenere un corso nell’Istituto romano.46
Questo contatto diretto con la cultura di un settore di ricerca assai
articolato e ricco, alle prese con problemi fondamentali come la fisica
delle particelle elementari, e il suo spostamento verso gli aspetti astrofisici,
come l’origine della radiazione cosmica primaria, contribuiscono a creare
un nuovo substrato scientifico nell’Amaldi pioniere della fisica nucleare
degli anni ’30.
Il 4 ottobre, Amaldi, Bernardini e Ferretti comunicano a Persico con
un telegramma che la Facoltà ha approvato all’unanimità la sua chiamata
sulla cattedra di Fisica superiore,47 e quest’ultimo riceve subito una
lettera di felicitazioni da parte del matematico Mauro Picone, direttore
dell’Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo:48
Mio caro Persico,
non so proprio astenermi dall’esprimerti la gioia che io
provai nell’apprendere che tu eri disposto ad accettare la
chiamata a Roma, nella nostra Facoltà, ritornando in Patria.
Come già ti palesai altra volta il tuo ritorno era fra i voti
miei più vivi ed ora lo vedo finalmente appagato.
Ciò ha un grande significato per il prestigio dell’Italia
perché dimostra al mondo l’esistenza di valorosi suoi figli che
45
Questo lavoro non è presente nella lista pubblicata in [143], che inizia invece dal
1950, con l’articolo scritto insieme a Giuseppe Fidecaro.
46
E. Amaldi a B. Rossi, 17 dicembre 1949, AA scatola 142, fascicolo 6, sottofasc.
8.
47
E. Amaldi, G. Bernardini, B. Ferretti a E. Persico, 4 ottobre 1949, AP scatola 1,
fascicolo 274.
48
M. Picone a E. Persico, da Roma, AP scatola 1, fascicolo 274.
94
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
non la rinnegano, pur potendolo, ed anche per il suo avvenire
perché si può sperare che altri insigni italiani, attualmente
espatriati, ti imitino.
Quando i componenti la Facoltà hanno saputo che tu eri
disposto a venire tra noi per insegnare la Fisica superiore,
l’unanimità si stabilì immediatamente per il provvedimento
da proporre al Ministero per la cattedra vacante di quella
materia.
Col grande apporto che tu darai all’attività scientifica
e didattica della nostra Facoltà io mi auguro che tu vorrai
anche concedere la tua alta collaborazione a questo Istituto
[. . . ]
Con l’annuncio ufficiale Persico tornava ai suoi luoghi d’origine dopo
le tappe Firenze-Torino-Québec, che Persico chiamava la sua «marcia di
avvicinamento al polo» [140, p. 300]. Persico informa subito Romolo
Deaglio della notizia:49
Caro Deaglio, ti scrivo per comunicarti ufficialmente una
notizia che probabilmente ti sarà già pervenuta in qualche
modo quando riceverai questa lettera. Ieri ho ricevuto un
cablogramma da Roma che mi informa che quella Facoltà
di Scienze mi ha chiamato (all’unanimità) alla cattedra di
Fisica Superiore lasciata vacante dalla morte di Lo Surdo.
Come tu sai, da diciannove anni ho l’onore di appartenere
alla Università di Torino, e in diverse occasioni ho dato prova
del mio attaccamento rinunciando a lusinghiere offerte di
altre Università. Ma questa volta l’offerta viene dalla mia
città natale, dove ho trascorso la mia giovinezza e dove ho
molti legami di parentela e di amicizia. Ho quindi accettato
49
E. Persico a R. Deaglio, 5 ottobre 1949, AP scatola 1, fascicolo 274.
95
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
la chiamata, benché lasci con sincero rimpianto il simpatico
ambiente torinese.
Il 16 ottobre Amaldi scrive a Persico:50 «Qui tutto l’Istituto ha fatto
una grande festa non appena si è saputo della tua chiamata; in questi
giorni c’era anche Fermi il quale si è rallegrato con noi [. . . ]».
Ma la situazione rimaneva difficile. Per continuare a lavorare a un
buon livello era necessario passare dei periodi all’estero, come stava
facendo Salvini e come faceva lo stesso Gilberto Bernardini, che peraltro
aveva una funzione importante nel mantenere uno stretto contatto con i
fisici americani, già dotati di acceleratori a energie che iniziavano ad essere
competitive con quelle dei raggi cosmici e che comunque consentivano di
avere fasci di particelle in laboratorio. Questa constatazione certamente
contribuiva a rendere Bernardini perplesso di fronte alla possibilità di
continuare ad essere competitivi in questo settore in enorme espansione:51
Carissimo Persico,
sono di nuovo alla Columbia, per circa un anno (fino alla
prossima estate) poi, nonostante certe allettanti prospettive,
penso di ritornare in Italia e più precisamente a Cervinia, dove
romanticamente sento di aver lasciato un po’ di me stesso) e,
nel riprendere i miei contatti con la terra di Colombo desidero
salutarti con particolare affetto.
Quando penso che l’anno prossimo saremo insieme a
Roma, ne sono davvero felice e sono quasi portato a desiderare
che quest’anno newyorkese passi presto.
Non mi faccio molte illusioni sulle nostre possibilità di
lavoro in Italia. Anche con Cervinia, andremo avanti decentemente qualche anno. Poi, più o meno, staremo a vedere
50
51
271.
96
E. Amaldi a E. Persico, 16 ottobre 1949, AP scatola 1, fascicolo 274.
G. Bernardini a E. Persico da New York, 16 ottobre 1949, AP scatola 1, fascicolo
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
quello che faranno gli americani oppure ci metteremo al servizio dei biologi o dei chimici. Tuttavia, anche con i preti,
l’Italia è un discreto paese e ci si sta bene per quel senso
di dignità che si riesce a mantenere anche facendo poco o
nulla. Proprio di recente, attorno a una bottiglia di Brolio,
con Pauli abbiamo scoperto che l’Italia è l’unico paese in cui
“l’ozio non sia un vizio”.
In quel dicembre del 1949 si riunisce a Losanna il Movimento Europeo,
a cui partecipano 172 delegati da 22 paesi e per la prima volta nel
dopoguerra viene avanzata la proposta di una collaborazione scientifica
internazionale nei settori astrofisico e nucleare.
Ormai si avvicina il ritorno di Persico in Italia; durante l’estate
programma un giro negli Stati Uniti, dove naturalmente ha intenzione
di visitare i Fermi: «Il mio passaggio per Chicago comincia a delinearsi
verso il 10 giugno [. . . ] Mi farà molto piacere di vedervi, tanto più
che ho quasi in tasca il biglietto di ritorno in Italia (ho l’impressione di
non essere mai stato così scemo nella mia vita. Ma ormai è fatto).52
Spera anche di andare a trovare Rossi al MIT, dove si sarebbe incrociato
con Edoardo Amaldi: «Io ho chiesto la prenotazione di una cabina sul
Saturnia in partenza da N.Y. il 21 sett. e attendo di giorno in giorno
la conferma. Sarebbe piacevole se ci trovassimo insieme nel ritorno
[. . . ] Verso la fine di luglio conto di ritornare nell’est, e non escludo di
passare da Cambridge Mass. Gradirei di sapere esattamente quando ti ci
posso trovare».53 Nel frattempo Persico si preoccupa della sua prossima
attività di insegnamento a Roma, e ha uno scambio di lettere con Amaldi
riguardo il suo corso: «Caro Edoardo, sto cercando di concretare un
programma di Fisica Superiore per l’anno prossimo a Roma [. . . ] Come
vedi sono animato dalle migliori intenzioni di ritorno a Roma, nonostante
le insistenze dell’Università Laval per trattenermi qui», Amaldi gli risponde
52
53
E. Persico a L. Fermi, 29 maggio 1950, AP scatola 1, fascicolo 260.
E. Persico a E. Amaldi, 8 giugno 1950, AA scatola 142, fascicolo 3, sottofasc. 6.
97
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
sollecitamente: «ti saluto con molto affetto e pieno di speranze per la tua
venuta a Roma e collaborazione al funzionamento della baracca generale
[. . . ]».54
I preparativi del viaggio si svolgono sotto la minaccia della guerra di
Corea, che coinvolgeva la Russia di Stalin e gli Stati Uniti. Alla fine di
agosto Persico manifesta i suoi timori a Nella Mortara, dopo il racconto
del suo viaggio negli Stati Uniti:55
[. . . ] Ed ora eccomi qui a Québec, in procinto di riordinare le mie cose per attraversare l’Atlantico, nonostante i segni
non dubbi del temporale che si prepara. Ero in California
quando è cominciata la guerra di Corea e la latente mobilitazione americana, e l’impressione generale (specie negli
ambienti dei fisici) era che si marcia a grandi passi verso il
guerrone. Quanto a Emilio Segrè, può immaginare che discorsi faceva. Confesso che ho seriamente considerato se non
era il caso di restare nel Canada, tanto più che al mio ritorno
a Québec l’Università Laval mi ha offerto di considerare nulle
le dimissioni che avevo dato. Ma l’attrattiva della cattedra a
Roma era troppo forte per lasciarla cadere, e così ho deciso
di rischiare: mi imbarco a New York il 13 ottobre sul Vulcania
che arriva a Genova il 25 (probabilmente sbarcherò a Genova
anziché a Napoli per passare da Torino prima di raggiungere
Roma). Come vede, non tutti i pazzi sono al manicomio
(vecchia verità che non ha bisogno di conferma, vero?) [. . . ]
Le stesse preoccupazioni venivano manifestate in una lettera scritta
una settimana dopo a Franco Rasetti:56
54
E. Persico a E. Amaldi, 13 agosto 1950; E. Amaldi a E. Persico 16 agosto 1950,
AA. 142, fascicolo 3, sottofasc. 6.
55
E. Persico a N. Mortara da Québec, 30 agosto 1950, AP scatola 1, fascicolo 272.
56
E. Persico a F. Rasetti, 6 settembre 1950, AP scatola 1, fascicolo 260.
98
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
Caro Franco,
[. . . ] I miei propositi di ritorno in Italia sono stati gravemente scossi, come puoi immaginare, dagli avvenimenti
internazionali degli ultimi mesi, ma tuttavia hanno sopravvissuto. Sono convinto che si marcia a grandi passi verso
la guerra mondiale, ma dall’esperienza dell’ultima guerra ho
imparato che è praticamente impossibile prevedere l’aspetto
che prenderanno le cose nei vari paesi e quindi ogni provvedimento diretto a schivare il peggio ha una probabilità poco
superiore a 0.5 di essere utile. Probabilmente Québec sarà
un posto migliore di Roma durante la guerra. Però credo che
se ora non vado a Roma è quasi certo che non ci vado mai
più. Così ho deciso di rischiare e di traversare l’Atlantico,
tanto più che l’Università Laval mi ha offerto di conservarmi
il posto per un anno, per il caso che mi penta [. . . ]
Questa estate ho fatto un bellissimo viaggio attraverso
gli S.U. [. . . ] ed ora sono qui in procinto di preparare la
partenza. Ho prenotato una cabina sul Vulcania in partenza
da N.Y. il 13 ottobre: probabilmente lascerò Québec ai primi
di settembre per fermarmi qualche giorno a N.Y. prima di
imbarcarmi. Speriamo che di qui al 13 ottobre la guerra non
sia ancora scoppiata. . .
Persico sbarca a Genova nel pomeriggio del 25 ottobre 1950,57 e il
suo arrivo a Roma è previsto per il primo novembre. Qui Lodovico Zanchi
gli aveva già fissato una stanza nella pensione “Villa Fiorita”:58
Il prof. Bernardini, nell’ultima lettera a me diretta, mi
scrive di mettere a Sua disposizione il proprio appartamento
del quale io conservo le chiavi [. . . ] Ieri ho acquistato il libro
57
58
E. Persico a C. Persico, 2 ottobre 1950, AP scatola 2, fascicolo 275.
L. Zanchi a E. Persico da Roma, 16 ottobre 1950, AP scatola 2, fascicolo 275.
99
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
di De Broglie – Ho ordinato il Pierce – il Zworikin esiste già
nella nostra biblioteca.
Infine, mi permetta, illustre Professore, di porgerLe il mio
vivo compiacimento per il ritorno nell’Istituto di Fisica di
Roma. È un ritorno che ho sempre desiderato e ne sono felice
che si sia avverato.
Un paio di lettere scritte all’epoca dei primi giorni del suo rientro
a Roma ci danno una testimonianza diretta delle sensazioni vissute da
Persico:59
Caro Gilberto,
sono a Roma da due settimane [. . . ] è quindi ora che ti
scriva [. . . ] per renderti conto della mia installazione nel tuo
alloggio e per ringraziarti di avermelo proposto [. . . ]
All’Università mi sto lentamente orientando nella vita
dell’Istituto, assai più complessa di quella degli Istituti di
Québec e di Torino. Comincerò il corso di Fisica Superiore la
prossima settimana, con l’idea di fare un po’ di lezioni sulla
relatività ristretta, poi sull’ottica e infine un po’ di ottica
elettronica. Come futuro professore di spettroscopia ho anche
preso contatto coi giovani spettroscopisti Rossi e Santoro
[. . . ]
Ma la cosa più interessante (per me) che ho fatto in questi
giorni è stata la curiosa esperienza psicologica di ritrovarmi
in un mondo di cose e di persone che mi erano familiarissime
venti anni fa. è un continuo alternarsi di concordanze e
discordanze tra la vecchia immagine e la nuova, che mi rende
interessanti anche i particolari più banali e che mi dà un
piacere agrodolce.
59
100
E. Persico a G. Bernardini, 17 novembre 1950, AP scatola 2, fascicolo 275.
L. Bonolis
Gli strateghi della ricostruzione
Pochi giorni dopo Persico scriveva a Laura Fermi:60
Roma (che non vedevo, praticamente da prima della
guerra) mi fa l’effetto di una città essenzialmente nuova con
strane sovrapposizioni alla città della mia giovinezza. Una
cosa che però è rimasta è il gran numero di persone e di
istituzioni aventi l’unico scopo di farmi perdere tempo [. . . ]
Figura 4.1: Enrico Persico nel suo studio all’Istituto di Fisica dell’Università di Roma all’inizio degli anni ’50. Cortesia Alessandra
Raggi.
60
E. Persico a L. Fermi, 20 novembre 1950, AP scatola 2, fascicolo 275.
101
Gli strateghi della ricostruzione
L. Bonolis
Figura 4.2: Ingresso principale dell’Istituto di Fisica “Guglielmo
Marconi”, progettato negli anni ’30 dall’architetto Giuseppe
Pagano per la nuova città universitaria. Archivio Dipartimento
di Fisica, Università Sapienza, Roma.
102
Capitolo 5
Grandi imprese
Al suo arrivo a Roma per l’inizio dell’anno accademico 1950–1951
Persico tiene il corso di Fisica Superiore e continua ad occuparsi di ottica
elettronica, in particolare degli spettrometri per raggi beta. Viene anche
immediatamente coinvolto nell’attività di formazione per il personale del
CISE a cui avevano già contribuito Ferretti e Amaldi. All’inizio di luglio
Persico acquista anche una “Topolino”1 con cui fare piccole scorribande
nel fine settimana: «Negli anni successivi Persico, Conversi, Ageno e Nella
Mortara (spesso chiamati gli scapoloni dell’Istituto) presero l’abitudine di
fare gite domenicali nelle piccole bellissime città nei dintorni di Roma,
gite che tutti ricordarono per anni con gran piacere» [28, p. 251].
A quest’epoca Amaldi, ormai direttore dell’Istituto di Fisica Guglielmo
Marconi, stava rinunciando a questo impegno, a causa dell’intensa attività
legata alla nascita del CERN. Il 12 dicembre del 1950 c’era stato un
incontro a Ginevra organizzato su impulso di Pierre Auger, in cui si
era deciso di esplorare la possibilità di costruire acceleratori di potenza
superiore ai sincrociclotroni, le macchine di frontiera dell’epoca. Ma in
questa fase non era possibile attingere ai fondi UNESCO, fu dunque
essenziale il deposito fatto a nome dell’Italia da Colonnetti, direttore del
CNR, di una somma di 3.000.000 di Lire, necessaria per condurre gli studi
preliminari in adeguate condizioni scientifiche a livello internazionale. È
facile immaginare chi fosse il motore di questa iniziativa:
I remember that in the years 1948–1950 the various aspects of the problem including energy and cost of machines were
1
E. Persico a G. Bolla, 20 febbraio 1951, AP scatola 2, fascicolo 275.
103
Grandi imprese
L. Bonolis
examined in Rome in frequent discussion between Ferretti
and myself and in letter exchanged with Bernardini, who in
those years was at Columbia University and thus had the
opportunity of contributing to stimulating the interest of
Rabi in this subject.
Sarà proprio Rabi, nel corso dell’Assemblea Generale dell’UNESCO
tenuta a Firenze nel giugno del 1950, a sollevare il problema dell’urgenza
di creare centri e laboratori che potessero incrementare e far fruttare
meglio la collaborazione internazionale in tutti quei settori dove gli sforzi
del singolo paese sarebbero stati insufficienti ad affrontare tale onere.
Il rapporto stabilito con Auger sarà un altro ingrediente chiave nella
preistoria del CERN [37, p. 332]:
[. . . ] ce sont des conversations entre Amaldi, Rabi et
moi-même qui ont mis en évidence une nécessité de favoriser
la recherche sur le particules fondamentales en Europe, les
laboratoires europénnes étant moins dotés d’instruments de
grand calibre que les laboratoires américains. Il ressortait
clairement de ces conversations la nécessité de la construction
en Europe de grands accélerateurs.
L’idea ambiziosa degli europei si manifesta nel corso dell’incontro
organizzato a Parigi sotto gli auspici dell’UNESCO, promosso da Pierre Auger, direttore del Dipartimento di scienze naturali dell’UNESCO.
La proposta è quella di costruire un laboratorio europeo fornito di un
acceleratore da 36 GeV. [15, pp. 336–338].
Auger ha sottolineato quali fossero gli ingredienti che permisero a suo
tempo la riuscita di una iniziativa inedita e originale come la creazione
del CERN. Fra questi individuava due elementi essenziali. Per evitare le
implicazioni politiche ed economiche era stato necessario nel corso dei
lavori preparatori concentrare l’autorità tra le mani di un piccolissimo
gruppo di scienziati: «à des personalités de grande valeur scientifique et
104
L. Bonolis
Grandi imprese
non à des experts moins qualifiés, mais désignés par les Administrations
des futurs Etats membres».
L’altro era quello relativo al soggetto scelto, non legato in maniera
immediata a possibili sviluppi industriali o economici. Come più tardi nel
caso dell’European Space Research Organization (ESRO), fu proprio il
carattere non applicativo che permise a queste organizzazioni di avere
un budget realmente internazionale e di godere di una grande libertà di
scelta per la realizzazione, senza il peso economico e diplomatico che,
come notava Auger, ha poi ucciso l’European Launcher Development
Organisation (ELDO) e reso poco efficace l’Euratom. Il carattere del
CERN stroncava alla radice qualsiasi difficoltà diplomatica, in particolare
quelle tra paesi dell’Est e dell’Ovest, in un’epoca in cui le relazioni
internazionali erano ancora fortemente afflitte dal clima difficile della
guerra fredda.
Intanto, sul fronte interno va in porto una iniziativa che sarà fondamentale per il successivo sviluppo della fisica in Italia. L’8 agosto
1951, sotto la spinta di Amaldi, Bernardini e Eligio Perucca, presidente
del Comitato di Fisica del CNR, viene costituito ufficialmente l’Istituto
Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), con lo scopo di coordinare l’attività
di ricerca e gestire le risorse del CNR a favore della ricerca fondamentale
svolta dai centri già costituiti a Roma e a Torino.2 Come primo presidente veniva nominato Gilberto Bernardini, che a quell’epoca trascorreva
circa metà del suo tempo negli Stati Uniti, stabilendo un importante
collegamento con gli studi portati avanti con gli acceleratori della Columbia University e poi dell’Illinois; Amaldi, che rivestirà questa carica
nel periodo 1960–1966, faceva parte del Consiglio Direttivo in quanto
direttore del Centro di Roma, insieme ai direttori di quelle che diverranno
le altre sezioni Piero Caldirola (Milano), Antonio Rostagni (Padova) e
Gleb Wataghin (Torino) [44]. Il Laboratorio della Testa Grigia diveniva
ora ufficialmente una struttura di ricerca a livello nazionale, anche se di
2
Il Centro Sperimentale e Teorico di Fisica era stato costituito a Torino il 1 luglio.
105
Grandi imprese
L. Bonolis
fatto faceva già parte della rete internazionale costituita dai laboratori
di alta montagna presenti in Svizzera (Jungfraujoch) e in Francia (Pic
du Midi) e dai laboratori dell’Università di Bristol e di Bruxelles guidati
rispettivamente da Powell e Occhialini.
Come ha ricordato Giorgio Salvini, all’epoca appena rientrato dagli
Stati Uniti e vincitore di una cattedra a Cagliari, «era stato proprio Amaldi
il primo a proporre che fosse Gilberto Bernardini il presidente dell’INFN.
La questione dei rapporti fra questi due grandi è di notevole interesse,
perché credo che raramente ci siano stati, tra personalità così diverse,
accordi e capacità di intesa come ce ne furono tra Amaldi e Bernardini».3
Nel giugno del 1952 si sarebbe poi deciso di istituire anche in Italia un
Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari, analogo ad altre istituzioni
come il francese Commisariat à l’Energie Atomique, all’inglese United
Kingdom Atomic Energy Agency e alla statunitense Atomic Energy Commission. Ancora una volta Amaldi è uno dei motori dell’iniziativa. Il 26
De Gasperi firma il decreto istitutivo del CNRN, che avrebbe finanziato
il CISE e l’INFN. Presidente è il chimico Francesco Giordani, amico di
Amaldi; quest’ultimo, insieme a Bruno Ferretti, è uno dei cinque membri
del comitato direttivo [119].
Nel frattempo Rostagni aveva costruito il Laboratorio della Marmolada, a 2030 m s.l.m., che divenne ben presto un polo di ricerca a livello
europeo. A quell’epoca la collaborazione rappresentava una esigenza
vitale per i fisici europei. Le relazioni stabilite prima della guerra furono
un ingrediente importante della riorganizzazione e della fioritura della
fisica europea. In questo senso sono esemplari le ricerche con i palloni
svolte nel periodo 1952-1955, promosse da Powell in un incontro avvenuto
nel dicembre del 1951 a Bristol.
Il gruppo romano guidato da Amaldi partecipò attivamente alla prima
e alla seconda di queste spedizioni.4 Nel fare un esauriente resoconto
3
4
106
G. Salvini, testimonianza autobiografica in [60, p. 386].
Per una rassegna sulle spedizioni con palloni dei primi anni ’50 si veda il lungo
L. Bonolis
Grandi imprese
delle collaborazioni europee legate alla fisica dei raggi cosmici nei primi
anni ’50 (“Post-war European Collaboration in High-Energy Physics” in
[22, pp. 115–117]) Amaldi sottolinea:
One of the most important results of the G-stack study
was the final recognition that the values of the masses of
heavy mesons giving rise to different decay processes were
identical within rather small experimental errors. Thus the
interpretation of all these processes as alternative decays
of the same particle was strengthened, contributing in an
essential way to the general recognition of the so-called θ − τ
puzzle.
Il puzzle avrebbe trovato una spiegazione definitiva solo nel 1956,
con la scoperta di T.D. Lee e C.N. Yang della violazione della parità nei
processi governati dalle interazioni deboli.
Tra il 6 e il 12 luglio del 1953 si svolse un incontro a Bagnère de Bigorre
nei Pirenei francesi, durante il quale si discussero le nuove particelle
scoperte e il puzzle rappresentato dai decadimenti di alcune particelle
che facevano ormai parte del vasto zoo messo insieme dai fisici dei raggi
cosmici. Amaldi all’epoca firmò insieme a Rossi, Blackett, LeprinceRinguet, Powell, e altri un lavoro intitolato “Symbols for Fundamental
Particles”, che ben fa comprendere la necessità avvertita a quell’epoca di
mettere un po’ di ordine nella complessa fenomenologia del tempo [26].5
Il convegno annuncia la fine di un’èra, la fisica delle alte energie
si emancipa dall’essere un ramo dello studio dei raggi cosmici “piovuti
dal cielo”: dall’osservazione della produzione di particelle secondarie da
parte di quelle primarie di cui non si conosceva a fondo l’energia e spesso
addirittura l’identità, diventa una scienza costruita sullo studio dettagliato
della ricca fenomenologia prodotta da fasci di particelle che gli acceleratori
articolo di Cristina Olivotto focalizzato in particolare sul lancio del G-Stack [116].
5
Per una discussione del convegno di Bagnère de Bigorre si veda [72].
107
Grandi imprese
L. Bonolis
forniscono in laboratorio. Come fu esplicitato da Cecil Powell durante
la conferenza, diveniva urgente costruire grandi acceleratori anche in
Europa, allo scopo di evitare che il vecchio continente dovesse perdere
la possibilità di continuare ad essere competitivo nel campo della fisica
delle alte energie [21, p. 154].
I risultati complessivi degli esperimenti con palloni – un vero e proprio
canto del cigno per i raggi cosmici nel settore particelle elementari –
verranno poi presentati nel corso della conferenza internazionale sulle
particelle elementari organizzata a Pisa nel 1955 per celebrare il centenario
del Nuovo Cimento. «A striking fact that emerged in Pisa – rileva anche
Amaldi – was that the time for important contributions to subnuclear
particle physics from the study of cosmic rays was very close to an end.
A few papers presented by physicists from the U.S.A. showed clearly the
advantage for the study of these particles presented by the Cosmotron
of the Brookhaven National Laboratory (3 GeV) but even more by the
Bevatron of the Lawrence Radiation Laboratory in Berkeley (6.3 GeV)»
[22, p. 117].
In quel periodo Rossi stava ospitando Piero Bassi, proveniente da
Padova, presso il suo gruppo di raggi cosmici al MIT, come sarebbe
accaduto negli anni successivi anche per molti altri italiani e per ricercatori
provenienti dal gruppo di Leprince-Ringuet all’École Politechnique di
Parigi. Il lavoro svolto all’epoca da Bassi sugli sciami estesi dell’atmosfera
fu di grande rilevanza nell’ambito del percorso di ricerca in questo settore.
A quell’epoca Amaldi stava abbandonando la sua carica di Segretario
generale del CERN provvisorio, ed era felice di recuperare molto del suo
tempo in un momento in cui si era molto appassionato alle ricerche sui
raggi cosmici, un settore ancora strettamente legato alla fisica delle particelle elementari. Il 23 dicembre del 1953 scriveva a Gilberto Bernardini,
che si trovava a Urbana:6
6
108
E. Amaldi a G. Bernardini, 23 dicembre 1953, AA scatola 150, fascicolo 1.
L. Bonolis
Grandi imprese
Mi è stata offerta la direzione del Laboratorio di Ginevra,
ma ho rinunciato, e prima dell’estate sarò nuovamente libero
o quasi. Dico quasi perché resterò certamente nel CERN per
quanto riguarda la cooperazione scientifica che è la cosa che
più mi interessa, in quanto si tratta di occuparsi direttamente
di fisica. Sono contento del lavoro fatto, ma sono anche
contento che sia prossimo alla fine.
In una lettera scritta a Fermi nello stesso periodo Amaldi ribadiva:
«[. . . ] seguiterò a collaborare ma non con una responsabilità e carico
amministrativo di questa importanza e peso. Desidererei quindi mettermi
rapidamente in condizioni di poter lavorare efficientemente sui mesoni
[. . . ]».7
Amaldi confessò anche a suo figlio Ugo che «aveva un grande desiderio
di tornare a fare ricerca a tempo pieno e, per di più, non ammetteva che
qualcuno potesse pensare che avesse lavorato alla costituzione del CERN
per poi divenirne direttore» [29, p. 24].8
Accanto all’intensa attività di promozione della scienza sulla scena
internazionale, e ai suoi doveri a livello nazionale, Amaldi fu coinvolto
molto da vicino nelle ricerche sui raggi cosmici in occasione di una
scoperta fatta in una delle emulsioni esposte nel corso del lancio di un
pacco di emulsioni con palloni del 1953. Una delle tracce fu interpretata
come possibile evidenza del processo di annichilazione di un antiprotone,
una particella prevista teoricamente, ma mai osservata prima [13]. Un
accordo con Emilio Segrè che stava lavorando presso il Bevatrone di
Berkeley, all’epoca una delle macchine più potenti al mondo, consentì di
7
E. Amaldi a E. Fermi, 10 gennaio 1954, AA scatola 1, fascicolo 1, sottofasc. 5.
A conclusione del suo mandato Amaldi preparò dei report che sintetizzavano
l’attività svolta dal CERN provvisorio: E. Amaldi, Reports to Member States, by the
Secretary-General of the provisional European Council for Nuclear Research (CERN9
1952–1954, 4th January 1955, CERN 55–1; E. Amaldi, The Scope and Activities of
CERN 1950–1954, 7th January 1955, CERN 55–2, http://cdsweb.cern.ch/record/
212114?ln=it.
8
109
Grandi imprese
L. Bonolis
fare una ricerca ben più sistematica nelle emulsioni esposte al fascio di
protoni.
La conferma del cosiddetto “evento Faustina”, individuato da Carlo
Castagnoli, venne da un esperimento effettuato qualche settimana dopo
per mezzo di contatori, una scoperta per la quale Segrè e Owen Chamberlain furono insigniti del Premio Nobel per la Fisica nel 1959. Come ha
sottolineato Giovanni Battimelli: «The Rome group just missed receiving
that recognition. It was further confirmation for Amaldi of the absolute
need for European physicists to push hard on the CERN program and to
invest in large-scale, competitive experimental facilities» [40, p. 62] [45].
In ogni caso, queste collaborazioni internazionali su larga scala costituirono un ottimo banco di prova per le future dimensioni della ricerca,
che avrebbero presto caratterizzato le attività nel nuovo laboratorio europeo del CERN, ancora in costruzione a Ginevra [16, p. 220–223] [39, pp.
29–30] .
Ma non tutti avevano le idee così chiare all’epoca sull’importanza di
impiegare questa strategia:9
Amaldi era in una sintonia notevole con la “globalizzazione” della ricerca, come anche Gilberto Bernardini. C’era un
certo numero di persone che hanno promosso questo modo
di vedere e lo hanno attuato. Ma ricordo anche che quando
si trattava di fare il laboratorio di Ginevra molta gente era
contraria, perché pensava che dovessero essere le singole università l’elemento da rivalutare. C’era anche una resistenza
al fatto che la gente uscisse dal proprio istituto, dal proprio
laboratorio, se non per visite, che andava oltre al fatto che
istituzionalmente ci fossero delle strutture e dei mezzi che
potevano essere messi a disposizione solo da una comunità
ampia e internazionale.
9
110
Giampiero Puppi, in [60, p. 355].
L. Bonolis
Grandi imprese
Più avanti Giampiero Puppi, che fu l’artefice della riorganizzazione
su larga scala dell’Istituto di Fisica di Bologna, ribadiva come fosse stato
necessario un cambiamento di mentalità «per arrivare a considerare che
Ginevra era anche Italia; oppure che Saclay era Francia, ma ci si poteva
andare con lo stesso spirito». A quel momento le ricerche cominciavano a
richiedere una base finanziaria considerevole e quindi anche per chiedere
fondi bisognava essere in tanti, come era accaduto nel caso dei laboratori
americani, come Brookhaven, in cui varie sedi universitarie si erano
associate per fare un laboratorio comune.
La costituzione dell’INFN creò soprattutto i presupposti per realizzare
il sogno lungamente inseguito fin dall’epoca di Fermi [46] che ora tuttavia
assumeva una dimensione su scala nazionale. Il promotore principale di
questa iniziativa fu Gilberto Bernardini.10
Come ha ricordato Giorgio Salvini, «Lui partì subito, “alla Bernardini”,
dicendo: “Questa è l’occasione unica perché l’Italia possa avere un
laboratorio nazionale, analogamente ad altri paesi come la Francia, la
Germania e gli Stati Uniti. Un laboratorio nazionale che deve essere
centrato intorno a una macchina acceleratrice”».11
Del progetto avevano lungamente discusso Amaldi e Bernardini nel
corso del 1952 e nel gennaio del 1953 si prese la decisione concreta
di costruire un elettrosincrotrone, la cui realizzazione fu affidata ad un
gruppo guidato dall’appena trentatreenne Giorgio Salvini:12
Questa operazione è nata nella mente di Gilberto Bernardini, animo impetuoso, generoso, costruttivo, che aveva
trascorso molti anni in America (dal ’48 al ’54) e aveva accumulato risultati scientifici di prima classe sui pioni. Ricordo
10
Per una ricostruzione approfondita della storia dell’Istituto Nazionale di Fisica
Nucleare si veda [44].
11
Giorgio Salvini in [60, p. 385].
12
Tutte le citazioni qui di seguito provengono dal contributo di Giorgio Salvini in
[60, pp. 386–388].
111
Grandi imprese
L. Bonolis
come i suoi lavori furono apprezzati e stimati da Enrico Fermi,
in quelle indimenticabili giornate di Varenna del 1954, in cui
si discussero tanti recenti risultati. Bernardini tornava, in un
certo senso, carico di gloria.
Credo fossero tutti d’accordo sulla mia capacità di fare,
energie ecc., ma Bernardini portò un altro elemento, che
credo persuase molti: «Guardate che quest’uomo è stubborn»
[. . . ]
Mi ricordo quando vennero a trovarmi a Pisa: Gilberto
Bernardini ed Ettore Pancini [. . . ] Anche Pancini era convinto
che io fossi l’uomo adatto, si sentiva un po’ troppo pigro
per esserlo lui, anche se sono convinto che ne avrebbe avuto
la piena capacità; e d’altra parte era già in gloria per quel
famoso esperimento. Vennero praticamente a nominarmi
[. . . ]
Si decise di formare uno stato maggiore di fisici esperti, e
di arruolare giovani fisici e ingegneri, di massima neo laureati,
con poca preoccupazione per la loro attività precedente o
per la loro competenza specifica in elettrosincrotroni. Quello
fu un mio piccolo merito: io ho sempre creduto nei primi
della classe. Non i primi della classe nei corsi banali, ma nei
corsi specifici: laurea in fisica, in ingegneria, ecc. Andai a
cercarmi i collaboratori, di università in università, che fossero
i primi della classe. Non mi importava niente che sapessero
o no come funzionava un elettrosincrotrone, perché in un
mese lo potevano imparare; non mi importava il carattere
o l’ideologia. Mi importava che fossero bravi, e credo che
questa sia stata una richiesta vincente.
Naturalmente non mancò a me e a Gilberto il criterio di
avere una struttura base di esperti “anziani”: il prof. Mario
Ageno aveva cinque anni più di me e accettò, esperto in
macchine nucleari qual era, di occuparsi dell’iniettore per il
112
L. Bonolis
Grandi imprese
Sincrotrone; il prof. Enrico Persico, del 1900, con diciotto
anni più di me, accettò di dirigere il lavoro teorico, e fu
in questo formidabile. Ma non accettò responsabilità di
direzione. Tutti dicevano: “Benissimo, ti lasciamo tutto; ma
tu lasciaci in pace a lavorare in questo o quel settore”.
Dal 20 luglio al 10 settembre al 1953, Gilberto Bernardini e Giorgio
Salvini compirono un viaggio negli Stati Uniti per visitare le macchine
acceleratrici e prendere delle decisioni [60, p. 390]:
Fu un viaggio notevole; vedemmo le varie iniziative americane e trovammo simpatia e attenzione ovunque, in particolare dal prof. Wolfgang Panofsky e dal prof. Robert
Wilson. Un viaggio incredibile. Ricordo che avevamo perso
un autobus di linea – perché dovevamo limitare anche le
spese – e che poi eravamo costretti ad andare a piedi con
delle grosse valigie. Facemmo un bel tratto, sotto il sole, e
ogni tanto ci fermavamo e Gilberto diceva: «Però Giorgio, io
penso che per l’iniettore potremmo forse fare così. . . »; allora
all’ombra parlavamo un po’ e poi ripigliavamo il cammino. Io
avevo trentatre anni; ma lui, del 1905, ne aveva quarantotto,
con un vigore e uno spirito generoso e ispiratore. Un gran
Gilberto, veramente.
Nel corso di questo viaggio Bernardini e Salvini si convinsero dell’opportunità di innalzare l’energia massima della macchina ad almeno mille
MeV, orientandosi definitivamente verso un elettrosincrotrone, rispetto
all’ipotesi di un acceleratore lineare per elettroni. Questa scelta strategica
creava una alternativa alle due macchine a protoni previste al CERN, che
avrebbe consentito ai fisici italiani di disporre non soltanto del futuro
Laboratorio Nazionale, di cui ancora non si era decisa la sede, ma anche della possibilità di lavorare a ricerche alternative nel Laboratorio in
costruzione a Ginevra.
113
Grandi imprese
L. Bonolis
Nel solco di questa scelta, Bruno Touschek, avrebbe proposto all’inizio
del 1960 la costruzione di una piccola macchina per accumulare elettroni
e positroni, che avrà a sua volta un ruolo enorme nel creare una vera
e propria tradizione di ricerca nei Laboratori Nazionali di Frascati, che
ancora oggi produce i suoi frutti.
Nell’aprile del 1954, mentre già ferveva il lavoro di progettazione della
macchina, si decise finalmente quale sarebbe stata la sede del Laboratorio
da costruire intorno a quello che all’epoca veniva normalmente chiamato
“elettrosincrotrone italiano”. La scelta cadde nei dintorni di Roma, secondo
il desiderio di Amaldi di «concentrare la ricerca fondamentale vicino alla
capitale» [40, p. 61]:13
Offerte erano venute da Roma, da Milano e da altri, e
le discussioni si conclusero nell’aprile di quell’anno, con la
decisione di fare sorgere il laboratorio del sincrotrone su un
terreno dell’amministrazione comunale di Frascati, a venticinque chilometri da Roma. Un terreno incolto, a vegetazione
bassa, di un verde scuro, ondulato, senz’acqua, con una sola strada carrereccia, bellissimo nei tramonti, molto più di
adesso che è civilizzato con strade e acqua.
Io non avrei mai creduto, vedendo quel terreno nel 1954,
che nel 1958 avremmo avuto lì il primo fascio di elettroni.
«Nel corso del 1954 dunque gli anni della ricostruzione erano chiaramente terminati, grazie ad un’opera collettiva non molto frequente
nel nostro Paese per ampiezza numerica, varietà e qualità delle persone
e durata nel tempo (circa un decennio» [16, p. 225]. Tuttavia, come
già messo in evidenza, questo processo in qualche modo era iniziato fin
dall’epoca della partenza di Fermi, quando Amaldi, già profondamente
cosciente del compito che lo attendeva, aveva preso in mano il timone
13
Su questa fase preliminare si veda in generale la testimonianza di Giorgio Salvini,
in [60, p. 391].
114
L. Bonolis
Grandi imprese
raccogliendo le forze rimaste e cercando di navigare in quelle acque così
turbolente.
Quel periodo di “rodaggio” era stato essenziale al momento in cui
si erano realizzate le condizioni per iniziare davvero un lavoro che era
di ricostruzione e costruzione allo stesso tempo. Come ha giustamente
commentato Gianni Battimelli,
[. . . ] non si è mai assistito, nella storia della scienza dell’Italia post-unitaria, e verosimilmente anche senza limitarsi
alla sola fisica, ad un decennio che abbia visto un processo di trasformazione istituzionale e di sviluppo disciplinare
altrettanto profondo.
Il decennio successivo sarà ormai caratterizzato da una realtà ancora
più inedita per la storia del nostro paese [39, pp. 40–41]:
[. . . ] se guardiamo al panorama della fisica italiana della
seconda metà degli anni ’50 non troviamo solo macerie rimesse in piedi, ma soprattutto cose fondamentalmente nuove. I
fisici italiani hanno ora un istituto di ricerca in grado di reggere il peso della costruzione di un vero laboratorio nazionale,
in cui sta finalmente per realizzarsi il vecchio progetto, mai
giunto a compimento, di una moderna macchina acceleratrice; un livello inedito di coordinamento tra le varie realtà
locali; una significativa presenza nel progetto di un grande
laboratorio europeo; una scuola internazionale di prestigio.
Nulla di tutto ciò esisteva in Italia prima della guerra [nostro
corsivo].
115
Grandi imprese
L. Bonolis
Figura 5.1: Basilea, 1949: Giorgio Salvini (al centro), Bruno
Ferretti (a destra), Edoardo Amaldi (a destra, in seconda fila) e
Guido Tagliaferri (a sinistra, in seconda fila); vicino a lui Antonio
Lovati.
116
Capitolo 6
Il “vecchio Enrico”
Il ritorno di Persico a Roma si rivelava ora provvidenziale; una persona
di vasta cultura fisica come lui rappresentava una enorme risorsa per
affrontare il compito del tutto nuovo di studiare la teoria di base del
sincrotrone. Del gruppo teorico da lui guidato stava per entrare a far
parte Carlo Bernardini, un giovane fresco di laurea [59, pp. 362–364]:
Il momento in cui arrivai a Roma, nell’autunno del 1947
(a 17 anni), per iscrivermi all’Università, era immediatamente
successivo a una grande discontinuità della storia: la Seconda
Guerra Mondiale [. . . ] Quando arrivai, con l’intenzione di
iscrivermi a matematica, bastò poco per riconoscere che i pur
grandi matematici romani non avevano il fascino dei loro colleghi fisici [. . . ] Mi trasferii precipitosamente da Matematica
a Fisica: fu come lasciare un solenne ricevimento ufficiale per
andare in trattoria con gli amici [. . . ] le sorprese che avrei
trovato tra i fisici non finirono di sbalordirmi. Avevano nome
e cognome: Edoardo AmaldiAmaldi, Bruno Ferretti, Ettore
Pancini, per non parlare dei “pedagoghi” (oggi ribattezzati
tutors), nientemeno che Ruggero Querzoli e Gherardo Stoppini, poco più anziani di noi, non ancora leaders ma tali di lì
a poco: la pratica di usare i giovani laureati per il training
“duro” delle matricole è stata malauguratamente abbandonata, ma allora produceva sfide intellettuali estremamente
coinvolgenti; si affrontavano insieme problemi veri e non presi
dai repertori.
117
Il “vecchio Enrico”
L. Bonolis
Per completare lo sbalordimento, di lì a poco arrivò stabilmente Enrico Persico [. . . ] Tutto questo straordinario Olimpo
della fisica italiana sembrava che lavorasse solo per noi, meno
di una decina di studenti estremamente assidui.
Carlo Bernardini, che si era laureato con Bruno Ferretti nel marzo del
1952, racconta ancora che quell’anno il congresso della Società Italiana
di Fisica si svolse a Trieste, e per i giovani studenti di fisica o appena
laureati era un punto d’onore partecipare a questi eventi:
La sera me ne andai a spasso per Trieste, che mi affascinava. In un vicoletto trovai un gattino che doveva aver perso
la madre. Presi il gattino e cominciai a cercarla. A un certo
punto si avvicinò un signore di una certa età e cominciò a
dirmi: «Ma lei lo ha preso in braccio? Non ha paura delle pulci?» Io risposi che le pulci dei gatti non si attaccano all’uomo
e via dicendo. Cominciammo a parlare di gatti e a cercare
la madre; quando la trovammo, eravamo entrambi contenti.
La mattina dopo, al congresso, sentii quelli del palco che
dicevano: «È arrivato Persico!» E vidi entrare quello del gatto.
Passandomi vicino mi salutò. Ebbi una forte emozione, ero
un ragazzino, avevo ventidue anni, ero appena laureato [. . . ]
e avevo trafficato con i gatti insieme al grande Persico. . .
I giovani provavano un comprensibile senso di reverenza nei confronti
di Persico, che apparteneva alla stessa mitica generazione di Fermi e
Rasetti, essendo tutti nati tra il 1900 e il 1901. Durante il successivo
congresso della SIF, tenuto a Cagliari nel 1953, Persico fu posto di forza
a sedere sopra il tetto di un’automobile e portato in trionfo, come mostra
una foto d’epoca [28, p. 243].
Salvini invitò Persico a partecipare alle prime riunioni del gruppo
che doveva progettare e costruire l’elettrosincrotrone. Persico accettò
118
L. Bonolis
Il “vecchio Enrico”
di dirigere la Sezione Teorica, di cui entrò subito a far parte Carlo
Bernardini:1
Cominciò così una intensa attività quotidiana: noi teorici più Franca Magistrelli, Angelo Turrin e io (di lì a poco
arrivò anche Giorgio Sona) eravamo a Roma, con Persico
[. . . ] Persico si era occupato di progettazione di magneti per
spettrografi di massa ad alta risoluzione. Per questo, aveva
lavorato molto su problemi di calcolo numerico, con varie
tecniche [. . . ] Ciò di cui si disponeva, in quei primi anni
’50, erano due calcolatrici elettriche, una Marchant e una
Monroe, che facevano un baccano infernale [. . . ] mi misi
subito a macinare numeri con la Marchant (Persico riservava
la Monroe per sé) [. . . ] Persico mi disse che aveva scovato
una vecchia proposta secondo la quale era possibile simulare
traiettorie di elettroni relativistici in campi magnetici non
omogenei mediante un filo conduttore meccanicamente teso
e percorso da corrente. Mi disse che era una tecnica non
semplicissima da realizzare. Ma io mi precipitai a costruire il
marchingegno e ci riuscii: sicché mi fece scrivere il mio primo
lavoro, per i Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei
[47].
In quel periodo, calcolammo tutto ciò che si poteva calcolare per la macchina: effetti di risonanza nelle oscillazioni di
betatrone, cattura a radiofrequenza, misuratori dell’intensità
del fascio circolante, spettro della radiazione di sincrotrone,
effetti di carica spaziale, possibili metodi di estrazione del
fascio [. . . ]
1
Una rassegna del lavoro complessivo eseguito dal gruppo teorico [50] fu pubblicata
più tardi nel numero del Nuovo Cimento dedicato all’elettrosincrotrone [51].
119
Il “vecchio Enrico”
L. Bonolis
Persico aveva una gran passione per la matematica applicata e, poiché
aveva lavorato in Canada per molti anni sugli spettrometri magnetici e
aveva il gusto di disegnare campi magnetici con cui fare spettrometri, era
interessato a come trovare soluzioni di equazioni ellittiche, di equazioni
di Laplace, con condizioni al contorno piuttosto complicate.2 Persico
teneva quindi moltissimo al calcolatore analogico a rete di resistenze che
permetteva di simulare campi elettrici e magnetici generati da elettrodi o
poli dalle forme più svariate e sui cui bordi si potevano fissare facilmente
condizioni qualsiasi [131] [132]. Il metodo, che era piuttosto accurato per
l’epoca, consentiva di fare i profili di questi campi.3 Franca Magistrelli
era l’amministratrice della rete:4
Pur non essendo il mio lavoro principale, in quanto si
trattava di un volontariato senza particolari impegni e responsabilità, era per me importantissimo poiché mi dava la
possibilità di operare sotto la guida di un Maestro [. . . ] Si
trattava di costruire un numero considerevole di resistenze a
filo curando, mediante l’impiego di un ponte di Wheatstone,
che i valori teorici fossero approssimati con elevata precisione. Si trattava quindi di un lavoro di grande pazienza. In
realtà disponevamo di due ponti di Wheatstone, affiancati
su uno stesso bancone. E capitava spesso che il professore,
il cui studio comunicava con il laboratorio con una porta
interna, per fare una pausa nel suo lavoro a scrivania, venisse
in laboratorio a darmi una mano a costruire resistenze. E
2
La richiesta da parte di Chien-Shiung Wu dei reprint di questi lavori sulla teoria
degli spettrometri costituisce tra l’altro una misura di quanto fossero apprezzati a
livello internazionale: «These two articles have been very useful in our laboratory. I
also enjoyed reading your book on Quantum theory. It is such an excellent book on
fundamental conceptions of the quantum formulation». C. S. Wu a E. Persico, 9
febbraio 1953, AP scatola 2, fascicolo 277.
3
Carlo Bernardini, testimonianza autobiografica in [60, p. 18].
4
Testimonianza autobiografica di Franca Magistrelli in [58, p. 314].
120
L. Bonolis
Il “vecchio Enrico”
poiché questo lavoro, pur richiedendo grande precisione, non
impediva di rivolgere ad altro i propri pensieri, era possibile
chiacchierare. Ricordo sempre con piacere queste conversazioni che riguardavano anche argomenti non scientifici, alle
volte anche leggeri, ma che l’arguzia e la vivacità intellettuale del professore rendevano comunque interessanti. Una
volta costruita, la rete venne naturalmente da noi adoperata
appunto per la soluzione di vari problemi di ottica elettronica.
Rasetti aveva seguito dalla Johns Hopkins l’attività “artigianale” di
Persico, e a questo proposito gli aveva scritto l’anno prima facendo alcune
considerazioni sul destino della loro generazione, nata con “sputo, spago
e ceralacca”, secondo la definizione di Luigi Puccianti:5
Caro Persico,
Scusa se non ho risposto prima alla tua lettera del 25
dicembre, ma si sa come vanno le cose [. . . ] è straordinario
come uno finisca per essere occupatissimo e non far nulla,
come Gigi Puccianti.
Ho visto nel Cimento il tuo lavoro sulla risoluzione numerica del problema di Dirichlet mediante una rete di resistenze e
immagino che ormai la rete con le resistenze diagonali sarà in
efficienza, e che ne farai applicazioni alle lenti elettrostatiche.
La fisica a Hopkins non dà manifestazioni molto interessanti. Facciamo un poco di fisica nucleare [. . . ] più per aver
qualche problema sperimentale per le tesi di dottorato e per
far qualcosa che per l’interesse dei problemi stessi. Ormai
la fisica nucleare, per chi non abbia i super-ciclotroni che
producono mesoni ecc. è ridotta come la spettroscopia: l’interesse dei possibili lavori si riduce esponenzialmente col tempo,
mentre la difficoltà di eseguirli e soprattutto la concorrenza
5
F. Rasetti a E. Persico, 28 gennaio 1952, AP scatola 2, fascicolo 276.
121
Il “vecchio Enrico”
L. Bonolis
aumentano di giorno in giorno [. . . ] Non è molto divertente
lavorare con questa mentalità di concorrenza.
La conclusione ovvia è tutta a favore della paleontologia,
dove ci sono cento problemi interessanti per ogni paleontologo, nessuno porta via i lavori agli altri, e non ci vogliono
sovvenzioni perché il costo è irrisorio. Naturalmente, se la
paleontologia servisse per ammazzare il prossimo, il governo
ci spenderebbe milioni di dollari [. . . ] Per fortuna la possibilità di questa corruzione nella paleontologia è pressoché
nulla. Anche in fisica forse si possono trovare dei campetti
“morti” ancora sfuggiti all’interesse industriale e militare, ma
si riducono sempre più piccoli e meno interessanti.
Credo che potrai restare a lungo nell’appartamento di
Bernardini che conosco ed è molto bello, perché Gilberto
come sai è andato a Urbana e non mi immagino che torni in
Italia per un pezzo, tanto più che se esce dagli Stati Uniti
non ce lo lasciano rientrare, data la sua situazione irregolare
con l’immigrazione [. . . ] Io sono diventato cittadino degli
Stati Uniti [. . . ] Spero di venire in Italia questa estate, anzi
nel caso si potrebbe combinare di passare qualche tempo
insieme in Dolomiti o qualche cosa del genere [. . . ]
Due settimane fa a New York vidi Fermi, Wick ed altri
amici. Fermi sta lavorando col super-ciclotrone ed è come
un topo entro una forma di cacio.
Salvini aveva invitato Persico a partecipare alle prime riunioni del
gruppo che doveva progettare e costruire l’elettrosincrotrone. Quest’ultimo accettò subito la direzione della Sezione Teorica – ma non la direzione
generale offertagli da Salvini – e iniziò l’attività con una serie di lezioni su
problemi legati alla progettazione della macchina, in particolare legati alla
dinamica ultrarelativistica degli elettroni, alla distribuzione dei potenziali
elettrici e di campi magnetici determinati da poli di forma non usuale, ai
122
L. Bonolis
Il “vecchio Enrico”
metodi di risoluzione ottenuti attraverso simulazioni [28, p. 252]. Il 3
aprile del 1953 Persico scriveva a Salvini (che si trovava ancora a Pisa),
chiedendogli qualche notizia sui tempi di progettazione:
Caro Salvini,
l’anno scorso, come forse saprai, mi occupai dei metodi
analogici e, in particolare delle reti di resistenze per la risoluzione numerica dei problemi di field-mapping. Vorrei perciò
domandarti (dietro suggerimento di Bernardini) in quale epoca credi che il gruppo del magnete si troverà di fronte allo
studio numerico della forma dei poli, del fringing field etc.,
per sapere se sarebbe utile iniziare ora la costruzione di una
rete adatta a portare un eventuale contributo a tale studio.
Intanto, con l’aiuto di [Angelo] Turrin, sto studiando le
condizioni più favorevoli per l’iniezione, tenendo conto delle
oscillazioni che Ageno e Querzoli (nel rapporto che avrai
già ricevuto) hanno trascurato. Sto inoltre leggendo alcune
memorie relative alle oscillazione che si eccitano quando si
accende la radiofrequenza [. . . ] Al ritorno spero che potremo
concretare qualcosa riguardo l’iniezione [. . . ]
Accanto a una serie di studi legati alla progettazione dell’elettrosincrotrone, Persico stava sviluppando la teoria generale dell’iniezione di
particelle cariche nelle macchine acceleratrici, La risposta di Salvini arrivò
rapidamente:6
Caro Persico,
grazie della tua lettera del 3 Aprile ’53. Il problema della
forma del campo è attualmente allo studio dell’Ing. Pellaschiar. Io penso di procedere secondo quest’ordine, suggerito
dalla letteratura vista: 1) metodi analitici e numerici, 2)
6
G. Salvini a E. Persico, 7 aprile 1953, AP scatola 2, fascicolo 276.
123
Il “vecchio Enrico”
L. Bonolis
metodi analogici (sapevo vagamente del tuo lavoro dell’anno
scorso), 3) vasca elettrolitica; 4) costruzione dei modelli in
ferro [. . . ]
Alla fine del 1953 Persico raccontava a Rasetti:7
Il progetto di elettrosincrotrone del quale sentisti parlare
questa estate comincia a concretarsi [. . . ] Intanto sono stati
portati abbastanza avanti un progetto da 600 MeV e uno
da un BeV. Certo che l’impresa è piuttosto arrischiata in un
paese dove non si è mai fatto nulla di simile, ma io spero
che ce la faremo. Io passo intanto il tempo a calcolare, con
due giovani assistenti, gli scodinzolamenti degli elettroni e il
modo di farli arrivare incolumi in fondo ai 3700 km di viaggio,
ed è un lavoro molto di mio gusto.
Nel 1954 si svolse la prima Scuola di Varenna, una iniziativa organizzata da Giovanni Polvani sulla scia della Scuola di Fisica di Les Houches,
fondata nel 1951. Nel porgere il suo saluto, durante il discorso inaugurale,
Polvani faceva un omaggio speciale a Fermi «[. . . ] gloria della nostra
terra, il quale, presente nel cuore ammirato degli italiani, ha voluto accogliere, come già nel 1949, l’invito della nostra Società e soddisfare un
po’, con la sua presenza, la nostra nostalgia, che poi purtroppo sarà più
acerba che mai. . . ».8
Anche Bruno Rossi era presente a questo importante appuntamento e
tenne lezioni sull’origine dei raggi cosmici e sulle particelle fondamentali
mentre Fermi tenne un memorabile ciclo di lezioni sulla fisica dei mesoni
iniziando la mattina del 19 luglio, come ricorda lo stesso Edoardo Amaldi:9
7
E. Persico a F. Rasetti, 20 dicembre 1953, AP scatola 2, fascicolo 277.
I contributi presentati alla Scuola di Varenna furono pubblicati tutti sul Nuovo
Cimento N. 2, Supplemento 1 (1955).
9
E. Amaldi, Commemorazione di Enrico Fermi tenuta nella seduta a Classi riunite
del 12 marzo 1955 all’Accademia Nazionale dei Lincei, quaderno N. 35, Roma (1955)
8
124
L. Bonolis
Il “vecchio Enrico”
Al termine della lezione, svolta di fronte a una quarantina
di allievi, metà italiani e metà di tutti i paesi del mondo,
con quella semplicità di forma, chiarezza incisiva, con quella
logica stringente e con quello spirito critico stimolante che
avevano tutte le sue lezioni, c’era stata una breve pausa
di attesa commossa seguita da un applauso indimenticabile,
pieno di gratitudine e di ammirazione.
Tutti coloro che erano presenti lo ricordano, piccolo, magro, un po’ scavato dal male non ancora individuato ma che
già distruggeva la sua fibra robustissima, con gli occhi ancora
scintillanti per il piacere di insegnare, di comunicare ad altri la
semplice profonda ed elegante analisi di recentissimi risultati
sperimentali.
La presenza di questi due personaggi ormai mitici ebbe un forte impatto emotivo sulle nuove leve e attraverso il risalto dato anche dalla
stampa fu determinante nell’attirare l’attenzione dei giovani sulla possibilità di una carriera in questo campo di ricerca. In quella occasione
Fermi discusse con gli anziani, molti dei quali ritrovava dopo tanti anni, i
progetti del momento, in particolare l’impresa dell’elettrosincrotrone, che
era stata presentata durante la Scuola di Varenna da Enrico Persico (A
theory of the capture in a high energy injected synchrotron [133]) e da
Giorgio Salvini (The italian design of a 1000 MeV electronsynchrotron: A
comparison between the strong and the weak focusing [145]):10
Persico ha fatto un lavoro di alta classe come fisico teorico,
anche nel campo dell’astrofisica. Nel nostro caso si mise,
prima pazientemente, poi genialmente a studiare l’iniezione,
ripubblicato in [48], disponibile anche in versione elettronica: http://www.sif.it/
SIF/it/portal/libri/conoscere_fermi; nello stesso volume si veda il contributo
di R. A. Ricci su “Le ultime lezioni di Fermi”.
10
Giorgio Salvini, testimonianza autobiografica pubblicata in [60, pp. 393–394].
125
Il “vecchio Enrico”
L. Bonolis
trovò delle soluzioni originali [. . . ] Mi ricordo l’interesse con
il quale Enrico Fermi – l’altro grande Enrico – ascoltò il
“vecchio Enrico” (Fermi chiamava così Persico) e la teoria
del sincrotrone, cioè la teoria di questa iniezione, a Varenna,
quando Persico la presentò [. . . ] Fermi disse, infatti, a Persico:
«Ma se io prendo in considerazione tutti i dati che tu mi hai
dato, debbo concludere che in un elettrosincrotrone una cosa
importantissima è avere una forte energia di iniezione. L’avete
abbastanza alta l’energia di iniezione?» Io e Persico dicemmo:
«Si, l’abbiamo abbastanza alta; ma se fosse più alta sarebbe
ancora meglio».
Allora l’energia era 1 MeV. Di questo ci ricordammo,
un anno dopo, quando venne sul mercato l’occasione di
avere un acceleratore di 2 MeV e c’erano d’altra parte degli
inevitabili ritardi nella preparazione dell’acceleratore di 1 MeV
della Sanità. Quindi ci consultammo – Bernardini, Amaldi,
Ippolito, io – e dopo due notti di discussioni concludemmo
che conveniva senz’altro usare l’iniettore di massima energia.
Salvini ricorda ancora con molta chiarezza una tranquilla passeggiata,
che si svolse in quei giorni memorabili, di pomeriggio:
Fermi passeggiava con sua moglie Laura; Ginestra Amaldi
era arrivata ed era insieme a Edoardo. Doveva esserci anche
Nella, la moglie di Gilberto, perché ricordo Gilberto che
arrivava dopo aver fatto la traversata del lago insieme alla
figlia Ludovica. Anch’io ero con mia moglie Costanza. In
quell’incontro si parlava di fisica, ma in una forma amichevole,
ed io ascoltavo dai miei maggiori con molto interesse. Fu
allora che Gilberto Bernardini disse a Fermi che si era ormai
scelta Frascati, come sede del sincrotrone, che Pisa aveva
messo a disposizione dei fondi, e che i fondi di Pisa non
126
L. Bonolis
Il “vecchio Enrico”
sarebbero stati usati. Gilberto passeggiava con Enrico Fermi;
ricordo quasi testualmente le parole del dialogo. Gilberto:
«Enrico, cosa suggerisci per quei fondi di Pisa?» Enrico aveva
camminato per un po’, poi si era fermato dicendo: «Fate un
calcolatore elettronico!» E Gilberto aveva esclamato: «Ah, sì,
che bella idea, si può fare un calcolatore elettronico, questo
è un consiglio che vale tant’oro quanto pesa!». «Lo credo»,
disse calmo Enrico Fermi, «Non pesa nulla!». Tutti e due si
fecero una risata. La conseguenza fu che il consiglio venne
raccolto e Conversi indirizzò i fondi di Pisa su un calcolatore
elettronico, che dopo pochi anni andò in funzione e fece
nascere la scuola dei calcolatori di Pisa. Quindi quell’incontro
di Varenna, degli ultimi giorni di Fermi, decise la storia del
sincrotrone, e decise in buona parte anche la storia di Pisa.
Amaldi aveva presentato a Varenna una relazione sul “Progetto
di macchina acceleratrice per il Centro Europeo di Ricerche Nucleari”
[13]. In quegli stessi giorni i bulldozer stavano cominciando a scavare a
Meyrin, vicino Ginevra e iniziava così la costruzione del grande laboratorio
europeo del CERN. La fase provvisoria finirà nel settembre successivo
con la fondazione ufficiale della più grande istituzione scientifica europea,
che avrebbe avuto un ruolo pionieristico nella collaborazione tra Est e
Ovest, ancora prima dell’inizio del disgelo.
L’11 ottobre Laura Fermi scriveva a Persico:11
Caro Persico,
l’agosto di quest’anno è stato uno dei più piacevoli che
siano passati da tanti anni. Mi ha fatto particolarmente
piacere vedere Lei e Enrico insieme.
Enrico ha un carcinoma già molto diffuso.
11
L. Fermi a E. Persico, 11 ottobre 1954, AP scatola 2, fascicolo 278.
127
Il “vecchio Enrico”
L. Bonolis
[. . . ] Ora si sta rimettendo lentamente dall’operazione
(fatta ieri l’altro).
Per piacere cerchi di vedere cosa può fare, come l’ha
presa Maria. Giulio ancora non è del tutto informato. Nella
è abbastanza giù. Io ho i nervi forti.
Tante cose
Lalla
Le notizie sulla salute di Fermi si annunciavano subito assai gravi.
Dagli Stati Uniti Bernardini scriveva a Persico circa 20 giorni dopo:12
Io mi fermai a Chicago, subito dopo l’operazione, ma
allora non ebbi il coraggio di andare a vederlo. Ci sono
tornato una settimana fa, sapendo che stava meglio. Ci
tornerò ancora questa settimana e ti scriverò di nuovo.
Lui è perfettamente informato [. . . ]
Laura, per ora, è come dominata e guidata da questa
quasi incredibile forza morale [. . . ]
Mi è molto naturale comprendere quello che tu dici nella
tua lettera e tanto ho capito quello che dici che ne ho provato
come un senso di conforto.
Come tu sei stato il primo, così io credo di essere stato
l’ultimo ad avvicinarlo fino ad essergli amico. Amico forse
significa qualcosa che non poteva esistere fra lui e me; non
si mi succedeva mai di sentirmi al suo livello. Tuttavia per
nessuna altra persona al mondo ho provato una tristezza così
grande. Mi sembra che essa dovrebbe essere tristezza di tutti,
anche di quelli che non lo conoscono.
Il 28 novembre Persico riceve da Segrè il telegramma che gli annuncia
la fine:13 «Enrico mancato stanotte pregoti comunicare Edoardo e amici».
12
13
128
G. Bernardini a E. Persico, 1 novembre 1954, AP scatola 2, fascicolo 278.
E. Segrè a E. Persico, 28 novembre 1954, AP scatola 2, fascicolo 278.
L. Bonolis
Il “vecchio Enrico”
Il 4 dicembre Segrè fa sapere a Persico che si sta preparando una
pubblicazione delle Opere: «Sarebbe importante se tu ricercassi gli estratti
che ci sono ancora [. . . ] Sarebbe anche estremamente desiderabile, e
tu solo puoi farlo, se tu scrivessi, senza pretesa almeno per ora, quello
che tu sai e ricordi».14 La precoce scomparsa di Fermi e l’immediata
decisione di pubblicare la raccolta dei suoi lavori ha reso unica questa
esemplare pubblicazione, arricchita da una serie di preziosi contributi di
collaboratori e amici che hanno commentato gli articoli da un punto di
vista scientifico e ricordato le circostanze in cui furono scritti [84].
Nella tristezza infinita di quelle giornate, Persico ricordava certamente
le ultime ore serene trascorse insieme a Fermi sulle Alpi e in Toscana,
appena pochi mesi prima:15
[. . . ] era ancora il caro e semplice compagno delle nostre
passeggiate giovanili. Anzi, in una gita che facemmo, noi due
soli, nell’isola d’Elba, ritrovai in lui una sua vecchia abitudine,
che credo pochi conobbero, e che forse farà stupire chi lo
ha conosciuto solo superficialmente. Spesso, nei momenti
di distensione, camminando o sostando in vista di un bel
paesaggio, l’ho udito recitare, come tra sé, lunghi brani di
poesia classica, di cui fin dalla giovinezza custodiva nella
memoria un ricco tesoro. Temperamento poco incline alla
musica, la poesia gli teneva luogo di canto.
Alla scomparsa di Fermi si accompagnava la sensazione della fine di un’èra eroica, irripetibile. Pochi giorni dopo Bernardini scriveva
nuovamente a Persico:16
14
E. Segrè a E. Persico, 4 dicembre 1954, AP scatola 2, fascicolo 277.
E. Persico, Commemorazione di Enrico Fermi tenuta all’Università di Pisa nel
gennaio del 1955, ripubblicata in [48], e nella sua versione elettronica http://www.
sif.it/SIF/it/portal/libri/conoscere_fermi.
16
G. Bernardini a E. Persico, da Università dell’Illinois, 5 dicembre 1954, AP scatola
2, fascicolo 277.
15
129
Il “vecchio Enrico”
L. Bonolis
Io, come tutti, sento in questo momento tutto il peso
di una nuova tristezza e di una nuova solitudine, ma poi
lentamente esso si farà più leggero. Saremo solamente più
vecchi e più isolati.
Ti abbraccio
tuo Gilberto
Figura 6.1: Enrico Fermi durante una gita in barca all’Isola d’Elba
nel 1954. Archivio Amaldi, Dipartimento di Fisica, Università
Sapienza, Roma.
130
Capitolo 7
Atomi per la pace
Nel gennaio del 1953 Dwight D. Eisenhower succedette a Harry
Truman nella presidenza degli Stati Uniti d’America. Il 31 gennaio
del 1950 Truman aveva lanciato un appello diretto all’Atomic Energy
Commission (AEC):1
It is part of my responsibility as Commander in Chief of
the Armed Forces to see to it that our country is able to
defend itself against any possible aggressor. Accordingly, I
have directed the Atomic Energy Commission to continue
work on all forms of atomic weapons, including the so-called
hydrogen or super bomb. Like all other work in the field of
atomic weapons, it is being and will be carried forward on a
basis consistent with the over all objectives of our program
for peace and security.
Questo annuncio ufficiale aveva dato nuovo impeto agli studi di fattibilità della bomba H negli Stati Uniti e nel 1951 si era presa la decisione di
eseguire dei test su esplosioni generate da reazioni termonucleari. Subito
dopo l’avvento di Eisenhower, il 5 marzo del 1953 morì Stalin e l’evento,
su cui corsero anche voci di morte non naturale, determinò subito una
svolta ai vertici dell’Unione Sovietica.
Il progetto Commissione delle Nazioni Unite per l’Energia Atomica
(UNAEC) nato dopo la guerra, era già definitivamente naufragato alla
1
Documento originale reperibile nel sito http://www.atomicarchive.com/Docs/
Hydrogen/HBomb.shtml
131
Atomi per la pace
L. Bonolis
fine degli anni ’40 e ora il monopolio statunitense sullo sfruttamento
civile e militare dell’energia nucleare stava perdendo colpi. Un motivo in
più fu fornito dalla falsa notizia (12 agosto 1953) che l’Unione Sovietica
aveva fatto esplodere la sua prima bomba all’idrogeno. L’ordigno aveva
in realtà più il carattere di una bomba a fissione piuttosto che a fusione;
il primo test sovietico di una vera e propria bomba H ebbe invece luogo
nel novembre del 1955.
Ma intanto il discorso di Eisenhower all’Assemblea Generale delle
Nazioni Uniti dell’8 dicembre del ’53 sui temi della collaborazione internazionale e delle utilizzazioni pacifiche dell’energia atomica, varava il
programma Atoms for Peace, che prevedeva una ripartizione tra i diversi
paesi dei materiali fissili attraverso una Agenzia internazionale. L’idea
centrale veniva espressa da Eisenhower nel modo seguente:2
Non è sufficiente togliere l’arma atomica dalle mani dei
militari, va messa nelle mani di coloro che sanno adattarla
alle arti della pace.
Le potenze nucleari di quell’epoca – Unione Sovietica, Regno Unito
e Stati Uniti – tenevano anche sotto controllo i fili delle ricerche sulla
fusione nucleare controllata. Ciò era dovuto semplicemente al fatto che
soltanto queste nazioni, attivamente impegnate negli studi sulla bomba
all’idrogeno, erano dotate delle conoscenze e dell’esperienza necessarie
per aspirare a realizzare in laboratorio i processi di fusione che avvengono
normalmente nelle stelle. Concettualmente, un reattore a fusione è un
dispositivo all’interno del quale appropriati isotopi di elementi leggeri
vengono utilizzati per ottenere la fusione nucleare, il risultato finale è
la produzione controllata e l’estrazione di utili quantità di energia, in
eccesso rispetto a quella richiesta per far funzionare il reattore.3
2
Si veda il discorso completo pubblicato in appendice C al volume [136, 283–291].
Normalmente i nuclei si respingono tra loro essendo dotati della stessa carica,
ma ad alta temperatura i nuclei possono viaggiare molto veloci collidendo con forza
3
132
L. Bonolis
Atomi per la pace
Per realizzare il programma delineato da Eisenhower, era necessario
modificare a fondo l’atteggiamento su questi temi facendo sì che le
ricerche nucleari, in ambito sia civile che militare, diventassero materia di
scambio tra i vari paesi. Si doveva passare da una politica del segreto a
una politica di trasparenza e cooperazione internazionale nello sviluppo e
nelle applicazioni delle tecnologie nucleari.
Il discorso di Eisenhower – applaudito pubblicamente, ma anche
aspramente criticato – segnava l’avvento di un mutamento del clima
internazionale. Contemporaneamente, la morte di Stalin, rendeva pensabile che gli scienziati sovietici, che fino allora avevano lavorato in uno
stato di polizia dove il dissenso era pericoloso e spesso a rischio della
vita, potessero incontrare gli scienziati dell’Ovest e discutere in forma
non ufficiale le preoccupazioni legate al controllo degli armamenti. I
fondamenti per la cooperazione tra scienziati dell’Est e dell’Ovest anche
in materia di disarmo saranno poi costruiti, mattone su mattone, dalle
Conferenze Pugwash sulla scienza e le questioni mondiali. Il movimento
Pugwash, partirà nel luglio del 1957, ispirato dal “manifesto Russell–
Einstein” redatto nel 1954, dal filosofo Bertrand Russell e firmato da
una schiera di eminenti scienziati, tra cui Albert Einstein. Il manifesto
sollecitava l’umanità ad abolire la guerra e gli scienziati a riunirsi per
discutere i pericoli risultanti dallo sviluppo delle armi di distruzione di
massa. Al movimento Pugwash aderì fin dall’inizio anche AmaldiAmaldi,
che nel corso degli anni si impegnò con tutto le sue forze per portare
avanti i temi del disarmo a tutti i livelli.4
sufficiente per superare la repulsione mutua e fondersi in un elemento più pesante.
Tuttavia, occasionali reazioni di fusione sono insufficienti per un vero e proprio reattore
a fusione. Per ottenere abbondanti reazioni di fusione il combustibile deve essere
riscaldato a temperature di almeno 100 milioni di gradi Kelvin, 14 volte superiori a
quelle presenti nel centro del Sole.
4
Su questi temi si veda in particolare il racconto di Francesco Calogero [60] e il
saggio di Carlo Bernardini e Francesco Lenci [49].
133
Atomi per la pace
L. Bonolis
Nel luglio del 1953 alcuni paesi europei si erano riuniti a Parigi
impegnandosi a costituire l’Euratom, un organismo nucleare europeo
che iniziava così la sua attività nel mutato clima internazionale inaugurato
dal discorso di Eisenhower. A quest’epoca in Italia venivano fatte una
serie di valutazioni riguardo la possibilità di dotare il paese di impianti
nucleari da costruire utilizzando le tecnologie disponibili in paesi più
avanzati, in particolare negli Stati Uniti [119, pp. 16–18]. Il 30 agosto
1954 Eisenhower firmò la Legge sull’energia atomica (Atomic Energy Act),
che autorizzava la ricerca nucleare privata e in particolare la trasmissione
di informazione ai “paesi amici”. Questa fase preliminare si concretizzò
nell’accordo nucleare bilaterale della primavera del 1955 tra Italia e Stati
Uniti, entrato in vigore nel luglio successivo. Nel dicembre del ’55 l’Italia
entrava anche a far parte delle Nazioni Unite.
Il nuovo corso registrava intanto passi significativi. L’Atomic Energy
Commission decideva di declassificare l’informazione che gli Stati Uniti
erano attivamente impegnati in un programma di fusione termonucleare
controllata. A quell’epoca esistevano ormai crescenti preoccupazioni tra
gli scienziati riguardo i problemi delle instabilità che si osservavano nei
plasmi studiati per mezzo di dispositivi diversi e si stava quindi facendo
strada la consapevolezza che la prospettiva di ottenere energia dalla fusione avrebbe richiesto tempi assai lunghi. Va sottolineato che il General
Advisory Committee della AEC, presieduto da Robert Oppenheimer, e
di cui faceva parte anche Fermi, aveva raccomandato fin dal 1947 di declassificare l’informazione sulle proprietà del trizio, l’isotopo dell’idrogeno
utilizzato per il processo di fusione.
Poco dopo la morte di Einstein, avvenuta nella primavera del 1955,
ebbe luogo tra il 18 e il 26 luglio a Ginevra un incontro tra i leader delle
quattro maggiori potenze: Unione Sovietica, Stati Uniti, Regno Unito
e Francia. Un evento ricordato come Conferenza dei Quattro Grandi.
Nel clima di distensione internazionale seguito all’incontro, l’8 agosto si
apriva di nuovo a Ginevra, la prima conferenza internazionale Atoms for
Peace, con la partecipazione di 73 nazioni e 1400 delegati ufficiali, 3000
134
L. Bonolis
Atomi per la pace
osservatori, 900 giornalisti da tutto il mondo.
Gli atti della conferenza [69] sono preceduti da una prefazione speciale
dello stesso Eisenhower, che esordiva dicendo:
The atom cannot be limited by national boundaries.
Men of science from many countries, often working together, help to harness its great energy for the good of mankind.
The Geneva Conference on Peaceful Uses of Atomic Energy is a tribute to the inventive genius of these men. At
the same time, it demonstrates to people everywhere that
continued international cooperation is essential if we are to
realize man’s capacity to create for himself an increasingly
productive world, living at peace [. . . ]
In this cause, the United States is firmly dedicated to
promote international cooperation and to contribute its share
of scientific knowledge and resources.
L’evento, del tutto inedito per spirito di collaborazione e dimensioni,
rappresentò anche una occasione favorevole per l’incontro tra Est e Ovest.
Iniziarono a cadere i veli sui segreti atomici. Il 3 ottobre, nel corso di
una conferenza stampa, Lewis L. Strauss, Presidente della Atomic Energy
Commission, aveva confermato che negli Stati Uniti la AEC stava finanziando un programma a lunga scadenza sulla acquisizione della fusione
controllata per usi pacifici con il nome in codice di Progetto Sherwood.
Fu anche rivelato quali fossero le località dei laboratori dove venivano
condotte tali ricerche. Strauss si spinse ad affermare che cil lavoro era in
corso da qualche tempo, senza tuttavia alcun risultato di rilievo. Anche
la Gran Bretagna confermò l’esistenza di un progetto analogo. John D.
Cockcroft, responsabile del programma nucleare britannico, disse: «My
faith in the creative ability of the scientists is so great that I am sure this
will be attained long before it is essential for man’s needs» [12, p. 151]. Il
tema venne ripreso dal presidente della Conferenza, il fisico indiano Homi
135
Atomi per la pace
L. Bonolis
Bhabha, all’epoca presidente del programma atomico indiano, e direttore
del Tata Institute, un centro di fisica per la ricerca fondamentale. Nel
suo discorso di benvenuto ai delegati, Bhabha fece una previsione che
attirò l’interesse del pubblico sulla fusione suscitando grandi speranze
[69, Vol. 1, p. 35]:
It is well known that atomic energy can be obtained by
fusion processes as in the H-bomb and there is no basic
scientific knowledge in our possession today to show that
it is impossible for us to obtain this energy from the fusion
process in a controlled manner. The technological problems
are formidable, but one should remember that it is not yet
fifteen years since atomic energy was released in an atomic
pile for the first time by Fermi. I venture to predict that
a method will be found for liberating fusion energy in a
controlled manner within the next two decades. When that
happens the energy problem of the world will truly have been
solved forever for the fuel will be as plentiful as the heavy
hydrogen in the oceans.
L’ultimo giorno della conferenza il fisico russo Dimitri V. Skobeltzin dichiarò pubblicamente che riteneva possibile realizzare la fusione
controllata se il mondo intero avesse fatto ogni sforzo per trovare una
soluzione. Il segreto che circondava questo lavoro era stato criticato in
particolare da James G. Beckerley, che si era appena dimesso dalla guida
della divisione di classificazione dell’AEC: «The value of withholding all
information on a potential source of nuclear energ is extremely debatable».
In un editoriale su Nucleonics del mese di agosto aveva sollecitato che
almeno l’informazione di base concernente i reattori a fusione fosse resa
nota in modo che la maggior parte degli scienziati americani, che al
momento erano del tutto all’oscuro, avessero potuto divenire consapevoli
136
L. Bonolis
Atomi per la pace
del problema e formare un più esteso pool di nuove idee [12, p. 152].5
A quell’epoca, in entrambi i blocchi, gli scienziati si stavano rendendo
conto che la fusione nucleare a confinamento magnetico – unico sistema
esistente all’epoca per imbrigliare i plasmi alle altissime temperature
necessarie per vincere la repulsione elettrostatica e innescare i processi di
fusione – non presentava alcuna potenziale utilizzazione a scopi militari.6
Appariva anche chiaro che la sfida scientifica e tecnologica necessaria
a tenere sotto controllo i plasmi era invece una impresa estremamente
complessa, che avrebbe richiesto gli sforzi congiunti di un enorme numero
di cervelli, come d’altra parte era avvenuto nel caso della realizzazione
dei primi ordigni nucleari a Los Alamos.7
L’anno successivo, il 26 marzo 1956, venne istituito il Centro per le
ricerche nucleari di Dubna, a poco più di 100 km a nord di Mosca. Lo
stesso anno specialisti di 12 paesi furono invitati a Dubna, che acquistò
ben presto un carattere internazionale. La collaborazione tra scienziati
del CERN e di Dubna fu ottima fin dall’inizio, e in questo modo il CERN
finì per giocare un ruolo importante nell’ambito dei primi segnali di
attenuazione della guerra fredda.
5
Per una trattazione approfondita dei commenti sulla prima Conferenza di Ginevra
si veda il Vol. 11 Bulletin of the Atomic Scientists dell’ottobre 1955.
6
Questo particolare stato della materia – un gas completamente ionizzato costituito
da una miscela globalmente neutra di particelle cariche come elettroni e ioni – venne
chiamato plasma nel 1927 dallo statunitense Irving Langmuir. Il confinamento di
un plasma – che ha luogo spontaneamente nelle stelle a causa della rilevante forza
di gravità connessa con le enormi masse in gioco – può essere ottenuto basandosi
sulla proprietà che hanno le particelle cariche, come quelle di un plasma, di viaggiare
lungo le linee di forza del campo magnetico. Nel cosiddetto confinamento magnetico,
attraverso opportune configurazioni dei campi è quindi possibile intrappolare il plasma
e riscaldarlo con sistemi diversi (microonde, fasci di particelle, e correnti che fluiscono
all’interno del plasma stesso).
7
Il confinamento inerziale, effettivamente utilizzabile per scopi militari, fece la sua
comparsa sulla scena solamente negli anni ’60.
137
Atomi per la pace
L. Bonolis
Nel numero di ottobre del 1955 il Bulletin of the Atomic Scientists
così commentava nell’introduzione a una serie di articoli dedicati alla
Conferenza di Ginevra:
The Soviet scientists not only presented, in talks and exhibitions, a revealing picture of atomic science and nonmilitary
technology in the Soviet Union, but felt themselves free to
mingle with their Western colleagues and to resume with
gust the tradition of free international discussion of problems
of common interest which has been one of the great joys of
scientific life in the past.
Niels Bohr, intervistato il 20 agosto, aveva manifestato tutta la sua
soddisfazione [114, p. 284]:
This Conference has been most successful. There has
been most friendly intercourse between representatives of all
nations, and everyone learned very much from the exchange
of knowledge given to us freely. All feel sure that it is a
most important step in furthering understanding between
nations and recognition of common interests. Quite apart
from the very great importance of the present technological
developments and cooperation, science has always been one
of the best ways of mutual understanding and recognition of
our common positions.
Allison K. Smith, un’osservatrice inviata dal Bulletin, osservava a
proposito della fusione [153, p. 277]:
I was also much impressed by the absence of fusion talk
among the scientists and never once hear it mentioned unless
I brought it up. This was not because they thought its
development either infinitely remote or impossible, simply
that it was not an important item at the Conference except
138
L. Bonolis
Atomi per la pace
as brought up by the press [. . . ] One often heard the remark
that there would soon be no secrets except industrial ones
[. . . ] that we would soon be back in the good old simple
days. This seems obviously impossible if the peaceful and
industrial atom is to be used as a tool of foreign policy.
In effetti la fusione controllata fu menzionata quasi esclusivamente nel
discorso di Bhabha. Per il resto la conferenza trattò i temi del nucleare
da fissione, che in quel momento stavano diventando di enorme attualità
con l’avvento degli accordi internazionali riguardo le applicazioni pacifiche
dell’energia nucleare.8 Nell’ottobre di quello stesso anno gli Stati Uniti
stabilirono che gli scienziati della Atomic Energy Commission avrebbero
potuto inviare copie del materiale pubblicato agli scienziati sovietici, con
la ragionevole condizione che materiale analogo fosse reciprocamente dai
sovietici.
Donald J. Hughes, del Brookhaven National Laboratory, sottolineava
gli aspetti positivi della desecretazione di informazioni così riservate [93,
p. 169]:
Perhaps in the long run the greatest positive result of
the Geneva Conference was the successful cooperation of
Eastern and Western scientists [. . . ] To me, it seems by
far the most reasonable explanation for the Soviet action
at Geneva was that the Kremlin, for whatever reason, had
decided that cooperation, real and not mere window-dressing,
is best policy in this particular field [. . . ] Perhaps the Soviets
have reached the conclusion as we, I hope, are doing, that
8
Secondo quanto espresso da Strauss nella sua prefazione generale, i futuri sviluppi
degli usi pacifici dell’energia atomica sarebbero stati molto facilitati dallo scambio di
informazioni scientifiche e tecniche. Lo scopo degli atti era appunto quello di fornire
tali informazioni; gli 8 volumi sono dedicati ciascuno a temi legati al funzionamento dei
reattori per la ricerca (fisica, ingegneria, materiali, sezioni d’urto, processi e attrezzature
chimici, isotopi) [69].
139
Atomi per la pace
L. Bonolis
security by achievement, involving only strictly necessary
secrecy, is the best policy for atomic progress.
Tutti i commentatori avevano enfatizzato al massimo il significato
di questo primo scambio aperto di idee relativo a questioni puramente
scientifiche con gli scienziati nucleari russi e dell’improvviso crollo di
una buona parte della cortina di segreto che fino a quel momento aveva
circondato i problemi della tecnologia nucleare in America, Gran Bretagna,
Francia e Russia. Tuttavia, gli eminenti fisici Frederick Seitz e Eugene P.
Wigner, osservarono che l’informazione messa a disposizione dagli Stati
Uniti era di gran lunga superiore a quella rivelata dall’Unione Sovietica
a livello puramente scientifico: «We hope that the demand to “free
(atomic secrets) from the clutches of secrecy” will not become a tool in
an imaginary contest for popularity» [150, p. 24].
Prima della Conferenza di Ginevra un silenzio quasi assoluto aveva
circondato tutto ciò che riguardava le possibilità di controllare le reazioni
termonucleari che avvenivano nella bomba H. Questo argomento era stato
ignorato dall’Atomic Energy Act del 1954 eccetto che per un piccolo
cenno. La AEC non aveva mai riferito sulla fusione. Né esisteva alcun
riferimento riguardo bilanci o altro che fosse di pubblico dominio. Fu
proprio il discorso di Bhabha a sbalordire improvvisamente la stampa
di tutto il mondo rendendola consapevole della possibilità di risolvere il
problema energetico mondiale se si fosse riusciti ad ottenere energia dal
processo di fusione, che utilizza come materiale di base gli elementi leggeri,
in particolare l’idrogeno, abbondante quanto le acque degli oceani.9 È
quello stesso ottobre il presidente dell’AEC parlò molto estesamente del
progetto Sherwood, il programma fusionistico americano coordinato da un
comitato presieduto da Edward Teller, il padre della bomba H. La ricerca
veniva portata avanti principalmente in cinque centri: All’Università
di Princeton (Lyman Spitzer), a Livermore (Herbert F. York) a Los
9
Per una spiegazione semplice ma esauriente dei meccanismi e dei problemi legati
agli aspetti scientifici e tecnologici del problema si veda [59, pp. 28–31].
140
L. Bonolis
Atomi per la pace
Alamos (James L. Tuck) a Oak Ridge (in scala minore Edward D. Shipley,
John S. Luce, A. Simon) così come alla New York University (Richard
Courant, Harold Grad, Kurt O. Friedrichs). Quanto al denaro investito,
Strauss disse che era un segreto, osservando che si trattava di una “cifra
significativa”, il doppio di quella spesa nel 1953 e ’54, e il 1000 per cento
rispetto al momento di avvio del progetto nel 1951.
Figura 7.1: Francobollo commemorativo del programma
“Atoms for Peace”. Archivio National Archives and Record
Administration.
141
Atomi per la pace
L. Bonolis
Figura 7.2: Il 30 agosto 1954 il Presidente Eisenhower firma
la legge sull’energia atomica di fronte a vari testimoni, tra cui
senatori, rappresentanti del congresso e membri dell’Atomic
Energy Commission. Archivio National Archives and Record
Administration.
142
Capitolo 8
La fusione: il secondo capitolo dell’èra atomica
Nel mito si racconta che Prometeo dovette espiare la colpa di aver
rubato il fuoco del sole agli dèi regalandolo agli umani. Una analoga
maledizione colpiva ora i fisici del ventesimo secolo: nel liberare l’energia
nascosta nelle più piccole unità di materia avevano brutalmente perso la
loro innocenza al momento del Trinity Test, la prima esplosione di un
ordigno nucleare nel deserto del Nuovo Messico. Già prima del Trinity
Test molti fisici coinvolti nel progetto Manhattan avevano cominciato a
riflettere alle implicazioni del loro lavoro di guerra e all’opportunità di
utilizzare gli ordigni che stavano per essere messi a punto. Ma nell’accettare di far parte di quell’impresa, di fatto avevano perso ogni potere di
controllarla.
Teller non aveva avuto dubbi in proposito proseguendo le sue ricerche
sulla bomba a fusione il cui potere distruttivo era molto superiore alle
atomiche sganciate sul Giappone. Come dichiarò Truman nel gennaio
del 1953 a proposito dell’Operation Ivy, una serie di test atomici che
ebbero luogo nel Pacifico: «From now on, man moves into a new era
of destructive power, capable of creating explosions of a new order of
magnitude, dwarfing the mushroom clouds of Hiroshima and Nagasaki»
[158, p. 1099].
Già prima di quell’epoca era ormai divenuto evidente che probabilmente entro un secolo il mondo non avrebbe potuto contare sui combustibili
fossili per soddisfare la domanda crescente di energia, che nel futuro
sarebbe potuta derivare in sostanza soltanto da quella liberata nei processi
di reazione nucleare, ovvero la fissione o la fusione.
143
Il secondo capitolo dell’era atomica
L. Bonolis
Da tempo esisteva scientificamente la consapevolezza che i processi
di fusione sono quelli che tengono in vita le stelle, e in particolare il nostro
Sole, che crea le condizioni per il mantenimento della vita sul nostro
pianeta. In un solo giorno l’energia solare che raggiunge il globo terrestre
è equivalente all’intera quantità immagazzinata dalla nascita del pianeta
sotto forma di carbone, petrolio o acqua. Questo prova anche che la
scarsità di energia, caratteristica della nostra èra moderna, non è dovuta
alla limitata quantità fornita dal Sole, ma alla bassissima efficienza con
cui essa viene utilizzata nel ciclo meteorologico o nella crescita delle
piante.
La fusione è molto più antica del mito di Prometeo e del Sole stesso,
è antica quanto l’Universo. Pochi minuti dopo il Big Bang, all’inizio
del tempo, l’universo caldissimo primordiale si è espanso e raffreddato a
sufficienza per permettere ai nuclei di idrogeno – i protoni – di formare il
deuterio, e al deuterio di fondersi in elio. Tracce di deuterio sopravvissero
alle cataclismiche reazioni di fusione e, insieme a piccole quantità create
in successivi eventi astronomici come le supernovae, costituiscono la
principale fonte per l’odierna ricerca sull’energia da fusione. Il deuterio,
esso stesso una forma di idrogeno, è un piccolo costituente dell’acqua,
circa una parte su cinque milioni. Nonostante ciò, se si considera l’enorme
riserva di acqua disponibile negli oceani, perfino questa piccola percentuale
di deuterio rappresenterebbe una fonte quasi illimitata di energia sul nostro
pianeta.
Le prime speculazioni su come attingere a questa enorme quantità
di energia emersero pochi anni dopo la brillante deduzione fatta da
Einstein nel 1905, rappresentata dalla formula più famosa di tutti i tempi:
E = mc2 . Ma a quel tempo il piccolo nucleo dell’atomo conservava
ancora gelosamente il suo segreto riguardo questa fonte di energia, la più
grande che si fosse mai immaginato prima.
Le misurazioni pionieristiche effettuate da Francis W. Aston nel 1919–
1920 sulle masse degli atomi leggeri mostravano che la massa di un atomo
di elio 4 è circa 1% inferiore rispetto a quella di quattro atomi di idrogeno
144
L. Bonolis
Il secondo capitolo dell’era atomica
che si sapevano essere i suoi costituenti elementari [34] [35] [35].
Quando Rutherford, circa alla stessa epoca, mostrò che gli elementi
leggeri collidendo con sufficiente energia possono subire delle trasformazioni nucleari, gli astrofisici suggerirono non soltanto che questo processo
di fusione nucleare sarebbe potuto avvenire, ma che si trattava in effetti
della lungamente cercata fonte di energia delle stelle.
Arthur Stanley Eddington stava intanto cercando di comprendere il
funzionamento del Sole e delle altre stelle. Sapeva che certi elementi
possono trasformarsi in altri nei laboratori terrestri, e quindi giunse alla
conclusione che le stelle sono il crogiolo in cui vengono creati gli elementi.
Si rese anche conto che questa “alchimia” stellare avrebbe liberato energia,
proprio grazie alla trasformazione di idrogeno in elio all’interno delle stelle.
La differenza di massa sarebbe stata quindi utilizzata come energia per
alimentare la stella stessa. Eddington poneva così le basi per risolvere il
problema della fonte di energia delle stelle. Nell’osservare che «Ciò che è
possibile nel Cavendish Laboratory non è difficile da attuare all’interno
del Sole», Eddington faceva una notevole previsione nel corso di una
conferenza alla British Association del 1920: «Se effettivamente l’energia
subatomica viene liberamente utilizzata nelle stelle per mantenere le
loro gigantesche fornaci, sembra proprio che siamo un po’ più vicini al
coronamento del nostro sogno di controllare questa energia nascosta per
il bene della razza umana – o per il suo suicidio» [79, p. 335]. Eddington
si rese infatti conto che la fusione di idrogeno in elio nel Sole avrebbe
liberato circa lo 0.7% della massa in energia [80].
Approssimativamente alla stessa epoca, in un saggio intitolato “Atomi e luce” il fisico francese Jean Perrin sosteneva che le trasformazioni
radioattive degli elementi potevano essere in grado di mantenere la produzione di luce solare al tasso attuale per diversi miliardi di anni, o forse
perfino diverse dozzine di miliardi, e che la massa perduta durante la
trasformazione di quattro nuclei di idrogeno in un nucleo di elio avrebbe
fornito energia in base all’equazione di Einstein [122]. Rutherford aveva
mostrato che il nucleo dell’idrogeno contiene il protone solo nel 1919,
145
Il secondo capitolo dell’era atomica
L. Bonolis
l’anno prima dell’articolo di Eddington , e il mondo subatomico era largamente sconosciuto. I fisici erano tuttavia convinti che i protoni non
avrebbero potuto reagire l’uno con l’altro all’interno del Sole. Il meccanismo della fusione restava difficile da accettare, a causa del problema
della repulsione tra cariche dello stesso segno. Questa barriera repulsiva
non può essere superata nel corso delle collisioni, nonostante le enormi
temperature all’interno del Sole. In altre parole, la temperatura all’interno
del Sole era ritenuta di gran lunga troppo bassa per permettere la fusione
tra protoni e quindi il verificarsi di reazioni nucleari.
Il paradosso venne risolto con la scoperta della meccanica quantistica.
Un protone si comporta come un’onda, così che esiste una probabilità
molto piccola, ma finita, che trovandosi vicino a un altro protone la barriera repulsiva possa essere non superata, ma semplicemente “attraversata”
in base al cosiddetto “effetto tunnel”. Lo stesso in realtà accade nel verso
opposto, quando i nuclei radioattivi come l’uranio o il radio, si liberano
dei protoni in eccesso emettendo particelle alfa ad alta velocità. A queste
manca in effetti l’energia per superare la barriera nucleare, ma alcune di
loro riescono a fuoriuscire grazie al meccanismo dell’effetto tunnel.
Per questo motivo i protoni a volte hanno la probabilità di trovarsi
abbastanza vicini da fondersi insieme, nonostante la loro energia media
sia ben al di sotto di quella richiesta per superare la loro repulsione
elettrica. Ma perché il meccanismo dell’effetto tunnel possa verificarsi
sono necessarie una serie di condizioni. La collisione deve essere quasi
esattamente frontale e deve avvenire tra protoni dotati di alte velocità. Le
reazioni nucleari all’interno del Sole si sviluppano quindi molto lentamente.
Se la temperatura fosse tanto alta da permettere la fusione troppo di
frequente, il Sole esploderebbe. A differenza di una bomba all’idrogeno,
le reazioni all’interno del Sole sono molto sensibili alla temperature e
agiscono quindi come un termostato, rilasciando energia in una maniera
costante e controllata, esattamente al tasso necessario per mantenere il
Sole in equilibrio.
Nel 1929, all’inizio della Grande Depressione apparve un lavoro che
146
L. Bonolis
Il secondo capitolo dell’era atomica
collegava l’atomo nucleare di Rutherford alla teoria di Einstein e al lavoro
di Aston. Robert d’Escourt Atkinson e Fritz G. Houtermans predissero che
fondendo insieme i nuclei di atomi molto leggeri (come l’idrogeno) sarebbe
stato possibile ottenere nuovi atomi il cui peso complessivo sarebbe stato
inferiore al peso dei componenti originari [36]. In base alla formula
di Einstein era quindi possibile affermare che questa perdita di energia
sarebbe stata all’origine della incredibile quantità di energia prodotta dalle
stelle sotto forma di luce. Nel 1932 era stato scoperto il deuterio, e Mark
Oliphant aveva scoperto l’elio 3 e il trizio e successivamente la possibilità
di far reagire tra loro i nuclei di deuterio, ma Rutherford definì moonshine
(“fantasie”, “idee balzane”) la possibilità di estrarre energia dai processi di
trasmutazione dei nuclei atomici.1 Nel 1934, usando i primi acceleratori
di particelle, fasci di nuclei di deuterio furono diretti contro bersagli
contenenti deuterio. Oliphant, Rutherford e Paul Harteck osservarono
così reazioni in cui l’energia cinetica totale trasportata dai prodotti di
reazione era molto superiore a quella delle particelle in moto nel fascio
iniziale [115]. Era stato dimostrato il processo di “combustione nucleare”
con produzione di energia, il che tuttavia non significava aver ottenuto
“energia dalla fusione”.2 Con la scoperta delle reazioni di fusione nucleare
il potere energetico della fusione era stato stabilito, ma la possibilità di
accedere sulla Terra, alla scala umana, a questa fonte illimitata è ancora
1
«One timely word of warning was issued to those who look for sources of power
in atomic transmutations – such expectations are the merest moonshine». La vicenda,
accaduta durante una riunione della British Association sulla costituzione dell’atomo, è
stata narrata in una breve nota siglata A. F. pubblicata sull’edizione del 16 settembre
1933 di Nature [81].
2
La situazione in cui la potenza di fusione prodotta uguaglia quella che si deve
iniettare per riscaldare e confinare il plasma viene detta pareggio (breakeven), una
condizione che va superata per ottenere una produzione netta di energia. Dimostrare
la fattibilità scientifica della fusione termonucleare controllata significa riuscire a
portare il plasma in una situazione in cui la potenza fornita al plasma è sufficiente a
compensare le perdite di energia. In queste condizioni di ignizione il plasma è in grado
di autosostenersi.
147
Il secondo capitolo dell’era atomica
L. Bonolis
oggi qualcosa di elusivo. Nelle macchine a fusione esistenti nel mondo e
operanti con solo deuterio vengono da anni prodotte reazioni di fusione
alle quali è ovviamente associata una produzione di energia. Tuttavia la
fattibilità scientifica della fusione termonucleare controllata resta ancora
da dimostrare, nel senso che l’ignizione, come pure il pareggio, non sono
stati a tutt’oggi realizzati.
Il calore che proviene dal nucleo solare ha origine da una sorta di
enorme reattore a fusione delle dimensioni lineari dell’ordine di 1010 cm e
a una temperatura superiore a dieci milioni di gradi Kelvin. Da questo
reattore a fusione dipendono l’esistenza della vita e lo sviluppo della
civiltà umana. Durante gli anni ’30 vennero chiariti i processi nucleari
alla base della catena delle reazioni in atto nel Sole, in particolare grazie
agli studi teorici di Hans Bethe [52], e si iniziò lo studio dei gas ionizzati.
Nei tardi anni ’30 Jacobs e Kantrowitz negli Usa tentarono inutilmente
di produrre processi di fusione [87, p. 4].
All’inizio del 1939, la notizia dell’esistenza del processo di fissione dei
nuclei di uranio colse di sorpresa i fisici, alle soglie della seconda guerra
mondiale, una delle coincidenze più fatidiche della storia. Nel corso delle
successive ricerche belliche, volte alla costruzione di un ordigno nucleare
basato sulla fissione, nasceva anche l’idea della possibilità di innescare
una reazione termonucleare nei nuclei di idrogeno attraverso una reazione
a catena nell’uranio 235. L’idea di tale possibilità veniva avanzata dal
giapponese Tokutaro Higawara nel maggio del 1941 e nel settembre dello
stesso anno Fermi suggeriva a Edward Teller una possibilità analoga. Le
discussioni tra i due fecero nascere in Teller l’ossessione di creare una
superbomba termonucleare. Nel frattempo Fermi realizzava la prima
reazione a catena controllata nel dicembre del 1942, mentre nella stessa
epoca R. E. Schreiber e L. D. P. King ottennero la prima dimostrazione
della reazione di fusione tra deuterio e trizio alla Purdue University. A quel
tempo era ben chiaro che enormi quantità di energia nucleare potevano
essere ottenute sia dalla fusione di elementi leggeri sia attraverso la
fissione di elementi pesanti, ma non era stato ancora stabilito quale dei
148
L. Bonolis
Il secondo capitolo dell’era atomica
due processi avesse maggiore probabilità di ottenere l’innesco di una
catena di reazioni nucleari autosostenute, utile per progettare un’arma di
guerra.
L’interesse per i plasmi astrofisici nato all’epoca soprattutto per gli
studi dello svedese Hannes Alfvén, contribuì ad attirare l’attenzione
scientifica su quello che è stato definito il quarto stato della materia, uno
stato che è decisamente preponderante nell’Universo.
Nel 1946, George P. Thomson e Moses Blackman all’Imperial College
di Londra registravano un brevetto per la fusione termonucleare: avevano
inizio le ricerche britanniche che restarono segrete fino all’inizio degli anni
’50. Nel 1948 gli americani E. Bretscher, A. P. French e F. G. P. Seidl
misurano la sezione d’urto – eccezionalmente grande – della reazione
D-T. L’alto tasso di probabilità del processo indusse ad adottare tale
reazione come la più promettente tra i processi da utilizzare per scopi
pratici di rilascio di energia da fusione nucleare. Nello stesso anno Watson
Davis pubblicava un articolo intitolato “Superbomb is possible”, che si
concludeva con le seguenti notevoli previsioni: «Even if more powerful
bombs are not needed, research should continue on nuclear energy from
deuterium. Power plants of the future might be run on this atomic
fuel. The production of a continuing (chain) reaction that won’t explode
should be as possible with heavy hydrogen as with uranium. And there is
probably more heavy hydrogen than uranium on earth» [74].
Nel frattempo, tra il 1949 e il 1950, Igor V. Kurchatov, direttore del
progetto atomico sovietico, promuoveva un programma di ricerca sulla
fusione che fu varato il 5 maggio del 1951. Nel programma confluirono le
idee, già sviluppate qualche mese prima da Andrei Sakharov e Igor Tamm,
di un dispositivo a confinamento magnetico, idee che si sarebbero poi
trasformate nel cosiddetto tokamak, un nome che deriva da un acronimo
basato sulla combinazione dei concetti di camera toroidale e avvolgimento
magnetico: TOroidalnaya KAmera ee MAgnitnaya Katushka. Il plasma,
contenuto in una camera da vuoto, assume una configurazione a forma
di ciambella in presenza di un complesso sistema di campi magnetici. A
149
Il secondo capitolo dell’era atomica
L. Bonolis
capo del progetto venne posto Lev Andreevich Artsimovich.3
Il 19 settembre del 1945 Klaus Fuchs, un fisico di origine tedesca
che tra il 1944 e il 1946 era stato un membro del team britannico a
Los Alamos, ed era un collaboratore dei servizi segreti sovietici, aveva
incontrato a Santa Fe, nei pressi del laboratorio segreto di Los Alamos,
Harry Gold consegnandogli una sintesi delle lezioni di Enrico Fermi. Le
lezioni presentavano i fondamenti teorici del progetto americano per la
bomba all’idrogeno, nota come la “super-classica” e riflettevano i primi
approcci al problema degli scienziati di Los Alamos. Quando Fuchs
confessò nel gennaio del 1950 di aver passato informazioni segrete sulle
armi atomiche ai russi, lo sviluppo della superbomba ebbe la massima
priorità. Fermi, che pure si era battuto contro la realizzazione della
bomba all’idrogeno come membro del General Advisory Committee – un
comitato consultivo dell’Atomic Energy Commission composto da otto
scienziati e presieduto da Oppenheimer – fu tra i primi a rimettersi al
lavoro e vi si dedicò durante l’estate del 1950, trascorsa nei laboratori di
Los Alamos.
Il 1◦ novembre 1952 la prima bomba H – nome in codice Ivy Mike
– (contenente un nucleo di deuterio e trizio, circondato da un “guscio”
di uranio) venne fatta esplodere al di sopra dell’atollo di Enewetak ad
est di Bikini, nell’Oceano Pacifico. Aveva una potenza di centinaia di
volte superiore a quella usata su Hiroshima. Gli Stati Uniti ribadivano
così la loro intenzione di mantenere il primato sull’energia nucleare nel
loro dialogo a distanza con l’Unione Sovietica, che aveva fatto esplodere
la sua prima bomba a fissione nel 1949.
Tuttavia, nei primi anni ’50 i fisici che si applicavano alle ricerche
sulla fusione sapevano bene che non avrebbero potuto copiare la bomba
all’idrogeno, in cui le alte temperature necessarie per innescare il processo
3
Queste informazioni derivavano da una intervista rilasciata il 10 maggio del 1956
da Kurchatov alla Pravda e pubblicata sul numero di settembre del Bulletin of the
Atomic Scientists [99].
150
L. Bonolis
Il secondo capitolo dell’era atomica
di fusione venivano ottenute facendo esplodere una piccola bomba a
fissione fatta di uranio o plutonio. Né avrebbero potuto semplicemente
imitare i processi di fusione del tipo di quelli avvenuti miliardi di anni fa
nel corso del Big Bang.
Il 24 marzo del 1951, comparve sulla stampa la prima chiara evidenza
che qualcuno stava pensando a ottenere energia dalla fusione. Il presidente
argentino Juan Domingo Perón affermava che lo scienziato di origine
austriaca Ronald Richter era riuscito ad ottenere energia da reazioni
termonucleari in condizioni controllate in un laboratorio segreto nell’isola
di Huemul. Il cosiddetto progetto Huemul era stato proposto da Richter
a Perón circa tre anni prima e ora Perón sbandierava una notizia che
nel giro di pochi mesi si rivelò del tutto infondata in seguito all’analisi
condotta da un comitato tecnico di esperti, i quali conclusero che la
temperatura effettiva negli esperimenti era troppo bassa per produrre
una vera reazione termonucleare.
Il progetto argentino fu chiuso nel 1952, ma nel frattempo la notizia suscitò l’immediato interesse degli Stati Uniti. In particolare attirò
l’attenzione dell’astrofisico Lyman Spitzer, che in breve tempo con l’approvazione della AEC mise in piedi quello che sarebbe diventato il Plasma
Physics Laboratory di Princeton, dando origine al programma fusionistico
americano. Molta della teoria fisica di base era stata formulata a Los
Alamos da Edward Teller, Enrico Fermi, James Tuck e altri, e in parte fu
utilizzata nel programma sperimentale Sherwood, diretto a Los Alamos
proprio da James L. Tuck. Spitzer non conosceva questo lavoro che
all’epoca era classificato, e concepì un approccio diverso al reattore a
fusione. Il 23 luglio del 1951 Spitzer pubblicò un Report in cui descriveva
il cosiddetto Stellarator, un tubo piegato a forma di 8, intorno al quale
sorse il Progetto Matternhorn, il nucleo iniziale del Princeton Plasma
Physics Laboratory.4
4
L. Spitzer, “A proposed Stellarator”, Technical Report N. NYO-993, 23 luglio
1951, pp. 17, declassificato il 22 agosto del 1958.
151
Il secondo capitolo dell’era atomica
L. Bonolis
Le prime idee sulle reazioni termonucleari controllate si basavano sul
concetto di usare i campi magnetici per controllare e contenere un gas
ionizzato a temperature dell’ordine di 100 milioni di gradi centigradi,
condizioni in cui possono essere liberate quantità utili e controllabili di
energia termonucleare. La ricerca scientifica necessaria per realizzare
queste idee si orientò quindi verso la fisica del plasma – la materia
rarefatta ad alta temperatura – in presenza di fortissimi campi magnetici,
un soggetto che ancora oggi costituisce un aspetto fondamentale della
ricerca in questo settore. Una delle ragioni principali della segretezza
assoluta di questo tipo di ricerche era dovuto all’apparente possibilità di
ottenere una grande quantità di neutroni a basso costo, che avrebbero
potuto essere utilizzati per l’attivazione di materiale nucleare a scopi
militari.
Tuttavia, accanto alla crescita di una consapevolezza dell’importanza
di tale fonte di energia sicura, basata su un combustibile universalmente
disponibile e virtualmente illimitato a costo quasi nullo, era ormai del
tutto evidente che la prometeica lotta per domare l’energia della fusione,
per catturare il fuoco del Sole sulla Terra, sarebbe stata la più grande
sfida tecnologica di tutti i tempi.
152
Capitolo 9
La macchina ZETA e i primi segni
del disgelo
Nel periodo 1952–1954 il lavoro degli inglesi all’Imperial College fu
spostato ad Aldermaston, alle Associated Electrical Industries Research
Laboratories, mentre il lavoro di Oxford fu spostato ad Harwell. Queste
ricerche su scala maggiore sembrarono sufficientemente promettenti da
iniziare nel 1955 la costruzione di un toro da 1 m di diametro, lo Zero
Energy Toroidal Assembly (ZETA). Il pioniere di queste ricerche era
l’australiano Peter C. Thonemann.1
Intanto Lyman Spitzer, il cui gruppo all’inizio di agosto del 1954
aveva preparato la prima rassegna completa (278 pagine) sui reattori a
fusione,2 nel 1956 pubblicava Physics of Fully Ionized Gases. Si trattava
del primo di una serie di volumi su questi temi, che per qualche tempo
costituì un manuale fondamentale per i nuovi studiosi della fisica della
fusione. Nel luglio dello stesso anno comparve anche l’articolo di rassegna
di Richard F. Post, tra i primi a parlare esplicitamente dei programmi
statunitensi [137].
Nonostante ciò, sostanzialmente tutte queste ricerche venivano svolte
in grande segretezza. Perfino gli scienziati britannici e americani, pur
essendo al corrente dei rispettivi progetti, non ne conoscevano i dettagli.
Molto poco si sapeva del lavoro svolto in Unione Sovietica. Si doveva
1
Per i primi sviluppi del programma fusionistico di Harwell si veda [66].
L. Spitzer Jr. et al., “Problems of the Stellarator as a useful power source”, 1
agosto 1954, Technical Report, N. NYO-6047, PM-S-14, declassificato il 28 gennaio
1959. Per la storia del programma fusionistico americano si veda [62].
2
153
La macchina ZETA
L. Bonolis
continuare a mantenere segrete queste ricerche, o era opportuno renderle
pubbliche? La pressione verso la declassificazione aumentò considerevolmente in seguito a un evento inaspettato, un vero e proprio colpo di
scena.
Nell’aprile del 1956 i leader sovietici Nikita Khruschev e Nikolai
Alexandrovich Bulganin, all’epoca Presidente del Consiglio dei ministri
si recarono in visita di Stato in Gran Bretagna. Lo stesso Khruschev
racconta la vicenda nel terzo volume delle sue memorie [97, p. 65]:
Although Bulganin was chairman of the Council of Ministers of the USSR at that time, I was included in the
delegation because at Geneva better relations between Anthony Eden and me had been established [. . . ]3 We also
decided to include Academician Igor Vasilyevich Kurchatov
in our delegation [. . . ] Through him we wanted to make
contacts with British scientists [. . . ]
Il noto fisico Igor Kurchatov, una vera e propria star dell’establishment
scientifico sovietico, aveva supervisionato la costruzione della prima
bomba nucleare e aveva progettato il primo impianto per la produzione di
energia da fissione. Kurchatov era convinto dell’importanza di avere una
ricerca sulla fusione senza segreti e già all’inizio del 1956 si era rivolto
alle autorità proponendo di declassificare tutte le attività di ricerca sulla
fusione, spiegando che l’energia da fusione sarebbe stata una applicazione
strettamente pacifica e che la cooperazione internazionale sarebbe stata di
indubbio vantaggio in direzione della soluzione di questo difficile compito
[152]. Nel corso di una conversazione con John Cockcroft, fondatore
dell’Atomic Energy Research Establishment (AERE) di Harwell e direttore
del programma nucleare britannico, Kurchatov gli propose di tenere una
3
Anthony Eden era appena divenuto Primo Ministro in sostituzione di Winston
Churchill dopo aver ricoperto la carica di ministro per gli Affari Esteri dal 1951 al 1955.
154
L. Bonolis
La macchina ZETA
conferenza sulla fusione nel loro centro di ricerca. Cockcroft rimase assai
colpito dalla personalità del fisico sovietico [68, p. 388]:
I had not met Kurchatov before but was greatly impressed
by his intelligence and by his eagerness to talk about collaboration in Atomic Energy work and we had a very animated
discussion at the top of the Athenaeum staircase where he
was able to go much further than I could reciprocate, having
had no idea of the way the discussion would go. He suggested
that he should deliver a lecture at Harwell and I agreed to
arrange this. On April 25th Kurchatov delivered his lecture in
the Harwell Conference Room describing work at the Atomic
Energy Institute in Moscow [. . . ]
Nel suo intervento all’Atomic Energy Research Establishment dal titolo
“On the Possibility of Producing Thermonuclear Reactions in a Gas Discharge” Kurchatov sorprese il mondo facendo rivelazioni sugli esperimenti
sovietici.4 Era anche piuttosto eccezionale il fatto che Kurchatov parlasse
a un pubblico che in quel momento svolgeva ricerche segrete proprio sui
temi di cui lui stesso stava liberamente parlando. L’occidente scoprì così
che in effetti gli scienziati sovietici avevano seguito linee di ricerca molto
simili alle loro sul confinamento magnetico. Kurchatov mise in guardia
sulla possibilità di avere una produzione di neutroni – il segnale di una
reazione di fusione – senza tuttavia avere una vera e propria reazione
termonucleare, ed espresse anche dubbi su altri aspetti tecnici relativi al
confinamento del plasma.5
4
Kurchatov fece due relazioni: la prima fu tenuta il 25 aprile e riguardava gli
sviluppi dell’energia nucleare in URSS [101], la seconda, centrata sui problemi delle
reazioni di fusione, ebbe luogo il giorno successivo [100]. Entrambi i testi delle relazioni
comparvero nel maggio del 1956 nel primo volume della rivista Atomic Energy, accanto
a molti altri lavori di scienziati sovietici.
5
Qualche anno più tardi John Cockcroft scrisse un ricordo commentando la visita
della delegazione sovietica [68].
155
La macchina ZETA
L. Bonolis
Questa visita fu il primo vero passo sulla via della cooperazione internazionale nell’ambito della fusione nucleare controllata, seguita dalla
pubblicazione da parte dei russi di una serie di lavori su Atomnaya Energya, presentati anche nel successivo mese di agosto durante una sessione
straordinaria del Stockholm Symposium on Electromagnetic Phenomena
in Cosmical Physics organizzato dalla International Astronomical Union.6
Nel corso di questo convegno l’unico atto di presenza della ricerca occidentale sulla fusione fu un lavoro di R. S. Pease di Harwell, ma negli stessi
giorni venivano rivelati su Science i primi dati sul programma americano
[70]. Nel frattempo la pressione verso la declassificazione cominciava a
montare sia nella comunità scientifica sia a livello di pubblica opinione, e
qualche lavoro sulla fusione cominciò a trapelare nelle riviste scientifiche
anche a ovest della cortina di ferro. Dopo la visita dell’aprile 1956 della
delegazione sovietica, una conferenza internazionale sulla fisica delle alte
energie e sulle particelle elementari, organizzata dall’Accademia delle
Scienze, venne tenuta a Mosca tra il 14 e il 20 maggio successivo. Vi
parteciparono quattordici scienziati americani, assieme a sette dalla Gran
Bretagna, quattro francesi e almeno un rappresentante di quasi tutti i
paesi del mondo, incluse la Yugoslavia, la Romania, l’Indonesia e anche
la Repubblica Popolare Cinese. Del gruppo americano faceva parte anche
Viktor Weisskopf, ormai un eminente rappresentante della fisica statunitense. Weisskopf scrisse un resoconto dell’avvenimento, descrivendo con
toni commossi l’incontro con gli scienziati sovietici [159, p. 258]:
On Friday, May 11th, at midnight, we landed at the
Moscow Airport. There were four American physicists on
the plane [. . . ] It was a remarkable moment. I visited the
USSR and its physics Institutes for the last time twenty years
ago. [. . . ] Who would have thought it possible even a year
or two ago that American nuclear physicists would be invited
6
156
Per una sintesi storica del programma fusionistico sovietico si veda [56].
L. Bonolis
La macchina ZETA
and permitted to attend a scientific meeting in Moscow?
When we stepped from the plane we were received most
enthusiastically by a group of about ten of the most important
Russian physicists: I. Tamm, L. Landau, V. Veksler, Markov,
E. Lifschitz, Smorodinsky, and others. We were given a most
friendly and moving welcome. A few among the group I knew
quite well from my previous visits and from my student days
in Germany during the twenties, when a number of Russian
students came to Western universities. Obviously they were
deeply moved, after all these years of complete separation.
Nel corso di quelle giornate a Mosca ebbero perfino l’occasione di
incontrarsi nelle abitazioni private. Per inciso, Weisskopf non nomina
affatto Bruno Pontecorvo, all’epoca da poco emigrato in Unione Sovietica;
gli echi della sua defezione erano ancora molto recenti e la comunità
internazionale lo considerava probabilmente una sorta di “traditore”, non
comprendendo le ragioni di questa scelta. Un analogo segno di distensione
venne da Hannes Alfvén, che invitò i fisici russi L. A. Artsimovich e I. N.
Golovin alla conferenza di astrofisica che si tenne a Stoccolma nell’ottobre
1956 [104]. Artsimovich e Golovin tennero seminari sui pinch e i tokamak,
e conobbero sia Lyman Spitzer che Robert Pease, che guidava allora il
programma britannico sulla fusione nucleare.7
Questi eventi stimolarono una prima ondata di declassificazione sui
lavori nel campo della fusione. In particolare, Harwell rispose alla sfida di
Kurchatov pubblicando una serie di articoli sul Philosophical Magazine
e nei Proceedings della Physical Society nel gennaio del 1957. Il primo
volume del 1957 dei Proceedings, datato 1◦ gennaio, conteneva infatti
7
Uno dei primi sistemi per confinare un plasma portandolo ad elevati valori di
densità e temperatura, è stato quello basato sull’effetto di compressione (pinch effect).
In questo caso si sfrutta l’interazione tra la corrente che fluisce in un tubo di scarica
e il campo magnetico generato dalla corrente stessa. Questa interazione genera una
forza che comprime il plasma verso l’asse del tubo.
157
La macchina ZETA
L. Bonolis
lavori tutti inviati dai fisici britannici tra i primi di ottobre e i primi giorni
di novembre [156] [103] [121] [2] [155] [67].
Figura 9.1: Eisenhower e Khruschev con le loro mogli Nina
e Mamie ad una cena ufficiale nel 1959. Archivio National
Archives and Record Administration.
158
Capitolo 10
L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma
Nel gennaio del 1957, la prima fuga di notizie su ciò che si stava
facendo ad Harwell, aveva attirato l’attenzione di Enrico Persico.1
Questi sviluppi sugli studi relativi alle applicazioni dei plasmi suscitavano certamente il suo interesse a livello della fisica fondamentale e lo
riportavano indietro nel tempo di molti anni, quando nel 1925, giovanissimo, aveva passato un anno in Gran Bretagna lavorando sotto l’influenza
di Arthur S. Eddington, uno dei più eminenti scienziati britannici, noto
astrofisico e direttore dell’Osservatorio di Cambridge. Nel 1919 James H.
Jeans aveva messo in evidenza che un nuovo tipo di processo nucleare –
la totale annichilazione di cariche positive e negative – poteva liberare
energia sotto forma di radiazione gamma molto energetica [95, p. 286].
Allora si conoscevano solo gli elettroni e i protoni, così che questa appariva
l’unica possibilità per spiegare l’origine di una radiazione tanto penetrante
come i raggi cosmici, la cui natura elettromagnetica era generalmente
data per scontata a quell’epoca. Anche Walther Nernst aveva ipotizzato
che la radiazione “ultra-gamma” potesse essere prodotta nel corso di
processi cosmici di formazione della materia nelle stelle rosse giganti [112].
Da considerazioni basate sulla durata di vita delle stelle, anche Eddington
giunse alla stessa conclusione nel 1926 [80], condivisa dallo stesso Jeans
[96]. Questi tentativi nascevano dall’esigenza di trovare una sorgente
che fosse molto più efficiente in questo senso rispetto all’ipotesi di un
processo di formazione di elio a partire dall’idrogeno nelle profondità dello
1
Franca Magistrelli, testimonianza autobiografica in [58, p. 316].
159
L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma
L. Bonolis
spazio, come invece sosteneva Robert Millikan con la sua teoria dei raggi
cosmici come “vagiti degli atomi neonati” [144].
Nel 1922, subito dopo la laurea, Persico aveva lavorato all’Osservatorio
Astronomico prima di passare come assistente di Corbino all’Istituto di
Fisica dell’Università di Roma, dall’ottobre del 1922.2 Durante questo
periodo si era interessato di astrofisica e nel 1925 trascorse circa un anno
all’Università di Cambridge, dove ebbe appunto modo di frequentare
Eddington e P. A. M. Dirac [28, p. 273] [140, p. 295]. Il contatto con
gli astrofisici di Cambridge contribuì a rafforzare l’interesse di Persico
per l’astrofisica e in quell’occasione scrisse un fondamentale contributo
pionieristico sulla teoria cinetica dei gas altamente ionizzati e uno sulle
oscillazioni delle Cefeidi, un tema quest’ultimo che era stato qualche
anno prima tra gli interessi di Eddington.
Il primo dei due lavori, – che reca in calce la data Cambridge, dicembre
1925 – era stato pubblicato da Persico prima in versione italiana (“Sulla
teoria cinetica di un gas completamente ionizzato e su alcune applicazioni
astronomiche”) sulle Memorie della Società Astronomica Italiana: «Le
attuali teorie sulla costituzione delle stelle portano a ritenere, come è
noto, che nell’interno di esse la temperatura ascenda a diversi milioni
di gradi, e quindi la materia vi si trovi in condizioni del tutto diverse
da quelle realizzabili nei nostri laboratori» [123, p. 93]. Attraverso una
più sofisticata formulazione matematica, Persico rielaborava precedenti
calcoli di Eddington insieme al classico lavoro di Debye e Hückel [118, p.
531].3 La versione inglese comparve nel 1926 sulle Monthly Notices of
2
Cfr. Cap. 3, nota 7.
La versione italiana non fu inclusa da Amaldi e Rasetti nell’elenco dei lavori
pubblicato in fondo alla biografia di Persico [28].
Come è stato rilevato, questo lavoro fu in seguito citato spesso accanto a quelli dei
pionieri di questo campo di ricerca (B. Brunelli a E. Amaldi, Frascati 23 maggio 1977,
AA scatola 12E, fascicolo 2). Del resto il suo interesse si misura dal fatto che fu citato
più volte tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, quando questi temi tornarono
di attualità e continuò ad esserlo anche negli anni ’70 e ’80. In particolare figurava tra
3
160
L. Bonolis
L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma
the Royal Astronomical Society [125], di seguito all’articolo sull’effetto
di viscosità nelle oscillazioni di una Cefeide [124], entrambi presentati da
Eddington.
Nel corso del suo soggiorno a Firenze dal 1927 al 1930, Persico aveva
anche avuto modo di frequentare intensamente Giorgio Abetti, direttore
dell’Osservatorio di Arcetri, di cui Abetti aveva appena trasformato la
denominazione in Osservatorio Astrofisico, costruendo proprio nel 1925
la prima torre solare d’Europa [55, p. 12].4
Persico, che si era sempre occupato a fondo di ottica, scrivendo
un voluminoso trattato sull’argomento negli anni ’30,5 durante il suo
periodo a Québec si era interessato all’ottica elettronica, ovvero alle
proprietà ottiche di sistemi di trasporto di particelle cariche, lavorando
sugli spettrometri magnetici per la spettrometria di massa, con disegni di
profili magnetici molto avanzati. Il suo interesse era continuato a Roma e
fu uno degli argomenti principali delle sue lezioni tenute nell’ambito della
Scuola di Perfezionamento, che Carlo Bernardini seguì dopo la laurea:6
A quel punto, l’ottica elettronica lo aveva catturato e
voleva insegnarci quali erano i problemi: sorgenti, proprietà cromatiche, tipi di focheggiamento, ecc. E spaziava dai
microscopi agli acceleratori, dai sistemi di estrazione dei fasci agli spettrometri di massa. C’era poca letteratura. . . Se
ricordo bene c’era un francese che aveva scritto qualcosina
(Darmois); ma c’era Ageno che spingeva per avere il microscopio elettronico alla Sanità, che poi ha avuto. Ecco, questa,
le referenze del citatissimo articolo di Lawrence H. Aller e Sidney Chapman “Diffusion
in the Sun” [11], scritto dai due eminenti rappresentanti della fisica dei plasmi solari.
4
Cfr. Cap. 3, nota 17.
5
La prima edizione del suo famoso trattato Ottica, che conteneva ben 565 figure,
comparve nel 1932 nella serie curata da Angelo Battelli e P. Cardani [126].
6
Carlo Bernardini, comunicazione personale, 20 giugno 2011. Il libro a cui si
accenna è il trattato di Eugène Darmois [73], comparso qualche anno prima.
161
L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma
L. Bonolis
per uno come Persico, era una motivazione forte, che poi si
corroborava con le cose pratiche, tecnologiche: quando usare
campi elettrici e quando campi magnetici per farne elementi
ottici con proprietà adeguate [. . . ]
Nel laboratorio annesso alla sua cattedra di Fisica Superiore venivano
appunto portate avanti ricerche sperimentali riguardanti l’ottica elettronica e, presumibilmente intorno al 1954, si era iniziato, in parallelo ad altre
attività, a lavorare su una piccola sorgente di ioni, come ricorda Franca
Magistrelli:7
[. . . ] intanto il professor Persico aveva deciso di costruire
una sorgente di ioni a radiofrequenza per poter studiare
una opportuna ottica elettronica per l’estrazione del fascetto
ionico; e quindi mi applicai a questo lavoro.
Nel 1956 era entrato a lavorare nel Laboratorio di Fisica Superiore
anche Bruno Brunelli, un fisico di qualche anno più anziano di Franca
Magistrelli e allora assistente di ruolo. Con lui iniziò a quell’epoca a
lavorare Alberto De Angelis per svolgere una tesi di laurea su una sorgente
di protoni a plasma:
Il plasma nella sorgente di ioni era per noi solo un mezzo
per poter estrarre un fascetto di ioni con convenienti caratteristiche. E tuttavia avevamo un plasma in laboratorio.
E fu per questo che Persico, avendo letto della macchina
ZETA inglese, che all’epoca sembrava aver prodotto neutroni
da reazioni di fusione in un plasma, suggerì che la nostra
attività si spostasse su questo argomento conducendo qualche esperimento realizzabile nell’ambito di un laboratorio
universitario.
7
Franca Magistrelli, comunicazione personale, 15 giugno 2011. La citazione che
segue è tratta dalla nota autobiografica di F. Magistrelli nel volume [58].
162
L. Bonolis
L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma
Secondo Bruno Brunelli, lo stesso Fermi aveva sottolineato l’importanza dello studio dei plasmi – accanto a quello dello sviluppo dei calcolatori
– nel corso di conversazioni avvenute durante la Scuola di Varenna dell’estate ’54 [119, p. 245]. Ciò non sorprende, se si tiene presente che Fermi
a quell’epoca era di nuovo alle prese con i plasmi astrofisici, un interesse
maturato in particolare dopo l’incontro con Hannes Alfvén nel 1948, a
Chicago.8 Non è nemmeno affatto da escludere che Fermi fosse in qualche
modo al corrente delle ricerche che venivano svolte segretamente negli
Stati Uniti, considerando anche che lui stesso era stato coinvolto negli
aspetti fisici riguardanti la bomba H, come già ricordato. Nel complesso,
quindi, Fermi era tra le persone più esperte e maggiormente consapevoli
dell’interesse degli studi sui plasmi, sia a livello della fisica fondamentale
sia dal punto di vista applicativo.
Le notizie sui recenti sviluppi degli studi legati alle applicazioni dei plasmi comparsi in particolare nel gennaio del 1957 sulla stampa scientifica,
e lo scalpore che da tempo suscitavano le notizie legate alla declassificazione di questo tipo di ricerche, si tradussero comunque in una proposta
concreta fatta da Persico nel maggio del 1957, quella cioè di formare un
gruppo di ricerca sui gas ionizzati costituito da Bruno Brunelli, Franca
Magistrelli e il laureando Alberto De Angelis.
In seguito a questa idea Persico e Amaldi decisero di partecipare di
lì a poco al III Congresso Internazionale sui fenomeni di Ionizzazione
nei Gas, organizzato quell’anno in Italia dalla Società Italiana di Fisica
(SIF), che ebbe luogo a Venezia tra l’11 e il 15 giugno, nella sede della
8
L’esistenza di nubi di plasma nello spazio interplanetario suggerita da Alfvén,
era stata collegata da Fermi alla possibilità di spiegare i meccanismi di accelerazione
dei raggi cosmici. Proprio fra il 1953 e il 1954, quando gli studi sugli sciami estesi
prodotti da primari nell’atmosfera stavano rivelando l’esistenza di particelle dotate
di energie incredibilmente elevate, Fermi aveva ripreso, rielaborandola, la sua teoria
dell’origine dei raggi cosmici pubblicata nel 1949 [82] [85] [86] [83]. Si vedano a questo
proposito le introduzioni ai suddetti lavori fatte da Hannes Alfvén e Subrahmanyan
Chandrasekhar nella raccolta delle opere di Fermi [84].
163
L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma
L. Bonolis
Fondazione “Giorgio Cini”.9 Si trattava di conferenze che venivano tenute
ogni anno, ma quella fu caratterizzata dal fatto che, oltre ad unire
scienziati dell’Est e dell’Ovest, fu particolarmente notevole per «il numero
eccezionalmente grande di relazioni e di comunicazioni», come osservava
nel discorso introduttivo lo stesso Giovanni Polvani, presidente della SIF.
Il notevole numero di articoli presentati da parte di fisici famosi come
Marshall Rosenbluth e Vladimir Shafranov, pubblicati negli atti della
conferenza, sarebbero divenuti fondamentali nell’ambito delle ricerche
sulla fusione nucleare e la fisica dei plasmi [151]. Nel manifestare il
suo apprezzamento per gli organizzatori, Polvani dava il benvenuto agli
«scienziati di tutto il mondo» che, nel linguaggio poetico caratteristico di
Polvani, si ritrovavano «a mezzanotte in quel salotto di trine marmoree
che è Piazza S. Marco [. . . ] con la luna piena in cielo e un’altra in
acqua».10 Ricordando la conferenza 32 anni dopo, Arnulf Schlüter, che
all’epoca lavorava nel gruppo degli astrofisici guidati da Ludwig Bierman,
capo della divisione astrofisica dell’Istituto di Fisica Max Planck diretto
da Heisenberg, ha sottolineato quali fossero i caratteri di novità rispetto
alle precedenti edizioni [148, p. 1725]:
Quella fu la prima vera e propria conferenza internazionale, dove la fusione termonucleare ebbe una parte ufficiale negli
atti. E in effetti, c’erano contributi sulla fusione non soltanto
dal vicino continente europeo, ma anche dal Regno Unito,
dagli Stati Uniti e dall’Unione delle Repubbliche Socialiste
Sovietiche. Ciò che rese quella conferenza diversa da tutte
le altre che seguirono, fu che tutti e tre i lavori americani
sulla fusione termonucleare controllata erano classificati come
9
Ringrazio Edoardo Milotti per avermi fornito copia degli atti della conferenza di
Venezia.
10
Il convegno era stato organizzato dalla SIF con il contributo finanziario di SIF,
Ministero della Difesa, CNRN, Istituto Nazionale delle Poste e Telegrafi, Fondazione
“Giorgio Cini”, Laboratori CISE. La parte introduttiva contiene due ricordi di Giorgio
Valle e un ricordo di John Townsend.
164
L. Bonolis
L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma
segreti. Apparve anche chiaro che per ottenere la fusione il
plasma ad alta temperatura deve essere confinato per mezzo
di un campo magnetico. Tuttavia, come dovesse essere il
campo, non venne detto, né fu rivelato come si potessero raggiungere le alte temperature richieste, che tuttavia dovevano
essere più di un fattore mille maggiore della più alta temperatura raggiunta fino a quel momento vicino all’equilibrio
termico [. . . ] Il risultato della conferenza fu così in qualche
modo ambiguo, non apprendemmo fino a che punto il lavoro
era andato avanti negli Stati Uniti – ma certamente molto
era stato fatto – molto di più di quanto fosse affermato nei
più promettenti resoconti sperimentali [. . . ]
Come osservavano alcuni partecipanti al congresso [88], il successo
dell’incontro di Venezia risiedeva largamente nella presentazione di materiale realmente nuovo in un gran numero di lavori. Il tutto testimoniava
quale ampia ed intensa attività di ricerca fosse effettivamente in atto su
diversi fronti.
A questo congresso presero parte anche Brunelli, Italo Federico Quercia e Carlo Bernardini, che fin dall’inizio aveva lavorato con Persico
nella Sezione Acceleratore, tutte persone che già da qualche tempo si
interessavano di fisica dei plasmi:11
In questa occasione vennero raccolte nel corso di colloqui
privati con i personaggi di punta di queste ricerche una serie
di informazioni sulle sorgenti di ioni (Schneider, Thonemann,
Chenot), sull’utilizzazione delle microonde nella produzione
di plasmi ad alta temperatura e nella misura dei loro parametri caratteristici (Brown, Gilardini), inoltre si polarizzava
11
Informazioni su questa fase preliminare furono in seguito riportate nella prima
relazione ufficiale sull’attività svolta dal gruppo fino alla data del 30 novembre 1957.
Laboratorio Gas Ionizzati – Resoconti organizzativi e scientifici, AA scatola 198,
fascicolo 1, sottofasc. 4.
165
L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma
L. Bonolis
l’attenzione su quanto, nelle varie relazioni, veniva detto circa
la produzione di alte temperature.
Nel frattempo Persico si era in qualche modo dimesso dal suo incarico
ufficiale nell’ambito del progetto sul sincrotrone, come si deduce da una
lettera che gli aveva scritto Giorgio Salvini nel febbraio del 1957:12
Caro Prof. Persico,
rispondo alla tua lettera del 26 febbraio ’57 circa l’assegno
mensile che tu ricevi dalla Sezione Acceleratore. Poiché tu
metti in relazione l’ammonto dell’assegno al tuo contributo,
desidero chiarire nel modo più esplicito che esso è sempre
stato a mio giudizio sproporzionato, ma in senso opposto
a quanto tu pensi. Infatti la Sezione Acceleratore deve a
te, per tuo diretto contributo scientifico e per la tua opera
di direzione scientifica del gruppo teorico, tutto il progetto
teorico del sincrotrone, oltre che una generale educazione a
questi problemi, della quale tutti noi abbiamo beneficiato.
Comunque comprendo che quanto mi scrivi corrisponde
ad una tua precisa intenzione, e ti comunico che l’amministrazione sospenderà il tuo assegno in obbedienza alla tua
richiesta, a partire dal 1◦ Marzo 1957.
Poiché abbiamo ragione di ritenere che alla fine di quest’anno vi sarà una nuova ondata di problemi, mi permetto di
considerare fin d’ora l’attuale trasformazione come reversibile.
Nel frattempo noi tutti terremo presente la tua offerta di
continuare come prima la tua collaborazione scientifica.
Con molta gratitudine, e cordiali saluti,
tuo Giorgio Salvini
Per inciso conviene osservare che quel periodo coincide con lo spostamento a Frascati della Sezione Acceleratore. Per l’occasione Giorgio Sal12
166
G. Salvini a E. Persico, 28 febbraio 1957, AP scatola 3, fascicolo 281.
L. Bonolis
L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma
vini inviava una lettera «Agli abitanti dell’Istituto di Fisica dell’Università
di Roma»:13
Cari Amici,
La Sezione Acceleratore se ne va a Frascati [. . . ] Ci
muoviamo in un mare di casse: mi avete visto leticare coi
trasportatori e avete visto il Prof. Quercia in maglietta e
bello come Apollo trasportare i tavoli?
La Sezione Acceleratore voleva fare con Voi una festicciola
di saluto, ma in questi giorni è troppo complicato e siamo
troppo sporchi [. . . ]
Con molta gratitudine per il bellissimo tempo trascorso
insieme e per l’ospitalità magnifica di questo Istituto, un caro
arrivederci [. . . ]
Giorgio Salvini
Nel ricordare alcune doti del carattere di Persico («i suoi modi sempre
uguali chiunque fosse il suo interlocutore e la sua assoluta indisponibilità
al benché minimo compromesso. Dote, quest’ultima, che poteva anche
risolversi in un inconveniente all’atto pratico, e che era un aspetto di
tutto un certo tipo di ‘pignoleria’, ma che mi sembrava comunque una
sua caratteristica importante e inseribile in un quadro di limpidezza e di
coerenza di vita »), Franca Magistrelli ha opportunamente sottolineato
come Persico non avesse alcuna propensione per la direzione di gruppi
numerosi:14
Era forse un po’ anche questo, insieme ad una spiccata
avversione per certe inevitabili macchinosità amministrative
e burocratiche, che lo portavano a non voler più fare parte
di un gruppo quando questo si ingrandiva più di un tanto.
13
14
G. Salvini a Persico ed altri, 27 giugno 1957, AP scatola 3, fascicolo 281.
F. Magistrelli, nota 1.
167
L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma
L. Bonolis
Amava dire che un gruppo non faceva più per lui quando
superava un certo numero di persone; mi pare di ricordare
che fissasse a 6 questo numero.
Secondo l’opinione di Magistrelli, fu proprio questo, oltre al maturare
degli interessi legati all’affascinante mondo della fisica del plasma, a
determinare il distacco dal gruppo del sincrotrone, «Ferma restando la
sua massima apertura verso questi gruppi, come verso chiunque altro,
ma su un piano personale e non inquadrato e programmatico».
Il 23 giugno, una settimana dopo il Congresso di Venezia, Brunelli
veniva inviato a visitare una serie di laboratori: l’Imperial College di
Londra, il laboratorio di Saclay, vicino Parigi, e il CERN. Al suo ritorno si
cominciò ad impostare l’organizzazione del nuovo gruppo e il 22 luglio
Brunelli e Quercia presentarono un preventivo biennale nel corso di un
incontro tenuto nella stanza di Amaldi. Il piano di azione da loro preparato
includeva una rassegna dei laboratori dove si lavorava «sulla scarica dei
gas»,15 si passavano in rassegna i nomi delle persone già disponibili16 e
di quelle che si aspirava a cooptare.17
Inoltre veniva fatta una lista delle persone con cui parlare in Italia
(«Carrara, Firenze; Gilardini, Roma; Giulotto, Pavia; Chiorboli e Milone,
Bologna; Prof. Vittorio Gazzi, Bologna; Laboratorio Castelgandolfo;
Prof. Angelini; Istituto Sanità»), seguita dall’«Operazione stranieri»,
vòlta a contattare una serie di persone chiave a livello internazionale.18
15
Aldermaston, Amsterdam, MIT, Livermore, Eindhoven, Urbana, Berne, Princeton,
Bonn, Uppsala, Oxford, Harwell, Firenze (Carrara, microonde).
16
Persico, teorico; Brunelli (De Angelis) organizzazione generale e microonde;
Bernardini teorico; Magistrelli, laboratorio.
17
«Wanted (Gozzini (Polacco) microonde, Zambrini, Mandò, Strumenti»; appariva
anche necessaria la collaborazione di un elettrotecnico, uno spettroscopista e di un
“fotografo rapido”. La fotografia ad alta velocità serviva infatti a produrre immagini
del comportamento delle scariche nei gas ionizzati.
18
«Harwell (Amaldi) Cockcroft; Oxford (Persico e Brunelli) Von Engel; MIT (Amaldi) Rossi e Brown; Saclay (Quercia: Winter e Taicts) (Ippolito?); Bonn (Quercia:
168
L. Bonolis
L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma
Il preventivo presentato era relativo ad un progetto per iniziare a livello universitario il lavoro sulla fusione «in locali preesistenti», con una
amministrazione in prestito nel corso di due anni finanziari e prevedeva
una spesa di 82,4 milioni per il personale (Personale, Tecnici alto livello,
Tecnici laboratorio), e una cifra di 46,4 milioni per gli strumenti. Il totale
previsto raggiungeva 145,8 milioni di lire, incluse una serie di altre voci
(materiali di consumo, Lavorazioni esterne, Documentazioni e viaggi).19
Nel frattempo Amaldi avrebbe anche preso contatto con la Segreteria
del CNRN Inoltre, poiché si prevedeva che le microonde avrebbero avuto
un ruolo essenziale nel laboratorio, Franca Magistrelli iniziava uno studio
in questa direzione.20
Cinque giorni dopo, il 27 luglio, una nuova riunione ha luogo nella
stanza di Amaldi, a cui partecipano Persico, Quercia e Brunelli e nel
corso della quale vengono riprese le discussioni del piano presentato il
22 decidendo di «continuare lo studio della sorgente di ioni del tipo di
Thonemann e di iniziare un laboratorio di microonde e di spettroscopia
essenziali per le misure sui plasmi». Veniva ribadito che per la realizzazione
di questa prima fase appariva opportuno prendere una serie di contatti
con laboratori che lavoravano in questo campo, cercando di ingaggiare
qualche specialista.21
Wincler); Urbana (Brunelli e Gilberto Bernardini per Goldstein); Amsterdam (Brunelli
Kistemaker); Uppsala (Amaldi Siegbahn)».
19
Tutti i dati precedenti provengono dal “Piano Quercia Brunelli”, AP scatola 15,
fascicolo 72.
20
Relazione preparata alla fine di novembre del 1957 (vedi nota 11).
21
A questo proposito si stabiliva quanto segue: «1) Il Prof. Amaldi scriverà a Mann
per chiedergli di contribuire nel lavoro di spettroscopia durante il suo soggiorno a Roma
nel prossimo anno accademico. Ai primi di settembre prenderà contatti con i fisici
inglesi. 2) Il Prof. Persico scriverà al Prof. Bernardini per saggiare la possibilità di
ingaggiare un esperto in scarica nei gas da Urbana. 3) Il prof. Quercia scriverà ad un
allievo del Prof. Carrara. 4) Brunelli alla fine del c.m. avrà colloqui con la Ballario, con
Carrara, Gilardini, Chiodoli, Grassi e gli astronomi di Castel Gandolfo; cercherà un perito
radiotecnico ed ai primi di settembre andrà ad Amsterdam (Kistemaker) ed a Oxford
169
L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma
L. Bonolis
Due giorni prima Persico aveva scritto a Bernardini:22
Caro Gilberto, come sai c’è nel nostro istituto un gruppo
che da tempo lavora ad una sorgente di ioni, principalmente
con lo scopo di impratichirsi della tecnica e della teoria dei
gas ionizzati. L’interesse crescente che presenta ora questo
gruppo di ricerca, anche in vista di eventuali applicazioni agli
acceleratori e alla fusione nucleare, ha suggerito ad Amaldi e
a me di ampliare e potenziare questo gruppo, con mezzi che
il C.N.R.N. sarebbe disposto a fornire quando sarà approvata
la Legge per l’Energia Nucleare.
Si tratterebbe, in un primo tempo, di mettere a punto le
tecniche di studio (elettrico, spettroscopico etc.) del plasma,
e di produzione di scariche ad alta intensità [. . . ]
Pensiamo di poter accrescere gradualmente il gruppo con
fisici ed ingegneri reclutabili in Italia, ma ci sembra necessario
avere fin da principio una persona già esperta di questo
genere di ricerche, e questa pensiamo sia necessario cercarla
all’estero. Ti scrivo perciò per chiederti se ci puoi suggerire,
tra le persone che conosci a Urbana o altrove, un fisico
sperimentale, di media anzianità e posizione accademica, che
abbia già lavorato in questo campo e che sia disposto a
trasferirsi a Roma, su contratto per un anno o eventualmente
due [. . . ]
(Von Engel)». “Promemoria sulle conclusioni raggiunte nella riunione organizzativa del
laboratorio ‘Plasmi’, tenuta il 24/7/1957 nella stanza del Prof. Amaldi”, AP scatola
15, fascicolo 72.
22
E. Persico a G. Bernardini, 25 luglio 1957, AP scatola 15, fascicolo 72.
170
Capitolo 11
I primi passi del Laboratorio Gas
Ionizzati
Durante il mese di luglio, prima della pausa estiva, Persico inviava un
paio di messaggi a J. Kistemaker del Laboratorium Voor Massaspectrografie Stichting F.G.M. di Amsterdam, per annunciare l’arrivo di Brunelli
i primi giorni di settembre.1 A metà agosto Brunelli, ancora a Folgaria in
vacanza, scrive anche ad Amaldi:2
[. . . ] ho ricevuto una lettera di Reynolds dal CERN: in
essa egli mi indica qualche nome, a cui ci si può rivolgere per
chiedere fisici inglesi. Inoltre accenna a una possibile visita in
Italia del Dr. Linhart (CERN) in settembre. Questi sarebbe
disposto a tenere “informal lectures” sui plasmi. Sicuro
di interpretare il Suo pensiero ho scritto a Linhart che è
graditissima una sua visita al nostro Istituto.
Sarà a Roma alla fine di agosto [. . . ]
Jirka G. Linhart, che faceva parte della sezione del Protosincrotrone al
CERN, aveva partecipato al Convegno di Venezia (“Analysis of Contraction Processes in Neutralised Electron Beams”) e ora appariva disponibile
1
E. Persico a J. Kistemaker, 29 luglio 1957 («We are planning to investigate
high temperature phenomena by means of electrical discharges in gases. Whilst the
experimental apparatus is being prepared, we are getting familiar with the fundaments
of gas discharge physics preparing a proton source of the Thonemann type. I think
it would be very useful that one of my Assistants, Dr. B. Brunelli, could come to
Amsterdam and discuss with you our research program in order you can give him some
advices») e risposta di quest’ultimo il 12 agosto; AP scatola 15, fascicolo 72.
2
B. Brunelli a E. Amaldi, AA scatola 158, fascicolo 1, sottofasc. 2.
171
Il Laboratorio Gas Ionizzati
L. Bonolis
a tenere una serie di seminari sulla fisica dei plasmi: «Io l’ho senz’altro
invitato, sicuro che Lei e il Prof. Amaldi sarebbero stati d’accordo»,
scriveva Brunelli a Persico da Folgaria.3
Tra il 4 e il 9 settembre Brunelli, d’accordo con Amaldi, Persico
e il Segretario del CNRN Felice Ippolito, completò il suo giro presso i
laboratori sui plasmi ad alta temperatura,4 e nella sua relazione faceva le
seguenti considerazioni generali:6
1) con una trentina di milioni di attrezzatura vi è possibilità di realizzare delle esperienze che abbiano non solo uno
scopo introduttivo, ma anche un interesse di avanguardia;
2) ciascun gruppo di ricerca è formato di almeno 6 fisici
esperti nel campo e comunque già formati; e nei laboratori a
3
«Il programma delle lezioni è il seguente: 1) Derivation of fundamental hydromagnetic equations of plasma; 2) The plasma confinement by magnetic fields instabilities; 3-4) The heating of plasma to high temperatures and the energy losses from
hot plasma; 5) The ignition and propagation of a thermonuclear flame; 6) Some other
applications (e.g. in the field of particles accelerators) Il dr. Linhart desidererebbe
distribuire questi seminari nella prima quindicina di settembre a partire dal 2 o 3 del
mese [. . . ] Purtroppo la mia visita ad Amsterdam si sovrapporrà con qualche seminario
di Linhart; spero però che sia possibile diradare i seminari durante la mia assenza in
modo che ne perda al più uno o due [. . . ]». B. Brunelli a E. Persico, 27 agosto da
Folgaria, AP scatola 15, fascicolo 72.
4
Visitava il Laboratorium Voor Massenspectrografie di Amsterdam, Il Physikalischen
Institut der Technischen Hochschule di Aachen e Il Clarendon Laboratory a Oxford.
Brunelli commentava che le ricerche all’Imperial College si trovavano ancora in una
fase iniziale e che i risultati di Saclay erano stati descritti in una relazione di P. Hubert
al Convegno di Venezia, mentre ad Aachen stavano «studiando il pinch e la stabilità di
una scarica lineare prodotta tra due elettrodi in un cilindro lungo 25 cm e del diametro
di 5 cm. Il banco di condensatori è di 73 µF caricati a 2,5 KV».5 Quanto alla visita al
CNRN Brunelli parlava di un gruppo di sei fisici che stavano studiando la possibilità
di realizzare una macchina acceleratrice con plasma. Per la fine del corrente anno
speravano di avere in funzione un betatrone di circa 1 MeV. Il laboratorio era ancora
in fase di montaggio.
6
B. Brunelli, “Relazione sulle visite ai laboratori stranieri di ricerca sui plasmi ad
alta temperatura”, AP scatola 15, fascicolo 72.
172
L. Bonolis
Il Laboratorio Gas Ionizzati
carattere universitario ho trovato, più che la disposizione, il
desiderio di collaborare fattivamente con noi. Tanto è vero
che nel giro di un mese, è stato possibile organizzare una
serie di seminari specializzati, avere informazioni varie, oltre
quelle avute durante le visite, ed avere l’indirizzo di qualcuno
dall’estero disposto a venire a Roma a lavorare per un anno
o due [. . . ]
Nel corso del suo viaggio, Brunelli aveva raccolto dati e indirizzi per
reperire le apparecchiature, ma soprattutto aveva potuto chiarire una
serie di punti chiave:7
1) Le microonde non sono efficienti nel riscaldare il plasma
2) È possibile fare una esperienza di avanguardia disponendo
di una trentina di milioni 3) È fondamentale e poco dispendioso l’uso delle sonde per studiare le caratteristiche dei plasmi 4)
Da Kistemaker e da Von Engel, indipendentemente, viene suggerita un’esperienza riguardante l’effetto della temperatura
delle superfici metalliche sulla ricombinazione degli ioni.
Tra personale, strumenti e apparecchiature, ed altre voci risultava
che la cifra da chiedere al CNRN sarebbe stata di 42 milioni, da integrare
con 10.3 milioni da ottenere attraverso altre fonti.8
Tra il 17 e il 20 settembre, su richiesta del Segretario Generale del
CNRN Felice Ippolito, Brunelli preparava un preventivo per un programma
ridotto della durata di un anno, il cui personale di ricerca prevedeva anche
7
Si veda la relazione sull’attività svolta fino al 30 novembre 1957 (Cap. 10, nota
11).
8
Alcune note a mano precisano quanto segue: «senza spettroscopia e con condensatori da Lepri 33,0 e 4,3 spese personale/spese apparecchi=0,6 (0,9 nel prog.
senza spettroscopia)». B. Brunelli,“Preventivo per un programma ridotto di ricerca sui
plasmi (1 anno)”, 17 settembre 1957, AP scatola 15, fascicolo 72.
173
Il Laboratorio Gas Ionizzati
L. Bonolis
un fisico straniero.9 Il nuovo preventivo, che sostituiva quello biennale su
una scala più ampia di 145 milioni di lire, veniva ridotto a 43 milioni per
la durata di un anno, riducendo il personale e le apparecchiature.
Esaminato il nuovo preventivo, il 21 settembre Ippolito decideva
di anticipare 10 milioni per mantenere in vita il nuovo gruppo, non
previsto nel bilancio finanziario dell’anno in corso e per acquistare qualche
apparecchiatura strettamente necessaria. Secondo le speranze questo
primo nucleo avrebbe costituito la base per un futuro più ampio gruppo.
Come commentava Brunelli molti anni dopo: «Per fortuna in quegli
anni avevamo Ippolito che rispondeva molto velocemente alle nostre
richieste. Del resto Amaldi garantiva per noi. E siamo andati molto alla
svelta [. . . ]» [119, p. 247].
Il programma previsto, alla data del 1◦ ottobre 1957, risultava essere
il seguente:10
1) Studiare la esistente sorgente di protoni per quanto
riguarda il problema della ricombinazione dell’idrogeno atomico sulle pareti e lo studio mediante sonde di Langmuir dei
principali parametri, da cui dipende l’intensità del fascetto di
protoni.11
2) Progetto di una esperienza sul plasma ad alta temperatura. Tale progetto è già stato iniziato e prevede la
9
In quel periodo Brunelli aveva avuto una lettera da Reynolds in cui accennava
all’interesse di J. E. Allen, un esperto di plasmi del centro di Harwell, a trascorrere
a Roma un periodo di uno o due anni. Si veda la lettera di F. Reynolds (Proton
Sinchrotron Division del CERN) a B. Brunelli dell’11 settembre 1957, AP scatola 15,
fascicolo 70.
10
B. Brunelli, “Organizzazione del Laboratorio su Gas Ionizzati (situazione alla data
del 1◦ .X.’57)”; si veda anche B. Brunelli, “Preventivo per un programma ridotto di
ricerca sui plasmi (1 anno)”, 17 settembre 1957, AP scatola 15, fascicolo 72.
11
Per la realizzazione di questo programma si ritenevano strettamente necessari: 1
fisico (Dr. F. Magistrelli) e un laureando, 1 tecnico di laboratorio (ancora da nominarsi),
componenti della sorgente, 1 banco da vuoto, attrezzatura da vuoto, materiale di
consumo, lavorazioni esterne, imprevisti.
174
L. Bonolis
Il Laboratorio Gas Ionizzati
compressione adiabatica e magnetica di un plasma entro un
cilindro senza elettrodi del volume di un litro.12
Si prevedevano inoltre consulenze, seminari, documentazione, e viagNella deprecata eventualità che all’inizio del 1958, ossia allo scadere
dei tre mesi a partire dal 15 ottobre, il Laboratorio avesse dovuto dissolversi per mancanza di fondi, si sarebbe posto il problema di sistemare
convenientemente il fisico e il tecnico di laboratorio assunti. Perciò si
era ritenuto opportuno garantire loro uno stipendio adeguato per sei
mesi anziché per tre, come appare infatti dal contratto fatto a Franca
Magistrelli in data 15 ottobre.14 Tuttavia, nella auspicata eventualità
che all’inizio del 1958 potessero aprirsi maggiori possibilità economiche di
finanziamento, si faceva notare che, per una ricerca di un certo respiro sul
plasma, il preventivo di L. 43.000.000 per il programma annuale ridotto
sarebbe stato del tutto insufficiente.
In data 18 ottobre 1957 il Presidente ed il Segretario Generale del
CNRN firmavano il decreto costitutivo del «gruppo di ricerca sui gas
ionizzati».
Nel frattempo Persico e Amaldi si erano attivati presso la comunità
scientifica internazionale per invitare studiosi di rilievo a collaborare o a
tenere cicli di seminari. Nella prima settimana di settembre Linhart tenne
gi.13
12
A questo progetto si sarebbe dedicato Brunelli, il cui stipendio era già garantito.
Alcune attrezzature senz’altro necessarie per la realizzazione di questo progetto e
comunque di uso generale nelle ricerche sul plasma erano: 1 banco di condensatori
(14.000) joule e 2 oscillografi rapidi.
13
In un documento adiacente al precedente veniva specificato quale sarebbe stato
l’impiego dell’anticipo di 10 milioni: «Fisico; Consulenze; Tecnico di laboratorio;
Documentazione, viaggi e Segreteria; 1 Banco da vuoto; 1 banco condensatori non
speciali (14.000 joule); 1 oscillografo; Strumenti elettrici; Elettronica varia; Sorgente:
componenti e spettrografo; Attrezzatura da vuoto; Materiale di consumo; Lavorazioni
esterne. Totale: 10,28 milioni».
14
«La S.V. è assunta a contratto presso il Comitato Nazionale per le Ricerche
Nucleari in qualità di fisico, alle dipendenze del prof. Bruno Brunelli [. . . ]». L’originale
del contratto è attualmente conservato da F. Magistrelli.
175
Il Laboratorio Gas Ionizzati
L. Bonolis
una serie di lezioni su argomenti di carattere fondamentale,15 e in quella
occasione discusse con Persico il problema del calcolo del coefficiente
di riflessione magnetica di un plasma confinato in un particolare campo
magnetico. Campi magnetici sufficientemente intensi modificano le orbite
degli ioni e degli elettroni di un plasma facendo sì che questi si muovano
a spirale intorno alle linee del campo. Questo impedisce la fuga delle
particelle attraverso le linee del campo, ma non limita il loro moto lungo
le linee di forza. Questa risultava appunto essere una delle più importanti ragioni di fuga di un plasma imbottigliato in un campo magnetico.
Linhart aveva di recente proposto e parzialmente risolto un particolare
problema legato al confinamento [106], per il quale Persico troverà una
soluzione generale e più dettagliata facendo una valutazione approssimativa di tale perdita sotto certe particolari ipotesi.16 Per ottenere energia
dalla fusione è necessario scaldare e poi confinare il plasma abbastanza a
lungo, in modo che l’energia rilasciata dal processo sia superiore a quella
richiesta per scaldare il combustibile nucleare alle temperature necessarie.
All’epoca appariva ormai chiaro che i plasmi, in qualsiasi configurazione
magnetica sperimentata, mostravano fenomeni di instabilità e turbolenza,
che si traducevano in una rapida perdita di plasma. I problemi relativi
agli effetti negativi della turbolenza sul confinamento erano ormai universalmente noti e rappresentarono anche successivamente il problema
centrale delle ricerche sulla fusione. Dalla collaborazione tra Persico e
15
1) Derivation of fundamental hydromagnetic equations of plasma 2) Confinement
of plasma by magnetic field. 3) Confinement of plasma by magnetic fields produced
by currents outside the plasma. 4) Heating of plasma. 5) Ignition and propagation of
a thermonuclear flame. 6) Application of relativistic plasma to accelerators.
16
In linea generale la soluzione di questo tipo di problema ha diviso a suo tempo i
fusionisti in due gruppi distinti: quelli che risolvevano il problema della fuga usando
sistemi a campo chiuso – configurazioni le linee del campo che si chiudono all’interno di
una camera a forma di ciambella, una configurazione toroidale – e quelli che studiavano
sistemi a campo aperto, cioè utilizzando un fascio di linee di forza a forma di tubo
e rinforzando il campo alle estremità in modo da creare dei veri e propri “specchi
magnetici”, in grado di riflettere le particelle verso l’interno della camera da vuoto.
176
L. Bonolis
Il Laboratorio Gas Ionizzati
Linhart scaturì in breve tempo l’articolo “plasma Loss from Magnetic
Bottles” inviato al Nuovo Cimento nel marzo del 1958 [135]. Naturalmente l’articolo faceva riferimento al gruppo di lavori appena comparso
sulla rivista Nature. Nel corso del suo soggiorno Linhart suggerì anche la
possibilità di eseguire una esperienza dell’entità di quella portata avanti
ad Aachen, così che il gruppo iniziò a lavorare alla realizzazione di una
sorgente di protoni a radio-frequenza adatta a studiare l’effetto della
temperatura delle superfici metalliche sulla ricombinazione degli ioni, alla
realizzazione di uno spettrografo per l’analisi di massa del fascio, come
pure al progetto e organizzazione dell’esperimento sulla compressione
magnetica dei plasmi suggerita da Linhart. Quest’ultimo successivamente
si trasferirà definitivamente in Italia.
Il contatto con l’inglese Allen si concretizzava rapidamente attraverso
uno scambio di lettere con Persico:17
As you probably know Prof. Amaldi and I are trying
to organize in Rome a small group doing some research
on plasma physics on the experimental as well as on the
theoretical side. We are confident to get for this project
some financial support by the “Comitato Nazionale Ricerche
Nucleari” as soon as the Atomic Energy law will be approved
by the Parliament: this ought to happen in a few months. In
this case, we could enroll a few young physicists and engineers
(beside the 2 or 3 already interested) and set up a specialized
laboratory which, at the beginning, would be at a relatively
modest scale but could perhaps expand in future. Besides,
we would like to invite from abroad some expert on plasma
physics to lead the experimental work for a year or two, since
nobody here has any experience in this field.
17
E. Persico a J.E. Allen, 15 settembre 1957, AP scatola 15, fascicolo 70.
177
Il Laboratorio Gas Ionizzati
L. Bonolis
I have heard that perhaps you would be interested in
coming to Rome for a while, and I have informed Amaldi of
this possibility [. . . ]
Allen si mostrava disponibile a trascorrere almeno due anni in Italia,
con l’obiettivo di raggiungere consistenti risultati («I think that two years
woud be preferable to one [. . . ] as I would like to achieve some solid
results, and a year soon passes [. . . ]».18
Nel frattempo, l’estate precedente Amaldi aveva accennato a Rasetti
la possibilità che lui potesse trascorrere in Italia un periodo tra il 1958
e il 1959 per occuparsi di spettroscopia delle scariche nei gas, come lo
stesso Rasetti raccontava a Persico in una lettera datata 11 ottobre:19
Egli crede che sia un campo che stia per acquistare molto
interesse con lo svilupparsi delle reazioni termonucleari [. . . ]
Ricordo che a Roma mi dicesti che avevi intenzione di dedicarti alla teoria dei gas ionizzati e argomenti connessi; non
so se i problemi a cui ti interessi confinino con quelli a cui
pensa Amaldi [. . . ]
Questa lettera dimostra che sia Persico sia Amaldi avevano cominciato
a pensare alla questione “gas ionizzati” fin dal 1956, stimolati molto
18
Descrivendo il suo lavoro presso la United Kingdom Atomic Energy Authority,
proponeva di muoversi lungo due direzioni: 1) Study of plasma Boundaries [. . . ] 2)
Study of plasmas and their interactions with Magnetic Fields [. . . ] Such experiments
would be (roughly speaking) a continuation of work which Dr. Reynolds and I have
done at Harwell (reported in Venice last June) and/or a continuation of experiments
which Professor Craggs and I have described in Brit. J. Appl. Phys. 1954. For both (1)
and (2) a large aperture quartz spectroscope would be useful. Clearly the programme
can only be decided after discussions with Prof. Amaldi and yourself, but I have given
the above outline to give you some idea of the kind of equipment required in this
work [. . . ]. J.E. Allen a E. Persico, 23 settembre 1957, AP scatola 15, fascicolo 70. A
Venezia Allen aveva presentato un lavoro proprio con Reynolds: “Ring Discharge of
Short Duration”.
19
F. Rasetti a E. Persico, 11 ottobre 1957, AP scatola 15, fascicolo 70.
178
L. Bonolis
Il Laboratorio Gas Ionizzati
probabilmente anche dall’ondata di interesse e dalle reazioni suscitate
dalla visita della delegazione sovietica a Harwell. Come Persico, anche
Amaldi, che frequentava abitualmente gli ambienti internazionali, era
particolarmente sensibile all’interesse scientifico e applicativo delle ricerche
in corso, trapelate in quella occasione. D’altra parte, fin dall’inizio degli
anni ’50, il suo atteggiamento era sempre stato quello di allargare il più
possibile l’orizzonte culturale della fisica italiana, favorendo lo sviluppo
e l’apertura di nuove linee di ricerca, in particolare nell’Istituto romano,
come ricorda Gianfranco Chiarotti, uno dei pionieri della fisica dello stato
solido in Italia:20 «Furono Edoardo Amaldi, Giorgio Salvini e Marcello
Conversi che mi contattarono: si voleva sviluppare a Roma un’attività
di Fisica dei solidi». Questa strategia si basava in modo naturale anche
sulla naturale esigenza di Amaldi di essere al corrente degli sviluppi più
recenti:
Amaldi era sicuramente una personalità molto forte e
motivata, ed ha avuto un’importanza enorme nella fisica e
nella scienza italiana. Amaldi aveva una curiosità per tutta la
fisica, voleva sapere per filo e per segno cosa facevano tutte
le persone dell’Istituto de “La Sapienza”. Quando io venni a
Roma, mi disse: «Un giorno mi devi far venire in laboratorio
e spiegare quello che fai».
Persico rispondeva all’amico Rasetti con comprensibile entusiasmo,
fornendogli anche una descrizione dei lavori in corso e dei metodi seguiti, compresa una dettagliata bibliografia secondo quanto richiesto da
Rasetti:21
[. . . ] la prospettiva che tu venga per qualche tempo a
lavorare con noi mi sorride moltissimo, e penso inoltre (a
20
21
G. Chiarotti, testimonianza autobiografica in [60].
E. Persico a F. Rasetti, 22 ottobre 1957, AP scatola 15, fascicolo 70.
179
Il Laboratorio Gas Ionizzati
L. Bonolis
parte le ragioni personali) che il nascente gruppo del plasma
se ne avvantaggerebbe in sommo grado [. . . ]
Il futuro di questo gruppo del plasma è naturalmente
legato allo stanziamento di fondi da parte del C.N.R.N., che
a sua volta dipende dalla approvazione di un certo disegno di
legge per le ricerche nucleari. Sembra però che ci siano buone
speranze. In attesa stiamo cercando di imparare che cosa è
il plasma. Abbiamo invitato Linhart, un inglese che lavora
al CERN, a farci una serie di 6 lezioni su questa roba, e poi
leggiamo tutto quello che possiamo. Io dovrei essere il teorico
di questo gruppo (ho rifiutato ogni lavoro organizzativo). Di
sperimentale per ora non c’è praticamente nulla salvo lo
studio di una sorgente di ioni a radiofrequenza, che è più
che altro un’occasione per avere a che fare con un oggetto
contenente plasma.
A questo riguardo anche Amaldi si stava muovendo con D. E. Mann,
del National Bureau of Standard di Washington, ricevendo da lui assicurazioni che, durante l’anno di permanenza a Roma dal novembre 1957,
avrebbe fatto da consulente nel progetto di spettroscopia dei plasmi.22
A partire dal 19 novembre 1957, Persico lasciò la cattedra di Fisica
Superiore per passare a quella di Fisica Teorica, la qual cosa comportò
la chiusura del laboratorio di Fisica Superiore. Tuttavia egli continuò
a seguire l’attività di ricerca e a impegnarsi nel promuovere i contatti
utili al suo sviluppo.23 Bohm rispondeva il successivo 27 novembre
22
Si veda la lettera scritta da D. E. Mann a E. Amaldi, 20 settembre 1957, AA
scatola 158, fascicolo 1, sottofasc. 13.
23
Vedi lettera scritta da Persico a David Bohm, il 19 novembre: «We hope to get
in a few months from the C.N.R.N. financial support for starting an experimental
program: meanwhile, with the limited funds at our disposal we want to prepare some
young physicists and engineers trained to such problems. It would be extremely useful
for us if you could come to Rome for a while to give some seminars on plasma physics
and discuss such questions with our group [. . . ] for one month» (AP scatola 15,
180
L. Bonolis
Il Laboratorio Gas Ionizzati
accettando l’invito e proponendo di tenere i suoi incontri nel marzo
dell’anno successivo.24
Altri contatti vennero presi in quel periodo con Otto Klemperer, un
esperto in ottica elettronica che lavorava all’Imperial College di Londra,25
e con Alfredo Bañoz Jr., del Dipartimento di Fisica dell’Università della
California, un esperto di plasmi che sia Persico che Amaldi furono lieti
di ospitare a Roma dove, grazie a una borsa Fulbright, si trattenne
alcuni mesi a partire dal febbraio 1958, favorendo con la sua presenza
l’aggiornamento del gruppo.26
Il 30 novembre 1957 viene redatto il primo rapporto di attività. A
quella data il personale risulta costituito da Bruno Brunelli (ricercatore
capo gruppo), Franca Magistrelli (ricercatore con contratto provvisorio di
6 mesi a partire dal 15 ottobre ’57, in attesa di approvazione della legge
stralcio), Ugo Ascoli (ricercatore a mezzo tempo dal novembre ’57, in
attesa di distaccamento dalle FF.SS.), Alberto De Angelis (laureando),
fascicolo 70). Bohm, che aveva lasciato gli Stati Uniti nel ’51, all’epoca della caccia
alle streghe di McCarthy, si era appena spostato a Bristol dopo essere vissuto molti
anni in Brasile, aveva appena rinunciato pubblicamente alla sua fede marxista dopo
l’invasione dell’Ungheria da parte dell’Unione Sovietica.
24
L’11 dicembre Persico gli scriveva ringraziandolo e raccontando per sommi capi
la loro attività: «I hope that when you will come here the financial questions will be
settled and the experimental program will be already going. We are now discussing a
possible experiment on plasma constricted in a cylindrical vessel by a longitudinal pulsed
magnetic field. The theoretical training of the group is based chiefly on Spitzer’s and
Alfvén’s books and on some seminars given here last summer by Prof. Linhart of CERN.
Of course we read some papers and join periodically to discuss them (unfortuately I
cannot spare for this work all the time I would like». Le lettere sono conservate in AP
scatola 15, fascicolo 70.
25
Si vedano le lettere di O. Klemperer a E. Amaldi, 11 dicembre 1957, quella di
Klemperer a Persico, 17 dicembre 1957, e di Persico a Klemperer del 23 dicembre 1957
(«I think that your three lectures on “Space charge and electron optics” will be very
interesting and useful not only for the group working on ionised gases but for many
other people too.»), ed altre della primavera successiva, AP scatola 15, fascicolo 70.
26
E. Persico a A. Bañoz Jr., 19 dicembre 1957, AP scatola 15, fascicolo 70.
181
Il Laboratorio Gas Ionizzati
L. Bonolis
A. Bernardini (tecnico di laboratorio con contratto in prova per 3 mesi
a partire dall’11 novembre ’57), un tecnico meccanico (a fattura per
un mese). Persico e Amaldi figurano come “supervisori scientifici” del
gruppo, a cui ci si aspetta che nell’immediato futuro si unisca anche
Sergio Segre.27
I lavori sperimentali e teorici si indirizzavano verso lo studio della
sorgente di ioni («una sorgente con pareti parzialmente metalliche e
riscaldabili», secondo il suggerimento di Kistemaker e Von Engel),28 e
l’analisi del fascio.
Sulla scena internazionale era nel frattempo accaduto qualcosa che
segnava l’avvento di una nuova èra per l’umanità: il 4 ottobre, l’URSS
aveva lanciato lo Sputnik 1, nell’ambito dell’International Geophysical
Year. L’evento fu uno shock per gli Stati Uniti, a cui seguì nel giro di
pochi mesi la fondazione della NASA (National Aeronautics and Space
Administration) e nella primavera del 1958 il lancio dei satelliti Explorer
che avrebbero scoperto le fasce di plasma ionizzato che circondano la
Terra, denominate poi fasce di Van Allen. Questi risultati e la lunga
esperienza con i raggi cosmici avrebbero di lì a poco stimolato Bruno Rossi
ad attivare un gruppo di studio al Massachusetts Institute of Technology
che nel 1961 dimostrò l’esistenza del vento solare, un flusso di plasma
continuamente emesso dal Sole nello spazio, frutto dell’espansione della
27
Gli incarichi risultano così suddivisi: «Brunelli: Organizzazione, Progetto dell’esperienza sulla compressione dei plasmi. Tesi di De Angelis; Magistrelli: Segreteria
scientifica. Vuoto. Comportamento elettrico del plasma nella sorgente. Studio del
plasma con sonde; De Angelis: Progetto della sorgente. Analisi del fascio; Ascoli:
Programma di studio dei plasmi; seminari sulle equazioni del plasma. Collaudo del
banco di condensatori da 14.000 joule; Bernardini A.: Tecnico di laboratorio. Frequenza
alle lezioni di elettronica (Prof. Quercia) e alle lezioni di matematica (Dr. Brunelli)».
Vedi relazione citata nella nota 11.
28
A questo proposito, nel frattempo Magistrelli si occupava del «calcolo dell’impedenza di un condensatore avente come dielettrico un plasma eccitato a radio-frequenza;
calcolo essenziale per poter comprendere il comportamento elettrico della sorgente da
adattarsi al generatore di radio-frequenza».
182
L. Bonolis
Il Laboratorio Gas Ionizzati
corona dotata di temperature dell’ordine del milione di gradi Kelvin.
Intanto, in quell’autunno del 1957, nel corso di una conferenza tenuta a Princeton il 17 e il 18 ottobre, vennero resi noti i primi risultati
ottenuti con la macchina ZETA di Harwell, in funzione da circa un mese,
contemporamente ad alcuni risultati americani. Il velo sollevato sulle
ricerche britanniche e americane suscitò un enorme interesse nella stampa
e indusse un eccesso di ottimismo sulle prospettive della fusione nucleare
nel vicino futuro. Già nel corso delle prime settimane di attività della
macchina ZETA sembrò che fossero prodotti neutroni in gran numero e
questo causò grande eccitazione nella comunità scientifica. Ma la domanda fondamentale era: si trattava di neutroni termonucleari? Kurchatov
aveva già messo in guardia sulla possibilità che i fasci di ioni accelerati ad energie altissime potessero produrre neutroni interpretabili come
provenienti dal plasma ad alta temperatura. Si trattava di una distinzione fondamentale, che avrebbe seriamente condizionato la possibilità di
estrapolare i risultati in vista di un impianto per la produzione di energia
da fusione. L’incertezza sarebbe stata risolta se fosse stato possibile
misurare accuratamente la temperatura del plasma, ma le tecniche per
farlo erano ancora ai primordi. La pressione crebbe perché Harwell facesse
un comunicato ufficiale.
Così, mentre il primo satellite lanciato dai russi si disintegrava a
contatto con l’atmosfera terrestre e il secondo finiva di completare i suoi
giri, le ricerche relative al controllo delle reazioni termonucleari in Gran
Bretagna e USA venivano ufficialmente annunciate in comunicati e lavori
scientifici presentati il 24 gennaio dall’Atomic Energy Commission e dalla
United Kingdom Atomic Energy Authority. Gli articoli corrispondenti
apparvero il giorno dopo, nell’edizione del 25 gennaio 1958 di Nature
[157] [154] [10] [65] [90] [64] [92]. Il punto su cui si focalizzava l’attenzione era menzionato in particolare nel primo articolo, dove si affermava
specificamente che «the neutron flux so far obtained was insufficient to
obtain a sufficient accuracy of measurement to show that a thermonuclear
process was responsible for the neutrons». Nonostante questa cautela,
183
Il Laboratorio Gas Ionizzati
L. Bonolis
relativa alla presunta produzione di neutroni da fusione, la stampa si
impadronì della notizia e gridò al successo dell’esperimento di fusione
con la macchina ZETA che nel giro di vent’anni avrebbe reso possibile
ottenere energia elettrica usando l’idrogeno degli oceani. I giornalisti
erano stati invitati a visitare Harwell qualche giorno prima, così il 25
gennaio le testate dei giornali britannici riportarono titoli del tipo: “To
Britain – a Sun is Born” oppure “H-power everlasting”, e il Daily Mail
lo definiva addirittura “A triumph as great as the Russian Sputnik”. La
recente crisi di Suez aveva messo in evidenza che il Regno Unito non era
più una potenza mondiale e questo successo sembrava riportare il paese
a un livello competitivo almeno nel campo scientifico. Gli scienziati che
lavoravano con ZETA venivano quindi descritti come «the atom men who
won Round One in the race with the scientific big brothers, Russia and
America».
Come ricordò nel 1963 lo stesso John Cockcroft, direttore del centro
di Harwell che ospitava la macchina ZETA, successivamente fu più volte
ribadito che molti anni di intenso lavoro sarebbero stati richiesti per
ottenere in laboratorio un dispositivo in grado di produrre più energia di
quella consumata e che dopo di ciò sarebbero stati necessari ancora molti
anni per sviluppare una unità dalle dimensioni tali da ottenere energia su
grande scala. «Ma non fummo creduti», sottolineava più avanti Cockcroft
[68, p. 389]. In verità lui stesso si era mostrato evasivo sulla faccenda;
tuttavia, messo sotto pressione, si era spinto ad affermare che, secondo
la sua opinione, al 90% i neutroni osservati derivavano da reazioni di
fusione.
Sei mesi più tardi fu chiarito che effettivamente gli spettri di neutroni
osservati erano inconsistenti con una origine termonucleare, ma erano
piuttosto da attribuirsi alla produzione di deutoni accelerati. La reale
temperatura del reattore era molto inferiore ai circa 5 milioni di gradi
valutati inizialmente in base alle misurazioni. Si rivelò decisamente troppo
bassa perché il processo di fusione potesse avere luogo [141]. Tutto ciò
innescò una paranoia durata circa dieci anni sull’origine dei neutroni e
184
L. Bonolis
Il Laboratorio Gas Ionizzati
gradualmente si capì che erano eventi isolati causati da instabilità interne
al plasma.
Ma intanto nessun reale risultato eclatante – del tipo di quello ottenuto
nel dicembre del 1942 da Enrico Fermi con la messa in funzione della
prima reazione a catena controllata – era stato raggiunto. E comunque,
come affermava Henry DeWolf Smyth dall’Università di Princeton «una
gran quantità di informazioni relative agli esperimenti sulle reazioni di
fusione rimane segretato» [12, p. 126], e infatti anche lo stato reale delle
ricerche in URSS non era noto, anche se risultava evidente che era stata
data loro alta priorità.
Nell’ondata di speranze e delusioni suscitate da queste notizie il
gruppetto romano presentava i risultati dei primi tre mesi di attività
affermando che il programma previsto era stato pienamente realizzato
e annunciava che era al momento «allo studio un vasto programma
quinquennale di ricerca».29
Il 2 febbraio J. E. Allen, uno degli autori della cascata di articoli appena
pubblicati sull’edizione del 25 gennaio di Nature, scriveva a Persico da
Harwell:
I am writing to ask whether there is any news relating
to the financing of your plasma laboratory. If I am going to
join you in Rome I will devote some time to planning the
experimental programme [. . . ]
Very recently the work of the Harwell gas-discharge group
has been declassified (i.e. made non-secret) which simplifies
the situation a great deal.
29
“CNRN – Laboratori gas ionizzati, Resoconti organizzativi e scientifici”, relazione
relativa al periodo 18 ottobre 1957 – 18 gennaio 1958, preparata da Brunelli (si veda
la copia manoscritta della stessa con calligrafia di Brunelli), AA scatola 198, fascicolo
1, sottofasc. 4.
185
Il Laboratorio Gas Ionizzati
L. Bonolis
Persico rispondeva a giro di posta:30
I am answering to your kind letter of February 2nd. The
reason why I have not written you since along time about
our projects is that the bill of law containing the financing of
our project on plasma physics is still waiting for approval by
the Parliament.
Prof. Amaldi and I will pay a visit at Harwell on February
19th, Wednesday. On this occasion we will be glad to meet
you and discuss the situation.
Il diario di Edoardo Amaldi riporta alcune tappe del viaggio del piccolo
gruppo romano in visita al CERN, all’Imperial College di Londra, e infine
ad Harwell, uno dei templi della ricerca fusionistica mondiale:31
16 Partenza per Ginevra TWA con Persico Brunelli e
Ascoli
17 Visita al CERN (PS e bubble Chamber)
18 Riunione dei direttori del CERN. Nel pomeriggio a
Londra con Persico e Brunelli)
19 Visita ad Harwell: ZETA e alla sera dopo il meeting
del Consiglio della Società Europea, visita agli acceleratori.
Poi cocktail e cena dai Cockcroft con [. . . ] Persico e Brunelli
20 Al mattino ad Imperial College con Persico e Brunelli.
Vediamo i rapporti di spettroscopia, shock-waves e camera a
bolle a idrogeno. Al pomeriggio shopping e alla sera al cine
21 Partenza per Roma.
30
J. E. Allen a E. Persico, 2 febbraio 1958, E. Persico a J. E. Allen, AP scatola 15,
fascicolo 70.
31
E. Amaldi, “Quaderno 1949–1959”, AA scatola 6 E.
186
L. Bonolis
Il Laboratorio Gas Ionizzati
Figura 11.1: Gilberto Bernardini nel novembre del 1964. Archivio
Foto del CERN.
Figura 11.2:
Magistrelli.
Bruno Brunelli nel 1965.
Cortesia Franca
187
Il Laboratorio Gas Ionizzati
L. Bonolis
Figura 11.3: Franco Rasetti nel 1953 all’Università di Laval.
188
Capitolo 12
Internazionalismo e cooperazione: una
rete europea per le ricerche sulla fusione
Il 25 marzo del 1957 i trattati di Roma firmati da Belgio, Francia,
Italia, Lussemburgo, Olanda e Germania Federale, fondavano la Comunità
Europea per l’Energia Atomica (Euratom) e la Comunità Economica
Europea. L’Euratom nasceva ufficialmente il 1◦ gennaio del 1958
affiancandosi a Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica, le tre
potenze che dominavano il mondo negli usi pacifici dell’energia nucleare.
Le sei nazioni si univano in un blocco di tipo sovranazionale per lo
sfruttamento dell’atomo a livello energetico su larga scala, il primo dopo
la nascita della Comunità del Carbone e dell’Acciaio nel 1951. Il trattato
si basava su due semplici idee. La prima era che l’energia nucleare poteva
essere sviluppata in modo più efficiente su larga scala rispetto a quella
accessibile ai singoli paesi. La seconda era che questo principio, del tutto
evidente nel campo del nucleare, è anche applicabile a molte altre attività
economiche precedentemente condotte su base puramente nazionale.
Queste due idee unite insieme costituivano il fondamento della rivoluzione
pacifica che nel corso degli anni ’50 aveva gradualmente trasformato
l’Europa attraverso una profonda revisione del ruolo dell’economia e della
politica estera nei singoli paesi.
Nel firmare l’atto di nascita dell’Euratom, i sei firmavano anche
il trattato per la costituzione della Comunità Economica Europea. Le
sigle stesse delle nuove istituzioni erano l’espressione di due cambiamenti
rivoluzionari caratteristici del XX secolo: la nuova rivoluzione industriale
innescata dalle applicazioni pacifiche dell’energia nucleare e la rivoluzione
189
Internazionalismo e cooperazione
L. Bonolis
politica ed economica che stava aprendo la via all’Europa unita. Amaldi fu
presidente del Comitato Scientifico e Tecnico dell’Euratom nel periodo
1958–1959 e seguitò ad esserne membro per un ulteriore decennio.
A meno di un anno dalle prime riunioni nella stanza di Edoardo
Amaldi che avevano dato vita al programma fusionistico italiano, John B.
Adams, direttore del progetto per la costruzione del protosincrotrone del
CERN, scriveva a Persico il 27 febbraio 1958 chiedendogli di partecipare
a un ristretto gruppo di studio sulla fisica dei plasmi («not more than 30
persons») che si sarebbe riunito al CERN il 14 e il 15 marzo successivo:1
Dr. P.C. Thonemann from the British Thermonuclear
Group will be present and will talk about the ZETA experiments. The discussions will be entirely informal, and if you
would like to contribute a short talk perhaps you will let me
know quickly, so that I can make up a tentative programme
for the two days [. . . ]
Nel confermare la sua adesione, Persico annunciava che aveva esteso
l’invito anche a Brunelli e che avrebbe fatto un breve intervento sul
problema del confinamento del plasma trattato nell’articolo con Linhart.2
Con questo invito di Adams il neonato Laboratorio Gas Ionizzati entrava di fatto nella rete europea dei laboratori dedicati agli studi sui plasmi
e sulla fusione nucleare. Amaldi conosceva John Adams dal dicembre del
1952, quando erano stati entrambi invitati da John Cockcroft, fondatore
e direttore di Harwell: «I was immediately impressed by his competence
in accelerators, his open mind on a variety of scientific and technical
subjects, and his interest in the problem of creating a new European
Laboratory». Non a caso Amaldi era rimasto colpito dal dinamismo e
dall’ampia visione di Adams, con cui si sentiva probabilmente affine, e
1
J. B. Adams a E. Persico dal CERN, 27 febbraio 1958, AP scatola 16, fascicolo
2
E. Persico a J. B. Adams, 4 marzo 1958, AP scatola 16, fascicolo 73.
73.
190
L. Bonolis
Internazionalismo e cooperazione
verso il quale provava anche ammirazione, tanto da dedicargli successivamente una lunga nota biografica [20]. Mentre il protosincrotrone si
avviava ad essere completato, Adams stava infatti trovando il tempo per
mettersi alla guida di un gruppo di studio che avrebbe avuto il difficile
compito di passare in rassegna lo stato delle ricerche sui plasmi e sulla
fusione e fare proposte su come tali ricerche potessero essere sviluppate
in un programma su scala europea. L’incontro informale programmato
per il mese di marzo fu dedicato principalmente alla presentazione dei
risultati dell’esperimento ZETA di Harwell. Il gruppo di studio fu poi
messo in piedi ufficialmente nel giugno dello stesso anno, con il dichiarato obiettivo di «scambiare informazione, discutere i programmi dei
vari laboratori e considerare il modo di facilitare la ricerca fusionistica
in Europa».3 Adams mobilitò circa 50 scienziati di 10 paesi europei e
statunitensi insieme con membri dell’Euratom, della Organizzazione per
la Cooperazione Economica Europea (OECE) e del CERN. Il compito
che il gruppo di studio si era prefisso consisteva nel fare una rassegna
dello stato di queste ricerche, a cominciare dai risultati della macchina
ZETA, resi noti nel gennaio di quell’anno, fino al gran numero di lavori
che sarebbero stati presentati alla seconda Conferenza di Ginevra sugli
usi pacifici dell’energia atomica in programma nel mese di settembre.
Erano ormai disponibili una storia del progetto statunitense [53] e quattro
volumi di lavori originali ma fino ad allora rimasti segreti condotti in
Unione Sovietica che comparvero in traduzione inglese [105], oltre a un
compendio degli studi sui plasmi astrofisici, comparsi nel volume 31 degli
atti della conferenza di Ginevra. Molti avevano difficoltà a formarsi un
giudizio su quali dovessero essere i passi successivi da intraprendere di
fronte al quadro che stava rapidamente emergendo come conseguenza
della declassificazione dei risultati principali ottenuti nel corso di anni di
3
Si veda la pagina introduttiva al resoconto del secondo incontro della decima
sessione del Council, tenuto a Ginevra il 27 giugno 1958 (CERN Fusion Research –
proposed setting up of informal Study Group, CERN/269/Add. 4, http://cdsweb.
cern.ch/record/17516/files/CM-P00076172-e.pdf.
191
Internazionalismo e cooperazione
L. Bonolis
ricerche segrete in Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna e Francia. Questi
dati andavano messi in connessione con ciò che da qualche tempo stava
emergendo dalle ricerche astrofisiche.4
Con l’approvazione da parte del parlamento di un finanziamento per
le ricerche nucleari su base biennale, anche il gruppo gas ionizzati poteva
guardare al futuro con più fiducia, come anunciava Persico a John Allen
nel mese di marzo, sperando quindi di poterlo avere presto a Roma grazie
a questa consistente elargizione di fondi.5
Della faccenda parlava anche Amaldi in una lettera a Donald W.
Fry, anche lui un membro della General Physics Division di Harwell,
allo scopo di concretizzare la collaborazione di Allen, menzionando con
soddisfazione i fondi recentemente concessi («The Italian government
has recently allowed us the requested funds, so that it becomes possible
to assign a sum of 290 millions lit. for the work on plasma physics in
the period April 1958 – end of June 1959. We are using this sum to
buy the necessary equipment for fundamental techniques, and to start an
experiment on the pinch effect») accanto alla necessità di poter disporre
in quella fase iniziale, per un periodo di almeno due anni, di un fisico con
una buona conoscenza di quel tipo di problemi.6
Il crescente ruolo rivestito dal gruppo romano in ambito europeo
si può anche misurare da una lettera scritta il 27 marzo 1958 da Paul
Capron, dal Centro di Fisica di Héverlé (Université di Louvain), a Edoardo
Amaldi, in cui chiede un supporto scientifico per iniziare un analogo
programma anche nei loro laboratori:7
Cher Professeur Amaldi,
4
Riguardo la partecipazione del gruppo gas ionizzati di Roma a questa importante
iniziativa si vedano una serie di lettere e documenti collocati in AP scatola 16, fascicolo
73 e in AA scatola 198, fascicolo 1, sottofasc. 4.
5
E. Persico a J. E. Allen, 20 marzo 1958, AP scatola 15, fascicolo 70.
6
E. Amaldi a D. W. Fry, Harwell, 28 marzo 1958; si veda anche D. W. Fry a E.
Amaldi, 10 aprile 1958; AA scatola 198, fascicolo 1, sottofasc. 4.
7
P. Capron a E. Amaldi, 27 marzo 1958, AA scatola 198, fascicolo 1, sottofasc. 4.
192
L. Bonolis
Internazionalismo e cooperazione
Je me permets de venir vous demander quels sont le
personnalités et les laboratoires qui, dans votre pays, s’intéressent à la question de la fusion thermonucléaire. Comme il
est question qu’on entreprenne en Belgique un programme
dans ce domaine, j’aimerais beaucoup savoir si c’est une
chose possible à notre échelle. Je serais très heureux si je
pouvais éventuellement faire une visite d’information à ce
sujet en Italie.
Je suis encore sous le charme des moments que j’ai passés
en votre compagnie lors de notre rencontre à l’UNESCO [. . . ]
È evidente che la nascente attività del gruppo rappresentava un importante esempio relativamente alla possibilità di mettere in piedi analoghe
iniziative ad una scala universitaria.8 Nella sua risposta Amaldi forniva
una serie di indicazioni su quale dovesse essere il tipo di impostazione,
tenendo presente la difficoltà «di fare un piano di ricerca a lunga scadenza
in un campo così fluido e ricco di innovazioni».9
Nell’estate del 1958 la Scuola estiva di Varenna fu dedicata alla “Fisica
del plasma e relative applicazioni astrofisiche”. Verso la fine di giugno
Brunelli raccontava a Persico da Varenna che lui e Sergio Segre erano «già
stati catturati per redigere le dispense del Prof. Ferraro e del Prof. Gallet
[. . . ]». Ferraro, uno dei massimi esperti di plasmi astrofisici, aveva tenuto
delle lezioni sui fondamenti della fisica del plasma. Proprio all’inizio di
giugno Persico aveva inviato a Polvani la nota di Segre “On the Formation
8
Anche in altre parti d’Italia cominciava a diffondersi l’interesse verso questo
tipo di ricerche. Il 23 aprile Luigi Radicati scriveva a Persico: «Qui a Pisa c’è un
piccolo gruppo di persone (Gozzini e altri) che si interessano ai plasmi: hanno già
cominciato qualche lavoro e penso potranno nel seguito sviluppare un poco la loro
attività. Conoscono per esempio quelle lezioni che tu hai fatto a Roma. Tuttavia io
penso che sarebbe più utile un seminario [. . . ] Quanto al soggetto potrebbe essere Le
reazioni termonucleari e lo ZETA di Harwell [. . . ]». L. A. Radicati a E. Persico, 23
aprile 1958, AP scatola 3, fascicolo 282.
9
E. Amaldi a P. Capron, 2 aprile 1958.
193
Internazionalismo e cooperazione
L. Bonolis
of magneto-hydrodynamic shock waves” per la pubblicazione sul Nuovo
Cimento [149].10 Persico rispondeva subito a Brunelli annunciandogli
che Rasetti era stato a Roma per un paio di giorni: «[. . . ] abbiamo
cominciato a discutere del progetto di spettrometro a reticolo. È un
peccato che non ci fosse Ascoli. Ho pregato perciò Rasetti di tornare a
Roma verso il 24-25 luglio [. . . ]». In una lettera successiva Brunelli dava
ulteriori notizie a Persico: «Sono iniziate le lezioni di Gilardini sulle µ
onde [. . . ] Ho pensato che è il caso di allevare fin d’ora uno studente nel
campo delle µ onde [. . . ] Speravo di rimanere a scrivere, qui a Varenna,
la mia parte dell’articolo sul plasma per la “Ricerca Scientifica” ma non
ce la faccio. Ho comunque raccolto delle considerazioni sulle varie misure
che si possono fare sui plasmi caldi e penso che meriterebbe farne cenno.
Ogni tanto si fanno colloqui privati coi Lahma dei plasmi [. . . ]».11
Nel giro di pochi giorni, il 29 luglio 1958, Eisenhower firmò lo Space
Act, il documento ufficiale che segnava l’atto di nascita della NASA.
La proposta risaliva al mese di aprile, quando Eisenhower, nel corso di
un messaggio speciale al Congresso, aveva lanciato l’idea di creare una
nuova agenzia dedicata alle attività spaziali di carattere non militare. Le
notizie relative alla fase preliminare di questo evento importante, che
segnava l’avvento della corsa allo spazio, un nuovo cruciale elemento
nella competizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica, avevano attirato
già l’attenzione di Amaldi che come scienziato era stato certamente
impressionato dai primi dati scientifici provenienti dai lanci di quella
primavera, che avevano messo in evidenza il fenomeno delle fasce di
10
Il lavoro discuteva una soluzione delle equazioni (non lineari dipendenti dal tempo)
della magnetoidrodinamica per la propagazione di onde piane di ampiezza finita, nel
caso semplice in cui esiste una forte analogia con l’idrodinamica.
11
Brunelli si riferisce qui a personaggi come P. C. Thoneman, L. Biermann, K. O.
Kiepenheuer, A. Dattuer, K. J. Gibson, e J. G. Linhart, tutti citati a questo proposito
in una relazione sull’attività svolta nel periodo luglio–settembre 1958 (CNRN, LGI,
Bollettino Interno n. 37) di cui si parlerà più avanti. Questo scambio di lettere, datate
rispettivamente 26 e 28 giugno, 1◦ luglio 1958 si trovano in AP scatola 3, fascicolo
282.
194
L. Bonolis
Internazionalismo e cooperazione
plasma solare, più tardi note come “fasce di Van Allen”. Naturalmente
la corsa allo spazio tra le due superpotenze aveva le sue radici nel
confronto politico, militare e ideologico tipico della guerra fredda. Van
Allen divenne subito una figura chiave nella competizione: Il numero
del 4 maggio del Time Magazine accreditava Van Allen come la figura
chiave nel fornire agli Stati Uniti «a big lead in scientific achievement».
La scoperta delle fasce di Van Allen solleticava anche l’appetito degli
scienziati, che intravedevano nell’avvento dell’èra spaziale la possibilità di
aprire nuove linee di ricerca. Personaggi come Van Allen e lo stesso Bruno
Rossi, compresero immediatamente che lo spazio offriva un contesto in cui
immaginare esperimenti totalmente inediti, non una semplice estensione di
quelli eseguiti nei laboratori terrestri. Ma la scienza era ormai ben lontana
dall’epoca “dello sputo, dello spago e della ceralacca”; le imprese spaziali
richiedevano grandi quantità di fondi, ad una scala perfino superiore
a quella che ormai caratterizzava la Big science dei grandi laboratori
americani. In base alle stesse considerazioni che lo avevano guidato
all’epoca della fondazione del CERN, ora Amaldi stava preparando una
strategia di attacco per fare in modo che l’Europa non rimanesse tagliata
fuori dalle possibilità del tutto inedite offerte dall’avvento dell’era spaziale.
Ancora una volta la soluzione era la cooperazione internazionale. Nel mese
di luglio, nel corso di un invito a casa di Giorgio Salvini a Rocca di Papa,
Amaldi discusse l’idea con il suo vecchio amico Luigi Crocco, all’epoca
professore di Aerospace Propulsion presso il Department of Aeronautical
Engineering a Princeton, esperto a livello mondiale nel campo della
propulsione di razzi e missili. Notizia questa che apprendiamo da una
lettera scritta dallo stesso Amaldi a Crocco, nel dicembre di quell’anno.
Alcuni passaggi sono interessanti perché dalla viva voce di Amaldi e nel
contesto dell’epoca abbiamo modo di apprezzare il dinamismo del suo
pensiero e la decisione con cui operava:12
In seguito alla conversazione che abbiamo avuta insieme
12
E. Amaldi a L. Crocco, 16 dicembre 1958, AA scatola 212, fascicolo 6.
195
Internazionalismo e cooperazione
L. Bonolis
alla fine di luglio, ho riflettuto sulla possibilità di sviluppare
in Europa una attività adeguata nel campo dei razzi e dei
satelliti. È ora del tutto evidente che il problema non è alla
scala dei paesi come l’Italia, ma solo alla scala dei continenti.
Ne segue che ciò debba essere fatto su scala europea come
è stato fatto per il problema della costruzione delle grandi
macchine acceleratrici per cui è stato creato il CERN.
Il lancio di una o più Eurolune, effettuato da un organismo
ad hoc, avrebbe evidentemente un’importanza sia morale che
pratica, di prim’ordine per tutti i paesi del continente [. . . ]
Credo che questa mia lettera ti meraviglierà molto; essa
è basata sulla mia esperienza del CERN, in tutta Europa nel
1952 solo tre o quattro persone credevano alla possibilità di
costruire il CERN, ma nel 1958 i laboratori di Ginevra hanno
superato le 800 unità, la prima macchina ha cominciato a
funzionare dando risultati scientifici di primissimo piano e la
seconda macchina funzionerà prima della metà del 1960 [. . . ]
Amaldi ne aveva parlato immediatamente con Luigi Broglio (all’epoca Direttore dell’Istituto di Ingegneria Aeronautica presso la Facoltà di
Ingegneria della Sapienza, e colonnello dell’Aeronautica Militare). Ma
quest’ultimo si mostrò piuttosto perplesso riguardo le difficoltà che avrebbero potuto nascere per raggiungere gli accordi necessari, soprattutto
attorno a problemi in cui era ancora fortemente preminente l’interesse
bellico.13 Nel frattempo Amaldi non si fece affatto scoraggiare dalla
reazione di Broglio (il quale pensava che sarebbe stato difficile realizzare
tale progetto al di fuori dell’ambito militare) e colse l’occasione di parlarne
con Isidor Rabi durante l’evento dell’anno, la seconda Conferenza sugli
13
Sulla nascita dell’impresa spaziale europea si veda [98] e per la vicenda italiana e
il ruolo di Amaldi [76] e il volume [78].
196
L. Bonolis
Internazionalismo e cooperazione
usi pacifici dell’energia nucleare tenuta a Ginevra dal 1◦ al 13 settembre
1958, come apprendiamo dal suo stesso diario:14
1 Inizia la 2a conferenza per l’Atomo della Pace
2 Conversazione con Rabi sul lancio di un’Euroluna
9 Nello studio di Cockcroft con Perrin, Adams, Fry e Ruarte conversazione sulla possibilità di aiuti americani all’Europa
per la fusione
13 Chiusura della conferenza. Seconda conversazione con
Rabi sull’Euroluna.
Rabi era uno dei fisici più eminenti degli Stati Uniti, che fin dall’epoca
di Los Alamos aveva avuto un ruolo rilevante nella politica scientifica
statunitense, anche come membro dei comitati scientifici del Dipartimento
della difesa e della Atomic Energy Commission e soprattutto aveva avuto
un ruolo cruciale come delegato dell’UNESCO all’epoca della creazione
del CERN. Lo spirito con cui Amaldi affrontava questa nuova battaglia
appare chiaramente in una lettera scritta a Bernardo Nestore Cacciapuoti,
che si trovava a Washington come Consigliere Scientifico e Nucleare
presso l’Ambasciata d’Italia:15
Rabi è stato entusiasta della cosa, solo che lui pensava
fosse il caso di farla in sede Nato. Io invece sono contrario
perché penso che debba essere una organizzazione puramente
scientifica e civile, proprio come è il CERN.
Il gruppo romano, come tutti coloro che ormai erano pienamente
coinvolti nelle ricerche sui plasmi e sulla fusione, guardava alla Conferenza
14
E. Amaldi, diario del periodo 1949–1959, AA scatola 6 E. Rabi, a quell’epoca
un importante interlocutore per Amaldi riguardo tutte le questioni internazionali,
aveva sempre avuto un ruolo di primo piano in comitati scientifici e consultivi dell’amministrazione degli Stati Uniti ed era divenuto anche il consigliere scientifico di
Eisenhower.
15
E. Amaldi a B. N. Cacciapuoti, 18 marzo 1959, AA scatola 212 fascicolo 6.
197
Internazionalismo e cooperazione
L. Bonolis
di Ginevra come una importante occasione di aggiornamento, come veniva
comunicato al CNRN dando notizia del programma di ricerca in corso:
«[. . . ] si conta di completarlo sulla base dei dati che verranno man mano
declassificati dai Paesi più avanzati in questo settore di ricerche ed in
particolare dopo la seconda Conferenza Internazionale sugli Usi Pacifici
dell’Energia Nucleare [. . . ]».16 Queste aspettative, che si erano man
mano create nel corso degli ultimi due anni, non andarono deluse. Il 30
agosto Stati Uniti e Regno Unito annunciarono la declassificazione dei
loro programmi sulla fusione termonucleare controllata, proprio alla vigilia
dell’apertura della Conferenza, i cui lavori si svolsero nel periodo 1–13
settembre 1958.
Per la prima volta i temi della fusione termonucleare controllata furono
discussi tra Est e Ovest. Per la prima volta modelli dei dispositivi in
attività nei vari centri di ricerca statunitensi e russi svelarono al mondo il
complesso delle ricerche in corso sui vari fronti. La fusione, di cui era stato
solo fatto un cenno nella prima Conferenza del 1955, diventava ora il tema
di punta del nuovo incontro di Ginevra, nel corso del quale apparve chiaro
che sostanzialmente i gruppi segreti di lavoro avevano affrontato le stesse
sfide ed erano giunti a conclusioni del tutto analoghe. Più che i risultati
scientifici, su cui gli scienziati si confrontarono su scala internazionale, il
maggiore progresso fu rappresentato dunque dalla declassificazione in sé,
che divenne il punto di partenza di una vasta collaborazione internazionale,
già preconizzata dall’iniziativa di John Adams.
Nell’intervento conclusivo della conferenza il russo Lev Andreevich
Artsimovich, uno dei leader del programma sovietico, fece con chiarezza
il punto della situazione:
It is now clear that all our original beliefs that the doors
into the desired region of ultra-high temperatures would
open smoothly at the first powerful pressure exerted by the
16
284.
198
Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari. 1952-1958, AP scatola 3, fascicolo
L. Bonolis
Internazionalismo e cooperazione
creative energy of physicists have proved as unfounded as the
sinner’s hope of entering Paradise without passing through
Purgatory. And yet there can be scarcely any doubt that
the problem of controlled fusion will eventually be solved.
Only we do not know how long we shall have to remain in
Purgatory. We shall have to leave it with an ideal vacuum
technology, with the magnetic configurations worked out,
with an accurate geometry for the lines of force and with
programmed conditions for the electrical parameters, bearing
in our hands the plasma, stable and in repose, heated to a
high temperature, pure as a concept in theoretical physics
when it is still unsullied by contact with experimental fact.
Finally I should like to note that we should keep up this
attitude of discussion in order to allow us to find new and
more progressive ideas, to move forward more quickly and to
at last leave this Purgatory, where we have already spent too
long.
Nel discorso di sintesi fatto dopo la conclusione dei lavori, John Cockcroft dedicava una sezione ai reattori a fusione. Nell’esordire ricordando il
discorso di Bhabha nella edizione del 1955 di Atoms for Peace, Cockcroft
faceva una rassegna dei risultati presentati nel corso della conferenza e delle soluzioni messe in atto nei vari dispositivi in vista dell’obiettivo a lungo
termine di raggiungere – e superare – le temperature di 50–100 milioni di
gradi nel gas costituito da una mistura di deuterio e di trizio. Nelle righe
conclusive, riportando il giudizio di Peter Thonemann, responsabile del
programma fusionistico di Harwell, Cockcroft parlava di una previsione di
circa dieci anni per ottenere il cosiddetto breakeven point, in cui l’energia
generata dalla fusione si bilancia con quella introdotta dall’esterno. Nel
caso di successo, almeno altri dieci anni sarebbero stati necessari prima
di accertare la fattibilità di una centrale a fusione. Nell’aderire a questa
previsione, Cockcroft concludeva dicendo:«Dr. Teller’s timescale was even
199
Internazionalismo e cooperazione
L. Bonolis
longer» [111, pp. 440–436]. Oggi sappiamo quanto queste previsioni
fossero ottimistiche.
È significativo che una intera sessione vertesse sul tema delle collaborazioni internazionali nel campo dell’energia atomica.17 Quello stesso
settembre l’accordo Cockcroft-Libby fornì una base concreta per la collaborazione USA–Gran Bretagna per molti anni a venire, basato su incontri
periodici, scambi di documenti e altre attività comuni, mentre durante
l’inverno successivo gli americani visitarono per la prima volta l’Istituto
di Kurchatov.
Tra i personaggi alla guida della delegazione italiana a Ginevra figuravano naturalmente Amaldi e Arnaldo M. Angelini, i due vicepresidenti del
CNRN, come pure Felice Ippolito, Segretario Generale dell’Ente. Nella
spettacolare mostra ospitata in un edificio costruito per l’occasione nel
parco del Palazzo delle Nazioni Unite, Salvini presentava con orgoglio il
modello in scala 1:1 di una sezione del magnete dell’elettrosincrotrone e
della camera da vuoto. Anche Persico non mancò a questo eccezionale
appuntamento, a cui gli italiani parteciparono in gran numero.18
Appariva tuttavia chiaro che nell’immediato soltanto l’energia nucleare da fissione avrebbe potuto venire incontro alla domanda di energia
costantemente in crescita nei paesi industrializzati. Del programma italiano aveva parlato a Ginevra Basilio Focaccia, Presidente del CNRN,
nella sezione dedicata al futuro dell’energia nucleare [111, p. 116]. Come
commentò poco dopo Felice Ippolito, il complesso delle informazioni
rivelate dimostrava «senza equivoci che da un canto non si può attendersi
a breve scadenza, e forse neanche a scadenza di qualche decennio, un’applicazione industriale per produzione di energia, a prezzi convenienti, e
con un bilancio energetico in attivo, dalle ricerche sulla fusione nucleare,
mentre invece viene sempre più concretamente a delinearsi che non solo
17
Si veda la sezione 23b in [111, pp. 355–388].
La lista dei partecipanti italiani si sviluppa su ben tre pagine (497–499) nel primo
volume degli atti del convegno [111].
18
200
L. Bonolis
Internazionalismo e cooperazione
per Paesi ad alti costi dell’energia elettrica, quale l’Italia, la produzione
di energia da centrali nucleari a fissione è tecnicamente possibile ed
economicamente conveniente» [94, p. 427].
I risultati presentati alla Conferenza di Ginevra non influivano in
modo sostanziale nel programma di lavoro del Laboratorio Gas Ionizzati,
come indicato nella relazione presentata l’8 settembre al CNRN,19 ma
le nuove conoscenze acquisite e i suggerimenti venuti da John E. Allen
consigliavano di sviluppare un programma di ricerche su interessanti
problemi di scarica nei gas, abbandonati negli ultimi anni, come per
esempio lo studio del criterio di Bohm per lo sheath di un plasma in campo
magnetico.20 Nel frattempo era iniziato il progetto di uno spettrografo
a reticolo «per lo studio dei profili delle righe spettrali emesse da un
plasma caldo e risolte nel tempo» attraverso una corrispondenza con
Franco Rasetti.21 Inoltre, come sottolineava Brunelli in una lettera a
Felice Ippolito, «Nella riunione a Ginevra del gruppo europeo di studio sul
plasma del 5-6 settembre scorso si è constatato quanto sia ora prematuro
giudicare quale potrebbe essere il tipo più promettente di macchina per
fusione tra quelle costruite e in progetto. Per questo si sta facendo uno
studio comparativo che sarà portato a termine per l’inizio dell’anno 1959».
Alla lettera erano allegati una serie di documenti contenenti i dati di
massima chiesti da Ippolito relativi al Laboratorio.22
Nella relazione trimestrale, relativa al periodo luglio–agosto–settembre
1958, si osservava che la Conferenza di Ginevra confermava «la conve19
Laboratorio Gas Ionizzati - Programma futuro di ricerche sul plasma, AA scatola
212, fascicolo 4.
20
Il plasma, in presenza delle cariche negative contenute nella superficie di un
materiale con cui è in contatto, tende a formare uno strato di ioni positivi che le
bilancia. Il fenomeno, che rappresenta la transizione tra il plasma e una superficie
solida, fu descritto per la prima volta da Irving Langmuir all’inizio degli anni ’20 [102].
21
Si veda il documento “Programma di lavoro per le misure spettroscopiche (progetto
di spettrografo)”, AP scatola 15, fascicolo 72.
22
B. Brunelli a F. Ippolito, 10 ottobre 1958, AA scatola 212, fascicolo 4.
201
Internazionalismo e cooperazione
L. Bonolis
nienza di insistere sul tipo di esperienza (ad effetto strizione ortogonale)
iniziata con il banco di condensatori provvisorio e sul progetto di un’analoga esperienza con un nuovo banco di condensatori più rapido». Veniva
anche sottolineato che «nei laboratori europei non si è ancora considerata
una siffatta esperienza».23
A partire dall’inizio di ottobre John E. Allen entrava a far parte
del gruppo dei fisici (al momento ancora formato da Ascoli-Bartoli,
Brunelli, De Angelis, Magistrelli e Segre) con un contratto di consulenza
biennale e teneva subito una serie di seminari iniziando anche a seguire i
lavori per le tesi di tre studenti (Boschi, Cavaliere e Trautteur). Allen
teneva inoltre un corso di Fisica del plasma all’interno della Scuola di
Perfezionamento in Fisica Nucleare creata da Amaldi nel 1952. Amaldi
e Persico continuavano ad avere il ruolo di supervisori scientifici, di
«padri-consulenti», come li chiamava Brunelli [119, p. 245]. Il bilancio
delle attività svolte dal Laboratorio nel terzo trimestre del 1958 contiene
una descrizione delle ricerche in corso relative alla sorgente di protoni,
all’esperienza di compressione magnetica del plasma,24 a esperienze
con sonde magnetiche e in particolare una presentazione dettagliata sul
23
CNRN, Laboratorio Gas Ionizzati, Bollettino Interno N. 37, Relazione trimestrale
relativa al periodo luglio-agosto-settembre 1958, 16 marzo 1959, AA scatola 212,
fascicolo 4.
24
Questo esperimento aveva lo scopo di studiare la compressione rapida di un
plasma contenente un campo magnetico. In una relazione specificamente dedicata
a questo argomento presentata negli stessi giorni si specificava: «Le cognizioni su
questo soggetto sono scarse: è stato fatto qualche lavoro teorico peraltro non completo.
Pertanto questa ricerca è di grande interesse dal punto di vista della fisica fondamentale
del plasma. In sede di previsioni circa possibili applicazioni alla fusione, la compressione
rapida del plasma (riscaldamento per urto) può ben rappresentare il modo migliore
di riscaldamento del plasma a temperature astronomiche; tuttavia, si tratta per ora
di ipotesi, poiché la fisica del processo non è chiara [. . . ] Si è deciso di studiare la
compressione usando “l’effetto di strizione ortogonale” [. . . ] Sono stati ottenuti risultati
interessanti a Los Alamos, Livermore e al Naval Research». Bollettino Interno N. 50,
Esperienza di Compressione del plasma con Effetto Strizione Ortogonale progettata
dal Laboratorio Gas Ionizzati del CNRN, 21 aprile 1959, AA scatola 212, fascicolo 4.
202
L. Bonolis
Internazionalismo e cooperazione
progetto dello spettrografo a reticolo, che da tempo veniva discusso con
Rasetti.25 La sua collaborazione con il Laboratorio avrebbe costituito un
importante contributo in questa fase di avviamento.
Persico si rallegrava dell’arrivo imminente di quest’ultimo:
Sono molto contento di sapere che sarai in Italia il 2 od
il 3 febbraio p.v. [. . . ]
C’è qui Emilio che desidera lavorare con te per una decina
di giorni per sistemare definitivamente il 1◦ volume delle
opere di Fermi [. . . ]
In quei giorni stava per entrare in funzione a Frascati l’elettrosincrotrone; l’eccitazione di quei giorni è stata spesso ricordata, in particolare
da Giorgio Salvini, che dell’impresa di costruzione della macchina e dei
Laboratori di Frascati era stato il principale responsabile [146]:
[. . . ] il 9 febbraio si partì per provare il funzionamento
definitivo. Quella sera stessa si arrivò ad accelerare gli elettroni a 1000 MeV e ad una intensità già elevata. Ricordo che
Alberigi Quaranta, Fabiani, Puglisi, Quercia arrivarono con
passo pesante cadenzato, con fare semiserio si avvicinarono
alla macchina, salutarono militarmente, schiacciarono un bottone, e zac! ci furono i mille MeV [. . . ] E il fascio venne, ed
era il fascio più intenso che mai un elettrosincrotrone avesse
prodotto nel mondo [. . . ]
A quel tempo Persico aveva cessato da tempo la sua collaborazione
ufficiale:26
25
CNRN, Laboratorio Gas Ionizzati, Bollettino Interno N. 45, Relazione trimestrale
relativa al periodo ottobre–novembre–dicembre 1958, 14 aprile 1959, AA scatola 212,
fascicolo 4.
26
G. Salvini a E. Amaldi, 11 maggio 1977, AA scatola 12E, fascicolo 2.
203
Internazionalismo e cooperazione
L. Bonolis
ma rimase disponibile, e con precedenza assoluta su altri
suoi impegni, per consigli, verifiche calcoli [. . . ] Comunque,
egli non volle comparire, anche se sollecitato, nel momento
meritato (e in tanta parte a lui dovuto) successo di funzionamento del sincrotrone. Non per ritrosia o disinteresse,
ma perché veramente superiore a «certo caldo e baccano
scientifico, in un’epoca di gran baccano».
D’altra parte lo “stile” di Persico all’interno dell’équipe del sincrotrone
era sempre stato inimitabile: «Non chiese mai uno spazio, ma tutti si
“fecero in quattro” rispettosamente per darglielo». A circa 50 anni di
distanza Giorgio Salvini ha commentato a proposito di quei tempi:27
Debbo dire, vedendo adesso le cose da lontano, che non
si può fare troppa filosofia e troppa enfasi sui laboratori di
Frascati, nati in una certa occasione. Però in quel momento
ci credevamo così tanto che, per un certo periodo, abbiamo
pensato di essere il centro del mondo.
Intanto l’Euratom aveva in corso di definizione una serie di contratti
con la Francia e con la Germania per ricerche sulla fusione e Donato
Palumbo, che per molti anni ricoprì la carica di Direttore del Programma
Euratom sulla fusione, scriveva a Persico da Bruxelles chiedendogli di
proporre qualche nome di italiani che potessero far parte di tali équipes.28
Si stava andando a grandi passi verso un analogo accordo con l’Italia. L’11
maggio Gilberto Bernardini, direttore dell’INFN, si rivolgeva ai colleghi
per sollecitare la presentazione di un elenco di attività da inserire nella
richiesta di collaborazione finanziaria da parte di Euratom:29
27
Giorgio Salvini, testimonianza autobiografica in [60, p. 408].
D. Palumbo a E. Persico, 6 febbraio 1959, AP scatola 3, fascicolo 283.
29
G. Bernardini a colleghi da Frascati, 11 maggio 1959, AP scatola 3, fascicolo 283.
28
204
L. Bonolis
Internazionalismo e cooperazione
[. . . ] in seguito a una conversazione avuta con Amaldi,
Presidente del Comitato Scientifico e Tecnico dell’Euratom,
sembra opportuno preparare un piano di ricerche da svolgere
nell’interno dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ma
finanziato con la collaborazione dell’Euratom [. . . ] Il 18 di
questo mese la Giunta Esecutiva dell’INFN si riunirà a Frascati
per cominciare a predisporre il programma da presentare, per
ora ufficiosamente tramite Amaldi, all’Euratom entro il 30
giugno p.v. [. . . ]
Mentre si impegnava attivamente sulle trattative con l’Ente atomico europeo, Amaldi continuava a perseguire con decisione il suo sogno
di un’Euroluna preparando un rapporto dal titolo “Ricerche Spaziali in
Europa”, che in quei giorni stava inviando a una decina di persone “strategiche”.30 L’articolo basato su tale relazione sarebbe stato pubblicato in
francese nel dicembre di quell’anno con il titolo “Créons une organisation
européenne pour la recherche spatiale” sulla rivista L’expansion de la
Recherche Scientifique. Una interessante corrispondenza scambiata in
quel periodo con Bruno Rossi mostra quanto Amaldi volesse potenziare anche a livello dell’Istituto romano il tema della fisica spaziale. In
quel periodo Rossi era in prima linea in questo campo nascente, sia
come membro dello Space Board Committee, il comitato scientifico di
consulenza della NASA, sia perché stava preparando con il suo gruppo
l’esperimento che avrebbe ben presto dimostrato l’esistenza del vento
solare e perché nel contempo stava promuovendo un altro pionieristico
esperimento, che avrebbe scoperto la prima sorgente extrasolare di raggi
X, inaugurando l’astronomia X, uno strumento decisivo per l’esplorazione
dell’Universo. Nel novembre del 1959 Amaldi offriva a Rossi – anche a
nome di Bruno Touschek, Marcello Cini, Enrico Persico – una cattedra
di Fisica Sperimentale a Roma. A malincuore Rossi rifiutava, a causa
30
Si vedano le due lettere inviate rispettivamente a F. Giordani (presidente del
CNRN) e a L. Broglio in data 22 maggio 1959, AA scatola 212, fascicolo 4.
205
Internazionalismo e cooperazione
L. Bonolis
degli impegni di ricerca e accademici che in quel momento lo legavano
fortemente agli Stati Uniti. Tuttavia un suo lungo soggiorno a Roma
nel corso dell’estate–autunno del 1960 dette un contributo importante
nell’aggiornare i fisici romani sugli aspetti scientifici legati alle nuove
scienze spaziali.31
Anche un’altra delle creature di Amaldi – un’impresa condivisa con
Enrico Persico e per alcuni aspetti anche con Franco Rasetti – stava ormai
camminando con le sue gambe sotto l’efficiente direzione di Bruno Brunelli.
Il Laboratorio Gas Ionizzati cominciava ad avere una sua fisionomia
scientifica e una collocazione sulla mappa europea dei laboratori che si
occupavano delle ricerche sui plasmi e sulla fusione. Nell’estate del ’59
il fisico americano Ernest P. Gray dell’Applied Physics Laboratory della
Johns Hopkins University, nel programmare una visita ai centri europei,
aveva deciso di passare anche per Roma:32
After attending the Conference on Ionization Phenomena
in Uppsala this summer, I am planning to visit numerous
European laboratories engaged in research in the field of
plasma physics. On this tour I should like very much to visit
you and your Institute [. . . ]
31
Tra la fine del 1959 e l’inizio del 1960 Rossi delineava in una lettera ad Amaldi
un possibile programma da svolgere in Italia, tenendo conto realisticamente di ciò
che si sarebbe potuto fare. Grazie al soggiorno presso il gruppo di Rossi al MIT che
in quel momento che stava iniziando a cavalcare tutte le potenzialità aperte dall’era
spaziale, Giuseppe Occhialini e sua moglie Connie Dilworth decisero di perseguire anche
a Milano un programma di fisica nello spazio. Il gruppo di lettere relative a questi
temi si trovano in AA scatola 235, fascicolo 1, sottofasc. 4; scatola 180, fascicolo 1,
sottofasc. 17.
32
E. P. Gray a E. Persico, 16 luglio 1959. Persico rispondeva che non avrebbe
partecipato alla conferenza, dove avrebbe invece potuto incontrare Brunelli e altri
membri del gruppo, che sarebbero stati lieti di dare informazioni utili, E. Persico a E. P.
Gray, 22 luglio 1958; il 4 agosto Gray chiedeva anche di inviare libri e reprints perché
stavano organizzando un gruppo di studio sui plasmi; AP scatola 15, fascicolo 72.
206
L. Bonolis
Internazionalismo e cooperazione
My interest in the past few years has centered on the
field of electronic and atomic collision phenomena and more
recently, on low temperature, weakly ionized plasmas [. . . ]
In the immediate future, much of my effort will be devoted
to hot plasma physics, a field which the Applied Physics
Laboratory is planning to enter. It is in connection with this
that I am particularly anxious to visit your laboratory.
La 4a Conferenza sui Fenomeni di Ionizzazione nei Gas ebbe luogo tra
il 17 e il 21 agosto del 1959 e il gruppo presentò tre relazioni, il risultato
concreto delle attività di ricerca svolte nel corso dell’ultimo anno.33 Al
suo ritorno dal convegno Brunelli scriveva a Persico:34
Al congresso, checché ne dicano i giornalisti, non ci sono
state novità importanti. Noi abbiamo presentato tre relazioni:
le due previste e quella di ottica che il segretario del congresso
ha gentilmente inserito. Alla fine di tutte e tre le relazioni ci
sono stati degli interventi, che hanno rivelato l’interesse dei
congressisti [. . . ]
Da qualche tempo il gruppo aveva sollecitato la Società Italiana di Fisica
perché si organizzasse una nuova scuola estiva dedicata ai plasmi. La
Scuola, dal titolo “Fisica del plasma: Esperimenti e tecniche”, fu tenuta
a Varenna dal 2 al 15 settembre 1959 sotto la prestigiosa direzione di
Hannes Alfvén e nel clima dei notevoli sviluppi che ormai stavano avendo
33
I tre lavori furono pubblicati nel secondo volume degli atti della conferenza [113]:
J. E. Allen e F. Magistrelli , “The plasma-Sheath Transition in the Presence of a
Magnetic Field” (p. 599); J. E. Allen e S. E. Segre, “Experiments on the Orthogonal
Pinch Effect” (p. 1073); U. Ascoli-Bartoli e F. Rasetti, “Measurements of the refractive
Index of a plasma in the Optical Region” (p. 839). Il lavoro di Ascoli-Bartoli e Rasetti
comparve anche sul Nuovo Cimento [33].
34
B. Brunelli a E. Persico da S. Vito di Cadore, 24 agosto 1959, AP scatola 15,
fascicolo 72.
207
Internazionalismo e cooperazione
L. Bonolis
luogo in tutta Europa nel campo delle ricerche sui plasmi e sulla fusione.
Di lì a pochissimo i progetti nazionali sarebbero confluiti nell’accordo di
cooperazione tra i membri della Commissione Euratom e la statunitense
Atomic Energy Commission.
Gli esperimenti condotti da Rasetti e Ascoli-Bartoli sulle proprietà
ottiche e del plasma attraverso la misura interferometrica dell’indice di
rifrazione, avevano lo scopo di fornire una misura molto diretta della
densità «i cui risultati preliminari, assai incoraggianti, sono stati presentati
al recente congresso di Uppsala destando un certo interesse», raccontava
Persico a Guglielmo Righini, direttore dell’Osservatorio di Arcetri, manifestando al contempo la sua preoccupazione per la fine del contratto di
collaborazione con Rasetti, appena tornato all’Università di Baltimora:35
[. . . ] e così il gruppo ottico del plasma si trova paurosamente assottigliato proprio quando invece occorrerebbe
ampliarlo sia per sviluppare la presente esperienza che per
avviarne altre. Occorrerebbe perciò assumere un fisico già
abbastanza maturo e con una certa esperienza generale di
laboratorio d’ottica disposto a lavorare full-time in questo
laboratorio [. . . ]
Se tu avessi da suggerirmi il nome di una persona capace
e disposta a questo lavoro mi faresti un vero piacere [. . . ]
Prima di partire Rasetti aveva preparato una accurata relazione in cui
dava indicazioni per il proseguimento delle ricerche sull’indice di rifrazione
dei gas ionizzati.36 Il lavoro svolto da Rasetti e Ascoli-Bartoli portò alla
prima misura eseguita al mondo della densità elettronica di un plasma
mediante interferometro ottico. In quel periodo si stava laureando sotto
la loro guida Sergio Martellucci [32] che ricordava Rasetti il “Venerato
Maestro”, aggirarsi alla ricerca di vecchi strumenti [108, p. ix]:
35
E. Persico a G. Righini, 15 settembre 1959, AP scatola 15, fascicolo 72.
F. Rasetti, “Suggerimenti per la continuazione delle ricerche sull’indice di rifrazione
dei gas ionizzati”, settembre 1959, AA scatola 212, fascicolo 4.
36
208
L. Bonolis
Internazionalismo e cooperazione
I recall in my memory the time when he took us in a round
to the basement of the Institute of Physics in Rome looking
for the Jamin interferometer (which was subsequently used
in the experiment), that he knew had been delivered to Italy
by Austria after the First World War as war reparation. Also
then when he looked in the library of the Institute through
all the works by Enrico Fermi on interstellar plasma to find
the formula for refractivity of a gas of free electrons [. . . ]
Questo lavoro poneva le basi per gli sviluppi successivi che, con la
scoperta del laser, consentirono al gruppo di raggiungere risultati di
grande rilievo, alcuni dei quali assolutamente di avanguardia.
L’8 novembre 1959 i membri dell’Euratom (Belgio, Francia, Italia,
Lussemburgo, Olanda e Germania Federale) firmavano a Bruxelles un
accordo di collaborazione per gli usi pacifici dell’energia atomica con
l’Atomic Energy Commission. L’obiettivo principale era quello di dotare
l’Europa di un milione di kilowatt di energia nucleare entro 5–7 anni, un
programma dal costo di 350 milioni di dollari. Naturalmente Amaldi, in
qualità di vicepresidente del CNRN, aveva ampiamente tirato le fila di
questo accordo. Il 16 dicembre nel corso di una riunione nella stanza di
Amaldi, a cui partecipavano Persico, Brunelli e Allen, veniva discusso lo
schema di contratto tra Laboratorio Gas Ionizzati e Euratom:37 Brunelli
commentava molti anni dopo [119, p. 247]:
Lo volemmo Amaldi ed io, Persico era contrario; egli pensava che ci legassimo mani e piedi. Non so se, a posteriori,
avesse torto o ragione, certamente l’Euratom ci ha aiutato
a superare le crisi che successivamente ebbero il CNRN, il
CNEN e l’ENEA; queste crisi si alternavano con quelle dell’Euratom, per cui o l’Ente nazionale o quello internazionale
ci permettevano di stare sempre a galla [. . . ]
37
“Riunione nella stanza del prof. Amaldi per discutere lo schema di contratto Gas
Ionizzati-Euratom”, 16 dicembre 1959, AA scatola 247, fascicolo 3, sottofasc. 1.
209
Internazionalismo e cooperazione
L. Bonolis
Appare evidente come la tempestività con cui Persico aveva colto
l’interesse scientifico di questo settore di ricerca, accanto alla sua sintonia
con Amaldi nel portare avanti l’idea sull’onda favorevole della declassificazione, si stesse ora dimostrando decisiva nel cogliere le nuove opportunità
fornite degli accordi Europa–Stati Uniti. Sergio Segre ha ricordato come
nei primi tempi l’Euratom non svolgesse una vera e propria opera di
coordinamento delle attività svolte nei diversi laboratori europei che si
occupavano di fusione [119, p. 248], piuttosto
Raccoglieva le proposte, le vagliava e dava il suo assenso,
ma non è che desse indicazioni, che insistesse su certe linee
piuttosto che su altre. Poi il coordinamento man mano è
diventato più stretto, anche le spese più grosse, le esperienze
più importanti
Tuttavia diventava essenziale la possibilità di disporre di finanziamenti consistenti, che consentirono all’originario gruppetto di pionieri
dell’Istituto di Fisica Guglielmo Marconi di svilupparsi pienamente in una
impresa matura, secondo le prospettive che già si stavano delineando. In
quello scorcio finale degli anni ’50 Amaldi raccoglieva con soddisfazione
il frutto dei suoi sforzi e della sua visione proiettata nel futuro iniziata
molti anni prima. Alla fine di quello stesso mese di novembre i primi
protoni stavano circolando nel protosincrotrone e l’elettrosincrotrone di
Frascati iniziava a lavorare a pieno ritmo inaugurando l’attività di ricerca.
Grazie alla sua lungimiranza e a quella di Bruno Ferretti, alla fine del
1952 era arrivato a Roma Bruno Touschek, un personaggio fuori del
comune, che oltre a essere un eccellente fisico teorico aveva una notevole conoscenza degli acceleratori [17]. In una lettera subito scritta ai
genitori, Touschek racconta con entusiasmo dell’Istituto di fisica romano:
«L’istituto è veramente eccellente. Attualmente ci sono due premi Nobel
(Pauli e Blackett), un possibile candidato, e anche le altre persone sono
210
L. Bonolis
Internazionalismo e cooperazione
molto interessanti [. . . ]».38
Nei primi mesi del 1960 Touschek propose di costruire AdA, il primo
collider per elettroni e positroni che nel giro di un anno dimostrò al mondo
la fattibilità di una fisica del tutto nuova [61] [57] [89]. AdA aprì la via
ai futuri sviluppi dei Laboratori di Frascati nel campo della fisica delle
alte energie e alla grande stagione degli anelli di collisione che, arrivando
fino al Large Electron Collider del CERN, ha poi mostrato e confermato
tutta la ricchezza del Modello Standard delle particelle elementari.
La nuova èra della fisica europea nel campo delle alte energia si
aprì ufficialmente il 5 febbraio 1960, quando Niels Bohr inaugurava il
protosincrotrone da 25 GeV. Accanto ai Premi Nobel Bohr, Heisenberg e
Cockcroft, a fianco di eminenti personalità della fisica e delle istituzioni
scientifiche europee come Francis Perrin, Cornelis J. Bakker, DirectorGeneral del CERN, e John B. Adams, Direttore della Proton Synchrotron
Division, Amaldi, presidente del CERN Scientific Policy Committee, è
tra le eminenti personalità scientifiche che rispondono ai quesiti della
stampa.39
Amaldi teneva anche un discorso ufficiale:40
This machine was operated successfully for the first time
in November 1959 [. . . ] Thus the speed of development
of CERN has been adequate to catch up with the fast progress of high energy physics, bringing the European countries
to the front of this most important field of research [. . . ]
We know that this success is due to the research ability of
38
B. Touschek ai genitori, Roma 30 dicembre 1952. Corrispondenza conservata
dalla famiglia Touschek.
39
“CERN Proton Synchrotron inaugural press conference”, 1 febbraio 1960, http:
//cdsweb.cern.ch/record/840125/files/CM-P00053722.pdf.
40
“Speech to be delivered by Professor E. Amaldi on the occasion of the inauguration
of the CERN Proton Synchrotron on 5 February (not to be published before 16:30 on 5
February), 1960, CERN CM-P00053725, http://cdsweb.cern.ch/record/840131/
files/CM-P00053725.pdf.
211
Internazionalismo e cooperazione
L. Bonolis
the new generation, but also that it has its roots in the
unimpaired scientific tradition of Europe which found new
stimulus for development and which will flourish in the future
in an atmosphere of co-operation between many countries
on an unprecedented scale [. . . ] We are conscious that the
traditional spirit of liberalism which has characterized the
European universities for many centuries pervades this new
organization which, for all of us, is and should always be, in
the future, one of the main centers of co-operation between
the scientists of all countries of the world.
Amaldi non cesserà di combattere per la sua idea di una Europa in
pole position, idea che esprimerà senza mezzi termini nel 1966, durante
il suo discorso per il 306.mo anniversario della Royal Society [14, p. 4]:
What we should learn is to look forward and try to foresee
what should be made now, immediately, in order to make
sure that the European countries, as a whole, will occupy a
position on the first line in ten or, maybe, twenty years from
now.
Nell’autunno di quell’anno Amaldi ebbe un ruolo cruciale nel segnalare
al fisico triestino Paolo Budinich la proposta avanzata dal pakistano Abdus
Salam di costruire in Europa un centro internazionale per la fisica teorica
con lo scopo di supportare e promuovere la fisica nei paesi del terzo mondo.
Questa iniziativa, inizialmente piuttosto contrastata soprattutto da Stati
Uniti e Unione Sovietica, andò in porto grazie al decisivo contributo di
fondi da parte dell’Italia e l’ICTP (International Centre for Theoretical
Physics) ebbe la sua sede definitiva a Trieste a partire dal 1964.41
41
Amaldi aveva appreso le intenzioni di Abdus Salam nel corso di una seduta plenaria
dell’IAEA (International Atomic Energy Agency) tenuta a Vienna nel settembre del
1960. Budinich scrisse subito a Abdus Salam proponendogli Trieste come possibile
sede per il nuovo istituto e insieme iniziarono la lotta su vari fronti per l’attuazione del
loro ambizioso progetto [91, p. 31].
212
Capitolo 13
Epilogo
Il contratto di associazione tra CNRN e Euratom fu firmato il 12
luglio da Jules Guéron, direttore generale per la ricerca e l’insegnamento
della Commissione Euratom, e il Segretario Generale Felice Ippolito.
Naturalmente Amaldi aveva discusso ampiamente con Guéron i vari punti
del contratto, in particolare del “sub-contratto” riguardante il gruppo
romano.1
Questi contratti di associazione, rappresentavano un passo che andava
oltre lo scambio bilaterale di informazioni che avevano caratterizzato
la prima fase di organizzazione internazionale intorno alle ricerche sulla
fusione. I vari paesi della Comunità Europea avevano contribuito a stabilire
i fondamenti della fisica dei plasmi ad alta temperatura, ma non erano
dotati di programmi nazionali autosufficienti nel campo delle ricerche
sulla fusione. Gli accordi tra i vari laboratori e l’Euratom fornivano
ora fondi e gestione unificati per svolgere tali ricerche. Dopo quello
con la Francia, seguirono appunto l’Italia, poi la Germania dell’Ovest e
immediatamente dopo l’Olanda e la Germania dell’Est. Oltre a portare
avanti la ricerca fondamentale sui plasmi caldi, furono concretizzati i
progetti per la realizzazione di un reattore a fusione attraverso studi
specifici portati avanti nei singoli laboratori.
Alla fine di giugno del 1960 il personale del Laboratorio Gas Ionizzati
era considerevolmente aumentato rispetto a quello iniziale di tre anni
1
Si vedano per esempio le due lettere di Amaldi a Guéron del 9 e del 26 febbraio
1960, AA scatola 247, fascicolo 3, sottofasc. 1.
213
Epilogo
L. Bonolis
prima.2 L’attività di ricerca era articolata su tre linee principali: formazione della guaina di un plasma in presenza di un campo magnetico,
esperimenti di compressione (era in corso la realizzazione dell’esperimento
Cariddi), misura ottica della densità degli elettroni, che aveva già visto
il completamento dell’esperimento sulla misura dell’indice di rifrazione
effettuata da Rasetti e Ascoli-Bartoli.3 Le relazioni sull’attività di ricerca
del Laboratorio Gas Ionizzati della prima metà del 1960 menzionavano già
alcuni degli esperimenti di fisica del plasma che avrebbero caratterizzato
l’attività del laboratorio negli anni immediatamente successivi, in particolare Mirapi, Mafin e la già citata macchina Cariddi, un esperimento per la
compressione rapida del plasma.4 In un articolo di rassegna sulle ricerche
svolte dal Laboratorio Gas Ionizzati dalla nascita fino alla metà del 1960
il direttore Bruno Brunelli esordiva sottolineando che al momento ben
12 laureati facevano parte del gruppo [63], un segnale di grande vitalità
che preludeva alla espansione favorita anche dall’accordo tra Euratom
e CNRN, che di lì a poco si sarebbe trasformato in Comitato Nazionale
per l’Energia Nucleare (CNEN).5
Nel frattempo era stata costruita a Frascati una sede per il laboratorio,
nella stessa area che ospitava l’elettrosincrotrone. Quello che nell’estate
del 1960 si spostò da Roma a Frascati era ormai il Laboratorio Gas
Ionizzati dell’Euratom–CNEN, composto da alcune decine di persone,
con programmi di ricerca ben definiti ed articolati in gruppi, con efficienti
2
I seguenti nomi figurano in un promemoria inviato ad Amaldi: J. E. Allen, U.
Ascoli-Bartoli, B. Brunelli, A. Cavaliere, A. De Angelis, L. Gratton, A. Luccio, F.
Magistrelli, S. Martellucci, M. Martone, B. Rumi, S. Segre, A. Sona, R. Toschi, G.
Trautteur.
3
“Promemoria allegato alla lettera dell’Ing. Susini al Prof. Amaldi (30.6.60)”, AA
scatola 247, fascicolo 3, sottofasc. 1.
4
Si veda il documento contenente la Relazione trimestrale scientifica del Laboratorio
Gas Ionizzati relativa al periodo aprile–maggio–giugno che ha come intestazione
“Contratto di Ricerca tra la Comunità europea atomica (Euratom) e il CNRN”.
5
Accanto all’articolo di Brunelli, una serie di lavori scientifici furono pubblicati dal
gruppo nel 1960 [3] [4] [5] [6] [7] [8] [32] [9].
214
L. Bonolis
Epilogo
servizi tecnici e amministrativi.6
Come era accaduto nel caso del sincrotrone, Persico lasciò che il
gruppo ormai autonomo navigasse da solo. L’8 ottobre scriveva a Bruno
Bertotti che si trovava negli Stati Uniti e lavorava a Princeton al progetto
Matternhorn:7
Il gruppo plasma di Roma si è trasferito in un edificio di
Frascati (vicino al sincrotrone) ed io ho cessato di occuparmene. Perciò Amaldi ed io abbiamo trasmesso la Sua lettera
al prof. Brunelli che lo dirige e che, credo, Le risponderà
direttamente.
Sarò lieto se verrà a lavorare a Roma, specialmente se
deciderà di dedicare tutto il Suo tempo o al plasma o alla
teoria dei campi, anziché cercare di tenere un piede in due
staffe [. . . ]
Dopo circa dieci anni dal suo soggiorno a Roma, Alfredo Bañoz Jr.,
faceva un giro in tutta Europa come inviato dell’Office Naval Research,
trovando a Frascati una struttura che ormai ospitava circa cento ricercatori.
Nel suo rapporto osservava:8
At that time, spring of 1958, there was at the Institute a
small plasma physics laboratory with a total scientific staff
of three persons: Dr. Bruno Brunelli, in charge of the group;
Dr. Sergio Segre working on the theory of hydromagnetic
6
Ormai ne facevano parte anche persone direttamente dipendenti dall’Euratom,
come Linhart. Si rimanda all’articolo di Bonolis e Magistrelli [59] e al volume preparato
per i 50 anni del contratto Euratom–CNEN [38] per notizie sugli sviluppi delle ricerche
sulla fusione condotte successivamente nella sede di Frascati.
7
E. Persico a B. Bertotti, 8 ottobre 1960, AP scatola 15, fascicolo 72.
8
A. Bañoz Jr., “Notes on plasma Physics at the Laboratori Gas Ionizzati (Associazione Euratom–CNEN)”, Office of Naval Research London, 21 agosto 1968,
Technical Report ONRL–65–68
215
Epilogo
L. Bonolis
shocks, and Dr. F. Magistrelli who had already initiated her
experimental studies of waves in plasma columns [. . . ]
Today Brunelli is Director of the Laboratori Gas Ionizzati
and his scientific staff numbers more than a hundred qualified
researchers. It was extremely gratifying to return to Rome
ten years later to find such a fine laboratory at Frascati,
where Brunelli, Segre, Magistrelli, and their collaborators are
engaged in what appears to us to be a most significant and
pertinent research program, theoretical and experimental, in
basic and applied plasma physics [. . . ]
We had visited similar laboratories in the Soviet Union,
in the Scandinavian countries, in the Continent of Europe,
and of course, in the United Kingdom [. . . ] we believe that
the Frascati Laboratory has achieved, for its limited size and
scope, an enviable reputation for scientific excellence that
places Frascati among the leading plasma physics laboratories
of the world.
La stessa opinione era espressa nel 1975 da Richard F. Post, uno dei
maggiori esponenti del settore negli Stati Uniti, il quale, nel menzionare
gli importanti programmi di ricerca sulla fusione sviluppati in vari paesi
dopo la declassificazione del 1958, citava in particolare la Francia, la
Germania, l’Italia e il Giappone.9
Dieci anni dopo la morte di Persico, avvenuta nel giugno 1969, a
un anno di distanza dalla visita di Bañoz a Frascati, Amaldi e Rasetti
si impegnarono a scrivere un saggio commemorativo. La lunga amicizia
con Rasetti e lo stretto contatto avuto con Amaldi nei lunghi anni di
soggiorno a Roma, univano i due in un doveroso desiderio di ricordarne
9
R. F. Post, “Fusion Power: The transition from fundamental science to fusion
reactor engineering”, 25 luglio 1975, Lawrence Livermore Laboratory, preprint UCRL
11055, http://www.osti.gov/bridge/servlets/purl/4170621-MofoBL/4170621.
pdf.
216
L. Bonolis
Epilogo
la figura «per il contributo che egli diede alla ricerca e all’insegnamento
universitario e per le sue qualità umane. Il non raccogliere i dati più
importanti sulla sua persona e il suo lavoro, il non riordinarli – e qui
era l’Amaldi cultore della storia della Fisica a parlare – significherebbe
lasciare una grave lacuna nella storia dello sviluppo storico della Fisica in
Italia durante il periodo 1925–1970» [28, p. 236].
Nel corso della stesura Amaldi aveva raccolto una serie di testimonianze e di commenti fra tutti coloro che avevano conosciuto Persico
da vicino. Il 10 giugno 1977 Giuseppe Occhialini così si esprimeva nel
commentare la bozza della nota biografica:10
La parte più bella è quella su “il maestro”, dove è tutto
l’essenziale. Mi ha mostrato un Persico che non conoscevo,
che ha dimostrato nella seconda parte della sua vita in Roma–
Frascati una dimensione che non poteva svilupparsi su un
teatro piccolo come Firenze, Torino e Quebec. . .
La seconda pagina, dove Occhialini elenca in dettaglio le sue osservazioni, riporta in alto a destra la seguente citazione:
History is not what happened but what people remember. . .
10
G. Occhialini a E. Amaldi, 10 giugno 1977, AA scatola 12E, fascicolo 2.
217
Bibliografia
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Maestri e allievi nella fisica italiana del Novecento, pp. 14–31. La Goliardica
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Physics of plasma: experiments and techniques, Rendiconti SIF. Corso di
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(ed.) Physics of plasma: experiments and techniques, Rendiconti SIF.
Corso di Varenna, vol. XIII, p. 61. Società Italiana di Fisica, SIF (1960)
[7] Allen, J., Magistrelli, F.: Collision-Free Hydromagnetic Waves. In: H. Alfvén (ed.) Physics of plasma: experiments and techniques, Rendiconti
SIF. Corso di Varenna, vol. XIII, p. 1138. Società Italiana di Fisica (1960)
[8] Allen, J., Magistrelli, F.: The Plasma-Sheath Transition in a Magnetic
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221–222 (1958)
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Proceedings of the Physical Society. Section B 70(1), 31 (1957)
[156] Thompson, W.: Thermonuclear reaction rates. Proceedings of the Physical
Society. Section B 70(1), 1 (1957)
[157] Thonemann, P.C., Butt, E.P., Carruthers, R., Dellis, A.N., FryY, D.W.,
Gibson, A., Harding, G.N., Lees, D.J., McWhirter, R.W.P., Pease, R.S.,
Ramsden, S.A., Ward, S.: Controlled release of thermonuclear energy:
231
Production of high temperatures and nuclear reactions in a gas discharge.
Nature 181(4604), 217–220 (1958)
[158] Walker, S.: Legal control of thermonuclear energy: The atomic energy
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232
Indice analitico
Abetti, Giorgio, 40, 161
Adams, John B., 190, 191, 197, 198,
211
AEA (Atomic Energy Act), 134, 140,
142
AEC (Atomic Energy Commission), 131,
134–136, 139, 140, 151, 183
AERE (Atomic Energy Research Establishment, Harwell), 82, 83,
153–157, 159, 168, 178, 179,
183–186, 190–193, 199
Ageno, Mario, 16, 19–22, 25, 38, 56,
68, 70, 71, 88, 103, 112, 123,
161
Alberigi Quaranta, Alessandro, 203
Alfvén, Hannes, 163, 207
Allen, John E., 174, 177, 178, 185, 186,
192, 201, 202, 207, 209, 214
Aller, Lawrence H., 161
Amaldi, Edoardo, 3–5, 7–12, 14–19,
21–23, 25–34, 38, 39, 42–48,
51, 53, 55–64, 67–78, 82–86,
89, 90, 93, 94, 96–98, 103–
111, 114, 117, 124, 126, 127,
133, 160, 163, 168–172, 174,
175, 177–182, 186, 190, 192–
197, 200, 202, 203, 205, 206,
209–217
Amaldi, Ginestra, 57, 58, 63, 126
Amaldi, Ugo (figlio di Edoardo), 22, 58,
109
Amaldi, Ugo (padre di Edoardo), 22
Angelini, Arnaldo Maria, 168, 200
ARAR (Azienda Rilievo Alienazione Residuati), campi, 60
Artsimovich, Lev Andreevich, 150, 157,
198
Ascoli-Bartoli, Ugo, 10, 202, 207, 208,
214
Aston, Francis W., 144, 147
Atkinson, Robert d’, 147
Atoms for Peace, 7, 132, 134, 141, 199
Auger, Pierre, 69, 103–105
Bañoz, Alfredo, 181, 215, 216
Bakker, Cornelis J., 211
Bassi, Piero, 108
Battelli, Angelo, 161
Battimelli, Giovanni, 11, 15, 16, 110,
115
Beckerley, James G., 136
Bergia, Silvio, 11
Bernardini, A., 182
Bernardini, Carlo, 11, 117–120, 123,
133, 161, 165, 168
Bernardini, Gilberto, 13–15, 27–31, 35,
37, 43, 45, 48, 49, 57, 59, 60,
64, 85, 87, 88, 90–92, 94, 96,
99, 100, 104–106, 108, 110–
113, 122, 126, 128, 129, 170,
187, 204
233
Indice analitico
Bertotti, Bruno, 215
Bethe, Hans, 75, 148
Bhabha, Homi, 136, 139, 140, 199
Bierman, Ludwig F.B., 164, 194
Blackett, Patrick M.S., 28, 31, 51, 59,
76, 107
Blackman, Moses, 149
Bloch, Felix, 16–18
Boato, Giovanni, 61, 62
Bohm, David, 180
Bohr, Niels, 63, 138, 211
Bolla, Giuseppe, 30, 103
bomba H, 131, 132, 140, 150, 163
Bonfiglioli, Guido, 43
Bretscher, E., 149
Broglio, Luigi, 196, 205
Brunelli, Bruno, 5–8, 11, 160, 162, 163,
165, 168, 169, 171–175, 181,
182, 185–187, 190, 193, 194,
201, 202, 206, 207, 209, 214–
216
Budinich, Paolo, 212
Bulganin, Nikolai A., 154
L. Bonolis
Castelnuovo, Guido, 66
CEE (Comunità Economica Europea),
189, 213, 214
CERN (Centre Européen Recherche Nucléaire), 46, 48, 69, 103–105,
108–110, 113, 127, 137, 168,
171, 174, 180, 181, 186, 190,
191, 195–197, 211
Chamberlain, Owen, 110
Chandrasekhar, Subrahmanyan, 163
Chapman, Sidney, 161
Chiarotti, Gianfranco, 179
Churchill, Winston, 154
Cini, Marcello, 42, 43, 66, 205
CISE (Centro Informazioni Studi ed
Esperienze), 30, 60, 103, 106,
164
CNEN (Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare), 5, 6, 209, 214,
215
CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), 27, 77, 78, 103, 105
CNRN (Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari), 5, 106, 164,
Cacciapuoti, Nestore Bernardo, 37, 88,
169, 170, 172, 173, 175, 180,
197
185, 194, 198, 200–203, 205,
Caldirola, Piero, 76, 105
209, 213, 214
Calogero, Francesco, 133
Cocconi, Giuseppe, 28, 57, 67, 75, 76
Capogrossi, Antonella, 11
Cockcroft, John D., 45, 135, 154, 155,
Capron, Paul, 192
168, 184, 186, 190, 197, 199,
Cardani, P., 161
200, 211
Careri, Giorgio, 44, 60, 62, 63
Colonnetti, Gustavo, 103
Carrara, Nello, 168, 169
Conversi, Marcello, 27, 45, 56, 64, 103,
Castagnoli, Carlo, 60, 93, 110
127, 179
Castelnuovo, Gina, 36, 37
Corbino, Orso Mario, 10, 13, 22, 32,
Castelnuovo, Gino, 66
38, 47, 160
234
L. Bonolis
Cortini, Giulio, 58, 59, 71, 72
Courant, Richard, 141
Crocco, Luigi, 195
Dallaporta, Nicolò, 43
Darmois, Eugène, 161
Dattuer, A., 194
Davis, Watson, 149
De Angelis, Alberto, 162, 163, 168,
181, 182, 202, 214
De Gasperi, Alcide, 77, 106
Deaglio, Romolo, 74, 75
Debye, Peter J. W., 160
Demichelis, Francesca, 43
Di Legge, Alfonso, 32
Dilworth, Connie, 206
Dirac, Paul A. M., 160
Eddington, Arthur S., 145, 146, 159–
161
Einstein, Albert, 133, 134, 144, 145,
147
Eisenhower, Dwight D., 131–135, 142,
158, 194, 197
ELDO (European Launcher Development Organisation), 105
Emo Capodilista, Lorenzo, 37
ENEA, 5, 209
Engel, A. Von, 168, 170, 173, 182
ESRO (European Space Research Organization), 69, 105
EURATOM, 5, 6, 105, 134, 189–191,
204, 205, 208–210, 213–215
Fabiani, Dino, 203
Fano, Ugo, 36, 37
Indice analitico
Fermi, Enrico, 6, 9, 13–22, 24, 25, 31,
32, 34, 36, 46, 55–58, 61, 67,
74, 77, 93, 96, 97, 109, 111,
112, 114, 118, 122, 124–129,
134, 136, 148, 150, 151, 163,
185, 203, 209
Fermi, Giulio, 128
Fermi, Laura, 91, 97, 101, 126, 127
Fermi, Maria, 128
Fermi, Nella, 128
Ferraro, Vincent C.A., 193
Ferretti, Bruno, 30, 45, 60, 61, 76, 87,
88, 90, 91, 94, 103, 104, 106,
116–118, 210
Fidecaro, Giuseppe, 94
Focaccia, Basilio, 5, 200
Franzinetti, Carlo, 63
French, A.P., 149
Friedrichs, Kurt O., 141
Fry, Donald W., 192, 197
Fubini, Eugenio, 37
Fubini, Gino, 37
Fuchs, Klaus, 150
Gamba, Augusto, 43
Garelli, Carola M., 43
Gatto, Raoul, 61
Gazzi, Vittorio, 168
Gibson, K.J., 194
Gigli Berzolari, Alberto, 64, 93
Ginevra, Conferenza di, 7, 134, 135,
137–140, 191, 197, 198, 200,
201
Giordani, Francesco, 106
Giulotto, Luigi, 168
Gold, Harry, 150
235
Indice analitico
Golovin, I.N., 157
Goudsmith, Samuel A., 17, 18
Gozzini, Adriano, 168, 193
Grad, Harold, 141
Gratton, Livio, 214
Gray, Ernest P., 206
Guèron, Jules, 213
L. Bonolis
Kantrowitz, Arthur R., 148
Kerst, Donald W., 42
Khruschev, Nikita, 154, 158
Kiepenheuer, K.O., 194
King, L.D.P., 148
Kistemaker, J., 169, 171, 173, 182
Klemperer, Otto E.H., 181
Kurchatov, Igor V., 149, 150, 154, 155,
157, 183, 200
Hückel, Erich A.A.J., 160
Harteck, Paul, 147
Heisenberg, Werner, 16–18, 46, 63, 93, Laboratori Nazionali di Frascati, 6, 11,
164, 211
13, 14, 67, 114, 126, 166,
Hennin, Marie Madeleine, 92
167, 203–205, 210, 211, 214
Higawara, Tokutaro, 148
Laboratorio della Marmolada, 106
Hitler, Adolf, 7
Laboratorio della Testa Grigia, 60, 64,
Houtermans, Fritz G., 147
70, 72, 76, 82, 105
Hubert, P., 172
Laboratorio Gas Ionizzati, 4–7, 10, 11,
Hughes, Donald J., 139
165, 190, 194, 201–203, 206,
209, 213, 214
IAEA (International Atomic Energy AgenLandau, Lev D., 157
cy), 212
Langmuir, Irving, 137, 174, 201
ICSU (International Council for ScienLattes, Cesare Mansueto Giulio, 70, 72
tific Unions), 47
Lee, Tung-Dao, 107
ICTP (International Centre for TheoreLenci, Francesco, 133
tical Physics), 212
Lepri, F., 60
INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), 105, 106, 111, 204, Leprince-Ringuet, Louis, 107, 108
Lifschitz, Evgeny M., 157
205
Ippolito, Felice, 5, 126, 168, 172–174, Linhart, Jirka G., 4, 171, 172, 175–177,
180, 181, 190, 194, 215
200, 201, 213
Lo
Surdo,
Antonino, 76, 84, 95
Istituto Superiore di Sanità, 14, 21, 38,
Lovati,
Antonio,
67, 116
45, 80, 86, 126, 161, 168
Luce,
John
S.,
141
IUPAP (International Union of Pure
and Applied Physics), 47, 69
Jeans, James H., 159
236
Magistrelli, Franca, 4, 5, 7, 11, 119,
120, 159, 162, 163, 167–169,
L. Bonolis
174, 175, 181, 182, 187, 202,
207, 214–216
Mainardi, Angelo, 11
Mandò, Manlio, 168
Manifesto Russell–Einstein, 133
Mann, D.E., 180
Markov, Andrej A., 157
Martellucci, Sergio, 208, 214
Medi, Enrico, 85
Merlini, Alfonso, 60
Millikan, Robert, A., 160
Milotti, Edoardo, 164
MIT (Massachusetts Institute of Technology), 35, 51, 59, 94, 97,
108, 182, 206
Morandi, Luigi, 30
Morandi, Rodolfo, 30
Mortara, Nella, 16, 38, 76, 81, 87, 98,
103
Mura, Antonino, 67
NASA (National Aeronautics and Space Administration), 182, 194,
205
Nastasi, Pietro, 11
NATO (North Atlantic Treaty Organization), 197
Nernst, Walther, 159
Occhialini, Giuseppe, 15, 70, 72, 73,
76, 106, 206, 217
OECE (Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea),
191
Oliphant, Mark L.E., 147
Indice analitico
ONU (Organizzazione Nazioni Unite),
47, 50
Oppenheimer, Robert, 134, 150
Palumbo, Donato, 204
Pancini, Ettore, 27, 45, 56, 58, 60, 64,
72, 88, 112, 117
Panofsky, Wolfgang K.H., 113
Paoloni, Giovanni, 15, 30
Pauli, Wolfgang, 63, 93, 97
Pease, Robert S., 156, 157
Perón, Juan Domingo, 151
Perrin, Francis, 197, 211
Perrin, Jean, 145
Persico, Enrico, 3–5, 7–11, 15, 20, 32,
33, 35, 37–44, 48–52, 55, 64–
67, 70, 73–76, 79, 81, 83–
87, 89–92, 94–101, 103, 113,
117–129, 159–163, 165–172,
175–182, 185, 186, 190, 192–
194, 200, 202–210, 215–217
Perucca, Eligio, 44, 105
Piano Baruch, 31, 35, 54
Piccioni, Oreste, 27, 45, 56, 57, 67
Picone, Mauro, 94
plasma, 4, 5, 7, 10, 134, 137, 147, 149,
152, 155, 157, 159, 161–165,
168–178, 180–183, 185, 186,
190–195, 197, 199, 201, 202,
206–209, 213–216
Pochettino, Alfredo, 74, 75
Polacco, Erseo, 168
Polvani, Giovanni, 29, 76, 124, 164,
193
Pontecorvo, Bruno, 14, 15, 17, 23, 36,
37, 82, 83, 157
237
Indice analitico
Post, Richard F., 153, 216
Powell, Cecil F., 70, 72, 73, 106–108
progetto Manhattan, 50, 51, 143
progetto Matternhorn, 151, 215
Prometeo, 143, 144
Puccianti, Luigi, 121
Puglisi, Mario, 203
Pugwash (movimento), 133
Puppi, Giampiero, 110, 111
Quercia, Italo Federico, 63, 71, 165,
167–169, 182, 203
Querzoli, Ruggero, 117, 123
Rabi, Isidor I., 35, 104, 196, 197
Radicati di Brozolo, Luigi A., 43, 44,
193
Rasetti, Franco, 4, 5, 8–11, 14, 15,
18, 19, 33, 34, 36–38, 41, 45,
64–67, 74, 77, 79, 81, 82, 84,
86, 91, 92, 98, 118, 121, 124,
160, 178, 179, 194, 201, 203,
206–208, 214, 216
Rechenberg, Helmut, 46
Reynolds, William F., 171, 174, 178
Richter, Ronald, 151
Righini, Guglielmo, 208
Rispoli, Brunello, 60, 63, 71
Roberts, Arthur, 35
Roero, Clara Silvia, 31, 33, 43
Romagnino, Carla, 12
Rosenbluth, Marshall, 164
Rossi, Bruno, 13, 14, 20, 36, 51, 52,
57, 59, 64, 67, 70, 87, 94, 97,
107, 108, 124, 168, 182, 195,
205, 206
238
L. Bonolis
Rostagni, Antonio, 44, 75, 105, 106
Rumi, Bruno, 60
Russell, Bertrand, 133
Rutherford, Ernest, 145, 147
Sakharov, Andrei, 149
Salam, Abdus, 212
Salvetti, Carlo, 30
Salvini, Giorgio, 10, 28, 30, 64, 67, 93,
96, 106, 111, 113, 114, 116,
118, 122, 123, 125, 126, 179
Schaerf, Carlo, 15
Schlüter, Arnulf, 164
Schreiber, R.E., 148
Sciuti, Sebastiano, 60, 71, 72, 94
Scuola Normale Superiore, 60
Segrè, Emilio, 14–16, 19, 20, 36, 37,
39, 45, 86, 98, 109, 110, 128,
129
Segre, Sergio, 182, 193, 202, 207, 210,
214–216
Seidl, F.G.P., 149
Seitz, Frederick, 140
Sereni, Emilio, 23
Severi, Francesco, 33
Shafranov, Vladimir, 164
Sherwood, progetto, 135, 140, 151
Shipley, Edward D., 141
Silvestri, Mario, 30
Skobeltzin, Dimitri V., 136
Smorodinsky, A., 157
Smyth, Henry DeWolf, 39, 185
Società Italiana di Fisica, 29, 118, 163,
164
Somigliana, Carlo, 33
Sona, Giorgio, 119
L. Bonolis
Indice analitico
Spitzer, Lyman, 140, 151, 153, 157, Van Allen, fasce di, 182, 195
Van Allen, James, 195
181
Vandry, Ferdinand, 66
Stalin, Iosif, 98, 131, 133
Varenna, Scuola di, 112, 124–127, 163,
Stellarator, 151, 153
193, 194, 207
Stoppini, Gherardo, 117
Veksler, Vladimir I., 157
Strauss, Lewis L., 135, 139, 141
Volta, Alessandro, 20, 29
Tagliaferri, Guido, 67, 116
Wataghin, Gleb, 15, 74, 76, 105
Tamm, Igor, 149, 157
Teller, Edward, 140, 143, 148, 151, 199 Weisskopf, Viktor, 73, 156, 157
Wick, Gian Carlo, 31, 32, 45, 51, 67,
Terracini, Alessandro, 66, 75
72, 76, 122
Terracini, Benvenuto, 66
Wigner, Eugene P., 140
Thomson, George P., 149
Thonemann, Peter C., 153, 165, 169, Wilson, Robert R., 113
Wu, Chien-Schiung, 120
171, 190, 199
tokamak, 149, 157
Yang, Chen Ning, 107
Tongiorgi, Vanna, 28
York, Herbert F., 140
Toschi, Romano, 214
Yukawa, Hideki, 56
Touschek, Bruno, 11, 114, 205, 210,
211
Zanchi, Lodovico, 15, 99
Townsend, John, 164
ZETA (Zero Energy Toroidal AssemTrabacchi, Giulio Cesare, 38, 80, 81,
bly), 153, 162, 183, 184, 186,
86, 87, 91
190, 191, 193
Tricomi, Francesco Giacomo, 33, 83
Zeuli, Tino, 43
Trinity Test, 143
Zumino, Bruno, 63
Truman, Harry S., 30, 131, 143
Tuck, James L., 141, 151
Turrin, Angelo, 119, 123
UNAEC (United Nations Atomic Energy Commission), 31, 131
UNESCO (United Nations Educational
and Cultural Organization),
69, 103, 104, 193, 197
Valle, Giorgio, 164
239
Indice
1 Introduzione
3
2 Dall’èra di Fermi all’èra di Amaldi
13
3 Dal disastro alla ricostruzione
25
4 Gli strateghi della ricostruzione
59
5 Grandi imprese
103
6 Il “vecchio Enrico”
117
7 Atomi per la pace
131
8 Il secondo capitolo dell’era atomica
143
9 La macchina ZETA
153
10 L’inizio delle ricerche sui plasmi a Roma
159
11 Il Laboratorio Gas Ionizzati
171
12 Internazionalismo e cooperazione
189
13 Epilogo
213
Bibliografia
219
Indice
232
241