Vendee globe riou

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Vendee globe riou
www.solovela.net
Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela
B. Stichelbaut/DPPI/VG
Giri di boa
J.M.Liot/DPPI/VG
B. Stichelbaut/DPPI/VG
B. Stichelbaut/DPPI/VG
A destra, affidabilità, velocità e
grandi doti marine. Sono queste le
caratteristiche di PRB, l’Open 60’
che, a quattro anni dal primo
successo, ha dominato la Vendée
Globe. Sotto, Tutta la gioia di
Vincent Riou, in basso, da sinistra
a destra, i primi tre classificati
Vendée Globe
Sugli oceani
come tra le boe
Questa Vendée Globe è stata corsa come una regata di bastone:
un giro del mondo, in solitario, senza scalo, con i primi che si
sono controllati bordo dopo bordo fino all’ultimo giorno
di Mauro Melandri
finita come era iniziata: a vincere la quinta edizione della
Vendée Globe è stato il navigatore francese Vincent Riou,
skipper dell’Open 60’ PRB, lo scafo che per primo tagliò la
linea di partenza della regata lo scorso 7 novembre, guidando gli
altri diciannove solitari verso gli oceani del sud.
La cavalcata (lunga ben 23.680 miglia, senza scalo e senza assistenza tecnica) si è conclusa alle 22.49 UTC del 2 febbraio,
quando la prua di PRB ha passato l’allineamento tra la barca
Giuria e la boa di arrivo, fermando il cronometro a 87 giorni,
10 ore, 47 minuti e 55 secondi.
È
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In quel frangente, la folla assiepata lungo le rive di Les Sable d’Olonne è scoppiata in un lungo e fragoroso applauso, sottolineato
dai fumogeni rossi e dai razzi accesi dagli spettatori che hanno
preferito attendere l’arrivo del vincitore direttamente in mare.
Prima di partecipare alla Vendée, Vincent Riou, campione francese di match race nel 1994 e due volte nella First Class 8
(1997 e 1998), ha navigato a lungo nel circuito Figaro, ottenendo buoni piazzamenti nella Solitaire e nella Transat AG2R
del 2002, per poi giungere quarto nella Transat Jacques Vabre
del 2003, regatando su PRB.
Al vincitore va anche il merito di aver letteralmente polverizzato il record fissato da Michel Desjouyeux che, a bordo della
stessa barca, vinse la precedente edizione della Vendée Globe
impiegando 93 giorni, 3 ore, 57 minuti e 32 secondi.
disalberato nel corso della Transat dello scorso luglio, il team di
PRB installò un albero identico al precedente.
Ma l’intervento più importante è stato eseguito sulla chiglia: “le
nuove tecnologie ci hanno permesso di creare un bulbo molto più
performante dal punto di vista idrodinamico. Utilizzando un’alta
percentuale di tungsteno (il cui peso specifico - 19.1 kg/dm3 - è
quasi doppio rispetto al piombo - 11.34 kg/dm3 - n.d.r.) siamo
riusciti a ottenere un profilo più sottile e un pescaggio inferiore,
senza alterare il momento raddrizzante”.
La continua ricerca della velocità ha inoltre spinto i tecnici di
Riou a limare peso ove possibile, alleggerendo PRB di quasi seicento chili: non poco, se si pensa che l’Open 60 dominatore degli oceani ha un dislocamento di circa nove tonnellate.
UNA VITTORIA COSTRUITA A TAVOLINO
Di quel record Riou fu testimone d’eccezione, dato che come membro
dello shore team venne incaricato di seguire la costruzione di PRB sin
dal principio; studiò i disegni di Marc Lombard nei minimi dettagli,
lo vide nascere, l’armò e contribuì alla sua ottimizzazione: ecco perché ha deciso di attaccare gli oceani con lo stesso scafo di allora.
“Tra me e PRB c’è sicuramente qualcosa di personale, che va oltre
il normale rapporto che di solito si instaura tra un solitario e la
sua barca - ha spiegato Riou all’indomani della vittoria - quando è
stato il momento di decidere su quale scafo puntare non ho avuto
dubbi. Io e il mio staff conoscevamo talmente bene PRB che sapevamo come intervenire per renderlo ancora più veloce senza pregiudicarne l’affidabilità. Mettemmo mano ai timoni, spostando il
loro punto di fissaggio per garantire il massimo controllo dell’unità anche in condizioni estreme. Inoltre, già nei mesi seguenti la
vittoria di Desjouyeux, cambiammo l’albero, optando per un profilo in carbonio di oltre ventisei metri con due ordini di crocette”.
La scelta si rivelò talmente azzeccata al punto che, dopo aver
UN MATCH RACE INFINITO
Preparazione a parte, quella di Riou è stata una vittoria tutt’altro
che scontata, non solo per le continue insidie nascoste dagli
oceani e per le piccole avarie che hanno colpito il suo scafo (problemi all’impianto idraulico della chiglia e ai ballast) ma soprattutto per la presenza di due avversari come il francese Jean Le
Cam, skipper del giallo Bonduelle, e come l’inglese Mike Golding,
che ha portato a termine la sua fatica a bordo di Ecover.
I due solitari non hanno mai lasciato tregua a Riou, attaccandolo in
continuazione e, nel caso di Le Cam, sottraendogli più volte il comando della regata. “E’ stato un match race lungo tre mesi - ha commentato il vincitore pochi istanti dopo aver messo piede a terra - e,
facendo gli scongiuri del caso, ho cominciato a credere nel successo solo pochi giorni prima del mio arrivo, quando mi sono spinto
verso il centro dell’anticiclone delle Azzorre, dove avevo fondate
speranze di incontrare un deciso giro del vento verso nord”.
Quella che ai più sembrava una mossa azzardata si è rivelata Marzo 2005 103
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Fuori dai giochi a causa di numerose avarie, Mike
Golding ha reso indimenticabile la sua Vendée,
concludendo terzo dopo aver perso la chiglia a 52
miglia dal traguardo, in basso, come sono oggi, i tavoli
da carteggio delle barche oceaniche
Jon Nash/DPPI/Action Images
Giri di boa
la stoccata decisiva: quando il vento ha cambiato direzione, Riou ha messo la prua direttamene verso il traguardo, sfruttando al meglio la brezza proveniente da nord-est, mentre i diretti avversari, trovandosi più a sud di
oltre cento miglia, erano obbligati a tirare un
bordo a perdere verso nord, bruciando così le
residue speranze di rimonta.
ONORE AGLI SCONFITTI
A 6 ore e 32 minuti dal vincitore, era Bonduelle a giungere sul
traguardo. Per Jean Le Cam, debuttante in questa manifestazione
come Riou, è arrivato un brillante secondo posto, destinato a essere ricordato anche negli anni a venire, vista l’intensità del duello che lo ha contrapposto al primo classificato.
A pregiudicare la regata di Le Cam è stato un errore tattico al passaggio di Capo Horn, quando Bonduelle, momentaneamente primo, si è spinto all’interno di una piccola alta pressione non rilevata dai meteorologi. Vedendo il leader in difficoltà, Riou ha
cambiato leggermente rotta, “rubandogli” oltre duecento miglia
in poco più di trentasei ore.
“Si dice spesso che il secondo è il primo degli sconfitti ma, credetemi, sono orgoglioso di quanto ho ottenuto durante questa
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folle regata. Salire sul podio, alle spalle di un navigatore come
Vincent Riou e di una barca come PRB, è per me una grande soddisfazione, una spinta a lavorare ancor di più per migliorarmi, per
tornare a regatare intorno al mondo inseguendo una vittoria che
questa volta ho solo sfiorato”.
A quasi un giorno da Le Cam, la Giuria ha dato lo stop cronometrico anche a Mike Golding, giunto terzo al termine di una regata
tutt’altro che fortunata. Rimasto attardato di oltre ottocento miglia rispetto alla coppia di testa durante la discesa verso gli oceani del sud, il titolato navigatore inglese (settimo classificato nella precedente edizione) si è reso protagonista di una favolosa rimonta, agganciando Bonduelle e PRB all’altezza di Capo Horn.
Una volta rientrato in Atlantico, Ecover, provato dalla dura navigazione nell’oceano Indiano, ha iniziato ad accusare i primi segni
di cedimento, impedendo di fatto al suo skipper di inserirsi a pieno titolo nella lotta per la vittoria.
Nessuno avrebbe però immaginato che dietro a queste piccole
avarie se ne nascondesse una ben più grande, emersa in tutta la
sua gravità alle 14.00 UTC del 3 febbraio, quando, trovandosi a
sole cinquantadue miglia dal traguardo, Golding comunicava al
suo shore team di aver perso la chiglia basculante.
“E’ stata un’esperienza surreale: non ho sentito alcun rumore ma
ho visto la barca sbandare paurosamente. D’istinto ho filato tutta la scotta della randa, mettendo Ecover in sicurezza. Ipotizzando un avaria all’impianto idraulico della chiglia, sono sceso sotto
coperta per manovrarne i pistoni; potete immaginare il mio stupore quando ho notato che la parte del bulbo interna allo scafo
era totalmente inclinata. Preparandomi al peggio ho controllato
che il ballast di sopravento fosse pieno e che il dagger fosse totalmente abbassato, nella speranza di limitare lo scarroccio. Una
volta all’aperto ho indirizzato la luce della torcia nel punto in cui
solitamente vedevo la parte terminale della chiglia, senza trovarla. Mi sono sporto oltre le draglie più volte: sotto lo scafo c’erano solo le pale dei timoni e la lama del dagger”.
Il bulbo, fratturatosi a pochi centimetri dallo scafo, era finito
in fondo all’oceano.
Sorpreso, più che preoccupato, Golding ha ridotto la randa e issato la trinchetta in modo da contenere lo sbandamento a un
massimo di venti gradi.
Aiutato dall’importante baglio di Ecover, dal dagger e dalla za-
Jon Nash/DPPI/VG
B. Stichelbaut/DPPI/VG
B. Stichelbaut/DPPI/VG
Il secondo è il primo degli
sconfitti? Forse, ma Jean Le Cam ha
combattuto sino alla fine, ricevendo
l’onore delle armi da Vincent Riou
vorra liquida imbarcata, il solitario inglese ha percorso a velocità ridotta le ultime miglia della regata, conquistando un terzo posto indimenticabile.
EMOZIONI A NON FINIRE
Sebbene il podio fosse già completo, Sébastien Josse (VMI) non
ha rinunciato ad attaccare Dominique Wavre (Temenos) nel tentativo di strappargli la quarta piazza.
Forte di un vantaggio di oltre sessanta miglia, lo skipper elvetico di Temenos si è limitato a controllare l’avversario (anche in
virtù dei danni subiti alle sartie volanti) chiudendo la sua regata
quattro giorni dopo Golding, poche ore prima di Josse.
Da sottolineare anche il grande recupero di Conrad Humphreys
(Hellomoto) che all’ingresso nel grande sud, dopo aver doppiato
il Capo di Buona Speranza, aveva fatto rotta verso terra per rimediare ad alcune avarie; ripartito in ultima posizione, è riuscito a
recuperare così tanto da portarsi al settimo posto.
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