Come fare profitti nell`economia in crisi

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Come fare profitti nell`economia in crisi
Mariano La Rosa, è laureato in economia e commercio ha acquisito un’esperienza ultra decennale dell’analisi tecnica avanzata e
analisi ciclica dei mercati finanziari, studioso e cultore della nota
Teoria di W.D. Gann, ricopre tra l’altro il grado di Ispettore Capo
della Guardia di Finanza presso il Nucleo di Polizia Tributaria di
Palermo. Esperto anche di Tax planning internazionale grazie alla
sua lunga esperienza nel settore delle verifiche fiscali ed antiriciclaggio. Curatore di diverse edizioni di libri sul Trading di Borsa è
menzionato nel libro Top Trader d’Italia. Trader esperto in futures ed option, vanta una
serie di successi nelle esatte previsioni sul movimento dell’indice Dow jones e del cambio euro/dollaro così come già ampiamente riconosciuto dalla stampa specializzata e
dalla televisione finanziaria classCNBC.
€ 49
PETER D.SCHIFF con JOHN DOWNES
John Downes è il coautore del super venduto Dizionario dei termini di finanza e di investimento manuale di finanza ed investimento
di Barron e coautore di Navigando il Dow. Downes vive a Palisades
in New York.
A PROVA DI CRASH
Peter D. Schiff è un esperto pronosticatore meglio noto per le sue
accurate previsioni sul mercato azionario, materie prime, oro e
dollaro. Iniziò la sua carriera lavorando per Shearson Leheman e
nel 1996 entrò a far parte della Euro Pacific Capital (un operatore/intermediario con specializzazione nei mercati esteri e nei titoli) diventando Presidente della società nell’anno 2000.
Schiff è spesso citato nelle migliori testate quali Wall Street
Journal, Barron’s, il Financial Times, il New York Times, e il Christian
Science Monitor.
È un assiduo ospite televisivo, appare regolarmente su CNBC,
Bloomberg e FOX News, cura l’edizione del Global Investor, una
newsletter di investimento, inoltre conduce Wall Street UnSpun,
un programma radiofonico settimanale. I suoi commenti economici e di mercato sono comparsi su molti siti web indirizzati all’investimento uno dei quali www.europac.net. La Squawk Box della
CNBC ha soprannominato Schiff Dott. Distruzione a causa della
sua visione unica ribassista sull’economia americana e sui suoi
mercati finanziari.
Come fare profitti
nell’economia in crisi
COLLANA TRADING E FINANZA
A Prova di Crash
Come fare profitti nell’economia in crisi
Peter D. Schiff
con John Downes
A Prova di Crash
Come fare profitti nell’economia in crisi
Traduzione di Stefano Buzzi
Collana a cura di Mariano La Rosa
Editrice Le Fonti - Milano
Titolo originale: Crash Proof: How to Profit from the Coming Economic Collapse,
di Peter D. Schiff & John Downes
© 2007 John Wiley & Sons, Inc., Hoboken, New Jersey, USA
Text copyright © Peter D. Schiff e Lynn Sonberg Book Associates.
All Rights Reserved. This translation published under license.
Collana Trading e Finanza a cura di Mariano La Rosa
Traduzione italiana a cura di Stefano Buzzi
© 2009 Editrice Le Fonti S.r.l.
Via Olindo Guerrini, 14
20133 Milano
Tel. 02.87386110 r.a.
Fax 02.70635839
Email [email protected]
I consigli e le strategie suggerite nel presente documento potrebbero non essere adatte alla vostra situazione specifica, per la quale è necessario che consultiate un professionista per una analisi adeguata.
Ne l’editore ne l’autore possono essere ritenuti responsabili per qualsiasi tipo di perdita di profitto o per qualsiasi altro tipo di danno, includendo casi particolari, accidentali, consequenziali o di altro tipo.
ISBN 978-88-6109-063-7
Prima edizione: febbraio 2009
Stampa: Pronto Stampa, Fara Gera d’Adda, BG
A mio padre, Inwin Schiff, la quale influenza e guida
che concerne i principi economici di base
mi hanno permesso di vedere chiaramente
ciò che gli altri non potevano vedere; a mio figlio Spencer,
al quale spero infondere una visione simile;
alla sua e alle generazioni future di americani
che attraverso il duro lavoro e il sacrificio potranno
un giorno riportare questa nazione alla sua antica gloria.
CONTENUTI
Prefazione
IX
Introduzione: America.com: L’Illusione della Vera Ricchezza
XV
Capitolo 1
L’inizio del Precipizio: Consumatori e Non Produttori
Capitolo 2
Quello che lo Zio Sam, i Media e Wall Street
non Vogliono Farti Sapere
19
Capitolo 3
Per Pochi Dollari in Più: il Declino della Nostra Valuta
37
Capitolo 4
Il Paese dell’Inflazione: L’Errore della Federal Reserve
53
Capitolo 5
Il Mio Regno per un Compratore:
Il Caos dei Mercati Azionari
75
Capitolo 6
Loro Fanno Esplodere Bolle, Non è Vero?:
L’Imminente Crollo del Mercato Immobiliare
91
Capitolo 7
Forza Venite, l’Acqua è Invitante:
Il Problema del Debito Personale
113
Capitolo 8
Come Sopravvivere e Fare Fortuna, Fase 1:
Rivoluzionareil Vostro Portafoglio Azionario
137
Capitolo 9
Come Sopravvivere e Fare Fortuna, Fase 2:
La Corsa dell’Oro - Come Vincerla
167
Capitolo 10 Come Sopravvivere e Fare Fortuna, Fase 3:
State Liquidi
189
Epilogo
1
205
Libri per Approfondimenti
209
VII
PREFAZIONE
Q
uando ho cominciato a lavorare a questo libro, all’inizio del 2006, non
avevo intenzione di scrivere una Prefazione. Il mio obiettivo era riuscire
a spiegare in maniera semplice e accessibile il motivo per cui il persistere e la
crescita del saldo negativo del bilancio esportazioni/importazioni degli USA,
ovvero il suo deficit commerciale, avrebbe portato alla rovinosa caduta del
dollaro, e costretto il popolo americano ad abituarsi ad un livello di vita decisamente inferiore a quello attuale e ad anni di dolorosi sacrifici e di ricostruzione. I sette capitoli avrebbero mostrato la molteplicità di modi attraverso cui
la nazione più ricca del mondo è diventata, nell’arco di soli vent’anni, la nazione col più alto debito pubblico al mondo, mentre l’attenzione generale del
popolo era focalizzata su questioni di tutt’altra natura. La mia sfida, come io
stesso la interpretavo, era creare una consapevolezza diffusa, all’epoca inesistente, che una crisi economica fosse imminente, un evento al quale io invece
stavo preparando i miei clienti da anni. I tre capitoli finali avrebbero poi reso
pubbliche strategie di investimento già utilizzate con successo da migliaia di
broker miei clienti, in modo da rendere i lettori di questo libro capaci di evitare i danni conseguenti la rovinosa caduta del dollaro e di effettuare investimenti profittevoli durante la ricostruzione.
Questo è il tipo di libro che state per leggere. Perché dunque ho scritto questa Prefazione?
Perché mentre ultimavo questo libro verso la fine dell’anno 2006, con la data di pubblicazione già fissata per le prime settimane del 2007, si è cominciato a parlare diffusamente del deficit commerciale. Dopo essere stato praticamente ignorato per anni, esso è divenuto improvvisamente un argomento di
pubblico dibattito. E, se da un lato c’è un consenso diffuso che questo è un problema estremamente serio, dall’altro sta contemporaneamente emergendo anche un punto di vista diverso e alternativo, principalmente da parte di Wall
Street1 che ha forti interessi in gioco, ovvero che i deficit nella bilancia commerciale rappresentano un segno di buona condizione dell’economia, e che il
livello elevato dei consumi nazionali sono il motore della crescita economica.
NdT: Qui e nel seguito per Wall Street si intende il mondo della borsa, ovvero tutti coloro il cui
lavoro e le cui fortune sono legate al buon andamento dei corsi azionari.
1
IX
A PROVA DI CRASH
Ma queste sono solo assurdità fini a se stesse. Se riuscirò a convincervi di questo qui e ora, allora potrete trarre pieno beneficio dagli assennati consigli che
metterò umilmente in evidenza nelle prossime pagine.
A breve vi illustrerò alcuni esempi più esaurienti, ma in quanto a essenzialità e concisione sarebbe complicato fare meglio della dichiarazione fatta la
scorsa settimana da Laurence Kudlow, il geniale conduttore della trasmissione Kudlow and Company, in onda quotidianamente sulla CNBC. All’inizio della trasmissione Kudlow prima diede il benvenuto ai telespettatori, e poi intonò sfacciatamente: “Io amo i deficit commerciali. Perché? Creano dei surplus
nel conto capitale.”
Detto tra parentesi, la bilancia dei pagamenti, il sistema di contabilità che
registra le transazioni commerciali tra paesi, comprende, tra le altre voci, la bilancia commerciale, che effettua la differenza tra import ed export, e il conto
capitale, che effettua la differenza tra i flussi monetari di investimento in entrata e in uscita dai paesi. Poiché i dollari che noi inviamo all’estero sotto forma di pagamento per le merci acquistate ritornano poi sotto forma di investimenti in titoli di stato americani e in altri asset (titoli), queste due voci possono essere interpretate come l’una il rovescio dell’altra. Un paese come gli Stati Uniti, che importa più di quanto esporta, avrà una compensazione nel bilancio dei capitali, in quanto la sua bilancia commerciale sarà in deficit e il suo
conto capitale sarà in surplus.
Ma qui la parola “surplus” è usata come un termine tecnico di contabilità
che significa esclusivamente che la quantità di denaro in entrata supera quella
in uscita. Il denaro entra negli Stati Uniti perché un asset USA, ad esempio un’obbligazione governativa, è stata acquistata da una qualche banca centrale straniera. Ma la vendita di un’obbligazione non ci rende più ricchi; crea una passività. Certo, all’inizio abbiamo disponibilità finanziaria conseguente alla vendita, ma si tratta di denaro che saremo obbligati a restituire con gli interessi.
Dunque, la parola “surplus” ha un intrinseco significato positivo, ma un
surplus di capitali ha un significato diverso da, per esempio, un surplus di bilancio. I surplus possono essere buoni o cattivi. Un surplus di acqua in un serbatoio durante un periodo di siccità è sicuramente buono, ma se te lo ritrovi
nel tuo scantinato durante un temporale, allora è cattivo.
Ora, Larry Kudlow è un tipo sveglio, e non sto intendendo che egli non conosca il significato di questa parola. Ma, secondo lui, un surplus di capitale è
la prova della capacità di credito del nostro paese. La conseguenza è che noi
possiamo fare affidamento su tale capacità per far continuare la musica a suonare. Ed è su questo punto che io credo che egli abbia torto. I nostri partner
commerciali sono abbastanza liberi di investire altrove, ed è esattamente ciò
X
PREFAZIONE
che faranno quando si renderanno conto che gli USA, con 8.500 miliardi di
dollari di debito consolidato (che sale a 50.000 miliardi considerando anche le
obbligazioni non consolidate in bilancio) e con continui deficit di bilancio che
anno dopo anno fanno aumentare tale debito, non hanno più una buona capacità di credito. E non succede neanche che essi investendo qui da noi stiano ottenendo profitti maggiori; i nostri mercati sono superati, in termini di
performance, da tutti gli altri principali mercati mondiali, e ciò è accaduto con
continuità negli ultimi sei, sette anni.
La richiesta continua di investire in titoli governativi americani da parte
delle banche centrali estere è dovuta, io credo, alle loro azioni da burocrati automi. Gli investitori privati stranieri infatti se ne tengono alla larga. Ma per
Wall Street e i suoi fan dei mezzi di comunicazione, che si troverebbero tutti
in seri guai se il deficit commerciale portasse al pessimismo sui mercati, il “surplus dei capitali” è una parola che viene dal paradiso.
Un’ulteriore ragionamento, di più vasta portata, a sostegno del fatto che i
deficit commerciali sono da benvolere fu fatto da un articolo di apertura del
Wall Street Journal del 21 Dicembre 2006, dal titolo “Abbracciamo il deficit” e
scritto da David Malpass, il principale economista di Bear Stearns.
Il signor Malpass scrive un articolo di una certa lunghezza, ma la sua posizione è riassunta abbastanza bene dal suo capoverso di apertura: “Il deficit
commerciale è stato per decenni uno spauracchio politico e giornalistico, che
ha ispirato innumerevoli predizioni di imminenti collassi economici per l’America. La realtà è diversa. Le nostre importazioni crescono di pari passo con
la nostra economia e popolazione, mentre le nostre esportazioni crescono proporzionalmente alle economie straniere, in special modo quelle dei paesi industrializzati. Nonostante sia stato aspramente criticato come uno squilibrio,
il deficit commerciale e il relativo ingresso di capitali riflettono la crescita degli Stati Uniti, e non la loro debolezza - legano insieme una nazione più giovane e a crescita più rapida come la nostra a economie estere più mature e con
una crescita più lenta.”
Con il dovuto rispetto per il signor Malpass, non potrei dissentire in modo maggiore. Sebbene il suo ragionamento circa la crescita demografica può
avere una sua fondatezza, seppur limitata, egli ignora il fatto che alla base del
deficit commerciale vi è un’industria manifatturiera in contrazione, e fa affidamento sulla convinzione, diffusa ma sbagliata, che il declino della capacità
di risparmio degli americani sia mascherato dall’elevato valore degli asset in
nostro possesso, elevato valore che noi invece sappiamo essere dovuto ai prezzi gonfiati delle azioni e delle abitazioni. Egli confonde il consumo con la crescita, e gli elevati e competitivi tassi di interesse delle obbligazioni con la caXI
A PROVA DI CRASH
pacità di attirare i capitali stranieri, mentre noi sappiamo che i principali mercati stranieri hanno performance migliori del nostro quando si porta in conto
anche il guadagno relativo al cambio valuta. Il suo giudizio sull’inflazione non
porta in conto la politica monetaria passata. Potrei continuare, ma mi limito a
dire che questo libro intero è una confutazione dell’opinione del signor Malpass. Il suo articolo è un puro esempio del tentativo egoistico di Wall Street di
far apparire candida e immacolata la nostra economia.
In generale, c’è da dire che il ragionamento ridicolo che i consumi Americani stiano sostenendo l’economia è anche regolarmente sostenuto e rinvigorito dai mezzi di comunicazione di massa. In una recente puntata del programma di economia Bulls and Bears del canale Fox News, fu chiesto a degli
esperti di indicare quale fosse il “personaggio dell’anno.” La risposta fu unanime: il consumatore americano.
Allo stesso modo, resto sempre colpito dal modo in cui i canali televisivi
rappresentano nei loro servizi l’economia americana mostrando immagini di
commessi che freneticamente riempono degli scaffali e di compratori che fanno strisciare le loro carte di credito. Per contro, le economie di Cina e Giappone sono rappresentate da immagini di ciminiere fumanti, catene di montaggio all’opera, robot che assemblano prodotti, e persone effettivamente all’opera. L’aspetto più sconvolgente di questa farsa è che nessuno si rende conto
di quanto ridicoli siano questi spezzoni di programma. Se Longfellow aveve
ragione nel dire “whom the gods destroy they first make mad,” (Coloro che
cercano di distruggere gli dei, questi ultimi li portano per primi alla follia) allora dobbiamo essere sicuramente alla vigilia della distruzione della nostra
economia, perché siamo una nazione che è completamente impazzita.
Per fortuna, ci sono alcuni tra noi che sono ancora in senno. Di recente, infatti, un numero crescente di opinionisti qualificati ed imparziali ha cominciato a riconoscere la effettiva dannosità dei deficit commerciali e che il conseguente declino del dollaro potrebbe avere degli effetti gravi. Sfortunatamente, però, le loro grida parlano ad orecchie sorde, e i loro avvertimenti passano inosservati.
In un articolo pubblicato l’11 Dicembre 2006 su Bloomberg, fu riportato che
ad un convegno di economia a Tel Aviv, l’ex presidente della Fed Alan Greenspan, in veste ora di privato cittadino, disse che il dollaro USA avrebbe probabilmente continuato a indebolirsi finché il deficit corrente americano non si
fosse ridotto. E’ scritto che egli affermò “Non è prudente avere nel proprio
portafoglio un’unica valuta.” In una nota della Reuter sul medesimo convegno era inoltre scritto che Greenspan affermò “Vi è una certa evidenza che i
paesi dell’OPEC hanno cominciato a commutare le loro riserve in euro e yen,
XII
PREFAZIONE
ragion per cui [un dollaro che si indebolisce] sarà ciò che accadrà nei prossimi anni.”
Analoghe preoccupazioni circa la debolezza del dollaro sono state espresse anche dall’ex segretario del Tesoro Robert E. Rubin e dall’ex presidente della Fed Paul Volcker. In un articolo del New York Times del dell’1 Novembre 2006
intitolato “Scommettere contro il dollaro” Volcker affermava che la situazione era “pericolosa e intrattabile” più di ogni altra che egli ricordasse.
Secondo un report dell’Associated Press, Warren Buffet affermava il 20 Gennaio 2006: “Il deficit commerciale USA rappresenta per l’economia nazionale
una minaccia maggiore del deficit di bilancio della nazione o del debito accumulato dai consumatori, e potrebbe portarci a un grande scompiglio… Proprio ora, il resto del mondo possiede di noi 3.000 miliardi di dollari in più di
quanto noi possediamo di esso.”
Per quanto ne sappia, nessuno ha mai chiesto a Warren Buffett “Se sei così intelligente, perché non sei anche ricco?” Ovvero, se egli e le persone sopra
citate pensano che c’è un problema, allora questa è una buona conferma che
effettivamente ve n’è uno. Nelle prossime pagine, imparerete perché l’economia degli Stati Uniti è davvero in difficoltà e come poter evitare gravi perdite
e continuare a vivere in prosperità.
XIII
INTRODUZIONE
America.com:
L’Illusione della Vera Ricchezza
Quando l’economia negli Stati Uniti cominciò a contrarsi leggermente… la
Federal Reserve stampo’ una maggiore quantità di moneta nella speranza di
prevenire una possibile mancanza di liquidità da parte delle banche. La “Fed”
ci riuscì; … ma ha progressivamente portato le economie del mondo quasi alla
distruzione. L’eccesso di credito che la Fed iniettò nell’economia si riversò sui
mercati azionari - scatenando un’immensa bolla speculativa. I funzionari della Federal Reserve tentarono tardivamente di riassorbire la liquidità in eccesso e alla fine riuscirono ad arrestare la bolla. Ma era troppo tardi: … gli squilibri dovuti alla speculazione erano talmente schiaccianti che il tentativo accelerò una acuta diminuzione delle quotazioni e diffuse conseguentemente un forte senso di pessimismo. Come conseguenza, l’economia americana collassò.
Questo paragrafo non rappresenta una previsione di ciò che potrebbe accadere, ma un sunto di qualcosa che è effettivamente accaduto. E’ stato scritto più di 40 anni fa con riferimento all’America degli anni ’20. L’autore era un
giovane economista di nome Alan Greenspan. (l’articolo era “Gold and Economic Freedom,” The Objectivist, 1966, ristampato poi nel testo di Ayn Rand
Capitalism: The Unknown Ideal, New York: Penguin, 1987.)
Le parole dell’ex presidente della Fed possono ritenersi valide per la situazione attuale esattamente come lo erano per quella dei ruggenti anni 20, anche
se con una notevole differenza. La differenza è che, tra il 1987 e il 2006 Greenspan si è comportato in modo irresponsabile persino più dei funzionari che egli
criticava nel suo articolo. Invece che “riassorbire la liquidità in eccesso,” Greenspan ne ha aggiunta addirittura dell’altra, trasformando una bolla dei mercati
azionari in una bolla immobiliare e dei consumi di proporzioni mai viste.
Secondo Greenspan, la Grande Depressione degli anni ’30 fu causata dal
venir meno degli squilibri speculativi creati dall’eccesso di liquidità prodotto
XV
A PROVA DI CRASH
dalla Fed nel corso degli anni ’20. Posto che durante il suo mandato Greenspan il Maestro, come il giornalista Bob Woodward ha definito l’ex suonatore
professionista di sassofono, ha prodotto un eccesso di liquidità persino maggiore, e che maggiori sono gli squilibri speculativi che ne sono risultati, quali
orrende conseguenze per l’economia aspettano oggi gli Stati Uniti?
Dal punto di vista di Greenspan, la domanda probabilmente resterà retorica, dal momento che la sua stessa politica monetaria è perseguita dal suo successore, il presidente Ben Bernanke, con la stessa apparente consapevolezza
di poterla perpetrare all’infinito.
Ma io vedo le cose in modo diverso. Nei capitoli che seguono, non solo risponderò io stesso alla domanda, ma fornirò al lettore un progetto finanziario globale per aiutarlo a resistere alla tempesta economica in arrivo. Non fate nessun errore; ci aspettano tempi estremamente difficili. Il carattere della
nostra Nazione sarà messo alla prova come mai prima. Resta da vedere se esso reagirà agli eventi o se si farà cogliere impreparato. Mentre noi tutti possiamo sperare per il meglio, il mio senso pragmatico mi suggerisce che noi faremmo meglio a prepararci al peggio.
Per anni sono stato in giro a tenere seminari dal titolo “La bolla economica americana: Conseguenze per i tuoi investimenti quando essa scoppierà definitivamente,” aiutando migliaia di miei clienti a investire in modo saggio i
loro risparmi, e accertando che essi stiano alla larga da molte azioni minate
di Wall Street. Non ho mai consentito che le convinzioni della gente offuscassero il mio giudizio, né che attenuassero o influenzassero le mie raccomandazioni.
Negli anni ’90, mentre la maggior parte dei miei colleghi compravano entusiasti le azioni tecnologiche della “nuova era”, io mi attenevo risolutamente a sani principi di investimento, raccomandando a chiunque volesse ascoltarmi di vendere. La prospettiva per l’economia americana odierna è sorprendentemente simile alla prospettiva delle azioni tecnologiche legate a Internet degli anni ’90.
Così come gli analisti dei mercati azionari credevano che i metodi tradizionali di valutazione delle società, come ad esempio gli utili, i flussi di cassa,
la rendita del dividendo, il rapporto prezzo/vendite, la quantità di indebitamento, il ROE, eccetera, non dovessero più applicarsi, gli economisti oggi non
si curano affatto delle preoccupazioni che noi tradizionalisti abbiamo circa i
fondamentali dell’economia, ovvero circa parametri quali tasso di risparmio,
attività manifatturiera, deficit statale, obbligazioni non consolidate in bilancio, debito dei consumatori, e i deficit della bilancia commerciale e del conto
capitale. Per gli economisti moderni, noi viviamo ora in una nuova era in cui
XVI
INTRODUZIONE
gli Americani possono prendere denaro in prestito e consumare in maniera indefinita, mentre il resto del mondo risparmia e produce al loro posto.
Lo scopo di questo libro è rompere questo mito una volta e per sempre, e
mostrare che questa cosiddetta “nuova era,” si dissolverà in maniera tanto veloce quanto essa è apparsa, come tutte quelle che l’hanno preceduta - che “America.com” non può dare profitti maggiori di qualsiasi società “.com” che un
tempo animava i mercati finanziari, ma che oramai è fallita.
Quando si tornerà finalmente alla realtà, coloro che avranno letto questo
libro e seguito il mio consiglio saranno ben posizionati per trarre profitto durante i tempi duri che sono dietro l’angolo.
Anche se maggiormente rivolto agli investitori, questo libro è scritto anche
per un pubblico più vasto. Il mio scopo qui è non solo quello di fornire una
guida di sopravvivenza per gli investimenti, ma esporre ed evidenziare le pesanti debolezze economiche che ci fanno qui parlare di sopravvivenza. Una
giusta comprensione dello stato dell’economia americana è vitale allo stesso
modo sia per un investitore che per un non investitore.
Affinché la nostra nazione possa ripercorrere la strada a ritroso verso la vera prosperità, dobbiamo dapprima riscoprire tale strada e capire perché ce ne
siamo tanto allontanati.
Alla nazione non sono utili i cittadini che si rifiutano di affrontare la realtà dei fatti. Vi è abbondanza di cieco ottimismo, tipicamente avvolto nel patriottismo, e tutto questo ci sta portando al disastro.
I miei avvertimenti sono basati sul realismo, e la passione che io infondo
in essi è la più grande che possa esservi perché io amo il mio paese e non ho
altro fine che vederlo prosperare. Ma, per essere vitale e gioire della sua tradizionale gloria, esso deve ritornare ai suoi valori tradizionali.
Ragionamenti come il mio sono moderati, e assolutamente non premeditati per essere popolari, e, in quanto tali, parlano a orecchie sordi di gente col
cervello ormai lavato che, comprensibilmente, preferisce immaginare di trovarsi in una situazione tranquilla.
Poiché il mio modo di pensare è così anticonformista e, quindi, di grande
effetto, mi trovo a dover trottare sempre più spesso da un programma all’altro per fare da contrappeso alla corrente di pensiero prevalente. La CNBC mi
ha etichettato come Dottor Giorno del Giudizio, e mi punzecchia frequentemente
perché sono un Chicken Little2 dei tempi moderni.
Io considero tutto questo un gioco, ma sono consapevole che la realtà delNdT: Chicken Little è uno dei personaggi della favola Il cielo sta cadendo. Si tratta di un pulcino
ritenuto pazzo per aver causato un’ondata di panico sostenendo che il cielo stesse per cadere sul
la Terra.
2
XVII
A PROVA DI CRASH
la nostra economia fa tutt’altro che ridere. Sono fermamente convinto che la
fondatezza delle mie opinioni possa essere dimostrata, e che esso diventerà
presto l’opinione prevalente. Spero solo che a quel punto non sarà troppo tardi. Sfortunatamente, questo può essere finalmente un caso in cui il pulcino
Chicken Little aveva visto giusto. E il cielo può realmente cadere dopo tutto.
XVIII
CAPITOLO 1
L’inizio del Precipizio:
Consumatori e Non Produttori
S
e l’economia degli Stati Uniti fosse un pugile e io fossi il giudice della gara,
allora avrei misericordiosamente fermato l’incontro quando il vecchio combattente aveva ancora il suo orgoglio e la sua dignità di campione. Ma si è permesso che questo scontro impari continuasse sanguinosamente, round dopo
round. La gloria passata può essere da intralcio nell’accettare la realtà attuale.
L’economia degli Stati Uniti, lungamente il maggior paese creditore del
mondo, e, ora, la più grande nazione debitrice del mondo, sta combattendo
una battaglia ormai persa contro gli squilibri commerciali e finanziari, che aumentano ogni giorno e che purtroppo sono causati da problemi troppo fondamentali per essere facilmente corretti.
Non sto parlando qui di concetti astratti di economia. A meno che voi non
prendiate misure per proteggervi - e questo libro vi dirà quali sono queste misure - i vostri investimenti in dollari sono pronti a liquefarsi e il vostro tenore
di vita ne risulterà dolorosamente ridimensionato. Non posso predire il giorno in cui questo accadrà - il governo è riuscito a nascondere il problema e a
guadagnare tempo - ma sta per arrivare il giorno della resa dei conti, ed è già
in ritardo.
La nostra nazione ha subito, nel breve lasso di un paio di decadi e senza che
questo, sorprendentemente, suscitasse grosse preoccupazioni tra gli economisti, una trasformazione radicale nella sua infrastruttura economica e nel suo
comportamento. Una società che prima risparmiava, produceva, creava ricchezza ed era una delle maggiori esportatrici è diventata una società che ha
smesso di risparmiare, passando da processi produttivi alla creazione di servizi non esportabili, che ha raggiunto dei record nell’indebitamento personale
e della nazione, e che si serve di denaro preso a prestito per permettersi di consumare in modo eccessivo merci di importazione a loro volta non produttive.
A livello nazionale, la nostra condizione è simile a quella di un playboy
1
A PROVA DI CRASH
FIGURA 1.1 - Bilancio corrente degli Stati Uniti nel periodo 1990 - 2005. Il deficit finanziario attuale è esploso negli
anni recenti, e ha portato ad un passivo annuo ora vicino ai 1.000 miliardi di dollari. Questo andamento rappresenta un disastro nazionale di una gravità mai avuta in passato.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
donnaiolo che eredita una grande fortuna e la sperpera. Mentre lo fa, egli conduce una buona vita, e all’apparenza sembra benestante. Ma la sua ricchezza
dipende dal duro lavoro dei suoi antenati piuttosto che dal suo. Quando la
sua fortuna è andata, la stessa cosa succede al suo lussuoso stile di vita. Il problema è che la maggior parte degli Americani, compresa una grossa fetta di
economisti e di consulenti finanziari, hanno confuso i consumi abbondanti con
la creazione legittima di ricchezza. L’impressionante crescita del nostro Prodotto Interno Lordo (PIL) è stata sostenuta dai consumi, e quindi non è indicativa della quantità di ricchezza creata ma piuttosto della quantità di ricchezza
consumata (vedi figura 1.1).
Qual è il risultato? Un deficit commerciale di circa 800 miliardi di dollari
all’anno, un deficit di bilancio che va dai 300 ai 400 miliardi di dollari all’anno,e un debito pubblico di circa 8.500 miliardi di dollari. (Naturalmente, se si
includono anche le obbligazioni non consolidate, come ad esempio quelle della Social Security, allora il debito pubblico diventa superiore ai 50.000 miliardi, ovvero sei volte più delle stime ufficiali). Se i due decenni appena passati
fossero stati caratterizzati da una vera ricchezza, avremmo avuto dei surplus
nella bilancia commerciale e saremmo ancora stati il maggior paese creditore,
piuttosto che il maggior debitore verso il resto del mondo. Sono convinto che
ci stiamo rapidamente avvicinando alla scena di una tempesta formidabile,
che con ogni probabilità si concluderà con un tracollo della nostra moneta.
2
CAPITOLO 1 - L’INIZIO DEL PRECIPIZIO: CONSUMATORI E NON PRODUTTORI
Tutto questo è simile a una famiglia, chiamiamola la famiglia Smith, in cui
le persone che la sostenevano economicamente hanno perso il loro lavoro. Per
salvare le apparenze e mantenere lo stesso tenore di vita, la famiglia comincia
a indebitarsi e la sua situazione sprofonda sempre più. E’ una situazione che
non può continuare all’infinito. A meno che non succeda che quelle persone
trovino un nuovo lavoro che gli permetta di ripianare i debiti e sostenere legittimamente il loro tenore originale, la famiglia è condannata a un cambio di
stile di vita doloroso e umiliante.
Si confronti poi la situazione della famiglia Smith con quella di un’altra famiglia, chiamiamola la famiglia Chins, che fa sacrifici, consuma poco e vive al
di sotto dei suoi mezzi reali per accumulare una fortuna significativa. Durante questo periodo di accumulazione, essi appaiono di gran lunga meno benestanti dei loro vicini spendaccioni, gli Smith, che vivono agiatamente grazie alle carte di credito e ai loro beni ipotecati. Riferendosi esclusivamente a quanto
le due famiglie consumano, un osservatore superficiale concluderebbe che gli
Smith sono la famiglia più ricca. In realtà, in profondità, la famiglia Chins, grazie alle sue rinunce attuali, riesce a costruire un vero e proprio tesoro, mentre
lo sperpero miope degli Smith li porterà a grandi sacrifici e rinunce nel futuro.
Per poter consumare, bisogna o essere produttivi o prendere denaro in prestito, e in prestito si può prendere solo una quantità limitata di denaro e per
un periodo limitato di tempo. Lo stesso vale per una nazione. Ma mentre un
privato cittadino può avere un colpo di fortuna e trovare un lavoro ben pagato o vincere alla lotteria, una nazione intera non può farlo, dal momento che
ripristinare i risparmi già spesi e ricostruire un tessuto produttivo ormai deteriorato richiederà del tempo e dei grandi sacrifici.
Dal momento che il popolo americano non sta risparmiando e producendo, ma sta
prendendo soldi in prestito e alimentando i consumi, noi siamo rischiosamente diventati dipendenti dalle merci straniere e dai prestiti provenienti dall’estero. Di conseguenza, stiamo per affrontare una imminente crisi della nostra moneta che abbasserà in modo drammatico il tenore di vita di quegli americani che non si saranno protetti adeguatamente (vedi la figura 1.2).
PERCHÉ ABBATTERSI? IL GOVERNO DICE CHE L’ECONOMIA È IN SALUTE
Se ti stai chiedendo come mai continui a leggere e a sentire che l’economia è
in buona salute, non pensare di avere le allucinazioni, o che le abbia io. La politica dei tempi moderni poggia le sue premesse sulle aspettative elevate dei
consumatori Americani, e il governo è oramai un maestro nell’arte di far apparire cattive notizie sull’economia come buone notizie, riuscendo quindi a
mantenere una certa contentezza tra la gente e a conservare le proprie poltro3
A PROVA DI CRASH
FIGURA 1.2 - Quantità di asset finanziari americani di proprietà straniera, 1985 - 2006. Il livello dei consumi americani e la frenesia nel far debiti ha fatto si che quantità record di obbligazioni finissero in mani straniere. A meno che
non ci si rifiuti di pagare, onorare tale debito costringerà le generazioni future ad un reddito personale inferiore e a
una contrazione dei consumi.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
ne. (Le elezioni di medio termine del 2006 che hanno cambiato la maggioranza della Camera e del Senato potrebbero tuttavia essere un segnale che il popolo si sta svegliando.) I funzionari governativi - supportati da una accomodante Federal Reserve, che ha avuto un pieno mandato per agevolare il credito - manipolano sistematicamente i dati economici al fine di mantenere elevata la fiducia del consumatore e, contemporaneamente, anche degli investitori esteri che ci prestano il denaro necessario a far andare avanti lo show. Ma
tuttavia, ogni fetta di tempo che essi riescono a guadagnare causa un corrispondente peggioramento del problema.
Da parte loro, le banche centrali straniere continuano ad usare le loro riserve in dollari per comprare i nostri titoli del Tesoro e quelli garantiti da un’ipoteca, e ci aiutano a finanziare il nostro deficit in crescita e a puntellare il nostro mercato immobiliare (vedi la figura 1.3). Proprio come noi, esse ascoltano
le stesse buone notizie sull’economia, e, inoltre, sono ingenuamente convinte
che l’economia degli Stati Uniti è troppo grande per fallire - vi sono però segni che questa convinzione sta cominciando ad oscillare. Se le banche centrali si svegliassero accorgendosi di ciò che sta realmente accadendo e smettendo
di comperare i nostri titoli del Tesoro, allora noi dovremmo o aumentare le tasse a dei cittadini già sovraccarichi, o dichiarare il default, come fece ad esempio la Russia verso la fine degli anni ’90. Ci troviamo in un bel pasticcio.
Tutto ciò mi riporta all’analogia del pugile. Ricordate quando Mike Tyson
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CAPITOLO 1 - L’INIZIO DEL PRECIPIZIO: CONSUMATORI E NON PRODUTTORI
vinse il titolo mondiale dei pesi massimi? Sembrava che stesse per abbattere
chiunque gli si parasse davanti, ed era così terrificante che sembrava impossibile che egli potesse perdere. Bene, come sempre accade alla fine, venne anche il suo giorno. Buster Douglas infatti lo sconfisse, e da quel momento Tyson
ha continuato ad incassare sconfitte. Era lo stesso Mike Tyson che aveva vinto il titolo, ma Buster era riuscito a infrangere una barriera psicologica.
In modo analogo, un qualsiasi evento che possa squarciare il mito che l’economia americana è troppo grande per fallire potrebbe dare il via al processo di disfacimento.
I nostri giorni da potenza economica dominante sono contati. Il dollaro è prossimo al crollo, e il popolo Americano sta per imbattersi in una stagflazione di dimensioni mai viste prima, nella forma di recessione e iperinflazione. Coloro tra voi che agiranno in fretta e bene adottando quelle precauzioni che io dettaglierò in questo libro
non solo eviteranno di perdere la loro ricchezza, ma si troveranno anche ben posizionati per trarre profitto mentre i vostri vicini affronteranno un duro periodo di ricostruzione e riforme.
E’ importante ricordare che nelle economie di mercato il tenore di vita aumenta in seguito all’accumulo di capitali, ovvero grazie al risparmio, che permette infatti che il lavoro sia più produttivo, il che a sua volta porta a un maggior reddito per i lavoratori, che possono quindi aumentare i loro consumi e
concedersi dei lussi. Tuttavia, i capitali investiti possono aumentare solo se si
FIGURA 1.4 - Percentuale di titoli del Tesoro in mani straniere, 1980 - 2006. Poiché i risparmi interni non sono abbastanza, e il governo ha speso in modo dissoluto, una parte crescente dei nostri titoli di stato sono ora in mani estere. Certamente, quindi, il debito pubblico USA ora non è in mano agli Americani.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
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A PROVA DI CRASH
FIGURA 1.4 - Tasso di risparmio negli USA, 1970 - 2006. Il crollo dei risparmi personali ha portato ad un accumulo
senza precedenti di debito verso le nazioni estere e alla rovina della nostra base produttiva. Il periodo di austerità
economica in arrivo sarà caratterizzato dalla ricostruzione dei risparmi della nazione e degli investimenti che essi sostengono.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
effettua un adeguato risparmio. E i risparmi possono ovviamente aversi solo
attraverso consumi ridotti e sacrifici (vedi la figura 1.4).
La crepa fatale nell’economia moderna è che il governo osteggia ogni tentativo di risparmiare e consumare meno, in quanto questo porterebbe certamente a un brutto periodo di recessione, mentre l’unico scopo del governo è
quello di ritardare il più possibile l’inevitabile giorno del giudizio. Pensando
esclusivamente alla loro rielezione, i politici americani hanno convinto i loro
elettori che è bene concedersi dei lussi, e che i sacrifici e i consumi moderati
non sono propri della nazione americana, ma tipicamente una caratteristica
delle razze asiatiche. Come risultato, questi stessi politici americani, insieme
alla Federal Reserve, riusciranno a realizzare ciò che nessuna potenza straniera
sarebbe mai riuscita a fare: metteranno in ginocchio l’economia degli Stati Uniti, che per le prossime generazioni sarà necessariamente caratterizzata da sacrifici e consumi ridotti.
COME SIAMO ARRIVATI A QUESTO PUNTO
In realtà, le origini e l’aggravarsi del pasticcio attuale hanno le loro radici nel
nostro successo come potenza militare ed economica e nel periodo di grande
benessere successivo alla II Guerra Mondiale.
Lo status di moneta rifugio del dollaro, certamente un simbolo della supremazia americana, è stata sia una benedizione che una maledizione. Con6
CAPITOLO 1 - L’INIZIO DEL PRECIPIZIO: CONSUMATORI E NON PRODUTTORI
cesso agli Stati Uniti in seguito agli accordi di Bretton Woods del 1944 (si veda il Capitolo 3), lo status del dollaro americano come moneta di riserva adottata in tutto il mondo, - e tale status ancora resiste grazie alla compiacenza di
alcune banche centrali estere, - ha fatto da scudo alle conseguenze del persistere e dell’aumento dello squilibrio commerciale.
Gli accordi di Bretton Woods fecero sì che il dollaro USA fosse la valuta utilizzata dagli altri governi e istituzioni per regolare il loro tasso di cambio e per
eseguire le transazioni commerciali di alcune materie prime fondamentali, come ad esempio l’oro e il petrolio. Si rese quindi necessario per tutti i paesi interessati al commercio con l’estero cominciare a procurarsi dollari e ad accumularne ampie riserve. Il fatto che il dollaro fosse originariamente accettato
dal mondo come la valuta delle proprie riserve era dovuto all’ineguagliata potenza industriale degli Stati Uniti, al suo essere sia il principale esportatore di
manufatti che il più grande paese creditore al mondo, e anche al fatto che il
dollaro USA era garantito e riscattabile in un certo ammontare di oro. Niente
di tutto questo è più vero oggi, e il dollaro non avrebbe oggi le caratteristiche
tali da permettere di nuovo un simile accordo.
Tuttavia, poiché la sua funzione di valuta di riserva era strettamente legata al suo impiego nelle attività di import/export, agli Stati Uniti fu concesso
di accumulare deficit commerciali rimanendo esenti da quelle forze del libero mercato che avrebbero costretto la nostra nazione ad una correzione. In questo modo ci è stato risparmiato l’impatto economico che sarebbe derivato da
una svalutazione del dollaro.
Secondo le regole degli accordi di Bretton Woods, i nostri partner commerciali avrebbero potuto costringerci ad affrontare questo problema, ma i burocrati delle banche centrali sono stati sinora compiacenti e hanno così permesso che il nostro deficit raggiungesse livelli sempre più pericolosi.
Ma questa compiacenza potrebbe venir meno. Ci sono anche congetture
che lo status di moneta di riserva possa essere trasferito all’euro o a una combinazione di valute. Qualunque cosa accada, lo status di valuta di riserva per
il dollaro, immune quindi alle pressioni dei mercati, non può durare per sempre. Quando questo finirà, tutti questi dollari in surplus ricadranno su di noi,
creando una iperinflazione interna.
Il passaggio dalle attività produttive ai servizi ha causato l’aumento del
deficit commerciale. L’erosione della nostra base produttiva, il cui valore risiedeva nel fatto che produceva merci esportabili e che quindi generava cospicui guadagni, è avvenuta per una serie di motivi. Sindacati aggressivi che
chiedevano sempre maggiori benefit per i lavoratori, regolamentazioni governative sempre più vincolanti, tasse più elevate, obsolescenza degli impianti
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A PROVA DI CRASH
ed apparati produttivi, il diffondersi dell’idea “più grande è meglio è” che ha
portato a enormi sprechi e scoraggiato il risparmio e il controllo delle risorse,
il compiacimento circa la qualità e il design dei propri prodotti - questi e altri
fattori hanno posto in serio svantaggio l’industria manifatturiera statunitense
rispetto ai competitori stranieri che si impegnavano a recuperare posizioni.
Per contro, all’estero vi era uno spirito di ricostruzione, una consapevolezza che le risorse naturali sono scarse e che quindi vanno ben utilizzate, tasse e salari più bassi, e, in genere, minori ostacoli governativi allo sviluppo economico. Il più grande paese concorrente degli USA era il Giappone, la cui risposta al motto americano “più grande è meglio è” era “maggiore è la qualità meglio è.” Le auto americane, cromate e divoragasolio furono improvvisamente sfidate in una lunga competizione con la Toyota e altre industrie automobilistiche sul piano dell’ecologia e della tecnologia più sofisticata. Le risorse, sia umane che materiali, dovevano essere utilizzate con cura maggiore,
con più abilità e disciplina, non per fare soldi, ma per realizzare prodotti di eccellenza che poi a loro volta avrebbero portato i soldi. E il governo giapponese non fu affatto avverso a politiche commerciali di proprio vantaggio, cosa a
cui gli USA non si opposero in cambio della tolleranza dell’alleato giapponese sui fatti della dilapidante guerra del Vietnam.
Nel suo libro The Next Century (Morrow, 1991), David Halberstam osservava:
Nel dopoguerra l’America è diventata una società che ha dato per scontato una
fondamentale salute e bontà della propria economia. Per contro, il Giappone è
stato una società dove la ricchezza doveva essere rimpinguata ogni giorno attraverso il lavoro delle persone più talentuose del paese. Noi eravamo ossessionati dalla Guerra Fredda e poi dalle guerre vere e proprie, mentre i Giapponesi pensavano solo al commercio.
Al contrarsi della nostra industria manifatturiera, una economia dei servizi ha preso il suo posto. Le economie basate sui servizi non riducono i deficit
commerciali; esse sono fatte di attività quali vendite al dettaglio e all’ingrosso, trasporti, intrattenimento, trasporti, e dell’intangibile proprietà intellettuale, e quindi non solo portano a una minor produzione di merci esportabili, ma ci rendono dipendenti da paesi che risparmiano e producono. Altrimenti,
come faremmo a riempire gli scaffali dei nostri magazzini?
L’idea, molto popolare, che in una economia dei servizi post-industriale i servizi siano un sostituto accettabile delle merci perché anch’essi generano soldi, è
basata su un’ignoranza di base circa la distinzione tra denaro e ricchezza. Il denaro è un mezzo di scambio; la ricchezza è ciò che si riceve in quello scambio.
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CAPITOLO 1 - L’INIZIO DEL PRECIPIZIO: CONSUMATORI E NON PRODUTTORI
Sono d’accordo con coloro che sostengono che le tecnologie dell’informazione rappresentino prodotti esportabili tanto quanto le merci, ma non sono
convinto che potremo mai sostituire le attività produttive con l’informazione.
La quantità di prodotti legati alle tecnologie dell’informazione è chiaramente
insufficiente, e la varietà delle culture estere limita ad esempio la vendibilità
dei prodotti educativi e di intrattenimento realizzati negli USA. I fatti parlano da solo: non riusciamo a esportare una quantità di prodotti legati alle nuove tecnologie tali da ripagare totalmente le merci reali che noi importiamo. E
il deficit commerciale che ne risulta prova che la nostra cosiddetta economia
dei servizi e dell’informazione non è altro che un inganno.
Un altro problema in una economia basata essenzialmente sui servizi è che
il lavoro in questo settore è retribuito meno che quello nel settore produttivo.
A peggiorare le cose vi è anche il fatto che nei servizi vi sono lavori semplici e
che non richiedono alcuna qualificazione e lavori estremamente qualificati per
i quali è richiesta un’istruzione superiore, ma tuttavia ad aumentare attualmente sono i lavori semplici e quindi, mal pagati. Altrimenti detto, quando si
parla di servizi, ci stiamo riferendo soprattutto alla cottura degli hamburger.
La Confutazione di un Luogo Comune
Un luogo comune molto popolare è che la transizione americana da un’economia produttiva a un’economia dei servizi sia un esempio di progresso, analogamente a quanto avvenuto con la transizione avvenuta nel diciannovesimo secolo da un’economia rurale a una industriale. Nel corso del diciannovesimo secolo, si riuscirono a produrre quantità maggiori di derrate alimentari usando un numero minore di lavoratori grazie al un maggior rendimento reso possibile da investimenti finanziati da denaro risparmiato. A parità di
quantità di derrate alimentari prodotte, serviva una minore forza lavoro, e
quindi so creò una certa disponibilità di forza lavoro non impiegata. Tale incremento di produttività delle aziende agricole, e il conseguante minor bisogno di manodopera che rese possibile la rivoluzione industriale, causò anche
ingenti esportazioni di prodotti agricoli americani, e, quindi, un attivo nella
bilancia commerciale agricola degli USA.
Confrontiamo tutto questo con l’attuale transizione da una economia produttiva a una economia dei servizi. In questo caso, la forza lavorativa è stata
resa disponibile sul mercato perché le aziende americane, oppresse dalle tasse, da lacci regolamentari eccessivi, da richieste sindacali simili ad estorsioni,
sono state spinte fuori dal mercato da aziende estere maggiormente efficienti, e questo ha prodotto un enorme deficit commerciale, perché noi ora importiamo tutte le cose che non riusciamo più a produrre in modo competitivo
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A PROVA DI CRASH
in casa nostra. Il fatto che i lavoratori in uscita dal settore produttivo siano stati costretti ad accettare lavori peggio retribuiti nel settore dei servizi non è indicativo di un progresso ma bensì di un fallimento colossale.
Un altro confronto inadeguato è stato fatto nel corso dell’intervista che io
diedi recentemente a Mark Haines, il conduttore del programma Squawk Box,
in onda su CNBC. Mark ha erroneamente interpretato la mia posizione che gli
USA non possono sperare di bilanciare le importazioni solo attraverso il settore dei servizi come il sostenere che il paese ritorni all’equivalente di un’economia basata sui frustini per le carrozze. Mi spiego meglio. Il suo menzionare i “frustini per le carrozze” è una citazione di un classico esempio di economia distruttiva, un concetto introdotto dall’economista Joseph Schumpeter,
secondo cui un’innovazione come ad esempio l’invenzione dell’automobile
sia di così vasto impatto da portare alla distruzione di settori maturi del mondo produttivo, come ad esempio la produzione di frustini per le carrozze trainate da cavalli.
Tuttavia, l’applicazione del concetto di economia distruttiva all’atrofia dell’industria manifatturiera USA è errata. Quando le aziende produttrici di frustini chiusero, la gente non cominciò ad acquistare frustini fabbricati all’estero; le aziende americane smisero di produrre frustini semplicemente perché
l’invenzione dell’auto li aveva resi obsoleti. Oggi, invece, quelle stesse merci,
ottime, desiderabili, e all’avanguardia, che un tempo erano prodotte degli Stati Uniti, sono fabbricate all’estero.
Tutto questo è molto diverso dalla distruzione creativa che i produttori di
automobili fecero dei produttori di frustini per carrozze. Ciò che è accaduto
oggi è una mera distruzione, con assolutamente nulla di creativo in essa.
I Baby Boomers3 sono Consumatori, Non Risparmiatori
Nati da una generazione che aveva vissuto gli anni della depressione e che poi
aveva trovato nella vittoria della II Guerra Mondiale la possibilità per il suo
riscatto e la sua rinascita, i baby boomers, come furono chiamate le persone
nate nell’immediato secondo dopoguerra, sono cresciuti nel benessere e vi si
sono abituati per la vita. Il benessere divenne quindi la principale promessa
degli uomini politici che essi elessero. Nel pieno di un boom economico sostenuto dalla speculazione e che ha reso il credito una parte integrante e accettabile della vita moderna, le aziende erogatrici di servizi finanziari, oramai
deregolamentate e libere di espandersi e diversificarsi, abbassarono i loro stanNdT: Col termine “baby boomers” si intendono i nati nel II dopoguerra, tipicamente tra il 1946
e il 1964. Il termime è dovuto al fatto che in questo periodo vi fu un netto incremento del tasso di
nascita, un baby boom, per l’appunto.
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CAPITOLO 1 - L’INIZIO DEL PRECIPIZIO: CONSUMATORI E NON PRODUTTORI
dard di erogazione dei prestiti e, con finanziamenti per l’acquisto dell’auto,
carte di credito, ipoteche e mutui, invasero aggressivamente un mercato vulnerabile perché in forte ascesa demografica. Con un livello di benessere che
oramai appariva praticamente come un diritto, la strada verso le frenetiche
spese odierne era segnata.
Risparmi? A chi servono i risparmi se uno ha in portafoglio delle azioni che
possono solo andar su e possiede una casa che acquista valore anno dopo anno? Che siano solo i tristi studiosi dell’economia a preoccuparsi che il prezzo
delle azioni o le quotazioni degli immobili possano essere dovuti solo a una
bolla creata da un’irresponsabile Federal Reserve, o che quando la bolla scoppierà, rimarranno solo un mare di debiti.
PERCHÉ PREOCCUPARSI? SENZA GLI STATI UNITI LE AZIENDE ORIENTALI
NON SAPREBBERO A CHI VENDERE I LORO PRODOTTI. O NO?
Si sente dire questa cosa in ogni momento, e se tu ci credi allora io possiedo
una casa fronte oceano in Indiana per poter fare pettegolezzi insieme a te. Il
mondo non dipende dai consumi USA più di quanto nel medioevo i servi della gleba non dipendessero dai consumi dei loro padroni, che tipicamente prendevano un quarto di quanto essi producevano. Che disastro sarebbe stato per
i servi della gleba se i loro signori non avessero esatto il loro tributo. Pensate
un po’ alla disoccupazione che avrebbe afflitto i servi della gleba se essi non
avessero dovuto lavorare così duramente per il bene dei loro padroni. Che cosa avrebbero fatto con tutto questo tempo libero a disposizione?
Ecco il modo in cui l’economia moderna interpreta la realtà: se i padroni
avessero elevato il loro prelievo sulle merci dal 25% al 35%, questo sarebbe stato un aiuto perché i servi della gleba avrebbero dovuto lavorare il 10% in più.
E’ davvero un peccato che i servi della gleba non avessero consulenti finanziari o banche centrali che spingessero all’adozione di tali provvedimenti.
Questo è il mio ragionamento preferito per dimostrare perché è stupido pensare che il mondo trae vantaggio dall’eccesso dei consumi americani e che soffrirebbe senza di essi (vedi figura 1.5).
Supponiamo che 6 naufraghi, cinque asiatici e un americano, siano approdati su un’isola deserta. Il loro problema è come sfamarsi. Quindi, questi
si dividono i compiti in questo modo: un asiatico si occuperà di cacciare, un
altro di pescare, un altro di cercare piante commestibili, un altro di cucinare e
un altro di raccogliere la legna e badare al fuoco. Il sesto naufrago, l’americano, si occuperà di mangiare.
Quindi, cinque asiatici lavorano tutto il giorno per poter sfamare un solo
americano, che trascorre la giornata prendendo il sole sulla spiaggia. L’ameri11
A PROVA DI CRASH
FIGURA 1.5 - Valore dei buoni del tesoro USA in mano ad alcuni paesi esteri, 2001 - 2006. L’elevata percentuale di
titoli acquistati dalle nazioni asiatiche, e in particolare Cina e Giappone, rappresenta il più grande aiuto economico
internazionale dopo il piano Marshall, con la differenza che gli Stati Uniti concessero il loro aiuto in modo caritatevole, mentre Cina e Giappone in verità rivorranno indietro i loro soldi.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
cano è di fatto impiegato nell’equivalente del settore dei servizi, e gestisce un
centro abbronzante con un solo cliente: egli stesso. Alla fine della giornata, i
cinque asiatici offrono all’americano un formidabile banchetto, e questi siede
al capo di un tavolo speciale costruito per questo proposito dagli asiatici.
Ora, l’americano è anche dotato di sufficiente senso pratico per capire che
gli asiatici, affinché possano continuare a preparargli questi banchetti, vanno
nutriti, e così concede loro alcuni avanzi dalla sua tavola in modo da sostenerli e permettergli di lavorare anche il giorno seguente.
Gli economisti di oggi vorrebbero che guardando questa situazione si concludesse che l’americano è il solo motore di crescita che sostiene l’economia
dell’isola; ovvero che senza l’americano e il suo insaziabile appetito gli asiatici dell’isola sarebbero tutti inoccupati.
La verità, naturalmente, è che l’americano non è la locomotiva, ma solo un
vagone di servizio, e che la cosa migliore che gli asiatici potrebbero fare è estromettere l’americano dall’isola - sganciando il vagone di servizio dal treno della cuccagna. Senza l’americano a consumare la maggior parte del loro cibo, essi ne avrebbero molto di più per loro stessi. A quel punto gli asiatici potrebbero lavorare un po’ meno per procurarsi il cibo e dedicare più tempo al divertimento o alla soddisfazione di altri bisogni che ora sono trascurati perché
molte delle loro scarse risorse sono impiegate per nutrire l’americano.
Ah, direte voi, questo esempio non va bene perché nel mondo reale gli Sta12
CAPITOLO 1 - L’INIZIO DEL PRECIPIZIO: CONSUMATORI E NON PRODUTTORI
ti Uniti pagano il loro “cibo” e quindi i paesi orientali ricevono soldi in cambio del loro lavoro.
D’accordo, allora supponiamo che l’americano sull’isola paghi i propri banchetti nello stesso modo con cui gli USA pagano nel mondo reale, ovvero emettendo obbligazioni IOU4. Alla fine di ogni cena, gli asiatici presentano un conto all’americano, che egli paga emettendo un’obbligazione, che certifica che
egli effettuerà un pagamento futuro per il cibo ricevuto.
I profughi sanno bene che le obbligazioni non potranno mai essere riscosse, perché non solo l’americano non produce egli stesso del cibo da dare in
cambio agli asiatici, ma non ne ha neanche i mezzi o l’intenzione per farlo. Ma
gli asiatici, tuttavia, accettano lo stesso le obbligazioni, e le accumulano giorno dopo giorno anche se senza valore. Vi è qualche beneficio per gli asiatici da
tutto ciò? Sono in questo modo meno affamati? Naturalmente no.
Immaginiamo ora che un governatore di una banca asiatica improvvisamente giunga sull’isola e si offra volontariamente di contribuire all’economia
dell’isola. Ora, ogni giorno il banchiere tassa gli altri asiatici confiscandogli
parte degli avanzi di cibo che l’americano getta loro dalla sua tavola. Il banchiere poi accetta di restituire agli altri asiatici, in cambio delle obbligazioni
emesse dall’americano, il cibo confiscato, meno una piccola parte in quanto
anche lui stesso, il banchiere, deve pur sfamarsi.
L’esistenza della banca centrale cambia in qualche modo la sostanza? Forse gli asiatici hanno più cibo da mangiare perché il loro banchiere centrale gli
restituisce parte del cibo che gli ha originariamente confiscato? Forse che le
obbligazioni americane ora hanno più valore perché possono essere scambiate in questo modo? Naturalmente no.
I PAESI ORIENTALI STARANNO MEGLIO SENZA DI NOI
La lezione per il mondo reale è che non ha senso per i sei finti naufraghi asiatici supportare l’ipotetico naufrago americano, non ha senso per miliardi di
asiatici sostenere milioni di americani, e il fatto che lo facciano in cambio di titoli senza valore non cambia in alcun modo la realtà dei fatti.
Non vi è alcun dubbio che facendo crollare la valuta americana (ovvero,
estromettendo dall’isola milioni di americani), vi saranno nel breve periodo dei
danni per le economie asiatiche. Naturalmente all’inizio ci saranno anche dei
fallimenti, in particolare tra chi al momento trae profitto dalla situazione attuale. Comunque, questi profitti momentanei sono fatti a spese di perdite ben
maggiori che saranno sopportate in futuro dall’intera popolazione asiatica.
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NdT: IOU sta per “I owe you nothing”, ovvero “non ti devo niente.” E’ un modo per indicare
debiti non garantiti, che quindi con buona probabilità potrebbero non essere mai ripagati.
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A PROVA DI CRASH
Alla fin fine, il terminare dei sovraconsumi americani, che non rappresentano un beneficio per gli asiatici ma solo un peso che ora essi sopportano in
modo sproporzionato, sarà la cosa migliore che potrà loro capitare. In modo
analogo ai servi della gleba affrancati dai loro padroni, le loro scarse risorse
saranno rese libere per il soddisfacimento dei loro bisogni e dei loro desideri,
e il loro tenore di vita si innalzerà di conseguenza. Nel momento in cui i loro
risparmi serviranno a realizzare degli investimenti, invece che essere sperperati nei consumi americani, il loro futuro tenore di vita si innalzerà di pari passo in modo molto rapido.
L’ECONOMIA CINESE DA “TEMPI DI GUERRA”
Come notato sopra con riferimento ai paesi asiatici in generale, la corrente principale del pensiero economico sostiene che la Cina continuerà a finanziare indefinitamente il deficit finanziario americano in quanto i consumi americani sono
fondamentali per un’economia come quella cinese fondata sulle esportazioni. In
realtà, la capacità di consumo propria della Cina è più grande della nostra, e l’industria manifatturiera necessaria a soddisfare tale capacità esiste già - in Cina!
Le moderne economie asiatiche ricordano in una certa maniera l’economia
USA ai tempi della II Guerra Mondiale, quando lo sforzo industriale dell’intera nazione era concentrato a sostenere lo sforzo bellico. Avevamo un esercito di
dieci milioni di uomini sparsi in tre continenti, le nostre navi pattugliavano l’Atlantico ed il Pacifico, e i nostri bombardieri scurivano i cieli. Industrie che originariamente producevano automobili civili, macchine per cucire e attrezzature per l’agricoltura erano state convertite alla fabbricazione di caccia da combattimento, fuoristrada, carri armati, coltelli, proiettili, corazze, aerei da trasporto, sottomarini, uniformi, elmi, stivali, razioni alimentari, e radio militari.
A quei tempi eravamo una nazione davvero indaffarata. I nostri impianti
produttivi lavoravano senza sosta ventiquattrore al giorno, e molta gente come non era mai successo era occupata, comprese moltissime donne che prima
di allora non avevano mai lavorato.
Considerata questa attività a pieno regime, gli economisti dell’epoca avrebbero potuto concludere che noi non avremmo mai dovuto sbarcare in Normandia o a Iwo Jima. Dopotutto, se la guerra fosse finita, sulla nostra economia da tempi di guerra si sarebbe abbattuto un disastro. Milioni di soldati e
lavoratori dell’industria avrebbero perso il loro lavoro, e i profitti delle aziende sarebbero crollati, perché non vi sarebbe più stata una così intensa domanda
di tutte quelle armi che si stavano producendo. Dal momento che una vittoria all’estero avrebbe sicuramente prodotto una recessione al nostro interno,
la guerra doveva essere prolungata indefinitamente.
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CAPITOLO 1 - L’INIZIO DEL PRECIPIZIO: CONSUMATORI E NON PRODUTTORI
Sebbene questo ragionamento appaia chiaramente ridicolo, è esattamente
ciò che molti pensano con riferimento a ciò che la Cina dovrebbe fare, poiché
la loro economia fondata sulle esportazioni non è poi tanto diversa dalla nostra economia dei tempi di guerra nel 1944.
Durante la guerra, i consumatori americani non ricevevano alcun beneficio diretto dal loro duro lavoro, ed infatti, essi si sacrificarono un sacco. Dal
momento che le fabbriche producevano per lo più materiale bellico, le merci
di consumo scarseggiavano. Inoltre, ingenti scorte di merci comuni, come ad
esempio burro, nylon, e gasolio, dovettero essere razionati in modo che esse,
e, a loro volta, le risorse necessarie alla loro produzione, sarebbero poi state
disponibili per i militari. Allo stesso modo, i cittadini cinesi attualmente producono merci dalle quali essi non traggono alcun beneficio economico: di fatto, le merci di consumo sono razionate sul mercato interno cinese in modo da
renderle abbondantemente disponibili ai consumatori americani.
Tuttavia, quando la II Guerra Mondiale terminò, le fabbriche americane
non vennero chiuse; semplicemente furono riconvertire alla fabbricazione di
merci di consumo. I soldati non persero il loro lavoro, ma si dedicarono semplicemente ad attività più produttive. Le risorse, invece che essere sprecate in
una guerra (che sfortunatamente andava però combattuta) furono utilizzate
per scopi civili, e ciò portò a un boom economico.
Lo stesso potrebbe succedere oggi in Cina. Così come il popolo americano
anni addietro si è sacrificato per sconfiggere il Nazismo e l’Imperialismo Giapponese, il popolo cinese oggi si sacrifica esclusivamente per sostenere il potere di acquisto degli americani. Se la Cina consentisse che il dollaro perdesse la
sua forza nei confronti dello yuan, il potere di acquisto americano sarebbe per
definizione trasferito al popolo cinese. Molte aziende produttive cinesi, quindi, sarebbero destinate ad altri usi come accadde negli USA nell’immediato dopoguerra. Le fabbriche si riconvertirebbero e i lavoratori cercherebbero impieghi meglio retribuiti. Invece che dilapidare le scarse risorse disponibili per produrre merce da esportare, la Cina produrrebbe merci per il consumo interno.
E’ giunto il tempo, per la Cina ed il resto dell’Asia, che questo avvenga, ovvero che le loro risorse siano riassegnate all’aumento del loro tenore di vita,
piuttosto che a puntellare quello degli americani. Non appena i cinesi smetteranno di produrre merci per gli americani essi potranno finalmente cominciare a produrre di più per loro stessi.
E’ giunto il tempo per la Cina di proclamare la pace. E sfortunatamente,
poiché sono gli americani a trarre il maggior profitto della guerra cinese, noi
siamo quelli che maggiormente perderemo quando essa sarà finita. Quindi,
mentre la pace significa che presto terminerà per i cinesi il tempo dei sacrifi15
A PROVA DI CRASH
ci, dei razionamenti e dei sottoconsumi, significa anche che questi stanno per
cominciare per il nostro popolo.
Sfortunatamente per il popolo americano, venire sganciati dalla locomotiva asiatica significa che è giunto il tempo di ritornare a lavorare. Ritornando
al semplice esempio dei naufraghi dispersi sull’isola, questo significa dedicarsi molto di più alla caccia e alla pesca (in senso commerciale) e molto di meno al mangiare.
RICOSTRUIRE UN’ECONOMIA PRODUTTIVA
Convertirsi da consumatori a risparmiatori per gli Americani a seguito del nostro tracollo economico sarà probabilmente meno difficile di quanto si possa
immaginare. Essere risparmiatori è nella loro storia recente, e, dopotutto, si
tratterà anche di una questione di sopravvivenza.
Ma ricostruire una base produttiva investendo il denaro risparmiato sarà
una durissima sfida che richiederà molti anni. Sebbene la svalutazione del dollaro creerà una situazione favorevole alle esportazioni una volta che vi saranno di nuovo fabbriche in funzione, la costruzione di impianti produttivi moderni capaci di competere con quelli presenti in altre nazioni richiederà uno
sforzo che partirà praticamente da zero. La maggior parte delle apparecchiature esistenti è ora obsoleto; il governo dovrà varare provvedimenti che attenuino le onerose e costose regolamentazioni attuali, dovrà fornire benefici fiscali, e in generale cercare di favorire lo sviluppo economico, il che richiede
anche di svolgere un ruolo nella produzione di manodopera qualificata.
La produzione di una qualsiasi cosa è oggi un processo complesso che richiede risorse sia naturali che umane, e, anche, la presenza di una serie di industrie e servizi di supporto. Si consideri ad esempio un oggetto semplice come una normale matita; per poterla realizzare ti serve legno di cedro selezionato, che sia particolarmente stagionato, che sia stato raccolto e che abbia una
forma e una qualità adatta alla produzione di matite; serve poi la grafite, che
si estrae da miniere presenti qua e la sul nostro pianeta; serve metallo per creare il contenitore della gommina; serve poi la gomma; e infine poi una varietà
di coloranti, pittura e colla. Il processo di produzione richiede la miscelazione della grafite con l’argilla; la sua cottura; e poi ancora bisogna tagliare la miscela, ricavarne asticelle, fare la scanalatura, incollare e fresare; produrre il metallo e la gomma, colorarli e innestarli sulla matita.
Vi risparmierò l’uso di un esempio estremo di complessità, come potrebbe
essere la fabbricazione di un’automobile, in quanto spero di aver reso chiaro
il mio ragionamento: una volta che un particolare settore manifatturiero (che,
per essere competitivo, è costituito da una serie di industrie che collaborano
16
CAPITOLO 1 - L’INIZIO DEL PRECIPIZIO: CONSUMATORI E NON PRODUTTORI
in modo svariato al settore) è stato dismesso, rimetterlo in piedi è un’impresa
formidabile, che richiede investimenti ingenti e anni di tempo.
MELE PER ARANCE: UN RACCONTO CHIARIFICATORE
Il problema del nostro enorme deficit commerciale è il nodo centrale della nostra crisi economica, e Wall Street ha davvero fatto di tutto per minimizzarne
l’importanza. Concluderò quindi illustrandovi una semplice allegoria che solitamente utilizzo nei miei seminari per spiegare una questione complessa e
porla nella giusta luce.
La Storia dei Due Contadini
Il contadino Chang coltiva solo arance, e il contadino Jones solo mele. Ciascuno
è capace di far crescere la frutta che coltiva in modo molto efficiente, e scambia
la propria produzione in eccedenza con quella coltivata dall’altro. Entrambi traggono beneficio da una convenienza reciproca e dalla libertà di commercio. L’unica ragione per cui il contadino Chang esporta arance è perché in questo modo egli può permettersi di importare mele, e viceversa per il contadino Jones.
Supponete ora che capiti che un’annata un’alluvione faccia andare a male
il raccolto di mele del contadino Jones. Questi, non avendo frutta da scambiare, e dovendo pur mangiare, offre al contadino Chang obbligazioni in mele in cambio delle sue arance. Il contadino Chang accetta l’offerta, perché questi non riesce a consumare tutte le arance, e poiché le obbligazioni in mele del
contadino Jones frutteranno un interesse del 10% (ovviamente in mele).
Il contadino Chang quindi accetta l’offerta dell’altro solo perché questi ha
promesso di ripagarlo in futuro con delle mele. Le obbligazioni, in sé, non hanno alcun valore, non possono essere mangiate dal contadino Chang: è la promessa che esse rappresentano, ovvero il fatto di poter ricevere più mele in futuro, che conferisce valore a tali titoli.
Quando il contadino Jones emette obbligazioni in mele per avere le arance, egli in quel momento non sta di fatto pagando alcunché. Il pagamento avverrà realmente l’anno seguente quando il contadino Jones riscatterà le suo
obbligazioni dando al contadino Chang tutte le mele che si è impegnato a consegnare. Solo in quel momento la transazione commerciale può ritenersi del
tutto compiuta.
Ora, supponiamo che l’anno dopo il raccolto del contadino Jones venga distrutto di nuovo, questa volta da un uragano. I due contadini fanno di nuovo
lo stesso accordo, ovvero il contadino Jones riesce ad ottenere ulteriori arance
in cambio di altre obbligazioni in mele.
Immaginiamo che il raccolto del contadino Jones vada ancora distrutto ne17
A PROVA DI CRASH
gli anni seguenti per calamità naturali, finché con comincia a spuntare nel suo
animo la consapevolezza che negli ultimi anni egli è riuscito a mangiare ottimamente senza lavorare. Egli quindi decide di riconvertire il suo campo di
mele in un campo da golf e trascorre tutto il giorno giocando a golf e mangiando le arance del contadino Chang: altrimenti detto, il contadino Jones ora
opera un’economia dei servizi.
Il contadino Chang, invece, è così indaffarato a coltivare grandi quantità di
arance che non riesce a giocare neanche una partita nel campo di golf del contadino Jones. In più, è oramai abituato ad accettare le obbligazioni in mele del
contadino Jones che nemmeno ricorda più il motivo originario per cui ha cominciato a farlo. Egli ora conteggia la sua ricchezza sulla base delle sua sola
capacità di accumulare le obbligazioni del contadino Jones. Inoltre, quest’ultimo gode all’interno della sua comunità anche di un’ottima reputazione, per
cui il contadino Chang riesce anche a scambiare alcune delle obbligazioni del
contadino Jones con merci e servizi offerti da altri contadini e da commercianti
della zona. Tuttavia, data la buona reputazione del contadino Jones, nessuno
si è reso conto che egli ha trasformato il vecchio campo di mele in un campo
da golf. Le sue obbligazioni ora non hanno valore perché il contadino Jones
non è più capace di produrre mele per poterle riscattare.
Qualcuno potrebbe argomentare che oramai l’intera comunità dipende dal
contadino Jones e dalle sue obbligazioni in mele senza valore, e che tutti continueranno indefinitamente ad accettarle per evitare di riconoscere la realtà
dei fatti e la loro stupidità. E ovviamente, dovesse avvenire un tale riconoscimento della verità, ciascun sfortunato possessore delle obbligazioni in mele
del contadino Jones sarebbe costretto ad ammettere le proprie perdite. Alla fine, tuttavia, la situazione finanziaria di tutti questi migliorerebbe, perché sarebbe terminata l’accumulazione di obbligazioni senza valore. E anche il contadino Chang, potrebbe tornare a godere dei frutti del proprio lavoro.
Ed il vero perdente sarebbe naturalmente il contadino Jones che morirebbe di fame non avendo un campo da coltivare o la possibilità di comprare arance. E ci vorrebbero poi anni per riconvertire il campo da golf in un terreno per
la coltivazione, per riacquisire la conoscenza dei segreti dell’agricoltura, che
ormai ha dimenticato, e per rimpiazzare le sue ormai obsolete attrezzature
agricole (supponendo che egli non le abbia già scambiate con carrelli elettrici
e bastoni da golf).
In conclusione, l’unica cosa che il contadino Jones potrebbe fare sarebbe
vendere il suo campo da golf al contadino Chang e accettare un lavoro come
raccoglitore di frutta nel suo campo di arance.
18
CAPITOLO 2
Quello che lo Zio Sam,
i Media e Wall Street
non Vogliono Farti Sapere
P
robabilmente dovremmo imparare ad accettare piccole dosi di finzione da
parte dei nostri governanti, giustificate per evitare che le persone si agitino senza motivo, ma alterare sistematicamente e sfacciatamente informazioni economiche vitali è cosa diversa - e, per quanto mi riguarda, assolutamente ingiustificabile.
I dati economici diramati dal governo USA sono propaganda, pura e semplice. L’informazione che riceviamo, emessa da agenzie governative, commentata da portavoce del governo e delle istituzioni finanziarie, e riportata
dai media, è stata manipolata per plasmare un’opinione pubblica che sia bendisposta e accomodante.
Dal momento che i nostri partner commerciali, le banche centrali estere e
gli altri investitori stranieri che comprano il nostro debito ricevono le stesse
nostre informazioni, questi continuato a gettare via i loro soldi. Ma tutto ciò
non può durare. Quando si sveglieranno rendendosi conto che gli Stati Uniti
non possono pagare, allora essi la smetteranno di finanziare il nostro debito e
diventeranno essi stessi consumatori delle cose che producono. A quel punto,
in mancanza di risparmi e di una capacità produttiva in grado di sostenerci,
la nostra economia crollerà.
Tuttavia, l’opinione pubblica americana resta indifferente a tutto questo
semplicemente perché non riceve le informazioni. Il governo, i mass media e
Wall Street hanno forti interessi ché il consumatore sia fiducioso, e fanno in
modo che la gente sia convinta che tutto sia fondamentalmente a posto. In tutto ciò magari potrebbe esservi anche una piccola dose di altruismo: le economie forti si fondano sul pensare positivo. Ma troppi dei dati forniti dalle agenzie governative sono utilizzati a questo scopo e, alla fin fine, risultano contro19
A PROVA DI CRASH
producenti. I miti vengono via via rinforzati ed essi spazzano via i modi di agire razionalmente. Wall Street è coinvolta in tutto questo perché vende azioni e
bond quando gli investitori sono ottimisti, sebbene è risaputo che essa si comporta in modo diverso con il proprio denaro. I media riportano le notizie così
come le comprendono, ma essi le hanno recepite dal governo e da Wall Street.
Potrei osservare che le elezioni del Congresso di medio termine del 2006
sono apparse concedere un barlume di speranza che l’opinione pubblica americana non possa essere più presa facilmente in giro. Infatti, nonostante i proclami dell’amministrazione che l’economia era in quel momento forte come
non mai, la maggior parte degli americani votarono per il loro portafoglio, e
vi fu un cambio di maggioranza in entrambe le camere del Congresso. Gli economisti di Wall Street rimasero perplessi dalla discrepanza tra il buono stato
dei numeri dell’economia e la debolezza dei numeri che rappresentavano la
popolarità del presidente nei sondaggi. I risultati delle elezioni confermarono
il fatto che essi avrebbero dovuto nutrire dei dubbi non sulla bontà dei sondaggi ma sui numeri dell’economia.
Notate che non sto insinuando che vi sia qualcuno che sta nefastamente
tramando di mandare in crash l’economia americana. Tutti, compresi i nostri
partner commerciali, vogliono che l’economia americana sia forte. Anche i nostri politici praticamente convivono con l’economia, ed è loro interesse rimandare i problemi in modo tale che le cattive notizie vengano fuori non quando essi sono al comando. Ma gli squilibri economici uniti ai fondamentali deboli diventano sempre più pesanti al passare del tempo, e orribili sono le potenziali conseguenze.
Guardate un po’ alcuni esempi recenti di quello che lo Zio Sam e Wall Street
ci hanno raccontato e come queste notizie compiacenti si rapportano alla vera realtà dei fatti.
IL DEFICIT COMMERCIALE CHE SI INGROSSA
La confortevole menzogna: Gli elevati deficit commerciali sono un segno che la
nostra economia gode della fiducia dei nostri creditori, è forte, e cresce più rapidamente delle economie dei nostri partner commerciali.
La cruda realtà: Il nostro deficit commerciale è un problema serio e che si sta ingigantendo, e minaccia di portarci alla rovina.
Il deficit commerciale si verifica quando un paese importa più di quanto
riesca ad esportare. Il nostro deficit, che è dell’ordine di 65 miliardi di dollari
al mese, è vicino a livelli record e si muove al rialzo. Nulla tuttavia si muove
seguendo una linea retta, e quando capita un mese in cui il deficit commer20
CAPITOLO 2 - QUELLO CHE LO ZIO SAM, I MEDIA E WALL STREET NON VOGLIONO FARTI SAPERE
FIGURA 2.1 - Bilancia commerciale USA, 1994 - 2005. Il netto deterioramento nella bilancia commerciale statunitense è il riflesso di un paese in rapida deindustrializzazione che vive al di sopra dei suoi mezzi. Quando tornerà un
po’ di rigore, gli americani vedranno aumentare il costo della vita e diminuire il loro livello di benessere.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
ciale arretra di uno o due miliardi, Wall Street stappa una bottiglia di champagne. Considerato lo stato in cui versa la nostra economia, è come se si festeggiasse il fatto che tuo figlio ha ricevuto a scuola un “F” invece che un “F–”
(si veda la figura 2.1).
Quando poi il trend al rialzo riprende, allora ci viene detto che i grandi deficit commerciali sono un segno che la nostra economia è forte. (“Dai papà,
guarda che “F” significa favoloso”).
Come esempio, il 13 Gennaio 2005 il New York Times pubblicò un articolo intitolato “Deficit commerciale su nuovi massimi, aumentano i rischi per il
dollaro.” Il pezzo riportava le dichiarazioni dell’esuberante John Snow, all’epoca Segretario del Tesoro; egli affermava che il deficit indicava che l’economia americana “sta crescendo più velocemente di quelle dei nostri partner
commerciali dell’area dell’euro e del Giappone… L’economia sta crescendo,
si sta espandendo, sta creando nuovi posti di lavoro e disponibilità di reddito, e tutto ciò si riflette nella elevata domanda di importazioni.”
Per coincidenza, lo stesso articolo riportava anche alcune mie dichiarazioni. Io affermavo: “Come reazione alle notizie odierne di nuovi record negativi nel deficit del bilancio, il Segretario del Tesoro John Snow ha continuato con
la sua solita cantilena di interpretare queste disastrose notizie sull’economia
come se fossero esattamente l’opposto.”
Il signor Snow avrebbe potuto avere ragione se noi fossimo stati un’economia produttiva capace di generare la ricchezza necessaria a finanziare le im21
A PROVA DI CRASH
portazioni, ma questo non è il nostro caso. Negli anni ’50 e ’60 noi avevamo
certamente dei deficit di bilancio, che possono essere piccoli se confrontati con
quelli odierni ma che all’epoca erano ritenuti elevati, ma a quel tempo l’economia era forte perché noi avevamo risparmi da parte e producevamo cose.
(Naturalmente produciamo ancora oggi, ma non abbastanza. Il passaggio dalla manifattura ai servizi è andato ormai troppo avanti.) Oggigiorno, con un eccesso di consumi e una scarsità di produzione, stiamo finanziando questi consumi non con i soldi che abbiamo preventivamente risparmiato, ma con denaro preso in prestito, per lo più dagli stessi paesi da cui importiamo merci.
A peggiorare le cose, considerate che noi stiamo prendendo soldi in prestito con scadenze a breve termine, e tutto questo per finanziare uno squilibrio economico di lungo periodo, uno sfacelo nato dall’atteggiamento Rubinomics5 della presidenza Clinton. Tutto ciò mantiene i tassi di interesse calmierati, ma rende anche più facile ai nostri creditori tirarsi fuori nel momento in cui apriranno gli occhi. Infatti, invece di essere vincolati ad obbligazioni
trentennali, che dovrebbero essere vendute su un mercato secondario, questi
aspetteranno la naturale scadenza (a breve) dei titoli e presenteranno il conto
direttamente al Tesoro americano.
Secondo un report della Associated Press del 20 Gennaio 2006, un certo
Warren Buffett, sicuramente uno dei più assennati tra noi dal punto di vista
finanziario, ammoniva: “Il deficit commerciale degli Stati Uniti è una minaccia per la nostra economia molto più che il deficit dello Stato o l’indebitamento
dei consumatori, e potrebbe portare a degli stravolgimenti politici… In questo momento, il resto del mondo possiede 3 miliardi di dollari di noi stessi in
più di quanto noi stessi possediamo di esso.”
L’INFLAZIONE: QUELLA INERZIALE E QUELLA SPECULATIVA
La confortevole menzogna: L’inflazione inerziale (core) è moderata e ampiamente sotto controllo.
La cruda realtà: Il calcolo dell’inflazione core è fatto escludendo i prezzi degli alimentari e dell’energia dall’indice dei prezzi al consumo e alla produzione, il che
porta a una sottostima dell’inflazione reale. La vera inflazione è notevolmente più
alta. Inoltre, vi è anche una bolla immobiliare che viene rappresentata come un
mercato di compravendita di immobili estremamente in salute.
L’indice dei prezzi alla produzione (IPP) e l’indice dei prezzi al consumo
5
NdT: Rubinomics è un termine nato dalla fusione delle parole Rubin e economics. Con questo ter
mine si indicano genericamente le politiche economiche della presidenza Clinton, in quanto Ro
bert E. Rubin era il segretario del Tesoro a quei tempi.
22
CAPITOLO 2 - QUELLO CHE LO ZIO SAM, I MEDIA E WALL STREET NON VOGLIONO FARTI SAPERE
(IPC) furono introdotti per misurare l’inflazione così come essa si riflette nei
prezzi. L’inflazione è usualmente gradita a chi è in debito, in quanto il debito
resta ancorato a una certa quantità fissa di dollari, mentre, a causa dell’inflazione e del minor valore intrinseco del dollaro, aumenta la nostra liquidità.
Tuttavia, l’inflazione è una cosa negativa, in quanto essa porta a una riduzione del potere di acquisto del dollaro e spinge verso l’alto i rendimenti delle
obbligazioni, dovendo queste necessariamente incorporare il valore dell’inflazione per poter essere appetibili agli investitori.
L’inflazione è un concetto molto importante, tanto che un intero capitolo
di questo libro, il capitolo 4, è dedicato a tale argomento. Ciò che dobbiamo
comprendere in questa sede è che il nostro governo ha interesse a mantenere
segretamente l’inflazione a livelli elevati, ma ufficialmente a livelli bassi. Qui
di seguito illustro il quadro di fondo:
Da un lato, gli Americani hanno sperimentato il declino del potere di acquisto della loro moneta negli anni ’70 a causa di un’inflazione galoppante accesa dai prezzi del petrolio; essi quindi hanno imparato a temere l’inflazione.
Un governo quindi che lasci scappare l’inflazione fuori controllo dovrà renderne conto a un’opinione pubblica spaventata e irritata, per cui esso farà di
tutto per far sì che l’IPC esprima un’inflazione che sia nel peggiore dei casi
moderata.
Dall’altro lato, il nostro governo ha a che fare con un debito nazionale fuori misura e con un grande deficit di bilancio a causa della guerra in Iraq e per
il fatto che gli Americani non sono riusciti a risparmiare e ad investire in attività produttive che avrebbero portato a cospicui guadagni permettendo così
di ripagare il debito.
Dollari di valore minore attenuano il peso del debito.
Per poter continuare a prendere a prestito soldi dall’estero, il governo deve rassicurare la comunità internazionale che l’economia degli USA è a posto
e che quindi vale la pena concedere credito agli Stati Uniti. Un’economia in
salute è un’economia in crescita, e la crescita è misurata dal livello dei consumi. I consumatori americani, ormai indebitati sino al collo e con salari più bassi perché oramai lavorano nei servizi, possono sostenere i loro consumi solo
prendendo denaro in prestito, cosa che recentemente hanno cominciato a fare ipotecando la loro casa.
La Bolla Immobiliare
I prezzi delle case sono aumentati recentemente a livelli da bolla speculativa, drogati anche da tassi di interesse sui mutui che la Federal Reserve ha tenuto bassi in modo fittizio ricorrendo ancora una volta a iniezioni di liqui23
A PROVA DI CRASH
dità (stampa di valuta). Vi parlerò della debacle del mercato immobiliare nel
Capitolo 6.
La Federal Reserve sotto la guida dei signori Alan Greenspan e Ben Bernanke ha generato pura e semplice inflazione, mascherandola apparentemente
come un mercato immobiliare in salute. Quante volte avete letto titoli di giornale che sostenevano che l’economia USA, grazie al forte mercato immobiliare, sta crescendo in salute?
La Fed scelse di adottare questa politica all’indomani dello scoppio della
bolla dei titoli tecnologici di Internet degli anni ’90. All’epoca, avremmo dovuto assistere a un periodo di recessione, ma ciò in realtà non è accaduto. Certo, abbiamo avuto un paio di trimestri con una crescita leggermente in declino, ma potremmo dire di aver assistito a una recessione solo in un senso esclusivamente tecnico. Non vi è stata nessun prelevamento di fondi generalizzato, né un periodo di smaltimento della sbornia. Ma l’ossimorica “ripresa senza lavoro” che sopraggiunse, persino con tassi più bassi, fu chiaramente scialba. Qualcosa di più doveva essere fatto per riaccendere la crescita dell’economia. Quindi, il presidente della Federal Reserve Greenspan prese la decisione
di allargare i cordoni della borsa per tenere i tassi dei mutui a lungo termine
artificialmente bassi, portando quindi alla creazione di una bolla immobiliare
che prese il posto della bolla dei mercati azionari.
E’ degno di nota il fatto che una quantità non trascurabile delle case acquistate o costruite rappresentavano una mera speculazione. Non si può sostenere in modo serio che lo scopo del governo era rendere più facile alle giovani coppie la ricerca di una casa. Al contrario, i prezzi elevati delle abitazioni furono utilizzati per accendere ipoteche atte ad ottenere denaro per acquisti non produttivi come ad esempio automobili, televisori, e vacanze.
Attualmente il mercato immobiliare si sta indebolendo. Se la bolla scoppiasse, vedremmo dei proprietari di casa alle prese con rate di mutuo sempre
più elevate e con una ipoteca ormai non più coperta dal valore della casa. Quale presidente vorrebbe poter assistere a un tale naufragio?
L’Elicottero Ben
E con quale tempestività abbiamo fatto presidiare la stampatrice da un presidente della Fed, presuntamene indipendente, ma che la pensa come Alan
Greenspan! Mi sto riferendo ora all’elicottero Ben Bernanke. Ovviamente,
il mio tono è sarcastico. Il riferimento all’elicottero, forse ricordate, trae origine da un discorso che Bernanke, appena nominato al timone della Fed,
tenne al National Economists Club a Washington. In tale discorso egli utilizzò la metafora di denaro che viene giù da un elicottero per illustrare la
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CAPITOLO 2 - QUELLO CHE LO ZIO SAM, I MEDIA E WALL STREET NON VOGLIONO FARTI SAPERE
facilità con cui si potrebbe rinvigorire l’economia attraverso opportune azioni politiche (ovvero tasse più basse) e monetarie (ovvero stampa di denaro). Questa fu etichettata come la teoria dell’elicottero, ma non è altro che
inflazione.
Quindi, nel caso che ve lo steste domandando, l’inflazione è un problema,
e anche serio, perché l’economia è troppo vulnerabile per assorbire un rialzo
significativo dei tassi.
Come già detto, l’inflazione si misura, o, per essere più precisi, si distorce,
tramite l’IPP al livello della produzione, e tramite l’IPC al livello del consumatore. Entrambi questi indici includono un mix di prodotti e materie prime
(ma non di servizi) presi da svariati settori, ma una buona metà di questi sono creativamente alterati in svariati modi, il che rende fortemente sospetta l’affidabilità dei prezzi misurati.
Due esempi della distorsione presente nell’IPC sono stati la recente discesa dei prezzi delle auto usate e degli affitti. Nel primo caso, le offerte di
finanziamento a tasso zero sulle auto nuove portarono ad un eccesso sul
mercato di auto usate date in permuta, che quindi diminuirono di prezzo.
Essendo le auto usate incluse in tali indici, tutto ciò ha portato a un raffreddamento dell’inflazione. Nel secondo caso, c’è anzitutto da dire che verso
la fine degli anni ’70 il prezzo delle case fu sostituito nel calcolo dell’indice
da un “affitto equivalente” (una stima soggettiva di quanto costerebbe prendere in fitto una casa equivalente a quella che si possiede), tutto ciò al fine
di mitigare l’effetto che i prezzi delle case avevano sul calcolo dell’inflazione; ora, il recente innalzamento dei prezzi delle case ha di fatto portato a un
calo degli affitti, e quindi questo ha esercitato una pressione al ribasso per
l’IPC. Di conseguenza, nonostante l’impetuoso aumento dei prezzi delle case, la calma piatta degli affitti equivalenti ha evitato che il surriscaldamento dei prezzi del mercato immobiliare si riflettesse nell’IPC. Questo fenomeno è accaduto in quanto i tassi di interesse sui mutui molto bassi e i poco selettivi criteri per l’elargizione di prestiti hanno fatto sì che molti affittuari decidessero di acquistare una casa, portando quindi a un eccesso di case disponibili sul mercato degli affitti. Di conseguenza, gli affitti sono calati, e tale fenomeno ha fortemente calmierato la componente immobiliare dell’IPC, e in particolare la sua componente core. Quindi, la decisione di politica monetaria, altamente inflattiva, di tenere i tassi di interesse estremamente bassi paradossalmente ha calmierato i prezzi al consumo, e ciò a sua
volta ha rappresentato un pretesto per continuare ad andare avanti con tale strategia. In sintesi, più inflazione la Fed creava, una maggiore pressione
al ribasso veniva applicata sulla componente core dell’IPC, che era l’indi25
A PROVA DI CRASH
catore di inflazione preferito dalla Fed. Come la Church Lady6 era solita dire, “Che convenienza!”.
Secondo quanto scritto da Bill Bonner e Addison Wiggin nel loro libro Empire of Debt (John Wiley & Sons, 2006), questi due accadimenti hanno portato
tra Novembre 2001 e Dicembre 2003 a una diminuzione nella componente core dell’IPC dell’1.7%.
Marci Fino all’Osso (core)
Vi ho parlato di “componente core”? La distinzione tra le componenti core dell’IPP e dell’IPC e la loro rivelazione ufficiale è un altro modo in cui viene occultato il tasso reale di inflazione. L’inflazione core viene misurata eliminando dall’indice quelle voci che potendo andare soggette ad improvvisi cambiamenti di prezzi potrebbero causare delle distorsioni. Di fatto, stiamo parlando di alimentari ed energia, ma di tanto in tanto altre voci isolate possono
essere incluse. A tal proposito, il recente progresso del prezzo del petrolio, sebbene si faccia sentire nell’aumento di ogni voce al cui prezzo il costo del gasolio contribuisce in una qualche maniera, non è compreso nei parametri core, che ricevono più attenzione che i numeri ufficiali (ovvero l’IPC che include il prezzo dell’energia e degli alimentari).
L’unica cosa che è addirittura più finta dei dati core è l’abitudine a riportare il dato sull’inflazione annua usando una media mobile fatta sugli
ultimi dodici mesi. Quindi, questa metodologia di calcolo ci inganna due
volte. Anzitutto la parte core dell’indice nasconde la volatilità dei prezzi,
mentre la media sui dodici mesi, che in ogni caso eliminerebbe i problemi
di volatilità, in caso di inflazione in aumento, pesa al ribasso il dato. Mi piace pensare all’IPC core come una sorta di equivalente governativo dei guadagni “pro-forma” utilizzati dalle aziende tecnologiche durante la bolla di
Internet. I guadagni pro-forma sono guadagni che escludono tutti i costi che
potrebbero portare a una loro riduzione. Allo stesso modo, l’IPC core è una
misura di inflazione che non porta in conto tutte le voci che potrebbero farla salire.
L’Importanza del Petrolio
L’utilizzo dell’inflazione core come parametro rappresentativo del tasso di inflazione ufficiale crea problemi soprattutto per il caso del petrolio, che è una
delle voci maggiori di quella componente “energia” che viene esclusa dal calcolo dell’indice core. I prezzi del petrolio sono stati certamente volatili, ma
La Church Lady è un personaggio comico che appariva frequentemente, nel periodo dal 1986 al
1992, nello show televisivo serale Saturday Night Show.
6
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CAPITOLO 2 - QUELLO CHE LO ZIO SAM, I MEDIA E WALL STREET NON VOGLIONO FARTI SAPERE
ignorare la loro importanza nella determinazione dell’inflazione potrebbe giustificarsi solo dicendo che gli ultimi aumenti del petrolio sono temporanei a
che probabilmente vi saranno delle diminuzioni di prezzo negli anni a venire. In realtà, gli elevati prezzi del petrolio sono destinati non solo a rimanere
su questi livelli, ma puntano a livelli significativamente più elevati che gli attuali 60 dollari al barile o i 70 dollari toccati nel record del 20057.
Un ragionamento che si fa di frequente, ma tuttavia molto ingenuo, è che
il petrolio rappresenta in realtà una parte sempre più piccola del PIL degli
USA, visto che l’economia americana è sempre più orientata ai servizi; di conseguenza, l’importanza del prezzo del petrolio è destinata a calare.
Tutto questo è giusto, le spese per l’energia erano il 14% del PIL nel 1980 e
sono solo il 7% del PIL oggi. Tuttavia, sostenere che questa diminuzione renda l’economia statunitense meno dipendente dal petrolio è un ragionamento
semplicistico ed errato. E’ solo che gli analisti di Wall Street sono troppo desiderosi di accettare questo ragionamento errato, perché così riescono a spazzare via un ulteriore problema economico di grossa rilevanza sotto un tappeto che è gia troppo gonfio.
Semplicemente perché ora gli USA importano molte delle merci che prima produceva internamente questo non garantisce che essi siano meno dipendenti dal petrolio necessario a produrre quelle merci. In realtà, considerando il maggior costo del trasporto di questi merci fino in America, l’economia statunitense è più vulnerabile di prima agli incrementi dei prezzi del
petrolio. Anche se i consumi stranieri di petrolio non vanno inclusi nel computo del nostro PIL, il petrolio è un costo che incide su praticamente ogni cosa che acquistiamo, indipendentemente dal fatto se sia prodotta in casa nostra o all’estero.
Ad esempio, nel 1980 un paio di scarpe acquistate a New Haven, Connecticut, avrebbero potute essere state prodotte nella vicina Hartford. Il petrolio
necessario alla produzione di tali scarpe sarebbe stato consumato nel nostro
paese, e quindi incluso direttamente nel calcolo del PIL. Tuttavia, poiché oggigiorno è probabile che quel paio di scarpe sia stato prodotto in Cina, il petrolio utilizzato nel processo di produzione è escluso dal PIL statunitense; invece, quel costo è indirettamente scaricato sui consumatori americani attraverso il prezzo di quelle scarpe. Il petrolio quindi è sempre un elemento molto significativo; accade semplicemente che il suo costo è nascosto all’interno
dei prezzi dei prodotti non-petroliferi importati.
Inoltre, poiché le scarpe prodotte in Cina devono anche attraversare il Pa7
NdT: Nel momento in cui questo testo viene tradotto in lingua italiana, ovvero agosto 2008, le
quotazioni del petrolio sono da tempo stabilmente oltre i cento dollari al barile.
27
A PROVA DI CRASH
cifico, il petrolio utilizzato per il trasporto è oggi molto più significativo di
quanto lo fosse nel 1980. L’ulteriore costo necessario a far tornare indietro le
navi in Cina, anche se vuote, è anch’esso caricato nel prezzo delle scarpe e
quindi sui consumatori americani. Una volta arrivate in un porto della California, queste scarpe devono essere trasportate su gomma per 3000 miglia fino alla costa orientale. Il costo del petrolio utilizzato per il trasporto interno,
che è incluso nel conteggio del PIL americano, è nondimeno molto più alto di
quanto non fosse nel 1980, quando queste scarpe dovevano essere trasportate per non più di un centinaio di miglia.
Un altro ragionamento che si ascolta di frequente, ma sempre errato, è che
il sempre maggior dominio di settori non fortemente legati all’energia, come
ad esempio i servizi finanziari, protegga l’economia intera dai costi maggiorati dell’energia; questo ragionamento non porta in conto l’impatto, in forte
crescita, che l’aumento della bolletta energetica avrà sui tassi di interesse, che
rappresentano un fattore di costo fondamentale nei servizi finanziari e nelle
altre attività non manifatturiere.
Via via che l’aumento del costo dell’energia farà lievitare i prezzi delle
merci, specialmente le importazioni fortemente legate all’energia, per la Fed
sarà sempre più duro far credere che le spinte inflazionistiche siano sotto controllo. Man mano che le aspettative di inflazione diventeranno più in linea
con l’inflazione reale, i tassi di interesse a lungo termine dovranno necessariamente aumentare. A quel punto la Fed si troverà in affanno su una curva
dell’inflazione che si impenna fortemente, e potrebbe vedersi costretta ad
adottare una politica molto aggressiva attraverso i tassi di interesse a breve
termine, giungendo a una potenziale inversione della curva di rendimento,
con entrambi i tassi, di breve termine e di lungo termine, di molto al di sopra
dei livelli attuali.
L’effetto di tassi di interesse a due cifre sui servizi finanziari e su altri settori sensibili ai tassi sarà molto duro. Portando poi anche in conto il loro effetto sui prezzi gonfiati delle azioni, che sono spesso usate come garanzia per
prestiti e che quindi finanziano una parte significante dei consumi, il risultato potrà rivelarsi catastrofico.
Malgrado i proclami retorici emessi per i propri interessi, la verità è che la
dipendenza degli USA dal petrolio non è mai stata maggiore. Considerato che
qualunque aumento significativo dei tassi di interesse, che sarà sicuramente
accompagnato da prezzi elevati del petrolio, probabilmente avverrà nel momento in cui un’America fortemente indebitata potrà permetterselo di meno,
è oggigiorno estremamente pericoloso sottovalutare i rischi legati all’aumento del petrolio.
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CAPITOLO 2 - QUELLO CHE LO ZIO SAM, I MEDIA E WALL STREET NON VOGLIONO FARTI SAPERE
IL TRUCCO DELLA DEFLAZIONE
La confortevole menzogna: L’aumento dell’IPC è un segno che si è riusciti ad
attenuare il rischio di deflazione.
La cruda realtà: Il rischio di deflazione è una pura fandonia messa in giro per distoglierci dal vero problema, l’inflazione, che la Fed non può e non vuole combattere
seriamente aumentando i tassi perché i consumatori hanno i nervi a fior di pelle.
Nel 2003 la Fed invocò la minaccia di una deflazione per distogliere l’attenzione dagli elevati valori dell’inflazione. Quando il tasso di inflazione (già
sottostimato) crebbe, la Fed agitò lo spettro della deflazione e sottolineò la dura e vittoriosa battaglia che era in atto contro questo spauracchio inventato di
sana pianta.
Mentre l’inflazione è il risultato di un’abbondanza di disponibilità di denaro e di credito, la deflazione si definisce da un punto di vista tecnico come
la diminuzione di tale disponibilità. La deflazione, tuttavia, è una cosa negativa solo quando la domanda scompare del tutto a causa di un crollo dei redditi, come ad esempio accadde durante la Grande Depressione. Altrimenti, vi
è sempre una domanda a qualche livello di prezzo, e la deflazione semplicemente consiste nel fatto che l’offerta ha superato la domanda, provocando una
discesa dei prezzi. Ciononostante gli economisti si preoccupano per la discesa dei prezzi essenzialmente per due motivi, che sono entrambi insensati.
Prima di tutto, si teme che la gente smetta di fare acquisti restando in attesa di prezzi più bassi; tuttavia non vi è alcuna evidenza reale di tale fenomeno.
Computer, telefoni cellulari, macchine fotografiche digitali e videocamere diventano sempre più economiche, ma continuano a vendersi come fossero pasticcini. E come potrebbero essere negativi dei prezzi del petrolio in discesa?
L’altro motivo di preoccupazione è che i profitti delle aziende possano ridursi, causando una riduzione degli investimenti, della produzione e del personale impiegato. Ma la profittabilità di un’azienda non è assolutamente legata al valore assoluto del dollaro. La profittabilità è un fatto di margini, e i
margini restano costanti se costi e ricavi cadono entrambi. In realtà, poiché i
prezzi ridotti portano ad un aumento delle vendite, margini costanti molto
spesso portano a una maggior redditività. Vengono venduti molti più televisori a schermo piatto per 2.000 dollari di quanti se ne vendevano quando il
prezzo era 10.000 dollari.
Il grande pericolo nel confondere l’opinione pubblica e i mercati azionari
e obbligazionari circa i veri livelli dell’inflazione è che nel momento in cui ci
si renderà conto che abbiamo un tale problema, a quel punto ci sarà una iperinflazione, e sarà troppo tardi per correre ai ripari.
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A PROVA DI CRASH
IL MITO DELLA PRODUTTIVITÀ
La confortevole menzogna: Gli incrementi della produttività significano tassi di crescita sostenibile più elevati, inflazione più bassa e disoccupazione più
bassa.
La cruda realtà: Dove sono gli incrementi della produttività?
Dunque, forse abbiamo un problema con l’intensa crescita dell’economia,
con l’inflazione, e con il calo della produzione; tuttavia, questi problemi non
saranno alleviati da quel fenomeno economico creato dal progresso e noto come produttività?
Per liberarci subito del problema semantico, chiariamo subito che produttività e produzione non sono la stessa cosa. La produzione è legata alla quantità, la produttività all’efficienza. Ad esempio, durante la II Guerra Mondiale
la General Motors smise di costruire automobili e, senza problemi di soldi,
consegnò agli alleati materiale bellico per circa 12.3 miliardi di dollari per sostenere la guerra. Questa è produzione. In un recente report trimestrale, questa azienda costruttrice di automobili ora in serie difficoltà riferì di un progresso in termini di minor costo del lavoro per ogni auto prodotta. Questo è
un riflesso di una maggiore produttività.
Un gran parlare è stato fatto circa gli incrementi nei livelli di produttività
statunitense, e di come questi si presume portino a elevati tassi di crescita per
l’economia, inflazione minore, disoccupazione minore, e a cicli economici meno pronunciati. La produttività ha goduto del suo più alto momento di notorietà giusto prima del fallimento delle aziende .com, come parte integrante
della tanto sbadierata ma oramai discreditata “new economy.”
La produttività misura l’output di un processo per ogni unità di input, ove
per input si intende il tempo e/o il lavoro. Quali che siano gli errori nel ragionamento che riguarda la new economy, da un punto di vista teorico la produttività dovrebbe aumentare sempre perché i progressi della tecnologia e l’avanzamento dello stato delle conoscenze permettono un’analisi dei processi
sempre più complessa, il che permette di conseguire livelli sempre maggiori
di efficienza. Ci chiediamo ora: (1) la produttività più elevata quanto è stata
realmente determinante? e (2) se è vero che ora noi abbiamo una maggior produttività dei nostri concorrenti, allora perché il nostro deficit commerciale aumenta invece che diminuire?
La Produttività
La produttività è stata un tema oggetto di molti studi, e la scienza che se ne
occupa è nota col termine inglese hedonics, e non è un caso che con l’incremento
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CAPITOLO 2 - QUELLO CHE LO ZIO SAM, I MEDIA E WALL STREET NON VOGLIONO FARTI SAPERE
nella velocità di calcolo e di memoria dei computer, i proclami di sempre maggiore produttività a livello globale divennero sempre più esorbitanti.
In un discorso tenuto nel Marzo 2000 al Boston College sul tema “La rivoluzione dell’information technology,” Alan Greenspan, secondo quanto riportato in un pezzo scritto dagli editori di Monthly Review nel numero di Aprile 2001, affermò:
Fino alla metà degli anni ’90 sembrava che i miliardi di dollari investiti nelle
tecnologie dell’informazione avessero un effetto moderato sulla nostra economia. [Ma, a partire dal 1995] la simulazione di modelli al computer, ad esempio, ha fortemente ridotto i tempi e i costi per la progettazione di molti oggetti, motori di automobili, aerei, grattacieli.
Dopo un decennio di studio, tuttavia, è stato osservato che lo sviluppo dei
computer e della tecnologia, sebbene abbiano permesso di realizzare cose mirabolanti, non hanno portato ad un incremento della produttività.
Una ragione fondamentale del perché la produttività più elevata è diventata un elemento dell’economia tanto sopravvalutato ha a che fare proprio con
i computer, uno dei prodotti manifatturieri di punta degli Stati Uniti.
Poiché la tecnologia dei computer avanzava a un ritmo elevato, gli studiosi
di hedonics decisero di agganciare questi progressi agli aumenti di produttività mediante una vera e propria formula. Se un computer è dieci volte più potente del suo predecessore, allora la produttività industriale aumenta anch’essa
di un fattore dieci. Detto in altre parole, il lavoratore che assembla il computer ha aumentato di un fattore dieci la sua velocità di lavoro, che distorsione
ovvia e ridicola, ancorché reale, delle statistiche di produttività!
Questa distorsione diventa ancora più grossolana quando tale logica è applicata agli utenti di questi prodotti. Poiché il mio nuovo computer è dieci volte più veloce del precedente, allora posso battere i miei scritti dieci volte più
veloce? Naturalmente no, io scrivo alla stessa velocità su entrambi i computer.
Quando si misura la produttività, ci si riferisce alla produzione dei beni di
consumo e non dei beni di produzione, essendo il solo scopo di questi ultimi
il facilitare la produzione dei primi. E’ questa la distinzione principale tra questi due tipi di beni. I beni di consumo sono richiesti per quello che sono, mentre i beni di produzione (anche definiti come beni strumentali) sono richiesti
solo per la realizzazione dei beni di consumo che essi permettono di produrre. Mentre i personal computer sono chiaramente dei beni di consumo, quelli che vengono acquistati dalle industrie sono ovviamente beni di produzione. Il punto chiave in realtà non è quanto veloci e/o complessi sono diventa31
A PROVA DI CRASH
ti i computer, ma quanti beni di consumo in più si riesce a produrre grazie alla tecnologia più evoluta dei computer.
L’articolo apparso sul numero di Aprile 2001 di Montly Review prima citato riportava anche la seguente affermazione ancora di Alan Greenspan:
Gli elevati margini di profitti che le nuove tecnologie producono qui negli USA
sono in gran parte il risultato della riduzione del costo del lavoro per ogni unità prodotta. I margini di profitto che questo stesso settore produce in Europa o
in Giappone sono invece inferiori perché lì le industrie sopportano costi più alti per spostare la forza lavoro.
In altre parole, citando una delle mie radiocronache del Settembre 2004,
“Oggigiorno, una società aumenta la propria produttività semplicemente rimpiazzando la forza lavoro interna con forza lavoro straniera a costo più basso.
Ma i risparmi per l’America sono di gran lunga ridotti perché l’incremento di
produttività avviene a spese di un continuo aumento del deficit di bilancio…
Quindi, mentre analisti e giornalisti imperversano elogiando numeri di produttività fuorvianti, l’economia americana continuerà a produrre di meno, e
il numero di disoccupati americani continuerà a crescere.”
La tecnologia che prometteva di attenuare gli squilibri grazie ad un aumento della produttività, potrebbe avere invece perversamente l’effetto di accelerare la destabilizzazione e contribuire a una catastrofe mondiale sul mercato monetario, in caso dovesse accadere qualcosa di brutto… Secondo quanto scrive Michael Mandel nel suo The Coming Internet Depression (Basic Books,
2000), la moderna tecnologia delle comunicazioni elettroniche, combinata col
passaggio del potere di acquisto verso l’Europa e l’Asia e che ha reso l’America un paese di debitori, “potrebbe portare a una massacrante vendita di dollari, e costringere gli investitori stranieri a sbarazzarsi dei loro titoli in modo
molto più rapido di quanto essi li acquistarono.”
I NUMERI DEL PRODOTTO INTERNO LORDO (PIL)
La confortevole menzogna: L’aumento del PIL è il segno di un’economia in salute e in crescita.
La cruda realtà: Il PIL è troppo ingolfato di roba inutile per essere una misura
accurata di crescita e benessere dell’economia.
Quando ci dicono che la nostra economia è in crescita (che significa in salute), si fa riferimento ai report trimestrali che mostrano gli incrementi del prodotto interno lordo (PIL), dopo averlo corretto per tenere in conto l’inflazio32
CAPITOLO 2 - QUELLO CHE LO ZIO SAM, I MEDIA E WALL STREET NON VOGLIONO FARTI SAPERE
ne, utilizzando un coefficiente “deflativo” basato sull’IPC (dei cui problemi
abbiamo già parlato).
Inizialmente il PIL era detto prodotto nazionale lordo (PNL); questo accadeva ai tempi della II Guerra Mondiale, quando era utilizzato per misurare la
capacità produttiva di quel tempo di guerra. Esso non fu quindi introdotto con
lo scopo di misurare lo stato di salute dell’economia, e gli svantaggi legati a
tale uso sono ridicolmente numerosi.
Per definizione, il PIL è la somma complessiva del valore monetario di tutte
le merci finali e i servizi comprati e venduti all’interno dei confini USA nell’arco
di un anno. La distinzione tra il PIL e il PNL, tra parentesi, è che il primo non discerne sulla nazionalità del produttore. Esso include una qualsiasi transazione
fatta all’interno dei nostri confini, anche le BMW prodotte nel North Carolina.
Il PNL, che non è quasi mai utilizzato, escluderebbe invece le produzioni
straniere all’interno degli USA e includerebbe le merci e i servizi prodotti da
aziende statunitensi operanti all’estero. Il PIL quindi include la totalità delle
spese dei consumatori, degli investimenti e delle spese fatte dal governo, più
il valore delle esportazioni, meno il valore delle importazioni.
Un grosso problema con il PIL è che, sebbene esso sia considerato un indicatore dello stato di salute dell’economia, esso non permette di distinguere tra
quelle transazioni commerciali che fanno bene all’economia e quelle che la
danneggiano. Sono quindi conteggiate sia le attività produttive che quelle distruttive. L’indice PIL non è stato concepito per misurare il benessere dell’economia, ma, poiché viene usato proprio per questo scopo, qualunque cosa
esso includa - una qualsiasi transazione in denaro, ovunque questa abbia luogo e in un qualsiasi momento dell’anno considerato - è, per definizione, un
contributo alla crescita e al benessere della nostra economia. Quindi, l’uragano Katrina portò a un incremento del PIL nonostante le tragiche perdite tra la
popolazione, e lo stesso fanno altre spese negative, come ad esempio le spese
per la prevenzione dei crimini, le spese legali per divorziare, i costi delle cure
mediche e della difesa nazionale.
Un altro grande svantaggio è che tale indice ignora qualsiasi cosa a cui non
corrisponda un passaggio di denaro. Il denaro deve passare di mano. Quindi,
le attività richieste nella gestione di una casa, per esempio, non sono conteggiate, perché non vi è passaggio di denaro. Una stessa funzione, ad esempio
l’accudire i bambini o un anziano, se svolta da una governante invece che da
un membro della famiglia, porterebbe in questo caso ad un aumento del PIL
perché la governante è retribuita. Allo stesso modo, il lavoro svolto dai volontari, sebbene abbia un intrinseco valore economico, non è conteggiato perché non vi è passaggio di denaro.
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A PROVA DI CRASH
Lo sfruttamento delle risorse naturali utili a produrre le merci è invece incluso nel PIL.
La distribuzione della ricchezza è totalmente ignorata dal PIL. Non fa differenza per il PIL come i guadagni sono distribuiti tra le famiglie: se tutto il
reddito della nazione fosse a giovamento di un’unica famiglia e il resto della
popolazione non avesse redditi, allora il PIL avrebbe lo stesso valore grazie al
reddito di quella sola famiglia.
Contribuisce al PIL sia il denaro necessario a rimuovere i rifiuti tossici, sia
il denaro che era servito per la creazione degli stessi rifiuti. La perdita di petrolio della Exxon Valdez portò a un incremento del PIL perché fu speso del denaro per riparare i danni che erano stati causati.
Cosa importantissima, il denaro preso all’estero e speso nei nostri confini
contribuisce al PIL, anche se la restituzione di tali somme sarà un onere per le
generazioni future.
Infine, è da sottolineare che i numeri del PIL sono spesso il risultato di manipolazioni fatte mediante la statistica. Ad esempio, il governo attribuisce un
certo valore ai conti correnti bancari, e aggiunge tale valore al PIL. Un ulteriore esempio ci è fornito dagli esperti di produttività che abbiamo incontrato qualche pagina fa: se sono acquistati computer per 10 miliardi di dollari,
ma la loro potenza di calcolo è cinque volte superiore rispetto ai computer
comprati in un qualche anno di riferimento, allora il governo introduce un aumento di 50 miliardi di dollari al PIL. Per qualcuno questo potrebbe sembrare un modo realistico di fare i conti, ma per me questa è manipolazione.
Pur tuttavia, nonostante tutta questa rappresentazione errata dei fatti, questa
manipolazione e tutte le cose inutili di cui l’indice PIL è infarcito, questo è praticamente usato da tutti per misurare la crescita economica. Accede quindi che livelli di debito esorbitanti siano giustificati perché in rapporto costante col PIL.
Le componenti del PIL che realmente producono ricchezza (manifattura,
estrazione di metalli, eccetera) rappresentano ora una parte in diminuzione di
tale indice. Il nostro PIL è per più del 70% fatto di consumi, che potrebbero
crollare da un momento all’altro perché sono finanziati dal debito e non supportati da una adeguata produzione interna.
LA FIDUCIA DEI CONSUMATORI: L’IRONIA PIÙ CRUDELE
La confortevole menzogna: La fiducia dei consumatori spinge in avanti il benessere dell’economia.
La cruda realtà: La fiducia dei consumatori sta dando spinte nella direzione sbagliata. Il consumatore è male indirizzato e la fiducia dei consumatori è una statistica totalmente inutile.
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CAPITOLO 2 - QUELLO CHE LO ZIO SAM, I MEDIA E WALL STREET NON VOGLIONO FARTI SAPERE
Un pattinatore, fiducioso che il ghiaccio sia spesso quando in realtà è sottile, ha eccellenti probabilità di rimanere infreddolito, fradicio, sommerso nell’acqua. La fiducia in se, se non è fondata su valide basi, può procurarci dei guai.
D’altra parte, tornando al nostro problema, è anche vero che una economia
nella quale i consumatori non avessero fiducia e fossero timorosi a investire
denaro e a spendere sarebbe stagnante e malata. Le recessioni infatti cominciano quando le persone decidono di smettere di spendere i propri soldi.
Tutto questo tuttavia non deve portarci a sostenere che la fiducia dei consumatori sia un sinonimo di economia in salute, cosa che oggi di fatto accade.
Il problema, naturalmente, è che la fiducia dei consumatori è drogata dalla
manipolazione delle statistiche economiche che il governo fa per i propri interessi. Rappresentata come un qualcosa che evolve in modo indipendente e
che ha una sua vita propria, [la fiducia dei consumatori] alimenta se stessa e
da forza a trend controproducenti. Accade dunque che i consumatori spendono denaro preso in prestito, perché essi hanno fiducia che l’economia sia in
salute, e in una economia in salute i salari sono attesi essere in aumento.
Ma l’economia non è un produttore, il paese e i suoi cittadini sono sopravvalutati, e i salari sono di fatto in declino, dal momento che i lavori maggiormente remunerati dell’industria produttiva sono in via di sostituzione con
altri, meno remunerati, nel settore delle vendite e dei servizi. Dal momento
che quindi la fiducia dei consumatori non è fondata su basi solide e reali, le
nostre cattive condizioni stanno peggiorando, e il disastro ormai incombe dietro la porta.
Ciò di cui i consumatori avrebbero bisogno è proprio un po’ di fiducia in
meno. Invece di pensare che il sole possa splendere per sempre, farebbero meglio a portare in conto l’eventualità che un giorno possa piovere. Ma Wall Street
vuole esattamente il contrario; è felice quando i consumatori prendono sprezzantemente denaro in prestito e spendono senza curarsi del domani. Qualsiasi cosa che ha il gusto di un ritorno alla realtà manda in panico Wall Street.
Mentre scrivo queste cose, ho davanti a me un bollettino dell’Associated
Press, datato 29 Aprile 2006, che dettaglia i risultati economici del primo trimestre del 2006.
In modo entusiasmante si nota: “Venuta fuori dal tran-tran di fine anno,
l’economia è balzata in avanti; i consumatori hanno incrementato i loro acquisti di un vivace 5.5%, a fronte di un irrisorio 0.9% nell’ultimo trimestre del
2005.”
Soffermandosi ancora sul concetto che più i consumatori spendono più l’economia è felice, il bollettino cita parole del presidente Bush: “Questa rapida
crescita è un ulteriore segnale che la nostra economia è in piena corsa.”
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A PROVA DI CRASH
E poi, altre buone notizie: “Anche con l’economia in forte movimento, l’inflazione resta contenuta … i prezzi core - escludendo gli alimentari e l’energia - sono cresciuti del 2%, a fronte del 4% dello scorso trimestre.” (Il corsivo è stato
messo da me).
L’unica nota leggermente pessimistica era la citazione che il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke si aspettava un certo rallentamento della crescita nei trimestri seguenti, anche se l’economia sarebbe stata ancora abbastanza forte da generare nuovi posti di lavoro. I rischi contrari a una prospettiva largamente positiva, disse Bernanke, sarebbero stati un aumento duraturo dei prezzi dell’energia o un netto declino delle attività immobiliari, anche
se, nessuno delle due situazioni appariva per ora all’orizzonte.
Vi sentite meglio?
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CAPITOLO 3
Per Pochi Dollari in Più:
il Declino della Nostra Valuta
P
arlo di continuo con molti intermediatori e investitori, e trovo indicativo,
anche se non sbalorditivo, che loro stiano lì tutto il tempo a chiedersi quanti dollari valgano i loro assett, e solo raramente gli capiti di preoccuparsi invece del valore del dollaro stesso.
Questo è un mistero che non dovrebbe esistere. In una economia ben gestita dovrebbe esserci un potere di acquisto sicuro, e gli investitori sul mercato interno non dovrebbero preoccuparsi del valore del dollaro.
Il fatto che la svalutazione del dollaro sia invece un serio problema che però la gente generalmente ignora mostra che il governo è riuscito a servirsi dell’indice dei prezzi al consumo (IPC) per creare un diversivo e distogliere l’attenzione dalla vera causa e dalla vera entità dell’inflazione.
Nel capitolo precedente, vi ho detto di come l’opinione pubblica venga imbambolata, non solo per quanto riguarda l’inflazione, ma con riferimento alla realtà economica in genere.
Nel capitolo successivo a questo vi parlerò dell’inflazione, di come questa
sia diventata ormai una silente compagna del nostro governo, e di dove ci sta
conducendo.
In questo capitolo, invece, vi parlerò del denaro e di come la differenza tra
denaro reale e moneta a corso forzoso sia alla base della nostra crisi valutaria
e dell’imminente tracollo che pende come una spada di Damocle sui nostri
mercati e sulla nostra economia.
Gli Americani stanno esaurendo velocemente il tempo a loro disposizione
per proteggersi. Posso solo sperare che questo libro vi abbia incontrato quando l’orologio dell’economia batte ancora e che voi abbiate il buon senso di mettere in atto le strategie che vi indicherò nei capitoli seguenti prima che esso si
fermi.
Ma ora parliamo di soldi.
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A PROVA DI CRASH
DENARO A CORSO FORZOSO: PERCHÉ È ALLA RADICE
DELLA NOSTRA CONDIZIONE ECONOMICA
Il brutto stato dell’economia americana non avrebbe potuto verificarsi se il dollaro USA fosse stato ancora denaro reale.
La valuta USA odierna è ciò che viene definito denaro a corso forzoso. E’
cioè denaro solo dal punto di vista nominale. E’ denaro solo perché lo afferma un governo sovrano, ma non ha nessun valore intrinseco metallico e nessun valore di riscatto, ovvero non può essere riscattato con alcun quantitativo
di metalli pregiati. Il suo valore nominale è ciò che il governo stampa sulla sua
faccia. Il suo valore reale è ciò che esso è capace di acquistare sul mercato. Ad
esempio, il suo valore reale sul mercato internazionale è il suo valore nei confronti di una valuta estera.
Le cose non sono andate sempre in questo modo. Fino al 1971, quando l’amministrazione Nixon prese la storica decisione di abbandonare il regime aureo, il dollaro era garantito da una certa percentuale delle riserve auree del
paese. Senza le riserve auree, il valore del dollaro non è nient’altro che il suo
potere di acquisto. Quanto questo potere di acquisto possa ritenersi affidabile dipende dal buon funzionamento dell’economia USA e da come viene gestita la stampa della valuta. Quest’ultimo punto è di cruciale importanza. L’abbandono del regime aureo nel 1971 rese libera la Federal Reserve, che controlla la liquidità, dal suo unico freno alla stampa di nuova valuta, termine con cui intendiamo
i vari modi che essa può perseguire per aumentare la quantità di denaro in circolazione. Il declino del valore del dollaro è quindi più un sintomo che una causa dei
problemi dell’economia, sebbene i problemi di oggi sarebbero di portata minore se il dollaro fosse denaro reale piuttosto che denaro a corso forzoso.
LE ORIGINI DEL DENARO
Prima della diffusione del denaro come noi lo intendiamo, e ritornando ai tempi antichi, il commercio avveniva mediante il baratto. Esattamente come facevano i nostri amici del Capitolo 1, il contadino Jones e il contadino Chang, uno
dei quali coltivava arance e aveva bisogno di mele, mentre l’altro coltivava mele e aveva bisogno di arance, semplicemente si scambiavano mele con arance.
Tuttavia, il baratto era una sistema scomodo e che faceva perder tempo. Ad
esempio, se il contadino Chang voleva comprare una sedia, egli doveva trovare un costruttore di sedie che era interessato alle sue arance. Di conseguenza, le persone si resero presto conto che avevano bisogno di individuare un
certo bene che sarebbe stato poi accettato in cambio di una qualsiasi altra merce Questo bene fu il primo esempio di denaro, ed esso assunse forme diverse
quali ad esempio pecore e bestiame nei tempi antichi, o collane fatte di con38
CAPITOLO 3 - PER POCHI DOLLARI IN PIÙ: IL DECLINO DELLA NOSTRA VALUTA
chiglie, chiamate “wampum,” che gli Indiani accettarono in cambio dell’isola
di Manhattan. Un esempio più recente è rappresentato dall’uso delle sigarette come denaro da parte dei soldati americani nel dopoguerra.
Ciò che tutte queste svariate forme di denaro avevano in comune era il fatto che esse erano un materiale su cui vi era un consenso comune come bene
di scambio. In virtù di ciò, il denaro facilitava lo scambio di beni e servizi, rese possibile la divisione del lavoro, e in generale portò a un aumento delle produttività e del tenore di vita. Più facilmente era possibile scambiarsi denaro,
più invigorita ne risultava l’economia.
LE FUNZIONI ECONOMICHE DEL DENARO
Il denaro, qualunque sia la sua forma, dovrebbe assolvere le seguenti quattro
funzioni:
1. Unità di misura. Il denaro rappresenta un’unità di misura attraverso cui
possono esprimersi i valori delle altre merci e servizi, favorendone anche la comparazione del valore. Vengono eliminati problemi propri del
sistema del baratto, ovvero ad esempio stabilire quante angurie ci vogliono per lo scambio con una sedia. Assegnando ad ogni merce un prezzo in denaro, allora possiamo facilmente confrontare tra loro il valore
dei più svariati beni e servizi.
2. Mezzo di scambio. Il denaro facilita lo scambio di beni e servizi e velocizza il commercio, rendendo quindi l’economia più efficiente e innalzando il tenore di vita delle persone.
3. Accumulo di valore. Il denaro che non viene speso al momento può essere conservato e utilizzato in un secondo momento, idealmente con lo
stesso potere di acquisto. Tutto questo favorisce il risparmio, quindi la
creazione dei capitali e, in ultima analisi, la produzione.
4. Unità di misura dei pagamenti posticipati. Il denaro che non serve al momento può essere prestato ad altri, permettendo di guadagnare interessi e allo stesso tempo finanziando progetti che forniscono un utile
alla società.
Tutte queste funzioni e i vantaggi che ne derivano assumono che il denaro sia solido, ovvero che il suo potere di acquisto resti costante.
I PRIMI USI DELL’ORO COME DENARO
Man mano che la civiltà progredì, le società restrinsero le tipologie di denaro
a quelle che funzionavano meglio, e le materie che furono scelte quasi universalmente furono l’oro e l’argento. Mio padre Irwin Schiff, nel suo libro The
39
A PROVA DI CRASH
Biggest Con (Freedom Books, 1977) sui mali del denaro, descrive quanto l’oro
fosse benvoluto per la sua versatilità e proprietà uniche:
Anzitutto, esso aveva un colore caldo e ricco e poteva essere reso estremamente brillante. Era l’unico metallo che non si opacizzava e non si arrugginiva. Poteva essere lavorato in fili sottili come un capello e battuto fino a diventare sottile come un foglio. Poiché l’oro concentrava un grande valore in piccoli volumi, esso semplificò il trasporto delle proprie ricchezze. Immaginate di dover
frettolosamente lasciare il vostro paese avendo del bestiame come ricchezza! Poiché l’oro era malleabile, poteva essere diviso in parti favorendo quindi scambi
di valore ridotto. L’oro poteva essere facilmente misurato e la sua qualità verificata in modo semplice. Queste ultime proprietà, ovviamente, resero possibile
il prestito del denaro, perché era facile poi verificare che il prestito fosse ripagato con lo stesso tipo di denaro che era stato prestato.
L’ORIGINE DELLE BANCHE
Ora che il denaro poteva essere prestato, cominciarono a svilupparsi i primi abbozzi di banche, e insieme ad esse i relativi concetti di riserva monetaria e di moneta scritturale o anche sostitutivo della moneta. I mercanti dell’epoca medievale,
viaggiando di città in città, avrebbero versato all’orafo del luogo una piccola cauzione per conservare presso di lui il loro oro per il tempo che essi si trattenevano in città per i loro affari. La ricevuta di deposito emessa dall’orafo divenne il
precursore del denaro di carta e il primo esempio di moneta scritturale.
Il concetto di moneta scritturale è fondamentale perché man mano che queste cose si sviluppavano, bisognava distinguere tra monete scritturali che rappresentavano ricevute per l’immagazzinamento di oro, e moneta scritturale
nella forma di “nota della banca” (da cui il termine banconota) ovvero promessa di pagamento. Queste ultime possedevano un valore intrinseco solo fin
quando l’orafo, che nel frattempo era diventato un banchiere che prestava l’oro in eccesso a quello che gli veniva mediamente prelevato ogni giorno, aveva tenuto nella sua bottega abbastanza oro da soddisfare le richieste di riconsegna che egli si aspettava. Un banchiere che teneva al minimo le sue riserve
auree correva il rischio di suscitare sospetti, e provocare una corsa a prelevare l’oro conservato presso di lui. Tutto questo ovviamente poteva mandare in
rovina il suo giro d’affari.
Il fatto che all’epoca il rapporto tra banconote emesse e riserve auree doveva essere fissato a un valore che fosse abbastanza conservativo da tenere alta la fiducia ed evitare la paura di insolvenza fornisce un perfetto parallelo storico del perché l’economia
statunitense, sottoposta al regime aureo fino al 1971, era più controllata e meno sog40
CAPITOLO 3 - PER POCHI DOLLARI IN PIÙ: IL DECLINO DELLA NOSTRA VALUTA
getta a una cattiva gestione rispetto all’economia del denaro a corso forzoso che è esistita a partire da allora.
LE ORIGINI DEL DOLLARO
Nella Costituzione degli Stati Uniti fu incluso un articolo che affermava: “Il Congresso avrà il potere di coniare monete e di regolarne il relativo valore.” Questo significa che il congresso aveva il potere di prendere oro e argento, che il paese all’epoca riconosceva come denaro, e metterlo nella forma di monete. Questo è il motivo per cui l’articolo 1, comma 10, della Costituzione USA proibisce
agli stati di utilizzare per i pagamenti niente altro che monete di oro o di argento. Si intendeva che il valore del metallo che costituiva la moneta, che all’epoca veniva detto “valore fuso,” eguagliasse il valore nominale della moneta.
La definizione di dollaro si incontra la prima volta nel Mint Act del 1792,
come 371.25 grani (1 grano=0,0648 grammi, NdT) di argento puro, giusto il
peso del millesimo di dollaro spagnolo, che era la moneta più diffusa nell’America coloniale e che continuò a circolare legalmente negli USA fino al 1857,
ben settant’anni dopo la firma delle Costituzione.
La prima valuta USA fu emessa nel 1863 sotto forma di un certificato aureo, di fatto simile alle ricevute di deposito degli orafi del medioevo. Vi era
scritto: “Si certifica che dieci dollari in oro, pagabili su richiesta del portatore,
sono stati depositati presso il Tesoro degli Stati Uniti.” I certificati aurei circolarono negli USA fino al 1934, quando fu emanato il Gold Reserve Act che rese illegale per gli Americani possedere oro (con l’eccezione di gioielli, collezioni speciali, e oro necessario per scopi professionali o industriali).
Vi furono anche emissioni di certificati di argento, simili in tutto e per tutto a quelli aurei, che rimasero in circolazione fino al 1963.
IL FEDERAL RESERVE ACT DEL 1913 E LA DEGENERAZIONE DEL DOLLARO
Il primo passo verso l’allontanamento dalle piene riserve auree cominciò col
Federal Reserve Act del 1913. Questa legge, detta anche di Owen-Glass, istituì la Federal Reserve, un’entità politicamente indipendente che aveva lo scopo principale di supervisionare e regolamentare il sistema bancario, gestire la
liquidità del sistema attraverso la vendita e l’acquisto di titoli di stato (la politica monetaria), e di agire come stanza di compensazione per il trasferimento di fondi attraverso il sistema bancario.
Approfondiremo in seguito il ruolo della Fed nella politica monetaria e nell’inflazione, ma è importante qui sottolineare che una delle principali ragioni
per cui essa fu istituita era quello di fornire una “valuta superiore”, una valuta emessa da una banca nazionale privata che avrebbe sostituito tutte le ban41
A PROVA DI CRASH
conote emesse da banche private individuali con svariate caratteristiche di affidabilità.
Una delle prime azioni delle neonata Federal Reserve fu quella di introdurre delle proprie banconote (le Federal Reserve notes), che erano riscattabili “in oro o in qualsiasi moneta legale” presso qualsiasi banca della Federal
Reserve. Per moneta legale si intendevano le note del Tesoro, monete in oro o
argento e certificati di deposito di argento. Queste banconote delle Federal Reserve, sebbene preservassero il legame diretto tra dollaro e riserve in oro, introducevano delle alternative legittime nella forma di monete di argento e certificati emessi dal Tesoro e garantiti da oro o argento, e quindi pose le premesse
per futuri sviluppi che avrebbero indebolito, e, alla fin fine, eliminato completamente, il legame tra dollaro e oro.
LA FINE DEL REGIME AUREO E ARGENTEO
Il Gold Reserve Act del 1934 eliminò la parola “oro” dalle banconote della Federal Reserve, e quindi ora era scritto su di esse “Questa banconota è un mezzo di pagamento legale per ogni tipo di transazione, sia pubblica che privata,
ed è riscattabile in moneta legittima presso il Tesoro degli Stati Uniti, e presso
qualsiasi banca della Federal Reserve.”
Si trattava solo di un cambio di parole, inquietante, come noi ben sappiamo ora, ma fatto a quei tempi in un modo talmente astuto da far sì che l’opinione pubblica non se ne rendesse conto.
Il 2 Novembre 1963 la clausola di riscossione fu totalmente eliminata, rendendo quindi tutto il denaro circolante negli USA senza più alcun valore intrinseco. Da quel giorno, il nostro sistema monetario subì una profonda trasformazione, le banconote non erano più garantite da oro o argento come scritto nella nostra Costituzione, ma semplicemente poggiavano il loro valore su
un decreto del governo.
Non è certo neanche che sia lecito dire che la frase che rimase scritta sulle
banconote “Questa banconota è un mezzo di pagamento legale per ogni tipo
di transazione, sia pubblica che privata” possa significare che le banconote siano una forma di pagamento per le tasse e per beni e servizi che sono prodotti negli Stati Uniti.
Il peggio di tutto questo è che le banconote della Federal Reserve, non rappresentando più legittime dichiarazioni di debito riscattabile con un dato ammontare di oro
o argento, diventarono dei semplici pezzi di carta che i possessori potevano far circolare liberamente tra loro, ma che non rappresentavano più alcun obbligo da parte dell’istituzione che li aveva emessi.
Ciò significava che da quel momento in poi il valore del dollaro sarebbe stato de42
CAPITOLO 3 - PER POCHI DOLLARI IN PIÙ: IL DECLINO DELLA NOSTRA VALUTA
terminato semplicemente dal suo potere di acquisto, che a sua volta dipende dalla forza finanziaria dell’economia USA e da come la liquidità del sistema viene gestita.
BRETTON WOODS, IL REGIME AUREO INTERNAZIONALE
E LO STATUS DI VALUTA DI RISERVA
Il dollaro quindi perse le sue garanzie in oro sul mercato USA, ma era considerato a livello internazionale “buono come l’oro” in seguito ad un accordo
stipulato alla Conferenza Monetaria e Finanziaria delle Nazioni Unite che si
tenne a Bretton Woods, New Hampshire, nel Luglio del 1944.
Fu questa una riunione dei ministri delle finanze dei paesi alleati, che fu
tenuta per discutere lo stato dell’economia mondiale dopo la II Guerra Mondiale. Si tratta di un incontro storico, che istituì, tra le altre cose, la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (World Bank) e il Fondo Monetario Internazionale (FMI).
Per quel che ci riguarda, tuttavia, è importante sottolineare che gli accordi
di Bretton Woods stabilirono che il dollaro USA sarebbe stata la moneta di riserva del mondo intero, e diedero alla luce uno schema per stabilire il tasso di
cambio di tutte le valute straniere europee e asiatiche nei confronti del dollaro. Il dollaro, a sua volta, sarebbe stato agganciato al valore dell’oro per far si
che le transazioni internazionali potessero avvenire a un prezzo stabile. Quindi una valuta straniera avrebbe avuto il valore di una certa quantità di dollari, e una quantità di dollari prefissata sarebbe sempre stata scambiabile con
un’oncia d’oro.
Avere lo status di valuta di riserva significava che i governi e le istituzioni
straniere facevano ricorso (per la maggior parte) al dollaro per accantonare riserve di denaro in valuta estera, e inoltre la valuta USA veniva anche utilizzata sui mercati internazionali per fissare il prezzo di alcune materie prime,
come ad esempio oro e petrolio. Essendo il dollaro la valuta di riserva a livello internazionale, agli USA era quindi consentito di avere elevati deficit commerciali con un impatto sull’economia tutto sommato limitato, almeno fino a
quando i maggiori possessori di riserve di valute non avrebbero fatto dichiarazioni affermanti il contrario. Ovviamente, questa protezione dalle forze del
libero mercato (che altrimenti avrebbero amplificato i problemi derivanti dallo squilibrio della bilancia commerciale USA) è una sorta di acciarino che sta
portando via tempo prezioso al dollaro. Questo stato di cose potrebbe però
cambiare rapidamente. La sostituzione del dollaro con l’euro come moneta di
riserva internazionale non è una possibilità remota, e già se ne parla in molti
consessi finanziari internazionali.
Grazie agli accordi di Bretton Woods, il mondo libero ha goduto di una cer43
A PROVA DI CRASH
ta stabilità monetaria fino ai primi anni ’60, e gli Stati Uniti, traendo beneficio
dalla crescita e dal benessere che vi fu nel dopoguerra, trovarono all’estero un
caloroso benvenuto per i loro dollari in eccesso, evitando così che questi causassero inflazione sul loro mercato interno.
LO SCIOGLIMENTO DEGLI ACCORDI DI BRETTON WOODS
Tuttavia, nel corso degli anni ’60, le politiche delle amministrazioni Johnson e
Nixon, caratterizzate da spese folli legate ai programmi della Great Society
(trattasi di un programma di riforme aventi come obiettivo l’eliminazione della povertà e delle ingiustizie razziali, NdT), alla lotta contro la povertà interna, alla guerra in Vietnam, e anche alla gara per la conquista dello spazio, portarono a dei forti deficit di bilancio che furono in gran parte monetizzati - ovvero finanziati attraverso un incremento di liquidità - dalla Federal Reserve.
Il potere della Fed di incrementare la liquidità era stato descritto nello statuto
del 1913 come il potere di iniettare in modo elastico denaro. Questo significava che la Fed avrebbe dovuto iniettare liquidità in tempi di espansione economica, ed assorbire liquidità in tempi di contrazione dell’economia. E’ questa una funzione storica delle banche centrali, che è in accordo con le teorie
classiche dell’economia che considerano normali i cicli economici e guardano
ai boom come eventi artificiosi e problematici che devono poi essere corretti
da dei salutari fallimenti.
L’amministrazione Kennedy invocò la dottrina dell’economista inglese John
Maynard Keynes, la quale affermava che, contrariamente al modo classico di
vedere le cose e alle intenzioni originarie della Federal Reserve, la liquidità
doveva essere usata per stimolare i consumi quando l’economia rallentava, in
modo quindi da trasformare i periodi di contrazione in periodi di espansione.
Come vedremo più avanti, ciò che quindi cominciò come un intervento antagonista, nell’era Greenspan degli anni ’90 e oggi, nella Fed di Bernanke, è
diventato un modo di agire sistematico cui si accompagna necessariamente
l’inflazione. Ma questo ragionamento ci porta un po’ troppo in avanti nella
nostra storia.
Nella seconda metà degli anni ’60, vedendo quindi la Federal Reserve aumentare la liquidità e creare inflazione nell’economia USA, i paesi esteri furono costretti ad incrementare la loro liquidità interna allo stesso ritmo in modo
da far sì che i rapporti di cambio tra le valute restassero ai valori fissati dagli
accordi del 1944. L’incremento di disponibilità monetaria all’estero creò in quei
paesi forte spinte inflazionistiche che, in effetti, erano state originate dalla politica degli Stati Uniti.
Dal momento che questo trend continuò fino alla fine degli anni ’60, i pae44
CAPITOLO 3 - PER POCHI DOLLARI IN PIÙ: IL DECLINO DELLA NOSTRA VALUTA
si europei e asiatici, ormai rafforzati nelle loro economie e consapevoli che l’aumento di liquidità aveva creato loro inflazione, cominciarono a rispedire verso gli USA i dollari in eccesso, riscattandoli con oro secondo il tasso di cambio
che era stato stabilito.
A causa di questi prelievi, gli Stati Uniti, che alla fine della II Guerra Mondiale possedevano circa il 60% delle riserve auree mondiali, videro il loro patrimonio scendere a livelli pericolosamente bassi.
LA CHIUSURA DELLO SPORTELLO DELL’ORO
Nel 1971 il presidente Nixon si vide quindi costretto a chiudere lo “sportello
dell’oro” e a non scambiare più dollari per oro al tasso di cambio convenuto.
Da quel momento, i tassi di cambio sono stati liberi di flottare, con i prezzi determinati dalla legge della domanda e dell’offerta.
Il significato di questa decisione non può essere minimizzato. Si trattò a tutti gli
effetti di una bancarotta.
Nell’introduzione del suo libro The Demise of the Dollar (John Wiley and
Sons, 2005), Addison Wiggin commenta:
Non si dovrebbe ignorare il potere e l’influenza che gli Stati Uniti avevano nel
1971. In effetti, fu la decisione di tirarsi fuori dal regime aureo che portò alla
fine di quelle ordinate politiche economiche che erano state rese possibili attraverso gli accordi di Bretton Woods. Dovevano necessariamente esserci periodi
di inflazione, disoccupazione e instabilità valutaria, proprio come fasi di un naturale ciclo economico. I primi anni ’70 furono l’inizio di un grande scompiglio, basati su una enorme conflittualità sia economica che politica. Col senno
di poi, appare oggi ovvio che la decisione di abbandonare il regime aureo fu devastante. Non ha portato alla caduta del capitalismo, ma ora - a distanza di
trent’anni - ci ha condotti al precipizio - e forse al declino della lunga supremazia mondiale dell’economia USA.
LA BILANCIA COMMERCIALE ED IL VALORE DEL DOLLARO
Con le valute estere libere di flottare e di stabilire i loro mutui valori attraverso l’incontro di domanda e offerta, cominciò a divenire importante il concetto di valuta debole e valuta forte; qui ora è importante capire l’esatto significato di questi termini che potrebbero altrimenti portare a una gran confusione in questa discussione sul declino del dollaro.
Una economia efficiente esporta ciò che produce e importa ciò che non produce, quindi, idealmente, la bilancia commerciale dovrebbe nel complesso essere in pareggio. Se invece ci soffermiamo su quello che accade in un deter45
A PROVA DI CRASH
minato periodo, tuttavia, un paese potrà avere un passivo o un attivo nella bilancia commerciale in relazione alla quantità di merce importata e esportata.
Questo fatto, unito ad altri fattori, come ad esempio la stabilità economica e
politica del paese e gli interessi che i suoi titoli garantiscono agli investitori
stranieri, contribuisce a formare l’incrocio domanda e offerta tra le valute. Ma
le parole debole e forte si riferiscono al tasso di cambio di una valuta con un’altra e non al potere di acquisto interno di una valuta. Quando accade che il dollaro USA si scambia per una quantità maggiore di Yen giapponesi rispetto a
quanto accadeva il giorno prima, allora si dice che il dollaro si è rafforzato e
lo yen si è indebolito nella loro mutua relazione (e viceversa).
Nel commercio internazionale, il fatto che una valuta sia forte o debole porta in se elementi positivi e negativi. Ad esempio, da un lato avere una moneta
forte è positiva per i consumatori, in quanto le merci importate sono più economiche e viaggiare all’estero costa meno. Avere la moneta forte significa infatti
che l’unità di valuta è scambiata con un numero maggiore di unità di valuta
estera. D’altra parte, una valuta forte rappresenta un problema per le imprese
che esportano, perché rende i loro prodotti più costosi e quindi più difficili da
vendere. Il ragionamento contrario si applica invece a una valuta debole.
Quindi, una valuta debole non è necessariamente moribonda, anche se per
il dollaro USA è proprio questo il caso. Il persistere e l’aumentare delle sua debolezza nei mercati globali (in confronto alle valute dei nostri partner commerciali, come ad esempio Cina e Giappone, o rispetto a un indice che raggruppa le principali valute estere) produce conseguenze molto pericolose per
l’economia Americana. Questo accade perché la nostra economia ha seri problemi nei suoi fondamentali.
Tra il 2002 e il 2004 il dollaro ha perso il 24% del suo valore rispetto ad altre valute, ha avuto un forte trend tecnico al rialzo nel 2005 che si limitò esclusivamente a peggiorare il suo outlook di lungo periodo, e poi ricominciò a
scendere nel 2006, perdendo circa il 12% tra metà Marzo e metà Maggio. Ebbe una correzione fino alla metà di Ottobre, prima di affondare di nuovo, rompendo finalmente per fine Novembre i suoi minimi di Maggio. Malgrado alcuni rally occasionali al rialzo, sembra certo che il dollaro punti ai suoi minimi storici.
Il nostro deficit di bilancio, intorno agli 800 miliardi di dollari e ancora in
crescita, è soprattutto dovuto allo squilibrio commerciale, che è finanziato da
denaro preso in prestito da paesi stranieri come Cina e Giappone che sono anche esportatori verso di noi. Questi sono debiti che non potremo ripagare perché siamo diventati una nazione di debitori e di consumatori, invece che di risparmiatori e produttori.
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CAPITOLO 3 - PER POCHI DOLLARI IN PIÙ: IL DECLINO DELLA NOSTRA VALUTA
Le nazioni, così come la gente comune, devono vivere con i loro propri mezzi, ma gli Stati Uniti non lo stanno facendo. La nostra capacità di risparmiare
è costantemente calata negli ultimi anni ed è ora negativa. Allo stesso tempo,
l’indebitamento personale nella forma di carte di credito e prestiti garantiti dal
prezzo gonfiato delle proprie case ha raggiunto livelli record.
L’economia nazionale è passata da un’inclinazione produttiva (manifatturiera) a una orientata ai servizi, che genera meno merce da esportare e con salari più bassi. Ciononostante continuiamo a spendere come marinai ubriachi
acquistando merci da paesi esteri che risparmiano e producono, contribuendo
a creare enormi deficit commerciali che noi finanziamo con denaro preso a prestito dagli stessi paesi dai quali importiamo, denaro che non saremo in grado
di restituire a causa dei grandi deficit di bilancio e al crescente debito pubblico.
Ci siamo spinti così oltre in questa direzione perché il dollaro è la valuta di
riserva del mondo e perché la nostra incapacità di ripianare il debito è stata
camuffata da imprudenti report sui livelli di spesa, i quali report sono stati interpretati come segno di un’economia in salute.
LA POLITICA DELLA PARITA’ DELLA VALUTA CINESE
Difficilmente passa un mese senza che un altro funzionario del governo
americano o un politico eletto inviti il governo cinese a rivalutare lo yuan,
che è attualmente agganciato al dollaro USA. Queste pubbliche intimidazioni sono mere esibizioni politiche. E’ tutto un bluff. Sono sicuro che per
via riservata stiamo supplicando i cinesi di non lasciare la loro valuta libera di flottare.
La Cina è il più grande acquirente di buoni del Tesoro USA, e i cinesi lo
sono per difendere la parità della loro valuta. Essi sono anche i nostri più
grandi fornitori di beni a basso costo. Ma allora perché diavolo funzionari
e politici americani dovrebbero mai chiedere che la Cina aumenti sia i prezzi dei suoi prodotti che i tassi di interesse negli USA? Ciò che si otterrebbe
in tal caso sarebbe una dura recessione. Questo potrebbe anche essere un
formidabile esercizio di psicologia inversa. Poiché la più grande preoccupazione dei politici americani, oltre alla loro rielezione, è il fatto che la Cina possa eliminare il cambio fisso della propria valuta con la nostra, allora
perché non chiedere alla Cina che questo avvenga? In questo modo, i Cinesi non potranno mai farlo, altrimenti perderebbero la faccia e sembrerebbero cedere alle pressioni statunitensi. Se invece gli USA avessero chiesto alla Cina di mantenere il cambio fisso, allora probabilmente i Cinesi lo
avrebbero già abbandonato da un pezzo.
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A PROVA DI CRASH
FIGURA 3.1 - Andamento del dollaro USA, 1994 - 2006. Al tempo in cui la bolla azionaria si stava gonfiando e il mondo fu condotto nell’epoca del mito della nuova economia e degli attivi di bilancio, il dollaro crebbe. Quando entrambi
i miti si rivelarono falsi, il dollaro è prontamente ripiombato sulla terra. Non appena questo indice avrà rotto in maniera netta e decisa il supporto posto a 80, allora comincerà un nuovo trend al ribasso di lungo periodo.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
La crisi incombente del dollaro non può essere evitata, ma solo ritardata, e
questo solo al costo di rendere ancora più rovinoso il crollo che seguirà (vedi
la Figura 3.1).
LA FEDERAL RESERVE E L’INFLAZIONE
La chiusura dello sportello dell’oro fatta dal presidente Nixon fu in effetti resa necessaria dall’imminente assalto da parte di paesi stranieri che si stavano
per precipitare a chiedere oro per riscattare i dollari in loro possesso. Ma Nixon era anche convinto che la desiderata crescita economica era in realtà frenata dal regime aureo, che di fatto richiedeva che un’espansione della liquidità fosse sempre accompagnata da una relativa espansione delle riserve auree.
Sebbene Nixon scelse di combattere i problemi di stagflazione del suo tempo non manipolando la liquidità del sistema, ma tentando di porre freno ai salari e ai prezzi, sotto le successive amministrazioni il potere della Fed di espandere la liquidità sarebbe stato utilizzato come una sorta di anfetamina economica, contrariamente a quanto era stato originariamente inteso.
Nel corso degli anni ’90 e negli anni 2000, l’espansione della massa monetaria è
stata usata per creare un’inflazione permanente e così alleviare i sintomi generati da
un governo poco efficiente. Poiché l’abbondanza di denaro stimola i consumi e fa aumentare il PIL, viene creata un’illusione di una sana crescita economica. Diluendo il
valore del dollaro, si riduce in modo artefatto il valore dei programmi sociali, del de48
CAPITOLO 3 - PER POCHI DOLLARI IN PIÙ: IL DECLINO DELLA NOSTRA VALUTA
bito nazionale e del deficit di bilancio, e anche il nostro enorme deficit di bilancio. Questa inflazione si può leggere attraverso le bolle dei mercati (azionario, obbligazionario
e immobiliare), viene esportata all’estero attraverso l’acquisto di beni dall’Europa e
dall’Asia, ma non è rilevabile mediante i parametri ufficiali, quali ad esempio l’IPC.
Ma si tratta pur sempre di inflazione, che sta riducendo, proprio ora che sto scrivendo, il potere di acquisto del dollaro. Quell’inflazione che è oggi alta, sebbene perlopiù
invisibile, diventerà acutamente palese quando i dollari che sono stati accumulati all’estero nel corso degli anni si ritorceranno contro di noi.
Il Capitolo 4 è interamente dedicato all’inflazione, una parola che dal punto di vista letterale significa espansione, e che è definita dagli economisti come il fenomeno che troppi dollari servono per comprare poche cose, un modo alternativo questo di dire che il potere di acquisto del dollaro è in discesa.
I PREZZI IN SALITA DELL’ORO - UN VOTO DI SFIDUCIA VERSO IL DOLLARO USA
La realtà, naturalmente, è che il governo dovrebbe essere, e certamente lo è,
preoccupato per il suo debito e per i livelli attuali di deficit, per la sua produttività in calo, per il livello di indebitamento dei consumatori e per le loro
spese forsennate. Tuttavia, invece di agire rapidamente con la necessaria decisione e fermezza, esso ha lasciato che si arrivasse a un punto di non ritorno.
Intrappolati tra la scelta di tassi di interesse più alti che ci porterebbero alla recessione e tassi di interesse più bassi che ci porterebbero all’iperinflazione, le
autorità in carica hanno scelto di ostentare un apparente benessere che non
possiamo affatto sostenere e hanno consentito quindi che i nostri fondamentali peggiorassero ulteriormente.
Poiché i nostri partner commerciali, che poi sono anche i nostri finanziatori, sono felici dei loro commerci, e poiché le loro banche centrali in modo
compiacente hanno finora gettato al vento soldi pregiati per finanziare i nostri disavanzi, siamo riusciti a rimandare la nostra esecuzione.
Ma non tutti si sono fatti raggirare. Sta cominciando una sorta di cammino al contrario perché gli investitori cominciano ad abbandonare quello che è stato per lungo
tempo il sicuro rifugio rappresentato dal dollaro americano, e cominciano quindi a far
salire il prezzo dell’oro e di altre materie prime che hanno un valore intrinseco.
Sebbene in molti abbiano pensato a cause quali la guerra in Iraq e le tensioni dell’area mediorientale, il mercato toro delle quotazioni dell’oro, salito
in soli sei anni da 300 dollari a circa 700 dollari l’oncia, rappresenta, ne sono
fermamente convinto, un voto di sfiducia nel dollaro e il trend è a mio avviso
ancora nella fase iniziale.
Il fatto che l’oro è arretrato nella metà del 2006 dai massimi primaverili di
725 dollari e ora (Novembre 2006) si scambia a circa 600 dollari l’oncia è un
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A PROVA DI CRASH
fatto temporaneo, provocato dalla speculazione, e rappresenta ora una formidabile occasione di acquisto.8
LA STRANA COMPIACENZA DEL GOVERNO
Nonostante tutta questa negatività intorno al dollaro USA, i tipi che gestiscono la nostra economia sembrano dei minatori che davanti a un canarino in coma, si chiedono cosa gli stia succedendo e concludono che forse sta schiacciando un pisolino.
Con una modalità che, se non si trattasse di una cosa molto seria potrebbe
apparire addirittura divertente, di tanto in tanto assistiamo a quelli che io amo
definire “avvistamenti di un dollaro forte,” causati da dichiarazioni/sfoghi di
funzionari del Tesoro che affermano “gli Stati Uniti sostengono un dollaro forte.” Questi proclami, reminiscenti della mitica “politica del dollaro forte” degli anni Clinton-Rubin, sono realistici tanto quanto BigFoot o il mostro di Loch
Ness. Le cose oramai sono andate troppo avanti.
Certamente l’amministrazione preferirebbe avere un dollaro forte, ma è
oramai invischiata in un dollaro in declino e non c’è nulla che possa fare per
raddrizzare il timone. Il desiderio è simile all’intenzione espressa di uno studente di entrare a far parte della lista con i migliori studenti della sua scuola
(la dean’s list). Farlo è certamente nel miglior interesse dello studente, ed è sicuramente cosa preferibile all’essere bocciato. Ma possiamo tranquillamente
affermare che uno studente che si pone l’obiettivo di conseguire il massimo
dei voti e contemporaneamente salta le lezioni, si fa le canne e trascorre le notti in giro per feste difficilmente riuscirà a conseguire un tale obiettivo.
Il dollaro in discesa è la conseguenza di un’economia americana caratterizzata da
una produzione in rallentamento, risparmi insufficienti, consumi sfrenati, debiti domestici in aumento, deficit di bilancio federale che si gonfiano, e di una Fed eccessivamente accomodante.
COME È PROBABILE CHE LE COSE VADANO
Ciò che sta per accadere, presto o tardi, è che gli stranieri non vorranno più i
nostri dollari, e quindi smetteranno di mandarci i loro prodotti e cominceranno a spendere i dollari che si sono accaparrati comprando merci che noi abbiamo. Quindi, si verificherà esattamente l’opposto di ciò che abbiamo ora.
Tutti quei dollari che sono conservati in Cina, Giappone e altrove stanno per
invadere gli USA e far schizzare verso l’alto i prezzi di qualsiasi cosa sia inchiodata per terra.
NdT: Al momento in cui questo testo è tradotto in lingua italiana, estate 2008, l’oro ha raggiun
to il livello di 900 dollari l’oncia.
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CAPITOLO 3 - PER POCHI DOLLARI IN PIÙ: IL DECLINO DELLA NOSTRA VALUTA
E quando questo accadrà, anche se la Fed cominciasse ad assorbire liquidità, i prezzi saliranno fino in cielo. La Fed è ora intrappolata tra inflazione e recessione, ed è troppo tardi per fermare le conseguenze di entrambe.
Tutta l’inflazione che abbiamo creato negli ultimi vent’anni e che i cinesi e
i giapponesi hanno tenuto a bada assorbendo i nostri dollari ci tornerà indietro come uno tsunami. Gli stranieri cominceranno a spendere i dollari qui in
casa nostra e la liquidità, e con essa i prezzi, schizzeranno verso l’alto.
In questo momento, i nostri partner commerciali hanno la nostra valuta investita nelle nostre obbligazioni. Non stanno spendendo i nostri dollari ai grandi magazzini. Non stanno comprando tazze e padelle, o televisori - insomma,
merce vera. Ma tutto questo cambierà.
Quando essi non vorranno più tenersi i nostri titoli finanziari, allora vorranno comperare i nostri beni di consumo e i loro prezzi schizzeranno alle stelle. Qui ci riferiamo a macchine usate, mobili, e apparecchiature elettriche. Noi
non abbiamo le industrie per fare nuove cose, e le merci inviate in questo paese stanno per essere fermate. Tutte quelle navi container rimarranno in Cina.
UN AVVERTIMENTO ONESTO
Quelli tra voi che ancora possiedono dollari farebbero meglio a riflettere seriamente e a non considerare le chiacchiere su una fantomatica politica del dollaro forte. L’alternativa è andare giù insieme alla nave che affonda, con il capitano che saluta sulla cima della nave, con l’acqua fino alla cintola, e che rassicura tutti: “E’ nell’interesse dei passeggeri avere una nave forte.”
E non credete al fatto che investitori privati stranieri prenderanno il posto
delle banche centrali estere quando queste non ci faranno più credito. I nostri
creditori privati sono solo una piccola parte del totale e cercare di attirare più
capitali privati innalzando i tassi di interesse farebbe sicuramente scoppiare
la bolla immobiliare e manderebbe i nostri già stremati cittadini a giudizio per
bancarotta.
Non appena il dollaro perderà il suo status di valuta di riserva e il crollo
seguirà, il ritorno a una vitalità economica sarà molto duro e richiederà una
notevole austerità sia al governo che ai cittadini. Resta da vedere se gli Stati
Uniti saranno all’altezza di un tale compito. Sebbene scettico, io resto comunque speranzoso.
In ogni caso, potete proteggervi dal crollo e prepararvi a trarre profitto dal
processo di ricostruzione dell’economia. Sto per mostrarvi in che modo.
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CAPITOLO 4
Il Paese dell’Inflazione:
L’Errore della Federal Reserve
C
ome il compare nel gioco delle tre carte, i numeri ufficiali dell’inflazione
sono delle esche sistemate per non farvi rendere conto di quello che sta
realmente accadendo con l’inflazione, che è l’espansione invisibile della massa monetaria da parte della Federal Reserve e la conseguente diminuzione del
potere di acquisto del dollaro.
Al meglio, gli indici dei prezzi al consumo (IPC) e alla produzione (IPP),
seguendo l’andamento dei prezzi, misurano gli effetti dell’inflazione e non
l’inflazione stessa. Il significato di tutto questo è che può esistere inflazione
prima che i suoi effetti si manifestino. Ciò permette di poterla nascondere, il
che è di primaria importanza per il nostro governo, che necessita dell’inflazione per attuare il proprio programma, ma che per altre ragioni non può permettersi che la sua reale estensione sia ufficialmente riconosciuta (vedi la figura 4.1).
Come abbiamo visto nel secondo capitolo, sia l’IPC che l’IPP sono manipolati per far sì che essi rappresentino un livello di inflazione che l’opinione
pubblica possa considerare accettabile. Parametri opportunamente concepiti
che sembrano rappresentare una relativa stabilità dei prezzi possono far sì che
l’opinione pubblica resti ignara di ciò che sta realmente accadendo al potere
di acquisto del dollaro USA.
In questo capitolo vi spiegherò che cos’è l’inflazione e perché essa è in generale male interpretata; perché il nostro governo, per mezzo della Federal Reserve, crea l’inflazione e la nasconde; i mezzi che il governo usa per disinformare l’opinione pubblica circa l’inflazione; la storia passata della politica monetaria della Federal Reserve e in che modo si sia abusato dei suoi poteri; perché la cattiva gestione della nostra politica monetaria ci ha messo in un grande guaio; e come la cattiva gestione della nostra economia farà sentire i suoi
effetti su di voi.
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A PROVA DI CRASH
FIGURA 4.1 - Indice dei prezzi al consumo, variazione annua, 1997 - 2006. Persino questo indice governativo, largamente fallace e molto manipolato, rivela che l’inflazione è in aumento, anche se il governo e Wall Street sostengono che essa era abbastanza moderata. Nel momento in cui il problema è stato riconosciuto anche parzialmente,
la risposta del governo è stata insignificante e tardiva.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
COSA È L’INFLAZIONE E COSA NON È
Inflazione significa espansione, come un pallone si espande quando voi lo gonfiate. In economia, l’inflazione fa riferimento all’espansione della quantità di
dollari in circolazione, chiamata liquidità. Quando viene introdotta in un’economia un’ulteriore massa monetaria o nuovo credito, si diluisce la massa monetaria precedentemente in essere, ed il livello generale dei prezzi (prezzi aggregati) aumenta, assumendo però che l’ammontare di beni e servizi interno
al sistema resti costante. Si comprenda bene la distinzione: La massa monetaria si espande e si contrae. I prezzi vanno su e giù. Inflazione e aumento dei
prezzi non sono quindi la stessa cosa. La prima è la causa, l’altro è l’effetto.
Il motivo per cui l’espansione della massa monetaria provoca l’espansione dei prezzi aggregati è semplice. All’aumentare della quantità di denaro relativamente alla quantità di merci disponibili sul mercato, vi è bisogno di più
denaro per acquistare una prefissata quantità di merce. In altre parole, il valore del dollaro risulta ridimensionato relativamente alla quantità di merci disponibili per la vendita. Si tratta dell’offerta, rappresentata dai venditori, e della domanda, rappresentata dai compratori. Qualsiasi bambino che fa collezione di figurine di giocatori di baseball capirebbe. Più una certa figurina è in
circolazione, minore è il suo valore. Il valore di una figurina è funzione della
sua rarità. Più abbondante è la quantità di una certa materia, minore è il suo
valore. Lo stesso vale per il denaro.
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CAPITOLO 4 - IL PAESE DELL’INFLAZIONE: L’ERRORE DELLA FEDERAL RESERVE
COME L’INFLAZIONE CREA UNA DOMANDA ARTIFICIALE
Quindi l’inflazione è espansione monetaria o, in altre parole, più denaro che
dà la caccia a una quantità di merci costante o in diminuzione. Non c’è bisogno che vi sia un’aggiunta fisica di dollari alla quantità di denaro in circolazione. Può trattarsi semplicemente anche di un’espansione del credito. Qualsiasi cosa che aumenta in modo artificioso la richiesta per beni e servizi è inflazione. Stampare denaro è un termine figurato che indica in realtà i diversi
modi con cui la Fed aggiunge liquidità all’economia.
(Poiché la parola richiesta nel linguaggio non economico connota desiderio e
bisogno, crea qui minor confusione pensare che esso si riferisca collettivamente ai compratori o utilizzatori, non essendovi qui la presenza di un incentivo.)
La richiesta è artificiale perché essa non è dovuta a una maggiore produttività, bensì all’inflazione. Ad esempio, in un’economia basata sul baratto, la
richiesta di un ciabattino è determinata da quante scarpe egli riesce a produrre. Più scarpe produce, maggiore è la sua capacità di scambiare scarpe con altri prodotti, ovvero possiamo dire che maggiore è la richiesta di scarpe che egli
produce (fino a un certo punto). La richiesta è quindi creata dalle scarpe che
il ciabattino fabbrica,e le scarpe sono una merce reale che va a soddisfare il bisogno di chiunque ne abbia bisogno.
Paragoniamo tutto questo con l’espansione della quantità di denaro, che
non aggiunge nessuna merce reale all’economia. La richiesta creata dall’inflazione, quindi, è artificiale, in quanto non vi è produzione di alcun bene tangibile. Ciò che ne consegue è semplicemente un aumento dei prezzi - non di tutti i prezzi singolarmente, ma dei prezzi considerati nel loro insieme - come riflesso del nuovo equilibrio tra una massa monetaria accresciuta e la quantità
costante di merci in vendita.
Il principio dell’economia che regola questo meccanismo è noto come Legge di Say, o Legge dei Mercati di Say, dal nome dell’economista francese JeanBaptiste Say. Sebbene la Legge di Say sia spesso riassunta dicendo “La disponibilità crea la richiesta (domanda)”, l’elemento produttivo gioca un ruolo essenziale, e quindi un modo più preciso per esprimere questa legge è “la produzione crea il consumo”, o, ancora meglio, “La merce prodotta da ciascun
fabbricante crea la sua richiesta per la merce prodotta da altri fabbricanti.” In
questo modo, esiste sempre nell’insieme un equilibrio tra quantità di merce
richiesta e quantità di merce disponibile. (Say riconobbe che avrebbero potuto esserci degli eccessi o una scarsità di alcuni determinati prodotti.) Un altro
modo di esprimere tutto questo è: Sei interessato alle mie mele? Che cosa hai
da offrirmi in cambio? Say era anche convinto che la creazione di una maggior quantità di denaro porta semplicemente alla creazione dell’inflazione; una
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A PROVA DI CRASH
maggior quantità di denaro che serve per procurarsi la stessa quantità di beni disponibili sul mercato non porta ad un aumento della richiesta reale.
PERCHÉ L’INFLAZIONE È IL COMPAGNO SILENTE DEL GOVERNO
I governi amano l’inflazione. Essa consente loro di prelevare soldi dalle tasche
delle persone senza che queste se ne accorgano.
Ma perché il governo dovrebbe voler confiscare segretamente il vostro denaro (che è esattamente quello che fa la Fed quando aumenta la liquidità del
sistema) e quindi creare inflazione e diminuire il vostro potere di acquisto?
Pensate forse che il mio linguaggio sia un po’ troppo sferzante per via dei
termini confiscare e segretamente? Nulla di diverso rispetto a quello che l’ex presidente della Federal Reserve Alan Greenspan scriveva nel suo saggio “Gold
and Economic Freedom” del 1966, ove egli definiva l’inflazione “una strategia per la confisca segreta della ricchezza.” Il 16 Agosto del 2006, il Governatore della Fed Richard W. Fisher, affermò in un discorso dal titolo “Un aggiornamento sullo stato dell’economia e le sue implicazioni per la politica monetaria” (discorso riportato sul sito web della Banca della Federal Reserve di
Dallas): “[L’inflazione] è una forza oscura che ha la capacità di affascinarvi e
di farvi percepire distortamente la realtà, ma alla fine vi manda in rovina.”
Vi sono cinque motivi per cui si crea l’inflazione:
1. L’inflazione rende maggiormente gestibile il debito pubblico, in quanto esso può essere ripagato con denaro di minor valore.
2. In una democrazia con elettori personalmente indebitati, il governo sembrerà adottare politiche ben accette da questi anche quando favorisce
gli interessi di coloro che i soldi li hanno prestati.
3. L’inflazione permette di finanziare iniziative sociali che sono ben accette dall’opinione pubblica, ed evita di ricorrere alla sgradita alternativa di aumentare le tasse, trasformando così di fatto lo Zio Sam in Babbo Natale.
4. Il consumo dovuto all’inflazione viene confuso con la crescita economica, che a sua volta viene confuso come segno di economia in salute.
(Ovviamente, il PIL viene teoricamente scalato per tener conto dell’inflazione, ma questo non è davvero importante se i parametri utilizzati
per quantificare l’inflazione non sono veritieri.)
5. L’inflazione porta ad un aumento nominale del valore di titoli quali azioni e unità immobiliari, instillando quindi nella testa degli elettori l’illusione della creazione di ricchezza anche se in realtà il potere di acquisto di questi titoli è diminuito.
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CAPITOLO 4 - IL PAESE DELL’INFLAZIONE: L’ERRORE DELLA FEDERAL RESERVE
PERCHÉ IL GOVERNO VUOLE CHE IL SUO PARTNER SILENTE RESTI NASCOSTO
Il governo ha poi cinque motivi per nascondere l’inflazione:
1. Tenere bassi gli interessi sul denaro preso in prestito dal governo; se vi
fosse un’inflazione elevata allora i rendimenti dei titoli di stato dovrebbero tenerne conto ed essere più elevati.
2. Le spese della previdenza sociale e altre forme di benefit sono agganciate all’inflazione misurata dall’IPC, ed, essendo quest’ultimo sottostimato, esse costano meno.
3. Gli scaglioni di reddito per il pagamento delle tasse e le detrazioni di
imposta sono agganciate all’IPC.
4. Valori bassi dell’inflazione aiutano a tenere bassi i tassi di interesse per
tutti, permettendo così alla nostra economia, ormai dipendente dal debito, di continuare nella sua falsa crescita.
5. L’introduzione di titoli del Tesoro protetti dall’inflazione (ovvero con
rendimenti agganciati all’inflazione) richiede che il governo aumenti gli
interessi e le cedole per riflettere l’aumento dell’IPC. Praticamente la
volpe è stata assunta a guardia del pollaio!
Quindi il governo ha interesse sia nel creare l’inflazione sia nel far si che
questa appaia sottostimata nelle statistiche e nei report ufficiali.
MA L’INFLAZIONE COSÌ PENETRANTE A UN CERTO PUNTO
DOVRÀ PUR COMPARIRE NELL’IPC?
Il motivo per cui l’inflazione che è stata creata espandendo la massa monetaria in circolazione può rimanere in gran parte nascosta ha a che fare col fatto
che i prezzi aumentano in varie fasi. Molto dipende dal modo in cui il nuovo
denaro viene introdotto nel sistema e da dove viene speso per la prima volta.
L’inflazione può rendersi più marcatamente visibile nei prezzi dei titoli finanziari che non nei prezzi delle merci, come è successo durante la bolla azionaria
degli anni ’90 e nella più recente bolla del mercato immobiliare. Parte dell’inflazione va poi all’estero sotto forma di dollari che i nostri partner commerciali depositano nelle loro banche centrali convertendoli nella loro valuta: in questo modo il loro effetto sui prezzi del nostro mercato interno viene ritardato.
Quindi, non posso dire quando, e persino se, un’espansione della massa
monetaria si concretizzerà in un aumento dei prezzi dell’IPC. Quello che so è
che è il governo a calcolare l’IPC e che questi non è intenzionato a rivelare
quanto sia realmente alta l’inflazione. Forse il governo deciderà di ridurre il
paniere dei beni utilizzato per il calcolo dell’IPC a un singolo microchip o a
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A PROVA DI CRASH
qualcosa che non è soggetto ad aumenti di prezzo, assicurandosi quindi che
non vi sarà mai alcuna inflazione ufficiale.
Pur tuttavia, resta il fatto che l’inflazione sta facendo aumentare alcuni prezzi. Forse non riusciamo a misurarne la reale entità, ma possiamo vedere tutto
questo semplicemente tenendo gli occhi aperti.
I MODI IN CUI IL GOVERNO NASCONDE LA VERITÀ SULL’INFLAZIONE
I Capri Espiatori: La Spinta dei Costi, l’Aumento della Domanda,
la Spirale Salari-Prezzi
I prezzi in aumento sono stati identificati con l’inflazione perché il governo voleva distogliere l’attenzione pubblica da ciò che aveva in primo luogo causato
l’aumento dei prezzi. Se la gente si accorgesse che la Fed sta creando l’inflazione invece di combatterla, urlerebbe a squarciagola. Per poter incolpare qualcun
altro, il governo e la Fed hanno semplicemente ridefinito il termine inflazione.
Si è adottato quindi un linguaggio pomposo della forma di “inflazione da
spinta dei costi”, “inflazione da aumento della domanda” e la temibile “spirale salari-prezzi”. Questo nuovo gergo è stato creato per rappresentare l’inflazione come un fenomeno economico inevitabile, dovuto a fattori quali crescita economica, speculazioni, sindacati agguerriti, imprenditori a caccia di
profitti (ovvero avidi) - in sintesi qualsiasi cosa tranne il governo.
Soffermiamoci per un attimo sul concetto di “spinta dei costi”. Per chi costruisce automobili, il costo dell’acciaio è il prezzo a cui chi produce acciaio lo
mette in vendita. Costo e prezzo sono quindi, in realtà, due parole che descrivono la stessa cosa, semplicemente da due diversi punti di vista.
Lo stesso ragionamento si applica ai salari, che sono semplicemente il prezzo al quale i lavoratori vendono il proprio lavoro. Il termine “spirale salariprezzi” quindi non è nulla più che una prodigiosa metafora della medesima
sciocchezza. E’ come dire che i prezzi salgono perché i prezzi salgono. All’apparenza, tuttavia, citare altri termini per certi tipi di prezzi, come ad esempio
i termini costo e salario, permette al governo di far sembrare valido un ragionamento vizioso.
Lo stesso accade con la cosiddetta “inflazione da aumento della domanda.” In una economia stabile vi è un certo equilibrio tra quantità di denaro e
quantità di beni e servizi acquistabili. Certamente può capitare che la richiesta di un certo bene o servizio possa aumentare o diminuire, facendone variare il prezzo di conseguenza. Per definizione, comunque, vi sarà uno squilibrio di domanda di segno opposto da qualche altra parte nel sistema. Quindi,
la richiesta complessiva (il termine economico è aggregata) e i prezzi nel compresso rimarrebbero inalterati. L’unica cosa che potrebbe causare un aumen58
CAPITOLO 4 - IL PAESE DELL’INFLAZIONE: L’ERRORE DELLA FEDERAL RESERVE
to dei prezzi aggregati è o un’espansione della massa monetaria, o una riduzione della disponibilità di beni e servizi, due aspetti dello stesso fenomeno.
Addossando la colpa dell’aumento dei prezzi alla domanda in espansione, il
governo cerca di trasmetterci il falso messaggio che l’inflazione si accompagna necessariamente alla crescita economica, ovvero che quasi quasi noi siamo vittime del nostro stesso successo. La realtà, ovviamente, è che una reale
crescita economica porta a una diminuzione dei prezzi, perché l’incremento
della produttività porta ad un aumento delle merci prodotte relativamente alla quantità di denaro disponibile.
Un Altro Capro Espiatorio: Le Aspettative di Inflazione
Un altro modo per allontanare dal governo la colpa per l’aumento dell’inflazione e riversarla sul mercato è ricorrere al concetto che l’inflazione dipende
anche dalle aspettative delle persone. Il ragionamento è che se gli imprenditori si aspettano che l’inflazione sia in arrivo allora essi aumentano i prezzi,
creando di fatto l’inflazione. La conclusione errata di questo ragionamento è
che l’inflazione può essere controllata smorzando le aspettative che essa sia in
arrivo. Un po’ come incolpare della pioggia le persone che hanno avuto la previdenza di uscire con un ombrello. Persuadere le persone a lasciare il proprio
ombrello a casa non sarà utile a fermare la pioggia, ma certamente farà sì che
un sacco di gente resti inzuppata come una spugna.
L’Uso Errato dell’Inflazione Core
I parametri che descrivono l’inflazione core, come già detto precedentemente, escludono le componenti più volatili dell’IPC, gli alimentari e l’energia, sulla base del ragionamento per cui il loro inserimento nell’indice distorcerebbe
le estrapolazioni basate su dati che fanno riferimento a un periodo di tempo
breve. Questo è un punto di vista condivisibile, ed infatti è nel ritenere che l’inflazione core sia l’indicatore primario di inflazione che entra in gioco il raggiro. Poiché la spesa alimentare ed energetica rappresenta una delle componenti
preponderanti dell’IPC, escluderle dal calcolo porta ad avere dei numeri infinitamente più bassi. Così, provate un po’ a indovinare a quale parametro fa
riferimento il governo quando rende noti i dati sull’inflazione. L’inflazione core, naturalmente, nonostante il fatto che essa non porti in conto i prezzi che
hanno il maggior impatto su di noi. Il “numero complessivo” quello che include cibo ed energia, è menzionato come secondo, se è il caso.
Il fatto che l’esclusione di alimentari ed energia dalle presentazioni annuali
sia fatta sistematicamente è un raggiro persino più palese in quanto l’arco temporale di un anno elimina automaticamente l’effetto di eventuali distorsioni
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A PROVA DI CRASH
di breve periodo. Infatti, quando tali aumenti di prezzo sono rilevanti su una
finestra temporale di un anno non si tratta di volatilità, ma di un trend.
Ancora più singolari sono le presentazioni dei media che usano l’indice IPC
core per fare confronti su un arco temporale di più anni. In molti casi i media
riferiscono esclusivamente dei numeri core, senza menzionare gli indici globali. Per la verità, qualcuno potrebbe ragionevolmente sostenere che alimentari ed energia sono merci talmente vitali che se i loro prezzi andassero troppo
in su allora le altre merci necessariamente dovrebbero calare di prezzo. I consumatori, dopo essersi nutriti e riscaldati, non avrebbero denaro per comprare null’altro. Quindi, se qualcuno tra i prezzi che compongono l’indice IPC deve considerarsi “core,” questo è sicuramente quello del cibo e dell’energia.
Il Prezzo del Petrolio e l’Inflazione Core: L’Elefante nel Soggiorno
L’assurdità della scelta della Fed di usare l’indice IPC core per distrarre l’attenzione dalla vera inflazione non potrebbe essere più palese di quanto lo sia
oggi con i prezzi del petrolio su vette così alte.
Il petrolio, naturalmente, rappresenta una voce del comparto energia, e in
quanto tale è escluso dai parametri core, sebbene il suo prezzo si fa sentire in
modo ineluttabile, direttamente o indirettamente, su ogni cittadino americano.
La tradizionale vulnerabilità dei prezzi del petrolio alle tensioni politiche
nel Medio Oriente, combinata con la volatilità degli ultimi mesi, rende facile
al governo dare la colpa dei recenti massimi a questi eventi, il che è particolarmente inopportuno in quanto i recenti trend al rialzo sono proprio dovuti
all’inflazione.
Di fatto, sono stato uno dei primi della comunità finanziaria a predire nel
lontano 2003 che il petrolio avrebbe superato i 70 dollari al barile. Mentre scrivo queste cose nel mese di Settembre 2006, i prezzi di gas e petrolio hanno subito una brusca caduta che può spiegarsi, credo, con motivi tecnici di natura
passeggera.
Ci sono essenzialmente due motivi per cui credo che il prezzo del petrolio
riprenderà la sua corsa di lungo periodo. Anzitutto, anni ed anni di prezzi bassi e la falsa percezione che i prezzi sarebbero rimasti a quei livelli indefinitamente ha indotto le compagnie petrolifere a disinvestire nelle attività di ricerca e sfruttamento di nuovi giacimenti, e i consumatori a fare un uso smodato
delle risorse energetiche. Secondo, mi aspetto che la domanda dei paesi asiatici cresca non appena il potere di acquisto transiterà dagli USA all’Asia e la conseguente rivalutazione delle valute asiatiche renderà più economico il petrolio.
L’aumento dei prezzi del petrolio è una diretta conseguenza dell’inflazione, e non una sua causa: questo fatto dovrebbe essere onestamente ammesso.
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CAPITOLO 4 - IL PAESE DELL’INFLAZIONE: L’ERRORE DELLA FEDERAL RESERVE
L’Indice PCE e la Furberia delle Sostituzioni
Ci crediate o meno, PCE sta per “Chain-Type Price Index of Personal Consumption Expenditures” (Indice dei prezzi a catena per le spese personali di
consumo); questo indice è stato introdotto dall’Ufficio di Analisi Economica
del Dipartimento del Commercio, e fu adottato nel 2002 dal Comitato Federale per il Libero Mercato (FOMC) della Federal Reserve come il suo principale indicatore dell’inflazione.
Da quel che si dice, la Fed crede che l’indice PCE, che traccia quella parte
del PIL rappresentata dalla spesa delle singole persone, sia più indicato dell’IPC perché esso tiene meglio in conto il fatto che, al cambiare dei prezzi dei
beni e dei servizi, cambiano anche le abitudini dei consumatori.
In altre parole, mentre l’IPC, che è manipolato nel modo che abbiamo già
descritto, tenta di tracciare le variazioni di prezzo di un paniere fisso di beni e
servizi, il PCE invece opera continue sostituzioni in questo paniere. La teoria è
che se una voce diventa troppo costosa, allora questa va sostituita con un’altra.
Amo fare il paragone con una persona seduta in una stanza riscaldata al
punto giusto, sotto un lampadario a bracci e seduto gustando un ottimo filetto. Ora, saltiamo ad alcuni anni dopo assumendo che ci sia stata inflazione. La
stessa persona, è seduta nella stessa stanza; non essendovi più il riscaldamento,
essa è ora avvolta in delle coperte;non essendovi più l’elettricità, ricorre alla
luce di una candela; e non potendo più permettersi il filetto, sta mangiando
cibo per gatti. Tuttavia, poiché questa persona spende la stessa quantità di denaro in entrambe queste situazioni, secondo l’indice PCE non vi è stata inflazione. Dopo tutto, è ancora al caldo, ha la luce, e mangia ancora.
Se volete davvero vedere gli effetti dell’inflazione, guardatevi intorno. I
prezzi stanno aumentando ovunque guardiate, mentre gli indici IPC, IPP e
PCE dicono un’altra cosa. Questo perché tali indici non misurano quanto i
prezzi in giro siano effettivamente aumentati, ma solo l’aumento che il governo vuole farci percepire. Credere all’indice IPC o agli altri è come uscire di
casa senza ombrello in un giorno di pioggia solo perché un report del governo ha detto che vi sarebbe stato il sole.
La Minaccia della Finta Deflazione
Il governo afferma che un aumento nel tasso ufficiale di inflazione va bene perché mostra che stiamo riuscendo ad evitare la deflazione. Ci prendono in giro.
Ho già accennato a questo, ma trovo particolarmente irritante l’uso della
minaccia di una falsa deflazione per portare avanti la campagna di disinformazione sull’inflazione. Un conto è far sembrare una cosa negativa un po’ meno negativa, ma altro far sembrare negativa una cosa positiva.
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A PROVA DI CRASH
Ciò è esattamente quello che sta facendo il nostro governo, aiutato dalla
comunità finanziaria, interpretando l’inflazione come in qualche modo positiva perché di aiuto nel contrastare la deflazione.
Guardate il Giappone, ci dicono. Il Giappone ha prezzi in discesa e un’economia in declino, quindi l’economia debole è la conseguenza dei prezzi in
calo. Ma questa è una logica errata. E’ vero che l’economia del Giappone è debole e che i prezzi sono in calo, ma è sbagliato sostenere che le due cose vadano a braccetto.
Senza entrare molto nei dettagli dei problemi dell’economia giapponese
(sebbene farlo non sarebbe fuori tema), in quel paese alla fine degli anni ’90 vi
fu lo scoppio di una bolla che non è poi stata fatta riassorbire in modo naturale. I tentativi ripetuti di ridare fiato all’economia giapponese con programmi di spesa riuscirono solo ad aumentare il suo debito. E la ristrutturazione
delle industrie, sebbene abbiano attratto capitali stranieri, non ha risolto il problema del deficit di bilancio.
Ma i prezzi in discesa non sono un problema per il Giappone, ma bensì una
delle poche note positive per l’economia giapponese, che avrebbe avuto problemi di gran lunga più seri se i prezzi si fossero invece mossi al rialzo.
La deflazione, che noi definiamo da un punto di vista tecnico come l’opposto dell’inflazione, a significare che in epoca di deflazione la liquidità si contrae,
è erroneamente definita dal governo e da Wall Street come la caduta dei prezzi al consumo. Usando una tale erronea definizione, mi dite che c’è di male se
i prezzi vanno giù? In genere, non sono i bassi prezzi benefici e forieri di tenori di vita più elevati? Perché dovrebbe esserci un problema se il cibo diventasse meno costoso, o se l’istruzione e le cure mediche fossero alla portata di più
persone? Che c’è di male nel riuscire a comprare cose ad un prezzo più basso?
Perché il governo deve salvarci dalla presunta sventura dei prezzi in calo?
In più, contrariamente a quello che comunemente si crede, in una economia in salute i prezzi in calo sono un fenomeno molto più naturale che non i
prezzi in aumento. I produttori recuperano i costi sostenuti e realizzano economie di scala che portano a prezzi finali più bassi, il che porta a maggiori
vendite, maggiori utili, e tenori di vita in aumento. Di fatto, è una tendenza
naturale dell’economia tenere i prezzi delle merci bassi in modo da renderle
di successo.
Il miglior esempio di quello che vi sto dicendo è la rivoluzione industriale statunitense, un periodo di ineguagliata crescita economica durante il quale il nostro paese si trasformò da società rurale in società industriale, con le
persone che cominciarono a guidare un’automobile invece che cavalcare un
cavallo e a sostituire le candele con l’energia elettrica. Per più di cento degli
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CAPITOLO 4 - IL PAESE DELL’INFLAZIONE: L’ERRORE DELLA FEDERAL RESERVE
anni più prosperi della storia americana abbiamo avuto prezzi in calo, talvolta anche in brusco calo.
Nel periodo che va dal 1780 al 1913, l’unica volta che si sono registrati prezzi in aumento è stato durante la Guerra Civile, quando l’introduzione delle
banconote fece aumentare la massa monetaria in circolazione. Quando la guerra termino, il denaro cartaceo fu ritirato e i prezzi ripresero a scendere.
La solita paura di prezzi in calo, come detto nel Capitolo 2, semplicemente non ha senso. A meno che un’economia non sia in piena caduta libera, le
persone non smettono di acquistare aspettando prezzi più bassi, come abbiamo dimostrato con l’esempio della TV a schermo piatto. Certamente, a 10.000
dollari non se ne vendevano molte, ma, non appena i prezzi sono calati a valori ragionevoli, subito è affiorato un pressante desiderio e la gente ha acquistato i televisori al prezzo che riteneva congruo.
E anche il ragionamento che i prezzi in calo vanno ad intaccare gli utili delle imprese non ha senso. Gli utili sono rappresentati dai margini che sono indipendenti dal prezzo di vendita, e ciò che si perde a causa del basso prezzo
di una merce è ricompensato dall’aumento della quantità che se ne vende.
Tuttavia, sotto la maschera della “stabilità dei prezzi,” generalmente definita come l’aumento fisiologico del 2 - 3% all’anno, il governo depreda i suoi
cittadini di tutti i benefici che deriverebbero da prezzi in calo e usa il bottino
per comprare voti, di fatto barattando l’aumento del tenore di vita dei cittadino con la loro propria rielezione. In aggiunta, la naturale tendenza dei prezzi a diminuire rende l’inflazione ancora meno ovvia all’opinione pubblica, in
quanto ci vuole un certo ammontare di inflazione all’anno solo per evitare che
questi scendano.
La vera deflazione, o contrazione del credito, può in realtà portarci all’inflazione perché la Fed introduce nuova liquidità per rimpiazzare la capacità di
credito andata persa per via dei fallimenti. Il nuovo denaro non rigonfierà la
bolla appena scoppiata per riportare su i prezzi delle azioni o delle unità immobiliari, ma andrà a finire direttamente dentro i prezzi dei beni di consumo
e delle materie prime, portando quindi ad un aumento del costo della vita.
La Decisione del Governo di Non Rendere Più Nota la Quantità di Massa Monetaria
Come se non fosse già una cosa negativa che il governo faccia di tutto per non
farci accorgere che sta creando inflazione attraverso l’espansione della massa
monetaria, nel 2006 ha compiuto un atto ancora più sfrontato. Col fine apparente di complicare la vita a quelli tra noi intenzionati a misurare gli aumenti
di massa monetaria, ha annunciato che non avrebbe più reso noto l’indice M3
(vedi figura 4.2).
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A PROVA DI CRASH
FIGURA 4.2 - La massa monetaria M3, 1980 - 2005. L’incremento di quasi venti volte dell’indice M3 ci rivela la reale entità dell’inflazione creata dal governo. Vi meravigliate ora del fatto che la Fed abbia smesso di rendere nota la
vera inflazione e si è focalizzata su parametri maggiormente criptici?
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
L’indice M3 è il parametro maggiormente informativo tra molti che la Fed
utilizza per classificare l’ammontare totale di denaro nella nostra economia,
o, in altre parole, la liquidità. Elementi che costituiscono la massa monetaria
vanno dalla valuta realmente in circolazione, la base monetaria, a ciò che è noto come “quasi-valuta,” ovvero buoni del Tesoro, obbligazioni risparmio, cambiali, e altri asset che siano prontamente convertibili in denaro liquido. L’indice M3 include tutto ciò con l’eccezione di alcuni tipi di quasi-valuta e rappresenta il totale di massa monetaria in circolazione.
Ora non possiamo più vedere l’andamento di tale massa.
E Non Ci Accorgiano dell’Inflazione che Stiamo Esportando
Un altro fattore che sta attenuando l’effetto dell’inflazione sui prezzi al consumo è il fatto che una buona parte della valuta che abbiamo creato è andata
all’estero invece che rimanere qui a far salire i prezzi. Se non ci fosse la Cina,
se fossimo un sistema chiuso, e stessimo stampando valuta come ora, non producendo e spendendo qui sul mercato interno tutta la valuta disponibile, i
prezzi avrebbero già spiccato il volo.
Ma i nostri partner commerciali, prendendosi i nostri dollari non hanno
eliminato l’inflazione, ne hanno semplicemente ritardato gli effetti. Un bel giorno il flusso si invertirà, e i Cinesi (e non solo loro) useranno i loro dollari per
comperare merci e proprietà negli Stati Uniti. Quando ciò si verificherà, i prezzi schizzeranno all’insù, poiché gli Americani entreranno in competizione con
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CAPITOLO 4 - IL PAESE DELL’INFLAZIONE: L’ERRORE DELLA FEDERAL RESERVE
gli acquirenti stranieri per l’accaparramento di una quantità limitata di beni.
Vista la nostra scarsa capacità produttiva, buona parte di questi saranno beni
di seconda mano. In effetti, semplicemente accadrà che i Cinesi si riprenderanno quelle merci che ci avevano venduto a credito!
In verità, per quanto riguarda la Cina, il cambio fisso del dollaro contro lo
yuan ha fatto sì che i prezzi delle merci importare negli USA rimanessero bassi in modo innaturale, portando a un temporaneo calmieramento dei prezzi
al consumo. Molti economisti credono che l’esportazione di “deflazione” fatta in questi anni dalla Cina faccia parte del nuovo status quo e possa continuare all’infinito. La realtà è che questo è stato un colpo di fortuna temporaneo. Quanto prima, la Cina permetterà alla sua valuta di apprezzarsi, e le esportazioni Cinesi diventeranno più costose a causa di tale rivalutazione e dei maggiori costi dei materiali grezzi e del lavoro.
Quindi, per colpa della disinformazione che il governo compie deliberatamente, è
difficile tenere traccia dell’inflazione reale, soprattutto ora che non conosciamo più il
valore dell’indice M3. E, mentre stiamo tutti per pagarne le conseguenze, il governo
resta a guardare. Ma l’inflazione c’è, pura e semplice, e questo significa che i prezzi
aggregati aumentano e il potere di acquisto del dollaro diminuisce. Tutto questo è un
brutto presagio per il vostro tenore di vita, a meno che non adottiate misure per proteggervi. Quindi continuate a leggere.
COME L’INFLAZIONE CREATA DAL GOVERNO È DIVENTATA UNA LINEA POLITICA
Il raggiro dell’opinione pubblica fatto mostrando indici che facciano credere
che l’inflazione è sotto controllo a livelli dell’1 - 2% (mentre in realtà è intorno all’8 - 9%) è in realtà un’operazione alquanto recente.
Se torniamo indietro ai primi anni ’70, il paniere dei prezzi al consumo tracciato dall’IPC, sebbene non rappresentasse un indicatore perfetto, era almeno
utilizzato nelle sue decisioni dallo stesso governo. Avevamo ancora il regime
aureo, il che vincolava a una gestione conservativa della massa monetaria.
Quando a quei tempi l’inflazione raggiunse il 4%, questa fu presa estremamente sul serio e si agì controllando i salari e i prezzi, il che, sebbene non fosse di sicuro una buona strategia, fu almeno il pubblico riconoscimento che il
problema esisteva. Oggi invece l’inflazione reale è molto più alta, e ci viene
detto che essa è virtualmente inesistente.
L’amministrazione Ford è stata la prima che dovette affrontare i problemi
causati dall’inflazione introdotta dallo stesso governo. La sua strategia, ispirata da un giovane Greenspan, all’epoca presidente del Council of Economic
Advisors, fu quella di addossare la colpa dell’inflazione ai cittadini. Ricordate le spillette con su scritto “Batti ora l’inflazione”? Come se ciascun impren65
A PROVA DI CRASH
ditore o uomo di affari potesse individualmente battere l’inflazione semplicemente astenendosi dall’alzare i prezzi.
Si dovette quindi aspettare che gli effetti dell’inflazione andassero fuori
controllo durante gli anni della presidenza Carter, e solo a quel punto l’allora
Presidente della Fed Paul Volcker affrontò sul serio il problema portando agli
alti tassi di interesse dell’era Reagan. Il suo successore, Alan Greenspan, dapprima utilizzò l’inflazione per finanziare l’enorme debito pubblico accumulatosi durante l’amministrazione Reagan, e poi cominciò a ritardare le conseguenze di qualsiasi crisi economica, a prolungare questa finta espansione economica, e quindi a evitare ai politici in carica lo spiacevole compito di doversi occupare di un’economia in recessione.
Contrariamente all’opinione prevalente, l’inflazione degli anni ’70 non fu
causata dall’aumento del greggio. Invece, è questo aumento ad avere le sue
radici nell’inflazione prodotta dalle politiche monetarie e fiscali degli anni ’60.
Le ingenti spese delle amministrazioni Johnson e Nixon portarono a dei deficit di bilancio che furono finanziati (monetizzati)da William McChesney Martin Jr., l’Alan Greenspan di quei tempi (il suo mandato come presidente della
Fed durò 19 anni, leggermente in più di quello di Greenspan, e questo lo ha
reso il Presidente della Fed con il più lungo mandato di tutti i tempi.) Oggi,
ovviamente, l’inflazione ha le sue radici nelle irresponsabili politiche monetarie del maestro Greenspan.
All’inizio, la politica monetaria degli anni ’60 portò al gonfiarsi dei prezzi sul
mercato azionario, e al successivo suo riversamento nei prezzi al consumo. Allo stesso modo, l’inflazione di oggi è dovuta alle politiche monetarie e fiscali degli anni ’90 e degli anni 2000. Anche in questo caso l’effetto iniziale è stato quello di produrre bolle speculative sia sul mercato azionario che in quello immobiliare, con il passaggio verso i prezzi al consumo fatto solo di recente (nonostante il tentativo del governo di nascondere tali aumenti presentando dati fasulli).
Così come accaduto negli anni ’70, il poderoso aumento del petrolio a cui stiamo assistendo è un effetto, e non una causa, dell’inflazione che lo ha preceduto.
Con l’aiuto di Greenspan, il governo si rese conto che poteva finanziare i
suoi progetti grazie all’inflazione, e simultaneamente non farla considerare un
problema semplicemente negandola. In altre parole, giocando con i numeri
che si presumeva misurassero l’inflazione, il governo poteva convincere l’opinione pubblica che essa non rappresentasse un problema. Volete la botte piena e la moglie ubriaca? Allora mentite.
COME LA FEDERAL RESERVE È ANDATA CONTRO LA COSTITUZIONE
Come già discusso nel capitolo 3, i motivi originari per cui fu istituita la Fed
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CAPITOLO 4 - IL PAESE DELL’INFLAZIONE: L’ERRORE DELLA FEDERAL RESERVE
nel 1913, ovvero fornire una valuta superiore e una quantità elastica di massa
monetaria, non fecero altro che segnare la via verso l’inferno finanziario nel
quale stiamo per entrare. Le banconote della Federal Reserve che andarono a
sostituire i certificati di riscatto per oro e argento divennero promesse di pagamento del nulla (mio padre le chiamo “greenies” (le verdastri) nel suo libro
The Biggest Con), e la creazione di una banca centrale permise al governo cammello di mettere il suo naso dentro la tenda monetaria, dove ora risiede in modo permanente.
Tutto questo era contrario alle intenzione dei padri fondatori, che con la loro saggezza scrissero espressamente nella Costituzione il divieto per le frodi
monetarie che sono oggi in atto. La Costituzione permette agli Stati Uniti di
emettere come valuta di pagamento solo monete di argento o oro. La Costituzione non conferisce alcun potere al governo federale di rendere una qualsiasi cosa valuta legale, né autorizza il governo ad emettere note di credito, che
era un termine che indicava la moneta cartacea. Di fatto, questa possibilità era
inclusa nella bozza originaria della Costituzione, ma poi fu cassata. Era quindi ben chiaro che il governo non ha la possibilità di stampare denaro. Il governo non ha il potere di fare nulla tranne che monete di oro e di argento, che
poi possono essere dichiarate valuta legale per il pagamento di debiti.
E la ragione per cui non fu dato al governo questo potere risiede proprio
nel fatto che non si voleva che il governo avesse la possibilità di creare inflazione. A quell’epoca vi era già stata una scottante esperienza inflattiva che aveva colpito il dollaro continentale, che alla fine arrivò a valere circa 10 centesimi e diede luogo all’espressione “Non vale un continentale.”
Quindi, i padri fondatori sapevano bene quel che stavano facendo. Essi sapevano bene che l’inflazione era stata un problema nelle città-stato della Grecia e anche nell’impero romano, e quindi volevano che il governo non avesse
il potere di creare valuta cartacea.
Ma i governi al passare degli anni hanno deciso che avevano bisogno di un
potere maggiore di quello conferito loro dalla costituzione, e i reggenti della
Federal Reserve col suo potere di stampare denaro hanno consentito che i governi usurpassero poteri non autorizzati dalla Costituzione.
LA RELAZIONE NATURALE TRA CICLI ECONOMICI E MASSA MONETARIA
Come già discusso, il significato di massa monetaria elastica faceva riferimento a una massa monetaria che si allargasse e si contraesse insieme all’economia. Quindi, in tempi di espansione economica la Fed avrebbe aumentato la liquidità, e in tempi di contrazione dell’economia essa la avrebbe ridotta. Il principio teorico di base era che espandendo e contraendo la massa
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A PROVA DI CRASH
monetaria in funzione dell’attività economica, l’economia avrebbe avuto un’evoluzione più dolce e il credito sarebbe stato allocato in modo più efficiente.
L’idea era quella di evitare che vi fossero contrazioni economiche, ma indirizzare il processo.
Tutto ciò suona strano agli Americani moderni che sono ormai abituati all’idea (keynesiana) che sia vero l’opposto, e cioè che è compito della politica
monetaria combattere i periodi di recessione aumentando la massa monetaria
ancora più velocemente quando l’economia è in contrazione che quando è in
espansione.
La Visione Classica e Corretta dei Cicli Economici
Secondo gli economisti classici, come ad esempio Ludwig von Mises e Friedrich A. von Hayek della scuola austriaca, le recessioni non dovrebbero essere osteggiate ma bensì accettate. Non che esse siano una cosa divertente, ma
sono necessarie per correggere le condizioni distorte che sono state create dalla vera origine del problema, ovvero il periodo di boom che le ha precedute.
Questi boom, creati dall’inflazione, inviano falsi segnali ai mercati dei capitali, ovvero che ulteriori risparmi sono disponibili nell’economia al punto
da permettere ulteriori investimenti. Tali ulteriori investimenti, tuttavia, non
sono realmente finanziati perché non vi è stato alcun aumento reale dei risparmi. In ultima analisi, quando i nodi vengono al pettine, i malinvestimenti, come li definisce Mises, sono liquidati, creando lo scoppio della bolla. Le
espansioni economiche legittime, sostenute da risparmi veri, non hanno bisogno di nessun crollo successivo. Sono solo le espansioni create dall’inflazione
ad aver bisogno poi di un crollo.
Questa teoria va contro il pensiero economico moderno che guarda ai cicli
economici come il risultato inevitabile di qualche problema del sistema capitalista, e pensa che il ruolo del governo sia quello di mitigare o prevenire le recessioni. Niente potrebbe essere più lontano dal vero. I cicli boom/crollo non sono inevitabili e non si verificherebbero se non ci fossero quello politiche monetarie inflazionarie che poi avviano i periodi di recessione.
Gli economisti odierni pensano che gli apparenti superinvestimenti fatti
durante i periodi di boom siano errori commessi dagli uomini di affari, ma
non si chiedono perché questi errori sono commessi. Secondo Mises, non è che
gli uomini d’affari superinvestono in maniera sprezzante, ma semplicemente
reagiscono ai falsi segnali economici che sono presenti a causa dell’inflazione.
E’ questo il motivo per cui Mises definisce questi errori malinvestimenti piuttosto che superinvestimenti. Uno dei miei aneddoti preferiti renderà questo
concetto più chiaro.
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CAPITOLO 4 - IL PAESE DELL’INFLAZIONE: L’ERRORE DELLA FEDERAL RESERVE
Il Circo Arriva in Città: Come lInflazione Produce i Cicli Economici
Supponiamo che un circo arrivi in una piccola città, causando quindi un aumento temporaneo della popolazione e un repentino aumento del volume d’affari dei commercianti del luogo. Un ristoratore, tuttavia, interpreta erroneamente tale aumento credendo che sia definitivo e non temporaneo, e quindi
assume altri lavoratori e apre una nuova ala del suo locale. Questo è il boom.
Tutto va per il meglio fino a quando il circo non sbaracca e va via, lasciando il nostro ristoratore con un surplus di dipendenti, e un locale troppo ampio: si palesa quindi un malinvestimento che ora deve essere scontato. Questo è il crollo.
Quindi, il crollo è dovuto accadere per correggere il malinvestimento legato al falso boom precedente. Se l’aumento di clientela fosse stata la conseguenza di un aumento duraturo della popolazione cittadina allora l’espansione dell’attività del ristoratore sarebbe stata pienamente giustificata e non
vi sarebbe stato bisogno del successivo crollo. Se il ristoratore poi avesse tentato di resistere al crollo continuando a tenere con se i nuovi dipendenti e a tenere aperta la nuova ala del suo locale, allora sarebbe andato sicuramente incontro al fallimento. La recessione quindi era necessarie per ricreare un equilibrio e mantenere quindi la profittabilità dell’azienda.
Questa analogia descrive esattamente il falso boom degli anni ’90; basta sostituire al circo la bolla delle aziende tecnologiche. In seguito all’inflazione degli anni ’90, le start-up traboccavano di liquidità raccolta con la loro quotazione in borsa, e cominciarono a spendere soldi senza badare troppo alla profittabilità dei loro investimenti. Tutto questo ha inviato dei falsi segnali alle aziende del settore della tecnologia e delle telecomunicazioni circa la domanda dei
prodotti che queste fabbricavano. Ne risultò una grande ondata di malinvestimenti, che doveva essere liquidata dopo lo scoppio della bolla tecnologica.
In assenza dell’inflazione, è ovviamente sempre possibile che una certa impresa interpreti in modo errato la realtà facendo dei cattivi investimenti che
devono poi essere liquidati. Pur tuttavia è solo quando c’è inflazione che questi cattivi investimenti avvengono su larga scala e provocano poi una recessione dell’intera economia. Ecco perché l’inflazione è una forza estremamente distruttiva in una economia di mercato, anche se i suoi effetti non sono subito riflessi
nell’aumento dei prezzi al consumo.
LA MODERNA FEDERAL RESERVE: UN MOTORE DI INFLAZIONE
E UNA FABBRICA DI BOOM E DI CROLLI
La Federal Reserve ha stravolto il significato del concetto di massa monetaria
elastica operando una espansione indefinita della liquidità. Quando l’econo69
A PROVA DI CRASH
mia è un crescita, la Fed aumenta la liquidità, e poi, quando l’economia va in
contrazione, essa espande la massa monetaria con ancora più decisione, allo
scopo di stimolare i consumi e bilanciare quindi la contrazione. E’ come se un
eroinomane cercasse di sbarazzarsi della sua dipendenza iniettandosi un’altra dose ogni volta che comincia ad avvertire i sintomi dell’astinenza. E’ un
modo di procedere indolore, ma che molto difficilmente riesce a condurre alla guarigione.
Quindi alla fin fine la Federal Reserve divenne niente altro che un motore
perpetuo di inflazione, esattamente l’opposto di quello per cui era originariamente stata fondata. Oggi la massa monetaria è tutt’altro che elastica, in quanto si espande di continuo e non si contrae mai. Se un comportamento talmente scervellato fosse stato proposto alla sua nascita, la Fed non avrebbe mai visto la luce e i suoi proponenti avrebbero attratto le risa di tutta Washington.
QUAND’È CHE PAGHEREMO IL CONTO DELLA NOSTRA GESTIONE MONETARIA?
L’inflazione è l’infelice conseguenza della nostra cattiva gestione monetaria,e
la causa ultima del crollo economico in arrivo. Quand’è che questo avverrà?
Sfortunatamente, a questa risposta non siamo capaci di rispondere con nessun grado di precisione. Vi sono in campo forze che cinicamente si prendono
gioco di un’opinione pubblica credulona. Siamo stati capaci di prender tempo e possiamo riuscire a guadagnarne altro. In generale, le debolezze della nostra economia, e il ruolo che in esse è giocato dall’inflazione, non sono ben capite. Il problema della nostra inflazione è stato fin qui molto ben mascherato.
Il nostro squilibrio commerciale è in crescita e viene tollerato in quanto avendo il ruolo, ancorché provvisorio, di valuta di riserva, siamo esenti da vincoli
che altrimenti ci condizionerebbero. Il nostro debito pubblico, ora a 8.500 miliardi di dollari e ancora in crescita, viene finanziato attraverso denaro preso
in prestito all’estero. Portando in conto la previdenza, le cure mediche e altre
obbligazioni governative non consolidate siamo a 50.000 miliardi di dollari. I
nostri deficit di bilancio persistono, l’amministrazione annuncia con fare altisonante obiettivi ambiziosi di riduzione del deficit, ma senza che vi sia una
reale strategia per poterli conseguire.
C’è qualcuno che sa quando arriverà il punto di rottura? Quello che so per
certo è che esso arriverà e quando succederà sarà una calamità. Per quanto ne
so, potrebbe anche essere già avvenuto nel momento in cui questo libro sarà
pubblicato. Ma se questo non è successo, allora siete fortunati, perché c’è ancora del tempo per adottare le strategie spiegate nei capitoli seguenti. Non sfidate la sorte rimandando a domani. Essere in anticipo va bene, in quanto è
molto meglio che arrivare troppo tardi.
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CAPITOLO 4 - IL PAESE DELL’INFLAZIONE: L’ERRORE DELLA FEDERAL RESERVE
UNO SLANCIO SGRADITO: LA VELOCITÀ DEL DENARO
Quando il vrollo arriverà, ad aggravare la situazione vi sarà l’elemento velocità del denaro, e il modo in cui questo andrà a condizionare ulteriormente i
prezzi. Velocità è un termine che si riferisce qui a quanto rapidamente il denaro passa di mano, e nessuno vorrà trattenere del denaro che perderà così velocemente valore. La gente vorrà sbarazzarsene un istante dopo che lo avrà ricevuto. Tali accelerazioni nella velocità sono il segnale dello stadio terminale
di una moneta, quando nessuno la vuole più.
A quel punto il governo dovrà rendere illegale non accettare quella moneta in pagamento. Ciò porterà alla nascita del mercato nero perché in realtà non
è possibile acquistare nulla con del denaro che nessuno vuole. Il mercato nero ancora non si è verificato negli USA, ma non si tratta di una possibilità infondata.
IL GRANDE RIENTRO: QUANDO L’INFLAZIONE
CHE ABBIAMO ESPORTATO RITORNERÀ TRA NOI
Alla fin fine dovremo quindi subire le conseguenze dell’inflazione che abbiamo esportato.
Finora, questa grande massa di dollari presenti all’estero ha tenuto su il valore dei nostri titoli finanziari, come azioni e obbligazioni; questi rialzi sono
stati male interpretati come una legittima creazione di ricchezza. Di recente,
tuttavia, gli effetti dell’inflazione si sono fatti sempre più evidenti nell’aumento
del prezzo delle materie prime, quali greggio, piombo, zinco, acciaio, oro, argento, grano, frumento e zucchero.
Comprando le nostre obbligazioni governative, gli investitori stranieri ci
hanno aiutato nel tenere i tassi di interesse bassi, causando un aumento nelle
vendite immobiliari e dando una forte accelerazione ai nostri consumi. Buona
parte di quel denaro è stata investita in obbligazioni garantite da ipoteche o in
altre forme di finanziamento del mercato immobiliare, il che ha fatto gonfiare
ancor di più la bolla, permettendoci quindi di prendere in prestito ancora più
soldi da rispedire all’estero sotto forma di pagamento di merci che non avremmo potuto permetterci e che non saremmo riusciti a produrre da noi. Ciò ha
messo ancora più dollari in mani straniere, le quali hanno comperato ancor di
più il nostro debito, perpetuando così quello che appariva come un circolo virtuoso che crea ricchezza. Alla fine, la verità verrà a galla, e il circolo virtuoso si
trasformerà in un circolo vizioso, e la ricchezza diventerà povertà.
Il Commento di Fondo
Mentre guadagnavamo tempo, le cose sono ulteriormente peggiorate. Abbiamo tal71
A PROVA DI CRASH
mente svilito la nostra valuta che adesso è già fuori controllo. E ancora non è arrivato il peggio perché finora abbiamo ricevuto un grande aiuto dai paesi esteri.
Ma non appena questi aiuti cesseranno, state in guardia. Ondate di dollari piomberanno su di noi e molte merci andranno via, merci che noi desidereremo e di cui avremo bisogno.
Saremo inondati di dollari che avranno un valore largamente deprezzato e, potremo solo limitarci a guardare dei beni che saranno troppo costosi da comprare.
Come vi dettaglierò nei capitoli dall’8 al 10, vi sono diversi modi con cui potete salvaguardare la vostra ricchezza ed evitare la tassa dell’inflazione, liberandovi dei vostri
titoli in dollari ed investendo in obbligazioni estere e in oro. Gli Stati Uniti hanno solo il dollaro da svalutare, un’unica valuta. Le banche centrali straniere stanno anch’esse
svilendo la propria valuta, ma molto meno rispetto a noi, e data la dinamica delle loro
economie esse svaluteranno sempre di meno nei prossimi dieci - venti anni.
Ma un’economia che vive di inflazione è destinata a morire.
UNA CRESCITA PIU’ LENTA
NON LIMITERA’ L’INFLAZIONE
Quando nel 2006 Ben Bernanke affermò in un’audizione al Congresso che
moderando la crescita economica si sarebbe probabilmente riusciti a contenere anche l’inflazione, Wall Street reagì con il suo rialzo giornaliero più
elevato dell’ultimo biennio. Sfortunatamente per coloro che festeggiarono,
il presidente della Fed ha probabilmente torto su entrambi i fronti. Anzitutto l’economia USA non si limiterà semplicemente a rallentare, ma ruzzolerà per i prossimi mesi/anni, e invece che reprimere i fuochi dell’inflazione, l’inevitabile recessione in realtà la infiammerà fortemente.
La logica errata di Bernanke assume che l’inflazione è una sorta di prodotto derivato della crescita economica. Tuttavia, la vera crescita economica deriva da un incremento della produttività, il che tende anche a raffreddare i prezzi. Inoltre Bernanke sottostima in modo drammatico la forza dei
venti contrari dell’economia, che schiacceranno i consumi e atterreranno la
crescita del PIL. I costi in aumento dell’energia, dei mutui a tasso variabile, degli affitti, delle assicurazioni, del cibo e delle tasse locali, in combinazione con un contrarsi della ricchezza collegato al crollo dei prezzi delle
unità immobiliari, produrrà una recessione molto peggiore di quella vista
negli ultimi trent’anni.
Il ragionamento che una crescita più debole porterà in un qualche modo a una crescita più lenta dei prezzi è fatto guardando alla domanda nel72
CAPITOLO 4 - IL PAESE DELL’INFLAZIONE: L’ERRORE DELLA FEDERAL RESERVE
l’equazione del prezzo, ma ignora quello che accade sul versante produzione. I prezzi sono una funzione della quantità di domanda e di offerta, e
mentre una crescita più lenta, o una netta recessione, certamente ridurrebbero la domanda, essa ridurrebbe anche l’offerta di beni e servizi. Come risultato si potrebbero avere dei prezzi di equilibrio tra domanda e offerta
più alti durante un periodo di recessione che non durante un periodo di
espansione.
Al contrarsi dell’economia USA, il deficit di bilancio federale aumenterà e il gradimento verso gli asset finanziari statunitensi verrà meno. Di conseguenza, i capitali stranieri voleranno via proprio nel momento in cui ve
ne sarà maggior bisogno. Questo creerà un’ulteriore tensione al rialzo sui
tassi di interesse, portando a un ulteriore aumento dei tassi dei mutui, facendo cadere i prezzi delle unità immobiliari e i consumi.
Inoltre, la cosa più importante è che tutto ciò provocherà anche la caduta del dollaro, rendendo più costosa la merce importata e facendo crescere
i prezzi delle materie grezze, e quindi portando anche ad un aumento dei
costi di produzione per le nostre industrie. Allo svilirsi del dollaro rispetto alle altre valute, gli stranieri potranno prevaricare gli americani nell’acquisto di quelle scarse risorse interne che riusciremo a produrre. Ne conseguirà quindi che una quantità minore di prodotti sarà importata, e una quantità maggiore di merci prodotte in America verrà esportata. Perciò, nonostante il fatto che gli americani, finanziariamente devastati, consumeranno molto di meno, pagheranno questo privilegio con molto più denaro.
73
CAPITOLO 5
Il Mio Regno per un Compratore:
Il Caos dei Mercati Azionari
I
l mercato azionario americano somiglia a un ubriaco che si appoggia alle
pareti ma che ancora resta in qualche modo in piedi. Ha il marchio di un
mercato orso, ma è un orso che ha i pattini a rotelle alle sue zampe posteriori.
A differenza del mercato orso degli anni ’30, quando l’aumento del potere
di acquisto del dollaro ha in qualche modo compensato la caduta del mercato azionario, il mercato orso che si profila all’orizzonte sarà più simile a quello degli anni ’70, quando un dollaro in calo aggravò la discesa dei prezzi nominali delle azioni, portando quindi la reale entità delle perdite a cifre molto
più rovinose, anche se difficili da rivelare per la maggior parte della gente.
In realtà, con i prezzi veramente alti cui siamo giunti oggi, e con i gravi problemi che affliggono il dollaro, il mercato orso in arrivo potrebbe essere così
netto da far sembrare al confronto un toro quello degli anni ’70.
Giusto per cominciare, i prezzi nominali delle azioni, mentre il Dow Jones
registra nuovi massimi ora alla fine del 2006, dovranno perdere circa il 30% rispetto al valore odierno, solamente per riportarsi ai loro livelli storici. Per di
più, il valore reale delle azioni e l’ammontare del dividendo di cui queste si
privano rifletterà il potere di acquisto fortemente ridotto del nostro dollaro.
Se avete intenzione di andare in pensione vivendo della ricchezza del vostro
portafoglio azionario, lasciate perdere. E’ il mercato stesso che sta per andare
in pensione (a meno che voi non stiate pensando ad azioni straniere, e su questo vi darò più dettagli nel seguito).
Ora, sto per tracciare dei paralleli tra i crolli passati del mercato e quello
che sta per arrivare. Vi mostrerò anche perché il mantra “Questa volta sarà diverso,” sebbene molto diffuso e in salute, ha un brutto elemento di verità al
suo interno. Non solo questa volta il crollo sarà diverso, ma probabilmente sarà il peggiore in assoluto mai avuto.
Ecco il doppio messaggio: Tiratevi fuori dal mercato azionario americano e fuori
75
A PROVA DI CRASH
dagli investimenti in dollari USA. Più avanti nel libro sto per illustrarvi alcune strategie per fare entrambe le cose.
COME WALL STREET HA FUORVIATO L’INVESTITORE MEDIO
Tanto per cominciare, quello che veramente mi fa arrabbiare è che davvero
tanti cittadini americani sono sovraesposti alla rischiosità delle comuni azioni. Non intendo dire che le azioni sono genericamente troppo rischiose, sebbene io ora raccomandi caldamente di stare fuori dal fortemente sopravvalutato mercato azionario USA e da tutte le azioni prezzate in dollari. Le azioni
che vengono selezionate in modo conservativo e che pagano elevati dividendi sono, di fatto, le mia alternativa di investimento preferita, specialmente se
c’è anche la prospettiva di trarre profitto sulla valuta, come discuterò dettagliatamente più avanti.
Ma Wall Street ha indotto gli Americani a credere che le azioni siano sicure come le obbligazioni. Vi è invece, naturalmente una enorme differenza.
Le azioni portano in se tutti i rischi propri dell’attività imprenditoriale. Le obbligazioni sono invece dei contratti di prestito che devono essere ripagati. Dal
momento che possedere azioni è quindi maggiormente rischioso, è naturale
che chi possiede azioni si aspetti un ritorno maggiore rispetto a chi compra
obbligazioni. Invece Wall Street ha alimentato il mito che poiché chi possiede
azioni può godere di un potenziale di rialzo delle stesse praticamente illimitato, allora è naturale che le azioni debbano pagare un dividendo, ammesso
che questo ci sia, che in percentuale è spesso molto più basso del rendimento
offerto da obbligazioni paragonabili.
Credo anche che Wall Street faccia malsanamente fin troppo affidamento
sul potenziale di rialzo delle azioni. Pensate alla formula che viene usualmente
utilizzata per la preparazione di un piano di investimenti individuale. Parti
da 100 e vi sottrai l’età dell’investitore, e questo determina la ripartizione di
base degli asset. Se questi quindi ha vent’anni, voi raccomandate un 80% di
azioni e un 20% di obbligazioni, e poi variate man mano le percentuali al passare del tempo, in quanto assumete che la gioventù giustifica la rischiosità delle azioni, mentre all’aumentare dell’età vi è bisogno di sicurezza e di reddito
certo.
Il mio problema con questo modo di pensare è che esso assume che le azioni aumentino di valore al passare del tempo, che ci siano sempre delle buone
occasioni di acquisto indipendentemente dalle valutazioni alle quali si è arrivati, e che ci sia sempre un pool di persone pronte ad acquistare i vostri titoli
quando voi deciderete di comprare obbligazioni e di andare in pensione vivendo di rendita. Come vedremo, tuttavia, il mercato ha un’ottima reputa76
CAPITOLO 5 - IL MIO REGNO PER UN COMPRATORE: IL CAOS DEI MERCATI AZIONARI
zione quanto a perversità, e ci sono stati dei lunghi periodi in cui i prezzi sono rimasti fermi o sono scesi.
Chiamatemi pure all’antica, ma ne ho viste abbastanza di gestioni di aziende fatte solo per fini personali, tante da pretendere di avere il mio denaro liquido qui sul tavolo. Io compro azioni che pagano un dividendo, il cui rendimento sia più elevato di quanto diano le obbligazioni.
Né le azioni né le obbligazioni possono essere subordinate per accordarsi al ciclo di
vita di chiunque. Un approccio agli investimenti che dipende dai valori futuri del mercato non è altro che un’ulteriore “strategia Ponzi9” che presuppone che vi sia sempre
qualcuno pronto a tirarvi fuori dai guai.
Wall Street ha anche sfumato la differenza tra investimento e speculazione. Il ragionamento secondo il quale azioni di tipo growth di società che
reinvestano nell’azienda tutti i loro utili possano premiare gli azionisti con futuri aumenti delle loro quotazioni è basato sull’assunzione che il management
dell’azienda e gli azionisti abbiano gli stessi obiettivi - ovvero che questi due
interessi siano allineati, secondo un linguaggio più elegante.
Ora, posso certamente garantirvi che nel corso degli anni vi siano state molte aziende ove questo è vero, casi in cui gli azionisti hanno tratto buon profitto dall’aumento di valore delle azioni, le quali hanno portato a dei guadagni
che, fino a poco tempo fa, erano anche tassati meno dei dividendi stessi.
Ma pagare un sovrapprezzo per azioni che non producono rendita e che
sono attraenti solo in base alla promessa di futuri capital gain che potranno
esserci come pure non esserci, a me personalmente sembra più una speculazione che un investimento. Certamente alcune di queste azioni guadagneranno, ma solo alle spese di altre aziende, i cui guadagni si restringeranno. Se il
mercato sta scambiando azioni con determinati multipli, allora ci devono essere azioni con guadagni in aumento e altre con guadagni in discesa. Non è
possibile che tutte possano prosperare.
I conflitti di interesse dilagano a Wall Street e nel mondo aziendale, e la
vittima è l’uomo della strada. Ho cominciato la mia carriera come broker di una
grande banca di investimento e conosco quindi per esperienza personale quanto intensamente la simbiotica relazione tra Wall Street e il mondo societario abbia operato ai danni del singolo privato investitore. Anno dopo anno, il livello
di rischio delle azioni è dichiarato essere minimo da società che traggono i loro
reali profitti operando da advisor e da collocatori per le loro società clienti.
I brokers ricevono denaro per spingere su determinate azioni come favore
9
NdT: strategia Ponzi è qui sinonimo di catena di Sant’Antonio; Charles Ponzi raggirò un nume
ro elevato di risparmiatori illudendoli con falsi guadagni realizzati prendendo in prestito soldi
da altri risparmiatori. Maggiori dettagli su tale personaggio sono dati nel seguito del libro.
77
A PROVA DI CRASH
a determinate società clienti, o per eseguire determinate operazioni di compravendita. Le “regole di adeguatezza,” introdotte per proteggere gli investitori da rischi eccessivi, sono trattare con superficialità mentre i broker dispensano raccomandazioni e consigli a clienti fiduciosi convinti di ricevere dei
pareri assennati e giudiziosi.
Per quel che concerne l’attività di rating, sebbene vi sia ora un regolamento più rigido in reazione ai recenti scandali, gli analisti sono normalmente pressati affinché favoriscano società che sono o clienti o potenziali clienti delle banche, assegnando a tali società valutazioni più alte di quelle che effettivamente meritano o evitando di emettere giudizi negativi su azioni di basso pregio
che gli investitori singoli potrebbero quindi evitare.
Gli interessi dei manager delle società e quelli degli azionisti si sono allontanati negli ultimi tempi fino a rasentare se non a diventare uno scandalo
vero e proprio. L’esempio più scellerato è stato ovviamente la Enron, i cui azionisti si sono ritrovati con un niente tra le mani dopo che i top manager dell’azienda hanno perpretato azioni criminali tanto complesse e di vasta portata
da essere sotto esame ancora oggi. Ed ecco il punto, che credo fondamentale:
se la Enron fosse stata costretta a pagare dividendi in denaro liquido, non avrebbe mai
potuto realizzare un tale imbroglio!
Negli anni 2000 ci sono stati tanti esempi di manipolazioni illecite da parte dei vertici delle società ai danni degli azionisti - WorldCom, Global Crossing, Adelphia, eccetera - che è davvero inutile approfondirli.
Molto più significativo della lista di tali scandali sono le normali procedure di cui leggiamo ogni giorno. Parlo di stock option che sono scadenzate e
strutturate in modo tale che i manager sono incentivati a prendere decisioni
tali da massimizzare i loro profitti alle spese degli azionisti. Anche gli stessi
stipendi dei manager aziendali sono oramai talmente fuori misura che vanno
ad intaccare gli utili che andrebbero divisi tra gli azionisti. I piani di acquisto
di azioni proprie sono talvolta cadenzati in modo da creare dei capital gain
che vanno a vantaggio degli stessi manager.
Mentre sto scrivendo, sembra che stia per venire alla luce un nuovo scandalo che riguarda la retrodatazione di stock option per trarre vantaggio da determinati movimenti del mercato.
Si può sostenere che le banche di investimento e le società di brokeraggio USA hanno trasformato il moderno mercato azionario americano in nient’altro che un meccanismo che trasferisce ricchezza dagli azionisti ai manager delle aziende. Invece di remunerare gli azionisti distribuendo gli utili sotto forma di dividendi, il denaro è utilizzato per comprare le azioni concesse al management aziendale sotto forma di stock
option o di salario aggiuntivo.
78
CAPITOLO 5 - IL MIO REGNO PER UN COMPRATORE: IL CAOS DEI MERCATI AZIONARI
Wall Street ha condizionato l’opinione pubblica a pensare alle azioni
semplicemente in termini del loro prezzo. Secondo Wall Street, i prezzi di
un’azione non possono che salire se uno le tiene sufficientemente a lungo in
portafoglio. Molti investitori pensano che le azioni con un prezzo basso siano
economiche, e che quelle con un prezzo elevato siano costose, ma raramente
prendono in considerazione il reale valore del business che queste azioni rappresentano. Questo modo di vedere errato sulle azioni risulta evidente anche
tra i miei propri clienti. Quando chiamo qualcuno per raccomandare una certa azione, la prima domanda che mi viene fatta è “Qual è il suo prezzo?” La
mia risposta tipica è: “Che importanza ha?”.
Il prezzo di un’azione in se non conferisce alcuna informazione sul reale
valore che ad essa è associato. Il prezzo è significativo solo quando rapportato ad altri parametri, quali ad esempio la redditività, il volume di vendite, il
valore degli ordini, e la quantità di azioni in circolazione. Quando si considerano tutti questi fattori, allora un’azione di 5 dollari potrebbe essere cara e una
di 100 dollari potrebbe essere economica. Tutto questo accade perché l’opinione pubblica è talmente confusa sul frazionamento di azioni, che fa sì che il
valore percepito di un’azione possa essere semplicemente aumentato riducendo il suo prezzo, senza che gli investitori facciano caso al conseguente incremento del numero di azioni in circolazione. I frazionamenti di azioni hanno avuto origine perché sotto il vecchio sistema di trading a di commissioni i
lotti (gruppi di 100 azioni) potevano arrivare a prezzi troppo costosi, e quindi i frazionamenti, riducendo il prezzo dei lotti, rendevano più semplice per i
piccoli investitori operare in borsa.
Per ragioni analoghe ed egualmente assurde, gli investitori ritengono che
per un’azione dal prezzo contenuto raddoppiare il proprio valore sia più facile
che per un’azione dal prezzo elevato. Tuttavia, il prezzo in se non ha alcun significato, in quanto i profitti di una società dovrebbero raddoppiare affinché il
valore delle sue azioni raddoppino, il che ovviamente non ha nulla a che fare
con il prezzo. Se davvero fosse più facile per le azioni dal basso prezzo aumentare il proprio valore, allora vi sarebbero frazionamenti di azioni ogni giorno.
L’unico motivo per cui le azioni dal prezzo piccolo tendono a muoversi più
rapidamente è che sono meno liquide, e quindi spesso anche manipolate. Se
fosse vero che prezzi più bassi significano apprezzamento più veloce, allora
tutte le azioni dal prezzo elevato verrebbero frazionate, ma non a 50 o 100 dollari, ma a 10, 5 e persino a un dollaro. Nella maggior parte dei mercati asiatici, azioni dal prezzo inferiore a un dollaro sono la norma, anche per società la
cui capitalizzazione è di miliardi di dollari. Pur tuttavia, non accade che le loro quotazioni aumentano più rapidamente perché i loro prezzi sono bassi.
79
A PROVA DI CRASH
La mancanza di senso di responsabilità di Wall Street risplende anche
laddove un chiaro conflitto di interesse non è un problema. Sono fermamente
convinto che un disonore molto maggiore sarebbe dovuto ricadere su Wall
Street per non essere riuscita a contrastare attivamente l’ingenuo comportamento degli investitori che gonfiarono la bolla tecnologica del 2000. Certamente i broker davano ai loro clienti proprio quello che essi chiedevano, ma
mi sento di dire che essi erano implicitamente tenuti a informare gli investitori di quanto malsano era il mercato in quel momento.
Col rischio di sembrare mellifluo, non ho problemi a dire che personalmente la notte dormo con la coscienza pulita. Mentre altri broker cavalcavano l’onda dei titoli tecnologici, ho passato molte ore cercando di convincere i
miei clienti a non commettere la stupidità di comprare azioni di compagnie
senza profitti. “Ma si tratta di un investimento di lungo periodo” sentivo dire. “Certamente, in una società che non esisterà neanche più nel lungo periodo,” io rispondevo, e molto spesso avevo ragione. All’ Euro Pacific Capital,
non mi occupo di investment banking. Non faccio il mercato, né agisco da intermediario. Sono semplicemente un broker con piccola clientela privata specializzato in azioni che pagano dividendi in denaro liquido, e sono intenzionato a continuare su questa strada.
Ma Wall Street, lo ribadisco, è manipolata contro il piccolo investitore, e
non vedo alcun segno di cambiamento.
I mutual fund sono un investimento sopravvalutato largamente promosso da Wall Street. Alla fine degli anni ’90, mentre facevo ancora telefonate a potenziali clienti, una domanda che usualmente rivolgevo a coloro che mi dicevano di aver investito in un mutual fund era: “Che rendimento state ottenendo?” Ovviamente si trattava di una domanda insidiosa, perché a quel tempo i
dividendi erano prossimi a zero, se non proprio nulli. Anche se le azioni presenti nel portafoglio del fondo pagavano un qualche minimo dividendo, essi
non erano abbastanza da compensare la tassa di gestione richiesta dal fondo.
Pur tuttavia, la risposta che tipicamente ricevevo era: “I miei fondi stanno guadagnando circa il 20% all’anno.” I miei potenziali clienti stavano naturalmente
confondendo il rendimento con la performance passata. Di quanto il prezzo di
una quota del fondo si era alzata negli anni non aveva nulla a che fare con il
rendimento della eventuale cedola annua. Ciononostante, gli investitori tipicamente confondevano gli illusori aumenti di prezzo con la realtà dei dividendi.
Un altro problema di vasta portata per i mutual fund, anche se raramente
compreso e/o discusso, è il confronto tra performance relativa e assoluta. Gli
investitori dovrebbero ovviamente essere interessati a quest’ultima; invece, i
gestori sono per lo più interessati alla prima. Questo conflitto di interessi, mol80
CAPITOLO 5 - IL MIO REGNO PER UN COMPRATORE: IL CAOS DEI MERCATI AZIONARI
te volte non ritenuto degno di considerazione, è invece di vitale importanza
ed è il motivo fondamentale per cui la maggior parte dei mutual fund fa peggio del mercato nel lungo periodo.
Questo conflitto trae origine dal modo in cui i gestori dei fondi sono pagati a dal modo in cui i fondi stessi sono reclamizzati sul mercato. Si parla solo
di una performance di breve termine, quella trimestrale, e relativamente a un
certo benchmark o a un fondo concorrente della stessa tipologia. Quindi, nessun gestore vuole sottoperformare e nessun fondo vuole che le sue performance
di breve periodo sia inferiore alla performance dei fondi concorrenti. Tutto questo è un incentivo al comportamento speculativo, e fa si che i gestori dei fondi siano ossessionati dalla performance e comprano azioni sopravvalutate, le
cui quotazioni continuano a salire allorché ancora altri fondi le acquistano.
Accade quindi che questi fondi che acquistano queste azioni sopravvalutate possano esibire delle ottime performance relative, il che permette quindi
di ricevere ulteriori sottoscrizioni da parte di investitori a caccia di profitti.
Questi fondi ora hanno bisogno di rimanere investiti in quelle stesse azioni sopravvalutate di cui avevano drogato le performance all’inizio, e si ha allora
un circolo che si autoalimenta. Quando non si può più andare avanti, allora il
prezzo di queste azioni crolla, e gli investitori di lungo periodo riportano gravi perdite. Tuttavia, a quel punto i gestori hanno già intascato i loro bonus, e
poiché tutti i fondi cadono più o meno simultaneamente, beh allora poco male perché non ne soffrirà la performance relativa di nessuno di essi.
Considera invece un gestore di fondi ordinato e responsabile, che abbia la
saggezza di non acquistare le azioni sopravvalutate, ma di investire in azioni
attualmente sottovalutate. I prezzi di queste azioni potrebbero languire per
anni prima di esplodere e riflettere finalmente il reale valore delle società che
rappresentano. Mentre tale strategia è quella appropriata per gli investitori,
essa potrebbe rivelarsi disastrosa per i gestori dei fondi, che probabilmente
perderebbero il loro lavoro molto prima che i loro investimenti potrebbero cominciare a produrre profitti.
In ultima analisi non è positivo per coloro che investono nei mutual fund
premiare i gestori per le loro performance di breve periodo, visto che nel lungo periodo, quando gli investitori avranno bisogno dei loro soldi, le performance risulteranno disastrose. Ciò che è invece fondamentale per gli investitori è la performance assoluta di lungo periodo, che è però la cosa che è in assoluto più lontana dalla testa della maggior parte dei gestori dei fondi.
Se credete che i mutual fund non siano un esempio abbastanza evidente di conflitto di interesse, allora guardate ai fondi speculativi (hedge fund).
I fondi speculativi, chiamati così perché poco regolamentati e con nessun ob81
A PROVA DI CRASH
bligo di trasparenza, una volta bastioni relativamente oscuri rivolto solo agli
straricchi, sono diventata la mania attuale, essendocene in giro circa 9000 e gestendo ormai una massa azionaria di circa 1.000 miliardi di dollari. I loro gestori, la più recente truppa di ricchi sfondati, applicano usualmente tasse di
gestione annue dell’1 - 2%, più il 20% o più dei profitti trimestrali. Avete sentito bene: venti per cento o più dei profitti trimestrali.
Poiché “hedge” significa protezione contro i rischi, è quantomai ironico che il
conflitto di interesse nei fondi hedge esista a causa di un elevato livello di rischio,
mentre questi fondi dovrebbero presumibilmente cercare di renderlo minimo.
Sebbene l’intero universo dei fondi speculativi abbia al suo interno di sicuro
dei gestori dalle straordinarie capacità, buona parte delle strabilianti performance
vantate dal settore sono prodotte non da investimenti in società prodigio, ma da
investimenti con tassi di ritorno ordinari, che però un eccessivo effetto leva tramuta in cascate di dollari su cui poi i gestori applicano quel 20% di commissione. Molti fondi hedge potrebbero essere definiti in modo più accurato “fondi di
rischio” o anche fondi “ultra-leveraged,” ovvero basati su una iperleva.
Ad esempio, un ritorno dell’8% lo si potrebbe ottenere comprando dei junk
bond, obbligazioni spazzatura a basso rating. Ma, se si applica una leva fino
a dieci volte prendendo denaro a prestito al 4%, e possibile incrementare il profitto di oltre cinque volte. In altre parole, assumendosi semplicemente una percentuale di rischio maggiore, un tasso dell’8% lo si può trasformare in un tasso di profitto di oltre il 40% attraverso la magia dell’effetto leva. Se un fondo
hedge con un capitale di un miliardo di dollari specializzato nei junk bond effettua una leva con un fattore dieci, allora il tasso iniziale dell’8% frutta in modo strabiliante più di 400 milioni di dollari: tutto ciò assicura ai gestori un introito di 80 milioni di dollari.
Coloro che investono nei fondi hedge, riponendo grande fiducia nell’esperienza e nella bravura dei gestori, accettano di correre rischi che non si assumerebbero mai investendo in proprio e dando anche via il 20% dei loro profitti. I gestori dei fondi hedge effettuano investimenti ad elevatissima rischiosità,
ma usando i soldi altrui e non i propri. Se le cose vanno bene, allora il gestore
preleva il 20% dei profitti; se invece vanno male, il gestore non perde nulla, semplicemente non guadagna nulla. E gli investitori prendono invece la mazzata.
Quindi, se esce testa, il gestore vince; se è invece croce, gli investitori perdono.
Certamente, quando si verificano delle perdite, i gestori devono riagguantare i precedenti massimi per ricominciare a prelevare commissioni sui profitti. Ma l’effetto di questo meccanismo è una sorta di azzardo morale perfino
maggiore di quello presente prima che le perdite si verificassero: ora essi sono ancora più incentivati a correre rischi.
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CAPITOLO 5 - IL MIO REGNO PER UN COMPRATORE: IL CAOS DEI MERCATI AZIONARI
Quindi, questo 20% di commissione crea un fortissimo incentivo a ricorrere all’effetto leva e, poiché i fondi speculativi tendono a perseguire tali strategie, essi creano movimenti direzionali del mercato di breve periodo. Tutto questo porta ad ancora ulteriori guadagni per quei fondi che sono già investiti con
leva, e porta al gestore durante questo processo elevatissimi guadagni in commissioni.
I problemi saltano fuori quando poi si cerca di uscire fuori da questi investimenti. I grandi profitti, che erano solo sulla carta, evaporano velocemente
al rovesciarsi della direzionalità del mercato, ma questo è un problema solo
per gli investitori. Quindi, mentre i gestori rastrellano il loro 20% in commissioni per ogni trimestre durante il periodo di rialzo, essi non hanno nulla da
temere nel momento in cui vi sarà il ribasso. Essi guadagnano finché il trend
al rialzo continua, e quindi i manager sono portati a cavalcare questo trend
finché dura, non sentono il bisogno di tirarsene fuori ad un certo punto per
non incorrere in perdite, in quanto essi non hanno nulla da perdere. Possono
quindi tenersi la loro fetta di torta e mangiarsi anche la vostra.
Si prenda in esame l’esempio recente di Amaranth, un fondo hedge da dieci miliardi di dollari che è scoppiato nel Settembre 2006. Ha perso oltre il 60%
del suo capitale nel giro di poche settimane non appena alcune sue scommesse sul gas naturale con forte leva non sono andate nella direzione voluta. Durante la fase di guadagno di tali investimenti i gestori hanno guadagnato milioni, ma quando alla fine ci sono state le perdite, beh allora sono stati gli investitori ad essere munti.
I gestori del fondo Amaranth hanno ricevuto quindi un mucchio di soldi
per mettere in atto strategie che hanno portato alla rovina dei loro clienti? Pensate che abbiano messo mano alle loro tasche per attutire le perdite dei loro
investitori traumatizzati? Non trattenete il respiro.
RIPASSIAMOCI UN PO’ DI CONCETTI DI BASE
Dal momento che, abbagliati dal marketing aggressivo di Wall Street, si potrebbero dimenticare i rischi delle comuni azioni, allora credo sia utile spendere qualche minuto per rivedere alcuni concetti fondamentali. Se vi sembra
che stia narrando raccontini per bambini, perdonatemi. Sono solito incontrare un sacco di adulti ben istruiti che piangono come bambini nel momento in
cui mi presentano il loro portafoglio titoli.
Quando le società vengono quotate in borsa, cosa che accade attraverso un
processo di investment banking fortemente remunerativo e detto sottoscrizione, le azioni, scambiate in un mercato regolamentato come ad esempio il
NYSE o il NASDAQ, acquisiscono un valore di mercato. Tale valore di mer83
A PROVA DI CRASH
cato si basa non solo sul valore proprio delle azioni come titolo di proprietà di
una quota della società che rappresentano, ma anche su quello che gli investitori pensano sia il valore di quell’azienda, portando quindi in conto i suoi
futuri progressi economici. Quanto più una società sembra avere un futuro roseo per quanto riguarda i suoi utili, tanto più gli investitori saranno disposti
a pagare per possederne le azioni.
In sintesi, questo è il cuore del funzionamento dei mercati azionari, con tuttavia un’ulteriore e importantissima particolarità, che è il rischio che chi investe in azioni si assume.
Perché gli Azionisti Ordinari Sopportano la Maggior Parte del Rischio della Società
Poiché le comuni azioni rappresentano un titolo di proprietà, non importa se
si parli della General Motors o di un chiosco che vende bibite, allora gli azionisti si assumono per intero il rischio che la società possa fallire. Fatta eccezione per i soldi che gli azionisti possono aver ricevuto sotto forma di dividendi, che sono distribuzione agli azionisti di denaro proveniente dagli utili
aziendali, in caso di liquidazione per fallimento i proprietari (inclusi quindi
gli azionisti anche di piccola taglia) sono usualmente all’ultimo posto nella
scala di coloro che possono aspirare ad avere indietro parte dei soldi investiti nell’azienda. Solo dopo che sono stati pagati tutti i debiti, sono stati liquidati tutti i creditori e possessori di obbligazioni, e anche i titolari di azioni privilegiate prendono la loro parte, allora i possessori di azioni ordinarie possono a quel punto raschiare il fondo del barile.
Analogamente, gli azionisti ordinari sono ancora all’ultimo posto quando
vengono distribuiti i proventi. I creditori della società, obbligazionisti compresi, ricevono i loro interessi prima che i dividendi privilegiati vengano pagati; se poi resta ancora denaro, allora o si concede un dividendo agli azionisti ordinari o tale cifra è mantenuta nelle casse della società.
L’unica ricompensa accettabile per essersi assunti il rischio della proprietà è il ritorno garantito dal dividendo. Una politica di dividendi sotto forma di denaro liquido è la sola assicurazione che un investitore può avere circa il fatto che l’azienda sia
gestita a beneficio degli azionisti. Azioni di società con prospettive di crescita ma che
non pagano dividendi possono essere attraenti, ma il loro acquisto va considerato come pura speculazione e non come un investimento.
Come Vengono Valutate le Azioni
Di azioni, naturalmente, ve ne sono di vario tipo, misura e qualità, ma il loro
prezzo tipicamente è funzione di quanto cospicui siano i guadagni che ci si
aspetta che le società che esse rappresentano possano fare. Per esempio, se voi
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CAPITOLO 5 - IL MIO REGNO PER UN COMPRATORE: IL CAOS DEI MERCATI AZIONARI
dovreste acquistare un negozio di sigari all’angolo perché il suo proprietario
sta per andare in pensione, allora potreste essere disposti a pagare dieci volte
i guadagni annui del negozio. Ciò potrebbe andar bene per un’attività che ha
una base di clienti stabile e affidabile, e che è in un settore maturo, ovvero per
il quale non ci si aspetta un netto incremento delle vendite negli anni futuri
(nel qual caso voi dovreste pagare con un multiplo superiore a dieci). Nel caso di grandi società quotate in borsa, il valore di un’azione, indipendentemente
dal fatto che sia sopravvalutata, sottovalutata o di giusto prezzo, si misura
usualmente utilizzando il rapporto prezzi/guadagni, chiamato P/E (price-toearnings), o un suo multiplo.
Il Rapporto P/E
Il prezzo di un’azione in dollari da solo non porta alcuna informazione sul suo
valore. Invece, il rapporto P/E, che può essere di tipo “posteriore,” nel caso in
cui il prezzo di mercato sia diviso per il guadagno medio per azione degli ultimi dodici mesi, o di tipo “in avanti,” nel caso in cui il prezzo di mercato dell’azione è diviso da una stima del guadagno medio per azione dei prossimi
dodici mesi, fornisce un’indicazione sul fatto che un’azione sia economica o
costosa, in particolare in confronto ad altre società che operano nel suo stesso
settore di attività.
Come vedremo quando considereremo la storia dei cicli di mercato nei
prossimi paragrafi, il P/E complessivo del mercato, basato su un indice generale quale lo Standard & Poor’s 500 index (S&P500), da in generale un’idea
sul fatto che le azioni siano sottovalutate o sopravvalutate rispetto agli standard storici.
Altri Parametri di Valutazione
Il rapporto P/E, certamente il più usato tra i parametri per valutare un’azione, non è tuttavia l’unico. Tra gli altri vi è il rapporto prezzo/vendite, che ha
il vantaggio che le vendite sono meno soggette degli utili a variazioni di breve periodo, e il rapporto price-to-book, che rapporta il prezzo di un’azione al
valore netto degli asset della società, ed è un indicatore abbastanza grossolano (perché gli asset sono qui sottovalutati al loro valore di liquidazione) di come il prezzo dell’azione si rapporti al valore netto degli asset della società.
Il Ritorno del Dividendo (Dividend Yield)
Il limite maggiore del rapporto P/E è il fatto che, rapportando il prezzo dell’azione agli utili, non porta in alcun modo in conto i dividendi. Quindi, se siamo intenzionati a confrontare tra loro più società, potremmo voler considera85
A PROVA DI CRASH
re anche il ritorno del dividendo. Questo parametro, è semplicemente il rapporto tra il prezzo attuale dell’azione e il dividendo annuale (ovvero l’ultimo
dividendo trimestrale moltiplicato per quattro). Analogamente al P/E, il dividend yield è utile per confrontare una società con altre sue concorrenti. Le
società pubbliche di utilities, ad esempio, hanno complessivamente dei dividend yield più elevati che le azioni di altri settori, laddove i guadagni sono
meno predicibili.
Analogamente al P/E, il dividend yield complessivo del mercato, calcolato ad esempio su un indice come lo S&P500, è uno strumento utile per capire
se le azioni sono sopravvalutate o sottovalutate rispetto agli standard storici.
Un Avvertimento Riguardo al Dividend Yield
Un avvertimento riguardo al dividend yield: le società americane pongono grande enfasi sulla costanza con la quale esse pagano un dividendo. Ciò è in contrasto con quel che accade nel Regno Unito, ove le società usualmente variano
l’entità del dividendo in funzione degli utili. Una società americana ridurrebbe
o eliminerebbe il suo dividendo trimestrale solo come ultima spiaggia per evitare di restare senza liquidità. Tutto questo significa, ironicamente, che un dividend yield superiore alla media può essere un segno di problemi finanziari.
Supponiamo, ad esempio che la società XYZ sia quotata a 100 dollari per
azione e paghi un dividendo annuale di tre dollari, ovvero ha un dividend yield
del 3%. Supponiamo poi che accada qualcosa di sfavorevole al giro di affari di
questa società e che quindi i suoi utili calino. Come effetto di questa congiuntura sfavorevole, il prezzo dell’azione cala a 50 dollari. La società tuttavia, fiduciosa che si tratti di problemi solo temporanei ed intenzionata a mantenere
la sua politica di dividendi costanti, continua a pagare i soliti tre dollari annui,
cui corrisponde ora un dividend yield del 6%. Un investitore attratto da tale
percentuale farebbe bene a prendere in seria considerazione il problema della
riduzione degli utili della società e assicurarsi quindi che non accada che la
compagnia sia poi successivamente costretta a tagliare del tutto il dividendo.
Ovviamente, l’insegnamento da trarre in questo caso è che nessun investimento va fatto sulla base di un solo parametro. I fondamentali di ogni investimento dovrebbero essere attentamente analizzati, e bisognerebbe avere conferma della solidità finanziaria e dell’aspettativa di guadagno della società.
I MERCATI E I CICLI
Le azioni, eccetto quelle che combinano buoni fondamentali ed elevati dividendi, sono un investimento di lungo periodo. Vi saranno sempre società che
falliscono, ma quelle vitali, che sono la grande maggioranza di quelle quota86
CAPITOLO 5 - IL MIO REGNO PER UN COMPRATORE: IL CAOS DEI MERCATI AZIONARI
te in borsa, aumentano il loro giro di affari e crescono di valore col passare del
tempo. L’economia, i mercati e le società stesse sono tuttavia soggette a dei cicli inevitabili, ed ecco perché le azioni sono degli investimenti non adeguati
ai vostri obiettivi di breve termine. Se il vostro denaro dovrete utilizzarlo entro cinque anni, allora vi sono buone possibilità che i mercati azionari si trovino nel corso di in ciclo al ribasso nel momento in cui dovrete disinvestire. E
se invece fate affidamento sull’apprezzamento delle azioni, allora dovreste anche essere consapevoli di quanto a lungo sono durati alcuni mercati orso.
Il calo più duraturo del mercato è durato un po’ più di dieci anni, fra l’inizio della Grande Depressione e i primi anni ’40. Il secondo calo peggiore abbracciò gli anni dal 1966 al 1982, durante i quali l’indice Dow Jones Industrial
Average fu scambiato a livelli tra 600 e 1000, con l’inflazione che erose per tutto quel tempo il suo valore reale. La correzione peggiore di quel periodo cominciò nel 1973 e durò per tutto il 1974, quando il Dow Jones arrivò a perdere
il 45% del suo massimo valore nominale di quel periodo. Ci vollero dieci anni
per riagguantare il livello massimo precedentemente raggiunto (vedi figura 5.1)
Dagli inizi degli anni ’80 e sino al 2000, i prezzi delle azioni hanno seguito
un forte trend al rialzo, ma pur tuttavia - le azioni sono sempre azioni - vi fu
una forte battuta di arresto. Nel 1987, vi fu una correzione del 36% in appena
tre mesi. Portando in conto l’effetto dell’inflazione, se voi aveste comprato il
FIGURA 5.1 - Andamento dell’indice S&P Composite nel corso del XX Secolo. A sei anni dall’ingresso nel mercato orso del nuovo secolo (mentre scrivo è il 2006, NdT), possiamo vedere che nel secolo precedente vi sono state tre fasi toro e tre fasi orso. Rimanere investiti durante le fasi dell’orso ha portato a ingenti perdite sul proprio capitale, specialmente se si porta in conto l’erosione del potere di acquisto causato dall’inflazione. Il mercato orso dei giorni nostri non è certamente un’eccezione.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
87
A PROVA DI CRASH
Dow Jones Industrial Average nel 1966, avreste dovuto attendere circa trent’anni, ovvero fino al 1995, per riottenere la stessa quantità di denaro investito. A partire dal 2000, le azioni si sono mosse in un canale laterale e anche con
trend al ribasso, talvolta anche fortemente al ribasso, in quanto bisogna pur
sempre considerare l’inflazione che erode il potere di acquisto del denaro. In
media, vi è stato un arretramento del mercato ogni due anni nel secolo scorso. Capite ora perché io preferisco azioni che danno prontamente una rendita
sull’investimento fatto sotto forma di denaro liquido?
I Mercati Toro del Passato e i Mercati Orsi che Li Seguirono
E’ interessante guardare ai mercati toro degli anni ’20 e ’60, e ai rispettivi mercati orso degli anni ’30 e ’70 che li seguirono, e fare quindi un confronto con il
mercato toro degli anni ’90 e il successivo mercato orso che, al momento in cui
questo libro è scritto, ovvero fine 2006, è ancora in corso.
In ciascuno di questi casi, si riteneva di essere all’alba di una nuova era di
guadagni eterni: i ruggenti anni ’20, i modaioli anni ’60 con il ‘tronics boom10, e
i Nifty Fifty11, e, recentemente, il cosiddetto nuovo corso con gli altamente tecnologici anni ’90. Ciascuno di questi periodi era connotato da valutazioni fatte a multipli che erano assolutamente fuori dalla realtà.
Il crollo del 1929 e il mercato orso degli anni ’30 fecero cadere del 90% il valore nominale del Dow Jones Industrial Average. Nel 1973-1974, come già osservato, la perdita fu del 45% in valore nominale, ma portando in conto l’inflazione, la perdita fu anch’essa di circa il 90%.
State Lontano dal Mercato Azionario Americano Odierno
Considerando la storia passata, e le cupe previsioni di introiti per le società, il
tutto in un ambiente imbottito di aziende fortemente indebitate e con tassi di
interesse in aumento, l’indice Dow Jones Industrial Average è notevolmente
sopravvalutato ai livelli attuali (novembre 2006), e consiglio di starne alla larga. Lo affermo indipendentemente dal fatto che il crollo del dollaro incombe
su di noi, e con esso sono in arrivo recessione e iperinflazione.
I tassi di interesse in aumento fanno sentire il loro effetto sui prezzi delle
azioni per diversi motivi. Essi fanno lievitare il costo del debito societario, e
NdT: Con il termine ‘tronics boom si fa riferimento al forte rialzo che negli anni 1960 61 ebbero
le azioni di società operanti nel campo dell’elettronica, ed in particolare produttrici di componenti
quali transistor e scanner ottici.
11
NdT: Nifty Fifty è un termine informale per riferirsi a un gruppo di cinquanta società quotate
sul listino americano NYSE. Erano considerate queste azioni molto solide, con ottime prospetti
ve di crescita in qualunque situazione di mercato. Si ritiene che queste azioni siano state alla ba
se del mercato toro degli anni ’70.
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CAPITOLO 5 - IL MIO REGNO PER UN COMPRATORE: IL CAOS DEI MERCATI AZIONARI
quindi riducono gli utili. E poiché tutte le altre società affrontano tali tipi di
problemi, i tassi di interesse hanno l’effetto di far diminuire le vendite e i profitti. A causa dei prezzi in discesa delle azioni, le grandi aziende con fondi pensione sottodimensionati sono costrette ad effettuare stanziamenti straordinari, e anche questo impatta negativamente sui profitti. Quindi l’aumento dei
tassi di interesse causa delle contrazioni in molti settori.
SCOMMETTIAMO AL RIBASSO?
Non che tutti usualmente siano capaci di farlo, ma supponiamo che un investitore evoluto chieda a ragione: “Se il mercato azionario americano sta per
andare in rovina, allora perché non vendere azioni allo scoperto?” Vendere
allo scoperto significa vendere un titolo prendendolo in prestito da un broker, con la prospettiva che questo poi possa essere restituito successivamente comperandolo ad un prezzo più basso, e realizzando quindi un profitto.
Il titolo in questione in tal caso potrebbe essere un ETF che replichi l’andamento di un indice di mercato, come ad esempio il famoso Diamond che
replica l’andamento del Dow Jones Industrial Average, lo Spider che replica l’indice S&P500, o un Qube (chiamato così perché il suo simbolo è QQQQ),
che replica l’andamento del Nasdaq100.
Ecco perché sconsiglio di seguire una strategia del genere.
Usualmente i broker al dettaglio richiedono che le vendite allo scoperto siano fatte in dollari. Bene, secondo il mio punto di vista notoriamente
ostile, potrebbe accadere che il dollaro perda molto più valore di quanto
non perda il titolo che voi vendete allo scoperto. Esempio: se il dollaro perde il 90% del suo valore e il titolo che avete venduto allo scoperto a 50 dollari è sceso a 10 dollari, allora avreste guadagnato 40 dollari per azione. Se
il margine sulla vendita allo scoperto era di 25 dollari, allora voi avete realizzato un profitto del 160% (40 dollari di guadagno per ogno 25 investiti).
Pur tuttavia, solo per compensare la perdita del potere di acquisto del dollaro, avreste avuto bisogno di un guadagno del 1000%.
Ho quindi un’idea che ritengo molto migliore, prendere dollari in prestito e utilizzarli per acquistare azioni estere che danno dividendi, e usare
questi dividendi per pagare gli interessi. La vendita allo scoperto invece
realizza la cosa opposta a quella che vi consiglio, in quanto voi prendete in
prestito dei titoli, che probabilmente hanno un valore intrinseco, e li vendete per ottenere dollari, che potrebbero non averne alcuno. Seguendo la
mia strategia, se il dollaro crolla, allora voi potete vendere una piccola parte dei vostri titoli stranieri che si saranno apprezzati, ripagare per intero il
89
A PROVA DI CRASH
vostro debito, e tenere per voi i rimanenti titoli liberi da qualsiasi vincolo
o obbligo. Fa male dover riacquistare azioni che si sono rivalutate con dollari dal valore quasi nullo, non è vero?
Maggiori dettagli su questa strategia verranno dati nel Capitolo 8.
Gli Elementi di Valutazione e l’Ooutlook del Mercato
Proprio come le azioni individuali, che sono giudicate sopravvalutate o sottovalutate sulla base del loro P/E e del loro ritorno del dividendo, anche il
mercato nel suo complesso, quantificato da una media di azioni come il Dow
Jones Industrials o da un indice azionario come l’S&P500, lo si può valutare
con gli stessi parametri. Ad esempio, nel momento in cui scrivo, i trenta titoli
del Dow hanno un P/E complessivo di 21.07. Confrontando questo numero
con il valore storico che è intorno al 15, allora il mercato, così come rappresentato dal Dow, è sopravvalutato di un ammontare pari alla differenza tra
questi due numeri. Una regressione fino a tale valore medio provocherebbe
una correzione nominale intorno al 25 - 30%. Analogamente, il valore medio
del dividend yield del Dow di oggi, 7 Luglio 2006 è di 2.28%, meno del 2.47%
di un anno fa. Più basso è tale ritorno, maggiore è la sopravvalutazione del
mercato, e prima dell’inizio dell’ultima bolla del mercato azionario un dividend yield medio del Dow sotto il 3% segnalava pericolo imminente.
Se si porta poi in conto un livello di inflazione intorno all’8 - 10%, allora la prospettiva di una repentina caduta dell’indice Dow non appare così improbabile.
Se ci confrontiamo con i precedenti mercati orso, ed in particolare quelli
degli anni ’30 e degli anni ’70, le prospettive sembrano ora perfino peggiori.
Le condizioni economiche sono uguali o peggiori di allora. Storicamente, vi è
sempre stata una corrispondenza tra la durata del boom e la durata del successivo periodo di calo dei corsi azionari, Ed il mercato toro che si è appena
concluso è stato il più forte e il più lungo che mai si ricordi, con valutazioni tirate su a livelli mai visti.
Quindi possiamo escludere un calo di circa il 90%? In termini nominali forse si, ma non se portiamo in conto la discesa delle azioni rispetto al prezzo dell’oro o ai prezzi al consumo.
Oh, sapevo di aver dimenticato qualcosa. Vi è anche il problema del crollo
del dollaro, non appena gli asiatici apriranno gli occhi sui nostri deficit commerciali e di bilancio, e decideranno di spendere tutti i dollari che hanno accumulato ricomprandosi sui nostri mercati le merci che essi stessi hanno prodotto.
Se vi ho causato uno stato d’ansia per quanto sopra esposto, lasciatemi ricordare che la vostra salvezza vi aspetta nel prossimi capitoli.
90
CAPITOLO 6
Loro Fanno Esplodere Bolle,
Non è Vero?: L’Imminente Crollo
del Mercato Immobiliare
I
l New York Times del 31 Luglio 2006 aveva un articolo con affiancata una grande foto la cui didascalia avrebbe potuto essere “La Vita di Riley”.
Mostrava un uomo di 53 anni, ex lavoratore siderurgico e insegnante occasionale di matematica, che riposava su una poltrona, sorridente, in jeans, e
con i capelli ben pettinati. Il titolo del pezzo era “Uomini che non lavorano, e
che non cercano un lavoro.”
L’articolo spiegava che la vita agiata di quell’uomo era finanziata grazie al
denaro preso in prestito dando in garanzia il valore (in crescita) della propria
casa. Si trasmetteva quindi il messaggio che il nostro uomo poteva permettersi
di stare in ozio e aveva intenzione di rimanerci fin quando non avrebbe travato un qualcosa che riteneva all’altezza della sua dignità.
Dal mio punto di vista, questo articolo era un esempio di come ormai l’idea che il valore della propria casa sia una forma moderna di ricchezza sia
normalmente accettata.
Se la mania delle aziende tecnologiche dot-com era appena l’inizio, la bolla immobiliare sarà l’atto principale. I crolli dei mercati azionari sono usualmente rovinosi, ma i loro effetti dannosi sono usualmente limitati esclusivamente a coloro che avevano comperato azioni sopravvalutate. Il mercato immobiliare, invece, è interamente fondato sulla speculazione e il crollo, che già
è stato avviato, farà di fatto sentire i suoi effetti su ogni cittadino americano.
Voi potete essere un’eccezione, a patto che leggiate e seguiate le istruzioni che vi
darò nei prossimi capitoli.
ALL’ECONOMIA AMERICANA NON È MAI CAPITATO QUALCOSA DEL GENERE
La bolla del mercato immobiliare, certamente la peggior speculazione della
91
A PROVA DI CRASH
storia americana, ha sostenuto in maniera artificiale l’intera economia nazionale. Lo sciogliersi di tale bolla porterà danni e rovine anche a coloro che non
sono direttamente coinvolti in essa.
Secondo un report della Northern Trust Company, uno strabiliante 43%
dell’incremento dei posti di lavori nel settore privato tra il 2001 e Aprile 2005
è legato al mercato immobiliare, e questi neoassunti sono essi stessi dei proprietari di casa e dei consumatori. Ma anche gli arredi, la progettazione di interni, gli elettrodomestici, le tasse municipali, e quasi ogni cosa dipende, in
modo diretto o indiretto, dal mercato immobiliare. L’ammontare di consumi
legati alla proprietà di un’abitazione è quasi illimitato.
Ironicamente, lo scenario peggiore, e anche maggiormente probabile, sarebbe uno scoppio proporzionale al boom che lo ha preceduto. Ciò avrebbe
conseguenze devastanti, ma sarebbe certamente naturale ed in ultima analisi
salutare. Lo scenario veramente peggiore sarebbe invece una re-inflazione introdotta politicamente allo scopo di prevenire il crollo totale. Questo significherebbe far alzare in volo l’elicottero Ben Bernanke e fargli stampare nuova
moneta per tenere i prezzi delle case artificiosamente elevati. A quel punto, se
le banche centrali estere, sicuramente scosse dalle perdite degli investimenti
fatti in titoli garantite da ipoteche, reagissero ai mali dell’economia americana rinunciando a sottoscrivere i titoli del Tesoro o inondando i nostri mercati
di dollari, allora l’iperinflazione aggraverebbe il problema, portando a un definitivo coup de grace, con un inferno di debiti appresso.
Ma come si è giunti a questo disastro imminente?
COME FAR SCOPPIARE UNA BOLLA PREPARA IL TERRENO ALLA PROSSIMA
In seguito allo scoppio della bolla dei titoli tecnologici del 2000 e al crollo delle torri gemelle nel settembre 2001, l’amministrazione Bush, appena insediatasi, e il nuovo Congresso a maggioranza repubblicana operarono usa scelta
sbagliata. Invece di utilizzare le loro splendide tribune per chiedere tempi di
sacrifici per tutta la nazione, al fine di aiutarci a superare le recessione, essi invece nascosero ogni cosa sotto un tappeto e così guadagnarono del tempo che
ci costerà caro.
Tanto per cominciare, fu operato un taglio delle tasse da 1.350 miliardi di
dollari, e furono approvati una serie di spese irresponsabili nel nome dello stimolo all’economia. Poi, un’accomodante Federal Reserve tagliò i tassi ai livelli
più bassi del dopoguerra, fregandosene del fatto che il tasso di risparmio nazionale stava decrescendo fortemente fino a diventare negativo.
Queste azioni placarono per quel tempo i venti della recessione. Ormai traboccante di denaro, il Boobus Americanus12 si guardava intorno per decidere
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CAPITOLO 6 - LORO FANNO ESPLODERE BOLLE, NON È VERO?: L’IMMINENTE CROLLO DEL MERCATO IMMOBILIARE
come spenderlo. Una buona parte fu spesa acquistando merci, provenienti soprattutto dal lontano Oriente, ma come utilizzare il resto? Viste le prestazioni
recenti del mercato azionario, che avevano fortemente punito gli investitori, era
meglio starne fuori. Tuttavia, i bassi tassi di interesse sui mutui attiravano l’attenzione sul mercato immobiliare, portando, in un primo tempo, al rifinanziamento dei mutui esistenti, il che aggiunse ancora altro denaro da spendere nelle tasche della gente. Coloro che abitavano in affitto scoprirono che il basso livello dei tassi ormai rendeva possibile acquistare casa, e quindi cominciarono
a farlo. Per coppie che avevano vissuto almeno due anni in una casa, esisteva
la possibilità di non pagare le tasse sul profitto derivante dalla sua vendita, fino a una soglia di 500.000 dollari: tutto questo rese il settore immobiliare un’ovvia opportunità di investimento. L’aumentare della richiesta di case da acquistare cominciò a tradursi nell’aumento dei prezzi delle case, il che confermava
quindi l’apparente assennatezza della speculazione in atto. In breve, si stava rinviando un periodo di recessione, e una bolla sul mercato azionario stava per essere sostituita da un’altra molto più grande nel settore immobiliare.
UNA PROSPETTIVA: I GIORNI VIRTUOSI DI UN DECENNIO FA
Per rendersi pienamente conto di cosa sia andato storto nel funzionamento del
mercato immobiliare, credo sia utile rivolgere l’occhio al passato e capire come venivano acquistate le case ai vecchi tempi, diciamo una decina di anni fa,
prima che gli effetti della cattiva politica monetaria facessero si che il denaro
passasse dai mercati azionari al settore immobiliare.
Tradizionalmente, una banca o un’istituzione erogatrice di credito concedeva un mutuo trentennale che sarebbe stato un asset sui suoi libri contabili.
Dal momento che era loro primario interesse riavere indietro la cifra data in
prestito, essi valutavano attentamente le persone a cui concedere il mutuo, come pure il valore reale del bene ipotecato.
Il processo delle securitizzazione è stato parte importante del settore immobiliare a partire dai primi anni ’80. In sintesi, quello che accade è che istituzioni partecipate dal governo acquistano i contratti di mutuo per acquisto
prima casa dalle banche che li avevano originariamente erogati, e li assemblano insieme confezionando titoli ad elevato rendimento sostenuti da ipoteche. Pur tuttavia, la funzione principale delle entità che si occupavano della
securitizzazione, come Fannie Mae, Freddie Mac e Ginnie Mae, era quello di
fornire un mercato secondario per i titoli garantiti da ipoteche immobiliari, di
NdT: Termine coniato dal critico ed editore Henry Louis Mencken (1880 1956) per indicare l’e
sponente tipico della classe media americana, descritto come un personaggio di bassa cultura, bi
gotto e fin troppo credulone.
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A PROVA DI CRASH
fatto quindi espandendo il mercato degli istituti locali di erogazione dei mutui. Vi spiegherò in un minuto perché il processo di securitizzazione è diventato uno spauracchio invece che un sostegno all’acquisto responsabile di un’abitazione.
Si è detto che chi eroga il mutuo ha interesse nel fatto che chi riceve il mutuo sia un buon pagatore e che la valutazione del bene su cui accendere l’ipotesa sia accurata e realistica. I periti che stimavano il valore delle case erano
pagati dalle banche, e quindi per essi era vitale avere una buona reputazione
in fatto di onestà e integrità. Chi prestava denaro finanziava tipicamente fino
all’80% del valore della casa, in quanto voleva che chi riceveva il denaro a prestito avesse qualcosa da perdere in caso di insolvenza, e che quindi non fossero facilmente indotti ad abbandonare il mutuo ai primi segni di problemi o
di incapacità di saldare la rata prima della sua scadenza.
Inoltre, la capacità di mettere insieme i soldi per versare tale anticipo era
una conferma di carattere virtuoso e di solidità. Questi cittadini sapevano come gestire il loro denaro, e quindi sapevano risparmiarlo. Ciò significava che
la gente poneva anche attenzione al fatto che la rata del mutuo da pagare non
rappresentasse una percentuale troppo elevata del loro reddito.
Una regola approssimata era che la banca prestasse circa il doppio del reddito annuo del nucleo familiare. Quindi se uno guadagnava 100.000 dollari all’anno, poteva averne in prestito 200.000. Un’altra regola era che il costo annuo totale del mutuo fosse al più un terzo il reddito lordo; in questo modo le
persone potevano facilmente convivere col loro mutuo. In particolare, le banche non volevano che le persone facessero i salti mortali, e allo stesso tempo
le banche richiedevano valutazioni oneste del bene ipotecato in quanto esse
volevano essere ben coperte nel caso in cui il beneficiario del mutuo non avesse più pagato le sue rate.
A quei tempi, come accade ora, chi possedeva una casa accendeva un prestito dandola in garanzia, ma questo allora era fatto per ristrutturare e abbellire la loro casa, consapevole del fatto che i soldi spesi non si sarebbero tradotti
per intero in un apprezzamento della sua proprietà, a meno che non fosse stato lo stesso proprietario ad occuparsi della ristrutturazione, mettendoci dentro
quindi il proprio lavoro e il proprio tempo (vedi Figura 6.1) Quando si spendevano tali soldi, comunque, si portava in conto che poi una parte di questi sarebbe stata recuperata quando la proprietà sarebbe stata venduta. Ad esempio,
realizzando una lussuosa sala da bagno, ci si poteva aspettare di riottenere circa l’80% dei soldi spesi. Investire soldi nella realizzazione di una piscina permetteva di recuperare circa il 40% dei soldi spesi. In questi ultimi anni di pazzia, invece, la gente era convinta che un investimento di 50.000 dollari per rin94
CAPITOLO 6 - LORO FANNO ESPLODERE BOLLE, NON È VERO?: L’IMMINENTE CROLLO DEL MERCATO IMMOBILIARE
FIGURA 6.1 - Percentuale di possesso della casa, 1965 - 2006. Negli ultimi tempi gli americani hanno preso in prestito una così grande quantità di denaro dando in garanzia la propria casa e per finanziare i loro consumi che, nonostante il grande aumento dei prezzi del mercato immobiliare, la percentuale di possesso della propria casa è ora la
più bassa di tutti i tempi nella storia degli Stati Uniti. Immaginate quanto sia destinata a peggiorare la situazione nel
momento in cui i prezzi delle unità immobiliari cominceranno a scendere!
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
novare la propria cucina con dei top in granito ed elettrodomestici della Viking
avrebbe aggiunto 150.000 dollari al prezzo della casa. Questa è una follia.
Dal punto di vista di un compratore, acquistare una casa era tradizionalmente un buon investimento perché, una volta scontato il mutuo, si poteva andare in pensione e vivere senza dover pagare l’affitto. Di questi tempi, tu paghi
500.000 dollari per una casa, e quando vai in pensione hai un debito di 1.500.000
dollari perché hai più volte rifinanziato il debito contando sull’aumento di valore della tua casa, o perché hai continuato a comprare case sempre più grandi.
L’effetto sull’economia di una politica prudente nella concessione dei prestiti permise di imporre un limite naturale all’entità degli aumenti che i prezzi delle case potevano avere. Le case non potevano apprezzarsi più velocemente della capacità degli
acquirenti di mettere da parte i soldi per l’anticipo, o più velocemente della crescita del
reddito di chi comprava.
Che Cosa ha Provocato l’Allentamento Improvviso del Rigore sui Prestiti
Ma come si è potuti passare velocemente alla situazione in cui un tipo senza
lavoro, con un fallimento aperto e debiti insoluti sulla sua carta di credito, possa entrare in una banca e uscirne con un prestito da 500.000 dollari che non richiede un anticipo e che prevede il rimborso dei soli interessi?
Io credo che la combinazione di tassi di interesse artificialmente bassi, del
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A PROVA DI CRASH
brutto momento del mercato azionario, dell’apparizione di spregiudicati intermediari creditizi, e del business della securitizzazione dei prestiti inondato da liquidità proveniente dall’estero, bene la combinazione di tutti questi elementi ha creato una forte richiesta immobiliare e fatto innalzare i prezzi, portando a risplendere la stessa mentalità che ci ha portati all’esplosione della bolla tecnologica. Se tu prospetti a qualcuno uno scenario con una serie di lati positivi e con niente da perdere, allora chi non scommetterebbe soprattutto mettendo in gioco soldi non propri?
La situazione era arrivata a un punto in cui ai potenziali acquirenti veniva
detto: “Ascolti, lei può acquistare questa casa da 500.000 dollari senza metterci
neanche un centesimo di tasca propria. Lei può viverci dentro, e quando il suo
valore sarà aumentato ad 800.000 dollari, o, aspettando qualche mese in più,
a un milione di dollari, allora potrà intascare la differenza. Infatti, lei può prendere tale cifra in prestito in modo esentasse dando a garanzia la sua proprietà. Quindi per lei ci sono solo vantaggi e nessun svantaggio in quanto lei non
deve tirar fuori alcunché.”
Nel frattempo lei potrà beneficiare di rate estremamente basse, limitandosi a pagare rate di solo interesse con un mutuo a tasso variabile. Che importa
quanto saranno alti i pagamenti finali? A quel punto si potrà chiedere un nuovo prestito grazie all’incremento di valore della casa o si potrà vendere la casa realizzando quindi un guadagno. Nel caso peggiore di tutti, lei può semplicemente liberarsi del suo mutuo, acceso senza anticipo, dando via la casa,
e anche questa è una situazione favorevole perché negli anni trascorsi nella
casa ha pagato una rata che è inferiore a quella che avrebbe dovuto pagare per
prendere la stessa casa in affitto.
Si era di fatto arrivati a un punto in cui si sono verificati casi di studenti
che, invece di vivere nei dormitori del campus, compravano una casa e contavano sul fatto che l’apprezzamento della casa avrebbe coperto quattro anni
di tasse universitarie e di spese.
Vi è una certa differenza tra una situazione come questa e quella in cui un
banchiere concedeva giudiziosamente del credito a delle persone con una certificata capacità di ripagare il debito.
LA SECURITIZZAZIONE: LA RADICE DELLA BOLLA IMMOBILIARE
Se gli istituti che concedevano i prestiti avrebbero dovuto preoccuparsi dell’insolvenza dei loro debitori, allora ci sarebbe stato un freno all’esplosione di
transazioni immobiliari. Ma Zio Sam voleva a tutti i costi un’economia in crescita e Fannie Mae e Freddie Mac, sollevando le banche dal rischio del credito, sono divenute un vero e proprio azzardo morale.
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CAPITOLO 6 - LORO FANNO ESPLODERE BOLLE, NON È VERO?: L’IMMINENTE CROLLO DEL MERCATO IMMOBILIARE
In situazioni di domanda di abitazioni estremamente elevata, la securitizzazione porta alla creazione di un conflitto di interessi. Da una parte ci sono
coloro che originano l’ipoteca, l’80% dei quali sono banche e intermediari creditizi. Essi si preoccupano di pubblicizzare la propria attività, e gestiscono le
pratiche per la concessione dei mutui, prendendo in cambio delle sostanziose commissioni. Con nessun rischio di fallimento, essi vanno a caccia di ipoteche. Dall’altra parte ci sono gli enti che rilevano i contratti di mutuo assumendosene i rischi; questi enti confezionano dei titoli garantiti da ipoteche e
li vendono sul mercato. Essi vanno a caccia quindi di prestiti di qualità, che
non andranno insoluti.
Il risultato: collusione tra coloro che elargiscono i mutui e i periti che prezzano le case, il che porta a false documentazioni, stime fasulle, e ad un rilassamento dei criteri per la concessione dei mutui, che a loro volta hanno invischiato le persone fin sopra la loro testa, hanno fatto dilagare l’acquisto di unità immobiliari con fini speculativi, e scoraggiato la pratica del risparmio, che
è invece necessaria per avere un’economia in salute e produttiva.
LE ISTITUZIONI SPONSORIZZATE DAL GOVERNO CHE COMPRANO I PRESTITI
Continuando la nostra presentazione, le due più grandi istituzioni che rilevano i contratti di mutui ipotecari sono la Federal National Mortgage Association (Fannie Mae) e la Federal Home Loan Mortgage Corporation (Freddie
Mac), entrambe partecipate dal governo13. Chi concede prestiti ipotecari vende a queste due istituzioni, che sono società pubbliche garantite (non si sa ancora fino a che punto) dallo stato, i suoi cosiddetti “prime loans,” un termine
che indica che i prestiti devono soddisfare determinati requisiti e pertanto sono dei prestiti di qualità. La Government National Mortgage Association (Ginnie Mae) è invece di proprietà statale e opera come fideiussore dei contratti che
restano con i mutuanti originari. Attraverso la Ginnie Mae, i pagamenti sono
corrisposti agli investitori che hanno acquistato i certificati emessi da questa.
Sono state queste organizzazioni che hanno dato impulso e velocità al boom
immobiliare (vedi Figura 6.2). I proprietari delle abitazioni si sono improvvisamente scoperti ricchi grazie all’apprezzamento del valore delle loro case, che le
banche erano ansiose di convertire in denaro in cambio di ipoteche, ed era quindi certo che i prezzi delle case non potessero che andare all’insù. Facendo appello alla teoria che questi prestiti servivano per necessità primarie, la lobby delle banche riuscì a far detassare gli interessi pagati fino a una soglia di 100.000 dollari all’anno, creando quindi un ulteriore incentivo a prendere soldi in prestito.
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NdT: Al momento in cui questo libro è tradotto in lingua italiana, Fannie Mae e Freddie Mac so
no state nazionalizzate dal governo USA per evitare che andassero incontro al default.
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A PROVA DI CRASH
FIGURA 6.2 - Gli assett totali di Fannie Mae, 1990 - 2004. La crescita esplosiva di Fannie Mae e l’azzardo morale che
essa ha creato ha contribuito a dar vita alla più grande bolla immobiliare di tutti i tempi. Ora che sta scoppiando, si
sgonfierà anche quell’economia fasulla che essa ha contribuito a creare.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
Tuttavia, splendido esempio di processo che si autoalimenta, i proprietari
delle abitazioni usarono i soldi presi in prestito spendendoli nei grandi magazzini, acquistando in gran quantità merci importate, e spedendo quindi grosse somme di denaro nell’Estremo Oriente. Quando i dollari tornarono indietro, in cerca di investimenti sicuri che rendessero un po’ più dei titoli di stato
americani, che davano rendimenti artificialmente bassi, chi era pronto ad accoglierli? Avete indovinato: due vecchi amici con un appetito famelico per denaro contante - Fannie Mae e Freddie Mac.
WALL STREET SI GETTA NELLA MISCHIA
Ma Fannie Mae e Freddie Mac acquistavano esclusivamente i cosiddetti prime loans, e, dato l’impressionante balzo in avanti della domanda di abitazioni, una vasta e crescente fetta di richiedenti di mutui subprime14 restava non
servita. Che fare con questi?
A questo punto arrivò in salvataggio Wall Street mettendo in campo sofisticati prodotti di securitizzazione dei titoli chiamati Collateralized Mortgage
Obligations (CMO) e real estate mortgage investment conduits (REMIC), che
divisero una vastissima quantità di mutui ipotecari in classi con diverse caratteristiche di rischio, rating e durata residua chiamate tranche, un modo proprio di Wall Street di definire obbligazioni commercializzate separatamente.
NdT: I mutui subprime sono i cosiddetti “mutui spazzatura” ovvero mutui concessi a persone
con scarsa affidabilità finanziaria, e quindi con un elevato rischio di insolvenza.
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Questi prodotti sono molto complessi, e comprenderli a pieno dal punto di vista tecnico non è necessario per rendersi conto del loro significato. Ridotto all’osso, ciò che essi fanno è eliminare i rischi specifici attraverso la diversificazione consentita dalla disponibilità di un numero elevato di ipoteche, e poi,
relegando i mutui con la maggior probabilità di insolvenza a una o più tranche specificatamente ad elevato rischio, assegnano alla maggioranza delle obbligazioni il rating AAA. Le tranche ad alto rischio sono tipicamente vendute
ai fondi hedge, che sono per legge riservati ad investitori ad alto reddito, con
un rendimento talmente elevato da rendere accettabile il rischio di default.
L’ingresso di Wall Street nel mercato dei mutui ipotecari fu un punto di
svolta per cinque motivi:
1. Wall Street era entusiasta di impadronirsi del mercato dei mutui subprime in quanto i suoi clienti istituzionali, come i mutual fund e i fondi speculativi, andavano disperatamente alla ricerca di investimenti ad
alto rendimento. Molto più che la sicurezza degli investimenti nel lungo periodo, ad essi interessava qualsiasi cosa che avrebbe spinto verso
l’alto la loro performance all’interno di un mercato che era in competizione sulla base di rendimenti trimestrali.
2. Facendo sì che virtualmente qualsiasi corpo animato potesse acquistare
una casa, Wall Street incoraggiò a compiere atti illeciti intermediarispregiudicati che davano la caccia via telefono ai loro potenziali clienti.
3. Sebbene la vastità e la diversità delle ipoteche sono sfruttate per eliminare dei rischi (ad esempio, dal momento che il mercato immobiliare ha
caratteristiche fortemente locali, la diversificazione geografica avrebbe
dato una qualche protezione contro il rischio di fallimento), i fattori macroeconomici sono legati ai mercati locali e una serie massiccia di fallimenti avrebbe molto più impatto sul mercato dei mutui subprime di
Wall Street che su quello dei “prime loans” gestito da Freddie Mac e
Fannie Mae, ove si stima che un tasso di fallimenti anche del solo 5%
porterebbe all’insolvenza.
4. La fame di Wall Street per i mutui subprime, di norma stipulati senza
richiedere alcun anticipo di capitale per l’acquisto della casa, accrebbe
ncora di più l’azzardo morale già in essere per via di Fannie Mae e Freddie Mac. I conflitti di interesse di coloro che concedevano i mutui e coloro che rilevavano poi l’ipoteca erano di fatto causa di corruzione al
momento della stipula dei contratti di mutuo, e non promettevano quindi nulla di buono per l’inadeguato proprietario della casa, per l’istituzione che rilevava l’ipoteca, e per gli investitori nei titoli garantiti da
ipoteca, investitori che per larga parte erano costituiti dalle banche cen99
A PROVA DI CRASH
trali estere, su cui noi facciamo indebitamente affidamento per finanziare il nostro debito nazionale.
5. Un contributo proprio di Wall Street a questa situazione fu il prestito
ipotecario “senza-documenti” o con “reddito dichiarato”, ovvero uno
poteva evitare di dover documentare il proprio reddito semplicemente
accettando di pagare una rata più elevata. Poiché una persona sana di
mente con un reddito documentabile avrebbe certamente optato per un
prestito con una rata più bassa, questo tipo di prestiti furono giustamente etichettati con nome di “prestiti per bugiardi.” Sono stati erogati molti prestiti di questo tipo, portando quindi a un deterioramento della qualità generale dei titoli garantiti da ipoteche.
Commento Finale
Dando vita ad un conflitto di interessi tra il mercato immobiliare e il mercato dei mutui ipotecari, la securitizzazione ha corrotto un settore in cui la disponibilità ed il costo del credito sono di primaria importanza per l’economia. Questo è alle radici di una
speculazione che non si era mai vista nella storia americana, il cui riassorbimento porterà una forte stagflazione ed eventualmente iperinflazione, e farà sentire fortemente
il suo effetto negativo su quegli americani che hanno titoli prezzati in dollari USA.
MUTUI NON TRADIZIONALI
Una moltitudine di elementi ha dato linfa alla bolla immobiliare. Ora che stiamo assistendo al suo sgonfiarsi, sugli articoli dei giornali cominciano ad essere spiegati i molti trucchi e raggiri che l’hanno causata, anche se, purtroppo, questi non sono ancora passati alla storia. Mentre io scrivo, prestiti con anticipo nullo (ovvero prestiti che finanziano il 100% del bene da acquistare) e
altri espedienti simili introdotti per rendere sempre più accessibile il credito
sono ancora utilizzati, e faranno sentire ancora lungamente i loro effetti. I mutui a tasso variabile e loro variazioni rappresentano un esempio principe di tali espedienti.
I mutui a tasso variabile (Adjustable-rate mortgage, ARM) trasferiscono
all’acquirente dell’unità immobiliare il rischio del rialzo dei tassi di interesse,
che nei mutui tradizionali a tasso fisso è invece a carico di chi concede il denaro. Affinché si accolli tale rischio, il compratore ottiene in cambio un tasso
di interesse iniziale più basso di quello che otterrebbe nel caso di mutuo a tasso fisso. In seguito però, a intervalli che possono andare da uno a dieci anni,
il tasso di interesse viene aggiornato ai tassi di interesse del momento, secondo il valore di un qualche indice, che ad esempio negli USA può essere il Treasury bill o il valore medio nazionale dell’interesse (fisso) dei mutui. Il tasso
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iniziale, che può essere anche intorno all’1% è detto tasso “abbindolante,” ed
il perché di tutto questo è chiaro: Quando una persona sta cercando di ottenere la casa più grande possibile pagando la rata più bassa possibile, beh allora sembra che la casa prescelta sia alla sua portata. (oh, certo, tutte le clausole del mutuo sono espresse chiaramente nero su bianco, ma chi può prendersi il fastidio di porsi questa domanda: “Qual è la rata mensile e sono capace di sostenerla?”).
Personalmente disapprovo l’uso degli ARM come una sorta di “mutuo scontato” semplicemente perché le persone che sono alla caccia della rata mensile
che inizialmente sia la più bassa possibile, avranno per definizione grosse probabilità di trovarsi nei guai quando il tasso di interesse sarà portato ai livelli
di mercato. E, considerate, questi mutui si sono diffusi in un momento in cui
i tassi di interesse erano già a livelli straordinariamente bassi, e quindi è certo
che a quel punto i tassi non avrebbero potuto fare altro che aumentare.
Aggiungiamo a tutto questo il fatto che nel nostro paese scarseggiano oramai i risparmi fatti dai nostri cittadini e siamo costretti a fare affidamento su
fonti di finanziamento estere. Quando le banche estere perderanno finalmente la loro fiducia nel dollaro, i tassi di interesse partiranno a tutta birra, e con
essi anche le rate dei mutui ARM. Il fatto che il nostro paese, già vulnerabile
alla dinamica dei tassi di interesse per via del suo debito, abbia aggravato la
sua situazione sovresponendosi agli ARM è sfrontatamente incredibile. E’ come dare una pistola a una donna infuriata che ha colto in flagrante il marito
mentre la tradisce, e sperare che essa non prema il grilletto.
Sono anche disponibili delle varianti degli ARM, i quali possono essere un’ancora di salvezza nel momento in cui la rata mensile diventa insostenibile.
I prestiti solo-interesse, come il nome stesso suggerisce, richiedono, per i
primi anni, il pagamento dei soli interessi maturati sul capitale erogato in prestito. Ciò permette di minimizzare le rate per i primi anni, ma, quando questo
periodo iniziale è terminato, assumiamo dopo cinque anni, allora ci si trova
alle prese con delle spiacevoli novità. Il tasso, ovviamente, viene aggiornato
ai valori correnti, che presumibilmente è più alto, e, inoltre, si deve ora cominciare a rimborsare oltre agli interessi anche parte del capitale. E mentre
originariamente poteva aversi un piano di ammortamento su 30 anni, ora lo
stesso capitale deve essere rimborsato in 25 anni, il che porta necessariamente al lievitare della rata.
Inoltre, dal momento che non hai dato nessun anticipo per l’acquisto della casa e
non hai neanche rimborsato parte del capitale, non puoi neanche utilizzare la tua casa come garanzia per rifinanziare il debito, a meno che, naturalmente, la casa non si
sia apprezzata di valore negli ultimi cinque anni. Ma che succede se essa non si è ap101
A PROVA DI CRASH
prezzata, o è addirittura diminuita di valore, come accade quando i tassi di interesse
sono in aumento? Ora devi pagare delle rate che non puoi sostenere e non hai alcuna
possibilità di prendere altro denaro in prestito. Quindi devi per forza vendere. E se si
tratta di un prestito con rivalsa, allora sarai tenuto a rimborsare qualsiasi somma resti in sospeso.
Fortemente legata all’opzione solo-interesse vi è l’ARM con ammortamento
negativo. In questo caso, avete la possibilità di pagare una rata minima mensile, e la differenza tra quello che avreste dovuto versare e quanto avete effettivamente versato va ad aggiungersi al capitale erogato da rimborsare, tutto
questo naturalmente finché il capitale complessivo da rimborsare non raggiunge una certa soglia prefissata, in corrispondenza della quale la metodologia di rimborso delle rate diventa quella di un ARM tradizionale.
I furfanti che hanno rifilato questi prodotti alla gente comune sostengono
che i mesi in cui viene pagata la rata minima saranno largamente compensati dai mesi in cui pagherete più del dovuto. Ma cosa credono che farà una giovane coppia, metter via la differenza in modo da essere sicuri di poter pagare
le successive rate più alte? No, datemi una pausa. Il denaro che hanno risparmiato sulla rata del mutuo è sicuramentegià stato speso in un grande magazzino ed è in viaggio verso la Cina.
Un ulteriore ragionamento che si sente in giro come ragion d’essere degli
ARM è che chi acquista spesso deve vendere e trasferirsi altrove dopo due o
tre anni. Ma questo è totalmente insensato. Perché qualcuno dovrebbe sobbarcarsi i costi derivanti dal possedere una casa per un periodo così breve? Gli
unici motivi sarebbero poi quelli di voler poi vendere per acquistare una casa
più grande o di voler vendere la casa e prenderne una in affitto. Entrambe le
alternative assumono però che la casa aumenti di valore in questo frattempo.
Al mio paese, questa si chiama speculazione. Ve ne è un sacco in giro, solo che
non è definita tale quando chi acquista occupa anche materialmente la casa vivendoci dentro. Ma aspettate che queste proprietà arrivino tutte sul mercato
(quando i tassi di interesse saranno più elevati e, speriamo, i criteri per l’erogazione dei mutui un po’ più severi).
Poiché nessuna delle rate inizialmente pagate in questo tipo di mutui va a
ridurre il capitale erogato, i compratori che li utilizzano non sono poi tanto diversi da chi invece vive in affitto. Poiché però ci sono da pagare anche le tasse di proprietà, l’assicurazione e le spese di manutenzione, coloro che comprano con un mutuo solo-interessi si prendono il peggio di entrambe le condizioni (di proprietario e di affittuario). Di fatto, essi affittano la casa da chi ha
prestato il denaro per il suo acquisto, ma sono anche oberati dai problemi che
derivano dalla proprietà vera e propria. L’unico caso in cui questo tipo di ope102
CAPITOLO 6 - LORO FANNO ESPLODERE BOLLE, NON È VERO?: L’IMMINENTE CROLLO DEL MERCATO IMMOBILIARE
razione risulta conveniente è quando la proprietà si apprezza. In ultima analisi, queste persone sono degli speculatori estremi.
Gli ARM e le sue varianti sono una dura trappola per attirare la gente a prendersi impegni che non potrebbero permettersi, aggiungendo quindi forza alla bolla e aumentando le pressioni alla vendita nel momento in cui i nodi verranno al pettine. Sfortunatamente, la politica attendista della Fed che non ha aumentato i tassi per frenare
la speculazione ha fatto si che un sempre maggior numero di proprietari di case fossero adescati dalla bomba ad orologeria che sono gli ARM.
COME I COSTRUTTORI DI CASE HANNO CONTRIBUITO A FAR CRESCERE LA BOLLA
Anche gli operatori immobiliari e i costruttori di case hanno svolto la loro parte nel favorire la cinica dinamica che ha portato alla bolla immobiliare. Reminiscenti degli incubatori tecnologici che aiutarono il nascere e lo sviluppo di
quelle società tecnologiche e che collocando in borsa tali società in un momento
caldissimo del mercato fecero gran colpo su moltissimi investitori, gli operatori del mercato immobiliare progettavano interi quartieri che poi avrebbero
immesso progressivamente sul mercato.
Le proprietà immesse sul mercato in fasi susseguenti erano commercializzate in lotti a prezzi via via crescenti, con contratti che bloccavano i compratori per periodi da uno a due anni. Creando quindi artificialmente una penuria di case tenendo molti immobili fuori mercato e poi imponendo progressivamente prezzi sempre più alti, gli operatori immobiliari crearono l’illusione
di un mercato con prezzi in ascesa, accumulando quindi ingenti fortune e spingendo sempre più operatori ad imitarli.
I DIRIGENTI DEL SETTORE SPIEGANO L’AUMENTO DEI PREZZI
In risposta a chiunque sospettasse che un fenomeno speculativo era in atto, i
portavoce del settore immobiliare opponevano una serie di motivi per far credere che l’evoluzione dei prezzi era legata alla naturale interazione tra domanda e offerta.
Di fatto, poiché gran parte delle domanda era alimentata dai bassi tassi di
interesse, dalla speculazione, e da criteri di erogazione dei mutui molto laschi,
il suo effetto sui prezzi poteva essere passeggero. Non appena i tassi sarebbero aumentati, i criteri di concessione dei prestiti si sarebbero irrigiditi e gli speculatori avrebbero deciso di vendere, allora l’eccesso di domanda si sarebbe
trasformato in eccesso di offerta, e i prezzi sarebbero crollati.
Questo semplice ragionamento sembrava essere sempre assente dagli annunci degli operatori del mercato immobiliare. Questa retorica ci riporta alla
mente i tempi della bolla di Internet, quando gli analisti rassicuravano gli in103
A PROVA DI CRASH
vestitori che i prezzi alle stelle delle azioni erano giustificati da un punto di
vista dei fondamentali se si consideravano i parametri di valutazione della
“new-economy,” ovvero il “numero di visite di una pagina web” e il “numero di click” su un sito.
Un report pubblicato nel Marzo 2006 sul sito Bankrate.com e intitolato “Rassegna del mercato immobiliare 2006,” offre un esempio della saggezza che permeava il settore.
Commentando i risultati dell’ultimo trimestre del 2005, vi era scritto:
“Il lieve calo degli apprezzamenti delle case è un primo segnale di una correzione del mercato,” afferma David Lereah, primo economista dell’Associazione Nazionale degli Agenti Immobiliari. “I prezzi delle case a livelli così marcatamente alti sono semplicemente dovuti al fatto che sul mercato vi sono più
acquirenti che venditori,” dice Lereah. “La buona notizia è che la disponibilità
di case sul mercato sta aumentando, e quindi stiamo per entrare in un periodo
in cui vi sarà un maggior equilibrio tra domanda e offerta.” [vedi Figura 6.3].
L’ammorbidimento del mercato immobiliare comunque non significa che i
prezzi delle case precipiteranno. Il presidente dell’Associazione Nazionale degli Agenti Immobiliari Thomas M. Stevens crede che le valutazioni delle case
resteranno su un elevato altopiano visto il livello della domanda.
(Permettetemi di dire che la metafora dell’“altopiano” è un campanello di
FIGURA 6.3 - Costruzione di nuove case, 1990 - 2006. I prezzi in aumento del settore immobiliare hanno spinto verso l’alto anche la costruzione di nuove case. Ora che la domanda è crollata, anche questo mercato andrà in saturazione. Ed anche i prezzi ora dovranno scendere per cercare di compensare questo squilibrio.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
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CAPITOLO 6 - LORO FANNO ESPLODERE BOLLE, NON È VERO?: L’IMMINENTE CROLLO DEL MERCATO IMMOBILIARE
allarme. Nel 1929, quando ancora la crisi non era scoppiata e tutto andava per
il meglio, si diceva che le azioni avessero raggiunto un “altopiano indefinito.”) In quanto alle frequenti dichiarazioni di David Lereah, non posso fare a
meno di rendervi edotti di una mia dichiarazione, uscita su un numero di BusinessWeek dell’Ottobre 2006; io dicevo: “Se l’economista in capo dell’Associazione Nazionale degli Agenti Immobiliari David Lereah avesse dovuto descrivere l’arrivo dell’Hindenburg nel New Jersey nel 1937 al posto di Herb Morrison, beh, allora anche in quel caso avrebbe parlato di ‘atterraggio morbido.’”
Ad ogni modo, tornando al report che avevo citato, ecco cosa diceva il Presidente Stevens:
“I figli della cosiddetta generazione baby-boom sono la seconda più vasta generazione nella storia degli Stati Uniti, e stanno per entrare nell’età in cui le
persone tipicamente comprano la loro prima casa. Considerando l’effetto di una
forte immigrazione, e anche gli stessi appartenenti alla generazione baby-boom
che ancora sono in una fase lavorativa in cui i loro guadagni sono ai massimi
livelli, allora possiamo concludere che i prezzi delle case rimarranno forti per i
prossimi dieci anni, e i prezzi nel lungo termine continueranno a salire.”
Il mio punto di vista è che se da un lato è innegabile che fattori demografici
hanno fatto aumentare la richiesta di nuove case, dall’altro essi non giustificano assolutamente il verificarsi della bolla immobiliare, e certamente non potranno far si che i prezzi continuino a restare alti nei prossimi anni. In primo luogo, avendo letto moltissime analisi del mercato immobiliare, vorrei far notare
che fattori demografici come il boom delle nascite e l’immigrazione sono elementi semplicistici di un fenomeno complesso. Ad esempio, un fattore demografico di più lunga durata e maggiormente significativo è stata la tendenza ad
avere meno occupanti per ogni casa. Ciò è stato dovuto in gran parte al benessere, e la situazione potrebbe invertirsi in un momento di difficoltà economica,
portando quindi a una sostanziale contrazione del mercato immobiliare.
Il vero punto, tuttavia, è che al cuore della bolla immobiliare vi è stata pura e semplice speculazione, causata da tutti i fattori che abbiamo fin qui discusso, e che possono essere tutti accomunati sotto la voce “cattiva gestione del denaro.”
Passiamo, quindi, a capire perché è inevitabile che si esca fuori da questi malinvestimenti, in che modo questo è probabile che accada, e quali potranno essere le conseguenze per le finanze di ciascun cittadino americano.
PERCHÉ IL CROLLO È INEVITABILE
Come è ormai chiaro, mi piacciono molto le analogie e le metafore, e quindi
105
A PROVA DI CRASH
voglio paragonare la bolla immobiliare a una palla da spiaggia che io sto tenendo in alto con la mia mano. La mia mano rappresenta l’insieme delle forze speculative che abbiamo visto, e quando il sostegno della mia mano viene
meno, la palla cadrà per terra.
Credere che la palla possa restare in aria senza la mia mano che la sostiene sarebbe assurdo. Tuttavia, questo è esattamente quello che gli agenti immobiliari vorrebbero farci credere - ovvero che si potrebbe rinunciare al sostegno dei bassi tassi di interesse e dei criteri di credito laschi, senza che i prezzi delle case scendessero giù. Ed infatti, ci viene detto che i prezzi non solo resteranno elevati, ma che addirittura essi continueranno a salire, anche se un
po’ più lentamente. Ma come potrebbe mai verificarsi una cosa del genere?
Chi potrebbe permettersi di pagare dei prezzi così esorbitanti se ritornassero
in auge gli standard usuali di prestito e di finanziamento?
Chiunque pensi che la bolla immobiliare possa avere un atterraggio morbido semplicemente ignora il soprannumero di nuove case, il numero di case
comprate da persone che non potevano permetterselo e che progettavano di
liberarsene in un secondo momento, e il numero di seconde e terze case e di
case per le vacanze comprate con denaro preso a prestito e garantito dal valore della proprietà stessa che si stava acquistando. Tutte queste unità immobiliare stanno per essere immesse sul mercato. E non importa se questo sarà
la causa o l’effetto della recessione. Sta per arrivare un periodo di recessione
combinato con l’inflazione e questa è una cosa estremamente negativa.
Ho già parlato dell’enorme massa di consumi legati, in modo diretto o indiretto, al settore immobiliare, e di quanto questi consumi siano stati finanziati chiedendo prestiti dando in garanzia parte del valore del proprio immobile, o sfruttando la momentanea irrisorietà dei tassi di interesse. Questi consumi sono destinati a fermarsi nell’esatto momento in cui i tassi di interesse
saliranno e i prezzi delle case scenderanno.
Non appena la spesa si contrarrà, delle persone perderanno il lavoro, il che
significa che esse non riusciranno a pagare le rate neanche di un mutuo a tasso fisso, per non parlare delle rate dei mutui non tradizionali che si saranno
rivoltati “sottosopra,” intendendo con tale termine che la somma dovuta avrà
ormai superato il valore della casa cha funge da garanzia.
Per meglio capire perché i prezzi dovranno scendere, considerate questo
esempio. Immaginiamo un quartiere aristocratico composto da 100 lussuose
unità abitative, tutte di proprietà ed occupate dai loro proprietari. Uno di questi decide di vendere la sua casa e riesce a farlo per un milione di dollari. Secondo il modo di pensare comune degli operatori del settore immobiliare, allora il valore delle altre 99 case è anch’esso di un milione.
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CAPITOLO 6 - LORO FANNO ESPLODERE BOLLE, NON È VERO?: L’IMMINENTE CROLLO DEL MERCATO IMMOBILIARE
Pur tuttavia, potrebbero mai tutti i restanti proprietari mettere in vendita
le loro case e ottenere ciascuno un milione? Ovviamente no. Il solo motivo per
cui quell’unica casa sia stata venduta per un milione è che le rimanenti 99 non
erano sul mercato. Il prezzo in un mercato normale cambia in funzione della
quantità di domanda e offerta. Se improvvisamente fossero poste in vendita
dieci case, i prezzi potrebbero cadere repentinamente, in quanto i dieci venditori sarebbero in competizione tra loro per attrarre i compratori.
Ma il compratore in questo caso era un investitore del settore immobiliare
che è stato disponibile a pagare un milione di dollari perché egli pensava che
sarebbe riuscito a rivendere la casa per due milioni di dollari, nonostante egli
era conscio che avrebbe perso circa 3000 dollari al mese, tenendo in conto la
differenza tra il reddito dato dall’affitto e le spese da pagare. Senza l’aspettativa che il valore della casa sarebbe raddoppiato, l’investitore sarebbe stato
disposto a pagare un prezzo che gli avrebbe consentito di conseguire un attivo mensile piuttosto che una passività, in particolare quel prezzo che gli avrebbe fatto spuntare un attivo sufficientemente maggiore del guadagno che avrebbe avuto investendo la stessa somma in obbligazioni governative esenti da rischio. Supponiamo che tale cifra sia di 500.000 dollari.
Se si rimuovono gli elementi speculativi, allora il prezzo della casa deve
essere di 500.000 dollari. Ecco come vanno le cose nel settore immobiliare. Il
fatto che un unico speculatore una sola volta abbia male interpretato il mercato e abbia deciso di pagare un milione di dollari non significa nulla.
L’unica cosa che importa in un prestito garantito da un’ipoteca su una casa è il
prestito stesso. A meno che voi non viviate in uno stato in cui i prestiti sono fatti senza rivalsa, allora il prestito ottenuto deve essere interamente ripagato, qualunque sia
la valutazione attuale del bene ipotecato.
GLI EFFETTI ECONOMICI DELLA DEBACLE DEL MERCATO IMMOBILIARE
Quindi, l’importanza per l’economia del settore immobiliare, considerato il
numero di posti di lavoro che questo crea, e i relativi consumi che alimenta, è
tale che entrambi camminano a braccetto.
Una dinamica che ha un intrinseco moltiplicatore dalle implicazioni negative è l’effetto ricchezza. Man mano che le persone si rendevano conto dell’aumento di valore della propria abitazione, allora il loro bisogno di risparmiare denaro diminuiva. Le loro case stavano accumulando risparmi al loro
posto, e andare in pensione avrebbe semplicemente richiesto accontentarsi di
vivere in una casa più piccola e trasferirsi in Florida. Il denaro che avrebbe dovuto essere risparmiato veniva invece utilizzato in consumi, il che ha dato un
provvisorio impulso all’economia.
107
A PROVA DI CRASH
Ovviamente, ora che i prezzi delle case stanno scendendo le persone si renderanno conto di quanto poco abbiano risparmiato e cercheranno di recuperare, allora l’effetto sui consumi sarà di segno opposto.
Quindi vi sono stati diversi modi con cui la bolla del settore immobiliare ha drogato l’economia. E poiché negli ultimi anni abbiamo aumentato i consumi e ridotto la
produzione, si è avuto come risultato un aumento del deficit commerciale e un vasto
aumento della quantità di dollari americani in circolazione.
Quindi, ora che il mercato immobiliare continua la sua discesa e l’economia si avvia verso la recessione, anche il dollaro sta per finire sotto pressione
perché gli investitori stranieri si renderanno conto della debolezza della nostra economia e cominceranno a sbarazzarsi dei nostri titoli di stato. Il declino quindi del potere di acquisto della nostra valuta farà quindi impennare i
prezzi al consumo, costringendo finalmente la Fed ad aumentare i tassi . L’aumento dei tassi di interesse velocizzerà a sua volta il crollo del settore immobiliare e in generale di tutta l’economia. Gli stranieri vorranno disfarsi ancora
di più dei nostri titoli, facendo salire ancora di più i prezzi al consumo e i tassi di interesse.
E’ una spirale che si autoalimenta e finirà col far implodere l’economia americana.
Naturalmente, come ho già detto al principio, è certo che vi sarà una forte
pressione politica per sostenere i prezzi delle case e realizzare quindi un atterraggio morbido. L’esperienza ci dice tuttavia che quando le forze del mercato vanno fuori controllo, beh allora si riesce molto raramente a riprenderne
il controllo. Una volta scoppiate, le bolle non si possono rigonfiare. La liquidità aggiunta in eccesso va semplicemente a finire da qualche altra parte. Così come la bolla azionaria degli anni ’90 si è trasformata in una bolla del mercato immobiliare, un qualsiasi tentativo di sostenere i prezzi delle case avrà
semplicemente l’effetto di produrre un’ulteriore bolla in qualche altro settore,
come ad esempio le materie prime, i metalli preziosi, o i prezzi al consumo.
Nelle condizioni attuali, qualsiasi aggiunta di inflazione probabilmente esaspererebbe la stagflazione che è ormai inevitabile.
Ma noi non possiamo sottovalutare le conseguenze che potrebbero aversi
dal collasso del mercato immobiliare.
Cosa accadrà quando Fannie Mae e Freddie Mac andranno in bancarotta?
Il governo federale, che implicitamente è alle spalle di queste istituzioni, farà
la sua parte per salvarle? E con quale denaro? E a quale costo per il potere di
acquisto del dollaro USA?
E tuttavia, se il governo americano le lascia fallire, che cosa accadrà alla credibilità del governo americano come garante implicito di altre obbligazioni
emesse da agenzie governative o da istituzioni partecipate dal governo? O,
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CAPITOLO 6 - LORO FANNO ESPLODERE BOLLE, NON È VERO?: L’IMMINENTE CROLLO DEL MERCATO IMMOBILIARE
formulando la domanda in un modo diverso, cosa accadrà al governo degli
Stati Uniti se le sue agenzia non sono più capaci di attrarre investimenti? Cosa accadrà a voi?
Quello che sicuramente succederà è che la vera debolezza dell’economia
USA sarà sotto gli occhi di tutti, facendo sorgere dubbi legittimi sulla sua reale capacità di rimborsare i titoli di stato emessi.
Sarà tutto questo un’accelerazione alla fuga degli investimenti stranieri e all’ondata di ritorno di dollari verso l’economia domestica, creando quindi prezzi ipergonfiati e scarsità di merci? E’ questo un qualcosa di cui dovremmo preoccuparci.
VIVERE DOPO LA BOLLA
Lo scorso Giugno, in uno degli articoli che scrivo regolarmente per i miei clienti e amici qui alla Euro Pacific Capital, ho parlato del paradosso della proprietà
immobiliare.
Osservavo come i tassi di interessi artificialmente bassi e i criteri di credito per niente restrittivi non siano stati i soli responsabili dell’aumento dei prezzi dell’ultimo decennio. Un’eguale importanza ha avuto l’allucinazione che il
solo modo per perdere soldi nel mercato immobiliare era quello di non possedere alcuna casa, ed anche il soffocamento del mercato degli affitti, in quanto i proprietari delle abitazioni erano ben disposti ad accettare piccole rendite dall’affitto, o anche rendite negative (considerando le spese), sull’aspettativa che poi la casa si sarebbe apprezzata nel tempo. I bassi livelli degli affitti
hanno inchiodato sul fondo l’indice IPC core, permettendo quindi alla Fed di
mantenere i tassi di interesse artificialmente bassi e di far scorrere fiumi di denaro per finanziare mutui a basso costo.
Ora che l’apprezzamento delle case rallenta o addirittura diventa negativo, comprare una casa diventa paradossalmente più costoso, come spiegato
in questo esempio:
Supponiamo che un tizio abbia acquistato un appartamento in un condominio per 500.000 dollari usando un mutuo senza anticipo, solo-interessi e senza-documenti, ad un tasso del 4%, e supponiamo che le tasse, l’assicurazione
e le spese di manutenzione aggiungano un ulteriore 1% all’anno. Il costo della proprietà è quindi 25.000 dollari all’anno, ovvero un po’ più di 2.000 dollari al mese. Tuttavia, se il compratore ha previsto un tasso di apprezzamento
del 10% all’anno (di fatto solo la metà del 20% di apprezzamento atteso lo scorso anno, secondo una indagine svolta a Los Angeles), questo porta potenzialmente alla creazione di 4.000 dollari di reddito al mese che potrebbero essere
ottenuti dando in garanzia la casa, per cui nel complesso il tizio che ha comprato la casa sta guadagnando 2.000 dollari al mese invece che sborsarne 2.000.
109
A PROVA DI CRASH
Quindi, anche nel caso in cui questa persona guadagni appena 3.000 dollari al
mese, essa non ha alcuno scrupolo nel dichiarare un reddito più alto, pur di
ottenere un mutuo che di fatto chiede il pagamento del 70% del suo reddito
lordo reale.
Ora, immaginiamo che il tasso sul suo mutuo venga riaggiornato al 7%.
Considerato che le tasse, l’assicurazione e le spese di manutenzione aggiungono sempre un 1% in più, allora il costo annuale diventa di 40.000 dollari, ossia 3.300 dollari al mese. Si tratta di un aumento del 65%, ma in realtà è solo
la punta dell’iceberg. Se il nostro tizio, guardando e ascoltando le previsioni
sulla nostra economia, taglia le sue stime di apprezzamento della casa al 5%,
allora il suo costo annuale diventa di 15.000 dollari. Quindi, invece di “guadagnare” 2.000 dollari al mese, la proprietà gli procura un costo di 1.250 dollari al mese.
Il suo reddito mensile è quindi diminuito di 3.250 dollari al mese.
E questo è solo l’inizio. Se i prezzi delle case si stabilizzano e quindi la stima di apprezzamento si riduce a zero, allora il costo reale diventa molto più
elevato. Anche soli 1250 dollari al mese, ovvero più del 40% del suo reddito
lordo, portano la persona in sofferenza. Senza l’apprezzamento del valore della casa, la persona semplicemente non sarebbe in grado di vivere in quella casa.
IL REVIVAL DEL MERCATO DEGLI AFFITTI E IL DILEMMA DELLA FED
Man mano che la percezione dei costi da sostenere per l’acquisto di una casa
aumenterà, per via del rallentamento del mercato immobiliare, allora si dovrà
necessariamente ricorrere all’affitto. Ma l’offerta di case in affitto si è recentemente contratta. E con l’aumento dei tassi di interesse i proprietari di casa,
specialmente quelli che hanno contratto un mutuo a tasso variabile, dovranno necessariamente aumentare l’importo degli affitti per compensare l’aumento della loro rata; essi ci riusciranno senz’altro.
Dati recenti, infatti, hanno mostrato che gli affitti stanno aumentando alla
velocità più alta degli ultimi cinque anni. Poiché gli affitti pesano per circa il
40% nell’indice IPC core, il paradosso che l’aumento del prezzo delle case tiene ancorato verso il basso l’IPC sarà sostituito da un ulteriore paradosso, ovvero che la discesa del prezzo delle case porti a un aumento dell’indice IPC.
La rinascita del mercato degli affitti pone la Fed in una condizione interessante.
Essa può escludere gli affitti dal calcolo dell’IPC core, come già ha fatto per l’energia
e i prodotti alimentari, così che può continuare a sostenere che l’inflazione è a livelli
bassi, oppure può reagire a tutto questo aumentando i tassi di interesse. L’ipocrisia
della prima scelta spazzerebbe via anche la più piccola traccia di fiducia che ancora riponiamo nella Fed, portando a delle forte pressioni sul dollaro e quindi a una maggiore
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CAPITOLO 6 - LORO FANNO ESPLODERE BOLLE, NON È VERO?: L’IMMINENTE CROLLO DEL MERCATO IMMOBILIARE
inflazione. L’innalzamento dei tassi di interesse sicuramente darebbe un’ulteriore spinta al ribasso dei prezzi delle case e spingerebbe certamente l’economia nel pieno della
recessione. Altre alternative non ve ne sono.
GLI SVILUPPI FINALI
Alla fine, i fattori che momentaneamente tengono su in modo artificiale i prezzi delle case verranno attenuati. L’aumento dei tassi di interesse e dell’inflazione, e una nuova propensione al risparmio resa necessaria dal fatto che non
sarà più possibile procurarsi liquidità contraendo prestiti garantiti dall’apprezzamento delle abitazioni, porteranno a una forte riduzione dei consumi,
il che porterà alla recessione, alla perdita di posti di lavoro e a una riduzione
della domanda di abitazioni.
La massa enorme di case invendute continuerà ad aumentare di volume
man mano che sempre più potenziali compratori saranno messi fuori mercato dalla crescita dei tassi di interesse, dall’irrigidimento dei criteri di concessione del credito, e dalla rinnovata obbligatorietà di versare un anticipo per
l’acquisto della casa. Venendo a mancare la prospettiva di un apprezzamento
della casa che potesse permettere di creare un reddito aggiuntivo, la gente non
vorrà più sobbarcarsi dei mutui la cui rata rappresenti una percentuale da vertigine del proprio reddito. In più, la percezione dei prezzi che scendono porterà molti proprietari a mettere in vendita le loro case, proprio nel momento
in cui la maggior parte dei compratori si sta ritirando.
Rovesciato il trend al rialzo dei prezzi, la discesa delle quotazione porterà
alla scrematura dal mercato di tutta la domanda alimentata dalla speculazione. E quando gli speculatori vorranno essi stessi vendere le abitazioni precedentemente acquistate, beh allora l’offerta sovrasterà in modo gigantesco la
domanda di case. Non appena gli istituti di credito vedranno scendere i prezzi delle case ed aumentare la giacenza di quelle invendute, allora fiuteranno
l’aumento del rischio di insolvenza, e quindi ritorneranno al tradizionale rigore nella concessione dei prestiti, restringendo quindi la possibilità di accedere al credito.
Man mano che sempre più mutuatari diventeranno inadempienti, anche il
mercato secondario dei titoli garantiti da ipoteche andrà a fondo. Questo porterà quindi alla nascita di un circolo vizioso che si autoalimenta, poiché criteri di credito più restrittivi riducono la domanda di casa, portando a prezzi più
bassi, un maggior numero di fallimenti (contratti di mutuo non rispettati), minor numero di persone capaci di accedere al credito, prezzi più bassi, criteri
di credito ancora più restrittivi, e così via, indefinitamente.
Il crollo dei consumi, insieme all’aumento delle rate del mutuo e alla ri111
A PROVA DI CRASH
dotta capacità di accedere a nuovi finanziamenti, farà affondare l’economia in
una dura recessione, portando ad un aggravarsi della caduta dei prezzi nel
settore immobiliare, facendo quindi peggiorare la recessione, e così via continuando in questo circolo vizioso.
La “housing mania” come tutte le mode e manie che l’hanno preceduta, sta
per giungere finalmente al termine, anche se con grande ritardo. Tornerà in
auge il principio, testato nel corso dei tempi, di una politica prudente nella
concessione dei prestiti, e le case saranno di nuovo considerate semplicemente come dei luoghi in cui poter vivere.
Pur tuttavia, il nostro paese sarà infinitamente più povero in conseguenza
della grande dissipazione di ricchezza che si è avuta in questi anni, e dell’accumulo di debiti legati sia ai mutui che ai prestiti accesi per finanziare i consumi. Prima che le quotazioni delle case possano ritornare a livelli accettabili
e sensati, essi dovranno prima arrivare a prezzi stracciati.
E’ stata una festa sfrenata, e ci ha lasciato come dopo una sbornia gigantesca, anche se, speriamo, forse abbiamo imparato la lezione e abbiamo la fermezza necessaria a riprenderci.
L’IMPORTANZA DI ESSERE LIQUIDI
Sono fermamente convinto che la bolla del mercato immobiliare scoppierà,
provocando ingenti perdite finanziarie e dando inizio a un’era di sacrifici dolorosi e di aggiustamento. Sono tuttavia fortemente fiducioso che ci fermeremo a guardare indietro a questa esperienza come il punto più basso di un lungo periodo di cattiva gestione delle politiche economiche e monetarie, e come
l’inizio di una economia nuovamente vitale, ove gli americani risparmieranno, produrranno e vivranno felici sulle aspettative di un tenore di vita che possa crescere nel tempo.
Per quanto mi riguarda, posso dire in tutta umiltà che da anni avevo intravisto questo scenario, e sono stato professionalmente attivo in strategie di
investimento che permetteranno a coloro che mi daranno ascolto di evitare
perdite personali e di assumere delle posizioni che gli permetteranno di trarre profitto e di contribuire in modo costruttivo alla ricostruzione della buona
salute e della ricchezza della nostra economia. Ecco perché ho scritto questo
libro.
Nell’ultimo capitolo vi parlerò dell’importanza di essere liquidi in tempi di incertezza finanziaria. Vi sorprenderò in quanto, tra le tante strategie che vi saranno descritte, vi mostrerò come possedere una casa vi dia modo di trarre vantaggio dalla speculazione senza correre i rischi legati a un crollo del dollaro USA.
112
CAPITOLO 7
Forza Venite, l’Acqua è Invitante:
Il Problema del Debito Personale
N
on vi è stato un raggiro simile a quello che gli Stati Uniti stanno facendo
ai danni delle economie straniere da quando Tom Sawyer non convinse
i suoi vicini a dargli dei soldi in cambio del privilegio di dare tre mani di vernice sullo steccato di sua zia Polly. Convincendo le popolazioni asiatiche che
il duro lavoro è un premio reso possibile dagli Americani che godono dei suoi
frutti, abbiamo superato il giovane Tom.
Gli Stati Uniti, essendo diventati, come visto nel Capitolo 1, una nazione di
consumatori più che di produttori, hanno distrutto ricchezza invece che crearla.
Prendendo soldi in prestito per finanziare i consumi, invece che risparmiare
per finanziare attività produttive, il nostro paese si è scavato una buca molto
più profonda di qualsiasi altra nazione nella storia (vedi Figura 7.1).
Questo capitolo tratta del debito e di come il suo cattivo utilizzo, a livello
sia personale che di nazione ci sta portando verso un collasso economico e a
un riallineamento del nostro potere di acquisto.
Un terremoto economico dell’intensità che ci aspettiamo avrà delle ricadute a livello mondiale, ma fornirà a quegli americani che disporranno di liquidità e sapranno interpretare correttamente gli eventi delle opportunità uniche di investimento. Il contenuto di questo capitolo, e anche dei suggerimenti pratici che vi darò nel Capitolo 10, vi permetteranno di proteggere il vostro
portafoglio e di trarre vantaggio da queste opportunità.
PERCHÉ L’AMERICA HA SBAGLIATO
Una economia vitale cresce attraverso i risparmi e il sottoconsumo. Qui negli
Stati Uniti abbiamo praticamente rovesciato questo concetto semplice e fondamentale. Gli Americani sono spinti ad indebitarsi ancora di più per sovraconsumare.
In un’economia assennata si tende a sottoconsumare per poter generare i
113
A PROVA DI CRASH
FIGURA 7.1 - Ammontare di debito personale, 1980 - 2006. L’impressionante aumento del debito personale smaschera la natura fasulla dell’economia americana, basata sui consumi. Se, invece, i consumi fossero stati sostenuti da
incrementi legittimi del reddito reale delle persone e da un aumento della produzione, allora la nostra ricchezza sarebbe stata autentica e genuina.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
risparmi necessari a finanziare attività imprenditoriali. Un’economia in cui la
politica del governo spinge in modo deliberato al sovraconsumo è destinata
a fallire.
Giudico ironicamente, per non dir di più, il fatto che il nostro paese stia incoraggiando i suoi partner commerciali a seguire le sue orme. Molto spesso, in
summit economici internazionali di alto profilo, i rappresentanti del governo
USA, la nazione più indebitata del mondo, danno consigli ai rappresentanti
delle nazioni meno indebitate al mondo su come migliorare le loro economie.
E’ come se uno studente che prende F dia consigli a studenti da lode su come poter migliorare ancor di più i loro voti. Il suo suggerimento di saltare le lezioni, andare ai festini e fumarsi le canne dovrebbe meritare la stessa considerazione del nostro consiglio di consumare di più e risparmiare di meno. Per un
qualche oscuro motivo, sembra che i rappresentanti del governo americano non
si chiedano poi chi si occuperebbe di risparmiare e produrre se anche il resto
del mondo adottasse la nostra filosofia del “prendi in prestito e consuma.” Non
possiamo stare tutti seduti in carrozza, qualcuno deve stare giù a spingere!
COME HA FATTO UN POPOLO DI RISPARMIATORI A TRAMUTARSI
IN UN POPOLO DI DEBITORI?
Ovviamente tutto questo non era stato pianificato. Venne un’epoca in cui l’economia statunitense era molto più libera, molto meno regolamentata e con
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CAPITOLO 7 - FORZA VENITE, L’ACQUA È INVITANTE: IL PROBLEMA DEL DEBITO PERSONALE
tasse molto più basse. Avevamo quindi più denaro da risparmiare e ci abituammo ad un certo tenore di vita.
Penso che quello che è accaduto è che il governo aumentò le sue spese e
quindi aumentò di conseguenza le tasse. Gli Americani dovevano ora pagare
più tasse, ma non volevano rinunciare al loro tenore di vita, quindi, per poterlo mantenere, diedero fondo ai loro risparmi e, finiti questi, cominciarono
a indebitarsi.
E’ stato il non voler fare delle rinunce che ha contribuito a perpetuare il
problema. Abbiamo guadagnato del tempo nel momento in cui le donne hanno cominciato a lavorare, facendo aumentare il numero di lavoratori e quindi
contribuendo al pagamento delle tasse più alte. Ma poi sono sopraggiunti nuove regolamentazioni, più assicurazioni, più bisogni, e costi maggiori con il governo alle prese con l’assistenza sanitaria e l’istruzione. Tutti questi costi si sono tramutati in tasse ancora maggiori, il che ha reso il mantenimento del nostro tenore di vita ancora più difficile da perseguire.
Quindi abbiamo cominciato a prendere in prestito sempre maggiori quantità di denaro, e poiché non vi erano ripercussioni di sorta, abbiamo continuato
a farlo, e sembrava anche che tutto andasse per il meglio.
Il risparmio, invece, richiede il sacrificio, significa che guardi delle cose che
desideri ma decidi di non comprarle. E’ quindi più duro e richiede disciplina.
Per contro, consumare - comprare ciò che vuoi quando lo vuoi, - è divertente, un po’ infantile, ma sempre divertente. Ed il mondo intero ci ha spinto
in questa direzione. Essi desideravano avere dollari, ed in cambio erano ben
contenti di rifornirci di tutta la merce che volevamo.
Naturalmente, gli asiatici non si rendevano conto che i dollari che essi desideravano così smaniosamente ben presto non avrebbero più avuto un controvalore in oro, e che la moneta a corso forzoso di una nazione che stava diventando una terra incolta prima o poi avrebbe perso ogni valore. Quindi loro
continuarono a inviare le loro merci, e noi a fare prestiti, ed ecco dove siamo.
Pur tuttavia non sarebbe onesto dare la colpa solo al flettersi della propensione al risparmio degli americani. Il nostro governo ha una sua propria
predisposizione interna che spinge verso i consumi e disincentiva il risparmio.
L’esempio più vistoso di questo è il sistema di previdenza sociale, che, col
pretesto di mettere da parte denaro per conto nostro, prende i nostri soldi e li
spende immediatamente. La previdenza sociale ed altri fondi pensione non
consolidati, che le persone giustamente considerano una forma di risparmio,
non sono altro che obbligazioni e quindi un debito che lo stato contrae verso
di noi. Un altro esempio è il codice tributario, che permette di dedurre le spese per interessi di prestiti garantiti dalle case, ma che invece tassa in pieno le
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A PROVA DI CRASH
rendite di capitale. Non è questo un incentivo a prendere in prestito e un disincentivo a risparmiare?
In figura 7.2 è riportata la crescita del rapporto di obbligazione finanziaria,
ovvero il rapporto tra la somma di tutti i debiti familiari (comprensivi di mutuo, debiti al consumo, rata per il leasing dell’auto, eventuali affitti), le spese
di assicurazione e le tasse sulla casa, ed il reddito personale disponibile.
DEBITI BUONI E DEBITI CATTIVI
In principio, non vi è nulla di intrinsecamente errato nell’avere dei debiti. Tutto dipende però dallo scopo per cui essi sono contratti.
I debiti da investimento fanno riferimento a prestiti fatti a delle imprese
per finanziare la messa in opera di nuovi impianti produttivi, come ad esempio una nuova catena di montaggio per una casa automobilistica. Questi prestiti portano un beneficio alla collettività e ci fanno tendere verso un tenore di
vita più elevato. I maggiori guadagni che la casa automobilistica ottiene grazie ai nuovi impianti produttivi le permettono di ripagare nel tempo il debito
contratto. La parte rimanente dei guadagni rappresenta poi il profitto proprio
dell’azienda, che è il giusto ritorno dell’investimento sostenuto, e che l’azienda merita per essersi assunta il rischio d’impresa e per aver utilizzato con successo i soldi presi in prestito.
FIGURA 7.2 - Il rapporto di obbligazione finanziario per i proprietari di unità immobiliari, 1980 - 2006. I proprietari di abitazioni continuano ad utilizzare le proprie case per ottenere prestiti per finanziare consumi superflui o, in
qualche caso, anche per soddisfare esigenze primarie. In futuro, questi dovranno pagare non solo per i consumi del
momento, ma anche per quelli passati.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
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CAPITOLO 7 - FORZA VENITE, L’ACQUA È INVITANTE: IL PROBLEMA DEL DEBITO PERSONALE
La società trae vantaggio da tutto questo in svariati modi. A disposizione
dei consumatori vi sono ora più automobili, sono stati creati nuovi posti di lavoro, i risparmiatori che avevano finanziato il debito guadagnano gli interessi e assistono alla progressiva restituzione anche del capitale, e l’azienda fa
profitto, che a sua volta può essere utilizzato per finanziare ulteriori espansioni delle linee produttive.
Il debito personale, per contro, fa riferimento a denaro prestato a singole persone per finanziarne i consumi. Questo tipo di prestiti rappresentano
un impoverimento di quegli scarsi capitali che avrebbero potuto essere utilizzati per finanziare invece degli investimenti d’impresa. Quando le singole persone fanno dei debiti per pagarsi i loro consumi, non viene creato alcun asset
che diventa produttore di redditi. Quindi, questo prestito può essere ripagato soltanto con una riduzione dei consumi futuri.
La società non trae vantaggio da tali prestiti, perché essi non portano ad
un aumento delle merci disponibili sul mercato, ma anzi fanno l’opposto, dal
momento che chi si indebita consuma dei beni che altrimenti sarebbero disponibili sul mercato per chi non è indebitato. Sebbene il credito al consumo
permette che i risparmiatori siano remunerati con degli interessi, sempre supponendo che i debiti vengano poi effettivamente ripagati, esso non porta nessun vantaggio alla società nella sua interezza. Infatti, sottraendo capitali agli
investimenti di impresa, esso di fatto rappresenta una minaccia per quel tenore di vita più elevato che si sarebbe potuto raggiungere in loro assenza.
Spesso si sostiene che il credito al consumo, permettendo ai consumatori
di fare degli acquisti che essi avrebbero altrimenti dovuto rimandare, aiuta i
profitti delle imprese e crea nuovi posti di lavoro.
Ma non è così. La domanda esiste a prescindere dal credito al consumo.
Tutte le merci sarebbero ugualmente vendute, ma semplicemente a un prezzo più basso. Il credito al consumo va semplicemente ad alterare la composizione dell’insieme dei compratori, permettendo a talune persone di consumare in modo maggiore, a spese di altre. Tutto questo è in contrasto con i prestiti alle imprese, che invece permettono a tutti di consumare di più.
CHE COSA È ACCADUTO ALLA PROPENSIONE AL RISPARMIO?
A meno che non apparteniate alla generazione X, probabilmente ricorderete
che un tempo eravamo abituati a risparmiare per poter poi successivamente
comprare quello che desideravamo. Tutto questo ora è sparito. Ogni cosa è
comprata con il credito al consumo.
Il credito al consumo è oramai così integrato nella cultura americana che,
se ancora non conoscete il vostro punteggio FICO, allora fareste meglio a leg117
A PROVA DI CRASH
gere uno dei tanti avvisi che passano in TV o su siti internet per capire come
fare ad averlo. Il punteggio FICO è, ovviamente, la vostra storia creditizia personale sintetizzata in un punteggio numerico per via di un software realizzato dalla società Fair Isaac and Company, da cui l’acronimo FICO. Un punteggio FICO basso non significa necessariamente non poter accedere al credito,
ma semplicemente che bisogna pagarci interessi maggiori. Il fatto che di continuo si vedano annunci pubblicitari con su scritto “Anche per cattivi pagatori” è un indicatore del fatto che il credito ha ormai pervaso la nostra economia.
Ma tutto questo è una novità. Noi siamo sempre stata una nazione di risparmiatori, ove la parsimonia era considerata una virtù. In modo sorprendente, siamo riusciti a diventare la nazione industriale più ricca nella storia
del mondo senza una sola carta di credito o un sol prestito garantito dalla casa. Questa recente novità ci sta invece portando rapidamente alla rovina finanziaria, anziché aiutarci a dare forza alla nostra economia.
I lettori più giovani potranno ora chiedersi come abbia mai fatto il cittadino americano medio a sopravvivere senza il credito al consumo. Quelli un po’
più grandicelli ricorderanno cose quali i “layaway plans” e i “Christmas Clubs”,
che un tempo erano molto diffusi ma che ormai non esistono più nell’America moderna.
Un “layaway” consisteva in un acquirente che chiedeva al commerciante
di mettere da parte una certa merce nel mentre che l’acquirente pagava, in più
tempi, il commerciante. Quando l’acquirente era riuscito a dare al commerciante l’intera somma dovuta, a quel punto quest’ultimo gli consegnava la
merce. I Christmas Clubs erano invece dei conti bancari speciali su cui i lavoratori versavano piccole parti della loro paga mensile. Arrivato il Natale, a quel
punto essi spendevano i soldi accumulati per comprare ciò che desideravano.
Mettendo da parte del denaro invece che prenderlo in prestito per poter acquistare delle cose si portava un duplice beneficio alla società: Si accumulavano dei risparmi che le banche potevano utilizzare per finanziare le imprese, e, inoltre, i consumatori non dovevano pagare gli interessi sul debito.
Il risparmio porta anche a una riduzione del prezzo dell’acquisto. Mettendo da parte del denaro per fare un grande acquisto, le persone accumulano
degli interessi che si aggiungono ai risparmi, riducendo di fatto la somma necessaria all’acquisto. Comprare la medesima merce utilizzando un prestito invece fa lievitare il costo dell’acquisto, in quanto c’è da tenere in conto anche il
pagamento degli interessi.
I consumi correnti finanziati dal debito di fatto vanno a ridurre i consumi
futuri, in quanto le persone utilizzeranno per il rimborso delle rate del denaro che altrimenti sarebbero stati liberi di spendere. Solo attraverso il risparmio e
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CAPITOLO 7 - FORZA VENITE, L’ACQUA È INVITANTE: IL PROBLEMA DEL DEBITO PERSONALE
i sottoconsumi si potrà consumare di più in futuro, e chi risparmia potrà trarre beneficio anche degli interessi che saranno maturati sui suoi risparmi.
L’APPREZZAMENTO DELLE CASE E DEL VALORE DELLE AZIONI
NON SONO DEI RISPARMI
Molto spesso sento dire che la metodologia utilizzata per calcolare i risparmi
di una famiglia è errata perché non porta in conto l’apprezzamento della casa di proprietà o l’aumento delle quotazioni dei titoli azionari. Questo ingenuo tentativo da parte di Wall Street di ignorare un problema cronico svela
una totale mancanza di comprensione del concetto di risparmio e dell’importanza di tale concetto in un’economia di mercato libero.
I risparmi rappresentano dei consumi rinviati a una data futura. Ci vuole
dello spirito di sacrificio per poter deliberatamente posporre la gratificazione
che si ha comprando quel che si vuole. I risparmiatori rendono i loro soldi disponibili per investimenti d’impresa che in definitiva portano a un incremento della produttività e ad un innalzamento del tenore di vita. Ed infatti, i risparmi sono la linfa vitale di un’economia di mercato. Senza i risparmi, gli investimenti sono impossibili, e non può aversi una reale crescita economica.
Se da un lato può esser vero che l’apprezzamento di una casa può rappresentare un valore aggiunto per il suo proprietario, esso di fatto non aggiunge
nulla all’insieme dei risparmi di una collettività. L’apprezzamento di una casa non richiede che il proprietario debba rinunciare a qualcosa, né rende disponibili risorse per gli investimenti d’impresa. Ed infatti, l’unico modo in cui
un proprietario di casa può trarre vantaggio dall’apprezzamento della propria
casa è facendo un prestito, ovvero accedendo ai risparmi di qualcun altro.
Quindi, non solo l’apprezzamento della propria casa non sostituisce i risparmi, ma addirittura rappresenta una potenziale richiesta di accedere alla
massa di risparmi legittimamente prodotta dalla società. E se il denaro così ottenuto è utilizzato per finanziare i consumi, allora si agisce negativamente sulla massa di denaro che avrebbe potuto essere usata per finanziare un’attività
imprenditoriale (vedi la figura 7.3).
Il motivo principale per cui gli i proprietari di casa statunitensi possono
contrarre prestiti garantiti dalle loro abitazioni è che le popolazioni estere, i
cui risparmi forniscono i capitali che i loro governi investono in titoli di stato
USA e in obbligazioni garantite da ipoteche, sono desiderose di prestare a questi il loro denaro. Quando queste persone apriranno bene gli occhi, il credito
garantito da ipoteche svanirà, e con esso la possibilità di avere denaro in virtù dell’apprezzamento della propria casa. A differenza dei risparmi legittimi
che sono permanenti, danno sicurezza, guadagnano interessi, e rappresenta119
A PROVA DI CRASH
FIGURA 7.3 - Debito delle famiglie espresso come percentuale degli asset posseduti, 1965 - 2006. Sebbene la bolla
immobiliare ha gonfiato i prezzi delle case, e quindi, degli asset posseduti dalle famiglie, queste hanno contratto debiti ad una velocità addirittura maggiore. Quando la bolla immobiliare si sgonfierà, gli obblighi contrattuali per il rimborso dei debiti rimarranno. Provate a immaginare a quel punto come apparirà questo grafico.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
no un futuro potere di acquisto, il denaro garantito dall’apprezzamento della
propria casa si dimostrerà essere effimero, svanendo alla stessa velocità con la
quale si era materializzato.
Dal punto di vista della singola persona, considerare l’apprezzamento della propria casa o dei titoli di borsa nel proprio portafoglio come dei risparmi
è come se un giocatore contasse le proprie fiche quando ancora non ha ultimato la partita. Averne davanti una grossa pila non significa niente, se poi alla fine della partita hai perso tutto.
La stessa analogia si applica ai guadagni del mercato azionario. Azioni che
aumentano di valore non sono risparmi. L’apprezzamento di un’azione è certamente un asset importante dal punto di vista del suo possessore, ma non è
in alcun modo un risparmio. Esattamente come il valore della propria casa,
l’apprezzamento delle azioni può essere monetizzato solo se chi le possiede
prende in prestito dei soldi usando le azioni come garanzia, o vende le azioni stesse. Ancora una volta, possiamo dire che entrambe le azioni costituiscono un prelievo dalla massa dei risparmi legittimi. Inoltre, mentre la ricchezza derivante dal mercato azionario può servire in caso di bisogno ai legittimi possessori delle azioni, essa non può in alcun modo essere messa al
servizio della società nella sua globalità. Se una grande percentuale della popolazione va in seria difficoltà economica, chi ci sarebbe ad acquistare tutte
le azioni di cui tutti cercherebbero di sbarazzarsi, e a che prezzo alla fine que120
CAPITOLO 7 - FORZA VENITE, L’ACQUA È INVITANTE: IL PROBLEMA DEL DEBITO PERSONALE
ste sarebbero vendute? In tali situazioni, tutti i guadagni fatti sulla carta probabilmente andrebbero in fumo, proprio nel momento in cui ce ne sarebbe il
maggior bisogno.
Per contro, possono accedere ai risparmi legittimi le singole persone in forma individuale, e la società nella sua interezza, senza che ci sia bisogno di vendere alcunché. Di conseguenza, essi rappresentano una sicurezza reale su cui
poter fare affidamento durante i momenti di difficoltà finanziaria.
NULLA MESSO DA PARTE PER IL MOMENTO DEL BISOGNO
I disastri naturali rappresentano un esempio egregio del perché i risparmi siano importanti. Prendiamo in esame per esempio l’uragano Katrina, che si abbattè sull’economia americana in un momento non particolarmente favorevole. Gli Americani, credendo che il sole sarebbe stato lì a splendere indefinitamente e che le dighe dell’economia (come ad esempio i prezzi delle case in aumento) li avrebbero protetti dalla rovina, non avevano nulla messo da parte
per quel momento di difficoltà. Nel mese in cui gli Stati Uniti furono colpiti da
Katrina, vi fu un 1% di aumento della spesa personale, a fronte di uno scarno
0.3% di aumento nel reddito personale. Di conseguenza il tasso di risparmio
personale precipitò ad un livello record per quel tempo, ovvero a -0.6%.
Ovviamente, come sempre accade quando si verifica una calamità, molti
ingenui economisti sostenevano che non tutti i mali vengono per nuocere, facendo riferimento alla spesa necessaria a riparare i danni fatti dall’uragano come un’opportunità benefica per l’economia. Questa interpretazione davvero
semplicistica trascura tuttavia che le risorse utilizzate per ricreare i beni distrutti, diventano di fatto non più disponibili per la creazione di nuova ricchezza. Il popolo americano, per ricostruire le città spazzate via dall’uragano,
avrebbe dovuto ridurre la spesa in altri settori, o al più posporre tale riduzione prendendo in prestito i soldi necessari alla ricostruzione. Naturalmente, come ormai loro abitudine, gli americani scelsero la seconda possibilità.
Poiché nel paese non erano presenti reali risparmi interni, i fondi per la ricostruzione delle infrastrutture distrutte dall’uragano furono prese in prestito dall’estero. Di conseguenza, il nostro debito pubblico è cresciuto molto di
più, esasperando il nostro deficit e scaricando sulle generazioni future un peso ancora maggiore. Pur tuttavia, nel momento in cui le popolazioni estere non
saranno più disposte a mettere i loro risparmi a nostra disposizione, allora il
vero peso di un disastro naturale apparirà in tutta la sua drammaticità. Questa cruda realtà metterà a nudo la fallacia dei nostri finti risparmi e fornirà un
provvidenziale impulso per una nuova fase di accumulo di risparmi veri.
E’ certo tuttavia che questo percorso richiederà dei sottoconsumi, e quin121
A PROVA DI CRASH
di potrebbe non verificarsi senza la contemporaneità di una recessione. Per la
maggior parte delle persone quello sarà il vero disastro.
COME WALL STREET HA INCENTIVATO LA MANIA DEL CREDITO AL CONSUMO
Wall Street ha accelerato la rivoluzione del credito al consumo allo stesso modo con cui ha dato spinta alla bolla immobiliare: essa ha creato un mercato secondario per le carte di credito, i prestiti per auto e le cambiali mediante il processo della securitizzazione - ovvero raggruppare tali prestiti in insiemi cospicui e poi rivenderli come titoli identificati da nomi come plastic bonds (per
quel che riguarda le carte di credito), certificates for automobile receivables
(CARs), e altre variazioni a seconda di qual’era il bene che garantiva il titolo.
Per dare un esempio di come tutto questo possa accadere, supponiamo che
io sia un commerciante che vende arredi. Un cliente compra merce per 5000
dollari con un pagamento che inizia in una certa data futura. Io vendo questa
cambiale a Wall Street, diciamo a Merrill Lynch o a qualche altra istituzione finanziaria di grosso calibro, per 5500 dollari, ove la differenza rappresenta gli
interessi e le commissioni che io avrei guadagnato se avessi tenuto con me la
cambiale invece di convertirla in denaro per acquistare altri arredi. Wall Street
poi combina insieme un numero elevato di tali cambiali e crea dei titoli che
qualcuno, supponiamo in Giappone, acquista per 6000 dollari, con l’ulteriore
differenza di 500 dollari che rappresenta il profitto che Wall Street trae da questa operazione.
Il punto qui è che il prezzo reale degli arredi era di 1000 dollari maggiore
di quanto il cliente ha ufficialmente pagato, il che rappresenta un’inflazione
che essendo stata creata dal meccanismo del credito, non viene registrata come inflazione. Di fatto, il reale prezzo al consumo è stato tenuto nascosto perché il commerciante realizza parte dei guadagni sugli interessi.
Quello che in ultima analisi si verificherà, nel momento in cui l’economia
va in recessione e cominciano ad esserci dei default, ovvero debiti che non
vengono ripagati, è che il mercato del credito si prosciugherà. A quel punto
il tizio giapponese non acquisterà più la cambiale o pretenderà in cambio un
tasso di interesse molto più elevato. Di conseguenza, quando il commerciante di arredi va da Merrill Lynch con un’altra cambiale da 5000 dollari, scoprirà che ora non gli vengono più offerti 5500 dollari ma, supponiamo, 4750
dollari. Ciò significa che il commerciante, per continuare a fare profitto, dovrà necessariamente aumentare i prezzi, ed è in questo momento che appare
l’inflazione.
Quindi, la Federal Reserve con la sua allegra politica monetaria ha creato
un’inflazione che non si è manifestata tale perché il costo del credito non era
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CAPITOLO 7 - FORZA VENITE, L’ACQUA È INVITANTE: IL PROBLEMA DEL DEBITO PERSONALE
incluso nel prezzo delle merci. Come abbiamo visto nella nostra passata discussione sul mercato immobiliare, i titoli garantiti da ipoteca avevano originato lo stesso tipo di fenomeno.
Si confronti ora questo esempio con una situazione in cui il compratore risparmia denaro invece di prenderlo in prestito. Considerando gli interessi che
si guadagnano sui propri risparmi, la persona intenzionata ad acquistare arredi per 5000 dollari avrebbe dovuto mettere da parte solo 4750 dollari per
compiere il suo acquisto.
I PRESTITI DEI CONSUMATORI DEPAUPERANO LA SOCIETÀ
Vogliamo evidenziare qui che facendo ricorso al credito, non solo si paga inutilmente di più quello che si sta acquistando, ma si sta anche privando la società di quei pochi risparmi disponibili.
Qualsiasi cosa che fa diminuire i nostri risparmi porta a una diminuzione
della reale crescita della nostra economia e pone un freno al reale innalzamento del nostro tenore di vita. Quindi il debito al consumo è una cosa negativa sotto molti punti di vista, ma noi non ce ne rendiamo conto in quanto
i nostri indicatori dello stato dell’economia fanno riferimento al prodotto interno lordo (PIL). Noi misuriamo la crescita economica guardando a quanto
spendiamo, senza preoccuparci di come sia finanziata questa spesa e senza
considerare le conseguenze negative che il credito al consumo produce nel
lungo periodo.
Un ulteriore problema del credito al consumo è che esso porta all’aumento dei tassi di interesse. Prendere soldi in prestito per spenderli in consumi
contribuisce a un fenomeno che gli economisti definiscono “crowding out”,
intendendo che vi è una competizione rafforzata per accedere a una massa ridotta di risparmi nazionali, che sarebbe meglio utilizzare in investimenti produttivi.
Se noi continuiamo a consumare a questi ritmi, in futuro dovremo pagare
non solo per i nostri bisogni di quel tempo, ma anche i costi legati al credito
dei consumi fatti nei dieci anni precedenti (vedi figura 7.4). E’ come se si vendessero mucche per comprare latte o, come dice l’economista austriaco Ludwig von Mises, si bruciassero i mobili per riscaldare la casa.
Ma le popolazioni del resto del mondo, che si sono limitate nei consumi e
hanno creato degli asset che producono ricchezza possono guardare avanti in
modo ottimista, perché potranno spendere non solo quello che guadagnano,
ma anche gli interessi che riceveranno sui loro risparmi e sui loro investimenti.
Un avvenire brillante non può poggiarsi sui debiti e sui consumi, ma sui risparmi e sulla produzione.
123
A PROVA DI CRASH
FIGURA 7.4 - Debiti delle famiglie espressi come percentuale del PIL, 1970 - 2006. Si noti come il debito delle famiglie in relazione al PIL sia aumentato considerevolmente a partire dal 1970, e come si è impennato nel 2000. Ciò è
accaduto in coincidenza degli sforzi di stimolo all’economia fatti da Alan Greenspan dopo lo scoppio della bolla tecnologica e all’inizio della bolla immobiliare che seguì.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
I PIÙ COMUNI UTILIZZI IMPROPRI DEL CREDITO
Vi sono cose che assolutamente non dovrebbero acquistarsi facendo debiti. Tra
queste vi sono articoli che vengono utilizzati nella vita quotidiana come ad
esempio prodotti alimentari, gasolio e vestiario; acquisti quali elettrodomestici e arredi, il cui costo sarebbe inutilmente gonfiato dagli interessi; e spese
di divertimento come ad esempio le vacanze, in quanto è palesemente da stupidi barattare un benessere momentaneo per un successivo onere finanziario.
Non che le carte di credito non siano una comodità, addirittura regalano miglia premio e altri benefit. Assicuratevi solo di essere in grado di saldare per
intero le spese sostenute ogni mese.
QUAND’È CHE IL CREDITO È GIUSTIFICATO
Nel caso in cui si debba sostenere una spesa elevata, ad esempio per l’acquisto di una casa, di un’automobile o per pagare la frequenza a un college, beh
allora può aver senso ricorrere al credito.
Prendere dei soldi in prestito per comprare una casa di norma è un buon
affare, soprattutto perché non si dovrà più pagare l’affitto. Di fatto, comprare
una casa è come acquistare una proprietà da offrire in affitto a se stessi. Prendere soldi in prestito per acquistare una casa da dare in affitto rappresenta certamente un uso legittimo del credito, a patto che la rendita dell’affitto sia mag124
CAPITOLO 7 - FORZA VENITE, L’ACQUA È INVITANTE: IL PROBLEMA DEL DEBITO PERSONALE
giore dei costi del prestito, ovvero degli interessi. L’ammontare del pigione
che viene risparmiato da chi ha acquistato una casa è, in effetti, una sorta di
reddito fantasma che va a compensare parzialmente le rate del mutuo. E se un
padrone di casa affitta a se stesso allora credo che non avrà molto da lamentarsi delle abitudini del suo affittuario.
Prendere in prestito dei soldi per comprare una casa a un prezzo esagerato sull’attesa che vi sia una persona ancora più sciocca che sia poi disposta a
pagare un prezzo ancora più elevato è speculazione, una pratica molto diffusa durante la recente bolla immobiliare, e chiaramente io non la consiglio, come ho già ampiamente chiarito nel Capitolo 6.
Prestiti per l’acquisto di un’auto possono o non possono avere senso, a
seconda delle situazioni. Se l’uso dei mezzi pubblici è inattuabile e c’è bisogno di un’automobile per recarsi al lavoro, beh allora un prestito per acquistarla può essere interpretato come un investimento produttivo, in quanto le
rate dell’auto sono coperte dal salario che senza di essa non avrebbe potuto
essere guadagnato. Lo stesso tipo di ragionamento non giustifica chiaramente la stipula di un prestito per l’acquisto di un’auto di lusso, dal momento che
anche un’auto economica può condurre il suo guidatore al lavoro. Qualsiasi
sorta di bene di lusso dovrebbe essere sempre pagato con denaro contante.
Prendere soldi in prestito per pagare l’istruzione universitaria può aver senso. Potrebbe non esserci infatti alcun altro modo per ottenere una laurea, ed è
molto probabile che il reddito futuro di chi prende in prestito il denaro sarà certamente incrementato di una quantità maggiore della somma presa in prestito.
Considerando tuttavia il problema dal punto di vista dell’economia nel suo
complesso, prendere denaro in prestito utilizzando le agevolazioni statali per
finanziare l’istruzione può essere controproduttivo dal punto di vista sociale
per un paio di motivi.
Anzitutto, tali programmi di incentivazione sottraggono, a una quantità di
risparmi già scarsa, una massa di denaro che potrebbe servire a finanziare investimenti di impresa che darebbero molteplici benefici economici, tra cui anche posti di lavoro per i giovani che conseguono la laurea.
L’altro motivo di negatività è che tali programmi spingono al rialzo le tasse universitarie.
Tempo fa erano davvero pochi gli americani che dovevano indebitarsi per
frequentare l’università. Mio padre, ad esempio, riuscì a finanziarsi i suoi studi all’Università del Connecticut lavorando come cameriere nei mesi estivi: riuscì comunque a laurearsi senza l’aiuto dei suoi genitori e senza avere un centesimo di debito. Oggi, questo non è più possibile agli studenti di quella stessa università, in quanto le tasse sono aumentate vertiginosamente.
125
A PROVA DI CRASH
Questi aumenti tuttavia non si sono avuti per caso. Essi sono la diretta conseguenza dell’introduzione di prestiti agli studenti garantiti dal governo. Senza tali prestiti, le tasse non potrebbero elevarsi oltre quanto gli studenti o le
loro famiglie sarebbero in grado di pagare. Dal momento che gli studenti hanno un accesso al credito praticamente illimitato, le università possono aumentare le loro tasse senza avere quel limite che la legge di mercato dell’offerta e della domanda dovrebbe imporre.
Una qualsiasi cosa per cui i consumatori ricevono un’agevolazione tende
a divenire più cara di quanto lo era in assenza dell’agevolazione. E’ grottesco
che a causa dell’introduzione di prestiti agli studenti garantiti dal governo, gli
studenti ora abbiano bisogno di tali prestiti per pagare delle tasse che, senza
queste agevolazioni, sarebbero probabilmente stati capaci di pagare in contanti. Si tratta di un buon esempio di “soluzione governativa” a un problema
creato dallo stesso governo.
E, a proposito di governo, parliamo un po’ dell’equivalente nazionale dello sprezzante consumatore americano.
CONFRONTI STORICI FALLACI
Le persone che credono che io sia fin troppo pessimista richiamano la mia attenzione sul presunto parallelo tra il deficit di bilancio dei giorni nostri e quello che c’era nel diciannovesimo secolo. Vi è però una differenza cruciale e batte sullo stesso punto di cui vi ho parlato a proposito del credito al consumo:
l’America del diciannovesimo secolo prendeva soldi in prestito per produrre.
Ora noi prendiamo soldi in prestito per consumare. I debiti fatti per realizzare investimenti si saldano praticamente da soli, mentre i debiti fatti per consumare ci indeboliscono.
Questo parallelo inopportuno non tiene conto del fatto che all’epoca gli Stati Uniti erano una nazione in fase di sviluppo, che prendeva soldi in prestito
per investire, il che portò a dei deficit di bilancio che però finanziarono la costruzione di fabbriche e infrastrutture, che diedero il via alla crescita della produttività americana.
Quando il paese era ancora una colonia, tutta la ricchezza si trovava in Inghilterra. I pellegrini erano giunti a Plymouth Rock con niente in tasca, ed i
coloni non avevano di fatto nessun risparmio. Quindi, prendemmo dei soldi
in prestito dall’Inghilterra e li usammo per costruire le infrastrutture. Ciò che
ci avvantaggiava rispetto agli inglesi era il fatto che qui, così come accadeva
nella loro colonia di Hong Kong, vi erano meno ingerenze di ogni sorta, il che
favorì di molto le attività imprenditoriali. Noi prendemmo i soldi in prestito
dall’Inghilterra, ma con ingerenze minime da parte del governo lo usammo
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CAPITOLO 7 - FORZA VENITE, L’ACQUA È INVITANTE: IL PROBLEMA DEL DEBITO PERSONALE
FIGURA 7.5 - Totale dei debiti privati non finanziari espressi come percentuale del PIL, 1980 - 2006. I debiti non finanziari totali del settore privato sono passati dal 75% del PIL nel 1980 al 160% di oggi. Durante tale lasso di tempo il
nostro PIL è stato gonfiato mediante operazioni di finanza creativa ed è sempre più sostenuto dai consumi, il che rende l’ammontare del debito molto più drammatico che quando il PIL era sostenuto da transazioni commerciali che producevano ricchezza quali ad esempio produzione industriale, estrazione di materie prime, agricoltura e costruzioni. I
pallini in figura rappresentano la crescita annuale del PIL considerando le sue componenti che producono ricchezza.
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
per metter su un’infrastruttura economica, anzitutto costruendo aziende agricole e allevamenti, poi fabbriche, ferrovie, e linee telegrafiche, e quindi divenendo una nazione industrializzata in modo molto simile a quanto sta facendo oggi la Cina che si sta sviluppando dal punto di vista industriale.
Quindi noi prendemmo soldi in prestito per investire. I nostri investimenti resero possibile la produzione di enormi quantità di beni di consumo, che
noi rivendemmo ai nostri creditori per saldare i nostri debiti. Col passare del
tempo, noi riuscimmo a trasformare il nostro grande deficit di bilancio in un
grande attivo di bilancio. Nel 1980 eravamo la nazione al mondo con la maggior quantità di crediti e la nazione in assoluto più ricca (vedi Figura 7.5).
Il confronto tra quell’epoca ed i giorni nostri è come quello tra giorno e notte, perché a quei tempi usavamo il denaro in modo saggio. Al contrario, il deficit di bilancio odierno perlopiù finanzia i consumi. Sperperando il denaro
preso in prestito, gli Stati Uniti non riusciranno mai a ripagare il loro debito.
Prendere soldi in prestito per costruire una fabbrica non è esattamente come
prendere soldi in prestito per comprare un televisore, ed è davvero sorprendente come siano davvero pochi gli economisti che se ne rendono conto.
Quindi, quando le persone fanno riferimento a quel periodo per provare
che i deficit di bilancio non sono poi così importanti, non si rendono conto che
127
A PROVA DI CRASH
tutto dipende dal fatto che la nazione usi tali deficit in modo costruttivo o distruttivo. Prendere soldi in prestito per produrre è il modo in cui i paesi poveri diventano ricchi. Prendere soldi in prestito per consumare è il modo in cui i paesi ricchi
diventano poveri.
Un fulgido esempio di quest’ultima situazione è il flusso continuo di navi
portacontainer che scaricano la loro merce nei porti americani e se ne tornano
indietro vuote perché noi non abbiamo nulla da esportare. E’ una cosa al tempo stesso ridicola e tragica, e viene da chiedersi per quanto tempo ancora può
continuare.
UN PUNTO DI VISTA SUI NOSTRI CONSUMI
Il nostro deficit commerciale attualmente supera gli 800 miliardi di dollari all’anno. Approssimativamente, questa è circa la metà della capitalizzazione di
borsa della metà delle aziende che formano l’indice Dow Jones Industrial Average, che comprende nomi del calibro di Alcoa, America Express, Boeing, Caterpillar, Coca-Cola, Disney, DuPont, General Motors, Hewlett-Packard, Home Depot, Honeywell, McDonald’s, Merck, 3M, e United Technologies.
Tutto questo significa che ogni anno gli Americani danno in pegno agli stranieri l’equivalente di queste quindici aziende del Dow Jones in cambio di merce da consumare. Stiamo praticamente trasferendo all’estero la ricchezza della nostra
nazione, semplicemente per finanziare i consumi correnti. Lasciate perdere la semplice
vendita di mucche per comprare latte, noi stiamo dando via l’intera azienda agricola.
“SIAMO DEBITORI VERSO NOI STESSI, QUINDI IL DEBITO PUBBLICO
NON È UN PROBLEMA”
Tornando indietro agli anni ’70 e ’80 quando io studiavo ancora, i miei docenti
di economia affermavano che il debito pubblico non era poi un grandissimo
problema perché era un “debito verso noi stessi.” Sebbene questo ragionamento è in parte corretto nel senso che gli interessi sul debito (il potere di acquisto) restava all’interno dei nostri confini nazionali, vi era comunque un problema circa la ripartizione del reddito e della ricchezza, perché i creditori erano una piccola parte della popolazione, mentre il peso degli interessi gravava
su tutti, anche sulle persone meno abbienti e capaci di sostenerlo. Ora, però,
il debito noi lo abbiamo in larga parte verso l’estero.
Il fatto che il debito sia ora in larga parte in mano a creditori stranieri pone un problema sostanziale in quanto gli interessi pagati a questi rappresentano un prelievo netto dal nostro reddito, e trasferiscono potere di acquisto all’estero.
In conseguenza dei continui deficit commerciali, gli Americani accumula128
CAPITOLO 7 - FORZA VENITE, L’ACQUA È INVITANTE: IL PROBLEMA DEL DEBITO PERSONALE
no delle passività, mentre gli stranieri accumulano degli asset. Onorare questi debiti porterà a una forte diminuzione dei consumi negli Stati Uniti, mentre farà aumentare quelli stranieri.
Nel frattempo, gli economisti liquidano la crescente massa del nostro debito pubblico dicendo che esso è a una percentuale tradizionalmente accettabile del PIL. Questo ingenuo ragionamento tuttavia ignora tutta la spazzatura di cui è imbottito oggi il PIL, ed anche il fatto che il 70% del PIL è rappresentato da consumi. Se invece si considera la percentuale del debito rapportata al PIL che si ottiene portando in conto solo le attività che producono ricchezza come ad esempio l’industria, l’estrazione di metalli, l’agricoltura e le
costruzioni, beh allora si ottiene un numero davvero preoccupante.
Anche la natura a breve termine del debito non viene portata in conto. Il
nostro debito è infatti a scadenza perlopiù a due anni o anche di meno, e quindi un eventuale incremento dei tassi farà subito sentire i suoi effetti sul costo
di tale debito. Quindi, mentre ora questo debito, visti i modesti tassi di interesse, appare gestibile, nel momento in cui i tassi saliranno allora la situazione sarà di gran lunga più complicata.
IL VERO AMMONTARE DEL DEBITO PUBBLICO
Quando parliamo del debito pubblico, e guardiamo atterriti la sua taglia da
8.500 miliardi di dollari, ci dovrebbe essere chiaro che questo rappresenta quella piccola parte di obbligazioni governative consolidate. Se portiamo invece
in conto le obbligazioni che rappresentano sopravvenienze passive - promesse e garanzie (esplicite o implicite) per cui non è stato fatto alcun provvedimento o stanziamento - allora la cifra supera i 50.000 miliardi di dollari, circa
sei volte il debito pubblico federale ufficialmente riconosciuto.
I regolamenti di contabilità aziendale variano, ma le sopravvenienze passive devono almeno essere totalmente svelate nei commenti ai bilanci, e quando ci si aspetta che parte di questi impegni di spesa diventino obblighi di pagamento reali, allora si dovrebbero portare completamente in conto nelle stime attuariali. Ma qui dallo Zio Sam funziona diversamente.
Questo tipo di obbligazioni non consolidate comprendono perlopiù obbligazioni legate alle spese per previdenza, assistenza sanitaria, benefit e agevolazioni per i veterani di guerra, benefici pensionistici per i dipendenti del congresso e di altri enti governativi, benefici per i lavoratori del servizio postale
nazionale, e molte altre cose, per non dire delle garanzie sui prestiti agli studenti e le garanzie sui mutui trattati da Ginnie Mae, ed altri impegni diretti o
impliciti del Tesoro come la garanzia su obbligazioni emesse da agenzie governative e la garanzia sui mutui trattati da Freddie Mac e Fannie Mae (giu129
A PROVA DI CRASH
sto per citare due entità di cui abbiamo già parlato, anche se ve ne sono molte altre di cui qui omettiamo di parlare).
Il punto cruciale qui è che anche quando la garanzia del governo viene rimossa, bisogna chiedersi quali ripercussioni si creerebbero se il governo non
provvedesse al salvataggio di un’entità che è implicitamente garantita dallo
stato. La perdita di fiducia dell’opinione pubblica verso il proprio governo federale potrebbe avere conseguenze inimmaginabili.
Pur tuttavia è inconcepibile che tutte queste obbligazioni non consolidate
su cui la garanzia del Tesoro è ufficialmente riconosciuta possano essere ripagate con le tasse, il che equivale a dire che è inconcepibile che esse possano essere mai rimborsate.
I FONDI DI CREDITO GOVERNATIVI
Consideriamo ad esempio i fondi di credito governativi, i maggiori dei quali
sono i programmi di previdenza e di assistenza sanitaria. Questi fondi sono
ufficialmente classificati come “denaro che il governo deve a se stesso.” Ma si
tratta di una mera illusione. In essi vi è il nulla.
Il modo in cui effettivamente funziona tutto questo è che il governo anzitutto raccoglie le tasse. Gli introiti che vanno a finire in questi fondi fasulli ci restano solo per un minuto, poi il governo riprende questi soldi emettendo in cambio un’obbligazione governativa da mettere nel fondo, e spende il denaro per
necessità del momento o per spese generali quali ad esempio la guerra in Iraq,
i sussidi all’agricoltura, o qualunque altra cosa di cui ci sia immediato bisogno.
Se voi chiedeste a quanto ammonta il fondo per la previdenza, potreste avere come risposta 1.000 miliardi di dollari, ma la realtà è che nel fondo vi sono
delle obbligazioni e promesse di pagamento governative che complessivamente ammontano a quella cifra. La situazione la considerate molto diversa
da quella in nel fondo non vi è alcunché? Niente affatto, non è per niente diversa, in quanto se le obbligazioni dovessero essere rimborsate, allora il governo non potrebbe far altro che prendere tali obbligazioni e venderle sul mercato - in altre parole, dovrebbe prendere altri soldi a prestito.
Le persone invece percepiscono le obbligazioni in mano a questi fondi governativi come se fossero un asset, il che sarebbe vero se tali obbligazioni fossero nelle mani di un privato cittadino. Ma, poiché esse sono in mano al governo, esse sono contemporaneamente un attivo e un passivo. E’ come compilare un assegno bancario intestato a se stessi e sostenere poi che il suo ammontare rappresenta un asset, ovvero un attivo, per se stessi. L’assegno non è
affatto un attivo, allo stesso modo in cui le obbligazioni governative presenti
in tali fondi non lo sono.
130
CAPITOLO 7 - FORZA VENITE, L’ACQUA È INVITANTE: IL PROBLEMA DEL DEBITO PERSONALE
In una relazione dell’Ufficio Bilancio del Congresso si diceva:
I fondi di credito governativo sono semplicemente stratagemmi contabili… Ciò
che è depositato nel fondo è semplicemente la promessa del governo di pagare
a se stesso una certa somma in una determinata epoca futura… Quando dovranno prelevarsi soldi da tali fondi, allora il governo non ricorrerà a denaro
messo da parte per il momento del bisogno, ma utilizzerà liquidità generata in
quel momento - o utilizzando risorse prese da altre voci in attivo del bilancio,
o indebitandosi sul mercato.
Ovviamente il governo ha anche altri asset, ma sul loro reale valore ci sarebbe da discutere, in quanto spesso sono beni immobiliari o pacchetti azionari valutati a prezzi smodatamente gonfiati.
COME LA PREVIDENZA SOCIALE HA RESO PONZI UN PIVELLO
Nel Dicembre del 1919, Charles Ponzi convinse una dozzina di cittadini di Boston che egli poteva incrementare il loro denaro del 50% in soli 45 giorni facendo trading su buoni postali internazionali. Tenendo fede alla sua parola,
dopo 45 giorni Ponzi restituì a ciascuno di questi 375 dollari a fronte dei 250
che aveva inizialmente ricevuto. Tuttavia, esattamente come egli aveva previsto, gli investitori di Boston gli riconsegnarono immediatamente questo stesso denaro chiedendogli di investirlo ancora, e cominciarono a parlare in giro
delle straordinarie abilità del signor Ponzi.
Nell’estate del 1920, Ponzi, che nel frattempo era diventato ricco, riusciva
a raccogliere 250.000 dollari al giorno ed era noto in tutta la nazione. Accadde però che verso la fine dello stesso anno, quando la sua raccolta complessiva era arrivata a 15 milioni di dollari (circa 140 milioni di dollari oggi), che egli
aveva affidato a una sua società, la Security Exchange Company, un suo vecchio amico di animo vendicativo informò la polizia di Boston dei precedenti
penali di Ponzi.
Quello che Ponzi aveva fatto era molto semplice. Egli usava il denaro fresco che i nuovi investitori gli consegnavano per liquidare i vecchi investitori;
e fin tanto che i soldi che egli riusciva a racimolare erano almeno pari a quelli che doveva restituire, il suo sistema funzionava, anche se alla fin fine, come
tutte le catene piramidali, ad un certo punto era destinato allo sgretolamento
per mancanza di nuove persone da coinvolgere.
Oggi lo stratagemma di Ponzi vive nel disonore come forse la più grande
frode di tutti i tempi, anche se vi è una sola fondamentale eccezione: il sistema di previdenza sociale degli Stati Uniti d’America. Come si trovò a scrive131
A PROVA DI CRASH
re una volta mio padre, gli amministratori della previdenza dovrebbero sistemare una statua gigante di Ponzi nella hall di ingresso del loro quartier generale a Washington.
Di fatto, la sola differenza che c’è tra il signor Ponzi e la previdenza sociale è che quest’ultima è molto più grande, coinvolge un intero paese, e fu realizzata senza dare la possibilità della scelta a chi vi partecipa. Perlomeno Ponzi non forzava la gente ad entrare nel suo sistema.
La previdenza sociale fu istituita a seguito della convinzione di stampo elitario e classista che non si poteva porre fiducia nella capacità dei lavoratori a risparmiare denaro per quando sarebbero andati in pensione. I lavoratori autonomi furono inizialmente esentati, sembra sulla base del fatto che molto probabilmente essi erano abbastanza responsabili da mettere da parte denaro per la
loro vecchiaia. Ma le persone che avevano un lavoro dipendente dovevano pagare dei premi (Inizialmente la previdenza fu venduta alla gente come se fosse
un programma di assicurazioni e le tasse che vi si versavano erano chiamate
premi) a quello che aveva la pretesa di essere un colossale fondo governativo.
Anche se i premi della previdenza furono raccolti a partire dal 1937, il primo assegno pensionistico fu pagato nel 1942, questo per dare ancora di più l’illusione che i soldi messi nel fondo venissero conservati per davvero. Ovviamente il concetto di assicurazione era semplicemente un raggiro per far sì che
la gente aderisse a tale programma. Il governo spese ogni centesimo dei premi
che venivano intascati, ricorrendo agli espedienti contabili appena raccontati.
Se il concetto odierno di previdenza contributiva fosse stato proposto allora, il
sistema della previdenza sociale non avrebbe mai visto la luce del giorno.
Per inciso, la prima in assoluto a beneficiare di tale sistema fu Ida M. Fuller, che ricevette l’assegno numero 00-000-01 per un ammontare di 22.45 dollari. Questa donna visse fino a cento anni, e sebbene avesse pagato solo 22.50
dollari in premi di previdenza durante i primi cinque anni, ricevette pagamenti
per oltre 20.000 dollari. Negli schemi alla Ponzi è indubbiamente vantaggioso
entrare quanto prima nel sistema. Sfortunatamente, la generazione attuale del
popolo americano sarà quella che rimarrà col cerino acceso in mano, in quanto tutti i soldi che essi perderanno serviranno a pagare tutte quelle Ida Fuller
che invece hanno tratto anticipatamente profitto da questo sistema.
L’enorme senso di tutto questo è che i datori di lavoro versano a questo sistema il 6.2% della paga dei propri dipendenti, senza contare l’assistenza sanitaria del programma Medicare, e tale somma potrebbe essere invece stata
corrisposta ai lavoratori sotto forma di salari, e magari una parte di questa somma avrebbe potuto essere risparmiata, insieme poi a quell’ulteriore 6.2% che
paga direttamente il lavoratore stesso. A peggiorare la situazione, successiva132
CAPITOLO 7 - FORZA VENITE, L’ACQUA È INVITANTE: IL PROBLEMA DEL DEBITO PERSONALE
mente fu introdotto un prelievo di circa il 12.4% per i lavoratori autonomi. Questo prelievo rappresenta davvero un sacco di denaro che la gente con ogni probabilità avrebbe messo da parte come risparmi. Nel frattempo il fondo governativo di previdenza non risparmia assolutamente neanche un centesimo.
Commento di Fondo
Facendosi carico della responsabilità di accumulare i risparmi per la pensione e poi
spendendo ogni centesimo delle somme raccolte, il sistema di previdenza sociale americano ha causato in termini economici un grande disservizio alla società. Ha di fatto
incentivato la distruzione di risparmi, mettendo in pericolo la retribuzione pensionistica di diverse generazioni e togliendo alla generazione attuale e a quella futura i vantaggi che sarebbero derivati da investimenti proficui dei capitali andati persi. Nel frattempo, ha anche assunto obblighi futuri di pagamento, che le generazioni future però
non riusciranno ad onorare.
COME POSSIAMO USCIRNE?
Tutto questo prendere soldi in prestito per finanziare i consumi, sia a livello
personale che nazionale, non può che condurci alla bancarotta su entrambi i
livelli, o a una riduzione del nostro tenore di vita di un’entità difficilmente immaginabile, sebbene il recente crollo economico dell’Argentina e l’iperinflazione e la pesante carestia della Repubblica di Weimar dopo la I Guerra Mondiale possono fornire l’idea di cosa può accadere in seguito a un debito pubblico diventato ingestibile.
Nell’immediato il problema è il pagamento degli interessi sugli 8.500 miliardi di dollari di debito consolidato. Come vi ho già detto, il nostro debito
pubblico, più della metà del quale è in mani straniere e, grazie alla gestione
allegra degli anni della presidenza Clinton, per la maggior parte con scadenze a breve termine, sta crescendo assiduamente e, visto anche il trend in crescita dei tassi di interesse, il suo mantenimento sta diventando sempre più
oneroso. Di fatto, il governo USA ha scaricato sul popolo americano il più grande dei mutui a tasso variabile.
E non vi è modo attraverso il quale noi possiamo continuare a contrarre
debiti e continuare ad avere lo status di valuta di riserva nel mondo. E’ certo
che all’aumentare della quantità di debito pubblico in mani straniere, i governi
degli altri paesi cominceranno naturalmente a preoccuparsi delle conseguenze politiche di tutto questo e si chiederanno perché non sono più gli Americani a possedere la maggior parte del loro debito pubblico. Aumentare la massa monetaria in circolazione è l’ormai ben consolidato espediente al quale ricorrere quando il debito raggiunge livelli non più gestibili, e con un elettora133
A PROVA DI CRASH
to ormai in debito fin su al collo, questa è certamente un’azione che incontrerebbe il favore della gente, anche se di fatto sgradita alle banche centrali estere, che non vedono di buon occhio l’inflazione perché porta a una riduzione
del valore del loro credito.
Allo stesso tempo, c’è da considerare che i popoli stranieri non votano negli Stati Uniti, quindi non c’è molto che essi possano fare nel caso che il nostro
paese vada in default per l’incapacità di onorare il suo debito. Per contro, il
popolo americano darebbe subito la colpa ai governi stranieri per averci messo per primi in questo problema.
Un’altra cosa che potremmo fare è estendere la scadenza delle obbligazioni in mani straniere dal 2010 fino al 2040, diciamo, relegando i creditori a ricevere un interesse del 3% sul capitale prestato per i prossimi trent’anni. Conversioni obbligatorie, ove una cedola del 10% viene rimpiazzata da una cedola
del 3%, sono anche un’altra possibilità. Vi sono nella storia precedenti circa
l’adozione di tali misure in paesi che si sono già trovati schiacciati da un debito non più gestibile.
Non che queste misure riceveranno il favore dei governi esteri. Le banche
centrali straniere smetterebbero di prestarci denaro e le industrie estere smetterebbero di inviarci la loro merce a credito.
Nè sarebbe una strada percorribile risolvere il problema del nostro debito
facendo lievitare l’inflazione, in quanto questo provocherebbe seri problemi
alla nostra economia interna.
Con la nostra capacità di produzione praticamente smantellata, che cosa
potremmo mai consumare se dovessimo giovarci solo di quello che noi stessi
riusciamo a produrre? E anche in quei settori dove le merci sono prodotte da
noi stessi, solo gli americani più facoltosi potrebbero permettersi di acquistarle.
Con il dollaro ormai svalutato, gli imprenditori statunitensi riuscirebbero a
trarre un profitto molto maggiore vendendo all’estero i loro prodotti.
PROTEGGETE IL VOSTRO DENARO
Tutte le cose che ho appena scritto sono possibilità reali, specialmente perché
non appena gli investitori esteri cominceranno sul serio a capire i nostri problemi interni, le contromisure che essi adotteranno per proteggersi finiranno
per aumentare addirittura la pressione su di noi.
Esattamente come accade a una famiglia che ripaga il suo debito contratto
con una carta Visa ricorrendo a una carta Mastercard, alla fine il problema del
nostro debito ci raggiungerà, e ci imporrà un forte impoverimento del nostro
tenore di vita. Tuttavia, in qualunque modo il problema del nostro debito troverà finalmente una soluzione, è inevitabile che ci sarà una nuova configura134
CAPITOLO 7 - FORZA VENITE, L’ACQUA È INVITANTE: IL PROBLEMA DEL DEBITO PERSONALE
zione del potere di acquisto nel mondo, che si realizzerà attraverso cambiamenti drammatici nel tasso di cambio, con il dollaro che sarà ipersvalutato rispetto alle valute di altri paesi. Tutto questo renderà gli Americani molto più
poveri rispetto al resto del mondo, riducendo di gran lunga le possibilità di
consumo del nostro popolo.
Ma questo non accadrà necessariamente a tutti gli Americani. Per lungo
tempo la mia occupazione principale qui all’Euro Pacific Capital è stata quella di studiare questo problema da tutte le possibili angolazioni, e i miei consigli per volgere questa situazione a vostro vantaggio sono riportate nei capitoli seguenti.
135
CAPITOLO 8
Come Sopravvivere e Fare Fortuna,
Primo Passo: Rivoluzionare
il Vostro Portafoglio Azionario
S
econdo la mia esperienza, niente fa venire di più i crampi allo stomaco ad
un nuovo investitore che il nominargli le parole “azione straniera.” E’ proprio la parola “straniera” ad evocare una pletora di rischi, siano essi reali o no,
e a causare stati di nervosismo.
Al momento, invece, i mercati esteri sono il posto più sicuro per i vostri soldi. In questo capitolo vi spiegherò perché i rischi che la gente generalmente
associa alle azioni e alle obbligazioni straniere sono ormai o obsoleti o del tutto infondati. E vi spiegherò in modo preciso come rimpiazzare i vostri asset
in dollari USA con un portafoglio di asset stranieri che sono più sicuri, che
danno una rendita significativamente più alta, e che sono più indicati qualunque sia il vostro obiettivo di investimento.
So bene che escludere dal vostro portafoglio investimenti in valuta americana va contro i tradizionali buoni principi di Wall Street, che ritiene che gli investimenti conservativi fatti in dollari siano realmente conservativi, mentre considera per definizione qualsiasi investimento in valuta estera come speculazione.
Questo punto di vista tradizionale sui fattori di rischio è nettamente in contrasto con il mio approccio, che considera gli investimenti in valuta estera da
un punto di vista strettamente conservativo. Io consiglio ai miei clienti di investire all’estero per perseguire la sicurezza, la conservazione della propria
ricchezza, e la protezione del proprio potere di acquisto. Il mio obiettivo è quello di evitare quei rischi sostanziali che intravedo nel mercato domestico, andando quindi alla ricerca di luoghi rifugio all’estero.
Per come la vedo io, così come gli investitori hanno la possibilità di scegliere in quali azioni investire, essi hanno anche la possibilità di scegliere in
quali nazioni, e, quindi, in quale valuta investire.
137
A PROVA DI CRASH
Un investitore responsabile ovviamente si manterrebbe alla larga da azioni di aziende con perdite eccessive o con alto indebitamento. Secondo la stessa logica, perché lo stesso investitore non dovrebbe evitare di esporre il proprio capitale in una nazione che usa l’inflazione per ripudiare il debito estero
e trattare i propri problemi economici, che è esattamente quello che stanno facendo gli Stati Uniti? Nessuno ama il proprio paese più di quanto io ami l’America, ma guardiamo alla realtà: gli Stati Uniti sono i soli tra le nazioni industrializzate a versare in una situazione economica così disastrosa. Si sono
cacciati in un tremendo pasticcio economico, ed è probabile che per uscirne
aumenteranno di molto l’inflazione. Un investitore conservativo deve cercare altrove la sicurezza dei suoi investimenti. L’aspetto operativo della parola
conservativo è conservare. Ma esattamente cosa stiamo cercando di conservare?
Molte persone risponderebbero che noi stiamo cercando di conservare un certo ammontare di dollari. Ma se ci pensate un po’ più attentamente, vi rendete conto tuttavia che non sono i dollari che stiamo cercando di conservare, ma
bensì il potere di acquisto che tali dollari rappresentano. A che serve conservare grandi quantità di dollari se con essi potrete comprare poco o niente quando vorrete spenderli?
Come ho argomentato per l’intero libro, il dollaro è destinato a preservare
molto poco del suo attuale potere di acquisto. Gli investitori conservativi non
hanno quindi altra scelta che escludere dai loro portafogli gli investimenti in
dollari.
SFATARE I MITI E LA PAURA DI INVESTIRE ALL’ESTERO
Un Punto di Vista sulla Storia Recente
Ricordate il tempo in cui sembrava che qualsiasi cosa valesse la pena di comprare era “made in America”? Certamente, vi erano alcune importazioni dall’Europa che erano sinonimo di lusso elevato, come ad esempio la seta di Hermes e gli articoli in pelle di Gucci. Se qualcosa era invece prodotto in Asia, il
problema era allora riuscire a portarlo a casa prima che si disintegrasse. In generale, la scritta “made in America” era sinonimo di qualità, mentre le merci
importate erano da guardare con sospetto.
Una semplice banalità che accadde negli anni ’50 ci rivela quanto il Giappone del dopoguerra, ancora nello stadio iniziale del suo processo di industrializzazione, fosse impegnato a competere con l’America nel campo della
qualità dei prodotti. Con una brillantezza e una risolutezza cui forse a quei
tempi avremmo dovuto prestare maggiore attenzione, essi chiamarono una
delle loro città industriali “Usa”. Ora essi erano legittimati ad etichettare i prodotti realizzati in quella città con la scritta “MADE IN USA.” E’ una storiella
138
CAPITOLO 8 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 1
divertente e che certamente ci lusinga, ma è anche un serio indizio del duro
lavoro che gli esportatori asiatici dovettero fare per rendere i loro prodotti accettabili dai consumatori americani.
L’America non solo aveva una buona reputazione in quanto a qualità, ma
era anche nota per i suoi bassi prezzi. Le importazioni europee erano infatti
considerate costose. La parola “importato” era spesso sinonimo di “costoso.”
Potersi permettere di acquistare merci importate era un segno di successo, una
sorta di status symbol. Al reclamo di un cliente circa il prezzo troppo elevato
di una certa merce di solito i negozianti rispondevano dicendo “E’ di importazione.” Oggi questa stessa risposta può essere data alla domanda “Perché
costa così poco?”.
Quindi, mentre vi è stato un tempo in cui l’America inondava i mercati con
la sua merce di alta qualità e a basso costo, ora essa produce a costi elevati e
le sua merce viene reputata di bassa qualità. Tuttavia, quello che è importante sottolineare è che al tempo in cui l’America era un produttore a basso costo, essa aveva anche il livello più alto di salari nel mondo.
Il fatto che i bassi salari siano il maggior fattore che influenza i prezzi è una
credenza errata molto diffusa. In realtà ciò che è di gran lunga più importante è il basso costo del capitale e l’assenza di tasse e regolamentazioni. Quando
gli Americani risparmiavano molto denaro e ne avevamo quindi le tasche piene, allora i tassi di interesse erano molto bassi ma in modo naturale. Questo
portava ad un costo del capitale più basso, che a sua volta favoriva una produttività più elevata. Grazie al fatto che le tasse erano basse e le regolamentazioni ridotte al minimo, gli imprenditori americani riuscivano a pagare i salari più elevati al mondo producendo la merce più a basso costo del mondo.
Oggigiorno, i produttori a basso costo e con qualità elevata della merce si
trovano tutti in Asia. Alcuni paesi, come ad esempio la Cina, hanno livelli salariali più bassi di quelli negli Stati Uniti, mentre altri, come ad esempio il
Giappone, pagano mediamente salari di importo maggiore. Pur tuttavia, la
vera differenza è che i costi reali del denaro sono più bassi in quanto vi è una
quantità di risparmio maggiore, tasse più basse, e poche regolamentazioni.
Sembrerà sorprendente, ma nella “Cina comunista” gli imprenditori hanno
una libertà d’azione molto maggiore che qui in America. E’ più facile fare affari lì che qui da noi.
Pensate ad esempio a tutte le regolamentazioni e normative. Le imprese
americane devono osservarle e rispettarle. Ma come possiamo competere con
nazioni che non impongono queste incombenze alle loro aziende? C’è qualcuno che pensa che gli Stati Uniti sarebbero divenuti una superpotenza con
tutte le leggi, regolamentazioni e tasse che vi sono oggi? Avremmo mai potu139
A PROVA DI CRASH
to colonizzare le terre del West se ad esempio i vagoni ferroviari avessero dovuto essere conformi a delle stringenti normative sulla sicurezza, e se gli imprenditori avessero dovuto rispettare tutte le regolamentazioni oggi in vigore, avessero dovuto trattenere le tasse dei loro dipendenti, e avessero anche
dovuto tener nota delle loro spese per poter poi essi stessi pagare le tasse sui
propri guadagni?
Il Vantaggio della Cina è che Non è una Democrazia
Gli esperti sosterranno che la vitalità dell’economia cinese è limitata dal fatto
che essa non è una democrazia. Io invece affermo esattamente il contrario, ovvero che è proprio perché la Cina non è una democrazia che essa molto probabilmente diverrà una superpotenza economica.
Ciò che è di importanza vitale per il prosperare dell’economia non è il diritto di voto, ma la libertà economica, intesa come protezione della proprietà
privata, la certezza di leggi chiare, e tasse e normative tenute al minimo. Si potrebbe ragionevolmente argomentare che in presenza di una libertà economica l’avere delle libere elezioni diventa di secondaria importanza, mentre, se
non c’è libertà economica, poter votare non ha alcun valore. Una scelta tra diversi tiranni non è affatto una scelta. Ricordate, nella vecchia Unione Sovietica venivano indette elezioni e quasi tutti si recavano alle urne, in quanto altrimenti avrebbero avuto le dita dei piedi congelate dal freddo della Siberia.
La parola democrazia è usata in modo vago di questi tempi, ed è utile ricordare che il successo economico degli Stati Uniti nei tempi passati ebbe tra
le sue ragioni fondamentali il fatto che i nostri padri fondatori riconobbero che
c’è una distinzione tra la democrazia, che essi interpretavano come governo
populista con implicazioni negative per il capitalismo, e il governo repubblicano, che dava enfasi a un sistema di pesi e contrappesi, come ad esempio il
Collegio Elettorale e la scadenza scaglionata del mandati senatoriali, strumenti
introdotti proprio per tenere a bada le forze oscure della democrazia. James
Madison, il padre della Costituzione, scrivendo nel Federalist Papers, disse: “Le
democrazie si sono anche rivelate incompatibili con la sicurezza personale e
con il diritto di proprietà; esse hanno avuto di solito una vita breve e sono state caratterizzate da molta violenza nelle loro fasi terminali.” Dopo che la Costituzione fu ratificata, fu chiesto a Benjamin Franklin: “Signor Franklin, che
forma di governo ci avete dato?” ed egli rispose: “Una repubblica, se voi potete proteggerla.” Forse se avessimo potuto proteggerla io non avrei avuto bisogno di scrivere questo libro.
Per quelli fra voi che erroneamente credono che gli Stati Uniti siano una
democrazia, controllate la Costituzione. La parola democrazia non vi compare
140
CAPITOLO 8 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 1
neanche una volta. Tuttavia, l’Articolo IV, Sezione IV, recita: “Gli Stati Uniti
garantiranno a ciascuno Stato di questa Unione una forma di Governo Repubblicano.” Se ancora non siete convinti, allora recitate il “Pledge of Allegiance” e ponete attenzione alle parole.
Il Nuovo Assetto Economico
La realtà è che ormai negli Stati Uniti la libertà economica è solo un ricordo
lontano, esattamente come una valuta sana. E lo sono anche le basse tasse, le
normative ridotte al minimo, e l’elevata propensione al risparmio che accompagnava tutto questo. Il vantaggio che un tempo avevamo sugli altri in termini di libertà e regolamentazione limitata è ormai andato perso. Questi fattori ora sono presenti molto di più in Asia, e per questo motivo l’Asia sta divenendo la nuova superpotenza dell’economia globale.
Proprio come un tempo gli Stati Uniti rimpiazzarono la Gran Bretagna come la principale economia mondiale, il testimone ora verrà passato all’Oriente. I nuovi dominatori saranno il Giappone e la Cina, avendo poi quest’ultima
la potenzialità di emergere come l’unica economia prevalente in tutto il mondo intero.
Andate in un qualsiasi negozio, o rendetevene conto stesso da casa vostra.
Quasi ogni cosa che essa contiene è realizzato in Cina. E tutto questo non è dovuto solo alla manodopera a basso costo. Vi sono molte aree del mondo in cui
il lavoro è più a buon prezzo che in Cina, ma queste non esportano alcunché.
La vera chiave del successo cinese è la libertà economica.
La Cina è un paese comunista solo di nome. I popoli che vivono sotto il vero comunismo non sono produttivi. Abbiamo mai importato qualcosa dall’Unione Sovietica? Ovviamente no.
La Cina è ormai proiettata a scalzare il Giappone nel ruolo di più grande
paese creditore dell’America. Abbiamo mai preso soldi in prestito dall’Unione Sovietica? No, anzi eravamo noi a prestarle denaro ogni anno. Dovevamo
farle credito per permetterle di comprare il nostro grano. La Cina invece il grano lo esporta.
Quando la Cina consentirà il crollo del dollaro, vi sarà un balzo in avanti
del suo potere di acquisto e la sua economia scalzerà rapidamente la nostra
come la più grande del mondo. Finalmente liberi dal peso di sovvenzionare
l’America, vi sarà un boom economico anche nel resto dei paesi asiatici.
Così come stanno ora le cose, gli Stati Uniti stanno beneficiando di un Piano Marshall al contrario, il cui sovvenzionamento costa una vera fortuna alle
economie asiatiche. Quando si decideranno a staccare la spina, l’economia
americana precipiterà, mentre quelle asiatiche vedranno una crescita esplosi141
A PROVA DI CRASH
va e grande prosperità. L’Asia è il posto dove si potrà davvero far fortuna. Ecco perché io suggerisco che investimenti di lungo periodo orientati alla crescita vadano fatti in Asia. Investire in quei mercati adesso è come investire in
America alla fine del diciannovesimo secolo.
Uno yuan libero di flottare, specialmente se garantito da riserve auree, potrebbe ben diventare la valuta di riserva del mondo. Sebbene questa possa
sembrare una forzatura, io penso davvero che sia una chiara possibilità. Un
crollo rovinoso del dollaro potrebbe rendere difficile la sua sostituzione con
una qualsiasi altra moneta a corso forzoso. Riserve auree invece potrebbero
far distinguere lo yuan dalle altre valute, e la Cina possiede certamente la capacità di accumularle.
L’Europa ha certamente la sua buona parte di problemi, ma, a differenza
degli USA, si accontenta di vivere a un tenore di vita più consono alla sua situazione economica. Grazie alla sua componente socialista, l’Unione Europea
riesce ancora ad essere in attivo nella bilancia commerciale, e i suoi popoli ancora si danno da fare per risparmiare. Di conseguenza l’euro sarà molto probabilmente una delle valute a trarre maggior profitto dalla caduta del dollaro. Questo potrebbe dare una forte spinta all’Europa, e contribuire a tenere
bassi i tassi di interesse e i prezzi nel vecchio mondo. La zona euro, quindi, è
certamente un’area nella quale è opportuno investire. Naturalmente, siamo
anche intenzionati a investire in paesi al di fuori della zona euro, come ad
esempio in Svizzera, nel Regno Unito e nei Paesi Scandinavi, che pure avranno i loro benefici dalla forza dell’euro.
Nel lungo periodo tuttavia, l’euro, essendo una moneta a corso forzoso,
potrà incontrare gli stessi problemi ai quali sta andando incontro il dollaro.
Ma essendo al momento la più vasta valuta alternativa al dollaro emessa da
un istituto di credito maggiore, è certamente destinata a far fare profitti nel
lungo termine.
Il Tasso di Cambio e Altri Rischi
Ironicamente, uno dei rischi maggiormente associati agli investimenti esteri,
ovvero il rischio di oscillazioni dovute al tasso di cambio, è invece il principale motivo per cui vi sto raccomandando di investire innanzitutto all’estero
(oltre a questo, vi è anche il fatto, spiegato nel Capitolo 5, che il mercato azionario domestico è largamente sopravvalutato). La dura realtà è che il paese
con il più grande rischio di cambio sulla valuta è proprio il nostro. Qui da noi
lo definiamo rischio di inflazione o rischio di perdita di potere di acquisto, ed
il modo di evitarlo è quello di investire in quelle valute che ci si aspetta avere
dei forti rialzi quando il dollaro cadrà.
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CAPITOLO 8 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 1
Altri rischi tipicamente associati con gli investimenti esteri non sono rilevanti dal punto di vista pratico quando si trattano aziende affermate di paesi
industrializzati. Un tempo l’incompletezza e la difficoltà di reperimento delle informazioni finanziarie erano un problema, ma oramai le aziende estere
forniscono grossi moli di dati sui loro bilanci, di solito in lingua inglese e accessibili mediante Internet. La mancanza di regolamentazioni serie per la stesura dei bilanci pure era un altro problema, ma oggigiorno le maggiori aziende USA di revisione dei bilanci dominano sulla scena internazionale, e standard di trasparenza e non segretezza analoghi a quelli nostrani sono oramai
la regola e non più l’eccezione. (Anche, se la mia memoria non mi inganna,
Enron, WorldCom, Tyco International e altre ancora non avevano i loro quartier generali in Nuova Zelanda.) Il rischio politico, ovvero il rischio che gli asset vengano confiscati, non rappresenta nei paesi dove andremo ad investire
un problema maggiore di quanto non lo sia qui da noi.
Molti investitori temono inoltre che i guadagni e i profitti fatti all’estero
non possano essere facilmente spesi qui da noi. Questo non è affatto vero. Potete prontamente far rimpatriare quello che possedete e guadagnate all’estero. Non ha alcuna importanza il fatto che viviate qui e investiate là. Ad esempio, immaginiamo che voi possediate un milione di dollari in azioni straniere
che attualmente producono l’equivalente di 80.000 dollari USA all’anno di dividendo. Quando vi vengono accreditati i dividendi, supponiamo in franchi
svizzeri, il vostro broker americano ve li converte in dollari e voi potete ritirarli al bancomat o con un assegno. Se il dollaro perdesse il 90% del suo valore, il vostro milione di dollari si trasformerebbe in dieci milioni di dollari, e la
rendita annua salirebbe a 800.000 dollari. State ottenendo guadagni dieci volte maggiori, quindi potete permettervi di andare dal fruttivendolo e pagare
con 1000 dollari quello che prima acquistavate con 100.
In breve, investire all’estero è diventato sicuro, economico, e molto profittevole. Si
tratta solo di sapere dove e come investire. Il mio obiettivo in questo capitolo è spiegare come un portafoglio di azioni USA che sia difensivo e che dia dei dividendi, ma attualmente esposto al rischio di crollo del dollaro, possa essere sostituito da un portafoglio in valuta estera, senza rinunciare alla flessibilità e alla convenienza, ma addirittura con la possibilità di beneficiare di una rendita maggiore.
SEMPRE PIÙ DENARO INTELLIGENTE HA COMINCIATO AD INVESTIRE ALL’ESTERO
Sebbene gli investimenti esteri siano la mia specialità come broker, mi ritrovo
sempre più in buona compagnia di altri alla ricerca di protezione e opportunità di investimento all’estero. Molte società di private banking, che offrono servizi bancari a clienti danarosi, hanno cominciato in epoca recente a raccoman143
A PROVA DI CRASH
dare di allocare dal 40 al 50% del portafoglio azionario in titoli esteri, laddove
percentuali dal 5 al 10% erano la norma fino a qualche tempo fa. Inoltre, alcuni tra i più leggendari investitori del mondo, come Warren Buffett, Bill Gross,
Sir John Templeton, Jim Rogers, Gorge Soros, Mark Faber, e James Grant, stanno tutti invitando ad uscire dal dollaro USA. Persino degli ex funzionari governativi, come ad esempio Paul Volcker, ex-presidente della Federal Reserve,
e Robert Rubin, ex Segretario del Tesoro, hanno fatto pubblicamente riferimento
ai rischi di una grande crisi delle quotazioni del dollaro, e hanno indicato gli
investimenti in valuta estera come un modo di proteggersi da tali evenienze.
Mi piace rammentare alle persone che il mercato azionario USA è solo un
mercato azionario, di un paese che fa parte di un mondo molto vasto. Anche
se la crisi del dollaro non fosse in arrivo, per me non avrebbe senso limitare
l’universo dei propri investimenti soltanto alle aziende americane scambiate
sulla borsa americana, mentre vi sono borse disseminate in tutto il mondo che
scambiano azioni che non hanno clienti qui negli USA, non fanno affari qui
da noi, ma pagano dividendi che si possono ottenere per un prezzo più economico di quello che si dovrebbe sostenere qui. Ed infatti, il motto della mia
società di brokeraggio, che è specializzata in azioni estere è: “Perché da qualche parte c’è un mercato toro.”
Viste le mie previsioni sul dollaro, sarei pazzo a non acquistare quote ed
entrare in un flusso di ricavi in yen, euro, dollari australiani, o altre valute di
cui parleremo, soprattutto se posso avere lo stesso dividendo pagando 8 volte gli utili quello che avrei dovuto pagare sedici volte gli utili qui da noi.
SE SOLO VI FOSTE DECISI A FARLO NEGLI ANNI ‘70
Se ancora non siete convinti che la mia strategia è vincente, guardate a quel
che è successo negli anni ’70. Chiunque fosse stato abbastanza sveglio da investire all’estero nei primi anni ’70 avrebbe fatto una fortuna esagerata.
Nel 1972, dopo che ci liberammo del regime aureo, e lasciammo il dollaro
libero di flottare sui mercati (naturalmente non vi fu alcuna fluttuazione, semplicemente il dollaro colò a picco come una pietra), se potevamo comperare
4.25 marchi tedeschi per un dollaro, il franco svizzero valeva circa 25 centesimi, e per un dollaro si avevano circa 260 yen. Nel 1980, il dollaro aveva perso
i due terzi del suo valore. Il marco tedesco era a 1.5 invece che a 4.25, il franco svizzero era triplicato, e lo yen oscillava tra 150 e 160.
Quindi, avere la lungimiranza di investire nei primi anni ’70 in un portafoglio di azioni estere difensive, anche se a quel tempo non era facile come ora,
avrebbe triplicato il vostro denaro entro il 1980, senza contare l’apprezzamento
delle stesse azioni e i dividendi erogati, mentre coloro che investirono in un
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CAPITOLO 8 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 1
portafoglio di analoghe caratteristiche ma con titoli USA si presero le sofferenze di un terribile mercato orso.
Il mercato azionario tra il 1972 e il 1980 ebbe un movimento laterale, con
ripetuti cali repentini, mentre le obbligazioni furono colpite pesantemente e
l’indice IPC, un indicatore dell’inflazione allora molto migliore che ora, fu più
che raddoppiato.
Per l’inizio degli anni ’80, questi astuti investitori avrebbero potuto vendere i loro ormai fortemente apprezzati asset stranieri e comprare il Dow Jones Industrial Average ad un livello basso quanto 842, e con un ritorno al dividendo di circa il 7%, o in alternativa avrebbero potuto acquistare obbligazioni trentennali del tesoro USA con un ritorno di oltre il 16%. La maggior parte degli americani però non furono in grado di fare tali investimenti in quanto erano stati prosciugati nei loro averi dalla crisi degli anni ’70.
Ora, noi stiamo cercando di anticipare una situazione simile, con la differenza che ora le motivazioni per portare all’estero il nostro denaro sono di gran
lunga più urgenti: i problemi della nostra economia sono di gran lunga peggiori e gli Stati Uniti si trovano in una situazione molto più precaria, volendo
significare che il declino del dollaro e l’impatto sul nostro tenore di vita questa volta potrebbe essere molto più drammatico.
Assumendo per gli americani siano in grado di apprendere dalle loro esperienze, verrà un momento in cui vi saranno motivi per riallocare il nostro denaro di nuovo qui nel mercato domestico, ove potrebbe ben esserci uno scenario simile a quello del 1980: tassi di interesse nella stratosfera, l’economia e
le valutazioni delle azioni sotto zero, il dollaro ai minimi e, poi, improvvisamente, la luce alla fine del tunnel. Per poter trarre vantaggio da questi saldi potenziali che potranno esserci in futuro nel nostro mercato interno, tuttavia, dovete prima compiere le dovute azioni per proteggere la vostra ricchezza odierna. Ciò è proprio
quello di cui tratta questo capitolo.
E SE HO TORTO?
Come accade per il “longest floating crap game in New York” nella famosa
novella di Damon Runyon, è anche plausibile che il governo USA tenga bendati gli occhi della gente e dei banchieri esteri per il prossimo futuro e faccia
quindi risultare prematura la mia previsione del crollo del dollaro.
Consideriamo, quindi, mettendoci nei panni di un investitore, i possibili
scenari, considerato che ci sono tre variabili che possono influenzare la redditività di un investimento in titoli difensivi all’estero, ovvero (1) tasso di cambio delle valute, (2) ritorno del dividendo o dividend yield e (3) apprezzamento dell’azione nella valuta locale.
145
A PROVA DI CRASH
Scenario A: Voi seguite il mio consiglio e le mie previsioni si avverano.
Siete ovviamente una persona molto felice. Vi ho salvato dalla povertà e dalla disperazione, e la vostra personale ricchezza non solo è stata salvata, ma
addirittura si è anche irrobustita in quanto voi avete del reddito fornito dai dividendi, le azioni possono aver incrementato il loro valore, e la valuta straniera si è apprezzata nei confronti del dollaro. Avete fatto tre centri su tre. Ora
siete anche in una posizione ideale per rientrare nel mercato americano una
volta che i suoi problemi saranno passati.
Scenario B: Voi seguite il mio consiglio e le mie previsioni non si avverano. Immaginate di seguire il mio consiglio ma l’economia USA non crolla,
non vi è alcuna resa dei conti, e andiamo avanti per i prossimi trent’anni così
come abbiamo fatto sin qui.
La maggior parte tra i personaggi autorevoli del mercato finanziario - investitori leggendari come Warren Buffett e Bill Gross della Pimco, persino le
grandi banche di affari come Goldman Sachs e Morgan Stanley - credono che
il dollaro è destinato a deprezzarsi nei confronti delle altre valute per i prossimi dieci anni, anche se non sono sicuri dell’entità di tale deprezzamento. E’
quindi diffusa l’opinione che il dollaro continuerà nel suo declino quarantennale, anche se potranno esserci delle correzioni occasionali. Vista la nostra mancanza di risparmi e l’ammontare del nostro deficit, le cose non possono che andare in questo modo. Se tutto questo non porterà a una crisi, allora certamente ciò porterà a una valutazione del dollaro più economica rispetto ad altre valute. Tutto questo significa che se investirete all’estero, al momento di effettuare
il cambio in dollari, avrete il vento a vostro favore e non a vostro svantaggio.
Quindi, anche in questo caso voi farete profitto grazie al tasso di cambio.
In più, i dividend yield sono attualmente più elevati all’estero che qui da
noi, in quanto le azioni estere sono generalmente sottovalutate rispetto a quelle americane. In altri termini, potete procurarvi maggiori guadagni futuri per
meno denaro investendo in paesi esteri che non qui. Inoltre, voi beneficerete
anche di un potenziale di crescita maggiore perché le economie globali in fase di sviluppo cresceranno molto più rapidamente dell’economia USA, già ben
sviluppata e nella sua fase di maturità. Quindi, anche se le mie previsioni più
pessimistiche da giorno del giudizio non si avvereranno, vi troverete meglio
investendo all’estero che qui negli Stati Uniti. Quotazioni valutarie, ammontare dei dividendi e prospettive di crescita sono fattori che pongono gli investimenti esteri in vantaggio rispetto a quelli domestici.
Ora, di queste tre sorgenti di profitto, i dividendi sono sicuramente quella
più sicura, assumendo che voi abbiate selezionato delle società con dei solidi
fondamentali. Se le azioni vanno giù ma la valuta estera di apprezza, allora,
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CAPITOLO 8 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 1
considerando i dividendi, voi centrate ancora due obiettivi su tre, e lo farete
per la maggior parte del tempo. Nello scenario peggiore, voi realizzerete un
obiettivo su tre: cambio valutario sfavorevole, prezzo delle azioni in discesa,
ma reddito fornito dal dividendo a proprio favore e in compensazione delle
perdite sui primi due punti. E’ davvero difficile immaginare una situazione in
cui vi troviate sul serio in difficoltà.
Scenario C: Voi non seguite il mio consiglio e le mie previsioni non si
avverano. D’accordo, non c’è stato alcun disastro, e voi siete rimasti investiti
sul mercato americano. Può essere che abbiate realizzato buoni guadagni, ma
visto lo squilibrio dell’economia americana e la sopravvalutazione del mercato americano, probabilmente avete invece realizzato guadagni inferiori.
Scenario D: Voi non seguite il mio consiglio e le mie previsioni si avverano. Come disse una volta Frank Sinatra, “Il denaro non è tutto. Non compra
la povertà.”
Commento di Fondo
Se guardate le varie possibili alternative in termini di rapporto rischio/opportunità,
vi accorgete che ha molto più senso seguire i miei consigli, giusti o sbagliati che siano, piuttosto che ignorarli. Perderete molto di più se io ho ragione e voi non mi ascoltate di quanto perdereste se io ho invece torto e voi mi ascoltate.
Ovviamente è inutile da sottolineare, ma, sebbene io creda sia il caso di investire tutto il vostro patrimonio in valuta estera, voi potete sempre farlo in
modo parziale. Potreste voler decidere di farlo con una percentuale che non
vi crea disagio, e investire quindi solo una parte del proprio portafoglio in asset esteri.
ANDIAMO AL SODO: COME CREARE UN PORTAFOGLIO IN VALUTA STRANIERA
Il quadro degli investimenti esteri è essenzialmente uguale a quello domestico. Vi sono gli stessi tipi di asset, ovvero strumenti monetari, azioni, e obbligazioni, e le varie alternative all’interno di queste classi.
Poiché personalmente preferisco le azioni, vi parlerò soprattutto del mercato azionario, anche se è bene che ogni investitore mantenga un fondo di
emergenza sotto forma di denaro contante o di titoli immediatamente convertibili in denaro liquido, come ad esempio fondi monetari o certificati di deposito bancari, mentre invece investitori un po’ più conservativi e prudenti
potrebbero preferire le obbligazioni alle azioni. Le obbligazioni possono essere acquistate e vendute all’estero essenzialmente in modo analogo a quanto
avviene qui da noi, ma tenete a mente che asset con tassi di interesse fisso non
danno protezione nei confronti dell’inflazione.
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A PROVA DI CRASH
La mia personale preferenza per le azioni è basata sulla convinzione che
tutti i governi che emettono monete a corso forzoso saranno soggetti a forte
inflazione, il che porterà a una graduale riduzione del potere di acquisto delle rispettive valute. Anche se le nazioni in cui andremo ad investire saranno
soggette a rischi inflattivi molto meno di quanto lo saranno gli Stati Uniti, è in
ogni caso opportuno proteggersi contro tali rischi. Acquistando azioni, il cui
valore e i cui dividendi possono aumentare e compensare l’inflazione, riusciamo
a proteggerci da spinte inflative sia qui nel nostro mercato che nelle economie
estere. Inoltre, la legislazione tributaria americana, che tassa i dividendi in maniera ridotta rispetto agli interessi percepiti, si applica anche a molti mercati
azionari stranieri (Le azioni ordinarie di Hong Kong e Singapore, purtroppo,
sono un’eccezione). Inoltre, i guadagni dovuti al deprezzamento del dollaro
nel momento in cui i certificati o le obbligazioni straniere giungono a maturazione, sono tassati come se fossero un reddito ordinario. Investendo in azioni, invece, i guadagni dovuti al tasso di cambio sono tassati come accade agli
usuali capital gain.
Voler replicare all’estero un portafoglio azionario domestico richiede ovviamente che un tale portafoglio sia attualmente in essere e che sia strutturato in conformità con i vostri obiettivi di investimento e con la vostra tolleranza al rischio. Sia se questo corrisponde al vostro caso, o se voi state cominciando a comporre da zero un nuovo portafoglio, una grande virtù del mio
piano di azione è la sua semplicità.
Gli obiettivi dell’investimento sono la prima cosa da tenere in conto nel
momento in cui si inizia a progettare un portafoglio. Poiché io sono specializzato in azioni conservative che sono al momento sottovalutate e che danno un
dividendo cospicuo e affidabile nel tempo, tre caratteristiche di base del portafoglio, - sicurezza, crescita e redditività - sono inglobate come un tutt’uno
nella mia ricetta. Se il vostro obiettivo è ottenere un reddito aggiuntivo dal vostro capitale, allora utilizzate i dividendi per le vostre spese. Se il vostro obiettivo è la crescita, allora reinvestite in azioni i proventi che arrivano dai dividendi. La sicurezza è poi naturalmente il criterio che consideriamo in primis.
Come abbiamo già discusso nel Capitolo 5, dal momento che io compro
quando i prezzi di un’azione sono estremamente convenienti, i miei portafogli hanno forti prospettive di crescita; pur tuttavia io considero gli aumenti di
prezzo delle azioni come una sorta di bonus. Una società in crescita con profitti in aumento è ragionevole che paghi nel tempo dividendi maggiori, ma
per me la crescita dei dividendi è anch’esso un bonus. L’acquisto di un’azione
deve essere giustificato esclusivamente dall’ammontare corrente del dividendo. Gli
obiettivi di investimento di lungo periodo si possono poi conseguire quando quel di148
CAPITOLO 8 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 1
videndo è reinvestito in azioni. In questo modo si realizzano molteplici obiettivi di investimento con la stessa azione. Tutto dipende da quanto tempo queste azioni sono
possedute e dal fatto che i dividendi sono o non sono reinvestiti.
Gli investitori che invece preferiscono la sicurezza addizionale delle obbligazioni dovrebbero selezionarle con scadenze coincidenti con i loro obiettivi di investimento, e usare gli interessi percepiti o come denaro da spendere o per reinvestirli in altre obbligazioni con opportuni profili di rischio e tempi di scadenza.
La tolleranza al rischio, un termine usato correntemente dai professionisti degli investimenti, è qui davvero irrilevante. Io assumo che chiunque sia
avverso al rischio. Non che la speculazione sia una cosa cattiva, se voi avete
lo stomaco per farla. Vi sono all’estero opportunità di investimenti speculativi che vi daranno dei guadagni eccezionali, se vanno a buon fine. Ma non è
questo ciò di cui vi sto parlando in questo capitolo.
L’orizzonte di investimento, altro termine largamente usato per indicare
per quanto tempo avete intenzione di rimanere investiti, è parimenti irrilevante. Se voi possedete un’azione che vi da un dividendo a partire dal momento in cui l’acquistate, allora il vostro orizzonte di investimento è semplicemente il giorno in cui voi smettere di reinvestire i dividendi percepiti o in
cui la vendete, quindi il vostro orizzonte può essere sia a breve termine che a
lungo termine.
La diversificazione è certamente importante, anche se non così tanto nel
momento in cui investite in azioni conservative. Un numero di azioni comprese tra dieci e venti forniscono un livello di diversificazione che riteniamo
adeguato e queste rappresenteranno un assortimento non solo di azioni, ma
anche di settori, mercati e valute.
LA MIA AVVERSIONE AI MUTUAL FUND, ADR E AI PINK SHEETS
Poiché investire all’estero è un qualcosa che spesso intimorisce, i consulenti finanziari che non riescono a dissuadere del tutto le persone dal farlo cercano
allora di guidarli verso i mutual fund stranieri, le American Depositary Receipt (ADR), e verso broker nazionali che fanno trading su azioni estere mediante i Pink Sheets.
Sono personalmente contrario a tutte queste soluzioni, e vi spiego perché.
I Mutual Fund
I mutual fund stranieri sono largamente diffusi e rappresentano una soluzione allettante dal momento che essi sono diversificati e gestiti da professionisti. Se la vostra scelta è tra un fondo domestico in dollari e un fondo
149
A PROVA DI CRASH
straniero, allora vi consiglio di optare per quest’ultimo, a patto che non si
tratti di un fondo hedge e che sia realmente straniero. (I fondi detti “internazionali” hanno generalmente investimenti in asset esteri, mentre quelli
detti “globali” sono investiti in società sia internazionali sia domestiche.)
Pur tuttavia io preferisco evitare i mutual fund stranieri per le seguenti otto ragioni.
1. I mutual fund competono tra loro sulla base dei ritorni trimestrali, il che
li costringe ad adottare orizzonti di investimento di breve periodo e gli
preclude tutta una serie di interessanti opportunità.
2. La vasta taglia del portafoglio dei mutual fund esclude che questi possano investire in piccole società, che spesso sono quelle con le maggiori prospettive di crescita.
3. I fondi spesso investono in azioni rischiose, e poi compensano il rischio
mediante la diversificazione. Noi invece ci rivolgiamo ad azioni più sicure che pertanto richiedono meno diversificazione e meno spese.
4. Essendo costretti a scegliere esclusivamente tra società ad elevata capitalizzazione, i portafogli di tali fondi includono per la maggior parte
compagnie multinazionali fortemente esposte al dollaro USA e i cui guadagni dipendono fortemente dall’economia e dai consumi americani.
5. Molti fondi si proteggono contro il rischio di cambio, facendo quindi
aumentare le spese di gestione e minando la ragione principale per cui
vogliamo investire in azioni estere.
6. I fondi, al fine di garantire i rimborsi alle persone che ne escono fuori,
sono costretti a fare operazioni di trading, il che porta al pagamento di
tasse e spese di commissione.
7. La competizione e la spinta ad esibire delle elevate prestazioni sul breve periodo esclude la possibilità di comprare azioni di valore che sono
al momento fuori dall’attenzione del mercato e che rappresentano un
affare.
8. Le spese di gestione del fondo ne fanno diminuire il rendimento.
Gli ADR
Gli ADR sono strumenti finanziari inventati per rendere più semplice per gli
americani investire in azioni straniere, ed essi hanno avuto un buon successo.
Essi non sono altro che ricevute delle azioni di compagnie estere che sono conservate nei caveau delle banche americane; queste “ricevute” sono quotate alla borsa americana, e chi le possiede ha diritto ai dividendi ed è a tutti gli effetti un azionista della società, che può quindi votare ed essere informato con
report finanziari.
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CAPITOLO 8 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 1
Personalmente non sono a favore di questo modo di investire perché gli
ADR sono disponibili solo per le compagnie straniere a maggior capitalizzazione. Esempio tipici di tali compagnie sono Nissan Motors e Sony, ma queste non rappresentano azioni con buoni dividendi e ottime prospettive di crescita. Inoltre, le banche che emettono gli ADR vanno certamente incontro a dei
costi, e talvolta parte del dividendo è trattenuto per poter coprire tali costi.
Un altro possibile svantaggio degli ADR è rappresentato dal fatto che le società che questi rappresentano sono soggette a tutte quelle eccessive e stupide regolamentazioni cui devono soddisfare le società americane a causa di
quelle leggi approvate in reazione al caso Enron e ad altri simili disastri finanziari. Potendole evitare, molte compagnie estere che sono ottimamente gestire scelgono di non sottoporsi a tali onerose e costose regolamentazioni.
La strada migliore è quindi quella di investire semplicemente in azioni ordinarie che sono scambiate su mercati esteri. Queste azioni rappresentano l’affare migliore, e molte di esse traggono i loro guadagni da posti completamente
diversi dal mercato USA. Quindi, i loro guadagni non saranno decurtati al momento del crollo dei consumi statunitensi, ma anzi probabilmente ne trarranno beneficio in quanto l’aumento del potere di acquisto all’estero porterà queste società a vendere di più e la debolezza del dollaro renderà le materie prime meno costose.
I Pink Sheets15
Molte azioni straniere ordinarie, o ord, come sono chiamate normalmente, sono scambiate da alcune istituzioni che agiscono come “market makers” attraverso i Pink Sheet (spiegheremo a breve questo termine), e, a meno che non vi
piaccia pagare prezzi esorbitanti, vi consiglio caldamente di stare alla larga da
esse e dai broker che le commercializzano.
La Pink Sheets LLC è una società basata nel New Jersey che fornisce giornalmente quotazioni in lettera e denaro da parte dei market maker. Un market maker è un broker che assume le vesti del mercato, ovvero non si limita
ad essere intermediario tra il mercato e il cliente e in ultima analisi rappresentante di quest’ultimo, ma si sostituisce esso stesso al mercato, offrendo quindi quotazioni di titoli ai propri clienti.
Il problema comune con i market maker è che essi traggono profitto dalla
differenza di quotazione tra denaro e lettera, il cosiddetto spread, e molto spesso questi profitti sono smisurati. Il problema si aggrava quando si tratta di
azioni straniere, molte delle quali hanno quotazioni inferiori a un dollaro per
azione (le cosiddette penny stocks, NdT). Prezzi del genere sono molto comuni
15
NdT: Pink Sheets significa letteralmente “Fogli Rosa”.
151
A PROVA DI CRASH
ad esempio nel Regno Unito e in molti mercati asiatici (Giappone escluso) ed
essi, a differenza di ciò che accade qui da noi, non sono indicativi di elevati rischi. Inoltre, la maggior parte dei mercati asiatici richiedono che le azioni siano scambiate in lotti, la cui dimensione minima può andare da 100 fino a 20.000.
Ad esempio, supponiamo di voler acquistare un’azione di Hong Kong che
è quotata sul suo mercato l’equivalente di 20 centesimi di dollaro per azione.
E assumiamo che la dimensione minima del lotto sia 10.000. Anche se la singola azione costa appena 20 centesimi, la quantità minima di denaro che dovete mettere in gioco per acquistare tale azione è 2.000 dollari. E se volete acquistarne altre, qualsiasi investimento incrementale richiede almeno 2.000 dollari. Tutto questo può difficilmente riferirsi a una penny stock, anche se dal
punto di vista del market maker, è esattamente ciò che accade. Il market maher sul Pink Sheets potrebbe quotare l’azione con il denaro a 0.15 e la lettera a
0.25. Di conseguenza, per chiudere in pareggio, supponendo che voi acquistiate al prezzo della lettera e vendiate al prezzo del denaro, l’azione stessa
dovrebbe apprezzarsi del 50%, ovvero arrivare a quotare trenta centesimi. Si
tratta di un incremento mostruoso, e tutto a beneficio del market maker, che
lo intasca esclusivamente per aver eseguito il vostro ordine. Cercare di proteggervi inserendo un prezzo limite al vostro ordine non vi è poi di nessun
aiuto, in quanto il market maker non eseguirà il vostro ordine fin tanto che le
condizioni non saranno tali da garantirgli un profitto che lui ritiene adeguato
(ma che sia voi che io considereremmo un profitto osceno).
Per far piovere sul bagnato, poi, la maggior parte dei broker applicano anche una vergognosa commissione per grossi ordinativi di penny stock, che è
esattamente il tipo di ordinativo cui il nostro esempio fa, sfortunatamente, e,ingiustamente, riferimento.
Quindi, non eseguite assolutamente ordini di azioni stranieri presso broker che operano attraverso un market maker sui Pink Sheets. Non solo sarete
truffati sul prezzo, ma in aggiunta pagherete anche una corposa commissione. State lontani dai Pink Sheets, punto.
Commento di fondo
Il punto cruciale della mia strategia per fare trading sulle azioni straniere è fare in modo che il vostro ordine sia eseguito direttamente sulla borsa estera che quota nel suo
listino la società su cui volete investire. Ciò vi garantisce il miglior prezzo possibile.
COME SELEZIONARE IL GIUSTO BROKER
Per fare trading direttamente sui mercati stranieri, avrete bisogno di un broker specializzato in azioni straniere. Molte case di brokeraggio non sono af152
CAPITOLO 8 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 1
fatto attrezzate per investire in azioni straniere, mentre altre trattano solo determinati tipi di asset. Inoltre, l’accesso avviene tipicamente attraverso dei market maker che operano sui Pink Sheets. Come abbiamo già discusso, tutto questo non solo è un modo molto costoso per fare trading, ma perdipiù voi non
sapete neanche esattamente quanto vi costi in quanto tali case non sono affatto tenute a rivelare lo spread applicato dall’intermediario e il loro margine di
profitto. La mia azienda, Euro Pacific Capital, è specializzata in investimenti
esteri e tratta ordini che vengono eseguiti direttamente sulla maggior parte
dei mercati stranieri.
Se posso scrivere qualcosa di personale, vorrei sottolineare che non sto raccomandando di investire in azioni straniere perché è ciò in cui la mia azienda
è specializzata. E’ la mia azienda ad essere specializzata in azioni straniere perché è questo che io raccomando usualmente. Sebbene essa è attiva a partire
dal 1980, nel 1996 io l’ho rinominata Euro Pacific Capital per meglio mettere
in evidenza il suo concentrarsi su investimenti esteri, cosa che è accaduta come diretta conseguenza del cambio degli scenari economici a livello globale
che io prevedevo a quel tempo.
A quei tempi, semplicemente consigliavo di aggiungere al vostro portafoglio delle azioni straniere al fine di diversificarlo. Tuttavia, man mano che la
bolla azionaria di gonfiava, ed in particolare man mano che vedevo il governo e la Federal Reserve darsi da fare per ritardarne lo scoppio, sono diventato sempre più pessimista sugli asset USA, e ho cominciato a consigliare ai miei
clienti di sovrappesare nel loro portafoglio gli investimenti in valuta estera.
Un numero sempre maggiore di aziende del settore hanno quindi cominciato ad offrire azioni straniere, anche se spesso pongono un limite elevato sul
capitale minimo da investire, hanno un accesso ristretto al mercato, e richiedono forti commissioni.
Anche se non molto comoda e praticabile, un’ulteriore alternativa a vostra
disposizione è quella di aprire un conto presso un broker locale nel paese dove volete investire. In tal caso i problemi sono legati ai diversi fusi orari, alle
comunicazioni telefoniche internazionali, alle conversioni in valuta straniera,
e qualche volta alla richiesta di incontrare di persona i propri clienti. In aggiunta, se volete investire in più nazioni, dovreste aprire un conto diverso per
ognuna di esse. In sintesi, l’unico reale vantaggio di tale approccio sarebbe dato dalla possibilità di ottenere delle commissioni più basse. La maggior parte
delle persone preferiscono tuttavia avere a che fare con un broker che conoscono, che parla inglese e che lavora in orari dettati dal loro stesso fuso orario, e con tutte le garanzie, per quello che valgono, date dall’iscrizione all’associazione nazionale di categoria.
153
A PROVA DI CRASH
Persino le case di brokeraggio più grandi e più note, che hanno uffici in tutto il mondo e che sembrerebbero essere nella posizione migliore per commerciare azioni estere direttamente sui loro mercati originari, non sono in grado
di trattare ordini di taglia piccola e media. Esse saranno felici di eseguire grossi ordini - qualcosa a sei cifre, diciamo - ma eseguire ordini medi e piccoli a costi competitivi non è per loro conveniente. I regolamenti della SEC (l’organo
di controllo della borsa statunitense, NdT) sui titoli non nominativi, i problemi legati alla loro custodia, e i simboli ridondanti delle azioni fanno sì che il
trading di azioni estere sia estremamente complesso per aziende che non siano state espressamente progettate per realizzarlo. Di conseguenza, le grandi
case di brokeraggio o non prendono affatto ordini di taglia piccola o li prendono svolgendo il ruolo di market maker, applicando dei margini di profitto
esorbitanti, che non sono poi tenuti a rivelare, e un cambio valuta estremamente sfavorevole (per il cliente).
Più di recente, alcuni broker online hanno cominciato ad offrire servizi di
trading su azioni estere, ma si tratta solo di una piccola parte del trading elettronico, e se si considerano i soliti malfunzionamenti dei computer si aggiungono problemi a problemi. Tali broker operano usualmente attraverso dei market maker, e quando non lo fanno essi aggiungono oneri legati alla transazione a alla custodia dei titoli.
Quindi, alla fin fine la soluzione migliore è una casa di brokeraggio specializzata in investimenti esteri. Io vi consiglio la Euro Pacific Capital (con un
certo ammiccamento, sebbene io credo che noi arriviamo ai nostri clienti con
una pervasività senza precedenti), ma se vi rivolgete altrove ponete sempre le
seguenti cinque domande:
1. Qual è il tasso di cambio che mi applicate? La conversione di valuta dovrebbe costarvi tra i dieci e i quindici punti base (un punto base è pari
allo 0.01%), ma di solito vi applicano tranquillamente un costo che va
dall’1 al 3%. Si tratta di una grande differenza e non saprete mai di averla pagata.
2. Posso essere certo che il mio ordine sarà eseguito direttamente sulla borsa straniera, e non da un market maker locale che usa i Pink Sheets?
3. Posso immettere ordini con un prezzo limite (ordini che vengono eseguiti solo al prezzo prefissato o a uno più vantaggioso) in valuta estera?
4. Posso scegliere di ricevere i dividendi e i proventi delle vendite direttamente in azioni straniere?
5. Ci sono importi minimi per ogni transazione, tasse speciali per ordini
internazionali, altri costi nascosti o altre spese varie? Per piacere fornitemi una lista completa di tutte le spese e commissioni.
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CAPITOLO 8 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 1
COME COMPORRE UN PORTAFOGLIO DI AZIONI STRANIERE:
UN APPROCCIO TOP-DOWN
Passo 1: Creare un Conto Corrente
Mettere da parte del denaro liquido fa parte del comune buon senso, quindi
perché non convertire quella parte di denaro che non vi serve per le emergenze
in una valuta estera che non è prossima al crollo?
I pianificatori finanziari di solito consigliano di mantenere una riserva di
liquidità equivalente a sei mesi del proprio stipendio, ma questo varia a secondo delle circostanze. Dovreste tenere ben presente che il denaro che voi
usate per acquistare azioni sarà liquido (ovvero convertibile in denaro contante usualmente nel giro di circa una settimana), ma sarà soggetto alle oscillazioni giornaliere del mercato.
Potete comperare certificati di deposito in valuta straniera usando banche
domestiche, ma la cosa migliore che potreste fare è chiedere al vostro broker di
aiutarvi a trovare un mutual fund senza costi di entrata che investa in strumenti
monetari esteri, come ad esempio il Merk Hard Currency Fund. Potete poi anche acquistare obbligazioni governative con scadenze a breve nella valuta estera di vostra preferenza ricorrendo a un broker come ad esempio Euro Pacific.
Poi, vi è sempre la possibilità di aprire un conto corrente bancario direttamente nel paese del quale volete conservare la valuta. Tutto questo però richiede
sforzi maggiori da parte vostra, qualche volta ci sarà bisogno di recarsi direttamente in tale paese, ma in questo caso si hanno degli indubbi vantaggi in termini di sicurezza e riservatezza, il che in alcuni casi può giustificare questi sforzi. Usualmente, tra le nazioni favorite per tali attività vi sono la Svizzera, le isole Cayman, il Liechtenstein, Panama, l’Austria e il Lussemburgo.
Passo 2: Come Decidere in Quale Mercato Investire
La prossima questione da risolvere è: in quali mercati dovremmo investire?
Poiché andiamo alla ricerca di azioni difensive, non vogliamo assolutamente saltare dalla padella alla brace. Quindi, evitiamo mercati emergenti e/o
in via di sviluppo, come pure mercati già ben sviluppati ma dove vi possa essere anche il minimo rischio di instabilità politica.
Come abbiamo già sottolineato, in tali mercati vi sono delle opportunità di
investimento speculativo uniche e con grandi potenzialità, ma ricordiamoci
che il motivo principale per cui ci stiamo rivolgendo all’estero è quello di proteggerci dai rischi legati alla svalutazione del dollaro. Quindi il nostro obiettivo è far si che i nostri soldi stiano al sicuro. Io consiglio allora di formare un
portafoglio diversificato di azioni difensive che diano dividendi elevati e che
operino in mercati già sviluppati.
155
A PROVA DI CRASH
Nell’America del Nord, ci interessa il Canada, che proprio ora ha, sorprendentemente, una delle migliori economie del mondo. In seguito ci occuperemo
di decidere in quali settori investire, ma certamente il Canada rientra nel blocco di paesi con ricchezza di risorse naturali, insieme ad Australia e Nuova Zelanda in prima fila, e, poi, con Sudafrica e Paesi Scandinavi (ad esempio la Norvegia) a seguire. Vi spiego tra un attimo perché credo che il settore delle risorse
naturali è certamente uno di quelli da considerare per i propri investimenti.
Poi vi sono i paesi asiatici, che sono forti produttori e grandi risparmiatori, e che rappresentano il motore della vera crescita. I miei favoriti sono Hong
Kong e Singapore, seguiti poi dal Giappone. Metterei anche del denaro, ma non
molto, su Corea del Sud, Taiwan (anche se restrizioni governative possono qui
complicare le cose) e anche Tailandia e Filippine, che sono certamente paesi stabili e ben sviluppati, anche se una spanna sotto i precedenti.
Le economie asiatiche, come lungamente discusso nei capitoli precedenti,
hanno tutte le caratteristiche di un fertile terreno di investimento: elevati tassi di crescita, tasse basse, una legislazione che aiuta le imprese, elevati tassi di
risparmio, un buon livello di istruzione e una latente bramosia per i consumi
che ambisce a rimpiazzare il mercato americano.
Alcune di queste economie saranno più vulnerabili di altre alla confusione temporanea dovuta al passaggio del potere di acquisto dall’Occidente all’Oriente, e di questo si dovrà tener conto nello stabilire il timing del nostro
investimento ed il suo grado di diversificazione.
Mentre il mondo nella sua globalità trarrà grande beneficio dal non dover
più sopportare il fardello di sostenere i consumi americani, vi sono alcuni soggetti e alcune imprese che sono avvantaggiate dalla situazione attuale a spese della comunità globale. L’influenza politica di questi è certamente una delle ragioni principali per cui le quotazioni del dollaro sono state tenute su fino
a questo momento. Nel breve periodo molte di queste imprese, e le economie
ove queste operano, saranno danneggiate dalla crisi americana. Tra queste,
quelle che riusciranno a riconvertirsi e ad adattarsi al nuovo scenario sopravvivranno e trarranno profitti, mentre le altre non potranno far altro che avviarsi al fallimento.
Le aziende che falliranno, comunque, renderanno libere delle risorse, come terreni, forza lavoro, e capitali, che potranno essere sfruttate in modo più
efficiente da nuovi imprenditori che subentreranno e che trarranno profitti in
queste nuove economie. Quindi, dopo un temporaneo periodo di negatività e
tempesta, queste economie andranno incontro a un periodo di boom, e beneficeranno di un tenore di vita più elevato, come conseguenza di una allocazione delle risorse migliore e di un tasso di consumi interni maggiore.
156
CAPITOLO 8 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 1
Quindi, inizialmente la caduta del dollaro farà sentire i suoi effetti distruttivi soprattutto in Asia, mentre l’Europa risentirà molto meno della crisi. Ne consegue che, nel breve periodo i mercati non asiatici dovrebbero andare meglio di quelli asiatici, mentre nel lungo periodo le economie asiatiche
saranno quelle che guadagneranno di più dalla caduta del dollaro. Queste infatti sostengono il fardello di sovvenzionare e sostenere l’economia USA, e
quindi sono quelle che guadagneranno di più nel momento in cui se ne saranno liberate.
L’Europa poi può essenzialmente dividersi in due distinte aree. Anzitutto
vi è la zona Euro, che è formata dai dodici paesi che condividono la stessa moneta, ovvero l’euro, e che sono Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania,
Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo e Spagna. La seconda area è costituita da alcuni paesi al di fuori della zona euro, e attualmente
comprende la Svizzera, e il Regno Unito, dove vi sono i sempre vigorosi franco
svizzero e sterlina inglese.
Uno dei motivi che rendono l’euro così attraente è che molti lo considerano come il più probabile candidato a prendere il posto del dollaro come valuta di riserva mondiale. Se ciò dovesse accadere, vi sarà un aumento della domanda di euro, e ciò aiuterà a mantenere bassa l’inflazione e i tassi di interesse in Europa, favorendo quindi le economie europee e le rispettive azioni.
Passo 3: I settori industriali di interesse per gli investitori conservativi
Le utility che operano nei settori dell’elettricità, del petrolio e del gas rappresentano investimenti azionari molto attraenti perché hanno clienti assicurati e
traggono beneficio dal costante aumento della domanda; i loro guadagni sono prevedibili perché esse possono anche aumentare le loro tariffe, e in più esse pagano sistematicamente elevati dividendi. In considerazione del loro basso livello di rischio e del modo in cui esse si comportano usualmente nel mercato, le azioni delle utility sono talvolta chiamate sostituti delle obbligazioni.
Ma esse rendono più delle obbligazioni.
Investire nelle utility è possibile praticamente ovunque, sia sotto forma di
azioni che di obbligazioni. In Canada vi sono anche particolari società di imprese (business trusts) che raggruppano società che elargiscono dividendi agli
azionisti del trust e che godono di vantaggi fiscali. Pur tuttavia, a causa di recenti proposte di legge di modifica del sistema fiscale canadese, questi trust
potrebbero anche perdere i vantaggi fiscali di cui godono.
Anche il settore immobiliare è caratterizzato da elevati dividendi e da vantaggi fiscali, specialmente se vi si investe attraverso le quote di società immobiliari, come può essere fatto nella maggior parte dei mercati maturi. Io pre157
A PROVA DI CRASH
ferisco società immobiliari che investono in immobili di utilizzo prevalentemente commerciale, come ad esempio i centri commerciali e gli uffici.
Quando acquistate azioni di una società immobiliare, ricordatevi che in
realtà non siete nel mercato azionario, ma bensì in quello immobiliare, e gli affitti vi arrivano sotto forma di dividendi. La cosa buona di tutto questo è che
voi conseguite diversificazione, liquidità immediata, bassi costi di transazione, e una gestione professionale, senza dovervi preoccupare della riscossione
degli affitti o di problemi assicurativi. Si tratta di un modo molto semplice e
conveniente di acquisire un immobile, particolarmente se si trova agli antipodi di dove noi stiamo.
Le materie prime e le risorse naturali, che si possono acquistare sotto forma
di azioni o, limitatamente al Canada, come business trust con vantaggi fiscali, non solo offrono dei dividendi, ma sono anche un settore molto promettente.
La mia visione sulle materie prima è fortemente rialzista. Vi è un sostanziale squilibrio tra offerta e domanda di materie prime, causato sia da anni di
scarsi investimenti nella capacità di produzione e nell’esplorazione, sia da un
sovrautilizzo delle materie prime disponibili a causa del loro basso prezzo.
Ad esempio, dal momento che i carburanti sono stati a buon prezzo per
lungo tempo, i SUV hanno recentemente incontrato un certo successo. Questo
è accaduto perché nessuno si è mai preoccupato del prezzo della benzina e tutti credevano che potesse rimanere a buon mercato per l’eternità. Quando i
prezzi sono bassi e la gente crede che siano destinati a restare bassi per sempre, l’incentivo a preservare tali risorse è praticamente inesistente. I produttori invece, dal canto loro, prevedendo il permanere indefinito di prezzi bassi, non hanno alcun incentivo a investire in capacità produttiva addizionale.
Possiamo quindi concludere che un comune consenso sul persistere di prezzi
bassi non può che portare nel tempo a dei prezzi elevati.
Ci troviamo attualmente in una fase fortemente rialzista per le materie prime. Le materie prime allo stato grezzo si sono trovate in una fase discendente dal 1980 al 2000, esattamente l’opposto a quanto è accaduto ai mercati finanziari, fortemente rialzisti in quel periodo. In corrispondenza dei massimi
del mercato azionario, le materie prime toccarono il loro fondo. Quindi ora le
persone stanno abbandonando gli asset cartacei per spostare la loro ricchezza
su “roba che si tocca” ovvero le materie prime grezze.
Un altro motivo inoltre per cui sono fortemente rialzista sulle materie prime è legato al fatto che sto prendendo in esame anche l’andamento della domanda e la sua evoluzione temporale. Proprio ora, i più grandi consumatori
nel mondo sono gli Americani. Gli Americani possiedono un sacco di cose; ad
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CAPITOLO 8 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 1
esempio, la maggior parte di essi posseggono una lavatrice, un frigorifero e
almeno un’automobile. Queste cose contengono un sacco di acciaio, e man mano che si consumano devono essere rimpiazzate. Ma un mercato che si basa
sui rimpiazzi non è affatto un mercato in espansione. La nostra richiesta di
materie prime grezze non sta aumentando come farebbe nel caso noi fossimo
un mercato in espansione. L’altra cosa da considerare è che noi consumiamo
un sacco di cosiddetti gadget, come ad esempio telefoni cellulari, macchine fotografiche digitali e altre diavolerie del genere. Ma la fabbricazione di questi
gadget non richiede molte materie prime.
Quindi, anche se gli Stati Uniti sono il paese che consuma di più al mondo, la nostra richiesta di risorse naturali e materie prime non è pari a quella
che dovrebbe essere nel caso in cui noi fossimo una società meno matura.
Ora, il mio pensiero è che appena il dollaro crolla, le valute che si apprezzeranno maggiormente saranno quelle asiatiche, in particolare la valuta cinese. E quando il fulcro dei consumi globali si sposterà verso oriente il tipo di
prodotti che le popolazioni asiatiche acquisteranno richiederà, per la sua fabbricazione, molte più materie prime che non i gadget elettronici che noi ora
qui in America acquistiamo in abbondanza.
Quindi, io credo che assisteremo a una terribile impennata della richiesta
di materie prime al fine di soddisfare le richieste delle emergenti economie
asiatiche, nel momento in cui queste potranno esercitare quel potere di acquisto che gli compete.
Le materie prime, le risorse naturali, i materiali grezzi - nomi alternativi
per indicare lo stesso settore - sono quindi per me una grandissima opportunità, e una delle cose più belle è che qui riusciremo a prendere due piccioni
con una fava. Non solo essendo investiti in questo settore trarremo beneficio
dal rialzo dei prezzi, ma ci avvantaggeremo anche degli elevati dividendi che
le compagnie in questo settore distribuiscono solitamente.
Di solito, negli investimenti esteri vi è un trade-off tra apprezzamento dell’investimento e dividendi. Qui invece possiamo avere entrambe le cose. Molte società canadesi operanti nel settore del petrolio e del gas pagano dividendi tra il 12 e il 15 %. I produttori di carbone pagano dividendi che in media sono di circa l’11%, mentre le compagnie che estraggono nickel, zinco e piombo
pagano tra il 7 e il 10%.
Passo 4: Come selezionare le azioni
Avendo deciso in quali settori investire, possiamo ora cominciare a pensare a
come scegliere le singole società da inserire nel nostro portafoglio. I nostri criteri di base, ovvero solidità e dividendi, ci aiuteranno a restringere notevol159
A PROVA DI CRASH
mente il campo di scelta, dopodiché si tratta di applicare tool di valutazione
e condurre un po’ di ricerche sui fondamentali. Questa parte del lavoro richiede un approccio di tipo bottom-up. Società solide, ben gestite e aggressive possono dare ottime soddisfazioni anche quando i settori in cui esse operano stanno attraversando periodi bui.
Inoltre, vi sono sempre casi particolari, ovvero non un settore in senso stretto, ma opportunità in cui capita di imbattersi. Mi sto riferendo ad azioni che
sono sulla scena da un po’, hanno un ottimo management, eppure non godono dei favori degli investitori o sono ingiustamente ignorate. E’ interessante
notare come il numero di tali società, di fatto molto ben gestire e con solidi
fondamentali, ma non considerate dagli operatori, sia andato aumentando negli ultimi tempi a causa del fatto che i gestori dei fondi di investimento sono
tra loro in competizione sulla base della loro performance trimestrale, senza
alcun interesse per il lungo periodo. Dovete soltanto riuscire a scovarle, esse
possono essere ovunque, in qualsivoglia settore.
Ciò che invece non compreremo assolutamente sono società che hanno
esposizioni importanti verso il mercato USA. Queste società saranno interessanti opportunità di acquisto dopo che il dollaro sarà crollato e le loro quotazioni saranno diminuite a causa di un crollo delle loro esportazioni verso gli
USA. Pur tuttavia, tenete anche a mente che i paesi con la maggior esposizione verso gli USA sono quelli che probabilmente vedranno i maggiori apprezzamenti in termini di valuta.
Quindi, il trucco qui è investire in tali paesi rivolgendosi a società che generano i loro profitti localmente (un centro commerciale giapponese, ad esempio), e non mediante esportazioni verso gli Stati Uniti. In questo modo noi guadagneremo grazie al cambio della valuta, ed eviteremo le perdite, magari prendendoci anche qualche profitto grazie all’aumento del prezzo delle azioni. Potremo poi utilizzare i soldi ottenuti dalla vendita di queste azioni per acquistare, quando i tempi saranno maturi, quelle delle società che esportano verso gli USA, ovvero quando le quotazioni di queste saranno diventate estremamente basse. Naturalmente, le aziende che esportano, una volta che avranno superato il loro momento di crisi, avranno un elevato potenziale di crescita grazie all’affacciarsi dei consumatori asiatici che verranno a rimpiazzare
quelli americani.
COME SCOVARE SOCIETÀ CON VALORE E VITALITÀ ECONOMICA
Analizzare le società è qualcosa che non prenderà mai il posto della pesca come attività hobbistica, quindi, se già ne conoscete i concetti fondamentali, potete tranquillamente saltare questo paragrafo.
160
CAPITOLO 8 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 1
Una volta che abbiamo identificato delle opportunità di investimento all’estero, che è esattamente l’attività in cui sono specializzati alcune società di
brokeraggio come la Euro Pacific Capital, abbiamo il problema di decidere
quali sono le società che rappresentano l’affare migliore, hanno il miglior bilancio, ed hanno le più alte probabilità di veder aumentare i loro profitti e i dividendi nel corso degli anni.
La mia società fa uso naturalmente di analisti di professione, ma è anche
importante che gli investitori siano capaci di comprendere le nozioni di base
sull’analisi e sugli strumenti di valutazione, in modo tale che siano capaci di
comprendere i report degli analisti, i comunicati aziendali e le notizie finanziarie che ci vengono dai media.
L’analisi fondamentale riguarda essenzialmente la statistica finanziaria.
Partendo dall’analisi del bilancio e dei rapporti sui profitti fatti dall’azienda,
si cerca di capire la sua solidità finanziaria e di fare una previsione sull’andamento dei guadagni futuri. L’analisi fondamentale prende in esame gli asset,
i guadagni, le vendite, le spese, il tipo di prodotti, la qualità del management,
i mercati, e le quote di mercato, al fine di predire la profittabilità futura dell’azienda e stabilire quindi se una data azione è sottovalutata o sopravvalutata rispetto alle altre società che operano nello stesso settore.
Utilizzando una varietà di strumenti e di tecniche, e leggendo attentamente
i report aziendali e le dichiarazioni del management, un analista fondamentale cerca di trovare una risposta a domande quali:
• Il management di quest’azienda è capace di affrontare le sfide che lo attendono? Ci sono problemi di successione? Vi sono dietro l’angolo cambi nelle posizioni di vertice del management?
• Il bilancio di questa azienda è abbastanza solido da permettere di onorare le obbligazioni in scadenza, o è soltanto infarcito di debiti?
• Le vendite e i ricavi sono in aumento? La compagnia sta guadagnando
quote di un mercato vitale?
• Le spese sono sotto controllo?
• Sono in previsione grandi investimenti? E se si, come saranno finanziati? (Un’emissione di ulteriori azioni potrebbe causare una diluizione, e
quindi una riduzione dei profitti per azione).
• Vi sono stati eventi particolari che hanno avuto influenza sui profitti dell’anno passato?
• Il prezzo delle azioni è più alto o più basso di quanto dovrebbe essere relativamente ai profitti per azione?
• Qual è il livello di multinazionalità della società? Qual è l’esposizione
verso le valute straniere e a rischi di natura geopolitica?
161
A PROVA DI CRASH
I report annuali delle società rappresentano una buona fonte di informazione e sono oramai usualmente disponibili insieme ad altre informazioni utili agli azionisti.
Ora, voi dovreste anche avere familiarità con i seguenti rapporti finanziari (nel seguito si trascrivono i termini inglesi di tali rapporti, in quanto sono
quelli usualmente utilizzati anche nei report finanziari in lingua italiana, NdT):
Rapporti che Misurano la Liquidità di un’Azienda
Current ratio: Questo parametro è il rapporto tra il valore delle attività correnti e le passività correnti. Esso misura la capacità di un’azienda a pagare i suoi
creditori di breve termine mediante gli asset che ci si aspetta di convertire in
denaro contante nell’arco di un anno o meno. In genere, un valore pari a due
è conservativo, anche se molto dipende dal tipo di società e dalla composizione delle sue attività. Quanto più liquidi sono i suoi asset, tanto meglio è.
Quick ratio: Questo parametro è un raffinamento del current ratio, in quanto
esclude i beni inventariabili, ovvero gli asset che più difficilmente si possono
vendere e convertire in denaro. Il quick ratio è detto talvolta acid-test ratio, ed è
il rapporto tra le attività correnti che sono facilmente convertibili in denaro e le
passività correnti. Idealmente, questo rapporto dovrebbe essere pari all’unità.
Rapporti che Misurano la Redditività
Operating profit margin: Si tratta del profitto operativo netto diviso il valore netto delle vendite. Esso rappresenta un modo di misurare l’efficienza operative
di un’azienda perché riflette le politiche di acquisto e di prezzo e il controllo
dei costi e delle spese in diretta associazione con la gestione dell’azienda e con
la creazione delle vendite. Tale rapporto esclude altre forme di reddito e di
spese, interessi, tasse e svalutazioni. Questo rapporto ha senso quando se ne
considera la sua evoluzione temporale lo si confronta con i valori tipici del settore in cui opera l’azienda considerata.
Net profit margin: Questo rapporto si ottiene dividendo il reddito netto per
le vendite nette, ed è un parametro che serve per avere una misura dell’efficienza globale del management. In altri termini, tale parametro sopravanza
l’efficienza operativa e misura l’abilità del management a prendere soldi in
prestito a tassi vantaggiosi, a investire il denaro non utilizzato, e a trarre vantaggio dalla normativa fiscale. Le aziende che lavorano su grandi volumi sono caratterizzate da bassi valori di questo parametro.
Return on equity: è il rapporto tra il reddito netto dell’azienda e la sua capitalizzazione. Più alto è tale valore, meglio è, almeno fin quando non attira
nuovi concorrenti nel settore.
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CAPITOLO 8 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 1
Rapporti che Misurano l’Indebitamento
Debt to total assets: Qui la totalità delle passività è divisa per la totalità degli asset per misurare la proporzione degli asset finanziati col debito. I proprietari
di una società di solito preferiscono un valore elevato perché questo significa
che essi stanno compiendo i loro affari con soldi prestati da terzi. Le banche e
i creditori in genere invece preferiscono un valore basso, perché si sentono in
tal modo garantiti in caso di fallimento dell’azienda.
Long-term debt to total capitalization: Questo rapporto considera i debiti totali a lungo termine (obbligazioni e prestiti a scadenza da parte di creditori diversi) e li divide per la somma dei debiti a lungo termine più il capitale netto
degli azionisti. Esso misura la porzione di ricchezza finanziaria dell’azienda
che è debito. Quando il rapporto è basso, potrebbe essere vantaggioso per i
possessori delle quote azionarie emettere delle obbligazioni piuttosto che nuove azioni o in alternativa aumentare l’indebitamento.
Debt to equity (debt ratio): Questo è uno dei rapporti base, ed è ottenuto dividendo la totalità dei debiti per la totalità degli asset netti (sharohelders’
equity); esso misura la quantità di ricchezza che viene dai creditori, sia di breve che di lungo periodo, rispetto al capitale netto della società. Un valore elevato porta a delle difficoltà nell’ottenere nuovi prestiti, mentre un valore basso rende fiduciosi i creditori sul fatto che essi, anche in caso di fallimento dell’azienda, saranno sicuramente liquidati.
Fixed-charge coverage: Dividendo i guadagni prima di scorporarvi le tasse e
gli interessi sul debito per la somma degli interessi sul debito e dei canoni per i
beni in leasing si ottiene un rapporto che ci dice quanto maggiori sono i profitti rispetto alle spese fisse. Detto in modo diverso, questo rapporto ci dice di quanto i profitti di un’azienda si possono contrarre prima che la compagnia diventi
incapace di pagare gli interessi sul suo debito e gli oneri dei contratti di leasing.
L’incapacità di pagare gli interessi sul proprio debito provoca un default nella
maggior parte dei contratti di debito. Talvolta questo rapporto è calcolato considerando soltanto gli interessi sul debito e tralasciando i canoni di leasing.
Rapporti che Misurano il Valore delle Azioni
Price to earnings: Questo è il famoso P/E, il rapporto tra il prezzo di mercato
di un’azione e i guadagni per azione, calcolato usando i guadagni degli ultimi 12 mesi (trailing P/E), o, meno frequentemente, usando la stima dei guadagni nei prossimi 12 mesi (forward P/E). Tale rapporto riflette il valore che
il mercato assegna ai guadagni di una società e sulle sue prospettive di guadagnare in futuro. Questo rapporto ha maggior significato quando lo si confronta con quello di altre aziende dello stesso tipo e delle stesse dimensioni.
163
A PROVA DI CRASH
Price to book value: rapporto tra prezzo dell’azione e valore netto dei suoi
asset, escludendo i beni immateriali. Tale rapporto ci indica se un’azienda è
sopravvalutata o sottovalutata dal mercato in relazione al valore netto dei suoi
asset. Poiché le regole di base della contabilità richiedono che le scorte di magazzino siano computate al costo di mercato più basso possibile, mentre gli
asset fissi, quali ad esempio le installazioni industriali e i macchinari siano
computati con il loro valore deprezzato, all’incirca pari al loro valore di mercato, questo rapporto ci da semplicemente una stima approssimata di ciò che
varrebbero le azioni in caso di liquidazione dell’azienda. Ciò detto, tuttavia,
non vi è nessun altro rapporto che pone in relazione il valore delle azioni al
valore degli asset, e un valore basso di tale rapporto (in confronto a quello di
aziende simili) può ben essere un indicatore di merito e far sì quindi che sia
necessaria un’analisi più approfondita.
Price to sales: Questo è il rapporto tra il prezzo dell’azione diviso le vendite e i profitti per azione. Alcuni analisti lo preferiscono al P/E perché mentre
gli utili sono soggetti alle regole di contabilità e sono influenzati da moltissime variabili, le vendite e i profitti tendono ad essere meno volatili e quindi sono un indicatore più affidabile di quanto una società stia competendo con successo sul mercato.
Dividend payout: Facendo il rapporto tra dividendo per azione e utili per
azione riusciamo ad ottenere la frazione di utili che una società distribuisce
agli azionisti sotto forma di dividendi. In generale, possiamo dire che più un’azienda si trova nella sua fase di maturità, maggiore è il suo dividend payout,
in quanto le aziende in rapido sviluppo tendono a reinvestire gli utili per finanziarsi la loro crescita. Le utility e le società immobiliari di solito presentano un valore elevato di tale rapporto.
Dividend yield: Questo è il rapporto tra il dividendo annuale della società
per azione espresso come percentuale del prezzo di mercato dell’azione. Esso
si calcola prendendo il più recente dividendo trimestrale dichiarato dall’azienda, annualizzandolo, ovvero moltiplicandolo per quattro, e poi dividendolo per il prezzo di mercato dell’azione. Il dividend yield, come già ampiamente discusso, è il premio in denaro liquido contante riservato a chi possiede una data azione, ed è la caratteristica fondamentale di tutte le azioni che
possiedo.
QUELLO CHE SPERO DI AVERVI INSEGNATO IN QUESTO CAPITOLO
Spero di essere riuscito a convincervi che con relativa semplicità e convenienza potete realizzare un portafoglio diversificato di titoli esteri fortemente difensivi che vi diano un dividend yield intorno mediamente all’8%. Sebbene
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CAPITOLO 8 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 1
ogni investimento azionario debba essere monitorato almeno periodicamente ed eventualmente confermato, stiamo qui parlando di azioni di un calibro
tale che probabilmente non avranno mai bisogno di essere vendute e vi daranno una sorgente crescente di reddito per tutta la vita. Quel reddito, specialmente se associato all’apprezzamento di valore delle azioni stesse, vi permetterà di compensare largamente il declino del potere di acquisto del dollaro USA ed il relativo aumento del costo della vita.
Le azioni straniere inoltre forniscono anche una protezione contro l’inflazione all’estero la quale, seppur in maniera inferiore a quella che avremo qui
da noi, sarà una forza persistente che ruberà giorno dopo giorno il potere di
acquisto degli investitori e dei risparmiatori.
Ho cercato di sottolineare l’importanza di aprire un conto con un broker
specializzato in investimenti esteri, come ad esempio la Euro Pacific Capital,
che possa aiutarvi a strutturare un portafoglio coerente con i vostri obiettivi,
la vostra tolleranza al rischio e situazione finanziaria.
Ricordatevi, ad ogni modo, che gli avvertimenti e le informazioni contenute in questo libro saranno andate perse se non passate all’azione mettendo
in pratica i miei consigli.
L’economia statunitense ha fatto troppo a lungo affidamento sulla sua fortuna, e, a meno che non vinca una qualche lotteria interstellare, che non esiste, non vi è alcuna strada percorribile che le permetta di ripagare il suo debito e correggere il suo deficit commerciale senza un crollo del suo tenore di vita e un successivo periodo di duri sacrifici e di ricostruzione. Vi ho mostrato
come proteggere la vostra ricchezza, come trarre profitto dalla fase di ricostruzione, e, se per caso la nostra economia dovesse vincere quella certa mitica lotteria interstellare ed evitare il disastro, come trovarsi in ogni caso in una
situazione migliore di quella nel caso in cui avreste continuato a mantenere
un portafoglio di azioni quotate in dollari.
Quindi, non aspettate! Neanche un giorno di più.
165
CAPITOLO 9
Come Sopravvivere e Fare Fortuna,
Fase 2: La Corsa dell’Oro - Come Vincerla
L
e espressioni alla moda e le frasi fatte vanno e vengono nel giro di poco
tempo, ma una che ho apprezzato in modo speciale era Goldilocks economy16, un termine coniato a metà degli anni ’90 per indicare un’economia
nè troppo calda né troppo fredda, ma vitale al punto giusto, come risultato
della perizia della Federal Reserve di manovrarla con le sue politiche monetarie.
Proprio come la minestra mangiata dalla bimba ironicamente chiamata Goldilocks, l’economia in quei tempi veniva percepita né troppo calda né troppo
fredda, ma vitale al punto giusto.
La minestra apparteneva a una famiglia di orsi, i cui ringhi di disappunto
quando scoprono quello che aveva fatto Goldilocks la spaventano e la fanno
scappare nella foresta. Se ad Alan Greenspan fosse stato riservato un trattamento analogo, io non sarei qui a scrivere questo libro.
Vi ho spiegato nel Capitolo 3 perché le banconote garantite da riserve in
oro e argento, una volta sostituite con monete a corso forzoso non riscattabili, fecero sì che venisse meno ogni impedimento per le banche centrali di creare inflazione e destabilizzare le valute. Come ho argomentato per l’intero libro, l’esempio maggiore di questo tipo di comportamento è stato la nostra Federal Reserve, la cui mal gestita politica monetaria dopo l’abbandono del regime aureo nel 1971 ha portato il dollaro sull’orlo del collasso.
In questo capitolo saranno discussi vari modi in cui poter trarre profitto
dall’attuale trend rialzista dell’oro e anche dell’argento, che ha le sue proprie
peculiarità, e sarà mostrato come questi metalli possono aggiungere sicurez-
NdT: Il nome deriva dalla favola The Three Bears o anche Goldilocks and The Three Bears, di Ro
bert Southey. In sintesi, Goldilocks, una ragazza dai capelli biondi, si introduce nella casa, in quel
momento vuota, dei tre orsi e mangia la minestra di uno di questi, il più piccolo, in quanto la mi
nestra del padre era troppo calda, quella della madre era troppo fredda, mentre quella del picco
lo era al punto giusto.
16
167
A PROVA DI CRASH
za e un impressionante potenziale di crescita al vostro portafoglio azionario
in valuta estera di cui abbiamo parlato nel precedente capitolo.
Prima di tutto, tuttavia, voglio spiegarvi perché penso che l’oro, che è gia
passato dai 255 dollari l’oncia di gennaio 2000 al recente massimo di 700 dollari per oncia, sia agli albori di un fortissimo trend rialzista ed è sul punto di
librarsi in volo in modo spettacolare. Le ragioni sono ben altre rispetto alla sua
tradizionale funzione di bene rifugio nei momenti in cui il dollaro e le quotazioni azionarie perdono valore. Vi sono buone possibilità che l’oro sarà reintrodotto
nuovamente come moneta ufficiale dai governi, o, grazie all’ausilio delle moderne tecnologie, da un qualche settore privato fortemente intenzionato ad avere a disposizione denaro dal valore certo indipendentemente dall’orientamento delle istituzioni governative.
PERCHÉ L’ORO È SOSTANZIALMENTE SOTTOVALUTATO AI VALORI ATTUALI
Nonostante i forti progressi fatti di recente in seguito alla caduta del dollaro,
l’oro resta a mio avviso fortemente sottovalutato. Ecco perché la penso in questo modo.
L’oro attualmente non sta svolgendo la funzione di moneta. Voglio con
questo sottolineare che fin quando la moneta è stata basata sull’oro, il che è
avvenuto con continuità da circa il 2500 a.C. fino a circa 35 anni fa, le quotazioni dell’oro hanno sempre goduto di un bonus monetario.
Tale bonus monetario, ovvero un sovrapprezzo legato al fatto che l’oro svolge una funzione monetaria oltre ad essere una materia prima in se, torna ogni
volta in cui si concretizzeranno le aspettative che l’oro stia per essere riutilizzato come moneta. Ad esempio, alla fine del 1979, momento in cui vi era un’inflazione galoppante e pubblicamente riconosciuta e l’oro si aggirava intorno
ai suoi massimi di sempre pari a 877 dollari l’oncia, questo aveva un rapporto tale nei confronti delle quotazioni del rame tale che, se questo rapporto fosse stato preservato anche ad aprile 2006, avrebbe portato ad un prezzo di oltre 1500 dollari l’oncia invece che i 625 dollari della quotazione reale.
Mentre sto scrivendo ad Agosto 2006, la quotazione dell’oro non ha in se
alcun bonus monetario, e questo rappresenta una chiara evidenza di quanto
il governo sia riuscito a nascondere l’inflazione reale e di quanto la gente ponga fiducia nel denaro cartaceo.
Ciò che accadde fu che dopo che il presidente della Fed Paul Volcker dichiarò guerra all’inflazione negli anni ’80, il mondo cominciò a dimenticarsi
del perché l’oro era stato originariamente utilizzato come moneta e cominciò
a diventare del tutto compiacente e fiducioso nell’operato delle banche centrali. Potrebbe quasi dirsi che la scoperta dell’abilità e del potere delle banche
168
CAPITOLO 9 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 2
centrali le rese, in quell’era, percepibili dal pubblico come “buone come l’oro.” Alan Greenspan, che prese il posto di Volcker nel 1987, divenne un personaggio quasi simile a una divinità, l’impersonificazione di quella fiducia
mal riposta. Dopo che questi lasciò il suo incarico di governatore della Fed,
addirittura una personalità del calibro della Regina Elisabetta II gli conferì il
ruolo onorario di consigliere del Tesoro del Regno Unito. Non male per un ragazzo che aveva cominciato suonando il sax e il clarinetto.
Negli anni tra il 1980 e il 2000 gli investitori divennero sempre meno interessati all’oro, che infatti non generava alcun reddito, e si rivolsero ad asset cartacei come azioni e obbligazioni che pagavano dividendi e interessi. Man mano che le quotazioni dell’oro indietreggiavano e offrivano rendimenti negativi, le quotazioni di tali asset cartacei aumentavano, e, all’aumentare di tale differenza, l’oro divenne definitivamente una seconda scelta rispetto a questi. Le
banche centrali, che avevano sempre conservato quantitativi di oro come parte delle loro riserve, videro i prezzi in discesa e cominciarono a venderlo e a
immetterlo sul mercato in varie forme, diminuendo quindi le loro riserve e facendo sì che la demonetizzazione dell’oro fosse virtualmente completata.
All’inizio degli anni ’90, l’oro e gli asset finanziari continuavano a muoversi in direzioni opposte, con l’oro che finalmente raggiunse il suo punto di
minimo e le azioni arrampicate su vette assolutamente irrealistiche.
Ma vi erano in atto anche altre dinamiche nel corso del trend ribassista delle quotazioni dell’oro. Vi erano investimenti molto scarni nel settore dell’esplorazione e in altri collegati. Inoltre, visti i prezzi in discesa, gli stessi produttori di oro si proteggevano dal rischio di ulteriori ribassi, contribuendo
quindi a deprimerne ulteriormente il prezzo e a rendere la sua estrazione non
conveniente dal punto di vista economico. Le società attive nel campo dell’estrazione avevano difficoltà a prendere denaro in prestito per operare. Prima
di concedere un prestito, le banche pretendevano che chi riceveva il prestito
si assicurasse contro il rischio di un ulteriore deprezzamento dell’oro. I mercati azionari non erano disponibili a concedere finanziamenti perchè sembrava che nessuno avesse soldi da investire nell’oro.
PERCHÉ LA RICHIESTA DI ORO STA PER IMPENNARSI
Il lungo trend ribassista dell’oro ebbe fine nel 2000, in concomitanza con la fine del grande trend rialzista del mercato azionario. Come già detto in precedenza, l’oro toccò il suo minimo a 255 dollari l’oncia, e raggiunse poi la quotazione di 725 dollari l’oncia nel Maggio 2006, e poi è andato incontro a una
correzione tecnica che lo ha fatto aggirare intorno ai 600 dollari sin da giugno
(a settembre 2008 la quotazione è intorno agli 880 dollari l’oncia, NdT). Ecco
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A PROVA DI CRASH
qui di seguito spiegati i motivi per cui credo che un grande trend rialzista stia
per partire:
La nostra sperimentazione delle monete a corso forzoso e il clima di compiacenza che la ha accompagnata ormai ha terminato la sua corsa. L’oro ora si
sta apprezzando nei confronti di tutte le valute, e i risparmiatori si stanno rendendo conto che le banche centrali, ovvero non soltanto la Federal Reserve,
ma anche la Bank of England, la Banca Centrale Europea e la Bank of Japan,
hanno in questi anni creato l’inflazione e destabilizzato le valute. Man mano
che la svalutazione delle valute andrà avanti, sempre più persone riscopriranno l’oro come una moneta sana, come un bene rifugio, come un deposito
di ricchezza, e anche come mezzo di scambio. Non appena tutto questo comincerà a concretizzarsi, subito noterete che il bonus monetario ritornerà ad
essere incluso nella quotazione dell’oro.
Certamente, vi sono anche quelli che sostengono che l’oro è una “reliquia
dell’antichità,” che il regime aureo non può funzionare ai nostri giorni, e che
non c’è a disposizione abbastanza oro da rendere praticabile un sistema monetario basato su di esso. Ma queste sono tutte sciocchezze. La scarsità dell’oro è proprio quello che gli conferisce valore, e i prezzi si aggiusteranno proprio in accordo con la quantità di denaro. Gli stessi governi opporranno naturalmente una grande resistenza a ritornare al regime aureo, in quanto questo li costringe a un rigore finanziario che essi non vogliono. Li costringe a scegliere: procurarsi più oro, ridurre le spese, o aumentare le tasse.
Io credo invece che il mondo non è mai stato in una posizione tanto ottimale per poter usare l’oro come mezzo di scambio.
Nei tempi andati, se voi volevate usare l’oro eravate costretti a portarvelo
dietro o a conservarlo presso di un orafo e ottenere delle ricevute; per transazioni di basso valore commerciale si era poi costretti ad usare metalli di valore inferiore, rame come accade per le monetine, nickel come accade per i nickel (moneta americana da 5 centesimi, NdT), e argento come accade per le dime (moneta da dieci centesimi, NdT), i quarti di dollaro, il mezzo dollaro e,
opzionalmente, i dollari. Voi non potevate dividere ulteriormente l’oro al di
sotto di una certa soglia.
Ma oggigiorno, con Internet e le carte di debito, non è mai stato così facile
per il mondo intero usare i metalli preziosi per fare transazioni commerciali. Se
infatti l’oro è potuto essere una moneta negli anni antichi, quando non avevamo la tecnologia per rendere il suo uso conveniente, immaginate come potrebbe
andar bene oggi. Questo è davvero il migliore dei mondi per il regime aureo.
Se i governi non vogliono ripristinare il regime aureo, lo faranno per loro conto i singoli cittadini. Mi aspetto che quel che accadrà in ultima analisi
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CAPITOLO 9 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 2
è che alcune istituzioni finanziarie, come ad esempio una banca europea, o altre compagnie, come ad esempio Brink’s (azienda attiva nel settore dei trasporti blindati di denaro, gestione di sportelli bancomat e in generale nel supporto alle attività bancarie, NdT), si accrediteranno come custodi fidati di riserve auree e, insieme a società quali Visa e Mastercard, offriranno la possibilità di creare depositi di metalli preziosi.
Già oggi accade che cittadini americani vanno in giro per l’Europa, e questi possono entrare in un ristorante e godersi un pranzo da 200 euro, e, al momento del conto, pagare con una carta di credito anche se essi non hanno neanche un euro sul proprio conto bancario, che invece è ovviamente in dollari.
Questo è possibile in quanto la società emettitrice della carta di credito converte istantaneamente i 200 euro del conto in dollari e addebita tale cifra sul
conto in dollari.
Quindi, si tratta di compiere solo un piccolo passo in avanti col pensiero e
immaginare un tizio con un deposito di 200 once di oro sul suo conto entrare
in un ristorante, consumare un pasto e, al momento del pagamento, il conto,
in qualsiasi valuta esso sia, viene convertito in grammi di oro secondo il tasso di cambio attuale, e tali grammi vengono sottratti dal saldo del conto in oro.
Trattandosi di una transazione elettronica, non vi sarebbe il problema di rompere materialmente un lingotto d’oro per asportarne alcuni grammi, in quanto la società che gestisce il vostro conto dovrebbe semplicemente prendere nota delle vostre spese, addebitarle sul vostro conto, e tenere presente la quantità di oro restante.
Nel momento in cui i governi si renderanno conto che i cittadini potranno
avere la possibilità di condurre i loro affari utilizzando l’oro invece che la valuta locale soggetta a inflazione e svalutazione, allora essi stessi saranno spinti a comportarsi in modo più virtuoso.
Quindi io penso che le singole persone cominceranno a migrare verso l’uso dell’oro, e i paesi non potranno far altro che seguirli. Quindi, il ruolo dell’oro come moneta sarà restaurato, per via ufficiale o non ufficiale. Come risultato avremo una vera
esplosione della richiesta di oro, e, con le scorte ai livelli minimi odierni, i prezzi dell’oro si impenneranno alle stelle.
Altri paesi che hanno una valuta in difficoltà potranno convertirsi all’oro piuttosto che a una valuta a corso forzoso che sia più forte. Quando paesi quali Argentina, Venezuela e Russia vedranno il potente dollaro prendere
la strada già percorsa dal peso messicano, allora essi cercheranno di evitare le
monete a corso forzoso e tenderanno ad utilizzare l’oro.
I problemi del dollaro destabilizzeranno tutte le valute a corso forzoso soggette a una cattiva gestione monetaria, e faranno riflettere sul fatto che se il
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A PROVA DI CRASH
dollaro è stato svalutato, allora la stessa sorte potrebbe toccare in futuro all’euro o allo yen. Paesi come quelli appena menzionati che in momenti di grande crisi monetaria hanno tradizionalmente agganciato al dollaro la loro valuta non hanno realizzato che essi stavano semplicemente scambiando una valuta senza valore per un’altra ugualmente senza valore. Così come Buster Douglas ha fatto vedere al mondo che Mike Tyson poteva essere battuto, il crollo
del dollaro renderà evidente la vulnerabilità di tutte le monete a corso forzoso e quindi provocherà una grande domanda di oro.
Le banche centrali stanno cominciando ad acquistare oro e non più a venderlo. Dopo anni di vendite, il mio sospetto è che ben presto le varie banche
centrali entreranno tra loro in competizione per accaparrarsi il metallo giallo
e ripristinare le loro riserve.
Quando arriverà finalmente il crollo del dollaro, anche le altre valute a corso forzoso saranno poste in discussione. Per ripristinare la fiducia, i governi
avranno bisogno di adeguate riserve auree per sostenere le loro valute. Dopo
tutto, se il dollaro è crollato, a che servono le riserve in dollari? Una valuta garantita da riserve in dollari è come una valuta garantita dal niente.
L’oro sarà quindi necessario per ripristinare la credibilità a preservare la fiducia della gente nelle valute nazionali. Questa domanda addizionale di oro
non farà altro che riscaldarne ulteriormente il prezzo.
Le società minerarie smetteranno di proteggersi contro il rischio di calo
delle quotazioni. Ora che l’oro è in ascesa e i tassi di interesse reali sono molto bassi o addirittura negativi, non vi è più alcun incentivo per le società minerarie a proteggersi contro i rischi di discesa delle quotazioni, anzi tali società hanno buoni motivi per disdire quei contratti di protezione che sono già
in essere. L’assenza di tali protezioni e gli acquisti che sono necessari a chiudere le posizioni aperte daranno un’ulteriore spinta alle quotazioni dell’oro.
In aggiunta, man mano che l’oro percorre il suo trend al rialzo, le società minerarie riusciranno ad attrarre maggiori capitali senza più doversi proteggere da rischi di calo delle quotazioni. E di solito le quotazioni azionarie di società che non si proteggono sono sempre state trattate a premio rispetto a quelle delle società che si proteggevano, e questo sarà un ulteriore incentivo a non
proteggersi.
La chiusura delle posizioni short porterà all’aumento dell’oro. Forse una
delle spinte maggiori all’aumento dei prezzi dell’oro sarà la chiusura di molte posizioni aperte al ribasso.
Di fatto, prendere a prestito l’oro, che non richiede interessi, e venderlo per
procurarsi denaro per investirlo in strumenti che producono una rendita è stato per anni una delle principali pratiche di carry trade (il carry trade è una pra172
CAPITOLO 9 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 2
tica secondo la quale si prende a prestito denaro in una nazione in cui i tassi
di interesse sono bassi e lo si investe in un’altra nazione con tassi di interesse
più elevati, NdT). Tuttavia, con i prezzi dell’oro in salita, questa pratica non
sarà più conveniente. Ad aggravare il problema sarà il fatto che molti degli investimenti fatti vendendo oro allo scoperto potranno perdere valore o addirittura andare in default. La corsa affannosa a chiudere le posizioni short porterà semplicemente ad ulteriori aumenti del prezzo dell’oro, il che a sua volta richiederà la chiusura di un numero ancora maggiore di posizioni short.
E’ anche molto probabile che alcune di queste posizioni short andranno in
bancarotta e non saranno in grado di restituire al proprietario originario tutto l’oro preso a prestito. Tutto questo significa che molti investitori, e tra questi vi sono anche le banche centrali, che hanno prestato una parte considerevole delle lore riserve, non riusciranno a rientrarne totalmente in possesso. Di
conseguenza, questi dovranno rientrare sul mercato per ricomprarsi le once
di dollari che credevano di avere già. Ovviamente, con tutti questi acquisti in
giro, vi saranno prezzi alti da pagare.
Wall Street riscoprirà l’oro. Tradizionalmente, Wall Street ha sempre considerato l’oro e le azioni di società minerarie come asset da inserire nei portafogli degli investitori e nei loro modelli teorici di allocazione delle risorse finanziarie. In più, diversi fondi azionari hanno sempre posseduto oro, e le società minerarie erano anche rappresentate in indici azionari quali ad esempio
lo Standard & Poor’s 500.
Tuttavia, durante gli anni ’90 queste pratiche sono andate fuori moda. L’oro e le società minerarie hanno avuto delle performance talmente basse e per
un tempo talmente lungo che era diventato quasi imbarazzante possederle.
Oggi, la Newmont Mining è l’unica azione legata all’oro presente nell’indice
S&P500. La capitalizzazione di mercato complessiva di tutte le azioni dell’oro quotate in borsa è inferiore alla capitalizzazione della più piccola delle trenta società incluse nell’indice Dow Jones Industrial Average.
Inoltre, con l’avvento degli strumenti derivati, l’oro ha perso la sua attrattività come strumento per proteggersi durante i trend al ribasso del mercato
o le tempeste finanziarie in genere. Le pessime prestazioni dell’oro e delle azioni minerarie dopo il crollo dei mercati azionari del 1987 aiutò poi a legittimare la visione che l’oro non serviva più come bene rifugio.
Sono fermamente convinto comunque che questo modo di vedere le cose
è destinato a cambiare nel momento in cui l’oro, la “reliquia dell’antichità” e
il più classico dei beni rifugio della old economy, tornerà sulla scena. Non appena i possessori di contratti derivati si renderanno conto che il loro valore
protettivo vale solo fintantoché la loro controparte riesce a onorare il contrat173
A PROVA DI CRASH
to, l’oro ritornerà al suo ruolo primario. L’oro non rappresenta l’obbligazione
a pagare da parte di qualcun altro; esso ha un valore intrinseco e in quanto tale garantisce il grado più elevato di protezione.
Inoltre, c’è da dire che quando il mercato azionario crollò nel 1987 e l’oro
era nel pieno del suo trend ribassista, i fondamentali erano totalmente diversi da come lo sono ora. A quei tempi, molti investitori e mutual fund avevano
nel loro portafoglio azioni legate all’oro, ed essi tentarono di trarre liquidità
vendendo quelle azioni subito dopo il crollo. In conseguenza di tutte quelle
vendite, il prezzo delle azioni legate all’oro precipitarono anch’esse. Prevedendo il ripetersi di un tale fenomeno, molti potenziali compratori di oro sono in attesa di un tale crollo per iniziare a comprare. Quando il mercato azionario crollerà questa volta, il prezzo dell’oro sarà tenuto su da questi compratori pazienti che cercheranno di comprare, e non vi saranno persone che
possiedono oro che cercano di vendere.
L’oro è speciale per altre ragioni. La quantità disponibile di oro può aumentare solo in relazione all’aumento della capacità di estrazione. E storicamente tale quantità è sempre aumentata al ritmo di circa il 2% all’anno. Si tratterà sempre di una materia scarsamente disponibile. La cosa buona circa l’oro è che tutto l’oro che è stato sin qui estratto è ancora tra noi. Non si ossida e
non si corrode. Quando le navi affondate nei tempi andati vengono riportate
a galla, l’oro è lì come se fosse nuovo.
L’oro rappresenta uno sforzo reale. Un’oncia d’oro in monete ha in se tutto il lavoro che c’è voluto per scoprirlo, estrarlo, raffinarlo e coniarlo - tutto
questo lavoro è racchiuso in quella moneta. Il governo invece può stampare
una banconota da un dollaro con lo stesso sforzo che impiega a stamparne un
miliardo. Vi è invece una grossa differenza tra un lingotto da un’oncia e un
lingotto da 100 once. Un lingotto da 100 once richiede cento volte più lavoro
di quello richiesto dalla produzione di un lingotto di un’oncia. Quindi, una
volta chiarita la distinzione tra denaro di carta e denaro che ha un valore intrinseco, la scelta tra le due opzioni è immediata. Perché porre la propria fiducia nella promessa di un governo di mantenere contenuta la massa di denaro in circolazione quando invece possiamo fare affidamento su qualcosa che
è già scarsamente disponibile e che tale rimarrà nei prossimi anni?
E c’è ancora una massa tremenda di denaro che deve essere ancora stampato. Quando la gente diventerà pienamente consapevole di tutte le bombe a
orologeria di tipo demografico e di tutte quelle promesse che i politici americani e di tutto il mondo hanno fatto in modo da garantire servizi previdenziali
senza aver messo nulla da parte e semplicemente facendo affidamento sulla
produttività delle generazioni future, il bisogno di ricorrere al regime aureo
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CAPITOLO 9 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 2
per impedire che le banche centrali stampino denaro senza sosta sarà ovvio e
scontato.
Semplicemente non vi è modo in cui tali promesse potranno essere mantenute se non con una stampante. Il debito pubblico del nostro paese, così come ufficialmente dichiarato, rappresenta soltanto la punta dell’iceberg. Come
già detto, le obbligazioni non strutturate del governo USA sono pari all’incirca a 50.000 miliardi di dollari, includendo non solo la previdenza, l’assistenza
sanitaria e i benefit concessi ai veterani di guerra, ma anche tutte le garanzie
che il governo ha messo su prestiti vari. Nonostante è ben risaputo che una
parte di tali debiti non potranno mai essere ripagati e quindi sono destinati al
default, il governo non mette da parte nel bilancio alcuna cifra per far fronte
a quello che gli attuari dicono che sta per avvenire.
Quindi questa cifra rappresenta in modo approssimato la quantità di denaro che il governo stamperà nei prossimi anni, in quanto è sicuro che non potrà raccogliere tale cifra aumentando le tasse.
Naturalmente qualcosa dovrà essere fatto riguardo le obbligazioni in scadenza. Ma qualunque cosa verrà fatta, una massa enorme di obbligazioni resterà in vita e la tentazione di stampare denaro sarà lì, viva e vegeta.
Non è per nulla sorprendente il fatto che tali realtà abbiano bisogno di tempo per essere digerite. La gente resterà convinta di molte cose sciocche per un
breve periodo di tempo. Dopotutto non è passato tanto tempo da quando noi
uccidevamo le streghe a Salem17. Guardate un po’ alla bolla azionaria del Nasdaq, e ora alla bolla immobiliare. Quindi le persone hanno lungamente creduto che le monete a corso forzoso erano buone tanto quanto l’oro e che i politici avrebbero agito in modo responsabile e non avrebbero aumentato il deficit per ottenere voti. Ma fin dalla prima democrazia in Grecia essi non sono
mai stati capaci di resistere a tale tentazione.
Il fatto importante ora è che la gente si sta svegliando e rendendo conto che
la differenza tra il denaro reale e quello di carta è la stessa che c’è tra un dipinto originale e una sua ristampa che viene sfornata in milioni di copie. I tempi sono ormai maturi per l’oro.
FINO A QUANTO PUÒ ARRIVARE L’ORO?
Un metodo per cercare di capire a quanto può arrivare l’oro è analizzare cosa
è accaduto nella storia recente.
Nel 1968, quando il paese era ancora agganciato al regime aureo, il PresiAlla fine del XVII secolo più di 200 persone di Salem, Massachusetts, furono arrestate e venti di
queste furono giustiziate, in seguito ad accusa di stregoneria. Si tratta di un episodio di intolle
ranza e ingiustizia che sfocio in un’isteria assurda e spietata, NdT.
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A PROVA DI CRASH
dente Lyndon Johnson, che aveva stampato denaro per finanziare i Great Society Programs (trattasi di un programma di riforme aventi come obiettivo l’eliminazione della povertà e delle ingiustizie razziali, NdT) e la guerra in Vietnam, cercò senza successo di sostenere il dollaro mantenendo il prezzo dell’oro a un livello artificialmente basso di 35 dollari. Ma tutto questo non funzionò. Le banche centrali continuavano a vendere e a trovare compratori così
come le forze del mercato decidevano, e tutto questo portò a due svalutazioni nei primi anni della presidenza Nixon: una portò l’oro a 38 dollari, e l’altra
a 42. Il regime aureo fu abbandonato del tutto nel 1971.
Finalmente libero di flottare, l’oro nell’ultimo mercato toro è cresciuto da 42 dollari l’oncia al suo massimo di tutti i tempi di 877 dollari nel 1980, un incremento di
circa venti volte. Il trend al rialzo di questi giorni non ha ancora visto neanche il triplicarsi delle quotazioni. Se vi fosse un movimento simile questa volta potrebbe portare l’oro a 5100 dollari l’oncia.
L’ORO E L’INDICE DOW JONES INDUSTRIAL AVERAGE
Mentre i sapientoni di Wall Street lodano le virtù del mercato azionario e la
sua promessa di garantire una ricchezza sicura, essi denigrano in modo sistematico l’oro e il suo valore di investimento alternativo. Vanno in giro brontolando che l’oro è ormai fuori moda, proprio come i loro abiti indossati in quel
decennio che essi ingenuamente percepiscono come l’ultimo canto del metallo giallo.
Nel momento in cui raggiunse i suoi massimi negli anni ’20 il Dow valeva
circa venti volte il prezzo di un’oncia d’oro. Una volta raggiunto il minimo
successivo, l’indice Dow arrivò all’incirca a 36 e, con l’oro ufficialmente a 35
dollari l’oncia, il rapporto tra il Dow e il prezzo di un’oncia d’oro era sceso fino ad arrivare in prossimità dell’unità.
Intorno al 1966 questo rapporto valeva oltre venti, mentre nel 1980, con l’indice Dow a circa 850 e il dollaro a 850 dollari l’oncia il rapporto valeva di nuovo uno. Quindi negli anni passati vi sono state due momenti in cui il valore
dell’indice Dow eccedeva la quotazione dell’oro di un fattore venti e poi, successivamente, questo rapporto è ritornato a circa uno (vedere la figura 9.1).
Il record di tutti i tempi dell’indice Dow rispetto al prezzo dell’oro è stato
raggiunto nel 2002, quando fu raggiunto un valore di circa 44, un livello assurdo, più del doppio dei massimi del 1929 e del 1966. Mentre sto scrivendo,
questo rapporto vale circa 17. Se si dovesse ripetere quello che è accaduto nell’ultimo secolo, beh allora, se assumiamo che l’indice Dow resti dov’è, dovremmo avere un
prezzo dell’oro a 12.000 dollari l’oncia. Se il Dow invece scende a 5000, allora l’oro
dovrebbe arrivare a 5000 dollari l’oncia.
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CAPITOLO 9 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 2
FIGURA 9.1 - Dow Jones Industrial Average diviso per il prezzo di un’oncia d’oro, 1920 - 2006. Poiché tale rapporto
è ritornato a uno dopo i suoi massimi del 1929 e del 1966, perché il mercato orso di questi giorni dovrebbe sortire un
effetto diverso? Anche se il picco del 1966 ha superato quello del 1929 del 67%, il rapporto è tornato ancora a uno.
Poiché poi il picco del 2000 ha superato quello del 1966 di circa la stessa percentuale, perché questa volta si dovrebbe assistere a qualcosa di diverso?
Fonte: Ristampato con il permesso di David L. Tice and Associates (www.prudentbear.com).
E’ ovvio che l’indice Dow potrebbe anche arrivare a 36000, come predetto
non molto tempo fa da un best-seller, nel qual caso il rapporto pari a uno ci
porterebbe a una quotazione di 36000 dollari l’oncia. Non è importante dove
le due quotazioni si incontreranno, è importante solo che in un qualche momento futuro si incontrino.
Immaginate se io avessi detto a qualcuno negli anni ’60 “Che succede se il
Dow raggiunge un rapporto di uno-a-uno rispetto all’oro come successe nel
1932?” Penso che avrei avuto una risposta di questo genere: “Ma sei pazzo?
Questa è l’era della conquista dello spazio, dei Nifty-Fifty, dell’era elettronica. Questi sono tempi nuovi. Come puoi mai immaginare che noi possiamo
tornare a prezzi azionari analoghi a quelli della Grande Depressione?” Nel
1966 la gente avrebbe semplicemente ritenuto assurdo un simile accadimento, con l’indice Dow a 1000 e l’oro a 35 dollari. Ma dire che l’oro avrebbe potuto raggiungere la parità con il Dow era un’affermazione molto più stravagante nel 1966 che oggi. Ora l’oro è libero di oscillare. E nel 1966 vi era solo un
precedente, quello degli anni ’20. Oggi, invece, essendo questo accaduto anche nel 1966, ve ne sono due. E se è successo per due volte, può succedere anche una terza.
Non sto sostenendo che torneremo ai prezzi che vi furono durante la Depressione. Possiamo anche ritornare a quelli del 1980. Né c’è bisogno che il
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A PROVA DI CRASH
rapporto tra l’indice Dow e il prezzo dell’oro torni esattamente a uno. Anche
se arriviamo a due o a tre, comunque vi sarà un grande rialzo dell’oro e un
corrispondente ribasso del valore delle azioni in confronto all’oro.
DOVE VA L’ORO, VA ANCHE L’ARGENTO - ANCHE DI PIÙ!
Storicamente le quotazioni dell’argento si sono mosse sul mercato in maniera
simile a quelle dell’oro e, poiché oggi il suo prezzo è più vantaggioso rispetto
a quello dell’oro, questo potrebbe essere un investimento che dia ancora maggior profitto. Vi avverto, tuttavia, che un investimento in argento potrebbe porre grossi problemi nel caso in cui le mie previsioni sul futuro non si avverino.
Gli investitori in argento seguono il rapporto dei prezzi oro/argento, che
attualmente vale 50, con l’oro a 600 dollari l’oncia e l’argento a 12 dollari l’oncia. Il valore medio di tale rapporto calcolato su tutto il ventesimo secolo è stato pari a 47. Più elevato è tale rapporto, più economico è l’argento rispetto all’oro. Il valore più basso di tale rapporto si è avuto nel 1980 a 17, allorché i fratelli Hunt prosciugarono tutto l’argento dal mercato18 facendo salire il prezzo
fino a 49,45 dollari l’oncia.
Devo anche farvi notare che tutte le motivazioni che ho discusso a favore
di un rialzo dell’oro non valgono del tutto anche per l’argento.
Ad esempio, la reintroduzione dell’oro come moneta, che io credo una cosa altamente probabile, sia che sia fatta dai governi o da istituzioni private,
non vale con eguale probabilità per l’argento, anche se l’argento è stato già in
passato utilizzato nel nostro paese per coniare monete. Infatti, il motivo per
cui fu utilizzato anche l’argento era dovuto al fatto che si potevano realizzare
monete di valore inferiore, cosa che invece con l’oro avrebbe richiesto il conio
di monete di dimensioni piccolissime. Quindi le monete di argento rappresentavano quantitativi di denaro inferiori, che potevano essere tranquillamente
portati da una sola persona. Ma le moderne tecnologie favoriscono oggi l’uso
del denaro in forma elettronica e quindi non vi è più tanto bisogno di portarsi dietro il denaro contante, dopodiché spendere dieci centesimi di oro è semplicemente un problema di contabilità bancaria.
L’argento è presente in natura in quantità molto superiori all’oro, anche se
NdT: Nel 1973 la famiglia Hunt del Texas, una delle famiglie più ricche di tutti gli USA, decise
di investire in metalli preziosi per proteggersi dall’inflazione. A quei tempi era illegale possedere
oro, e quindi rivolse le proprie attenzioni all’argento. Nell’arco di alcuni anni essi accumularono
più di 200 milioni di once di argento, circa la metà delle riserve allora disponibili. In quegli anni il
prezzo passò da 1.95 dollari a oltre 50 dollari l’oncia. La famosa bolla dell’argento scoppiò poi nel
1980, ed in particolare il 27 Marzo del 1980 il prezzo dell’argento perse circa il 50% in un solo gior
no. Questo declino, combinato ad altri fattori fece sì che i fratelli Hunt dichiarassero bancarotta.
Successivamente essi furono poi anche condannati con l’accusa di manipolazione del mercato.
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CAPITOLO 9 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 2
a compensare tale relativa sovrabbondanza vi è il fatto che esso viene usato
anche in applicazioni industriali.
Tutto ciò detto, l’argento è un metallo depositario di valore intrinseco secondo solo all’oro, si è comportato negli anni passati sempre in maniera simile all’oro, ha oggi un prezzo relativamente economico in relazione all’oro, ed è probabile che possa essere un investimento molto remunerativo nel
caso in cui si apra uno scenario favorevole alle materie prime ed in particolare a quei metalli che vengono usati per scopi monetari. L’argento è ben noto per la sua volatilità, e le sue variazioni di prezzo sono dovute alle variazioni della domanda dell’industria e di coloro che lo acquistano come bene
rifugio.
IL PUNTO ESSENZIALE: COME ACQUISTARE ORO
Quindi abbiamo detto che la gente si sta lentamente ma inesorabilmente avviando a riscoprire un maggior rigore monetario, ma voi avete ancora tempo
di accaparrarvi dell’oro (o anche argento, tenendo conto degli avvertimenti
che vi ho dato) prima di tutti gli altri. Voi infatti sarete interessati ad acquistarlo quando è ancora ad un prezzo abbordabile, prima che le masse si rendano conto che l’oro, se non l’argento, sta per riassumere il suo ruolo di denaro in tutto il mondo.
Le monete a corso forzoso stanno tutte per tornare all’oro, e se ciò non accadrà, le persone lo useranno per conto loro. Il suo valore sta quindi per aumentare. Pensate un po’ ai vari popoli, ad esempio quello indiano e quello cinese, e immaginateli mentre vanno in giro con dell’oro in tasca (in senso figurato). In realtà essi avranno carte di debito in oro che rappresentano l’oro
che essi hanno depositato sui conti auriferi a loro nome.
Tutto questo accadrà, ne sono convinto. I governi cercheranno di opporre
resistenza. Potranno anche tentare di rendere le monete d’oro illegali e, in tale pessimo scenario, favorire quindi la nascita di un mercato nero. Ma questo
sta per accadere e sono convinto che porterà alle stelle i prezzi dell’oro e dell’argento. Nel seguito trovate i consigli che di solito do ai miei clienti sul modo migliore di possedere oro e argento.
COME POSSEDERE ORO E ARGENTO
Ecco i diversi modi in cui è possibile investire in oro e argento.
Possesso Fisico
Il modo più ovvio e naturale di possedere oro o argento è acquistarlo fisicamente. Monete correnti, come ad esempio il Krugerrand sudafricano, il Ma179
A PROVA DI CRASH
ple Leaf canadese, il Kangaroo australiano e molte altre possono essere acquistate in modo semplice da dei negozianti e conservati in una cassaforte.
Il mio modo preferito di comprare argento è attraverso le monete, anche se
sono in uno stato non ottimale (junk silver). Sul mercato si vendono le “junk
silver bag,” borse che contengono monete in argento il cui valore nominale assomma a mille dollari, ed in particolare vi sono dime, quarti di dollari, mezzi
dollari e dollari di argento coniati prima del 1968. Si tratta di monete che contengono argento al 90%. L’aspetto positivo è che si tratta di monete in corso
legale e quindi sono un po’ più sicure dei lingotti che non hanno alcun valore nominale e potrebbero essere confiscati. Naturalmente voi non dareste via
queste monete per il loro valore nominale, perché questo è inferiore al loro valore metallico, il che vi dimostra anche quanto la nostra valuta si sia indebolita nel corso degli anni (Non lo troverete in una “junk silver bag,” ma, per meglio sottolineare questo punto, notate che una moneta d’oro di 20dollari vale
in realtà tra gli 800 e i 900 dollari in valore metallico). Queste sono monete a
corso legale, che possono circolare, e che non hanno valore numismatico, ovvero non sono di interesse per i collezionisti.
Vi sono poi altre monete di valore numismatico e che quindi non rappresentano necessariamente un investimento in metalli. Si tratta di pezzi da collezione. Quindi, la gente che compra una MS 65 (MS sta per “mint state” ovvero “fior di conio,” mentre 65 indica o stato di conservazione) e la paga dieci volte più del suo valore metallico non pensa assolutamente che sta facendo
un investimento in metalli. Vi è certamente una certa correlazione tra il valore delle monete rare da collezione e l’andamento delle quotazioni del metallo
di cui sono composte, ma in questo caso voi comprate un pezzo da collezione, e non si tratta di un investimento.
DEFINIZIONE DEI TERMINI
La parola “bullion” si riferisce ai metalli preziosi in forma non lavorata, presentati sotto forma di lingotti di varia forma e peso o anche di monete. Monete di tipo bullion (ovvero non da collezione), come ad esempio il Krugerrand sudafricano e il Gold Eagle americano, sono monete in corso legale, con
un valore nominale, anche se il loro valore metallico è molto maggiore. Tale valore è determinato ovviamente dal peso e dal grado di purezza.
La numismatica invece tratta quelle monete non più in corso che vengono collezionate per la loro rarità; posseggono ovviamente un valore intrinseco perché sono fatte di metalli preziosi, ma il loro prezzo è legato al
loro valore numismatico, ovvero alla loro rarità e al loro stato di conserva180
CAPITOLO 9 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 2
zione. Quest’ultimo è indicato da un valore numerico che va da 70 (per una
moneta in condizioni perfette) fino a 60 (per monete con graffi e/o piccole
ammaccature). La sigla che precede tale numero è usualmente MS, che significa “mint state”, ovvero “fior di conio”. Una moneta da collezione in
perfette condizioni sarà quindi classificata come MS 70.
Personalmente non consiglio alla gente di acquistare monete rare dal valore numismatico. Consiglio di acquistare metallo, sotto forma di lingotto o
monete non da collezione. Le monete da collezione potrebbero infatti avere
delle ottime performance al rialzo in un mercato favorevole ai metalli, ma ci
sono molti rischi, legati ad esempio a un grande spread tra prezzo di acquisto
e prezzo di vendita, e io qui voglio darvi consigli conservativi che vi pongano al riparo da brutte sorprese. Quindi abbiamo qui parlato di numismatica
giusto per consigliarvi di tenervene alla larga, a meno che voi non vogliate fare degli investimenti speculativi in oggetti che hanno valore per la loro rarità
e non per il materiale di cui sono fatti.
La Zecca di Perth (Perth Mint)
La zecca di Perth è la più antica zecca australiana, operante da oltre un secolo, e di proprietà del governo dell’Australia Occidentale; essa è rappresentata
dalla mia azienda, la Euro Pacific Capital, in via esclusiva in 49 stati americani (l’Arizona è un’eccezione). Utilizzando il Perth Mint Certificate Program
(PMCP), gli investitori possono acquistare oro, argento e platino al prezzo della lettera sul Perth Mint spot market, con nessuna maggiorazione di prezzo. I
soli costi addizionali sono una commissione del 2% e una quota amministrativa fissa di 50 dollari. Per esempio, considerato che l’investimento minimo è
pari a 10.000 dollari, di fatto dovete sborsare 10.250 dollari.
Il PMCP offre gratuitamente il servizio di custodia nella stessa zecca, eliminando quindi i costi e le preoccupazioni legate al possesso fisico del metallo, specialmente se si tratta di argento. La sicurezza in questo caso non dovrebbe essere a rischio, in quanto, a differenza di quello che accade con gli
altri Certificate Program, l’oro è conservato in loco e non viene dato in prestito. Un altro aspetto riguardante la sicurezza è che il rischio di confisca è
qui al minimo. Diversamente dal governo USA, che promulgando il Gold
Reserve Act del 1934 rese illegale il possesso di oro per i cittadini americani,
l’Australia non ha un evento del genere nella sua storia. L’industria mineraria è in quel paese una componente fondamentale dell’economia, e nulla
sarà mai fatto per recarle danno. L’Australia non potrebbe permettersi di far
perdere agli investitori la fiducia nella scarsità dell’oro. I conti aperti presso
181
A PROVA DI CRASH
la zecca di Perth sono pienamente garantiti dal governo dell’Australia Occidentale, che tra l’altro ha un rating internazionale pari ad AAA, e inoltre
sono assicurati dai Lloyd’s di Londra. Di fatti la zecca di Perth è l’unica istituzione che offre la possibilità di custodire oro con la garanzia di un governo nazionale.
Nonostante consiglio che gli investitori tengano con se alcune monete a casa o in una cassetta di sicurezza per le emergenze, i certificati sono certamente più convenienti, e in realtà è anche bene avere qualcosa al di fuori dei confini nazionali, casomai le cose dovessero mettersi davvero male e il governo
dovesse procedere alla confisca dei metalli preziosi. In caso di necessità di dover lasciare il paese per salvaguardare le proprie finanze, è bene avere del denaro che ci aspetta in un altro posto. Il bello della zecca di Perth è che non si
tratta di un conto bancario, e quindi non siete tenuti a dichiararlo. Si tratta di
una caveau di proprietà statale, e il servizio di deposito è gratuito.
Gli ETF Aurei
Gli ETF (exchange-traded-fund) aurei sono una varietà di ETF, che a loro volta sono dei titoli che si scambiano come delle azioni ordinarie, ma che rappresentano un fondo di investimento che replica le prestazioni di un indice o
di un qualche particolare portafoglio. Gli ETF aurei quindi replicano il prezzo dell’oro e conservano dei certificati che testimoniano il loro possesso di oro
conservato e assicurato da qualche parte nel mondo.
Sebbene è dal 1993 che è quotato e scambiato Spiders, un titolo che replica
l’andamento dell’indice S&P500, gli ETF sono diventati noti al grande pubblico solo negli ultimi cinque anni, mentre gli ETF aurei sono ancora più recenti.
Tra questi, ve ne sono due attualmente scambiati al New York Stock Exchange, e sono lo Streettracks Gold Shares (il simbolo è GLD) e l’iShares COMEX
Gold Trust (il simbolo è IAU). Inoltre, ci è il Gold Bullion Securities che è scambiato sulla borsa australiana con il simbolo GOLD; il Central Fund of Canada
(il simbolo è CEF), che possiede oro e argento, è scambiato alla borsa di Toronto; ve ne sono poi altri a Londra e in Svizzera. L’iShares Silver Trust (il simbolo è SLV) possiede argento ed è scambiato al New York Stock Exchange.
Il rischio principale che vedo in questi titoli è il fatto che potrebbe accadere che si scopra che le verifiche siano state false e che quindi l’oro che essi sostengono di possedere in realtà non vi sia. Non ho alcuna informazione che
mi induce a sostenere una cosa del genere, ma tutto può accadere, e allora perché prendersi questo rischio quando invece possiamo fisicamente possedere
in forma diretta oro e argento?
Un altro problema è che gli ETF aurei sono una sorta di obbligazione, nel
182
CAPITOLO 9 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 2
senso che in presenza di problemi finanziari l’emettitore dell’ETF potrebbe andare in liquidazione, ed in tal caso chi ha acquistato l’ETF sarebbe un creditore dell’azienda in liquidazione e non un diretto possessore come accade con
l’acquisto dei certificati della zecca di Perth.
Così come accade per l’oro fisico, gli ETF aurei potrebbero essere soggetti
a confisca da parte del governo, quindi forse state più al sicuro se fate riferimento a prodotti australiani, canadesi o britannici.
Altre considerazioni sono poi da farsi in riferimento agli obblighi e alle responsabilità di coloro che sono coinvolti nella gestione, come ad esempio i custodi, e in riferimento alle spese fisse e alle commissioni applicate. Inoltre, non
vi è alcuna legge e/o controllo che vi dia garanzia relativamente alla purezza
o in generale alla qualità dell’oro conservato.
D’altro canto, a vantaggio degli ETF va il fatto che, come una semplice azione, esse possono essere scambiate mettendo ordini con limite di prezzo, possono essere vendute allo scoperto e sono immediatamente convertibili in denaro liquido.
Gold Money
Vi sono anche molti siti sul web dove è possibile comprare oro, e diversi di
questi offrono un servizio di custodia. In generale non ripongo molta fiducia
in tali servizi di custodia, ma un’eccezione è rappresentata dal sito GoldMoney.com, di James Turk, da sempre un sostenitore dell’oro e certamente una
persona ampiamente stimata e nota.
Tra gli investitori e azionisti di GoldMoney vi sono due società minerarie
quotate in borsa, la DRDGold Limited (Sudafrica) e la IAMGOLD Corporation (Canada) Il quartier generale di GoldMoney è a Jersey, un’isola del canale della Manica vicino alla sommità nord-occidentale della Francia. I suoi database e servizi web si trovano anch’essi a Jersey, ospitati in un centro di elaborazione dati che implementa le più moderne tecnologie per la sicurezza.
GoldMoney è in tutto e per tutto simile al banking online, ma la vostra ricchezza non è conteggiata in dollari o euro o sterline, bensì in grammi (chiamati Goldgram) e in millesimi di grammi (di oro). Ciascun grammo di oro che
voi possedete è conservato in modo sicuro in un caveau nei pressi di Londra
e assicurato dai Lloyd’s di Londra.
Quando comprate dei Goldgram, allora voi possedete dell’oro stipato in
un caveau ben protetto.
GoldMoney offre inoltre il servizio aggiuntivo di effettuare tra i membri
della comunità pagamenti in oro in cambio di beni e servizi. I pagamenti in tal
caso sono veloci e convenienti, e tutte le transazioni sono eseguite istantanea183
A PROVA DI CRASH
mente. L’oro non si sposta, resta custodito nel caveau, è solo il suo possessore che cambia nell’esatto istante in cui è fatto il pagamento.
I Future sulle Materie Prime
E’ possibile possedere oro o argento usando i contratti future o anche opzioni
su tali contratti. Personalmente non consiglio di utilizzare le opzioni sui contratti future, in quanto trattasi di strumenti adatti a speculatori propensi, mediante l’effetto leva, ad assumersi grossi livelli di rischio. Se voi ad esempio
invece siete semplicemente interessati a cento once d’oro, che costano circa
60.000 dollari, voi potreste semplicemente mettere tale somma su un conto,
comprare un contratto, e investire i soldi a margine in obbligazioni governative a breve termine e/o tenerli in banca. Potreste poi usare gli interessi per
pagare la differenza tra il prezzo spot e il prezzo del future (detto contango)
ogni volta che vi è il rollover del contratto. Di fatto questa strategia ha lo stesso livello di rischio del possesso diretto dell’oro.
Ma se invece usate l’effetto leva, diciamo comprando 60.000 dollari di oro
con un margine di appena 2.000 dollari, allora una anche piccola oscillazione
dei prezzi potrebbe farvi uscire fuori dalla posizione. Quindi il mercato dei future è certamente un altro modo per investire nell’oro ma solo se agite saggiamente, mentre può essere molto rischioso se non assumete i giusti atteggiamenti.
Un rischio presente sui contratti future, tuttavia, è che se l’oro fa un grande strappo al rialzo, coloro che hanno aperto una posizione short sul contratto - per ogni posizione long ve ne è una short - potrebbero andare in bancarotta. Essi potrebbero quindi non essere più in grado di pagare il dovuto, nel
qual caso la borsa, che potrebbe essere il Chicago Mercantile Exchange (CME),
il Chicago Board of Trade (CBOT), il New York Commodities Exchange (COMEX), il New York mercantile Exchange (NYMEX), o una qualsiasi altra borsa su cui si scambiano contratti future, potrebbe andare in bancarotta. Questo
viene detto rischio della controparte ed è l’incubo di tutti coloro che operano
con i derivati. Le persone credono di essere protette nel momento in cui acquistano opzioni di tipo put, ma se la borsa va sotto, allora si ritrovano senza
denaro. I mercati che trattano derivati operano assumendo che ciò che è stato
in passato sarà anche nel futuro. Ma se arriva qualche terremoto finanziario
allora il giocattolo si può rompere. Ed il crollo improvviso del dollaro potrebbe portare proprio a una situazione del genere.
Le Azioni Minerarie
Un altro modo di investire in oro e argento è acquistare azioni di società che
lo estraggono.
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CAPITOLO 9 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 2
Le azioni garantiscono un effetto leva. Ad esempio, un incremento del 10%
del prezzo dell’oro potrebbe avere l’effetto di far aumentare del 50% il prezzo
delle azioni di una società mineraria.
Naturalmente, c’è bisogno che il prezzo dell’oro aumenti più rapidamente del costo necessario ad estrarlo. Uno dei più recenti problemi dell’industria
mineraria è che i prezzi dell’oro sono aumentati, ma meno dei costi di estrazione, con particolare riferimento alla bolletta energetica. E’ quantomai ironico il fatto che le società minerarie siano state vittime dell’inflazione. Dal momento che i governi sono riusciti a convincere le persone che non vi è nessuna inflazione, queste non hanno comprato tanto oro quanto avrebbero dovuto, e quindi il prezzo dell’oro non è stato al passo dell’inflazione.
Le società minerarie offriranno quindi un grande effetto leva all’aumentare
del prezzo dell’oro, ed esse pagheranno anche dividendi. Di recente esse non
hanno pagato dividendi perché il costo per la produzione dell’oro era troppo
alto relativamente al prezzo dell’oro. Ma tutto questo è destinato a cambiare. E
uno dei vantaggi dell’investire in società minerarie è che i capital gain sono tassati in maniera agevolata, mentre le monete sono considerate beni da collezione e i relativi guadagni sono tassati come se si trattasse di reddito ordinario.
LA PIRAMIDE DI RISCHIO DELLE AZIONI MINERARIE. Nel settore minerario vi sono tre
diverse categorie di aziende, ciascuna con diversi livelli di rischio per gli investitori.
Alla base della piramide di rischio, vi sono i più grandi produttori, come
ad esempio Barrick Gold Corporation, Newmont Mining Corporation, Gold
Fields Ltd., AngloGold Astanti Ltd., e Goldcorp Inc. Queste sono le società più
grandi e dovrebbero costituire il nucleo del vostro portafoglio. Esse hanno tonnellate di riserve di oro, e anche se vi sono contratti di protezione su parte di
queste riserve, si tratta solo della parte minore. Barrick, una delle società principali che si protegge, ha ridotto il suo book a solo due milioni di once, cosa
difficile a credersi visto che tale cifra era attestata intorno agli otto milioni di
once solo pochi anni fa. Inoltre, società come Barrick hanno anche dei progetti esplorativi in corso, che porteranno probabilmente alla scoperta di più oro
di quanto sia attualmente protetto.
Poi vi è la fascia di mezzo, fatta da società un po’ meno conservative ma
ancora ben solide. Tra queste citiamo Newcrest mining, Harmony Gold Mining, Agonico-Eagle Mines Limited, Meridian Gold, e Kincross Gold. Come
le società della fascia precedente, esse potrebbero tranquillamente far parte
del vostro portafoglio.
In fine, vi sono le società junior, che sono più piccole ma hanno riserve di
185
A PROVA DI CRASH
oro e producono oro. In questa categoria troviamo Berna Gold, Northern Orion
Resources, Golden Star Resources, Taseko Mines, e Northgate Minerals.
In cima alla piramide di rischio, vi sono poi le società di esplorazione. Queste sono quelle più rischiose. Non hanno oro, stanno solo cercando di trovarlo. Esse possono star mettendo su delle joint venture con altre società, avere
dei diritti di esplorazione su qualche area, o stanno facendo prospezione da
qualche parte. Si tratta delle penny stocks del settore minerario, e anche se alcune di queste avranno una grossa crescita futura, posso solo raccomandarvi
di stare molto ben attenti.
Vi saranno un sacco di frodi nel settore dell’oro man mano che i suoi prezzi aumenteranno. Sarà come per le aziende dot-com, con truffe e bufale. Quindi vi conviene stare lontani da questo segmento di mercato, a meno che voi
non siate personalmente coinvolti, o conoscete i proprietari dell’azienda o avete informazioni privilegiate su una qualche società.
In ultima analisi penso che sta per scoppiare una grande bolla nel settore delle società minerarie, un trend al rialzo che finirà per essere una mania non molto diversa
dalla bolla tecnologica del Nasdaq. Non so però quand’è che questo succederà, probabilmente cinque o dieci anni a partire da ora.
COME STRUTTURARE IL VOSTRO PORTAFOGLIO AUREO
Il mio consiglio è di costruirvi un portafoglio che includa sempre un’anche minima percentuale di possesso fisico dell’oro; un po’ di oro materiale conservato lontano, ad esempio nella zecca di Perth; ed un mix di azioni minerarie,
diciamo il 40% dei produttori senior, 30% della fascia intermedia, 20% della
fascia inferiore, e poi forse un 10% di compagnie di esplorazione e di azioni
speculative. Questo sarebbe un portafoglio aureo molto solido, e se vi piace
l’argento, potete fare un mix rispettando le proporzioni.
Io inoltre preferisco le società minerarie straniere. Generalmente, i prezzi
sono migliori all’estero. In Australia vi è un sacco d’oro nel terreno, e riuscite
a comprarvi più riserve auree che non investendo in Canada, per esempio.
Poi vi è il problema del rischio politico. Le once conservate in Zimbabwe
avranno molto meno valore delle once conservate in Canada perché vi è una
maggiore probabilità che il governo se ne impadronisca. Voi siete sempre soggetti al rischio che un governo decida di nazionalizzare l’oro. Quindi fareste
bene a mettere il vostro oro in una zona politicamente stabile e sicura, come il
Canada e l’Australia, o anche il Sudafrica.
E gli Stati Uniti? Sono sicuro da un punto di vista politico? In questo momento nelle quotazioni dei titoli minerari non è inclusa nessuna valutazione
del fattore di rischio, e credo che questo sia sbagliato. Credo che è molto più
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CAPITOLO 9 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 2
probabile che sia il governo USA a nazionalizzare l’oro che non i governi dei
paesi in cui l’oro è effettivamente estratto. La differenza principale è che per
le azioni di società di altri paesi questo rischio è già incluso nella loro valutazione. Qui, invece, nessun fattore di rischio è incluso nel prezzo delle azioni.
Credo che stiamo per avviarci verso una crisi profonda, e che il governo
USA potrebbe facilmente dichiarare lo stato di emergenza nazionale e confiscare beni privati “per il bene del paese e del suo popolo.” Credo anche che gli
investitori mondiali in oro siano un po’ troppo compiacenti su questo aspetto.
Poi vi è il problema delle tasse sui sovraprofitti dell’investimento. E’ questa certamente una misura meno estrema della nazionalizzazione, ma porta
pur sempre una diminuzione della propria ricchezza. La prima cosa che accade ogniqualvolta il prezzo del petrolio va troppo su è che qualcuno in questo paese dice, “Applichiamo una tassa speciale sui sovrapprofitti.” Quando
il dollaro arriverà a 5000 dollari l’oncia, potrebbe accadere la stessa cosa. Quindi fareste bene a posizionare la vostra miniera in un paese che non ha precedenti circa l’imposizione di tasse sui sovrapprofitti quando c’è qualcuno che
si sta arricchendo, - anche perché gli estrattori d’oro sono bersagli naturali da
denigrare, e molto atti ad essere visti come parte del problema.
L’ultimo punto da considerare è decidere la percentuale del vostro portafoglio da investire in oro e la percentuale da investire in azioni di società minerarie. Io suggerirei dal 20 al 50% in oro fisico, e il resto in azioni, ovviamente
in accordo alla vostra tolleranza al rischio. Ovviamente, quanto maggiore sarà la vostra esposizione verso le azioni, tanto più grande sarà l’effetto leva al
quale vi sottoponete nei confronti delle oscillazioni del prezzo dell’oro.
COME METTERE INSIEME I VOSTRI PORTAFOGLI IN ORO E IN AZIONI ESTERE
Quale percentuale del vostro portafoglio complessivo dovrebbe essere investito in oro e azioni di società minerarie? Il mio consiglio è di avere tra il 10 e
il 30% di investimenti legati all’oro, e la restante parte in azioni estere di tipo
difensivo. Gli investitori un po’ più aggressivi potrebbero pesare maggiormente la parte in oro, mentre gli investitori un po’ più conservativi potrebbero diminuirla, soprattutto se avranno bisogno di reddito, ovvero di dividendi. Quindi un investitore aggressivo potrebbe avere un portafoglio da un milione di dollari con 700.000 dollari in azioni estere difensive e 300.000 dollari
in oro, nelle proporzioni da me suggerite, mentre un investitore più conservativo potrebbe avere 900.000 dollari in azioni e solo 100.000 dollari in oro. Il
motivo principale per pesare in modo così lieve l’oro è dovuto al fatto che se
io ho ragione anche un piccolo investimento in oro vi porterà lontano, mentre
se ho torto voi non sarete troppo danneggiati da un’eventuale discesa delle
187
A PROVA DI CRASH
quotazioni. Quelli che invece investiranno in modo preponderante sull’oro
avranno la possibilità di fare una vera fortuna, ma potrebbero correre il rischio
di avere grosse perdite se le mie previsioni sono sbagliate.
Naturalmente, a seconda di quanti soldi avete, ci sono molti mutual fund
che investono in azioni minerarie. Personalmente, tuttavia, io preferirei possedere le azioni vere e proprie. Vi ho già detto quello che penso dei fondi di
investimento nel capitolo precedente.
La motivazione per investire in azioni estere è per la salvaguardia del proprio patrimonio e per il rendimento. La motivazione per investire in metalli
preziosi è parzialmente per la salvaguardia del patrimonio, se ci riferiamo qui
al possesso fisico dell’oro, che da molta sicurezza ma non produce reddito.
Ma parte della mia passione ed entusiasmo per l’oro, per essere sincero, ha
a che fare con il suo potenziale di crescita e con la speculazione. Sono convinto che se volete fare il grande colpo sul serio e in qualsiasi valuta, allora dovete affidarvi alle azioni di società minerarie. Avrete un sacco di crescita ma
non una rendita. Attualmente non vi sono grossi dividendi pagati dalle società
minerarie, e nessun dividendo è mai venuto dal possesso fisico dell’oro. Quindi per definizione si tratta di speculazione, perché il possesso non ci fornisce
una rendita. Stiamo scommettendo sul prezzo futuro, ma penso che sia una
scommessa che valga la pena fare.
Non dirò che questa sia un’opportunità che capita una volta nella vita, perché per coloro che hanno investito negli anni ’70 si tratta addirittura di una seconda opportunità. Ma a quei tempi un sacco di persone non riuscirono a cogliere quell’occasione, e ora ne hanno una seconda a disposizione.
188
CAPITOLO 10
Come Sopravvivere e Fare Fortuna,
Fase 3: State Liquidi
I
n tempi cattivi, il denaro è sovrano, dice un vecchio detto, con il quale io mi
trovo in accordo ma a patto che il denaro sia in una valuta vitale.
L’implosione economica e monetaria che ho predetto in tutte queste pagine potrebbe accadere domani o nel giro di alcuni anni. Potrebbe essere un evento da cataclisma, come sarebbe nel caso in cui gli Stati Uniti perdessero improvvisamente il loro status di valuta di riserva o ci fosse un attacco al dollaro, o tutto potrebbe verificarsi gradualmente, e in modo così ben camuffato
che il potere di acquisto del dollaro si smaterializzerebbe senza che noi ce ne
rendessimo conto e avessimo tempo per proteggerci.
Ma sta per arrivare, e sebbene i contorni dell’economia globale che ne risulterà sono abbastanza chiari - un riallineamento del potere di acquisto verso
quelle nazioni che producono, stagflazione e possibilmente iperinflazione qui
da noi, con un periodo successivo di sacrifici e doloroso recupero economico l’effetto immediato sarà caos, sconvolgimenti ed eventualmente anche panico.
Quel periodo di aggiustamento e incertezza farà perdere soldi a un sacco
di gente, ma per quelli che sapranno ben leggere gli eventi e che capiranno in
anticipo il nuovo scenario in arrivo vi saranno immense opportunità per trarre profitto.
Gli americani che seguono i miei consigli dei precedenti due capitoli e usano i loro dollari per investire in azioni estere che pagano dividendi e per investire in oro potranno vedere dei temporanei ripiegamenti, ma saranno ben
posizionati per trarre profitto nel lungo periodo.
Questo capitolo quindi è dedicato alla liquidità, non del tipo di quella creata dalla Federal Reserve che ci ha messo in questi guai, ma la liquidità personale - l’avere abbastanza denaro per soddisfare i propri bisogni quotidiani e
anche l’avere un certo quantitativo di denaro non impegnati per nessun utilizzo e da usare per prendere vantaggio nel momento in cui alcune buone azio189
A PROVA DI CRASH
ni si presenteranno a prezzi ultrascontati. Queste opportunità potranno esserci
in seguito a fenomeni di “panic selling” qui o all’estero, o potranno essere investimenti in dollari, come ad esempio multinazionali e società esportatrici,
che saranno diventate economiche in quanto le persone ancora non si saranno rese conto che una nuova classe di consumatori sta per rimpiazzare i consumatori americani.
Essere liquidi significa anche fare qualcosa riguardo a quegli asset che voi
possedete e che stanno perdendo valore, come ad esempio una casa che voi
dovreste vendere ma non ci riuscite. Essere liquidi significa poter convertire
il vostro mutuo a tasso variabile in uno a tasso fisso, in modo tale che voi non
perdiate l’asset a causa della vostra incapacità di onorare il debito contratto.
Vi sono strategie per ottenere una rendita dal vostro debito a tasso fisso, come
vi spiegherò nel seguito.
Infine, essere liquidi significa gestire il vostro denaro in modo intelligente.
Dovreste più o meno conoscere la vostra situazione finanziaria, sapere quali
tra le vostre spese sono irrinunciabili e quali sono discrezionali, e di quanta liquidità avete bisogno. In altre parole, avete bisogno di esaminare quali sono
quegli elementi soggettivi che determinano il grado di flessibilità e sicurezza
richiesto dalla vostra personale situazione.
QUAL È IL GIUSTO AMMONTARE DI LIQUIDITÀ?
Nel capitolo 8 ho parlato brevemente del buon senso che c’è nel tenere parte
della propria ricchezza in denaro liquido o quasi liquido al fine di poter coprire spese impreviste in situazioni di emergenza o quando gli asset finanziari stanno attraversando una situazione non molto favorevole.
Gli asset liquidi di cui vi ho parlato allora sono gli stessi che vi raccomando qui, anche se il focus di questo capitolo è di come essere liquidi per un periodo di alcuni mesi o anche di un anno o due, quando vi sarà confusione totale sui mercati mondiali a causa del crollo del dollaro. In altre parole, le raccomandazioni di investimenti che vi ho dato nei precedenti due capitoli sono
investimenti che voi dovrete continuare a tenere per la rendita che essi vi assicurano (con l’eccezione dei metalli preziosi) e non dovreste convertire in denaro nel momento in cui i loro prezzi sono temporaneamente caduti perché il
mercato sta reagendo allo shock economico che c’è stato.
In relazione allo scenario che si intravede all’orizzonte nel momento in cui
leggete questo libro, voi potreste voler incrementare la parte liquida del vostro portafoglio ben oltre la quantità che vi serve per coprire le vostre emergenze personali in modo da poter avere il denaro sufficiente a coprire le spese straordinarie che potrebbero verificarsi in un periodo di tempo abbastanza
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CAPITOLO 10 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 3
lungo, e anche per avere la disponibilità necessaria per cogliere al volo quelle opportunità di investimento che si verificheranno in questa fase di turbolenza dei mercati.
Nonostante la triste prospettiva del dollaro USA, per il semplice fatto di risiedere negli Stati uniti dovreste tenere con voi una parte di denaro nella valuta nazionale, ovvero il dollaro. Il consiglio qui è di tenere non più di quanto strettamente necessario per coprire le spese che vi aspettate di avere in un periodo
che va dai tre ai sei mesi ed essere sicuri che tutti i vostri titoli in dollari, come
ad esempio certificati di deposito, abbiano scadenze a breve. Tutto quello che è
destinato invece a coprire bisogni futuri dovrebbe essere in valuta estera.
GLI INVESTIMENTI CHE DANNO LIQUIDITÀ
Come già detto nel Capitolo 8, è possibile acquistare certificati di deposito in
valuta estera tramite banche statunitensi, e c’è sempre la possibilità di aprire
un conto bancario presso una banca straniera. Entrambe queste alternative
portano a delle complicazioni che potete evitare servendovi di un broker specializzato cui dovrete in ogni caso far ricorso per la gestione dei vostri investimenti in valuta estera.
Il Merk Hard Currency Fund è un mutual fund, sottoscrivibile attraverso
la Euro Pacific Capital e anche altri broker, senza commissioni di ingresso, che
investe in un mix di valute estere appartenenti a paesi con delle solide politiche monetarie scelti per la loro capacità di dare protezione contro il deprezzamento del dollaro.
Sebbene io di solito sono contrario ai mutual fund e preferisco selezionare
personalmente le azioni da mettere in portafoglio in quanto i fondi sono ossessionati dalla massimizzazione delle loro performance trimestrali, raccomando fortemente di rivolgersi a tale fondo invece che investire in particolari valute estere o investire in derivati che operano sui cambi. Il Merk Hard Currency Fund è un fondo molto ben gestito e molto liquido. Tuttavia, a differenza
di un fondo monetario convenzionale, che ha un net asset value (NAV) costante e un tasso di interesse che fluttua, il NAV del fondo Merk oscilla quotidianamente sulla base del tasso di cambio del dollaro rispetto alle valute presenti nel fondo.
Un’altra possibilità è comprare obbligazioni governative in valuta estera
con scadenza a breve attraverso la Euro Pacific Capital o qualche altro broker
specializzato.
Poi se volete essere ultrasicuri e comprare obbligazioni di governi esteri,
potete farlo in Germania, Australia, Canada e in altri paesi anche. Scadenze a
breve portano a rendimenti più bassi, ma vi sono anche obbligazioni più a lun191
A PROVA DI CRASH
go termine che sono liquide, e che danno la garanzia che si riesce a recuperare gran parte del capitale iniziale se devono essere vendute prima della naturale scadenza.
Se volete investire in titoli collegati all’inflazione, la maggior parte di questi paesi emettono anche obbligazioni di questo tipo.
Quando prestate soldi a un governo straniero, volete ovviamente evitare
di finire dalla padella nella brace. Il modo di stabilire se un governo ha una
valuta solida è controllare la sua bilancia dei pagamenti, disponibile tra l’altro anche sul sito web del Fondo Monetario Internazionale (International Monetary Fund), e vedere se vi sono deficit di bilancio o commerciali. Paesi che
hanno dei deficit commerciali molto probabilmente saranno soggetti ad inflazione e quindi sarete soggetti a una perdita di valore. Anche quando siete davanti a una valuta che si dimostra essere solida, è sempre bene diversificare.
GLI INVESTIMENTI DI LUNGO TERMINE CHE DANNO LIQUIDITÀ
Naturalmente, per gli investimenti di lungo periodo, preferisco di gran lunga
le azioni alle obbligazioni, per tutti i motivi detti nel Capitolo 8. In genere, i
dividendi pagati dalle azioni straniere sono maggiori degli interessi assicurati dalle obbligazioni, e le prime sono di solito soggette a una fiscalità agevolata, con Hong Kong e Singapore eccezioni di rilievo.
Altrimenti, l’unico caso in cui rinunciate a un trattamento fiscale agevolato è quando la società estera nella quale investite è classificata come un fondo
di investimento estero passivo (passive foreign investment trust), il che significa che state comprando azioni di una holding gestita da un terzo dietro pagamento di un certo emolumento. Ma questo è un qualcosa che riguarda più
il vostro broker, che deve dirvi in anticipo se un dato investimento vi fornisce
un dividendo interessante. Naturalmente, non possiamo dire per quanto tempo questa fiscalità agevolata potrà durare, ma voi riuscite ad averla proprio
ora che possedete le azioni, mentre gli investimenti obbligazionari sono già
pienamente tassati.
In aggiunta, le azioni permettono di avere i guadagni relativi al cambio di
valuta tassati allo stesso modo dei capital gain, in quanto questi sono incorporati nel prezzo dell’azione. Invece, per le obbligazioni o i certificati di deposito in valuta straniera i guadagni relativi al tasso di cambio della valuta sono tassati come reddito ordinario, sia se le obbligazioni vengono tenute sino
allo loro scadenza sia se sono vendute prima. Per investimenti a breve termine, il vantaggio fiscale delle azioni viene meno.
Le azioni estere sono estremamente liquide, ma vi è sempre il rischio dovuto alle oscillazioni di mercato. Per come la vedo io, se noi sapessimo che il
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CAPITOLO 10 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 3
crollo del dollaro sta per avvenire domani, potremmo convertire tutto quello
che abbiamo in denaro contante o quasi contante e non compreremmo affatto
azioni. Tuttavia, se il giorno del giudizio resta in sospeso per tre o quattro anni, non comprare azioni significa rinunciare a una grossa rendita. E se c’è una
discesa dei corsi azionari, potrebbe mai essere tale da compensare tutti questi
anni di rendita buttata via?
Supponiamo che voi acquistiate una di queste azioni a un dollaro, e che nei
prossimi anni tale azione arrivi fino a 1.4 dollari. Poi, vi è il crollo del dollaro
e l’azione scende a 1.10 dollari. Si tratta di una grande discesa ma la quotazione arriva a un valore sempre maggiore di quello che voi avevate originariamente pagato. Quindi alla fine siete andati meglio rispetto al caso in cui
avreste tenuto i soldi indefinitamente liquidi, e state anche avendo una rendita grazie ai dividendi.
Naturalmente, nessuno sa quale sarà il tempo degli eventi, quindi bisogna
fare una scelta intermedia. Voi tenete in serbo un po’ di liquidità in modo da
poter investire quando i prezzi saranno scesi, ma sistemate anche una parte
del vostro denaro investito in azioni ad alta rendita e con il potenziale di apprezzarsi in valore.
Quindi, quando parliamo di liquidità noi pensiamo a denaro contante o
quasi contante, obbligazioni a breve termine, e fondi monetari, tutte cose disponibili in valuta straniera. D’altra parte, obbligazioni a lunga scadenza e
azioni offrono liquidità e rendita, ma anche un po’ di rischi di mercato. Quanto prima pensate di aver bisogno di denaro, tanto maggiore deve essere la liquidità.
C’è poi anche da sottolineare che anche se il prezzo in valuta estera di queste azioni dovesse subire dei ribassi a causa del crollo dell’economia USA, il
prezzo in dollari di tali azioni potrebbe non scendere affatto. In realtà, dal punto di vista di un investitore americano che usa il dollaro, le azioni estere dovrebbero avere delle prestazioni di gran lunga superiori a quelle del mercato
statunitense, anche se i mercati stranieri subiranno degli scossoni a causa del
collasso USA.
Per come la vedo, anche se le azioni estere scendono in termini delle loro
valute nazionali, il dollaro perderà molto più valore, il che significa che il prezzo in dollari di tali azioni aumenterà anche se il prezzo nella valuta locale subisce una riduzione. E’ poi da aspettarsi che le azioni difensive e con elevato dividend yield che abbiamo selezionato nel Capitolo 8 dovrebbero essere meno
soggette a cali repentini rispetto alle azioni di società più aggressive, che danno meno dividendi, e orientate all’esportazione.
Prima di lasciare l’argomento, devo dirvi che considero come liquidità le
193
A PROVA DI CRASH
monete e i lingotti di metallo prezioso, ma non le azioni dei titoli minerari. Voi
potete facilmente scambiare i metalli preziosi, come pure convertirli in denaro di una qualsiasi valuta. In particolare poi, poiché sono convinto che il trend
al rialzo dell’oro andrà avanti per parecchio, allora questa è la liquidità estrema, da intaccare solo se strettamente necessario.
DEBITI E LIQUIDITÀ
In relazione all’entità del vostro reddito, non vi è nulla di male nel contrarre
dei debiti. Ciò che non vogliamo assolutamente è il debito a tasso variabile e
a scadenza lontana, perché nel momento in cui l’economia girerà in negativo
e l’inflazione diminuirà l’onere del prestito, allora voi incapperete in un aumento del costo del debito, ovvero ci pagherete interessi maggiori. E se voi
non riuscite ad onorare il vostro debito, potete perdere i beni che avete acquistato con i soldi presi in prestito. Il vostro tenore di vita crollerà e voi avrete
serie preoccupazioni per i vostri debiti.
La prima cosa da fare, quindi, è convertire mutui a tasso variabile in mutui a tasso fisso con la scadenza più lontana possibile. Questa cosa è quasi sempre possibile quando si parla di mutui per l’acquisto di immobili. Esistono varie società che si occupano di consolidare i prestiti concessi a studenti ad un
tasso fisso che sia ragionevole, dal momento che i tassi di interesse per questo
tipo di prestiti sono bassi in ogni caso, e alcuni programmi di prestito sono anche sostenuti dal governo. Il debito delle carte di credito revolving è a tasso
variabile e in genere non rinegoziabile, anche se coloro che possono dimostrare
di essere in seria difficoltà hanno delle possibilità di vedersi tramutare il loro
debito in uno a tasso fisso grazie all’ausilio di una qualche banca. Quando possibile, tuttavia, sbarazzatevi innanzitutto del debito legato alle carte di credito, anzitutto i debiti a tasso più alto.
LE POSSIBILITÀ PER CHI POSSIEDE CASA
Che succede se avete una casa di proprietà? Dovreste prendere soldi in prestito dandola in garanzia? Io dico di si, a patto però di poter investire i soldi
presi in prestito a un tasso che eccede il costo del debito.
Se voi riuscite a prendere denaro in prestito al tasso fisso del 6,5% e investite in azioni estere difensive con un dividend yield dell’8%, allora per ogni
100.000 dollari che voi prendete in prestito avete 1.500 dollari di liquidità da
spendere ogni anno. Tutto questo ha un senso visto il quadro che sta per delinearsi con un dollaro in caduta libera, perché se ad esempio il dollaro dovesse dimezzare il suo valore allora questi 1.500 dollari diventerebbero 3.000.
Se il dollaro viene colpito davvero pesantemente, diciamo del 90%, allora il
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CAPITOLO 10 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 3
vostro guadagno sarebbe di 15.000 dollari all’anno. In sei anni sarete in grado
di ripagare l’intero prestito da 100.000 dollari, e vi rimarrebbe in tasca il portafoglio azionario, e la rendita annuale senza più alcun debito da onorare, essendo riusciti a pagare interamente il vostro debito in dollari grazie alla rivalutazione delle vostre azioni estere.
Se voi riuscite a spuntare un buon differenziale tra gli interessi sul debito
e la rendita che riuscite ad ottenere investendo in azioni estere (tale differenza viene detta positive carry, NdT) riuscite sempre a guadagnare qualcosa anche se il dollaro si apprezza.
Quindi in definitiva prendere soldi in prestito grazie alla proprietà di una
casa sopravvalutata e investire tali soldi in asset stranieri è una cosa a mio modo di vedere molto sensata.
Ovviamente, potrebbe anche essere che nel momento in cui leggete è ormai troppo tardi per vendere la vostra casa, ma supponiamo che voi siate stati fortunati e avete una casa da 500.000 dollari con un mutuo da 200.000 dollari e riuscite a venderla a prezzo pieno. Riuscite a realizzare quindi 300.000
dollari da investire in un portafoglio di azioni estere che pagano dividendi.
Con un ritorno dell’8%, il vostro reddito sarebbe di 25.000 dollari all’anno.
Se riuscite a prendere una casa in fitto analoga a quella che avete venduto
per 25.000 dollari all’anno riuscite ora a vivere liberi dalle tasse di assicurazione e di proprietà. Avete estratto valore che avevate incorporato nella vostra
casa di proprietà e lo avete usato per accumulare dei titoli che adesso vi permettono di pagare l’affitto.
Questi titoli sono destinati ad aumentare di valore, e nel frattempo voi potete continuare a investire in questo portafoglio tutti i soldi che riuscite a risparmiare.
Molte persone credono che vivere in affitto equivale a gettar via dei soldi, ma
questo non è vero se vivere in affitto vi permette di risparmiare. Inoltre, cosa credete che facciano i mutui solo-interessi o, peggio ancora, i mutui con piano di
ammortamento negativo? Poiché neanche un centesimo dei soldi che pagate serve a rimborsare il capitale, tutto il denaro che pagate è “gettato via”. Quindi
scambiare delle spese con un affitto non significa gettare via del denaro.
Confrontate tutto questo con l’acquisto di una casa con un mutuo trentennale. In questo caso alla fine avrete fatto un investimento pari a circa tre volte il valore della casa. Quindi si tratta solo di voler stabilire cosa fare col denaro che voi non pagate in tasse, assicurazione e rata del mutuo. Voi avete una
certa ricchezza a disposizione e dovete decidere se utilizzarla per acquistare
una casa o per acquistare degli asset che a loro volta generano un reddito e si
apprezzano di valore.
195
A PROVA DI CRASH
Ovviamente ci sono dei luoghi e delle circostanze ove non vale la pena vivere in affitto invece che avere una casa di proprietà. Né questa è una cosa che
va bene per chiunque. Dovreste quindi rivolgervi ad un consulente esperto,
come quelli della Euro Pacific Capital, prima di avventurarvi su questa strada vendendo la vostra casa.
Ma in un mercato in cui non riuscite a vendere la vostra casa perché il suo
valore reale è crollato, ma i periti sono tanto stupidi da basare le loro valutazioni di prezzo sulla base dei costi e di vendite analoghe realizzate nell’ultimo semestre o nell’ultimo anno, quando i venditori scarseggiavano e vi erano in giro tanti speculatori, allora prendere soldi in prestito dando la propria
casa in garanzia è la seconda miglior cosa dopo la vendita. Prendendo soldi
in prestito da una valuta che sta per deprezzarsi e investendo in valute che
stanno per apprezzarsi, state creando il vostro piccolo, personale, hedge fund.
Realizzate un carry trade positivo, come amano dire i protagonisti dell’alta finanza. Di sicuro è meglio che investire in Yahoo! e sperare che il prezzo vada
su. Questa si, è una pura scommessa.
Un’altra idea: ammettiamo che voi vogliate restare investiti nel settore immobiliare e possedete una casa negli Stati Uniti. Voi potete prendere soldi in
prestito dando la casa in garanzia, girare il denaro a noi della Euro Pacific Capital, e noi lo investiremo in fondi immobiliari globali in Singapore, Australia, Nuova Zelanda, Svizzera, Francia, Olanda e in altri mercati buoni. In questo caso state scambiando un bene immobiliare americano sopravvalutato per
dei beni immobiliari all’estero che sono valutati per il loro giusto prezzo. Che
cosa preferireste possedere, immobili negli Stati Uniti con il mercato che va in
rovina, o immobili ad uso commerciale situati da qualche parte del globo e che
producono redditi? Quando il dollaro crollerà, preferite andare in giro a riscuotere l’affitto in dollari da dei poveracci che hanno anche perso il lavoro, o
ricevere valuta estera dagli affitti di solide istituzioni commerciali? A voi la
scelta!
Ciò che di fatto stiamo facendo qui è un uso intelligente del fatto che i tassi di interesse negli Stati Uniti sono ancora troppo bassi. I tassi di interesse attuali negli USA non riflettono pienamente tutta l’inflazione che c’è in giro. E’
stato il mercato obbligazionario a causare questa piega sbagliata. Grazie all’intervento straniero e alle banche centrali estere che comprano il nostro debito, i tassi di interesse sono di fatto agevolati.
Quindi è sicuramente una cosa sensata prendere soldi in prestito in queste
circostanze. Pur tuttavia, prendere soldi in prestito per finanziare i consumi è
una cosa che non ha mai senso.
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CAPITOLO 10 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 3
I MOTIVI PER RISPARMIARE
E’ molto più saggio mettere da parte denaro per una cosa che volete acquistare
che prendere soldi in prestito, in quanto così dovrete lavorare molto di meno.
Come abbiamo già discusso abbastanza nel Capitolo 7 riguardo al credito al
consumo, mettere da parte soldi beneficiando dell’interesse composto non solo rende l’acquisto di fatto più conveniente, ma vi lascia anche liberi dal peso
di un debito acceso. Tutto questo è ancora più vero se voi potete mettere da
parte i vostri soldi all’estero, dove voi siete in procinto di guadagnare grazie
all’apprezzamento delle valute estere.
Ad esempio, invece di acquistare un’auto con un prestito o mediante un
contratto di leasing, visto lo scenario che si sta per delineare, vi conviene guidare una qualsiasi cosa che potete permettervi ora, in modo da risparmiare e
potervi quindi comprare un’auto molto più bella in un tempo successivo. Lo
stesso ragionamento vale per qualsiasi acquisto di grossa taglia.
Se invece di acquistare una casa in questo momento voi andate in affitto e
investite i soldi al di fuori degli USA, tra pochi anni potrete permettervi una
casa molto più grande e forse acquistarla senza alcuna necessità di accendere
un mutuo.
Se i prezzi delle case scendono del 50 o 60% e il dollaro perde il 70% del
suo valore, una casa da 500.000 dollari verrebbe di fatto a costare 200.000 dollari che vi potrete permettere di acquistare senza alcun mutuo a patto di aver
investito 50.000 dollari in azioni estere difensive. E se l’affitto che pagate ora
è meno delle rate del mutuo che avreste dovuto pagare, allora potete mettere
da parte la differenza, e grazie alla composizione degli interessi riuscite ad ottenere ancora più denaro.
I beni di consumo di seconda mano, come ad esempio televisori a schermo
gigante, mobilio, barche e auto usate diventeranno molto poco costosi in un
momento di crisi dell’economia. Molte persone saranno costrette a vendere
questi beni nel caso in cui perdano il loro lavoro e debbano soffrire per tenere testa alle loro rate a tasso variabile o semplicemente per pagarsi le loro necessità di base, come ad esempio il cibo e il gasolio per riscaldare la casa.
Naturalmente, il prezzo dei beni di prima mano aumenterà, in quanto il
crollo del dollaro renderà molto più costose le importazioni.
Ma la roba usata che si trova già qui (e che non è stata spedita all’estero ai
più ricchi consumatori stranieri ormai capaci di scavalcare i più poveri cittadini americani) dovrebbe essere inizialmente disponibile a prezzi stracciati.
Quindi perché sforzarsi di comprare ora queste cose, mentre potete aspettare
e comprarle praticamente per niente usando gli oramai apprezzati risparmi
custoditi all’estero?
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A PROVA DI CRASH
SUGGERIMENTI PER I PICCOLI RISPARMIATORI E PER GLI ALTRI
Se avete abbastanza tempo e carriole, ecco un modo per incrementare la vostra ricchezza: raccogliete i centesimi coniati prima del 1982, di cui molti sono ancora in circolazione, e i nickel. Il rame contenuti nei centesimi antecedenti al 1982 - il suo “valore fuso” - vale circa 2.13 centesimi ai prezzi odierni
delle materie prime, e questi potrebbero aumentare ancora molto. I nickel, con
il 75% di rame e il 25% di nickel, hanno un valore fuso di 6.99 centesimi. Anche i centesimi coniati dopo il 1982 rappresentano una fonte di valore. Lo zinco contenuti in essi ha un valore fuso di circa un centesimo.
Cercate di non farvi scovare mentre fondete centesimi e nickel o li spedite
in grandi quantità all’estero. Una legge statunitense del 2006 ha dichiarato illegali tali pratiche. Si tratta di un ulteriore esempio del governo che nasconde
l’inflazione che crea. E aspettatevi un controllo sui capitali ancora maggiore
man mano che l’inflazione peggiorerà.
E’ oramai difficile trovare quarti di dollaro e decimi di dollaro coniati prima del 1968, essi infatti erano fatti di argento, quindi se li possedete, teneteveli stretti.
Altra cosa intelligente da fare è conservare cose che voi usate nella vostra
vita giornaliera, che sono oggi sovvenzionate dal dollaro basso ma che diventeranno molto più costose dopo che il dollaro sarà crollato. Comprare ora
queste cose e conservarle per il futuro potrebbe essere un investimento che darà grandissimi ritorni.
Le cose migliori da acquistare sono quelle che richiedono poco spazio per
il loro stoccaggio e che non si deperiscono, - ad esempio batterie, rasoi elettrici, certi tipi di cibo e un milione di altre cose che vi verranno in mente se vi
mettete a pensarci. E anche pezzi di ricambio di cose che usate normalmente.
L’altro giorno sono stato in un negozio Target (catena di centri commerciali
USA, NdT) e ho comprato al mio bambino di quattro anni un paio di scarpe
di tela per 6 dollari. Un pensiero attraversò la mia mente, ovvero che nel giro
di pochi mesi o di qualche anno queste stesse scarpe sarebbero aumentate a
50 dollari. Ero tentato di comperarne molte paia di varie misure e di conservarle. Si tratta di un piccolo gesto, ma questa idea potrebbe portare ad accantonare grandi risparmi, specialmente per coloro che arrivano giusti giusto a
fine mese.
Qualsiasi cosa che oggi importiamo diventerà realmente costosa. Ad esempio, i vini di importazione, indipendentemente dal fatto che il vino vi piaccia o no, potrebbero essere un investimento eccellente. Vi sarà sempre richiesta di vino e inoltre le bottiglie possono essere barattate per altri beni e
servizi.
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CAPITOLO 10 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 3
LE ALTRE CONSEGUENZE DEL COLLASSO ECONOMICO
Dovremmo considerare con attenzione le conseguenze politiche e sociali di un
forte ed improvviso declino del nostro tenore di vita, e tenerle bene in conto.
Il malcontento sociale causato dalle privazioni su larga scala potrebbe produrre violenza e anarchia. Non è negli scopi di questo libro andare ad esaminare tutte le possibili implicazioni dal punto di vista sociale e dell’ordine pubblico di un taglio di molti programmi, sia municipali che statali, di sostegno e
assistenza, ma è facile immaginare quanto la situazione potrebbe diventare
esplosiva e degenerare, e forse dovremmo fermarci a riflettere su come e dove desidereremmo trovarci insieme alla nostra famiglia.
Allo stesso modo, al momento si possono solo avanzare mere ipotesi sulle
misure che il governo nazionale potrebbe adottare in nome del bene pubblico
e delle necessità della nostra economia, ma sappiamo che in passato in altre
democrazie con una simile situazione economica vi è stato il controllo dei capitali e la confisca dei beni. Dal momento che sembra che il governo non abbia alcuno scrupolo nel violare le nostre libertà individuali già durante tempi
di apparente prosperità economica, si veda ad esempio il Patriot Act (trattasi
di una serie di leggi promulgate all’indomani della strage delle torri gemelle),
immaginate che misure draconiane potrà assumere nel momento in cui vi saranno delle serie difficoltà economiche. Sistemare quindi i vostri asset fuori
dal territorio nazionale o in uno dei soliti paradisi fiscali è quindi una mossa
molto intelligente, per proteggersi dal rischio di confisca della valuta straniera e del metallo prezioso presente entro i confini nazionali. Sarebbe veramente un peccato aver evitato la bancarotta e aver fatto grandi profitti grazie ai
consigli di questo libro e poi vedere il governo USA confiscare il tutto col pretesto di una “emergenza nazionale” e “per il bene del popolo”.
E, poiché al peggio non c’è mai fine, i politici probabilmente cercherebbero anche di dare la colpa della catastrofe finanziaria a quei pochi di noi che
hanno avuto il buon senso di investire con largo anticipo in asset esteri. I cosiddetti speculatori che traggono profitto dalle loro previsioni, mentre la maggior parte delle persone non riescono a leggere gli avvenimenti, sono molto
spesso denigrati dai politici al fine di sviare la rabbia della gente e indirizzarla nei loro confronti. Questa tattica è sempre stata molto in voga, in quanto fa
leva sul denominatore comune dell’intero genere umano, l’invidia. Quindi il
pensiero dell’opinione pubblica è: “Tutti stanno soffrendo. Perché questi avidi speculatori dovrebbero trarre profitto a nostre spese? Prendiamoci i loro
maledetti guadagni e dividiamoli tra tutti noi.”
Ovviamente, se la proprietà di titoli e valuta estera viene dichiarata illegale, noi saremmo obbligati per legge a consegnare i nostri asset allo stato, e non
199
A PROVA DI CRASH
farlo sarebbe un reato criminale. Ma su questo ognuno dovrà prendere individualmente una decisione se e quando questo problema si presenterà. Io penso che in una situazione del genere sarebbe il governo a comportarsi in modo
criminale, e che qualsiasi azione intrapresa per proteggere la propria ricchezza dal “governo criminale” sarebbe da giustificare sia sotto il profilo morale
che costituzionale. Ricordatevi che, come cittadini americani, abbiamo giurato di proteggere non il governo o persino la nazione, bensì di proteggere la nostra Costituzione da tutti i nemici sia esterni che interni. E’ chiaro che un governo federale che pretenda di confiscare la proprietà privata sotto il pretesto
della sicurezza nazionale starebbe agendo contro la costituzione, e opporsi a
tale modo di fare sarebbe certamente interpretato dai nostri padri fondatori
come un atto patriottico.
Ricorrendo ad un esempio estremo, ritenete che Miep Gies sia un criminale per non aver detto ai Nazisti dove era il rifugio di Anna Frank e della
sua famiglia? O, con riferimento al nostro paese, ritenete criminali coloro che
diedero ospitalità agli schiavi in fuga, o coloro che misero su l’Underground
Railroad19?
Inoltre, nel caso in cui le cose dovessero mettersi davvero male e voi decidete di lasciare il paese, è chiaro che sarebbe un grande vantaggio avere del
denaro all’estero ad aspettarvi. Ho seri dubbi sul fatto che in tali circostanze
il governo americano vi lasci andare, se non semplicemente con i vestiti che
avete indosso.
Noi speriamo fortemente e preghiamo che ciò non accada mai, ma potrebbe accadere. Pensateci.
COME METTERE IN OPERA IL PIANO
In questi tre capitoli finali ho discusso varie opzioni di investimento che i lettori possono perseguire per preservare la loro ricchezza e il potere di acquisto
dei risparmi che essi hanno accumulato nell’arco di una vita di lavoro. Fare
degli investimenti usando il buon senso comune non funzionerebbe, perché
tale buon senso è basato sulla convinzione che il dollaro sia una valuta sana.
Oramai dovreste essere ben convinti che ciò non è affatto vero. E quindi dovreste abbandonare il buon senso basato su tale convinzione.
Non dimenticate mai che massimizzare la vostra ricchezza in dollari non
servirà a nulla quando il dollaro crollerà. E ancora, a che serve conservare dollari se poi i dollari non riusciranno a conservare il loro potere di acquisto? PoiNdT: L’Underground Railroad era una rete di vie nascoste e case sicure che fu utilizzata, con
l’aiuto di cittadini americani contrari alla schiavitù, nel diciannovesimo secolo dagli schiavi neri
di America per scappare verso stati dove non vi fosse la schiavitù e verso il Canada.
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200
CAPITOLO 10 - COME SOPRAVVIVERE E FARE FORTUNA, FASE 3
ché ciò che qualsiasi investitore vuole preservare è il potere di acquisto, la mia
strategia è senz’altro il modo migliore per farlo.
Non permettere al vostro broker azionario o promotore finanziario di convincervi a fare altro. E’ probabile che questi signori vi abbiano dato cattivi consigli per anni e anni, o per pura ignoranza o per conflitti di interesse. Dovete
sbarazzarvi di queste esche e farvi carico della gestione delle vostre finanze
prima che sia troppo tardi.
Ma non dovete farlo da soli. Ho messo insieme una squadra eccellente di
consulenti di investimento che non solo sono specializzati nella metodologia
di investimento che vi ho illustrato, ma lavorano sotto la mia stretta supervisione. Non importa da quale consulente sarete seguiti, avrete sempre il beneficio della mia guida e della mia esperienza.
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Le informazioni contenute in questo libro sono solo il primo passo verso il
vostro cammino di rieducazione finanziaria. Vi suggerisco di continuare questo viaggio visitando regolarmente il mio sito web www.europac.net. Su tale
sito potrete leggere centinaia dei miei commenti sullo stato dell’economia; potrete ascoltare il mio programma radio settimanale “Wall Street Unspun” (ed
in più scaricare le registrazioni di tutte le puntate precedenti); potrete inoltre
richiedere l’invio gratuito della mia newsletter settimanale The Global Investor;
potrete scaricare moltissimi dei miei report speciali; guardare diverse interviste video e dibattiti; e monitorare quali saranno le mie future apparizioni sui
media. In più, il sito viene aggiornato quotidianamente con le più recenti e importanti notizie dal mondo dell’economia e della finanza.
Se questo libro vi è stato di aiuto nell’aprire gli occhi, beh allora posso dire che come autore ho raggiunto un obiettivo. Tuttavia, se voi dopo averlo letto non fate nulla, allora come lettori non avete raggiunto alcun obiettivo. Cominciate a mettere in pratica questo piano di sopravvivenza finanziaria a partire già da oggi.
201
PREPARATEVI A VIVERE COME UN RICCO TURISTA
IN UN PAESE POVERO
Immaginiamo che sia passato un anno da quando il dollaro è crollato rispetto
a tutte le principali valute estere. Ma voi siete stati previdenti e avete investito all’estero. Il vostro portafoglio ora strabocca di dollari che avete appena preso cambiando la vostra pregiata valuta estera. Come è cambiato lo scenario americano per voi?
Le merci di importazione sono aumentate fortemente, ma questo non vi
preoccupa. Voi avete i dollari in più per poterle acquistare. Il vostro potere
di acquisto è salvo .
Alcune merci americane, tuttavia, sono aumentate molto più delle altre.
Un negoziante spiega che questi beni, visto oramai il forte deprezzamento
del dollaro, sono perlopiù esportate verso l’estero. “C’è un sacco di richiesta
all’estero e riusciamo ad ottenere prezzi molto migliori,” vi dicono, “I prezzi che vedete esposti qui, che sembrano cari, sono in realtà molto competitivi a livello globale.”
I servizi forniti verso il mercato interno, al contrario delle merci, sono invece a prezzi per voi insignificanti. Cose come taglio di capelli, manicure,
massaggi, pasti al ristorante, come pure servizi di pulizia domestica, istruttori di palestra e babysitter costeranno molto meno quando li pagate con valuta straniera, perché questi non sono servizi esportabili e quindi i compratori americani non sono in competizione con quelli esteri.
Probabilmente vivrete la stessa esperienza di quando fate un viaggio verso un paese povero, come ad esempio quelli dell’Europa dell’Est. I televisori prodotti dalla Sony, ad esempio, costavano approssimativamente come negli USA. Potevano essere un po’ più economici, a causa degli affitti più bassi e del minor costo del lavoro locale, ma in generale la Sony opera su un
mercato globale e i consumatori dei paesi poveri dovevano competere con i
consumatori dei paesi ricchi per procurarsi lo stesso tipo di prodotto. Tuttavia, se cenavate in un ristorante, probabilmente potevate mangiare come un
re per una cifra irrisoria. Questo perché la maggior parte dei costi di un ristorante è dovuto al costo del lavoro necessario a cucinare e servire il cibo,
al costo degli affitti e al costo per acquistare cibo sul mercato interno. Fatta
eccezione per i turisti occasionali, un ristorante ha una clientela soprattutto
nazionale, e quindi i prezzi sono il riflesso dello stato di ricchezza dei consumatori di quel paese.
I turisti stranieri in vacanza negli USA si godranno quindi gli stessi prezzi stracciati che un tempo si godevano gli americani che si recavano all’e202
stero. Nel 1957, il libro di Arthur Frommer, Europa a cinque dollari al giorno, fu un bestseller nazionale (la versione attuale del libro prezza la giornata a 85 dollari, e sembra che non sia più un bestseller). L’Europa fu quindi
inondata da turisti americani della classe media che, sentendosi ricchi e a
proprio agio con i bassi prezzi europei, si comportarono con sufficienza guadagnandosi quindi l’appellativo di “Brutti Americani” (Ugly American).
Se lo scenario che sto predicendo si avvera sul serio, le versioni relative
all’euro e allo yen della guida turistica di Frommer diventeranno dei veri e
propri bestseller all’estero. Naturalmente, voi non avrete bisogno di essere
dei turisti per godervi i vantaggi dei “saldi d’America”. Tutto quello di cui
avrete bisogno è la valuta di un turista. Avendo investito la vostra ricchezza
in titoli denominati in una valuta che si è apprezzata molto nei confronti del
dollaro, vi godrete i prezzi bassi senza dover spendere soldi per il viaggio
aereo o per la sistemazione alberghiera.
Da un punto di vista nazionale, il più basso tenore di vita americano - il
che significa prezzi delle case meno cari, minori affitti e minori paghe - porterà anche ad un abbassamento dei costi di produzione. Se a questo si aggiungeranno una riduzione delle tasse e delle normative, allora ci saranno
immensi benefici per l’economia. Saremo una nazione certamente più povera, ma avremo di nuovo un’economia vitale. Con tanto duro lavoro e tanti sacrifici, i nostri nipoti e pronipoti potranno vivere in quella promettente
America che i nostri nonni e i nostri padri hanno conosciuto.
203
EPILOGO
S
pero di avervi oramai convinto che l’economia USA è un castello di carte.
Ha una facciata esterna davvero impressionante, ma il suo interno si è deteriorato fino a un punto di non ritorno. Basta un soffio di vento un po’ più
forte a farla crollare. Quanto tempo ci resta? E’ impossibile prevederlo, anche
se, in qualità di investitori, non avete nulla da perdere e molto da guadagnare se vi comportate come se il momento fatale arriverà più presto invece che
più tardi.
Se voi pensate a tutto questo come a una bolla in cerca di uno spillo, allora si tratta semplicemente di capire quale spillo la bolla incontrerà per primo.
L’unica cosa di cui sono certo è che le bolle in cerca di spilli prima o poi li
trovano, e più a lungo questa bolla si gonfia, tanto più devastanti saranno gli
effetti al momento dello scoppio.
Ecco qui alcuni degli scenari possibili, ciascuno dei quali potrebbe rappresentare il punto di svolta, l’evento che avvia il ciclo di alti tassi di interesse,
vendita del dollaro, recessione, inflazione e alla fin fine una scelta tra default
e iperinflazione.
• La bolla immobiliare, che sta già cominciando a sgonfiarsi, potrebbe essere la prima a scoppiare, mandando rapidamente l’economia in recessione, il che causerebbe una corsa speculativa sul dollaro, farebbe salire
i tassi di interesse a lungo termine, creerebbe iperinflazione e costringerebbe a dei default, a dei rifinanziamenti, o ad altri accorgimenti nei confronti del debito personale e della nazione.
• Tutto potrebbe iniziare con una corsa sul dollaro che porta su i tassi di
interesse, il che punge la bolla immobiliare e fa innescare la serie di eventi a catena.
• Un evento bellico su vasta scala o l’accadimento di un disastro naturale
potrebbe sovraccaricare il bilancio federale, dando via così ad un cataclisma finanziario.
• I consumatori già superindebitati potrebbero a un certo punto non poter
contrarre nuovi debiti, e smettere quindi di spendere denaro e, il cielo ci
perdoni, cominciare a risparmiare. Tutto questo spingerebbe l’economia
alla recessione, avviando una corsa sul dollaro e facendo salire i tassi di
205
A PROVA DI CRASH
interesse, il che fa scoppiare la bolla immobiliare e ci guida verso una
stagflazione impensabile.
• Il catalizzatore può essere un default di un grande hedge fund o delle
grossi perdite legate all’uso di contratti derivati.
• Le banche centrali straniere potrebbero cominciare a vendere dollari.
• La serie di record al rialzo dei deficit di bilancio potrebbe causare del panico, e far si che gli investitori stranieri smettano di comprare buoni del
Tesoro USA e titoli garantiti da ipoteche.
• La Cina potrebbe finalmente rimuovere l’ancoraggio della sua valuta al
dollaro, permettendo quindi al dollaro di scivolare verso il baratro.
• L’inflazione potrebbe andare così in alto da costringere la Fed ad aumentare i tassi al punto da causare una recessione e far scoppiare la bolla immobiliare.
• Un improvviso aumento al rialzo del prezzo dell’oro potrebbe far iniziare
la speculazione sul dollaro.
• Uno shock petrolifero potrebbe superare la capacità delle nostre economie di pagarlo.
• L’insolvenza di Fannie Mae, Freddie Mac o del Pension Benefit Guaranty
Corporation potrebbe creare una crisi di fiducia internazionale sulla capacità del paese di reggersi sulle sue istituzioni finanziarie.
• Un aumento abbastanza elevato dei tassi di interesse a breve termine potrebbe causare una qualche forma di default da parte del governo USA,
facendo così nascere seri dubbi sulla sua affidabilità e solidità.
Potrei stare a riempire pagine e pagine con una serie continua di possibili
eventi catalizzatori. Il mio messaggio è che quando una bolla è così grande, ci
sono così tanti possibili spilli che possono romperla, che è impossibile prevedere quale sarà. Ovviamente non importa sul serio quale spillo da avvio al
processo, conta solo il fatto che il processo inizierà. Ricordate la legge di Murphy?
Con tante cose che potrebbero andare male, una di queste ci andrà con ottime
probabilità.
Circa poi il quando questo accadrà, potrebbe essere già domani, o anche
tra diversi anni. Dal punto di vista di un investitore, tuttavia, quello che conta di più non è il quando, ma il perché. Poiché noi oramai abbiano compreso
il perché, il quando possiamo evitarlo preparandoci opportunamente. Che
importa se lo facciamo con alcuni anni di anticipo? Di sicuro è dannoso essere in ritardo anche di un solo giorno, specialmente se il portafoglio di azioni straniere che io vi suggerisco farà meglio delle azioni americane anche in
questo frattempo. Poiché noi riscuoteremo dei buoni dividendi in valute pre206
EPILOGO
giate, farlo in anticipo non solo non costa nulla, ma ci regalerà una certa serenità mentale.
Spesso partecipo a dibattiti del tipo “orsi e tori”, e quando i miei oppositori che credono in un rialzo cominciano ad essere a corto di argomenti, non
gli rimane altro che dire che i miei commenti non sono patriottici. Essi sostengono che se molte persone seguissero il mio consiglio allora l’economia
ne soffrirebbe pesantemente. L’idea che io da solo possa sortire una migrazione di massa verso titoli di qualità e a spese dell’economia USA è certamente
un commento lusinghiero sulla mia influenza, ma si tratta soltanto di un ragionamento economico errato oltre che di un commento ingiusto sul mio senso della patria.
La realtà economica è che solo una piccola percentuale degli americani faranno - o potranno farlo con successo - quello che io ho raccomandato in questo libro. Il vendere titoli in dollari richiede l’esistenza di un sano gruppo di
compratori e un numero piccolo di venditori in competizione. La nostra economia sostenuta ormai in modo artificiale collasserà in ogni caso, indipendentemente da quello che faranno i lettori di questo libro con i loro investimenti.
La domanda giusta da porvi è se per caso il paese può trarre vantaggio dal
fatto che voi vi trovate in povertà esattamente come il resto della nazione. Personalmente penso che posso fare molto di più per la mia nazione se sono ricco, e non a pezzi. Essere patriottici non significa colare a picco insieme alla nave. Significa aiutare a salvare il salvabile, e voi non potrete aiutare nessuno se
vi annegate.
Mi rendo conto che questo libro prevede tempi durissimi per milioni di Americani miei compagni, e sono personalmente molto triste per quello che prevedo sta per accadere. Ma è proprio perché io sono in patriota che voglio usare le
mie competenze per aiutare il maggior numero di Americani a proteggere la
loro ricchezza attraverso investimenti all’estero. Questo è il solo modo attraverso il quale gli Americani possono continuare a possedere dei titoli finanziari, che potranno poi essere rimpatriati dopo che il crollo sarà avvenuto.
Allo stesso modo, voi, lettori di questo libro, avete l’obbligo di condividere
tutto quello che avete imparato con quante più persone è possibile. Il crollo economico che incombe si è formato per così tanto tempo, è stato talmente complesso da essere compreso solo da un piccolo gruppetto di analisti finanziari,
e così ben nascosto da coloro che traggono beneficio dalla situazione attuale,
che quando si verificherà, sarà improvviso e colpirà le sue vittime inconsapevoli e impreparate. Le conseguenze per quelli che non sono preparati sono potenzialmente terribili, e pur tuttavia si possono evitare molto facilmente.
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A PROVA DI CRASH
E non pensate che avendo protetto la vostra ricchezza voi siate fuori dalla
tempesta. Che mi dite dei vostri parenti - i vostri genitori o figli adulti, i fratelli e le sorelle, o altri membri della famiglia allargata? Davvero volete essere l’unica persona con del denaro a disposizione tra i vostri amici e familiari?
Volete affrontare la scelta tra il sostenere finanziariamente o mandare in rovina così tanta gente, specialmente quelle a cui tenete di più? Anche se voi avete un animo caritatevole, se cercate di aiutarli tutti alla fine resterete poveri anche voi.
Per evitare questo scenario agghiacciante è per voi obbligatorio istruire
chiunque vi stia a cuore e incoraggiarlo a seguire lo stesso percorso finanziario che vi ho indicato. Questo può essere il mio miglior consiglio. Almeno,
quando il peggio arriverà, voi ne sarete pienamente consapevoli. Uomo avvisato, mezzo salvato.
Per anni gli Stati Uniti hanno viaggiato lungo un corso che l’economista
austriaco, premio Nobel, Friedrich von Hayek mise in evidenza in un libro che
si intitolava in modo autoesplicativo La via verso la Schiavitù (The Road to Serfdom). Il collasso economico che sta per arrivare può finalmente far arrivare
gli Americani a questo triste punto di arrivo. Ma è anche possibile che queste
terribili condizioni economiche saranno ispiratrici di un ritorno alle tradizioni costituzionali del paese, ovvero una valuta sana e regolamenti scarni, che
sono le fondamenta su cui si può ricostruire un’economia vitale. C’è un bivio
nella strada verso la schiavitù. Una strada porta indietro verso la libertà, e spero ardentemente che gli Americani la imbocchino.
Se lo faremo, allora quel paese che i nostri padri fondatori immaginarono
riemergerà dalle ceneri, e l’America sarà ancora una volta quella che Ronald
Reagan chiamò in modo eloquente “quella città luminosa là su una collina.”
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LIBRI PER APPROFONDIMENTI
Questi libri sono disponibili sul sito della Euro Pacific Capital all’indirizzo www.europac.net/books.asp
VECCHI MA BUONI
Hayek, Friedrich A. von. The Road to Serfdom, Fiftieth Anniversary Edition. Chicago: University of Chicago Press, 1994 .
Hazlitt, Henry. Economics in One Easy Lesson: The Shortest and Surest Way to Understand Basic Economics. New York: Three Rivers Press, 1988.
Kindleberger, Charles P., Robert Aliber, and Robert Solow. Manias, Panics and
Crashes: A History of Financial Crises. Hoboken, NJ: Wiley Investment Classics, 2005.
Mackay, Charles. Extraordinary Popular Delusions and the Madness of Crowds.
United Kingdom: Harriman House, 2003.
Rand, Ayn. Capitalism, the Unknown Ideal. New York: Signet, 1986.
Rothbard, Murray N. America’s Great Depression. Auburn, AL: Ludwig von Mises Institute, 2000.
Rothbard, Murray N. The Case against the Fed. Auburn, AL: Ludwig von Mises
Institute, 1994.
Say, Jean-Baptiste. A Treatise on Political Economy; or The Production, Distribution, and Consumption of Wealth. Ann Arbor, Michican: Scholarly Publishing
Office, University of Michigan Library, 2005.
Schiff, Irwin A. The Biggest Con: How the Government Is Fleecing You. Hamden,
CT: Freedom Books, 1977.
Schiff, Irwin A. The Kingdom of Moltz. Hamden, CT: Freedom Books, 1980.
Schiff, Irwin A., and Vic Lockman. How an Economy Grows and Why It Doesn’t.
Hamden, CT: Freedom Books, 1985.
Smith, Adam. The Wealth of Nations. New York: Modern Library Classics, 2000.
Von Mises, Ludwig. Human Action: A Treatise on Economics. San Francisco: Fox
& Wilkes, 1990.
Weaver, Henry Grady. The Mainspring of Human Progress. Irvingtonon-Hudson, NY: Foundation for Economic Education, 1997.
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A PROVA DI CRASH
TESTI PIÙ RECENTI
Bohner, Bill, and Addison Wiggin. Empire of Debt: The Rise of an Epic Financial
Crisis. Hoboken, NJ: John Wiley & Sons, 2006.
Duncan, Richard. The Dollar Crisis: Causes, Consequences, Cures. Hoboken, NJ:
John Wiley & Sons, 2005.
Prechter, Robert R. At the Crest of the Tidal Wave: A Forecast for the Great Bear
Market. Hoboken, NJ: John Wiley & Sons, 1995.
Prechter, Robert. R. Conquer the Crash: You Can Survive and Prosper in a Deflationary Depression. Hoboken, NJ: John Wiley & Sons, 2003.
Rogers, Jim. Adventure Capitalist: The Ultimate Road Trip. New York: Random
House, 2004.
Rogers, Jim. Hot Commodities: How Anyone Can Invest Profitably in the World’s
Best Market. New York: Random House, 2004.
Rogers, Jim. Investment Biker: Around the World with Jim Rogers. New York: Random House, 2003.
Todd, Emmanuel. After the Empire: The Breakdown of the American Order. European Perspectives: A Series in Social Thought and Cultural Criticism. New
York: Columbia University Press, 2003.
Turk, James. The Coming Collapse of the Dollar and How to Profit from It: Make a
Fortune by Investing in Gold and Other Hard Assets. New York: Currency, 2004.
Wiggin, Addison. The Demise of the Dollar . . . and Why It’s Great for Your Investments. Hoboken, NJ: John Wiley & Sons, 2005.
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Mariano La Rosa, è laureato in economia e commercio ha acquisito un’esperienza ultra decennale dell’analisi tecnica avanzata e
analisi ciclica dei mercati finanziari, studioso e cultore della nota
Teoria di W.D. Gann, ricopre tra l’altro il grado di Ispettore Capo
della Guardia di Finanza presso il Nucleo di Polizia Tributaria di
Palermo. Esperto anche di Tax planning internazionale grazie alla
sua lunga esperienza nel settore delle verifiche fiscali ed antiriciclaggio. Curatore di diverse edizioni di libri sul Trading di Borsa è
menzionato nel libro Top Trader d’Italia. Trader esperto in futures ed option, vanta una
serie di successi nelle esatte previsioni sul movimento dell’indice Dow jones e del cambio euro/dollaro così come già ampiamente riconosciuto dalla stampa specializzata e
dalla televisione finanziaria classCNBC.
€ 49
PETER D.SCHIFF con JOHN DOWNES
John Downes è il coautore del super venduto Dizionario dei termini di finanza e di investimento manuale di finanza ed investimento
di Barron e coautore di Navigando il Dow. Downes vive a Palisades
in New York.
A PROVA DI CRASH
Peter D. Schiff è un esperto pronosticatore meglio noto per le sue
accurate previsioni sul mercato azionario, materie prime, oro e
dollaro. Iniziò la sua carriera lavorando per Shearson Leheman e
nel 1996 entrò a far parte della Euro Pacific Capital (un operatore/intermediario con specializzazione nei mercati esteri e nei titoli) diventando Presidente della società nell’anno 2000.
Schiff è spesso citato nelle migliori testate quali Wall Street
Journal, Barron’s, il Financial Times, il New York Times, e il Christian
Science Monitor.
È un assiduo ospite televisivo, appare regolarmente su CNBC,
Bloomberg e FOX News, cura l’edizione del Global Investor, una
newsletter di investimento, inoltre conduce Wall Street UnSpun,
un programma radiofonico settimanale. I suoi commenti economici e di mercato sono comparsi su molti siti web indirizzati all’investimento uno dei quali www.europac.net. La Squawk Box della
CNBC ha soprannominato Schiff Dott. Distruzione a causa della
sua visione unica ribassista sull’economia americana e sui suoi
mercati finanziari.
Come fare profitti
nell’economia in crisi